Il telaio come strumento di conservazione preventiva: recenti soluzioni per l’equilibrio delle forze

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in grado di distribuire uniformemente la tensione su tutta la superficie e in ogni momento, assecondando in sicurezza i movimenti del dipinto dipendenti dalle variazioni di umidità relativa (U.R.) e temperatura dell’ambiente; controllata, perché deve poter proteggere la tela anche da eventi traumatici, violenti e improvvisi. Questo risultato può essere ottenuto non solo con l’utilizzo di sistemi a meccanismo flottante [25]., ma anche con particolari accorgimenti di montaggio della tela sul telaio. Le applicazioni presentate in questo contributo, sono state progettate, realizzate e applicate su dipinti d’epoca compresa tra il XVII e il XX secolo. Partendo dall’approccio metodologico, per giungere alla fase costruttiva, esse illustrano diverse situazioni:

- vincolo della tela al telaio; - scivolamento longitudinale e trasversale della tela lungo i bordi del telaio; - sistemi di tensionamento della tela riutilizzando il telaio originale o antico. Per esigenze di spazio, in questa sede ci limiteremo a presentare solo una delle ipotesi, e rimandiamo, pertanto, a un prossimo contributo più completo.

Il ruolo della tensione nei dipinti su tela

E’ noto che ciascun sistema tela-strati policromi necessita di una sua propria forza, identificata dalle variabili che lo costituiscono: tipo di tela, qualità e consistenza della preparazione, stato di conservazione di tutti gli strati, interventi subiti (foderatura, impregnazione, ecc.) o da subire. Ogni elemento costitutivo ha identità chimico-fisica e risposte fisico-meccaniche differenziate; ognuno ha propri modulo elastico e resistenza a trazione, compressione e torsione; ognuno manifesta proprie curve di restringimento o dilatazione in relazione alle variazioni di U.R. e temperatura [21, 23]

Una volta individuato il valore di questa forza, esso costituisce il limite di riferimento della tensione cui il dipinto va sottoposto. Scendendo ancor più nel particolare, per la valutazione della tensione da applicare, si devono tener presenti l’influenza

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Figura 1 – Telaio flottante autoadattativo. a: telaio fisso in legno; b: profilato scorrevole in alluminio; c: listello di scivolamento; d: clip autolubrificante frazionata a moduli; e: bussola di contenimento della molla con interno filettato; f: pistoncino cavo con filettatura esterna; g: tubolare di gomma aggrappante; h: clip a pressione per l’aggancio della membrana di protezione. © Franco Del Zotto, Reana del Rojale (UD) Italia, giugno 2003 - all rights reserved

dell’imprimitura e della preparazione sul colore, ma anche l’azione del telaio che, ripercuotendosi sulla tela stessa, interviene sugli strati a essa soprastanti. Per la salvaguardia del sistema è quindi necessario riuscire a stabilire una condizione di equilibrio all’interno della sezione “tela dipinta” e tra questa e il telaio [15, 17, 19, 25, 26] Nelle nostre proposte per telai abbiamo sempre privilegiato una riduzione dimensionale del telaio stesso che assecondi il restringimento della tela piuttosto che l’ampliamento, come comunemente avviene (Figg. 1 e 2).

2 – Telaio flottante autoadattativo a sezione ridotta

Figura 3 – Tela dipinta e membrana di protezione: doppio aggancio a clip e a tubolare. a: profilato di alloggiamento nel legno; b: clip a pressione per l’aggancio della tela dipinta o delle fasce di ampliamento; c: tubolare di gomma aggrappante; d: tela dipinta o fasce di ampliamento; e: membrana di protezione.

