
N°69 settembre-ottobre 2025 - periodico bimestrale d’Arte e Cultura

N°69 settembre-ottobre 2025 - periodico bimestrale d’Arte e Cultura
BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE del Centro Culturale Ariele
Hanno collaborato:
Giovanna Alberta Arancio
Monia Frulla
Rocco Zani Miele
Lodovico Gierut
Franco Margari
Irene Ramponi
Letizia Caiazzo
Graziella Valeria Rota
Alessandra Primicerio
Enzo Briscese
Giovanni Cardone
Susanna Susy Tartari
Cinzia Memola
Concetta Leto
Claudio Giulianelli
Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio
tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com
Mariana Papară
è una delle artiste che illustra in modo esemplare ciò che ho sempre affermato e ripetuto: modernità significa confronto tra l’estetico e l’artistico. Vale a dire, mentre l’estetica è diventata un libro di testo/una raccolta di criteri e norme generalmente accettate, che consacrano il “bello” e il “buono” (kalokagathia) a beneficio di una società ideale, l’artistico rimane un atto personale che, non di rado, si discosta da queste regole. A volte le nega esplicitamente (vedi i manifestid’avanguardia), ma, spesso, l’opposizione deriva semplicemente dall’insorgenza delle visioni e dei mezzi del creatore. In altre parole, il particolare si oppone al generale a breve termine, promuovendo “l’originalità”, per essere assimilato/ digerito in seguito. L’estetico si nutre dell’artistico! Formalmente, le opere di Mariana Papară si allineavano alla corrente visiva chiamata ”espressionismo astratto”, che fu approvata esteticamente dopo non poche polemiche, perché si dimostrò estremamente diversificata e flessibile. Ora, proprio questa varietà di tendenze, da un lato, si rivelò un’offerta per gli artisti, mentre, dall’altro, rivelò il suo margine di rischio camuffato nella confusione. Ma Mariana Papară – con un buon intuito, perseveranza, una vocazione da ricercatrice e molto talento, ovviamente! – trovò la sua strada, segnò la sua originalità. Nel linguaggio, ovviamente.
Perché, dopo tutto, l’emozione (come fenomeno emergente dell’opera) è la stessa sia per l’artista che per l’appassionato d’arte (dura meno di 90 secondi, affermano i neuro ricercatori), in condizioni simili. Il problema è che l’artista deve esprimerla a modo suo.
Da qui inizia un lavoro complicato: trovare il linguaggio appropriato, espressivo, autentico, singolare... Di conseguenza, nel “luogo di lavoro” / studio di Mariana Papară troveremo cavalletti, assi, tele, pennelli, “colori”, pinze, martelli, vecchi chiodi di ferro, pezzi di tessuto, pezzi di pergamena, pezzi di legno, fili, cornici, LED e molto, molto altro. Strumenti, materiali e ingredienti necessari all’elaborazione del linguaggio plastico ibrido che l’artista ha concepito e sviluppato nel tempo. Ovviamente, anche l’atmosfera conta, ed è per questoche a tutto ciò si aggiungono musica, luci speciali e la presenza – più o meno discreta – del cane Atos e dei gatti Rey e Artur. In questo habitat artistico, spazio di sogno e meditazione, è nata anche la recente mostra “Introspezione” (aprile 2025, al Museo d’Arte di Piatra-Neamț). Ovviamente, rispetto alle mostre precedenti, l’espressione di Mariana Papară non è cambiata di molto. Né lo è stata, perché elevare il dipinto (olio su tela, puramente e semplicemente, come si diceva un tempo) al livello di oggetto artistico complesso (l’assemblaggio di vari materiali sulla superficie dipinta) è una conquista presunta e consacrata nello stile dell’artista. Ciò che è cambiato è il significato dell’immagine, dall’esterno all’interno, attraverso sotti
gliezze e raffinatezze cromatiche. Oltre a un pattern specifico, questa volta il “bozzolo” (un’installazione fatta di fogli di pergamena), che suggerisce la moltiplicazione di visioni plastiche attraverso l’incubazione.
Leggere la mostra passo dopo passo, rispettivamente opera per opera, può essere un processo iniziatico, utile e piacevole. Confermando così quanto affermato da Herbert Read: “In ogni autentica opera d’arte (...) ci sono due elementi: uno di natura matematica, che dà origine alla categoria della bellezza, e un altro di natura organica, che dà origine alla categoria della vitalità. Le più grandi opere d’arte sono quelle che combinano questi due elementi in una forma che chiamiamo organica perché possiede sia bellezza che vitalità”. (*)
Vorrei però richiamare l’attenzione sul fatto che il “tutto” della mostra rappresenta di per sé una composizione, rigorosamente pensata da Mariana Papară.
Critico D’Arte, Emil Nicolae Nadler
Tel.: +40 0736785363; mail: marianaaripa@gmail.com www.aripa.eu ; https:/www.facebook.com/marianaaripa/
La confessione
La mia vita d’ artista è interiore e la lascio fluire solo attraverso la mia pittura. La solitudine, come sempre, è interiore, dove sono solo con me stesso, e a volte nemmeno con me stesso. Oggi mi rendo conto sempre di più che la solitudine è stata il sentimento centrale della mia vita e della mia arte, che è in realtà il mio messaggio, quello che la pittura trasmette. La solitudine può portarti in un viaggio alla scoperta di te stessoche influenzerà profondamente il tuo percorso di vita, aiutandoti a vedere lo scopo della vita da una nuova prospettiva. Sarai in grado di riflettere sulle cose belle, sui motivi di gioia, sullevittorie e sulle difficoltà che ti hanno aiutato a diventare più forte.Devi sapere una cosa: essere soli non è anormale. La solitudine significa sentirsi disconnessi e isolati, anche in una stanza affollata. Ti espone alle tue paure e ai tuoi desideripiù profondi. Se ti fermi ad ascoltare la tua voce interiore, scoprirai cose sepolte così profondamente che non ne eri nemmeno a conoscenza. La solitudine è la scoperta della libertà esattamente nello stesso stato di isolamento. La mente e lo spirito sono liberi disognare. Puoi vivere come preferisci. Sei libero di decidere cosa, come e quando in ogni momento. Non intendo parlare a lungo della mia biografia o della mia attività artistica qui. Dirò solo questo: trovandomi in un paese straniero, mi sono posto una sfida con me stesso... aprire una galleria d’arte.Si è rivelato un periodo di apprendistato. Ma quel pe-
riodo mi ha portato molto, ho assimilato molte informazioni, ho incontrato molte persone, sono entrato in contatto con le varie sfaccettature di questo mondo - e tutto questo a un ritmo estremamente veloce. Sapevo quanto fosse folle, ma credo che ci sia una sorta di dipendenza dall’arte. Una volta che ci si è interagiti, è difficile staccarsene completamente. Ricordo di aver fatto un’intera lista di possibili nomi allora... Alla fine, ho deciso: ARIPA - un simbolo di luce, spiritualità, possibilità di volo e ascensione al cielo, desiderio di trascendere la condizione umana. Oltre allo spazio - che, a mio avviso, sta diventando sempre più una convenzione - una galleria significa un programma espositivo che non scende a compromessi sulla qualità, un programma che si costruisce di anno in anno e che include sia artisti rappresentati in esclusiva che collaborazioni occasionali.Per me, questo aspetto è stato importante fin dall’inizio: produrre e ospitare mostre di artisti rumeni, noti sulla scena internazionale. Da un lato, il pubblico locale ha così accesso a un tipo di arte che normalmente non vedrebbe. Dall’altro, si verifica una migliore contestualizzazione degli artisti. È stata un’esperienza... nella vita ti aspetti innumerevoli esperienze, senza il rischio di essere giudicato. La libertà assoluta è rara e devi essere solo per viverla. Dipingo ciò che vivo, ogni giorno succede qualcosa. La fonte di ispirazioneè, infatti, la tua ricerca quotidiana con te stesso.
Mariana Papară
Enzo Briscese è autore di visioni rivissute in una dialettica di momenti coinvolgenti. Egli privilegia la scomposizione di piani, come esplorazione visionaria, e colta ricerca concettuale, che riprende il pensiero cubista e costruttivista del primo Novecento. Questa pittura riafferma con garbo la possibilità di momenti arcani, grazie a uno scenario dove reminiscenze figurali, più o meno esplicitate, si coniugano in un contesto liricamente informale, mettendo a punto un microcosmo che si ricompone in un unicum ragionato e reso coerente, tramite segnali e richiami allusivi. Vibrano sentimenti inespressi in queste ricognizioni di eventi, il cui significato resta comunque sospeso e accessibile solo come intuizione. Il percorso visivo si traduce in un segno rapido, elegante, e in una materia trasparente, leggera, a suo modo dialogante, e poeticamente armonizzata nei giochi tonali. Si può ben dire quanto Briscese sia pittore della positività, anche nel momento in cui le sue visioni assumono le sembianze di una realtà sfuggente; non c’è infatti conflitto in queste composizioni dove l’in-
conscio non è tenebra perturbante, ma processo chiarificatore, autobiografico si direbbe, che si apre allo sguardo come accogliente repertorio di oggetti teneramente quotidiani, avvolti nella dolcezza ipnotica e nel silenzio ovattato di uno spazio metafisico. Briscese si rivela qui come abile manipolatore di una realtà estremizzata fino ai limiti dell’assurdo, e tuttavia autore di una narrazione veritiera, attendibile, aperta alla condivisione. La sua cultura pittorica, superando il conflitto tra figurazione e informale, si radica nel Museo del secolo scorso, ma va anche detto che questo richiamo spiega solo in parte la verità poliedrica del suo operare, dove risuonano chiari gli echi della nostra inquietante quotidianità.
Paolo Levi
mail.: enzobriscese6@gmail.com www.facebook.com/enzo.briscese.9/ tel. 347.99 39 710
L’intimità di dialoghi perduti in un “tempo contemporaneo” che inizia a scorrere forse troppo velocemente. Una spiritualità interiore, viene rappresentata attraverso dipinti ad olio e carta che ci parlano di uomini e donne, che vivono nel nostro tempo. Lacerazioni dell’anima. Speranze ricercate, per poi essere ritrovate. La pittura di Aurora Cubicciotti si muove in un contesto sociale, poco esplorato dagli altri Artisti. L’idea di pittura classica tradizionale, viene abbandonata, per dare maggiore spazio a quel processo di significazione, alla base di ogni lavoro di Cubicciotti. “Mi piace incollare la carta - spiega - e seguirla, perché, a mano a mano che la strappo, è lei a suggerirmi la strada da intraprendere: sono affascinata dall’effetto che si ottiene, restituisce il concetto di non finito, di antico e consumato. La formazione che ho ricevuto, la mia professione da insegnante, la conoscenza del restauro, della chimica dei colori - a volte mi preparo i pigmenti da sola - mi conduce a sperimentare, a far convivere diversi linguaggi, ad innovare, il tutto senza dimenticare la bellezza delle forme dell’arte classi-
ca”. La sua visione artistica è ben delineata: “Serve la tecnica, bisogna studiare le basi per dare corpo e anima alla propria creatività. L’artista - come spiega Aurora - ha il dovere di usare al meglio i propri mezzi espressivi affinché la sua arte agisca fortemente sulla sensibilità dello spettatore; l’opera d’arte deve essere la voce scavata tra i colori che in maniera assillante scuote gli animi umani per obbligarli a vedere la realtà”. Possiamo collocare la pittura di Cubicciotti all’interno dello spazio/tempo Caravaggesco, nel quale la dicotomia buio/luce diventa il punto di partenza per un nuovo racconto pittorico. Il contrasto tra luce e oscurità non crea dissonanza, piuttosto i due elementi opposti si completano, mettendo in evidenza un fatto importante: la luce diventa protagonista del messaggio della pittrice.
mail.: cubyaurora@gmail.com
Sito: www.facebook.com/ aurora.cubicciotti tel. 339.18 38 913
Monica Macchiarini nasce a Vergato (BO) nel 1962. Nel 1980 consegue il diploma di Maturità Artistica al Liceo Artistico di Bologna. Nel 1981 svolge uno Stage di Ceramica a Imola (BO). Frequenta poi il Corso di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Perugia diplomandosi nel 1984 come Maestra Scultrice. Negli anni della sua formazione è stata allieva di Ugo Guidi, Giorgio Lenzi, Eliseo Mattiacci, Bruno Corà.
Attraverso un materiale povero e naturale come l’argilla, Monica Macchiarini racconta e traduce emotivamente percorsi interiori che vengono alla luce attraverso simboli ancestrali e ‘incantamenti’ che richiamano alla Sacralità della vita, al Divino Femminile, alla Madre Terra e alla Creazione in tutte le sue forme preziose di Energia vitale. Le sue opere figurative sono icone contemporanee che danno voce a donne senza tempo, Dee, Sibille, Sacerdotesse e Oracoli, per proporre una riflessione sul pregiudizio ancora radicato che ha portato a dimenticare il contributo fondamentale delle donne nella società.
Dal 2001 fino al 2007, a Sasso Marconi, inizia un’importante esperienza di artigianato artistico con la bottega
“L’Altrarte” che contribuisce a fondare. Nel 2007 inaugura un percorso individuale che la vede impegnata come scultrice-ceramista e come docente di laboratori didattici e corsi specifici in campo artistico. Nel 2008 diventa Coordinatrice Artistica di un importante Atelier di Art Brut per persone adulte con disabilità della coop. Sociale Open Group: “Marakanda: arte e capacità in corso d’opera” a Borgonuovo di Sasso Marconi (BO).
