Come il vento tra salici

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COME IL VENTO TRA I SALICI un progetto di Valerio Berruti TESTI Il vento nei salici di Kenneth Grahame traduzione di Beppe Fenoglio Nuovo – Parole e musica di Gianmaria Testa Il tradimento d’amore di tre langhetti di Paola Farinetti

ISBN 978-88-9348-082-6 Prima edizione ottobre 2016 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2020 2019 2018 2017 2016 © Carlo Gallucci editore srl – Roma La traduzione di Beppe Fenoglio è pubblicata su licenza della Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino Published by arrangement with The Italian Literary Agency, Milano Nuovo, parole e musica di Gianmaria Testa per gentile concessione di © Edizioni Produzioni Fuorivia s.a.s. – EMI Music Publishing Italia S.r.l. Il tradimento d’amore di tre langhetti © Paola Farinetti Parte dei proventi sarà devoluta alle fondazioni Paideia e Adisco. Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Longo spa (Bolzano) nel mese di ottobre 2016

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progetto grafico

Marco Ruffo

coordinamento editoriale Cristina Ghisolfi

progetto realizzato a favore di

Il marchio FSC® garantisce che la carta di questo volume contiene cellulosa proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship Council) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, comunità indigene, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su www.fsc.org e www.fsc-italia.it Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.


COME IL VENTO TRA I SALICI un progetto di Valerio Berruti da “The Wind in the Willows� di Kenneth Grahame nella traduzione di Beppe Fenoglio con la colonna sonora di Gianmaria Testa



IL TRADIMENTO D’AMORE DI TRE LANGHETTI Il vento tra i salici è il titolo di un classico della letteratura per l’infanzia scritto da Kenneth Grahame e pubblicato per la prima volta nel 1908. Se vogliamo andare per le spicce, ma anche avere un’idea della sua importanza, possiamo dire che questo testo ha rappresentato per l’Inghilterra quello che Pinocchio di Collodi ha rappresentato per l’Italia. Un libro che travalica i confini e le epoche e sa elevarsi a vera letteratura, superando gli steccati di genere. Da questo testo è nata l’ispirazione di Valerio Berruti per una nuova opera d’arte che prende vita tra le righe del racconto: l’artista acquistò a Londra da un antiquario un’edizione del 1917 e sulle pagine di questo prezioso libro ha realizzato 71 disegni che messi in sequenza creano una videoanimazione. Il soggetto dei disegni è un bambino, la traccia sicura dell’artista lo disegna sulle pagine del libro

mentre è seduto a terra con lo sguardo rivolto verso l’alto, come se guardasse le fronde di un albero (di un salice). L’animazione lo rende protagonista, tra movimenti e sguardi rivolti allo spettatore creano un rapporto di interazione emotiva. Ma l’obiettivo dell’artista non si è fermato a questo. Evitando il puro esercizio di stile, si è mosso molto più in profondità, offrendoci una riflessione sul concetto di “traduzione” (in un’altra lingua, ma anche in un altro linguaggio artistico) e anche sul concetto di radici, di appartenenza a una terra. L’intero progetto, infatti, vuole essere un omaggio alle Langhe, sua terra di origine e terra d’origine di Beppe Fenoglio, che su cinque quaderni di scuola, in un periodo presumibilmente compreso tra il ’43 e il ’44, tracciò, per piacer suo e per esercitarsi nella conoscenza letteraria dell’inglese, la traduzione in italiano di quel grande classi-



co. Una traduzione “libera”, diciamo così, che fino al 2007, per Einaudi, è stata l’unica a disposizione dei lettori italiani con il titolo Il vento nei salici e che ora è praticamente introvabile. Chiunque leggendola – o almeno a me è successo così – ci troverà dentro, acerba e a tratti un po’ arcaica, una scrittura sonora molto fenogliana, quasi a pensare che Grahame sia stato uno dei veri e indiscussi maestri di scrittura di Fenoglio. O comunque qualcuno su cui Fenoglio ha riflettuto parecchio, sul quale ha scavato e si è esercitato, trovando tra le pieghe della traduzione e di quell’inglese fatto di frasi complesse e secche al tempo stesso, un suo stile. O semplicemente riconoscendolo, come in un gioco di specchi. Indimenticabile, ad esempio, la descrizione che compare già nelle prime pagine del romanzo, del fiume, il grande protagonista: «Giudicò la sua felicità totale quando, a furia di gironzare intorno senza meta,

