Il delicato equilibrio strutturale dei dipinti su tela: la storia e le soluzioni attuali, 2016

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Fig. 1

Telaio con ammortizzatori elastici di tensione e cavi di collegamento. Configurazione geometrica e distribuzione dei carichi: grafico di progetto e realizzazione; particolare di aggancio dei tenditori in opposizione. Sezione del telaio originale, con bordi di scorrimento per le fasce rivoltate sul verso.

Fig. 3

Telaio flottante autoadattativo con profilato a “C”. Campione reale e campione grafico di progetto esploso.

Fig. 2

Sistema con ammortizzatori elastici di tensione a punto di vincolo fisso ed in basso particolare del tenditore.

a: pistoncino filettato con molla in compressione, rondella e dado b: lama di vincolo c: bussola di contenimento d: cilindretto passante con foro filettato.

IL DELICATO EQUILIBRIO STRUTTURALE DEI DIPINTI SU TELA: LA STORIA E LE SOLUZIONI ATTUALI VERSO L’AUTOSUFFICIENZA PROGETTUALE E REALIZZATIVA PER IL RESTAURATORE

Franco Del Zotto, Restauratore diplomato presso Villa Manin di Passariano (UD) Socio e direttore tecnico Ditta CRAC s.n.c. a Rivignano Teor (UD) Docente a contratto presso Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Dipartimento di Scienze Pure e Applicate -DiSPeA, cell. 348 8939088; franco.delzotto@gmail.com

Abstract

In tale contributo si opera un’analisi storica dell’evoluzione dei meccanismi di tensionamento, a seguire un excursus cronologico sui meccanismi di tensionamento elaborati negli anni costruisce un panorama di casistiche diversificate.

Breve cronistoria sui meccanismi di tensionamento dei telai Il concetto di tensionamento dei dipinti su tela comincia a subire un’evoluzione stilistica da metà XVIII secolo grazie ad una consapevolezza più precisa del valore delle opere, probabilmente dovuta al diffondersi di un primo collezionismo diffuso. Sperimentazioni di metà ‘700 delineano nuove caratteristiche per il tensionamento della tela e la costruzione dei telai: essi da leggeri, sottili e ad angoli fissi, diventano più robusti. Inoltre si avvia la volontà di avere maggiore planarità della tela, e per fare ciò si cominciano ad adoperare telai ad angoli divaricabili. La tensione della tela un tempo impostata inizialmente e trascurata nel tempo, ora deve essere mantenuta costante attraverso nuovi sistemi espansivi a biette o chiavi angolari, metodi che però vanno a creare sovratensionamenti della fibra tessile in corrispondenza degli angoli. Il telaio, da leggera struttura elastica creata in una sorta di simbiosi olistica con la tela e la policromia, diventa una robusta architettura predisposta ad accogliere biette singole o addirittura doppie per ogni angolo.

Nell’ottocento comincia a non bastare più un telaio a espansione manuale, in cui la tela viene posta in tensione solo con l’uso delle zeppe, ma si cominciano a usare anche altri sistemi: si impongono sul mercato dei brevetti che nel tempo evolvono verso sistemi con espansori angolari a vite e successivamente a molle.

In Italia solo negli anni ’50 con gli studi di Roberto Carità presso l’I.C.R. si avviò un approccio di tipo ingegneristico. Il concetto di elasticità prende piede, il telaio diventa un sistema elastico, basato inizialmente sul concetto di forza peso e poi implementato dall’uso di molle. Tale sistema nasce infatti dalla volontà di creare un telaio in cui accogliere degli strappi di affresco che fosse allo stesso tempo elastico e che avesse la capacità di sostenere un forte peso1

Sebbene in quegl’anni questi studi non furono sufficientemente supportati dall’Istituto, negli anni ’70, con un programma sostenuto da Giovanni Urbani furono riconsiderati. In tale periodo comincia a diffondersi anche un ulteriore modello: il Telaio Rigamonti, in cui un meccanismo angolare a molle e pistone provoca l’espansione in entrambi i sensi ortogonali.

Fig. 4

Telaio flottante autoadattativo con profilato a “C”, con pistoncini tarabili per telai di grandi dimensioni. Disegni e grafico di progetto.

Fig. 5

Telaio flottante autoadattativo con profilato a “C” ®, con pistoncini tarabili per sezioni di dimensioni modeste. Disegno e grafico di progetto.