Lavora ed espone le sue opere presso lo Studio artistico Achàntus che ha aperto nel 2019, insieme allo scultore Fausto Beretti, in via Saragozza 153/b a Bologna. Nel 2022 entra a far parte della “Francesco Francia” associazione per le Arti di Bologna dal 1894.
tel. - + 39 338 4894234
Mail - monicamacchiarini@gmail.com
Sito -www.monicamacchiarini.it
Scultore e pittore, l’artista è titolare della cattedra di discipline plastiche presso l’Istituto d’Arte Paolo Toschi di Parma. Nelle sue opere il fremito della vita e il dinamismo del movimento. Alla galleria d’arte contemporanea “Studio C” di via Campesio 39 si inaugura oggi, alle ore 18, la mostra personale di Fausto Beretti dal suggestivo titolo “Davide e Golia”. Nato a Reggio Emilia e residente a Bologna, Fausto Beretti è artista dalla solida preparazione tecnico-culturale e dal vasto curriculum critico-espositivo. Prima ha frequentato il Liceo Artistico di Bologna e quindi si è diplomato maestro scultore presso l’Accademia di Belle Arti della stessa città. Ha inoltre ricoperto incarichi importanti nel campo dell’insegnamento ed ha soggiornato per un certo periodo a Parigi dando vita a preziose collaborazioni artistiche. Attualmente occupa la cattedra di discipline plastiche presso il prestigioso Istituto d’Arte “Paolo Toschi” di Parma. Artista a tutto tondo, scultore e pittore, Beretti è tra i pochi artisti moderni che sanno unire la sapiente tecnica dei vecchi maestri alle tematiche più vere e sentite della nostra contemporaneità facendo così convivere, in modo armonico e del tutto naturale, passato e presente, tradizione e modernità. E la grande tradizione artistica del nostro Rinascimento, del Manierismo e poi, ancora, tutta la maestria espressa dall’arte greca e romana costituiscono, infatti, il cuore e l’ossatura di tutta la sua espressione. Arte vera e concreta, dunque, fondata su basi solide e universali, dove la creatività e l’ingegno si sposano alle capacità operative e “artigianali” del mestiere e dove l’invenzione si fa cultura, sensibile interpretazione, attimo di intensa e sentita tensione artistica. Nel suo ampio
e accogliente atelier si respira un’aria d’altri tempi, un’atmosfera silenziosa e raccolta fatta di lavoro, studio e ricerca. Belle e coinvolgenti anche le tematiche affrontate da questo artista che, per dare maggiore forza al suo percorso espressivo, si serve di scenografiche rappresentazioni mitologiche, di potenti iconografie sacre o di toccanti immagini letterarie. “Chirone morente”, “Lapita che uccide un centauro”, “San Giorgio e il drago”, “Il profeta Geremia”, “ La barca di Caronte” e “Don Chisciotte” sono solo alcuni titoli di altrettante opere dove l’uomo e l’esistenza sono sempre gli assoluti protagonisti. Perché questo artista sente fortemente le problematiche umane ed esistenziali dei nostri giorni, le tensioni della vita contemporanea, le difficoltà del momento. Così le sue sculture, percorse sempre dal fremito della vita e del movimento, sono letteralmente fatte di corpi: corpi aggrovigliati e sofferenti, in equilibrio e in tensione, corpi che cercano altri corpi, corpi schiacciati sotto il peso di altri corpi. Bravo disegnatore e ottimo conoscitore dell’anatomia umana, Fausto Beretti, dopo aver progettato l’opera, sembra lavorare in scioltezza e velocità e i suoi personaggi, pur nella perfezione anatomica, risentono di una certa influenza impressionista, un “finito” che si alterna sempre al “non finito” lasciando intravedere una sospensione spirituale, un attimo di attesa e/o riflessione, un intimo tormento. Comunque sia, i suoi personaggi, pur nell’impianto classico e/o rinascimentale
tel. +39 333.433 3093
mail: faustoberetti@gmail.com
Sito - www.faustoberetti.it
Egizia Black, si è formata artisticamente a Firenze e a Bologna,attualmente lavora e vive a Parma. La giovane artista dopo un lungo periodo di pausa, dedicandosi parallelamente a un altro lavoro ha riscoperto la sua passione per la pittura. La sua esperienza lavorativa le ha fornito nuove prospettive e ispirazioni, influenzando il suo stile e le sue opere. Con determinazione e creatività, riesce a trovare il tempo per esprimere la sua arte, trasformando la sua vita quotidiana in un’opera d’arte continua.
Egizia Black trasporta lo spettatore in un mondo incantato,
dove la realtà si mescola con la fantasia. Le sue opere sono caratterizzate da colori ovattati e atmosfere sognanti, creando scene che evocano la meraviglia e immaginazione. Le sirene, con le loro code scintillanti e i capelli fluttuanti, sono tra i soggetti preferiti di questa pittrice, ogni dettaglio, dalle squame alle onde che circondano i loro corpi, è realizzato con grande cura, rendendo le opere incredibilmente coinvolgenti. Mail. egiziablackz.6@gmail.com
Davanti alle opere di Angelo Buono, c’è da chiedersi dà cosa nasca la sua volontà pittorica, s’è non dal fascino dei colori e della luce. C’è quindi alla radice del suo far pittura un input,una sorta di sollecitazione intrinseca che lo porta ad esplicitare nella sua varietà del segno e nella molteplicità delle assonanze cromatiche,tutto un mondo interiore.
Affiorano così allo sguardo tutta una serie di esplicitazioni spesso decisamente informali perché interviene direttamente nella materia con un segno espressivo e un gesto spontanee, in cui le modulazioni cromatiche stesse sembrano essere ricondotte al servizio di un serrato impianto costruttivo organizzato talvolta su una griglia spaziale,e la fantasia a fare da supporto ideale x questa trascrizione di segni e di impulsi che si rifanno alla sfera tipicamente sensoriale. Sappiamo che segno,e gesto e materia sono alla radice della poetica “informale”, perché un linguaggio del genere nasce e si origina dal dominio della pulsione.
Ebbene in Buono si avverte, sia pure in una alternanza semantica significativa questa condizione particolare,
questo muoversi e voler scoprire un “reale fantastico” ,una trasfigurazione immaginifica, in tal modo l’opera vive allora come in una doppia tensione,tra flusso espressivo e suo annientamento, sulla scia di una intuibile ricerca di dimensioni e di spazi evocativi destinati a respiri più ampi e come se dai gorghi della memoria dovessero emergere i termini di una poetica continuamente oscillante tra visibile e invisibile,tra superficie e profondità.
Alla radice c’è senza dubbio una irrequietezza come supporto ideativo, per cui il rapporto che viene a stabilirsi è attivato al rimando tra fattori di contrazione e di espansione,di parcellizzazione e di ricomposizione globale.
Salvatore Flavio Raiola
mail.: angelo.buono49@gmail.com www.facebook.com/profile.php? id=100009137654439
tel. 346.72 40 502
Giorgio Della Monica è un artista salernitano. Il suo linguaggio espressivo spazia dall’iperrealismo all’astrattismo, nella ricerca continua di tecniche innovative ed efficaci. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private e hanno ricevuto numerosi apprezzamenti.
Ha partecipato a collettive e personali all’estero (Cannes, Pechino , Amsterdam, Argentina, Bruxelles, Stoccolma, New York, Perth ) e in Italia.
Giorgio Della Monica è un artista salernitano. Il suo linguaggio espressivo spazia dall’iperrealismo all’astrattismo, nella ricerca continua di tecniche innovative ed efficaci. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private e hanno ricevuto numerosi apprezzamenti.
Ha partecipato a collettive e personali all’estero (Cannes, Pechino , Amsterdam, Argentina, Bruxelles, Stoccolma, New York, Perth ) e in Italia.
“Giorgio Della Monica attinge a una vasta gamma di esperienze pittoriche e culturali, trasportando l’osservatore in una dimensione parallela, fatta di colte rielaborazioni del reale, del sogno e del mito.
Così in Caos troviamo una figurazione di taglio surrealista intessuta in una trama allusiva; in Proserpina l’artista inquadra la dea agreste con un modellato che si ispira ai canoni della scultura classica. Egli spazia dall’uso della foglia d’oro agli acrilici, esprimendo una creatività poliedrica. La sua tavolozza è costituita da un felice connubio tra tonalità intense e cromatismi delicati che danno vita a un disegno in cui il tratto scandisce con un andamento ritmico la composizione. Della Monica invita l’osservatore a lasciarsi coinvolgere dal fascino arcano dell’immaginario mitologico, riconoscibile qui come dimensione parallela, che appartiene ineludibilmente alla nostra memoria collettiva.
Paolo Levi
viaggio tra mura ravvicinate, visioni di infinito e pareti domestiche a ritrovare un vecchio macinino con la cara caffettiera napoletana, una lucerna in ceramica vietrese, trasparenze di bottiglie, un asinello ridanciano, una conchiglia, lo specchio della fertilità a corona di Cerere, testa viva oltre il corpo ormai svanito.
Nato nel “59, figlio di un paesino dei monti Dauni, fin da piccola mostra una spiccata passione per il disegno e i colori, che lo portò a frequentare l’Istituto d’Arte Fausto Melotti di Cantù.
Da giovane frequenta per diversi anni lo studio del Professor Paolo Minoli, docente all’accademia di Brera a Milano. Il lavoro da project manager lo tiene lontano, per un po’, dal mondo dell’arte, ma nel 2000 la passione per la pittura, mai sopita, riemerge prepotentemente. Ieronimo realizza numerose opere ripartendo da soggetti geometrici e figurativi finché la sua continua ricerca lo porta alla realizzazione di opere astratte. Significativa è la personale allestita nel 2017 alla corte san rocco di Cantù “Dinamismo e colori dell’anima” con una quarantina di opere astratte che rispecchiano le diverse fasi evolutive della sua crescita artistica. La tecnica pittorica si evolve con la necessità dell’inserimento gestuale che porta a valorizzare le opere con interventi di action painting che permettono all’artista di esprimere al meglio le proprie emozioni. Le sue opere sono esposte in numerose iniziative artistiche e pubblicate su riviste d’arte quali “IconArt Magazine” e “Rivista 20”. Nel 2019 partecipa alla collettiva “Astrattissima” a Chieri, curata da Enzo Briscese, Giovanna Arancio e presentata dal critico d’arte Giovanni Cordero.
Nel 2020 partecipa ad “Arte Parma” con la galleria Ariele ed al premio “Icon Art 2020” indetto dalla rivista IconArt Magazine.Nel 2021 partecipa al premio “maestri a Milano” con la video esposizione al teatro Manzoni di Milano.
Nel 2022 partecipa al premio “Giotto per le arti visive” con alcune opere sia astratte che figurative.Nello stesso anno partecipa ad alcune aste organizzatedall’associazione ART CODE di Armando Principe che attestano valutazione e certificazione alle varie opere.A maggio del 2022 partecipa, sempre con l’organizzazione Armando Principe, ad un’importantissima fiera“Affordable art fair” ad Hampstead Londra.Ha partecipato al 1° tour Biennale d’Europa che prevede la videoesposizione din. 4 operein importanti musei e gallerie di: Parigi, Barcellona, Londra, Venezia. Anchequest’anno presentead ArteParma e attualmente in mostra a Chieri con Astrattissima 2022.
Anno 2023 presente sempre ad arte Parma e ad una bella mostra con Gabetti in arte a Cremona, organizzata con la prof.ssa Daniela Belloni e con il critico d’arte dott. Pasquale di Matteo. Anno 2024 partecipa alla fiera d’arte moderna e contemporanea di Genova e una pubblicazione su IconArt magazine con l’opera Color Explosion, poi presente ad ArteParma .A lugliorealizzauna mostra personale patrocinata dal comune di Cantù dal titolo :“l’armonia tra il vivacismo deicolori e il dinamismo eclettico delle forme”con una ventina di opere tra astratti e figurativi.
mail.: gabriele.ieronimo@live.com
sito.: https://gabrieleieronimo.it/ tel. 348.52 62 074
Nata nella maestosa e unica San Pietroburgo, Alena Masalkina ha sviluppato fin dall’infanzia una profonda sensibilità per la bellezza. Sebbene si sia formata nelle rigorose discipline dell’ingegneria aerospaziale, la sua vocazione artistica ha continuato a pulsare, un filo ininterrotto e potente.Dopo aver esplorato altre strade professionali, Alena è tornata recentemente alla pittura, vedendo in essa non solo un nuovo capitolo lavorativo, ma anche un’opportunità di profonda realizzazione personale. Attratta da un richiamo irresistibile, ha intrapreso un percorso di formazione unico e duale. Ha studiato le fondamenta dell’iconografia russa presso l’Associazione Archeosofica di Parma, per poi immergersi nel polo opposto della pittura frequentando lo studio del maestro iperrealista parmigiano Giuseppe Mallia. Queste esperienze hanno segnato l’inizio di un’instancabile ricerca stilistica. Partendo da una base realista, l’artista si è spinta verso l’astrazione, trovando oggi un suo equilibrio distintivo e affascinante. Le sue opere, in particolare i ritratti, si muovono con grazia tra il simbolismo, la modernità e le suggestioni dell’Art Déco. Una ricerca ancora in evoluzione, che rende il suo tratto creativo sempre più personale e riconoscibile. “L’arte è energia sotto forma di emozioni che viaggiano di cuore in cuore,” afferma l’artista. “Il pittore si limita a sintonizzarla sull’onda giusta, filtrandola attraverso la propria tecnica. Se i miei dipinti suscitano emozioni anche in una sola persona, considero il mio compito compiuto. Ma il mio sogno è che queste emozioni uniscano quante più persone possibile, aiutandole a incontrare sé stesse, i propri sentimenti e desideri più veri, e a percepire, a un livello profondo, quanto siamo tutti uniti.”
L’artista esplora diverse tecniche, utilizzando olio, acrilico e oro, suddividendo le sue opere in serie cromatiche, a seconda della direzione della sua ispirazione. Sebbene gran parte delle sue opere si trovi in collezioni private, Alena Masalkina ha
in programma la sua partecipazione a diverse mostre locali e internazionali nel prossimo futuro.
“Nata nella splendida San Pietroburgo, possiedo una spiccata sensibilità per la bellezza, e vivere in Italia, il paese più bello del mondo, mi permette di goderne in ogni sua forma: nella natura, nell’architettura, nell’arte,” riflette l’artista. “Tuttavia, le mie origini russe restano sempre con me, espresse in un profondo spiritualismo, nelle tradizioni iconografiche e in un’incessante auto-riflessione. I miei dipinti riflettono proprio questa ricerca interiore, un tentativo di unire simbolicamente, attraverso la pittura, due mondi: il visibile e l’invisibile, lo spirituale e il materiale, l’immaginato e il reale, l’orientale e l’occidentale.”
Questo dualismo si manifesta nella sua tecnica: dipingere atmosfere non esistenti, al confine con l’astrazione, per farne emergere figure reali, ma stilizzate, con un laconismo che ricorda le icone. È un tentativo di trasmettere la bellezza del mondo visibile senza ricorrere a un’immagine realistica, per rivelarne la base metafisica.