improvvisamente ristette sulla proda d’un fiume gonfio. Mai prima in sua vita aveva visto un fiume – questo lustro, sinuoso animale a pieno corpo, che incalza e gorgoglia, afferra le cose con un chioccìo e le rilascia con una risatina – avventarsi sulle sue fresche compagne di svago che si divincolavano e nuovamente erano sorprese e imprigionate. Tutto tremolava, tutto brividiva – bagliori e sprazzi e faville, fruscii e rigurgiti, cicaleggi e gorgogli». È della Talpa, la protagonista, questa visione emozionata. Un albese ha un sussulto, immediato: ma quel fiume senza nome è forse il Tanaro? Quelle vegetazioni sono forse i pioppi, il sambuco, le gaggìe? Chi vi scrive non è un’esperta di Beppe Fenoglio, né di arte contemporanea, sebbene un’appassionata sincera di entrambi. Non ho quindi la competenza per addentrarmi nell’uno come nell’altro campo. Forse



l’ho fatto già troppo, ben oltre il consentito. Mi fermo, quindi, e cerco di limitarmi a dare degli spunti che siano anche una specie di “istruzioni per l’uso” per immergersi nell’avventura di questa opera, che nasce con radici salde e conficcate nella terra di Langa, ma che allo stesso tempo ha la leggerezza per elevarsi a essere patrimonio di tutti. Un’opera che si apre a tanti sottotesti, a tante riflessioni altre, prima fra tutte, la libertà della vera arte che è quella di “tradire” i maestri, per tenerne intatto lo spirito, piuttosto che la lettera. Regola numero uno, a mio parere, di qualsiasi tipo di arte della modernità. La colonna sonora scelta per accompagnare il video è la canzone Nuovo di Gianmaria Testa, altro “langhetto” d’adozione, che da questa prospettiva piccola piccola ha girato e parlato al mondo. Musicista, poeta e amico dello stesso Valerio, ha approvato la scelta

dell’artista ed è stato coinvolto fin dall’inizio nel progetto. Avrebbe dovuto e soprattutto voluto scrivere una canzone inedita, appositamente per i disegni animati di Berruti, galleggianti sulle parole di Grahame e di Fenoglio, ma non ha fatto in tempo, la malattia se l’è portato via prima. Allora abbiamo scelto tra il suo repertorio Nuovo, che è una canzone fresca, aerea, pure lei, una canzone che Gianmaria ha scritto pensando al suo ultimo figlio, appena nato e appunto “nuovo”: dalle radici, da due genitori, sempre nasce una terza “cosa”, altra, che delle radici conserva il ricordo, ma che però è unica, irripetibile e appunto nuova. Ci sembrava perfetta per questo progetto, quasi la chiusura di un cerchio. Il testo della canzone è incluso nel libro: un flipbook che mostra in sequenza tutti i disegni e grazie allo scorrere veloce delle pagine restituisce al let-



tore l’idea del movimento e la sequenza della videoanimazione. All’interno del flipbook si trova anche la traduzione di Beppe Fenoglio, che è ormai fuori catalogo da più di dieci anni. Un ringraziamento speciale per questo va alla figlia, Margherita, oltre che all’Einaudi. Quello che avete tra le mani è in definitiva un oggetto dai molti usi. Prezioso. Volendo si può scegliere di far scivolare veloci le dita sulle pagine e in contemporanea, metter su il Cd di Gianmaria Testa, per ascoltare la canzone come la colonna sonora dei disegni. Oppure si può scegliere di usarlo come un vero e proprio libro, tradizionale, girare una a una le pagine e tuffarsi nelle parole di Fenoglio, con un occhio a riposarsi sulle opere di Valerio Berruti. Da ottobre 2016 il video ha un’installazione fissa nella sua casa più giusta: il Centro Studi Beppe Feno-

glio di Alba. Ma la videoanimazione sonorizzata da Nuovo è anche disponibile per tutti online, usando il link a Vimeo o il codice QR che trovate nella pagina successiva di questo libro anomalo. Un piccolo gioiello di tenerezza, regalo di tre uomini delle Langhe.