Da rammentare sono anche gli interventi che furono eseguiti successivamente al terremoto del Friuli nel ’76: la tela veniva rovesciata sul retro e tensionata su di un controtelaio, un sistema molto simile a quello del Carità. Negli anni ottanta pochi in Italia erano interessati a questa non marginale questione, forse perché propensi a “non complicare troppo un lavoro garantito da una tradizione plurisecolare”2 . È proprio nei primi anni ’80 che ho cominciato il mio percorso di studio sulle problematiche dei dipinti su tela in rapporto al telaio. È sul finire degli anni ’80 che possiamo inoltre segnalare le applicazioni di Angelo Pizzolongo. Nel ’90 alcune aziende italiane cominciarono una prima commercializzazione di “telai a molle”, traendo spunto dalle ricerche e pubblicazioni sopracitate, per creare degli standard commerciali al fine di esaudire i bisogni di potenziali restauratori acquirenti. Negli anni ’90 in Italia altri si sono appassionati a tali problematiche, come ad esempio lo stesso Antonio Iaccarino Idelson e Carlo Serino.

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Fig. 7

Applicazione dei sistema a rulli a 45°. Campione grafico e campione reale.

Fig. 6

Bordo di scivolamento in materiale antiattrito a sezione circolare.

Campione grafico e campione reale.

Fig. 9

Tenditore esterno con ammortizzatori e cavi di collegamento ®. Spaccato del campione grafico.

All’estero, invece, soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, il complesso studio dei dipinti su tela non conosce soste dagli anni ’60 con significativi lavori pubblicati. Senza voler essere esaustivo ma esemplificativo, fra i più importanti contributi scientifici troviamo quelli di Berger e Russel in merito al comportamento dei Ciclorama, ed inoltre i lavori di Mecklemburg, Mehra, Hedley,Young e Roche che analizzavano il problema comportamentale della materia dei dipinti su tela, dalle policromie ai dipinti tessili.

Excursus sui meccanismi di tensionamento elaborati negli anni di lavoro

Per mancanza di spazio focalizzo subito l’attenzione sui sistemi progettati nel tempo (sia per telai nuovi che recuperati), funzionali a rendere il sistema tela-telaio maggiormente performativo, nell’ottica di eliminare i vincoli della chiodatura perimetrale e donare al sistema telaio la possibilità di adattarsi ai movimenti della tela, privilegiando la contrazione del tessile.

Tra il 1980 e 1983 progettai un telaio con ammortizzatori di tensione a cavi di collegamento, recuperando l’antico telaio3. Qui si adottò la scelta di rivoltare sul rovescio della struttura portante, adeguatamente risanata con bordi di scivolamento, la tela, evitando qualsiasi chiodatura perimetrale, in modo da non frenarne la mobilità trasversale né quella longitudinale. Le fasce di ampliamento, irrigidite all’estremità, furono collegate in opposizione sul retro, con una serie di cavetti sottili e tenditori a vite regolabili, seguendo uno schema sulla cui configurazione geometrica si basava la distribuzione adeguata dei carichi (Fig. 1). Proprio per la leggerezza del sistema di tensore, per i cavetti molto sottili, e specialmente per la sottile sezione del telaio originale, tutto il meccanismo “struttura portante” diventò elastico (senza l’uso di alcun sistema a molle), al punto da seguire i movimenti della tela originale, la quale è tutt’oggi in perfetto stato di conservazione e planarità, sebbene inserita in un ambiente conservativo non idoneo.

Fig. 8

Sistema a doppio rullo con profilato di unione degli elementi di contenimento.

Campione grafico.

Fig. 10

Campione di struttura reticolare.

Fig. 11

Microtraverse elastiche e traverse sottili con inserto di sistema elastico.

Pochi anni dopo, tra il 1983 ed il 1986, predisposi una variante di tale metodo, in cui gli ammortizzatori elastici erano vincolati sul retro del telaio ad un punto di vincolo fisso: struttura particolarmente adatta ai dipinti di forma irregolare (Fig. 2). Qui la flessibilità del sistema fu fornita dalle fasce di ampliamento rivoltate sul retro, agganciate al telaio su punti fissi, quest’ultimi realizzati con lame inossidabili avvitati al legno, e tensionate tramite pistoncini a molla regolabili attraverso un dado. Rilevante fu inoltre la presenza di un freno regolabile di espansione, capace di frenare cedimenti e di bloccare l’ampliamento, privilegiando il restringimento della tela. Il sistema sopradescritto negli anni seguenti fu migliorato a livello estetico, inserendo la lama di aggancio entro la sezione del telaio rigido in scanalatura la quale facilitò anche il montaggio (Fig. 2). Tutto il meccanismo fu racchiuso in una bussola di contenimento, che era avvitata alla lama di vincolo; il perno del pistoncino si agganciava al sandwich d’irrigidimento in cui i margini della tela erano inseriti, per tramite di un cilindretto passante. In questo modo si ottenne un ulteriore compattezza, un impatto estetico migliore e una maggiore protezione del sistema: il meccanismo è talmente compatto da potersi usare anche su vecchi telai.

