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OSSIER VENETO L’INTERVENTO.........................................13 Massimo Pavin Flavio Tosi

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Moreno Giuriato IL PUNTO ................................................22 Luca Zaia UNITÀ D’ITALIA ....................................26 Giorgio Napolitano Louis Godart Pietrangelo Buttafuoco Marcello Veneziani Stefano Lorenzetto VERSO LE AMMINISTRATIVE.........38 Alberto Giorgetti Rosanna Filippin

ECONOMIA E FINANZA ISTITUZIONI EUROPEE .....................44 Mario Draghi L’ECONOMIA VENETA .......................48 Alessandro Bianchi MERCATI ESTERI ................................52 Andrea Bolla Gian Domenico Cappellaro Antonio Favrin Giannino Marzotto Mario Moretti Polegato Vincenzo Consoli INNOVAZIONE.......................................64 Marialuisa Coppola Riccardo Donadon IL SISTEMA TREVIGIANO.................70 Gian Paolo Gobbo Alessandro Vardanega Guido Pomini APPLICAZIONI GESTIONALI............76 Renato Bardin

IMPRENDITORI DELL’ANNO ...........82 Lucia Chiabrando e Nicola Franco, Bruno Gonzato, Marco Faccioli, Carlo Casarotti, Mario Zanardo, Paolo Zanetti, Adelangela Menegon, Marco Sacchetto, Franco Zanardi, Patrizia Cortiana, Roberto Padovani, Giulio Bidese, Ettore Zanon, Luciano Tiveron, Angelino Morandi, Elio Benacchio, Arcangelo Pessot, Davide Perin, Otello e Adriano Campion, Sandro Muschio, Graziano Roman, Marco Ferraro, Luigi Lago, Martino Dal Santo, Dionisio Ragessi, Eligio Moratto, Antonio Cracco, Pakelo, Massimo Mazza, Renzo Gollin e Marco Ferron, Sergio Girotto, Mario Piuzzi, Flavio Brama, Franco Buglio, Alberto De Vincenzi, Dino Sprea, Simone Brolese, Valentino Furlan, Mario Giacchetto, Luigi Ciarlo, Gabriele Boschetti, Giuseppe Feroni, Franco Tenzon, Oscar Baggio, Alessandro Vigolo, Giacinto Ricci, Fiorenza Carraro, Franco Castegnaro, Vittorio Mora e Tiziano Busin, Alessandro Fabrizio, Franco Grappoli, Leone Bernardi, Massimo Anceschi CONSULENZA....................................208 Marco Beltrami IL SETTORE TESSILE.......................212 Federica Pasato e Alberto Santinello Fabio Campagnolo Alessandra Chiavelli Mauro Bizziato Ivano, Walter e Gianni Santi

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Sommario IL MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO .................226 Giuseppe Ramonda Maurizio Berton IL SETTORE CALZATURIERO ......232 Bruno Bozzolan Gabriele Maritan Gianfranco Modenese INDUSTRIA ALIMENTARE ............238 Antonio Pietribiasi Antonio Adriani Andrea Seno Paolo Candiago Luca Sandri Maurizio Manfrè Antonio Bortoli Roberto Bechis Tiziano Tessaro Giovanni Roncolato Luca Fraccaro Cristian Modolo ENOLOGIA ..........................................266 Carlo Caramel Franco Cristoforetti Franco Allegrini

AMBIENTE

TERRITORIO

RISCHIO IDROGEOLOGICO...........276 Daniele Stival Perla Stancari

INFRASTRUTTURE............................312 Renato Chisso Flavio Orlandi Stefano Bittus

RISORSE IDRICHE............................282 Luigi Culpo IMPRESA E AMBIENTE ..................284 Stefano Altissimo Marco e Luisa Rossi TUTELA DELL’AMBIENTE .............288 Paolo Mion Emilio Xodo DETERSIVI NON INQUINANTI ......292 Roberto Braidotti RINNOVABILI .....................................294 Bruno Bellò Eca Technology Massimo Nicoli GESTIONE DEI RIFIUTI ...................302 Marco Zoccarato Ornella Marcolin Pietro Caucchioli Giuseppe Luigi De Biasi

LOGISTICA...........................................322 Stefano Pasinato TRASPORTI.........................................324 Gian Pietro Leoni IL SETTORE NAVALE ......................326 Luigi Duò IMPIANTI SPORTIVI .........................328 Luigi Scaglia MERCATO IMMOBILIARE .............332 Luigi Schiavo Pietro Marangoni Valentino Barbierato EDILIZIA ...............................................340 Gianni Cestaro Antonello Vendramin Paolo e Gianantonio Bordignon Francesco Tieni Angelo e Francesco Zanatta Alberto Sutto Agribeton Sergio Dalla Verde Roberto Fava PROGETTAZIONE .............................366 Anthony Grande RESTAURO..........................................368 Renzo Zoggia

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OSSIER VENETO GIUSTIZIA MATERIALI .........................................370 Franco Savian Calisto Marcolini Francesco Corradini Daniele Ferrari Deborah Morseletto Leonello Zenatelli CASE HISTORY..................................388 Alessandra Recchia INTERNI................................................390 Alessandro Jesse Andrea Di Giuseppe Wilma Carnieletto Elio De Marchi Franco Bonotto Francesco Molon Giovanni Sbrissa TURISMO .............................................410 Costanzo Jannotti Pecci Gianluca Bregolin Enzo Baretella Barbara Degani Domenico Sorgon

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EVASIONE FISCALE ........................422 Giovanni Achille Sanzò Roberto Dal Negro Massimo Zanon Flavio Zugno Marcello Ravaioli SICUREZZA SUL LAVORO ............434 Elda Ferrari Franca Porto Federico Favaro APPALTI...............................................442 Andrea Dal Pozzolo Monica Casagrande Rosanna Prencipe Chiara Mazzocco




Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Lo sviluppo passa dalle reti di Massimo Pavin, presidente di Confindustria Padova

aggregazione è certamente una delle strade, insieme a innovazione e presidio di nuovi mercati, per uscire dalla crisi. Oggi l’aggregazione appare sempre più necessaria per superare i limiti del “piccolo”, creare cluster industriali o sistemi territorio specializzati, capaci di generare innovazione e di allargare le opportunità di business in settori avanzati inaccessibili alla singola impresa, e su scala internazionale. Ma ciò richiede un cambio di mentalità che deve essere promosso anche dalle associazioni. Grazie al coordinamento di Confindustria Padova è nata Filterkit: il primo risultato operativo è stata la partecipazione a un progetto dell’Agenzia spaziale europea. Le imprese del network si sono trasformate da imprese terziste a fornitori globali di soluzioni. A Padova il profilo della produzione nel terzo trimestre 2011 (+3,9%, +5% la media dei primi nove mesi) resta decisamente migliore della media nazionale, ma conferma il progressivo rallentamento che nelle previsioni degli imprenditori dovrebbe proseguire a fine anno. Ci sono performance che confermano la vitalità del tessuto produttivo, come l’aumento delle esportazioni, che nei primi sei mesi mettono a segno un robusto +19,6%. Ma l’appannamento globale si farà sentire e dobbiamo prepararci a puntare su quei mercati dove più intensa è la domanda. Difficile individuare i settori che andranno meglio di altri. La lezione della crisi è che, indipendentemente dal settore e dalla dimensione, competono e crescono le aziende

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focalizzate sul proprio business, concentrate sull’innovazione e la conoscenza, proiettate sui nuovi mercati, integrate in reti e filiere lunghe, aperte all’apporto di capitali e competenze esterne. È uno sforzo che va sostenuto da una politica economica adeguata. Le riforme per la crescita costituiscono la priorità, insieme al risanamento dei conti dello Stato. Sappiamo cosa c’è da fare, a cominciare da una riforma fiscale per lo sviluppo che riduca il prelievo su lavoratori e imprese, recuperando le risorse da spesa improduttiva, riforma delle pensioni, lotta all’evasione. Facciamolo subito. La tempesta dei mercati e il rischio per il nostro Paese sono arrivati alle aziende sotto forma di credito più selettivo e di rapido innalzamento degli spread applicati dalle banche, in certi casi triplicati in pochi mesi. Da una nostra indagine è emerso che per il 51,2% delle piccole e medie imprese padovane il rapporto con gli istituti di credito è peggiorato negli ultimi sei mesi. Il 75% lamenta tassi più alti e prestiti bancari più cari. Ciò significa spiazzare un tessuto produttivo intento a ristrutturarsi, rifinanziare il patrimonio e ricostituire le scorte. Dobbiamo scongiurare il rischio di un credit crunch, recuperare la dimensione qualitativa del rapporto banca-impresa perché non manchi il sostegno a chi rischia, esporta, innova. Quello che chiediamo alle banche è di non chiudere i rubinetti in maniera indiscriminata, come fecero tre anni fa, anche se adesso fanno fatica anche loro ed è chiaro che saranno molto più prudenti. VENETO 2011 • DOSSIER • 13



Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Integrazione e servizi, così Verona ha cambiato volto di Flavio Tosi, sindaco di Verona

ggi Verona è una tra le città italiane più sicure, ordinate e pulite. Ciò, a detta non solo dei veronesi, ma anche delle migliaia di turisti che visitano la nostra città. In questi anni abbiamo cercato di risolvere diverse questioni che erano in sospeso da troppo tempo, quali il degrado delle ex Cartiere e l’abbandono dell’area di San Giacomo. Abbiamo rafforzato la Polizia municipale con nuove assunzioni, combattuto il commercio e gli insediamenti abusivi e aumentato i controlli sul territorio da parte delle forze dell’ordine. Abbiamo contrastato la prostituzione nelle strade e nei condomini, installato colonnine Sos sulle strade per le richieste di soccorso e videocamere per un controllo maggiore del territorio, le guardie giurate sono entrate in servizio sugli autobus negli orari serali e la domenica pomeriggio, mentre nei parchi gli assistenti civici hanno il compito di garantire una presenza amica e rassicurante contro i comportamenti contrari alle regole del senso civico, segnalando alle forze dell’ordine eventuali irregolarità. Infine, sono stati intensificati i progetti di educazione stradale per sensibilizzare i giovani. Prima del nostro insediamento in città sicurezza e legalità erano due aspetti assai trascurati. L’amministrazione precedente durante il suo mandato non aveva né investito né spinto per permettere alla città di uscire dallo stato di insicurezza e degrado in cui era caduta. In questi anni siamo stati in grado anche di sbloccare una serie di investimenti infrastrutturali che consentiranno di riqualificare importanti aree che prima erano profondamente abbandonate. La città è cambiata in maniera

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profonda nel suo aspetto esteriore, ma anche per i servizi e la qualità di vita offerta ai cittadini. Gli immigrati a Verona sono tanti: il 13% della popolazione residente e in grandissima parte ben integrati. Penso che nel tessuto sociale del Veneto l’integrazione ci sia, agevolata dal fatto che il popolo veneto ha vissuto una forte emigrazione. Nel nostro Comune abbiamo attivato uno sportello per dare indicazioni e aiuto ai cittadini stranieri. E io, come sindaco, ho assunto il referato all’immigrazione con il quale mantengo i rapporti con le singole comunità presenti. A Verona c’è anche la Consulta per l’Immigrazione, ma ogni comunità ha le sue esigenze, diverse dalle altre, e preferisco affrontare separatamente le istanze di ciascuna. L’integrazione va perseguita con il rispetto delle regole. Questo non vuol dire militarizzare la città, ma dare regole che devono essere pacificamente condivise. Ovviamente chi non le rispetta regole e sceglie di vivere al di fuori della legalità rifiuta anche l’integrazione nella nostra società. E i primi a essere d’accordo su questo aspetto sono proprio gli immigrati residenti nella nostra città. In ambito comunale la legalità può essere garantita attraverso l’applicazione della legge e l’utilizzo dei poteri attribuiti dal “pacchetto sicurezza” dell’ex ministro Maroni, che dà la possibilità ai sindaci di intervenire e agire radicalmente in tema di sicurezza urbana. Quello che ora manca è una riforma del sistema penale e giudiziario che garantisca la certezza della pena: diventa difficile, quando non impossibile, far rispettare le leggi se chi delinque non sconta un periodo di reclusione adeguato o addirittura non entra nemmeno in carcere. VENETO 2011 • DOSSIER • 15


IN COPERTINA

IL VENETO CHE VESTE IL MONDO È tempo di bilanci per la Italservices e per il suo presidente Moreno Giuriato. L’azienda leader nel settore della jeanseria ha portato a casa importanti acquisizioni e allarga l’orizzonte dei suoi obiettivi internazionali, “rompendo” alcuni schemi della tipica imprenditoria veneta Andrea Moscariello

prirsi all’estero frazionando il più possibile i margini di rischio, attraverso una strategia di multibrand e flessibilità della proposta produttiva. Questa la formula perpetuata dalla padovana Italservices, oggi tra le punte di diamante del comparto fashion nel Nord Est italiano, specializzata nel denim e nelle linee di informal wear. A confermare la solidità del gruppo sono i numeri. Al termine del 2011 è prevista una crescita del 25% sul fatturato, che nel 2010 aveva chiuso a quota 85 milioni di euro. Incremento che ha permesso di siglare importanti acquisizioni. Sono ora 11, infatti, i brand controllati dall’azienda di San Pietro in Gu. Tra questi, anche Met, Cycle, Heavy Project, Jfour, Jcolor e Sartoria Tramarossa. In particolare, ad

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aver posto Italservices sotto i riflettori è stato il recente inglobamento dei marchi Nolita e Ra.Re, controllati precedentemente dalla società Flash & Partners. «Non è stata un’operazione semplice – sottolinea Moreno Giuriato, presidente –. Questa azienda risentiva da tempo delle difficoltà dei mercati internazionali, ma grazie al nostro gruppo riusciremo a dare continuità ai marchi, inserendoli, però, su un percorso di rinnovamento». È proprio questo il punto: riprendere in mano un’etichetta riconosciuta dal mercato ma rivelatasi inadeguata a rispondere tempestivamente alle nuove esigenze della moda. «Il marchio non basta – spiega Giuriato – quella dell’internazionalizzazione d’impresa è una sfida che si può vincere soltanto proponendo continuamente innovazioni e offerta

prodotto». Una filosofia non per tutti. Forti del successo accumulato negli anni, infatti, molte aziende hanno scelto di investire unicamente sull’espansione dei volumi, trascurando il rinnovo delle linee. Storiche aziende del settore stanno oggi soffrendo questo, anche aggravate da una situazione di mercato ormai conosciuta a tutti, che rende più difficoltoso l’incasso del credito riducendo la possibilità di scontarlo presso le banche. Ma non è certo questa la strada intrapresa da Giuriato. Nonostante la crisi il suo gruppo cresce, fa nuove acquisizioni e punta all’estero. Visto il periodo viene da chiederle se in questo ci sia più azzardo o strategia. «I nostri piani di espansione internazionale avvengono seguendo una logica di diversificazione. Grazie al numero delle nostre linee e


Moreno Giuriato

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COPERTINA IN COPERTINA

dei nostri brand, il rischio viene frazionato. Oggi è questa la strada da perseguire. La diversificazione è un vaccino contro i rischi e le instabilità dello scenario internazionale. Attenzione però, diversificazione non solo di prodotto, ma anche di strategie». Dunque non intende focalizzarsi solo su determinati paesi? «Bisogna puntare a più target e bacini di acquisto. Ognuno di questi va poi conquistato con strategie precise, mirate. Italservices, per esempio, non è interessata solo all’Europa, è presente anche negli Stati Uniti, nel Far East e nel Medio Oriente». La crisi ha creato una sorta di “sparti acque” tra chi punta ai mercati emergenti e chi, sempre di meno, investe sulle aree tradizionali. Come mai lei non si fa intimorire dalla congiuntura negativa che ha colpito il vecchio continente? «Nei nostri piani vi è l’intenzione di continuare a investire e a crescere anche sull’area europea. Si tratta solo di capire dove coltivare potenziali clienti. Ovviamente con le dovute distinzioni, ogni paese ha le sue richieste, le sue tendenze. Noi, ad esempio, attuiamo pianificazioni differenti tra Germania, Francia o Spagna. Ogni territorio ha le sue peculiarità commerciali. Al tempo stesso, però, vogliamo allargarci all’Oriente e ai territori a economia emergente. I nostri brand sono trasversali, si rivolgono 18 • DOSSIER • VENETO 2011

Per noi la continuità del brand è fondamentale. Non andiamo a stravolgere i marchi acquisiti, li miglioriamo e li adeguiamo a quello che richiedono gli acquirenti


Moreno Giuriato

Un impegno sociale in favore dell’infanzia l Gruppo Italservices continua la propria collaborazione nell’ambito del no profit e dell’impegno sociale con I Bambini delle Fate, fondazione senza scopo di lucro, con finalità sociali ed umanitarie, a sostegno delle disabilità infantili. La società ha deciso di sponsorizzare totalmente, con una donazione di 120.000,00 euro, un importante progetto di intercettazione precoce di bambini affetti da autismo o da gravi disturbi della comunicazione, promosso da I Bambini delle Fate in collaborazione con l’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda ULSS n° 6 di Vicenza. Il progetto “I bambini che non guardano e giocano da soli” prende le mosse dalla consapevolezza che l’autismo – in base ai dati dell’Istituto Superiore della Sanità – colpisce quasi lo 0,6% dei bambini, ma è molto difficile da diagnosticare in

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ad una nicchia di clientela, anche se globalizzata, ma con gusti diversificati. Per cui, a seconda del mercato a cui ci rivolgiamo, proponiamo le linee più idonee». La vostre acquisizioni più recenti, Nolita e Ra.Re, vantano un

tenera età. Tuttavia, una diagnosi precoce permette un intervento tempestivo e una migliore evoluzione della malattia. Per questo motivo, il progetto prevede la valutazione dei bambini tramite incontri con pediatri che si recheranno presso le famiglie, al fine di individuare eventuali casi a rischio e intervenire subito con i programmi abilitativi più adeguati. «La nostra azienda è da sempre molto impegnata sul territorio a livello sociale e da anni collaboriamo alle importanti iniziative promosse da I Bambini delle

70% di fatturato proveniente dall’estero. Gli altri marchi del gruppo, al contrario, raccolgono la stessa percentuale sul mercato italiano. L’operazione Flash & Partners vi pone su una piattaforma internazionale più solida?

Fate», ha commentato Moreno Giuriato, presidente del Gruppo Italservices. «Il progetto “I bambini che non guardano e giocano da soli” ci ha colpito particolarmente, perché nessuno di noi immaginava che l’autismo fosse una malattia così diffusa presso i bambini, con conseguenze devastanti sulle famiglie: speriamo che grazie all’intervento precoce di pediatri qualificati e a un adeguato percorso sanitario, tali situazioni possano essere risolte al meglio».

«Assolutamente. Sta proprio in questo la forza del gruppo. Da un lato, offriamo ai nostri marchi storici un canale privilegiato verso i paesi esteri. Dall’altro, rafforziamo delle linee già consolidate oltre confine anche sul mercato nazionale». Inglobando nuovi marchi non si rischia di snaturarli? «Non nel nostro caso. Per noi la continuità del brand è fondamentale: non andiamo a stravolgere i marchi acquisiti, li miglioriamo e li adeguiamo a quello che richiedono gli acquirenti. Ad esempio già dal prossimo autunno/inverno vedremo alcuni sviluppi nelle linee di Nolita e Ra.Re. Ripeto, non si stravolge il brand, ma si fa evolvere il prodotto che questo rispecchia». Anche Cycle, uno dei vostri mar- VENETO 2011 • DOSSIER • 19


COPERTINA IN COPERTINA

Nelle immagini, il presidente Moreno Giuriato e il suo staff durante alcune fasi di lavoro. La sede della Italservices si trova a San Pietro in Gu (PD) www.italservicesspa.com

chi di punta del jeans wear, ha otte- più e raddoppiamo il fatturato. Ci nuto performance molto positive. «Sì, in particolare in Scandinavia, Turchia, Kuwait e Israele. Tutte aree in cui siamo riusciti ad aumentare il numero dei nostri retailer». In America, invece, state attuando una strategia differente. Per quali ragioni? «Gli Stati Uniti sono la patria del nostro prodotto di punta, il denim, e come tale rappresentano un mercato tutt’altro che scontato da conquistare. A differenza che negli altri paesi, negli Usa non abbiamo puntato ai grandi store, alle grandi catene di distribuzione. Contiamo, invece, su 100 piccoli mono-clienti, estremamente fidelizzati, che ci hanno aperto a un mercato di nicchia sempre più consolidato». E i numeri la soddisfano comunque? «Non parliamo ancora di grandi cifre, ma ogni anno acquisiamo una ventina di punti vendita in 20 • DOSSIER • VENETO 2011

stiamo consolidando. Abbiamo trovato una nostra dimensione che, sono sicuro, negli anni saprà darci importanti frutti anche in termini di incasso». Parliamo ora del Veneto. A suo parere come si stanno comportando gli altri imprenditori del territorio, come stanno reagendo alla crisi? «La nostra regione ha dinanzi un obiettivo fondamentale: aprirsi sempre di più ai mercati internazionali rinnovandosi e dando lustro al valore del made in Italy. In Veneto abbiamo alcune aziende leader nel mondo, dalla meccanica al tessile. I problemi, però, non sono tanto da ricercare in queste aziende, quanto nella nostra cultura d’impresa». Vale a dire? «Non possiamo continuare a guardare solo al nostro “orticello”. Bisogna guardarsi intorno, cercare nuove partnership, strutturarsi maggiormente. Il nostro caso, in


MorenoFive Giuriato tick

La nostra regione ha dinanzi un obiettivo fondamentale: aprirsi sempre di più ai mercati internazionali rinnovandosi e dando lustro al valore del made in Italy

questo, è esemplare». Secondo lei gli imprenditori veneti sono troppo chiusi in se stessi? «Per conquistare i mercati e l’estero occorre superare il gap dimensionale che caratterizza moltissime delle nostre aziende. E ciò sarà pos-

sibile unendo le nostre eccellenze, fare partnership fra piccole e medie realtà. Questa può essere la soluzione: ci sono migliaia di partite Iva, subordinate quasi esclusivamente all’andamento delle grandi aziende. In secondo luogo, dob-

biamo tutti rendere più flessibili le produzioni. Ovviamente gli accordi vanno siglati solo quando si riscontra una sintonia affaristica ed etica». Etica? «È fondamentale. L’impresa ha un valore sociale per il suo territorio. Tutte le aziende che possono permettersi di assumere personale devono farlo. Bisogna avere l’onestà intellettuale di restituire benessere al territorio che ti permette di avere successo. Nel nostro piccolo, con l’acquisizione dei marchi della Flash & Partners abbiamo salvato 50 posti di lavoro con continuità di retribuzione. Avremmo voluto fare di più. Ma posso almeno dire che siamo riusciti, nel passaggio, a non richiedere nemmeno un euro di Cassa integrazione. È una questione morale non incidere sulle tasche dei cittadini. Oggi il nostro gruppo occupa 210 persone all’interno, e garantisce il lavoro ad altre 1500 nell’indotto produttivo sul territorio Veneto. Mi auguro che il nostro modello possa essere replicato anche da altre imprese, di diversi settori. Chi ne ha l’opportunità deve avere il coraggio di andare in prima linea e creare presupposti di crescita per recuperare tutte quelle imprese, quelle produzioni, quelle eccellenze che altrimenti rischiano di finire “divorate” dalla concorrenza straniera o annientate dalle regole del mondo finanziario». VENETO 2011 • DOSSIER • 21


UNITÀ D’ITALIA

Cultura simbolo dell’unità Per Louis Godart, consigliere del presidente della Repubblica, il nostro patrimonio artistico e culturale può rafforzare il sentimento nazionale degli italiani: «Ora siamo maggiormente partecipi della riscoperta del passato» Riccardo Casini

insieme dei beni culturali e artistici del Paese può costituire un fattore di identificazione e cementificazione del senso di appartenenza degli italiani: ne è convinto Louis Godart, consigliere del presidente della Repubblica italiana per la conservazione del patrimonio artistico. In qualità anche di membro del Comitato dei garanti per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, Godart ha seguito da vicino le celebrazioni e, in particolare, i lavori di restauro e valorizzazione dei beni culturali sparsi su tutto lo Stivale. «Credo che gli italiani – spiega oggi – si siano sentiti coinvolti in tutto quel che è stato fatto. Si è trattato di un anno ricco di eventi che hanno cementato il convincimento di essere tutti partecipi di una stessa avventura culturale, politica e istituzionale». In che modo il patrimonio artistico del Paese contribuisce a questo convincimento? «Il nostro patrimonio è fondamentale, lo ha ribadito anche il presidente Napolitano. Di certo, dal punto di vista dell’identità nazionale, è fondamentale capire che c’è un Paese che affonda le radici nel passato del Mediterraneo e che ha trasmesso il messaggio civilizzatore di Atene e Roma: il Paese, insomma,

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dove è nata la cultura occidentale. Il fatto che gli italiani lo abbiano capito, grazie alle varie mostre in programma, li rende maggiormente partecipi della riscoperta del passato. Lo stesso vale per il Risorgimento: le celebrazioni in programma hanno fatto capire che si è trattato di un’epopea voluta da tutta l’Italia, che si riscopriva nazione attraverso quel periodo di lotte. E il successo degli eventi legati a quel momento storico non fa che confermare l’entusiasmo degli italiani in proposito. Ma voglio aggiungere un altro aspetto, da archeologo e da linguista». Prego. «Molti convegni hanno insistito sull’importanza della lingua italiana come fattore di coesione del Paese. E se risaliamo nel tempo, vediamo che questa è frutto di un libro di poesia, ovvero la “Commedia” dantesca; niente a che vedere con altri paesi come la Francia, dove la lingua è stata imposta dal potere centrale, o il mondo arabo, dove è stata la forza della spada a portare a un idioma condiviso. Anche questo fa capire la mentalità italiana e il ruolo della cultura nel nostro Paese».

Le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia hanno portato anche all’avvio o al completamento di importanti opere di restauro in tutto il Paese. «Si tratta di uno sforzo importante, che pone l’accento sulla necessità della valorizzazione del nostro patrimonio, ma che non va limitato a questo anno di eventi, anzi, dovrebbe fornire lo spunto per un percorso che prosegua nell’immediato futuro. Per quanto riguarda i lavori, la Commissione dei garanti ha valutato quali avviare in base al legame con il periodo rinascimentale e alla possibilità di spalmare gli eventi sul-


Louis Godart

In apertura, Louis Godart, consigliere del presidente della Repubblica italiana per la conservazione del patrimonio artistico; a sinistra, la cerimonia di inaugurazione della restaurata Galleria di Alessandro VII al Quirinale

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Abbiamo un patrimonio straordinario ma fragile e per preservarlo è necessario spingere sulla collaborazione tra pubblico e privato

l’intero territorio nazionale. L’egida della Presidenza della Repubblica è stata fondamentale. Siamo riusciti a coinvolgere tutta la popolazione in questa operazione, così che potesse prendere coscienza della fondamentale importanza di queste opere». Non si può dimenticare però che nell’ultimo anno abbiamo assistito anche ai ripetuti crolli nel sito di Pompei. Come dare seguito a questa operazione di valorizzazione? «Credo che il percorso sia già avviato, va solamente incoraggiato. Abbiamo un patrimonio straordinario ma fragile e per preservarlo è necessario spingere sulla collaborazione tra pubblico e privato. Così come è necessario che ogni cittadino si senta coinvolto da questo processo di recupero, in base alla funzione che oc-

cupa e alle proprie possibilità. La strada è già tracciata, si pensi all’impegno di Diego Della Valle per il Colosseo o al ruolo della Fondazione Bracco nel progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII nel Palazzo del Quirinale, che ha riportato alla luce le pitture di Pietro da Cortona e dei suoi discepoli». Crede che l’imprenditoria italiana sia pronta a seguire questi esempi? «Dirò di più: imprenditori e fondazioni si sentono maggiormente coinvolti quando viene richiesto loro un impegno per un progetto corposo, che ha a che fare con la nostra storia, anziché un contributo anche minimo per un convegno che poi viene dimenticato in fretta». È soprattutto questa volontà a

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costituire l’eredità principale lasciata dalle celebrazioni del 150enario? «Credo solo che l’anno che sta volgendo al termine sia stato fortemente segnato dalla questione dell’Unità del Paese. E questo deve costituire anche un impegno per il futuro, come scrive il presidente della Repubblica nel nuovo saggio “Una e indivisibile” dedicato proprio a questo anniversario: “abbiamo insistito tanto, e con pieno fondamento, su quel che l’Italia e gli italiani hanno mostrato di essere in periodi cruciali del loro passato, e sulle grandi riserve di risorse umane e morali, d’intelligenza e di lavoro di cui disponiamo, perché le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto”». VENETO 2011 • DOSSIER • 31


UNITÀ D’ITALIA

La mancata pacificazione Il rammarico dello scrittore Pietrangelo Buttafuoco: «All’interno dei 150 anni c’è un periodo che non può essere considerato solamente una parentesi da dimenticare. E non mi riferisco solo al fascismo, ma alla monarchia nel suo complesso» Riccardo Casini

osa lasciano queste celebrazioni? C’è un’eredità, non solo culturale, che il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia consegna alle generazioni future? Secondo Pietrangelo Buttafuoco, scrittore ma anche membro del Comitato dei garanti, in questi mesi «il sentimento di identità nazionale ha raggiunto livelli elevatissimi», anche se l’Italia resta un paese dove la «dimestichezza con la memoria storica» resta «scarsa». Ma il primo pensiero va all’attualità. «Penso – dice – che la conclusione dei festeggiamenti abbia coinciso con una situazione del tutto particolare: sulla scena politica si è assistito a un vero e proprio rovesciamento di regime, un cambio che ha chiari referenti sovranazionali, a loro volta espressione di una volontà che non coincide con quella popolare. Sicuramente è un momento su cui gli storici futuri avranno di che riflettere, con la politica esautorata dal proprio ruolo e un passaggio delicato, oserei dire chirurgico, che ha portato all’insediamento di un governo che non ha il crisma popolare». Torniamo però alle celebrazioni. Crede che questi mesi abbiano contribuito a rafforzare un sentimento di identità nazionale negli

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Pietrangelo Buttafuoco, membro del Comitato dei garanti per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia

italiani? «Credo che il sentimento abbia raggiunto livelli elevatissimi, un dato onestamente insperato: qualche anno fa era difficile immaginare quale sarebbe potuta essere la reazione anche solo al cospetto del Tricolore, mentre oggi ci troviamo a declamare un risultato eccezionale, con gli italiani che si sono ritrovati, appunto, italiani». Di chi sono i meriti per questo risultato? «Gran parte del merito va attribuito all’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi, che ci ha creduto più di tutti e ha saputo infondere questo sentimento anche a dispetto della

pigrizia dei politici. Dopo Craxi, è stato lui a saper meglio veicolare i miti italiani, da Garibaldi in poi». Ha invece qualche rimpianto? Alcuni aspetti potevano essere meglio sviluppati o trattati? «In generale è venuto a mancare un senso di pacificazione, visto che all’interno dei 150 anni c’è un periodo che non può essere considerato solamente una parentesi da dimenticare. E non mi riferisco solo al Ventennio fascista, ma anche alla monarchia nel suo complesso: nelle celebrazioni mancavano infatti le bandiere sabaude, nonostante la storia dei 150 anni sia iniziata proprio con un re. Altrove, invece, non ci si vergogna in


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Pietrangelo Buttafuoco

Ora anche alle manifestazioni della sinistra è apparso il Tricolore: una prova indubbia del successo ottenuto da Ciampi

questo senso: penso all’Inghilterra o, in particolare alla Russia, dove nonostante la Rivoluzione e gli eventi tragici che ne sono conseguiti, oggi c’è un orgoglio per la propria storia a prescindere da odi e divisioni. E nelle celebrazioni, senza che nessuno sia turbato per questo, convivono pacificamente le bandiere degli zar, dell’Unione sovietica e della nuova Russia, con quest’ultima che tra l’altro coincide proprio con la prima». In Italia sarebbe così impensabile? «La memoria non può essere abbellita, ognuno ha la propria storia e lì ci si incontra. Purtroppo in Italia c’è ancora un cascame che è l’odio della guerra civile, dal quale non siamo ancora riusciti a venir fuori. Dobbiamo pensare invece che la parola “Italia” è più antica persino dei 150 anni, e comprende anche personaggi come Virgilio o Dante; anzi, per celebrarla degnamente sarebbe sufficiente un picchetto d’onore davanti alla loro tomba. C’è infatti un le-

game remoto che ha portato a questa parola; una parola che non è un’idea miserrima da rinchiudere in un’operazione che accontenti una certa oligarchia». Dicevamo però che le celebrazioni hanno contribuito a rafforzare l’identità nazionale. «Sì, ma celebrazioni escluse, il sentimento è ancora in nuce, non è esploso come altrove. Altri popoli hanno un senso di identità che si manifesta anche in forma di cerimonie: è impensabile ad esempio che gli inglesi dimentichino l’eco di battaglie epiche che hanno forgiato la loro storia. Noi, invece, abbiamo una scarsa dimestichezza con la memoria storica: per dirne una, è vergognoso che il 21 aprile, data della fondazione di Roma, non venga celebrato». Cosa resterà ora di questi festeggiamenti? «In occasione del Centenario dell’Unità d’Italia, nel 1961, venne rappresentato uno spettacolo musicale,

“Rinaldo in campo”, con interpreti come Domenico Modugno, Delia Scala, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, e che raccontava la storia di un brigante che si unisce alle Camicie rosse di Garibaldi. Uno spettacolo che, anche attraverso canzoni come “Tre somari e tre briganti”, ha rappresentato un filo tenue che è arrivato fino a noi. Quest’anno non si è avuto un fenomeno analogo, in favore invece di uno sforzo ulteriore in termini di contenuti e ricerca storiografica. Cosa resterà allora? Indubbiamente il grande impegno, premiato, di Carlo Azeglio Ciampi, grazie al quale una tra le parole più desuete e aborrite, ovvero “patria”, è stata rimessa in circolazione nel linguaggio. Una parola che oggi torna a rappresentare un elemento di unione, dopo che per troppo tempo parte degli italiani non vi si è riconosciuta. Ora invece anche alle manifestazioni della sinistra è apparso il Tricolore: una prova indubbia del successo ottenuto da Ciampi». VENETO 2011 • DOSSIER • 33


UNITÀ D’ITALIA

Per amore di verità storica Il giornalista veronese Stefano Lorenzetto attacca la retorica delle celebrazioni: «l’Unità di una nazione non può fondarsi sulla menzogna. L’annessione del Veneto? Impossibile non avere il sospetto di colossali brogli» Riccardo Casini

ra già l’anno 1866 quando si svolse in Veneto il plebiscito che sancì l’annessione al neonato Regno d’Italia. Basta questa diversità di date per spiegare la risposta della regione, secondo alcuni tiepida, alle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia? Il giornalista veronese Stefano Lorenzetto, autore tra le altre cose del libro “Cuor di veneto. Anatomia di un popolo che fu nazione”, non ha dubbi: «personalmente – spiega – la ricorrenza mi ha lasciato piuttosto indifferente, forse perché mi sento prima di tutto veronese, poi veneto, quindi italiano, infine europeo». Quale significato hanno avuto per lei allora queste celebrazioni? «Per me l’Unità d’Italia ha la voce di mio nonno Gaetano, carrettiere analfabeta nato nel 1897, che a 18 anni fu arruolato per la Grande guerra e mandato al fronte. Era portaordini. Sul monte Cimone rischiò d’essere fucilato dai suoi stessi commilitoni perché il frastuono delle granate e la paura gli avevano fatto dimenticare la parola d’ordine, “Catania Cirillo”, evidentemente prescelta da qualche ufficiale del Sud. È morto senza sapere dove si trovasse Catania. Per me l’Unità d’Italia è rappresentata da una cartolina che custodisco gelosamente. La spedì Leone, il fratello maggiore di mio

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Il giornalista e scrittore Stefano Lorenzetto


Stefano Lorenzetto

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Ho la netta sensazione che abbiamo rinfocolato l’amor patrio, per la Serenissima però

padre, caduto diciannovenne al fronte nel 1918. Presagendo la fine, il 22 giugno scrisse a casa: “Mille baci ai miei cari, cari fratellini, che sempre li ricordo. Adio”. Senza la doppia, perché a quell’epoca gli uomini erano ancora sicuri di ritornare “a Dio”». Lei ha scritto che i veneti sono “i terroni del Nord”, visto che con il Mezzogiorno hanno in comune una storia di “annessioni forzate e saccheggi”, aggiungendo che il processo unitario fu “una guerra di conquista”. Ritiene che in occasione di questo anniversario si sia lasciato eccessivo spazio alla retorica, trascurando magari la verità storica? «Sì. Tutto, in questo Paese, è filtrato dalla retorica: basta ascoltare le ampollose dichiarazioni pregne di nulla che il Capo dello Stato ci propina pressoché quotidianamente. A parte il fatto che il Veneto dovrebbe festeggiare la ricorrenza dell’Unità fra sei anni, visto che il plebiscito per l’annessione all’Italia si tenne il 20 ottobre 1866, mi sarei aspettato che, per amore della verità storica, qualcuno avesse ricordato come una consultazione conclusasi con 641.758

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“sì” e appena 69 “no”, su una popolazione censita di 2.603.009 abitanti, non possa che suscitare il sospetto di colossali brogli. Per dire della segretezza del voto, a Malo, nel Vicentino, furono distribuite agli elettori schede col “sì” e col “no” di diverso colore. E così più o meno ovunque». Come sono state vissute queste celebrazioni in Veneto? Che ruolo ha avuto questa ricorrenza in una regione dove movimenti e partiti indipendentisti trovano ancora un forte riscontro? «Ho la netta sensazione che abbiamo rinfocolato l’amor patrio. Per la Serenissima, però. Che resta pur sempre la repubblica più longeva mai apparsa nella storia dell’umanità, visto che durò 1.100 anni. Del resto la diffidenza per l’Italia unificata viene da lontano. Sa che cosa scrisse “L’Arena”, il quotidiano della mia città che aveva tifato per i Savoia, il 9 gennaio 1868, a meno di 15 mesi dal plebiscito? Glielo leggo: “Fra le mille ragioni per cui noi aborrivamo l’austriaco regime, ci infastidiva sommamente la complicazione e il profluvio delle leggi e dei regolamenti, l’eccessivo numero di impiegati e specialmente di guardie e di

gendarmi, di poliziotti e di spie. Chi di noi avrebbe mai atteso che il governo italiano avesse tre volte tanto di regolamenti, tre volte tanto di personale di pubblica sicurezza, di carabinieri eccetera?”. Mi dica lei se non è l’esatta fotografia del Belpaese di oggi». Ma cosa lascia ora questo anno di eventi? Quale eredità consegna in particolare alle nuove generazioni? «Non lo so. A me piacerebbe che lasciasse una consapevolezza: l’Unità di una nazione non può fondarsi sulla menzogna. Intervistando Bruno Vespa, che nel suo libro “Il cuore e la spada” ripercorre la storia dell’Italia unita dal 1861 al 2011, gli ho ricordato quello che mi ha detto Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia: “A Grammichele, cittadina d’origine della mia famiglia, c’è una strada intitolata al generale Enrico Cialdini. Per oltre un secolo abbiamo celebrato i genocidi di questo ufficiale savoiardo, poi senatore del Regno d’Italia, che fece fucilare uomini, donne, vecchi, preti e bambini. I bersaglieri legavano ai pali le minorenni e le violentavano a turno sotto gli occhi dei padri. È questo che dovrei celebrare?”». E Vespa? «Mi ha risposto: “Ha ragione. Hanno compiuto massacri terribili, di cui la mia generazione è stata tenuta all’oscuro. Ci hanno educati a un Risorgimento totalmente eroico. Non fu così”. Io, polentone, solidarizzo col mio amico Pino Aprile, che come esergo del suo best seller “Terroni” ha preso a prestito dallo scrittore francese Emmanuel Roblès la più bella definizione di patria: “là dove vuoi vivere senza subire né infliggere umiliazione”». VENETO 2011 • DOSSIER • 37


VERSO LE AMMINISTRATIVE

Alle urne saprà imporsi chi ha ben governato il territorio Le elezioni amministrative sono soprattutto legate a istanze dettate dalle condizioni del territorio. A illustrarne, in maniera necessariamente provvisoria, le dinamiche è Alberto Giorgetti, coordinatore regionale Pdl Veneto Leonardo Testi

elluno e Verona sono tra i comuni veneti chiamati alle urne per le elezioni amministrative del 2012. Alberto Giorgetti, coordinatore del Pdl regionale, prova a tratteggiare un quadro dei possibili scenari, nonostante le incognite che pesano sulle alleanze e l’incerta situazione politica nazionale. Quali temi caratterizzeranno il confronto elettorale? «L’elemento fondamentale sarà il tentativo di tenere l’alleanza PdlLega, per noi questo asse è prioritario. Poi molto dipenderà dagli equilibri locali: le campagne amministrative, in particolar modo in questi ultimi anni, si sono legate in maniera strutturale al territorio e, di conseguenza, ai temi locali. Tra i punti che tradizionalmente sono di interesse per il Veneto, vanno segnalati le infrastrutture, il lavoro, la capacità di attrarre investimenti e di sostenere lo sviluppo, oltre alle risorse ottenute dagli enti per far fronte alle esigenze della

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Alberto Giorgetti

collettività». È stata fissata la data nella quale si terranno i congressi del Pdl? In che misura incideranno sull’appuntamento elettorale del 2012? «No, non ancora, vi sarà comunque una data unica per tutti i congressi a livello nazionale. Per quanto riguarda l’aspetto degli equilibri, sicuramente i congressi esercitano un potenziale sulla scelta dei candidati, anche se a livello statutario compete ai segretari regionali definire gli accordi e le alleanze, oltre alla selezione definitiva dei candidati per l’elezione nei comuni capoluogo e nelle Province. Ci sarà un’operazione congiunta, ma è evidente che nella scelta degli eventuali candidati sindaci da proporre e nella stesura dei programmi, i congressi locali risultano assolutamente importanti». Il risultato positivo della campagna di tesseramento del Pdl in Veneto la rende ottimista sull’esito delle urne?

Dal punto di vista delle trattative, Belluno identifica la piazza più ostica

«Avevo, fin da subito, percepito una buona motivazione sul fronte delle adesioni. Le condizioni, del resto, c’erano: in Veneto il Pdl ha sempre garantito buoni numeri. Per questo, non avevo dubbi sul fatto che ci sarebbe stata una campagna di adesione soddisfacente». Il sindaco di Verona Flavio Tosi vorrebbe fortemente presentare la sua lista. «Sarà il congresso a decidere in modo definitivo. Ma, in linea generale, si ritiene che nelle realtà forti non abbia senso presentare liste aggiuntive. Nel caso specifico, Tosi è già una figura dotata di forte

personalità e, insieme ai due partiti della coalizione, determinano un assetto che per noi è più che sufficiente. Una lista del sindaco rischierebbe in qualche modo di “drogare” il risultato della competizione elettorale, personalizzandola in modo eccessivo. Ci confronteremo, ma questa è la nostra proposta». Dopo la crisi che ha colpito la Provincia di Belluno, con le dimissioni del presidente Bottacin, c’è chi giudica inevitabile la scelta di una corsa in solitaria Pdl-Lega alle elezioni amministrative. VENETO 2011 • DOSSIER • 39


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L’elemento fondamentale del confronto elettorale sarà il tentativo di tenere l’alleanza Pdl-Lega, per noi questo asse è prioritario

«Penso che sarebbe folle trasferire stata la stella polare la crisi di Belluno a livello regionale, perché ogni amministrazione ha una storia a sé. Inoltre, Belluno presenta caratteristiche territoriali particolari. Il candidato del centrodestra potrà essere sostenuto da liste di carattere locale attente alle problematiche, assolutamente specifiche, della zona e che potranno trovare nel Pdl un’adeguata spalla rispetto a tali criticità. Credo che a Belluno ci si presenterà con un’alleanza più ampia, derivante anche da una competizione elettorale che si è sempre rivelata dura tra centrosinistra e centrodestra, con una distanza più rischiosa che in altri contesti. Servirà, dunque, uno schema più articolato e con più liste». Quali le altre realtà che ritiene ostiche? «Dal punto di vista delle trattative, Belluno - per la recente vicenda Bottacin - è quella più ostica. Sono però fiducioso del fatto che si riesca a raggiungere un accordo. La buona amministrazione è sempre 40 • DOSSIER • VENETO 2011

dell’attività del centrodestra in Veneto e, dopo questi anni di governo, ritengo che questa debba restare come punto di riferimento. Non penso incideranno altre dinamiche. Dovremo valutare caso per caso, ma a mio avviso la tenuta dell’alleanza in questi mesi - dal punto di vista amministrativo - si è rafforzata e non indebolita. Sono ottimista sul fatto che si riesca a trovare un accordo in tutti i Comuni più importanti sopra i 15mila abitanti e per questo obiettivo lavoreremo». Teme, nel complesso, l’alleanza tra Udc, Terzo Polo e Pd? «Non la temo perché il Veneto è sempre stato chiaramente bipolare, non sarà la sommatoria di liste e transfughi a risolvere i problemi di

carattere locale. Là dove si è bene amministrato si vince, è in caso contrario che si riscontrano le maggiori difficoltà. Non basta costruire una teorica alleanza, che può avere un voto d’opinione più chiaro su scenari politici nazionali, perché a livello locale questa viene annullata da candidature, uomini e programmi».


Rosanna Filippin

Una partita aperta da giocarsi sui territori e dimissioni del Governo Berlusconi hanno inevitabilmente scompaginato gli equilibri anche per quanto riguarda le prossime elezioni amministrative previste per il 2012 in Veneto. Molti restano gli interrogativi da sciogliere attorno alle possibili alleanze, primo fra tutti il ruolo che giocherà la Lega. Il segretario regionale del Partito Democratico, Rosanna Filippin, è però al momento sicura di una linea guida in particolare: «Oggi dobbiamo pensare ai temi dei territori», nell’attesa che nuove istanze politiche possano emergere e prendere forma per fare della regione un laboratorio «di sperimentazione». Attorno a quali punti focali ruoteranno le campagne eletto-

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«I futuri amministratori prenderanno le redini di città e province sulle macerie del falso federalismo». Il segretario regionale del Partito Democratico, Rosanna Filippin, parte da questa considerazione per commentare i possibili scenari delle elezioni comunali 2012 Francesca Druidi

rali dei candidati alle elezioni amministrative del 2012? «Le elezioni amministrative devono avere al centro i territori. Si sceglie una persona, non solo un partito o uno schieramento. Per questo, come Partito Democratico abbiamo deciso di affidarci ovunque possibile a primarie di coalizione per la scelta dei candidati. Perché in un paese dove la legge elettorale trasforma gli eletti in nominati delle segreterie romane, è fondamentale rimettere la palla della scelta nelle mani dei cittadini. Il nodo vero è che i futuri amministratori prenderanno le re-

Rosanna Filippin, segretario regionale del Partito Democratico

dini di città e province sulle macerie del falso federalismo. Nei suoi tre anni di vita, il governo di Bossi e Berlusconi ha bruciato qualsiasi attesa di riforma fiscale e di reale decentramento. Il federalismo fiscale è vanificato dai tagli lineari ai trasferimenti e dalle norme assurde del Patto di stabilità. Così chi governa nei territori ha sempre meno margini di azione». Vede possibili, nel complesso, alleanze tra Pd e Udc o Terzo Polo? «Sicuramente questa è una possibilità, che del resto abbiamo già realizzato in altre tornate amministrative. Pd e Udc governano assieme, ad esempio, a Venezia. La differenza però la possono fare solo i candidati e i loro programmi di governo, specialmente sui territori. In generale, credo che la fine del Governo Berlusconi metta all’ordine del giorno il tema di un’alleanza tra riformisti e moderati, necessaria per battere il populismo. Il Veneto, in questo senso, potrebbe diventare un territorio di sperimentazione. Oggi dobbiamo pensare ai temi dei territori, ma un domani l’esperienza potrebbe diventare utile a livello nazionale». VENETO 2011 • DOSSIER • 41


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Un’alleanza tra Pd e Udc o Terzo Polo è sicuramente una possibilità. Pd e Udc governano assieme a Venezia

L’incrinarsi dell’alleanza tra Pdl e Lega quali scenari apre per l’esito delle urne? «Credo che la Lega sarà tentata dal ritorno alla propaganda. I risultati sul suo tema bandiera, cioè il federalismo, sono stati magri e deludenti. Non è un caso che adesso abbiano ripescato persino quel teatrino dell’assurdo che è il Parlamento della Padania o che i leader leghisti riparlino di secessione. Però mi fanno un po’ pena. Gian Paolo Gobbo dice che la Lega farà scatenare la rivolta se il governo aumenterà le tasse al Nord. Ma come mai quando era Berlusconi a farlo sono stati zitti e muti? È inutile alzare la voce adesso che i buoi

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sono già scappati fuori dalla stalla. Avallare in silenzio le scelte quando si è al governo e protestare solo quando si è persa la carega, è troppo comodo. È un atto di vigliaccheria e di furbizia, che però non credo ingannerà gli elettori». Saranno tre i partecipanti alle primarie che il 4 dicembre si sfidano per la candidatura a sindaco nel centrosinistra: Michele Bertucco, sostenuto da Pd, Sel, Federazione della sinistra e Psi, il deputato Antonio Borghesi, sostenuto dall’Idv, e il docente universitario Mario Allegri, indipendente, la cui candidatura è stata presentata da 1.200 firme. Cosa ritiene servirebbe per riuscire a scalfire la leadership del sindaco in carica? Quali Comuni, in generale, vede più favorevoli? «La partita è aperta ovunque. E anche a Verona lo è più di quanto non si creda. Io credo che ai cittadini interessi avere un sindaco che lavora a tempo pieno per la loro città. I sindaci che usano il loro ruolo istituzionale come

strumento per promuovere ambizioni personali, fanno del male alla loro città. Credo che a Verona peserà anche negativamente, per Tosi, la rottura nazionale tra Lega e Pdl. Ma soprattutto contano i risultati nel governo della città, che sono stati magri, anche grazie ai tagli forsennati che, in barba a ogni federalismo degno di chiamarsi tale, hanno punito soprattutto i comuni». Il risultato positivo della campagna di tesseramento del Pdl in Veneto inciderà in qualche modo sulla risposta delle urne? «Ho rispetto per tutte le forme di partecipazione politica. Ma l’exploit delle tessere del Pdl non mi pare un segnale di novità. Credo che un partito in cui non si è mai celebrato un vero congresso, con il declino di Silvio Berlusconi veda esplodere correnti e fazioni. Che si preparano ai congressi come avveniva nei partiti della Prima Repubblica: accumulando pacchetti di tessere. Però lo considero un’anteprima delle possibili tensioni future, più che una prova di vitalità».



THE PUTRID INNOVAZIONE XXXXXXXXXXX MERCATI ESTERI

Rivoluzionare le strategie Nuovi modi di fare impresa stanno caratterizzando il tessuto imprenditoriale veronese che cerca di reagire alla crisi economica. Andrea Bolla spiega quali sono le trasformazioni che stanno attuando le imprese locali Nicolò Mulas Marcello

e l’internazionalizzazione costituisce un desiderio di molte imprese, ma le dimensioni e la patrimonializzazione delle aziende spesso non lo consentono, la soluzione per competere sul mercato globale è quella di fare rete. Nel Veronese questo modo di fare impresa su larga scala ha portato molti frutti e sta coinvolgendo sempre più realtà. «A Verona, dalla loro istituzione – spiega Andrea Bolla, presidente di Confindustria – abbiamo già visto nascere 7 contratti di rete e altri sono in via di definizione». Come si rapportano le imprese veronesi al mercato estero? «La propensione all’export del sistema produttivo locale è molto alta, Verona è la decima provincia italiana per valore delle esportazioni. Tuttavia il momento è complicato. Alla contrazione della domanda interna si aggiunge la situazione dei mercati europei, tradizionali per le nostre esportazioni, che non sono sostenuti da aspettative positive, a esclusione della Germania, partner consolidato e ancora una volta locomotiva dell’aera euro. È chiaro che per mantenere i livelli di performance adeguati alla nostra produzione si devono cercare nuove opportunità di business nei Paesi in cui la crescita ha ritmi maggiori. Questo vuol dire rivoluzionare le strategie di export,

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gli strumenti di approccio ai mercati e spesso anche i prodotti. È nelle aree lontane che si concentrerà la crescita della domanda. Nel 2016, fra meno di 5 anni, ci saranno 188 milioni di nuovi ricchi in più rispetto al 2010, di cui un terzo sarà cinese e il 13% indiano, ma la classe benestante si allargherà anche in paesi geograficamente più vicini all’Italia, come Russia e Turchia, e culturalmente affini, come l’Argentina. Si calcola che, sempre nel 2016, le importazioni dal mondo emergente di prodotti di qualità aumenteranno di oltre il 50%. Si tratta di una grande opportunità per le nostre imprese che non possono e non hanno intenzione di perdere». La crisi economica ha modificato in qualche modo l’attitudine delle aziende veronesi su questo fronte? «Certamente sono in atto molti cambiamenti, anche profondi. In particolare è emerso evidente che la dimensione e la patrimonializzazione sono due variabili sensibili per reggere il nuovo assetto dei mercati. Le nostre aziende si stanno attrezzando su questi fronti soprattutto lavorando insieme, dai distretti alle reti d’impresa. Seppur le nostre imprese abbiano una dimensione media maggiore rispetto alle altre del Veneto, hanno imboccato con determinazione la strada della collaborazione. A

Sopra, Andrea Bolla, presidente di Confindustria Verona


Andrea Bolla

Verona, dalla loro istituzione, abbiamo già visto nascere 7 contratti di rete e altri sono in via di definizione. Come associazione di imprenditori stiamo supportando questa scelta in vari modi e su vari fronti: dalla consulenza alla ricerca di interessi trasversali tra le aziende, ma anche sul fronte della soluzione di alcuni aspetti giuridici, economici e finanziari: abbiamo istituito un tavolo di lavoro con l’Università di Verona e i rappresentanti di alcune banche. Le aziende ci mettono l’intuito, noi cerchiamo di supportarle tecnicamente». Per quanto riguarda Confindustria qual è il vostro ruolo nel percorso di internazionalizzazione delle imprese del territorio? «Ci stiamo muovendo su più fronti. Le aziende hanno interessi specifici diversi e per mercati diversi, quindi oggi più che mai dobbiamo customizzare il nostro servizio. Organizziamo incontri “one to one” con professionisti di mercati e paesi esteri riuscendo a coprire direttamente o indirettamente quasi tutti gli Stati. Abbiamo costituito il consorzio Coverfil, che accompagna le imprese nella sottoscrizione dei contratti di rete, nella de-

finizione degli obiettivi e nelle stesura del contratto. Abbiamo uno sportello di Sace proprio presso la nostra sede, che rappresenta l’unica esperienza nel Nordest di partenship sul territorio con Confindustria. In 3 mesi di attività è raddoppiato l’utilizzo delle opportunità Sace e noi aiutiamo le aziende ad accedervi: dalla redazione contrattuale secondo le normative internazionali applicabili alla verifica della documentazione internazionale per i pagamenti, la trattativa con le banche e la predisposizione dei piani di rientro del debito».

