Abitare la memoria. Turismo in Alta Versilia

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Abitare la memoria Turismo in Alta Versilia



Abitare la memoria Turismo in Alta Versilia

Un progetto della Comunità Montana Alta Versilia Presidenza Maurizio Verona Assessorato alla cultura Sauro Mattei Responsabile del progetto Francesco Vettori Comitato scientifico Francesco Battistini Francesco Bettini Massimo Ceragioli Giorgio Citton Diego Del Frate Piera Elli Sergio Mancini Lorenzo Marcuccetti Sabrina Mattei Isa Pastorelli Valeria Tartarelli Guglielmo Vincenti Coordinamento editoriale Sauro Mattei Francesco Rossi Francesco Vettori Progetto grafico e impaginazione Jacopo Cannas Sabrina Mattei Per la Franche Tirature snc - Pietrasanta (LU) Un particolare ringraziamento a:

Si ringraziano Roberto Ardito (assessore al turismo Comunità Montana) Civico Museo Archeologico di Camaiore, Museo Storico della Resistenza - Sant’Anna di Stazzema, Parco Regionale delle Alpi Apuane, Pro Loco Seravezza, Antonello Antonelli, Roveno Baldini, Emilio Bartolucci, Simone Battistini, Nicola Bazzichi, Lorenzo Belli, Alessandra Berton, Marzia Bonato, Dora Bonuccelli, Stefania Campetti, Luigi Carmignani, Domenico Di Nardo, Sara Galleni, Paola Giannini, Cristina Giorgi, Aniceto Guidi, Stefano Lencioni, Iolanda Lucarini, Massimiliano Merler, Maria Carla Mosti, Libero Musetti, Paolo Pezzino, Franco Pierotti, Egisto Ronchieri, Alberto Tenerani, Simone Tonini Contributi fotografici Archivio Giorgio Giannelli 161 Archivio Museo Archeologico di Camaiore 24-25, 27, 28, 30, 32-33, 35 Archivio Museo Storico della Resistenza-Sant’Anna 142, 144-145, 147, 148, 149, 150 Emilio Bartolucci, Lorenzo Belli, Paola Giannini 174, 181, 185, 189, 193, 197, 205 Simone Battistini 170 Paolo Dori 130, 131, 132-133, 134 Piera Elli 38, 40, 42, 48, 54, 57, 58-59, 61, 62, 64, 65, 66, 67, 70, 72, 73, 74-75, 76-81, 83, 108, 110, 112, 114115, 117, 136, 138-139, 152, 154, 156-159, 166-167 Cicli Maggi 176, 177 Sergio Mancini 86, 88, 89, 90, 95 Libero Musetti e Stefano Lencioni 140 Isa Pastorelli e Giorgio Citton 12, 14-17, 20, 21, 22 Stefano Pucci 18-19 Maurizio Santini 172 Augusto Vergnano 44-45, 47, 92-93, 98, 100-106, 128, 164, 168, 197, 201



La Comunità Montana dell’Alta Versilia Maurizio Verona Presidente della Comunità Montana Alta Versilia

Con questa pubblicazione la Comunità Montana Alta Versilia vuole valorizzare e far conoscere le bellezze naturali e gli aspetti storici, artistici e religiosi del suo territorio. Ci proponiamo di dare un nuovo impulso per stimolare la ricerca e la conoscenza di un entroterra montano rimasto per troppi anni non valorizzato e sconosciuto. Il recupero della rete sentieristica della Comunità Montana è uno dei migliori strumenti per far conoscere le nostre colline e le nostre montagne. L’intervento riguarda un ampio comprensorio che, pur interessando un’area omogenea, va oltre i confini comunali. Rendere di nuovo funzionante una rete di comunicazione rappresenta un contributo allo

sviluppo di tutta l’area rurale dell’alta Versilia. Attraverso di essa intendiamo sostenere le attività (agricole e turistiche) presenti e future e favorire la fruizione dei beni naturali e culturali che sono su questo territorio. Per la realizzazione di questo progetto voglio ringraziare tutti coloro che, con impegno straordinario ma soprattutto con l’amore per il territorio, hanno contribuito con estrema competenza e hanno permesso il raggiungimento di questo risultato. Un ringraziamento particolare va indirizzato alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e al suo Presidente Gian Carlo Giurlani per l’attenzione e la sensibilità dimostrate nei confronti di questo progetto. Grazie