Sempre negli anni ’80-’83 partì lo studio di un nuovo sistema, in cui il meccanismo di tensionamento fu celato nella struttura interna del telaio. Questi modelli furono progettati sia per l’utilizzo su telai definitivi che interinali e furono tutti accomunati dall’uso di un telaio rigido, di più agevole costruzione e di minor costo4.

I progetti sopra descritti furono tutti sviluppati come prototipi ed in parte realizzati. Da ciò partì la ricerca per sviluppare nuovi modelli di telaio, messi in funzione nell’ambito dell’attività di laboratorio su di una serie di dipinti tra il 1983 e il 1985. Questi nuovi telai furono definiti “meccanismi flottanti autoadattativi”: flottante perché svincolavano completamente l’intero insieme tela-strati pittorici da qualsiasi vincolo rigido, sia ortogonale che tangenziale al suo perimetro, e auto adattativi in quanto intervenivano in maniera correlata alle effettive condizioni istantanee della tela.

Il primo di questi modelli fu il telaio con profilato a “T”, in cui nella sezione del telaio fisso fu inserito un profilato in alluminio a “T” con un bordo stondato in legno, per evitare fenomeni di condensa, trattato con film antiattrito, su cui la tela, rivoltata sul retro, poteva agevolmente scivolare5 La spinta di ampliamento era fornita da un pistoncino regolato da una molla. Questo meccanismo si rivelò essere una buona soluzione per i dipinti centinati.

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Il delicato equilibrio strutturale dei dipinti su tela: la storia e le soluzioni attuali

Il secondo modello fu altresì un telaio con bordi perimetrali mobili. Si trattò di un telaio rigido in cui una cornice di legno fungeva da sostegno a barre di profilato di alluminio a sezione H, le quali si incastravano lungo il perimetro senza però esservi vincolate, mantenendo la capacità di scorrere in tutte le direzioni del piano. Sul lato esterno del profilato era infilato a scorrere un listello, realizzato in materiale rigido, frazionato in moduli, il quale consentiva alla tela di scivolare in senso trasversale o, insieme agli elementi stessi, in senso longitudinale6.

Il modello di cui sopra fu poi modificato: il profilato a sezione ad “H” diventò ribassato a forma di “C”: il listello di scivolamento, prima frazionato, era ora continuo ed applicato sul profilato in alluminio (Fig. 3). Lo scorrimento trasversale e longitudinale della tela era agevolato dall’applicazione lungo il perimetro di una sequenza di elementi a clip in materiale autolubrificante, inseriti a pressione sul listello. La tela o le fasce di ampliamento erano sempre rivoltate sul retro e vincolate al telaio di legno con un sistema a incastro; qui la tela era bloccata all’interno di un alloggiamento, ricavato nella sezione del telaio per mezzo di un tubolare in materiale aggrappante7.

Per affrontare inoltre il problema della protezione sul retro furono elaborati dei nuovi sistemi, come in quest’ultimo caso, in cui lo stesso sistema di vincolo della tela poté trovare favorevole applicazione per fissare anche la membrana di protezione sul retro (Fig. 3). Questo sistema facilitava notevolmente le operazioni d’ispezione della tela, senza doverla necessariamente togliere dal telaio.

L’ultimo modello presentato ebbe due importanti varianti utili a facilitare la taratura, le quali diedero la possibilità di modificare la forza applicata dalle molle anche dopo il montaggio del dipinto sul telaio. Va ricordato che il calcolo delle forze da applicare alla tela va sempre deciso in fase progettuale, ed anche la MST8 va definita a priori, oltre alla tipologia e alle caratteristiche delle molle (materiale, lunghezza, diametro, deflessione, carico). La prima variante facilitò la taratura e consentì al restauratore di poter usare le stesse molle lavorando con carichi diversi, anche a tela già montata (Fig. 4). Per le proprietà delle bussole tale sistema era adatto per opere di grandi dimensioni. Rilevante fu anche la variante del sistema di aggancio della tela di protezione, incastrando, come in precedenza, la stessa all’interno di una scanalatura a sezione circolare ricavata nel telaio, in cui il precedente tubolare di gomma diventava ora una fila di clip a pressione9

La seconda variante previde una riduzione dell’involucro in cui era contenuto il meccanismo di spinta (Fig. 5). La bussola di contenimento della molla aveva una svasatura che consentiva, in fase di caricamento, il suo autobloccaggio sul telaio. La taratura era data da un pistoncino cavo con filettatura esterna, con un terminale a testa esagonale che facilitava le operazioni di regolazione. Tale sistema, grazie alle ridotte dimensioni, si è reso adatto soprattutto per telai di medio formato con sezioni ridotte e adattabile anche per sistemi di tensionamento con recupero del telaio originale10

L’aggancio della tela con policromia e della membrana protettiva in questo sistema si vincolavano in un’unica sede. Per facilitare la realizzazione del telaio ligneo, si progettò una fresatura per un profilato con alloggiamento concavo in materiale autolubrificante (Peek11). All’interno di questo alloggiamento, prima venne bloccata con le clip la tela dipinta, successivamente, con un tubolare di gomma aggrappante venne vincolata sopra la membrana di protezione. Per quanto riguarda lo “scivolamento” del tessile lungo il perimetro del telaio, questo si è reso possibile da una serie di accorgimenti che, negli anni sono stati progressivamente migliorati.