Si calcola che, nel 2016, le importazioni dal mondo emergente di prodotti di qualità aumenteranno di oltre il 50%

Quali sono le prospettive per il futuro dell’economia veronese? «Difficile parlare di prospettive definite. Rimane il fatto che convivono nel nostro territorio settori ciclici accanto a settori anticiclici, che garantiscono una diversa reattività al mercato. Così come vantiamo la presenza, accanto a imprese familiari - non necessariamente piccole imprese - di gruppi multinazionali importanti: Verona è la seconda città italiana per attrattività di investimenti esteri con 95 aziende a capitale estero residenti nel territorio. Questo consente “in media” una tenuta discreta del tessuto economico. Ma è lo spirito imprenditoriale di un territorio sano e laborioso che non molla la vera carta anti-crisi. Ho visto in questi due anni, davanti a serie difficoltà, colleghi impegnati con le proprie risorse per salvaguardare l’occupazione nelle aziende. Credo che il capitalismo familiare di cui il Nordest è ricco stia dimostrando in questo momento tutta la sua energia e la sua empatia con il territorio. Una risorsa immateriale che oggi può fare la differenza».

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MERCATI ESTERI INNOVAZIONE XXXXXXXXXXX

Alta predisposizione all’export Le imprese bellunesi, nonostante la crisi, non hanno perso la loro vocazione all’export. Gian Domenico Cappellaro spiega come sono cambiate le abitudini degli imprenditori Nicolò Mulas Marcello

l mercato globale è diventato sempre più articolato e complesso, ma le imprese bellunesi hanno retto meglio di altre l’impatto della crisi economica sui mercati esteri. Anche la solida tradizione imprenditoriale locale però deve fare i conti con i problemi dell’accesso al credito: «Le piccole e medie imprese – spiega Gian Domenico Cappellaro, numero uno degli imprenditori di Belluno – continuano poi a registrare difficoltà nei confronti del sistema bancario: la loro richiesta di credito aumenta mentre l’offerta si fa più selettiva. A questo fine Confindustria, sia a livello nazionale che regionale, ha avviato accordi con i maggiori istituti di credito al fine di facilitare l’accesso ai finanziamenti». Parliamo di internazionalizzazione. Qual è l’attitudine al commercio estero da parte delle imprese bellunesi? «La provincia di Belluno conta tante piccole e medie imprese, capaci di competere a livello mondiale, anche nei settori più tecnologicamente avanzati. L’indice di propensione all’export dell’economia bellunese nel 2010 è risultato pari al 43,3%, valore nettamente superiore a quello medio veneto (34,6%) e nazionale (24,3%). Siamo anche la patria di uno dei distretti industriali più conosciuti e ammirati a livello internazionale: quello dell’occhialeria, le cui esportazioni rappresentano,

I Gian Domenico Cappellaro, presidente di Confindustria Belluno

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in valore, oltre il 60% del totale provinciale. Gli imprenditori bellunesi hanno saputo col tempo trasformare una fortissima vocazione all’export in un reale processo di internazionalizzazione. Senza contare il fatto che oggi essere presenti sui mercati esteri, soprattutto quelli emergenti, è una delle poche strade per sopravvivere a questa durissima crisi. Purtroppo le nostre pmi scontano ancora il gap delle infrastrutture immateriali. Solo recentemente sono stati sbloccati i primi finanziamenti a favore della banda larga. Ora più che mai il digitale rappresenta un reale strumento per agganciare la ripresa, un moltiplicatore del potenziale produttivo e creativo». La crisi economica ha modificato le abitudini delle aziende bellunesi a rapportarsi con i mercati esteri? «La vocazione all’internazionalizzazione è nel nostro dna. Certamente il quadro competitivo si è fatto più articolato e complesso, ma le produzioni bellunesi hanno retto meglio di altre l’impatto della crisi nella loro capacità di penetrazione sui mercati internazionali: nel 2009 l’export provinciale è calato del 17,1%, a fronte di più elevate contrazioni accusate sia a livello regionale (21,5%) che nazionale (20,9%). E già nel 2010 la ripresa delle esportazioni è stata più intensa a Belluno (+19,7%) che nel resto del Paese (+16,2% in Veneto,


Gian Domenico UmpteenCappellaro almost ira

+15,8% in Italia). Sicuramente l’economia globalizzata ha reso più evidente a tutti che la consapevolezza che il modello di piccolissima impresa autonoma e autosufficiente che ha connotato con grande successo la storia imprenditoriale del Nordest, non è più realistica. Nuove opportunità nascono con l’aggregazione di imprese, di competenze, creando network flessibili ed elaborando strategie di filiera condivise». Per quanto riguarda Confindustria, qual è il vostro ruolo nel percorso di internazionalizzazione delle imprese del territorio? «Mettiamo in campo tutta una serie di iniziative utili per agevolare la penetrazione delle nostre aziende nei mercati esteri: dal coordinamento di partecipazioni collettive a fiere in tutto il mondo (spesso affiancate dal sostegno di contributi pubblici che andiamo a intercettare) alla pianificazione e gestione di missioni commerciali, con incontri “b2b”, nei continenti e nei Paesi di maggiore interesse; dalla realizzazione di “schede Paese” per la migliore comprensione dei relativi mercati, all’organizzazione di innumerevoli incontri e contatti con esperti commerciali, legali, doganali, finanziari e con ogni altro operatore specializzato nelle diverse problematiche che le aziende associate incontrano nel loro rapportarsi con i mercati internazionali. Ma non basta, oltre a ciò stiamo organizzando una serie di incontri per raccogliere istanze, idee e proposte dai nostri associati. Dai primi appuntamenti risulta chiara la necessità di sviluppare la propensione alla concentrazione. Il rischio che vogliamo evitare è quello che una piccola impresa finisca dentro strutture troppo burocratizzate e poco flessibili. Per questo è necessario mettere ordine e razionalizzare il sistema promozionale italiano all'estero».

La struttura produttiva bellunese è dinamica, ma dobbiamo muoverci verso una crescita dimensionale delle nostre produzioni

Quali sono le prospettive per il futuro dell’economia bellunese? «La situazione è ancora estremamente incerta. Contrazione dei mercati (soprattutto quello domestico), inefficienza e bassissima competitività nel confronto internazionale del sistema pubblico e delle reti infrastrutturali rimangono i principali problemi che in questo momento penalizzano le imprese. La struttura produttiva bellunese è dinamica, ma dobbiamo muoverci verso una crescita dimensionale delle nostre produzioni, perché ristrutturandosi è più facile fare ricerca e innovazione e divenire globali. Inoltre, le ultime rilevazioni congiunturali disegnano una trasformazione del tessuto produttivo che senza perdere di vista il manifatturiero si sta orientando verso un maggior sviluppo del terziario avanzato. Le aziende hanno bisogno di servizi nuovi e flessibili: professionisti dell’import/export, di diritto internazionale, di reti digitali nonché di esperti di piattaforme mobili di lavoro che rappresentano oggi un importante strumento competitivo per le piccole imprese».

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MERCATI ESTERI

Una forte spinta all’economia La crisi economica non molla ma in Veneto sono molte le imprese che hanno puntato sull’internazionalizzazione per affrontare di petto la congiuntura negativa. Vincenzo Consoli spiega la situazione regionale Nicolò Mulas Marcello

economia veneta è sempre stata caratterizzata da una forte propensione all’internazionalizzazione e alla scoperta dei mercati esteri. La qualità della produzione, lo spirito imprenditoriale e le capacità commerciali hanno contribuito fortemente allo sviluppo del made in Italy nel mondo proprio grazie alla forte spinta veneta. «Vince chi è strutturato, chi si innova – spiega Vincenzo Consoli, amministratore delegato di Veneto Banca – e chi fa di tutto per migliorare il livello di competitività». Qual è la propensione all’internazionalizzazione e al commercio estero delle imprese venete attualmente? «Le imprese venete hanno sempre avuto una forte propensione all’apertura internazionale, nonostante la dimensione prevalente, quella delle piccole e medie realtà, rappresenti uno dei fattori discriminanti per l’ingresso nel mercato estero. L’internazionalizzazione, infatti, è un processo che prevede una strategia ampia e articolata. È chiaro che sono soprattutto le imprese di più grandi dimensioni a poter abbracciare un’ottica di questo tipo. Tuttavia oggi il Veneto, pur nel difficile momento congiunturale, si conferma tra le prime regioni italiane per valore delle esportazioni, che toccano il 31,4% del Pil. Il commercio estero nel primo semestre 2011 è cre-

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Vincenzo Consoli

Vincenzo Consoli, amministratore delegato di Veneto Banca

31,4% PIL La percentuale di Pil regionale rappresentata dalle esportazioni venete

+14%

COMMERCIO ESTERO L’incremento dell’export in Veneto nel primo semestre 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010

sciuto del 14% rispetto ai primi sei mesi del 2010. Nel secondo trimestre il valore delle esportazioni è tornato sui massimi livelli precrisi, pur subendo, nei tempi recentissimi, un rallentamento a causa delle turbolenze dei mercati. Nel complesso, però, sono dati incoraggianti, che assumono, tanto più in questo periodo, un valore ancora maggiore: testimoniano spirito di rinnovamento, tenacia, unione e competitività delle imprese di questa regione». La crisi economica ha modificato in qualche modo l’attitudine delle aziende venete a rapportarsi con i mercati esteri? «Il Veneto è una regione aperta, gli effetti della crisi si sono sentiti immediatamente e in maniera decisa. Il calo del commercio internazionale, infatti, è stato un canale di trasmissione immediato. La contrazione delle esportazioni e delle importazioni, nel 2009, è stata di oltre 20 punti percentuali. Da dicembre 2007, abbiamo assistito a livello regionale - per ben 20 mesi - a una flessione dell’export, quantificabile in un -26%. Dal 2010 fino a giugno 2011, pur rallentando nell’ultimo semestre, il trend è stato positivo. Le aziende di grandi dimensioni hanno compensato la debolezza della domanda interna espandendo il commercio con l’estero: la quota delle espor-

tazioni sul fatturato è passata dal 62% del primo trimestre del 2010 al 67% dello stesso periodo del 2011, un valore simile a quello pre-crisi. Qui però emerge nuovamente il nodo cruciale della questione internazionalizzazione, che ho già sollevato: vince chi è strutturato, chi si innova e chi fa di tutto per migliorare il livello di competitività». Qual è il ruolo di Veneto Banca nel percorso di internazionalizzazione delle imprese del territorio? «Siamo stati tra i primi a capire l’importanza che la delocalizzazione stava assumendo per i nostri imprenditori, accompagnandoli nell’Est Europa con il supporto di Banca Italo Romena in primis e il successivo arrivo in Moldavia, Croazia e Albania. Il nostro servizio alle imprese, principali interlocutrici del Gruppo, è cresciuto assieme alle loro esigenze: ci siamo specializzati nella consulenza sia a coloro che già operano nel mercato internazionale, sia a coloro che intendono aprirsi al commercio con l’estero. Offriamo assistenza professionale attraverso la partecipata Sintesi 2000, con uffici a Hong Kong e Shangai, e grazie ai servizi “My export friend” e “My international friend”, portali che assistono e facilitano l’attività con le controparti estere, sia a livello informativo sia con servizi e prodotti specifici». Quali sono le prospettive per il futuro dell’economia veneta? «Le nostre imprese hanno sofferto e, nonostante i dati incoraggianti, ci sono molte realtà che soffrono ancora. Io continuo però ad essere positivo: i nostri imprenditori in questi decenni hanno dimostrato una creatività e una capacità di tenuta straordinarie. Questa regione è ricca di eccellenze, dinamica e in continuo rinnovamento. È su questi fattori e su queste specificità che occorre puntare per affrontare con forza un mercato sempre più globale. Come è emerso più volte, inoltre, la dimensione aziendale ridotta è spesso un fattore di criticità: occorre fare squadra per unire le forze e da questo punto di vista, fortunatamente, si vedono sempre più spesso segnali di apertura delle nostre imprese». VENETO 2011 • DOSSIER • 63


IL SISTEMA TREVIGIANO INNOVAZIONE XXXXXXXXXXX

Una strategia per lo sviluppo locale «Dovremo riflettere sul ruolo che il nostro territorio giocherà nei futuri scenari di sviluppo del nord est dell’Italia e del centro Europa». Idee e progetti del sindaco di Treviso, Gian Paolo Gobbo, dopo il tavolo di concertazione dell’Ipa Renata Gualtieri

nata l’Intesa programmatica d’area della Marca trevigiana. Treviso svolgerà il ruolo di capofila di questo accordo, cosciente del nuovo ruolo cui sono chiamati gli enti locali nell’ambito del “multilevel governance”, un sistema pluralista in cui più soggetti, pubblici e privati, a diversi livelli di governo collaborano e concorrono al raggiungimento di comuni obiettivi di sviluppo economico e di benessere. «L’iniziativa dell’Ipa – sostiene il sindaco di Treviso Gian Paolo Gobbo – è per noi uno strumento di sperimentazione e di attuazione delle più avanzate istanze di autogoverno locale e di federalismo nell’ambito delle quali ogni territorio, in una cornice europea, è chiamato ad assumersi la responsabilità di individuare e percorrere una propria strada verso un futuro di prosperità e benessere per la propria comunità». Come verrà pianificata la programmazione del territorio per intercettare fondi dell’Unione europea? «L’Intesa programmatica d’area offre la possibilità a partenariati locali tra enti pubblici e parti economiche e sociali, da un lato, di partecipare alla programmazione regionale, fornendo alla Regione un contributo di analisi e proposte progettuali, e dall’altro, di elabo-

È Gian Paolo Gobbo, sindaco del Comune di Treviso

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rare un vero e proprio patto per lo sviluppo economico-sociale territoriale, basato su priorità e obiettivi stabiliti di comune accordo a livello locale, nel quadro della programmazione e degli strumenti di finanziamento dell’Unione europea, statali e regionali. Per questo motivo, il Comune di Treviso, assieme ad altri Comuni limitrofi e ai rappresentanti delle parti economiche e sociali locali, il 13 ottobre 2011 ha sottoscritto un protocollo di intesa per promuovere l’Intesa programmatica d’area della Marca Trevigiana. questo partenariato istituzionale ed economico-sociale definirà, quindi, una strategia territoriale di sviluppo locale, integrata e multisettoriale, sulla base dei bisogni e delle potenzialità del territorio, volta a concorrere al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla strategia europea denominata “Europa 2020”, declinati sulla base della situazione di partenza a livello locale». Cosa prevederà tale strategia? «Tra le tematiche da affrontare - l’innovazione e la smart city, la riqualificazione urbana, l’ambiente e il clima, l’occupazione e l’inclusione sociale - saranno individuate alcune priorità per lo sviluppo del territorio e una serie di interventi d’area fortemente orientati anche a intercettare e a catalizzare i


Umpteen Gian Paolo almost Gobbo ira

fondi europei e nazionali della parte finale della programmazione 2007-2013, a partire dalle risorse assegnate dal Cipe al Veneto nell’ambito del Fondo per le aree sottoutilizzate (Fas), non ancora impegnati dalla Regione e a preparare il territorio per assumersi la responsabilità di gestire a livello locale quota parte dei fondi della futura programmazione europea 2014-2020. Il programma di lavoro si concluderà con la elaborazione di un “documento programmatico d’area” che conterrà il disegno politico dello sviluppo della marca trevigiana nei prossimi anni, sulla base del quale aprire un confronto con la Regione». Quali gli obiettivi sin da ora importanti dal punto di vista infrastrutturale per migliorare le comunicazioni e dare impulso allo sviluppo della città? «È necessario completare e migliorare gli assi viari di collegamento della nostra area con le principali direttrici di traffico regionali, nazionali ed europee, al fine di ridurre gli svantaggi localizzativi delle imprese e dei cittadini e di decongestionare dal traffico le aree di notevole valenza ambientale. Il completamento del IV tronco della tangenziale risulterebbe poi un’opera essenziale per risolvere gran parte dei problemi di traffico che ricadono nel quadrante nord-ovest del Comune di Treviso, mettendo anche in sicurezza sotto il profilo ambientale i quartieri ivi ubicati. Un’altra opera che, pur non interessando direttamente il territorio comunale, contribuirebbe a risolvere altri problemi di traffico è la realizzazione della Pedemontana veneta. Bisognerebbe, infine, lavorare al completamento della banda larga nell’intero territorio per garantire a cittadini, imprese e pubblica amministrazione l’accesso alle reti, promuovere servizi pubblici moderni e rafforzare i processi di innovazione della pubblica amministrazione locale».

Ha espresso soddisfazione per la ripresa dei lavori di messa in sicurezza dello scalo trevigiano. Perché per i lavori al Canova si è fatta tanta confusione? «Sono soddisfatto perché la funzione dell’aeroporto di Treviso è sempre più importante per l’economia e per il turismo della Marca trevigiana e del Veneto. Le polemiche sono nate perché qualcuno molto probabilmente ha confuso un necessario intervento di messa in sicurezza della sola pista dell’aeroporto con eventuali progetti di ristrutturazione dello stesso».

Passando alle elezioni amministrative del prossimo anno, il caso Belluno ha rappresentato un detonatore per le tensioni tra Pdl e Lega. A che livello sono compromessi i rapporti e quanto è in bilico in vista del 2012? «Il caso Belluno è un caso specifico dove comunque il direttivo nazionale del Pdl aveva dato mandato di non sfiduciare il presidente Bottacin. Per quanto riguarda le amministrative della primavera 2012 l’indirizzo è quello di correre da soli». VENETO 2011 • DOSSIER • 71


IL SISTEMA TREVIGIANO

Un patto tra imprese e parti sociali Il tema del lavoro «è fonte di preoccupazione e disorientamento sociale». Alessandro Vardanega, presidente di Unindustria Treviso, lancia un messaggio di fiducia e di coesione territoriale per affrontarlo con successo Renata Gualtieri

are Insieme 2012” è un ambizioso progetto che ha l’obiettivo di contribuire a dare risposte concrete alla preoccupazione e al senso di incertezza della comunità trevigiana, cogliendo nel lavoro la priorità sociale su cui operare. «Vogliamo evidenziare – precisa il presidente degli industriali trevigiani, Alessandro Vardanega – la capacità degli imprenditori di camminare con le proprie gambe e di dare prima ancora di chiedere». Il progetto si articola in quattro ambiti, che comprendono tutte le fasi del lavoro, fin dai banchi di scuola: istruzione tecnica e orientamento scolastico, lavoro giovanile, welfare territoriale e aziendale, riqualificazione di chi ha perso il lavoro. È previsto l’investimento nei prossimi dodici mesi di una somma pari a 1,5 milioni di euro, che comprende e utilizza anche contributi europei e regionali. A cosa mira il progetto da voi presentato?

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Alessandro Vardanega, presidente di Unindustria Treviso

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«Vuole essere un messaggio di fiducia in noi stessi e di coesione a livello territoriale per affrontare con successo il tema del lavoro, che è, come detto, fonte di preoccupazione e disorientamento sociale. Unindustria Treviso ha voluto con questo progetto proporre qualcosa che superi il tradizionale perimetro della sua attività di rappresentanza per porsi come soggetto sociale, in nome e per conto di migliaia di imprese, in un confronto fattivo con le istituzioni, i sindacati, la scuola e le altre forze imprenditoriali e sociali». Di recente Unindustria Treviso ha organizzato il convegno “Imprese e lavoro. Alleati per competere”. Quali gli spunti più interessanti emersi? «C’è l’esigenza di un nuovo modello di relazioni industriali per dare nuova competitività alle imprese e al lavoro. Un messaggio che si è tradotto, lo scorso febbraio, nella sottoscrizione del patto sociale per lo sviluppo tra la nostra associazione e le organizzazioni sindacali della provincia. Oggi la sfida si gioca in larga parte sulla capacità del nostro sistema produttivo di riequilibrare la struttura della contrattazione, spostando peso e competenze verso i luoghi dove si lavora e si produce. In tale contesto è indispensabile sviluppare anche quelle nuove forme di welfare declinate anche su base territoriale. Un’opportunità che potrebbe essere colta e realizzata anche presso piccole e medie imprese e su questo Unindustria Treviso è fortemente impegnata». Con quale obiettivo nasce l’iniziativa “Giovani in fabbrica” e cosa dicono oggi i dati sull’occupazione dei giovani in provincia di Treviso?


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Alessandro Vardanega

«In occasione dell’assemblea del maggio scorso avevo già invitato i colleghi imprenditori ad assumere ognuno almeno un giovane. L’adesione, pur in un momento difficile per l’economia, è stata alta e ci ha incoraggiati a presentare un ampio progetto per il lavoro di cui “Giovani in fabbrica” è una componente. L’obiettivo è di stimolare l’occupazione dei giovani in provincia con un’azione di sensibilizzazione delle imprese anche quale responsabilità sociale degli imprenditori nei confronto delle nuove generazioni. Contiamo, nel corso della prossima assemblea, anche di assegnare un premio alle imprese che abbiano raggiunto la percentuale più elevata di giovani occupati». I dati delle esportazioni delle imprese trevigiane sono incoraggianti, con una crescita nel primo semestre 2011 del 17,2% su base annua, con particolare incremento verso i Paesi extra Ue. L’accordo tra la vostra associazione e la Banca Antonveneta come sosterrà l’internazionalizzazione delle imprese

L’obiettivo è di stimolare l’occupazione dei giovani con un’azione di sensibilizzazione delle imprese

e quali sono al momento i mercati che offrono le più grandi opportunità? «I dati delle esportazioni delle imprese di questa provincia sono incoraggianti e nuove prospettive stanno nascendo anche in Paesi in crescita nell’Africa sub-sahariana e in Asia. Si tratta naturalmente di mercati che non è semplice approcciare, specie per le imprese più piccole. Per questo l’associazione ha attivato in questi mesi numerosi strumenti, guardando soprattutto al supporto finanziario che si rivela decisivo, ancor più per le pmi, per affrontare anche i mercati più lontani. Accanto all’accordo con Banca Antonveneta vi sono stati quelli con Simest e il gruppo Intesa Sanpaolo, oltre alle numerose collaborazioni e servizi di consulenza che consentono al servizio internazionalizzazione di Unindustria Treviso di poter offrire supporto alle imprese praticamente in tutti i mercati del mondo».

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IL SISTEMA TREVIGIANO

Poche attese dopo la crisi L’analisi del presidente Guido Pomini sulla rilevazione trimestrale di Ascom Confcommercio Treviso fotografa il quadro economico locale Renata Gualtieri

i fronte a una situazione che certifica la stagnazione profonda del mercato, la perdita di redditività delle piccole e medie imprese, l’affanno del turismo, il cambiamento dei consumatori e la trasformazione delle famiglie che si sono trovate a comprimere pesantemente le proprie abitudini di spesa, il presidente di Ascom Confcommercio Treviso, Guido Pomini, chiede «di riscrivere le regole del gioco» per non fare pagare alle imprese un conto troppo salato. Dai dati del terzo trimestre 2011 si evince una profonda stagnazione del mercato. Cosa è cambiato rispetto all’anno scorso? «È cambiato prima di tutto il clima di fiducia perché la maggior parte degli imprenditori vedevano nel 2011 un anno di inversione di tendenza ma in realtà questo non è avvenuto, quindi la sfiducia rispetto alle prospettive di cambiamento è forte. Inoltre, alle difficoltà economiche si è aggiunta la consapevolezza di essere di fronte a una crisi strutturale che non è più un’ipotesi ma una certezza e nei prossimi anni dovremmo adeguarci». Come sono cambiate le abitudini di spesa delle famiglie? «Da parte delle famiglie si va consolidando un approccio sempre più legato alla necessità che alla soddisfazione di un desiderio. Insomma, stanno utilizzando le loro poche risorse per fare acquisti prettamente necessari. Se poi si guarda a quella fetta di consumatori che ha ancora una certa disponibilità di spesa, ci si accorge che essi non fanno più paragoni tra prodotti della stessa

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categoria ma guardano comunque alle offerte che presenta il mercato». Quali le differenze in termini di perdita di redditività delle piccole, medie e grandi imprese? «Negli ultimi anni tutte le imprese hanno registrato perdite. Forse si può fare qualche distinguo solo nel settore alimentare, che presenta delle

Guido Pomini, presidente di Ascom Confcommercio di Treviso


Guido Pomini

87% IMPRENDITORI Sono quelli totalmente sfiduciati sull’andamento delle vendite

80% FAMIGLIE

La percentuale di consumatori che adattano i loro consumi alla crisi economica

dinamiche diverse, dove normalmente la piccola distribuzione soffre il doppio della grande». A cosa è dovuto il calo della redditività del settore turistico? «Treviso in passato ha dimostrato di essere molto reattiva dal punto di vista dell’accoglienza alberghiera. Penso ai grandi eventi, come le mostre fatte a Conegliano e a Castelfranco, che hanno portato circa 250.000 persone in più nell’ambito provinciale. Si è stati in grado, grazie anche al sistema Confcommercio, di soddisfare gli improvvisi picchi di richiesta. Nel 2011 non ci sono stati grandi eventi, quindi la domanda è scesa e di conseguenza anche il fatturato. Più in generale poi, in un processo in cui il turismo, pur essendo una delle parti preponderanti dell’economia veneta, non è messo al centro dello sviluppo economico della regione, si soffre la crisi di un mercato europeo che negli ultimi anni non è stato tra i più ricchi». L’occupazione appare in sofferenza, quasi quattro operatori su dieci parlano di calo annuo, mentre è irrilevante la percentuale di chi vede crescere l’occupazione. Quali le sue pre-

Treviso in passato ha dimostrato di essere molto reattiva per l’accoglienza alberghiera

visioni a riguardo per i prossimi mesi? «Se non cambia nulla penso che l’occupazione segnerà ancora andamenti negativi. Il dato certo è che la crescita dell’export trevigiano, affiancato dal calo dei consumi, non sta creando occupazione». Da quali settori arrivano i risultati più deludenti e da quali quelli positivi? «All’interno di ogni settore ci sono aziende che non solo non sentono la crisi, ma stanno crescendo e sono quelle realtà imprenditoriali che stanno guardando il mercato in maniera diversa, orientandosi di più alla domanda e guardando con strumenti innovativi al consumatore. Questo può essere un segnale di speranza perché vuol dire che approcciarsi in maniera diversa al mercato, anche in un momento di crisi, qualche volta può pagare». VENETO 2011 • DOSSIER • 75


APPLICAZIONI GESTIONALI

La strategia d’impresa passa dall’i-tech Agire in controtendenza rispetto al settore. Innovare mentre gli altri disinvestono. Non smettere mai di interpretare il mercato. Renato Bardin parla dello sviluppo e del successo di una suite gestionale Erp che ha già conquistato 50 mila utenti Salvatore Cavera

l settore dei sistemi Erp (Enterprise Resource Planning) non è stato risparmiato dalla crisi degli ultimi anni. La spinta alla razionalizzazione dei costi, infatti, ha frenato gli investimenti destinati all’innovazione tecnologica, inclusi quindi i progetti Erp, che comportano, oltre ai costi di progetto, consistenti cambiamenti di ordine organizzativo e culturale. Non a caso gli ultimi dati disponibili, relativi al mercato italiano, pubblicati nel L’ingegnere Renato Bardin, presidente Rapporto Assinform di Sanmarco Informatica Spa, Grisignano di Zocco (VI) 2010 – che analizza i www.sanmarcoinformatica.it dati del 2009 – mostrano una flessione del mercato Erp pari al 7,1%. Non sono ancora pubblici i dati completi per il 2010, anche se da più parti si sono registrati segnali di ripresa. Tuttavia resta il fatto che questa industria negli ultimi anni ha subito profonde trasformazioni che hanno comportato anche l’uscita di scena di parecchi attori. «Chi non si è la-

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sciato intimorire – spiega Renato Bardin, presidente di Sanmarco Informatica – e ha continuato a investire in ricerca, sviluppo e risorse umane, però, ha potuto contrastare efficacemente questo trend. E adesso, che si cominciano a vedere i primi deboli segnali di ripresa, è nelle condizioni migliori per fornire alle aziende le risposte che cercano, vale a dire sistemi in grado di dare una visione complessiva dell’andamento del business. Questi possono diventare anche validi strumenti di supporto alle decisioni, perché permettono di basare scelte e strategie aziendali su dati concreti e non su semplici intuizioni». Sanmarco Informatica è una software house specializzata nello sviluppo di applicazioni gestionali in ambiente Ibm e non. La capacità di interpretazione dei trend tecnologici e delle esigenze applicative dell’industria – dalla manifatturiera all’alimentare – ha permesso alla società di staccarsi dallo sfondo di crisi generale del settore, come testimonia l’incremento di fatturato, che nel 2010 è stato del 20% in più rispetto al 2009. «La nostra suite Galileo Erp è un prodotto pensato per le aziende italiane, progettato e realizzato interamente nel nostro centro di sviluppo. Come gran parte delle software house, negli anni scorsi abbiamo fatto delle sperimentazioni, ma ci siamo resi conto in fretta che allontanandoci dal nostro mercato di ri-


Renato Bardin

Spesso i processi aziendali dipendono dal territorio in cui opera l’azienda. Un sistema gestionale integrato deve essere capace di inglobare queste specificità

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Il software gestionale su tablet Uno degli ultimi moduli di Galileo Erp sviluppati da Sanmarco informatica è iGalileo. Questa app, installabile sui table iPad e iPhone, rende disponibile in modalità online la consultazione dei dati relativi all’area clienti, agli articoli, ai listini, agli scadenziari e alla situazione ordini. «Non è una questione di moda – assicura l’ingegnere Renato Bardin –, sono i clienti a richiedere queste nuove modalità di accesso ai dati, che semplificano il modo di lavorare e, indubbiamente, colpiscono favorevolmente gli interlocutori». Lo scadenzario permette di visualizzare l’elenco dei pagamenti scaduti e in scadenza dei clienti del profilo collegato. L’applicazione può essere utilizzata anche come un canale di comunicazione tra l’azienda e i propri agenti, che da remoto possono accedere ai dati sui clienti del proprio portfolio. Inoltre tutte le informazioni sulla classificazione, sui dati amministrativi, logistici e sullo storico degli articoli acquistati viene aggiornata in tempo reale.

ferimento correvamo il rischio di lasciare irrisolte molte delle attese e delle peculiarità che determinano il successo dei prodotti made in Italy». Lo sforzo degli sviluppatori è quindi diventato quello di far confluire il più possibile le peculiarità delle aziende nelle soluzioni software che utilizzeranno. «Spesso – prosegue Bardin – i processi aziendali dipendono dalla tipicità territoriale in cui opera un’azienda, anche quando questa intraprende un percorso di internazionalizzazione: per essere un vero fattore strategico di successo, quindi, un sistema gestionale integrato deve essere capace di inglobare queste specificità. Ecco perché abbiamo deciso di continuare a investire in Italia, destinando ogni anno circa il 15% dei ricavi in ricerca e sviluppo, e ampliando costantemente il numero dei nostri collaboratori». Scelte certamente in controtendenza. Mentre molte aziende riducono il personale o ricorrono agli ammortizzatori sociali, Sanmarco Informatica ha scelto di aumentare il proprio organico, che ha supe- ›› VENETO 2011 • DOSSIER • 77


APPLICAZIONI GESTIONALI

›› rato i 300 addetti, divisi fra le varie sedi – ol- hardware, delle infrastrutture software e la tre che in Veneto, la società è presente a Milano, Udine e Reggio Emilia. Inoltre, Sanmarco Informatica opera su tutto il territorio nazionale attraverso il “Pool Galileo”, una struttura di partner qualificati, che è cresciuta del 70% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. «Nonostante la crisi abbiamo continuato a investire anche in comunicazione, perché mantenere i prodotti sempre aggiornati è importante, ma bisogna anche informare il mercato delle nuove opportunità e dei propri passi avanti. La continua evoluzione delle piattaforme

Galileo Moda è un applicativo modulare specifico per le aziende del settore dell’abbigliamento e degli accessori. Permette di definire, descrivere e gestire materiali e prodotti

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forte espansione delle potenzialità offerte dal mondo delle comunicazioni, rende difficile, e talvolta impossibile, districarsi nella miriade di dispositivi, sigle e acronimi che gli operatori informatici continuano a immettere nel mercato. Il nostro compito quindi è anche quello di suggerire e guidare nella scelta dei servizi più adatti per supportare una corretta gestione dell’infrastruttura Ict». Galileo Erp è una suite applicativa tutta italiana, flessibile, modulare e aperta. È un supporto ideale per l’informatizzazione di molte tipologie di aziende, sia di produzione sia commerciali. «È proprio la sua modularità che le permette di essere in continua evoluzione. Per esempio, Galileo Qualità è un modulo – a sua volta composto da moduli


Renato Bardin

specifici – per la soluzione di varie problematiche: dalla gestione documentale a quella delle risorse umane e della sicurezza. Oppure Galileo Moda è un applicativo modulare specifico per le aziende del settore dell’abbigliamento, degli accessori e dei tessuti. Include tutte le funzioni per definire, descrivere e gestire materiali e prodotti. Per esempio, gestisce listini multivaluta, strutturati per modello, varianti, materiale, colore, taglie, stagione, marchio e collezione, inoltre si interfaccia con i sistemi di taglio». L’applicazione è stata sviluppata anche tenendo conto delle esigenze di aziende che puntano a visibilità e organizzazioni internazionali e che per questo necessitano di lavorare con software localizzati in più lingue e che supportino le fiscalità di estere. «A supporto di Galileo Erp, forniamo anche servizi di consulenza. Questi vanno dal project management all’archiviazione documentale e conservazione sostitutiva, dal Web engineering all’organizzazione di produzione con metodologie Lean Production e Teoria dei Vincoli. Dalla configurazione di prodotto alla rilevazione tempi e schedulazione. Dalla logistica alla qualità, dal controllo di gestione al workflow management. Sino ad arrivare al supporto delle fiscalità estere e all’impostazione del bilancio consolidato di gruppo». Anticipare i bisogni emergenti è inoltre una delle prerogative della società. «In questo momento, per esempio, un tema di grande attualità è rappresentato dalla Business Intelligence, per cui abbiamo messo a punto un nuovo modulo, battezzato Galileo Business Strategy (Smigbs), basato su tecnologia

24 mln EURO

QlikView. Questo consente di simulare vari scenari, partendo dai dati reali estrapolati dall’Erp, valutandone l’impatto sul business». La soluzione consente di prendere in esame le ipotesi di vendita (mix di prodotti, quantità e prezzi), la variazione di costo dei materiali e delle componenti, le variazioni della capacità produttiva, i costi di approvvigionamento e delle lavorazioni esterne e l’analisi legata a differenti ipotesi di investimento. «Si tratta di uno strumento semplice e veloce, che permette di analizzare le conseguenze di ogni decisione presa dal top management in termini di impatto sulla capacità produttiva e sui profitti. I modelli predittivi di Galileo Business Strategy – che negli scorsi mesi è stato al centro di una serie di eventi organizzati in collaborazione con organismi associativi quali l’Unione Industriale – consentono di modificare in modo aggregato, per esempio per mercato o famiglia di prodotto, e in modo dettagliato, al livello del singolo cliente e articolo, qualsiasi elemento di analisi. Tramite il modulo Throughput Accounting, inoltre, i vari scenari ipotizzati possono essere confrontati tra loro e consolidati per un raffronto con i dati di consuntivo».

Fatturato della Sanmarco Informatica Spa relativi all’anno 2010. Il dato rappresenta un incremento del 20% rispetto al 2009

15%

INVESTIMENTI La quota di fatturato annua destinata a ricerca e sviluppo e all’attrazione di nuovi collaboratori

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Quando i brand parlano attraverso il gadget Da L’Oreal a Bauli, tutti i grandi marchi ricorrono ai gadget promozionali, ricercando la giusta miscela di creatività e bassi costi di produzione. Lucia Chiabrando e Nicola Franco aprono le porte di Trend Promotion, dove nascono gli oggetti brandizzati Paola Maruzzi

n un’era in cui tutto è comunicazione anche gli oggetti vanno fatti parlare: è la regola d’oro del marketing che Lucia Chiabrando, titolare della veronese Trend Promotion, ha preso alla lettera dando vita a una delle prime aziende capaci di realizzare gadget promozionali per i grandi marchi: chiavette usb, borse moda e da mare, portachiavi, teli da spiaggia, orologi, guanti, foulard e molto altro vengono appositamente pensati per il committente e poi brandizzati. Affacciatasi sul mercato alla fine degli anni Novanta, «oggi l’azienda lavora con quasi tutte le più grosse società nel mondo cosmetico, farmaceutico, automobilistico e del mass market. In particolare stiamo dimostrando un interesse crescente per questi ultimi due settori», spiega l’im-

I Nicola Franco e Lucia Chiabrando, rispettivamente sales manager e titolare di Trend Promotion (VR) www.trendpromotion.com

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prenditrice. Collistar, L’Oreal, Bauli, Clarins, BMW, Ferrari e La Perla sono alcune delle case madri che finora si sono avvalse della professionalità di Trend Promotion, rinnovandone la fiducia. «Come è stato possibile raggiungere un tale risultato? Miscelando il fattore creatività con il basso costo – prosegue Lucia Chiabrando –. Mi spiego meglio: nell’era del consumismo sfrenato i marchi prestigiosi sanno perfettamente quanto sia importante distinguersi dalla massa promuovendo i loro marchi con prodotti promozionali sempre innovativi e alla moda, che siano di alta qualità ma che, perché no, abbiano anche un costo accessibile e competitivo». Non, quindi, semplici oggetti seriali, il “trucco” sta piuttosto nel creare oggetti che oltre ad essere in linea con l’immagine del brand, siano esclusivi, con un carattere forte e incisivo, tale da suscitare nel consumatore il desiderio d’acquisto. Tutto questo «lo otteniamo grazie ad uno staff di persone professionalmente preparate e mosse da una grande passione». Ma come e dove nascono le idee di Trend Promotion? Bisogna fare un passo indietro nel tempo per rispondere. «Convinta sin da subito di voler seguire le mode del momento, scelsi una creativa professionista con l’obiettivo di farle disegnare prodotti studiati e realizzati su misura, una strada che oggi mi ha portato a collaborare con diverse multinazionali». Se l’inventiva è made in Italy, la maggior parte della produzione viene seguita in Cina. Prima


Lucia Chiabrando e Nicola Franco

Per il consumatore il regalo che riceverà sarà la conferma e un rafforzamento dell’immagine che ha del marchio che acquista

che si inneschi l’automatica associazione con la bassa qualità della manifattura, la titolare frena il luogo comune e precisa subito: «il lavoro più difficile è stato proprio insegnare ai produttori cinesi, e non solo, quanto la cura del dettaglio ripaghi sulle vendite e, dunque, sugli ordini. Questo li ha portati a loro volta a investire insieme a noi sulla qualità e sulla ricerca. Hanno capito che produrre un prodotto brutto e di scarsa qualità non conviene né a loro, né a noi, né al cliente. I risultati ci dimostrano che questa è la strada giusta. Per questo, negli anni, abbiamo selezionato fornitori che curano il dettaglio e che si rinnovano ogni giorno sui materiali e sulle tecniche di lavorazione». A testimoniare il percorso virtuoso, la finestra si apre su tutta quella gamma di prodotti in linea con le normative pro-eco. Questa volta a prendere la parola è Nicola Franco, sales manager e figlio delle titolare. «Sono ormai anni che la salvaguardia dell’ambiente ha iniziato a diffondersi e proprio su questo filone abbiamo sviluppato diversi materiali derivati dal riciclo dei prodotti. Nel con-

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tempo abbiamo stretto partnership con fornitori che si impegnano a essere ecocompatibili anche nei processi di produzione e di approvvigionamento». Un tassello in più che si aggiunge al grande mosaico dell’immagine che l’azienda deve saper trasmettere ai committenti. «Effettuiamo diversi controlli sulle fabbriche produttrici – continua il giovane Nicola – e inoltre abbiamo sviluppato una fitta rete di consulenti che ci aiutano con le diverse tipologie di prodotti trattati, che sono veramente numerose». Accanto al comparto creativo che sviluppa gli oggetti, c’è il supporto di un ufficio più tecnico che tiene i rapporti con i fornitori con l’obiettivo di ricercare materiali innovativi e allo stesso tempo fornitori economici. «Sempre nell’ottica della personalizzazione, a ogni committente è affidato un unico account che lo segue in ogni fase di sviluppo, consigliandolo sulle tendenze. Per i clienti internazionali disponiamo di account madrelingua. Anzi, dirò di più, quasi tutto il nostro personale parla almeno tre-quattro lingue straniere». L’apertura ai mercati globali si dimostra, ancora una volta, la chiave di volta per bypassare l’attuale stallo economico. «Come abbiamo reagito alla crisi? – conclude la Chiabrando – Ci siamo rimboccati le maniche e con orgoglio abbiamo visto crescere ogni anno sia il fatturato che il numero dei collaboratori». VENETO 2011 • DOSSIER • 83


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’artigianato applicato all’industria Manufatti e fucinati di altissima qualità realizzati da sapienti artigiani, con il supporto di macchinari e apparecchiature di ultima generazione. L’evoluzione dell’arte della lavorazione del ferro battuto spiegata da Bruno Gonzato Guido Puopolouido Puopolo

oniugare la tradizione che è propria della lavorazione artigianale del ferro battuto con la costante ricerca di innovazioni tecniche ed estetiche, in modo che ogni elemento architettonico, edilizio e d’arredo realizzato, possa essere considerato il frutto di una vera e propria opera d’arte, non è certo un’impresa facile. Proprio questa peculiarità ha però consentito all’Industria Italiana Arteferro – Ind.i.a. Spa, azienda di Malo specializzata nella lavorazione del ferro battuto, di affermarsi come leader a livello mondiale nel suo campo. «Dall’utilizzo delle ultime tecnologie alla scelta dei materiali, tutto nell’azienda concorre alla creazione di prodotti d’avanguardia, che sono l'espressione di una cultura che da quarant’anni promuoviamo e diffondiamo a livello mondiale», racconta il fondatore di Ind.i.a., l’architetto Bruno Gonzato. Il gruppo infatti è oggi una realtà affermata a livello globale. Cosa rappresentano i paesi ad economia emergente per Industria Arteferro e quali mercati, anche a seguito della crisi, garantiscono attualmente le committenze più importanti? «Siamo presenti in ben 136 Paesi nel mondo,

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Il fondatore della Ind.i.a. Spa di Malo (VI), l’architetto Bruno Gonzato www.arteferro.com

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Bruno Gonzato

cosa che rende l’azienda leader mondiale nel settore di riferimento. Negli anni passati il nostro ferro è stato utilizzato per proteggere e adornare alcuni dei più importanti edifici e complessi mondiali, tra i quali il palazzo di Giustizia di Roma, il parco Terenure di Dublino, Eurodisney e molte altre prestigiose ville e residenze, da Hollywood a San Pietroburgo, passando per Londra e Saint Tropez. Oggi i paesi emergenti, anche alla luce dei nuovi equilibri economici che si stanno delineando, rappresentano per noi una grande risorsa: tra questi in particolar modo guardiamo con grande interesse alla Russia, ai paesi dell’Est Europa in genere e al continente africano. Nonostante tutto, però, anche l’Europa continua a garantire ancora buone commesse, con particolare riferimento alla Germania». In che modo lo sviluppo tecnologico, che in questi ultimi decenni ha rivoluzionato il modo di lavorare di moltissime aziende nei più svariati ambiti, ha inciso anche sulle tecniche di lavorazione del ferro? «È importante sottolineare come storicamente la lavorazione del ferro battuto sia un ambito di tradizionale competenza dell’uomo, con un impatto della tecnologia piuttosto limitato. In tempi più recenti, tuttavia, il personale specializzato di Ind.i.a. è stato affiancato, nel suo lavoro, da macchinari sofisticati che permettono di aiutare efficacemente artigiani e professionisti. Questi possono così dedicarsi al controllo dei dettagli e dell’alta qualità dei procedimenti produttivi, oltre che dell’“arte” di produrre ferro battuto. Si può dire che sia proprio il giusto equilibrio tra l’aspetto tecnologico e la valorizzazione delle

136 PAESI Tanti sono gli Stati capacità artigianali dei singoli operatori a gain cui Ind.i.a. è rantire l’eccellenza dei nostri articoli». presente con i propri prodotti A questo proposito, quanto contano per voi gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo? «Investire nella ricerca, così come nella formazione, è fondamentale per poter mantenere sempre gli elevati standard qualitativi che ci hanno permesso di affermarci a livello mondiale. Attualmente stiamo concentrando i nostri sforzi soprattutto nel settore della sicurezza e del design, portando avanti un’attività che i nostri competitor non sono ancora in grado di garantire. Altro fattore che ci contraddistingue, al di là dell’aspetto tecnologico, è la nostra grande flessibilità produttiva, grazie alla quale siamo in grado di fornire, con la stessa puntualità e precisione, pochi pezzi o grandi appalti, con un servizio a 360 gradi difficilmente riscontrabile altrove». Quali sono attualmente i vostri competitor principali? «Senza dubbio il mercato cinese, allo stato attuale, rappresenta la “minaccia” più temibile, anche se fino a oggi la produzione asiatica è stata più che altro il frutto di innumerevoli tentativi di imitazione, più o meno riusciti. ››

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› Pensiamo però che l’esperienza, gli errori e le conoscenze maturate in quarant’anni di attività costituiscano ancora un valore aggiunto fondamentale, che permetterà alla nostra azienda di svolgere un ruolo da protagonista anche nel prossimo futuro». Come sono cambiate, invece, le tendenze del mercato e le esigenze degli acquirenti, anche da un punto di vista estetico? «Certamente la richiesta di prodotti in acciaio inox sta prendendo sempre più piede, in quanto tale materiale è capace di soddisfare le esigenze di un gusto moderno, ma attento anche al lato estetico. Per quel che riguarda il ferro battuto, invece, oggi viene lavorato per produrre nuovi disegni, puliti ma aggraziati, molto richiesti». Quali, tra le vostre produzioni, stanno ottenendo i migliori riscontri commerciali? «Fortunatamente, possiamo dire che tutte le nostre linee di prodotto stanno riscuotendo un buon successo da un punto di vista commerciale. Il settore in cui operiamo è in continua evoluzione, e quello che ci contraddistingue è proprio la nostra capacità di differenziare l’offerta. La fantasia italiana, unita alla qualità tipica delle produzioni made in Italy, è infatti ancora in grado di fare la differenza sul mercato: un esempio su tutti è la nuova linea Gonzato Design, una particolare linea di prodotti che unisce motivi classici del ferro battuto con le forme del design moderno, creando un prodotto innovativo e originale». Anche il tema della sostenibilità è al centro delle vostre strategie di sviluppo. Quali direttive state intraprendendo per garantire una riduzione dell’impatto che le vostre lavorazioni possono avere sull’ambiente? «Abbiamo a cuore le conseguenze che il no86 • DOSSIER • VENETO 2011

Ind.i.a. al Fematec Fiere e manifestazioni espositive, anche in un’epoca segnata da internet e dai social network, rappresentano ancora uno strumento indispensabile per far conoscere le novità produttive di Ind.i.a. nel mondo. La società infatti, oltre a essere stata presente al Made Expo e al Vitrum di Milano, ha recentemente presenziato all’evento Fematec di Buenos Aires. «Fematec è stata per noi una grande vetrina, conclusasi in maniera molto positiva, grazie anche all’atmosfera di partecipazione e collaborazione costruttiva che ha caratterizzato tutta la manifestazione, cosa che qui in Europa oggi si verifica raramente», spiega Gonzato. «Argentina, Brasile e Cile, ma più in generale tutti i paesi sudamericani, sono realtà caratterizzate da un forte sviluppo economico, elemento che, affiancato a una tradizione molto antica e radicata nel campo del ferro battuto, rende sicuramente questo mercato molto appetibile anche per la nostra azienda».


Bruno Gonzato

stro operato ha nei confronti dell'ambiente che ci circonda, ed è proprio questo sentimento che ci spinge ad attuare precise politiche di ecosostenibilità e controllo dell'impatto ambientale. Laddove possibile, infatti, abbiamo provveduto a limitare al minimo le emissioni di sostanze nocive in atmosfera e nel suolo, promuovendo invece l’utilizzo di prodotti non inquinanti. A testimonianza del nostro impegno, abbiamo creato un programma denominato Sistema di Gestione Ambientale, la cui attuazione negli ultimi anni ci ha permesso di ridurre il consumo di energia elettrica del 19 per cento e quello di acqua del 15 per cento, mentre addirittura il 90 per cento dei nostri rifiuti viene completamente riciclato. Gli sforzi sostenuti dall’azienda, che ci hanno fatto guadagnare anche la Certificazione Ambientale UNI EN ISO 14001:2004, ci rendono ancora più orgogliosi del nostro lavoro, perché crediamo che proteggere e difendere il nostro mondo sia un impegno fondamentale». Quali sono stati i principali risultati raggiunti dall’azienda nell’ultimo biennio e quali, invece, le maggiori criticità incontrate? «In questi due anni ci siamo concentrati sullo sviluppo di due nuove divisioni aziendali: Grande Fabbro e Arteferroinox. Con la prima ci siamo posti l’obiettivo di soddisfare la domanda di appalti di fascia alta, in tutto il mondo, confezionando opere in ferro battuto e acciaio inox per privati ed enti pubblici, anche con soluzioni “chiavi in mano”. Attraverso la seconda divisione, invece, ci siamo specializzati nella lavorazione dell’acciaio inox per la realizzazione di recinzioni, scale e parapetti, dal design moderno e pulito. Questa scelta si è rivelata assolutamente vincente, in quanto entrambe le divisioni hanno saputo coprire un fabbisogno latente del mercato, dandoci ottime soddisfazioni anche da un

La nostra fantasia, unita alla qualità tipica delle produzioni made in Italy, è ancora in grado di fare la differenza sul mercato

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punto di vista commerciale. L’unica nota dolente, in questo contesto, è rappresentata dall’enorme apparato burocratico che caratterizza il sistema italiano, un vero e proprio fardello che spesso impedisce alle imprese di crescere e svilupparsi». Per concludere, quali sono gli obiettivi e le sfide che attendono la società nel prossimo futuro? «Nonostante la crisi economica in atto siamo stati in grado di consolidare e rafforzare la nostra posizione sul mercato. Per il futuro intendiamo continuare a investire nella valorizzazione dell’acciaio inox, che siamo convinti nei prossimi anni continuerà a riscuotere grande successo. Crediamo però che anche il ferro battuto possa ancora rappresentare una risorsa importante, perché soddisfa un bisogno di eleganza che soltanto questo materiale è in grado di esprimere».

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Le applicazioni del poliuretano Automazione e manualità nella produzione degli articoli in poliuretano. Marco Faccioli, presidente di ABM FLEX, affronta il tema della tecnologia al servizio del design nei poliuretani. Un incremento di precisione e qualità nella realizzazione dei prodotti e un maggiore rispetto dell’ambiente Valerio Germanico

aggiornamento tecnologico, anche in tempi di crisi, è in grado di dare una spinta importante alla crescita. Dirigendosi nella direzione della produzione automatizzata è infatti possibile realizzare lavorazioni sofisticate che, anche per un’azienda che ha la propria tradizione nelle lavorazioni manuali, possono rappresentare un salto di qualità. «Stampiamo ancora il poliuretano (PU) direttamente su inserti in metallo, legno o plastica, riuscendo però a dare maggior comfort e qualità alla gamma di prodotti realizzati; prodotti che spaziano dal piccolo particolare di pochi grammi fino ai divani di grandi dimensioni. Ma l’investimento nella produzione computerizzata, assieme al maggior servizio che diamo ai clienti, ci ha portati a crescere, con percentuali a doppia cifra nel 2010 e nel 2011, permettendoci di diventare azienda leader nel nostro settore in Italia,

L’

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Giuseppe Faccioli, amministratore della ABM FLEX, Isola della Scala (VR) www.abemmeflex.it


Marco Faccioli

40% EXPORT ABM FLEX esporta i propri prodotti in tutto il mondo, in Europa principalmente

ampliando sia il numero di aziende con le quali collaboriamo, sia il numero del personale interno». A parlare è Marco Faccioli, titolare di ABM FLEX. Qual è il vostro core business? «Il poliuretano flessibile schiumato a freddo rappresenta l’80% della nostra produzione totale. La parte più importante è destinata al settore dell’arredo per la casa. Complessivamente i nostri prodotti vengono utilizzati da aziende di tutto il mondo che operano nei settori industriali della casa, del contract, dell’ufficio, dell’automotive e del motociclismo, dei parchi divertimento, degli imballaggi e del design in genere». Rivolgendovi a un così alto numero di settori industriali, come riuscite a conciliare le diverse esigenze di prodotto? «Ci siamo dati un assetto molto flessibile, per poter adeguare il processo produttivo a più richieste. Inoltre, dato che ci troviamo spesso coinvolti nella progettazione di nuovi articoli, diamo molta importanza al coinvolgimento con i nostri partner nella fase iniziale di sperimentazione del prodotto. Questo permette di avere, fin dall’inizio chiari gli obiettivi che si intendono raggiungere. Risolvendo le eventuali criticità prima che si inizi la produzione di serie, si ottiene alla fine un processo produttivo molto più razionale, che permette di accorciare i tempi di realizzazione ed evitare costi superflui». La vostra produzione ha la particolarità di

80% PU L’80% della produzione di ABM FLEX è rappresentato dal poliuretano flessibile schiumato a freddo

avere una divisione manuale e una automatizzata. Può spiegare quali sono i diversi tipi di lavorazione? «Le nostre undici linee di produzione ci consentono di realizzare sia particolari in PU flessibile sia in PU integrale, secondo le diverse richieste del cliente. Su dieci delle linee di produzione utilizziamo degli stampi riscaldati ad acqua che permettono un posizionamento preciso degli inserti in metallo, legno o plastica. La linea di produzione automatizzata invece, si inserisce nel nostro percorso verso la continua ricerca di miglioramenti nel processo produttivo. Per questo è stata pianificata, sviluppata e realizzata “su misura” una linea computerizzata, completamente automatica, con 32 stazioni, che da sole ci consentono una capacità produttiva di oltre 2000 pz./giorno». Qual è la differenza fra schiumati flessibili e schiumati integrali? «Rispetto agli schiumati in PU flessibile, gli schiumati in PU integrale si distinguono per una pellicina esterna resistente allo strappo e ››

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› una struttura interna morbida con cellule estremamente compatte che testimoniano l’alta densità di questa tipologia. Inoltre con il poliuretano integrale i prodotti non necessitano di essere rivestiti e si possono realizzare individualmente in tutta la gamma dei colori Ral». Una volta estratti dagli stampi gli schiumati, quali sono gli altri procedimenti che bisogna eseguire? «È necessario effettuare una rifilatura accurata, prestando notevole attenzione alla qualità del prodotto in genere. Già comunque, lungo tutto il processo produttivo, vengono prelevati a campione dei particolari per essere controllati al fine di individuare possibili difetti, verificare il funzionamento di eventuali meccanismi interni, il dimensionamento e la durezza. Il controllo di quest’ultimo parametro viene eseguito con l’aiuto di un macchinario computerizzato, progettato appositamente a questo scopo che viene verificato regolarmente. Il controllo viene eseguito con una procedura ben precisa, prevista dalla normativa europea». Avete una politica ambientale? «La nostra azienda è sensibile al tema del rispetto dell’ambiente, per questo ha investito nelle fonti di energia rinnovabile, coprendo 4mila mq dei propri fabbricati con pannelli fotovoltaici, ottenendo così una produzione di energia elettrica di

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La produzione automatica si inserisce nel nostro percorso verso la continua ricerca di miglioramenti nel processo produttivo

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circa 350mila kW annui. Questa ci ha reso indipendenti per il nostro fabbisogno e inoltre metà dell’energia prodotta, che è in esubero, viene ceduta in rete. Complessivamente contribuiamo ad evitare l’immissione in atmosfera di circa 200 tonnellate di CO2 all’anno». A livello di produzione, qual è l’impatto dei materiali che utilizzate? «I nostri sistemi poliuretanici espandono per miscelazione tra i 2 componenti, sviluppando nella reazione vapore acqueo e non contengono sostanze nocive per l’ozono o altre sostanze tossiche – come il bromo, il cloro o il fosforo – e rispettano le normative in ambito ecologico/ambientale. La diversificazione della produzione in 11 linee, ci permette di avere diverse classi di resistenza al fuoco dei particolari realizzati, riuscendo a rispettare le normative stabilite dalla CL1 IM italiana, dal Californian Test americano, all’M4 francese, fino al più severo BS 5852 Crib 5 inglese».