Abitare la memoria Sauro Mattei Assessore alla cultura della Comunità Montana Alta Versilia “E nei sentieri dell’anima regna il silenzio come ombre d’alberi spogli di gente passata”

La Comunità Montana Alta Versilia è da anni impegnata nella realizzazione di progetti di sostegno alle attività di conoscenza e di valorizzazione del patrimonio e delle tradizioni culturali del suo territorio. Progetti che hanno come unico filo conduttore “la storia come oggetto di conoscenza”. Il nostro Ente si propone come una sorta di archivio locale, al fine di valorizzare una regione vasta che comprende i comuni di Seravezza, Stazzema, Camaiore e Montignoso. Questa pubblicazione ha lo scopo di divulgare il progetto di ripristino dei vecchi sentieri per promuovere la zona della Comunità Montana, dando spazio alle caratteristiche paesaggistiche, culturali e turistiche. Non si può parlare di presente e proiettare il nostro territorio verso il futuro, senza la consapevolezza delle nostre radici e del nostro passato. “Abitare la memoria” vuole offrire un facile strumento di lettura su diversi argomenti storici e culturali che fanno

parte di un sapere antico. Attraverso la lettura delle tracce e dei segni del passato si favorisce la fruizione turistica e culturale e si rende consapevole la popolazione locale delle proprie origini, dei propri tesori e risorse. Il volume non ha l’ambizione di essere esaustivo, ma vuole fornire uno stimolo, speriamo importante, alla promozione e alla valorizzazione dell’Alta Versilia e partecipare ad un più ampio progetto che veda insieme come attori enti pubblici e privati. Una rete sentieristica dell’Alta Versilia legata a diverse tematiche, Sentieri che noi definiamo “le strade maestre”; vie di comunicazione, dello scambio, del pellegrinaggio, del lavoro che un tempo permettevano la vita delle genti che abitavano questi luoghi e che oggi, in una sorta di rivisitazione, vogliamo salvaguardare e trasformare in ecomuseo all’aperto, fruibile a chiunque abbia voglia di visitare questo meraviglioso territorio.



Abitare la memoria Turismo in Alta Versilia



Le incisioni rupestri


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Storia, rocce e sentieri Isa Pastorelli, Giorgio Citton

Ci hanno chiesto notizie sui sentieri delle Apuane. Che ne pensiamo? Guarda caso la stessa cosa che pensiamo delle incisioni rupestri: sono un patrimonio prezioso. Sono belli, sono tanti; purtroppo bisognerebbe far di più per mantenerli. Quante guide, però, sugli scaffali, per i sentieri apuani! Qualche volta tracciati diversi, informazioni diverse. Specie per i tempi di percorrenza. Da qui a lì, due ore e trenta. Oppure no, solo due ore. No, si arriva in un’ora e tre quarti. Un’ora e mezza (a gambe levate, naturalmente).

Immagini di gitanti in corsa, lattine di birra e scarpette senza suola ci prendono alla gola e cerchiamo altre voci. Ben felici che in un’epoca di forte intossicazione fisica e mentale vi sia chi cerca altra aria e altri spazi, vorremmo però battere il chiodo: i sentirei apuani sono belli e preziosi: non vanno sprecati. Come un bel tappeto in una bella casa? Ma si. Da X a X ore Z è davvero importante? Secondo l’ottica. Secondo noi, oggi, serve stringere con la montagna un patto più intimo: forse anche camminare piano. Camminare sui sentieri, su tutti i sentieri

anche i meno conosciuti. Ritrovare, con prudenza, anche molti abbandonati. Lasciarsi attirare dai nascosti, spesso incantevoli, “fuori strada”, per riprendere poi, il cammino segnato. Aprire gli occhi, accendere sopite curiosità può aiutare nelle nostre scelte di vita noi stessi e gli altri. Questo modo di incontrare la montagna ha trovato consensi maggiori negli ultimi decenni. Si sono moltiplicati i testi di storia locale, scritti con appassionato impegno: si leggono finalmente i libri di favole e leggende popolari. Si rinnovano i luoghi di acco-

