Il risveglio di Venezia: un telaio flottante autoadattativo pieghevole per il restauro di otto tele

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“L’Arsenale”, e infine “Il Porto” – ognuna costituita da un grande pannello centrale e da pannelli laterali più piccoli.

Le opere furono esposte anche nel 1926 a Roma, e nel 1951 a Mantova.

Il restauro

Otto dei dipinti appartenenti al ciclo “Il risveglio di Venezia” furono donati al Comune di Puos d’Alpago nel 1970 dalle sorelle Bortoluzzi, eredi del pittore. Dopo alcuni anni di giacenza in depositi, le opere furono esposte nelle sale del locale Municipio, unici ambienti pubblici di dimensioni adeguate a contenere l’intera serie.

All’inizio degli anni Ottanta i grandi teleri furono sistemati all’interno di cornici di legno, ripiegando larghe falde di pittura sia ai lati che in alto, seguendo criteri piuttosto approssimativi di centratura della composizione. L’operazione si era resa necessaria per ridurre l’altezza dei dipinti – che varia da 505 a 513 cm – e renderla compatibile a quella degli ambienti destinati ad accoglierli, entro una misura massima di 390 cm, che si riduce a 375 cm nelle aree dove è presente il controsoffitto (Fig. 1).

segni

Prima del nostro intervento, i dipinti risultavano mancanti del telaio ligneo perimetrale perché fissati a pannelli in truciolare: la porzione di tela rivoltata sul retro era inchiodata al pannello direttamente sul colore. Questa situazione implicava una duplice problematica:

- le opere non potevano essere fruite nella loro totalità: la piegatura provocava un danno tale da squilibrare completamente la percezione della composizione originale voluta dall’artista;

- qualora i dipinti fossero stati mantenuti in queste condizioni, le deformazioni del tessile si sarebbero ulteriormente aggravate, con conseguente irreparabile degrado del supporto e degli strati pittorici.

Verificata la qualità e l’importanza di queste parti ripiegate, ci siamo posti il problema di creare un nuovo supporto che corrispondesse ai criteri di tensione uniforme e costante, e che non precludesse la possibilità di apprezzare i dipinti nella loro interezza, qualora si fossero create le situazioni espositive adatte.

Figura 1 – I Fondatori: Lo scavo dei rii. Il dipinto nella collocazione delle sale del Municipio, ripiegato sul pannello e incorniciato nella nicchia, prima del restauro. Sono visibili le ondulazioni e gli spanciamenti della fibra tessile, i delle ripiegature e degli arrotolamenti, e il degrado degli strati pittorici.

Premettiamo innanzitutto l’analisi delle caratteristiche tecnico-esecutive delle opere, presupposto imprescindibile per qualsiasi operazione di restauro.

titolo dell’opera [2] dimensioni originali larghezza x altezza dimensioni ripiegate larghezza x altezza Arsenale di Venezia 656 x 505 656 x 359 Macina sapiente 213 x 507 213 x 365 Battipalo a vapore 188 x 511 188 x 363 Loggetta sansoviana 192,5 x 512 192,5 x 367 Banchina per scali 193,5 x 513 193,5 x 360,5 Draghe 194 x 511 194 x 364 Armatura del campanile 213 x 516 213 x 368 Scavo dei rivi 205 x 505 205 x 366

I dipinti sono realizzati a olio, su uno strato di preparazione ocra chiaro di spessore sottile. Su questo strato Pieretto ha steso il colore in modo veloce e immediato. Le pennellate sono, a volte, corpose e rilevate (anche di tre, quattro millimetri di spessore); in altri punti il colore è schiacciato all’interno della trama della tela [3] (Fig. 7).

Tutti i dipinti, anche quello di dimensioni maggiori, sono realizzati in un’unica pezza di tela di lino, tuttora molto resistente, sufficientemente elastico e in buono stato di conservazione [4], tessuta con una lavorazione “a tela”, con due fili di ordito e due di trama lavorati in maniera fitta, con un filato di spessore medio grosso [5].

Quasi tutte le tele sono rifilate lungo i bordi; è da supporre che i ripetuti interventi di allestimento di questo ciclo abbiano comportato numerose richiodature – delle quali rimane traccia solamente nei bordi rimasti integri – che nel tempo avevano ridotto a brandelli le parti poi asportate. Sul dipinto più grande si era inoltre intervenuti tagliando dal lato inferiore una fascia alta venti centimetri, che è stata fortunatamente conservata insieme alla tela per la presenza di data e firma, tracciate con analoga modalità anche sugli altri quadri [6].