Risalgono al 1982 i bordi di scivolamento a sezione circolare (con funzione distanziatrice) per il riutilizzo del telaio antico, come quelli a sezione a “H” e “C” che permettevano uno scivolamento perimetrale e longitudinale con attrito radente ed una distribuzione delle forze omogenea.

Negli anni ’90 per ottimizzare lo scorrimento della tela lungo il perimetro, presi spunto dal telaio elaborato negli anni ’80 a “U” rovesciata e perfezionai i bordi di scivolamento12. In questo campione, il bordo era costituto da un tondino in materiale antiattrito con un taglio a fessura, infilato sull’estremità del profilato. Lo scivolamento della tela era favorito da una guaina di scorrimento, frazionata in pezzi, agganciati con un sistema a clip a rivestire il tondino stesso (Fig. 6). Tale accorgimento può essere usato anche per il recupero del telaio preesistente.

Sulla base invece del mero attrito volvente, e non della fusione di attrito volvente e radente come quello appena sopra esposto, elaborai un “sistema a rullo” il cui modulo base era costituito da due

elementi in materiale antiattrito, e cioè un rullo (che può essere frazionato), ed un elemento che lo conteneva. Questo sistema può essere applicato a vecchi telai grazie a delle fresature perimetrali13

Furono create diverse ipotesi applicative utilizzando i moduli in diverse combinazioni. Il primo fu l’inserimento di due rulli collocati a 45° sugli spigoli esterni del telaio. I rulli così posizionati, oltre a favorire la riduzione delle forze di attrito tra tela e telaio, fungevano anche da elemento distanziatore dal telaio stesso (Fig. 7).

Descrivendo ora l’immagine, si osservano due rulli e i relativi elementi di contenimento in materiale antiattrito, bloccati sul telaio tramite un profilato che li raccorda e che si avvita al telaio stesso (Fig. 8). La forza della tela che riveste il meccanismo è di per sé sufficiente a bloccarlo contro il telaio.

In un altro sistema14 gli elementi di contenimento dei rulli a 45° essi sono vincolati al telaio con colla e un incastro a taglio di sega. Come anticipato, il “sistema a rullo” consente diverse soluzioni per lo scivolamento della tela e, di conseguenza, considerevoli vantaggi per l’equilibrata distribuzione delle forze all’interno del sistema “supporto tessile-strati policromi”.

Tornano ora a riconsiderare gli studi condotti negli anni ’80 sui tenditori esterni con ammortizzatori e cavi di collegamento, fu sviluppato un tenditore a prestazioni elastiche. Il sistema incluse al suo interno un meccanismo elastico in cui si possono agganciare fili o barre di acciaio molto sottili, che permettevano al sistema di usufruirlo come tenditore elastico. A questo tenditore era possibile applicare una forza calcolata e conoscere sempre il valore della forza attraverso le tacche di riferimento sul pistone. Inoltre c’era un blocco di espansione che andava a privilegiare i movimenti di restringimento della tela15 (Fig. 9). Il meccanismo descritto trasformava il sistema di tensionamento in maniera flottante autoadattativa. Ancora una volta troviamo qui delle varianti, nate e progettate a seconda delle casistiche, come le modifiche negli agganci per collegarsi, da un lato all’estremità dei bordi della tela e dall’altra al telaio per mezzo di un supporto cubico. Tuttavia si rimanda al capitolo delle applicazioni pratiche in cui viene mostrato l’utilizzo nel concreto. Sicuramente un sistema flottante autoadattativo, calcolato sulle reali esigente della struttura tela-strati policromi, può favorire la conservazione di un dipinto, come anche evitare vincoli perimetrali creando uno strato cuscinetto sul retro del telaio.

Inizialmente i telai non possedevano alcuna espansione angolare e, se ben preparati e conservati, potevano mantenere un ottimo comportamento nel tempo. Ai nostri giorni molti di questi telai sono stati giudicati troppo deboli, e spesso sostituiti o rinforzati con sistemi più robusti strutturalmente, cambiando la morfologia stessa del telaio. Questa apparente debolezza era precisamente calcolata fin dalle origini: creare un sistema di supporto “flessibile”, per permettere una certa elasticità e supplire in tal modo alle eccessive tensioni che si potevano produrre. Un vero e proprio sistema di supporto parzialmente elastico, soprattutto in fase di restringimento.

