Rivista20 marzo aprile 2017

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N°20 marzo-aprile 2017 -

periodico bimestrale d’Arte e Cultura

ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE

www.rivista20.jimdo.com

GIACOMO SOFFIANTINO

Edito dal Centro Culturale ARIELE


ENZO BRISCESE

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE

del Centro Culturale Ariele

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Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Francesca Ramarony Tommaso Evangelista Lodovico Gierut Silvia Grandi Irene Ramponi Letizia Caiazzo Antonietta Campilongo Alessandra Primicerio Francesco Mastrorizzi Roberta Panichi Enzo Briscese Ludovico Operti Paola Corrias Cinzia Memola Nicolò Marino Ceci www. riv is t a 2 0 . jimd o . co m

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Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 15 alle 19 tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com -----------------------------------------------------

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mail: enzobriscese6@gmail.com cell. 347.99 39 710

In copertina: opera di Giacomo Soffiantino


GIACOMO SOFFIANTINO

L’arte, umile dentro il mistero Nello studio di Giacomo Soffiantino. I suoi lavori recenti come sempre una sorpresa. Mi trovo di fronte a una complessità non ostentata; grande pittura che, contro ogni concessione formalistica, nasce da idee e da emozioni, da intensa e sofferta partecipazione agli eventi del mondo. “Il mistero della vita deve entrare nella pittura”, mi dice Giacomo ed è professione di modestia. La pittura non tenta spiegazioni; del mistero dà soltanto incerti indizi per simboli. I simboli nei dipinti di Giacomo inevitabilmente riguardano la natura e l’uomo che intrecciano le loro vicende. La natura: boschi (l’intrico degli itinerari di vita) , sorgenti (nascita della vita dal profondo e il suo scorrere), conchiglie (altro simbolo del nascere), frammenti (in ogni cosa ci sono il tutto e il nulla, il passato e il presente), aperture di cielo (quel poco che l’uomo riesce a vedere nel mistero), distese marine (l’orizzonte che mai si raggiunge), luce (che è anche calore come condizione di esistenza delle cose). La luce non ha una fonte esterna d’irradiazione; nasce lentamente da profondità e si espande sulle cose. La luce è presenza indiretta dell’uomo come gli alberi. “L’albero come l’uomo che si trasforma nel

tempo, è il ciclo della vita” , mi dice Giacomo. È il tempo che ha come simboli anche teschi, bucrani, fossili, su vie che non si sa dove conducano. Rovine, collage di frammenti di vecchi manoscritti. Nelle opere l’uomo e le sue vicende sono presenti senza comparire come immagini. Il bosco è folla di uomini.

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trittico della vita il bosco 2

Contrasti, inevitabilmente La natura richiama sempre l’uomo: natura da contemplare, da vivere nell’ esplorazione di segreti e di-meraviglie. La natura è anche crudele violenza, fino alle catastrofi, della terra, dell’ acqua, del cielo. La rappresentazione diretta dell’uomo è nelle mani con molti significati: strumenti per operare, accoglienza e solidarietà; mani che porgono aiuto e affetto ma anche opprimono e uccidono. Nei dipinti del 2009, protagonista il terremoto dell’ Abruzzo, le mani sono anche invocazione di uomini sepolti e segni di morte. Giacomo non isola i simboli per non occultare esperienze di perdite e di morte. È forza morale la capacità di fare entrare nella pittura tutta la realtà: luminosità della natura, gioia del partecipare alle meraviglie della vita ma anche teschi, bucrani, rovine, frammenti di architettura, oscurità del sottosuolo. Ho sempre riconosciuto a Giacomo, e ne ho scritto dalla mia prima presentazione della sua mostra alla Bussola (nel 1983), il merito dell’ antiformalismo, che è alla base dell’inscindibile presenza nelle sue opere della vita e della morte. La particolare poesia della pittura come la scrittura poetica ha la coazione a esplorare situazioni e sentimenti, a non isolare. I fatti della vita incontrano inevitabilmente tragedie e morte, e partecipa¬no all’assolutezza del tutto e del nulla. Nel possesso c’è la perdita. Nel discorrere delle sue opere ho ricordato a Giacomo quello che mi disse una volta Lucio Fontana: “L’arte quali siano le cose e i sentimenti che esprime è esperienza di silenzio per l’artista e per chi guarda le opere”. Nel silenzio sensibile al mistero si sperimenta la vitalità delle opere di Giacomo.

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LUIGI CARLUCCIO, presentazione nel catalogo della mostra alla Galleria La Ghirlandina, Modena, febbraio 1982. “Giacomo Soffiantino non provoca nessuno”, scrive Albino Galvano [ ....] del pittore che, al primo approccio può invece sembrare polemico e contestatore. Osservando meglio i quadri, si constata però che Soffiantino, pur essendo antitradizio¬nalie e aggiornato alle tecniche più avanzate, si tiene lontano da qualsiasi intenzione provocatoria per attenersi esclusiva-mente alla buona pittura. Lo stile sempre spontaneo rimane tale anche quando l’artista si abbandona alla descrizione di immagini dissociate o irrazionali. Anzi, è proprio forse in questi abbandoni che Soffiantino manifesta la sua genuina voca¬zione. Ecco perché le composizioni più ardite, dove i rapporti fra vuoti e pieni e i toni dei colori si muovono sul filo di un equi¬librio appena percettibile, sono sempre contrassegnate dall’impronta di un’arte sicura, meditata, convincente, coltivata silenziosamente e caparbiamente.

tondo 1968 aqf 643x497 mm


Giacomo Soffiantino

ARTURO CARLO QUINTAVALLE, Panorama, 8 giugno 1982. Immensa è la voluttà nascosta tra questi residua , tra queste immagini altere, truccate da povere. “Tutti i vizi alla moda vengono giudicati virtù”, annotava Molière. Tutti gli strilli pittorici assordano gli orecchi e fanno solo mercato. Soffiantino invece ama il sussurro, il gesto ripiegato, il segreto che c’è nell’oggetto. Ed il magico, l’irreale, l’improponibile nascono dal vero, dal verissimo, addirittura dall’usuale. Chi è esperto di malinconie, sa perfettamente come la malinconia diventi, a lungo andare, un male inguaribile. Ma vi è una malinconia degli oggetti che solo un pittore sa spiegare e restituire. Soffiantino vi riesce, in punta di piedi. E ci dice che anche gli oggetti si ammalano. A poco a poco, tacendo, svuotandosi, rnutando posizione per una caduta, uno spostamento provocato da mano umana. GIOVANNI ARPINO, “Atlante Fantastico”, Stamperia del Borgo Po, Torino, 1983. Dunque l’assenza di prospettiva trova conferma nelle cancellazioni e nelle sottrazioni, nella luminescenza sommessa che elimina punti d’illuminazione. Se non temessi di cadere nel contenutismo direi che su cose/relitti si stende una luce/relitto. Specie nelle ultime opere spesso la differenziazione figurale si srnaterializza e restano quasi solo trasparenze nelle estese e compatte campiture che passano l’una nell’altra senza contrasti. Gli elementi di natura si riflettono, trasformandosi, su uno specchio interno, e di questo accettano le regole: regole di¬vergenti rispetto alle stereotipie visive, ai codici pratici, alle consuete organizzazioni percettive.

schizzo per il trittico della vita

trittico della vita 1 la terra

Contenuti e simboli nelle trasformazioni della pittura Per Giacomo la pittura è un destino, un modo di vivere che non ha scampo di fronte alla complessità; crea opere che rivelano la loro qualità in lunghe attente ripetute osservazioni. Il valore simbolico riguarda non solo singoli oggetti ma anche l’insieme della composizione. Perché tanti contrasti, il moltiplicarsi di piani di profondità non ordinati secondo regolarità geometriche, forme fuori scala, disseminazioni

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trittico della vita la sorgente 3

di particolari che spesso sono frammenti, segni con lo stesso peso espressivo di vaste stesure? È la vita: rapporti di eventi, coincidenze, alogicità, caso. L’ordine, ed è rigoroso, va ricercato nella qualità della pittura. In mostra lavori del 20082009. Dipinti a olio alchidici e opere in tecnica mista su carta. Alla tecnica mista concorrono l’acquarello e l’intervento grafico. Il passaggio da una tecnica all’ altra la qualità è egualmente alta. Acquarello e costruzione segnica si dividono lo spazio del supporto o vi coesistono; due tecniche per stati d’animo e simboli diversi. Il segno che si oppone alle aree sfumate e leggere in distensioni tonali ha forza pittorica come nei dipinti. La diversità tecnica è simbolo di contrasto come impossibilità di permanere in uno stato di omogenea e durevole quiete. Il colore spesso è gioia di contemplazione e di scoperta, contraddetta dall’inquietudine del segno. Il dipinto a olio del 2008, Le mani, si colloca con discrezione e delicatezza lungo una sicura linea innovativa. Mani si sporgono dall’ alto su una sorta di parete a dominanza rosa chiaro e un segno discontinuo lungo la verticale crea un rapporto con la mano che è alla base: accoglienza, invito a entrare nello spazio di luce. Le campiture di colore nel passaggio dall’ ocra rossa al rosa e le variazioni tonali fanno nascere un flusso di strutture plastiche leggere. Ed è movimento come di carezze che sfiorano appena.

teste di cinghiali 1960 70x50

Giacomo 1956

Giacomo 1995

fossili nel verde 2008 40x50

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Il faggeto blu n.2 1992 olio su tela 150x120 cm

sera nel bosco - 1997 - 140 x 200 cm

Ossi di seppia 1996 olio su tela 50 x 50 cm

canto messicano 2 acquaforte e acquatinta 64 x 49,5 cm

conchiglie e fossili 2009 tempera

Soff8

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EVENTI

PIEMONTE

COLORI. L’EMOZIONE DEL COLORE NELL’ARTE. KANDINSKY, PAUL KLEE E GIACOMO BALLA 14 marzo -23 luglio 2017

Kandinsky, Paul Klee e Giacomo Balla saranno i protagonisti di una nuova bellissima mostra organizzata tra la GAM – Galleria di’Arte Moderna di Torino ed il Castello di Rivoli. Dal 14 Marzo 2017 potrete ammirare questa nuova mostra dal titolo ‘Colori. L’emozione del colore nell’arte’ con opere di Vassily Kandinsky, Paul Klee e Giacomo Balla e Luigi Russolo.

L’esposizione inizia con l’esplorazione di alcuni esempi di arte dei seguaci del Trantra induista, caratteristiche nella letteratura filosofica religiosa dell’induismo, e della Teosofia per arrivare poi alle correnti artistiche novecentesche dedite all’uso del colore. Esposte in questa importante mostra alla GAM ci saranno le opere di Vassily Kandinsky, Paul Klee, Giacomo Balla, Luigi Russolo e di alcuni giovani artisti come Asli Çavuşoğu che vive e lavora a Istanbul e Simon Starling, artista britannico.

La mostra è un viaggio nella storia, l’invenzione, l’esperienza e l’uso del colore nell’arte moderna e contemporanea d’Occidente, ma anche di altre culture.

Il programma di questo evento, come quello di tanti altri che avranno luogo a Torino nel 2017, è stato illustrato e supervisionato dalla sindaca Chiara Appendino con gli assessori Alberto Sacca e Francesca Leon, durante un incontro presso la sede dell’Ascom.

Orari: da martedi a domenica 10.00 a 18.00 Lunedì chiuso

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Luciano Caggianello

Luciano Caggianello (Torino – Italy), nato a Siena nel 1959, è un artista e designer che inizia la sua attività negli anni ‘80 interagendo con diversi ambiti professionali : Pubblicità, Illustrazione, Grafica e Design (industrial e car-design). Parallelamente intraprende un percorso di ricerca artistica che, dopo le iniziali e assidue frequentazioni presso l’Accademia, nonché studi e atelier di artisti torinesi (L. Burzio, G.Soffiantino, R.Campagnoli), lo portano a evolvere diverse tematiche rappresentative e visuali, consentendogli di validare anche un articolato itinerario espositivo nazionale e internazionale. È accompagnato in questo suo percorso dalla pubblicazione di un primo libro, “Intermediario Immateriale” del 2003, sulle cui pagine l’artista sviluppa l’idea di combinazioni fra parole e intesse un ricorso intellettuale dell’esposizione poetica come mezzo di riflessione e approfon-

dimento delle sue indagini interiori. Nel 2014, pubblica un secondo libro “Parole altrove”, attraverso le cui pagine prosegue ed evolve questa sua ricerca letteraria, concettuale e filosofica. In questi ultimi anni la sua ricognizione è diventata sostanzialmente un lavoro di prevalente sintesi percettiva e concettuale che rielabora tutte le interazioni didattiche, culturali e intellettuali provenienti anche dai suoi diversi ambiti formativi (dalla Fisica Industriale Applicata, all’Architettura, al Visual ). Inoltre tale approccio, identificando l’obiettivo artistico di una progettualità tematico-concettuale e di una sperimentazione inserita tra “poverismo” concreto e arte digitale, si rivela molto più riferita e attinente a concetti di presentazione che non di rappresentazione. Vive e lavora in Torino.

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Centro Culturale Ariele

con il Patrocinio della

Esposizione d’Arte Contemporanea Primavera in Arte Inaugurazione sabato 11 marzo 2017 - ore 17,30

Marco Longo

Enzo Briscese

L’esposizione si svolgerà dall’11 al 26 Marzo2017 presso il Palazzo Opesso di Chieri, eretto nel Trecento e passato agli Opesso che lo tennero fino alla metà del Settecento. Acquisito successivamente dal Comune fu adibito a carcere (fino al 1960) e ad uffici. La facciata è stata compromessa dal mutamento d’uso, ma

Jessica Spagnolo

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Michele Revellino

Clara Mastrangelo

Nicole Grammi

Domenico Lasala

Renzo Sbolci

è evidente la sua antica bellezza. La mostra si svolgerà all’interno degli spazi del Palazzo gestiti dall’Unione Artisti del Chierese. La mostra sarà aperta al pubblico dal lunedì al venerdì dalle15.00 alle 19.00 Sabato e domenica 10.00/12.30 – 15.00/19.00

Saverio Cappiello

Silviu Tanasa

Elisa Fuksa Anselme

Raffaella Pasquali


Mauro Azzarita

Albino Caramazza

Franco Erreni

Mrazova Sarka

Franco Bolzoni

Giulio Gamberucci

Corrado Alderucci

Anna Russo

Angelo Buono

Alex Ognianoff

Adriano Barbieri

L’ intento in questo nostro tempo globalizzato, da un lato fertile e ricco di potenzialità dall’altro caotico e confuso, è di presentare e di dare evidenza alle varie espressioni artistiche e ai nuovi creativi in particolare.

Marco Barucci

Margherita Caliendo

Giorgio Billia

Mirko Briguglio

Si tratterà cioè di dare spazio ad un “dialogo aperto”: infatti saranno presenti in prevalenza due comparti pittorici, l’uno dedicato ai linguaggi astratto informali e l’altro occupato da quelli figurativi.