Parallelamente, un valore di tensione adeguato non può dirsi tale se la tensione è mal distribuita sulla superficie del tessile. Gli antichi pittori già conoscevano l’anisotropia tra strati policromi e tela, e concepivano la tela stessa come un supporto relativamente stabile e rigido, reso quasi autoportante dagli strati preparatori, come è confermato dalla struttura fissa degli antichi telai e dalla scelta molto frequente di tele a trama rada per fornire alla preparazione una specie di “armatura” [6]. Le ricerche più recenti sul comportamento delle tele grezze e dei dipinti confermano una qualche utilità di quei procedimenti pittorici. [7, 8, 12, 13]

Un’opera d’arte collocata in ambiente climaticamente non controllato – condizione comune alla maggior parte del nostro patrimonio artistico – è esposta nell’arco di una stessa giornata a variazioni di temperatura e U.R. frequenti ed elevate. La combinazione e la ripetizione nel tempo di questi fenomeni di stress provocano sulla tela sfibramenti e ondulazioni, sul colore fessurazioni, sfaldamenti, sollevamenti e cadute, che si aggravano ulteriormente con il progressivo invecchiamento del dipinto [4, 5] Queste problematiche potrebbero essere migliorate intervenendo sull’ambiente, sull’area intorno all’oggetto, sull’oggetto medesimo, con azioni uniformabili ai seguenti criteri, così sintetizzabili:

- intervento minimo: limitando cioè sia la quantità e le modalità d’uso dei materiali nuovi adoperati, che l’eliminazione dei materiali originali e/o storicizzati. E’ necessario prendere coscienza che ogni nuovo materiale aggiunto, ogni elemento

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Figura

originale modificato o eliminato può alterare oltre al baricentro estetico, storico e funzionale dell’opera anche quello fisico;

- rispetto dell’opera nella sua stratificazione materica, estetica e funzionale;

- rispetto delle caratteristiche strutturali dell’opera: al limite va accettata anche una congenita “fragilità”;

- rispetto del contesto per il quale l’opera è stata realizzata in origine o in cui risulta storicamente contestualizzata.

La ricerca dovrebbe quindi puntare alla protezione dell’oggetto in situ con metodi poco invasivi quali, ad esempio, la conservazione dell’opera in un ambiente uniformemente controllato, la collocazione evitando ponti termici (fonte di possibile formazione di umidità di condensa) e spostamenti d’aria (con conseguenti turbolenze meccaniche) [25], la protezione del retro da accumulo di polveri inquinanti (con una membrana utile alla realizzazione di una microcamera di coibentazione per la stabilizzazione degli sbalzi di temperatura e U.R.); la realizzazione di un microclima localizzato circoscrivendolo agli spazi in cui l’opera è collocata; la corretta illuminazione; l’esecuzione di adeguate e regolari manutenzioni, anche minime.

Con una situazione quale quella descritta, i dipinti non avrebbero necessità di subire interventi eccessivamente invasivi. Purtroppo la realtà è diversa, poiché la maggior parte delle opere su tela è conservata in ambienti ove è difficile ricreare condizioni ideali. Non per questo si deve necessariamente intervenire estrapolando l’opera dal suo contesto, oppure racchiudendola in “scatole microclimatiche”, un’operazione di mummificazione forzata che rischia di stravolgerne la valenza estetica, oltre che quella filologica e funzionale [3, 11, 14, 24].

In questa generale visione rientra a buon titolo la questione di un telaio “flottante”. Il telaio, inteso come corresponsabile delle condizioni di vita di un dipinto, può utilmente contribuire alla sua conservazione, sia esso realizzato ex-novo, sia ristrutturando quello originale, ma applicando sempre il concetto della mobilità e dell’equilibrio nella distribuzione delle forze.

La tensione costante e il rapporto tela-telaio

La tensione in piano che i telai di tipo tradizionale (zeppe, tenditori angolari) non sono in grado di mantenere costante, ha purtroppo dimostrato un’influenza negativa significativa sullo stato di conservazione dei dipinti. L’anisotropia propria dell’insieme dei materiali che costituiscono l’opera, attivata dalle variazioni microclimatiche, non può essere contrastata da questi meccanismi di supporto, per cui gli effetti si ripercuotono sulle condizioni della tela e degli strati pittorici [8, 12, 13, 18, 20, 22, 23]

Tali variazioni non esercitano alcuna azione negativa su un dipinto nei suoi primi anni di vita, cioè fino a quando il colore è in grado di possedere elasticità e plasticità sufficienti. Con l’invecchiamento dei materiali, invece, qualsiasi movimento differenziato che rompa questo equilibrio può costituire un violento stress: all’interno della sezione strutturale e perpendicolarmente ad essa, compaiono numerosi vettori di forza, sia forza di compressione che forza di trazione. Quando il valore della loro risultante supera il valore della forza di resistenza dei singoli materiali, all’interno del sistema avvengono significative trasformazioni.