Dai risultati delle ricerche storiche, risulta che queste grandi tele sono state montate e smontate dai telai, e anche arrotolate, in almeno tre occasioni: nel 1912 per la X Biennale di Venezia, nel 1926-27 per la Prima Mostra dell’Arte Marinara di Roma, e infine nel 1951 per il Premio Suzzara di Mantova. Sono state conservate malamente arrotolate per lungo tempo, fino alla loro esposizione permanente nelle sale del Municipio di Puos d’Alpago (Belluno) [7].

Come diretta conseguenza di questa situazione, si rilevavano problemi di adesione tra strati pittorici e supporto tessile, con conseguenti lacune, soprattutto in corrispondenza delle vecchie piegature. La chiodatura ai pannelli di truciolare aveva accentuato i ripieghi, le borse e gli spanciamenti già presenti sul supporto (Fig. 1).

Nelle zone non interessate da queste forme di degrado, il colore si presentava invece elastico e ben aderente alla tela, grazie alla buona tecnica esecutiva e ai materiali di qualità impiegati dall’artista.

L’intervento di restauro sulla policromia e sulla fibra tessile si è svolto secondo le seguenti modalità: le grandi tele sono state sganciate dai pannelli, velinate e arrotolate. Il retro del supporto tessile è stato pulito a secco, e le zone degradate (fori, sfilacciamenti) risarcite con inserti di tela nuova, ripristinando la tessitura mediante l’incollaggio testa a testa dei fili, e rinforzando gli strappi con tessuto in poliestere leggero [8].

La policromia è stata poi consolidata localmente, e pulita con una soluzione a base di mucina. La fase di presentazione estetica ha visto il risarcimento delle lacune con stucco elastico e l’integrazione pittorica con colori a vernice.

La questione del supporto tessile e del telaio Avendo a mente la scelta iniziale per un intervento il meno invasivo possibile, e verificata la buona qualità del supporto tessile che deponeva a favore di una non foderatura, abbiamo individuato le operazioni da eseguire per il ripristino della funzionalità strutturale e meccanica del supporto tessile, e per la realizzazione del nuovo telaio:

- appianamento delle ondulazioni per mezzo di un pre-tensionamento controllato su telaio interinale;

- ampliamento perimetrale con fasce, in alternativa alla foderatura; - studio del nuovo telaio nel rispetto dei seguenti parametri: o distribuzione omogenea delle forze all’interno della superficie del tessile, o caratteristica flottante autoadattativa per fornire al tessile una tensione adeguata alle sue caratteristiche, in relazione alle variazioni microclimatiche, o possibilità di fruire le opere nella loro totalità, o possibilità di inserire ciascuna opera nelle incorniciature preesistenti di dimensioni inferiori a quelle dei dipinti, ubicate nelle sale comunali (attualmente unico spazio espositivo possibile), o economicità dell’operazione, o facilità nel reperimento dei materiali e della mano d’opera per l’esecuzione, o facilità di trasporto dei dipinti e di gestione del meccanismo.

Per l’appianamento delle ondulazioni sul tessile sono state utilizzate fasce in tessuto di lino analogo all’originale, preventivamente trattate [9], sufficientemente larghe e quindi dotate di una certa elasticità, applicate a freddo sui bordi con la tavola a bassa pressione. In questo modo ogni tela è stata inserita su un telaio interinale provvisorio, in modo da risolvere, grazie a un ritensionamento graduale con apporto di umidità e successive stirature a temperatura moderata, le ondulazioni e le viziature del tessile e i segni delle ripiegature e degli arrotolamenti presenti sulla superficie.

Sostituire i pannelli con un nuovo telaio funzionale costituiva, come già anticipato, una scelta indispensabile. Abbiamo così elaborato alcune ipotesi per la nuova struttura di supporto definitiva.

Una fra queste è stata la progettazione di un sistema “a rullo” che consentisse la visibilità dell’opera facendo scorrere il dipinto su due rulli, collocati in alto e in basso, dotati anche di un sistema di tensionamento che corrispondesse ai criteri citati. Questa idea è stata però abbandonata, per questioni economiche, perché la dimensione dei locali ospitanti non consentiva l’inserimento di una struttura che aveva comunque un certo ingombro, e perché l’eventuale trasferimento per mostre o altro – già previsto – avrebbero reso piuttosto complicati gli spostamenti.