Da queste ultime considerazioni nasce l’idea di semplificare i sistemi flottanti prendendo spunto dalla costruzione degli antichi telai, realizzando dei telai reticolari16. Questi sistemi includono un’indeformabilità strutturale, e contemporaneamente un’elasticità intrinseca, usando sezioni lignee delle parti (aste) costitutive molto ridotte, e aumentando il loro numero all’interno di uno studio geometrico ben preciso. Tali accorgimenti si possono adottare soprattutto nei telai di nuova fattura ma anche nell’adeguamento di telai antichi.

Parecchi anni fa ho preparato una tela campione e l’ho montata su di un telaio molto leggero, di dimensioni 100x80 cm. Per mancanza di materiale riciclai ciò che possedevo in laboratorio, usando aste in legno con una sezione di spessore di 1 cm per le traverse centrali, e di 1,5 cm per le assi perimetrali del telaio, dandogli una certa resistenza attraverso un sistema semireticolare, ad angoli rigidi. Il tensionamento della tela di cotone dopo il lavaggio, fu fatto con l’uso delle sole mani e inchiodandola tradizionalmente al perimetro del telaio. Sulla tela fu stesa una preparazione, successivamente dipinta con colori ad olio. L’opera negli anni è stata spostata in diversi luoghi, talvolta poco rispettosi dei parametri conservativi, addirittura posizionandola all’esterno. Dopo 38 anni ci troviamo ancora oggi una tela con stato di conservazione perfetto, senza alcuna gibbosità né cedimenti, neppure agli angoli. Pur non avendo mai dato un rinnovo di tensione la fibra tessile è perfetta. Le traverse centrali, molto leggere, hanno agito da sistema elastico: mentre il perimetro del telaio è perfettamente piano, le traverse nella parte centrale sono flesse distanziandosi dalla tela, per seguire i movimenti del dipin-

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to (Fig. 10). Lo stesso concetto di struttura reticolare può quindi essere applicato anche al recupero dei telai originali. Se realmente tali strutture per essere rifunzionalizzate necessitano, oltre alle manutenzioni di prassi, di essere rafforzate strutturalmente, si possono adoperare delle traverse molto leggere e poco invasive, che lavorino congiuntamente al telaio medesimo. Molte volte basta appoggiare al telaio originale delle strutture reticolari elastiche, preparate a parte con dei vincoli all’originale reversibili, oppure delle semplici traverse elastiche (Fig. 11), in cui delle traverse-puntoni con un semplice taglio centrale danno flessibilità al sistema. Similmente anche traverse con dei meccanismi a molla possono offrire le stesse proprietà. Molte volte questi accorgimenti permettono non solo il recupero del telaio ma evitano anche la schiodatura della tela dal telaio originale.

Conclusioni

Il tensionamento delle opere su tela prevede diverse ipotesi d’intervento, variabili a seconda della casistica dei danni, della forma e delle dimensioni dell’opera. Dalle ricerche pubblicate e fino ad oggi condotte in vari istituti, si può ragionevolmente concludere che il valore della tensione non sia un assoluto generalizzabile, ma deve essere posto in relazione al reale coefficiente di elasticità del “sistema tela-strati policromi”.

La panoramica di prototipi e meccanismi esposta sopra ne è un esempio, ma non vuole essere una dimostrazione esaustiva né meramente dimostrativa: la volontà è far comprendere che non esiste un telaio, un metodo ed una teoria di tensionamento universale. Risulta doveroso che il restauratore debba saper progettare, dimensionare e calcolare il proprio intervento senza demandare per forza le scelte ad un “telaista”. Fondamentale è anche procede nell’istanza conservativa del non rilassamento, piuttosto che nella ricerca della perfetta planarità. In altri termini si dovrebbe esclusivamente cercare di inattivare processi di stress meccanici senza forzare un ritorno all’integrità primaria. Quanto detto fa subitamente pensare al giusto concetto interpretativo di minimo intervento, che, se analizzato in termini ancora più contemporanei si va a incarnare in un altro principio: la sostenibilità conservativa.

Efficace è inoltre la sostituzione del concetto di reversibilità con un più ampio principio di compatibilità: porre attenzione ai comportamenti meccanici e termici (UR) dei materiali da applicare, evitare ove possibile stravolgimenti stilistici e strutturali del retro, evitare la foderatura di prassi, accettandola solo in caso di prevedibile perdita dell’opera. In altre parole accettare la debolezza intrinseca dell’opera.

Non meno importante è la difesa passiva del degrado conservativo: protezioni sul retro, riutilizzo dello stesso telaio originale, ove possibile, con piccole modifiche o accorgimenti aggiuntivi. Infine non va dimenticato che anche il restauratore è una specie che va protetta, e va difeso attivamente, scegliendo materiali e strumenti più economici e reperibili, usando sistemi semplici da tarare e da montare in autonomia, possibilmente “economicamente sostenibili”.