IMPRENDITORI DELL’ANNO

Un utilizzo ecologico dei macchinari Anche nel settore della movimentazione di materiali solidi rispettare l’ambiente è diventato un aspetto fondamentale, motivo per cui sono stati sviluppati nuovi tipi di macchinari. Carlo Casarotti presenta l’innovativo caricatore a emissioni zero, il 50ZE Emanuela Caruso

er caricare e scaricare, sollevare e spostare carta, legname, rottami di ferro e rifiuti è necessario utilizzare caricatori gommati o su postazione fissa, che impiegati solitamente in ambienti aperti ed esterni rendono agevoli e veloci tutte le varie fasi di lavoro delle imprese specializzate nella movimentazione di materiali solidi sfusi. Negli ultimi anni la sfida più interessante affrontata da questo settore è stata quella di ideare e progettare caricatori da poter impiegare in spazi chiusi, per esempio all’interno di un capannone o di altro edificio, e quindi in grado di assicurare alte prestazioni a emissioni zero. L’azienda Solmec di Rovigo è stata la prima a riuscire nell’intento e a immettere sul mercato il caricatore 50ZE. «L’input per iniziare a sviluppare questo rivoluzionario prodotto – commenta Carlo Casarotti, titolare della Solmec – ci è stato dato da uno dei nostri clienti, il Gruppo Mastrotto, realtà industriale che opera da anni nel campo della concia delle pelli, che aveva la precisa esigenza di spostare materiali all’interno di ambienti chiusi con apparecchiature che fossero in grado di non inquinare l’aria». Quali componenti for-

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Carlo Casarotti, titolare della Solmec Spa di Rovigo, e alcuni dei caricatori prodotti dall’azienda www.solmec.it

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mano il caricatore 50ZE e lo differenziano da un comune caricatore prodotto dalla Solmec? «Abbiamo sostituito il classico motore endotermico con un’unità elettrica alimentata a batteria, in modo da garantire un utilizzo “pulito” ma efficace al tempo stesso, con prestazioni addirittura superiori a quelle dei motori diesel. Le due grandi batterie che azionano il motore elettrico trifase sono posizionate dietro la cabina di guida e fungono tanto da alimentatori quanto da contrappesi. Esteticamente, il caricatore 50ZE, acronimo di Zero Emission, si distingue dalle altre apparecchiature prodotte dall’azienda per essere una macchina compatta, dall’aspetto elegante, che in alcune configurazioni di braccio arriva a raggiungere un raggio d’azione di 8,5 metri». I vostri prodotti sono quindi caratterizzati dalla peculiarità di essere ecologici e a basso impatto ambientale. Perché questa sensibilità nei confronti dell’ambiente è diventata così importante per una realtà aziendale come la Solmec? «Producendo unicamente macchine per la movimentazione dei materiali, da sempre abbiamo avuto a che fare con imprese del settore del riciclaggio e della valorizzazione dei rifiuti. Queste collaborazioni non solo ci hanno fatto avvicinare alla tematica del rispetto per l’ambiente, ma ci hanno anche spinto a realizzare macchinari eco friendly, in quanto unica soluzione per riuscire a soddisfare clienti che ogni


Carlo Casarotti

La necessità di produrre macchinari eco friendly adatti agli ambienti chiusi ci ha spinti a produrre il caricatore 50ZE a emissioni zero

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giorno operano per “ripulire il mondo”. Questo il primo passo che ha poi portato la Solmec all’utilizzo di vari e diversi motori ecologici, a basso consumo e a basso impatto ambientale. Siamo inoltre convinti del fatto che ogni settore del mercato debba ormai orientarsi verso l’uso di energie alternative e rinnovabili a scapito dei carburanti di origine fossile». Il mercato di riferimento della Solmec è in particolare quello dell’Italia, ma già da qualche tempo vi state allargando anche all’estero. In quali Paesi siete presenti e con quali percentuali? «Il nostro progetto di espansione verso l’estero è cominciato circa dieci anni fa e ha portato l’azienda a raggiungere una posizione ben consolidata su tutto il territorio europeo e una percentuale dei caricatori esportati pari al 35% della produzione totale. Abbiamo ottenuto buone soddisfazioni anche in Paesi extraeuropei, come Russia, America centrale e America latina. Attualmente ci stiamo muovendo per acquisire quote di mercato in alcune nazioni africane, dove, grazie alle favorevoli condizioni economiche e sociopolitiche, è possibile creare interessanti e durature partnership con distributori locali». Quali sono i progetti che la Solmec sta pensando di portare avanti?

«Per il 2012, è stato deciso di rinnovare l’intera gamma dei prodotti, che saranno caratterizzati da nuove linee estetiche, per dare un tocco di modernità ai macchinari, e dall’adozione di motori tier 3B. I caricatori saranno inoltre molto più accessoriati e disporranno di strumentazioni a colori con maggiori funzioni, di ventola idraulica termostatata a inversione di flusso, di telecamera posteriore e di impianti elettrici di ultima generazione. Tutte queste soluzioni permetteranno ai macchinari di poter assicurare prestazioni ancora più elevate, grande affidabilità e soprattutto una perfetta sicurezza per l’operatore. In definitiva, miglioreremo sia le condizioni lavorative del nostro staff, sia quelle dei clienti che si affidano ai prodotti Solmec». VENETO 2011 • DOSSIER • 93


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Nel cuore della Inox Valley a solidità di un sistema produttivo molto variegato ed elastico nel far fronte alle difficoltà, ha permesso al distretto trevigiano della lavorazione dell’acciaio inox, pur in un contesto di crisi generale, di superare la fase più acuta di questa congiuntura negativa, attraverso un percorso di crescita basato soprattutto su innovazione e rinnovamento tecnologico. «La situazione è ancora critica, ma i segnali positivi non mancano», sottolinea Mario Zanardo, amministratore delegato di Artinox Spa, azienda di Conegliano specializzata nella lavorazione dell’acciaio inox, che in quasi trent’anni di attività ha contribuito in modo determinante allo sviluppo economico del territorio trevigiano, affermandosi come punto di riferimento per tutto il settore, non solo in Italia ma anche all’estero. Quali sono oggi le peculiarità che un’azienda come la vostra deve possedere per poter essere competitiva sul mercato? «Utilizzo di materiali pregiati, lavorazioni accurate, tecnologie innovative e un design moderno e funzionale: sono questi i punti di forza di Artinox. La flessibilità organizzativa e produttiva, unita ad un solido knowhow, permette all’azienda di adattarsi al meglio a ogni particolare esigenza del committente, riuscendo così a fornire soluzioni esclusive e su misura. Attraverso la qualità dei materiali e l’efficacia dell’esecuzione e del servizio, vogliamo trasmettere l’emozione di un prodotto fatto a regola d’arte, im-

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Mario Zanardo, amministratore delegato di Artinox Spa di Conegliano (TV) www.artinox.com

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Mario Zanardo analizza la situazione del distretto trevigiano della lavorazione dell’acciaio inox, tra prospettive di crescita e nuovi mercati Guido Puopolo

mediatamente riconoscibile per la cura dei particolari e i valori estetici che esprime, nel solco della migliore tradizione italiana». Quale invece il vantaggio competitivo che deriva dalle vostre attività di ricerca e sviluppo? «L’azienda ha sempre puntato con decisione sull’innovazione tecnologica come fattore di crescita. Negli anni abbiamo investito ingenti risorse, che oggi ci permettono di disporre di macchinari d’avanguardia, indispensabili per eseguire delicate operazioni di saldatura e pulitura. Creatività e spirito di innovazione fanno il resto, come dimostra la nuovissima piastrella in acciaio inox Inoxtile, l’ultima nata in casa Artinox. Questo prodotto, proposto in dieci diverse finiture e in una gamma completa di formati, offre innumerevoli soluzioni progettuali per pavimenti e rivestimenti, presentando comunque caratteristiche di elevata resistenza e igienicità. L’obiettivo che intendiamo perseguire attraverso Inoxtile è quello di proporre superfici nuove e di forte impatto high-tech, mantenendo nello stesso tempo la facilità di posa dei pavimenti in ceramica, mediante l’utilizzo di collanti e sigillanti tradizionali». Quali sono, attualmente, gli articoli che riscuotono maggior successo sul mercato? «Fiore all’occhiello dell’azienda sono senza dubbio i nuovi lavelli e le vasche raggiate che, unendo l’eleganza e la raffinatezza nel design


Mario Zanardo

L’obiettivo di Inoxtile è quello di proporre superfici nuove e di forte impatto high-tech, mantenendo nello stesso tempo la facilità di posa dei pavimenti in ceramica

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con la praticità e la funzionalità nella pulizia, stanno riscuotendo un notevole successo sia in Italia che all’estero. Scelti dai più prestigiosi produttori di cucine, questi articoli sono disponibili in una grande varietà di modelli, dimensioni e finiture, nelle versioni acciaio, oro e antracite, per rispondere a ogni esigenza di stile e arredo. Particolarmente apprezzati, in questo senso, il lavello Ghost con rubinetto a scomparsa e le vasche della serie Dama, con la particolare superficie a rilievo antigraffio brevettata. Oltre alle vasche, Artinox produce anche piani di lavoro attrezzati su misura, con invaso, alzatine, bordi arrotondati ed elementi integrati, pensati e realizzati per l’ambiente domestico ma anche per un utilizzo professionale all’interno di studi dentistici, laboratori di ricerca e ospedali». La crisi ha in parte modificato il baricen-

tro dell’economia internazionale. Quali sono i mercati che presentano le maggiori opportunità di business? «Allo stato attuale il mercato nazionale rappresenta ancora una fetta importante del nostro fatturato. Tuttavia, proprio a causa della crisi, la crescita interna è ancora molto lenta e diventa quindi indispensabile individuare nuove aree sulle quali concentrare la nostra attenzione. Per uscire da questa staticità, infatti, ci stiamo orientando soprattutto verso mercati emergenti come la Russia, i paesi dell’Est Europa e dell’Asia, che stanno vivendo invece una fase di dinamismo e all’interno dei quali l’originalità e l’unicità che caratterizza le produzioni made in Italy riscuotono ancora un notevole successo». VENETO 2011 • DOSSIER • 95


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Il settore dell’acciaio guarda alla sostenibilità L’ultimo semestre del 2011 sembra preludere a una nuova fase di stagnazione per il settore della lavorazione dell’acciaio. Trafilerie Industriali risponde investendo su nuovi mercati, innovazione tecnologica e risparmio energetico. Il punto di Paolo Zanetti Carlo Gherardini

opo un periodo di ripresa nel 2010, il settore dell’acciaio sembra presentare oggi una nuova fase di contrazione. Se, dopo la crisi profonda vissuta dal mercato nel 2009, con una riduzione dei consumi dell’acciaio nei Paesi dell’Ue pari a oltre il 25%, il 2010 e il primo semestre del 2011 sembravano aver dato al settore una boccata d’ossigeno, la situazione sta di nuovo precipitando. «Il primo semestre del 2011 non ha consentito al settore di vedere i livelli produttivi macroeconomici del 2008» afferma Paolo Zanetti, presidente della Trafilerie Industriali, azienda di Nervesa della Battaglia, specializzata nella produzione di fili lucidi trafilati di qualità, fili trafilati per stampaggio a freddo e fili rivestiti in zinco, rame e nichel. E oggi il panorama è ancora più preoccupante. «Stiamo vivendo un nuovo rallentamento generale nel consumo apparente di acciaio – continua Zanetti -, indice di una probabile nuova fase di stagnazione che richiederà alle imprese del vecchio continente di impegnarsi ulteriormente nel miglioramento della propria competitività». Trafilerie Industriali, nello specifico, sta affrontando questo difficile quadro puntando su nuove nicchie di mercato e sull’aggiornamento tecnologico. I risultati conseguiti dall’azienda nel primo semestre di quest’anno, sia in termini di volumi che di margini, sono ampiamente positivi rispetto agli indicatori di settore, pro-

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Paolo Zanetti

prio grazie all’acquisizione di nuove nicchie di mercato sia in ambito domestico che in esportazione. «La riqualificazione impiantistica che abbiamo avviato nel 2006/2007, inoltre, - aggiunge Zanetti - ha contribuito a posizionare la produzione in segmenti più specialistici consentendo, pur in un contesto estremamente competitivo, di consolidare e ampliare la nostra leadership». Nel 2006 Trafilerie Industriali ha dato infatti il via a una serie di investimenti sull’impiantistica, realizzando dapprima un impianto per la nichelatura in linea del filo lucido, che ha consentito all’azienda di realizzare un prodotto con un elevato standard qualitativo che trova la sua massima espressione nella brillantezza della finitura, quindi un impianto automatico di decapaggio che consente di effettuare tutti i trattamenti superficiali necessari quali decapaggio, fosfatazione con la scelta diverse soluzioni di neutralizzazione, per una preparazione adeguata a specifiche esigenze di lavorabilità della vergella laminata a caldo o semilavorati. Nel 2008, inoltre, l’azienda ha realizzato un nuovo impianto di ricottura, improntato a soddisfare

I risultati conseguiti dall’azienda nel primo semestre di quest’anno, sia in termini di volumi che di margini, sono ampiamente positivi rispetto agli indicatori di settore

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le esigenze qualitative nell’ambito della deformazione a freddo. «Tutti gli impianti installati sono stati realizzati anche in un’ottica di risparmio energetico e di minimo impatto ambientale – afferma Zanetti -. L’impianto di decapaggio è dotato della tecnologia più evoluta per la riduzione dell’impatto ambientale in termini di emissioni, risparmio energetico e miglioramento dell’ambiente di lavoro, mentre gli elevati standard di efficienza e di controllo del processo dell’impianto di ricottura Hebner a idrogeno, oltre a garantire le aspettative in termini di qualità, contribuiranno a ridurre in modo consistente l’impatto ambientale». Un progetto fondamentale dell’azienda è proprio quello che mira a una “produzione sostenibile” e al miglioramento continuo dell’efficienza energetica: «A inizio 2009 abbiamo inaugurato un impianto fotovoltaico da 930 kwp, che con oltre 13.000 mq di superficie e i suoi 5000 pannelli, ci sostiene con una quota importante di energia verde, portando una notevole riduzione dell’impatto ambientale in termini di emissioni di CO2 (pari a 1 milione di Kg/anno), ed evitando così di bruciare circa 400 tonnellate di petrolio». Ricavando dall’energia solare buona parte del fabbisogno energetico, con quasi 1000Kwp installati, l’attenzione ai recuperi energetici e ai sottoprodotti di processo, Trafilerie Industriali mira non solo alla leadership di prodotto, ma anche a quella ambientale.

Momenti di lavoro all’interno della Trafilerie Industriali di Nervesa della Battaglia (TV) www.trafilerieindustriali.it

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L’export degli stampi in acciaio I lunghissimi tempi nei pagamenti rendono le nostre imprese poco competitive in Europa. Adelangela Menegon spiega perché know how e specializzazione si indeboliscono in assenza di tempi certi nel saldo delle forniture Manlio Teodoro

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l ritardo nei pagamenti è uno dei problemi maggiori delle piccole e medie imprese. Un problema che incide fortemente, oltre che sui bilanci – dato che costringe le aziende a svolgere il ruolo improprio di agenzie di credito – anche sulla competitività nei confronti dei competitor europei. Mentre all’estero infatti esiste quasi sempre un limite, di solito di sessanta giorni, per saldare i conti fra le imprese, in Italia la situazione è pressoché non adeguata a gestire il mercato. Nell’indifferenza delle istituzioni nazionali, è la stessa Europa che sta avviando la proposta di introdurre regole certe e comuni ai ventisette Paesi, tuttavia la soluzione del problema non sembra possa arrivare prima della conclusione del 2012. Parliamo di questo tema con Adelangela Menegon, titolare di Bremen Acciai, imprenditrice che si confronta con il mercato a livello internazionale e che quindi avverte particolarmente gli effetti dei tempi incerti dei pagamenti delle forniture. Qual è la differenza fra mercato interno e i mercati esteri nei quali avete rapporti di partnership? «Benché i nostri concorrenti siano sia ita-

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Adelangela Menegon, titolare di Bremen Acciai Spa, Romano d’Ezzelino (VI) www.bre-men.it


Adelangela Menegon

liani che esteri, i nostri maggiori e più diretti competitor sono i produttori di acciaio tedeschi. Nei confronti di questi ultimi perdiamo terreno soprattutto sul fronte dei pagamenti. Mentre in Germania questi vengono effettuati entro poco tempo, ci troviamo sempre a dover colmare il gap di quelli che attendiamo dai partner italiani. Per questo auspichiamo che venga introdotta una seria regolamentazione sui tempi di pagamento – che da noi manca totalmente. Per

Con i competitor esteri perdiamo terreno soprattutto sul fronte dei pagamenti, che non hanno tempi certi

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usare un paradosso, se tutte le aziende pagassero entro sessanta giorni, molte aziende potrebbero anche fare a meno delle banche. Mentre attualmente le piccole e medie imprese sono costrette a cercare troppo spesso l’aiuto degli istituti di credito». Quali sono i vostri mercati di riferimento? «Noi lavoriamo per tutti i mercati del settore meccanico, realizzando stampi in acciai legati e speciali, destinati tanto alle lavorazioni a caldo che a quelle a freddo. I nostri partner lavorano pressoché tutti per l’estero – Germania e Francia soprattutto – e siamo diventati anche partner delle acciaierie, che si rivolgono a noi soprattutto quando bisogna costruire stampi per i quali occorre un particolare know how. Ci stiamo sviluppando soprattutto verso la Germania, l’Austria, la Croazia e il mercato turco. Offriamo anche un servizio di lavorazioni meccaniche, come sgrossatura, squadratura, rettifiche e lavorazioni particolari a disegno. In questo momento, anche a causa della crisi, il settore della meccanica sta rallentando, mentre quello degli stampi non sta conoscendo soste e questo che ci vede maggiormente impegnati». Quali sono le attuali richieste per gli stampi per materie plastiche? «Negli ultimi anni c’è stato un aumento considerevole della richiesta di prodotti con caratteristiche di resistenza all’usura e resistenza alla compressione. Questo è dovuto al fatto che è cresciuto l’uso di materie plastiche arricchite di componenti e additivi, associato allo studio di particolari finiti sempre più complessi come forma e prestazioni. La risposta del nostro settore è stata quella di studiare e progettare nuovi acciai, dedicati appunto allo stampaggio delle materie plastiche a caldo». VENETO 2011 • DOSSIER • 99


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Il siderurgico verso la ripresa? Caratteristiche attuali e prospettive nell’industria siderurgica del Nord Est. Marco Sacchetto spiega che il destino del comparto dipende dalla capacità delle imprese di investire in produzioni dall’alto valore tecnologico Manlio Teodoro

a minaccia di ristrutturazioni, delocalizzazioni e chiusure degli impianti grava sull’intero settore della siderurgia europea. La situazione era già stata sconvolta dall’ingresso sul mercato di nuovi produttori – che avevano “rivoluzionato” i prezzi rispetto a quelli fino ad allora mantenuti in Occidente –, ma si è complicata con gli effetti della crisi economicofinanziaria globale. Tuttavia, puntando su un insieme di prodotti di maggiore qualità, che conservino insomma un valore aggiunto anche se confrontati con i prodotti low cost responsabili della difficoltà di alcune imprese, ci sono tutte le possibilità per un rilancio del comporto. Parliamo della situazione della siderurgia nel Nord Est e degli sviluppi del settore con Marco Sacchetto, titolare della Generaltubi, azienda che distribuisce e commercializza prodotti siderurgici. Generaltubi è un’azienda che opera da vent’anni nella commercializzazione di prodotti siderurgici. Con quali mezzi e in quali modi siete riusciti a restare competitivi sul mercato? «L’azienda è nata nel 1991 in un momento

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Marco Sacchetto, titolare della Generaltubi Srl di Ponzano Veneto (TV) www.generaltubisrl.com

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di grande sviluppo del settore edile e industriale. In quel periodo, caratterizzato da grandi consumi, si era notato che da parte di molti distributori non si era tenuto in giusta considerazione l’aspetto qualitativo dei prodotti. Noi, individuando in questa mancanza una possibilità di business, abbiamo iniziato a operare mettendo come priorità la qualità del prodotto e selezionando quanto di meglio era disponibile sul mercato. Oltre a questo aspetto notevole, il nostro impegno è stato diretto nel servizio e nella logistica. Questi fattori, inseriti in un tessuto industriale caratteristico come quello del Nord Est, fatto di piccole e medie realtà, ci hanno portato al successo». A quali settori appartengono le aziende che si rivolgono a voi? «Noi operiamo nel settore dell’impiantistica civile, industriale e della meccanica, in particolare ci occupiamo del commercio di prodotti siderurgici, destinati alle aziende del Nord Est. Siamo specializzati nella commercializzazione di macchinari e tubi per impiantistica: tubi gas per impianti idrotermosanitari, verniciati, preisolati e in Inox (Aisi 304 e 316). Inoltre, effettuiamo varie lavorazioni per rispondere alle sempre più complesse richieste del mercato e per essere sempre pronti ai cambiamenti. Fra queste, il taglio dei tubi con seghetti fino al diametro 508, tagli ad alta velocità con troncatrici automatiche fino al diametro 114,3 e scanalatura dei tubi». All’inizio di novembre si è svolta l’assem-


Marco Sacchetto

blea nazionale dei delegati Fiom Cgil della siderurgia, che ha approvato all’unanimità una piattaforma nella quale si esprime l’esigenza di salvaguardare il settore, strategico in Italia e in Europa. Qual è il suo commento? «È indubbio che la globalizzazione e l’apertura dei mercati, con l’ingresso di nuovi attori sulla scena, ha avuto effetti dirompenti nel settore siderurgico europeo e soprattutto in quello italiano. Il primo effetto è stato quello di provocare la chiusura delle produzioni a più basso contenuto tecnologico. C’è tuttavia un dato di

Bisogna privilegiare le produzioni a più alto contenuto tecnologico, per le quali l’industria siderurgica italiana ha già il know how

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fatto: nonostante la crisi economica in Europa e America, il consumo di acciaio nel mondo è ancora in aumento. Questo dovrebbe spingerci a un maggiore impegno nella specializzazione produttiva, privilegiando quelle produzioni a più alto contenuto tecnologico, per le quali l’industria italiana ha già il know how a disposizione». Voi lavorate soprattutto nella zona del Nord Est. Quali sono stati i fattori e le caratteristiche che vi hanno agevolato? «Il fenomeno economico del Nord Est è, da sempre, caratterizzato per la dinamicità nel seguire gli sviluppi tecnologici. Questa si traduce nel bisogno frequente di cambiare l’offerta di prodotti, proponendo soluzioni maggiormente innovative. Per adattarci al nostro territorio abbiamo cercato di stare al passo con i tempi, evolvendoci, ma allo stesso tempo mantenendo ben saldi i valori tradizionali. Una delle caratteristiche che ci ha maggiormente favorito nella crescita è stata la volontà di avviare anche un servizio di logistica per la distribuzione del prodotto siderurgico». VENETO 2011 • DOSSIER • 101


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Una ghisa più resistente, tenace e affidabile Una ghisa contenente grafite sferoidale e caratterizzata da un’alta resistenza alla trazione, tenacità e un’elevata durezza superficiale. Franco Zanardi descrive la ADI, ottenuta attraverso uno speciale trattamento termico e una specifica composizione chimica Emanuela Caruso

a sicurezza sul lavoro è una necessità imprescindibile per ogni settore. E, in alcuni campi specifici, come quello dell’industria dei getti di fonderia ferrosi, diventa un aspetto doppiamente importante. In casi del genere, infatti, la sicurezza deve essere garantita tanto durante i processi e le lavorazioni interni all’azienda produttrice, così da salvaguardare l’incolumità del personale, quanto nel momento in cui i clienti andranno a utilizzare il prodotto. Ecco dunque che la sicurezza sul lavoro non si inquadra più solo come primo dovere dell’imprenditore, ma anche come strumento di coesione d’intenti di un intero staff, che riconoscerà come traguardi comuni la qualità e l’affidabilità dei prodotti. Un’azienda che ha fatto di questi aspetti la sua strategia vincente è la Zanardi Fonderie, specializzata nei getti in

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Federico Zanardi, a sinistra, e Franco Zanardi, rispettivamente presidente e presidente onorario della Zanardi Fonderie di Minerbe (VR) www.zanardifonderie.com

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ghisa e tra le prime realtà europee a sviluppare la ghisa ADI. «Al fine di assicurare affidabilità, qualità e quindi sicurezza – spiega Franco Zanardi, presidente onorario dell’impresa –, collaboriamo da più di dieci anni con il Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università di Padova, testando le caratteristiche di tenacità e resistenza di vari materiali, tra cui acciaio, ghisa, alluminio». La Zanardi Fonderie ha fatto della ghisa ADI il suo punto di forza. Ma, nello specifico, cos’è questo materiale? «La ghisa ADI, il cui nome completo è Ghisa Sferoidale Austemperata, è una ghisa contenente grafite sferoidale ed è caratterizzata da un’alta resistenza alla trazione tenacità resistenza all’usura e lavorabilità. È ottenuta attraverso uno speciale trattamento termico e una specifica composizione chimica, scelti di volta in volta in funzione della dimensione del pezzo ordinato e del grado richiesto dal materiale. Sempre a seconda di queste caratteristiche, alla composizione chimica possono inoltre essere aggiunti alcuni elementi in lega come il Nichel e il Rame». Da cosa è scaturito l’interesse per questo particolare materiale? «La ghisa ADI ci ha colpito per le sue proprietà meccaniche, paragonabili a quelle di un acciaio bonificato, e i suoi innumerevoli vantaggi. Il peso specifico di questo materiale è del 10% più basso di quello dell’acciaio, e perciò è più leggero. Inoltre la ghisa austemperata ha un alto


Franco Zanardi

La ghisa Adi presenta caratteristiche di elevata tenacità, resistenza meccanica e all’usura anche in assenza di trattamenti superficiali

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grado di tenacità e resistenza meccanica, ma soprattutto è resistente all’usura sull’intero spessore del pezzo, caratteristica che permette di evitare ulteriori trattamenti superficiali. I vantaggi della ghisa ADI si riscontrano anche a livello di forme, infatti la sua flessibilità consente ai designer di creare qualsiasi tipo di geometrie, dalle più semplici alle più complesse, in un pezzo unico, eliminando così eventuali operazioni aggiuntive di saldatura. Infine, la presenza di grafite e la struttura ausferritica ottenuta con il trattamento termico hanno un effetto smorzante sulle vibrazioni, con il risultato finale di una complessiva

riduzione del rumore». Quanto è importante l’innovazione per un settore come il vostro? «Nel nostro settore, l’innovazione scientifica e tecnologica è considerata da sempre un’opportunità da gestire con strumenti adeguati al rischio di sviluppo associato. La Zanardi Fonderie, però, concentrandosi in modo costante sullo sviluppo di nuovi materiali e nuove tecnologie ha riscontrato notevoli vantaggi sia a livello di maggiore competitività, sia a livello di lavorazioni più adeguate, precise ed ecologiche, con un’importante riduzione delle emissioni e un aumento del risparmio energetico. La nostra azienda ha inoltre sviluppato due nuovi materiali: la ghisa IDI, che offre una resistenza a fatica e lavorabilità migliori di quelle della ghisa sferoidale perlitica, e la ADIWR, ideata per tutti quegli impieghi dove l’usura è molto importante». Come si colloca l’azienda all’interno di un settore di nicchia come il vostro? «Nonostante il nostro settore sia di nicchia, è però sviluppato in tutto il mondo. Questo significa che le strategie da attuare devono essere pensate secondo una visione d’insieme molto ampia. La nostra è una posizione difficile, dato il grande capitale materiale e immateriale di cui necessita, ma grazie alla qualità e alle innovazioni del nostro metodo di lavoro riusciamo a cavalcare l’onda nel migliore dei modi». VENETO 2011 • DOSSIER • 103


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Mercati di nicchia per la ghisa Un'assoluta qualità delle materie prime per la produzione di prototipi e lavorazioni particolari ha permesso a Fonderie Cortiana di consolidare la sua presenza in un mercato di nicchia. Approfondiamo il tema con l’amministratore delegato Patrizia Cortiana Marco Tedeschi

e gettiamo uno sguardo sulla prima “settimana siderurgica” di dicembre possiamo registrare il recupero di rottame (+5/+15 euro la tonnellata) e ghisa (+5 dollari la tonnellata) mentre per tutti gli altri prodotti si registrano nuove diminuzioni comprese tra i -10 euro la tonnellata di coils e lamiere e i -50/-175 euro la tonnellata per alcune categorie di inox. Buone notizie quindi per quelle realtà come Fonderie Cortiana, consolidata oramai da SESSANT’anni sul mercato della piccola e media impresa, e specializzatasi nella produzione di getti di ghisa grigia, sferoidale, ni-hard e ghise speciali ad alta resistenza. «L’azienda nasce nel 1946 ad opera del Cavalier BOrtolo Cortiana». Spiega Patrizia Cortiana, amministratore delegato del-

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Fonderie Cortiana S.p.A. ha la sua sede a San Vito di Leguzzano (VI) www.fonderiecortiana.it

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l’azienda, che effettua un bilancio dopo sessant’anni d’attività e a conclusione di un 2011 praticamente al termine. «La scelta di non produrre grandi serie ma di proporci come fornitori di getti speciali di sicurezza e di lavorazioni atte a soddisfare esigenze particolari, ci ha permesso di consolidare un mercato di nicchia senza soffrire la concorrenza di realtà emergenti. Ci apprestiamo a chiudere l'anno con lo stesso fatturato del 2008 e inoltre l'acquisizione di nuovi clienti in Italia e in Europa mi spinge ad essere ottimista per il 2012 anno in cui dovremmo riuscire a incrementare quanto fatto fino ad oggi». L’innovazione è una componente fondamentale per restare al passo con i tempi. «La ricerca dell'innovazione è sempre stata la componente principale della nostra gestione aziendale». Sottolinea l’amministratore Cortiana. «Sono stati investiti negli anni ingenti somme per poter diventare una realtà in grado di soddisfare una vasta gamma di esigenze nel minor tempo possibile. In pochi giorni dall'assegnazione della commessa infatti, siamo in grado di consegnare quanto richiesto». Un’altra componente fondamentale dell’azienda è l’attività del laboratorio interno di ricerca. «Il laboratorio dotato con un quantometro ARL, ci permette di controllare le analisi


Patrizia Cortiana

delle leghe e inoltre possiamo effettuare le prove di trazione su provini a norme UNI. Tutto questo assicura l'assoluta qualità delle materie prime utilizzate». I settori ai quali si rivolge Fonderie Cortiana sono molteplici, soprattutto per la trasversalità di utilizzi del materiale. «La ghisa d'alta qualità ha numerosi campi di utilizzo che abbracciano quasi tutti i settori produttivi, da quello marmifero a quello alimentare, da quello ascensoristico a quello automobilistico. Pertanto la nostra offerta è rivolta a chiunque abbia bisogno di un servizio rapido e qualitativamente importante». Fonderie Cortiana negli ultimi anni è stata protagonista di diverse innovazioni dal punto di vista tecnologico. «Nel 2000 è stato installato un impianto ad impulso d'aria, uno automatico con testa a pestelli e due forni rotativi a ossigeno-metano abbinati a un forno di attesa ad alta capacità, senza dimenticare il laboratorio» spiega Patrizia Cortiana. Un aspetto fondamentale per l’azienda è certamente l’ottenimento di certificazioni importanti. «Le certificazioni sono assolutamente indispensabili per offrire un servizio trasparente e di alta qualità. Tutta la filiera viene attentamente controllata, dall'acquisto delle materie prime di provenienza certificata alle varie fasi di lavorazione per arrivare alla consegna. Vengono annotate su appositi registri tutte le verifiche effettuate così come richiesto dal sistema Uni En Iso 9002 e Uni En Iso 9001:2000». Certificazioni che vanno ad avvalorare ancora di più la causa ambientale, da sempre punto cardine dell’azienda. «La sensibilità

La ghisa d'alta qualità ha numerosi campi di utilizzo che abbracciano quasi tutti i settori produttivi

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verso l’ambiente, ci ha portato a compiere ingenti sforzi per raggiungere elevati standard fino ad arrivare alla richiesta nel 2009 dell'Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dalla provincia di Vicenza. Sono state installate 2 vasche di decantazione per le acque industriali oltre alla realizzazione dei box per le materie prime e alla cementificazione delle zone di stoccaggio. Tuttavia siamo pronti a nuovi sforzi per migliorare ulteriormente la qualità dell'impatto ambientale e le condizioni di lavoro dei nostri collaboratori». Fonderie Cortiana ha mantenuto negli anni una connotazione familiare supportata però dalle ultime innovazioni tecnologiche. «Con il trasferimento della sede operativa da Schio a S. Vito di Leguzzano l'evoluzione tecnologica e l'adozione dei nuovi impianti ha ottimizzato la produzione e la razionalizzazione del personale con le attuali 40 figure altamente qualificate».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Macchinari per l’industria, si investe sull’export I La saturazione del mercato italiano ha fatto volgere l’attenzione delle aziende produttrici di macchinari verso i mercati internazionali. E nonostante la concorrenza spietata il made in Italy è ancora capace di fare la differenza. Ne parla Roberto Padovani Emanuela Caruso

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l settore italiano dei macchinari industriali, al contrario di quanto succede in patria, dove è costretto a barcamenarsi all’interno di un mercato stagnante e poco soddisfacente, sta ritornando a ottenere buoni risultati a livello di esportazioni internazionali. Infatti, è stato constatato che le attrezzature esportate, che siano destinate al campo della meccanica, a quello elettrico, a quello alimentare, a quello tessile o a qualsiasi altro ambito che necessiti di strumentazione adeguata, pesano per la metà dell’intero fatturato nazionale del settore. Questo ritrovato slancio estero dimostra che il prestigio e la leadership tecnologica dell’Italia vengono ancora riconosciuti come tali, ma porta anche le aziende produttrici di macchinari industriali a doversi confrontare con un mercato pieno di agguerriti competitor, tra cui spiccano per competenze la Cina, la Russia, gli Stati Uniti, il Brasile, la Germania e gli Emirati Arabi. Tra la miriade di società che si trovano ad affrontare tale situazione c’è l’impresa Padovani, specializzata nella produzione di stampi e macchine per biscotti. «Non ci siamo mai lasciati intimorire dalla concorrenza – spiega Roberto Padovani, fondatore e amministratore dell’attività –, perché nel tempo la qualità dei nostri prodotti è diventata così alta e il know how aziendale così ricco e competente, che agli occhi dei clienti nessun competitor riesce ad apparire preparato come la Padovani». Questo modo di vedere le cose si è dimostrato vincente e a oggi la Padovani può contare su un export molto rilevante. «Il nostro mercato di riferimento è in continua espansione e l’azienda è arrivata a operare in ogni continente, con un livello di esportazioni pari all’85% del valore prodotto complessivo». Il successo che da tanti anni accompagna l’attività della Padovani, sita a Badia Polesine, è frutto di un attento progresso tecnologico innescatosi all’interno della società. «Nata come produttrice di stampi per


Roberto Padovani

L’85% del nostro fatturato è dovuto alle esportazioni di stampi e macchine per biscotti in tutto il mondo

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biscotti, grazie alle competenze tecniche e alla voglia di stare al passo coi tempi e di proporre macchinari innovativi, l’azienda si è evoluta, aggiungendo agli stampi anche la realizzazione di macchine rotative e industriali, quali apparecchiature rotostampa, estruditrici, linee di laminazione, sfogliatrici e impastatrici. Con l’acquisizione nel 2007 della Tecnostamp siamo inoltre passati dalla sola produzione di macchinari per biscotti frollini alla creazione di impianti per ripieni». Lo sviluppo di ognuna di queste macchine si articola secondo precise fasi, seguite scrupolosamente dallo staff della Padovani. «Il processo produttivo parte con la raccolta dell’idea del cliente e segue con l’elaborazione delle richieste del committente, la trasformazione in disegni e quindi la preparazione di un progetto. Si crea una commessa e la si recapita all’officina, dove il macchinario viene prodotto, assemblato e, nel caso degli stampi, inciso. Dopo essere stata opportunamente collaudata, ogni macchina passa alla spedizione e una volta arrivata sul luogo di destinazione, un nostro tecnico esegue il collaudo finale sul posto». Tanto la complessità delle tipologie di prodotti realizzati quanto la diversità dei tempi che

intercorrono tra commessa, creazione dell’impianto, interazione con i clienti e spedizione a seconda del mercato d’inserimento hanno portato la società a strutturare un’articolata rete distributiva. «Abbiamo dovuto tessere una capillare rete di distribuzione in grado di garantire presenza e spedizioni efficienti su tutto il territorio di nostra competenza, e quindi a livello mondiale. Ecco perché per ogni ben determinata area e zona disponiamo di intermediari, agenti e distributori specializzati e altamente formati». Sempre con lo sguardo puntato al futuro, la Padovani si è già messa in moto con importanti e ingenti investimenti destinati a incrementare ancor di più la qualità dei prodotti e dei processi produttivi. «Stiamo investendo grandi capitali in know how e nuove attrezzature e proprio a proposito, abbiamo acquistato un centro di fresatura e un tornio parallelo, che andrà a rendere più dinamiche le consegne. Vogliamo inoltre continuare ad allargare il bacino d’utenza portando la Padovani anche verso mercati ancora commercialmente inesplorati».

La Padovani Srl, azienda produttrice di stampi per biscotti e macchine rotative e industriali, ha sede a Badia Polesine (RO) www.padovani.net

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Il controllo dei complessi industriali li Ndt, ovvero Non Destructive Testing, sono utilizzati da decenni nelle operazioni di controllo dei grossi complessi industriali. La grande e veloce diffusione dei controlli non distruttivi si deve alla loro capacità di garantire assoluta qualità e perfetta affidabilità, e di conseguenza sicurezza per chi opera nei cantieri e per la popolazione che vive nei pressi delle aree di lavoro. Oggi, questa tecnica ha raggiunto livelli così elevati di verifica dello standard qualitativo di prodotti semilavorati e finiti, che si sta assistendo a una nuova specializzazione della stessa. Da qualche anno, infatti, sta prendendo piede la manutenzione predittiva degli impianti di produzione. In territorio veneto, un’impresa che ha raggiunto il successo proprio attraverso gli Ndt e di tutte le loro peculiarità è stata la Italsabi, sita a Sandrigo. «La manutenzione predittiva – spiega il dottor Giulio Bidese, titolare dell’azienda – si sta rivelando interessante in quanto si basa sulla possibilità di riconoscere la presenza di un’anomalia in stato di avanzamento attraverso la

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Sfruttare una tecnica operativa già sviluppata e diffusa come quella degli Ndt, ma specializzarla nel nuovo ambito della manutenzione on condition, è l’ultimo traguardo raggiunto dal settore dell’energia. Ne parla Giulio Bidese Emanuela Caruso

scoperta e l’interpretazione di segnali deboli, cioè sintomi premonitori del guasto». La Italsabi, attiva da quasi quarant’anni, non offre solo servizi di controllo non distruttivo ma esegue anche trattamenti termici. In che cosa consistono? «Nella maggior parte dei casi, i trattamenti termici che svolgiamo riguardano la distensione delle saldature di tubazioni e apparecchiature a pressione. Per questo genere di interventi utilizziamo macchinari d’avanguardia a bassa tensione. Il punto di forza di questo ramo dell’attività aziendale sta nel fatto che Italsabi si occupa tanto della costruzione delle macchine per lo svolgimento di trattamenti termici e del-


Giulio Bidese

Un’acquisizione di prestigio Dopo una valutazione durata quasi un anno sulle capacità tecniche, strumentali ed operative, la Italsabi ha acquisito nel 2010, direttamente da ENI, il lotto più consistente del più grande progetto di costruzione in Italia, il Revamping della Raffineria di Sannazzaro de Burgondi. In questo impianto, il primo in Italia basato su una tecnologia di raffinazione del tutto made in Italy, Italsabi dovrà occuparsi dell’esecuzione di controlli non distruttivi durante le fasi di montaggio delle tubazioni. Nello specifico, l’azienda di Sandrigo dovrà controllare tutte le saldature delle tubazioni attraverso tecnologie d’avanguardia, come le tecniche radiografiche che prevedono l’utilizzo di sorgenti ionizzanti e le tecniche a ultrasuoni semiautomatici.

Giulio Bidese, a destra, è titolare della Italsabi Srl di Sandrigo (VI) www.italsabi.it

l’utilizzo delle stesse presso terzi, quanto della produzione di forni per l’esecuzione di trattamenti ad aria termoriscaldata, con bruciatori alimentati a gas». A quali settori in particolare si rivolge la Italsabi e chi sono i vostri interlocutori? «Il nostro principale settore di riferimento è l’Oil&gas, definibile in modo più ampio come il settore della produzione di energia in genere. Operiamo in raffinerie, impianti chimici e centrali elettriche, mettendo a disposizione un servizio sia di manutenzione ordinaria che di manutenzione straordinaria, nel caso in cui vengano costruiti nuovi impianti o nuove linee di produzione. Tra i nostri interlocutori più importanti possiamo citare Eni, Saipem, Erg, Esso, Edison, Enel, Polimeri Europa». Quanto cambiano le metodologie di controllo da settore a settore? «Ormai le tecniche di controllo hanno raggiunto un elevato grado di omogeneità, perciò a differenziarsi a seconda dei settori di riferimento non sono le metodologie bensì l’accreditamento delle aziende e dei loro tecnici. Ital-

sabi, sin dagli inizi, ha considerato importante ed essenziale per la competitività dell’azienda focalizzarsi su un core business, in modo da raggiungere una specializzazione ottimale nel proprio settore. Abbiamo quindi scelto di utilizzare le tecniche di controllo solo nell’ambito dell’Oil&gas, tralasciando il settore avio, riferito ai controlli su componenti per aeromobili, e quello nucleare». Italsabi ha sedi in diverse parti d’Italia. Dove in particolare? «Copriamo le regioni del Nord Italia attraverso la nostra sede legale di Sandrigo e quella di Novara, dove opera la nostra affiliata Donegani Anticorrosione; forniamo servizi al Sud mediante la sede a Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, situata al centro di un ampio bacino industriale e petrolchimico; infine disponiamo di sedi periferiche ad Ancona e Porto Torres. La scelta di creare una presenza capillare sul territorio è dipesa dalla volontà di essere competitivi localmente, pur rimanendo un punto di riferimento per i grandi clienti con unità produttive sparse su tutta l’Italia». VENETO 2011 • DOSSIER • 109


Contro la crisi vince la diversificazione Offrire un articolo che trovi applicazione in diversi settori industriali, diversificando e innovando costantemente il prodotto. La strategia aziendale che conferma il trend positivo della Scaligera Guarnizioni Carlo Gherardini

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ealizzare un prodotto che trovi applicazione su molteplici settori industriali sembra essere un’arma vincente in tempi di crisi. La diversificazione, sia produttiva, sia dei mercati continua quindi a rappresentare un valore aggiunto. Reggono bene quelle imprese che, per natura, realizzano articoli capaci di soddisfare le esigenze di vari settori industriali, e quelle che continuano a investire sulla diversificazione e l’innovazione di prodotto. In questo contesto, la Scaligera Guarnizioni di Ronco all’Adige conferma un trend positivo, già messo in moto nell’ultimo biennio, a dispetto della congiuntura negativa. «Negli ultimi due anni – afferma Angelino Morandi, presidente dell’azienda – abbiamo registrato un andamento assolutamente positivo con una crescita del fatturato che si è attestata nel 2010 su un 10% in più rispetto all’anno 2009 e che quest’anno si prevede raggiunga un ulteriore + 5% rispetto al 2010». Una delle vostre carte vincenti sta proprio nel fatto che la produzione della Scaligera Guarnizioni è rivolta a diversi settori merceologici. «Sì, realizziamo guarnizioni impiegabili nei più

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Angelino Morandi, presidente della Scaligera Guarnizioni Srl di Ronco all’Adige (VR). Nelle altre immagini, fasi produttive all’interno dell’azienda www.scaligeraguarnizioni.it


Angelino Morandi

Utilizziamo materie prime provenienti dalle più qualificate aziende europee, riuscendo a realizzare guarnizioni con un giusto rapporto qualità/prezzo

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disparati mercati: dal riscaldamento alla refrigerazione, dai motoriduttori, alle pompe, fino ai compressori e alla rubinetteria. Naturalmente, la diversificazione dei settori di riferimento è stata per noi un valore aggiunto, avendo influito positivamente sull’andamento dell’azienda in anni di crisi. Siamo riusciti a rimanere saldi grazie alla varietà di commesse. Laddove un settore era in difficoltà, il lavoro ci arrivava da un comparto più stabile». Quali Paesi, invece, rappresentano i principali mercati su cui opera l’azienda? «La Scaligera Guarnizioni opera principalmente su tutto il territorio nazionale. Anche alcuni mercati stranieri, però, rappresentano per l’azienda “buone piazze”, mi riferisco in particolare ai Paesi europei e asiatici, ai quali è destinata una percentuale pari a circa il 10% della produzione annua». Oltre al target diversificato, avete puntato anche su altri strumenti per tenere con successo il mercato nei momenti più difficili? «Naturalmente abbiamo sempre investito sulla qualità dei prodotti, cercando di offrire il meglio a prezzi concorrenziali. Inoltre, fondamentale per la Scaligera Guarnizioni è il servizio, con gestioni a kamban, in alcuni casi anche giornaliere. Nel nostro caso la fase di ripresa è arrivata soprattutto attraverso una gestione attenta dei costi e dei servizi». In che modo riuscite a garantire prodotti di qualità a prezzi concorrenziali? «Utilizziamo materie prime provenienti dalle più qualificate aziende europee. Questo ci permette

+5% FATTURATO

di realizzare guarnizioni con il prodotto più idoneo e con il giusto rapporto qualità/prezzo. Molti articoli sono omologati e rispondono alle norme WRC, KTW, WRAS, DVGW. Il nostro ufficio tecnico, inoltre, è sempre disponibile per suggerire, di caso in caso, la soluzione più adatta». Possiamo fare un breve elenco delle diverse tipologie di guarnizioni da voi realizzate e delle loro principali applicazioni? «Realizziamo guarnizioni in gomma, particolarmente adatte per impiantistica; motori elettrici, trasformatori elettrici, isolatori passanti, compressori d’aria, macchine agricole, automatismi per cancelli. In questo ambito possiamo fornire anche articoli stampati nelle diverse mescole e durezze. Le guarnizioni espanse, invece, possono essere realizzate con elastomeri, con poliuretani o con resine termoplastiche e vengono utilizzate principalmente in automatismi per cancelli, caldaie, motori elettrici, pompe, pannelli isolanti. Realizziamo inoltre guarnizioni in isolante termico, con varie materie prime quali vermiculite e cartoni isolanti nelle diverse qualità e densità, adatte soprattutto al settore riscaldamento, quindi bruciatori, forni e stufe. Le nostre guarnizioni in fibre cellulose, realizzate con fibra di cellulosa legate con collanti o con elastomeri, invece, resistono agli olii e possono essere poste su macchine agricole, riduttori di velocità, pompe d’acqua, pompe d’acqua per autoveicoli, automatismi per cancelli, motori a scoppio. Infine, le

È la previsione di crescita della Scaligera Guarnizioni per la fine di quest’anno

+10% EXPORT È il dato relativo all’esportazione dei prodotti di Scaligera Guarnizioni nei paesi europei e asiatici

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› guarnizioni in materiale filtrante, in

poliuretano a cellule aperte e vile don, sono utili per la filtrazione dell’aria dalle polveri e vengono maggiormente utilizzati nei settori valvole gas, industria automobilistica, forni per la verniciatura, elettronica. Possono essere fornite nella versione autoestinguente ed essere dotate di una rete esterna di sostegno». La lavorazione principale Quali particolari lavorazioni efè la tranciatura delle guarnizioni fettuate in azienda? «La lavorazione principale è la tranalla quale segue ciatura delle guarnizioni alla quale seil confezionamento, che risponde gue il confezionamento, che risponde alle varie esigenze di mercato alle varie esigenze di mercato. Più nello specifico, realizziamo tranciatura con fustellatrice, attraverso fustellatrici a bandiera, fustellatrici automatizzate con computer, che con nervatura. Attualmente inoltre dispofustellatrici con un pro- niamo di quattro macchine per il taglio ad acqua, cesso per il confeziona- alcune delle quali lavorano con il solo getto d’acmento automatico; tran- qua mentre altre anche con abrasivo. Queste ciatura con pressa macchine permettono di realizzare prototipi, meccanica che dà origine a piccole serie oppure vengono utilizzate laddove guarnizioni classiche, guar- lo spessore della materia prima è talmente elevato nizioni con materiale d’at- da non permettere la fustellatura. Il taglio ad actrito, guarnizioni metalli- qua con il quinto asse permette inoltre di ricavare che e articoli tecnici; anche guarnizioni con smussi che con le mactranciatura con pressa chine classiche sono impossibili da eseguire. Atidraulica per la realizza- traverso il cutter, invece, ricaviamo prototipi e zione di guarnizioni metal- piccole serie di guarnizioni che, per vari motivi, liche e guarnizioni metalli- non si possono ricavare con le macchine a getto d’acqua». Infine, come avviene il confezionamento? «Il nostro parco macchine confezionatrici ci consente di realizzare dei kit in film termoretraibile con inserimento in automatico dell’etichetta con il codice del particolare e, se necessario, anche il codice a barre. Con una confezionatrice realizziamo kit contenenti un esatto numero di pezzi, poiché dispone di una contapezzi incorporata, e creiamo kit contenenti 6 articoli diversi sia nella quantità che nella struttura di pezzi, in quanto dotata di 6 silos».