La progettazione si è quindi indirizzata verso un sistema di telaio più “tradizionale”.

La proposta realizzata, consiste in un supporto composto di due strutture-telaio complementari e interattive che, incernierate assieme, passano dalla misura minima alla misura massima (da 350 a 550 cm), in modo che ogni dipinto possa essere alloggiato senza difficoltà nelle sale del Municipio [9], ma all’occorrenza visibile nella sua interezza all’interno di spazi adeguati (Fig. 4).

Il nuovo telaio è costruito in legno, con una serie di traverse in grado di assicurare una diminuzione delle sezioni, un abbattimento del peso della struttura e quindi una certa elasticità, condizione a nostro avviso preferibile a un telaio troppo rigido. La scelta del materiale legno è motivata anche dal fatto che il nuovo telaio avrebbe mantenuto così un aspetto congruo alla tradizionale tecnica costruttiva. Non trascurabile inoltre il fatto che ciò consentiva di economizzare i costi sia di materiale che di produzione: ricordiamo che l’operazione sarebbe stata eseguita da operatori reperibili in loco.

Il meccanismo flottante autoadattativo, successivamente applicato alla struttura di base, doveva necessariamente essere funzionale sia a dipinto aperto che a dipinto ripiegato, assecondando i naturali movimenti di allungamento e restringimento della fibra tessile, conseguenti alle variazioni microclimatiche ambientali. A questo scopo siamo giunti utilizzando:

- tenditori a trazione, esterni alla sezione del telaio;

- un sistema elastico di incernieratura. In proposito riteniamo fondamentale ricordare che ogni dipinto su tela è strutturalmente costituito dalla sequenza tela, imprimitura, preparazione, colore, e che tutti questi elementi, per le loro caratteristiche costitutive, hanno un comportamento anisotropo, cioè reagiscono in maniera diversa l’uno dall’altro alle sollecitazioni ambientali e all’invecchiamento. Per una buona conservazione dell’insieme è necessario che siano mantenuti in una condizione di equilibrio.

Il sistema flottante autoadattattivo [11] si propone come una valida soluzione, la cui caratteristica fondamentale non è tanto l’ampliamento del telaio, e il conseguente ripristino della tensione sulla tela, quanto invece il restringimento dimensionale lungo tutto il perimetro nel momento in cui la tela, per un calo di umidità relativa, si ritira mettendosi in tensione. In altre parole, il sistema flottante autoadattattivo interviene evitando l’accumulo di forze concentrate, causa di stress e sfibrature sulla fibra tessile e “terreno di coltura” per tutti i fenomeni di degrado meccanico sulla policromia.

Sulle fasce perimetrali di tela, già utilizzate nel corso del restauro per la fase di pretensionamento, è stata applicata a sandwich una seconda serie di fasce in tessuto pesante di poliestere (Fig. 2).

Figura 2 – Fasce perimetrali e montaggio sul telaio definitivo. a) supporto tessile originale; b) fasce di ampliamento perimetrali in tela di lino; c) fasce in tessuto poliestere; d) barra piatta in alluminio alloggiata nell’asola di tessuto e forata a intervalli predeterminati.

A contatto con l’interno del telaio, la tela poliestere ha una faccia più lunga che incrementa ulteriormente lo scorrimento perimetrale; all’estremità opposta, con la doppiatura della tela stessa, è stata realizzata un’asola in cui alloggia una barra piatta in alluminio, forata a intervalli predeterminati. Le fasce sono state poi rivoltate sul bordo perimetrale del telaio, su cui era stato preventivamente applicato un listello di legno duro a sezione arrotondata, con trattamento superficiale lubrificante per favorire lo scivolamento del tessile e utile anche