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Il periodo in cui viviamo ci sfida e nello stesso tempo ci spinge alla prova e gli artisti avvertono questa atmosfera stimolante e che invita a dare delle risposte urgenti. Intanto va chiarito che sono mutate le necessità . I dibattiti tra artisti sui generi (specialmente tra astratti e figurativi) sono ormai da tempo superati, ora il terreno di incontro e di confronto permette di misurarsi su nuovi spazi, compreso quello virtuale. Le tecniche sono le più disparate ma a noi ciò che importa è la qualità artistica oltrechè artigianale delle opere proprio perchè viviamo in un

Isabella Corcelli

Carla Silvi

Aldo Pietro Ferrari

Moreno Montomoli

Maria Chiara Arconte

Maria G.Barbanotti 12

periodo di sovraproduzione e il nostro compito è quello di discriminare per permettere ai lavori migliori di emergere e cercaredi individuare i nuovi linguaggi. Le sezioni, di cui quella figurativa sarà la più numerosa per numero di opere, starà a dimostrare la situazione attuale caratterizzata da una ricca commistione dei generi al cui interno si collocano anche i nuovi lavori espressi dalla giovane arte digitale. Il terreno di incontro e di confronto diventa sconfinato e permette di misurarsi su innumerevoli spazi, compreso quello virtuale.

F. Cannalire

Rosa Maria Lo Bue

Grazia Barbieri

Francesco Di Martino

Caruso Mirella

Edoardo Vaira

Vincenzo Gualtieri

Vasino Michele

Lorella Gallina


MIMMO LAGANA’

..... luogo di grande fascino nel quale chi vi entra percepisce un misterioso influsso magico (il parere del 90% dei visitatori). Atelier del pittore e scultore Mimmo Laganà luogo aperto e disponile ad altri artisti, nasce come contenitore culturale di ampia portata non solo nazionale. Il progetto nasce per dare modo ai talenti emergenti di esprimersi attraverso il proprio lavoro, la propria creatività e le proprie idee. Vi si organizzano mostre collettive e personali, serate musicali e gastronomiche oltre che sfilate di moda, purchè fnalizzati ad un percorso di sperimentazione ed avanguardia. Abbiamo il piacere di ospitare artisti italiani e stranieri, i quali, possono interaraggire nello stesso luogo. (Più avanti sarà possibile soggiornare nell’accogliente looft in avanzata fase di realizzazione). Nulla è richiesto proprio perchè vogliamo essere solidali con chi ama l’arte e non può o non vuole sottostare al pagamento di “pareti” per esporre il proprio ingegno. Vogliamo inoltre incontrare cabarettisti perchè ci troviamo in una zona proficua, con un publico giovane che vuole divertirsi in modo sano e pulito.

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EVENTI

VALLE D’AOSTA

Mostra di pittura di Antonio Favre Aosta

Galleria d’arte San Grato di via De Tillier (piazzetta San Grato) 28 gennaio 2017 - 03 febbraio 2017

La cappella, ubicata nella parte di Aosta chiamata anticamente “Terziere della Bicheria”, si affaccia sull‘odierna via De Tillier, nel Medioevo importante arteria cittadina per il transito e le attività commerciali. La cappella invece, fu edificata con ogni probabilità nel XV secolo sotto il patronato del Capitolo della Cattedrale di Aosta. Nel settecento iniziò il suo declino fino alla cessione ai vigili del fuoco (1780) ed al susseguente utilizzo come magazzino: risale a questo periodo la distruzione parziale dell’affresco in facciata e della porzione superiore del portale per la realizzazione di un nuovo ingresso. Nella seconda metà dell’Ottocento la cappella fu utilizzata come sartoria e negozio di abbigliamento. La facciata è decorata da un affresco votivo offerto dal cittadino Malcastia nel 1512: sull’onda di un gusto tardogotico ormai destinato al tramonto, il dipinto rappresenta la Madonna col Bambino tra i santi Nicola, Caterina, Barbara e Margherita, cui fu aggiunto in seguito San Grato. Si tratta di una delle rare testimonianze della pittura di inizio Cinquecento in Valle d’Aosta. L’interno è costituito da un ambiente ad aula a pianta rettangolare, voltato a crociera a sesto acuto. I costoloni caratterizzano la sobria architettura tardogotica: essi si dipartono dalla chiave di volta per disporsi lungo i quattro angoli fino a poggiare sul pavimento. La parete absidale della cappella mostra un affresco risalente

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verosimilmente all’ultimo quarto del XVI secolo, menzionato per la prima volta in una visita pastorale del 1624. Al centro, un’elaborata struttura architettonica di gusto classicheggiante dipinta a trompe l’œil rappresenta una Pietà fitta di personaggi, ai piedi di tre imponenti croci. Alcune vetrine con ripiani e supporti sono state sistemate per l’esposizione del materiale archeologico rinvenuto durante gli scavi effettuati nelle fasi di restauro. Attualmente sconsacrata, la cappella, e stata concessa dal Comune di Aosta all’Associazione Artisti Valdostani, che l‘ha ribattezzata “Galleria San Grato” e si è proposta di tenerla aperta al pubblico 365 giorni l’anno allestendo settimanalmente mostre personali e collettive no stop. CONTATTI: Associazione Artisti Valdostani Via Elter - 11100 AOSTA (AO) www.associazioneartistivaldostani.it


CATTEDRALI DI GHIACCIO Mostra fotografica di Vittorio Sella al Centro Saint-Bénin di Aosta dal 5 novembre 2016 al 26 marzo 2017

Il Centro Saint-Bénin di Aosta ospiterà dal 5 novembre 2016 al 26 marzo 2017, la mostra Cattedrali di ghiaccio. Vittorio Sella, Himalaya 1909. La mostra presenta una selezione di fotografie di Vittorio Sella (Biella 1859-1943), tra i più grandi fotografi di montagna che ereditò la passione per la montagna dallo zio Quintino Sella, fondatore del Club Alpino Italiano. Esploratore e valente alpinista, Vittorio Sella fu tra i primi ad intraprendere spedizioni alpinistiche nel Caucaso, in Alaska, in Uganda e in Himalaya. Portò a termine

ascensioni invernali sulle Alpi scattando fotografiche di grande perfezione tecnica, tanto che Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, nel 1909 lo volle come fotografo ufficiale durante la spedizione himalayana. La mostra, curata da Daria Jorioz e da Paolo Repetto, in collaborazione con la Fondazione Vittorio Sella di Biella, propone circa 70 fotografie vintage, di notevole impatto estetico, realizzate nel 1909 proprio durante la spedizione in Himalaya.

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EVENTI

LOMBARDIA

“ANIMA BIANCA. LA NEVE DA DE NITTIS A MORBELLI” A MILANO dal 21 ottobre 2016 al 19 febbraio 2017 Galleria GamManzoni di Milano

L’affascinante mostra “Anima bianca. La neve da Nittis a Morbelli” della Galleria GamManzoni di Milano rappresenta una nuova e imperdibile occasione di approfondimento che lo spazio espositivo di via Manzoni 45 propone sulla pittura italiana dell’Ottocento. Questa volta il tema fulcro dell’esposizione è la neve, elemento che ha molto affascinato gli artisti dell’Ottocento, a partire dagli Impressionisti, interessati alle possibilità di sperimentazioni luministiche offerte della superficie bianca. Attraverso 25 opere di collezione privata, distribuite per sezioni tematiche, la mostra indaga come e con quale ruolo la neve sia stata la protagonista dei dipinti di paesaggio dei maggiori interpreti della pittura italiana. Inizialmente elemento caratterizzante il contesto urbano invernale nelle opere di Angelo Inganni e di un esordiente Giovanni Segantini o scenario della vita contadina nelle prove di Cannicci e Bruzzi, la neve passa progressivamente dall’essere dettaglio del paesaggio a mezzo per l’espressione degli stati d’animo, testimoniando così il passaggio dal Naturalismo di Filippini a Carcano al Simbolismo di Morbelli e Longoni. Scenari e contesti incantati delle montagne italiane rendono particolarmente suggestiva questa mostra, che rende omaggio

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anche agli artisti italianiche trovarono fortuna nella Parigi della Belle Époque, come Giovanni Boldini e Giuseppe De Nittis, autore dell’incantevole Lezione di pattinaggio. Un viaggio affascinante alla scoperta dell’”anima bianca” della pittura dell’Ottocento. Orari Mostra: da martedì a domenica: dalle 10 alle 13; dalle 15 alle 19.


Manet e Parigi moderna a Palazzo Marino a Palazzo Reale in Piazza del Duomo a Milano

La mostra (è la prima grande mostra 2017 a Milano) ruota intorno ad alcuni capolavori di Édouard Manet provenienti dal Musée d’Orsay, illustrando l’atteggiamento dell’artista in relazione ai cambiamenti di Parigi tra il 1850 e il 1880, periodo in cui la città stava mutando rapidamente volto per diventare la “capitale delle capitali”. Due Esposizioni Universali, nel 1855 e nel 1867, incrementano vertiginosamente il ritmo della vita parigina: Manet e la sua cerchia ne testimoniano la grande rincorsa verso la modernità.

Manet realizzò diversi dipinti che raffigurano interni di bistrò, fresche osservazioni della vita sociale dell’800 a Parigi: persone che bevono, ascoltano musica, si corteggiano, leggono, aspettano. Molti di questi quadri sono basati su rapidi studi dal vivo: spesso l’artista si recava alla Brasserie Reichshoffen, sul boulevard de Rochechouart, oppure al ristorante lungo la Avenue de Clichy, Pere Lathuille, dove si poteva pranzare all’aperto. Un altro soggetto trattato erano le attività della borghesia, come i balli in maschera o le corse campestri, oppure le strade o le stazioni di Parigi. Manet viaggiò anche in Germania, Italia, Spagna e Paesi

Bassi dove conobbe le opere di Frans Hals, Diego Velázquez e Francisco Goya. Nel 1863 sposò Suzanne Leenhoff. Nel 1881, su suggerimento di Antonin Proust, suo amico, il governo francese lo insignì della Legion d’onore. Manet contrasse la sifilide, che ne segnò il destino, ma fu anche tormentato da penose forme reumatiche non curate, contratte a quarant’anni (o, secondo alcuni, addirittura in gioventù, quando era imbarcato sulla nave). Negli ultimi anni di vita la malattia gli causò forti dolori e una parziale paralisi. Il 6 aprile 1883, dopo un estenuante periodo di indecisione, gli venne amputato il piede sinistro, ma l’operazione non servì a risparmiarlo dalla morte a soli 51 anni, che sopraggiunse quasi un mese dopo, al termine di una interminabile agonia sfociata nel coma. Le sue ultime parole, prima di perdere definitivamente conoscenza, furono di rimpianto per l’ostilità del suo avversario Alexandre Cabanel: “Sta bene, quello!”. Manet venne sepolto nel Cimitero di Passy: accanto a lui, anni dopo, furono sepolti il fratello Eugène e sua moglie Berthe Morisot.

Dal 08/03/2017 al 02/07/2017 Lun: 14:30 - 19:30 Mar:- mer 09:30 - 19:30 Gio: 09:30 - 22:30 Ven: 09:30 - 19:30 Sab: 09:30 - 22:30 Dom: 09:30 - 19:30 Intero € 12 / Ridotto € 10 studenti, gruppi, over 65, disabili, Card Musei Lombardia Milano e convenzioni / Ridotto scuole € 6 (valido anche per gruppi organizzati da Touring e FAI) / Famiglie: adulto € 10, ragazzi € 6 (per 1 o 2 adulti + ragazzi da 6 a 14 anni) Sito web palazzorealemilano.it

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KEITH HARING

Milano - 1 febbraio-18 giugno 2017

Per la prima volta una mostra percorre l’intera vita artistica di Keith Haring, con una vastissima selezione di opere provenienti da tutto il mondo, mettendo in evidenza accanto alla figura di artista militante, i riferimenti ampi e articolati ad altri artisti e linguaggi.

dell’americano vengono messe a confronto con le sue fonti di ispirazione, dall’archeologia classica alle arti precolombiane, dalle figure archetipe delle religioni alle maschere del Pacifico, dalle creazioni dei nativi americani fino ai maestri del Novecento, quali Jackson Pollock, Jean Dubuffet e Paul Klee.

Questi diventano nelle sue tele riflessioni sulla capacità dell’arte di auto rigenerarsi e un collegamento tra culture diverse ed universali, che consolida la sua grandezza . Decorando le facciate delle case e dei palazzi delle maggiori città del mondo, Keith Haring è diventato un’icona di artistaattivista globale. Visita la mostra che lo celebra al Palazzo Reale di Milano in compagnia di una guida esperta in storia dell’arte, per approfondire la carriera e il senso dell’opera del principale writer americano.

Nato nel 1958 a Reading, Haring sviluppa un talento precoce ispirato dai cartoni animati di Walt Disney e dalla Pop Art di Andy Warhol, nonché dalle suggestioni derivate dall’amicizia con lo street artist Jean-Michel Basquiat e con gli autori della Beat Generation. Nel fermento culturale degli anni Settanta e Ottanta, Haring imprime il proprio originale segno artistico su pareti, soffitti e pavimenti di scuole, ospedali, negozi e musei, ma anche su oggetti, copertine di riviste, cataloghi e monumenti come il muro di Berlino e il convento di S. Antonio a Pisa. Bambini radioattivi, personaggi dei cartoni animati o dei fumetti, richiami esotici e primitivi, immagini proprie della cultura underground metropolitana si legano in figurazioni tristi e gioiose, agitate e inquiete, segnate da un erotismo truce e ironico. READ MORE

Ammira le 110 opere esposte, molte di grandi dimensioni, alcune inedite o mai viste in Italia, provenienti da collezioni pubbliche e private americane, europee e asiatiche. Il percorso espositivo rende tutta la complessità della ricerca di Haring, mettendo in luce il suo rapporto con la storia dell’arte. Le opere

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In collaborazione con

OLTRE LA CITTA’ Periferie urbane e fabbriche dismesse LORENZO CURIONI Dal 4 al 26 marzo 2017 Inaugurazione sabato 4 marzo ore 18 San Pietro in Atrio Via Odescalchi, 3 Como Martedì- venerdì ore 15- 19. Sabato e domenica ore 10-12/15-19. Lunedì chiuso. INGRESSO LIBERO

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EVENTI

LIGURIA

Le opere di Modigliani in mostra a Palazzo Ducale 15 marzo 2017- 16 luglio 2017

Approdato a Parigi all’inizio del Novecento, Amedeo Modigliani elabora uno stile personalissimo, contaminando le forme classiche con il linguaggio primitivo, in sintonia con le istanze espressive della sua epoca. La mostra racconta il suo percorso creativo attraverso le tappe principali della sua carriera breve e feconda. L’amicizia con Brancusi e la passione per l’art nègre, per la Grecia arcaica e per l’arte egiziana influenzano gli inizi del suo percorso artistico, sia nella scultura, dai tratti puri e misteriosi, sia nella pittura, dalle forme rigorose e armoniose al tempo stesso, e dalla pennellata corposa e costruttiva. Parallelamente, Modigliani recepisce e interpreta in chiave originale e innovativa ispirazioni, gusti e suggestioni della fervente atmosfera parigina, caratterizzata da un lato dalle spinte espressioniste, dall’altro dal cubismo e dalla sua scomposizione della realtà. Al centro, la grande lezione di Cézanne. Ancor prima che le rivoluzioni artistiche prodotte dalle avanguardie confluiscano in un più pacato ritorno all’ordine, Modigliani cerca intensamente quella sintesi tra tradizione e modernità che è una delle costanti principali dell’arte del Novecento.