Paola Farinetti ottobre 2016


videoanimazione disponibile su Vimeo al link https://vimeo.com/164815041


Nuovo - parole e musica di Gianmaria Testa nuovo come un giorno che non c’era come la sera quando arriva già

nuovo come un’altra volta ancora per chi non c’era e non sapeva già

nuovo com’è nuova la stagione e nuovo il nome che la chiamerà

nuovo com’è nuova la canzone per ogni voce che la canterà

nuovo di promessa mantenuta nuova la voce sconosciuta che la tiene e la terrà

nuovo che ti lascia un gusto in gola nuovo come la parola che non so nuovo che se chiamo e non rispondi molto forte, sempre più forte ti chiamerò

nuova questa mano che ti tocca nuova la bocca che ti parlerà nuovo da lasciare un gusto in gola nuovo come una parola che non so nuovo che se chiamo e non rispondi molto forte, molto più forte ti chiamerò


IL VENTO NEI SALICI

Così cavò, frugò, grattò e raschiò, e di nuovo raschiò, grattò, frugò e cavò, manovrando briosa le zampette e bisbigliando a se stessa: «Si sale! Si sale!» finché, fuori! il suo grugnetto emerse nel sole, e si trovò a zampettare nell’erba calda d’un gran prato. «Bello!» si disse. «Meglio che imbiancare!» Il sole picchiava rovente sul suo pelo, languide brezze carezzavano la sua fronte affocata, e dopo la clausura sotterranea in cui era vissuta tanto tempo la carola d’uccelli felici piombava sulle sue orecchie insordite come un frastuono. Sobbalzando a quattro zampe, nella gioia di vivere e nel godimento della primavera senza ripulitura, seguitò la sua strada pel prato finché raggiunse la siepe al lato opposto. «Ferma là!» intimò un coniglio matusotto allo spiraglio della siepe. «Sei soldi pel privilegio di transito sulla strada privata!» Fu ciurlato in un momento dalla Talpa, impaziente e disdegnosa, che trotterellò a ridosso della siepe, motteggiando gli altri conigli che frettolosi occhieggiavano dalle lor tane a veder che baruffa succedesse. «Salsa di cipolle! Salsa di cipolle!» notò beffarda, e fu lontana prima che i conigli potessero rimuginare una risposta pienamente soddisfacente. Allora quelli presero tutti a rampognarsi a vicenda. «Lo scemo che sei! Perché non le hai detto…?» «Già, perché non dirle…» «Potevi ricordarle…» e così via, come di solito; ma, naturalmente, era troppo tardi, come capita sempre.

[I] La proda del fiume Per tutta la mattina la Talpa aveva atteso di lena alla ripulitura primaverile della sua casetta. Prima con scope, poi con cenci da polvere; quindi su scale e sgabelletti e seggiole, con un pennello e un secchio d’acqua di calce; finché ebbe polvere in gola e negli occhi, e schizzi di bianco su tutto il pelo nero, e la schiena dolorante e le braccia stremate. La primavera spaziava nell’aria lassù e nella terra sotto e tutt’intorno, penetrando anche la sua casina senza luce e spazio del suo spirito di divino scontento e desiderio. Nulla di strano, quindi, se tutto d’un subito gettò il pennello sull’impiantito, sbottò: «Stufa sono!» e: «Basta così!» e anche: «All’inferno la ripulitura di primavera!» e uscì decisamente di casa senza manco indugiarsi a infilar la giacchetta. Qualcosa da lassù la chiamava imperiosamente, e imboccò il ripido e angusto budello che nel suo caso rispondeva alla ben ghiaiata via carrozzabile in possesso degli animali le cui residenze erano più prossime al sole e all’aria. 14



Tutto pareva troppo bello per esser vero. Errò mobilissima qua e là, pei campi, lungo le siepi, attraverso i boschi cedui, trovando ovunque uccelli che nidificavano, fiori in boccio, foglie stormenti – tutto felice e progressivo, e indaffarato. E invece d’aver la coscienza a disagio che la pungesse e le bisbigliasse: «Imbianca!» poteva soltanto avvertire quanto fosse esilarante esser l’unico cane ozioso tra tutti questi cittadini affaccendati. Dopo tutto, il lato migliore d’una vacanza consiste non tanto nel riposarsi, quanto nel veder gli altri allo sgobbo. Giudicò la sua felicità totale quando, a furia di gironzare senza meta, improvvisamente ristette sulla proda d’un fiume gonfio. Mai prima in sua vita aveva visto un fiume – questo lustro, sinuoso animale a pieno corpo, che incalza e gorgoglia, afferra le cose con un chioccìo e le rilascia con una risatina – avventarsi sulle sue fresche compagne di svago che si divincolavano e nuovamente erano sorprese e imprigionate. Tutto tremolava, tutto brividiva – bagliori e sprazzi e faville, fruscii e rigurgiti, cicalecci e gorgogli. La Talpa era ammaliata, rapita, affascinata. Sulla proda trotterellò al pari d’un essere minuscolo che ansima al fianco d’un uomo che lo tiene estasiato con storie eccitanti; finalmente stanca, sedette sulla riva, mentre il fiume non cessava di parlarle, sciabordante processione delle più belle storie del mondo, scatu-