NOTE

1 R. Carità, Considerazioni sui telai per affreschi trasportati su tela, Bollettino ICR 19-20, 1955.

2 In questo periodo l’intervento strutturale si basava principalmente sul concetto di rinforzo della tela piuttosto che intervenire sul telaio, la foderatura in questo senso era una prassi molto diffusa anche se si cominciava mettere in dubbio la correttezza di un tale intervento.

3 F. Del Zotto, Un dipinto di Francesco Floreani: la Trasfigurazione, Tesi di diploma, Scuola di Restauro Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia , Villa Manin di Passariano, Codroipo (Udine) 1983.

4 F. Del Zotto, Preservation of canvas paintings. Structural solutions in relation to environmental changes. Preliminary report, in Science Technology and European Cultural heritage, in Proceedings of the European Symposium Science, Technology and European Cultural Heritage, Bologna, 13-16 June 1989, Brussels-Luxembourg 1991, pp. 717-721; F. Del Zotto, Preservation of canvas paintings. Structural solutions in relation to environmental changes, in ICOM Preprints, Dresda 1990, pp. 113-118; F. Del Zotto, Tensionamento dei dipinti su tela: contributo per una ricerca metodologica applicata, in “Kermes”, IX, MCMXC, pp. 3-10.

5 Id.

6 Id.; F. Del Zotto, Telai e dipinti su tela. Equilibrio delle tensioni e proposte, in “Progetto Restauro”, XXV, MMIII, pp. 24-46.

7 Id.; F. Del Zotto, Bastidores y pinturas sobre lienzo. Equilibrio de las tensiones y propuestas operativas (primera parte), in “PH47 - Boletin del Instituto Andaluz del Patrimonio Historico”, XLVII, Febrero MMIV, pp. 106-119; F. Del Zotto, Bastidores y pinturas sobre lienzo. Equilibrio de las tensiones y propuestas operativas (secunda parte), in “PH57 - Boletin del Instituto Andaluz del Patrimonio Historico”, LVII, Febrero MMVI, pp. 82-96; F. Del Zotto, Minimo intervento e prassi della conservazione: dipinti su tavola, scultura lignea e dipinti su tela, sta in Atti del Secondo Incontro biennale Cesmar7 Colore e Conservazione – Minimo intervento conservativo nel restauro dei dipinti, Thiene (Vicenza), 29-30 Ottobre 2004.

8 Massima Tensione Sostenibile. Vedasi: W. H. Russel-G. A. Berger, The behavior of canvas as a structural support for painting: preliminary report, in IIC Preprints Science and Technology, Washington D.C. 1982, pp.139-145; G. A. Berger-W. H. Russel, Some Conservation treatments in the light of the latest stress measurements (preliminary report), in ICOM Committe for Conservation, 8th Triennal Meeting, Working Group 2 - Structural Restoration of Paintings on Canvas, Sydney Australia 1987, pp.127-136; G.A.Berger-W.H.Russell, An evaluation of the preparation of canvas paintings using stress measurements, IIC Studies in Conservation 33, 1988, pp. 187-204.

9 Vedasi nota n. 5.

10 Vedere nota n. 7.

11 PEEK®Polyetheretherketone, www.goodfellow.com

12 Vedasi nota n. 3; F. Del Zotto, Il telaio come strumento di conservazione preventiva: recenti soluzioni per l’equilibrio delle forze e il mantenimento delle strutture di supporto originali, in Lo stato dell’arte, Atti del I Congresso Nazionale IGIIC, Torino 2003, pp. 396-408.

13 Id.; M. Nimmo - M. Paris - L. Rissotto - F. Bonetti - P. Cappa, Tensioning Gilded and Painted Leather, in ICOM Committe for Conservation, 11th Triennal Meeting, Working Group B10- Conservation of lethercraft and related objects, Edinburg 1996, pp. 751-758.

14 Id.

15 Id.

16 Il Telaio reticolare è un insieme strutturale composto da una serie di aste vincolate le une alle altre, parti di esse lavorano a trazione ed altre lavorano a compressione. Attraverso il diagramma Cremoniano è possibile calcolare gli sforzi interni e quindi dimensionare la struttura.

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Fig. 8

Collocazione della Pala d’Altare di Gian Battista Tiepolo, Santa Tecla intercede dalla liberazione di Este dalla pestilenza, 1759, Duomo di Este (Padova).