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PAOLO BONGIANINO

Paolo Bongianino, classe 1956, è nato a Trivero e vive a Milano, é sposato e ha due figli. Nei primi anni 60 ha ricevuto in regalo la sua prima macchina fotografica e da allora non ha mai smesso di osservare il mondo attraverso l’obiettivo con curiosità ed attenzione. Dopo una lunga carriera nel management ha deciso, anche in considerazione delle difficili condizioni economiche in cui l’Italia si è trovata nell’ultimo decennio, di dedicarsi completamente alla fotografia e alla stampa.Tutte le sue opere, infatti, sono stampate in edizione limitata, esclusivamente a getto d’inchiostro su carta di cotone di alta qualità, con l’unica eccezione delle “mini-stampe” forma-

to A4, stampate anch’esse su carta di cotone ma non in quantità limitata. Bongianino sostiene che“la sola immagine non é sufficiente:dev’essere in grado, in qualche modo, di colpire l’immaginazione dell’osservatore e suscitare emozioni. Solo così posso dire di aver raggiunto il mio obiettivo di fotografo quando scatto. Questa contemporaneità non accade sempre, ma sicuramente più frequentemente di quanto si possa immaginare. Immagine ed emozione: questa è l’essenza del mio approccio alla fotografia”. Immagini ed emozioni é il logo scelto da Paolo Bongianino per presentare le sue opere tramite Facebook e i siti www.immaginiedemozioni.it e www.2in1.photo.

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Armando Santelli

Precarietà… mente, corpo e spazio - Dopo la maturità d’Arte e il diploma di laurea dell’Accademia Belle Arti “Brera” di Milano, per alcuni anni ha operato come creativo nel campo pubblicitario, contribuendo alla realizzazione di alcune campagne nazionali. Successivamente come vincitore di concorso, ottiene la titolarità di cattedra per l’insegnamento di “Arte e Immagine”, questa scelta e cambiamento di vita hanno permesso a Santelli di dedicarsi totalmente allo studio dell’Arte come “Libertà Assoluta” e a vivere il Disegno come uno Stato di Grazia… Da qui nasce la sua ricerca espressiva, di tipo figurativo con particolare attenzione all’uso della grafite come segno grafico-pittorico. Nei cicli dei “Pazzi” e “Serial-Killer”, la precarietà della vita va in scena direttamente nel corpo, individui solitari immersi in aree-dismesse o non -luoghi, dove il proprio dramma e disagio esistenziale, scorrono sotto le apparenze illusorie della normalità… Un lungo percorso in discesa nell’articolato labirinto della psiche, un’indagine dell’esistere alla radice stessa dell’essere. IL suo ultimo ciclo epressivo “L’Altra Modernità” neometafisico -contemporaneo, indaga sul rapporto e la dialettica tra uomo e tecnologia. Una ricerca che si sviluppa all’interno di varie letture e una personale percezione-interpretazione della realtà digitale contemporanea, dove ogni “Uomo” vive e indossa come

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pelle e marchio, la sua nuova condizione di precarietà globale… Per alcuni anni ha operato come creativo nel campo pubblicitario, contribuendo alla realizzazione di alcune campagne nazionali. Successivamente come vincitore di concorso, ottiene la titolarità di cattedra per l’insegnamento di “Arte e Immagine”, questa scelta e cambiamento di vita hanno permesso a Santelli di dedicarsi totalmente allo studio dell’Arte come “Libertà Assoluta” e a vivere il Disegno come uno Stato di Grazia… Da qui nasce la sua ricerca espressiva, di tipo figurativo con particolare attenzione all’uso della grafite come segno grafico-pittorico. Nei cicli dei “Pazzi” e “Serial-Killer”, la precarietà della vita va in scena direttamente nel corpo, individui solitari immersi in aree-dismesse o non-luoghi, dove il proprio dramma e disagio esistenziale, scorrono sotto le apparenze illusorie della normalità… Un lungo percorso in discesa nell’articolato labirinto della psiche, un’indagine dell’esistere alla radice stessa dell’essere. IL suo ultimo ciclo epressivo “L’AltraModernità” neometafisico-contemporaneo, indaga sul rapporto e la dialettica tra uomo e tecnologia. Una ricerca che si sviluppa all’interno di varie letture e una personale percezione-interpretazione della realtà digitale contemporanea, dove ogni “Uomo” vive e indossa come pelle e marchio, la sua nuova condizione di precarietà globale


Paolo Righi Anche se le sue aspettative continuano ad essere non del tutto realizzate - e questo dipende anche da un carattere che chiede meglio a se stesso dimostrandosi inappagato per desiderio di crescita - certamente è soddisfatto di quello che ha, soprattutto di poter disporre di condizioni per esprimersi in libertà e per dedicarsi a quello a cui si sente chiamato (c’è nel suo atteggiamento un senso di gratitudine per le doti e la sensibilità di cui la natura lo ha dotato). E direi che ha assunto rispetto di ciò che può fare considerandolo quasi una provvidenza. Raramente ho visto un artista così determinato a sostenere le proprie opere. Quando ne parla, il suo naturale riserbo, la sua timidezza scompaiono perché sicuro che ciò che esce dalle sue mani è ciò che vuole che sia: una parte assolutamente sincera di sé, quanto di più genuino e puro sia nella sua natura. E questo a proposito della persona, dell’uomo e delle sue scelte di vita. Forse, ciò che ha spinto Paolo Righi a fare l’artista è stata la consapevolezza di poter fare di più e meglio rispetto al precedente. Egli veniva da esperienze di lavoro d’arte applicata nel campo tessile e dell’alta moda, un lavoro che non soddisfaceva a pieno la sua creatività, e soprattutto il bisogno di indipendenza immaginativa e poetica. Lasciare questa occupazione, nel suo caso, è stato un atto di notevole coraggio, di cui pochi sarebbero capaci; si sa come l’arte, specie agli inizi appaia ricca di soddisfazioni e affascinante nelle prospettive, ma, ahimé, alla distanza si dimostri invece trascurata e povera di riconoscimenti (anche da un punto di vista economico). Ebbene Righi ha trovato il coraggio di farne la sua prima ed unica occupazione, essendo sostenuto da un richiamo forte, configurabile all’autentica vocazione. Ed ha fatto il grande salto nel mondo più deciso e spericolato, trapiantandosi, lui settentrionale inurbato, in un luogo solitario della campagna marchigiana, lontano dalla sua terra d’origine, fuori dal chiasso e dal trambusto, ma anche dagli affari delle città, per tener dietro nel modo più intimo e radicale a quelli che erano i suoi amori: la famiglia, la natura, e, appunto l’arte.

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EVENTI

VENETO

Ai Carraresi mostra dedicata

a Francis Bacon, organizza Kornice di Andrea Brunello . “Francis Bacon. Un viaggio nei mille volti dell’uomo moderno” dal 15 ottobre 2016 all’1 maggio 2017 . La mostra 2016/2017 a Casa dei Carraresi Via Palestro 33, 35 - Treviso sarà dedicata a Francis Bacon TREVISO, CASA DEI CARRARESI 15 ottobre 2016 - 1 maggio 2017 Dopo le mostre dedicate all’impressionismo, alla storia del Grande Impero Cinese e l’ultima a El Greco, la stagione 2016/2017 vedra’ l’esposizione delle opere del pittore irlandese Francis Bacon. Dedicata a Francis Bacon, artista di origini irlandesi, nato a Dublino nel 1909, la mostra cercherà di focalizzarsi soprattutto sulla produzione italiana delle sue opere, in quanto rappresentazione della “maledizione del corpo e dell’anima” che attanagliò l’individuo moderno, interpretabile alla luce della psicanalisi, della filosofia e della psicologia. L’esposizione offrirà l’incredibile opportunità di “entrare nella mente” dell’artista, di comprenderne i dubbi, le angosce e le ragioni che lo spinsero a scegliere i suoi soggetti, attraverso l’analisi della Francis Bacon Collection of the Drawings Donated to Cristiano Lovatelli Ravarino, delineata all’interno di relazioni e vita privata che si intrecciano nella storia. Il percorso vedrà l’analisi delle diverse tematiche care all’artista:dai Papi alle crocifissioni, dai ritratti agli autoritratti, declinati nelle diverse modalità espressive nel corso degli anni.Le opere esposte comprenderanno la

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collezione italiana delle opere dell’artista irlandese: disegni, pastelli e collages donati da Bacon ad un intimo amico italiano tra il 1977 ed il 1992. In esse sono evidenti gli influssi dei maestri del passato, punti di riferimento per l’artista.


Proprio per sottolineare come Bacon sia stato interprete della maledizione del corpo e dell’anima dell’individuo moderno, è prevista la collaborazione con il Sigmund Freud Museum di Vienna, con la presenza di opere e testi per un viaggio tra arte, colore, filosofia e psicanalisi. Saranno inoltre presenti opere di confronto di artisti del calibro di Burri, Manzoni, Fontana, che inviteranno il visitatore alla riflessione sulla coscienza e sull’esistenza. Il percorso vedrà l’analisi delle diverse tematiche care all’artista:dai Papi alle crocifissioni, dai ritratti agli autoritratti, declinati nelle diverse modalità espressive nel corso degli anni.Le opere esposte comprenderanno la collezione italiana delle opere dell’artista irlandese: disegni, pastelli e collages donati da Bacon ad un intimo amico italiano tra il 1977 ed il 1992. In esse sono evidenti gli influssi dei maestri del passato, punti di riferimento per l’artista. Proprio per sottolineare come Bacon sia stato interprete della maledizione del corpo e dell’anima dell’individuo moderno, è prevista la collaborazione con il Sigmund Freud Museum di Vienna, con la presenza di opere e testi per un viaggio tra arte, colore, filosofia e psicanalisi.Saranno inoltre presenti opere di confronto di artisti del calibro di Burri, Manzoni, Fontana, che inviteranno il visitatore alla riflessione sulla coscienza e sull’esistenza. Citazioni di pensatori, scrittori, poeti, artisti saranno i punti di riferimento di questo viaggio in un mondo incerto e sospeso, nel quale ogni forma d’arte prova a disvelare la realtà, con suggestioni provenienti da diversi linguaggi, sempre con il medesimo fine, quello di indagare il mistero più affascinante di tutti: l’uomo. L’esposizione vedrà un curatore d’eccezione: Edward Lucie-Smith, poeta, critico e storico dell’arte, autore di oltre 200 tra libri, cataloghi e saggi, tra cui “Francis Bacon,

Works on paper. A catalogue of the drawings by the artist donated to Cristiano Lovatelli Ravarino”. Ad affiancarlo, la co-curatrice Giulia Zandonadi, giovane scrittrice e storica dell’arte. L’organizzazione della mostra e’ affidata alla società Kornice di Andrea Brunello con la collaborazione della fondazione bolognese Fbf (Francis Bacon foundation) che fa rifierimento a Cirstiano Lovatelli Rivarino.La Fbf ha in dote 600 disegni che l’artista avrebbe donato ad un suo intimo amico ed è da anni strenua avversaria dell’istituzione inglese Francis Bacon Estate, depositaria ufficiale, storicamente, del patrimonio dell’artista. Orari: lunedì – venerdì 9.00 – 18.00 sabato – domenica 10.00 – 20.00 La vendita dei biglietti sarà sospesa 45 minuti prima della chiusura della mostra Orari di apertura e riduzioni possono essere soggetti a variazioni, pertanto è consigliabile verificarli prima della visita.ingresso: 13,00 Euro intero- 11,00 Euro ridotto (17-26 anni, categorie convenzionate, disabili e invalidi autosufficenti) 8,00 Euro ridotto speciale (6-16 anni e giornalisti con tesserino odg) Ingresso gratuito: minori fino ai 6 anni non compiuti non in gruppo scolastico, disabili e invalidi non autosufficienti con proprio accompagnatore.Aperture speciali e festività 16 e 17 aprile (Pasqua e Pasquetta): 10.00 – 20.00 25 aprile: 10.00 – 20.00

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STORIA DELL’IMPRESSIONISMO 29 ottobre 2016 -17 aprile 2017

Museo di Santa Caterina a Treviso ritratto da Ingres a Degas a Gauguin

La storia del ritratto francese dall’inizio dell’Ottocento con Ingres e Delacroix, prosegue con capolavori di Courbet, Manet, Degas, Renoir tra gli altri. Fino a toccare quel punto di vero fuoco nel colore tra Van Gogh in Provenza e Gauguin a Tahiti

Cézanne, giunto nei suoi anni estremi a quell’unione silenziosa e divina tra la forma e una sezione dedicata alla straordinaria avventura di Monet, animatore di una delle più importanti rivoluzioni della storia dell’arte eppure protagonista di un linguaggio poetico assolutamente unico. Un succedersi di capolavori nati en plein air, in Normandia o lungo la Senna, e poi completati in atelier, dove il dipingere diventa inedita visione della natura. In un processo di studio che aprirà la strada all’idea della “serie”. Da Millet a Renoir Una sezione tutta dedicata all’indagine della figura umana nello spazio, sia esso il luminoso giardino di Monet o un prato in primavera dipinto da Renoir. Le spiagge di Normandia dipinte da Boudin o i boschi di Corot e Courbet. Una lunga passeggiata che si concluderà al riparo dei cipressi di Van Gogh. Gli anni estremi di Monet e Cézanne Chiudono la mostra le opere ultime di Cézanne e Monet, superbe testimonianze di un pensiero che trascende lo specifico dell’arte per aprirsi al significato più pieno della vita. Da un lato Monet che, specchiata nello stagno di Giverny, scopre la profondità della visione interiore e dall’altro

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Tarquinio Bullo

Tarquinio Bullo è nato a Chioggia e risiede a Spinea, due città in provincia di Venezia.

DALLA TRADIZIONE CLASSICA AL FASCINO DELL’AVANGUARDIA

Pittore ed incisore sin dagli Anni Cinquanta, si esprime in àmbito originale e le sue opere possono essere definite creazioni di “Astrazione figurata”. La sua formazione di base è avvenuta nel gruppo culturale “Carlo Dalla Zorza”, per frequentare poi vari corsi presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, l’ultimo nel 1991 di Grafica Sperimentale con Riccardo Licata. Ciò gli ha permesso di confrontarsi validamente con una tecnica sempre in evoluzione, appassionatamente, realizzandosi nella pienezza del termine e realizzando incisioni di pregio che sono un vanto dell’artista e ancora adesso a distanza di anni riconosciute nel loro valore.

Un artista originale e creativo capace di unire alla realtà il momento frenetico del nostro tempo, lo stress che impaurisce gli uomini ma anche la volontà di raggiungere obiettivi e posizioni. Tarquinio Bullo si esprime con un figurativo scomposto e ricomposto da robuste pennellate di colore. Il segno si intreccia sino a diventare ornamento, ma si pone sempre come accentuazione senza sopraffare la figura che rimane principale attenzione e motivazione e che risulta calata in un clima fatto di tonalismi raffinati che adornano e sollecitano, come folletti danzanti, la motivazione principale. La centralità dell’oggetto è la sua verità, poi si abbandona ad un magico surreale che inquadra la nostra e di oggi situazione: un benessere sospetto e diverso, la ribellione che serpeggia ovunque, la ricerca di una pace che stenta a raggiungerci, il movimento e la velocità ripreso in vibrazioni naturali e di una energia che spicca in un orizzonte improvviso, ove la poesia dell’arte viaggia insieme alla passione, un elemento che non abbandona mai l’uomo cioè quella voglia di sapere, di scoprire di realizzare, quel riscatto che l’acuta pittura di Tarquinio bullo concede per salvare la nostra fragile civiltà. [Giorgio Falossi]

Bullo ha avuto l’opportunità di operare in altre regioni d’Italia, Europa, Stati Uniti e Brasile ottenendo riconoscimenti, premi e consensi con numerose personali, collettive, concorsi. Numerosissimi i critici che hanno scritto di lui su giornali, riviste d’arte e cataloghi.