A grandi linee si può affermare che solitamente gli strati di imprimitura e preparazione tendono ad assumere un ruolo predominante sugli altri. Quando un dipinto su tela è sottoposto a una diminuzione di U.R., la tela comincia a dilatarsi, mentre l’insieme imprimitura-preparazione tende invece a imporre la sua forza restringendosi. Si può ragionevolmente affermare che se un tessile è messo in tensione oltre il suo livello di

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sopportazione - a seguito di variazioni microclimatiche, oppure con l’ampliamento del telaio - esso cede per riportare la tensione interna al massimo punto sostenibile, detto MST [12]. E’ quindi evidente che ogni cedimento è causa di inevitabili deformazioni permanenti interne (sfibramenti), ed esterne (craquelure, sfaldamenti). Per contro, con l’aumentare dei valori di U.R., gli strati di imprimitura e preparazione si rigonfiano, e il loro aumento dimensionale provoca la dilatazione forzata della tela sottostante. Quando i valori di U.R. oltrepassano l’80%, è la fibra tessile a imporre agli altri strati i propri movimenti di violento restringimento [4, 12]. In tal modo gli strati pittorici si separano dal tessile sollevandosi, con procedimento analogo al precedente. Altro elemento da tenere in considerazione è la temperatura, le cui variazioni si ripercuotono soprattutto sulla pellicola pittorica. I movimenti del colore sono di lieve entità se il film pittorico è sottile, ma possono prendere il sopravvento sulle altre forze se il film pittorico è spesso e disomogeneo. E’ stato rilevato che più vecchio è un dipinto, maggiore è l’influenza esercitata dalle variazioni di temperatura sul colore.

La distribuzione delle forze

Oltre al meccanismo di ampliamento dei telai tradizionali, anche il tipo di vincolo della tela al telaio può provocare danni, che sono generati dalla disomogenea distribuzione delle forze dipendenti dalla rigidità del vincolo perimetrale. Qualsiasi dipinto, foderato o no, inizialmente ben teso su un telaio con zeppe o tenditori angolari, e inchiodato sul perimetro, è destinato prima o poi a perdere la tensione impostata all’origine e di conseguenza la planarità. Nelle situazioni migliori, quando sull’opera è condotta regolare manutenzione, si cerca di ovviare a questo cedimento azionando il sistema di regolazione del tensionamento, non considerando che nel ripristinare la tensione si provoca un dannoso accumulo di forze. Queste sono concentrate soprattutto agli angoli, e decrescono lungo le diagonali verso il centro [1, 2, 7, 8]

Per fornire alla tela la planarità voluta, a ogni regolazione corrisponde quindi un sempre maggiore ampliamento degli angoli. Il tessile, vincolato lungo il perimetro dalla chiodatura, può muoversi liberamente solo in quella piccola zona [1, 2]. Come conseguenza, all’interno della tela, a causa dell’”effetto Poisson”, si generano non solo concentrazioni di forze di trazione ortogonali alle diagonali, ma anche forze di compressione lungo le diagonali e il perimetro [4, 12, 23]. Quando con il passare del tempo l’elasticità plastica degli strati pittorici viene a mancare, la compresenza nel supporto tessile di tali forze provoca sugli strati pittorici stessi spaccature di aspetto assai simile alle fessurazioni da invecchiamento.

Anche sulla tela le forze di trazione e di compressione generano danni, che dal semplice sfibramento possono giungere, nei casi più gravi, alla rottura delle fibre; questo accade quando l’espansione angolare supera la forza di coesione tra le fibre stesse.