Fig. 9

Particolare dell’opera di Gian Battista Tiepolo: gibbosità presenti nella parte inferiore della tela.

che permettesse di agganciare la tela senza alcun collante o fasce (Fig. 12). Il sistema ideato ha permesso di vincolare i bordi in maniera elastica e flottante, consentendo di tenere in tensione il dipinto e di conoscere sempre la forza di carico applicata. La struttura di vincolo elastico perimetrale ha dato subito risultati positivi: la minima forza applicata ha infatti rapidamente determinato una certa distensione del “sandwich” delle quattro tele sovrapposte, permettendo di procedere anche con le fasi successive.

Per l’esposizione del dipinto in mostra si è scelto di non rinchiodare la tela sul telaio curvo del ’24, ma di fissarla al medesimo con un provvisorio sistema flottante, privo di vincoli rigidi, al fine di garantire comunque una buona distribuzione delle forze alla tela nel periodo d’esposizione (Fig. 13). Si è quindi realizzato un meccanismo con cui è possibile vincolare la tela al telaio in maniera flottante, privilegiando la tensione verticale e potendo misurare anche la tensione laterale della tela in maniera millimetrica. Per rendere possibile tutto ciò sono state preparate, attorno al perimetro della tela delle fasce di ampliamento in tessuto sintetico sottile ma molto resistente, che girano sul retro del telaio. All’estremità delle fasce è stata realizzata un’asola, necessaria ad inserire un profilato di alluminio, utile per metterle in tensione attraverso tenditori provvisori (Fig. 14), coadiuvati nella loro azione flottante e di scivolamento da un profilo perimetrale in legno a bordi arrotondati.

Ultimata la mostra l’opera è stata riportata sul tavolo interinale per le operazioni definitive. È in tale fase che viene studiato un sistema di tensionamento calibrato e controllato per tenere vincolata la tela durante le fasi di lavoro (riutilizzando le fasce di ampliamento già esistenti), e contestualmente permettere un suo naturale riappianamento (Fig. 15). Saltando le scelte metodologiche che verranno applicate, una volta ultimato l’intervento di conservazione sulla fibra tessile, verrà affrontato il problema del supporto definitivo della tela.

La tela ha bisogno di una tensione verticale, che eviti la formazione di insaccature, ed orizzontale, che contrasti la formazione delle fenditure perpendicolari a cresta. Si può affermare, in sintesi, che tensionando l’opera in maniera tradizionale, pur con una tensione corretta, la tela nella parte centrale tenderebbe parzialmente a raddrizzarsi, assumendo una forma trapezoidale decrescente dal centro verso i lati, per l’effetto Poisson3 (Fig. 16).

Fig. 10

Elaborazione grafica del supporto interinale per tensionare la tela nelle fasi di lavoro.

Si dovrà considerare quindi sia il riutilizzo del telaio esistente con opportune modifiche, sia la sostituzione con uno nuovo5. Sicuramente sarà essenziale applicare un sistema di aggancio flottante, senza vincoli rigidi. È necessario quindi privilegiare un tensionamento verticale con un sistema nella parte superiore e inferiore. A tal fine si possono adottare aste perimetrali che si dilatino (Fig. 17). Verticalmente le fasce perimetrali girate sul retro e agganciate a dei tiranti regolabili permetterebbero un vincolo più elastico in senso trasversale e più scorrevole in senso longitudinale. Come agganci potrebbero essere adottati dei tenditori (Fig. 18). La tensione descritta sarà tuttavia insufficiente a mantenere perfettamente in piano la pala, nonostante agisca in verticale e solo parzialmente in trazione orizzontale, poiché creerà automaticamente un parziale raddrizzamento della tela al centro. Per evitare questo movimento è necessario applicare una forza ortogonale alla fibra, se pur minima, che la tenga aderente alla forma concava della nicchia6. L’utilizzo di un campo magnetico basato sul principio del neodimio7, potrebbe risolvere il problema. In questo modo infatti si può ottenere una forza ortogonale alla tela, distribuita su tutta la superficie e calcolabile precisamente. Per fare ciò sarà necessario costruire un nuovo telaio, costituito da un insieme di centine che seguiranno tutta la superficie in altezza, a formare un’intelaiatura reticolare molto leggera, indeformabile ed elastica (Fig. 19). I margini esterni verticali verranno arrotondati per permettere lo scorrimento laterale delle fasce perimetrali. La centina perimetrale superiore e inferiore verranno irrobustite e affiancate da un profilo rigido di espansione che permetterà l’ampliamento del telaio stesso. Nel verso della concavità (dove poggerà la tela originale), tutta la superficie verrà rivestita con uno strato di materiale inerte (ad esempio Kevlar o Goretex), oppure con un compensato molto leggero.

Fig. 11

Il tavolo funziona sia da tavolo interinale per il tensionamento della tela che da struttura lavorativa assieme ad un carrello mobile che consente di lavorare nelle zone interne del dipinto.