“In questo processo, sono i dipinti stessi ad aiutarmi. Li creo separando l’ordine dal caos, in un dialogo in cui è la tela a indicarmi cosa vuole raccontare. Un’idea in perfetta sintonia con il mio lavoro: rendere visibile l’invisibile, incarnando sentimenti e idee soggettive in forme alternative del mondo visibile. In questo, l’acrilico mi è di grande aiuto, permettendomi di allontanarmi dai canoni classici e di lavorare con tecniche moderne, unendo così passato e presente per cogliere l’atemporale. Anche altri materiali contemporanei, come la foglia d’oro, le paste materiche e i pennarelli, mi servono a questo scopo.”
tel. 335 5604206
mail: alenamasalkina@gmail.com
Stefano Dotti è nato a Parma nel 1962,dove tuttora vive. Appassionato da sempre di arti figurative, deve la sua formazione artistica alle attività didattiche frequentate presso l’istituto d’arte Paolo Toschi, dove si è diplomato e questa passione l’ha portato a perfezionarsi grazie a corsi di pittura, disegno e di restauro e a intraprendere una propria produzione artistica. Predilige la pittura ad olio su tela e su tavola, in cui riserva la propria personalità e la propria visione della realtà, con evidenti allusioni al surrealismo. Ama il ritratto in cui cerca di far emergere l’interiorita del soggetto, mantenendone tuttavia l’enigmaticita’ e svincolandosi dal mero elemento estetico. Ama sperimentare tecniche e materiali, specialmente di recupero, che lo portano ad elaborare nuove forme di espressione pittorica e scultorea.
tel. 335 5604206 mail: stedot1313@gmail.com
Sabrina Marelli, pittrice milanese da tempo residente a Parma, è ormai nome noto agli habituè di questa rivista, che le ha dedicato ampio spazio nei precedenti numeri. Per qualche collezionista, critico o appassionato d’arte, Sabrina è più di una firma, perché ha avuto il piacere di incontrarla ad una delle sue esposizioni. Per ricordare le più recenti: ARTPARMA FAIR - Mostra Mercato d’Arte Moderna e Contemporanea (ottobre 2024) / LE TRE DIMENSIONI DELL’ARTE - Mostra Personale a Tre, Patrocinata dal Comune di Fontevivo (PR) - (maggio 2024). Altri, invece, hanno avuto l’opportunità di visionare le sue tele, in trasferta presso prestigiosi atelierdel nostro Bel Paese, quali, ad esempio, la GALLERIA IL LEONE di Roma. Infine, a chi, pur desiderandolo, non ne ha ancora avuto l’occasione, è in particolare rivolto l’invito a visitare Le Biciclette, iconico Art Bar e must degli aperitivi milanesi, che, dal 10 gennaio al 26 marzo 2025, ospiterà una selezione di opere di artisti contemporanei, tra i quali non poteva mancare la nostra parmense pittrice emergente. Come avrete intuito, Sabrina è determinata, sia quando si tratta di scegliere un soggetto fuori dagli schemi, una tinta audace, un’ardita prospettiva, sia quando si tratta di promuovere i suoi quadri.
È sua ferma opinione, che l’arte non debba rimanere relegata in un armadio o in un cassetto, ma che nasca per essere divulgata e spiegata, con lo stesso slancio con il quale si impugna il pennello.
Per rimanere aggiornati sui futuri progetti e appuntamenti di Sabrina Marelli, potete seguirla sul suo canale instagram: sabrinaarelliart.
mail: sabrymarelli@libero.it cell. 347 522 9555
Lalla, nata a Sassari, in terra petrosa e aspra, che ha donato al mondo culturale elette personalità nel poliedrico campo delle arti figurative. Donna dalle alte virtù artistiche, professionalmente e altamente qualificata da corsi seguiti nella sua giovinezza, si erge per l’amore verso la sua terra cui si rivolge con sentimento e affetto nutriti per la gente, di cui appassionatamente riproduce con perizia, tecnica e sagacia pittorica, profondi tratti delle persone, del loro habitat, di strumenti e di mezzi usati nella vita quotidiana, espressi nelle sue opere con colori, luce e forme che scaturiscono dal suo mondo interiore, che la rivolgono con slancio nel complessivo del mondo del lavoro. Il “corso speciale libero di nudo” presso l’Accademia Di Belle Arti di Venezia del Prof. Luigi Tito, “gli studi privati con Guido Carrer “ , “ il corso di grafica “ presso l’istituto “ Gazzola “ di Piacenza, i corsi speciali di nudo, l’Accademia di Brera di Milano, il suo inserimento nel sodalizio artistico culturale “ Gruppo 83” di Piacenza, socia UCAI
alla Galleria Sant’Andrea di Parma e l’inserzione del suo nome nel Grande Dizionario Artisti Italiani Contemporanei, nonché nell’archivio storico per l’arte italiana del 900 a Firenze, le attribuiscono il giusto viatico per un ulteriore riconoscimento delle doti artistiche a livello nazionale ed internazionale. Le figure di uomini, di donne, di fanciulli irriconoscibili perché dispersi nello spazio e nel tempo, ma delineati con fedeltà nei loro valori, dei cavalli della sua terra natia quasi scolpiti nelle tele descritti e colorati con meravigliosi ricordi e nostalgia di un mondo ancestrale scomparso pongono l’autrice sul piano del sublime, quando rappresenta con vive tinte e colori del suo mondo interiore. Lalla merita il nostro riconoscimento.
Tel.: 340 50 60 952
Mail: giancarlaluciano40@gmail.com
“Sono Roberta Popoli e ho settantadue anni” è l’inizio di una breve presentazione che essa stessa ha preparato per la pubblicazione di alcuni suoi dipinti su una rivista d’arte. Una sintesi che raccoglie tutta una vita, “libera, gioiosa e tranquilla” di cui la pittura è parte feconda e istintiva. La pittura diventa uno strumento indispensabile per raccontare la realtà della vita e le interpretazioni dei sogni.
Già in età adolescenziale manifesta una naturale predisposizione alla pittura che approccia nella riproduzione dal vivo della natura che la circonda. Roberta Popoli è infatti “cittadina” della Bassa; nasce a Sissa in provincia di Parma e della vita contadina non può che trarre la vitalità dei colori della terra, delle placide acque che arrivano al Po, delle coltivazioni e delle nuvole basse che attraversano il cielo intriso di un’aria densa e odorosa. Sulla tela riporta fedelmente ciò che vede e, con facilità e rapidità, dispone i suoi colori ad olio che riproducono campi e argini, cieli e manufatti. Roberta Popoli, non solo è in simbiosi con l’applicazione del colore ma interpreta la tecnica della prospettiva con disinvoltura ed efficacia nonostante la sua preparazione artistica sia solo scolastica e termini con l’acquisizione del diploma magistrale. Per tutta la durata della vita professionale dedicata all’insegnamento nella scuola primaria elementare, affida il suo estro alla passione senza trovare il tempo per avere un supporto di conoscenza tecnica superiore. Raggiunta l’età della pensione, compensa le sue supposte mancanze affidandosi all’insegnamento dei maestri Stefano Magnani e Paolo Bottioni. I viaggi e i rapporti personali le offrono molti spunti per ri-
creare su tela luoghi e incontri che entrano in sintonia con chi guarda le opere che portano loro a riconoscere sia il ponte di Gramignazzo piuttosto che il volto di un amico, i cavalli, a Canapo abbassato, intenti alla partenza del Palio di Siena. Si destreggia abilmente con vari tipi di soggetti, dalla staticità della natura morta al movimento di una coppia di ballerini di tango, danza che ama particolarmente, alla riproduzione di un dolce paesaggio collinare fino alla violenza di un mare in tempesta. Capita che le sue opere siano realizzate in contrapposizione: la vecchiaia e la gioventù, il mare in tempesta con un pacato osservatore dallo scoglio, una coppia di giovani abbracciati sulla stessa panchina dove un signore legge il giornale.
Roberta Popoli ritrae il proprio mondo anche con ambientazioni metafisiche dove si intravedono momenti di solitudine in cui le ombre segnano una condizione esistenziale ma delineano il presupposto della luce che illumina la scena di un campo o il profilo di un volto o l’acqua di un fiume.
Il mondo a colori di Roberta Popoli è un mondo dinamico dove trovano posto cose, persone e sogni riprodotti con l’intento di ingenerare armonia ed ammirare bellezza in chi osserva le sue opere.
È da tempo iscritta all’associazione culturale UCAI sezione di Parma per la quale ha esposto in varie collettive presso la sede della Galleria d’Arte Sant’Andrea.( LucaTegoni )
Mail : popolirob@gmail.com
Cell: 339 656 0759
Francesca Cassoni nasce a Parma, dove tutt’ora risiede. Fin dalla giovane età ha manifestato passione per l’arte, in particolare per la pittura.
Negli anni novanta si dedica alla fotografia, specialmente il bianco e nero, ottenendo riconoscimenti in diversi concorsi, anche nazionali.
Successivamente, dopo un periodo di studio con il prof. pittore Mauro Marchini di Parma, si dedica alla pittura informale, ispirandosi in particolare all’espressionismo astratto americano, ma anche ai pittori informali italiani ed europei.
Francesca ha partecipato a diverse prestigiose esposizioni personali e collettive in Parma e in altre sedi.
“Le opere informali di Francesca Cassoni, lontane da strutture narrative retoriche quanto da rapporti figurativi di sudditanza con il reale ci catapultano dentro ad una esperienza estetica emozionale ancor prima che visiva. La pittura come esigenza interiore è l’imperativo a cui Francesca risponde: le sue opere vengono alla luce senza un progetto e si misurano contemporaneamente con momenti eterni e attimi precari della vita nel suo scorrere. Le opere di Francesca sono moderne parenti del sublime romantico:
affascinano perché molto lontane dalla cultura azionale della ragione e dalla fiducia nella tecnologia, ma molto vicine alle forze creatrici della Natura.
Non serve il ciarpame delle parole per entrare in questi accadimenti pittorici forse solo la lontana filosofia atomistica che ha tentato di spiegare la composizione del mondo attraverso sistemi di aggregazione casuale e spontanea degli atomi potrebbe soccorrerci. Con il rifiuto della forma nelle opere di Francesca acquistano supremazia la superficie, il segno, la materia, il colore, nelle sue composizioni astratte grande valore hanno il peso e l’equilibrio orientati a trasmettere energia… (Eles Iotti, Critica d’arte)
“La pittura di Francesca Cassoni è una pittura impetuosa, dal segno frenetico e incisivo, è fatta di intrichi di suoni e di fecondi silenzi, d’un approccio insaziabile alla vita che lei cattura nelle sue fibre, denudandola e lasciandole scoperta l’anima d’ombra e luce…
(Dott.ssa Manuela Bartolotti, Storica dell’arte)
Cell.335 8162989- mail: cassonifrancesca@gmail.com francesca.cassoni@libero.it www.francescacassoni.eu/
Mirella Caruso nasce a Sciacca, luogo di atmosfere mediterranee che l’ha sempre ispirata per i suoi dipinti. Laureata in giurisprudenza all’Università di Palermo, ha insegnato Discipline Giuridiche e Economiche ed è attualmente impegnata nell’insegnamento delle tecniche dello yoga, pratica che è per lei ispirazione fondamentale per alcuni dei suoi soggetti simbolici. Stabilitasi a Torino, ha iniziato il suo percorso di pittrice grazie all’incontro con Margherita Alacevich. La sua energia vitale e l’irrequietezza del suo carattere la portano spesso a diversificare la sua produzione; passando per quadri simbolici si arriva alla rappresentazione figurativa di paesaggi e soggetti. Tra le maggiori esposizioni dell’artista si ricordano le personali nel 1995 a Cervo (IM) a Villa Farandi, quella del 2013 al “Re Umberto” di Torino, nel 2016 la bipersonale con Giuseppe Falco alla Galleria d’Arte Centro Storico a Firenze e nel 2017 presso il circolo culturale di Sciacca. Oltre a numerose mostre al circolo degli artisti e alla promotrice delle Belle Arti di Torino, si ricorda la partecipazione nel 2016 alla collettiva internazionale “Time to Build” all’atelier 3+10 a Mestre, nel 2018 la collettiva presso la galleria Saphira e Ventura a New York, nel 2019 a quella all’Appa Gallery di Madrid e nello stesso anno la collettiva “Rinascimento contemporaneo” al museo Leonardo Da Vinci a Roma e nel 2021 la partecipazione ad ArtParmaFair a Parma.
L’arte di Mirella Caruso racconta storia, tradizione, cultura, classicità, con una pittura intensa e corposa, espressiva e passionale. L’artista crea con la luce profondità e spazio, delimitando la scena da quinte visive che conferiscono armonia ed equilibrio compositivo. Ottima colorista, Mirella Caruso interpreta con vibrante energia natura e realtà, dando spazio al sogno e alla visione poetica interiore. Il segno delle pennellate è sempre intriso di materia, istintivo e veemente, sicuro e senza ripensamenti, a testimonianza di un mestiere e di una maturità pittorica raggiunta con esercizio costante e raffinata sensibilità.
Nei suoi dipinti il dinamismo delle scene, delle figure in movimento, del mare o del vento che sfrangia le foglie degli alberi diventa elemento fondante di un linguaggio vivo e pulsante, che affida ad una sorta di puntinismo cromatico il compito di creare effetti ottici e piani prospettici sovrapposti in lontananza, quasi un velo tra l’osservatore e il mondo interiore dell’artista. Tra figurazione e astrazione, quindi, cogliendo di entrambi gli stili l’essenza formale e ideale, il senso del vero e l’afflato onirico dello spirito. Mirella Caruso ci conduce in universi immaginati con la potenza della realtà e dei pigmenti più vivi, tra un ritmo scandito di chiaroscuri e una personalissima sintesi di forma, linea, colore.
Guido Folco
mail.: mire.caruso@gmail.com
Sito: www.facebook.com/mirella.caruso.31 tel. 339.36 56 046
Commento del prof Paolo Mancini in occasione dell’esposizione “Eterne dee”del 28 settembre 2024 alla Galleria “S. Andrea” di Parma.
La pittura di Ester propone donne complesse perché portatrici di significati quasi nascosti, attraverso presenze silenziose ed enigmatiche che si presentano a noi come attraverso una finestra dalla quale percepiamo momenti di intimità o di affetto famigliare o amicale tra donne.
Ester pesca nell’intimo e la sua è una pittura colta, sia nei soggetti che nella tecnica acquisita negli studi giovanili al Toschi e in quelli all’università.
Dunque opere colte e ben fatte, di sapiente mestiere, pittura piena di riferimenti antichi, ma libera nel paesaggio contemporaneo dell’arte e scevra da banali occhiolini a mode e attualità effimere.
Il mondo pittorico di Ester è un mondo dove le figure femminili si animano in situazioni che le vedono occupate, intente nel loro fare o in momenti di riflessione e introspezione.
Pochi i volti che si rivolgono a noi spettatori fuori dal quadro. Tutto sembra “in divenire”e lo spettatore si affaccia, senza farsi notare, per scoprire il loro mondo.
Queste donne si muovono in uno spazio dominato e determinato dalla tessuti e stoffe preziose, pareti colorate e finemente decorate in un contrasto di colori caldi e oro.
Tutto è bello lussuoso e perfetto ma lusso non come ostentazione di ricchezza, ma elemento necessario alla piena partecipazione di momenti felici e completi, momenti di quell’abbondante umanità che travasa nei nostri sentimenti in alcune occasioni.
Le figure di Ester hanno un animo generoso e gentile, valori unici e rari che la pittrice trasmette anche con la preziosità delle decorazioni che le circonda.
Paolo Mancini
Mail :giulibia@libero.it
Cell: 338 507 9524
TITO YOUP è un artista visivo che esplora la relazione tra arte grafica, tecniche pittoriche e sperimentazione digitale, dando forma a una visione estetica originale e contemporanea.
Nato a Torino, fin dagli anni Novanta elabora un linguaggio personale nel campo delle arti grafiche e digitali, la sua precoce affermazione sulla scena internazionale avviene con la partecipazione a Marsiglia, nel 1990, alla Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo. Questa esperienza lo colloca tra i pionieri europei nell’ideazione e nell’esposizione di opere d’arte digitale, permettendogli di evidenziare il potenziale espressivo dei nuovi media, che diventerà il nucleo centrale della sua ricerca artistica e professionale.