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Corrado Delfini

Nato a Roma nel 1971, dove vive e lavora. Allievo del Maestro Rocchi e di Franco Massimi, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Roma e poi la Scuola Libera del Nudo sotto la guida del Professor G.Notargiacomo . Delfini, oltre a dedicarsi instancabilmente alla sua personale attività di pittore, avvia una serie di importanti collaborazioni che lo vedono parte attiva nella fondazione del movimento “La Farandola” permettendogli di entrare in contatto diretto con gli artisti di Palazzo Castelli, tra i quali Bruno Canova, Lino Tardia, Ennio Calabria, Franco Ferrari e Dario Scatola. E’ fondatore, insieme ad altri membri,dell’Associazione Culturale Excalibur e collabora attivamente, oramai da qualche anno, con alcuni artisti stringendo, tra questi un particolare rapporto lavorativo con Sergio Angeli, Vito Bongiorno, Alessio Deli. In preparazione The Art in Monography - ItalianPainters vol. 30 Corrado Delfini Black Wolf Edition & Publishing Ltd. Le tecniche predilette all’artista sono, l’acrilico e le vernici, a cui unisce l’utilizzo di collanti e smalti industriali, prediligendo sia la tela che la tavola, supporti che oggi raggiungono tagli di grandi dimensioni.

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Ha partecipato a numerose mostre collettive a Roma, Padova,Lucca, Milano, Rieti, Greccio, Orbetello, Udine, Cosenza, Isernia, Napoli e gli sono state dedicate alcune personali tra le quali quella tenutasi nel 2009 alle Scuderie Estensi di Tivoli, patrocinata dalla Regione Lazio. Le sue opere sono visibili su importanti siti italiani dedicati all’arte contemporanea. Hanno scritto di lui: Tiziana Tamburi, Dino Marasà, Daniele RadiniTedeschi,Gabriele Giardini, Beatrice Feo Filangeri, Francesca Perillo, Cocchi Patrizia,Chiara Mastroianni, Paolo Levi, Lorenzo Canova, Rosanna Mele, Manuela Van,IlariaBandini, Gioia Cativa. Opere in permanenza alla 3B Gallery Roma, Aratro Galleria Gino Marotta Università del Molise Campobasso, Maam Museo dell’Altro e dell’Altrove Roma Febbraio 2017 Collettiva Panorama Italiano Complesso Monumentale San Severo al Pendino Napoli a cura del Prof. Gianfranco Labrosciano allestimento dott. Luigi Polillo Marzo 2017 Mostra personale 11° Italiart Festival 2017Dijon, Hotel de VOUGUE sale 2 a cura di Vincenzo Cirillo


Roncatti Massimiliano

Massimiliano Roncatti nasce a Firenze nel 1986. Diplomatosi presso l’Istituto d’Arte di Porta Romana (2007), ottiene una borsa di studio per uno stage a New York (2008, Art Student League Academy; National Academy). Dopo il ritorno in Italia si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Carrara (2011). L’incontro con il marmo è fondamentale nel suo percorso artistico, garantendogli quella libertà formale e quella sintesi segnica che a oggi rappresentano la sua più riconoscibile firma. La nuova linea artistica raccoglie immediati successi: si ricordano Arte Contemporanea a San Donato, Palazzo Malaspina di San Donato in Poggio (Fi); i simposi di scultura a Palombara Sabina dove lascia la sua prima opera pubblica(Roma, 2012); il Premio Scultura da Vivere, Fondazione Peano (Cuneo, 2012); le partecipazioni a Firenze Fiera in Fortezza da Basso, alla celebre Marble Week di Carrara (2012-13) e il workshop a Varsavia (2013) Cresce nel frattempo l’interesse per un rapporto più stretto tra arte e società - da un lato; e tra scultura e percezione sensoriale della realtà - dall’altro. Dal 2014 le collaborazioni con il compositore Giacomo Gianetta - per il quale realizza strumenti funzionanti in-

teramente di marmo (utilizzati nei concerti di Genova e Berlino); e la presenza nel progetto La Verde Armonia nella tenuta nobiliare di Ghizzano (PI). Nel 2015 l’invito - a cura di Vincenzo Trione, direttore del Padiglione Italia alla LVI Biennale di Venezia - al workshop artistico organizzato durante la rassegna lagunare.Nel 2016 organizza tre personali, una ad Arezzo(AR) presso la Secret Gallery dei laboratori Luciferi, una a Carrara(MS) e una a Montelupo fiorentino (FI). Vive e lavora a Carrara. Dal 24 agosto al 24 settembre al centro di Formazione Arti visive di Cecina “il peso delle cose” a cura di Francesco Mutti

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EVENTI

FRIULI VENEZIA GIULIA

Le traiettorie di senso con Elisabetta Bacci

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testimonianza di vita umana che abita la serialità, il vuoto e l’orizzonte aggressivo come un paesaggio decapitato, pieno d’icone profetiche urlanti i fatti mondiali. L’arte interiore è la sua forza che si fa spazio nell’azione descrittiva della società odierna che per evolversi in pulsione di ricerca spirituale, con il segno verticale diventa la fuga con due possibilità di scelta, in alto e in basso, nel supremo o nel terreno. Un’opportunità di vivere nella dualità esistente con la spaccatura del pensiero nei due aspetti dello stesso tragitto: entrare e uscire dalla routine quotidiana, per riprendere l’orizzonte e diventare il quadrivio del senso, rude, eroso dal vuoto del mondo, ma pur sempre incrocio di possibilità.

Info: elibac@fastwebnet.it

Elisabetta Bacci nata a Trieste è artista, critico e curatore di eventi espositivi. Con la sua sensibilità affronta l’arte contemporanea passando dall’intima ricerca di verità e descrizione della realtà universale. Il livello internazionale del suo discorso espone una visione che passa, da artista attenta, nella definizione del vuoto fuori, e di come < a fiato sospeso, lei ci dice, il colore diventa il linguaggio primario >. Sono le traiettorie del tempo odierno della condizione umana che propone ultimamente nelle diverse gallerie dove è stata ospitata con le personali, a Nervi, Casier, Genova, Muggia, Murska Sobota (SLO). La sua prossima tappa espositiva 2017. Dopo la Lux Art Gallery a Trieste sarà al tre marzo a Celje (Slovenia).Nelle opere il colore si fa spazio nella ricerca di conoscenza a partire dal grido del nulla come racconto del linguaggio artistico intrapreso, pieno di approcci con le loro diversità di significati, non compatibili tra loro, indipendenti nella coazione rappresentativa dentro il quadrato (recinto come difesa), linea (come racconto, l’orizzonte con la strada iniziata), colore (come significante o piano del contenuto, come forma descrittiva) all’interno di ogni opera. La strada centrale descritta, non arriva all’orizzonte non può proseguire essa è il taglio che ferisce il grande vuoto, si ferma, si fa sofferenza nel racconto come saggistica visuale del pensiero critico alla bidimensionalità della vita. La Bacci propone la pagina di un sé che osa e si apre nell’analisi esistenziale, ossessiva e coattiva, con i colori principali che dominano senza cercare condivisione, dove nelle ultime proposte dal titolo “Fracture”, si fondono in effetto argenteo, nero e grigiastro, con la traiettoria verticale chiara e precisa che descrive la necessità di uscire dal marasma della solitudine. Una visione di ricerca e

Elisabetta Bacci ha vissuto a Venezia, Londra, New York, nel 1995 si trasferisce a Genova, dove si diploma in pittura all’Accademia Ligustica di Belle Arti. Nel febbraio del 2008 consegue il diploma del biennio magistrale in arti visive e discipline dello spettacolo. Dal novembre 2004 al marzo 2005 frequenta il corso di scrittura creativa “Romanzo e Racconto” presso la Scuola Holden di Alessandro Baricco a Torino. Dall’ottobre 2003 al maggio 2004 collabora, in occasione di “Genova 2004 Città Europea della Cultura” con l’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova e il Museo dell’Accademia, come responsabile della segreteria organizzativa e assistente ai curatori di due mostre; l’una a cura di Marisa Vescovo e e l’altra di Maurizio Calvesi. In questa occasione, inoltre, collabora con Emilia Marasco, direttore didattico dell’Accademia di Belle Arti, all’organizzazione del “V Convegno delle Accademie del Mediterraneo”. Ultimi cataloghi. Edizione. Juliet e Luglio Editore.


L’opinione di Graziella Valeria Rota Ivo Petkovšek rimanendo sostanzialmente fedele alla sua vocazione pittorica ha abbandonato l’astrattismo polimaterico appreso dal maestro Augusto Cernigoj (1898-1985, grafico, allievo di Kandinsky alla Bauhaus). Durante la sua continua ricerca l’artista, si sperimentò con lo studio degli antichi e della mitologia e nei diversi influssi delle varie epoche pittoriche. Nella fase successiva ha elaborato un linguaggio di comunicazione diretta (vicino al metropolismo) attuato attraverso i modi del cartoon (manga giapponese), denso di problematiche simboliche della realtà, confrontandosi con citazioni del mondo antico, stando però attento a non cadere nella trappola dell’illustrazione. Cofondatore del movimento internazionale del “Cromatismo Ermetico” (2000). Nato a Trieste, l’artista Ivo Petkovšek di famiglia slovena, laureato in Medicina e chirurgia, è attivo nell’illustrazione e comunicazione visiva e poetica fin dall’epoca scolastica. Espone dal 1964 in rassegne collettive in Italia e all’estero. L’artista ha saputo convogliare la tecnica visiva sia pittorica sia multimediale al servizio della medicina con interventi a vari simposi nazionali e internazionali. Le sue opere sono in collezioni pubbliche – Giorgio Cini di Venezia- e private a Trieste, in altre città italiane, in Austria, Slovenia, Germania, Giappone, Sud Africa. Personaggio eclettico, è impegnato anche in letteratura (poesia, prosa, saggi: RAI e RTV di Stato slovena). L’Artista Petkovšek si esprime in diverse forme d’arte come la grafica, la pittura ed anche nello scrivere poesie, brevi romanzi, racconti, favole e saggi, con la ceramica, lavori graffiti sul vetro e sperimenta la possibilità della evoluzione estrema ma continua del suo lavoro in opere grafico fotografiche manipolate.

Il suo affinamento linguistico pittorico l’ha portato a un’intelligente contaminazione attraverso la quale, pur

Note. (Suo lontano parente fu il grande pittore sloveno Jožef Petkovšek - anticipatore dell’espressionismo sloveno, anche se aveva convissuto con la generazione degli impressionisti. Questo pittore nato nella seconda meta dell’ottocento in Slovenia vicino a Vrhnika, durante la sua vita, frequentò l’Accademia di Venezia, di Monaco di Baviera ed i pittori di Parigi, come Leon Hermitte e Julies Bastien, Le Page. Influì su di lui anche il grande maestro russo Kandinsky. Una delle opere più famose di Jožef Petkovšek è “DOM” (CASA), un dipinto raffigurante l’angolo della casa, dove tutta la famiglia si ritrovava all’ora dei pasti sotto le ali protettrici del crocefisso. (“Jožef Petkovšek “ - Marjan Maroit, edito da “S.K.A.” 1975 - ) I suoi dipinti si trovano a Lubiana nella Galleria Nazionale della Slovenia). Info: IVO PETKOVŠEK è residente a Ronchi dei Legionari (GO) tel.0481 474610

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EVENTI

EMILIA-ROMAGNA

GIOVANNI FRANCESCO BARBIERI, detto il GUERCINO Palazzo Farnese e Cattedrale di Piacenza Dal 04 Marzo 2017 al 04 Giugno 2017

Un grande evento che celebra la figura del pittore secentesco emiliano attraverso una mostra a Palazzo Farnese e la possibilità di salire all’interno della cupola del Duomo di Piacenza per ammirare gli affreschi della Cattedrale. Giovanni Francesco Barbieri, nato a Cento nel 1591 e morto a Bologna nel 1666, detto il Guercino a causa di uno strabismo congenito, ha lasciato a Piacenza importanti testimonianze. Dal 4 marzo al 4 giugno, sarà celebrato con una serie d’iniziative di grande suggestione

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e di notevole rilevanza storico-artistica, che uniranno in un unico percorso, tra sacro e profano, il Duomo e Palazzo Farnese. Giovanni Francesco Barbieri,, detto il Guercino, ( Cento 1591-Bologna 1666) è unanimemente considerato uno dei più grandi pittori del 600. per informazioni e prenotazioni +39. 366.44 72 139 Coordinamento Scopri Piacenza Email scopripiacenza@gmail.com


Nicole Grammi

Nasco a Milano ed interpreto la luce, la terra e la porcellana attraverso lettere che compongono frasi, movimento e trasparenze che danno vita ad oggetti di senso compiuto. L’unione di questi elementi sono il filo conduttore del fare arte nel lessico della scultura unito ad una eccezionale conoscenza tecnica ceramica. Diploma di Maturità d’Arte applicata press l’Istituto Beato Angelico di Milano 2015 Esposizione per la Fondazione Garaventa ad “Arte Genova” (Ge). 2015 Selezionata per la fiera internazionale della cerami ca di “Clay2day” di Lisserbroek (NL) 2015 Selezionata per la mostra d’arte collettiva presso la Provincia di Milano a Palazzo Isimbardi. 2015 Mostra Personale intitolata “I Sogni” in occasione del Fuori Salone del Mobile di Milano presso“AR3” 2015 Selezionata per la mostra d’arte collettiva “Il salto dell’acciuga” presso la Fortezza Priamar di Savona

2015 Selezionata per la mostra d’arte collettiva “Sculture della Terra” di Gualdo Tadino (Pg) 2015 Selezionata per la mostra d’arte collettiva “Sotto il Segno dei Pesci” di Ronco Biellese a cura di V. Sacco 2015 Selezionata per la fiera internazionale della ceramica della Fierucola in Piazza dell’Annunziata a Firenze (Fi) 2015 Selezionata per la mostra d’arte collettiva “Silent Night” di Torino a cura di V. Sacco 2015 Selezionata per la mostra d’arte collettiva presso il Castello di Nervi (Ge) 2015 Selezionata per la mostra d’arte collettiva organizzata dalla Fond. Garaventa alla Laterna di Genova (Ge) 2016 Esposizione per la Fondazione Garaventa ad “Arte Genova” (Ge) 2016 Selezionata per la mostra d’arte collettiva “Planetarium”, mostra di Scultura Ceramica Contemporanea in occasione dellaBiennaledella Ceramica di Faenza (Ra) 2016 Mostra personale “Riflessioni” presso il Castello di Nervi a Genova (Ge)

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EVENTI

TOSCANA

Personali e Collettive a Pietrasanta e a Forte dei Marmi, a Firenze, a Seravezza...

Giuseppe Carta, Gustavo Aceves, Annamaria Maremmi, Clara Mallegni... di Lodovico Gierut

Opera di Giuseppe Carta

E’ Giuseppe Carta, dopo la grande esposizione dedicata a Dalì, l’ennesimo protagonista delle mostre che con cadenza periodica si tengono a Pietrasanta.