rite dal cuore della terra per esser narrate infine all’insaziabile mare. Come sedette sull’erba e volse gli occhi oltre il fiume, una tana tenebrosa, nella riva opposta, appena al pelo dell’acqua, fermò il suo sguardo, e come in sogno le venne fatto di considerare che graziosa e intima dimora sarebbe stata per un animale da poche esigenze e anelante a un gioiellino di residenza fluviale, proprio sul pelo dell’acqua e remota dal chiasso e dalla polvere. Come vi figgeva gli occhi, un alcunché di lustro e di minuto parve ammiccare nel cuore della tana, vanì, poi riscintillò ancor più, come una stellina. Ma difficilmente poteva essere una stella in sì inverosimile situazione; ed era troppo brillante e minuscolo per essere una lucciola. Poi, come scrutava, esso la fissò, talché si rivelò per un occhio; e un musetto cominciò gradatamente a formarsi intorno all’occhio come una cornice intorno a un quadro. Un musetto bruno, con baffi. Un musetto tondo e serio, con nell’occhio lo stesso barbaglio che per primo aveva attratto l’attenzione della Talpa. Orecchiette ben modellate e pelo fitto, come di seta! Era il Topo d’acqua! I due animali ristettero e si sogguardarono l’un l’altro con cautela. «Ehi, Talpa!» disse il Topo d’acqua. 16



«Bello? È l’unica cosa bella» sentenziò il Topo d’acqua solennemente, mentre si raccoglieva in avanti per la battuta. «Credimi, mia giovane amica, non c’è nulla, assolutamente nulla che valga la metà del semplice bazzicare intorno alle barche. Semplice bazzicare» continuò trasognato «bazzicare intorno alle barche; bazzicare…» «Bada in testa, Topo!» stridé la Talpa d’un tratto. Troppo tardi. La barca cozzò nella ripa scoscesa. Il vogatore, il sognatore gaudioso, giacque al fondo della barca, i piedi all’aria. «…intorno alle barche… o con le barche» continuò il Topo posatamente, ricomponendosi con un piacevole risolino. «Dentro o fuori, non conta. Nulla sembra veramente importare, e qui sta il fascino. Che tu salpi o no; che tu arrivi a destinazione o tutt’altrove o neppure arrivi, tu sei sempre all’opera, e non fai nulla in particolare; e quando hai finito, resta ancora altro da fare, e lo puoi fare se ti garba, ma solitamente te ne astieni. Senti qui! Se proprio non hai affari stamattina, vuoi che scendiamo il fiume insieme e ci passiamo tutta una giornata?» La Talpa zampettò per incontenibile felicità, fece il petto con un sospiro di pieno contento, e si riadagiò beata sui soffici cuscini: «Che giornata vado a avere!» disse. «Salpiamo tosto!» «Tieni saldo un minuto, allora!» ingiunse il Topo. Annodò la gomena a un anello del suo attracco, s’inerpicò alla sua tana, e