quale distanziatore. Sulla faccia posteriore del telaio, all’interno di una scanalatura, sta una lama, sempre in alluminio, dotata di una serie di fori corrispondenti a quelli sulla barra (Fig. 3). La lama diventa quindi il punto di vincolo dei vari pistoncini a uncino che si agganciano ai fori della barra medesima. Gli elementi che forniscono meccanicamente la tensione – i tenditori – sono costituiti da una barretta filettata a uncino, in acciaio, in cui è inserita una molla. Le molle sono a carico predeterminato e il loro numero, messa in carico e disposizione lungo i quattro lati del telaio sono stati calcolati ad hoc per ciascun dipinto per fornire il valore di tensione minimo indispensabile al mantenimento della tensione ottimale. Particolare è infatti la disposizione grafica dei pistoncini: questa segue un andamento non lineare, cioè la distanza fra pistoncino e pistoncino è stata calcolata in modo da permettere un’uniformità di distribuzione della forza applicata all’interno del tessile, che non sarebbe stata possibile con i pistoncini distribuiti in maniera equidistante; semplificando, a mano a mano che ci si allontana dagli angoli del telaio, la distanza fra i pistoncini aumenta in maniera progressiva (Fig. 6). Questa differenza procede per un tratto, dopo di che la distribuzione si fa uniforme. Il calcolo della distribuzione è stato più complesso nel punto di unione fra i due telai incernierati, dove le forze in gioco sono necessariamente più articolate. La barretta filettata aggancia con l’uncino la barra in alluminio inserita nell’asola, attraversa la lama inserita nel telaio, passa la molla e si conclude con un dado che regola millimetricamente l’escursione della molla, e quindi il valore predeterminato della tensione applicata; la molla è tenuta in guida correttamente, anche a carico massimo, da due pistoncini forati collocati alle estremità, i quali, infilando la barretta di acciaio, offrono centratura e appoggio alla molla medesima. E’ stato anche predisposto uno stop di sicurezza oltre il quale la tensione non può andare, a tutela dell’integrità del dipinto in caso, ad esempio, di strappi o di escursioni microclimatiche eccessive (Fig. 3).

Figura 3 – Meccanismo flottante autoadattativo. a) telaio fisso in legno; b) listello distanziatore di scivolamento; c) lama di vincolo; d) fascia perimetrale, asola e barra piatta; e) barretta filettata in acciaio, a uncino; f) molla; g) pistoncini guida; h) dado per la regolazione dell’escursione; i) stop di sicurezza.

Il meccanismo a cerniera

Ciascun telaio è composto da due “sottotelai”, e il meccanismo a cerniera che vincola l’uno all’altro consente l’apertura o la chiusura “a libro” del dipinto (Fig. 4).

Figura 4 – Sistema di apertura-chiusura a libro del telaio, per l’ampliamento o la riduzione dimensionale del dipinto. Schema di vincolo fra i due sottotelai in fase di movimento. a) lato superiore del telaio maggiore; b) ultima traversa orizzontale del telaio maggiore; c) bordo rigido arrotondato; d) lato inferiore del telaio minore; e) barra filettata in acciaio; f) molla; g) dado di caricamento della molla; h) controdado di sicurezza.

Nella zona di unione dei due sottotelai, quello maggiore ha sul lato superiore un bordo rigido arrotondato, che, a telaio chiuso, si incastra tra i bordi perimetrali di rotazione del sistema (Fig. 5).

Figura 5 – Meccanismo a cerniera, con particolare dello snodo a telaio chiuso e aperto. a) lato superiore del telaio maggiore; b) bordo rigido arrotondato; c) lato inferiore del telaio minore; d) bussola filettata; e) barra filettata con funzione meccanica e strutturale; f) cerniera.

Il bordo è vincolato al telaio maggiore con una serie di barre filettate in acciaio, che una volta avvitate su una bussola filettata alloggiata nella sezione del bordo medesimo, passano nei fori realizzati sia nella sezione del lato alto del telaio sia nella sezione dell’ultima traversa orizzontale. Questi fori sono passanti per permettere lo spostamento verso l’alto del bordo rigido, che si allontana così dal telaio maggiore. Le barre filettate utilizzate per l’unitura dei due sottotelai possiedono una duplice funzione: strutturale, per sostenerne l’unitura, e