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Qui sopra, simbolo solare che si trovava alla Zingola (Ruosina)

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Nella pagina precedente: Bosco di Montorno (Levigliani), una lastra di roccia porta l’incisione di un’imponente lama.

glienza, si celebrano ricorrenze e la storia è arrivata persino ai menu di ristoro. Tutto questo porterà ad un abbraccio vero alla montagna? Ce lo auguriamo. Ci auguriamo che vi si ritorni davvero. Per ‘capire’ la montagna. Che ha vissuto con gli uomini: che con gli uomini, che un tempo la divinizzavano, ha sofferto. È vero, qualche volta accade a chi vive in montagna che il sentiero sia tanto conosciuto che nel percorrerlo non vede più quasi nulla: tuttavia è curioso, vede i funghi perché li cerca: non vede invece altre cose ormai per lui obsolete, comprese le incisioni rupestri. Forse è meglio cambiarsi un po’ gli occhi, evitare di chiedere solo che il sentiero non sia

sporco. Si può sempre dare una mano. Così noi, oltre che delle rocce incise, vorremmo scrivere dei sentieri, ma sappiamo che non ci riusciremo. Perché il sentiero costituisce la guida per portarci nella storia vissuta. Nel libro della storia apuana, in cui le pagine si intrecciano di continuo: di autori diversi, di epoche diverse. Perché i sentieri oggi non sono più che in parte quelli di ieri. E quelli di ieri non più quelli dell’altro ieri. Ogni epoca ha le sue esigenze. Un tempo erano percorsi necessari alla vita. Oggi, al momento di libertà. Un tempo servivano per andare al lavoro, oppure a vendere o a comperare, andare in città oppure alla guerra. O per condurre il bestiame all’alpe, ai pascoli. Oggi i sentieri sopravvivono soprattutto come testimonianza: per quello che sono stati, per ciò che ci hanno dato. Un esempio semplice: il bel sentiero che tuttora conduce al passo Fordazzani, un tempo Ferrazzani, perché percorso da coloro che rifornivano di carbone la ferriera di Ruosina, ove nel 1560 era stato eretto il primo forno fusorio. Oggi il sentiero, largo e panoramico (in certi punti detto Paradiso),


è percorso da pochi: poco conosciuto. È affiancato a poca distanza, in un punto estremamente panoramico, da una roccia altare di antichissima evidenza: si è aggiunto a vie protostoriche, perché ‘serviva’. Oggi, non serve più, ma solo perché non lo si conosce. Certo i primi sentieri sulle Apuane sono stati tracciati dai cacciatori paleolitici i quali – alla ricerca delle saporite bi-

stecche che, ancora sotto forma di cervo o di orso, gremivano i pascoli montani – partivano sì armati forse solo di un arco, ma dovevano poi caricarsi le prede sulle spalle. Necessario un tracciato percorribile ma rapido. Diverse furono poi le esigenze che portarono i primi agricoltori a sfruttare i piani al sole, a tagliare boschi: altri sentieri portarono la colonizzazione romana, altri ancora

Qui sotto, sullo stesso masso del disco solare alla Zingola, un antropomorfo incrostato di licheni.