Il suo percorso si sviluppa in stretta relazione con i profondi mutamenti culturali del periodo, a partire dalla caduta del Muro di Berlino (1989) e dall’avvento del World Wide Web (1991), eventi che alimentano la sua evoluzione creativa, spingendolo a indagare con crescente interesse le intersezioni tra arte visiva e comunicazione. Nel 2002, la personale “Pin-Ups” rappresenta una tappa significativa della sua evoluzione: opere digitali di grande formato, connotate da un’estetica pop e retro-futurista, si accompagnano a composizioni sonore in un dialogo multisensoriale che amplifica la sua indagine sulla percezione e sull’ibridazi-one dei linguaggi visivi e tecnologici. La sua lunga esperienza nel campo della comunicazione visiva lo porta ad affermarsi come creativo e consulente, dopo aver fondato studi come Virtual Advertising, dal 2007 è alla guida della web agency MARK&CO.
La società, attiva oggi nell’ambito del Marketing 5.0, rappresenta per lui uno spazio d’azione privilegiato in cui coniuga visione strategica, creatività e tecnologie digitali avanzate.
Parallelamente alla sua attività visiva, Tito Youp sviluppa una ricerca musicale come percussionista, avvicinandosi a sonorità che spaziano dall’acid jazz alla world music. Il suo interesse si estende anche all’esplorazione delle po-
tenzialità terapeutiche e di riequilibrio del suono, approfondite attraverso pratiche ritmiche come i drum circle e la meditazione dinamica.
La musica lo porta verso un’apertura verso culture etnografiche e linguaggi sperimentali, spaziando dalle percussioni tradizionali a quelle elettroniche.
La poetica di Tito Youp integra in modo efficace cultura visiva, sperimentazione tecnologica e ricerca sonora, dando vita a un linguaggio artistico contemporaneo che si muove con naturalezza tra diverse tecnologie e immaginari culturali.
website : www.youpercussion.com e-mail : artbytes@youpercussion.com instagram : you_percussion Cellulare 388 4221871
Le prime opere sono grandi frammenti di rapaci realizzati con materiali poveri che rimandano efficacemente ad un concetto di naturalismo: le immagini, strappate al loro contesto, diventano elementi concettuali.
Le opere successive sono caratterizzate da una ricerca figurativa, dove emerge un uso prevalente del colore per evidenziare le caratteristiche espressive dei personaggi ritratti. Le ultime opere, infine, abbandonano l’uso del colore, mantenendo uno stretto legame con la figuralità e ispirandosi a canoni classici. Fondamentale è il significato concettuale dei lavori, accomunati da un unico titolo che ne rappresenta la vera essenza.
“CECITA”, queste opere dicono molto di sé, cecità? Quanta cecità ogni giorno incontriamo? Molta, ha un altro nome, ma la rispecchia a pieno l’indifferenza. Per me sei trasparente, non esisti, o non esisti più. Ti attraverso quasi calpestandoti, tanto non proverò nessun sentimento, emozione, nulla. A mio parere è la cecità peggiore, quella dell’anima. E’ lo specchio del becero egoismo, o la difesa di chi non sa argomentare. Quanta cecità moderna, pensiamo a chi lo è davvero cieco, ma percepisce ogni movimento, cambio di suono della voce, tocco. Siamo diventati asettici, nei sentimenti, nei
rapporti. L’ opera lancia un messaggio forte, non diventiamo ciechi a prescindere, asettici, privi di emozioni. Guardiamoci, annusiamoci, e viviamo vedendoci, e parlandoci, nulla è più mortale dell’indifferenza, uccide tutto anche il rispetto.
“INVOLUCRO”,già il titolo di uno dei lavori è fonte di riflessione. Se ci pensiamo un attimo ognuno di noi visto dall’esterno è diverso, ma l’interno, quello anatomico è quasi uguale per tutti. Il corpo è l’involucro dell’anima, del cuore, epicentro delle emozioni più vere, dirette e reali. Possiamo nascondere ogni cosa ma saremo anima e cuore per pochissimi, che sapranno vederci dentro, oltre. D’impatto è voluto il viso, diviso dallo scheletro. Due facce della stessa medaglia, oggi più che mai attuale. L’opera è diretta e bellissima, nella sua semplicità. Ma come ci suggerisce, non fermiamoci mai all’apparenza, guardiamo la vera essenza di chi abbiamo di fronte, sempre! Laura Cherubelli
mail: giorgio.bil21@gmail.com cell. 338 500 0741
Raffaella Pasquali è nata a Vercelli. A 17 anni segue un corso presso l’istituto Belle Arti di Vercelli con il maestro Renzo Roncarolo (detto Pimpi), che la invita a non perdere mai la purezza che esprime nei suoi lavori. Nel 2002 dopo un percorso professionale rivolto essenzialmente alla professione di Ingegnere si iscrive, per riprendere il percorso interrotto anni prima, alla Accademia Pictor di Torino ove segue i corsi dei maestri Aldo Antonietti e Giuseppe Musolino. Viaggiatrice attenta ai luoghi geografici, ma soprattutto alle culture che li abitano, ricerca nell’universo dell’arte sentieri di approfondimento filosofico e di recupero di quegli aspetti interiori e spirituali che nel caos del quotidiano restano soffocati e inespressi.
Ad interessarla sono in particolare le popolazioni andine del Sud America e l’Oriente, che affiorano nei suoi lavori con declinazioni cromatiche e contenutistiche aperte a stratificate letture. Raffaella Pasquali identifica nella pittura ad olio su tela o su tavola il linguaggio più adatto to al proprio sentire e al suo pensiero teorico. Raffaella Pasquali è stata selezionata per l’edizione del Catalogo di arte Moderna Mondadori nelle edizioni 56, 57, 58 e 59.
Ha partecipato ad oltre 60 mostre collettive e rassegne d’arte regionali, nazionali ed internazionali. La sua ultima personale è stata la mostra Indie Occidentali ed Orientali di Novembre 2023.
Riportiamo un breve scritto di Stefania Bison – Paolo Levi sull’artista.
Nelle opere di Raffaella Pasquali si percepisce il senso dell’universalità del linguaggio artistico. L’artista vercellese riesce infatti a riportare sulle tele frammenti di vite molto lontane dalle nostre: non solo i colori di un mercato dell’Ecuador, il sorriso di un bambino delle Ande, lo sguardo di una giovane donna cambogiana, ma anche il profumo intenso di un mazzo di tulipani. Sono attimi vissuti dall’artista e cristallizzati nelle sue opere, emozioni che prendono forma e non conoscono più distanze geografiche e temporali. Raramente la pittrice mostra i visi delle figure che ritrae, spesso sono ombre scure che si confondono con lo sfondo o che se ne distaccano violentemente.
Tel. +39 3402426206
mail: raffaellapasquali@studioingpasquali.it mail PEC: raffaella.pasquali@ingpec.eu
Nata a Roma, si è diplomata al Liceo artistico S. Orsola. Ha poi conseguito l’abilitazione all’insegnamento del disegno. Nello stesso periodo. ha approfondito i concetti della pittura moderna alla scuola di Arcangelo Leonardi, fondatore della “Rivista di arte cultura e attualità AL2”. Dopo successivi corsi di specializzazione ha insegnato per alcuni anni in vari istituti a Roma e, in seguito, a Canelli dove si è trasferita nel 1972. II suo è stato un lungo percorso artistico con la partecipazione a mostre collettive e personali. Sue opere sono presenti in collezioni private in Italia e all’estero.
La sua pittura inizialmente è di ispirazione cubista, con un’analisi attenta della purezza e della precisione delle linee, in una proiezione geometrica della realtà, la composizione cromatica è pura pittura tonale. II colore è protagonista e diventa sentimento, sensazione. Con l’andare del
tempo l’espressione cambia e porta a un ammorbidimento dei toni e alla vicinanza con soggetti di altra natura: fiori, interni, nature morte. Poi riprende il suo primo stile immergendolo in un mondo fantastico, pieno di colore: “La fantasia e la creatività si incontrano in un luogo immaginario in cui tutto può avvenire”.
Enrica Maravalle è stata inserita tra gli artisti contemporanei presenti nel “Catalogo dell’arte moderna” n. 56 e n. 57, pubblicati nel 2020 e 2021 dalla Editoriale Giorgio Mondadori e dedicato agli Artisti italiani dal primo Novecento ad oggi.
mail: enrica.merlino@gmail.com sito: www.enricamaravalle.com tel. 320.70 34 545
Il dinamismo fresco e i colori intensi dei quadri di László Botár creano contrasti che colpiscono le emozioni dello spettatore. Anziché raccontare, conferiscono autonomia e libertà alla pittura pura. Per questo motivo, tradurre le immagini in frasi è un intento ingannevole, poiché il flusso viscerale di gesti, impulsi, riflessi e reazioni momentanee parla di un’esistenza che precede l’uso del linguaggio. In questo senso, il linguaggio è solo un servitore secondario, poiché, frenando le reazioni istintive, perde il suo significato quando traduce i gesti in parole.
Nel nostro comportamento culturale sentiamo l’impulso di dare un nome ai fenomeni che esercitano su di noi un forte richiamo e di costringerli in categorie identificabili con le parole. In questo modo possiamo dominarli.
Le immagini di László Botár resistono al potere illusorio delle parole. Anzi, parlare separatamente delle sue immagini è un intento ingannevole, perché le sue opere, una accanto all’altra, si susseguono come un flusso sinuoso, ondulato e talvolta dispersivo, come se fossero la continuazione o la trasformazione momentanea l’una dell’altra. Passando da un’immagine all’altra, sentiamo lo slancio creativo della stessa mano e la prospettiva che si restringe e si allarga dello stesso occhio. Tutto è permeato dalla nascita rigogliosa di un mondo organico. Per questo non percepiamo strutture rigide e costruzioni ingegneristiche, ma la spontaneità di un flusso libero che vive nelle immagini. Spesso prendono vita nella ritmica necessità del respiro. Non è un caso che le immagini di Botár trasmettano sempre un senso di giovinezza. Se vogliamo forzare le immagini in un insieme di parole, vale la pena osservare quali visioni del mondo delineano i gestiforti di questa pittura astratta. Vediamo che spesso lo slancio dà vita a un movimento verticale. In questo modo si crea un flussodinamico più forte. Queste immagini non ci fanno sognare, ma ci spingono a reagire rapidamente, il presente attuale prevale sull’effetto di oscillazione in lontananza. Qualcosa sta acca-
dendo qui e ora. Non ostante gli scarabocchi apparenti, i gesti assumono comunque un significato monumentale. Non possiamo descrivere le immagini di László Botár, perché sarebbe un omicidio dell’immagine. Possiamo solo associarvi metafore balbettanti. Con la riserva di fraintendimenti e fuorvianti.
Così le parole chiave solo accarezzano il gusto visivo delle immagini.
Spesso sembrano frasi esclamative cariche di forti emozioni. Adesempio: Esci dal presente! Adesso! No! Perché? Vai! Anche il contrasto dei colori è fortemente impulsivo e spinge all’azione. Sentiamoche non c’è modo di fermarsi. Nell’immagine è in atto un processo, le cui conseguenze si riflettonosullo spettatore. Identificandomi con l’immagine, la catarsi mi travolge e inizia a dominarmi. La mia soglia di stimolazione si alza, desidero agire e sussurro a me stesso con determinazione: “Sì, adesso...!!!”
Un artista ha il dovere di accendere coscienze, sollevare domande, custodire il senso della forma in un mondo distratto che corre e dimentica. Oggi non è possibile creare solo per se, ma si devono connettere anime,emozioni e verità taciute.
Si deve riconoscere che da sempre l’arte ha educato senza l’ausilio della parola; essa consola senza cure resiste dove tutto crolla. In un tempo come il nostro, nel quale si premia l’apparenza, la figura dell’artista è una presenza che invita al coraggio. È vero che la nostra condizione umana da tempo si è assestata su un principio che non gli permette di crescere adeguatamente. In questo quadro tutto è vanità e niente di completamente nuovo appare sotto il sole. In queste circostanze continuare a non agire è controproducente, per cui credo che il vero dono che l’uomo possa offrire è quello di riscoprire il senso che invita alla percezione, capacità che aiuta a conquistare nuovi orizzonti, ed è per questo
che l’artista, nel suo percorso, si trasforma in una persona che stimola il fruitore a una revisione di ciò che pensa di conoscere.
Enrico Meo
L’opera traduce dentro una figurazione simbolica lo sguardo critico e provocatorio di Meo sull’attualità del mondo. L’artista ci invita a riflettere sul determinismo fra bene e male, su quell’arbitrio che l’uomo dovrebbe esercitare in una chiave salvifica. All’interno di una spazialità silenziosa, sospesa, ma pervasa di tensione interna, una muta figura di donna dalla posa ieratica si erge su tutto. Una figura che media fra cielo e terra, che assume in sé le voci interiori che ci interpellano sulle nostre scelte e responsabilità in un mondo in bilico fra essere e non essere.
Roberta Filardi
DEZZANI Naturalia Artificialia 60X60
Sabato 13 settembre alle ore 16, presso il Mausoleo della Bela Rosin, Strada Castello di Mirafiori 148/7, inaugurazione della mostra NATURALIA ARTIFICIALIA: IL REGNO IBRIDO DELL’ARTE realizzata da Magica Torinoin collaborazione con Biblioteche civiche torinesi e la partecipazione della Fondazione The Plot, a cura di Barbara Colombotto Rosso, Dario Colombotto Rosso, Alex Donadio, Aldo Azzari. Il progetto espositivo vede il coinvolgimento dell’Istituto Antonelli Casalegno di Torino, Liceo Scientifico Luzzago di Brescia e Scuola Internazionale di Comics, sedi di Torino e Milano,sottolineando l’importanza del dialogo tra formazione, creatività e sperimentazione artistica. Gli artisti sono stati invitati ad illustrare attraverso opere, fisiche o digitali, utilizzando vari linguaggi espressivi, la propria visione critica e multidisciplinare sulla coesistenza, a volte conflittuale, di processi naturali e tecnologici, dando vita a narrazioni estetiche che sfidano le tassonomie convenzionali dell’arte.
GERARDO (GERRY) DI FONZO Progressiva-Mente
GIANGIACOMO ROCCO DI TORREPADULA Cages
INES DANIELA BERTOLINO Artificio 64X135
NICOLETTA BALANI
Nebulosa Farfalla 50X40
“La terra respira. Dal ritmico salire e scendere delle maree alle invisibili correnti del vento che modellano i paesaggi, dal sussurro delle foglie al pulsare del respiro umano, la vita è una danza di forze invisibili.” Lucrezio, in De Rerum Natura
Che cosa succede quando le macchine imparano i modelli delle onde, gli algoritmi imitano la crescita dei coralli e gli organismi sintetici pulsano a tempo con il respiro della Terra, assistiamo ad un’estensione della Natura o alla sua reinvenzione?