Per eliminare, o ridurre, l’insorgere di tali danni è necessario intervenire sul tipo di vincolo della tela al telaio.

Accade a volte che la “ricerca” conduca alla progettazione di meccanismi complicati: completamente estranei al telaio originale, essi cambiano drasticamente l’aspetto del verso dell’opera, filologicamente e storicamente importante quanto il recto. Inoltre, il costo a volte eccessivo di questi sistemi innovativi, costruiti per test di laboratorio o applicati a qualche isolato caso, ne ostacola l’utilizzo da parte dei conservatori.

Per contro esiste un semplice accorgimento tecnico [1, 2] che è in grado di ovviare in buona parte ai danni provocati dalle chiodature tradizionali (graffette, alcune volte anche colla). Esso consiste nella smarginatura della tela da rifodero, o delle fasce di ampliamento, girata sul retro per una lunghezza sufficiente e poi vincolata. Tale ”area cuscinetto”,

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interposta tra la superficie dipinta e il punto di vincolo della tela al telaio, ha lo scopo di assorbire le forze di deformazione generate dal tensionamento del telaio stesso e di favorire lo scorrimento della tela per un’equilibrata distribuzione del meccanismo di sforzodeformazione sull’intera superficie.

La scelta di girare la tela sul retro del telaio ci ha dato la possibilità nel corso degli anni di sperimentare, adottare e sviluppare ulteriormente diverse soluzioni [10, 15]. Il fatto di spostare il vincolo dal perimetro esterno al lato posteriore del telaio farebbe pensare a una soluzione drastica, quale la sostituzione del telaio originale. In realtà ciò non deve essere mai dato per scontato: il telaio originale, o un telaio comunque antico, riveste a nostro parere un’importanza significativa da non trascurare in un restauro. Qualora le condizioni di conservazione lo consentano, esso dovrebbe essere mantenuto, ripristinandone la funzionalità e migliorandone le prestazioni, in base ai dettami delle recenti ricerche sui supporti.

In questa sede ci limitiamo a un breve cenno sul sistema di vincolo e della protezione del retro dei dipinti; facendo rimando alla bibliografia, ci soffermeremo invece più a lungo sulla questione dello scorrimento della tela.

A partire dalla tipologia di vincolo con “area cuscinetto”, abbiamo sviluppato nuovi sistemi, caratterizzati da facilità di esecuzione e aspetto esteticamente poco invasivo. Come illustrato in Fig. 3, la tela del dipinto è fissata al margine posteriore del telaio per mezzo di una serie di clip a pressione all’interno di un apposito profilato. Questo elemento, a sezione quadrata con alloggiamento concavo, è inserito nella sezione del telaio in legno. Ci eravamo già soffermati sulla necessità di proteggere le tele sul retro e di realizzare un microclima localizzato. Nella pratica comune, a volte si usano membrane di stoffa o altro materiale interposte tra il retro della tela dipinta e il telaio, oppure a chiudere, come un coperchio, il retro del telaio, fissandole con graffette o simili. Nel nostro caso, lo stesso sistema utilizzato per vincolare la tela dipinta, può trovare favorevole applicazione per fissare la membrana di protezione; ne troveranno vantaggio sia l’applicazione sia la temporanea rimozione per eventuali verifiche d’ispezione . Nella Fig. 1 la sede di aggancio della tela di protezione è all’interno di una scanalatura a sezione circolare ricavata nel telaio, mentre nelle Fig. 2 e 3 la tela dipinta e la tela di protezione usufruiscono di un’unica sede di vincolo.

Figura 4 – Sezione del telaio originale con bordi distanziatori di scivolamento per la tela rivoltata sul retro. Particolare di aggancio con tenditori in opposizione (1982).

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Figura 5 – Telaio con sistema di aggancio “a clip” 81982). a: telaio in legno fisso; b: bussola filettata; c: pistoncino cavo con filettatura esterna; d: pistoncino di aggancio e spinta; e: molla; f: profilato in alluminio a “C”, g: profilato in Teflon o PVC a “C”, h. clip in metallo; i: rivestimento in PVC.