meccanica per consentirne l’allontanamento. E’ su tale bordo che è incernierato, con una cerniera a libro incassata a filo, il lato inferiore del telaio minore (cioè quello ripiegabile verso il retro). Anche il bordo inferiore del telaio minore ha forma arrotondata che consente, a telaio chiuso, di ottenere una sezione con raggio di curvatura di circa 5 cm, sufficientemente ampia affinché la tela si ripieghi senza essere danneggiata dal movimento. Come già anticipato, gli strati pittorici erano di per sé sufficientemente elastici da consentire questa operazione senza danni. A tutela della tela originale e per agevolarne lo scivolamento, in corrispondenza della fascia di piegatura, il verso è stato comunque protetto con una fascia di tela poliestere, applicata all’originale con il sistema nap-bond lungo uno dei suoi margini, per una larghezza non superiore a 2 cm L’allontanamento (o l’avvicinamento) dei due sottotelai si rende indispensabile nella fase di apertura (o chiusura) del telaio generale: questo deve infatti modificare le proprie dimensioni per compensare o il ritiro, o l’eccessiva presenza di tela; cioè l’ampliamento è pari a due volte lo spessore del telaio, cui va aggiunto lo spessore che si viene a creare fra i due sottotelai. Quando il telaio è chiuso, il bordo rigido è a contatto del telaio maggiore, e il telaio minore resta al suo posto automaticamente. Quando il telaio è aperto, l’incernieratura sta sul verso dei due telai, il che potrebbe far pensare a una possibile richiusura. Ciò non avviene, perché è la stessa forza della tela tensionata sul davanti che favorisce una portanza in verticale, adeguata a mantenere stabile l’apertura. In questa fase il bordo rigido è lontano dal perimetro del telaio, e le barre filettate entrano in funzione per allontanarlo. Il movimento chiuso – aperto (e viceversa) è agevolato da una serie di molle a carico fisso, tarabili, che lo accompagnano gradualmente. Queste molle, che battono sulla traversa del telaio, sono caricate per mezzo di un dado; il caricamento è modificato dall’operatore in fase di chiusura o apertura del telaio. Le molle incrementano anche la capacità flottante, sia in fase chiusa sia in fase aperta; ed è per questo motivo che è interposto un controdado di sicurezza, per evitare un eccessivo allungamento. Tutte le barre filettate hanno funzione strutturale; la metà ha anche funzione meccanica, secondo le modalità sopra descritte.

Figura 6 – Il telaio aperto con il sistema di irrigidimento per il trasporto. Il particolare illustra l’aggancio agli angoli e la disposizione grafica dei pistoncini lungo il perimetro.

Considerate le dimensioni dell’intera struttura, per consentire movimentazioni e spostamenti anche a telaio aperto, abbiamo ritenuto opportuno irrigidire l’elasticità dell’insieme con una

serie di profilati in alluminio a sezione quadra, inseriti a baionetta nella parte alta del telaio minore e con bulloncini in bussole filettate nelle traverse del telaio maggiore (Fig. 6).

Questa struttura di supporto flottante autoadattativa pieghevole, studiata e progettata per le esigenze strutturali ed espositive delle opere di Pieretto Bianco, costituisce un’ulteriore tappa nel percorso della ricerca applicata al restauro dei dipinti su tela. La sinergia attivata tra i laboratori privati coinvolti nell’operazione, ha prodotto un risultato semplice, ma nel contempo funzionale, e applicabile a casistiche similari. Auspichiamo che in un prossimo futuro, queste iniziative possano essere sostenute anche dalle Istituzioni, per incentivare la ricerca tramite progetti integrati tra pubblico e privato, di cui il settore del restauro soffre una cronica mancanza (Fig. 7).

Figura 7 – I Fondatori: Lo scavo dei rii Il dipinto dopo il restauro, a telaio aperto, con le dimensioni originali recuperate, e un particolare della materia pittorica

Note

[1] Il restauro dei dipinti è stato eseguito nel periodo fine 2003 – inizio 2004 dal laboratorio di restauro Mariangela Mattia di Belluno. L’analisi strutturale, la progettazione dei telai e dei sistemi di tensionamento sono stati curati da Franco Del Zotto, laboratorio di restauro RCA di Reana del Rojale (UD).

[2] I titoli sono quelli che si leggono sull’atto di donazione al Municipio da parte delle sorelle Bortoluzzi.