Dall’antica visione atomistica lucreziana alla moderna comprensione quantistica della realtà, gli artisti esplorano la materia come danza di particelle, energia in costante trasformazione, dando vita ad un dialogo che attraversa millenni di pensiero umano.
In un mondo in continua evoluzione, dove i confini tra natura e artificio si fanno sempre più sfumati, la mostra NaturaliaArtificialia intende esplorare questa atavica dicotomia tra ciò che esiste spontaneamente e ciò che viene creato dalla mano umana, rivelando una nuova armonia tra il respiro ancestrale del pianeta e le sue estensioni tecnologiche. Fin dal Rinascimento, con le sue Wunderkammern che raccoglievano sia meraviglie naturali che manufatti, l’umanità ha cercato di comprendere il proprio posto nell’ordine cosmico attraverso tale distinzione fondamentale. Oggi, in un’epoca di cambiamenti climatici, biotecnologie e nuovi materiali, tale riflessione acquista rinnovata urgenza e significato. L’ambizione dell’uomo, infatti, nel tentativo di emulare la perfezione della Natura rischia di trasformarsi in hybris, mettendo
DAVIDE DE AGOSTINI
Senza titolo 120x100
in evidenza la fragilità del confine tra esplorazione e arroganza, legittimo impulso verso la creazione e pericolo di osare oltre ciò che è consentito.
Magica Torino realizza da sempre mostre ed eventi che non si limitano alla valorizzazione dell’estetica, ma mirano a stimolare una riflessione profonda. Le tematiche proposte coinvolgono ambiti sociali, filosofici e culturali, invitano al confronto con le questioni del presente ed allo sviluppo di un dialogo consapevole tra arte e pensiero contemporaneo. Specificamente, per NaturaliaArtificialia,agli artisti è stato richiesto di esprimersi attraverso opere che offrono una visione critica e multidisciplinare sulla coesistenza, a volte anche conflittuale, di processi naturali e tecnologici, dando vita a narrazioni estetiche che sfidano le tassonomie convenzionali dell’arte la quale diventa essa stessa una forma di clinamen, interrompendo il flusso ordinario della materia e generando nuovi mondi percettivi e simbolici.
Scopriamo così come la natura possa diventare fonte d’ispirazione per l’arte, come l’arte imiti o trasformi la natura o come entrambe siano in grado di fondersi in nuove forme ibride: la perfezione imperfetta della natura e l’imperfezione perfetta dell’arte.
Dal pulsare delle maree alle onde digitali, dalle forme frattali dei coralli agli algoritmi generativi, la materia grezza diventa linguaggio artistico e l’elemento sinteticoritrova una dimensione naturale.
Barbara Colombotto Rosso
Dario Colombotto Rosso
Una sequenza di dipinti caratterizzati da una calligrafia espressiva di rilievo, che indaga l’universo immaginifico delle immagini onirico surreali provenienti in esclusiva dall’anima nobile di un Arista , gentiluomo del nostro tempo, che ha saputo coniugare forma e contenuto, in un sortilegio d’immagini fortemente interiorizzate, che nel loro magico insieme, inducono alla silente riflessione, innanzi a cotanta bellezza estetica condensata in ogni dipinto, fra luci, direttrici iperboliche e soprattutto colore.
Aldo Albano
I soggetti ritratti da Alessia Zolfo hanno una carica empatica impressionante e riescono a mettersi naturalmente in diretto dialogo con chi osserva; l’artista mette in atto una pittura di ricerca e sperimentazione, con l’utilizzo di collages in cui si intravedono grafie e con un’importante componente segnica. Volti dai lineamenti marcati ma dolcissimi e dagli sguardi cristallini raccontano la loro personale storia di amicizia, nostalgia, fratellanza, tristezza e lo fanno grazie al talento espressivo di un’artista dallo stile originale e inconfondibile.
Luca Franzil critico e gallerista di ArtTime Udine
mail: zol317@gmail.com tel. 349.444 4774
Mostra personale di Marco Ruffino
a cura di Clizia Orlando
Giardiniera Reale del Circolo degli Artisti di Torino
c.so San Maurizio 6 – Torino
dal 13 settembre al 1 ottobre 2025
INAUGURAZIONE sabato 13 settembre ore 17
Riprende dopo la pausa estiva, la programmazione espositiva del Circolo degli Artisti di Torino, alla Giardiniera Reale di c.so San Maurizio 6, a Torino, con la mostra personale di Marco Ruffino, inserita nella programmazione di ExhibiTo 2025. L’esposizione curata da Clizia Orlando sarà aperta al pubblico tutti i giorni dalle 15:30 alle 19:30 sino al 1 ottobre.
Negli spazi del Circolo degli Artisti di Torino Marco Ruffino propone un viaggio crudo e potente attraverso le sfaccettature più dolorose dell’esistenza umana, utilizzando la plastica combusta non solo come medium artistico ma come metafora tangibile di una sofferenza che consuma e trasforma. L’artista, con una sensibilità acuta, riesce a plasmare un coagulo di patimenti, interpellando direttamente l’osservatore per sollecitare un input di Revolucion : è il tentativo di riappropriarci della nostra Umanità usando come uniche armi le relazioni, i valori, le proiezioni condivise di futuro, frammenti forse utopistici di vera civiltà. Il freddo utilizzo della ragione, che è il motore del mero progresso tecnologico, ci ha infatti permesso di conquistare il mondo esterno ma ci ha reso ciechi al mondo interno, sordi ai rintocchi emotivi dell’ essere, che ci vede indissolubilmente legati gli uni agli altri, nella responsabilità di declinare le prossime pagine del nostro esistere . Marco Ruffino recupera così icone proprie di una sacralità millenaria per dare voce alla desolazione del nostro tempo, riflettendo su come il mondo si sia abissalmente allontanato dal praticare e non solo declamare parole come pace e amore de Il figlio dei fiori. Clizia Orlando (Stralcio del testo dedicato all’artista da Clizia Orlando e presentato nella sua interezza in mostra)
Torre del Lago Puccini. Bronzo di Bernard Bezzina
Terminerà il 26 ottobre la magnifica mostra organizzata a Carrara presso Palazzo Cucchiari dalla Fondazione Giorgio Conti e titolata “In gioco. Illusione e divertimento nell’arte italiana 1850-1950”. E’ curata da Massimo Bertozzi, il cui catalogo rappresenta un documento davvero interessante, dati gli interventi dello stesso Bertozzi con “Per la gioia di farlo. Giocare e dipingere senza nascondimenti”, di Daniela Ferrari “Con gli occhi di un bambino. Tra incanto e realtà”, di Camilla Testi “L’emancipazione corre su due ruote”, di Ivana Mulateo “Antonio Ligabue e la passione per il mondo animale”, di Sandra Berresford “Allegro ma non troppo: il sorprendente umorismo di Leonardo Bistolfi”.
Difficile, anche da parte mia che ho avuto la fortuna di conoscere direttamente alcune delle firme protagoniste, e di altre per averne analizzato l’iter ormai storicizzato, fare un elenco completo degli autori, e dire solo qualcosa dei dipinti e delle sculture che abbracciano lo spazio interessato. Basta citare alcuni nomi per capire l’importanza di un evento che qualifica ulteriormente una Fondazione che ha organizzato altre esposizioni di qualità, tipo “Michelangelo fotografato da Aurelio Amendola” del 2016 e “Novecento a Carrara. Avventure artistiche tra le due guerre” del
Lo scultore Gabriele Vicari al lavoro per la statua dedicata a Papa Leone X (foto di Lodovico Gierut)
2023. Ecco comunque qualche firma di “In gioco...”: Libero Andreotti, Contardo Barbieri, Enzo Benedetto, Carlo Carrà, Felice Casorati, Cafiero Filippelli, Emilio Greco, Moses Levy, Marino Marini, Francesco Messina, Ottore Rosai, Bruno Saetti, Mario Sironi, Ernesto Michahelles (Thayaht), Lorenzo Viani, Federico Zandomenghi. Le personali e mostre di gruppo che si stanno tenendo in Toscana, gli incontri e i vari momenti operosi nei quali, s’ergono figure creative, sono in gran numero. Senza un ordine di classifica credo giusto dire dell’esposizione “Marino Marini. In dialogo con l’uomo” che si chiuderà il 2 di novembre ad Arezzo presso la Galleria ‘Arte Moderna e Contemporanea e nella Fortezza Medicea, prodotta dal Comune stesso e dalla Fondazione “Guido d’Arezzo”, come – a Pietrasanta nella centralità cittadina e in località Tonfano, frazione Marina – la personale di Yasuda Kan con bronzi e marmi monumentali. L’esposizione dell’artista giapponese, dopo altre recentissime di nomi che non ho citato in un recente passato poiché non sono state di mio gradimento, è veramente ‘di contenuto’ e dà luce al fatto che Pietrasanta sia in lizza per essere in futuro Capitale italiana dell’arte Contemporanea. Sempre a Pietrasanta, mentre in tanti sono in attesa
dell’apertura del Museo dedicato allo scultore Igor Mitoraj, di cui la Rivista20 si è già interessata, penso sia giusto segnalare lo scultore toscano Gabriele Vicari di origini siciliane, che vive in Versilia da molti anni: va portando avanti una grande opera che, una volta tradotta in marmo (cinque metri) e posizionata in Piazza Matteotti, sarà dedicata a Papa Leone X che agli inizi del ‘500 sancì l’appartenenza del territorio di Pietrasanta e delle sue adiacenze (Seravezza e Stazzema) al Governo Fiorentino, e tale rimase fino a poco prima dell’Unità d’Italia.
Sempre parlando di ‘monumentalità’, qualità non certo facile a trovarsi, ecco altri due nomi: Roberto Fiasella – che va terminando come altre la bianchissima scultura marmorea “Amanti” destinata ad essere di un’altezza di circa
due metri e mezzo, e Bernard Bezzina che a Viareggio, sia in Piazza Mazzini sia sul Belvedere Puccini di Torre del Lago, sta esponendo, grazie al Comune stesso, una serie di bronzi tematicamente collegati all’attualità e alla memoria (il viaggio, le ferite del tempo e altro).
Chiudo proprio con Viareggio, dato che termina con i primi di ottobre una personale che attendevo da anni del pittore e scultore Giulio Turcato “Un’arte Oceanica. Nel trentennale della scomparsa dell’artista” curata da Silvia Pegoraro e Martina Caruso, ben organizzata presso la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea “Lorenzo Viani”.
Lodovico Gierut
L´ammirazione per le antichissime civiltá con l´estensione sino al presente, insieme con l´incantesimo suscitato dalla natura mediante la sua bellezza rivelata variodipinta e la forza rigenerante velata in essa racchiusa, sono stimoli dominanti della creativitá di Šárka Mrázová Cagliero. L´incantesimo che la natura risveglia nell´artista non sa resistere e mediante la sua pittura invita gli spettatori ad un viaggio delle nuove scoperte con il sigillo dell´eterno gioco della creativitá. Dai suoi quadri scaturisce carica magica di colori, immagini, emozioni – fluiditá di poesia e di realtá eccitante con la sua
straordinarietá ed originalitá. Spettro di temi mai banali sorprende con la sua insolita ampiezza, la superficie dei quadri é ricca di motivi versatili. La scala cromatica non é ferma nella sua accordatura ma affascina con sempre nuove risonanze. ´E evidente che questi quadri sono dipinti non soltanto con grande inventiva e piacere ma anche con onesto approccio artigianale. Tutto quanto in perfetto equilibrio e armonia colma sommamente con la sua inventiva e suggestiva efficacia la nostra aspirazione estetica.
Jaroslav Mráz
Se František Kafka, nel 1979 scrisse nell‘ introduzione del catalogo sulla mostra a Čs.spisovatel, che Jindra Husáriková era all‘ apice della sua creativitá, potevamo dopo 15 anni constatare con soddisfazione che l’artista non ha permesso che la sua opera scendesse neanche di un gradino da quell’alto livello. Questo é stato ovviamente pagato con incommensurabile fatica, laboriositá, forza e talento. Se per di piú, Jindra Husáriková, ha scelto la strada meno facile, la non congiunturale strada dell’artista solitario, non c’é nulla da invidiare. Anche se, in veritá, questa é probabilmente l’unica strada che nell’arte abbia veramente senso.
La forza della pittura di Jindra Husáriková consiste nella risonanza delle idee contemporanee, degli umori e delle sensazioni senza dover rinunciare alla millenaria esperienza culturale. I suoi quadri sono la visione poetica delle impressioni, delle immagini e delle storie che emanano perenne incantesimo, a volte come favola, a volte come mito. Se l’essenza poetica é la capacitá di rendere particolare un fenomeno e risvegliare dentro di noi una relazione palpitante con la bellezza, e se l’arte significa piú inquietudine che certezza e allo stesso tempo non dimentica la grande componente del desiderio, tutto questo senza dubbio sca-
turisce, e si diffonda dall’opera figurativa della pittrice. Possiamo infine considerare i quadri di Jindra Husáriková, come un invito e un appello per richiamare l’importanza dell’intensa percezione sensoriale ed intellettuale, valore che viene sempre meno considerato nei nostri tempi, in cui si assiste a troppi eventi crudeli ed in cui l’arte viene non soltanto appiattita, ma allo stesso tempo anche isolata.
Jaroslav Mráz, 1993
L uigi Curcio è nato a Casabona (KR) nel 1953. Nel 1968 trasferitosi a Torino frequenta il Liceo artistico e poi l’Accademia Albertina di Torino, dove si è diplomato nel 1978.
Vive ed esercita la professione insegnante a Torino 1985-86 fa la prima personale all’ Unione culturale presso Palazzo Carignano. Segnalato dalla commissione “Giovani Artisti a Torino” di cui faceva parte il professore P. Mantovani. 2011 partecipa alla mostra Arte Visive Segni 20x20 ( Singolare e Plurale) presso il Castello di Rivalta, a
cura di R. Mastroianni. 2012 è presente alla mostra : lo Stato dell’Arte a cura di V. Sgarbi. Torino - Palazzo Esposizioni. Padiglione Italia 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, iniziativa speciale per il 150° anniversario Unità di Italia 2012 partecipa all’esposizione di Arte & Design - Paratissima (C’ est Moi ) 8. Borgo Filadelfia. Torino - ArtParma 2021 - ArtParma 2022
mail.: luigicurcio.art@gmail.com tel. 327.530 4074
Così pensò per un attimo, poi si accorse che la natura, come una pianta rampicante ricresceva sulle strutture architettate, e che lo spirito trovava comunque spazi di sorpresa e d’avventura.Ma tant’è. Gli bastava sapere che l’altro gli apparteneva intimamente, era lui stesso nell’altra vita.Il pittore era sicuro, adesso, che i frammenti che continuava a si sarebbero depositati sulla falsariga di un mosaico già disposto, perché l’altra
vita di cui aveva memoria glielo assicurava. Quando anche fosse stato un inganno, una illusione, funzionava, poteva crederlo senza vergognarsene, non foss’altro perché lo stesso alibi aveva funzionato in grande: ci si era costruito addosso, addirittura, la storia dell’occidente, divisa in due tranches, l’antico e il moderno, in mezzo un gran valico o snodo o trauma. Una storia possibile, non l’unica, naturalmente.