E’ lui, infatti, che chiude simbolicamente la stagione invernale per proiettarsi, sino all’11 giugno 2017, nella centralità pietrasantese, come – in parte – a Forte dei Marmi, con “Orti della Germinazione” (regia/allestimento di Alberto Bartalini, con cura, diversa da un nome detto Giuseppe Carta. Progetto per 'Orti della Germinazione'-Piazza in precedenza dall’organizzazione, di Luca Beatrice), con Duomo, Pietrasanta lavori scultorei, e pittorici collocati sia in Piazza Duomo, sia nel Complesso del S. Agostino (sede stabile del Museo dei Bozzetti, che ha testimonianze di Anna Chromy, Isamu Noguchi, Fernando Botero, Igor Mitoraj...). Con una monumentalità quasi sempre presente, Carta omaggia la natura: “La Natura” infatti, come è stato scritto, “... per l’artista, è sempre foriera di bellezza e di nuova vita anche laddove apparentemente la vita non c’è più. Nato in Sardegna, dove vive e crea le sue opere presso la sua Fondazione sulle colline di Banari, in provincia di Sassari, Carta non potrebbe mai prescindere dallo stretto rapporto con l’elemento naturale...”.

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Il 'Centauro' di Igor Mitoraj (foto L. Gierut)

Giuseppe Bartolozzi con una delle sue sculture eseguite assieme a Clara Tesi

Giuseppe Bartolozzi e Clara Tesi, Cerere e la Sicilia, t. m. su carta Magnani cm 70x50, 2015

Sempre a Pietrasanta è iniziato l’iter per la realizzazione di un museo dedicato al franco-polacco Igor Mitoraj che nascerà, in pratica, nel 2018, grazie alla compartecipazione degli eredi del Maestro. Mentre a Forte dei Marmi, centro urbano e vicinanze, s’è aperta la Collettiva scultorea “Made in Forte 1.0. Percorsi d’arte e di luce” con artisti quali, per esempio, Gustavo Aceves (che ha una scultura attualmente in esposizione a Seravezza, assieme a Giovanni Balderi) e Helidon Xhixha, a Firenze (Stamperia Edigrafica) è da citare un’altra mostra di gruppo, “Cuori infranti”, a cura di Stefano Giraldi: tra gli altri, Lido Contemori, Gianni Dorigo, Giuliano Pini, Sergio Staino, Giampaolo Talani, Clara Mallegni, Andrea Granchi), ma non possiamo non sottolineare i “Mondi possibili” di Annamaria Maremmi (personale al Gruppo Donatello, sempre a Firenze connessi al simbolo (mare, cavalli, acque).

Sempre nella città di Dante Alighieri, per gran parte del mese di marzo c’è l’emergente pittrice e scultrice Clara Mallegni (già citata in vari numeri della nostra Rivista) con una significativa personale presso la Regione Toscana, Palazzo del Pegaso, è da lodare con “Sogno di vedere sorgere l’alba” – sculture in acciaio e corten, e dipinti a tecnica mista – che danno la completa misura della sua creatività apprezzata anche in altre presenze nazionali e internazionali a Sanremo (con mostra dedicata al cantautore Luigi Tengo) New York, Seravezza, Viareggio, Milano, Torino. Da Viareggio dove è in essere presso Villa Argentina la retrospettiva “Squillante azzardo dell’immagine” con ben novanta opere al pittore Fausto Maria Liberatore, si va a Pistoia, Città della Cultura per il 2017, dove è da sottolineare al Centro Pallavicini l’antologica di Giuseppe Bartolozzi e Clara Tesi (lavorano in coppia) per cui sarà in essere in quegli spazi – tra poche settimane – anche una Fondazione a loro nome.

Clara Mallegni, Passaggio nel tempo, alluminio su legno cm 50x50, 2016

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EVENTI

UMBRIA GIANNI BERENGO GARDIN Vera fotografia con testi d’autore 19 gennaio – 30 aprile 2017 CAOS (Centro Arti Opificio Siri) - Terni

CAOS - centro arti opificio siri, ospita, dal 19 gennaio 2017, la mostra Gianni BerengoGardin Vera fotografia con testi d’autore, un progetto espositivo di Contrasto, prodotto da Civita Mostre e promosso dal Comune di Terni in collaborazione con Indisciplinarte. Le fotografie di Gianni Berengo Gardin hanno raccontato un’epoca, accompagnato e a volte costruito una visione. Si tratta di uno tra i più grandi maestri della fotografia italiana perché possiede il dono di riuscire sempre a sorprendere per la sua capacità di raccontare il nostro paese e il nostro tempo. Nessuno come lui è stato un vero interprete, un artigiano devoto, un compagno, un amante della fotografia intesa come documentazione attenta e mai banale della realtà. In sessanta anni di carriera, la vita del fotografo è stata caratterizzata anche da molti incontri, che in un certo senso sono all’origine di questa mostra. Ciascuna delle foto esposte in mostra è infatti presentata da un protagonista dell’arte e della cultura, che ha commentato uno degli scatti scelti nell’immenso corpus fotografico di Berengo Gardin: amici, intellettuali, colleghi, artisti, giornalisti, registi, architetti. I loro testi, accostati a ciascuna delle 24 foto selezionate,permettono ancor di più di ragionare sul valore di testimonianza sociale ed estetica delle immagini.

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I testi sono di registi come Marco Bellocchio, Alina Marazzi, Franco Maresco e Carlo Verdone, architetti come Stefano Boeri, Renzo Piano e Vittorio Gregotti, artisti come Mimmo Paladino, Alfredo Pirri, Jannis Kounellis; e poi di Lea Vergine e di Goffredo Fofi, del sociologo Domenico De Masi, dei fotografi Ferdinando Scianna,SebastiãoSalgado e di un giovane emergente come Luca NizzoliToetti, di scrittori come Maurizio Maggiani e Roberto Cotroneo, di giornalisti come Mario Calabresi, Michele Smargiassi e Giovanna Calvenzi, di Peppe Dell’Acqua, psichiatra dell’equipe di Franco Basaglia, di Marco Magnifico, vicepresidente del FAI e di una streetartistcome Alice Pasquini. L’esposizione è inoltre arricchita da una proiezione di immagini tratte dall’archivio del fotografo. L’intera produzione e l’archivio di Gianni BerengoGardin sono gestiti da Fondazione Forma per la Fotografia di Milano. Accompagna la mostra il libro Vera fotografia pubblicato da Contrasto.


Gianni Berengo Gardinè nato a Santa Margherita Ligure nel 1930. Dopo essersi trasferito a Milano si è dedicato principalmente alla fotografia di reportage, all’indagine sociale, alla documentazione di architettura e alla descrizione ambientale. Nel 1979 ha iniziato la collaborazione con Renzo Piano, per il quale ha documentato le fasi di realizzazione dei progetti architettonici. Nel 1995 ha vinto il Leica Oskar Barnack Award. È molto impegnato nella pubblicazione di libri (oltre 250) e nel settore delle mostre (oltre 200 individuali). Contrasto ha pubblicato di recente Il libro dei libri (2014) che raccoglie tutti i volumi realizzati dal maestro della fotografia, Manicomi (2015), Venezia e le grandi navi (2015) e Vera fotografia (2016). L’intera produzione e l’archivio di Gianni Berengo Gardin sono gestiti da Fondazione Forma per la Fotografia di Milano. L’esposizione fotografica si armonizza piacevolmente con

gli spazi dislocati su due piani che la ospitano, si tratta della sala Carroponte del Centro per le Arti Opificio Siri, l’ex opificio che dal 2009 ospita il CAOS, spazio di nuova energia artistica e culturale. Il vasto complesso edilizio fin dalla fine del Settecento è stato sede di un insediamento industriale, la Ferreria pontificia, la maggiore fabbrica umbra al momento

dell’Unità nazionale e più avanti, dal 1910 lo stabilimento si costituì sede di lavorazioni metal meccaniche e chimiche, prevalentemente per scopo bellico. Nel 1925, per iniziativa di Luigi Casale, nasce la SIRI, Società Italiana Ricerche Industriali, attiva nella produzione di ammoniaca sintetica e prodotti chimici e nello studio e sfruttamento di nuovi procedimenti industriali. Un esempio efficace ed esteticamente apprezzabile di archeologia industriale caratterizza questa riqualificazione di spazi, intelligentemente attuata con sobrietà, rispettando le linee costruttive originali e sfruttando al massimo le caratteristiche morfologiche degli ambienti. Il Centro ospita il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Aurelio de Felice, animatore culturale, artista e collezionista di Terni, la sua donazione precedentemente confluita nella Pinacoteca Comunale, è visibile all’interno degli ambienti. Molto interessanti per correlazione territoriale e per la poetica di recupero di un “primitivismo”sia cultuale che materico, le istallazioni naturali di Agapito Miniucchi, artista originario di Terni, novello artefice di arcaici totem. La collezione si fregia di una sezione antica, una sezione contemporanea e una collezione di grafiche di notevole interesse. Il CAOS è anche teatro, musica, visione, biblioteca, project room e spazio riservato a laboratori, performance, sperimentazione artistica, formazione professionale, innovazione tecnica, laboratorio per attività didattiche e ristorazione. Un centro catalizzatore di energie che a sua volta vengono irradiate nella città e nella comunità di Terni, dove possiamo assistere a visite guidate per piccoli spettatori, ascoltare un concerto di musica alpina, prendere un aperitivo prima di uno spettacolo, fare un tuffo nel passato attraverso la meravigliosa collezione del Museo Archeologico, e vedere che anche lì, nel museo considerato pregiudizievolmente polveroso, si sprigiona un’energia giovane e palpitante. Un centro catalizzatore di energie che a sua volta vengono irradiate nella città e nella comunità di Terni, dove possiamo assistere a visite guidate per piccoli spettatori, ascoltare un concerto di musica alpina, prendere un aperitivo prima di uno spettacolo, fare un tuffo nel passato attraverso la meravigliosa collezione del Museo Archeologico, e vedere che anche li, nel museo considerato pregiudizievolmente polveroso, si sprigiona un’energia giovane e palpitante. In occasione della mostra, le proposte didattiche del CAOS - a cura di Coopsociale ACTL, Coopsociale ALIS e Indisciplinarte SRL - sono un’occasione di riflessione e approfondimento sulla teoria e sulla pratica fotografica dell’artista. Le attività, il cui dettaglio sarà visibile nel sito www.caos.museum, sono su prenotazione scrivendo a: didattica@indisciplinarte.it o contattando il numero 0744/285946. Info: www.caos.museum

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RENZO SBOLCI

Nato a Montenero (Livorno) nel 1947, fin da piccolo per diletto seguiva il padre dipingere, provando meraviglia nel veder apparire, dove prima c’era solo tela bianca, prati, cieli, campagne e mare e tanti, tanti fiori. Nel corso dell’adolescenza l’incontro con tre artisti livornesi , ognuno a modo suo, ispirarono la ricerca: Marcello Sardelli, Voltolino Fontani ma soprattutto Gianfranco Ferroni attraverso cui capì il valore dell’indagine profonda e di non cedere mai alle lusinghe del facile risultato. Abbandonato ben presto il figurativo per l’astrazione, la pittura polimaterica e gestuale per poi, negli anni novanta abbandonare la tela per lavorare con il legno compensato che glii permetteva di creare forme più complesse e di maggior spessore. Molte sono le partecipazioni a mostre collettive e personali a Livorno, Pisa, Lucca e Firenze e Torino. Di lui si sono occupati Nicola Micieli, Massimo Carboni e ultimamente lo storico e critico d’arte Giampaolo Trotta . Come ha scritto infatti Trotta nel testo di accompagnamento delle mostra “ ... Composizioni su tavola quelle di Sbolci che richiamano alla mente la vibrazione del disegno Liberty,

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ma soprattutto la vorticosità della dinamica futurista di un giacomo Balla (anche per la stratificazione su più livelli delle sagome dipinte ed assemblate in una sorta di “pittosculture” come in certe realizzazioni di Balla stesso) che talora si stempera in forme più geometricamente composte e dai colori accentuati come nel graficismo del secondo futurismo di un Fortunato Depero. Ma le opere di Sbolci non sottendono ad una cieca ed ottimistica fede nel progresso umano e nel futuro foriero di innovazioni, bensì sono metafore esistenziali dove l’elemento dominante e protagonista assoluto è il pesce, non nella accettazione banale ed accademica di natura morta od elemento naturalistico di incontaminati mari esotici (cioè da mero arredo) ma di simbolo dell’uomo. Uomo inteso come universo interiore, spirito, anima pulsante dell’universo ... Una profonda parabola metaforica nelle opere di Renzo Sbolci cui fanno talora da contrappunto frammenti poetici, un viaggio interiore ed interiorizzante alla ricerca delle sorgenti della vita, alle porte ancestrali dell’Anima, del Mondo, della Storia, fatta di tante singole anonime storie ...”


BENEDETTO FERRARO

Benedetto Ferraro nasce il 9 luglio del 1983 a Maratea (PZ). Frequenta gli studi presso l’Istituto Statale D’Arte di Cetraro (Cs),ha conseguito la qualifica di maestro d’arte-arte applicata della ceramica nel 2001,e il diploma di maturità d’arte-sezione ceramica nel 2003 . Un approccio lavorativo diretto dopo gli studi ,fu l’esperienza come docente in un corso di ceramica presso il carcere circondariale di Paola (Cs).Nel 2010 apre un piccolo laboratorio “Terrenotrie” a Tortora Marina (Cs).Inizia cosi sperimentando istintivamente, una visione personale ldell’ arte dellla ceramica .Nella sua ricerca una svolta decisiva arriva dalla “scoperta” del Gres , ad ogni nuova opera si formava un tassello del suo percorso artistico tra riferimenti storici e libertà di espressione. Attualmente continua la sua attività alternando alla ceramica la fotografia un binomio che l’artista unisce in una continua ossessiva ricerca. 2000 Guardi Piemontese -CS- acquasantiera in ceramica “Arte Sacra” 2000 Guardia Piemontese - Cs - realizzazione pannello logo Giubileo 2001 Praia a Mare - Cs - collettiva giovani artisti “Figura

zione o Astrattismo” 2002 stage in collaborazione “Scuola d’arte e Mestieri” di Vicenza presso l’azienda, La ceramica VBC Nove (Vi) 2003 Maierà -CS- Partecipazione alla manifestazione “Ce ramica viva”. 2004 corso di ceramica- Casa circondariale di Paola – Pro getto regione Calabria 2009 corso di ceramica per bambini museo comunale di Praia a Mare 2011 mostra collettiva d’arte “Chi dove quando l’Arte” museo Praia a Mare 2011 Aieta - Cs – mostra fotografica “Acqua,Terra ,Fuoco ,Aria” 2012 Albissola – SV -8^Rassegna Internazionale Albissola Città D’arte e Ceramica 2012 Cosenza - Nonfermarti 24 ore mostra creativa 2012 Praia a Mare- mostra d’arte contemporanea “L’es senza”.Museo Praia a Mare 2013 Mostra d’arte “RIVEDERIA DEI CEDRI” 2013 GAI “ Premio Lucania terra di confine”2012/2013 Matera 2013 Mostra mercato di ceramica- Appignano –Macerata-