Loris Barbieri, socio della Scaligera Guarnizioni

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Programmazione finalizzata all’efficienza

Figure professionali di riferimento, turni organizzati con meticolosità, esperienza e preparazione sono condizioni indispensabili per chi svolge lavorazioni particolari, soprattutto quando le commesse sono prestigiose e impegnative. Ne parla Elio Benacchio

al supporto tecnico in fase di analisi di fattibilità e preventivazione, al codesign nella definizione detta- Amedeo Longhi gliata del prodotto, dalla progettazione e costruzione stampi, alla produzione dei particolari stampati e assemblati. Sono molti i passaggi che vanno compiuti nella realizzazione di particolari in lamiera per le più svariate applicazioni. L’azienda di Elio Benacchio, fondata nel 1972, col passare degli anni ha perfezionato la produzione specializzandosi nei settori automotive, elettrodomestico, illuminazione, elettronica e giardinaggio. «In particolare sul primo puntiamo molto – sottolinea Benacchio –, anche in virtù di un importante accordo che abbiamo recentemente stretto». Cosa prevede nei dettagli la produzione per Bmw avviata nel 2009 e che importanza ha avuto per l’economia aziendale? «Lavorare con case automobilistiche di prestigio impegna moltissimo, ma al tempo stesso dà una garanzia di continuità all’economia aziendale veramente importante. Nello specifico, abbiamo acquisito il contratto per produrre un kit di quat-

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Elio Benacchio

Elio Benacchio, fondatore e titolare della Benacchio Srl di Cartigliano (VI) www.benacchiosrl.it

tordici pezzi per tutta la durata della produzione della Bmw Z4 e per produrre un kit di circa cinquanta codici per tutta la durata della produzione della Bmw Serie 6». In che modo avete dovuto modificare e implementare i ritmi produttivi per rispondere a questa nuova sfida? «Nei primi sei mesi del 2011, per far fronte a questi impegni, nei reparti produttivi sono state effettuate più di venti assunzioni, con particolare attenzione a personale giovane, motivato, con grande apertura mentale e in grado di porsi in modo costruttivo di fronte agli impegni del settore. Inoltre, negli uffici di supporto alla produzione, per quanto riguarda in particolare programmazione e controllo qualità, sono stati assunti alcuni ingegneri con un certo grado di esperienza. Era nostro obiettivo coprire due turni lavorativi entro il 2011. Nella seconda parte dell’anno, in alcuni periodi, è stata necessaria l’introduzione del terzo turno». Come vengono sviluppati i rapporti con i clienti, soprattutto in fase di progettazione,

prototipazione e co-design? «Nominiamo un Project Manager interno che è incaricato di coordinare le attività di progetto e realizzazione delle attrezzature, i fornitori coinvolti, tenere i rapporti con la committenza, gestire modifiche e prototipi rispettando tempi e aggiornamento delle informazioni al cliente». Quali sono state le principali evoluzioni, soprattutto a livello produttivo, nella storia dell’azienda? «L’azienda è nata come costruttrice di stampi negli anni Settanta, ha introdotto alcune presse per le prove stampi che poi sono state impiegate per piccole serie e poi, negli anni Novanta, per la produzione di particolari prima in settori quali edilizia, agricoltura, elettrodomestici e poi, dal 2000, con il settore auto. La produzione di particolari per un cliente è sempre stata preceduta da un rapporto di realizzazione stampi». Quali prospettive intravede per il prossimo futuro? «Oggi le opportunità per crescere continuano a esserci, ma corrono molto veloci: per coglierle occorre essere prontissimi, sapersi adattare alle esigenze della committenza e formare una squadra affiatata con una forte identità aziendale. A partire dalla direzione, la società è gestita dalla famiglia Benacchio e, con il passaggio generazionale, principalmente dai miei tre figli, impegnati nella conduzione tecnico-commerciale, nel reparto acquisti e nella costruzione di stampi, attività che svolgono in piena sintonia con me. Crediamo fortemente nei nostri uomini e nelle loro capacità e lavoriamo con grande impegno per rendere la ditta ogni giorno più competitiva, organizzata e dotata delle migliori strutture per acquisire nuovi ordini e crescere insieme alla nostra gente». VENETO 2011 • DOSSIER • 119


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Innovazioni nei trattamenti termici per l’industria all’industria dell’automotive c’è una sempre maggiore richiesta di impianti di cementazione, un trattamento termochimico che permette di arricchire di carbonio i componenti in acciaio. Con l’uso di forni a bassa pressione è possibile ottenere l’indurimento superficiale, con un aumento della resistenza Salvatore Cavera all’usura, senza che si perdano le qualità peculiari della lega, in quanto, lavorando in sottovuoto, il processo impedisce l’ossidazione intergranulare e mantiene l’effetto brillante delle superfici. La progettazione e produzione di questo tipo di forni, appositamente realizzati per essere utilizzati dente, Arcangelo Pessot, spiega le scelte redalle grandi industrie, è il settore nel quale si centi e il loro impatto sulla crescita e l’espanè specializzato il gruppo Cieffe, che in pas- sione del gruppo. sato produceva per il La scelta di passare dalle aziende conto settore dei terzisti e terzi alle grandi realtà industriali in che oggi lavora in par- modo ha cambiato il vostro assetto protnership con grandi duttivo? industrie che utiliz- «È stato un passaggio chiave che ha richiesto zano i forni in atmo- un consistente potenziamento sia sotto sfera e i trattamenti l’aspetto tecnologico sia sotto quello dell’intermici sottovuoto. novazione. L’azienda ha subito una riorgaCieffe garantisce la nizzazione vera e propria, dato che adesso seprogettazione di solu- guiamo ogni passo del processo produttivo: zioni con un alto dalla progettazione alla produzione, oltre grado di personalizza- che assistere i nostri partner anche nell’assizione e questo, in- stenza postvendita. Da punto di vista del sieme alle acquisi- prodotto, ciò ha significato la messa a punto zioni e all’apertura ai di impianti completi di trattamento automercati esteri, hanno matizzati, da consegnare con la formula del permesso al gruppo di chiavi in mano e già accessoriati di tutti i seravere i tre quarti del vizi. Inoltre abbiamo dovuto integrare il noproprio giro d’affari stro staff con figure professionali diverse e dall’export. Il fonda- maggiormente specializzate nel rapportarsi tore e attuale presi- con questo livello di interlocutori».

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Arcangelo Pessot, presidente di Cieffe Holding Spa, Colle Umberto (TV) www.cieffe-forni.com

Una strategia di progressive acquisizioni e l’investimento nello sviluppo sono state le premesse per passare da clienti terzisti a primarie industrie multinazionali. Il percorso verso la specializzazione e l’autonomia di impresa tracciato da Arcangelo Pessot

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Arcangelo Pessot

Questa evoluzione come ha inciso sull’andamento e sulle vostre strategie operative e di management? «Considerando anche la recente fase di congiuntura economica non favorevole, ha inciso certamente in maniera positiva. Il lavorare in partnership con i grossi gruppi ci ha aiutato sia dal punto di vista organizzativo che economico. Benché l’approccio dei

Benché l’approccio dei grossi gruppi sia spesso diversificato e complesso, di contro dà maggiori garanzie finanziarie ed economiche, che in questa fase sono state fondamentali

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grossi gruppi sia spesso diversificato e complesso, di contro dà maggiori garanzie finanziarie ed economiche, che in questa fase sono state fondamentali. Quest’evoluzione è stata la messa in pratica di una precisa strategia che avevamo preso in considerazione a partire dal 2008, quando il management aveva chiaro che bisogna aprirsi a nuovi settori e mercati». Questa strategia è stata accompagnata anche da un investimento preparatorio in ricerca e sviluppo? «Ogni anno – e ciò è una costante da molto anni – la nostra azienda investe il 4% del proprio fatturato nella ricerca e nello svi-

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› luppo di nuove soluzioni, nel mi-

Investiamo il 4% del fatturato

glioramento delle tecnologie pronella ricerca e nello sviluppo duttive esistenti e nella progettadi nuove soluzioni, zione di nuovi cicli di nel miglioramento trattamento. Le due direzioni verso le quali ci siamo mossi e ci delle tecnologie produttive stiamo muovendo su questo esistenti e nella progettazione fronte sono, da una parte, per i di nuovi cicli di trattamento forni e i trattamenti tradizionali, il miglioramento dei sistemi produttivi per raggiungere migliori performance in termini di consumi ed emissioni. Dall’altra lo sviluppo di ancora esaurito le possibilità nelle aree geonuovi cicli e l’affinamento di tecnologie pro- grafiche più prossime, se siamo già presenti duttive destinate a settori di nicchia e ad ampiamente nel mercato dell’Europa Setalta tecnologia, come quello dell’aeronau- tentrionale, quello dell’Est – sia europeo che tica, della power generation e degli ingra- Far East – può ancora darci delle opportunità naggi per l’automotive». di crescita, in acquisizioni o joint venture. L’export e la presenza all’estero è una Questi sono alcuni degli obiettivi da conseparte importante del vostro business. guire fra il prossimo anno e il 2013». Quali sono le aspettative future di sviQual è l’andamento, all’estero, dei merluppo oltreconfine? cati nei quali la vostra presenza si è ormai «L’attività con l’estero rappresenta attual- consolidata? mente circa il 75% del nostro giro d’affari. «Uno dei mercati più importanti per Cieffe Questa percentuale è destinata a crescere, è sempre stato quello tedesco. Anche nelgrazie anche al prossimo avvio di due nuove l’anno che sta per concludersi abbiamo ricesedi: una in Germania e un’altra in Brasile, vuto soddisfazioni dalla Germania e la scelta che guiderà la nostra penetrazione su tutto il infatti di una nuova sede in quel territorio continente americano. Tuttavia non abbiamo non è casuale. Questa avrà lo scopo di cercare di spostare il nostro target client dai grossi contoterzisti alle aziende del settore aeronautico, automobilistico e dell’energia – insomma, un processo simile a quello che abbiamo già avviato con le altre aziende del gruppo. Un altro mercato importante che si è riconfermato strategico è stato quello svedese, dove abbiamo proseguito la collaborazione con grandi multinazionali come Skf». Dunque, nonostante la

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Arcangelo Pessot

L’evoluzione societaria crisi, l’ultimo biennio è stato positivo per il vostro gruppo? «Nell’ultimo biennio abbiamo registrato un progressivo miglioramento della nostra situazione economica, grazie sia al consolidamento dei mercati tradizionali che alla ricerca di nuovi sbocchi commerciali e di nuovi settori applicativi. Naturalmente ci sono anche state delle criticità, perché affrontare un cambiamento nel mix di prodotto non è mai facile in una situazione di crisi mondiale. Abbiamo dovuto cambiare il nostro approccio al mercato, al tipo di partner e alle sue nuove esigenze. Questo ha richiesto una significativa svolta nel modo di fare e pensare, sia a livello delle nostre singole aziende che dell’intero gruppo». Quali sono quindi i riscontri che vi aspettate per i prossimi anni dal mercato? «Crediamo che un’azienda come la nostra abbia dimostrato di poter mantenere la propria quota di mercato anche in momenti economici difficili. L’avere raggiunto un’alta specializzazione ci ha messo al riparo da un buon numero di concorrenti. I prossimi

La struttura societaria attuale del gruppo Cieffe comprende, oltre alla casa madre, Cieffe Holding Spa, l’unità di engineering Cieffe Forni Industriali, l’unità di produzione, Fibex. Inoltre Rlmc, supporto commerciale per i territori di lingua francofona e Cieffe Shanghai, che progetta e produce per il mercato cinese e del Sud Est asiatico. Il gruppo è proprietario e commercializza i propri forni con i marchi Cieffe, Fibex, Atd e Gelf, destinati al trattamento termico di componenti e materiali con applicazione nei settori, automotive, aeronautico, ferroviario, eolico, nucleare, dei forgiati e medicale. A partire dal 1999, una serie di acquisizioni e fondazioni di nuove società hanno portato all’attuale struttura, fortemente orientata all’export. La prima acquisizione è stata quella di Gelf, specializzata in impianti continui, forni a carro e forni speciali in genere. Nel 2000 sono nate Rlmc e Atd Enterprises, specializza subito nei forni sottovuoto e nelle linee di cementazione in bassa pressione. Il 2007 è l’anno dell’ingresso nel mercato cinese con Cieffe Shanghai. Il 2008 viene acquisita Fibex, mentre l’anno successivo Gelf, Atd Enterprises e Fibex vengono incorporate in Cieffe Forni Industriali.

anni, nei nostri progetti, dovranno consolidare maggiormente la nostra posizione in alcuni mercati nei quali siamo entrati recentemente e, al contempo, dovremo porre le basi per incrementare la nostra internazionalizzazione, soprattutto dal punto di vista produttivo, continuando sulla strada già tracciata degli impianti a elevato contenuto tecnologico di automazione». VENETO 2011 • DOSSIER • 123


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’alternativa alla delocalizzazione L’industria meccanica ha subito negli anni uno sviluppo rapido e deciso, diventando uno dei comparti più recettivi nei confronti della sperimentazione di nuove forme e soluzioni produttive. L’analisi di Graziano Roman Lodovico Bevilacqua

automazione dei processi produttivi – seguita all’epocale conversione dalla dimensione artigianale a quella industriale – caratterizza in maniera ormai totalizzante ogni industria e ricopre quindi un’importanza capitale: gli investimenti sono in massima parte finalizzati alla ricerca e all’applicazione di tecnologie sempre più efficaci e innovative e l’aumento dei volumi e la contrazione dei tempi di produzione sono i parametri che dettano i ritmi dello sviluppo tecnologico. È quindi naturale che l’industria meccanica abbia subito negli anni uno sviluppo rapido e deciso, diventando uno dei comparti più recettivi nei con-

L’ Graziano Roman, presidente della Sormec Srl di Godega di Sant’Urbano (TV) www.sormec.it

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fronti della sperimentazione di nuove forme e soluzioni produttive. Una vivacità e un’intraprendenza intellettuale e scientifica di cui Graziano Roman, presidente della trevigiana Sormec, ha sempre sostenuto e predicato l’importanza, informando con questa mentalità la propria azienda. «L’ingegnosità e l’audacia sono caratteristiche fondamentali che devono far parte del bagaglio personale di ogni imprenditore e non solo in questo settore». Appare evidente che la strategia della vostra azienda tenga in grande considerazione l’importanza degli investimenti. Quanto punta la Sormec su questa voce? «Gli investimenti nel nostro settore non sono una scelta, ma una vera e propria necessità. Vanno comunque effettuati con criterio; io ho sempre considerato – come è del resto naturale – la soddisfazione del cliente come il risultato finale da raggiungere. Per questo motivo esiste una stretta collaborazione con la nostra clientela anche in fase progettuale, in modo da volgere i nostri studi e le nostre ricerche verso la soluzione di reali esigenze degli acquirenti, orientandoci così verso una sorta di customizzazione della produzione». Una scelta strategica che richiede anche la presenza di uno staff molto preparato. Quanto conta la formazione nella vostra azienda? «La formazione del personale è un aspetto fondamentale della nostra azienda, catalizzatore di attenzioni e investimenti. Parlando in maniera più generica, ritengo l’aspetto umano della pro-


Graziano Roman

fessione – l’affiatamento fra i colleghi, la soddisfazione per il proprio operato – una caratteristica spesso sottovalutata, ma in grado di fare realmente la differenza». In che ambiti produttivi è specializzata la Sormec? «Il nostro mercato di riferimento è quello dell’automazione e delle macchine speciali; entrando più nello specifico produciamo resistenze elettriche corazzate, radiatori tubolari, motori elettrici e alternatori e ci occupiamo di industrializzazioni innovative di prodotti vari. Quest’ultima voce fa evidente riferimento all’attitudine alla customizzazione del prodotto citata poc’anzi». Che caratteristiche ha il mercato dell’industria meccanica e che insidie nasconde? «La caratteristica pregnante di questo mercato è senza dubbio la propensione all’innovazione. La disposizione ad investimenti importanti rappresenta spesso, come nel nostro caso, una scelta coraggiosa, volta a puntare sulla qualità del prodotto per aggirare l’ostacolo più insidioso posto dalla globalizzazione dei mercati, ovvero la concorrenza con industrie di paesi a manodopera a basso costo, o semplicemente di industrie autoctone che hanno delocalizzato la produzione in suddetti paesi per beneficiare di questa favorevole condizione. L’unico modo per rimanere com-

La disposizione a investimenti importanti rappresenta spesso una scelta coraggiosa, volta a puntare sulla qualità del prodotto

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petitivi evitando la delocalizzazione è offrire un prodotto di altissima qualità corredato da un servizio di assistenza pre e post produttiva finalizzato alla fidelizzazione del cliente». Quali sono le aree geografiche che compongono il vostro mercato? «Il 60% del nostro fatturato annuale – 4,4 milioni di euro nel 2010 –deriva dall’esportazione. Abbiamo infatti istituito numerosi e proficui rapporti di fornitura con aziende di tutto il mondo, dalla Russia alla Cina, dal Messico al Brasile, nonché con la Turchia e – naturalmente – con la maggior parte dei paesi europei. Una condizione davvero importante per soddisfare la nostra ambizione al costante miglioramento dei prodotti offerti». VENETO 2011 • DOSSIER • 131


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’etica d’impresa conta più della certificazione l settore industriale, se considerato nel suo complesso, non è ancora particolarmente sensibile al tema della sostenibilità delle attività economiche e alla responsabilità sociale d’impresa (Rsi), oltre a presentare una generale lacuna in termini di eticità e di valori. «Un errore in cui incorrono numerosi imprenditori è quello di considerare la Rsi come una politica di natura meramente astratta, tuttavia non è così. Una delle azioni ethic oriented di più agevole comprensione può essere quella inerente il tema ambientale, in quanto spesso implica delle opere materiali». A parlare è Marco Ferraro, titolare della Torni Automatici di Romano d’Ezzelino (VI), azienda specializzata nelle lavorazioni meccaniche di precisione e che ha ottenuto significative certificazioni che comprovano un atteggiamento responsabile di fare impresa. Cosa significa per un’azienda ottenere delle certificazioni? «La certificazione non ha determinato alcun cambiamento radicale né all’interno della produzione, né per quanto riguarda le scelte

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Marco Ferraro, socio, insieme al fratello Antero Ferraro, di Torni Automatici Srl, Romano d’Ezzelino (VI) www.torniautomatici.com

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Non esistono certificazioni obbligatorie nel settore delle lavorazioni meccaniche di precisione. Marco Ferraro ha voluto anticipare i tempi e dare un’impronta etica e green alla propria impresa. Sul modello delle origini scandinave dell’attività Luca Cavera

aziendali in materia di gestione dei rapporti con il personale, i partner e i fornitori. Per noi è fondamentale sottolineare la rilevanza dell’interesse personale verso il tema della responsabilità sociale d’impresa e più in generale verso il tema dell’eticità – intesa in tutte le sue declinazioni. La certificazione, invece, rappresenta solamente la formalizzazione di un comportamento, etico per l’appunto, già tenuto dall’impresa. In tale prospettiva la certificazione funge da cartina tornasole per un impegno che deve già trovare una sua realizzazione quotidiana all’interno delle scelte aziendali. Una volta contattato l’ente certificatore, l’iter da seguire avrà pertanto solo natura burocratica, in quanto i comportamenti tenuti dall’impresa sono già consolidati e conformi ai principi etici richiesti». Quali sono state le scelte che hanno reso evidente a livello strutturale e organizzativo il vostro impegno etico? «Fra le attività intraprese sono state realizzate delle opere di insonorizzazione dello stabilimento, per ridurre l’inquinamento acustico – anche perché il nostro impianto ha sede all’interno di un parco naturalistico. Abbiamo intera-


Marco Ferraro

mente rinnovato i nostri macchinari, con un occhio di riguardo anche all’impatto ambientale, acquistando macchinari che minimizzano l’uso di solventi chimici. È stata ridotta la quantità degli imballaggi dei prodotti finiti, mediante l’uso di contenitori di plastica riciclata – le odette – consegnate al cliente con la formula del vuoto a rendere. Inoltre abbiamo avviato un processo di gestione e monitoraggio degli input e degli output registrando le risorse utilizzate – sia le materie prime sia l’energia – e gli scarti –rifiuti ed emissioni». Quali certificazioni avete ottenuto? «Il percorso di certificazione è iniziato nel 2000 con la Uni En Iso 9001 in materia di qualità e si è completato nel 2007 con le certificazioni Uni En Iso 14001 per la tutela ambientale, Ohsas 18001 sulla sicurezza sul luogo di lavoro e infine la Sa 8000, in materia di Rsi. Queste ultime sono quelle più rappresentative della filosofia dei soci di Torni Automatici». Partendo dagli inizi, per un quadro generale, come è nata la Torni Automatici e quali cambiamenti ha evidenziato nel tempo? «Torni Automatici nasce nel 1965 in Svezia per iniziativa di Adriano Ferraro. Solo nel 1973 si è inserita nel contesto veneto, come piccolo laboratorio artigianale. Nel corso degli anni l’attività si è sviluppata ed è cresciuta nelle dimensioni, divenendo una piccola-media impresa. Nonostante il trentennale insediamento all’interno della realtà veneta, Torni Automatici non

La certificazione funge da cartina di tornasole per un impegno che già trova la sua realizzazione all’interno delle scelte aziendali

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dimentica la propria origine scandinava e per questo fa dell’attenzione alla sostenibilità e all’eticità delle politiche aziendali un punto di forza e di differenziazione rispetto alla concorrenza nazionale e internazionale». Verso quali ambiti si sta dirigendo la ricerca all’interno del vostro settore? «La nostra azienda non dispone di un proprio reparto di progettazione, perché, producendo in conto terzi, la fase di ricerca e sviluppo – per come viene intesa tradizionalmente, ovvero lo sviluppo di innovazione e nuove tecnologie – è sostanzialmente competenza dei nostri partner. Il contributo rilevante che invece Torni Automatici, sulla base di un progetto esistente, può dare è quello di individuare dei fornitori di materie prime che a loro volta rispettino le norme in materia di Rsi nei vari ambiti e di minimizzare l’impatto della produzione a livello ambientale, oltre a garantire che siano rispettati e tutelati anche i diritti umani, lo sviluppo sociale e la sicurezza sul lavoro». VENETO 2011 • DOSSIER • 133


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La carpenteria metallica diventa più sostenibile La maggior parte dei settori produttivi necessita di articoli provenienti dal ramo della carpenteria metallica. Per questa ragione le aziende che operano in tale ambito investono in produzioni tecnologiche e variegate. La parola a Luigi Lago Emanuela Caruso

dispetto delle statistiche, che ancora non evidenziano risultati eclatanti e ottimistici in relazione alla diffusione di impianti a energia alternativa e alla presa di coscienza sul risparmio energetico non solo come un bene, ma come un bisogno sempre più impellente in un mondo che sta per esaurire le risorse d’energia naturali, le aziende che pongono particolare attenzione all’ecosostenibilità e al risparmio energetico sono sempre di più. Tali realtà si distinguono in due categorie, quelle che si prodigano nella realizzazione di impianti o tecnologie innovativi destinati al risparmio energetico e alla tutela dell’ambiente, e quelle invece che muniscono gli stabilimenti e i capannoni della propria impresa di impianti produttori di energia alternativa. Proprio tra queste ultime si colloca la Cml A&G, azienda di Caldogno (Vicenza) specializzata in lavorazioni metalliche di carpenteria medio-leggera. Luigi Lago, fonda-

A In apertura, da sinistra, Giovanni, Luigi e Antonio Lago della CML A&G di Caldogno (VI) www.cml.vi.it

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tore e presidente della società, con orgoglio, spiega che «Il risparmio energetico è un tema a cui siamo molto sensibili e che ci ha spinti a installare un impianto fotovoltaico da 300 kw, con cui produciamo energia elettrica, e un impianto di ultima generazione per l’autoproduzione di azoto». Dal 1975, anno di fondazione della società, ad oggi, quali sono i principali cambiamenti registrati dalla Cml A&G in termini di risorse, produzione e bilanci? «In quasi quarant’anni di attività, l’azienda ha subito grandissimi cambiamenti e ha notevolmente incrementato la sua portata produttiva e lavorativa. Un percorso di crescita costante, grazie alla grande intraprendenza e capacità di intuire i bisogni del mercato di Luigi, coadiuvato in tutti questi anni dalla moglie Antonietta. Alla fine degli anni 70, infatti, la Cml A&G era un piccolo laboratorio di carpenteria metallica, che realizzava e vendeva cancelli e ringhiere; oggi invece è una realtà aziendale apprezzata, ben consolidata sul territorio nazionale e capace di lavorare a 360 gradi il mondo della lamiera. Successivamente anche i figli, Antonio e Giovanni, sono entrati a far parte dell’azienda, che è cresciuta grazie alla continuità della gestione familiare e alla spiccata vocazione per l’innovazione. “Il passaggio generazionale è stato un momento molto importante e siamo riusciti ad affrontarlo nel miglior modo possibile, cosicché da semplice bottega artigiana ci siamo trasformati in una


Luigi Lago

società che attualmente può vantare circa 36 dipendenti e un fatturato annuo di 4 milioni di euro». Verso quali settori è destinata la produzione della Cml A&G? «La nostra attività si rivolge a quelle realtà produttive che operano nella progettazione e costruzione di prodotti che necessitano di elementi metallici sottoposti a lavorazioni di carpenteria di alta precisione. Tra i nostri interlocutori annoveriamo multinazionali che si collocano nei settori alimentare, medico, elettronico e dell’arredamento; e ancora, nei campi dell’industria del legno e della tecnologia dell’acqua. La nostra capacità di adattarci alle richieste di ogni ambito produttivo ha consentito all’azienda di lavorare con continuità, senza dover far fronte a momenti di crisi e senza ricorrere all’aiuto di ammortizzatori sociali». Per le lavorazioni di carpenteria metal-

Nel nostro settore, l’ottimizzazione del ciclo produttivo si ottiene unendo il lavoro manuale alle lavorazioni tecnologiche

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lica, quanto è importante il lavoro manuale e quanto incide, invece, il progresso tecnologico? «Il lavoro manuale gioca un ruolo decisivo all’interno delle dinamiche produttive della nostra azienda, motivo per cui provvediamo da anni alla costante formazione di nuovi elementi giovani da poter inserire nel nostro organico. Sicuramente, però, la tecnologia e la scelta di investire in essa sono state il motore del nostro sviluppo. Tra i macchinari di cui disponiamo possiamo citare i laser di ultima generazione, le punzonatrici a basso consumo energetico e le svariate pressopiegatrici sia idrauliche che ibride, ovvero elettroidrauliche. Siamo inoltre dotati di magazzini automatizzati e di sistemi di gestione a bar code in real time di tutti gli articoli. Attraverso questo elevato livello tecnologico garantiamo al nostro bacino d’utenza l’assoluta qualità dei prodotti e dei servizi». Dal progetto esecutivo alla pianificazione produttiva fino alla consegna al committente, quali sono i principali step cui la Cml A&G è tenuta ad attenersi? «Il processo produttivo della società si avvia nel momento in cui giunge la commessa del cliente. A questa fase segue lo sviluppo del progetto in totale sinergia e collaborazione con il cliente stesso, in modo da essere pronti a soddisfare qualsiasi tipo di richiesta, esigenza e modifica in tempo reale. Lavorando a così stretto contatto con il committente, possiamo anche permetterci di suggerire migliorie nell’ottica di ottimizzare la produzione dell’articolo. Attualmente la nostra produzione è rivolta al mercato nazionale che chiede costi contenuti, tempi rapidi e ottima qualità. I nostri punti di forza sono la capacità organizzativa, l’efficienza logistica e la puntualità delle consegne. Ogni fase della vita aziendale è soggetto a continue verifiche che coinvolgono l’intero personale, con l’obiettivo di ottimizzare le risorse ed eliminare gli imprevisti». VENETO 2011 • DOSSIER • 135


Dalla fornitura alla produzione Per le grandi realtà è strategico poter acquistare grandi quantità di materiali nel momento della lavorazione piuttosto che rifornirsi di ingenti quantità da stoccare. Un servizio di partnership per l’industria tecnoplastica e meccanica. La parola a Martino Dal Santo Manlio Teodoro

I componenti della famiglia Dal Santo, titolari di Faizanè Spa, Zanè (VI) www.faizane.com

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alla proposta commerciale alla produzione di componenti particolari. Una strategia aziendale che ha fatto di un fornitore di materie prime, un’azienda di innovazione e ricerca, sia attraverso la realizzazione di una linea produttiva per specifiche richieste industriali sia per l’attività di ricerca – svolto da un reparto dedicato – di nuovi materiali e soluzioni, selezionati ai quattro angoli del mondo, visitando le maggiori fiere internazionali. È questo il risultato raggiunto da Faizanè, uno dei principali interpreti delle esigenze del mercato tecnoplastico e capace di trasformarle tempestivamente in soluzioni. Ne parliamo con il titolare dell’azienda, Martino Dal Santo. Perché alla semplice commercializzazione avete affiancato una linea produttiva? «La nostra realtà è stata fondata nel 1967 come rivenditore di articoli industriali. In seguito abbiamo cominciato a ricevere una forte richiesta di materie plastiche. Ma visto che la clientela chiedeva particolari lavorati con tolleranze sempre più ristrette, abbiamo introdotto l’idea di un’offerta di materiale finito su disegno. Da qui è partita la nostra

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Martino Dal Santo

attività di produttori e abbiamo investito in un parco di macchine per la lavorazione delle materie plastiche. Lavoriamo esclusivamente su commessa a partire dal disegno fino alla consegna del materiale completo, ultimato e lavorato. Il prodotto finale può essere anche marchiato a laser o a inchiostro con eventuali codici indicati dal committente». Da cosa è derivata la scelta di fornire questi servizi? «La nostra azienda cerca sempre di capire cosa vuole il mercato e di valutare se dare risposta a queste richieste può essere una scelta valida anche per noi. Abbiamo constatato che i nostri partner richiedono la disponibilità di un determinato materiale in magazzino entro il più breve tempo possibile, già selezionato in base alla macchina alla quale è destinato e catalogato con un codice. Di solito è il partner che avanza una richiesta e se questa richiesta è valida e applicabile al resto del mercato la esaudiamo. Poi, logicamente, siamo sempre alla ricerca di nuovi materiali, nuove soluzioni che possano essere valide. Per esempio, una materia plastica innovativa, viene studiata, valutata ed eventualmente proposta, anche se non è richiesta, la proponiamo». Questa fase di studio di nuovi prodotti e

34 mila ARTICOLI

materiali come avviene? «Noi visitiamo parecchie fiere di settore e abbiamo un ufficio preposto che valuta le possibilità di innovazione. La certificazione Iso 9001 ci ha aiutato a strutturare la nostra organizzazione interna e così è nato questo ufficio di ricerche di mercato che ha il compito di trovare materiali e prodotti innovativi – magari mai entrati nel settore – che possono però entrare a far parte della nostra gamma. Raccogliamo le informazioni e prima di tutto facciamo controllare i nuovi prodotti. Se non siamo in grado di farlo noi, ci rivolgiamo ai ricercatori del politecnico di Milano, che svolgono i test per conto nostro». Qual è stata la strategia commerciale che ha guidato la vostra organizzazione di magazzino? «Siamo partiti da un’analisi delle esigenze del nostro mercato di riferimento. La maggior parte dei nostri partner aveva fra le proprie criticità quella di non riuscire ad avere prontamente nel proprio magazzino una quantità di materiale adeguata alle loro lavorazioni. Per questo abbiamo avviato una politica aziendale che favorisse la capacità di pronta

Disponibilità di articoli e materiali in pronta consegna della Faizanè Spa. L’azienda dispone anche di un reparto altamente specializzato nella realizzazione di particolari a disegno

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

consegna di grosse quantità di prodotto, sgravando il cliente dalle necessità di approvvigionamento continuo e di stoccaggio di riserve». La risposta del mercato è stata positiva? «Sì, perché le grosse realtà industriali preferiscono acquistare il materiale rapidamente nel momento in cui serve alla produzione, soprattutto perché noi possiamo fornire anche il materiale, che siano materie plastiche o tubi di gomma, anche in tagli particolari o marchiati. Inoltre, le certificazioni – noi siamo certificati offrono garanzie sul modo di operare delle aziende che tempestivamente

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Le grandi realtà industriali preferiscono acquistare il materiale rapidamente nel momento in cui serve alla produzione

riescono a rifornire di materiali le imprese». Quali sono i prodotti che maggiormente fornite? «In magazzino abbiamo tutti i materiali tecnoplastici, tubi in gomma, raccorderie per aria compressa. Siamo concessionari per tutta la provincia di Vicenza della pneumatica Camozzi. Per quanto riguarda le materie plastiche abbiamo tutti i prodotti tecnoplastici che oggi sono disponibili sul mercato, dal PE al PA6, dal POM al PEEK. Trattiamo inoltre tutti i tipi di tubi in gomma e plastica, senza limitazioni di diametro. Lavoriamo prevalentemente nel mercato nazionale». La vostra complessiva politica aziendale come ha influito sui prezzi? «La politica della qualità ci ha sempre ripagato e anche in questo momento di difficoltà stiamo lavorando bene. Qualità e servizio secondo noi saranno sempre armi vincenti. Ovviamente bisogna trovare un compromesso e mantenere i prezzi a livelli il più possibile concorrenziali».



IMPRENDITORI DELL’ANNO

Gestire l’impiantistica elettrica industriale Dalla progettazione alla posa, fino alla programmazione dei software di controllo e gestione. Dionisio Ragessi spiega come bisogna strutturarsi per fornire un servizio completo nel settore dell’impiantistica industriale Amedeo Longhi

ornire un servizio completo e flessibile. Completezza implica essere in grado di occuparsi di qualsiasi aspetto che riguarda l’impiantistica elettrica industriale, dalla fattibilità preliminare alla consegna dell’impianto “chiavi in mano”. Flessibilità implica invece essere disposti ad assumere l’intera commessa o anche solo una parte di essa, occuparsi di ogni aspetto o solo della posa o dei cablaggi.

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Sono questi i due principi su cui si è basato Dionisio Ragessi per organizzare la sua azienda, la VRG Impianti Motta di Livenza, in provincia di Treviso. «Ci consideriamo una società che presta servizi – puntualizza Ragessi – e ci poniamo a disposizione delle aziende committenti in base alle esigenze. Questo vuol dire essere comunque strutturati per svolgere a trecentosessanta gradi qualsiasi compito relativo all’impiantistica elettrica in generale». Può capitare spesso infatti che la progettazione sia già effettuata al momento dell’assegnazione dell’incarico. «In questo caso – spiega Ragessi – ci occupiamo di realizzare nella pratica l’impianto che un ente pubblico o uno studio di ingegneria ha precedentemente pianificato. Per fare un esempio, abbiamo fra i nostri clienti chi si occupa della costruzione di impianti di depurazione fumi. Generalmente per questo tipo di opera il committente si occupa della parte di carpenteria e di quella di ingegneria. A noi in questi casi viene chiesto di curare la parte relativa alla progettazione elettrica e alla realizza-


Dionisio Ragessi

zione del software di supervisione e del software di processo. Spesso gestiamo noi tutta questa parte, ma può anche succedere che ci venga commissionato solo il cablaggio, oppure il cablaggio e la progettazione software. La fornitura dei materiale solitamente spetta al cliente». Oltre alla posa in opera, è importante anche la successiva manutenzione di quello che si è costruito: «Abbiamo un reparto che si occupa di manutenere gli impianti e riparare eventuali guasti. Per questo tipo di attività, si appoggiano a noi anche aziende che, per scelta o per necessità, non dispongono di manutentori interni e si rivolgono all’esterno per avere qualcuno che svolga il servizio di ricerca guasto e intervenga per effettuare la riparazione». Nello svolgere questo tipo di servizi, capita anche di doversi spostare. Quando si lavora all’estero, la procedura cambia, come racconta Ragessi: «Può capitare che un cliente venda un impianto all’utente finale in paesi come Corea o Ungheria. In tal caso, quest’ultimo mette a disposizione il personale e il materiale e a noi viene richiesto solamente di fornire un capocantiere o una figura analoga che coordini le manovalanze del posto». Rispetto all’attività complessiva dell’azienda comunque, rimane prevalente l’attività all’interno dei confini nazionali: «Lavoriamo più che altro in Italia – specifica Ragessi –, il fatturato che produciamo deriva per l’ottanta per cento dal mercato nazionale e per il restante venti per cento da quello estero, anche se questo mercato è in decisa crescita».

Un discorso particolare riguarda la committenza: «La stragrande maggioranza dei nostri clienti – spiega a questo proposito Ragessi – è costituita da privati. Questo deriva da una precisa scelta commerciale che abbiamo effettuato valutando il modus operandi a cui dovrebbe affidarsi chi partecipa a bandi pubblici. Infatti, per via della particolare struttura di questi ultimi, e del mercato a essi relativo, per aggiudicarsi poche gare è necessario partecipare a molte, con conseguenti costi in termini di valutazione preventiva e struttura organizzativa». Va inoltre sottolineato che nel settore pubblico sono favorite le grosse imprese edili, la stragrande maggioranza delle quali possiede anche le specifiche e le qualifiche richieste per la parte di impiantistica elettrica e meccanica. Queste, una volta aggiudicata la gara, subappaltano la parte di lavori relativa alla realizzazione degli impianti, tagliando di fatto fuori dall’aggiudicazione diretta le ditte che si occupano solo di questo.

La VRG Impianti ha sede a Motta di Livenza (TV) www.vrgimpianti.it

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Trasformatori ecologici Il potenziamento degli impianti fotovoltaici. L’incremento delle performance dei sistemi a energia rinnovabile grazie a trasformatori elettrici progettati su misura. La parola ad Antonio Cracco Luca Cavera

ato che non sono più enumerabili i casi delle aziende che si sono affrancate in parte o del tutto dalla dipendenza dalla rete elettrica tradizionale e quelle altre che hanno costruito la loro crescita spingendo sull’innovazione dei sistemi esistenti, «crediamo che per salvaguardare l’ambiente si debbano ottimizzare i rendimenti degli impianti a energie rinnovabili». A parlare è Antonio Cracco, presidente di Celme, un’azienda che da quarantacinque anni produce trasformatori elettrici trifase isolati in olio. «Fin dai primi anni 90 abbiamo studiato soluzioni ad hoc sia per le turbine eoliche che per gli impianti fotovoltaici». Qual è stata la svolta che vi ha portato a essere presenti sui cinque continenti? «Originariamente, Celme, dal punto di vista commerciale, era un’azienda che operava prettamente all’interno del mercato italiano. La svolta è iniziata nel 2006 e sicuramente l’avvento delle energie rinnovabili ha contribuito al nostro successo. Oggi siamo la prima azienda dell’Europa meridionale per produzione di trasformatori per cabine di media tensione destinate ad applicazioni fotovoltaiche con oltre 1 GW di potenza installata. E inoltre i nostri prodotti sono presenti in tutti i mercati in-

D Antonio Cracco, presidente di Celme Srl, Montebello Vicentino (VI) www.celmesrl.com

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ternazionali». Questa espansione commerciale è coincisa con un’evoluzione della tipologia di prodotto? «Fino al 2006 il nostro prodotto di punta era un trasformatore di distribuzione con caratteristiche standard. Questo nel corso degli anni ha assunto un’importanza relativa fino a perdere di rilievo se confrontato con i trasformatori progettati su specifiche richieste e destinati ad applicazioni particolari. I nostri prodotti di maggiore impatto sul mercato sono così diventati i trasformatori di potenza per piccole centrali di distribuzione, i trasformatori per alimentazione di carichi distorti, gli inverter e i converter. La maggiore richiesta la riceviamo dalle acciaierie e dalle grandi applicazioni industriali, dagli impianti fotovoltaici, eolici e da quelli petroliferi». Può citare un esempio di una delle ultime serie di trasformatori che avete realizzato per un’applicazione specifica? «A luglio 2011 abbiamo consegnato due trasformatori destinati a impianti petroliferi degli


Antonio Cracco

Abbiamo una precisa politica sui temi dell’ecologia. Oltre l’80% dei materiali che compongono i nostri trasformatori sono riciclabili, compreso l’olio che contengono

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Emirati Arabi Uniti. I due trasformatori saranno alimentati da sistemi convertitori con raddrizzamento a 12 impulsi. Ognuno avrà una potenza di 10,5 Mva e 6 impulsi con potenza da 9,7 Mva. Questi due prodotti sono stati studiati appositamente per un’attività di esercizio a temperature esterne fino a 55 °C e in ambienti altamente corrosivi, per questo sono caratterizzati da una progettazione particolare della parte attiva e da un design innovativo del sistema di connessione cavi». Qual è la vostra attenzione per le questioni ambientali? «Abbiamo una precisa politica sui temi dell’ecologia. Oltre l’80% dei materiali che compongono i nostri trasformatori sono riciclabili. Anche l’olio che contengono è riciclabile da un apposito consorzio di smaltimento. Inoltre, per quanto riguarda il tipo di olio, i trasformatori Celme sono completamente esenti da Pcb/Pct (policlorobifenili e policlorotrifenili) e su richiesta possono essere riempiti con olio siliconico, oppure con olio a base di estere sintetico o con olio minerale. Il fluido a base di estere sintetico è particolarmente indicato per tutte le in zone e i contesti – compagnie di trasporto aereo e ferroviario, imprese farmaceutiche, petrolchimiche e che trattano combustibile nucleare – in cui il pericolo di incendio o di inquinamento sia particolarmente grave. L’in-

13 mln EURO

Dal 2006, con l’insediamento di Cracco alla presidenza di Celme, l’azienda ha registrato in cinque anni un incremento delle entrate del 100%

80% EXPORT La quota di produzione che, uscita dai due stabilimenti Celme di Vicenza, è destinata ai mercati internazionali di tutti e cinque i continenti

stallazione di un trasformatore con olio a base di estere è la soluzione migliore per il rispetto ambientale e per la sicurezza». Quali sono le caratteristiche che rendono sicuro questo fluido? «L’olio a base di estere sintetico è prontamente biodegradabile – se ne può recuperare oltre l’80% in meno di trenta giorni –, non è tossico e non influisce sui fanghi attivi degli impianti di depurazione. È immune da esalazioni pericolose, dato che le sue emissioni sono minime, non dense, di colore chiaro e non contengono tracce di acido cloridrico o tossine pericolose. Non si infiamma a contatto con una fiamma libera e dopo 80 minuti, in presenza di una combustione da altra fonte, presenta soltanto delle leggere evidenze di decomposizione termica. In caso di dispersione, infine, non è pericoloso per l’acqua dal punto di vista della tossicità orale acuta per mammiferi e pesci». VENETO 2011 • DOSSIER • 145


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Performance da pole position ietro le vittorie nelle corse automobilistiche un contributo fondamentale è dato dal team tecnico. Ruolo tutt’altro che secondario è poi quello dei fornitori di combustibili, oli e lubrificanti, senza i quali i motori difficilmente potrebbero esibire le performance che si vedono in pista. Per le auto veloci, l’Italia detiene ancora un primato storico, non a caso sono nati qui marchi come Lamborghini, Maserati e Ferrari. Come pure è italiano uno dei marchi di olio lubrificante più usato nel mondo delle corse, Pakelo, azienda veronese che sta stringendo accordi con importanti costruttori asiatici. «Il nostro è un lavoro di nicchia concentrato soprattutto sullo studio delle formule dei lubrificanti. È un universo poco noto, lontano dai clamori delle vittorie delle auto che tagliano il traguardo anche grazie al nostro prodotto, ma la nostra soddisfazione viene dall’apprezzamento che riscontriamo presso gli addetti ai lavori, non a caso siamo un punto di riferimento per le scuderie della Formula Uno». A parlare è Rino Polacco, marketing manager e responsabile risorse umane di Pakelo, un’impresa produttrice di lubrificanti nota in tutto il mondo. «Da anni, fra gli altri, siamo il fornitore ufficiale della scuderia Ferrari AF Corse, che dal 2006 al 2009 si è sempre aggiudicata il premio Campioni International GT Open e nel 2010 il titolo di

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Aldo Polacco, vicepresidente e product manager, Rino Polacco, marketing manager e human resources, Alberto Polacco, presidente della Pakelo Motor Oil Srl di San Bonifacio (VR) www.pakelo.com

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Un’azienda veronese sta per espandersi a livello globale grazie agli accordi stipulati all’estero. Le ragioni di questo successo commerciale e dei podi conquistati in tutto il mondo spiegate dai protagonisti Valerio Germanico

Campioni del mondo Fia GT2, anche con la partecipazione fra i piloti di Gianfranco Fisichella. Il merito dei nostri risultati commerciali e della scelta da parte della Ferrari della nostra consulenza è da ricercare nelle prestazioni dei nostri prodotti, raggiunte grazie all’impegno dei nostri ricercatori dell’ufficio tecnico». A fronte di ciò Pakelo dispone di un avanzato laboratorio per l’analisi dei lubrificanti, equipaggiato con sofisticate apparecchiature per il monitoraggio dei lubrificanti in esercizio. «I nostri tecnici eseguono varie tipologie di analisi e test, a seconda dei casi e delle necessità del cliente anche per diagnosticare e prevenire i guasti degli organi lubrificati evitando la possibilità dei fermi macchina». Nonostante la crisi economica internazionale, infatti, Pakelo, con la sua produzione di lubrificanti e prodotti di elevata tecnologia, si sta espandendo soprattutto all’estero. «Attualmente esportiamo in numerosi Paesi e abbiamo rivenditori affiliati a Hong Kong, in Malesia e a Taiwan. Negli ultimi due anni abbiamo siglato accordi con diversi gruppi stranieri, esportando in molti Paesi nel mondo, ma i nostri principali mercati di riferimento sono il Belgio, la Bielorussia, la Malaysia, l’Azerbaijan, la Cina e la Germania. Mentre il Brasile si profila essere un mercato molto promettente. Grazie a questi, entro breve tempo, l’azienda si svilupperà fino a raddoppiare le dimensioni attuali e raddoppiare la nostra produ-


Pakelo

zione. Soprattutto se oltre al service ci sarà richiesto il factory fill, fiore all’occhiello della capacità produttiva Pakelo, cioè l’olio di primo riempimento dei Costruttori dei veicoli industriali e da cantiere. Per questo prevediamo di arrivare nei prossimi anni a una produzione di circa 8 milioni di litri di lubrificanti, con un corrispettivo che potrà andare dai 18 ai 20 milioni di

Grazie all’accordo con nuovi partner stranieri, prevediamo di arrivare a una produzione di circa 8 milioni di litri di lubrificanti l’anno

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euro. Stiamo quindi creando una nuova sede, adiacente a quella attuale. E naturalmente anche le risorse umane cresceranno di numero, con un vantaggio quindi anche per il nostro territorio sotto il profilo dell’occupazione». Le radici dell’attività risalgono al 1930 per opera del fondatore Italo Rino Polacco. I figli, Giuseppe ed Elio Polacco, subentrarono al padre nel 1964, promuovendo con grande impegno la forte crescita con la produzione di lubrificanti di alta qualità. Tuttora la Pakelo, con il recente passaggio generazionale, conserva ancora la caratteristica di family business ed è condotta attualmente dai componenti della terza generazione della famiglia: Rino, Aldo e Alberto. «La crescita produttiva ha richiesto la creazione di un nuovo stabilimento e l’ampliamento del centro ricerca e sviluppo e del laboratorio interno. Il nostro laboratorio è l’unico in Italia per tecnologia e per la possibilità di eseguire test sofisticati sugli oli lubrificanti. Con il suo potenziamento avremo a disposizione gli strumenti per accompagnare adeguatamente la nostra crescita sui mercati internazionali. Per questo abbiamo avviato la creazione della nuova sede». Il nuovo Centro Logistico Commerciale avrà una superficie di 6.000 mq. a cui va ad aggiungersi l’attuale stabilimento di pari metratura - di fatto un raddoppio dell’area presente - che subirà anch’esso una trasformazione quasi radicale con l’ampliamento del laboratorio analisi e con il Centro Ricerche.

In alto, da sinistra Elio e Giuseppe Polacco. Sotto il rendering del nuovo stabilimento della Pakelo

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Nuove scelte di marketing per l’automotive li esperti di comunicazione e marketing delle grandi case automobilistiche hanno proposto negli anni strategie di vendita differenti, sulla base delle fasi economiche e delle attese dei consumatori. In passato, durante i momenti di euforia economica, è stato possibile puntare sull’emozionalità, il design, la potenza e l’automobile rappresentava un oggetto di moda che definiva lo status di chi ne stringeva il volante e proiettava attraverso la carrozzeria – ma anche con la scelta del marchio – il valore dell’esclusività. Oggi il dato delle vendite italiane di auto nuove, se confrontato con quello dei primi anni del 2000, dimostra una netta flessione, dato che si è passati da un giro di affari annuo di 41 miliardi a circa 31 miliardi nel 2011, corrispondenti a circa 1,7 milioni di nuove immatricolazioni contro una media di 2,3 mln nel decennio 2000-2009 (fonte: Centro Studi Fleet & Mobility). Il colpevole contro il quale più di frequente si alza il dito è la crisi. Ma forse c’è dell’altro, come spiega Massimo Mazza, direttore generale di una concessionaria veronese e già direttore di Volkswagen Italia. Parlando di scelte di marketing, come è cambiato il modo di proporre il prodotto auto? «Adesso che l’euforia è passata, per proporre in modo credibile un’au-

G

Adriana e Paolo Vicentini, titolari della Vicentini Spa di Verona e, al centro, il direttore generale Massimo Mazza www.vicentinivr.it

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Dietro il calo delle vendite di auto non c’è solo la crisi. È cambiato l’atteggiamento dei consumatori verso l’acquisto. Massimo Mazza spiega quali strategie utilizzare per intercettare la voglia di razionalità degli automobilisti Luca Cavera

tomobile a un mercato già restio all’acquisto è necessario puntare sulla razionalità del consumatore, che è attento alla tecnologia, ai consumi e soprattutto al prezzo, a eventuali sconti al momento dell’acquisto e ai futuri costi di manutenzione. Dobbiamo però pensare anche che il calo delle vendite non è determinato solo dalla crisi. Esistono ragioni più profonde, legate anche al modo in cui è cambiata l’automobile, dal punto di vista della tecnologia e della sicurezza, soltanto negli ultimi dieci anni». Quali sono quindi queste ragioni? «Se consideriamo le stime per i prossimi anni che prevedono lo stabilizzarsi delle nuove immatricolazioni a una quota sotto i 1,9 mln di euro l’anno – corrispondenti a un giro di affari stimabile in circa 34 mld di euro –, emerge che non è solo una questione di crisi. Bensì è proprio mutato il modello di consumo. Si è imposto un atteggiamento meno impulsivo e maggiormente calcolatore. Il calcolo si basa fondamentalmente sull’allineamento temporale di tre fattori chiave: l’automobilista si ritrova fra le mani un’auto che non sente più come adeguata a garantirlo nei suoi spostamenti, ha contemporaneamente la disponibilità per investire in un nuovo veicolo e, infine, è presente sul mercato un prodotto che soddisfi le sue attese tanto da spingerlo a compiere il cambio dell’auto».


Massimo Mazza

Le stime per i prossimi anni prevedono lo stabilizzarsi delle nuove immatricolazioni a una quota sotto 1,9 mln di euro l’anno

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Da ciò pare che tutto si giochi nel rapporto fra offerta della casa madre e attese della domanda. Ma che ruolo ha il concessionario? «A parità di prodotto, il concessionario è decisivo. L’offerta di servizi aggiuntivi, infatti, ha un ruolo determinante nell’incrementare i volumi di vendita. La cura del concessionario non si ferma all’acquisto, dato che per la fidelizzazione del cliente è fondamentale un attento servizio di postvendita. Inoltre, la dimensione dei nostri saloni espositivi, di oltre 3mila metri quadrati, ci permette di esporre praticamente tutta la gamma offerta e questo è particolarmente attraente per chi ci visita unitamente alla pronta consegna. Un fattore certamente di rilievo, poi, è quello dei marchi rappresentati – Volkswagen, Audi, Porsche e Volkswagen Veicoli Commerciali – , che mantengono un elevato valore residuo al momento della rivendita». Nonostante il calo generale delle vendite, il volume di affari dell’area veronese è più alto rispetto al resto d’Italia. Quali sono i motivi alla base di questo trend? «Alla base c’è e ci deve essere un buon prodotto e ritengo che questo aspetto fondamentale sia svolto ottimamente dal gruppo Volkswagen. Da parte nostra, ci occupiamo della cura del cliente. A Verona, oltre alla

5 mila AUTO

nostra nuova ed imponente struttura, abbiamo la sede di Volkswagen Group Italia che, oltre a contribuire all’innalzamento della quota di mercato, influisce positivamente a diffondere un’immagine positiva dei marchi che proponiamo». Quali sono gli obiettivi e le prospettive per il prossimo anno? «Il 2012 ci vedrà impegnati a perfezionare l’organizzazione della nostra nuova sede, che contribuirà a consolidare e migliorare i buoni risultati già conseguiti. Puntiamo a potenziare la qualità del nostro personale e della nostra struttura, per esempio, il settore carrozzeria sarà ulteriormente ampliato. Altra tappa cruciale sarà il completamento della fusione con la concessionaria Filippini di Mantova, da poco acquisita e che diventerà parte integrante della nostra società – in questo modo il volume totale, usato incluso, ci porterà a sfiorare le 10mila unità annue».

Il numero di nuovi veicoli immatricolati da Vicentini Spa nel 2010

200 mln EURO

Il fatturato previsto per il 2011, generato dall’immatricolazione di 5.700 nuove auto e di 2.900 usate

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La flessibilità come scelta “estremizzata” La flessibilità come tratto distintivo, per soddisfare anche le necessità più specifiche, all’interno di un mercato in rapida evoluzione. Le nuove tendenze nella produzione di scambiatori di calore indicate da Renzo Golin e Marco Ferron della società Wtk Matteo Rossi

er proporre produzioni “taylor made”, un’azienda deve necessariamente essere dotata di un apparato organizzativo flessibile e dinamico, che le permetta di offrire soluzioni pensate su misura, realizzate cioè sulla base delle specifiche esigenze di ogni singolo committente. «La flessibilità sta alla base della nostra attività», sottolinea Marco Ferron, Export & Marketing manager di Wtk Srl, azienda di Lonigo nata dall’esperienza ultradecennale del suo fondatore Renzo Golin e specializzata nella progettazione e produzione di

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scambiatori di calore, per applicazioni in condizionamento e refrigerazione industriale. «Gli operatori del settore da sempre sono alla ricerca di elevati livelli di customizzazione, soprattutto per quel che riguarda gli scambiatori a fascio tubiero. Negli ultimi anni – prosegue Ferron – abbiamo per così dire “estremizzato” il concetto di flessibilità, arrivando a garantire ai nostri committenti soluzioni disegnate ad hoc». Quali sono, nello specifico, i settori di riferimento dell’azienda? RENZO GOLIN «WTK opera nell’ambito dello scambio termico, attraverso la progettazione e realizzazione di prodotti funzionanti ad acqua

Da sinistra, Renzo Golin, fondatore, e Marco Ferron, export & marketing manager della Wtk Srl di Lonigo (VI) www.wtk.it


Renzo Golin e Marco Ferron

Avogadro, un software di ultima generazione

(o fluido secondario liquido), come piastre saldobrasate, evaporatori e condensatori a fascio tubiero, scambiatori coassiali, ricevitori di liquido, separatori d’olio». Che tipo di strategie avete adottato, quindi, per far fronte alle nuove richieste del mercato? MARCO FERRON «Chi si rivolge a noi oggi lo fa con la consapevolezza di trovare non un semplice fornitore ma un vero e proprio partner aziendale, con cui dialogare e confrontarsi con l’obiettivo di raggiungere obiettivi ambiziosi. Per riuscire ad assicurare sempre elevati standard qualitativi e di servizio, abbiamo investito notevoli risorse sia sulla professionalità e sul know-how del nostro

Se fino al 2008 l’Italia assorbiva circa l’80% della nostra produzione oggi questa quota si è ridotta di quasi il 40%, a causa della contrazione economica

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Wtk è una realtà aziendale in forte espansione, che volge sempre di più la propria attenzione al mercato globale, direttamente o attraverso validi partner, per offrire un servizio di assistenza quotidiano qualificato e puntuale. In quest’ottica l’ufficio tecnico e l’IT department di Wtk hanno recentemente sviluppato, in collaborazione con una softwarehouse italiana, un programma di calcolo chiamato Avogadro. Si tratta di un software di ultima generazione, che grazie a un sofisticato motore di calcolo e una libreria di dati completa di tutte le caratteristiche costruttive degli scambiatori di calore prodotti, è in grado di simulare il funzionamento termodinamico nelle più differenti condizioni di lavoro degli evaporatori, dei condensatori o piastre saldo brasate. Un valido supporto per gli utenti nella scelta dei prodotti Wtk più adatti ai loro bisogni.

ufficio tecnico, che sulle macchine e strumentazioni presenti all’interno del nostro reparto produttivo e del nostro laboratorio interno». A questo proposito quanto, e sulla base di quali criteri, investite nella ricerca, nell’innovazione e nello sviluppo? R.G. «Per la nostra tipologia di prodotto senza dubbio la fase progettuale è quella che riveste un’importanza maggiore. Ad esempio uno scambiatore di calore deve essere progettato, dimensionato e disegnato in maniera precisa, in accordo con quanto richiesto dal committente. Le attività di ricerca e sviluppo quindi sono rivolte prevalentemente proprio allo studio e alla progettazione di articoli innovativi, in grado di anticipare e intercettare i bisogni dei nostri partner. L'azienda può infatti vantare un team di ricerca e sviluppo che utilizza e sviluppa software di ultima generazione per simulazioni termodinamiche e fluidodinamiche accurate. Grazie poi a un laboratorio di prova attrezzatissimo, è in grado di verificare il funzionamento di ››

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› ogni prodotto precedentemente simulato, ve- aziendale?