Il maniero delle Giudicarie ospita una mostra di rare opere grafiche del padre della Metafisica . Questa interessante esposizione dal titolo “Il museo delle stranezze di Giorgio De Chirico” conduce lo spettatore in uno strano cammino tra mistero e visione. I solitari “luoghi” sono animati da personaggi ispirati dalle storie della mitologia greca. Gli oggetti vengono ingigantiti e spostati in posti innaturali e le prospettive sono frantumate. Salta ogni nesso logico. Sono litografie, acqueforti, e incisioni colorate a mano o in bianco e nero, molte di esse sono rarissime. Tra le opere esposte: “Enigma del Pomeriggio” , “La Sponda Misteriosa”, “ Zeus”, “I Mostri”, “Lo Sgombero”, “La Biga invincibile”, “Interno Metafisico”, “Gli Archeologi”, “La Fontana del Mistero.”
De Chirico riuscirà con il suo nuovo modo di dipinge-
re a cambiare la storia dell’arte ed ad influenzare tutti i successivi movimenti. Con la sua pittura e la sua visione, anticipa e getta le basi di movimenti come il Dadaismo, il Surrealismo e il cosiddetto Realismo Magico, diventando un punto di riferimento stilistico fondamentale per il “Novecento” pittorico e architettonico ed anche per le correnti artistiche europee ad esso affini. Le sue invenzioni influenzeranno anche l’arte nel secondo dopoguerra specialmente la Pop Art. Far vedere ciò che non si può vedere è stato fin dall’inizio lo scopo della sua ricerca artistica e chiama Metafisica la sua pittura perché essa ci mostra che il mistero e l’enigma non stanno al di là, ma dentro le cose fisiche, nella molteplicità di sensazioni che sprigionano le immagini qualora vengano rotti i nessi logici di relazione tra loro.
Giorgio De Chirico getta quindi le basi di un nuovo modo di esprimersi fondato non sull’apparenza dell’oggetto, ma sulle sue possibilità di significato. Per primo si rende conto che ogni forma che vediamo trae il suo vero valore dalla nostra coscienza per le infinite associazioni e ricordi che può suscitare in noi.
Riccardo Cordero, nato ad Alba in provincia di Cuneo nel 1942, inizia il suo percorso all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino dove sarà titolare della cattedra della Scuola di Scultura fino al 2002. Scultore affermato a livello internazionale, con installazioni monumentali come il Grande Ferro per la Lookout Sculpture Foundation in Pennsylvania nel 1993, e in Cina dove realizza opere come Cometa per il Rose Garden Park di Taiwan nel 2006 e Meteora in acciaio per lo Sculpture Park di Shangai nel 20052006. Nel 2021 risulta tra i vincitori del concorso bandito a Pechino per le Olimpiadi e Paraolimpiadi Invernali e viene incaricato di realizzare la scultura New Et, alta 17 metri. Sempre in Cina figura tra gli invitati della prima Biennale
della città di Macao del 2021 per la quale ha realizzato una nuova versione di Chakra, in acciao corten. Tra le opere pubbliche nel contesto torinese: Disarticolare un cerchio, 1993, Galleria d’Arte Moderna; Rotazione coordinata, 1992, Parco della Pellerina; Chakra, 2005-2006, Piazza Galimberti. Tra le mostre personali più recenti si ricordano: L’universo di Riccardo Cordero a Monte Tamaro, Rivera (2021-2022) in Svizzera; Eduard Angeli & Riccardo Cordero, Malerei und Skulptur alla Die Galerie di Francoforte sul Meno (2019); Riccardo Cordero, Skulpturen Zeichnungen, Galerie Wohlhüter, Thalheim-Leibertingen (2015) in Germania
La contorta e imprevedibile problematica della vicenda umana ha da sempre affascinato e conquiso Romano Buratti e di rimando questo eclettico e dinamico pittore ha focalizzato le sue indagini depurandole di ogni compiacenza deviante; i suoi personaggi sono quasi sempre immersi e avvolti dalla furia degli elementi in una consonanza etica che accentua le annotazioni comportamentali. La spigolosità quasi beffarda , il rimarco anatomico spinto all’abnorme , le posture allucinate e distorte, gli atteggiamenti inarcati e subbugliati dal contorto avvicendar- si degli elementi, la goffa e intenzionale sovrastruttura dei vestimenti, l’insistita e ripetuta scansione cromatica giocata sempre sul medesimo registro tonale sono tra le note più immediate che si raccolgono attorno ai personaggi del Buratti. Sono valori che rendono
unica la sua maniera espressiva portata avanti sempre sul filo di un’ampia, solida e sicura possessione illustrativa: infatti la dominante della sua pittura è pur sempre una rara ed insuperabile incursione grafica, e una scrittura decisa, scorrevole, precisa e di singolare spontaneità che partecipa brillantemente ogni modulo descrittivo rendendolo vivo e appassionato sia pure in una tematica aliena dai trionfalismi e dai giochi di maniera. Ed è per tali orientamenti compositivi, filtrati da una passionale disponibilità al dialogo, alla meditazione, alla considerazione dei troppi crucci che appesantiscono l’esistenza, che la tematica di questo pittore richiama sempre un particolare accorgimento al suo magmatico livello inquisitivo. Luciano Boarin
Incontrare Carlo De Meo e ascoltarlo parlare della sua arte è un’esperienza che svela immediatamente un artista riflessivo, la cui pacatezza cela una profonda intensità. Durante la visita alla mostra invernale al Museo Civico d’Arte Contemporanea di Gaeta, le sue parole, misurate e talvolta intime, hanno rivelato un coinvolgimento totale nei temi e nei processi del suo lavoro, offrendo una chiave di lettura preziosa per accedere a un universo creativo complesso e avvincente. Il punto di partenza di De Meo è un rifiuto radicale della tabula rasa. La sua pittura non nasce mai dal silenzio di una tela bianca, ma da qualcosa che “esiste e persiste nel tempo”. La materia prima è la memoria stessa: stampe dei maestri del Rinascimento, pagine di vecchi libri, oggetti trovati per strada a cui l’artista restituisce un’anima. Con ostinata sensibilità, cerca nelle cose inanimate ogni dettaglio per estrapolare un significato più profondo. Le osserva con la pazienza di chi
attende un messaggio nascosto, un concetto che emerga inaspettatamente. Questi frammenti del passato, carichi di una storia consolidata, non sono semplici supporti, ma diventano un terreno fertile su cui nasce un nuovo dialogo visivo. L’intervento di De Meo sull’opera preesistente è un atto di ridefinizione. Non cancella, ma trasfigura, coprendo alcune parti per farne emergere di nuove. La sua non è una finzione creata dal nulla, ma quella che lui stesso definisce una “bugia”: una verità alternativa che, paradossalmente, ha bisogno della realtà originaria per poter esistere. In questo processo, un’immagine classica diventa il palcoscenico per una nuova narrazione, e l’opera si trasforma in un rebus visivo, un anagramma che invita lo spettatore a un’interpretazione attiva, per scoprire il messaggio nascosto oltre la superficie.
Nel mondo di De Meo, il linguaggio non è un accessorio, ma un elemento strutturale. Le parole, spesso presenti nei titoli o all’interno delle composizioni, dialogano con l’immagine e vengono a loro volta manipolate. Attraverso una “discriminazione selettiva della lettera”, l’artista crea un cortocircuito concettuale che sovverte il significato originario: “armiamoci”, privato di una lettera, diventa un invito alla pace con “amiamoci”; e la frase “per me, per te, per noi a” scivola nella malinconica riflessione di “per noia”. La parola viene scomposta per generare un senso nuovo, inaspettato, a volte ironico, a volte struggente.
Le figure che popolano le sue opere sono corpi sospesi, ambigui, spesso nudi, abitano uno spazio fluido, con membra allungate che sembrano voler superare i confini del quadro per “esternare il pensiero”. Ma l’opera non si esaurisce nella tela: entra in relazione con lo spazio che la circonda. Le installazioni si piegano agli angoli della stanza, dialogano con pavimenti e pareti, “abbracciano” lo spettatore in allestimenti site-specific che amplificano il senso e l’esperienza del suo mondo. Quella di De Meo è un’arte intimista e visionaria, che non cerca di rappresentare, ma di evocare. È un linguaggio lirico e contemplativo, in cui il sogno si fa materia e la bugia si rivela lo strumento per interrogare la realtà.
Errico ROSA
(già architetto e docente di Storia dell’arte)
Maurits Cornelis o Cornelius Escher, Leeuwarden, 1898 - Baarn, 1972) Artista e disegnatore olandese. Il lavoro di Escher, caratterizzato dallo studio dettagliato degli effetti ottici e del motivo decorativo, è uno dei più originali e idiosincratico del XX secolo. Ha esplorato le contraddizioni della prospettiva tradizionale sotto forma di paesaggi e immagini “impossibili” dotate di una bellezza insolita. Maestro dell’illusione, le sue figure non hanno principio , sono senza fine, crea architetture impossibili che sfidano la percezione, ma sono create con formule matematiche, teoremigeometrici e paradossi della logica,cadendo cosi nel surrealismo. Nelle sue opere troviamo l’originalità e la scienza matematica. Le sue opere vennero apprezzate da subito proprio da alcuni scienziati, colpiti dalla simmetria e regolarità delle sue composizioni. Il successo , poi fu grande e immediato. Osservando le sue immagini notiamo la loro assurdità, come in Mani che disegnano , ma ne restiamo affascinati non solo per la perfezione dell’immagine stessa ma per l’assurdità dell’azione che le mani rappresentano nel disegnarsi: due mani , ognuna che disegna l’altra. Restiamo attratti soprattutto nel meravigliarci del suo pensiero creativo che trasforma attraverso la sua perfetta tecnica grafica . Altri esempi di illusioni sono le opere Cascata e Salita e discesa. Ha continuato stupendoci sempre di più con decorazioni geometriche, figure di animali e di uomini che accostate in un certo modo appaiono sia come sfondo che in primo piano e in questo dualismo sfidano il nostro per-
cepire; ha rappresentato ancora l’infinito e il particolare, ricordiamo uno fra le tante opere Limite del cerchio dove riduce pian piano la grandezza delle figure che mantengono sempre ,seppure piccolissime le loro fattezze. Ogni sua opera può essere osservata da più punti di vista e farci comprende molte più cose di ciò che è stato rappresentato. Grande artista e grande illusionista.
Letizia Caiazzo
C’è un artista che non firma le sue opere con un nome, ma con due sole lettere: JR. Dietro questa sigla minimalista si nasconde uno degli storyteller più originali del nostro tempo, capace di trasformare le città in pagine di un racconto collettivo. Francese, classe 1983, Jean René – questo il suo vero nome – ha iniziato come graffitaro nella banlieue parigina, per poi evolversi in un narratore visivo che usa la fotografia come un bisturi, incidendo lo spazio pubblico con ritratti monumentali che sfidano chi li osserva a guardare oltre le apparenze. JR non dipinge messaggi: li fa emergere attraverso volti, gesti, sguardi. La sua forza sta nella capacità di svelare l’invisibile senza didascalie. Quando nel 2006 incollò i ritratti dei giovani delle periferie sui palazzi della Parigi bene, non aggiunse slogan: furono quei visi – stampati in bianco e nero, scalati come poster giganti – a smascherare i pregiudizi. È la stessa potenza che ritroviamo nel progetto Inside Out (2011), dove migliaia di persone in 140 Paesi sono diventate opere d’arte viventi, o in Kikito (2017), il bambino che giocava a guardare oltre il muro tra USA e Messico.
A Napoli, per “Chi sei, Napoli?”, JR ha fatto qualcosa di più che decorare il Duomo: ha cristallizzato un istante effimero della città. In una settimana ha catturato 606 storie – dal sindaco alla nonna del rione – restituendole come un puzzle di identità. Il risultato non è un’opera su Napoli, ma di Napoli: i ritratti, tutti illuminati dalla stessa luce, annullano gerarchie sociali, mentre le voci registrate (in italiano e napoletano) creano un coro polifonico. È qui che JR mostra il suo genio: non rappresenta la comunità, la fa nascere attraverso il processo artistico.
C’è qualcosa di quasi religioso nel suo approccio. Quando incolla i volti degli immigrati napoletani sull’ex ospedale di Ellis Island (Ellis, 2014) o trasforma la facciata del Duomo in
un’icona laica, JR compie un’operazione paradossale: usa la monumentalità per celebrare la fragilità umana. Le sue opere, pur essendo effimere (molte durano solo giorni), lasciano un’impronta permanente nella memoria. Forse perché, come dice lui: “Non sono interessato a creare icone, ma a mostrare come ogni volto sia già un’icona”.
Oggi JR è un caso unico: un artista che espone al Louvre ma lavora nelle periferie, premiato da TED e amato dai musei, ma che preferisce le strade. Il suo segreto? L’arte come esperienza condivisa, non come oggetto da contemplare. Quando nel 2020 rielaborò la Creazione di Adamo su un muro di Parigi durante il lockdown, non stava decorando la città: stava creando uno spazio di resistenza poetica.
“L’arte non cambia il mondo”, ripete JR. Eppure, ogni suo progetto dimostra il contrario: cambia almeno il modo in cui guardiamo agli altri. Forse è questo, in fondo, il primo passo per cambiare tutto il resto.
Una mostra alle Gallerie d’Italia svela il dietro le quinte dell’opera che celebra l’anima collettiva di Napoli Cosa succede quando un artista globale incontra l’essenza irripetibile di Napoli? La risposta è “Chi sei, Napoli?”, l’ultimo capitolo della serie Chronicles di JR, artista francese celebre per i suoi progetti di arte pubblica che uniscono fotografia, impegno sociale e partecipazione comunitaria. Dopo aver coinvolto città come New York, Kyoto e L’Avana, JR sceglie Napoli per la sua prima installazione italiana, trasformando la facciata del Duomo di San Gennaro in un mosaico di 606 volti napoletani. Un’opera site-specific che diventa specchio dell’identità poliedrica della città, visitabile fino al 5 ottobre 2025 alle Gallerie d’Italia - Napoli .
L’OPERA: UN AFFRESCO UMANO SUL SACRO
Dal 21 maggio, la cattedrale napoletana si è vestita di un collage fotografico monumentale, frutto di un’intensa settimana di lavoro nel settembre 2024. JR ha immortalato abitanti di sette quartieri (da Piazza Sanità a Mergellina), catturando storie di pizzaioli, vigili del fuoco, studenti, nonne e persino il sindaco Gaetano Manfredi. Ogni ritratto, realizzato con la stessa luce per garantire pari dignità, è un tassello di un racconto corale che celebra la resilienza e l’energia partenopea.
LA MOSTRA: DIETRO LE QUINTE DI UN CAPOLAVORO
Alle Gallerie d’Italia, il pubblico può scoprire:
• Il making-of del progetto, con video e testimonianze dei partecipanti.