Figura 6 – Telaio flottante con profilato a “H” (1985). a: telaio in legno fisso; b: bussola filettata; c: listello di scivolamento, frazionato a moduli, con sezione arrotondata e concava; d: pistoncino di aggancio e spinta; e: molla; f: profilato in alluminio a “C”.

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Per quanto riguarda la già citata caratteristica di “scivolamento” della tela lungo il perimetro del telaio, questa è stata resa possibile da una serie di accorgimenti che, nel corso degli anni sono stati progressivamente modificati per migliorare prestazioni, estetica e realizzazione pratica nei laboratori.

Le nostre prime esperienze risalgono al 1982 [10]; qui, per riutilizzare l’antico telaio del dipinto sono stati applicati lungo il perimetro dei bordi di scivolamento a sezione circolare, con funzione anche di distanziatore (Fig. 4).

L’elaborazione di nuovi prototipi ha prodotto, fra gli altri, il modello illustrato in Fig. 5: al perimetro esterno di un telaio in legno di tipo fisso, è agganciato un secondo telaio in alluminio con sezione a “C”, al cui interno è inserita una serie di moduli scorrevoli in materiale antiattrito della medesima sezione. La tela è fissata all’interno di questi moduli con una serie di clip in metallo o in materiale plastico. Anche se il vincolo risulta localizzato sul perimetro esterno, sono il frazionamento e la mobilità dei moduli e delle clip che soddisfano il criterio di scorrimento longitudinale necessario alla distribuzione delle forze.

Risale sempre agli anni ’80 il telaio con profilato a sezione a “H” (Fig. 6). Sul telaio di base in legno sono applicate barre di alluminio a sezione a “H” che mantengono la capacità di scorrere in tutte le direzioni del piano. Sul lato esterno del profilato è infilato a scorrere un listello – frazionato a moduli – in legno duro o altri materiali (ad esempio PVC) con trattamento superficiale antiattrito. La sua particolare sezione arrotondata e concava riduce la superficie di contatto con la tela, e il fatto di essere costituito da elementi di lunghezza ridotta, consente alla tela di scivolare sugli elementi stessi in senso longitudinale lungo tutto il perimetro. Agli angoli del telaio i moduli di scorrimento si uniscono a formare un angolo fisso, per evitare spaccature ad apertura angolare in fase di tensionamento. Anche in questo caso la tela, o le fasce di ampliamento, è sempre rivoltata sul retro e può essere vincolata al telaio in diversi modi (chiodatura, clip a pressione, tubolare).

Dal telaio ad “H” abbiamo proseguito le sperimentazioni con nuovi modelli.

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Figura 7 – Telaio flottante con profilato scorrevole in alluminio a sezione “C” e listello rivestito con clip sagomate in materiale autolubrificante. © Franco Del Zotto, Reana del Rojale (UD) Italia, giugno 2003 - all rights reserved

Nel primo (Fig. 7) il profilato in alluminio a sezione”H” è ribassato a una forma a “C”; il listello di scivolamento, prima frazionato, è continuo ed è fissato sul profilato in alluminio. Lo scorrimento longitudinale e lo scivolamento della tela sono agevolati dall’applicazione di una serie di elementi a clip in materiale autolubrificante, inseriti a pressione sul listello. La forma concava delle clip consente di distanziare la tela sia dal listello, sia dall’alluminio del profilato, sia dal telaio. La tela o le fasce di ampliamento sono, come sempre, rivoltate sul retro per una lunghezza sufficiente e vincolate al telaio di legno con un sistema a incastro; qui la tela è bloccata all’interno di un alloggiamento, ricavato nella sezione del telaio, per mezzo di un tubolare in materiale aggrappante.

Per migliorare lo scorrimento della tela lungo il perimetro, abbiamo sviluppato ulteriori soluzioni tecniche partendo da un vecchio progetto del 1986-88 per un telaio flottante a “U” rovesciata. Quel modello allora soddisfaceva l’esigenza di una struttura mobile con dimensioni esterne fisse, utilizzabile anche su vecchi telai, dato che il meccanismo non necessita di grossi spessori del legno (Fig. 12) [10, 15, 17, 19, 25, 26].