Alcune immagini realizzate presso la sede della Wtk a Lonigo

locizzando così il processo progettazione/realizzazione e, di conseguenza, i tempi di consegna. Proprio grazie ai continui investimenti in ricerca, Wtk può ora offrire scambiatori di calore a fascio tubiero con approvazione DNV, per il settore marittimo. Questa certificazione è una ulteriore dimostrazione dell’alto livello di specializzazione raggiunto da Wtk, oltre che del valore dei suoi prodotti». Nonostante l’alto livello tecnologico, le risorse umane rappresentano ancora un elemento indispensabile per la vostra attività. Quanta attenzione viene posta nei confronti della formazione del personale

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R.G. «I professionisti che lavorano all’interno dell’azienda devono possedere, oltre a conoscenze specifiche, un’elevata capacità di “problem solving”, proprio in virtù del tipo di servizio offerto. Per questo ritengo (prosegue il Sig. Golin) che la formazione del personale sia uno dei punti fondamentali per la crescita aziendale. Solo una crescita costante di conoscenze delle singole identità può portare a un incremento del know-how generale di Wtk. Per questo motivo, nei limiti delle possibilità, supportiamo la formazione per ogni figura che lo desideri o lo necessiti. Il nostro obiettivo è dare valore al fattore umano e all'abilità di produrre pezzi unici e combinarli con i bisogni dei nostri committenti, in termini di qualità, prestazioni e costi». A livello commerciale, quali sono oggi i vostri principali mercati di riferimento? M.F. «In questi ultimi anni la crisi ha sicuramente inciso sulla nostra attività, modificando in maniera considerevole il baricentro del business aziendale. Se infatti fino al 2008 l’Italia assorbiva circa l’80 per cento della nostra produzione oggi questa quota si è ridotta di quasi il 40 per cento, proprio a causa della contrazione economica che ha coinvolto il nostro Paese. D’altro canto, però, grazie soprattutto a un’accurata politica di internazionalizzazione, siamo riusciti a mantenere inalterati i nostri livelli produttivi, ampliando notevolmente la nostra presenza sui mercati esteri». Quali sono i Paesi che in questi anni si sono dimostrati maggiormente recettivi nei confronti dei vostri prodotti? M.F. «Attualmente Germania, Turchia e Spagna rappresentano, per Wtk, mercati di fondamentale importanza. Nell’Europa dell’est siamo presenti con una rete di distribuzione strutturata per tutti i principali mercati di


Renzo Golin e Marco Ferron

Uno scambiatore di calore deve essere progettato, dimensionato e disegnato in maniera precisa, in accordo con quanto richiesto dal committente

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quest’area, oltre ad essere partner consolidati di tutti i maggiori OEM presenti. Per il futuro intendiamo rafforzare ulteriormente la nostra posizione su questi mercati, senza tralasciare le opportunità offerte dalla crescita dei Paesi del Medio Oriente, come Arabia Saudita ed Emirati Arabi, e del Nord Africa, principalmente Egitto e Tunisia». Sulla base della vostra esperienza, quali criticità dovranno affrontare gli attori del comparto e quali opportunità, invece, saranno chiamati a cogliere? R.G. «La risposta a questa domanda sta tutta in una parola: soluzioni. Siamo infatti convinti che l’andamento del nostro settore, come già accennato in precedenza, si stia sempre più orientando verso la richiesta di prodotti customizzati, come confermato dall’andamento del mercato degli ultimi due anni, e solo chi sarà in grado di soddisfare tali

requisiti avrà la possibilità di conquistare nuovi mercati». Quali sono, infine, le prospettive e i principali obiettivi per il futuro della vostra azienda? R.G. «L’ultimo biennio, nonostante la difficile situazione dell’economia internazionale, è stato per Wtk molto positivo e ricco di soddisfazioni. Proprio la crisi, infatti, ha rappresentato uno stimolo a cercare di migliorare ulteriormente la nostra attività, consapevoli che solo in questo modo avremmo potuto confermare il nostro ruolo sul mercato. I nostri sforzi sono stati ampiamente ripagati, visto che chiuderemo il 2011 con un aumento previsto del fatturato pari a circa il 20% rispetto a quanto fatto registrare l’anno scorso. In linea con quanto ricercato dal mercato, per il prossimo futuro, intendiamo specializzarci ulteriormente nella realizzazione di prodotti studiati per soddisfare anche le esigenze più particolari. A livello di mercato stiamo inoltre lavorando per poter diventare un punto di riferimento per “soluzioni customizzate”, adatte anche a progetti di grande dimensioni e ad alto contenuto tecnologico». VENETO 2011 • DOSSIER • 153


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’anidride carbonica nei sistemi frigoriferi L’anidride carbonica è utilizzata in un numero sempre maggiore di pompe di calore e sistemi refrigeranti ecocompatibili e a basso consumo energetico. Ne parliamo con Sergio Girotto Eleonora Carboni

e nostre macchine frigorifere sono progettate per utilizzare come refrigerante l’anidride carbonica (CO2): un fluido ideale per la refrigerazione commerciale e industriale, in quanto è economico, non è tossico, non è infiammabile, non danneggia l’ambiente e non è, e non sarà mai, soggetto a restrizioni nell’uso né richiederà costosi controlli periodici sull’impianto, come previsto dalla Direttiva Europea F-Gas per i refrigeranti sintetici HFC». Ecco come Sergio Girotto titolare della Enex di Paese (TV) introduce i vantaggi dell’utilizzo di anidride carbonica nei sistemi frigoriferi. Nei paesi del Nord e Centro Europa nei quali i sistemi frigoriferi con anidride carbonica sono

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Sergio Girotto titolare della Enex di Padernello di Paese (TV) www.enex.it

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ormai uno standard, le misure di consumo elettrico dimostrano una sensibile riduzione rispetto alle soluzioni convenzionali con HFC come refrigerante. «Enex – prosegue Girotto da diversi anni sta svolgendo un’attività di ricerca per migliorare ulteriormente le prestazioni dei sistemi con CO2 come refrigerante, specialmente per le installazioni in Italia, e in generale nell’area mediterranea, dato che le condizioni climatiche richiedono soluzioni diverse da quelle usate nel Nord Europa. Dopo aver venduto centinaia di macchine a clienti prestigiosi nei paesi del centro e nord Europa, abbiamo appositamente messo a punto la nuova gamma di centrali frigorifere E5S, appositamente sviluppata per operare nelle condizioni climatiche dei paesi del sud Europa. La possibilità di funzionare con elevati livelli di efficienza è stata ottenuta mediante l’adozione di un circuito con economizzatore. Una parte del circuito è dedicata al sottoraffreddamento del condensato utilizzando uno o più compressori (a seconda delle dimensioni) che operano, a parità di effetto frigorifero, con efficienza molto più alta dei compressori principali. Sono già stati realizzati diversi impianti di questo tipo


Sergio Girotto

ed eseguite molte misure sulle condizioni operative e sui consumi. È stato realizzato un programma di simulazione che permette un dimensionamento accurato della macchina e anche di prevedere i consumi energetici e confrontarli con il ciclo semplice in modo da evidenziare il miglioramento ottenuto nelle condizioni climatiche tipiche dell’Italia. Non basta però che un prodotto sia ecologico ed efficiente. La vendita di soluzioni tecniche innovative non ancora entrate nell’uso comune richiede l’assimilazione di nuovi concetti da parte di tutte le persone coinvolte, per questo supportiamo i nostri clienti con adeguate conoscenze e strumenti: la formazione sul luogo, il supporto tecnico ai manutentori e la preparazione di manuali operativi fanno parte del nostro progetto formativo verso le strutture che scelgono le nostre macchine». Gli impianti frigoriferi con CO2 sono inoltre molto adatti al recupero di calore per riscaldamento di ambienti: l’uso combinato di caldo e freddo consente di ottenere ulteriori rilevanti vantaggi in quanto a riduzione dei consumi. Conclude Girotto: «Produciamo inoltre delle pompe di calore, per riscaldamento di acqua sanitaria , tipicamente utilizzate al momento per

Da diversi anni, lavoriamo per migliorare ulteriormente le prestazioni dei sistemi con CO2 come unico refrigerante, specialmente per le installazioni in Italia

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applicazioni civili quali alberghi, scuole e ospedali, che riscaldano in un solo passaggio l’acqua, ad esempio prelevata alla temperatura di acquedotto, anche fino a novanta gradi centigradi, una temperatura ideale per accumuli a stratificazione. Grazie a un affidabile e innovativo controllo e alle particolari caratteristiche della CO2 l’efficienza è molto alta ed è possibile un controllo continuo della carica dei serbatoi di stoccaggio dell’acqua calda e delle condizioni operative. Il circuito della macchina è estremamente affidabile e sicuro, e comprende tre livelli di protezione in serie nel circuito di alta pressione, per una sicurezza assoluta. È un prodotto facile da installare e il volume, quindi il costo, del serbatoio di accumulo a stratificazione è basso grazie alle elevate temperature raggiungibili. L’elevata temperatura d’immagazzinaggio previene, inoltre, i rischi di legionella nei serbatoi di acqua calda». VENETO 2011 • DOSSIER • 155


La sfida di una produzione “su misura”

Il mondo imprenditoriale, per sopravvivere alla crisi, è chiamato a rivedere i suoi modelli produttivi. Nel campo della refrigerazione industriale, ad esempio, flessibilità e adattabilità sono le nuove parole d’ordine. L’analisi di Mario Piuzzi

Italia si trova oggi davanti un bivio epocale, e la lunghissima crisi che stiamo vivendo richiede inevitabilmente l’adozione di nuove modalità e strategie imprenditoriali. Protagoniste di questo cambiamento dovranno necessariamente es- Diego Bandini sere le piccole e medie imprese, che ancora oggi rappresentano la vera anima del Paese. «Il nostro territorio è stato per anni un modello Mario Piuzzi, direttore generale da seguire, ma ora, per poter contidella Cfi Srl di Alonte (VI) www.cfi-refrigerazione.it nuare a svolgere il suo ruolo trainante, titivi, dunque, flessibilità produttiva e capacità dovrà riuscire ad adattarsi a questa “fra- di adattamento anche alle esigenze più particogile stabilità” che caratterizza l’attuale lari sono diventati ormai requisiti fondamentali momento economico». La pensa così per un’azienda, l’unico modo per riuscire a vinMario Piuzzi, direttore generale della cere questa difficilissima sfida». Cfi Srl, azienda vicentina specializzata A questo proposito, quali sono le strategie nella produzione di componenti per il adottate da Cfi in questo biennio per far settore del condizionamento e della fronte alla situazione? refrigerazione. «Le imprese italiane de- «La nostra produzione risponde principalmente vono infatti fare i conti con una con- al mercato della refrigerazione industriale, dove correnza sempre più aggressiva, che siamo in grado di soddisfare qualsiasi richiesta. spesso non è tenuta al rispetto neanche Collettori in rame, in acciaio e al carbonio, curdelle più elementari regole etiche e vette per batterie, distributori di liquido tubamorali. Per riuscire a rimanere compe- zioni per circuiti frigoriferi rappresentano solo

L’

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Mario Piuzzi

una parte della nostra ampia offerta. In questi ultimi due anni abbiamo provveduto a una riorganizzazione molto profonda del nostro sistema produttivo, insistendo particolarmente sulla gestione dei flussi, e collegando tale aspetto a una modifica sostanziale del nostro sistema informatico. Riteniamo infatti che la sfida maggiore che dovremo affrontare nei prossimi anni sarà rappresentata dalla capacità di gestione di commesse sempre più piccole, e con un indice di ripetizione elevato». In che modo la vostra azienda è in grado di soddisfare queste necessità? «Siamo dotati di un’organizzazione che ci permette di rispondere in maniera completa, e per certi versi quasi “sartoriale”, alle richieste dei committenti. Proprio grazie a questa impostazione siamo riusciti ad attraversare l’attuale fase di mercato in maniera assai positiva. Il termine che più si presta a spiegare la nostra realtà, quindi, credo possa essere “adattabilità”. I nostri articoli non sono infatti il frutto di un sistema produttivo standardizzato, ma vengono elaborati di volta in volta sulla base delle specifiche esigenze di chi richiede i nostri servizi. Una scelta vincente, che ci ha consentito nell’ultimo anno di incrementare il nostro fatturato addirittura del 30 per cento rispetto al 2010, per un valore vicino ai 14 milioni di euro». Quali sono state, invece, le principali criticità cui avete dovuto far fronte? «Lavorando quantità importanti di rame, che

rappresenta la voce principale del nostro portafoglio acquisti di materia prima, abbiamo dovuto seguire con molta attenzione le fluttuazioni del prezzo, dovute a una speculazione finanziaria che purtroppo si è appropriata del nostro sistema economico, spingendo “ai confini dell’impero” il valore del lavoro e dell’impresa. Oggi noi imprenditori ci troviamo a contare sempre meno durante la fase di distribuzione degli enormi EUROPA plusvalori economici che Questa la quota questa speculazione, alla cui realizzazione abdi fatturato biamo contribuito in maniera fondamentale derivante dai mercati con il nostro lavoro, crea, mentre veniamo poi del Vecchio chiamati a rispondere in prima persona quando Continente. Il primo mercato siamo costretti a ribaltare il peso della crisi sulle resta quello nostre strutture e sulla dignità dei nostri uomini tedesco e delle loro famiglie. Il terzo trimestre del 2011 ha segnato, anche per noi una significativa contrazione del portafoglio ordini, aggravata anche da una difficoltà crescente nel riscuotere nei tempi previsti i nostri crediti». Che ruolo rivestono nel vostro settore le attività di ricerca e sviluppo e quali sono le ultime novità introdotte da Cfi? «Attualmente stiamo lavorando, con la collabo- ››

20%

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› razione di un importante produttore mon- tirci una penetrazione più capillare e incisiva, diale, allo sviluppo di innovative tecnologie di lavorazione per diverse leghe di alluminio, che dovrebbero rappresentare il nuovo trend per il mercato futuro. Siamo inoltre dotate di tutte le più importanti certificazioni (Uni En Iso 9001/2000, En Iso 14001:2009 e BS Ohsas 18001:2007) alle quali presto aggiungeremo anche la certificazione energetica. In un’ottica di continua crescita aziendale, monitoriamo costantemente le nuove opportunità che le moderne tecnologie offrono, per poter individuare in tempi rapidi quei macchinari che più sono in grado di adattarsi alle richieste provenienti dai nostri partner». A livello geografico, in quali Paesi siete al momento presenti con i vostri prodotti? «I mercati europei rappresentano circa il 20% del nostro fatturato, con la Germania sicuramente in prima linea. Ultimamente però ci siamo affacciati anche oltre i confini continentali, implementando una strategia commerciale volta a garan158 • DOSSIER • VENETO 2011

perché siamo convinti che il mercato extra-europeo rappresenterà nel prossimo futuro uno sbocco fondamentale delle nostre produzioni». Sulla base della sua esperienza, come è cambiato il mercato della refrigerazione industriale in questi anni e quali sfide la vostra società sarà chiamata ad affrontare nel prossimo futuro? «Dal 2009 il mercato della refrigerazione industriale ha visto la nascita di molte realtà di piccole dimensioni, che però non sono dotate dei requisiti necessari per rispondere alle esigenze di un settore ormai strutturato su necessità di rintracciabilità dei materiali, specificità dei macchinari, know-how degli operatori ed estrema velocità di produzione. Solo chi, come Cfi, ha investito in innovazione e rinnovamento tecnologico, senza però tralasciare l’aspetto manuale e, per certi versi quasi artigianale della nostra attività, potrà quindi riuscire ad affermarsi in un mercato in continua evoluzione. Proprio su questi punti la nostra azienda lavorerà duramente, per continuare a offrire il miglior servizio possibile e imporsi così come realtà di riferimento per tutti gli operatori del settore».



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Proteggere le competenze rifiutando la delocalizzazione L’esclusiva gestione interna dei processi produttivi ha consentito alla Brahma Spa di preservare la qualità dei suoi componenti e sistemi per riscaldamento per più di mezzo secolo. L’esperienza di Flavio Brama Eleonora Carboni

a rapidissima innovazione tecnologica, presente anche nel settore della termomeccanica, impone un elevatissimo grado di flessibilità e capacità di risposta alle richieste del mercato. Risposta ottenibile solo con la gestione interna di tutto il processo produttivo. L’aver mantenuto all’interno dell’azienda le varie fasi produttive è una scelta importante dal punto di vista della gestione dei capitali che ha influito, non poco, a far sì che la Brahma Spa di Legnago (Verona) sia rimasta attiva sul mercato di componenti e sistemi per riscaldamento per più di mezzo secolo e abbia apportato continue innovazioni tecniche al mercato mondiale attraverso i suoi prodotti. Ne parliamo col presidente Flavio Brama. Da cosa deriva la scelta di mantenere all’interno le fasi produttive e il know-how aziendale?

L Flavio Brama, presidente della Brahma Spa di Legnago (VR), insieme al figlio Matteo www.brahma.it

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«Progettiamo, realizziamo e collaudiamo i nostri prodotti all’interno dell’azienda dopodiché li esportiamo in tutto il mondo. La scelta di una gestione interna del processo produttivo è una “verticalizzazione” forse lontana dalle attuali tendenze che portano all’esterno la parte produttiva, ma ci rassicura sul rischio di dispersione del nostro know-how e, soprattutto, garantisce un’estrema velocità di reazione». Che tipo di aggiornamento avete affrontato a livello tecnologico e impiantistico? «L’abbinamento dell’elettronica alla meccanica tradizionale è stata una rivoluzione importante per la nostra azienda. Le novità si riscontrano soprattutto nella funzionalità dei nuovi macchinari. Il nuovo sistema per piani di cottura, ad esempio, presenta dei bruciatori a gas le cui regolazioni sono gestite da “touch panels” che di fatto ha eliminato l’uso delle manopole. Grossi gruppi industriali del settore, multinazionali comprese, hanno in passato realizzato sistemi alternativi a questo, ma finora nessuno è riuscito nell’intento di creare un prodotto brevettato economico, concettualmente semplice ed omologato secondo le stringenti norme di riferimento delle direttive gas (EN298-EN161)». Ci sono altri prodotti innovativi? «Sicuramente il sistema per la gestione delle caldaie a condensazione le cui prestazioni sono esaltate grazie all’abbinato utilizzo della nostra valvola VCM brevettata in tutto il mondo. Nel settore delle energie alternative l’azienda copre le esigenze del riscaldamento solare per impianti sem-


Flavio Brama

plici o complessi grazie alla produzione di una vasta gamma di apparecchiature specifiche. Grazie allo sviluppo delle stufe a pellet anche nel territorio italiano siamo stati spinti a progettare diversi dispositivi sia per il pellet ad aria che per quello ad acqua. Disponiamo inoltre di una serie di schede di regolazione studiate per le varie esigenze anche fuori dal nostro settore tradizionale del termotecnico e siamo uno dei principali costruttori di componenti e sistemi per bruciatori a gas e a olio combustibile». Come è gestito lo stabilimento Vishnu? «Nello stabilimento della filiale Vishnu, produciamo macchine bobinatrici per ogni tipo di avvolgimento unite ad un tendifilo elettronico a microprocessore che consente velocità di avvolgimento impensabili con i tradizionali tendifilo meccanici o analogici. Il nostro ufficio tecnico è un motore di ricerca e innovazione che ha elaborato negli ultimi anni una serie incredibile di brevetti e tutti questi prodotti d’avanguardia tecnologica». Dunque molte delle vostre risorse sono investite nella ricerca? «La ricerca tecnologica è per noi di fondamentale importanza infatti è in fase di costruzione un nuovo “Centro Ricerche” vista l’importanza strategica che questa funzione riveste all’interno dell’azienda. La nuova struttura permetterà di progettare, testare e realizzare prototipi e nuovi prodotti oggetto di ricerche e sviluppi e brevetti alcuni dei quali in corso d’opera». Che importanza rivestono per voi gli aspetti

La scelta di una gestione interna del processo produttivo è una “verticalizzazione” che ci rassicura sul rischio di dispersione del nostro know-how

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legati alla certificazione, omologazione e controllo di qualità e sicurezza? «Certificazioni ed omologazioni sono indispensabili per la vendita dei nostri sistemi di sicurezza. Per soddisfare le richieste degli enti preposti, l’azienda si è dotata di un moderno ed attrezzato laboratorio dove poter eseguire tutti i principali test richiesti dalle normative specifiche del nostro settore di appartenenza». Quali sono i vostri obiettivi produttivi e commerciali per il prossimo futuro? «Per il futuro è prioritario l’abbattimento dei costi di produzione per poter rimanere competitivi nell’offerta di prodotti tecnologicamente all’avanguardia che possono inserirsi con successo nel mercato globale. Stiamo perseguendo questa politica attraverso l’ottimizzazione e la razionalizzazione di tutti i processi produttivi in linea con le tecniche organizzative (Lean Manufactoring ) presenti in tutte le industrie più evolute. Esportiamo i nostri prodotti in settanta paesi del mondo; nei prossimi mesi gli sforzi commerciali dell’azienda saranno rivolti in particolare ai Paesi extra CEE dove i margini di crescita sono ancora sensibili». VENETO 2011 • DOSSIER • 161


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I vantaggi dello stampaggio a iniezione Franco Buglio presenta le novità delle presse a iniezione, macchinari che ottimizzano il rendimento con un risparmio energetico sino al 70% Emanuela Caruso

a recente Fiera K di Düsseldorf, l’evento forse più importante del settore delle materie plastiche e delle gomme, non solo ha mostrato al mondo intero la grande ripresa di cui è stato protagonista il mercato della plastica dopo il duro periodo di crisi, ma anche e soprattutto, ha presentato alcune delle più rilevanti innovazioni tecnologiche di questo specifico campo. Tra le più interessanti e all’avanguardia si situano le presse della serie BS Power Saving, pensate per ottenere eccellenti prestazioni nella lavorazione dei termoplastici attraverso l’impiego integrato di tecnologie oleodinamiche ed elettriche, con la caratteristica aggiunta di ottenere costi di lavorazione competitivi con un notevole risparmio energetico e cicli ridotti. A distribuire un prodotto così innovativo è Imex Italia, azienda veronese specializzata nella commercializzazione e assistenza tecnica di presse a iniezione per termoplastici. «Le presse Power Saving – commenta Franco Buglio, titolare della società – stanno riscuotendo un notevole successo grazie ad alcune delle loro peculiarità. Ad esempio la soluzione di installare la pompa a pistoni a portata variabile abbinata a un servomotore a magneti permanenti consente di far girare il motore a bassi regimi, ottenendo allo stesso tempo una pressione molto elevata. Tutto ciò comporta un minor surriscalda-

L Franco Buglio, titolare di Imex Italia con sede a San Pietro in Cariano (VR). Nelle altre immagini, panoramica della sede produttiva e alcuni modelli di presse www.imexitaliapresse.it

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mento della macchina e un risparmio energetico sino al 70% rispetto a una pressa tradizionale». Imex Italia distribuisce presse per lo stampaggio a iniezione, ma nello specifico, come avviene questo processo? «Lo stampaggio a iniezione è uno dei processi industriali più impiegati per la realizzazione in serie di oggetti in plastica e coinvolge particolari presse che fondono i granuli di materia plastica, per poi iniettarli negli stampi con una determinata velocità e pressione. Una volta iniettati, i polimeri si raffreddano e assumono la forma e la dimensione stabilite per l’oggetto finale. È un processo che necessita di ottima preparazione e competenza professionale». Verso quali settori e mercati sono indirizzati i prodotti commercializzati da Imex Italia? «Grazie all’ampia gamma di modelli e alla flessibilità delle nostre presse, distribuiamo macchine a iniezione sia verticale che orizzontale, multi-color e multi-component; siamo in grado inoltre di offrire soluzioni diversificate e personalizzate agli utilizzatori di svariati settori, tra cui


Franco Buglio

ad esempio quello dell’automotive, del medicale, dell’elettronico e dell’elettrico. Principalmente il nostro mercato di riferimento è quello italiano, ma alcune multinazionali ci hanno scelto anche come fornitori per i loro stabilimenti produttivi esteri. Consegniamo, quindi, le nostre presse in Germania, Francia, Inghilterra, Romania e Ungheria, ma anche in Tunisia, Marocco, Sud Africa e Sri Lanka». Nel corso degli anni, Imex Italia ha instau-

rato pluriennali partnership con aziende asiatiche. Come mai avete fatto questa scelta? «La nostra azienda è stata una delle prime a collaborare in modo costante con realtà asiatiche. La scelta è stata dettata dal fatto che il trend di crescita del livello tecnologico e qualitativo dei paesi dell’Asia, per il nostro settore, è ormai paragonabile a quello europeo. Abbiamo quindi selezionato una serie di imprese affidabili, in grado di offrire prodotti d’avanguardia a un prezzo competitivo. È però importante specificare che nonostante le presse vengano realizzate e assemblate dalle società asiatiche, la componentistica e la tecnologia rimangono di origine europea. Operando in questo modo garantiamo ai nostri clienti qualità, efficienza, precisione e, non meno importanti, vantaggi economici». Quale filosofia guida l’attività di Imex Italia? «La filosofia aziendale è basata sulla riduzione dei consumi, ragione per cui ci interessiamo sempre a macchinari che rispettino l’ambiente e portino ad un maggior risparmio energetico, come le presse Power Saving; sull’aumento della produttività, garantito dalla competenza e dall’esperienza dei nostri tecnici, che configurano i parametri delle macchine proprio per ottimizzare il rendimento produttivo; infine sulle performance ottimali di ogni prodotto distribuito, che viene consigliato ai clienti dopo un’accurata analisi delle loro specifiche richieste ed esigenze. Un altro punto focale della nostra strategia è l’assistenza post-vendita tecnico-commerciale esperta e puntuale». VENETO 2011 • DOSSIER • 163


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il futuro della plastica è il riciclo La versatilità che rende plastica e polimeri adatti a sostituire i metalli, a essere riciclati e riusati, a diminuire l’impatto ambientale, ha reso un materiale inizialmente sottovalutato uno strumento capace di grandi innovazioni. L’analisi di Alberto De Vincenzi Emanuela Caruso

olo fino a pochi anni fa, la plastica era considerata un materiale scomodo a causa della sua non biodegradabilità e del suo riciclo estremamente costoso. Sommando, infatti, i costi di raccolta e trasporto di questa materia leggera e voluminosa, si delineavano cifre altissime, che portavano gli stessi addetti ai lavori a sconsigliare l’utilizzo di prodotti con imballaggi in plastica. In poco tempo, però, si è assistito a un ribaltone di giudizio e la plastica ha iniziato ad essere considerata il materiale del futuro. Il merito dell’inversione di marcia è da attribuire alla sua capacità di fungere

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Alberto De Vincenzi, titolare di Altex con sede a San Pietro in Cariano (VR). Nella pagina a fianco, pioggia di tecnopolimeri e panoramica del magazzino www.altextecnopolimeri.it

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da combustibile alternativo nelle centrali termoelettriche, ma soprattutto di poter essere riutilizzata per la creazione di altri prodotti dopo opportune rilavorazioni. E l’ultima tendenza registrata nel settore non riporta solo un incremento del riciclo della plastica nelle apposite discariche, ma anche un aumento delle aziende che riciclano internamente tale materiale, per poi riusarlo. Tra queste troviamo la società veronese Altex s.r.l., produttrice di tecnopolimeri e compound. «L’impiego di materiali plastici riciclati, uniti a componenti di fibre vegetali non vergini, rappresenta la grande innovazione del nostro settore – spiega Alberto De Vincenzi, Titolare dell’impresa –. Ecco perché Altex propone anche una serie di materiali industriali ricavati da macinati e scarti derivati dalle lavorazioni, mirando così al risparmio energetico e a un minor impatto ambientale». Altex produce e commercializza tecnopolimeri e compound: che cosa sono? «I tecnopolimeri sono materie plastiche con caratteristiche fisiche e meccaniche relativamente simili a quelle dei metalli, tanto che in alcuni casi li possono addirittura sostituire. I compound sono invece formati da una combinazione fisica eterogenea di vari materiali e sono adatti alla realizzazione di prodotti tecnici. Entrambi molto versatili, sono entrati ormai nell’uso quotidiano di ogni persona, anche se spesso si ignora il loro nome specifico. Li utilizzano le industrie nel settore automobilistico, elettrodo-


Alberto De Vincenzi

mestico, elettrico ed elettronico, meccanico, medicale, edile, dello sport e dei giocattoli». Come si evolve l’iter produttivo di un tecnopolimero studiato ad hoc su richiesta del cliente? «Il primo step prevede l’incontro con il reparto tecnico del committente, in modo da analizzare aspetti tecnici, colore, estetica, costo e tempi di attuazione. In seguito, tutte le informazioni così raccolte vengono elaborate dal nostro reparto Ricerca e Sviluppo, dove i tecnici di laboratorio formulano una proposta da sottoporre al cliente. Segue la campionatura del materiale e lo stampaggio del prototipo. Infine, se il risultato soddisfa le richieste dell’utente, si passa alla produzione della fornitura». Quali sono le principali risorse di cui un’azienda come Altex deve disporre per offrire al mercato prodotti di qualità e commercialmente competitivi? «Essenziale è la conoscenza tecnica delle basi polimeriche, degli additivi e dei coloranti, indispensabile per una corretta scelta dei materiali. Importante è anche la ricerca di una materia prima con il miglior rapporto qualità-prezzo, che Altex porta avanti a livello mondiale. Disponiamo poi di un laboratorio qualità che ef-

I tecnopolimeri e i compound macinati e riutilizzati, ovvero riciclati, creano prodotti industriali dalle grandi potenzialità

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fettua ogni giorno rigorosi controlli e test sui materiali prodotti , così da mantenere uno standard qualitativo ottimale. E senza dubbio riveste un ruolo fondamentale un’efficiente e rapida assistenza post-vendita». Che cosa è possibile prevedere e auspicare per il futuro del settore della plastica? «In futuro, continueranno ad acquisire sempre più importanza l’attenzione per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile, portando quindi all’aumento della scelta di materiali riciclabili e all’ideazione di tecnologie più efficaci in termini di impiego delle risorse energetiche. Dato che i polimeri sono in grado di soddisfare questi bisogni nel migliore dei modi, grazie all’integrazione delle proprietà meccaniche, fisiche, termiche ed elettriche che li contraddistinguono, il loro sviluppo crescerà ancora. A nostro parere la plastica è l’unico materiale capace di offrire soluzioni ecocompatibili ottimali». VENETO 2011 • DOSSIER • 165


Il “plasticwood” tra ambiente e innovazione Materiali compositi ottenuti con fibre naturali, per una produzione made in Italy capace di garantire un prodotto di design e qualitativamente elevato. Le proprietà e le innumerevoli applicazioni del Plasticwood illustrate da Dino Sprea Guido Puopolo

l Plasticwood, conosciuto anche come Wood and Plastic Composite – WPC, è un prodotto composto da due elementi: un materiale termoplastico e un materiale vegetale, con caratteristiche per lo più inerti alla temperatura e alla pressione. Nato storicamente nei paesi Scandinavi nella seconda metà degli anni ottanta, il WPC ha però conosciuto il suo sviluppo maggiore negli Stati Uniti dove, a partire dalla seconda metà degli

I Dino Sprea, fondatore e titolare della Plasticwood.it Srl di Verona www.plasticwood.it

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anni Novanta, il suo mercato di riferimento ha fatto registrare una rapida crescita. I materiali ottenuti con il plasticwood sono infatti molto simili al legno, ma in grado di offrire prestazioni più elevate, anche in relazione agli effetti prodotti dagli agenti atmosferici e alla aggressioni esterne: «L’abbinamento tra la naturalezza delle fibre vegetali e dei materiali termoplastici ha dato vita a una innovativa tecnologia che rispetta l’ambiente, garantisce una durabilità maggiore, evita la formazione di schegge e annulla la manutenzione tipica dei legni naturali», afferma Dino Sprea, fondatore e titolare di Plasticwood.it, azienda veronese con sede a Mazzantica di Oppeano, leader nella produzione e commercializzazione di materiali compositi con fibre naturali, capaci di soddisfare le esigenze tecnologiche ed estetiche di manufatti a tutela dell’ambiente, grazie all’utilizzo di prodotti derivanti prevalentemente da fonti di riciclo. «I nostri granulati, completamente realizzati in Italia, sono ottenuti con materie prime selezionate e periodicamente analizzate, al fine di mantenere uno standard qualitativo costante


Dino Sprea

L’uso del Wpc, grazie a una durata maggiore e all’assenza di costi di manutenzione, permette di generare un notevole risparmio rispetto al legno

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e in linea con le aspettative richieste dai nostri partner. Il cammino che ha portato Plasticwood ad affermarsi a livello mondiale è stato lungo in termini di distanza, ma breve nei tempi di realizzazione». È possibile, dunque, fare un bilancio di questi primi anni di attività? «L’esperienza che abbiamo intrapreso si sta rivelando ricca di soddisfazioni, perché il mercato sembra premiare gli sforzi portati avanti dall’azienda per poter offrire sempre un prodotto di altissima qualità, con un aumento costante degli ordini. Basti pensare che l’obiettivo fissato per il 2011, vale a dire il raddoppio del fatturato rispetto all’anno 2010, è stato raggiunto con oltre due mesi di anticipo. Siamo però convinti di poter ulteriormente migliorare le nostre performance, anche in virtù del fatto che i nostri prodotti vengono utilizzati in innumerevoli ambiti di applicazione, non solo in Italia e in Europa, ma anche il prestigiose location in Brasile, Qatar e Nuova Caledonia». Quali sono state, invece, le maggiori criticità riscontrate nella diffusione di un materiale come il Plasticwood? «Un prodotto così innovativo, chiaramente, ha avuto bisogno del tempo necessario affinché il mercato potesse riconoscere e apprezzare le sue potenzialità. Il Wpc presenta infatti co-

50 mln EURO

È il valore del

sti iniziali leggermente superiori al legno, ma fatturato previsto dal gruppo di grazie a una durata maggiore e all’assenza di coaziende per il 2011 sti di manutenzione, alla fine permette di generare un notevole risparmio. In questi anni abbiamo inoltre dovuto fare i conti con la crisi che ha colpito il comparto dell’edilizia, visto che buona parte della nostra produzione è destinata a interventi di ristrutturazione rivolti ad alberghi, piscine, Spa e centri balneari, superando però brillantemente anche i momenti più critici». La vostra azienda si caratterizza soprattutto per l’attenzione rivolta alla salvaguardia dell’ambiente. Come si esplica questo nella pratica? «Quella della sostenibilità ambientale è la chiave del nostro business, che si regge su alcuni punti fermi come l’ecologia e la riciclabilità. I prodotti Plasticwood.it rappresentano infatti l’eccellenza anche da un punto di vista ambientale. La farina di legno che utilizziamo, ad esempio, proviene da fonti di riciclo pre-consumer, che ci permette di non dover tagliare alberi per ›› VENETO 2011 • DOSSIER • 167


IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› le nostre produzioni. Inoltre, una volta terminato il ciclo di vita del prodotto, siamo in grado di riutilizzarlo completamente, per la creazione di nuovi materiali. Questi elementi avranno una rilevanza assoluta anche nel futuro dell’azienda, soprattutto in un’ottica di continua innovazione». In questo senso cosa ha rappresentato, per l’azienda, l’ingresso nel Green Building Council Italia? «Il Green Building Council - GBC Italia, è un ente no profit che promuove il sistema di certificazione indipendente LEED – Leadership in Energy and Environmental Design, i cui parametri stabiliscono precisi criteri di progettazione e realizzazione di edifici salubri, energeticamente efficienti e a impatto ambientale contenuto. Siamo orgogliosi di essere entrati a far parte di questa organizzazione perché la missione di Plasticwood.it è anche quella di cercare di migliorare gli stili di vita e la quotidianità delle persone. Solo attraverso il confronto con altri produttori si possono lanciare impulsi utili per spingere i consumatori verso un mercato più green e crediamo che il lavoro portato avanti Gbc possa essere uno strumento potentissimo per raggiungere questo risultato». Quali sono, a questo proposito, i progetti su cui state lavorando? «Intendiamo sfruttare appieno le opportunità

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Un gruppo in espansione Plasticwood.it Srl fa parte del Gruppo Geofin Spa, che nasce nel 1994 come società commerciale che svolge la funzione di holding. Oltre a Plasticwood, ad oggi afferiscono al Gruppo Geofin aziende con attività in svariati settori: dalla Sprea Depositi che distribuisce fitofarmaci, anticrittogamici, sementi e carburanti, alla Ddchem Srl, azienda nata nel 2003 per la produzione e commercializzazione di indurenti per resine epossidiche, sistemi epossidici e poliammidi termofusibili (Hot Melt). Oltre a queste fanno parte del Gruppo due realtà ubicate in Brasile, la Madeiras Ecologicas SA e la Nebrax do Brasil S/A, una società commerciale distributrice dei prodotti Ddchem. Il Gruppo attualmente occupa 60 persone, per un fatturato complessivo di circa 50 milioni di euro.

offerte dall’uso di altre fibre vegetali, come la farina di mele, i graspi delle uve, la farina di nocciole, albicocche, pesche, la pula di riso, i noccioli delle olive. Esaminiamo ogni prodotto di origine vegetale e agricola, che oggi si considera “rifiuto speciale”, per cercare di individuare la soluzione migliore alle esigenze dei nostri committenti. Attualmente stiamo concentrando la nostra attenzione su nuovi progetti legati allo sviluppo di prodotti da estrusione per pavimenti e rivestimenti, anche per facciate esterne. In queste applicazioni la funzionalità e la resistenza del materiale sono fondamentali, e per garantire il massimo delle prestazioni ci avvaliamo anche dell’importante collaborazione di alcuni centri universitari. Allo stesso tempo stiamo cercando di implementare le ricerche per arrivare a realizzare materiali ignifughi al 100 per cento, che ci permette-


Dino Sprea

Siamo orgogliosi di essere entrati a far parte del Gbc, perché la mission di Plasticwood.it è anche quella di cercare di migliorare gli stili di vita e la quotidianità delle persone

ranno di inserirci in nuovi e interessanti mercati, per prodotti totalmente sicuri e di assoluta naturalezza». Ricerca e sviluppo rappresentano dunque un tassello fondamentale nella vostra crescita. «In questi anni abbiamo fatto passi da gigante, con l’obiettivo di sviluppare un prodotto finito con caratteristiche diverse da quelle della plastica, tanto che ad oggi Plasticwood.it è l’unica azienda in Italia in grado di produrre anche il compound composito in-house, che può essere processato sia per estrusione che per iniezione. Altrettanto importante, per noi, è l’opera di internazionalizzazione che abbiamo intrapreso, operando con forza e determinazione per sviluppare nuovi mercati, come il Qatar e la Nuova Caledonia. Ci siamo inoltre ritagliati uno spazio significativo sul mercato sudamericano, creando in Brasile la Madeiras Ecologicas SA, società con una produzione a tecnologia italiana, ma a realizzazione locale, mentre stiamo concludendo un’importante joint-venture che ci vedrà protagonisti negli Emirati Arabi».

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Il vostro è un prodotto realizzato completamente con tecnologie italiane. Anche alla luce della crisi economica, crede che il made in Italy possa ancora rappresentare un valore aggiunto per le imprese italiane che, come Plasticwood.it, rivestono un ruolo di primissimo piano anche a livello internazionale? «Certo l’italianità di per sé non può essere sufficiente, ma è già una forte base dalla quale partire. Nel nostro caso la naturalezza del prodotto, unitamente alla sua versatilità e riciclabilità, ci ha permesso, partendo dall’Italia, di conquistare in breve tempo mercati molto esigenti, dalla Svizzera al Sud America, passando per i Paesi arabi. L’internazionalizzazione sarà la nostra leva per aprire nuove prospettive, e nel frattempo ci godiamo i successi dei nostri prodotti, applicati ai bordi delle piscine dei grandi alberghi, sulle spiagge o sugli imbarcaderi veneziani. Si pensi, ad esempio, che il primo materiale usato per il pontile di Venezia ha già superato l’impatto di decine di milioni di passeggeri senza alcun problema, e di questo non possiamo che esserne orgogliosi». VENETO 2011 • DOSSIER • 169


Nuova tecnologia per la stampa su vetro La stampa digitale esacromatica su vetro è l’ultima novità che permette di riportare immagini su questo materiale con diversi vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali. Mario Giacchetto ne illustra le caratteristiche Amedeo Longhi

ino a oggi per stampare sul vetro è stata utilizzata la classica stampa mediante serigrafia. Questa tecnica però presenta alcuni inconvenienti, primi fra tutti i costi elevati e i numerosi passaggi della lavorazione che provocano un dilatamento delle tempistiche. Oggi però la stampa serigrafica è stata superata da una nuova tecnologia, quella della stampa digitale esacromatica. «Questo tipo di stampa su vetro utilizza vernici ceramiche cotte ad altissima temperatura e può stendere sei colori in un solo passaggio. Si tratta certamente della soluzione più evoluta per questo tipo di lavorazione». A parlare è Mario Giacchetto, titolare della Veneto Vetro, che dispone della tecnologia più aggiornata per stampare su vetro. «I primi due aspetti che ci hanno spinto a puntare su questa specifica tecnica – spiega Giac-

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La Veneto Vetro ha sede a Montebelluna (TV) www.venetovetro.com www.stampasuvetro.it

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chetto – sono stati costi e tempi delle lavorazioni. Oggi è prioritario garantire prezzi concorrenziali e tempistiche molto ristrette. La stampa digitale esacromatica è la tecnologia in grado di rispondere a queste esigenze, includendo una serie di vantaggi che rendono estremamente più avanzata e competitiva la stampa su vetro». Entrando nel dettaglio, Giacchetto illustra le principali proprietà della stampa digitale: «La possibilità di applicare sei colori in un solo passaggio consente di ottenere infinite sfumature per sovrapposizione e di imprimere immagini e disegni differenti contemporaneamente. Ciò permette di ridurre drasticamente i passaggi del processo di stampa e quindi la sua durata». Con questa tecnologia, anche la qualità della lavorazione è superiore: «Il getto di inchiostro ceramico, appositamente studiato per la stampa su


Mario Giacchetto

La stampa digitale esacromatica su vetro utilizza vernici ceramiche cotte ad altissima temperatura e può stendere sei colori in un solo passaggio

vetro, garantisce migliore risoluzione e qualità estetica di stampa sulla liscia superficie vetrata e la grande durata nel tempo». Semplicità e versatilità sono altre due importanti caratteristiche: «La stampa digitale esacromatica è applicabile a superfici in vetro di ogni genere, sempre con elevata risoluzione di stampa. Si può suddividere un’immagine in parti da applicare a diverse porzioni di vetro, da ricomporre in un secondo momento. L’agilità del processo produttivo consente anche produzioni in serie limitate e la massima personalizzazione, che può partire anche semplicemente fornendo il disegno grafico o l’immagine da riprodurre in formato digitale tramite chiavetta USB». Grazie alla sua versatilità, questa tecnica può trovare applicazioni in molti settori: «In architettura, grazie alla possibilità di riportare immagini su intere facciate vetrate; nell’interior design, con forme, immagini e colori che possono arricchire e rendere uniche le superfici in vetro che trovano spazio negli ambienti interni, dai tavoli alle porte, alle finestre; nell’automotive, sui vetri e cristalli delle vetture; nell’arte su vetro, grazie all’ottima resa artistica ed estetica che l’elevata definizione e le perfette sfumature che si possono realizzare consentono». Oggi in prima linea sul fronte tecnologico, la Veneto Vetro ha in realtà radici profonde, che affondano in un’epoca in cui la lavorazione del ve-

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tro era un’attività squisitamente artigianale: «La mia famiglia – ricorda Giacchetto – ha cominciato a dedicarsi a quest’arte nel 1964. Nel 1989 fonda l’attuale società, una fra le prime aziende italiane a installare un forno di tempera. Ancora oggi, nonostante l’aggiornamento tecnologico sia per noi una priorità, cerchiamo di non tradire l’artigianalità e l’esperienza che da anni caratterizzano il nostro lavoro». Oltre alla stampa digitale esacromatica, punta di diamante dell’azienda, sono diverse le lavorazioni che la Veneto Vetro è in grado di effettuare: «Abbiamo applicato e offriamo le più svariate soluzioni per l’edilizia, dai vetri a controllo solare ai vetrocamera selettivi e basso emissivi, da facciate puntuali a vetri accoppiati stratificati con Pvb o Sgp. Siamo specializzati anche nella produzione di vetri piani e curvi per la nautica per piccole e grandi imbarcazioni, parabrezza, vetri laterali serigrafati, vetri murata, vetri calpestabili antiscivolo. Completano il quadro i settori di interior design e arredamento da un lato e automotive dall’altro, con particolari applicazioni su vetture con allestimenti speciali, trattori, treni e autobus». VENETO 2011 • DOSSIER • 175


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Un nuovo color system per l’industria conciaria Un sistema colorimetrico sviluppato appositamente per la lavorazione delle pelli. Luigi Ciarlo illustra com’è stato possibile ottenere i pigmenti chimici che combinano le migliori prestazioni di colorazione con il rispetto per l’ambiente Luca Cavera

l settore conciario nazionale, per garantire la propria competitività sul mercato globale, è costantemente alla ricerca di innovazioni e ottimizzazioni del processo produttivo, che rendano compatibili le esigenze dell’economia con le ragioni dell’ambiente. Venendo incontro a questa impostazione, è stato introdotto sul mercato un nuovo sistema – studiato appositamente per le esigenze dell’industria conciaria – che consente di effettuare il dosaggio del colore con un’elevata precisione. Si tratta di un sistema destinato a rivoluzionare il settore e che è stato sviluppato dall’azienda italiana Samia. Come spiega l’amministratore delegato Luigi Ciarlo: «La nostra specializzazione nei prodotti chimici destinati all’industria conciaria per la fase di rifinizione – in particolare i pigmenti –, e quindi la conoscenza di quelle che sono le problematiche tipiche della colorazione delle pelli, ci hanno spinto a studiare un Color System in grado di superare i punti critici delle produzioni conciarie». L’azienda di Arzignano ha due divisioni, una per la produzione di prodotti chimici, destinati alla rifinitura della pelle utilizzata dall’arredamento e dall’automotive, e un altro dedicato ai prodotti per il comparto moda.

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Luigi Ciarlo, amministratore delegato di Samia Spa di Arzignano (VI) www.samiaitaly.com

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Quali possibilità per il miglioramento dell’industria delle pelli ha aperto il vostro sistema? «Si tratta di un sistema di dosaggio di precisione delle miscele colorate che cambierà totalmente la metodologia finora utilizzata per la preparazione del colore per la pelle. Adesso sarà possibile la realizzazione precisa di ogni colore, diminuendo drasticamente i tempi di produzione e riducendo l’impatto ambientale. Inoltre, il nostro laboratorio di ricerca ha sviluppato anche un’altra novità assoluta: un fan deck di colori standard di riferimento per la pelle. Questo non è più realizzato su carta, ma direttamente su pelle. In questo modo non vi saranno più margini di dubbio sulla scelta del colore, poiché si saprà preventivamente come risulterà sul prodotto finito. Questo catalogo, al suo debutto offrirà, una scelta tra oltre 1900 nuance». Come siete arrivati a questo importante risultato? «Utilizzando solo le nostre risorse e il nostro know how interno, abbiamo ulteriormente sviluppato il campo di applicazione dei sistemi di dosaggio dei pigmenti – ambito nel quale eravamo già presenti con soluzioni per l’industria e l’interior design. Da questa ricerca è nato il sistema colorimetrico destinato all’industria conciaria, che già viene utilizzato per la messa a punto della formula colore nei laboratori di concia e che ora è disponibile anche in una versione che riesce a riprodurre la mi-


Luigi Ciarlo

Il nostro catalogo di colori standard di riferimento per la pelle offrirà una scelta tra oltre 1900 nuance

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scela colore già formulata, nelle quantità importanti necessarie all’industria delle pelli, ma con l’accuratezza necessaria al settore». Come funziona il sistema colorimetrico? «Con uno spettrofotometro siamo in grado di leggere un colore da qualsiasi supporto. Interfacciando lo spettrofotometro con il dosatore – che utilizza i nostri pigmenti contenuti nei suoi 24 serbatoi – realizziamo in laboratorio la miscela per riprodurre il colore che è stato letto, in quantità che vanno dai 100 grammi ai 5 chilogrammi. Da qui, il passo per l’industrializzazione del colore che si desiderava è breve. La macchina industriale, infatti, è in grado di interfacciarsi con quella da laboratorio e di utilizzare la formula già messa a punto per produrre, in pochi secondi, le quantità

industriali necessarie (da 1 a 200 chilogrammi di pigmento)». Oltre che di sistemi più efficienti dal punto di vista produttivo, cosa richiede il mercato dei prodotti chimici per la colorazione? «Gli strumenti per una spiccata dinamicità e innovazione, che permettano di adattarsi velocemente alle novità e alle mode imposte dal mercato, sono al primo posto nella lista delle priorità. Ma l’incremento di competitività non viene mai scisso dalla richiesta di prodotti formulati con materie prime ecosostenibili. Per questo, per assicurare il nostro futuro di impresa, siamo in prima linea nello sviluppo tecnico di nuovi prodotti, che coniughino lo sviluppo tecnologico del processo produttivo, con la sicurezza e la salvaguardia ambientale. Per questo Samia si è imposta dei principi di condotta aziendale e un codice etico, coinvolgendo tutto il personale, compreso il management, per il miglioramento del sistema di gestione della sicurezza». VENETO 2011 • DOSSIER • 177


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Colori sempre più ecofriendly Apertura verso la bioedilizia per un colorificio storico del veronese da sempre ecofriendly. Con gran guadagno dell’ambiente e soddisfazioni per l’azienda. Ne parliamo con Giuseppe Feroni, fondatore del Colorificio Feroni Nicoletta Bucciarelli

itengo che per vincere le sfide future si debba puntare alla bioedilizia e all’ecosostenibilità». È questo uno dei passaggi centrali dell’intervento dell’assessore regionale allo sviluppo economico, ricerca e innovazione Isi Coppola all’incontro pubblico dedicato al tema “Il sistema veneto: sostenibilità ambientale e perseguimento della migliore qualità della vita” svoltosi quest’anno a Londra nell’ambito della manifestazione fieristica “Ecobuild”. Proprio la bioedilizia ha rappresentato sicuramente un’innovativa frontiera nella produzione di prodotti compatibili tra uomo e

«R Il Colorificio Feroni ha la sede a Oppeano (VR) www.feroni.it info@feroni.it

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ambiente che sta vedendo negli ultimi anni la sua massima affermazione. Con i suoi trent’anni di esperienza il Colorificio Feroni della zona del veronese è stato uno tra i primi che, ancora agli albori di questa nuova “disciplina” del vivere, ha cercato di sfruttare al meglio tutte le conoscenze a sua disposizione. «Naturalya, l’ultimo arrivato» spiega Giuseppe Feroni, titolare dell’attività, «ha dato innumerevoli soddisfazioni all’azienda. Prodotto con sole sostanze vegetali, completamente biocompatibile, è perfettamente in grado di soddisfare tutte le esigenze, sia per l’applicatore che per l’utilizzatore finale. Le sue caratteristiche e i suoi pregi sono stati testati e dimostrati e lo attesta il fatto che, ormai, sempre più clienti lo utilizzano, per svariati motivi: assenza totale di Voc, ottima applicabilità, buona copertura, mantenendo tuttavia inalterate le caratteristiche del legno, assenza del fenomeno di ingrigimento del nodo, abbassamento del fastidioso “pelo” tra una mano e l’altra. Tutte caratteristiche che unite all’esigenza di salvaguardare l’ambiente che ci circonda, convincono sempre più». Il trend dell’azienda risulta decisamente positivo e in crescita nonostante il momento difficile. «Il nostro fatturato» afferma Feroni, «quest’anno risulta in aumento nonostante la crisi e il merito lo si deve soprattutto alla passione e alla professionalità con cui abbiamo sempre portato il lavoro, garantito da un team di persone e di collaboratori che tutti i giorni fanno del loro meglio per soddisfare le esigenze della


Giuseppe Feroni

Naturalya, l’ultimo arrivato prodotto con sole sostanze vegetali, è completamente biocompatibile

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clientela. Una grande professionalità che permette di essere costantemente aggiornati in fatto di normative, novità, e richieste del mercato. Una flessibilità e una dinamicità che sono componenti imprescindibili per il nostro operato». Nata e fondata da Giuseppe Feroni nel 1977 l’azienda inizialmente trattava solo diluenti; col tempo si è specializzata nel settore mobili. La zona della bassa veronese è infatti zona del mobile in stile, settore ad oggi fortemente in crisi ma che al tempo ha permesso al colorificio di imporsi sul mercato. «Anche il settore ferro è molto seguito e il Colorificio Feroni è oggi in grado di offrire prodotti per ogni tipo di metallo quali ferro, alluminio, acciaio e lamiere zincate, con particolare attenzione alla gamma di fondi sintetici ed epossidici, smalti epossidici, poliuretanici, a rapida essiccazione a medio ed alto solido sia al solvente che all’acqua».