• Tre murales storici della serie Chronicles, da Cuba agli USA, per esplorare l’evoluzione dell’arte di JR.
• Le registrazioni audio delle storie napoletane, disponibili su jrchronicles.net . «Napoli è una città unica, dove la tecnologia non ha disconnesso le relazioni umane», racconta JR. «Quest’opera è un invito a riflettere su come vogliamo essere ricordati» .
INFORMAZIONI UTILI
• Dove: Gallerie d’Italia - Napoli, Via Toledo 177.
• Quando: Fino al 5 ottobre 2025. Orari: martedì-venerdì 10-19; sabato-domenica 10-20. Lunedì chiuso.
• Biglietti: Intero 7€, ridotto 4€. Gratuito per minori di
18 anni e clienti Intesa Sanpaolo.
• Eventi speciali: Visite guidate e incontri con curatori su prenotazione.
PERCHÉ NON PERDERLA
• È un’occasione unica: la prima installazione di JR in Italia, patrocinata dal Comune e dall’Arcidiocesi .
• Un dialogo tra sacro e sociale: l’arte diventa veicolo di inclusione, come sottolinea l’Arcivescovo Battaglia: «La facciata del Duomo ora respira l’umanità di Napoli».
• Napoli come non l’avete mai vista: un ritratto collettivo che cattura l’istante effimero di una città viva, sospesa tra caos e poesia 58.
Ufficio Stampa Gallerie d’Italia | napo li@gallerieditalia.com | Numero Verde 800.167619 “Un’opera che non è solo arte, ma un atto d’amore per Napoli.” — Michele Coppola, Intesa Sanpaolo .
Un progetto di JR in collaborazione con Gallerie d’Italia - Intesa Sanpaolo, Comune di Napoli e Arcidiocesi.
P.S.: Per un assaggio dell’opera, guardate il video dell’inaugurazione con le reazioni del pubblico e dell’artista qui .
In un’epoca in cui l’arte sembra aver perso il suo centro, dove il confine tra provocazione e profondità si fa sempre più sottile, sento il bisogno di condividere una riflessione personale. Come artista e osservatrice attenta del panorama contemporaneo, mi trovo spesso a interrogarmi sul valore, sul senso e sulla direzione che l’arte sta prendendo. Questa non è una critica sterile, ma un pensiero sincero, nato dall’amore per ciò che l’arte può essere quando è autentica.
A volte mi domando se, nell’arte, non sia già stato detto tutto: se ogni forma, ogni materiale, ogni concetto non sia già stato esplorato, sviscerato, superato. Eppure, oggi più che mai, percepisco una crisi profonda. Non una crisi tecnica, ma una crisi di senso, di anima.
L’arte contemporanea sembra spesso inseguire l’originalità a tutti i costi, sacrificando la sostanza sull’altare della provocazione. Si sperimenta, si osa, si destruttura. Tuttavia, troppo spesso si finisce per non dire nulla. Il concetto stesso di “arte” viene svuotato, dissolto, come se bastasse un’idea astratta o un materiale insolito per giustificare un’opera. Non sono la sola a percepire questa deriva. Il critico Robert Hughes parlava di una corsa al concetto, dove il talento è secondario e l’emozione quasi sospetta. Jean Clair denunciava la “sindrome dell’arte vuota”, in cui l’opera non comunica
più, non lascia traccia. David Hockney, con la sua lucidità disarmante, osservava che “troppa arte oggi è fatta per essere spiegata, non per essere sentita.”
Credo profondamente che l’arte debba toccare. Deve avere un’anima. Deve essere vissuta, non solo pensata. E in mezzo a tanta confusione, ci sono ancora artisti che resistono. Non si piegano alle mode, ma cercano la verità.
Penso ad Anselm Kiefer, che con le sue opere monumentali e dense di memoria storica ci ricorda che l’arte può ancora essere testimonianza. A William Kentridge, che fonde disegno, teatro e politica con una forza poetica rara. E anche a Marina Abramović, che pur nella sua radicalità ha sempre cercato di mettere in gioco il corpo e l’emozione, non solo il concetto. Questi artisti mi parlano. Mi fanno sentire che l’arte non è morta. Esiste ancora chi crea con autenticità, con passione, con dolore e bellezza. A loro va il mio elogio.
Perché l’arte vera non ha bisogno di essere spiegata: si sente, si vive. E quando la incontri, ti cambia.
Letizia CaiazzoArtista visiva e autrice, appassionata di estetica, materia e verità. Attraverso la pittura e la scrittura esplora il confine tra emozione e concetto, cercando sempre un linguaggio che parli all’anima.
Nato ad Avellino nel 1963, La sua formazione artistica ha i suoi albori presso la scuola d’arte del padre Vinicio, rinomato pittore della scuola napoletana del novecento. Si è laureato in architettura a Napoli e qui ha cominciato e continua la sua ricerca nel campo delle arti figurative senza disdegnare a periodi la scultura e le arti applicate. Ha partecipato a centinaia di concorsi di pittura in Italia ed all’estero riscuotendo successi , elogi dalla critica nazionale ed oltre 50 primi premi. Sue personali si sono tenute in
enti pubblici e privati di diverse città italiane ed europee: Napoli,Torino, Salerno, Roma, Foggia, Benevento, Ischia, Nizza, Lione, Parigi ecc. Tuttora la sua presenza è permanente in diverse gallerie pubbliche e private, particolarmente la galleria ARIELE Torino. Si sono interessati alla sua pittura critici ed esponenti del mondo culturale tra cui: G. Grassi, A. Calabrese,Sgarbi , R. Zani, E.Treccani , G.A. Leone. , M .Vitiello, F.De Santis etc. riviste specializzate del settore.
Il Silenzio delle Ombre è un grande progetto espositivo che celebra il ritorno nella città natale di Antonio Schiavano, autore e fotografo visivo di rilievo nazionale. La nuova mostra, patrocinata dal Comune di Brindisi, dalla Provincia di Brindisi e dalla Regione Puglia, riunisce oltre 140 opere, si configura come un viaggio visivo, intimo e suggestivo tra luci e assenze, dove l’ombra si fa materia di riflessione e silenziosa bellezza; in un percorso che attraversa i temi della bellezza, del corpo, della memoria e dell’identità, offrono uno sguardo poetico e materico sull’immagine contemporanea.
L’esposizione si sviluppa in 12 sale dello storico Palazzo Nervegna di Brindisi e propone un itinerario immersivo attraverso alcune delle più significative serie realizzate dall’autore negli ultimi anni, alcune accomunate dal linguaggio della Fotomorfia: un processo artistico che fonde fotografia e manipolazione fisica dell’immagine (graffi, solventi, vernici), dando vita a opere uniche, sospese tra visibile e invisibile.Migliori fotocamere
IL CONCETTO DI FOTOMORFIA
Neologismo ideato dall’autore, Fotomorfia indica un linguaggio visivo che supera la fotografia tradizionale per trasformarla in un oggetto fisico e concettuale. Attraverso abrasioni, sovrapposizioni e materiali pittorici, l’immagine fotografica diventa gesto, esperienza, visione rielaborata. L’artista decostruisce e ridefinisce il rapporto tra realtà e rappresentazione, invitando il pubblico ad una riflessione profonda sulla percezione della bellezza e sul potere dellʼarte di svelare significati nascosti. Schiavano riporta in luce i volti e i corpi che la fotografia pubblicitaria aveva “omologato”, riscoprendone le imperfezioni e la profondità dell’anima. In questo processo di
stratificazione e scavo - che può ripetersi più volte - l’unico elemento sempre immutato è l’occhio, punto di accesso alla verità interiore. Emblema della capacità di vedere oltre la superficie, è simbolo di una percezione più profonda, sensibile, autentica.
Il Silenzio delle Ombre è un invito a guardare l’invisibile, ad ascoltare il non detto, a ritrovare nell’imperfezione la vera bellezza. In questo silenzio visivo, fatto di stratificazioni e materia, l’immagine si fa esperienza sensoriale e concettuale. Le opere interrogano chi guarda, custodiscono storie, suggeriscono identità. Non mostrano: rivelano.
Brindisi - Palazzo Granafei-Nervegna
21/07/2025 - 20/09/2025
Curatore: Antonio Schiavano Via Duomo, 20 - 72100 Brindisi
Note biografiche: Antonio Schiavano è un fotografo e artista visivo la cui ricerca si muove tra fotografia commerciale e sperimentazione materica. Specializzato nel settore beauty, ha maturato nel tempo nel tempo una raffinata sensibilità estetica e una tecnica sofisticata, che oggi mette al servizio di una ricerca più intima e concettuale. Nel corso della sua evoluzione artistica ha progressivamente spostato il proprio sguardo verso una dimensione più critica e introspettiva dell’immagine, fino a superare i confini della fotografia tradizionale. Le sue opere oggi si collocano in uno spazio di confine tra fotografia e pittura, tra documentazione e destrutturazione, dando forma ad una riflessione profonda sul concetto di bellezza nella società contemporanea.
Il Comune di Vieste, in collaborazione con Giuseppe Benvenuto, è lieto di annunciare “Jeff Koons a Vieste”, una mostra a cura della Galleria Deodato Arte, dedicata a uno degli artisti più iconici e influenti dell’arte contemporanea. L’esposizione sarà ospitata nella spettacolare Torre San Felice, dal 14 giugno al 14 settembre 2025, con l’inaugurazione che si terrà giovedì 12 giugno alle ore 19,00, con l’intervento del Sindaco di Vieste Giuseppe Nobiletti e l’Assessore alla Cultura Graziamaria Starace.Corsi di arte online
Si tratta di un appuntamento culturale di altissimo profilo, con opere provenienti direttamente dallo studio del Maestro Koons, autentiche e originali. Un evento che porta in Puglia la visione rivoluzionaria di un artista che ha ridefinito il concetto stesso di opera d’arte, fondendo estetica pop, riferimenti colti e una straordinaria capacità comunicativa. Un percorso tra le icone dell’arte contemporanea Trentadue opere divise in sculture, ceramiche e opere su carta, provenienti direttamente dallo studio del Maestro Koons, esplorano i temi del desiderio, della bellezza, della memoria e del consumo, attraverso quello stile inconfondibile che ha consacrato Koons come una vera leggenda vivente dell’arte mondiale.
La mostra presenta una selezione di opere delle collezioni più significative e riconoscibili di Jeff Koons, con una particolare
attenzione alle serie che hanno contribuito a costruire il suo mito. Al centro dell’allestimento, le celebri sculture della serie Balloon Dog—nelle versioni Blue, Orange, Magenta e Yellow — che rappresentano una delle massime espressioni della poetica dell’artista.
Questi cani palloncino, lucidi e cangianti, evocano l’infanzia e la festa, ma con una monumentalità e una perfezione formale che trasformano l’oggetto effimero in una scultura eterna. In essi convivono leggerezza e monumentalità, gioco e rigore, cultura pop e virtuosismo artigianale. La loro superficie riflettente coinvolge attivamente lo spettatore, trasformando l’opera in uno specchio del presente e dell’individuo, e ribadendo il principio fondante dell’arte di Koons: ogni oggetto può contenere bellezza, profondità e significato, se guardato con uno sguardo nuovo.... leggi il resto dell’articolo»
dal 12/06/2025 al 14/09/2025
Organizzazione: Comune di Vieste con Giuseppe Benvenuto
Curatore: Galleria Deodato Arte
Indirizzo: Strada Provinciale 53 - Vieste, Torre San Felice
Lungo Corso Mazzini, nel cuore pulsante di Cosenza, si elevala grandiosa”Spirale 82” di Giò Pomodoro, una delle opere più notevoli del Museo all’Aperto Bilotti (MAB). La scultura astratta, essenziale e di poderosa presenza, realizzata nel 1982, invita a una riflessione profonda sul rapporto tra uomo, spazio e materia, elevando lo spazio pubblico a una dimensione di meditazione e contemplazione. La forma appuntita e ascensionale della spirale suggerisce un movimento interno, un’energia che si avvolge nel vuoto, quasi a voler comunicare un’aspirazione verso l’alto e il trascendente. La superficie bianca, influendo con la luce naturale, si modifica nel corso della giornata, rendendo l’opera viva e mutevole, un dialogo silenzioso tra forma e atmosfera. Questodinamismo sottolinea la natura della scultura come elemento di continuoperfezionamento visivo e spirituale. Tuttavia, oggi “Spirale 82” mostra evidenti segni di danneggiamento, perdendo parte della sua completezza estetica e simbolica. Noi siamo cittadini e custodi di un patrimonio pubblico: le opere d’arte in spazio aperto sono testimonianze viventi della nostra identità cul-
turale e meritano tutela e cura incessante. La loro trasandatezza non è solo un danno estetico, ma un decadimento della memoria collettiva. “Spirale 82” supera l’astrazione pura, diventando un invito alla contemplazione e un segno verticale che eleva lo sguardo oltre il quotidiano. È una pausa poetica nel tessuto urbano, un richiamo a fermarsi e riflettere in un tempo dominato dalla frenesia. La sua presenza silenziosa e potente ci invita a riscoprire il valore del silenzio, dello spazio vuoto e della materia come elementi fondamentali per un dialogo interiore e collettivo. Spesso si accosta il percorso di Giò Pomodoro a quello del fratello Arnaldo, anch’egli scultore di fama internazionale. Mentre Arnaldo si distingue per opere come la “Sfera spezzata”, simbolo di scoperta dell’interno attraverso la frattura e per un linguaggio più drammatico e simbolico, Giò si caratterizza per volumi pieni e armonici, dove equilibrio e forza si fondono in geometrie pure e misurate. La tensione tra superficie e gravità, tra forma e spazio, definisce il suo approccio: un’arte che dialoga con il silenzio e la stabilità, espressione di una volontà di eternità e pace.
Entrambi gli artisti, pur con linguaggi diversi, riflettono sul tempo e sulla funzione civile dell’arte, dialogando con la storia e le trasformazioni della scultura moderna. Arnaldo esplora il caos e la complessità dell’uomo contemporaneo, mentre Giò crea un ordine, una struttura che invita alla calma e alla riflessione. “Spirale 82” si presenta non solo come una scultura, ma come una presenza evocativa nel cuore di Cosenza: un segno verticale che invita alla meditazione, un punto di quiete nel caos urbano. In un’epoca dominata dalla velocità e dalla superficialità, quest’opera invita a fermarci, a alzare lo sguardo e ad ascoltare il silenzio che essa suggerisce. Un linguaggio universale di materia, forma, vuoto e silenzio, elementi oggi più che mai necessari per ritrovare il senso di sé e del mondo. Il confronto con le opere di Arnaldo Pomodoro rivela come l’arte possa
raccontare mondi diversi partendo dalla stessa radice: uno svela l’interno e la complessità nascosta, l’altro costruisce un ordine che resiste nel tempo. Entrambi ci insegnano che la scultura autentica non si limita all’estetica, ma stabilisce un rapporto profondo con lo spazio e con chi la osserva, diventando così un veicolo di memoria e di crescita spirituale. Preservare e valorizzare opere come “Spirale 82” significa riconoscere il valore del pensiero, della memoria e della bellezza. È un gesto di civiltà che restituisce alla collettività non solo un bene artistico, ma un’opportunità.