Le recenti applicazioni “combinate” con questa tipologia tengono sempre conto della facilità di esecuzione, migliorano lo scivolamento della tela lungo i bordi e privilegiano l’utilizzo del telaio originale.

Il bordo di Fig. 8 è costituto semplicemente da un tondino in PEEK con un taglio a fessura, frazionato in più elementi, infilato sulle lame laterali del profilato in alluminio a “U”. Il bordo di Fig. 9 è un miglioramento del precedente: il tondino in PEEK è a pezzo intero, e lo scivolamento della tela è facilitato da una guaina di scorrimento frazionata in più elementi, agganciati con un sistema a clip a rivestire il tondino stesso.

Il bordo di Fig. 10 è composto da elementi in PEEK (sezione tre quarti di corona circolare) inseriti a pressione su una smussatura sagomata delle lame laterali del profilato. Grazie alla sua forma e all’incastro “a cerniera” si ottiene una rotazione – se pur entro certi limitidell’intero bordo.

E’ il bordo di Fig. 11 che offre i migliori risultati e garantisce la massima flessibilità dell’insieme. E’ composto da un elemento sagomato in PEEK, a pezzo unico per tutta la

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Figura 8 – Bordo di scivolamento in materiale antiattrito a sezione circolare. Figura 9 - Bordo di scivolamento in materiale antiattrito con guaina di scorrimento frazionata. © Franco Del Zotto, Reana del Rojale (UD) Italia, giugno 2003 - all rights reserved

lunghezza, vincolato alle lame tramite un incastro rinforzato con adesivo. Questo elemento alloggia una serie di cilindretti (di lunghezza variabile in base alle esigenze), sempre in PEEK, che possono ruotare autonomamente su se stessi e scorrere longitudinalmente,

Figura 12 – Sezione del telaio flottante a dimensioni perimetrali fisse (1986), utilizzabile anche su telai antichi e combinabile con bordi di scivolamento diversi.

Figura 13 – Particolare del telaio flottante a “U”. a: telaio originale; b: profilato in alluminio a sezione “U”, c: alloggiamenti a incastro in PEEK, d: rulli di scivolamento; e: semirullo di aggancio; f: fasce di ampliamento.

facilitando al meglio i movimenti della tela. Qui l’attrito radente tra tela e bordi si trasforma in attrito volvente, più vantaggioso Il bordo di Fig. 13 ha dimensioni più compatte grazie al profilato in alluminio a “U” ribassato e alla forma degli elementi che contengono i rulli (che, come nei precedenti esempi, anche qui sono sezionati). Queste caratteristiche lo rendono particolarmente adatto per il riutilizzo dei telai antichi o originali, trasformandoli in sistemi “flottanti” a dimensione perimetrale fissa anche in fase di tensionamento della tela. Una volta montato

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Figura 10 – Bordo di scivolamento basculante Figura 11 – Bordo di scivolamento “a rullo” con rotazione completa. © Franco Del Zotto, Reana del Rojale (UD) Italia, giugno 2003 - all rights reserved

sul bordo perimetrale il meccanismo, la tela viene fatta girare sui rulli e agganciata sul retro. La tensione è fornita da una serie di pistoncini sottili alloggiati nella sezione del telaio, i quali vanno ad agganciare la tela tramite un elemento semicircolare. I pistoncini funzionano in trazione e, alla pari di tutti i meccanismi per telai da noi progettati e realizzati, consentono sia la taratura della forza di trazione sia la messa in sicurezza dell’intero sistema per mezzo di uno stop, anch’esso tarabile in base alle specifiche esigenze [17, 25]. Grazie al dado interno e alla scelta delle molle si può tarare la forza applicabile alla tela, mentre con la vite cava esterna si definisce il limite massimo di “espansione” del sistema (Fig. 14). Inoltre, in ogni momento, è possibile visualizzare praticamente il carico esercitato dalle molle tramite la misurazione dell’escursione dell’asta di aggancio oppure dello spazio libero interno della bussola di alloggiamento.