«Beh, Topo?» disse la Talpa. «Ti garberebbe traghettare?» s’informò subito il Topo. «Oh, a parole è un conto» replicò la Talpa, piuttosto agra, del tutto nuova a un fiume e alla vita rivierasca e alle sue evenienze. Il Topo non ribatté parola, ma si curvò e sciolse una gomena e fece forza; poi balzò leggero in una barchetta che la Talpa ancora non aveva notata. Era dipinta in turchino all’esterno e bianco all’interno, e capiva giusto due animali; e il cuore della Talpa volò tutto verso essa, anche se non aveva ancora pienamente compreso il suo servizio. Il Topo vogò ratto all’altra riva e attraccò. Poi protese la zampa anteriore come la Talpa scendeva con titubanza. «Appoggiati a questa!» disse. «Su, salta decisa!» e la Talpa con suo stupore e rapimento si trovò positivamente seduta a poppa d’una vera barca. «Magnifica giornata, questa!» constatò, mentre il Topo scostava e ripigliava i remi. «Sai, non son mai stata in barca in vita mia» «Che?» scattò il Topo, a bocca aperta. «Mai stata in… mai… beh, io… che facevi, allora?» «È tutto bello così?» indagò la Talpa timidamente, per quanto preparatissima a crederlo, mentre giaceva al suo posto e ispezionava i cuscini, i remi, gli uncini e tutti gli attraentissimi arredi e avvertiva il lieve oscillare della barca sotto di lei. 18



dopo un breve intervallo riapparve vacillante sotto un ponderoso paniere di vimini per la colazione. «Sistematelo sotto i piedi» osservò alla Talpa durante il trasbordo. Poi sciolse la gomena e ripigliò i remi. «Che c’è dentro?» s’informò la Talpa, fremente di curiosità. «C’è pollo freddo» replicò il Topo brevemente «lingua fredda…1» «Oh, basta, basta!» implorò la Talpa in estasi. «È troppo!» «Davvero lo pensi?» chiese il Topo con tutta serietà. «È solo quel che mi provvedo in queste escursioncelle; e l’altre bestie mi dicon sempre che sono un dappoco e…» La Talpa non ne intese una parola. Assorbita nella nuova vita in cui entrava, inebriata dal riscintillio e dall’incresparsi dell’onde, dagli effluvi e dai suoni e dal sole, aveva affondata una zampa nell’acqua e sognava lunghi sogni da desta. Il Topo d’acqua, da quel buon compare che era, continuò a vogare metodicamente e si fè scrupolo di non disturbarla. «Quel tuo abito mi piace, vecchia mia» notò dopo mezz’ora o quasi. «Intendo procurarmi un abito da società in velluto nero un giorno o l’altro, appena potrò offrirmelo»

«Chiedo venia» disse la Talpa, riconnettendosi con isforzo. «Devi giudicarmi molto zotica; ma tutto questo è così nuovo per me. Così – questo – è – un – fiume» «Il Fiume» corresse il Topo. «E tu vivi veramente presso il fiume? Che bella vita!» «Presso di lui e con lui e su lui e in lui» disse il Topo. «È fratello e sorella per me, e zie, e compagnia, e cibo e bevande, e naturalmente bagno. È il mio mondo, e io non ne voglio altro. Quel che non possiede non val la pena d’esser posseduto, quel che non sa non merita d’esser saputo. Dio! Che giorni s’è avuti insieme! D’inverno o d’estate, di primavera o d’autunno, ha sempre il suo brio e le sue attrattive. Quando le piene capitano di febbraio, e le mie cantine e fondamenta son piene rase d’un liquido che non mi giova affatto, e l’acqua bruna corre radendo la finestra della mia miglior stanza da letto; o quando s’inaridisce tutto e svela chiazze di fango che odora come un pasticcio d’uva passa, e i giunchi e le ortiche ingombrano i canali e io posso cercare terra asciutta sulla più parte del suo letto e trovare cibo fresco e quelle coselline che la gente assorta lascia cadere fuori barca!» «Ma non è noiosetto a volte?» arrischiò la Talpa. «Tu e il fiume soli, e nessun altro con cui barattare una parola?»

1 Lacuna nel testo per: «coldtonguecoldhamcoldbeefpickledgherkinssalad frenchrollscresssandwidgespottedmeatgingerbeerlemonadesodawater» 20