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SIMONA MOSTRATO

L’intensità corposa suadente carnale della pennellata incontra paesaggi, dolci paesaggi misteriosi frequentati da solide affascinanti oniriche quanto realistiche anime umane. Questo mondo indecifrabile in cui si respira acqua ragia, si mangia colore ad olio e si beve trementina, è il mio mondo! e voi tutti siete invitati a mangiare arte alla mia tavolozza. Artista Pittrice - Insegnante di pittura e disegno - scenografa – Body Art Performer

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MILENA BARBERIS

Nata a Monza, Milena Barberis vive e lavora a Milano. Si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera con Domenico Cantatore, Pietro Diana e Luigi Veronesi. Ha lavorato con Anne e Patrick Poirier alla Sommerakademie di Salisburgo. Ha frequentato il corso di Digital Art alla School of Visual Arts di New York. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private: Palazzo Forti, Verona; Magi 900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche, Pieve di Cento, Bologna; Museo d’arte contemporanea di Moncalvo, Asti; Museo d’arte contemporanea Castello di San Pietro in Cerro, Piacenza; Museo G. Caproni, Trento; Musei Civici, Villa Reale, Monza; MUSINF, Museo dell’Autoritratto Fotografico, Senigallia; Museo Erosmart Collection, Salerno

Hanno scritto di lei in ordine cronologico : Gino Traversi, Gino Boccalari, Franca Nesi, Dario Salani, Stefania Carrozzini, Giorgio Seveso, Valentina Piredda, Gianni Nigro, Riccardo Barletta, Isabella Puliafito, Francesca Pensa, Rossana Bossaglia, Laura Gelmini, Luciano Caramel, Elena Pontiggia, Achille Bonito Oliva, Flaminio Gualdoni, Chiara Gatti, Beatrice Mosca, Valentina Agostinis, Alberto Mattia Martini, Gianluca Marziani, Severino Colombo, Francesca Bonazzoli, Alberto Crespi, Martina Corgnati, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Sebastiano Grasso, Vivian Lamarque, Tiziano Rossi, Luigi Cavadini, Cristiana Curti, Massimo Donà, , Marina Arensi, Annalisa Venditti, Gigliola Foschi, Angela Madesani, Chiara Canali

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EVENTI

Lazio

Floralia | Dialogo senza tempo

8 -17 aprile 2017 - Case Romane al Celio - Clivo di Scauro – Roma

Inaugurazione: sabato 8 aprile 2017 dalle h.18.00 alle h.21.00 Fino al 17 aprile 2017 Aree multidisciplinari:Performance/musica, arti visive, fotografia.

Sabato 8 aprile alle ore 18.00 si inaugura presso le Case Romane del Celio la mostra Floralia | Dialogo senza tempo, a cura di Antonietta Campilongo e JadaMucerino, in collaborazione con Spazio Libero soc. coop.soc, sotto l’alta sorveglianza del MiBACT Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e con il patrocinio del Ministero dell’Interno – Fondo Edifici di Culto. Simboli per eccellenza di quanto vi sia di più fragile sul nostro pianeta, i fiori hanno esercitato un fascino continuo sullo sguardo degli artisti.
 Quindi nel più reale territorio del linguaggio dell’arte, quale qui si propone, viene accarezzata l’idea di un recupero tematico che possa consentire una piena riconsiderazione di un genere di cui ha più volte abusato la pessima pittura, focalizzando l’attenzione su una tematica, quella floreale, spesso considerata minore. Tuttavia vorremmo porre l’attenzione sul fatto che non si tratta di un ritorno alle tradizionali nature morte di fiori, ma della presentazione di un rapporto tra uomo e natura pensato per il tramite dei fiori e reso per via simbolica. I fiori sono raccontati e narrati in questa mostra collettiva attraverso non poche declinazioni dell’attuale linguaggio dell’arte. Ventiquattro artisti: si va dalla fotografia alla pittura, alla scultura, alla poesia, alla performance. Il progetto, realizzato appositamente sitespecific per le Case Romane del Celio, è stato pensato come un’inclusione nello spazio architettonico delle Domus e una riflessione sulle dinamiche relative alla funzione e all’identità di un luogo, confrontando stratificazioni storiche con opere di arte contemporanea. Mettendo in relazione storia e contemporaneità, gli artisti traggono ispirazione con i luoghi della classicità.

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Attraverso il percorso espositivo emergerà il filo unico che unisce personalità diverse e che suggerisce la presenza di una vera tendenza dell’arte italiana del nostro tempo, implicita e trasversale: il dialogo con il passato. Performance:Artisti Innocenti – Barbara Lalle Artisti in mostra: Rolando Attanasio, Rosella Barretta, Antonella Catini, Federica Cecchi, Carolina Ciuccio, Alexander Luigi Di Meglio, Patrizia Di Poce, Giò Di Sera, Letizia Girolami, Antonella Graziano, Valentina Lo Faro, Sebastiano Longo, MatToan, Roberta Moretti, Sandra Naggar, Paolo Paleotti, Pamela Pintus, Eugenio Rattà, Gerardo Rosato, Stefania Scala, Carmelo Tommasini, Annamaria Volpe, Lisa Yachia, MonaZahid, Dina Zanfardino.

Giorni e orari di visita 10.00 / 13.00 - 15.00 / 18.00 Chiusura settimanale: martedì e mercoledì www.antoniettacampilongo.it arte@antoniettacampilongo.it t.339 4394399


Yuriy Satrini

Nike - 2011 - Metallo, resina laminata - cm60x70x40

Ballerina - (2006) - Resina,patinata alluminio - cm45x65x40

Nel 1996 consegue l’ attestato di maestro d’arte presso l’i- Così una pietra, magari un asteroide, animato da vita prostituto statale d’Arte di Tivoli; nel 1998 si diploma, nello pria, una volta scolpito, si impossessa della base, compestesso istituto con specializzazione in metalli e oreficeria, netrandola fino quasi a distruggerla completamente. in concomitanza consegue l’attestato di frequenza al corso Ma l’arte del maestro Satrini non si esaurisce nella Coteorico pratico di gemmologia del prof. Fabio Pivari. Nel smicArt manifestandosi nella sperimentazione continua di 2005 laurea al corso di scultura Tenuto dal M° Alfio Mon- materie e forme che spaziano dalla resina al cemento, dal gelli presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. bassorilievo al tuttotondo, dalle forme puramente estetiche Il percorso artistico di Yuriy Satrini è influenzato dall’os- a quelle funzionali dell’arredamento all’avanguardia. servazione di diversi fenomeni di origine biologica e fisica che si traducono in filosofia e tecnica artistica. Di grande ispirazione è infatti l’incredibile similitudine tra forme infinitisimamente piccole, non visibili ad occhio nudo e strutture incredibilmente grandi. La struttura dell’atomo richiama inevitabilmente quella dei sistemi stellari e delle forze annesse come ad esempio la gravità. Allo stesso tempo virus, batteri e microrganismi unicellulari rievocano la complessa conformazione delle superfici planetarie. Nelle sue opere trovano spazio richiami alle più disparate teorie scientifiche, come quella che attribuisce l’origine della vita sulla terra allo schianto di un asteroide ospitante batteri. Tali teorie si traducono in strutture e colori dalle fattezze aliene. Contemporaneamente si osserva come strutture minerarie assumano nelle sue opere conformazioni e tinte di incredibile bellezza che sembrano dotate di energia creativa propria. L’idea predominante nelle sue realizzazioni verte infatti alla ricerca di un’ipotetica “massa bioscultore” che modifica la propria forma autonomamente muovendosi nello spazio, uno spazio che cerca di dominare e riempire ad iniziare dal suo basamento che non è solo sostegno, ma un vaso in cui far germogliare l’abbozzo plastico della scultura. Posa B - 2004 - Alabastrino patinato invecchiato - cm50x100x60

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EVENTI

Abruzzo

Punti di Vista a cura di Mariano Cipollini

dal 4 febbraio al 9 aprile

Pescara - Museo delle Genti d’Abruzzo Dati i recenti avvenimenti climatici che hanno interessato Pescara e l’Abruzzo, il Museo delle Genti d’Abruzzo ha deciso di posticipare l’inaugurazione della Mostra “Punti di Vista”, personale di Luciano Ventrone, dal 21 gennaio al 4 febbraio alle ore 17,30. Dopo una lunga attesa, torna a esporre in Italia con Punti di Vista l’artista Luciano Ventrone, mostra a cura di Mariano Cipollini. Il lungo percorso espositivo, allestito nel Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, aprirà le porte il

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prossimo 4 febbraio e sarà visitabile fino al 9 aprile 2017. L’esposizione, promossa dall’Associazione Archivi Ventrone, si avvarrà di un nutrito e importante numero di opere provenienti sia dalla raccolta del maestro sia da collezioni private e pubbliche. La mostra si avvale del patrocinio della Regione Abruzzo, la quale sarà presente con una tela tra le più rappresentative del pittore. Per la prima volta tutte le tredici sale espositive del Museo sono state messe a disposizione di un solo artista.


Nell’intento di creare un movimento sinergico tra i reperti presenti nella collezione permanente e l’incontro con i lavori di Ventrone, la mostra traccia un percorso espositivo particolarmente strutturato, una nuova concezione d’iter all’insegna della contemporaneità. Tutto mirato a riattualizzare le letture storico antropologiche del complesso espositivo passando attraverso una narrazione “atemporale, ammaliatrice e ingannevole” che Ventrone fa della realtà. Attualizzazione ardita e intelligente, voluta sia dal direttore della struttura museale, Ermanno De Pompeis, quanto dal suo presidente Roberto Marzetti. Punti di Vista non si presenta solo come una rilettura filologica delle nature morte del maestro, ma è protesa a riconsiderare e rivedere alcuni aspetti fondamentali che fanno di Ventrone un artista delle avanguardie. I lavori dell’ultimo ventennio sono messi in relazione con le sperimentazioni che l’hanno formato, dai primi anni sessanta, per circa un quindicennio, sotto la guida iniziale di G. Capogrossi. Mostra dalle molteplici sfaccettature, Punti di Vista ci svela un Ventrone maturo e complesso, stimolato dall’ambiente che lo accoglie a relazionarsi in uno spazio dove il manufatto esposto è parte in causa anche del suo narrato. I suoi lavori, veri e propri oggetti semiotici, oltre a fornirci nozioni teoriche collaudate,

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Puglia Pinacoteca Provinciale di Bari “Corrado Giaquinto”

“Genius loci. Riflessi dell’identità pugliese in cinquanta artisti tra passato e presente” ARTE E FOTOGRAFIA

da sabato 17 Dicembre 2016 a venerdì 31 marzo 2017 in mostra a cura di Vito Tesi:

“Le nostre sensazioni, le nostre percezioni, la nostra memoria, la nostra vita non possono essere raccontate e rappresentate che rispetto a un luogo. Noi siamo il nostro luogo, i nostri luoghi: tutti i luoghi, reali o immaginari, che abbiamo vissuto, accettato, scartato, combinato, rimosso, inventato. Noi siamo anche il rapporto che abbiamo saputo e voluto stabilire con i luoghi” La frase del Teti, (aggiornato alla luce del celebre volume di Norberg Schulz, che lo identifica in quei particolari elementi naturali, culturali, antropologici propri di un luogo, che ne costituiscono l’identità più profonda) spiega

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come meglio non si potrebbe: indagare se il genius loci così come inteso dagli autori più recenti trovi i suoi riflessi nelle opere degli artisti che in quel luogo hanno avuto la loro origine, in un percorso storico e descrittivo, articolato per grandi tematiche, che dal 1900 si spingerà sino ad oggi. Dai pittori pugliesi del primo Novecento (Damaso Bianchi, Enrico Castellaneta, Francesco Romano) che hanno inventato un repertorio e un linguaggio pittorico adatto a rappresentare il particolare paesaggio “pugliese”, sin allora


escluso, salvo rare eccezioni, dalla storia dell’arte, agli artisti attivi negli anni quaranta/settanta sino ad arrivare, senza soluzione di continuità, agli artisti contemporanei, in cui il rapporto con l’habitat, meno esplicito, non è però meno intenso e coinvolgente, sebbene rappresentato con modalità espressive totalmente differenti. Il sottile, importante discrimine che ha guidato la scelta dei pezzi da esporre – provenienti in parte dal ricco patrimonio della Pinacoteca Metropolitana di Bari, in parte da altri musei italiani o da collezioni private e d’autore – ha tenuto presenti, per l’equilibrio e la validità comunicativa del percorso intrapreso, non soltanto fattori qualitativi ma anche il rispecchiamento delle tematiche proposte, che

sono state individuate in una scelta quanto più possibile chiara e caratterizzante. La mostra, prevista dal 17 dicembre 2016 al 31 marzo 2017, sarà documentata da un catalogo, a cura di Clara Gelao, con saggi della stessa, di Gaetano Cristino, di Lucio Galante, con la riproduzione a colori di tutte le opere esposte, schede delle opere e biografie degli artisti. . Pinacoteca Metropolitana “Corrado Giaquinto” Via Spalato 19 / Lungomare Nazario Sauro 27 (IV piano) 70121 Bari Tel. 080/ 5412420-2-4-6 www.pinacotecabari.it

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EVENTI

Campania

SARNO: UN TUFFO NEL PASSATO PER MIGLIORARE IL PRESENTE Articolo e foto di Francesca Martire

Siete mai stati a Sarno? Se la risposta è no, un giro in questa città ve lo consigliamo di cuore. Lasciate perdere la nomea legata all’inquinamento del fiume omonimo, andate oltre i luoghi comuni. Solo così scoprirete quello che Sarno ha da offrire ai propri visitatori: le fontane di acqua limpida da bere, le casette per gli anatroccoli, il Teatro Ellenistico, il Museo Archeologico Nazionale della Valle del Sarno e molto altro. E’ proprio sul Museo che vogliamo focalizzare la nostra attenzione, sulla storia e sulla quantità di reperti ivi presenti che ci raccontano dei popoli che scelsero di stabilirsi in questi territori.

nucleo antico di Sarno. Non dimenticate, poi, di visitare ilTeatro Ellenistico romano risalente al II secolo di cui si conservano alcuni sedili realizzati in tufo grigio nocerino con particolarissimi braccioli raffiguranti sfingi e leoni. Insomma, quella di Sarno è una storia che vi lascerà stupiti, una storia che non è fatta solo di reperti, ma di innovazione. Si pensi, ad esempio, alle filande, fiore all’occhiello del Regno delle Due Sicilie, famose, oltre che per la grande e ottima produzione, per la realizzazione di un’industria innovativa che sfruttava la forza motrice dell’acqua per azionare le macchine tessili.

Dalla preistoria all’età medievale, Sarno ha davvero tanto da dire grazie alle preziose e numerose testimonianze presenti in loco. E’ così che, grazie alla cortesia di Carlo Cascone e dei suoi colleghi che vi accompagneranno nel tour museale, potrete addentrarvi nel passato, osservando da vicino svariati reperti provenienti da tutto il territorio dell’Agro NocerinoSarnese.