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Qui sopra, simbolo solare, di influenza celtica, inciso sulle rocce della Castellina (Arni) Nella pagina a fianco, un serpente inciso a martellina sulle rocce della Rocchetta (Arni)

le guerre. Venne l’incremento della popolazione e l’intensificarsi delle attività sul territorio. Furono i romani a costruire le prime strade: come le prime cave. Tuttavia le vicende del territorio fino verso la fine del secondo millennio parlano di case e di torri, strade e castelli, senza dubbio avvicinati, ma le distanze potevano essere ancora misurate secondo i tempi di pedoni e cavalieri. Dopo il XVIII secolo il ritmo di espansione divenne

fortissimo, tale da rendere irriconoscibile il territorio. Non solo a valle. Non solo per l’arrivo dell’automobile o della ferrovia. È facile comprendere come già la realizzazione di un progetto come la via Vandelli possa aver portato a tutta una modifica dei sentieri in un grosso raggio. Nello stesso modo alla fine dell’Ottocento la realizzazione della galleria del Cipollaio e susseguentemente la trasformazione della via ferrata che passava per Terrinca e Levi-


gliani, in via carrozzabile. Gli eventi epocali sono facilmente riconoscibili: l’abbandono della montagna e il suo spopolamento, le scelte di una nuova socialità abbarbica alla macchina, alla televisione, al computer, al gruppo. I segni di una storia plurimillenaria rimangono, ma rischiano di essere azzerati. Tra questi, le incisioni rupestri. Anche, se pur di rado sui sentieri; talora in punti imprevedibili. Talvolta chiare, talvolta consunte tanto da essere visibili solo a luce radente. Molte volte annegate nel muschio o semicoperte di terra. Lo scoprirle, un fatto sempre emotivo, tale da consentire quasi un singolare rapporto di feeling con chi le ha eseguite. Non sono i marmi a portare le incisioni più antiche. Salvo alcuni casi, legati a varie ragioni (ad esempio un velo siliceo) le superfici calcaree non reggono all’usura dei millenni. Sono le pietre povere, le “pietre di selva” ad essere in testa alla classifica. Comprendendo certe rocce durissime come quella su cui con grande fatica e pazienza un nostro antichissimo progenitore incise, alla

Zingola, la spirale solare. Una invocazione al sole e alla natura che qualche migliaia di anni fa trovava il suo simbolo sia in Oriente che in Occidente e che ci conduce a un messaggio essenziale tutt’oggi chiarissimo. Vi sono luoghi privilegiati, certo. Sono i pianorini di rocce panoramiche ma percorribili, sono i massi prossimi ai più antichi sentieri, sono i luoghi magari solitari ma nei quali si

sente l’antica presenza dell’uomo. Fascino dei boschi. Ad esempio quelli a cui portano i sentieri alti, verso l’Altissimo, del monte Cavallo sopra Basati. I massi segnati dalla coppellazione pre e protostorica sono intatti, ci parlano di una presenza antichissima di un linguaggio ancora ignoto: certo della vita di Liguri Apuani. Non bisogna però pensare

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che abbiano un valore commerciale: i sassi coppellati hanno un senso e un valore significativo solo nel luogo ove sono stati incisi. O magari in un contesto museale, se non frammentati: tuttavia siamo tranquilli, caricarseli è un po’ difficile. Nemmeno bisogna pensare che l’interesse sia solo per la storia più antica. Una data, una firma o un simbolo di fede sono un modo nel cui lo stesso luogo si esprime. Così, abbiamo voluto parlare solo di uno dei modi per vedere i sentieri: un modo aggiuntivo, una spinta in più. Potrà darci momenti intensi. Ci vogliono solo scarpe robuste, un blocchetto da appunti, una matita e…uno spazzolino da denti. Non è uno scherzo: è l’unico strumento consentito per ripulire le incisioni. Proibitivi i temperini, proibito il ‘ripasso’ o comunque le maniere forti. È facile cambiare i connotati, togliere autenticità. Chi cerca trova, ma chi trova… lo faccia sapere, dopo aver fatto uo schizzo a matita… portando disegno e matita a conoscenza Pianorino dei pennati, sul monte Gabberi (particolare)