Specializzatosi negli ultimi anni nelle componenti utilizzabili per la bioedilizia, il Colorificio Feroni non ha trascurato i prodotti che gli hanno concesso di diventare grande e imporsi sul mercato. «Per quanto riguarda gli impregnanti, per esempio, il Bianco W 1520 sta dando enormi soddisfazioni alla nostra azienda; questo impregnante infatti permette a chi lo applica, ma soprattutto a chi lo vive, di ammirarne ed apprezzarne le caratteristiche. Questo formulato è stato a lungo studiato in laboratorio con l’obiettivo di immettere sul mercato un prodotto in grado di garantire una lunga durata nel tempo eliminando il rischio dei continui e fastidiosi sfarinamenti, tipici degli impregnanti bianchi, che tendono a sparire dopo 6/12 mesi, facendo affiorare il colore naturale del legno stesso. Il risultato è un bianco vero con un’ottima copertura, che mantiene al contempo inalterati i tratti del nodo e delle venature. Per aumentare inoltre la resistenza agli agenti atmosferici, siamo in grado di offrire una gamma completa di finiture. In particolare, le finiture trasparenti, oltre ad offrire una grande facilità nell’applicazione, garantiscono ottime performance di resistenza all’esterno grazie all’inserimento in formula di filtri UV che deviano i raggi solari in modo tale da subire un degrado molto limitato nel tempo. Infine non sfogliano e hanno un piacevole aspetto estetico, anche al tatto». VENETO 2011 • DOSSIER • 181


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’innovazione che “combina” i materiali rogredire significa esplorare sempre nuove soluzioni». È questo il pensiero alla base del lavoro di Franco Tenzon, che grazie al suo spirito innovativo ha fatto della Uniform Spa, società di Minerbe da lui fondata nel 1988, un’azienda leader in Europa nella realizzazione di sistemi per serramenti in legno, legno-alluminio e legno-bronzo. Uniform progetta e produce sistemi per porte e finestre in legno-alluminio. Come è nata questa idea e in che cosa consiste questo connubio? «L’idea di realizzare telai in alluminio a protezione della parte esterna di porte e finestre in legno, è frutto di un “innamoramento” che risale a diversi anni fa. La mia esperienza lavorativa precedente mi ha avvicinato al mondo degli utensili e delle macchine per la lavorazione del legno. Ciò mi ha permesso di apprezzare e conoscere le straordinarie caratteristiche del legno, ma anche di comprenderne la vulnerabilità se esposto alle intemperie. È da questo che nasce la

«P

Franco Tenzon, titolare della Uniform Spa di Minerbe (VR). Nella pagina accanto, momenti di lavoro all’interno dell’azienda www.uniform.it

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Legno e alluminio, due materiali apparentemente difficili da coniugare ma che in realtà possono integrarsi alla perfezione, come dimostrato da Franco Tenzon Diego Bandini

volontà di realizzare uno scudo di metallo che protegga il serramento in legno nella sua parte esterna, rendendo altresì la finestra più moderna e versatile, in grado di adattarsi a ogni ambiente e stile. Abbiamo all’attivo innumerevoli interventi di rilievo, che comprendono residenze moderne e palazzi storici, come il Cremlino a Mosca. Infine, su richiesta di un famoso architetto friulano, abbiamo aggiunto alla copertura di alluminio anche la versione in bronzo, che viene saldata e lavorata dai nostri operatori con finiture di brunitura e ramatura, e che ha riscosso uno straordinario successo in Italia e in diversi paesi europei». Perché la scelta di telai in alluminio e bronzo saldati? «La saldatura degli angoli dei nostri telai, sia in alluminio che in bronzo, è la nostra punta di diamante, una scelta che contraddistingue la produzione Uniform. Questa tecnica ben rappresenta la filosofia dell’azienda, ovvero la ricerca del punto di incontro tra perfezione tecnica ed esaltazione estetica dei prodotti, senza per questo rinunciare alla continua ricerca di elementi innovativi. La saldatura garantisce infatti la massima robustezza e qualità al telaio, mentre la verniciatura, eseguita dopo la saldatura, assicura angoli con tenuta perfetta completamente protetti dalla vernice, oltre che una


Franco Tenzon

La saldatura degli angoli dei nostri telai, sia in alluminio che in bronzo, è la nostra punta di diamante, una scelta che contraddistingue la produzione Uniform

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miglior estetica del prodotto finito». Quali altri prodotti l’azienda ha sviluppato negli anni, seguendo questa filosofia? «Oltre ai telai in alluminio e bronzo, Uniform ha messo a punto delle divisioni di prodotto sinergiche tra loro, quali scuretti e facciate continue in legno alluminio. I sistemi oscuranti sono completamente adattabili alle esigenze dei nostri committenti, e integrabili con i nostri telai in alluminio e bronzo. Le facciate continue, la cui produzione è realizzata utilizzando il miglior rovere europeo, sono il fiore all’occhiello dei prodotti finiti Uniform e hanno visto la realizzazione di prestigiosi progetti con architetti di fama internazionale. Alcuni lavori di recente compimento sono, ad esempio, il complesso di “via Tortona 37” a Milano, progettato dall’architetto Matteo Thun e la nuova sede Technogym, progettata dall’architetto Antonio Citterio». Uniform quindi, continua a ottenere grandi consensi non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa. Sulla base della sua esperienza, è possibile individuare quegli elementi da cui ripartire, anche a livello generale, per un rilancio del sistema imprenditoriale italiano? «Non credo che possa esistere una vera e propria “ricetta” per il successo, soprattutto in un momento come quello attuale. Penso però che la ricerca dell’eccellenza e la spinta a esplorare sem-

pre nuove soluzioni e nuovi mercati rappresenti l’elemento essenziale alla base del successo di Uniform. A questo proposito, l’azienda già da alcuni anni ha iniziato a sviluppare rapporti commerciali con diversi partner esteri, stabilendo sedi in Francia, Spagna e Romania. Per il futuro vogliamo spingerci, con l’entusiasmo e la responsabilità che ci hanno guidati fino ad oggi, verso mercati ancor più lontani, oltre i confini dell’Europa. Il programma di internazionalizzazione dovrà però essere accompagnato e sostenuto da un’intensa attività di innovazione e ricerca, con particolare attenzione ai principi di risparmio energetico ed ecosostenibilità. Sono certo infatti che il rispetto dell’uomo e dell’ambiente non siano solo il punto di arrivo del progresso ma il punto di partenza, dal quale costruire un futuro migliore per tutti». VENETO 2011 • DOSSIER • 183


Progettazione e sviluppo per dare slancio «A al settore serramenti Ricerca, sviluppo e progettazione. Queste le voci di investimento principali per conferire pregio anche a un prodotto “semplice” e, apparentemente, di facile realizzazione. Ne parla Oscar Baggio Manlio Teodoro

Oscar Baggio, titolare di Tecnostamp Spa, Rosà (VI) www.tecnostamp.com

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nche dietro i prodotti apparentemente di più semplice realizzazione c’è un processo di ricerca e progettazione complesso. Anzi, è proprio dietro la semplicità che si nasconde lo studio e l’investimento maggiore nel rendere un oggetto il più pratico possibile». A parlare è Oscar Baggio, Amministratore di Tecnostamp, azienda specializzata nella progettazione e produzione di accessori per serramenti esterni e di una linea completa di ferramenta studiata per il loro assemblaggio. «Grazie al nostro affiatato lavoro di team, abbiamo conquistato rapidamente un’importante posizione nel Nord Est e, successivamente, su tutto il territorio nazionale, consolidando rapporti commerciali con alcune tra le più grosse realtà nella distribuzione di ferramenta specializzata, nonché con aziende produttrici di manufatti in legno pvc ed alluminio molto note nel territorio nazionale. Da alcuni anni abbiamo iniziato anche a guadagnare quote di mercato all’estero». Qual è il valore aggiunto tecnologico rappresentato sul mercato dalla vostra azienda? «La voglia di essere indipendenti nel progettare, realizzare e commercializzare il nostro prodotto ci ha portato a investire sia in nuove tecnologie, sia in risorse umane. Quest’ultimo investimento non è da sottovalutare, poiché credo che il valore di un’azienda sia strettamente legato alla loro professionalità. Nonostante il buon livello di automazione presente nelle nostre macchine, penso che il contributo “umano” sia ancora importante per gestire con efficienza ed efficacia tutto ciò che qualitativamente un prodotto come il nostro, richiede».


Oscar Baggio

Valutando caratteristiche, destinazione d’uso, compatibilità e costi, i margini di errore si sono significativamente ridotti

Come si concretizza questo valore nella cura che dedicate alla produzione? «La nostra forza è la capacità di conferire pregio a un prodotto “povero” e, apparentemente, di facile realizzazione. La volontà di proporre sul mercato soltanto accessori precisi, funzionali e resistenti nel tempo, ha nel corso degli anni plasmato la mentalità del gruppo di lavoro, innescando una vera e propria ricerca della perfezione, anche nelle cose più semplici e scontate». Quali sono le tecniche produttive che maggiormente utilizzate nella realizzazione degli accessori che producete? «Utilizziamo la tecnica dello stampaggio, sia a freddo che a caldo. Con l’ausilio di presse meccaniche potenti e automatizzate, quello dello stampaggio a freddo risulta essere uno dei nostri reparti più avanzati. La capacità di piegare e deformare con precisione una semplice lama di ferro è diventata il cavallo trainante dell’azienda. Per quanto riguarda lo stampaggio a caldo, l’alluminio e la zama usati per la produzione di chiusure – come spagnolette, cremonesi e loro componenti – vengono lavorati su impianti altamente tecnologici che, portato allo stato liquido il materiale, lo iniettano su stampi appositamente studiati. Anche questo processo è completamente automatizzato, per ridurre al

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minimo gli sprechi e i tempi». Investite in ricerca e sviluppo? Per ottenere quali risultati? «La possibilità di contare su un team tecnico che sviluppi prodotti versatili e funzionali è garanzia di successo. L’investimento in ricerca sta alla base di ogni nostro progetto ed è fondamentale per la programmazione produttiva. Valutando attentamente le caratteristiche, la destinazione d’uso, la compatibilità e il costo di ogni singolo prodotto, i margini di errore si sono significativamente ridotti. In questo senso è fondamentale il lavoro eseguito dagli ingegneri dell’ufficio tecnico, che sviluppano il prodotto, ne elaborano la fattibilità e ne analizzano il ciclo produttivo». Qual è la vostra politica ambientale? «Siamo un’azienda certificata secondo la normativa Iso 14001: 2004. La norma prevede di considerare e valutare l’impatto che l’attività produttiva può arrecare all’ambiente esterno. In base a ciò, Tecnostamp ha adottato un sistema di gestione adeguato che monitora lo smaltimento dei propri rifiuti, ricerca il miglioramento minimizzando gli sprechi e adottando una mentalità ecosostenibile, che accanto al ritorno economico pone il rispetto per l’ambiente di lavoro e la tutela della persona». VENETO 2011 • DOSSIER • 185


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Macchine agricole, il settore si riorganizza Per far fronte alla crisi economica molte imprese hanno dovuto rivedere modalità produttive e organizzazione interna. Anche nell’ambito della produzione di macchine agricole sono stati necessari alcuni interventi. L’esperienza di Alessandro Vigolo Lucrezia Gennari

a crisi ha completamente cambiato i parametri sui quali le aziende si basavano fino al 2007. Questo ha imposto a molte realtà di rivedere la propria organizzazione al fine di fronteggiare, con un orizzonte previsionale ristretto, un mercato altalenante ed estremamente incerto e pericoloso. Molte imprese sono intervenute sulle modalità di produzione, cercando di ottimizzare i tempi, il magazzino e i costi. Anche la Vigolo Srl di Alonte, realtà specializzata nella realizzazione di macchine agricole, pur operando su un settore forse meno colpito dalla congiuntura negativa rispetto ad altri, ha dovuto modificare l’organizzazione produttiva e logistica. «Già dal 2009 abbiamo iniziato a introdurre alcuni cambiamenti nelle modalità produttive al fine di ridurre al mi-

L

Alessandro Vigolo, titolare della Vigolo Srl di Alonte (VI) www.vigolo.com

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nimo i tempi di produzione, con una ottimizzazione del magazzino» afferma il titolare, Alessandro Vigolo. «Credo che oggi sia importante, molto più che in passato, proprio ridurre al minimo il magazzino viste le repentine variazioni nei costi di acquisto, e che, inoltre, tutti i concessionari oggi ordinano praticamente solo sul venduto e non sono più in grado di fare previsioni». Fondamentale, sia sotto il punto di vista dei tempi di produzione che dei costi, è anche l’aspetto logistico. «Con l’attuale costo del carburante, è di vitale importanza ottimizzare le movimentazioni dei materiali e dei prodotti finiti». In uno scenario in cui, alla richiesta di tempi di consegna sempre più brevi fa da contraltare una situazione di estrema incertezza dei mercati, la Vigolo è stata in grado di fronteggiare bene la situazione grazie a tali modifiche organizzative e alla sua flessibilità produttiva. «Dopo un 2008 tempestoso e particolare – continua Alessandro Vigolo -, nel 2009 siamo ritornati ai livelli di fatturato del 2007, per poi progredire ulteriormente nel 2010 e, ancora, nell’anno corrente. Possiamo quindi dire che la nostra azienda sta attraversando un periodo di moderata espansione e che, anche grazie alla nostra organizzazione interna, possiamo di guardare al prossimo futuro con fiducia». Ma su quali aspetti ha puntato soprattutto la strategia imprenditoriale della Vigolo per ottenere questi risultati negli anni più duri? «In


Alessandro Vigolo

tempi di crisi la concorrenza si fa spietata e, dinanzi ad alcune azioni commerciali intraprese dai nostri concorrenti e decisamente poco ortodosse abbiamo fatto nostri alcuni principi fondamentali. Innanzi tutto la coerenza commerciale: le macchine simili devono essere vendute a prezzi simili e non sono giustificabili grandi differenze di prezzo magari solo per riuscire a vendere una macchina in più: questo crea scontento e l’impressione di essere stati imbrogliati nei clienti che hanno pagato le macchine a prezzo più alto, oltre alla difficoltà successiva a riportare i pezzi di vendita al loro livello originale, e alla guerra sui prezzi che va a danneggiare sia i venditori che gli acquirenti. Un altro principio che abbiamo sempre seguito è quello del rispetto delle zone assegnate ai concessionari. Quando abbiamo un concessionario che funziona bene evitiamo di concedere la vendita ad altri rivenditori della

zona. Infine, la qualità dei nostri prodotti non è stata mai influenzata dalle tensioni sui prezzi di vendita: quando un cliente cercava esclusivamente il prezzo, ci siamo sempre rifiutati di giungere a compromessi sulla qualità pur di vendere. Queste linee di comportamento, magari ci hanno fatto perdere qualche occasione, ma ci hanno permesso di mantenere un’alta credibilità sul mercato». Il mercato della Vigolo si concentra principalmente sui paesi europei dove, nel tempo, l’azienda è riuscita a realizzare una rete di concessionari di riferimento ottenendo una distribuzione affidabile. «Abbiamo mosso i primi passi nei paesi dell’ex blocco orientale già da 15 anni. Per meglio affrontare questi mercati ci siamo appoggiati, fin dall’inizio, ad importanti attori occidentali già presenti in loco. Questo ci ha permesso una buona penetrazione commerciale riducendo al minimo le difficoltà e i rischi». Le prospettive di sviluppo dell’azienda in quei paesi sono ancora notevoli, ma la Vigolo guarda anche oltre: «Sicuramente – conclude Alessandro Vigolo – i paesi dell’Europa orientale rappresentano un mercato irrinunciabile per un costruttore di macchine agricole, ma guardiamo anche al Medio Oriente, dove abbiamo già alcuni clienti, e che sembra essere un altro mercato con grandi potenzialità, anche se difficili da sviluppare». VENETO 2011 • DOSSIER • 187


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Verso la diversificazione produttiva Dalla produzione di macchine per la manutenzione del verde a tecnologie per la pulizia delle barriere stradali e per la pulizia dei pannelli solari nei parchi fotovoltaici a terra e su serre. Giacinto Ricci spiega come si è diversificata la produzione della Hymach Belinda Pagano

gni realtà aziendale deve riuscire a tenere il passo sia con la concorrenza che con le tecnologie che negli ultimi decenni sono diventate sempre più strategiche. Giacinto Ricci, portavoce della Hymach, azienda nata con l’intento di progettare e costruire macchine per la manutenzione del verde pubblico e privato, spiega come elaborare prodotti sempre all’avanguardia in linea con le richieste del mercato. Il costante aggiornamento dei prodotti è una logica dalla quale oggi è impossibile prescindere. «Ovviamente con l’avvento di innovative tecnologie, diventa fondamentale creare prodotti al passo coi tempi e che soddisfino le richieste più particolari. Fin dall’inizio della nostra at-

O

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tività, la produzione prevalente era quella di attrezzature speciali costruite proprio a seconda di ciò che si voleva ottenere da un singolo prodotto, in particolare ci si era dedicati allo sfalcio di erba in scarpate particolarmente profonde e in banchine provviste di protezione stradale tipo guard-rail e paracarri, contando ovviamente sull’esperienza già consolidata in questo campo». Partendo dunque da questi macchinari come si è evoluta la produzione? «Con una grande forza di volontà e una particolare elasticità progettuale. Ovviamente rimane fondamentale puntare sì sulla sperimentazione di nuove tipologie di macchinari ma senza tralasciare il perfezionamento di quelli già esistenti. In particolare, per quanto riguarda la nostra azienda, abbiamo previsto allestimenti non solo su trattore ma anche su altri tipi di veicoli e in questo modo sono stati prodotti gli originari modelli di mac-

In questa pagina, a sinistra Giacinto Ricci, portavoce dell’azienda di Stienta, in provincia di Rovigo. Sopra, macchina per la pulizia dei pannelli solari prodotta dalla Hymach. Nella pagina affianco, macchinari tosaerba della Hymach www.hymach.it


Giacinto Ricci

chine tagliaerba aspiranti, tagliasiepi, allestimenti su autocarri, su semoventi portattrezzi, su carrelli ferroviari». È su questa strada che l’azienda si è ampliata? «Forti della conoscenza su macchine speciali abbiamo presto allargato la produzione inserendo prodotti standard relativi allo sfalcio erba professionale puntando ovviamente a trasferire quelle stesse caratteristiche di alta tecnologia delle prime macchine a questa nuova gamma di attrezzature. Questo allargamento di produzione ha permesso un ampliamento sostanziale dell’azienda». Se ci si muove verso una costante innovazione, che tipologie di risorse occorrono? «Ovviamente vengono inserite nuove figure professionali e rinnovate tutte le tecnologie informatiche in particolare con l’introduzione di nuovi programmi di sviluppo della programmazione e di gestione. Le nostre macchine, infatti, vengono tutte progettate internamente, seguite a passo a passo durante la costruzione e collaudate singolarmente. I materiali impiegati sono di prima qualità e i componenti degli impianti vengono scelti tra le migliori marche del settore per garantire affidabilità, resistenza, produttività e durata nel tempo. Anche i particolari sono oggetto di grande attenzione infatti nessun componente, nemmeno quello che sembra essere il meno

Spinti a ricercare spunti innovativi, abbiamo rivolto i nostri sforzi a individuare, progettare e studiare nuove tipologie di prodotti

importante, è scelto a caso ma selezionato perché possa aggiungere valore alle attrezzatura». Avete provato a muovervi anche al di fuori del vostro mercato di riferimento? «Abbiamo rivolto i nostri sforzi a individuare, progettare e studiare attrezzature per lavorazioni in altri campi e, sfruttando il nostro bagaglio tecnico, da una anno a questa parte abbiamo presentato due novità assolute: una macchina per la pulizia delle barriere stradali paesaggistiche in legno e due modelli di macchina per la pulizia dei pannelli solari nei parchi fotovoltaici a terra e su serre». Cosa si delinea dunque all’orizzonte per il futuro? «Sicuramente verranno sperimentate altre tipologie di macchine e non solo per quanto riguarda il mercato italiano. Abbiamo in questi anni portato l’azienda ad affermarsi sul mercato nazionale ma ci stiamo sempre più facendo conoscere e apprezzare nel mercato internazionale». VENETO 2011 • DOSSIER • 189


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’era dei macchinari multifunzionali Macchine versatili per funzionare in più scenari d’azione. È questo il futuro dei mezzi per il settore agricolo, edilizio e del giardinaggio. Fiorenza Carraro parla di questi nuovi strumenti al servizio della produzione, che si sono già imposti all’estero Valerio Germanico

l futuro dei mezzi e delle macchine portattrezzi può essere riassunto con la parola “multifunzionalità”. A dirlo sono i dati relativi alle vendite nel settore degli ultimi due anni. Si registra infatti un vero e proprio boom nella vendita delle macchine multifunzione per il settore agricolo, del giardinaggio, dell’edilizia e di tutti i settori ai quali la flessibilità di questi veicoli riesce ad adattarsi. Le principali aziende del settore hanno così registrato incrementi di fatturato record e conquistato importanti fette del mercato, scalzando le tradizionali macchine monofunzione. «Le imprese che producono le soluzioni monofunzionali non hanno compreso la necessità di puntare sull’innovazione, cosa che invece è indispensabile per la progettazione di una macchina che non esaurisca la sua potenzialità nell’esecuzione di una singola operazione o all’interno di un unico settore industriale». Spiega così le ragioni del successo di Csf il suo direttore, la signora Fiorenza Carraro. «L’era delle macchine che svolgono

I Fiorenza Carraro, direttore di Csf Srl, Grumolo delle Abbadesse (VI) www.multione-csf.com

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una sola funzione si sta avviando alla conclusione. Questa affermazione è supportata da quanto sta accadendo nel mercato tedesco, da sempre anticipatore delle principali tendenze continentali. L’utente finale – che sia un professionista o un ente pubblico – preferisce puntare su una macchina versatile, capace di operare in diversi campi di applicazione e in tutte le stagioni dell’anno». Quali risultati avete raggiunto nell’ultimo anno sul fronte dell’export? «La quota di esportazione ha rappresentato l’85% del nostro fatturato annuo. I mercati stranieri, soprattutto quello tedesco e quelli scandinavi, sono molto sensibili a questa tipologia di prodotto. Attualmente i nostri sforzi commerciali sono concentrati principalmente in Europa, ma abbiamo già avviato dei contatti commerciali anche con gli Emirati Arabi, la Cina e gli Stati Uniti, oltre a sondare la possibilità di nuove trattative con i mercati emergenti, come quello Sudamericano». Flessibilità e multifunzionalità sono le caratteristiche che hanno contraddistinto la vostra produzione negli ultimi anni. Hanno funzionato anche con la crisi dei mercati? «L’essere flessibili e l’offrire soluzioni alternative sono le chiavi del successo non solo per superare indenni questi periodi di crisi, ma anche per consolidare la propria posizione


Fiorenza Carraro

+30% VENDITE L’incremento di quote di mercato registrato di Csf nell’anno 2011

85% EXPORT Quota di esportazione di Csf. Spartita fra i mercati europei di Germania e Paesi Scandinavi, quelli americani e quelli asiatici

ed essere pronti e reattivi per il futuro. La multifunzionalità offerta dai nostri prodotti è stata pensata per venire incontro alle esigenze sia dei privati che degli enti pubblici, coniugando attrezzature di facile utilizzo e che permettano di risparmiare tempo e denaro, abbattendo i costi di manutenzione e riducendo gli spazi di stoccaggio. Anche per i rivenditori un prodotto multifunzionale è più interessante, perché offre la possibilità di guardare a più settori di mercato contemporaneamente, senza la necessità di una riconversione aziendale». È possibile che la crisi globale abbia contribuito al successo delle vostre soluzioni all in one? «Certamente in un momento di scarsa disponibilità di risorse, una parte del mercato

La multifunzionalità offerta dai nostri prodotti è stata pensata per venire incontro alle esigenze sia dei privati sia degli enti pubblici

degli acquirenti di macchinari da lavoro sarà stato attirato dalla multifunzionalità e dal prezzo competitivo – che è tale anche in termini di investimento, dato che questa macchine hanno costi di esercizio e manutenzione ridotti. Ma ciò che ha favorito veramente l’esplosione sul mercato è stata la prova, da parte degli addetti ai lavori, dell’affidabilità di questi mezzi». Quali sono i settori industriali che investono maggiormente sui vostri prodotti? «Dai manutentori del verde agli enti pubblici, dalle piccole imprese edili alle strutture alberghiere, dai privati che gestiscono fattorie e allevamenti, ai florovivaisti e alle catene di noleggio. Gli enti pubblici – soprattutto i Comuni italiani – assorbono il 20% della nostra produzione. Il restante 80, dato l’alto numero di partner, è frammentato fra vari settori. Anche perché si tratta di un prodotto VENETO 2011 • DOSSIER • 191


IMPRENDITORI DELL’ANNO

di nicchia, quindi utilizzato in ambiti specifici dei vari comparti industriali». Attraverso quali strategie intendente conquistare nuovi target e mercati? «Innanzitutto ampliando la gamma di attrezzature da applicare alle macchine. Questo è possibile grazie alla ricerca che effettuiamo su materiali e nuove tecnologie. Inoltre stiamo acquisendo delle altre aziende, già La famiglia Carraro ha fondato Csf nel 1998 per progettare, specializzate in alcuni dei settori che potrebprodurre e commercializzare veicoli portattrezzi multifunzionali, in bero rappresentare per noi delle opportunità grado di soddisfare la crescente domanda di macchine di crescita. L’ultima delle nostre acquisizioni multifunzione per l’agricoltura, ma anche per il giardinaggio e ha portato nel nostro gruppo un’azienda ital’edilizia. La lunga esperienza di Giuseppe Carraro nella produzione liana con una lunga esperienza nella produdi macchinari agricoli e le idee innovative dello staff familiare hanno zione di accessori professionali per il giardicondotto l’azienda verso una costante crescita sul mercato, fino a portare questa tipologia di prodotti la società sui mercati mondiali di naggio, l’agricoltura e la viticoltura». Europa, Nord e Sud America, Australia e Asia. Grazie a una Su quali fattori puntate per migliorare il costante ricerca e accurata selezione dei materiali in fase di posizionamento sul mercato internazioprogettazione e al know how, Csf offre soluzioni tecniche sicure, nale? maneggevoli e confortevoli in ogni ambito lavorativo, combinando «Principalmente sulla qualità. Tutti i comprestazioni e rispetto per l’ambiente. ponenti sono di primissima scelta per garantire affidabilità, ottime prestazioni e una lunga durata del prodotto – il tutto rispettando le normative europee sulla sicurezza e l’inquinamento. Inoltre, puntando su una gamma completa di macchine e accessori, di diverse motorizzazioni, prestazioni e dimensioni, per offrire una soluzione professionale a qualsiasi necessità di utilizzo». Quali saranno le novità che proporrete in futuro e quali gli obiettivi principali di crescita? «In occasione della Agribex 2011, fiera internazionale che si tiene a dicembre a Bruxelles, presenteremo una nuova gamma di macchine. Si tratta di caricatori a quattro ruote sterzanti, con motorizzazioni da 30 a 80 hp di potenza, che andranno a implementare la nostra serie di prodotti dedicati soprattutto al settore edile e agricolo. Per quanto riguarda le prospettive sul futuro, i nostri principali obiettivi, per il prossimo anno, sono quelli di portare a termine i progetti che abbiamo pianificato nell’ultimo biennio e sui quali stiamo ancora lavorando».

Know how di famiglia

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Cresce la spesa degli italiani per gli animali l rapporto 2011 stilato dall’Assalco (Associazione Nazionale per l’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia) rivela che il 41% delle famiglie italiane ha un animale da compagnia. E che soltanto per l’alimentazione degli amici a quattro zampe – in testa a tutti cani e gatti –, nel 2010, in Italia sono stati spesi oltre 1,6 miliardi di euro. Quali sono le motivazioni che spiegano un investimento di tale portata? «La crescita di questo mercato è dovuta allo sviluppo di una diversa attenzione verso l’animale. Questo non è più visto come il cane da guardia o l’animale da lavoro, bensì diventa un animale da affezione». Così Franco Castegnaro, titolare di Trixie Italia – azienda che propone un vasto catalogo di accessori e snack per animali – riassume il legame profondo che si è instaurato fra i “pet” e i loro padroni. E prosegue: «La crescita del numero degli animali all’interno delle famiglie è legata anche all’aumento delle persone single. L’animale diventa quindi un essere sul quale riversare, e dal quale ricevere, attenzioni e

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Un trend in ascesa quello del mercato dei prodotti e degli alimenti per gli amici a quattro zampe. Gli italiani ricambiano l’affetto di cani e gatti con spese che nel 2010 hanno sfondato il miliardo. Franco Castegnaro e Alberto Morello spiegano quali sono i bisogni alla base del rapporto fra padrone e animale Luca Cavera

cure che non si trovano altrove. Non a caso la presenza dell’animale domestico è in crescita presso tutte le forme di famiglia, dai single alle famiglie che si “duplicano” in seguito alle separazioni. La vicinanza dell’animale è sentita come fondamentale sia dagli anziani, che spesso non hanno altra compagnia, sia dai bambini, che hanno così un particolare compagno di giochi». L’animale che riceve le maggiori attenzioni, corrispondenti alla più consistente percentuale di spesa (quasi il 70%), è certamente il cane, seguito dal gatto. «Per il nostro settore degli accessori – interviene Alberto Morello, agente di commercio della Trixie Italia - il cane è quello che si presta a una maggiore versatilità per l’invenzione di nuovi prodotti. Questo dipende dalle caratteristiche “caratteriali” dell’animale, che si presta al gioco interattivo e inoltre è capace di dare molto a livello affettivo ed espressivo nel momento in cui viene premiato. Il gatto, al contrario, è molto più riservato e meno partecipativo, oltre a essere un animale individualista e per larga parte indipendente». Non è un caso quindi se la maggior parte dei prodotti presenti, per esempio, nel catalogo Trixie, sono rivolti al cane. «La nostra azienda – continua Morello - ha previsto un catalogo molto ampio, grazie anche alla ricerca nello sviluppo di nuovi prodotti, che ha determinato anche un “inseguimento” da parte dei nostri competitor.

Franco Castegnaro, titolare, della Trixie Italia Spa. L’azienda ha sede ad Alonte (VI). nella pagina accanto, Paolo Castegnaro e Silvia Castegnaro, figli di Franco, attivi in azienda www.trixie.de


Franco Castegnaro

Reinventando i prodotti tradizionali o aggiungendovi delle caratteristiche inedite, siamo riusciti a creare delle tendenze di mercato – e ciò nonostante molti dei nostri prodotti più particolari, data la loro ricercatezza, siano rimasti dei prodotti di nicchia. Un esempio può essere quello dei tiragraffi, un prodotto che nell’arco di un quinquennio ha avuto una vera e propria esplosione.

La crescita del numero degli animali all’interno delle famiglie è legata anche all’aumento delle persone single

Se prima il nostro catalogo ne conteneva appena un paio di modelli, adesso la sezione tiragraffi occupa oltre venti pagine. Il top della gamma è rappresentato da una linea di prodotto naturale, realizzato con legni ramificati inseriti su delle basi con delle cucce con pelli e altri accessori. Un altro prodotto che si è fortemente evoluto è quello degli snack. I prodotti tradizionali sono molto semplici, realizzati in pelle tritata o conciata. Noi siamo passati ad abbinarli a prodotti naturali come il filetto di pollo o il ripieno di carni di selvaggina. Abbiamo un’ampia gamma di cucce imbottite: da quelli molto semplici di importazione cinese siamo passati a quelli realizzati con materiali innovativi, come l’Alcantara e i tessuti idrorepellenti. Insomma abbiamo puntato sugli accessori tradizionalmente richiesti dal mercato, con l’aggiunta però di qualche elemento che li rendesse diversi sotto il profilo della qualità». La casa madre di Trixie è in Germania, l’azienda esporta però in tutta Europa, con importanti possibilità future di crescita sia a Ovest, oltreoceano, sia a Est. L’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti. «Trixie Italia copre tutto il territorio nazionale - conclude Franco Castegnaro -. Sicuramente esistono delle zone che richiedono maggiormente il nostro prodotto, fra queste tutte le grandi città industriali e commerciali, come Roma, Firenze, Verona. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, nel Nord il primato va al Piemonte piuttosto che alla Lombardia: abbiamo un importante mercato nell’area del torinese. Tendenzialmente però in tutte le regioni il mercato è in crescita».

1,6 mld EURO

Giro d’affari nel 2010 del solo settore pet food in Italia. A fronte di un 41% delle famiglie italiane che hanno almeno un animale in casa

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’innovazione “rigenera” l’impresa Il settore dentale e le sue applicazioni in campo industriale richiedono ricerca continua, dall’applicazione delle tecnologie ai processi produttivi. Il punto di Vittorio Mora e Tiziano Busin Emanuela Caruso

l giorno d’oggi la parola chiave su cui ogni imprenditore e ogni realtà aziendale si concentra è innovazione. È, però, importante capire che con questo termine non si identifica solo la capacità di realizzare prodotti d’avanguardia con tecnologie di ultima generazione, ma anche il saper adottare nuovi metodi di gestione e di organizzazione interna e il saper usufruire di macchinari speciali per la produzione. Da questo punto di vista, nell’ultimo periodo, le tecnologie che hanno fatto la differenza sono state l’automazione delle apparecchiature e SAP. I benefici della prima sono ormai ben chiari e si possono riassumere in prodotti ottimamente controllati e garantiti; SAP, invece, software per l’Enterprise Resources Planning, permette di ottimizzare la gestione di tutti i processi aziendali. Chi ha fatto di questi due fattori il motore per ulteriori ricerche e innovazioni è Zhermack, sita a Badia Polesine e leader mondiale del settore dentale e delle sue applicazioni in campo industriale. «La produzione automatizzata di Zhermack – spiega Vittorio Mora, socio fondatore dell’impresa insieme a Tiziano Busin – è gestita da un sistema di controllo distribuito (Dcs)

A Da sinistra, Tiziano Busin e Vittorio Mora, soci fondatori della Zhermack Spa di Badia Polesine (RO). Nella pagina a fianco, panoramica della sede produttiva e reattore per catalizzatori www.zhermack.com

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che accerta, registra e regola le ricette e le sequenze di lavoro. L’integrazione della radiofrequenza con SAP, invece, rende flessibile e versatile il sistema produttivo e logistico, consentendoci di razionalizzare al meglio il servizio offerto, fidelizzando sempre più i nostri clienti». Zhermack, che festeggia i 30 anni di attività, sin dagli inizi ha trovato nell’evoluzione tecnologica il suo punto di forza, tanto da essere l’unica società al mondo nel settore di riferimento a sintetizzare polimeri, catalizzatori e reticolanti. «Il merito di questo rilevante risultato – continua Mora – va al nostro impianto di sintesi inserito in un complesso industriale a elevata tecnologia. Il processo dell’impianto è automatizzato e lavora attraverso un sistema di controllo gestito da una matrice formata da complicati algoritmi». Ma così come le apparecchiature utilizzate in azienda, anche i prodotti realizzati da Zhermack sono innovativi e rivoluzionari. «L’ampia gamma dei nostri articoli copre tanto le esigenze delle studio odontoiatrico quanto quelle del laboratorio odontotecnico. Tra i tanti brevetti Zhermack, citiamo l’unico silicone per addizione sterile, radiopaco e biocompatibile, specifico per uso implantologico,e il primo alginato in grado di mantenere stabilità dimensionale per 5 giorni, oltre a resine, gessi e disinfettanti, tutti accomunati da un elevato livello qualitativo». Per riuscire a fornire soluzioni integrate in li-


Vittorio Mora e Tiziano Busin

nea con le moderne esigenze dell’odontotecnica, la Zhermack produce anche una vasta gamma di apparecchiature. «20 anni fa – commenta Tiziano Busin – abbiamo creato la divisione apparecchiature per il mercato odontoiatrico e odontotecnico, caratterizzate da qualità, funzionalità, ergonomia e design». un’altra importante divisione è costituita dal reparto Hi-Tech, tramite il quale la società è riuscita a diversificare il business, andando così a servire nuovi settori e mercati. «Attraverso il know-how aziendale acquisito in tanti

Attraverso l’impianto di sintesi e la divisione Hi-Tech, Zhermack è in grado di creare prodotti e materiali d’avanguardia

anni di esperienza e le potenzialità strategiche dell’impianto di sintesi – continua Busin – produciamo gomme siliconate e alginati adatti ai settori di otologia, ceramica, mould making, cosmetica, edilizia e restauro, serigrafia, rapid prototyping». Potendo contare su una tale capacità produttiva, sull’interesse per svariati ambiti del mercato e su una qualità certificata e riconosciuta dai clienti, il raggio d’azione della Zhermack non si è fermato all’Italia, ma ha oltrepassato i confini nazionali. «Sin dalla nascita dell’impresa, abbiamo adottato un marketing di relazione, volto ad attivare i vari canali di comunicazione con i clienti, in modo da farci conoscere il mercato mondiale in tutti i suoi aspetti e le sue esigenze, e a instaurare un linguaggio universale basato su qualità, servizio, rapporti di fiducia. Per merito di questa strategia, attualmente, vantiamo 4 sedi, in Italia, Germania, Polonia e Stati Uniti, uffici di rappresentanza in Inghilterra, Russia, Francia, Spagna, Turchia, Messico e Colombia e ben 800 distributori dei nostri prodotti. In totale sono 100mila i professionisti di tutto il mondo che impiegano gli articoli Zhermack per il loro lavoro. L’azienda è così protagonista di uno stabile trend di crescita, che ogni anno garantisce un incremento del fatturato pari al 15%». VENETO 2011 • DOSSIER • 197


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La grande distribuzione guarda a mercati internazionali Una precisa e funzionale macchina organizzativa è fondamentale per rimanere competitivi in un mercato ampio e selettivo come quello della grande distribuzione. Forte di una lunga esperienza e di una prestigiosa tradizione familiare, Alessandro Fabrizio racconta la sua esperienza Lodovico Bevilacqua

organizzazione di una macchina operativa funzionale, precisa ed efficiente è la chiave di volta per allestire un buon servizio di distribuzione; ampi spazi per lo stoccaggio delle merci, rapidità di movimentazione e distribuzione delle stesse, gestione efficace dei dati e delle informazioni rappresentano requisiti irrinunciabili per chi deve fronteggiare esigenze logistiche complesse e impegnative. Servono quindi determinazione, inquadramento, dinamicità e solerzia, per mantenere rodata questa macchina perfetta. Forte di generazioni di grossisti, Alessandro Fabrizio, contitolare della ditta omonima, ricerca la sintesi delle doti sopraelencate, grazie anche al retaggio tramandato da

L’ Alessandro Fabrizio titolare della Fabrizio Plinio Spa di Oderzo (Tv) www.fabrizio.it

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una famiglia da sempre impegnata in questo ambito. «Crescere in una famiglia di distributori mi ha permesso di acquisire una mentalità pragmatica, elastica e innovativa, rinnovando continuamente il business per assecondare le nuove esigenze distributive e coltivando con costanza obiettivi sempre più ambiziosi». Che area commerciale trattate? «La nostra società è stata in grado, nel corso degli anni, di diversificare gli ambiti di distribuzione, orientandosi verso prodotti anche molto differenti fra loro e creando così un efficiente servizio di distribuzione integrata. Tuttavia abbiamo un settore di riferimento, dove fin dall'inizio la mia famiglia ha operato a livello distributivo, che è quello della ferramenta. L'esperienza acquisita ci ha permesso di raggiungere un livello che ci colloca tra le aziende leader del settore in Italia. Il secondo passo nel tempo è stato quello di sviluppare il settore casalingo, raggiungendo anche qui ottimi risultati. La realtà at-


Alessandro Fabrizio

Intratteniamo rapporti commerciali con aziende in Croazia, Slovenia, Bosnia, Serbia, Ungheria, Romania e Slovacchia

tuale – tuttavia – si sta evolvendo in direzioni molto diverse, esplorando nuove possibilità e nuove opportunità a livello commerciale: nel 2000 abbiamo deciso di orientarci anche verso il settore alberghiero, una scelta strategica estremamente importante per la società; più recentemente, invece, l'attitudine all'innovazione della Fabrizio si sta concretizzando nella sperimentazione dell'e-commerce, uno strumento di vendita dalle grandissime potenzialità, in gran parte ancora insondate». Quali sono i mercati di riferimento? «Le strategie aziendali sono orientate alla crescita del mercato nazionale e internazionale, ma posso dire che abbiamo già raggiunto un'espansione degna di nota; la zona del Triveneto è, per ovvie ragioni vista la prossimità geografica – essendo la nostra sede e luogo di nascita Oderzo –, l'area di mercato meglio consolidata e capillare. Relativamente alla distribuzione organizzata, la nostra presenza è comunque assicurata su

tutto il territorio nazionale, mentre per quanto riguarda la rete di vendita, la Fabrizio agisce prevalentemente al centro-nord. Decisamente rilevante è infine la presenza della nostra società nel mercato europeo, presenza che è ancora più capillare nell'aera balcanica, dove intratteniamo rapporti commerciali con aziende in Croazia, Slovenia, Bosnia, Serbia, Albania e Montenegro». Come è strutturata l’azienda? «Il nostro potenziale operativo è determinato da un’area di 100.000 metri quadrati di cui 42.000 coperti. Il nostro magazzino è gestito in radio-frequenza e possiamo contare su uno staff di 30 agenti monomandatari e 100 collaboratori. Disponiamo inoltre di numerosi mezzi per la movimentazione e lo stoccaggio della merce, nonché di un parco automezzi per la distribuzione della stessa, a integrazione di accordi di partnership con i maggiori corrieri nazionali espresso». Quali, infine, i propositi per il futuro? «Senza dubbio ci proponiamo di mantenere la qualità del servizio, investendo come sempre, in nuove tecnologie e potenziamento operativo. Inoltre ci proponiamo di ampliare e consolidare il mercato nazionale, completando la nostra presenza in aree attualmente poco sfruttate». VENETO 2011 • DOSSIER • 199


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Tecnologia made in Italy per l’enologia I moderni impianti di imbottigliamento per il settore beverage. Confezioni raffinate per i vini più importanti. L’Italia è uno dei primi produttori di sistemi per l’automazione delle cantine dei maggiori wine maker. Ne parla Franco Grappoli Valerio Germanico

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l settore dell’imbottigliamento e delle macchine nell’enologia vede l’Italia ai primi posti nel mondo. In qualsiasi cantina si trovano macchine italiane: si può tranquillamente dire che il mondo del vino parla italiano e costituisce un’importante voce attiva dell’export, che con la vendita di vino a livello globale raggiunge i 6 miliardi di euro. Tutti i Paesi a vocazione vinicola importano macchine per l’imbottigliamento e il confezionamento della produzione che portano impresso il marchio made in Italy. Come spiega Franco Grappoli, titolare di Ape Impianti, società che progetta e realizza linee di confezionamento per il settore beverage: «Mediamente esportiamo il 60% del nostro prodotto, anche se quest’anno abbiamo esportato più dell’85%, registrando anche una crescita di fatturato. La Francia rimane il nostro Paese di riferimento – dopo l’Italia –, mentre la Russia si sta rivelando un mercato interessante». L’azienda sta anche puntando alla diversificazione, costruendo macchine per il packaging per settori extravinicoli con particolare attenzione al food. Qual è il vostro core business? «La nostra è un’azienda specializzata nel packaging e la palletizzazione per il settore vinicolo. Tuttavia, grazie alla flessibilità delle soluzioni tecniche, anche il settore distillati ci dà ottimi risultati, sia in Italia che all’estero. Dalla Russia e dall’America Centrale riceviamo richieste per la realizzazione di impianti ad alta produttività per la lavorazione di vodka e rum. Poi, una parte della nostra produzione è dedicata a settori di nicchia, come aceto balsamico e olio. Per questi, data la limitata produzione, vengono realizzati impianti per la cura della bottiglia e il rispetto della tradizione e della qualità. Infine, la progettazione di tecnologie per il bag in box ci ha consentito di entrare anche nel settore del confezionamento dei succhi di frutta». Quali sono state le altre progettazioni per il packaging? «Abbiamo sviluppato delle macchine per la for-

I


Franco Grappoli

matura e chiusura con colla a caldo dei cartoni per il contenimento di sacchi da 2 a 15 litri, questo per rispondere alle richieste del settore enologico e oleario per la distribuzione dei loro prodotti in bag in box. Grazie all’applicazione di soluzioni tecniche innovative si è ottenuta una produzione altamente preformante, tra 800 e 1200 c/h in funzione dei formati. Abbiamo anche ideato, in collaborazione con esperti del settore enologico, il cartone Élite. Questo è stato pensato per poter automatizzare la produzione di vini pregiati, tradizionalmente confezionati a mano con bottiglie stese. Un’automazione non tanto rivolta al raggiungimento di produzioni elevate, quanto mirata alla ricerca della qualità globale del packaging». Come si svolge la fase di preparazione per la

Un impianto efficiente deve avere la possibilità di lavorare un numero di formati elevato e in continua evoluzione

Franco Grappoli, titolare di Ape Impianti Srl, Negrar Verona. Stabilimento di Zevio (VR) www.apeimpianti.it

12 mln EURO

realizzazione di una linea di confezionamento? «Una linea di confezionamento efficiente si concretizza in tre fasi: analisi, progettazione e realizzazione. È fondamentale che si instauri un rapporto dialogante con il partner, in modo che attraverso la sintesi delle sue attese e di quelle del mercato, questo insieme di esigenze si traducano in un progetto. Il rapporto non si conclude però con la consegna dell’impianto finito, ma prosegue attraverso l’assistenza tecnica che è un momento di crescita e di verifica del nostro lavoro. In questo modo possiamo via via migliorare nella progettazione dei nostri componenti meccanici: l’obiettivo è quello di fare in modo che la loro durata sia pari alla vita della macchina». Quanto conta la possibilità modificare i parametri di lavoro nella tecnologia di un impianto? «La flessibilità è uno dei requisiti che devono avere le linee di confezionamento per mantenere il mercato. Un impianto efficiente e dinamico deve avere la possibilità di lavorare un numero di formati elevato e in continua evoluzione, con una meccanica e un software aperti agli sviluppi tecnologici, garantendo nel contempo rapidità e automazione nel passare da un formato all’altro. Il raggiungimento di questo livello di flessibilità è profondamente legato alla filosofia dell’azienda, che sta cercando di evolversi in funzione di questo obiettivo».

Il fatturato annuo delle aziende di Ape Impianti che progettano e realizzano linee di imbottigliamento e confezionamento per il settore beverage e del food.

85% EXPORT Quota di esportazioni registrata da Ape Impianti nel 2011. La media degli anni scorsi era di circa il 60%

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’imballaggio è sempre più tecnologico «Gran parte del progresso sta nella volontà di progredire». Pur con le difficoltà che si incontrano in questi ultimi anni di crisi, l’intraprendenza, il coraggio e la determinazione hanno consentito ad Idealplast srl di ottenere risultati importanti. La parola a Leone Bernardi Valerio Germanico

ecniche produttive sempre più sofisticate, prodotti sempre più evoluti, standard qualitativi, anche l’imballaggio in polietilene è diventato un “prodotto tecnologico”. Le istanze che provengono dall’industria del packaging ormai impongono ai produttori come Idealplast srl tecnologie, strutture, formule, che fino a qualche anno fa erano impensabili. E solo chi ha saputo fornire adeguate risposte è riuscito ad affrontare il mercato. A parlarne è Leone Bernardi, Ceo di Idealplast Srl, che produce film flessibili per imballaggi in polietilene. La vostra realtà sta dimostrando di saper

T Leone Bernardi, titolare di Idealplast Srl, Romano d’Ezzelino (VI) www.idealplast.it

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crescere nonostante la crisi. Quali strategie gestionali e commerciali avete messo in campo per far fronte alla difficile congiuntura dei mercati? «Per Idealplast l’efficienza, l’innovazione e la qualità sono parti integranti della cultura d’impresa. Insieme ai nostri collaboratori valutiamo continuamente i processi e i prodotti alla ricerca di continue azioni di miglioramento, con l’obiettivo di ottenere soluzioni di packaging totale. L'implementazione delle attività di miglioramento è svolta in stretta collaborazione con i responsabili e con il team. Coinvolgere gli esperti locali oltre a integrare le squadre nei processi di cambiamento e nelle attività di miglioramento, è un prerequisito essenziale per il successo. Il nostro è un team giovane dinamico motivato sempre orientato al risultato. In questo momento di crisi siamo stati anche molto attenti al controllo e alla pianificazione di ogni aspetto gestionale, economico e finanziario, in modo da poter assicurare all’azienda l’equilibrio e le risorse necessarie e dare ai nostri partner garanzie di sicurezza e affidabilità». Quali sono stati principali risultati raggiunti nell’ultimo biennio? «Nel 2010, con l’obiettivo di mettere a punto nuovi prodotti e con lo scopo di ampliare la gamma, abbiamo investito in importanti e impegnative ricerche di mercato.


Leone Bernardi

+23% VENDITE

Dai dati ottenuti, che ci hanno prospettato la concreta possibilità di acquisire nuove quote, è venuto l’input che ha ispirato un nuovo progetto. Abbiamo deciso acquistare due nuove linee di produzione con le quali realizzare film multistrato – fino a cinque strati. Questo ha rappresentato una fondamentale ricaduta diretta in termini economici». Quanto, e con quali criteri, investite in ricerca, innovazione e sviluppo? «Crediamo che gran parte del progresso stia nella volontà di progredire. Questa massima riassume la mission aziendale. Riteniamo fondamentali le attività di ricerca e sviluppo, che hanno consentito di mantenere il know how aziendale ai livelli più avanzati del settore – negli ultimi anni queste attività, si

Nel 2010, con l’obiettivo di mettere a punto nuovi prodotti e con lo scopo di ampliare la gamma, abbiamo investito in importanti e impegnative ricerche di mercato

L’incremento di prodotto della Idealplast assorbito dal mercato nel 2011. Equivalente a un totale di 17mila Tonnellate

sono concentrate sulle tecnologie di processo e di prodotto nel settore dei film poliolefinici coestrusi. Crediamo che questo sia anche il nostro futuro, che dovrà essere fatto di ricerca, EURO innovazione di proIl fatturato 2011 di dotto, massima qualità, Idealplast. Un coniugando sempre il incremento del 33% rispetto al rigore e l’estro imprendato 2010 ditoriale, la fantasia e la dinamicità». Qual è la vostra politica ambientale? «La nostra attenzione a queste tematiche, nel 2011 ci ha portato a mettere in funzione un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica per autoconsumo, della potenza di 200 kW. Questo ci consentirà di eliminare l’emissione in atmosfera di 210 tonnellate di CO2 per anno. Inoltre, Idealplast ha ottenuto già dal 1994 la certificazione del proprio sistema qualità Uni En Iso 9002:1994 – successivamente confermata in Un En Iso 9001:2008 – e la certificazione ambientale Uni En Iso 14001:2004».

32 mln

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La logistica protagonista nella moda La delocalizzazione ha fatto diminuire la presenza delle unità produttive in Europa. E ha incrementato il lavoro di gestione e trasporto di capi finiti e materie prime. Massimo Anceschi parla delle esigenze del comparto moda Luca Cavera

Massimo Anceschi, amministratore delegato di Mas Logistics Srl, Carrè (VI) www.maslogistics.it

entre in Europa diminuiscono i volumi di produzione, complici la crisi e soprattutto la delocalizzazione, i fenomeni tipici della globalizzazione e dell’internazionalizzazione del sistema imprenditoriale hanno fatto sì che la logistica diventasse sempre più la protagonista della nostra economia nazionale. Il legame stretto fra struttura produttiva e assetto logistico, che deve stabilirsi in tutti i contesti di creazione di beni, è ancora più stretto nel settore del fashion, che richiede la creazione di servizi logistici tailor made, ovvero “fatti su misura”. Questi hanno come destino quello di integrarsi via via sempre più in profondità con i momenti produttivi veri e propri. Per capire queste di-

M

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namiche, ne parliamo con Massimo Anceschi, amministratore delegato di Mas Logistics, azienda specializzata nella gestione degli stock del settore moda. Quale effetto sta avendo l’andamento del comparto del fashion sulla vostra attività? «Nonostante l’attuale incertezza e volatilità, una profonda conoscenza ed esperienza settoriale – non limitata agli aspetti esclusivamente logistici, bensì all’intera supply chain – ci hanno permesso di crescere. La necessaria presenza sui nuovi mercati e l’aumento del costo dei fattori produttivi hanno imposto alle aziende del settore fashion continui adattamenti nei piani di sviluppo e la contestuale ricerca di livelli superiori di efficienza, conservando la massima coerenza del prodotto e dei servizi collegati al valore riconosciuto del made in Italy. Per i partner logistici questo si traduce in un’aumentata pressione sulle performance e sulla capacità di seguire l’azienda committente


Massimo Anceschi

4 mln EURO

nei suoi percorsi di sviluppo». Perché in particolare il mondo del fashion necessita di un apparato logistico “tailor made”? «Le aziende del settore fashion sono caratterizzate da un’elevata specificità dei processi operativi sotto vari profili – modalità operative, tempi, logiche di gestione. Poiché i processi logistici, per essere fortemente prestazionali, devono essere integrati con i processi primari dell’azienda, è necessario che la logistica sia progettata “su misura”, ovvero che tale integrazione funzioni realmente con efficienza nei tempi imposti dalle dinamiche settoriali. Non solo. La progettazione di una logistica “tailor made” deve anche predisporsi alle future riconfigurazioni che i percorsi di sviluppo richiederanno. Ciò significa dotarsi di modelli organizzativi, strutture, processi e sistemi for-

Fatturato di Mas Logistics

temente “adattivi”, per essere modificati in relativo all’anno 2010 breve tempo e con costi contenuti». Quali i principali risultati raggiunti nell’ultimo biennio? «Negli ultimi due anni è aumentata la nostra presenza nel settore fashion, attraverso una strategia di crescita controllata. La nostra idea PEZZI è di avere uno sviluppo dimensionale coerente con l’esigenza di garantire sempre l’eccellenza Il volume operativo 2010 di Mas prestazionale – che è alla base della fiducia riLogistics posta su di noi. Anche i risultati economici ancomprende 1,4 mt di tessuti, 60mila nuali sono in crescita. Questi sono il frutto kg di filati e 19mila della messa a regime del Polo Logistico di commesse di accessori Carrè, in seguito a un percorso pluriennale di investimenti in sistemi e automazione e di affinamento dei processi operativi interni. Questo ci ha permesso di raggiungere elevati standard qualitativi e di produttività logistica. Benefici che sono stati condivisi con i nostri partner». Quali peculiarità vi permettono, oggi, di restare competitivi aumentando quote di mercato? «Abbiamo impostato i rapporti con i nostri partner sulla base di una totale trasparenza, dando piena visibilità al nostro operato e alle condizioni in cui operiamo. Il nostro obiettivo è instaurare un rapporto di massima fiducia, per creare le condizioni di una collaborazione non solo efficace, ma anche efficiente, limitando l’esigenza del controllo. Lavoriamo con la massima concretezza e flessibilità, adeguando

2,3 mln

VENETO 2011 • DOSSIER • 205


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Servizi logistici a valore aggiunto Nata dal desiderio di rendere disponibile una profonda conoscenza dei processi operativi, consolidata in tanti anni di esperienza presso alcune delle realtà più complesse dell’abbigliamento, Mas Logistics offre servizi di gestione dei magazzini per le materie prime e i prodotti finiti, oltre ai principali servizi a valore aggiunto per il settore fashion. La società è in grado di adattare i propri progetti logistici alle esigenze del modello organizzativo dell’azienda committente, contribuendo a migliorare le performance di produzione, attraverso un’attenta progettazione del servizio. Nell’assumere gli incarichi Mas Logistics fornisce un servizio completo di riprogettazione di processi e flussi per il miglioramento delle performance logistiche complessive, curandone direttamente l’implementazione.

il più possibile la capacità produttiva ai profili modo agile è un elemento chiave per il futuro. di carico imposti dalla stagionalità e dalla pianificazione produttiva del committente. Tutto ciò prestando sempre la massima attenzione alla sicurezza e garantendo il totale rispetto delle normative riguardanti il personale che lavora con noi». Dal vostro punto di osservazione, quali sfide attendono il vostro settore nel prossimo futuro? «Seguire le aziende nei percorsi di riconfigurazione dei processi di sviluppo e produttivi in

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Le aziende di logistica che operano nel fashion dovranno riuscire a diventare uno degli elementi attivi nel modello di business dei brand. Questo significherà, per esempio, assumere un ruolo nella riprogettazione dei network logistici o prendere in gestione dai committenti processi a sempre maggiore valore aggiunto. Fondamentale in futuro sarà anche la capacità di dialogare in modo collaborativo non solo con il committente, ma anche con gli altri attori della supply chain». Quali le prospettive e i principali obiettivi per il futuro della vostra azienda? «Nel nostro futuro vediamo il proseguimento nel percorso di crescita in atto, in termini di nuovi progetti e di presenza geografica. Intendiamo ampliare ulteriormente la gamma dei servizi offerti per proporci ai nostri clienti sempre più come un partner industriale e non solo logistico. Per quanto riguarda investimenti e progetti interni di miglioramento, innalzeremo ulteriormente il nostro potenziale tecnologico, lavorando, per esempio, sui sistemi e sulle tecnologie di identificazione, ma soprattutto continueremo a investire nella crescita delle competenze delle persone che collaborano con noi».