Che dire poi dell’ambiente circostante? Incastonata tra il Vesuvio, i Monti Lattari e l’Agro, la città di Sarno è completamente immersa nella natura: ricordiamo, a tal proposito,il Parco fluviale, oasi naturale nonché luogo di eventi che potrebbe brillare di una luce talmente potente da risultare accecante, più di come non faccia già adesso. Dalla Preistoria al Medioevo, le testimonianze si impongono ed invitano a riflettere tanto il turista quanto l’indigeno sul potenziale del territorio e sullastoria di Sarno fatta di primati nazionali ed internazionali, a riprova del fatto che gli antichi fossero decisamente più bravi di noi ad agire per il bene del proprio territorio e delle generazioni a venire.

Ad ospitare vasellame, statue, affreschi e utensili vari, è il bellissimo Palazzo Capua raggiungibile con facilità in auto, in treno, in autobus oppure a piedi dal centro della città. La location, gioiello dell’architettura del ‘700, vi colpirà per la sua singolare triplice loggia ad arcate ela sua imponente corte. Entrando, poi, scoprirete la ricchezza del territorio sotto il profilo archeologico, una ricchezza che ha pochi eguali e che, senza dubbio, vi lascerà attoniti. Molti reperti provengono dai corredi funerari delle necropoli. Si pensi che sono circa 2100 le tombe esplorate divise tra le infantili (500), le femminili (900) e le maschili (700) che documentano circa 5000 anni di storia. Insomma, come direbbe Totò: “Alla faccia del bicarbonato di sodio!” . Trovandovi, poi, in zona, vale la pena fare un salto al borgodi Terravecchia, località di Sarno dominata dalla caratteristica collegiata di San Matteo, prima parrocchia del comune, dall’inconfondibile campanile. Salendo le antiche rampe, potrete osservare quello che restadelle mura di cinta dall’alto del balcone naturale offerto dal

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LA MODERNITA’ : IL RAPPORTO TRA ARTE E DIALETTICA

La Modernità ha avuto la forza di esprimere in pieno la propria arte. Questa ne ha interpretato , anticipato e costruito i prodromi e i contenuti, sociali ed economici. L’arte visiva moderna affonda le proprie radici nell’approccio empiristico e parascientifico prima dell’Impressionismo e poi del Post- impressionismo , e affonda anche nell’approccio psichico e soggettivistico del Simbolismo e del primo Espressionismo della fine del XIX secolo. Da queste radici , sono nate come momento di approfondimento e di sperimentazione di tutti movimenti delle avanguardie storiche dal Cubismo al Futurismo, dall’Astrattismo al Dadaismo fino al Surrealismo. E cavalcando questo spirito oltranzista di sperimentazione , l’arte moderna è così giunta fino alle manifestazioni puriste delle neoavanguardie degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento , che va dall’Espressionismo astratto , all’Informale, fino all’Arte concettuale. Perché ad esempio sono da considerare moderne opere come Lesdemoiselles d’Avignon di Pablo Picasso , la Composizione VII di VasiljKandiskj , Il grande vetro di Marcel Duchamp , Il quadrato nero di Kazimir Malevic, sono opere che poggiano la loro forza su un codice visivo che, essenzialmente , è dirompente : ossia si pone come rottura rispetto alle espressioni di altre opere precedenti, per superarle affermando sia l’esclusività del nuovo linguaggio, che la presenza di significati crescenti. Questa dirompenza risponde alla doppia esigenza di testimonianza sia le ragioni del nuovo che quelle connesse con la visione positivista del mondo, dove l’angolazione scientificotecnologica del grande mutamento traspare nell’azione di ricerca e sperimentazione che conduce l’artista. Le opere citate precedentemente non sono altro che la testimonianza di come l’arte abbia voluto ben interpretare le ragioni del nuovo di quel nuovo che avanza superando il passato , in cui quest’ultimo viene accantonato perché ciò che dà vigore al progresso artistico è la sperimentazione di linguaggi sempre diversi, inusitati , che, a rispecchiamento della moltiplicazione dei prodotti industriali, devono essere sempre più audaci. L’arte moderna , nel suo divenire , è fortemente innervata di questa dialettica che la sprona incessantemente verso il nuovo, perché essa si ritrova ad

avere imboccato la strada della rivoluzione formale a tutti costi. E’ quanto sostiene Stefano Zecchi , professore di estetica a Milano, con la conseguenza che essa smetta di ricercare la bellezza e si affida ad uno sperimentalismo che caratterizzerà riduttivamente tutta la Modernità “ Il nuovo nell’arte” anzi come ci dice lo stesso Zecchi : “ E’ un cambiamento spesso fittizio che non produce significative variazioni di senso”. L’arte moderna che aveva trovato nella dialettica il motore del divenire in sintonia con il divenire lineare della società , che si scontra con il fattore tempo : essa brucia troppo in fretta le sue sintesi dialettiche e corre il rischio di entrare in un processo di autocombustione letale. Quindi possiamo dire che l’arte senza il suo hit et nunc , si trasforma , e non è destinata a scomparire però, Benjamin sostiene che essa vedrà aumentare il suo valore espositivo in passato , alle origini , l’arte era caratterizzata da un valore di culto, o cultuale come lo definisce lo stesso Benjamin , permettendo la crescita della fruizione simultanea. Tutto ciò avvicinerà la nuova arte alle masse , alla società e in essa verranno trovate ragioni fondanti non più rituale ma nella politica. C’è chi invece ha voluto tenere separate l’arte e la vita , cogliendo i contenuti del cammino fatto di opposizione tra arte e società, è stato il critico d’arte statunitense ClementGreenberg che ha sempre sostenuto la validità del purismo dell’arte moderna. In un articolo fatto da Greenberg redatto per la rivista Avant- Garde and Kitsvh del 1939 dove affronta i temi dell’arte moderna partendo dalla distinzione delle due forme di cultura che caratterizzavano la società : la cultura alta che, per esempio, in pittura era rappresentata dalle soluzioni razionali e illuminanti , ricercate da Pablo Picasso e da Georges Braque , e la cultura bassa o cultura borghese, fatta di film hollywoodiani, di riviste generaliste e patinate e di opere di pittura dozzinale e decorativa. Secondo Geenberg, la cultura d’avanguardia e di ricerca era la sola che potesse interpretare in pieno lo spirito della Modernità , fatto di confronti dialettici con il passato e su questo terreno nasce la sfida dell’evoluzione che ha portato l’arte ad un linguaggio assoluto dove l’artista riesce ha trasmettere in pieno i suoi sentimenti più intimi. Giovanni Cardone

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L’opinione di Letizia Caiazzo Marco Fratiello Tra metafisica e futurismo suggestioni e geometrismo cromatico delle figure

Artista campano ricco di talento e sensibilità, sicuramente si ispira alla Metafisica ma con un suo stile tutto personale e suggestivo. La Metafisica, a differenza del Futurismo, dove tutto è dinamismo e velocità, è stasi, tutto è fermo senza tempo; le cose, le persone e gli spazi rappresentati sembrano essere congelati nel tempo dove si respira magia, sogno e serenità. Le opere di Fratiello sono cariche di suggestioni e mostrano una dimensione sognante che solo apparentemente somiglia al reale. I suoi personaggi sono dipinti con un morbido geometrismo cromatico creando un equilibrio tra figure, forme e colori, che tocca le corde del cuore. Colpiscono per l’apparente semplicità di ciò che mostrano ovvero la luce diventa quasi irreale e colora il contenuto in tinte innaturali e contrastanti che affascinano. Le figure poi, soprattutto quelle di donne, trasportano il fruitore in un tempo senza rumori, silenzioso, asettico, dove puoi ritrovare il meglio di te e della tua essenza di uomo. In realtà si evidenzia una grande armonia musicale nella sua Arte.

L’artista ha partecipato a svariate mostre sia personali che collettive ricevendo riscontri positivi e dai critici come dal pubblico. Ricordiamo la partecipazione alla IX Biennale di Roma (CIAC) dove è risultato uno dei vincitori. Prossimamente sarà alla Triennale di Roma - Museo Crocetti con l’opera “ Sintesi emotiva” che rappresenta le criticità del XX secolo. L’opera è monocromatica realizzata con vari strati di pittura a smalto,

con effetti lucido su tela di yuta. L’artista, in quest’opera ha intrapreso una nuova ricerca che va sull’informale-materico sempre ricco di una concettualità che ci spinge a sperare superando i vari buchi neri che bisogna sempre affrontare nella vita oltrepassandoli. .

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Letizia Caiazzo ( artista e studiosa di cultura visuale )


GIULIO SCARPATI

Giulio Scarpati nasce a Napoli il 23 settembre del 1991. Sin da piccolo ha coltivato una forte passione per l’arte. Appassionato di diversi generi espressivi, Giulio frequenta gruppi teatrali e musicali, riscoprendosi anche come buon attore e cantante, ma resta comunque il disegno la sua più grande passione. Dopo un’adolescenza turbolenta trascorsa alla ricerca di un benessere fisico e morale, si diploma all’istituto Tecnico Commerciale Ferdinando Galiani di Napoli e successivamente intraprende studi universitari frequentando l’Accademia di belle Arti al corso di Grafica d’Arte per l’illustrazione, ottenenti risultati soddisfacenti, al di là delle sue stesse previsioni. Tale percorso artistico fa emergere il suo talento pittorico quando, durante il corso

di “Illustrazione” al primo anno, dipinse manifesti elettorali di super-eroi. Partecipa a mostre, concorsi ed estemporanee tra cui ricordiamo quella svolta ad Amalfi nel 2012, quella di Maiori denominata “PanchinArt” nell’estate 2015 e la mostra natalizia “BazART” lo stesso anno. Laureato nel dipartimento di Grafica d’arte e Illustrazione e con Specialistica nel dipartimento di New Media Art (Nuove Tecnologie dell’arte), Giulio aspira ad acquisire una formazione tale che gli consenta di lasciare una traccia indelebile nel campo grafico-artistico e pittorico.

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EVENTI

Calabria Giuliana Franco e l’arte digitale

L’arte digitale si pone al confine tra pittura e fotografia utilizzando nuove tecniche. L’importante è generare forti emozioni che lasciano il segno, raccontano storie, trasportano dall’immaginario al reale e dal reale all’immaginario. Giuliana Franco, poetessa e artista digitale di origini calabresi, nelle sue opere gioca sulla scomposizione dell’immagine. I suoi lavori in digitale sono colore, forma, armonia e messi insieme esprimono concetti. Nelle scelte cromatiche Giuliana si avvicina alla Pop art Internazionale: parte da una fotografia eriproduce su tela o cartai suoi soggetti in modo originale e gioioso. Sfruttando al meglio le grandi opportunità offerte dal digitale, la Franco crea paesaggi surreali. Ogni opera si svolge in uno scenario spazio-temporale irreale. Spesso compare la donna, tipizzazione di una figura femminile misteriosa Giuliana dipinge donne consapevoli della propria femminilità, donne indipendenti che non vivono all’ombra dell’uomo. La semplicità e la bellezza dei fiori da lei riprodotti regalano serenità. La sua città, Cosenza, viene messa in evidenza nelle sue opere. L’arte digitale non possiede più un’aurea sacrale, dal suo “hic et nunc” diventa alla portata di tutti non solo del creatore.

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Alessandra Primicerio (Critico d’arte)


Giuseppe Rocca

Nasco a Borgia in Calabria nel 1958. Pittore incisore e vignettista. Sono abilitato all’insegnamento delle arti visive e diplomato nella sezione pittura all’accademia di belle arti di Catanzaro nel 1983. Dopo solo quattro mesi d’insegnamento, ho abbandonato definitivamente il percorso scolastico,per dedicarmi in modo professionale alla pittura e all’incisione e al recupero e alla ricerca di quell’Arte antica difficile della “bottega”, fatta di segreti che un tempo venivano tramandati.

Molti sono i successi ottenuti in campo nazionale ed internazionale, ne cito alcuni: Nel 1977 e nel 1980 mi aggiudico il primo posto al concorso nazionale di pittura indetto dall’Unione culturale calabrese (Catanzaro); Vinco il grande concorso indetto nel 1989 dalla rivista d’arte D&D (disegnare e dipingere) che si stampa a Milano, su 2316 partecipanti, che per l’occasione mi dedica un ampio servizio a colori e vengo premiato a Stresa nel Palazzo dei Congressi; In quest’anno l’ente provincia di Catanzaro mi organizza la mia prima personale con cataloghi e manifesti a colori dal titolo “Divisionismi”; Sono pittore dell’anno secondo l’annuario A.C.C.A di Roma nel 1994 sul quale viene pubblicato il servizio che mi riguarda e nello stesso anno per il gruppo Bordini partecipo alla prima collettiva d’arte moderna italiana a Tokio; sono fra i vincitori del premio “ARTE” dell’omonima rivista della Mondadori nel 1992 e per questo partecipo alla mostra collettiva

della Finarte di Milano. Vinco il primo premio “Lorenzo il Magnifico” alla Biennale Internazionale dell’Arte Contemporanea di Firenze nel 1999,su 31 nazioni rappresentate. Un ampio servizio sulla mia pittura, a firma del Prof. John T.Spike viene pubblicato su ART&ANTIQUES in Atlanta (Georgia) a marzo 2001. La storica rivista d’arte BRUTIUM mi dedica la copertina a dicembre 2002. Ho diretto negli anni passati il corso d’incisione calcografica presso il museo civico “Mattia Preti” di Taverna.In qualità di vignettista satirico ho collaborato con lo pseudonimo di GIURO con CALABRIA rivista mensile del consiglio per più di dieci anni. Ho avuto commissionato un ciclo di sei dipinti di grandi dimensioni su Santa Barbara esposti in modo permanente nel palazzo di città di Amaroni nel 2000 e due dittici d’entrata per il palazzo di città di Borgia. Fra le tante mie personale ricordo quella della galleria della Tartaruga “IL MIO MEDIOEVO” (storia di una rivisitazione) in via Sistina a Roma 1987,quella di “REALTA’ SOGNATE” al Museo Civico di Taverna nel 2001 e quella sull’ALCANTARA” acqua di pietra dura” alla galleria il Gabbiano di Messina 2011 la storica rivista nazionale”Il Giornale dei Misteri”,pubblica come copertina un mio dipinto a novembre 2012 a dicembre 2012 e a luglio 2013. Da marzo 2013 alcune mie acqueforti in onore di Mattia Preti, sono esposte al Muscarelle Museum of Art di Williansburg (Virginia) in occasione della sua mostra nel IV centenario della nascita e di alcuni disegni di Michelangelo;

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Intervista al “pittore del vento” Franco Azzinari Di Alessandra Primicerio

Franco Azzinari artista di origine calabrese (nato a San Demetrio Corone) ha portato la pittura italiana nel mondo e con i suoi campi ha stimolato un fervido spirito di emulazione. È amato da oltre trent’anni in tutto il mondo perché trasmette allo spettatore emozioni e sensazioni attraverso i colori riuscendo a rappresentare l’anima della natura.