Alessandra Primicerio (critico d’arte)
Le Porte Narranti di San Benedetto Ullano continuano a unire arte, tradizione e comunità. Nel 2025 il progetto si afferma come una delle più ricche iniziative culturali del territorio, dove ogni porta dipinta non è solo ornamento urbano, ma luogo di memoria collettiva e di identità condivisa. Ideatrice del progetto è Graziella Di Ciancio sostenuta dalla sindaca Rosaria Capparelli, figure chiave che hanno promosso una usanza che va oltre l’arte per diventare strumento di legame sociale e di riflessione su fede, spiritualità e radici culturali.
Il catalogo, presentato nell’agosto del 2025 è arricchito dai contributi del critico d’arte Alessandra Primicerio e raccoglie le prime quattro edizioni, ampliando l’esperienza di un progetto che ha nel cuore la resilienza della comunità arbëreshë, la tenacia delle tradizioni e la capacità di raccontarsi. Le Porte Narranti, così, si consolidano come simboli di appartenenza e come inviti a guardare avanti con orgoglio, pronte a dialogare con la città e con chiunque si soffermi ad ascoltare le storie dipinte. Per il secondo anno Gulia Urbana ha selezionato gli artisti per realizzare gli interventi artistici sulle porte di San Benedetto Ullano, trasformando il borgo in una galleria all’aperto.
Tra le porte dipinte quest’anno emerge quella dell’artista Serena Le Rose, emblematico esempio di come il linguaggio pittorico possa tradurre l’identità culinaria e sociale di San Benedetto Ullano. La cucina arbëreshë è qui celebrata come nucleo principale della festa, di memoria e di comunione. I maccheroni preparati a mano in casa, compaiono come segni di unione e di memoria: una semplicità ricordata secondo i ritmi della vita contadina, manifestazione del valore della manualità e della condivisione. Attorno a loro ruotano narrazioni e memorie, tramandate in
arbëreshë, che ancora alimentano la comunità.La scelta di colori caldi e linee semplici rendono l’immagine volutamente essenziale e tradizionale. Le mani rugose, al centro della composizione trasmettono esperienza e sapienza: un gesto antico che parla di mestieri, di cura, di trasmissione. Il tavolo rosso è una tavola di comunione, ma anche di lotta quotidiana, dove i maccheroni sono simbolo di festa e di memoria. Il contrasto tra lo sfondo azzurro e nero crea una scenariosacro della vita contadina.
A livello iconografico, la pasta fatta in casa è simbolo di festa e di memoria collettiva. L’artista pone attenzione sulla gestualità delle mani che costruiscono una narrazione, ricordano, conservano.La porta narrante di Ilenia Tucci racconta la storia delle vedove bianche, le donne di San Benedetto Ullano che, tra la fine dell’Ottocento e gli anni ’50 del Novecento, si sono ritrovate da sole perché i loro mariti erano emigrati all’estero per lavoro.Queste donne non erano realmente vedove ma erano sole a portare il peso della famiglia, crescere i figli, lavorare nei campi e occuparsi della casa, ignorando se e quando i mariti sarebbero tornati.Nonostante l’assenza e il dolore, hanno resistito con forza e dignità, diventando un punto di riferimento per la comunità.Il loro silenzioso coraggio è simbolo di resilienza femminile e amore incrollabile. Al centro della porta è raffigurata una donna di profilo molto elegante dai tratti delicati. Un lacrima solca il suo bellissimo viso. Il vento, che muove i suoi lunghi capelli e l’abito bianco che indossa, crea movimento e leggerezza.I pochi e intensi colori e il contrasto tra il fondo scuro e i toni chiari della figura fanno emergere la donna(simbolo di forza silenziosa, femminilità e mistero), come se fosse un’apparizione sospesa tra sogno e realtà.La terza porta, realizzata da Clelia Cupelli rappresenta una storia che è al contempo personale e universale: il ritorno di chi, dopo anni di lontananza, decide di tornare a San Benedetto Ullano, paese dei nonni, delle origini. Il ritorno non è solo fisico, ma soprattutto emotivo e culturale: un rinnovato contatto con le radici, l’occasione per conoscere la storia della famiglia e per riconnettersi con un passato che, pur restando. intoccabile, comincia a farsi presente nel presente. La porta dipinta diventa una soglia simbolica.Iconograficamente, la scena si svolge in modo quasi minimalista, ma carica di significati: un uomo, con una valigia e uno zaino da cui spunta un orsacchiotto, avanza verso un paesaggio collinare con case a lui familiari; di fronte a lui un ragazzino seduto a terra stringe tra le mani un orsacchiotto identico al suo. La presenza del ragazzino, che rappresenta se stesso,
riporta al tema della memoria infantile e delle origini: un legame che non si spezza, ma si trasforma. Il viaggio verso casa non è solo un tragitto geografico, ma anche un percorso interiore attraverso ricordi, racconti e identità.La palette cromatica, dominata da toni caldi, conferisce all’intera composizione una quiete rassicurante: il paesaggio che si apre sullo sfondo crea una calma luminosa. L’opera invita a una riflessione sulla propria storia. La prospettiva, semplice e razionale, guida lo sguardo lungo il sentiero che conduce l’osservatore dalla soglia al paesaggio familiare. La strada si prospetta come una allegoria della vita stessa: un cammino che unisce ciò che è stato a ciò che deve ancora venire.L’opera parla senza bisogno di parole, ma è un silenzio che tocca sentimenti e sensazioni personali e universali allo stesso tempo.
Alessandra Primicerio (critico d’arte)
Parco archeologico Himera
Durante gli scavi si scoprono meraviglie e tra i reperti emersi per i lavori di raddoppio ferroviario sulla linea “Palermo - Messina” c’è proprio la necropoli greca più grande in Sicilia.
Si tratta di Himera ed è stata riportata alla luce dalla società del Gruppo FS, Rete Ferroviaria Italiana con il supporto di Italferr, durante i lavori di raddoppio della tratta “Fiumetorto-Ogliastrillo”, parte del potenziamento della linea ferroviaria “Palermo-Messina”.
La mostra della necropoli è stata svelata dal raddoppio ferroviario con oltre 20.000 reperti.
L’inaugurazione si è tenuta oggi 10 giugno alla stazione centrale di Palermo ed è visitabile fino al prossimo 10 novembre nella sala Reale e nella sala adiacente della stazione.
L’esposizione è nata da un’idea di Archeolog ETS, associazione del Gruppo FS, in collaborazione con il Parco di Himera, Solunto e Iato, permette di valorizzare uno dei più grandi scavi archeologici degli ultimi trent’anni in Italia. L’evento è gratuito ed è un vero e proprio viaggio alla scoperta dei preziosi reperti venuti alla luce durante la campagna di scavi avviata nel 2008 da Rete Ferroviaria Italiana e conclusa a fine 2010.
L’area archeologica di Himera ha restituito un patrimonio
eccezionale, con il rinvenimento di oltre 9500 tombe nella necropoli occidentale.
Fondata nel 648 a.C. da coloni greci, Himera fu teatro di grandi eventi storici, tra cui le battaglie del 480 e del 409 a.C., destinate a segnare profondamente la storia della Sicilia antica.
Di tutta questa storia, gli scavi di Himera hanno restituito un’eccezionale documentazione con la scoperta delle tombe dei soldati, dei cavalli e dei cittadini morti nella strage del 409 a.C. e delle armi impiegate negli scontri.
Tra il 2008 e il 2011 sono state portate alla luce oltre 10.000 sepolture.
A Himera sono state scoperte tre grandi necropoli ubicate all’esterno dell’abitato e lungo i principali percorsi in uscita dalla città.
La necropoli occidentale si trova sulla Piana di Buonfornello, ad oggi l’area cimiteriale di cui abbiamo maggiore conoscenza.
La necropoli orientale si estende sulla Piana di Pestavecchia, oltre la foce del Fiume Imera. Sono state scoperte oltre 3000 sepolture databili dal momento della fondazione della colonia.
Adesso è possibile ammirare i reperti archeologici che hanno scritto la storia della grecia a Palermo.
Particolare di uno scatto di Maxine Jones
n mostra, di fronte Panificio Pensabene, le foto scattate nel 2023, 2024 e 2025 da Maxine Jones a Palermo, soprattutto all’Albergheria.
Nata in Inghilterra, Maxine Jones si è trasferita in Irlanda nel 1990. Nel 2018, all’età di 62 anni, è partita in bicicletta per viaggiare in Europa e Turchia. Nel 2023 si è trasferita a Palermo, dove scatta foto per le strade del centro storico dove vive.
“Non avendo mai provato un senso di appartenenza nella mia nativa Inghilterra - racconta Maxine Jones - mi sono trasferita in Irlanda all’età di 34 anni, dove ho formato una famiglia. Nel 2018, all’età di 62 anni, ho intrapreso un viaggio in bicicletta per visitare paesi sconosciuti e forse trovare un nuovo luogo in cui stabilirmi. Mi sono diretta verso nord, fino in Finlandia, e poi verso sud-est, in direzione della Turchia. Ho trascorso - continua - tre anni a Istanbul, dove ho vagabondato per le strade, osservando volti che spesso riflettevano il mio senso di smarrimento. Scoraggiata dalla povertà che affliggeva la Turchia, causata per l’alta inflazione, unita alle difficoltà che incontravo nel comprendere appieno la lingua, mi sono trasferita
a Palermo, in Sicilia, nel marzo del 2023. Qui ho ritrovato gli echi di Istanbul, soprattutto nel tangibile divario tra i turisti e la gente del posto. Ho continuato a passeggiare per le strade con la mia macchina fotografica, catturando immagini di coloro che si sentivano a casa e di coloro che non lo erano. Fuori, per strada, le persone spesso - conclude - rivelano i propri pensieri privati attraverso i loro volti e i loro movimenti”.
La mostra prosegue fino al 1 ottobre, dal lunedì al sabato dalle 10 alle 15 e dalle 18:30 alle 20.
In mostra le fotografie di Maxine Jones scattate a Palemo https://www.palermotoday.it/eventi/mostra-fotografie-maxine-jones.html
Via Generale Luigi Cadorna 52 - PalermoDal 1 agosto al 1 ottobre 2025Visitabile dal lunedì al sabato dalle 10.00 alle 15.00 e dalle 18.30 alle 20.00
Dal 19 aprile al 19 ottobre, presso la Società Operaia di Mutuo Soccorso di Modica, è possibile visitare la mostra “Io, Renato Guttuso” a cura di Giuliana Fiori e Anna Papale.
Si tratta della seconda tappa del progetto espositivo organizzato da Sikarte, associazione culturale siciliana che si propone come punto d’unione tra location d’eccezione e artisti storicizzati e contemporanei.
La mostra intende celebrare il grande artista siciliano svelando le sue passioni e il suo animo, senza tralasciare il suo impegno politico e artistico.
Questa seconda tappa del progetto mantiene la linea curatoriale scelta da Giuliana Fiori, recentemente venuta a mancare, e si nutre anche del nuovo contributo dato dall’altra curatrice, Anna Papale.
Intento dichiarato della mostra è scandagliare l’animo forte e poliedrico di Renato Guttuso, il suo “Io” più profondo e intimo.
Viene infatti realizzato un racconto visivo attraverso un’accurata selezione di opere (oli e disegni) che svelano il Guttuso uomo, artista, intellettuale, politico e scenografo.
Dal 19 aprile al 19 ottobre 2025, la mostra è visitabile tutti i giorni dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 20.30. Visite guidate su prenotazione.
Particolare di un’opera di Maurice Denis
Da sabato 24 maggio fino a domenica 28 settembre, la mostra “Impressionisti - Frammenti di luce e colore, da Monet a Renoir”, a cura di Stefano Oliviero è ospitata in uno dei luoghi simbolo di Siracusa: il Castello Maniace, situato all’estremità dell’isola di Ortigia e affacciato sul Mar Ionio.
Il Castello rappresenta un capolavoro dell’architettura militare medievale e la scelta di questa location non è casuale: il dialogo tra la storia millenaria del sito e l’innovazione pittorica dell’Impressionismo crea un ponte ideale tra passato e modernità, tradizione e avanguardia.
L’esposizione celebra uno dei movimenti artistici più influenti e innovativi della storia dell’arte occidentale che proprio lo scorso anno ha compiuto centocinquant’anni.
La mostra prodotta da Mediterranea in collaborazione con Navigare, intende far risaltare lo spirito di gruppo, la comunione di intenti, l’amichevole e umano rapporto degli artisti, solido nonostante molte divergenze e diversi punti di vista.
Gli anni dell’Impressionismo furono anni di grandi cambiamenti, non solo nel mondo dell’arte, ma soprattutto storici, sociali, economici.
Fu anche grazie alla fotografia che ebbe vita l’Impressionismo. Infatti, fu nello studio di Nadar che ebbe luogo la loro prima mostra, esattamente centocinquanta anni fa. Protagonisti assoluti dell’esposizione sono i grandi maestri dell’Impressionismo francese: Claude Monet, PierreAuguste Renoir, Alfred Sisley, Berthe Morisot, Edgar Degas, Édouard Manet e altri artisti che, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, rivoluzionarono il concetto stesso
di pittura.
Abbandonando i canoni accademici e le rigidità della pittura di storia, scelsero di ritrarre la vita moderna, i paesaggi naturali, la luce mutevole e i gesti quotidiani, rendendo protagoniste le emozioni, la percezione e l’esperienza soggettiva.
La mostra si articola in più sezioni tematiche, ciascuna dedicata a uno degli aspetti fondamentali del movimento: la nascita del gruppo degli Impressionisti, le innovazioni tecniche, la rappresentazione della città e della natura, il ruolo delle donne artiste e l’eredità lasciata all’arte contemporanea.
Oltre alle opere (olii tela, olii su tavolo, olii su cartoncino, pastelli su tela, acquerelli su carta, disegni su tela, litografie e riproduzioni in alta definizione e installazioni multimediali) vengono esposti materiali d’archivio, fotografie d’epoca, documenti originali, lettere tra gli artisti e apparati didattici pensati per offrire un contesto storico e culturale approfondito, provenienti tutti da collezioni private. Un’intera sezione della mostra è dedicata alla “luce”, ovvero alla capacità degli Impressionisti di catturare e restituire l’impressione visiva del momento attraverso tocchi rapidi, colori puri, contrasti dinamici e una pittura “en plein air” che ha cambiato per sempre il modo di dipingere.
Dal 24 maggio al 28 settembre, la mostra è visitabile dal martedì al sabato dalle 10.00 alle 13.30 e dalle 15.00 alle 19.00. Domenica e lunedì dalle 10.00 alle 19.00 (ultimo ingresso trenta minuti prima dell’orario di chiusura).
( (19 ottobre dalle ore 10,00 alle ore 17.00)