CONSULENZA

Servizi per l’energia e la sicurezza delle imprese Normative sempre più stringenti sulle attività delle imprese. Come districarsi e mantenere gli impianti produttivi entro le regole comunitarie per la sicurezza e il rispetto dell’ambiente. La soluzione è rivolgersi agli studi specializzati. La parola a Marco Beltrami Manlio Teodoro

l continuo aggiornamento normativo impone alle imprese di affidarsi a professionisti capaci di informare e proporre soluzioni innovative, che aiutino l’imprenditore a mantenere un grado di compliance elevato con le normative vigenti. «Ogni realtà aziendale va posta sotto la lente preliminare di una fase di risk assessment, in modo da poter tempestivamente individuare i punti critici e proporre la soluzione ottimale per la realtà produttiva o commerciale analizzata». Marco Beltrami, titolare di Geo Studio Engineering, spiega l’importanza per le imprese di affidarsi a professionisti per i servizi di consulenza sull’adeguamento e il controllo di gestione. «Il nostro studio si propone come un

I Marco Beltrami, titolare di Geo Studio Engineering Srl, Bovolone (VR) www.geo-studio.it

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partner per l’azienda, per gestire e risolvere ogni problema riguardante la sicurezza sul lavoro, l’ambiente, la qualità, la privacy, la progettazione di impianti, la prevenzione incendi, la sicurezza nel settore alimentare, l’acustica ambientale e l’acustica nel settore edile nonché della formazione nell’ambito della sicurezza». Geo Studio offre un’ampia varietà di servizi. «Progettiamo impianti tecnologici, sia civili sia industriali – elettrici, termoidraulici, di condizionamento, antincendio e altri. Inoltre ci occupiamo di acustica ambientale ed edile, di ambiente, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro e nei cantieri edili. Questa va intesa come un’offerta di servizi che copre vari aspetti – dalla valutazione dei rischi alla valutazione dei rumori, vibrazioni e lo stress da lavoro correlato – e che ha come obiettivo la creazione di ambienti di lavoro sempre più sani e sicuri». Quali sono gli altri servizi che, su questo tema, offrite alle aziende? «Oltre a offrire consulenze relative all’implementazione di sistemi di gestione qualità, sicurezza, ambiente ed energia, organizziamo corsi di formazione, sia per singole aziende che pluriaziendali. In questo modo formiamo gli addetti all’antincendio, al primo soccorso, datori di lavoro ed i responsabili del servizio di


Marco Beltrami

Nel campo del fotovoltaico abbiamo progettato grandi impianti, finanziati soprattutto da grossi investitori stranieri, per lo più tedeschi e spagnoli

prevenzione e protezione aziendale. Inoltre, attraverso una nostra consociata, Me.La., forniamo un servizio di medicina del lavoro su unità mobili, regolarmente autorizzate dalla Regione Veneto». Quali attività rappresentano la percentuale maggiore del vostro core business? «Attualmente i servizi più richiesti sono quelli relativi alla sicurezza negli ambienti di lavoro e nei cantieri, anche se molto interesse c’è stato nel campo del fotovoltaico, con la progettazione di parecchi grandi impianti, finanziati soprattutto da grossi investitori stranieri, per lo più tedeschi, spagnoli e francesi. Il fatto di offrire servizi diversificati ha rappresentato per noi un valore aggiunto in un momento critico per tutti i mercati, perché ci ha permesso di dare risposte concrete e di avviare un processo di fidelizzazione dei partner rispondendo positivamente ad ogni loro esigenza». Quali aspettative riponete nei confronti di questa internazionalizzazione dei servizi? «Sono tutti progetti relativi alla realizzazione di grandi impianti destinati alla produzione di energia elettrica per la vendita. Abbiamo curato sia gli aspetti tecnici che quelli logistici e seguito tutte le fasi di realizzazione di questi impianti, portandoli fino all’ultimazione ed alla consegna. È nostra speranza che questi rapporti possano proseguire anche in futuro, VENETO 2011 • DOSSIER • 209


CONSULENZA

nonostante la congiuntura politicoeconomica italiana non favorisca gli investimenti in questo momento». La vostra progettazione di impianti tecnologici verso quali tipologie si rivolge? «Noi ci occupiamo della progettazione, ma seguiamo anche la direzione dei lavori ed i collaudi degli impianti, sia civili che industriali. Seguiamo l progettazione di impianti termoidraulici, geotermici e a energie rinnovabili. Nel settore elettrico oltre alla progettazione seguiamo anche le verifiche periodiche degli impianti stessi. In materia di atmosfere pericolose, il nostro studio è in grado di offrire il servizio di progettazione, adeguamento e verifica di impianti antideflagranti per atmosfere pericolose, originate da presenza di gas o polveri, oltre alla classificazione delle zone pericolose secondo la normativa Atex. Infatti abbiamo instaurato una forte collaborazione in tal senso con aziende che si occupano della produzione di impianti ed apparecchiature per l’estrazione ed il trasporto del metano». Aiutate le imprese a intraprendere politiche ambientali? «Diamo una consulenza tecnica in materia ambientale e di igiene degli alimenti, con un supporto professionale per gli adempimenti in materia di emissioni in atmosfera, adeguamento delle procedure di carico, scarico tra-

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Ci occupiamo di progettazione previsionale dei requisiti acustici degli edifici, di bonifiche acustiche e forniamo valutazioni di impatto acustico ambientale

sporto, trattamento e stoccaggio dei rifiuti. Seguiamo le aziende nel percorso necessario per l’ottenimento delle autorizzazioni per il trasporto, lo stoccaggio, la lavorazione e per la trasformazione dei rifiuti. Per quanto riguarda l’edilizia, ci occupiamo anche di progettazione previsionale dei requisiti acustici degli edifici, oltre alle verifiche dei requisiti acustici passivi, alle bonifiche acustiche e al fornire valutazioni di impatto acustico ambientale». Vi occupate anche di igiene degli alimenti. Può spiegare in cosa consiste questo servizio? «In materia di igiene degli alimenti, i consulenti di Geo Studio sono in grado di supportare le aziende nella stesura e nell’applicazione dei manuali di autocontrollo, secondo quanto


Marco Beltrami

previsto dalle normative comunitarie del Pacchetto igiene. L’implementazione del piano di autocontrollo viene monitorata attraverso la possibilità di un servizio di consulenza continua, che prevede visite periodiche in azienda e un monitoraggio analitico e chimicobiologico dei parametri critici». Quanto conta per la vostra realtà l’investimento in nuove tecnologie e quali sono le strumentazioni più innovative che state impiegando? «Disporre di tecnologia sempre all’avanguardia è fondamentale per il nostro lavoro. Abbiamo attrezzature e strumentazioni per le verifiche strumentali di impianti elettrici, l’analisi di rete, la valutazione dei rumori o la rilevazione di campi elettromagnetici o vibrazioni. Tuttavia, per essere in grado di sfruttare le potenzialità di una tecnologia sempre aggiornata è necessario un costante aggiornamento anche delle competenze. Per questo investiamo molto nella formazione del nostro personale». Possiamo trarre un bilancio dell’attività, anche in termini di fatturato, riguardo l’ultimo biennio? «Nell’ultimo biennio, malgrado la situazione non favorevole, abbiamo avuto una costante crescita sia in termini di fatturato che di ricavi e questo ha determinato la necessità di fare investimenti e di assumere nuovi addetti. Malgrado questo non ci siamo fermati e continuiamo a investire e a credere in un’ulteriore possibilità di crescita, soprattutto nelle nuove aree in cui operiamo da poco tempo». Quali strategie avete messo in atto per mantenere una buona posizione sul mercato? «La strada intrapresa è stata quella di optare per un allargamento delle zone di interesse e di intervento, rivolgendoci ad maggiore bacino di potenziali soggetti interessati. Il territorio nel quale operavamo tradizionalmente era quello limitato alla provincia di Verona e

La prevenzione degli incendi Geo Studio offre un supporto completo nella prevenzione degli incendi e nella gestione delle emergenze. A partire dalla progettazione preliminare, la redazione e la presentazione dell’esame progetto necessario per il rilascio delle autorizzazioni previste, fino all’assistenza tecnica al momento del sopralluogo dei funzionari dei vigili del fuoco, curando direttamente il rapporto fra l’azienda e gli esaminatori degli enti preposti. Oltre ai collaudi degli impianti, lo studio completa la gamma nell’area prevenzione incendi con la realizzazione e personalizzazione del piano di gestione delle emergenze, la formazione degli addetti alle squadre di emergenza e l’effettuazione di prove periodiche di evacuazione.

alle zone limitrofe. Attraverso una serie di investimenti, abbiamo aperto delle nuove unità locali, sia operative che commerciali, a Verona, Parma, Carpi (Mo) e Rovigo. Inoltre, in sinergia con altre aziende – che si occupano di attività diverse dalla nostra, ma che operano comunque nel campo dell’edilizia e dell’impiantistica –, abbiamo realizzato un consorzio che si ripromette di dare nuove risposte e nuovi servizi alle imprese e di coprire un bacino di clientela sempre più grande, sia territorialmente, sia numericamente e sia per tipologia di servizio». VENETO 2011 • DOSSIER • 211


IL SETTORE TESSILE

Dietro le grandi firme della moda sportiva Anche nel mondo degli accessori d’abbigliamento, l’imprenditoria nostrana possiede una marcia in più. Oltre alla rappresentatività dei grandi marchi però, va premiato anche il lavoro di chi opera nell’indotto, come sostengono Federica Pasato e Alberto Santinello Amedeo Longhi

causa o per merito dei processi di out-sourcing avviati dalla maggior parte delle aziende, ormai il knowhow risiede quasi esclusivamente nell’indotto. «Ci troviamo spesso a lavorare con manager, creativi e stilisti di indubbio spessore professionale, ma totalmente estranei al prodotto o comunque poco sensibili al contenuto tecnico e funzionale. È in questa situazione che diventa indispensabile anche per i più prestigiosi brand lavorare con realtà altamente specializzate in un particolare ramo, nel nostro caso quello degli accessori sportivi». È questa la posizione di Federica Pasato e Alberto Santinello, titolari della Pasasport, azienda veronese pienamente inserita nell’indotto della produzione di accessori per l’abbigliamento

A Federica Pasato e Alberto Santinello, titolari della Pasasport di Villa Bartolomea (VR) www.pasasport.it

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sportivo e non solo. Ritiene che ci sia bisogno di un sostegno maggiore alle imprese del settore rispetto a quello che viene fornito oggi? FEDERICA PASATO «Se da un lato il comparto della moda tanto rappresenta in termini quantitativi e di prestigio per il nostro paese, poco viene invece fatto per sostenerlo soprattutto all’estero, dove solo le grandi firme possono reggere costi di rappresentanza ad alto livello. Eppure l’“italianità” in questo settore viene ancora molto apprezzata. Basterebbe un esborso relativamente modesto per sostenere fiere e iniziative commerciali che facciano conoscere anche il nostro prezioso capitale umano, tecnico e creativo. Da parte degli imprenditori invece, non deve esserci scoramento: il nostro è un paese ricco di risorse umane, abbiamo il carattere e le capacità per superare anche questo momento difficile». In che termini la creatività e lo stile possono offrire una marcia in più nel vostro settore? ALBERTO SANTINELLO «Il settore sportivo si presta molto alla ricerca sia in termini di materiali che di soluzioni tecniche per migliorare il confort e la funzionalità ed è per noi gioco facile “farlo con stile” e con quella creatività che caratterizza noi italiani. Per quanto ci riguarda, ne abbiamo fatto il nostro cavallo di battaglia investendo buona parte delle nostre risorse: metà dei dipendenti lavora proprio nell’ufficio ricerca e sviluppo. Dove viene effettuata la pro-


Federica Pasato e Alberto Santinello

Il comparto della moda rappresenta molto in termini quantitativi e di prestigio per il nostro paese, ma poco viene fatto per sostenerlo soprattutto all’estero

duzione è secondario ed è in questi termini che abbiamo una marcia in più. Alcuni possono permettersi una produzione in Italia poiché per strategia o per la forza del brand riescono a farsi pagare questo valore aggiunto. Altre volte delocalizziamo la produzione nel FarEast, ma sono sempre le nostre teste che creano il prodotto, pianificano e controllano il processo». Può descrivere come avvengono la gestione della commessa e il rapporto con il committente? F.P. «Il processo di lavoro inizia circa un anno prima con un briefing presso il cliente durante il quale proponiamo le nostre idee, parliamo di nuovi prodotti, analizziamo il target, la concorrenza e cominciamo ad abbozzare le prime linee per una proposta grafica. A volte sono gli stilisti stessi che ci danno le basi su cui lavorare e si parte direttamente con il progetto già definito. Noi siamo “terzisti chiavi in mano”, per cui seguiamo tutti i passaggi dalla

fase di ideazione del prodotto fino alla produzione in serie dello stesso. Spesso sono necessari diversi tentativi prima di arrivare a un risultato soddisfacente. È solo a questo punto che iniziamo a realizzare il campionario e dopo circa quattro mesi si comincia a produrre». Cosa vi ha spinto a mettere in pratica azioni encomiabili come la devoluzione di una parte di utili in beneficienza? A.S. «Siamo convinti di avere una grossa responsabilità. Come imprenditori riteniamo che profitto ed etica si possano coniugare e che sia evidente come modelli troppo disinvolti siano diventati per tutti insostenibili. Al riguardo stiamo lavorando per ottenere la certificazione di responsabilità sociale Sa8000, aspetto da non sottovalutare soprattutto nel nostro settore, da sempre esposto a scandali. Come cattolici pensiamo invece che sia semplicemente un dovere di chi è più fortunato. Si tratta di fare la propria parte, senza avere la presunzione di cambiare il mondo, ma almeno di contribuendo a migliorarlo». VENETO 2011 • DOSSIER • 213


IL SETTORE TESSILE

Sportswear, tecnica e qualità made in Italy Lo stile italiano si impone anche nell’abbigliamento sportivo. Fabio Campagnolo spiega il successo di un marchio specializzato nel vestiario tecnico che riscuote particolare successo all’estero Luca Cavera

Al centro, Fabio Campagnolo, responsabile commerciale di Cmp, aziende del gruppo Campagnolo Spa www.cmp.campagnolo.it www.campagnolo.it

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portswear e outdoor sono due gamme di abbigliamento che richiedono particolari accorgimenti di fattura, dai tessuti ai dettagli. Nonostante il primo fattore di scelta, per questa tipologia di prodotto, siano le caratteristiche tecniche, un disegno dei modelli che riesca a interpretare lo stile italiano è un elemento di sicuro successo, in particolare all’estero. Per questo motivo, nonostante una crisi oggettiva del mercato, i capi dei marchi italiani progettati la vita sportiva e all’aria aperta hanno tenuto. «È grazie a una combinazione di esperienza, tecnologie avanzate e ricerca stilistica che l’abbigliamento made in Italy riesce a essere riconoscibile anche sotto le vesti dell’abito sportivo – spiega Fabio Campagnolo, responsabile commerciale del marchio Cmp, il brand del gruppo Campagnolo dedicato all’abbigliamento outdoor. Più di un terzo della vostra produzione come gruppo è destinata all’export. Quali sono i vostri principali mercati? «L’80% delle vendite del nostro marchio di punta, Cmp, è assorbita dall’estero – mentre solo il 20 resta nel nostro Paese. Questo dato riflette quella che è l’immagine del brand. Si tratta di un prodotto destinato all’outdoor, che però fonde le proprie caratteristiche tecniche con l’inconfondibile stile italiano – questo lo rende particolarmente apprezzato oltreconfine. I mercati principali sono quelli nord europei: Germania – dove siamo tra i sei brand più importanti dell’outdoor –, Svizzera, Austria, Olanda e Spagna.

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Fabio Campagnolo

Gli altri brand del gruppo non hanno questa stessa forza all’estero, di contro però hanno un solido radicamento nel mercato italiano, soprattutto nell’homewear». Avete in progetto di incrementare la vostra presenza anche in altri Paesi? «Il gruppo ha una fortissima vocazione all’export e all’apertura di nuovi mercati. Dalla nostra parte abbiamo il vantaggio di curare la produzione dei capi in maniera verticale e di assicurare così una qualità – lo dicono i numeri – riconoscibile dal mercato. Questo, unito a un’inconfondibile miscela di stile italiano e gusto internazionale, fa sì che i nostri prodotti siano molto ricercati e che riscuotano un grande successo a tutte le fiere internazionali del settore, come Ispo e Pitti. Quindi l’espansione commerciale è certamente il nostro progetto principale per il futuro. In questo momento l’Asia costituisce un mercato molto interessante: sia India che Cina sono mercati maturi, nei quali lo stile italiano è molto ricercato». Possiamo descrivere nel dettaglio le caratteristiche della vostra produzione? «Cmp veste uomo donna e bambino. Le sue collezioni sono disegnate per le persone che amano la vita all’aria aperta. Per questo sono abiti funzionali, che fondono tecnicità, colore e design. Un punto di valore sta nella produzione dei tessuti – che eseguiamo noi –, come, per esempio, il pile unito a materiali all’avanguardia come il softshell e il softech. Melby è la linea dedicata alla moda junior, con collezioni che vanno

da 0 a 14 anni. Abbiamo disegnato queste collezioni con un occhio attento alle passioni dei più piccoli, arricchendole anche con i personaggi di Warner Bros. Per il target junior abbiamo creato più brand, tutti destinati a questa fascia di età. Per esempio, la nostra Nucleo, catena di franchising che porta con sé un’immagine estremamente elegante della moda per bimbo e bimba. Allo sportswear e all’abbigliamento ricercato junior si è poi affiancata la realtà dell’homewear, grazie all’incredibile successo di Maryplaid, una linea per la casa». Quanto contano per voi la ricerca e l’innovazione sui materiali e le tecnologie di lavorazione? «Essendo una delle poche aziende italiane completamente verticalizzate, e quindi con un assoluto controllo su tutta la filiera produttiva – dal momento dell’acquisto del filo a quello della spedizione dei capi –, siamo costantemente alla ricerca di metodologie produttive all’avanguardia. Attraverso generazioni di imprenditori Campagnolo, però, abbiamo anche imparato che l’istinto e il ritorno alla tradizione, a volte, porta a scelte vincenti, quindi cerchiamo di trovare un equilibrio tra queste due dimensioni: l’innovazione e il classico stile italiano». VENETO 2011 • DOSSIER • 215


IL SETTORE TESSILE

La moda bimbo italiana approda a New York l Gufo sbarca in America. La celebre casa di moda per bambini, già conosciuta a livello internazionale, ha appena inaugurato il primo punto vendita monomarca negli Usa, a New York, al 962 di Madison Avenue, la via dell’understated charme, il distretto dell’eleganza e del lusso, nel cuore della metropoli americana. «Un progetto – afferma Alessandra Chiavelli, amministratrice dell’azienda - in cui abbiamo creduto e riposto le nostre energie, perché ci sembra che sia giunto il momento di concretizzare con il retail diretto una espansione in un mercato che sostiene da anni il nostro marchio. Siamo infatti presenti nei department store più conosciuti e nei migliori multibrand del territorio». Il monomarca americano va ad affiancarsi alle boutique già dislocate sul territorio italiano a Milano, Cortina d’Ampezzo, Torino, Treviso, Pordenone, cui si aggiungerà nel mese di febbraio, un nuovo punto vendita monomarca a Roma. «Aprire i battenti nella capitale sarà un passo decisivo, necessario - afferma Alessandra Chiavelli -. Roma e New York daranno sicuramente uno slancio alla riconoscibilità del brand nel mondo, proprio perché sono città cosmopolite e frequentate da una clientela internazionale. Le due nuove boutique rappresenteranno sicuramente un punto di riferimento per i nostri consumatori che richiedono da tempo di poter accedere con più facilità alla completezza delle

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Alessandra Chiavelli, amministratore de Il Gufo Retail s.r.l. L’azienda ha sede ad Asolo (TV) www.ilgufo.it

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Con due nuovi punti vendita, a Roma e a New York, Il Gufo conferma un trend di crescita nonostante la crisi. Alessandra Chiavelli descrive la moda per bambini che conquista nuovi mercati Eugenia Campo di Costa

nostre collezioni. Quale valore aggiunto offre il negozio monomarca alla realtà aziendale? «I negozi monomarca sono una grande opportunità: per stabilire un contatto diretto col nostro pubblico, per affermare con forza e coerenza la nostra immagine e comunicare con efficacia i nostri valori. Sono un momento di marketing fondamentale che ci permette di affermare e consolidare il marchio, e in molte occasioni rappresentano anche un business economicamente molto interessante. I punti vendita multibrand, nonostante lo sviluppo del retail diretto, rimangono altrettanto importanti perché garantiscono capillarità di distribuzione e permettono un confronto paritario con i competitor». Il Gufo è un marchio molto conosciuto anche all’estero. Quali le principali piazze internazionali? «Il business wholesale si allarga a più di trenta paesi nel mondo, con una distribuzione in Europa ben consolidata e con buoni risultati provenienti da Russia, Germania, Benelux. Al di fuori dell’Europa abbiamo buone aspettative provenienti dal mercato americano e progetti a medio termine in Far East e specialmente in Giappone. In Europa il nostro obiettivo principale al momento è consolidare la distribuzione con progetti di shop in shop esclusivi nei paesi a più alto potenziale». Da poco avete istituito anche il vostro shop


Alessandra Chiavelli

+12% CRESCITA

E’ la crescita media degli ultimi cinque anni del fatturato lordo dell’azienda

Il business wholesale si allarga a più di trenta paesi nel mondo, con una distribuzione in Europa ben consolidata, e con buoni risultati provenienti da Russia, Germania, Benelux

on line. Crede che questo strumento favorirà il rapporto tra Il Gufo e una clientela sempre più vasta? «Lo shop on line ha avuto un inizio positivo perché l’aspettativa del mercato era alta, perciò le vendite hanno avuto un picco sia in Italia che all’estero e poi si sono assestate su livelli più che soddisfacenti. Ci aspettiamo dal periodo di Natale un ulteriore incremento, perché abbiamo lavorato su incentivi all’acquisto, sulla costruzione della community, e sull’implementazione di una speciale area di prodotti natalizi. Il prossimo anno le nostre forze si concentreranno sullo sviluppo del web in paesi strategici con l’obiettivo di ampliare il business dove la nostra distribuzione off line non è fortemente sviluppata e di avvicinarci sempre di più al nostro consumatore finale». In tempi di crisi siete tra le poche realtà del

settore che cresce, aprendo nuovi negozi. Su quali aspetti soprattutto avete puntato per tenere con successo il mercato? «Il nostro successo è legato a una sinergia di fattori che riguardano ogni fase dell’attività dell’azienda. Prestiamo la massima attenzione alla qualità del prodotto a partire dalla scelta delle materie prime e dei tessuti, alla creazione delle modellature, alla definizione dei finissaggi. La forza vendite trasferisce efficacemente all’esterno la qualità delle collezioni e un team specializzato si occupa di garantire consegne tempestive e assistenza al cliente fino al riassortimento ed eventualmente al cambio merce. L’azienda conferma costantemente una certa sensibilità anche per quello che riguarda la comunicazione ed eventuali operazioni di marketing a sostegno del marchio e del prodotto». I vostri capi si impongono sul mercato grazie all’alta qualità che comincia dall’attenzione alla scelta dei tessuti e dalle fasi di lavorazione. Quali sono le caratteristiche principali dei vostri prodotti?

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IL SETTORE TESSILE

«Offriamo un’ampia varietà di look completi, per bambini e bambine da 0 a 14 anni, e riponiamo sempre la massima attenzione sulla qualità della materia prima, senza mai prescindere dalla ricerca del benessere del bambino. Concepiamo e prototipiamo in azienda i nostri capi e controlliamo ogni fase della loro produzione: il taglio, la confezione, la tintura dei tessuti o eventuali finissaggi, la cucitura dei dettagli, l’applicazione degli accessori e la stiratura. Qualità dei materiali, costante ricerca tessile e attenzione al dettaglio definiscono un’identità di stile riconoscibile senza ostentazione di loghi. Eleganza e sofisticatezza per un prodotto che rappresenta un valore reale per il consumatore. La nostra filosofia, inoltre, è radicata nel nostro pay off “Bambini vestiti da bambini”: guardiamo alla moda degli adulti e ai trend del momento sia in Italia che all’estero cercando di trasferire le tendenze a una dimensione bimbo. Le collezioni sono sempre in divenire, si compongono di prodotti iconici e di novità, con colori che evolvono dai più basici blu, grigio e panna ai toni più brillanti e giocosi, adatti al mondo dei bambini.». Il Gufo si conferma una realtà in crescita, che conquista anche nuovi mercati. Quali i capi più richiesti?

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Riponiamo sempre la massima attenzione sulla qualità della materia prima, senza mai prescindere dalla ricerca del benessere del bambino

«L’andamento delle ultime stagioni conferma il trend positivo che l’azienda mantiene ormai trent’anni, con una crescita media del fatturato lordo negli ultimi cinque anni del 12%. Le nostre vendite confermano un generale apprezzamento per tutte le tipologie di prodotto in collezione, con una accentuata predilezione per i capi destinati alla cerimonia e per gli abiti da bambina in generale. Buone le vendite degli outfit da bambino grazie al profondo studio delle colorazioni e dei finissaggi che reinterpretano in uno stile moderno anche le linee più tradizionali. La collezione 0-2 anni, che rappresenta circa il 40% delle nostre vendite, trova riscontro soprattutto nei capi da cerimonia e nella ampia proposta di tutine da neonato. In questo segmento particolare attenzione è riservata ai dettagli artigianali delle tutine con le applicazioni, che rappresentano un simbolo di stile della nostra storia. Forte il capo spalla d’estate ma soprattutto d’inverno, con piumini particolarmente apprezzati per i pesi ultralight e la ricerca del colore e dei dettagli».



Come cambiano le esigenze del settore tessile A Mauro Bizziato, prevedendo gli sviluppi del mercato, ha diviso la “mente” dell’azienda dal braccio produttivo. E oggi la Stema si rapporta con le più grandi catene internazionali di abbigliamento Valerio Germanico

Mauro Bizziato, titolare di Stema Srl, Porto Viro (RO) www.stema.it

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partire dagli anni Novanta il mercato dei costumi da bagno ha subito un mutamento importante, che ha posto all’angolo alcuni degli operatori tradizionali del settore produttivo e della commercializzazione, marginalizzati dall’avanzare delle catene multinazionali di distribuzione di abbigliamento. «In quel momento abbiamo iniziato a capire che l’epoca dei grossisti e dei piccoli negozi, in questo settore, stava per concludersi. L’ingresso sul mercato dei grossi nomi internazionali ha cambiato però anche il modo di produrre. Chi non è stato in grado di lavorare con flessibilità per offrire un prodotto di buona qualità e allo stesso tempo dal prezzo competitivo è inevitabilmente finito fuori mercato». Descrive così il mutamento di scenario subito dal settore della produzione dei costumi da bagno il signor Mauro Bizziato, titolare di Stema, oggi il primo produttore europeo di costumi. Quali sono i vostri principali mercati di riferimento? «Circa il 75% del nostro fatturato deriva dall’estero. Produciamo i costumi che si possono trovare nei punti vendita di grandi catene come H&M, Zara, C&A, Oviesse, Coin ed altre o famosi cataloghi come Otto Versand e 3Suisse per citarne alcuni. Questo ci consente di essere presenti pressoché in tutta Europa, ma abbiamo anche delle nicchie di mercato in Russia e Stati Uniti. I nostri prodotti non vengono distribuiti con un nostro marchio e non abbiamo alcuna vendita diretta, bensì vengono inclusi nella vendita della grande distribuzione, per la quale la-


Mauro Bizziato

voriamo su loro ordinazioni. Tuttavia, le grandi catene scelgono fra le nostre collezioni, che creiamo sulla base delle nostre idee di stilistica e modellistica». Come riuscite a coniugare l’alta qualità e i prezzi bassi? «Dividendo la parte pensante dell’azienda da quella produttiva. In Italia con il valido aiuto dei figli Marco e Stefania, viene elaborata la stilistica, la modellistica, la prototipia, oltre alla scelta dei materiali, che sono tutti di origine italiana e infine, non certo meno importante, la politica commerciale che vede in prima linea Marco con visite e presentazioni mirate presso gli showroom e gli uffici acquisti dei più importanti gruppi nazionali ed internazionali. L’assemblaggio dei capi, invece, viene eseguito all’estero. In questo modo possiamo offrire uno stile e una vestibilità di gusto italiano a prezzi concorrenziali. Inoltre, riusciamo a produrre lungo tutto l’arco dell’anno e, limitando la quantità di utili, diamo continuità al nostro lavoro. Facciamo anche degli accordi di special price con alcune catene, dalle quali riceviamo degli ordini in blocco per i quali riusciamo a garantire lo stesso prezzo delle produzioni orientali». Da questo punto di vista, come ha influito la crisi economica sulla competizione internazionale fra i produttori? «Naturalmente abbiamo subito un calo di ordini, che sono si sono spostati verso est. In tempi di difficoltà anche differenze di prezzo di pochi centesimi sono sufficienti a riposizionare una produzione. In particolare, le aziende cinesi hanno guadagnato parecchie quote di mercato a nostro danno – tuttavia con un prodotto che risulta imparagonabile al nostro. Quando noi ven-

diamo allo stesso prezzo dei cinesi – a fronte di una produzione di circa 25mila capi al giorno – , riusciamo comunque a proporre un prodotto completamente diverso per fattura e contrassegnato dal marchio Oeko-Tex, che certifica l’uso di materiali e accessori non nocivi al contatto con la pelle». Quanto conta nel vostro lavoro l’investimento nelle tecnologie? «Investiamo quote importanti del fatturato per individuare nuovi tipi di tessuto, e ciò viene seguito personalmente da mia figlia Stefania, che coordina la ricerca di tessuti diversi adattandoli poi a modelli di ultima tendenza. A mio figlio invece il compito di seguire la produzione e l’ottimizzazione dei tempi. Nella nostra sede italiana studiamo tutti i prodotti e abbiamo dei laboratori per eseguire i test per le solidità, la reazione alla luce e al lavaggio. Tutto ciò in modo da garantire un prodotto che abbia una reazione ottimale e che garantisca la qualità e la durata del tessuto». Si possono già individuare le tendenze per la prossima estate? «Ultimamente ci siamo orientati verso stampe sul tema della frutta. A parte questo, i colori che andranno anche nella prossima stagione saranno ancora quelli solari – sebbene ci sia un ritorno dei colori terrei che si utilizzavano una volta. Per quanto riguarda i tessuti, il protagonista è ancora il lycra. Anche se ultimamente stanno prendendo una buona quota i costumi in microfibra, che hanno un effetto soffice e al tatto e risultato molto elasticizzati». VENETO 2011 • DOSSIER • 221


IL SETTORE TESSILE

Per superare la concorrenza il tessile punta sulla qualità La ricerca sui materiali e sulla complessità del prodotto sono gli aspetti sui quali punta l’industria veneta dei trapuntati. Perché solo la complessità può impedire la replicabilità da parte della concorrenza sleale dell’Estremo Oriente. Ne parla Ivano Santi Luca Cavera

l Veneto continuerà a essere quell’avamposto del made in Italy che è stato storicamente? Il 2011 si è confermato un anno diverso per l’economia regionale rispetto alle attese nazionali, ma esistono le possibilità di proseguire su questa strada anche nel futuro e quali sono gli ingredienti per farlo? Ne parliamo con i fratelli Ivano, Walter e Gianni Santi, imprenditori veneti che nell’anno che sta per concludersi sono riusciti a portare la propria azienda a considerevoli risultati e di pro-

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spettive per il futuro. «Anche all’interno di uno scenario di difficoltà complessivo, il Veneto riuscirà a sfruttare al meglio la propria creatività. Gli imprenditori veneti, anche quelli che lavorano in settori lontani dal nostro, su tutti i mercati riescono sempre a mostrare la capacità di distinguersi per innovazione e voglia di competere». I fratelli Santi sono i titolari della Belpunto, un’impresa specializzata nella produzione di trapuntati per l’abbigliamento che nel 2011 ha raggiunto alcuni obiettivi per i quali investiva da anni. «Abbiamo registrato un incremento di fatturo del 30% rispetto al 2010. Questo risultato è stato raggiunto grazie ai passi avanti fatti nel nostro core business, quello dell’abbigliamento, e nella forte crescita registrata dal settore arredamento e materassi –. Questo successo ci ha consentito di raddoppiare la nostra superficie produt-


Ivano, Walter e Gianni Santi

Ivano Santi, titolare insieme ai fratelli Walter e Gianni della Belpunto Srl con sede a Castello di Godego (TV) www.belpunto.it

tiva e di avviare due nuove divisioni, una per la fornitura di tessuti, l’altra una nuova divisione tecnica. L’abbiamo battezzata ITTTAI e si occuperà della reaLa Belpunto ha oltre venticinque anni di esperienza nel settore della lizzazione dei articoli tecnici. trapuntatura e produce tessuti trapuntati per le migliori aziende di Si tratta di una sfida molto abbigliamento. Il sistema di Belpunto si avvale di metodologie di lavoro che prevedono un sistema di controllo di ogni singola fase di importante, che abbiamo derealizzazione dei prodotti. La gestione e l’organizzazione aziendale ciso d’intraprendere anche in sono curate a partire dalla progettazione, fino alla produzione e al seguito alla conclusione di collaudo funzionale, per concludersi con un preciso controllo un accordo con una multiqualitativo. La divisione tessuti propone la commercializzazione di nazionale americana, che ci una grande varietà di articoli, che spaziano in tutte le aree del settore tessile. Per tutti i materiali la gamma dei colori è vasta, come è vasta ha reso i distributori per la gamma delle imbottiture, destinate sia all’abbigliamento sia l’Europa delle sue membrane all’arredamento. waterproof e windproof. Grazie alle nuove divisioni, nel 2012 lanceremo un prodotto brevettato: l’azienda a raggiungere la diversificazione una trapunta laminata sostanzialmente di- produttiva che oggi l’ha portata a una preversa da quelle attualmente presenti sul mer- senza importante anche sui mercati esteri. cato. Risulterà un prodotto particolarmente «Abbiamo sempre investito nella differeninnovativo per il mondo dell’abbigliamento ziazione del prodotto, sfruttando la connestecnico, dato che permetterà di muoversi in sione tra ricerca di materiali e nuovi mercati. perfetta sinergia con le esigenze dettate dal Il nostro responsabile commerciale monimovimento del corpo, grazie alla sua com- tora costantemente il mercato per indiviponente multistrato: lamina, tessuto tra- duare le tendenze e proporre qualcosa che puntato e imbottitura in ovatta o piuma». rientri nelle attese del consumatore finale e Anni di investimenti nella ricerca di nuove al contempo abbiamo un elemento di innotipologie di prodotto hanno portato vazione e di differenziazione forte rispetto ai

Tessuti trapuntati made in Italy

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IL SETTORE TESSILE

prodotti dei competitor. Oggi il 45% del

fatturato è prodotto dall’export. Nonostante l’Italia sia ancora il mercato più importante – soprattutto perché sul fronte della moda è qui che risiedono le griffe più importanti –, stiamo cercando di allargare la nostra presenza commerciale anche oltre i confini europei, spostandoci verso il Far East ed il mercato americano .La spinta verso l’estero, e soprattutto verso l’Estremo Oriente, è un fattore che spinge a incrementare le caratteristiche distintive, secondo quella che è la migliore formula del made in Italy: la congiunzione di qualità e unicità. «L’elemento distintivo dei nostri trapuntati è dato dalla loro particolarità, per porsi al riparo da imitazioni, bisogna progettare un prodotto con caratteristiche di alta complessità. Anche per questo e per la costante garanzia di sicurezza

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Oggi il 45% del fatturato è prodotto dall’export. E stiamo cercando di allargare la nostra presenza commerciale anche oltre i confini europei

che vogliamo dare a chi indosserà il capo realizzato con le nostre lavorazioni, siamo molto selettivi per quanto riguarda le materie prime. Le imbottiture che noi usiamo sono tutte italiane – il consumatore finale deve essere sicuro che i prodotti siano sempre controllati e di conseguenza che non ci siano sostanze nocive e che il corretto iter della filiera venga rispettato, così come pure tutte le normative. Se i tessuti, invece, sono per il 50% italiani e il resto provenienti dall’estero è perché le tinture, in ogni caso, vengono eseguite in Italia. In modo da avere comunque la possibilità di verificare che la materia prima abbia tutti i requisiti richiesti».



Nei templi del fashion I consumi nel settore dell’abbigliamento tengono grazie all’offerta combinata di capi trendy e prezzi da outlet. Giuseppe Ramonda spiega che però non basta il prezzo basso a spingere all’acquisto. Bisogna puntare sulla qualità e l’assortimento Valerio Germanico

e per la fascia alta e del lusso, nel settore fashion e moda, non c’è mai crisi, lo stesso non si può dire per l’abbigliamento griffato di fascia media. Questo non significa però che gli italiani abbiano rinunciato al fascino del made in Italy o a indossare i capi dei grandi marchi internazionali. L’offerta dei riGiuseppe Ramonda, titolare di Sorelle Ramonda Spa, venditori si è infatti Alte di Montecchio Maggiore (VI) www.sorelleramonda.com orientata a soddisfare e accogliere la voglia di acquisto di tutti i target. Accanto alla proposta degli abiti in linea con le ultime tendenze che hanno appena sfilato sulle passerelle sono così sorti gli outlet, dove i brand del fashion si trovano a prezzi ribassati anche del 70%. La spie-

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gazione di come ciò sia possibile è nel fatto che listini tanto convenienti si riferiscono alla riproposizione non di collezioni di stagione, ma delle stagioni appena precedenti. Questo non toglie nulla alla qualità dei capi, non a caso i dati relativi ai consumi negli outlet sono i migliori degli ultimi anni per il settore dell’abbigliamento. Parliamo di consumi con Giuseppe Ramonda – titolare di Sorelle Ramonda, una delle catene più grandi del Nord Italia –, che ha saputo combinare un’offerta di capi alla moda e capi più convenienti, una formula di business che ha permesso di tenere testa alla crisi generale delle vendite. Qual è la distribuzione geografica dei vostri punti vendita e quali le previsioni di inaugurazione di nuovi negozi? «Siamo presenti in modo capillare nel Nord Italia, soprattutto nel Triveneto e in Lombardia. Abbiamo inoltre tre punti vendita in Piemonte, tre in Emilia Romagna e uno a Roma.


Giuseppe Ramonda

Il fascino del made in Italy ci premia soprattutto con i consumatori che vengono dall’estero e che frequentano i nostri punti vendita

Abbiamo anche tre negozi fuori dai confini nazionali, tutti concentrati in Austria. In questo ultimo trimestre è stato aperto un nuovo punto vendita a Urgnano, in provincia di Bergamo ed è stato completamente rinnovato il punto vendita di Caresana in provincia di Vercelli. A breve prevediamo l’apertura di un outlet a Ronchi dei Legionari, che si affiancherà al punto vendita Sorelle Ramonda già presente in quella località. Nonostante queste nuove aperture, in questo particolare momento economico, riteniamo sia essenziale investire maggiori risorse nel rinnovamento di alcuni dei punti vendita esistenti». Tra i punti vendita ci sono anche alcuni outlet. In base alla vostra esperienza, quanto la formula dell’outlet contribuisce al buon andamento del mercato e mantenere alti i consumi? «Negli ultimi anni, quello degli outlet è stato il canale distributivo che non ha mai conosciuto crisi. Non a caso, nel generale calo dei consumi, gli outlet hanno registrato crescite di fatturato annue del 10%. Tuttavia sarebbe sbagliato pensare che sia sufficiente proporre i VENETO 2011 • DOSSIER • 227


IL MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO

capi delle stagioni precedenti a prezzi scontati per invogliare all’acquisto. Bisogna comunque selezionare interpretando i gusti del momento e la merce deve essere proposta con un assortimento considerevole. Infatti, accanto ai veri e propri articoli da outlet, noi proponiamo, per ogni merceologia, anche dei primi prezzi della stagione corrente, in modo da offrire la più ampia scelta possibile». Quale strategia imprenditoriale vi ha permesso, negli anni, di crescere diventando un gruppo così ben distribuito sul territorio? «Abbiamo cercato di far convivere il nostro spirito imprenditoriale veneto con una visione europea del mercato. Questa è stata anche l’immagine che abbiamo cercato di proporre all’esterno, attraverso l’allestimento dei nostri

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punti vendita, dato che siamo convinti che sia quella che ci rappresenta al meglio. I punti vendita, sia italiani sia esteri, cercano di interpretare il nostro attaccamento al territorio, promuovendo lo stile made in Italy, ma anche quello dei marchi europei e internazionali. Abbiamo avviato partnership con i più grandi nomi dell’alta moda e cerchiamo di mantenere il feeling creato con gli utenti che visitano i nostri centri. E siamo alla continua ricerca di nuovi marchi, che rispondano alle esigenze di un mercato sempre più attento alle evoluzioni della moda». Gran parte dei vostri marchi sono note firme italiane. Crede che le caratteristiche del prodotto made in Italy premino ancora nell’attuale contesto economico e in un mercato sempre più globalizzato? «Il fascino del made in Italy ci premia soprattutto con la clientela internazionale che frequenta i nostri punti vendita. La moda, all’estero, è sentita ancora come profondamente italiana. Invece, un po’ para-


Giuseppe Ramonda

dossalmente, i consumatori italiani preferiscono scegliere i marchi internazionali piuttosto che quelli degli stilisti di casa nostra. Anche per queste ragioni, la nostra offerta non può che essere trasversale». Quali sono le caratteristiche che accomunano i vostri diversi punti vendita? «Tutti i nostri negozi sono organizzati con lo shop in shop, dove ogni marchio è presente con tutta la sua collezione. La nostra offerta comprende sia le collezioni dell’abbigliamento donna, che uomo che bambino. Per ogni collezione proponiamo dagli abiti classici, ai jeans, passando per l’intimo e l’abbigliamento sportivo. Poiché un’importante fetta della clientela è composta da famiglie, abbiamo scelto di allargare l’offerta anche ai prodotti per la casa, alla profumeria e ai giocattoli. Questa diversificazione merceologica ha rappresen-

Il nostro spirito imprenditoriale veneto convive con una visione europea del mercato. Questa è l’immagine che ci rappresenta al meglio

tato certamente un valore aggiunto in questi anni, che ci ha permesso anche di reggere meglio la crisi». Qual è quindi il vostro bilancio relativo all’ultimo biennio e quali le prospettive per la fine dell’anno e per il prossimo? «Per quel che riguarda il bilancio, nei due anni trascorsi siamo riusciti a mantenere i livelli di fatturato del passato. La crescita è stata frenata dalla situazione complessiva, tuttavia siamo riusciti a non fare passi indietro. Per la fine di quest’anno, speriamo in un buon risultato del periodo natalizio. Quando al futuro, crediamo che la vera svolta possa venire da un riassetto complessivo del sistema che restituisca potere d’acquisto e, soprattutto la voglia, alle persone, che in questa fase, anche qualora avessero le risorse, hanno limitato gli acquisti a causa dell’incertezza sul domani». VENETO 2011 • DOSSIER • 229


L’abbigliamento punta sulla diversificazione Come hanno reagito i centri di abbigliamento per scongiurare il calo delle vendite? Maurizio Berton spiega la necessità di puntare su più fasce di mercato, «offrendo una gamma di prodotti che tenga conto delle mutate abitudini di acquisto» Manlio Teodoro

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l calo generale dei consumi non poteva risparmiare il settore dell’abbigliamento. Ogni acquisto viene soppesato ed effettuato solo nel momento in cui diventa veramente necessario. E anche in questo caso l’attenzione al rapporto fra qualità e prezzo è ciò che guida l’acquirente. Per non accelerare la già accentuata fuga dei consumatori e limitare la diaspora verso il low cost, alcune aziende hanno scelto di puntare da una parte sul restyling e dall’altra su aspetti sostanziali, come la diversificazione dell’offerta. Questa è stata l’iniziativa di Maurizio Berton, titolare di Berton Abbigliamento, che spiega come è cambiato il mercato dell’abbigliamento sotto il segno della crisi: «La ridotta disponibilità economica ha influito in maniera decisa sulle scelte dei consumatori, che si sono fatti più attenti al rapporto prezzo/qualità e di conseguenza meno disinvolti nel fare acquisti non necessari. Percependo in anticipo la direzione verso la quale stava per orientarsi il mercato, già due anni fa abbiamo operato una scelta di campo molto netta. Accanto alla nostra offerta di abbigliamento di fascia media e medioalta abbiamo dato spazio a un outlet. Questa

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Maurizio Berton

La crisi ha influito in maniera decisa sulle scelte dei consumatori, che si sono fatti più attenti

Seduto al centro, Maurizio Berton, titolare di Berton Abbigliamento, marchio dei Magazzini Berton Srl, Bolzano Vicentino (VI). In piedi, da sinistra Marialuisa Berton, Amelia Marzi Berton e Vera Berton www.bertonmagazzini.it

scelta è risultata corretta, perché ci ha consentito di rivolgerci a più target, con possibilità di spesa differenti». Quindi avete avuto un riscontro positivo, nonostante il generale calo dei consumi? «Siamo riusciti a tenere in attivo il bilancio, anzi a incrementare il fatturato rispetto agli anni precedenti. Questo è stato possibile sia per la scelta di creare uno spazio outlet, sia grazie alla professionalità dei nostri addetti alla vendita, sia al restyling effettuato al negozio. Inoltre, outlet non vuol dire bassa qualità, ma solo prezzi bassi. Certamente siamo stati un’eccezione, ma non del tutto isolata. Anche se la situazione è dura, chi ha proposto qualcosa di nuovo è riuscito comunque a superare il momento». Quali categorie di prodotti offrite e quanti negozi avete all’interno del centro? «Il 90% della merce esposta sui nostri scaffali è abbigliamento. Inoltre abbiamo anche un punto vendita di biancheria per la casa, una profumeria, un negozio di calzature e uno di calze, oltre al bar e ad altri spazi prettamente ricreativi. All’interno del punto vendita dedicato all’abbigliamento, a sua volta, si trovano circa 40 negozi dedicati a vari brand. In questo modo riusciamo a soddisfare tutte le fasce di mercato». Qual è il bilancio dell’ultimo biennio di at-

tività e quali sono le prospettive per il futuro? «Le nostre proposte di innovazione e il recente restyling ci hanno permesso nel 2010 di pareggiare il bilancio, dopo alcuni anni di calo di fatturato, e il 2011 è stato un anno di crescita. Dunque il biennio appena trascorso è stato certamente positivo. Per quanto riguarda il futuro, la nostra strategia è di lavorare sempre più in sinergia con le aziende produttrici ponendo molta attenzione all'evoluzione del mercato. Certamente non bisogna mai fermarsi, proporre sempre nuovi stimoli e rinnovarsi di stagione in stagione. Il che non vuol dire solo rinnovare gli scaffali con i nuovi articoli di moda, ma anche puntare sulla formazione del personale, che è la vera risorsa per il nostro settore». Il vostro non è un centro commerciale vero e proprio, piuttosto un centro abbigliamento. Riesce a svolgere comunque la funzione di aggregatore sociale? «Abbiamo lavorato per farlo essere tale. Nel nostro centro non è solo possibile acquistare capi di abbigliamento, ma è anche un luogo di accoglienza e ristoro del cliente. Per questo abbiamo disposto degli spazi dedicati al relax ,all’incontro e un baby park per i nostri piccoli ospiti,spazi che sono indipendenti da quelli della mera vendita e che sono fruiti soprattutto, nel weekend quando, grazie all’orario continuato, riusciamo ad attrarre visitatori da tutto il Triveneto». VENETO 2011 • DOSSIER • 231


IL SETTORE CALZATURIERO

Tecnologia e investimenti per rilanciare il calzaturiero La crisi non sembra svanire nel breve periodo, anche per quei comparti che in Italia rappresentano delle vere e proprie eccellenze, come il calzaturiero. Bruno Bozzolan descrive la sua politica di investimenti e le nuove tecnologie impiegate dalla Tucano Macchine Antonella Chirico

e il “Made in Italy” è considerato sinonimo di eleganza e raffinatezza, lo si deve alla cura dei dettagli e alle materie prime utilizzate nei vari settori. Tutto questo è supportato da una rete di servizi e attrezzature predisposte ad elevare in potenza la qualità dei prodotti. Come nel ramo calzaturiero. Un comparto che da sempre ci fa eccellere nel mondo, ma che necessita di particolari attenzioni e specifici dispositivi capaci di canalizzare e ottimizzare il lavoro. Da anni opera in questo ambito, l’azienda Tucano Macchine. Quest’ultima si occupa di vendita d’impianti necessari alle imprese che producono calzature. L’azienda è formata da un team altamente specializzato in campo meccanico, elettronico e digitale. Bruno Bozzolan, il titolare, fa un quadro della situazione del comparto. Anche in tempi di crisi molte aziende hanno deciso di non lesinare sugli investimenti destinati alle nuove tecnologie e all’aggiornamento del parco macchine. La vostra esperienza con-

S Bruno Bozzolan, titolare della Tucano Macchine di Fossò (VE) www.tucanomacchine.it

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ferma questa tendenza? «Sono molte le aziende che hanno deciso di limitare gli investimenti in nuove tecnologie ma, fortunatamente, non tutte. La nostra clientela, oggi punta su macchinari e sistemi capaci di migliorare sensibilmente lavorazioni e processi e le nostre apparecchiature sono cresciute contemporaneamente alle esigenze del mercato. Dalla semplice funzione meccanica siamo passati alla pneumatica e all’oleodinamica, fino ad arrivare alla tecnologia digitale». Quale valore aggiunto rappresenta per un’impresa l’aggiornamento continuo? «Compatibilmente con le attuali condizioni economiche delle imprese, investire in nuove tecnologie è, a mio parere, uno sforzo notevole che però, dà i suoi frutti. Si lavora con maggior precisione e con maggiore riproducibilità degli articoli. I tempi di produzione sono più snelli, e il risultato è una minore fatica e una maggiore accuratezza nel realizzare il prodotto». Possiamo descrivere brevemente la vostra offerta? «Seguiamo quasi tutta la filiera produttiva: calzaturifici, solettifici e suolifici. Commercializziamo tavoli di taglio a lama oscillante, macchine laser galvanometriche, oltre a tutte le apparecchiature base, ovvero: premonte, calzere, presse, pantografi». Quali sono le ultime innovazioni della Tucano Macchine?