D. Può raccontarci qual è stato il momento in cui si è avvicinato all’arte e come? R. L’arte è sempre stata nel mio DNA. Già a quattro anni disegnavo. Fino a venti anni non ho avutopunti di riferimento. Poi mi trasferii a Lerici dove iniziai a dipingere quadri più impegnativi. Dopo aver completato il primo quadro incontrai un milanese che lo vide, lo acquistò e ne commissionò altri tanto che lavorai tutta l’estate. D. Oltre al paesaggio quali sono i generi che preferisce? R. In realtà io nasco come ritrattista, ma sognavo i paesaggi del mio paese. Da piccolo non andavo quasi mai a scuola, mi recavo invece spesso in campagna. La scuola non mi stimolava, le uniche materie che mi attiravano erano educazione artistica ed educazione fisica. I miei primi paesaggi erano molto statici e classici. Poi visitai tantissimi musei e mostre. Mi recavo spesso a

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Louvre a vedere le opere dei pittori impressionisti e ne rimasi colpito e sconcertato.Amavo il colore e la luce nei paesaggipiuttosto che i fondi scuri utilizzati nella pittura del ‘700. La mia Calabria la dipingevo con i colori degli impressionisti. D.“Eccolo, quel magico pifferaio che chiama i venti con i loro colori, i loro odori, persino i loro sapori, dei covoni e delle erbe, dei voli nei cipressi pieni di uccelli e tra folate di lavanda e di tiglio, tra frutteti spodestati, uggiosi piovaschi e carezzevoli schiarite”. Parole di Sergio Zavoli. Ormai lei è famoso come pittore del vento, le piace questa definizione? Si riconosce in essa? R. Nei miei quadri la gente notava che c’era il vento e questa caratteristica si mostrava sempre di più. Durante una mostra a Rimini lo scrittore e giornalista Sergio Zavoli guardando i miei quadri mi disse: “Franco tu sei il pittore del vento”. Era il mio sogno perché vivevoil vento ogni giorno. Da bambino mi avventuravo nelle campagne in compagnia del vento. La definizione pittore del ventomi è piaciuta moltissimo. Questo vento lo pensavo, lo sognavo, cercavo di imitarlo ma non era facile realizzarlo anche perché non ho frequentato scuole, ma la mia grande passione di dipingere e il desiderio di diventare un grande pittore mi hanno aiutato. Circa dodici anni fa realizzaila mostra sulla pittura del vento e fu un grande successo. I collezionisti arrivavano da tutto il mondo per comprare i miei quadri. D. Di tutto l’ampio spettro visibile, quali sono i colori che predilige? R. Amo tutti i colori: verde, ocra , azzurro. Li ho adoperati tutti e non ho un colore che prediligo rispetto agli altri.


Preparavo da solo i colori. I verdi sono unici e personali, li miscelo finché trovo la tonalità che preferisco. Il colore quindi l’ho sempre vissuto e li ho amati tutti. D. Innamoratosi della vita di Hemingway, inizia a ritrarre anche i pescatori (Osvaldo e Pedro), poi realizza venti ritratti di Gabriel García Márquez e di Fidel Castro. Il ritratto nell’arte non è mai una mera riproduzione meccanica delle fisionomie, ma vi entra in gioco l’emotività. Quali sono le caratteristiche dei suoi ritratti? R. Prima di fare un ritratto devo innamorarmi del personaggio, deve trasmettermi un impulso, una emozione. Da ragazzino ho ritratto mia nonna cheavevacento anni e avevatantissime rughe, così come mia mamma, mio zio. Ero attratto dalle persone che erano consumate dal lavoro, dallafatica. Avevano volti molto espressivi che raccontavano il loro duro lavoro nei campi. In uno dei miei innumerevoli viaggi a Cuba ho conosciuto Fidel Castro che incuriosito dalla presenza di un pittore italiano nel suo paese ha chiesto di conoscermi, invitandomi a cena. Ricordo che la cena era particolare e decorativa. Parlando con lui miresi conto che era il “mio personaggio” e gli chiesi se potevo fargli un ritratto. Iniziai a fare qualche schizzo per conoscere meglioil suo volto perché per fare unbuon ritratto occorrono almeno due settimane di lavoro. Rimase contento del risultato e allora gli proposi una mia mostra a Cuba e lui accettò. Fuentes,Hemingway, i paesaggi di Cuba ebbero grande successo. Poi portai la mostra a Cosenza all’Università della Calabria e anche qui l’evento registrò un ottimo risultato. Fidel Castro mi fece conoscere Garcia Marquez per il quale realizzai un ritratto perché attratto dal suo viso espressivo. Con Garcia stavamo sempre insieme e pensai di realizzare venti ritratti perché aveva sempre una espressione diversa, non era un volto monotono. Da qui è nata una mostra a casa sua formata da tanti fabbricati dove insegnava anche teatro ai bambini cubani. Amava i giovani e aveva creato un centro dove poter proiettare film. Anche di Fidel Castro dipinsi tanti ritratti. Mi incuriosiva perché gesticolava molto quando parlava, non era statico ma cercava di esprimersi anche con le mani .Mi piaceva questo suo modo di comunicare. Realizzai ritratti a mezzo busto che mettevano in evidenza le mani. La mostra che ne venne fuori fu un successo in tutto il mondo.

D. A coloro che si sentono attratti dalla pittura o intendono intraprendere la via dell’arte in genere, quali consigli può dare? R. Non è facile dare un consiglio. Perché l’arte ola senti o non la senti. Io la sentivo. Non c‘era nessuno in famiglia che dipingeva, nessuno mi ha insegnato. Non sapevo neanche cosa era il colore, disegnavo solo con matita e carbone. Avevo però questo dono. Quindi chi ha questo talento il mio consiglio è di avventurarsi. Molti giovani vogliono fare i pittori per fare soldi, ma non è così. Faranno un po’ di mostre e poi si bloccheranno. L’arte non è un lavoro, chi sente di fare l’artista , deve avventurarsi , la strada per l’arte è tortuosa. È un mondo particolare, non è detto che ce la fai. Solo quando un collezionista ti apprezza e compra i tuoi quadri puoi pensare di farcela.

Abstract tratto dall’intervista di Alessandra Primicerio al M° Franco Azzinari

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EVENTI

Sicilia Fino al 18 marzo

“FARM FROM MYTH”, LA MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA DI ARRIGO MUSTI Nella splendida cornice di Palazzo Notarbartolo, si espone una mostra d’arte contemporanea di Arrigo Musti, in occasione di una stagione culturale voluta dal Global Family Banker Maurizio Curiale che gi&agr [...] Banca Mediolanum - Palazzo Notarbartolo, via Libertà 179/a Palermo 15 gennaio -18 marzo

Le opere di Arrigo Musti sono state realizzate dal 2012 ad oggi. Con l’artista, interverranno lo storico dell’arte Lorenzo Canova e l’artista Dayla Luttwak. L’esposizione resterà aperta al pubblico fino al 18 marzo, presso Banca Mediolanum - Ufficio dei consulenti finanziari - Palazzo Notarbartolo - via Libertà, 179 a, Palermo. Arrigo Musti nasce a Palermo nel 1969. A 32 anni lascia la professione di avvocato per dedicarsi

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all’arte, partecipando a numerose mostre personali e collettive in Italia, Francia, Olanda, Inghilterra e Stati Uniti. Nel 2009, una mostra personale “Rain” a cura di Maurizio Calvesi ed Augusta Monferini è allestita alla Wright State University, Ohio, USA. Nel 2011 partecipa alla 54 ° Biennale di Venezia - Venezia Arsenale - su scelta del premio Oscar Giuseppe Tornatore. Molte delle sue opere fanno parte di musei e collezioni pubbliche e private. E’ tra gli artisti presenti al Museo Guttuso. Vive e lavora tra Roma e Bagheria.


Lorenzo Chinnici

Nato a Merì (Me) nel 1942, Lorenzo, appartenente alla stesso ceppo familiare di Rocco Chinnici, si interessa fin dall’infanzia ai colori e all’arte. Il primo insegnamento lo riceve da Renato Guttuso che conosce nel 1953 a Barcellona Pozzo di Gotto in occasione di una esposizione. Il Maestro, colpito dall’attenzione ai dipinti di quel “picciriddu” si offre di insegnargli a dipingere. Più lungo sarà il sodalizio con un pittore compaesano: Salvatore La Rosa, noto con lo pseudonimo Furnari. Questi, già stabilitosi in Liguria, nei suoi rientri in Sicilia al paese natio conosce il piccolo Lorenzo che dopo l’incontro con Guttuso è ormai irrimediabilmente attratto dall’Arte pittorica. Sarà Furnari a regalare a Chinnici i primi colori e ad iniziarlo ai segreti dell’arte. Diverse volte Furnari esporrà col suo allievo, almeno fino all’inizio degli anni 60 del ‘900. Nel 1965, nel corso di un’estemporanea frequentatissima, Lorenzo Chinnici è notato e premiato da Salvatore Pugliatti, emerito giurista e Rettore dell’Università di Messina , noto estimatore delle arti. Nel frattempo Lorenzo Chinnici si è diplomato e diventa così Artista professionista. Nel corso della sua vita saranno molti gli incontri con altri artisti, spesso derivati dalla frequentazione con l’illuminato gallerista della Meceden di Milazzo, Nino Caruso, che dal 1969 in Sicilia e anche all’estero si occupa dell’arte di Chinnici. Lorenzo ha anche modo di frequentare la Bottega d’Arte di

Salvatore Fiume, con cui stringe un forte rapporto umano che vede anche lo scambio di dipinti tra i due in occasione di avvenimenti familiari. Procedendo negli anni si infittiscono le conoscenze con altri grandi artisti: Mario Rossello, Giuseppe Migneco, Aligi Sassu, Ernesto Treccani, Ugo Nespolo. Sempre in queste frequentazioni Chinnici ha dei riscontri positivi dai colleghi, riscontri che sempre più lo consolidano nella sua vocazione e nel suo impegno artistico, fortificandolo nel dolore della malattia che lo affligge da sempre. Dopo i 40 anni il carico di dolore aumenta e Lorenzo, che non perde mai il fuoco della passione artistica e dell’amore per la sua terra, se ne strappa, negli anni ’80 e ’90 del ‘900, per ritiri spirituali ad Assisi. Questi momenti di profonda introspezione aiutano l’Artista a ritornare alla pittura nuovamente forte e determinato a fare sempre più e sempre meglio. Schivo dalla notorietà, disinteressato alla pittura commerciale, al facile successo, Lorenzo Chinnici afferma di dipingere per sè stesso, solo per elaborare e tirar fuori gli stati d’animo che si avvicendano in lui. Chinnici ha seguito, negli anni, la sua ampia vena artistica, che gli fa praticare qualunque tecnica, dall’acquarello al murales, dall’affresco al sasso. Continua a vivere e a lavorare in Sicilia. Da tempo è testimonial per le Maculopatie, attualmente in lavorazione la Monografia di Lorenzo Chinnici, con la critica e redatta interamente da Vittorio Sgarbi. Hanno scritto di lui critici: L. Barbera, M. Truscello, G. C. Capritti, Maugeri, Nasillo, N. Billè, S. Greco, N. Ferrau, S. Pugliatti, E. Caruso, N. Cacia, M. Danzè, G. Anania, N. Ferrara, A. Sciuto, M. Francolini, F. Pasini, G. Gaudio, F. Baglini, S. Feder, B. Nickolls, C. Carducci, E. Comey, G. Cardone, T. Forrest, YM. Lamine, E. Catalano, Deborah Blakeley, Cav. F. Di Gregorio, C. Vannuzzi Landini, A. Lombardo, R. PachecoEscalona, F. Bellola, J. Tatano, G. Gorga, V.Sgarbi. Il suo nome figura nelle più note e accreditate pubblicazioni d’arte italiana contemporanea.

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EVENTI

Sardegna Gianmario Saba

Nato a Sassari nel 1963, da bambino compie il suo apprendistato nell’uso dei pennelli e lo studio dei colori, presso Bonifacio O.S.B. allievo di Giorgio Morandi. Dopo regolari studi tecnico scientifici, frequenta l’Università, lavora all’Enel, si laurea a Roma in Ingegneria Industriale . Nello stesso tempo non abbandona mai la passione per il disegno e per i colori. Studia l’Arte da autodidatta e ne rivendica l’autonomia dalla Scienza, dalla Tecnologia e dal Mito. E’ certo risaputo che ogni espressione artistica ha le sue

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ferree leggi: altrimenti l’opera è come una barca o zattera di canne che raramente raggiunge la riva, il porto. Tuttavia il disegnare, ad esempio, e il conseguente dipingere è, può essere , un modo anche per cominciare a conoscere quelle leggi, cioè di insegnare a se stessi, per vedere realizzata la traversata: come avviene per Gianmario Saba, con buoni risultati , con ricchezza di fantasia , di sensibilità coloristica e attento disegno: il che porta spesso al porto della Poesia, con l’aiuto delle leggi interiori che in Arte sono le migliori. cfr. Nuova Arte - Mondadori 1998 - “La Vetrina” Arte Mondadori 2005


Marco Pili

Studia ad Oristano presso l’Istituto d’Arte, dove ottiene il Diploma nel 1977, allievo di Prof. Antonio Amore. Inizia a lavorare come pittore nel 1983 nel suo Studio di Via Enzo Ferrari. Inizia una sua prima ricerca con il figurativo abbandonandolo dopo alcuni anni, rivolge la sua attenzione verso un’arte più astratta informale con un’attenzione particolare alla propria cultura. Nell’85 inizia a sperimentare la materia come il pane “Carasau” o carta da musica, terre, sangue di bue e qualsiasi altra materia che gli capiti tra le mani. Il pane per anni diventerà la materia prediletta per le sue opere. In anni di ricerca affina l’uso di quello che ora e il suo particolarissimo mezzo espressivo: Pane,pane Sardo, reso protagonista di quadri compositi. Tutti i materiali uniti dagli interventi discreti tempere, oli, matite, sono altrettante evocazioni della terra di Sardegna come

sabbie, fago, corteccia di fico d’india, sangue di bue, orbace, l’antico tessuto dei pastori fatto di grossi filati di lana. Il pane, però, ha un ruolo principe. Perché è per eccellenza, l’unione del frutto della terra e della mano dell’uomo che lo trasforma. La sua ricerca artistica tutt’oggi è concentrata sull’utilizzo della terra , trasformandola e manipolandola in modo eccellente. Nascono vari cicli, utilizzando vari tipi di terra naturale, abbinandoli a pochi elementi, Pili ottiene delle campiture e velature difficilissime da ottenere con le terre. Partecipa a numerosi concorsi, Arte Mondadori Milano, Trevi flash art museum , Premio terna, Wannabee gallery Milano ecc. ottenendo numerosi riconoscimenti. Attualmente è in corso una collaborazione con la galleria Orler ARTETIVU’di Marcon Venezia. Inoltre sue Opere fanno parte di Collezioni private in Italia, all’estero e di alcuni Musei e Fondazioni d’Arte.

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Centro Culturale Ariele

Patrocinio

Esposizione d’Arte Contemporanea Primavera in Arte PALAZZO OPESSO - Via San Giorgio,3 Chieri

artisti in esposizione Alderucci - Arcante - Azzarita - Barbanotti - A.Barbieri - G.Barbieri - Barucci - Billia Bolzoni - Briguglio - Briscese - Buono - Caliendo - Cannalire - Cappiello - Caramazza Caruso - Corcelli - Di Martino - Erreni - Ferrari - Fuksa - Gallina - Gamberucci - Grammi - Gualtieri - Lasala - Lo Bue - Longo - Mastrangelo - Moreno - Mrazova - Ognianoff Pasquali - Revellino - Russo - Sbolci - Silvi - Spagnolo - Tanasa - Vaira - Vasino

dall’11 al 26 marzo 2017

Dal lunedì al venerdì dalle ore 15 - 19 Sabato e domenica 10-12.30 – 15-19

INAUGURAZIONE: sabato 11 marzo, ore 17.30


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