creanza per qualche aspetto… io son buon amico loro… quando ci s’incontra, si passa insieme la giornata, e altro ancora di simile… ma talora trascendono, non c’è motivo di negarlo, e allora… beh, non puoi fidartene del tutto, e questo è il fatto». La Talpa sapeva che andava contro l’etichetta degli animali l’insistere su un cruccio possibile, o anche l’alludervi; così lasciò cadere l’argomento. «E oltre il Bosco Selvaggio?» domandò. «Dove tutto è azzurrino e brumoso, e quel che vedi puoi scambiarlo per una collina o per qualcosa come il fumo delle città o semplicemente per culmini di nubi?» «Al Bosco Selvaggio segue il Gran Mondo» le apprese il Topo. «Qualcosa che non conta, né per te né per me. Io non ci sono stato mai, e mai ci andrò, e neppure tu, se tieni un briciolo di senno. Di grazia, non alludervi più. Là! Finalmente ecco il nostro stagno, dove faremo colazione». Abbandonando la corrente principale, passarono in quello che a prima vista pareva un laghetto incastonato dalla terra. Dossi verdi digradavano verso le due prode, brune radici serpentine balenavano sotto lo specchio dell’acqua cheta, mentre a un capo il flusso argenteo e lo schiumoso rovescio d’una cateratta, al braccio d’una ruota molare perennemente gocciolante che a sua volta reggeva-

«Nessun altro con cui… beh, non intendo esser sgarbato con te» disse il Topo con indulgenza. «Tu sei nuova a tutto ciò, e naturalmente non puoi sapere. La riva è così affollata oggigiorno che molta gente emigra a frotte. Oh, no, mica è il solito trasloco, tutt’altro. Lontre, martin pescatori, stròlaghe, galline acquatiche, tutti costoro tutto il giorno e ogni giorno a pretender qualcosa da te – come se uno non avesse i suoi impicci cui badare!» «Che c’è laggiù?» volle sapere la Talpa, accennando con la zampa a uno sfondo selvoso che cupamente incastonava i verzieri su una proda del fiume. «Quello? Quello è il Bosco Selvaggio» l’informò il Topo, conciso. «Mica ci andiamo spesso, noi del fiume» «Non c’è… non c’è gente di fiducia, laggiù?» domandò la Talpa un tantinello nervosa. «Beh» replicò il Topo «fammi pensare. Gli scoiattoli, gente dabbene. E i conigli… qualcuno, ma i conigli son di varia natura. E poi c’è il Tasso, naturalmente. Abita proprio nel cuore del bosco; non vivrebbe altrove, manco lo pagassi. Caro vecchio Tasso! Nessuno bazzica con lui. E tanto meglio…» aggiunse significativamente. «Perché, chi dovrebbe bazzicare con lui?» incalzò la Talpa. «Beh, naturalmente… ci son altri» spiegò il Topo con qualche titubanza. «Donnole… e ermellini… e volpi e così via. Gente di 22



Kenneth Grahame (Edimburgo, 1859 - Pangbourne, 1932), autore di narrativa fantastica per ragazzi, deve la sua fama al romanzo Il vento tra i salici, considerato un classico della letteratura inglese. In Italia lo tradusse per primo Beppe Fenoglio (Alba, 1922 - Torino, 1963) che traspose la storia, originariamente ambientata lungo le rive del Tamigi, sulle colline attorno ad Alba. In quegli stessi luoghi è nato, nel 1977, Valerio Berruti, artista che nel suo lavoro utilizza la juta, il cemento, l’affresco e i pixel per ritrarre i bambini, protagonisti di un tempo in cui tutto può ancora avvenire. Berruti ha collaborato con musicisti come Paolo Conte, Ryuichi Sakamoto, Lucio Dalla e Gianmaria Testa (Cavallermaggiore, 1958 - Alba, 2016). Anche Gianmaria, cantautore, poeta e scrittore, quarto protagonista di questa opera, è nato nelle Langhe, ma un po’ più verso la pianura. Da questa parte del mare è il titolo del suo libro-testamento, uscito postumo, ma è bello ricordare – insieme ai molti lavori discografici – anche il suo lavoro di scrittore per ragazzi con l’editore Gallucci, e in particolare Il sentiero e altre filastrocche, realizzato in collaborazione proprio con Valerio Berruti.

Grazie al Centro Studi Beppe Fenoglio a Bianca Roagna e Elisa Di Paola Grazie a Margherita Fenoglio per la sua generosità e per far sì che Beppe continui a vivere. Un ringraziamento speciale a Tommy e Vera per avermi aperto gli occhi. A Elisa, Zeno, Nina, Marisa, Mauro, Giuliana, Dada, Niccolò, Martina e Massimo. Grazie di cuore a Paola Farinetti e a Nicola Testa. E soprattutto grazie a Gianmaria con cui ho condiviso un progetto che è la nostra anima, le nostre radici e i nostri battiti. Per sempre.




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