Figura 14 – Telaio flottante a “U”: meccanismo di funzionamento. a: sede di scorrimento dell’asta di aggancio; b: bussola di alloggiamento della molla con filettatura interna; c: dado di taratura della molla; d: vite cava con filettatura esterna per la taratura dell’escursione; e: asta di aggancio.

uspicando un riutilizzo del telaio originale – o antico, con l’applicazione di sistemi di lustriamo una serie di ipotesi applicative, che utilizzano più moduli in

A tensionamento quali, ad esempio, tenditori e tiranti esterni sul retro (che, come già anticipato, saranno oggetto di un prossimo contributo), abbiamo cercato di applicare anche in queste situazioni il massimo scorrimento perimetrale della tela. Sulla base del concetto di attrito volvente, abbiamo elaborato un sistema “a rullo” (Fig. 15) il cui modulo base è costituito da due elementi entrambi in PEEK: un rullo, che può essere suddiviso in frazioni, e un elemento che lo contiene. Questo sistema può essere applicato al vecchio telaio originale grazie a fresature perimetrali ove alloggiarlo, ed è utilmente applicabile s telai di nuova costruzione.

Di questo sistema il diverse combinazioni: più rulli affiancati in serie, ognuno dei quali alloggiato nel suo elemento contenuto nella fresatura (Fig. 16), oppure due rulli collocati a 45° sugli spigoli esterni del telaio (Fig. 17). Il posizionamento dei rulli, oltre a favorire notevolmente la riduzione delle forze di attrito tra tela e telaio, funge anche da elemento distanziatore dal telaio stesso.

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In Fig. 19 sono illustrati due rulli e relativi elementi di contenimento in PEEK bloccati sul telaio tramite un profilato che li raccorda, e che si avvita al telaio stesso, senza necessità di fresature del legno. Qui la forza della tela che riveste il meccanismo, di per sé è sufficiente a bloccarlo contro il telaio.

In Fig. 18 gli elementi di contenimento dei rulli a 45° sono vincolati al telaio con colla e un incastro ottenuto con un semplice taglio di sega (che può essere eseguito anche su telai antichi, con chiodi interni, senza danni all’operatore).

Come anticipato, tutti questi bordi a rullo consentono, in base alle modalità di applicazione e di utilizzo, diverse soluzioni per lo scivolamento della tela e, di conseguenza considerevoli vantaggi per l’equilibrata distribuzione delle forze all’interno del sistema “supporto tessile e strati policromi”.

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Figura 15 – Sistema a rullo. Figura 16 – Applicazione in linea del sistema a rullo. Figura 17 – Applicazione a 45° del sistema a rullo. Figura 18 – Sistema a doppio rullo a 45° con aggancio a incastro degli elementi di contenimento. © Franco Del Zotto, Reana del Rojale (UD) Italia, giugno 2003 - all rights reserved

Conclusioni

Nell’ambito dei programmi di ricerche e sperimentazioni condotte nel nostro atelier sui dipinti su tela, abbiamo scelto una linea operativa per il minimo intervento in funzione del rispetto storico e culturale di tutti gli elementi che compongono l’opera d’arte. Diamo per scontato, infatti, che è sempre preferibile intervenire a priori sul microclima, piuttosto che “mummificare” l’opera. Qualora ciò non fosse realizzabile, un’opzione possibile è l’intervento diretto sul sistema di “sospensione” del dipinto – il telaio – in modo da attutire l’influenza delle variazioni termoigrometriche sul complesso sistema rappresentato da tela, preparazione e colore.

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Figura 19 – Sistema a doppio rullo con profilato di unione degli elementi di contenimento.

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26 – F.Del Zotto, Telai e dipinti su tela. Equilibrio delle tensioni e proposte, Progetto Restauro n.25, 2003, pp. 24-46.

Foto e grafici sono dell’Autore Ringraziamenti

L’Autore ringrazia l’Ing. Agostino Bruschi e Francesca Tonini per la preziosa collaborazione.

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