[3] La stesura dei colori è striata e vibrante, ricomposta dalla percezione di chi guarda più che nell’atto di miscelatura col pennello. La tavolozza è ricca di tinte brillanti, con una dominanza di contrasti tra colori complementari. L’uso costruttivo del colore si rintraccia anche nella linea di contorno realizzata con colori primari (rosso, azzurro, giallo, nero) che fa stagliare in modo prepotente e pieno di energia il soggetto e la composizione. Questo modo di procedere fa chiaramente pensare all’attività di scenografo dell’autore, come pure la richiama la pennellata veloce e non rifinita, e l’uso della quadrettatura, di circa 15 cm di lato, che si legge nei bordi rimasti ancora integri di alcune tele.

[4] Questa condizione è stata verificata anche con un’analisi su alcuni campioni di filato prelevati dai dipinti. Il grado di polimerizzazione della cellulosa componente il filato è stato analizzato dalla Stazione Sperimentale per la Cellulosa, Carta, Fibre Tessili Vegetali e Artificiali di Milano. I valori risultati sono di DPw tra 650 e 780, sufficienti per escludere la necessità di una foderatura.

[5] Questo tipo di tessuto era spesso utilizzato per la realizzazione dei fondali per teatro.

[6] In fase di restauro si è provveduto alla riapplicazione della parte tagliata lungo il bordo orizzontale inferiore.

[7] Questa situazione ha fatto sì che prima del restauro sulle superfici dei dipinti si leggessero numerosi segni di vecchie ripiegature, di battute di telai e traverse appartenenti a vecchi telai, di arricciature lungo il perimetro causate da una scorretta inchiodatura ai pannelli.

[8] Per l’incollaggio testa a testa delle fibre è stato utilizzato Akeogard della Syremont; per il rinforzo degli strappi è stato usato tessuto Stabiltex fissato con il medesimo adesivo.

[9] I dipinti, una volta restaurati, su espressa richiesta della Committenza, sarebbero ritornati nelle nicchie delle sale municipali, per cui era tassativo mantenere inalterate le dimensioni che avevano quando stavano ancora sui pannelli.

[10] La stoffa di lino, senza giunzioni, è stata preventivamente trattata con Plextol B500 della Lascaux, addensato con idrossietilcellulosa.

[11] Per approfondimenti, rimandiamo ai contributi già pubblicati dall’autore, e alla bibliografia di settore.

Bibliografia

1. G.Urbani, Problemi di Conservazione, Bologna 1972

2. G.A.Berger, A structural solution for the preservation of canvas paintings, IIC Studies in Conservation 29, 1984, pp. 139-142

3. M.Berlasso, F.Del Zotto, Francesco Floreani La Trasfigurazione: Storia di un restauro, sta in Quaderni del Centro Regionale di Catalogazione dei Beni Culturali – Varmo, n° 14, Villa Manin di Passariano, Udine 1984, pp. 99-108

4. G.Hedley, Relative humidity and the stress/strain response of canvas paintings: uniaxial measurements of naturally aged samples, IIC Studies in Conservation 33, 1988, pp. 133-148

5. G.A.Berger, W.H.Russell, Changes in resistance of canvas to deformation and cracking (modulus of elasticity „E“) as caused by sizing and lining, ICOM Committee for Conservation, 9th Triennal Meeting, Dresden 1990

6. F.Del Zotto, Preservation of canvas paintings, structural solutions in relation to environmental changes, ICOM Committe for Conservation, 9th Triennal Meeting, Dresden 1990

7. C.R.T.Young, R.D.Hibberd, Biaxial tensile testing of paintings on canvas, IIC Studies in Conservation 44, 1999, pp. 129-141

8. F.Del Zotto, Self-expansion stretcher for two-sided paintings: floating auto-adaptating suspension system, ICOM Committee for Conservation, 13th Triennal Meeting, Rio de Janeiro 2002, pp. 338-345

9. F.Del Zotto, Telai e dipinti su tela. Equilibrio delle tensioni e proposte, sta in Progetto Restauro n.25, Padova 2003, pp. 24-46

10. F.Del Zotto, Il telaio come strumento di conservazione preventiva: recenti soluzioni per l’equilibrio delle forze e il mantenimento delle strutture di supporto originali, sta in Lo stato dell’arte – Atti del primo congresso nazionale dell’IGIIC, Torino 2003, pp. 396-408

11. F.Del Zotto, Bastidores y pinturas sobre lienzo. Equilibrio de las tensiones y propuestas operativas (primera parte), sta in PH47 - Boletin del Instituto Andaluz del Patrimonio Historico, n.47, Febrero 2004, Siviglia, pp. 106-119

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