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21 d’altri. Magari, della Comunità Montana. Quindi, incisioni rupestri: istruzioni per ricerca e conoscenza? Poche e generiche. Le incisioni sulle Apuane sono, è curioso, quasi sempre siboliche. Non vi sono, come ad esempio in val Camonica, ampie rappresentazioni della vita di un popolo. Non rappresentano, esprimono qualcosa. Sono segni molto spesso A sinistra, il masso di Terrinca che riporta una frammistione di croci ‘cristianizzate’ e altri segni di mano molto antica

solitari, di modeste dimensioni: ci parlano di qualcosa che ha riferimento sicuro a un ‘credo’ personale. Che questo credo sia un’aspirazione verso forza e fortuna (il pennato), o un’affermazione di appartenenza tribale (sempre il pennato), o la speranza di una vita calda e serena (il sole), o la fiducia nella comprensione del divino (la croce), sono simboli, sono ‘credo’. Un po’ diverse le coppelle: si suppone, certo, che siano in parte simbolo in parte figurazione, ma per ora non si son fatti gran passi in avanti. E dire

che in Versilia alta, le pagine scritte con le coppelle sono davvero tante. I simboli stessi, come tali, vanno studiati nel loro rapporto antropologico. Molti istintivamente rifiutano l’interesse verso le incisioni dei pennati (presenti anche in altre zone come il Garda, il Piemonte ma non certo quanto sulle Apuane). Preferiscono fermarsi all’ipotesi che si tratti di un passatempo di pastori. Qualche volta certo, è possibile. Inoltre non è possibile una rigorosa datazione: sulle incisioni passano pioggia, sole, vento,


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non c’è barba di radio carbonio o di esame stratigrafico che possa aiutare. Allora? Allora pensiamo a quanto diverse siano le tipologie dei circa 250 pennati incisi sulle rocce apuane. Pensiamo a quanti pennati di bronzo (intatti, dall’età, appunto del bronzo) nei musei d’Italia. Nel Museo di Bologna, quasi duecento. Il pennato ha più di tremila anni: per le nostre zone ricordiamo come Silvano, il dio romano considerato protettore dei cavatori e come tale venerato scolpito in cava, fosse raffigurato con un pennato in mano. Del tutto simile ad altri incisi alla Castellina, o nella zona di Camaiore o di Puntato. Chi ha detto che i Liguri Apuani pensassero solo a far stagionare gli squisiti formaggi

Nella pagina precedente, alcune delle coppelle incise su un massoaltare dinanzi al grande riparo sottoroccia delle Tonacce, sotto Terrinca. Qui a fianco, una trota incisa su di una parete delle pendici del monte Fiocca.

di cui parla la storia? Ci sono pennati incisi anche sulla Tambura, rilevati da noi da poco. Bisogna aguzzare gli occhi, avere la fortuna di un momento di luce radente, attardarsi sulle rocce. Qualche mese fa al tramonto, la luce del sole radente ci ha regalato l’ultimo pennato, sul sentiero (che tutti abbiamo percorso cento volte), bene in vista su un masso isolato. Pennato dimenticato, certo: ma forte, certo, sulla roccia dura: tornato quasi minaccioso. I simboli solari, invece, non sono perentori. In queste zone di boscaioli, agricoltori e pastori, prendono ampie dimensioni sole dopo i mille metri. Altrimenti sono frequenti ma discreti: su massi-altare come

in luoghi più nascosti. I simboli di fede cristiana (che penetrò completamente solo qualche secolo e più dopo Cristo) sono spesso molto belli, ben disegnati e ben incisi; per preghiera, per ricordo, anche per avvertimento ove il sentiero si fa pericoloso. Ve ne sono di tutte le epoche, elaborati e semplici, timidi e marcatissimi: anche lontano dal cammino, perché c’è chi li ha segnati nel luogo più oscuro del bosco. Troverete così anche i cruciformi, quei segni spesso antropomorfi che sono tra le più affascinanti, antiche testimonianze. Se non vi siete fatti un programma di ricerca, va bene sempre. Le incisioni aspettano: un po’ ovunque. Sui sentieri, oltre i sentieri.


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