Sul retro del telaio si ipotizza di disporre dei piccoli magneti al neodimio, i quali verranno inseriti in contenitori di silicone collocati sul retro del telaio. Ciò darà al magnete la possibilità di compiere micromovimenti sulla superficie, o meglio, permetterà lo “scivolamento” degli stessi sulla superficie, continuando a garantire il costante tensionamento ortogonale della tela. Il retro del dipinto, per operare con la struttura di supporto, dovrà essere trattato in maniera specifica, ad esempio operandolo con dei micro-ragnetti in materiale magnetizzabile con delle “zampe” di aggancio che diano forma a dei moduli, capaci di formare strutture estese, simili a dei reticoli alveolari. Quest’ultimi verranno collocati in maniera puntiforme sulla tela di rifodero. In alternativa si possono ipotizzare dei gel magnetici, utilizzando le odierne tecnologie serigrafiche, da stendere in maniera puntiforme su di una tela di sacrificio.

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Franco Del Zotto
Il delicato equilibrio strutturale dei dipinti su tela: la storia e le soluzioni attuali

Fig. 12

Sistema di tensionamento a pinze applicato sul supporto interinale e spaccato del meccanismo: 1 tensore flottante, 2 tensore rigido.

Fig. 13

Sistema flottante provvisorio adottato per l’esposizione in mostra (fase di montaggio).

Fig. 17

Sistema di tensionamento flottante in senso longitudinale: 1 perimetro della struttura portante; 2 fasce perimetrali rovesciate; 3 profilo di dilatazione con bordi di scivolamento; 4 pistone flottante con sistema di taratura delle forze; 5 stop di sicurezza regolabile.

Fig. 19

Elaborazione grafi ca semplifi cata della nuova struttura portante per la tela che si addosserà al tavolato esistente: 1 vista del recto; 2 vista del verso.

Fig. 18

Fig. 14

Particolare del meccanismo usato per il sistema flottante provvisorio adottato per l’esposizione in mostra.

Fig. 15

Sistema di tensionamento flottante, elastico e calibrato adottato per il tensionamento post mostra.

Fig. 16

Grafico raffigurante la deformazione della tela in riferimento al tensionamento perimetrale dell’attuale telaio curvo. La zona celeste indica la crescente variazione di raggio di curvatura della fibra tessile verso il centro dell’opera.

Un’altra ipotesi potrebbe essere creare un nuovo tessuto, con trattamento in gel ferroso seguendo uno specifico disegno, da posare a contatto sulla tela di rifodero, creando dei vincoli minimi, ad esempio utilizzando un adesione per punti molto radi, similmente al metodo nap bond system8 . Questi meccanismi, ora in fase di collaudo, avranno lo scopo di tenere sempre aderente la tela al telaio concavo sottostante. Il sistema di tensione perimetrale sarà quindi coadiuvato dal sistema di tensione generato dai campi magnetici su tutta la superficie, che applicheranno una forza ortogonale alla fibra in modo omogeneo e costante.

Si ringrazia per la collaborazione l’Ingegner Agostino Bruschi, la restauratrice Vera Fedrigo, la funzionaria ministeriale Elisabetta Francescutti e la restauratrice Federica Romagnoli.

NOTE

1 E. Francescutti- F. Del Zotto, A noi tutti sarebbe obbligo sacrosanto di tramandare quest’opera che tanto ci onora intatta ai più tardi nepoti”. Conservazione e conservatori della Pala di Este dall’Ottocento ai giorni nostri, in Gianbattista Tiepolo “il miglior pittore di Venezia”, G. Bergamini-A. Craievich-F. Pedrocco (a cura di), Catalogo della Mostra Gian Battista Tiepolo, 15 Dicembre 2012 - 7 Aprile 2013, Villa Manin di Passariano, Codroipo 2012, pp. 297-320.

2 Il dipinto presenta tre strati di foderature diverse.

3 Vedere nota n. 1.

4 Il modulo Poisson è una caratteristica propria di ciascun materiale che misura, in presenza di una sollecitazione monodirezionale longitudinale, il grado in cui il campione di materiale si restringe o si dilata trasversalmente.

5 Vedere nota n. 1.

6 Vedere nota n. 1.

7 Il neodimio è un metallo argenteo e lucente appartenente al gruppo delle "terre rare", o lantanidi, presente nella lega chiamata mischmetal fino al 18%. Il neodimio viene utilizzato per produrre magneti permanenti ad elevata forza coercitiva ed è meno costoso dei magneti al samario-cobalto.

8 V.M. Mehra, Foderatura a freddo. I testi fondamentali per la metodologia e la pratica, Nardini, Firenze 2004, pp. 19-31; 35-79; 89-109.

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Pistoncino flottante pensato per le operazioni di ritensionamento sulla struttura definitiva. Il delicato equilibrio strutturale dei dipinti su tela: la storia e le soluzioni attuali
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