Bruno Bozzolan

Oggi le aziende calzaturiere puntano su macchinari capaci di migliorare lavorazioni e processi e le nostre apparecchiature sono cresciute in linea con le esigenze del mercato

«Da oltre un anno proponiamo una macchina che va a sostituire un processo che da sempre è stato esclusivamente manuale. Con la ditta Seit Elettronica di Valdobbiadene siamo riusciti a sviluppare una strumentazione ad hoc per la lavorazione dei sottopiedi attraverso un laser CO2 galvanometrico. Il nostro marchio è legato anche ai sistemi di taglio a lama oscillante della ditta Atom di Vigevano. Proprio grazie a questi dispositivi abbiamo abbracciato nuovi settori con discreti risultati: dalle guarnizioni ai lampadari, dagli accessori all'abbigliamento». Cosa vi distingue da altre aziende di settore? «La società vanta un gruppo di dieci addetti con profonde competenze tecniche, quindi siamo in grado di mettere a disposizione una mirata consulenza tecnico-commerciale che può fare la differenza. Non sempre i nostri clienti hanno le idee chiare, quindi volentieri si affidano all'esperienza maturata sul campo da tutto il reparto, che è il risultato vincente». Quali sono i vostri principali mercati di riferimento, intesi sia come settori industriali che come territori? «Il nostro core business è nel comparto calzaturiero e la zona di riferimento è la Riviera del

Brenta, dove si trova la nostra sede. Le calzature di lusso, che in questa zona vengono prodotte, nascono dalle nostre macchine. Attraverso il circuito virtuoso creato dai feedback positivi innescati dalla clientela storica, oggi seguiamo ditte in tutto il Veneto, in alcune province del Friuli Venezia Giulia, dell’Emilia Romagna e della Puglia. All'estero siamo presenti in Messico e in Polonia». In conclusione, può fare un bilancio dell’ultimo periodo di attività e delineare le prospettive per il prossimo futuro? «Gli ultimi anni sono stati difficili e la crisi non sembra svanire nel breve periodo. Solo gli investimenti in formazione del personale e un occhio attento alla scelta di nuove tecnologie da proporre, hanno permesso la sopravvivenza nel biennio 2008/2009, un "galleggiamento" nel 2010 e la visione di uno spiraglio nell'anno che volge al termine. Nel prossimo futuro prevedo, a livello generale, una forte battuta d'arresto, ma la Tucano Macchine ha già in serbo molte altre novità che "importerà" da settori lontani». VENETO 2011 • DOSSIER • 233


IL SETTORE CALZATURIERO

a calzatura italiana costituisce prima di tutto un valore culturale di tradizione, creatività e qualità che si tramanda da generazioni, oltre a rappresentare un valore commerciale ed economico di primo piano per il nostro Paese». A parlare al meeting annuale dell’Anci è il presidente Cleto Sagripanti. Un monito a puntare sempre di più sulla qualità del prodotto calzaturiero per riuscire a consolidare il made in Italy nel mondo. In linea con il monito di Sagripanti è Gabriele Maritan, titolare del Calzaturificio Maritan nel veronese. «La zona di Verona»- spiega Maritan -«era conosciuta soprattutto per un prodotto di volume a basso costo. In Italia ci sono dei distretti, come quello marchigiano o della riviera del Brenta, dove, solo pronunciare questo nome è sinonimo di qualità e ricercatezza del prodotto. Quelle poche realtà che sono rimaste a Verona hanno dovuto pensare, Maritan in primis, a qualificare il prodotto. Questa è l’unica formula che può portare dei risultati in prospettiva». Una qualità, sottolinea Maritan, a 360 gradi «non solo nel prodotto ma anche nel servizio, nella cura del cliente, nel far trovare l’azienda sempre pronta e ricettiva. Nelle novità, nelle sollecitudini del mercato e soprattutto nella puntualità. Al giorno d’oggi infatti ritardare una consegna di mezza giornata vuol dire incappare in contestazioni importanti».

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La qualità come valore culturale Puntare sulla qualità in ogni singolo aspetto della filiera. Questa la ricetta del Calzaturificio Maritan per consolidare la sua presenza capillare sul territorio italiano e nel resto del mondo. In modo particolare in Giappone. Ne parliamo con Gabriele Maritan Nicoletta Bucciarelli

Calzaturificio Maritan è un nome diventato sinonimo di storia e tradizione all’interno del settore. «Siamo nati come produttori specializzati e rivolti soprattutto al mercato tedesco come la maggior parte dei calzaturifici di questa zona. Poi negli anni ci siamo indirizzati anche ad altri mercati soprattutto quello inglese e quello italiano. Per essere competitivi su questi mercati abbiamo dovuto dislocare le varie fasi della produzione. Come molti abbiamo dovuto migrare nell’Europa dell’Est per quanto riguarda le principali lavorazioni quali il taglio, la giunteria e il montaggio finale». Per quanto riguarda la sede principale invece, questa si trova in una zona particolarmente congeniale. «trovarsi nella zona industriale di Villafranca in realtà è stata una casualità. L’azienda è nata nella zona industriale di Sommacampagna, inizialmente con dei piccoli numeri; poi i numeri sono cresciuti ed è nata l’esigenza di un luogo che potesse soddisfare i nostri bisogni. In quel periodo si è creata l’occasione di rilevare questo capannone

Il calzaturificio Maritan ha la sede a Dossobuono di Villafranca (VR) www.maritan.it


Gabriele Maritan

Storicamente produciamo calzature da uomo ma quattro anni fa, nel 2008, l’annus horribilis, abbiamo deciso di inserire anche il comparto donna

situato in una zona ottima sia dal punto di vista strategico che logistico. Siamo infatti vicino sia all’aeroporto sia all’imbocco della tangenziale». La produzione del calzaturificio Maritan è sia in proprio che per conto di importanti griffes. «Per il mercato italiano produciamo principalmente con il nostro marchio, Marco Ferretti. Lavoriamo inoltre in collaborazione sia con importanti catene di negozi inglesi, sia con un grosso importatore Giapponese». In fatto di design e prodotto, il calzaturificio veronese segue una linea ben precisa. «Storicamente Maritan è riconosciuto per le calzature da uomo ma quattro anni

fa, nel 2008, l’annus horribilis, abbiamo deciso di inserire anche il comparto donna. È stata una scelta vincente che ci ha dato ottimi risultati. Per quanto riguarda la moda, questo dipende molto dalla fascia del prezzo in cui ci si vuole collocare. Noi che siamo nella fascia media dobbiamo filtrare le tendenze per un pubblico accorto ma non esasperato. Alcune delle nostre proposte riscontrano un buon successo in tutti i mercati in cui operiamo, dall'Italia all'Inghilterra, dal Giappone fino al Canada». A fine 2011 è possibile tracciare un andamento del mercato. «Veniamo da un ottimo invernale ma da un deludente estivo, dipendente soprattutto dal clima e dalla situazione economica». Spiega Maritan. «L’estate infatti si è notevolmente allungata quest’anno ed alcune linee di prodotto non hanno per questo ricevuto la giusta risposta. Un fattore molto importante per il nostro sviluppo è stata la rete vendita che ha fatto sentire la sua presenza sul territorio. Una capillarità sul territorio consolidata da 10 agenti che ricoprono la rete vendita sull’Italia». Gabriele Maritan getta infine un pensiero sullo stato dell’imprenditoria italiana e su cosa chiede maggiormente. «Principalmente una mano dalle istituzioni. L’inventiva che possediamo in Italia, i materiali, la voglia di fare, sono tutte caratteristiche che ci contraddistinguono all’estero ma che risultano penalizzate da molti altri fattori che non ci permettono di emergere come vorremmo e potremmo. La situazione non è favorevole in nessun campo ma noi piccoli/medi imprenditori italiani ci sentiamo particolarmente soli nell’affrontare vicissitudini e ostacoli senza il supporto che potrebbe venire dallo stato». VENETO 2011 • DOSSIER • 235


IL SETTORE CALZATURIERO

Il calzaturiero cresce con l’export «Anticipare la domanda per essere competitivi, migliorare e innovare continuamente». L’esperienza di Gianfranco Modenese, già apprezzato sul panorama internazionale, oggi impegnato nella ricerca di materiali innovativi Renata Gualtieri

i siete salvati per la qualità dei vostri prodotti, più che per le quantità vendute». La dichiarazione di Tito Boeri, economista, professore alla Bocconi, indirizzata alla platea degli imprenditori delle calzature iscritti all’Anci, riassume lo stato di salute del comparto. Messo quasi al tappeto dalla crisi del 2008, scoppiata proprio durante l’edizione autunnale del Micam, il settore ha saputo rialzare la testa. Adesso, però, avverte Boeri, «per allontanarsi dal baratro, il sistema Italia deve evitare una forte recessione e puntare sulla domanda estera». «Tutti gli indicatori sono positivi – assicura Cleto Sagripanti, presidente Anci – dal saldo commerciale a +10,5%, all’import (+16,3), alla produzione (+4,4%) e all’export (+13,7%). In rosso, in pratica, restano i consumi interni che nel 2010 segnano un 0,4%». Quanto ai mercati di destinazione, Francia, Germania, Stati Uniti, Svizzera e soprattutto Russia vanno bene, ma anche Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi. Un cammino tutto orientato all’export è quello di Relaxshoe Srl che inizia negli anni 60 quando Gianfranco Modenese crea la commerciale Modenese Srl Creazioni Luca Shoe e pone le fondamenta del successo dell’attuale Relaxshoe Srl. L’azienda già conosciuta per i suoi sandali e scarpe femminili

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La Relaxshoe Srl ha sede a San Giovanni Ilarione (VR) www.relaxshoe.it

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con sottopiedi anatomici, garanzia di comfort, relax e resistenza, e per gli stivali e sandali in plastica, diventa presto leader nelle esportazioni verso la Germania, la Scandinavia, fino agli Emirati Arabi. «Passo dopo passo ci siamo fatti conoscere e apprezzare nel panorama internazionale - spiega Gianfranco Modenese - mi piace pensare che oggi in tutto il mondo, donne di ogni età, stile e personalità indossino e amino le nostre scarpe». Queste le motivazioni che hanno incoraggiato e spinto Gianfranco Modenese a creare direttamente le proprie calzature e ad avviare il suo primo laboratorio artigiano, trasformando l’azienda da semplice commerciale a produttrice. «Ero stanco di ritardi nelle consegne, difetti di produzione, inconvenienti e ostacoli». Stimolante audacia, grande temperamento, fermezza nelle scelte e duro lavoro sono le fondamenta e il patrimonio di quella che oggi è divenuta una realtà consolidata e riconosciuta nello scenario internazionale. Dal 1999 Relaxshoe Srl si è trasformata in un’unica società che unisce abilmente al suo interno 3 diversi marchi: Relaxshoe, le calzature femminili in pelle con suola anatomica, must dell’azienda. Easy’nRose (made in Relaxshoe), la linea di punta nella gamma delle scarpe in pelle, più ricercata ed esclusiva. Galmod, la fantasia e la creatività nel mondo delle calzature di plastica, ampiamente rivolto al private label.


Gianfranco Modenese

L’azienda investe nello studio di materiali innovativi, nella ricerca di lavorazioni originali e nuove possibili costruzioni

Oggi Gianfranco Modenese può contare sulla fidata collaborazione dei figli maggiori Gianluca e Giuseppe, che hanno raccolto l’eredità del padre e la sua preziosa passione, e sul contributo del più giovane Paolo, che a breve entrerà a far parte pienamente del team. «In questi 50 anni la nostra azienda è cresciuta e si è arricchita di nuovi e brillanti collaboratori, diventando una squadra forte, affiatata, creativa e intraprendente». Relaxshoe oggi si avvale della cooperazione di 280 dipendenti diretti e di oltre 700 persone di indotto. Cuore dell’azienda è la sede di San Giovanni Ilarione nel veronese dove, oltre alla direzione centrale, si trovano l’ufficio stile, i laboratori di modellistica e progettazione, le aree di controllo e i magazzini delle materie prime e del prodotto finito, l’area commerciale e lo showroom. Tutte le fasi produttive sono seguite direttamente dalla casa madre ed effettuale all’interno degli stabilimenti senza ricorrere all’appoggio di terzisti. Questo permette sicuramente un migliore controllo della produzione e la garanzia di una maggiore qualità del prodotto finito. «Nel nostro lavoro – spiega Gianfranco Modenese – per crescere ed essere competitivi, è fondamentale avere una visione a 360°, essere

proattivi e saper anticipare la domanda. Bisogna creare le nuove tendenze, non solo seguirle». Per questo l’azienda investe continuamente nello studio di materiali innovativi, nella ricerca di lavorazioni originali e nuovi possibili abbinamenti, come l’utilizzo combinato della pelle e della gomma, nello sviluppo di nuovi prototipi di calzature e suole che si adattino perfettamente all’anatomia del piede e alle diverse esigenze di utilizzo; nell’analisi e utilizzo di nuove tecniche di produzione e di moderni macchinari sempre più precisi, veloci, efficienti. È la modelleria il centro di ogni creazione, cuore pulsante dell’azienda, laboratorio di idee, dove si esplorano e plasmano le nuove collezioni. Connubio perfetto tra la grande esperienza artigianale e imprenditoriale del suo fondatore e l’estro creativo dei suoi collaboratori. VENETO 2011 • DOSSIER • 237


INDUSTRIA ALIMENTARE

Impianti personalizzati per l’industria alimentare Diversificare non solo la tipologia di macchinari trattati, ma anche la struttura produttiva, in modo da adeguarla alle esigenze del mercato. Secondo Antonio Pietribiasi, nel settore degli impianti per l’industria alimentare la crisi si combatte anche così Amedeo Longhi

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Antonio Pietribiasi

al latte ai formaggi, dallo yogurt ai succhi di frutta, dalla birra alla pasta filata, sono tantissimi i prodotti alimentari che passano attraverso particolari impianti. Secondo Antonio Pietribiasi però, titolare dell’omonima azienda, non è solo la diversificazione merceologica a fare la differenza: «Flessibilità e personalizzazione sono necessarie sia nella qualità, ovvero nella tipologia, che nella quantità, ovvero la dimensione, delle commesse. Cerchiamo di accontentare tutti, dalla piccola azienda che effettua una produzione limitata alle grandi serie industriali». Qual è il mercato che servite, sia dal punto di vista merceologico che da quello territoriale? «La nostra produzione copre tutte le tipologie dei fluidi alimentari per piccole, medie e grandi industrie. Circa il 20% dei nostri prodotti è destinato al territorio nazionale, mentre il restante 80% viene esportato all’estero. Analizzando nello specifico il mercato in cui operiamo, notiamo un aumento nel nostro territorio di piccole industrie, soprattutto nel settore lattiero-caseario: piccoli allevatori non soddisfatti dei ricavi derivanti dalla vendita di latte crudo si dedicano alla produzione di latte pastorizzato e formaggi, attività che consentono rendite sicuramente molto più soddisfacenti». Quali sono le tipologie di lavorazione per cui producete attrezzature e in cosa differi-

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scono l’una dall’altra? «Le attrezzature per il trattamento dei fluidi alimentari e in particolare nel trattamento termico non differiscono molto dal punto di vista concettuale l’una dall’altra: passiamo dal latte al gelato, dalla birra ai succhi di frutta, dai mosti ai vini senza dei grandi cambiamenti nella macchina finale». Quanto sono importanti per voi tutti gli aspetti che attengono al rispetto della legislazione? «Chiaramente tutti i nostri prodotti devono essere conformi a tutte le normative igienico-sanitarie. Particolare attenzione viene attribuita alla saldatura della tubazione, che viene effettuata in atmosfera protetta, così da evitare il ristagno del prodotto e prevenire il rischio di formazione di batteri». Che tipo di rapporto intrattenete con fornitori di materie prime e produttori, anche a livello di scambio di competenze, soprattutto per quanto riguarda i metodi di produzione? «Quotidianamente ci consultiamo per discutere sui prodotti che usiamo normalmente. Cerchiamo poi sempre di unire la loro esperienza con la nostra, ma soprattutto vogliamo sempre essere informati nel caso ci siano degli aggiornamenti tecnologici che potremmo applicare o delle nuove ricerche o ancora metodologie che potremmo considerare anche solo in prospettiva».

Antonio Pietribiasi (a sinistra), titolare insieme al fratello Mario della Pietribiasi Michelangelo di Marano Vicentino (VI). Nell’altra immagine, esempi di prodotti dell’azienda www.pietribiasi.it

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INDUSTRIA ALIMENTARE

L’innovazione continua delle vending machines Con Antonio Adriani, fondatore di Fas International, azienda che opera nel settore del vending da più di 45 anni, parliamo della nascita e continua evoluzione della sua impresa. Fino alle ultimissime novità Emanuela Caruso

ul finire degli anni 60, ogni ambiente di lavoro e area ristoro era attrezzato con distributori di bevande calde. Mancavano invece sul mercato i distributori automatici di prodotti alimentari solidi refrigerati e non, che avrebbero permesso di affiancare all’offerta di caffè e tè anche quella di biscotti, panini, snack e bibite fresche, e di rendere completi e piacevoli le pause pranzo e i momenti di relax. In questo settore, quindi, il segmento del freddo era un ambito ancora inesplorato sia in Italia che in Europa e di conseguenza presentava grandi margini di sviluppo e soprattutto la necessità di nuovi costruttori interessati alla realizzazione di distributori automatici. E proprio da questi mac-

S Antonio Adriani, presidente della Fas International Spa di Schio (VI). Nella pagina a fianco, operai al lavoro sui distributori automatici www.fas.it

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chinari e dalle nuove esigenze del mercato si sono fatti affascinare Antonio Adriani e la sua società, la Fas International. «L’idea di produrre distributori automatici – spiega Antonio Adriani, presidente della Fas – mi è venuta a metà degli anni 60 mentre mi trovavo in un bar. Osservavo sul bancone un vassoio per antipasti diviso in spicchi e coperto da una cupoletta di plexiglass: si girava il coperchio fino ad arrivare all’antipasto scelto e si alzava la cupoletta per prenderlo. Ho pensato a come poter automatizzare quel meccanismo e ho costruito il primo prototipo di distributore». La macchina che lei aveva ideato era però già in commercio in alcuni Paesi, in che modo è riuscito a differenziare e a rendere unici i suoi distributori? «Quando scoprii che erano già stati brevettati i distributori automatici, studiai in maniera scrupolosa quelli commercializzati per cercare lo spazio per un passo avanti, un’innovazione. E lo trovai nel fatto che i dieci piani con cui erano costruite quelle macchine avevano altrettanti dischi azionati ognuno da un motore diverso, ovvero sulla stessa macchina agivano ben dieci motori. L’obiettivo principale divenne allora quello di progettare un distributore capace di far girare dieci dischi indipendenti l’uno dall’altro e azionati da un unico motore. Il nostro fu il primo distributore automatico messo in funzione da un solo motore».


Antonio Adriani

Siamo ormai specializzati sia nel segmento del caldo che in quello del freddo e ci poniamo sul mercato come uno dei più importanti player del vending

La Fas International è oggi leader del segmento del freddo, Snack &Food, nel settore delle Vending Machines, e continua a investire nell’innovazione e nei nuovi prodotti. «L’innovazione è essenziale per garantire all’azienda uno sviluppo continuo e per poter soddisfare un mercato sempre più esigente. Per questo motivo oltre ad ampliare l’attività sul segmento del caldo, Hot & Cold, abbiamo creato nuovi prodotti. Da poco è nata la nostra Just Now, una macchina con forno microonde incorporato, che permette di selezionare come un normale distributore un panino, una brioches o qualsiasi altro alimento, che prima di essere erogato viene, però, riscaldato per qualche secondo. Il risultato finale è un prodotto gustoso e fragrante». È nuovo anche il progetto che state portando avanti sulla gestione delle mense automatiche. Com’è nato e in cosa consiste? «Questo progetto è stato ispirato dal periodo di crisi economica che stiamo vivendo e in cui è diventato necessario abbattere i costi. La macchina che abbiamo ideato potrebbe aiutare le famiglie, i giovani e i lavoratori che ogni giorno mangiano nelle mense. Abbiamo creato un distributore di pasti caldi che permette di prenotare in anticipo ciò che si vuole mangiare e l’ora in cui lo si vuole mangiare. In questo modo il gestore sa esattamente quali e quanti pasti sono da caricare nel distributore, senza il rischio di immettere prodotti che potrebbero rimanere invenduti, e chi ha prenotato il pasto deve solo inserire una chiavetta prepagata e ritirare il piatto scelto. Qualche minuto prima dell’ora in cui i vari piatti devono essere

erogati, si aziona in modo automatico il riscaldamento dei cibi, che fino ad allora vengono conservati alla giusta temperatura». L’impresa sta cercando di aumentare ulteriormente il livello di competitività attraverso una campagna di comunicazione. Quali sono i principi aziendali messi in evidenza? «Diamo risalto alla nostra capacità innovativa e alla qualità dei prodotti, indispensabile garanzia di funzionalità e affidabilità. Evidenziamo il design dei distributori Fas, che li rende dei veri e propri componenti d’arredo, e diamo grande importanza al risparmio energetico, sfida futura che il settore Vending dovrà affrontare». VENETO 2011 • DOSSIER • 241


INDUSTRIA ALIMENTARE

Dietro le quinte della cucina italiana «Interfacciarsi con gli chef significa calarsi nel loro mondo, prendere parte alle dinamiche di lavoro, capirne le problematiche, quindi proporre l’apparecchiatura giusta». Andrea Seno spiega il backstage della grande cucina italiana Paola Maruzzi

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a buona cucina è il fattore dominante dell’italian style of life, sia dentro che fuori casa. Secondo la Federazione italiana dei pubblici esercizi, nel nostro Paese si contano circa 70mila aziende tra trattorie, ristoranti e pizzerie. Si tratta di numeri in potenziale espansione, che producono un giro d’affari annuo superiore ai 30 miliardi di dollari. Questi sono i contorni di un fenomeno già noto e su cui si potrebbe continuare a parlare all’infinito. Non ancora pienamente affrontato è il “backstage” dei grandi chef. Insomma, di quali strumenti si avvalgono? Per chiarirlo interviene Andrea Seno della Seno&Seno, la prima società che direttamente progetta, produce e coordina una molteplicità di soluzioni tecniche e servizi integrati ai settori della grande distribuzione Horeca dell’industria alimentare. «Interfacciarsi con i prìncipi dei fornelli significa calarsi nel loro mondo, prendere parte alle dinamiche di lavoro che vivono quotidianamente, capire le necessità e le problematiche che vorrebbero risolte, quindi proporre l’apparecchiatura. Insomma, cosa facile a dirsi ma molto meno a farsi». Per quale motivo? «Perché questo nostro indagare preventivo talvolta destabilizza il cliente, mettendolo in una posizione di difesa. Poniamo il caso in cui voglia semplicemente acquistare una lavastoviglie. Molto probabilmente non comprenderà il perché di tante domande. È difficile, infatti, porsi in una posizione d’ascolto, soprattutto quando a doverlo fare è uno chef che si è costruito un’attività con il proprio sistematico modo di fare: cambiarlo, anche in meglio, vorrebbe comunque dire metterlo in discussione. Ma a questo punto scatta la capacità di accompagnarlo verso un ragionamento che gli faccia rivivere le difficoltà della situazione lavorativa, in questo caso il lavaggio delle stoviglie, sottolineando quegli aspetti che la rendono problematica».

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Andrea Seno

Come riuscite a dialogare? «È meglio non soffermarsi in maniera eccessiva sulle caratteristiche tecniche dell’apparecchiatura come pressione, potenza, ed elettronica. Si possono fare degli accenni ma solo se contestualizzati in funzione di una particolare problematica e valorizzati attraverso esempi. Questo va fatto non necessariamente per vendere il macchinario più costoso quanto quello che effettivamente serve, il più adatto alle esigenze del caso. Un’ottica di ascolto e confronto ritenuto indispensabile per proporre apparecchiature e quindi soluzioni giuste. Unico modo questo per legare il cliente ad un rapporto di fiducia». Sembra che nell’ambito della ristorazione manchi la professionalità di chi propone gli strumenti giusti. Che valore aggiunge operare nel campo da trent’anni? «In un mondo in cui le alternative sono infinite l’esperienza assume un valore unico diventando punto di riferimento, metro di giudizio. Se ne capisce l’importanza quando ci si trova di fronte a un problema. La consapevolezza di affidarsi alle mani esperte di un professionista rassicura, ridimensionando ogni difficoltà». Vi rivolgete solo all’alta cucina? «Ci rivolgiamo a chi si sente uno chef o ambisca a diventarlo, dall’osteria di paese al più rinomato ristorante, fino alla grande distri-

Ogni attrezzatura, per quanto ben costruita, è uno strumento di lavoro pertanto va mantenuta efficiente

buzione alimentare e perché no, anche per chi non fa della cucina un mestiere ma una passione vera». Cosa significa cucinare a quattro stelle? «Oltre a essere il nostro slogan, rappresenta i nostri cardini. La progettazione, cioè competenza ed esperienza nel proporre le migliori soluzioni per l’ottimizzazione degli spazi, delle dinamiche organizzative e delle problematiche di lavoro in cucina. La minuteria, quindi una gamma d’accessori e complementi per il bar, la pasticceria, la macelleria e la ristorazione selezionati tra i migliori produttori internazionali, pregiati nelle finiture e nei materiali e dal prezzo accessibile. Le attrezzature, come forni, friggitrici, sistemi di lavaggio, impastatrici, fabbricatori di ghiaccio, cutter e tutto quanto possa servire agli operatori della ristorazione. E, infine, il servizio: ogni attrezzatura, per quanto ben costruita, non è un suppellettile ma uno strumento di lavoro pertanto va mantenuta efficiente».

In apertura, Andrea Seno della Seno & Seno Srl di Verona. In alto, operatore a lavoro e chef ai fornelli www.senoeseno.it

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INDUSTRIA ALIMENTARE

Gli strumenti di cottura dei grandi chef La ricerca e lo sviluppo di soluzioni tecnologicamente innovative è l’obiettivo principale delle aziende produttrici di strumenti di cottura per la ristorazione professionale. Paolo Candiago parla del passaggio dalle cucine a legna alla linea Steambox Emanuela Caruso

rmai da sei edizioni, nel borgo medievale situato nell’entroterra della Costa Azzurra si svolge il Festival Internazionale della Gastronomia “Les Etoiles de Mougins”. Quest’anno la kermesse culinaria si è svolta dal 16 al 18 settembre e a sfidarsi sono stati 84 tra i migliori chef pluristellati del mondo. A contribuire di anno in anno alla perfetta riuscita di questo evento non sono solo le indubbie capacità degli chef in gara, ma anche il supporto e le prestazioni tecniche fornite da tecnologie, attrezzature e strumenti da cottura messi a disposizione del Festival dalle società produttrici. Anche nel 2011, come supporto tecnico e partner della ristorazione, è stata scelta l’impresa Giorik, specializzata da quasi cinquant’anni nella produzione di cooking equipment. «I nostri strumenti di cottura –

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Paolo Candiago, presidente della Giorik Spa di Sedico (BL) www.giorik.com

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commenta Paolo Candiago, presidente dell’azienda – sono stati impiegati per le sfide tra i grandi chef, per il concorso delle giovani promesse e per le dimostrazioni fatte nelle strade di Mougins. Anche in questa occasione le nostre forniture sono riuscite a dimostrare la loro affidabilità, versatilità e capacità di soddisfare le esigenze di cuochi provenienti da tutto il mondo». Dal 1963, anno di fondazione della società, ad oggi, come si sono innovati i prodotti? «L’attività di famiglia, partita con la produzione di cucine a legna nel primo dopoguerra, ha visto la sua prima vera innovazione con le friggitrici professionali, all’epoca del tutto sconosciute nelle cucine dei ristoranti. Successivamente, negli anni 80, la Giorik ha introdotto sul mercato la linea di cottura snack, le salamandre e i forni a convezione e quelli misti, continuando quindi a innovare il settore. In questi ultimi anni, poi, abbiamo scombussolato il mercato con piani di cottura igienici, personalizzati ed eseguiti su misura, con forni pensati per l’utilizzo nella ristorazione non intensiva, ovvero la gastronomia e la pasticceria, con salamandre non più controllate da comandi elettromeccanici, ma da comandi capacitivi, e infine con Steambox, una linea di forni per la ristorazione intensiva che è andata a sostituire i forni Fantasteam e Fantastic».


Paolo Candiago

I prodotti Giorik sono coperti da brevetti internazionali che ne dimostrano l’unicità in merito a efficienze termiche e risparmi energetici

Quali particolarità distinguono la linea Steambox? «Steambox è formata da una gamma di forni misti convezione/vapore e si compone di due livelli, il basic, caratterizzato da comandi meccanici e da una generazione del vapore in modalità instant, e il top, che monta comandi touchscreen e dispone di un sistema combinato di produzione del vapore, che integra un nuovo generatore a quello instant. Come la maggior parte dei prodotti Giorik, anche Steambox è protetto da un brevetto internazionale». Oltre alla portata innovativa, quali altri valori aggiunti si possono riscontrare nei prodotti Giorik? «Aumentano la qualità dei nostri prodotti lo studio accurato delle modalità di cottura, la semplificazione degli strumenti e l’ecosostenibilità. Le nostre apparecchiature cuociono a convezione, a vapore, sottovuoto, e ancora grigliano, friggono, gratinano e rigenerano in modo da mantenere inalterate le qualità organolettiche dei cibi e garantire così alimenti sempre sani e nutrienti. Inoltre, tutti i prodotti marchiati Giorik sono intuitivi, in quanto riteniamo essenziale semplificare e velocizzare le complesse operazioni che ogni giorno vengono svolte nelle cucine professionali. Infine, tutti i nostri macchinari ven-

gono sviluppati e realizzati per lavorare a basso consumo energetico e per avere una lunga durata. In questo modo diminuiamo al minimo l’impatto ambientale». La soddisfazione del cliente ha guidato sin dall’inizio l’attività della Giorik. In che modo riuscite puntualmente a ottenerla? «Per un’azienda come la nostra, leader nel settore della ristorazione professionale, soddisfare il bacino d’utenza significa ascoltare e capire le varie esigenze e richieste, realizzando sia modelli “standard” che strumenti personalizzati e su misura. Competenze, eccellenza operativa e produttiva, back up e assistenza rendono il servizio ai clienti Giorik completo, efficiente e di qualità». VENETO 2011 • DOSSIER • 245


INDUSTRIA ALIMENTARE

Un’alternativa responsabile alla plastica Lo Scatolificio del Garda da 40 anni produce stoviglie monouso di materiale non plastico. Un’ecosostenibilità testimoniata in ogni aspetto della filiera. Ne abbiamo parlato con il titolare Luca Sandri Nicoletta Bucciarelli

a alcuni mesi le buste di plastica sono state sostituite dalle buste biodegradabili e gli italiani sembrano aver accolto bene la novità. L’83% dei cittadini ritiene “indispensabile” non tornare indietro e il 90% è soddisfatto per il cambiamento di un’abitudine che “migliora l’ambiente e riduce la spazzatura”. «Gli italiani – ha commentato l’ex ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo – hanno dato prova in questi mesi di una straordinaria maturità ambientale, accettando di buon grado il divieto dei sacchetti usa e getta e utilizzando le buste biodegradabili o borse della spesa riutilizzabili. Siamo i primi in Europa ad aver messo “fuori legge” gli shopper inquinanti, con un provvedimento che ha suscitato molti consensi e ha aperto la strada ad un ripensamento in sede Ue sull’argomento. Adesso dobbiamo andare avanti». Ed è proprio su questa strada d’apertura verso una sensibilità ambientale, che si è sempre mosso lo Scatolificio del Garda. Dal 1969

D Luca Sandri è titolare dello Scatolificio del Garda di Pastrengo (VR)

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l’azienda di Pastrengo produce articoli cartotecnici e da oltre 20 anni, piatti, bicchieri, e posate per uso alimentare, oltre a contenitori per i più svariati settori. Tutti rigorosamente in materiale non plastico. Le linee di prodotti comprendono il “mondo gelato”, la linea “bicchieri”, “fast food”, “piatti”, “scatole rotonde per formaggini”, “contenitori cartotecnici”, “Linea Caffè” e “Bioplat® bio-line”. Una vasta gamma di prodotti biodegradabili al 100% di vario genere: bicchieri in cartoncino, posate in legno, contenitori misti in foglia di palma e in polpa di cellulosa. Luca Sandri, titolare dell’azienda, racconta l’anima dello Scatolificio del Garda. Operando nel settore cartotecnico il riciclaggio è un fattore di primaria importanza. In che modo si inserisce questa filosofia all’interno dello Scatolificio del Garda? «Noi, da sempre, siamo molto attenti agli sviluppi che si vanno a determinare in questo campo. Per questo motivo da anni abbiamo creato all’interno dello stabilimento di produzione l’immediata raccolta a mezzo aspirazione di tutti i rifili della carta utilizzata che vengono poi spediti alle cartiere per ottenere del nuovo cartoncino da usare per le future produzioni». Secondo lei anche le stoviglie monouso seguiranno la rivoluzione iniziata con la sostituzione delle buste di plastica con buste biodegradabili, rispecchiando così una nuova sensibilità per la questione ambientale? «Da circa 20 anni siamo attivamente interessati


Luca Sandri

Siamo stati i primi a realizzare un bicchiere in carta completamente biodegradabile. Oggi la nostra attività si è arricchita di produzioni bio creando il brand “Bioplat”

alle stoviglie biodegradabili tanto che, siamo stati i primi al mondo a realizzare un bicchiere in carta completamente biodegradabile. Oggi la nostra attività si è ulteriormente arricchita di produzioni bio creando un brand “Bioplat” che ne rappresenta perfettamente la filosofia. Tutti gli articoli “Bioplat” sono ecosostenibili, derivando da piantagioni controllate e soprattutto di rapida rinnovabilità in natura come canna da zucchero e foglie di palma. Le varie forme sono da noi direttamente curate per dare un’eleganza alla tavola che andiamo ad apparecchiare mantenendo comunque la caratteristica intrinseca del prodotto. Ogni articolo è certificato sia biodegradabile che compostabile al 100%». Tutto ciò si inserisce in una provincia come Verona che ha optato per una scelta ben precisa. «Esattamente. Dal primo giugno 2010 il materiale delle stoviglie “usa e getta” per il consumo di alimenti e bevande, in occasione di manifestazioni temporanee che si svolgono su aree pubbliche, dovrà essere solo e soltanto di tipo biodegradabile. E la norma è stata prorogata fino al 31 maggio 2012». L’impianto fotovoltaico di cui si è dotato lo Scatolificio del Garda rispecchia in pieno l’anima sostenibile dell’azienda. «È praticamente un cerchio che si chiude. Abbiamo pensato, per coerenza, di contribuire direttamente ad evitare emissioni di CO2 nell’ambiente e con questo impianto che sviluppa

una potenza di 750 KW riusciamo a ridurre le emissioni. La quantità di CO2 non emessa nell’atmosfera è di 420.000 Kg». Qual è il mercato di riferimento dello Scatolificio del Garda? «Il mercato di riferimento dell’azienda resta sicuramente l’Italia. In ogni caso, abbiamo incrementato parecchio i nostri rapporti con l’estero. Mi riferisco soprattutto all’area Euro, anche se ultimamente stiamo ricevendo grandi soddisfazioni anche in aree fuori dall’Europa». Lo Scatolificio del Garda parte da una filosofia, quella che è stata tramandata da suo padre, ovvero “seguire le evoluzioni del mercato e accontentare il cliente”. Considerando che l’azienda nasce nel 1969, cosa è cambiato da quegli anni nei bisogni del cliente? «Innanzitutto sono cambiati i rapporti umani tra le persone. Una volta si poteva stringere la mano a qualcuno e tale stretta valeva come un contratto, oggi non vengono rispettati nemmeno i contratti elaborati da esperti legali. Partendo da questo devo sottolineare che i maggiori cambiamenti li abbiamo avuti nella produzione;

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INDUSTRIA ALIMENTARE

siamo infatti passati da una produ-

Sopra, Luca Sandri in un momento di riunione. Sotto, l’impianto fotovoltaico di cui si è dotato lo Scatolificio del Garda www.sdgspa.it

zione semplice come scatole per calzature ad una molto più complicata, specifica e particolare come la cartotecnica per industrie alimentari. Negli ultimi tempi, il cliente è molto attento alla qualità del prodotto e sempre più accorto al prezzo. In un mercato globale ci vediamo costretti a confrontarci con realtà che hanno costi notevolmente più bassi ma, fortunatamente almeno per ora, non con la nostra qualità e servizio». Oltre alla flessibilità, su cosa avete puntato maggiormente per restare competitivi in un mercato in evoluzione? «Sicuramente sulla rapidità di risposta e sulla qualità del prodotto. In un mercato dove le multinazionali sono aziende sempre più pachidermiche e conseguentemente le risposte tardano ad arrivare, chi è ben organizzato riesce ad infilarsi e ad ottenere quel credito che gli permette di consolidare la propria posizione». Come viene accolto il vostro prodotto dal pubblico italiano e che cosa apprezza maggiormente delle sue caratteristiche? «Il nostro prodotto è apprezzato fondamentalmente per motivi ben precisi: la qualità dei materiali utilizzati, la nostra certificazione di qualità che offre le garanzie sul processo pro-

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Da anni abbiamo creato l’immediata raccolta a mezzo aspirazione di tutti i rifili della carta utilizzata che vengono poi spediti alle cartiere per ottenere del nuovo cartoncino

duttivo. Ogni articolo da noi prodotto è accompagnato da una certificazione di alimentarietà, igienicità e, laddove richiesto, biodegradabilità e compostabilità. Caratteristiche non semplici da ottenere». Una praticità dei prodotti che in ogni caso non lascia mai in secondo piano il fattore estetico. In che modo vengono coniugate le due cose? «Il fattore estetico non viene mai trascurato, come per altro il gusto grafico. La continua ricerca dei materiali più adatti ad assimilare la praticità all’eleganza si riassume in una sola parola il “ made in Italy”. Per tutte le nostre linee il fattore estetico è di primaria importanza. Basti pensare anche alle campagne pubblicitarie che accompagnano i gelati, altro nostro importante business, per comprendere quanto è caratteristica imprescindibile del nostro prodotto essere sia pratico che bello».



PRODOTTI ALIMENTARI

Cresce l’export dei salumi veneti Capitanato dai vari ed eccellenti prosciutti Dop, il settore veneto dei salumi riconquista gli alti livelli del mercato e il palato dei consumatori. Anche su scala mondiale Emanuela Caruso

export dei prodotti della salumeria sta tornando a far parlare di sé. Nel primo semestre 2011, infatti, le spedizioni dei salumi hanno toccato quota 63mila tonnellate, per un valore monetario pari a 490 milioni di euro. In questa importante rimonta, la posizione in prima linea è occupata dai prosciutti crudi tipici della tradizione italiana. I dati Istat hanno rivelato che le esportazioni di prosciutto crudo hanno raggiunto quasi le 27mila tonnellate, con un aumento rispetto al 2010 del 10,9%. A consolidarsi non sono state solo le vendite nei paesi comunitari come Francia, Germania e Austria, ma anche quelle nei paesi emergenti e negli

L’ Maurizio Manfrè, direttore commerciale della Brendolan Prosciutti Spa di Meledo di Sarego (VI). Nelle altre immagini, fasi di controllo della produzione www.brendolan.it

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Stati Uniti. Tra le aziende che aspettavano la ripresa del settore e dell’export, anche la Brendolan Prosciutti, che da più di ottant’anni produce e vende prosciutti crudi di estrema qualità. «La nostra impresa – commenta Maurizio Manfrè, direttore commerciale dell’attività – esporta il 10% della produzione in molti paesi d’Europa, come Austria, Belgio, Lussemburgo, Francia, Gran Bretagna, Polonia, Spagna e Svizzera, e del resto del mondo, ad esempio Brasile, Cina, Canada, Stati Uniti e Giappone». La Brendolan Prosciutti, diventata “ambasciatrice dell’alta salumeria italiana”, può vantare la produzione di vari prodotti a denominazione d’origine protetta. «Siamo produttori di ben tre prosciutti Dop: il S. Daniele, il nostro cavallo di battaglia e quello per cui intravediamo ancora ampi margini di miglioramento, soprattutto nel libero servizio e nel take away;; il Prosciutto Veneto, denominazione riservata ai prodotti il cui ciclo di produzione avviene in determinati comuni, tra cui Saletto, Montagnana, Noventa Vicentina, Lonigo e Poiana


Maurizio Manfrè

La nostra azienda produce e distribuisce sul mercato ben 4 prosciutti Dop, il S. Daniele, il Parma, il Veneto e il Carpegna

Maggiore; e infine il Carpegna, un prodotto dalla realizzazione severamente disciplinata che impone di eseguire la lavorazione e la stagionatura dei prosciutti nel solo comune di Carpegna». La Brendolan Prosciutti non si limita però alla sola produzione di alimenti dop e si occupa anche «del prosciutto Nazionale, ottenuto dalla carne di suini di razza pregiata, del prosciutto crudo Istria e della linea Specialità, composta dai sapori dolci e delicati dei salumi tipici della zona. La nostra società, inoltre, propone al mercato la linea Affettati per piacere, con cui abbina la freschezza del banco gastronomia alla praticità della vaschetta, così da rispondere alle esigenze del consumatore moderno offrendo comunque l’Alta Salumeria Italiana». La Brendolan Prosciutti riesce a garantire la qualità dei propri prodotti attraverso una filiera produttiva completa e a controllo diretto. «Per raggiungere l’eccellenza – continua Maurizio Manfrè – è necessario collaborare con i macelli, gli allevamenti e gli stabilimenti, in modo da conoscere ogni dettaglio di ciascun suino, della

loro alimentazione e del metodo di macellazione. Sullo stesso piano di importanza si pongono anche le fasi di lavorazione, stagionatura e distribuzione». Ma come può fare un consumatore a riconoscere il prodotto di qualità e quindi ad acquistarlo? È presto detto, «bisogna controllare che ci sia la giusta proporzione di grasso bianco sul magro, che il colore sia roseo e non rosso acceso e che non ci siano macchie sul prosciutto». Queste caratteristiche vengono raggiunte e rispettate solo attraverso una fase di lavorazione svolta in maniera perfetta e ottimale. «La lavorazione parte nel momento in cui arrivano le cosce di suino fresche e selezionate, che per prima cosa vengono acclimatate in apposite celle e, entro 24 ore dal ricevimento, cosparse di sale marino a grana media, senza additivi. Passato il periodo sottosale, la coscia viene dissalata con una macchina aspiratrice e rimessa a riposo in celle a temperatura compresa tra i 4 e i 6 gradi per circa 3 settimane. In seguito, si passa agli step della toelettatura, del rinvenimento e del lavaggio, con cui si va ad agire sullo spessore della parte esterna del prodotto. È a questo punto che entrano in gioco la stagionatura, durante la quale i prosciutti riposano per un lasso di tempo medio di 10 mesi, la stuccatura, la puntatura, con cui si verificano le proprietà organolettiche, il disosso e il confezionamento». VENETO 2011 • DOSSIER • 251




Le garanzie di un formaggio Dop Garantire un prodotto con origine e provenienza note e realizzato con tecniche tradizionali e sicure è il grande vantaggio fornito dalla denominazione Dop. L’esperienza di Antonio Bortoli nel settore lattiero-caseario Emanuela Caruso

n prodotto agroalimentare è Dop se dal punto di vista produttivo rispetta le norme del disciplinare di riferimento approvato in sede comunitaria. In secondo luogo la Dop è tutelata da un consorzio che emana un regolamento e vigila sul rispetto di questo oltre che sulle norme imposte dal disciplinare. Una Dop può essere prodotta solo ed esclusivamente nell’area di riferimento provincia, regione o un territorio più esteso ma dai confini ben delimitati. Tutte le fasi dal reperimento della materia prima alla stagionatura sono scrupolosamente regolamentate nel disciplinare di riferimento assicurando così tipicità e garanzie di prodotto. Lattebusche è una cooperativa che da 50 anni opera nel settore lattiero-caseario, e oggi offre sul mercato ben quattro prodotti a denominazione d’origine protetta. «Oltre alla raccolta di

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A lato, Antonio Bortoli, direttore generale della Lattebusche Sca di Busche di Cesiomaggiore (BL). Nelle altre immagini, i reparti di produzione formaggi www.lattebusche.it


Antonio Bortoli

Qualità di una materia prima esclusiva e sicurezza alimentare: binomio vincente a tutela del consumatore finale

una materia prima di qualità e tipica dei confini geografici sanciti dal Consorzio – spiega Antonio Bortoli, direttore generale della società –, per ottenere un Dop sono indispensabili rigorosi controlli, cura per i particolari e dedizione di tecnici e operatori in produzione e stagionatura”. Quali sono i prodotti Dop e come è organizzata la loro produzione? «La sede storica e legale è a Busche di Cesiomaggiore e lì produciamo formaggi duri e semiduri, tra cui i Dop Piave e Montasio nonchè le linee Latte, Freschissimi e Freschi. Lo stabilimento di Chioggia si occupa della linea Lattegelato e della produzione del sorbetto analcolico, mentre in quello di Sandrigo viene seguita la produzione del formaggio Dop Asiago. Infine, nella sede di San Pietro in Gù è concentrata la lavorazione del formaggio Dop Grana Padano». Per ottimizzare i tempi di produzione, quanto incide l’uso delle macchine? «L’importanza dell’automazione, dove possibile, è rilevante perché consente certezze igienico sanitarie, senza alterare i sapori e i valori della tradizione, da un lato e dall’altro di contenere i costi di produzione e stagionatura al-

trimenti insostenibili. Innovazione quindi nella tradizione del buon latte trasformato con ricette inalterate». Quale prodotto rappresenta meglio l’azienda? «Sicuramente il formaggio Piave, che nasce in provincia di Belluno, ai confini del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, e ancora oggi è prodotto secondo le antiche tecniche dell’arte casearia. La produzione comincia con il latte termizzato, poi arricchito con enzimi e caglio animale, e procede con la lavorazione della cagliata, cotta e porzionata e la formatura e pressatura. A questi step segue il rassodamento in una torre arieggiata a temperatura controllata e la salatura da 24 a 48 ore. Infine si procede con un’altra stagionatura, che prevede rivoltamenti periodici delle forme, e con l’applicazione dell’etichetta». Oltre ai prodotti Dop, su quali altri valori avete puntato per rendere l’azienda un riferimento del settore lattiero-caseario? «L’origine della materia prima (solo latte locale) e le sue qualità caratterizzano l’intera gamma delle nostre produzioni: dal latte fresco allo yogurt, dal gelato ai formaggi. La cura degli aspetti igienico sanitari, l’allargamento e l’innovazione della gamma proposta, unite ad un capillare e giornaliero servizio di distribuzione, in quasi 2000 punti vendita nel Veneto, sono sicuramente elementi che nel tempo hanno contribuito a diffondere e far apprezzare le nostre produzioni». VENETO 2011 • DOSSIER • 255


Tradizioni casearie veronesi Ottimo latte proveniente dai territori della comunità montana, a cui si aggiungono rispetto della tradizione, esperienza e ambienti igienicamente controllati. Giovanni Roncolato racconta le caratteristiche del Monte Veronese Dop Belinda Pagano

a Dop è un ordinamento chiaro che impone regole rigorose e può essere a ragione considerata come una garanzia totale a beneficio del consumatore. Il controllo dei prodotti, infatti, viene effettuato su diversi livelli: dall’origine e provenienza delle materie prime che devono essere delimitate alla regione di cui il prodotto porta il nome, a tutte le fasi di trasformazione che lo porteranno sulle tavole dei consumatori. Grazie a questo rigore, il legame con il territorio viene costantemente garantito, così come la tracciabilità e la lavorazione attraverso metodi tradizionali. Se ci si focalizza sul Veneto, dai pascoli della Lessinia viene prodotto il formaggio Monte Veronese in due diverse tipologie di produzione e tre prodotti finali. Ma come emergere fra i vari caseifici che lo realizzano? Lo sanno bene a La Casara, azienda diretta dai fratelli Ronco-

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lato che di recente hanno ottenuto un doppio premio con il Monte Veronese Dop a latte intero e il Monte d’Allevo mezzano al concorso “Caseus Veneti”. «Il valore principale che si evince dalla storia del

Giovanni Roncolato dell’azienda casearia La Casara con sede a Roncà (VR) www.lacasara.it


Giovanni Roncolato

nostro caseificio è riassumibile nel buon latte, nella tradizione e nella capacità casearia. Dopo quasi un secolo, è possibile distinguere nettamente le tracce di quei sapori tradizionali che hanno fatto della nostra impresa un vero e proprio punto di riferimento per la produzione casearia veneta perché siamo ancora oggi un’azienda artigianale». Il latte proviene esclusivamente da allevamenti L’ingrediente principale di presenti nella zona della Lessinia e viene questi formaggi è innanziraccolto giornalmente come garanzia tutto ottimo latte proveniente di freschezza del prodotto finale dai territori della comunità montana, a cui si aggiungono rispetto della tradizione, l’esperienza e ambienti igienicamente controllati. potrebbero insorgere. Questo ovviamente fa sì «La materia prima, ovvero il latte» continua che il formaggio ottenuto possegga sempre Roncolato «proviene esclusivamente da alleva- delle ottime caratteristiche qualitative». menti presenti nella zona della Lessinia e viene In un ambito così delicato come la produzione raccolto giornalmente per garantire un miglior di formaggi Dop, più che in altri settori diretqualità del latte stesso e di conseguenza del tamente relazionati alla salute dei consumaprodotto finale. È questo il nostro vero punto tori, proteggere la natura è fondamentale. «Biforza, il valore aggiunto rispetto ad altri casei- sogna considerare il rispetto per l’ambiente fici». Ed è così che si ottiene un formaggio come un’opportunità e non come un sacrificio. versatile che può essere utilizzato sia per la rea- Più si cerca di preservare la natura, più i prolizzazione di primi e secondi piatti, come ad dotti che otterremo da essa saranno di qualità esempio abbinato alla polenta, che degustato elevate». da solo come dolce accompagnato a miele e Sono questi semplici ma fondamentali vaconfetture. Ma che differenza c’è fra il for- lori che hanno portato La Casara a ottenere maggio prodotto dai nostri avi, e quello che una continua crescita economica annuale, oggi viene realizzato nei più moderni caseifici? focalizzata quasi interamente sul mercato ita«Il segreto sta proprio nel riuscire a non alterare liano. Ma, «la redditività non deve essere la metodologia produttiva tradizionale, se non l’unico obiettivo – conclude Roncolato –Ovin quegli aspetti imprescindibilmente miglio- viamente è importante avere una base ecorabili – precisa Roncolato –. Sia per la produ- nomica, ma i principi fondamentali che muozione del latte che per la trasformazione del for- vono l’impresa devono essere altri: rispetto maggio si posseggono oggigiorno dei mezzi per la natura, per la tradizione e passione in per controllare le eventuali problematiche che ciò che si produce».

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Il classico rivisitato, ma sempre L tradizionale Il panettone è ancora uno dei dolci più conosciuti e apprezzati. Anche all’estero. Luca Fraccaro spiega come garantire la tradizionale qualità artigiana anche con i grandi numeri richiesti dalla moderna distribuzione: il segreto è nel “lievito madre” Salvatore Cavera

Luca Fraccaro, responsabile commerciale, marketing e comunicazione della Dolciaria Fraccaro Spa, Castelfranco Veneto (TV) www.fraccarodolciaria.it

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a storia della panificazione e dell’arte della pasticceria coincide con quella del “lievito madre”. È una storia di sapori autentici e di grandi invenzioni dolciarie. Il lievito madre è un composto ottenuto dalla fermentazione naturale di farina e acqua, che avviene grazie alla presenza di particolari microorganismi che fanno lievitare la pasta. Un dolce o un pane fatto con questo lievito mantiene a lungo le qualità organolettiche del prodotto: fragranza, sapore e profumo, oltre a renderlo più digeribile. La tradizione di usare questo lievito, col tempo abbandonata per la sua complessità, è rimasta viva nella Dolciaria Fraccaro, che dal 1932 produce dolci classici. La parola a Luca Fraccaro, responsabile marketing e comunicazione: «La nostra produzione si divide tra prodotti per tutti i giorni – come merende e dolci a marchio Fraccaro, destinati sopratutto agli scaffali della grande distribuzione – e prodotti per le ricorrenze natalizie e pasquali – panettoni, pandori, colombe e focacce venete». I vostri prodotti sono destinati sia alla


Luca Fraccaro

Facciamo il panettone utilizzando ancora il nostro “lievito madre”: il lievito antico di una volta

grande distribuzione italiana sia ai mercati oltre confine. Il panettone è ancora uno dei dolci italiani più famosi e apprezzati all’estero? «Certamente il panettone è uno dei dolci simbolo della pasticceria italiana e gode di buona fama anche all’estero. Prova del fatto che è richiesto anche fuori dall’Italia è l’esistenza sul mercato di moltissime “brutte copie” del panettone. Da questo punto di vista infatti questo prodotto non gode di nessuna tutela sull’origine e le caratteristiche – tanto che molte aziende italiane esportano panettoni che di questo dolce hanno solo il nome, mentre di fatto sono altro. Per queste ragioni crediamo sia indispensabile fare cultura sul prodotto, per favorire la diffusione della qualità». In che misura le vostre origini artigiane contribuiscono ancora a far sì che il vostro prodotto abbia caratteristiche particolari? «Anche se siamo cresciuti e somigliamo a un’industria, nei fatti siamo ancora una grande pasticceria. I nostri prodotti vengono tuttora preparati utilizzando il nostro “lievito madre”, in altre parole il lievito antico che si usava una volta. La lavorazione di questo lievito non è così scontata, la tecnologia non riesce a coglierne tutte le sfumature, che però vanno a incidere sul prodotto finale. Il lievito risente della temperatura, del clima e di tante altre piccole cose. Questo prodotto è stato ormai pressoché abbandonato da tutte le aziende, perché essendo un qualcosa di vivo e naturale richiede al pa-

6 mln sticciere di adeguarsi alla sua lentezza e non si piega ai ritmi industriali». Come vi siete adattati all’evoluzione dei gusti e dei mercati? «Cerchiamo di mantenere vive le nostre tradizioni e i valori declinandoli in una chiave attuale e moderna. Negli ultimi vent’anni il mondo della distribuzione ha totalmente cambiato volto, contribuendo a mutare anche le nostre abitudini alimentari, quindi adeguarsi è stato in qualche modo inevitabile. L’unica cosa alla quale non abbiamo mai rinunciato è la ricerca della qualità». Vi siete dedicati anche alla creazione di prodotti peculiari, come ad esempio il panettone al radicchio. Come ha risposto la clientela a queste lavorazioni? «Per soddisfare un mercato sempre più esigente, alla ricerca continua del nuovo, bisogna proporre qualcosa di inedito, anche all’interno del solco di un prodotto classico. Le nostre sperimentazioni sono andate soprattutto in questa direzione. I risultati, in termini di volumi espressi, non sono certamente importanti, ma ci hanno qualificato sul piano dell’offerta dei prodotti tradizionali. Anche perché per festeggiare il natale i dolci ideali restano il panettone e il pandoro classici. Perché la qualità non può essere una novità, è necessariamente il frutto di una lunga tradizione».

EURO

Il fatturato della Dolciaria Fraccaro negli ultimi anni

12% EXPORT

La percentuale di panettoni e dolci destinata ai mercati esteri.

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Il gusto della tradizione Tutto il mondo riconosce la vocazione italiana per la produzione di dolci, biscotti e pasticcini, che creati con passione, ottime materie prime e tecnologie innovative si pongono ai vertici del settore dolciario. Ne parliamo con Cristian Modolo Emanuela Caruso

assato il durissimo biennio 2008-2009 e lasciatosi alle spalle anche il 2010, quest’anno il settore dolciario è tornato a crescere e nonostante l’aumento dei prezzi dovuto all’incremento dei costi delle materie prime, in particolare cacao e zucchero, è stato il primo ramo alimentare per numero di nuovi prodotti lanciati nella prima metà del 2011. E questo a livello mondiale. I produttori, che negli anni scorsi avevano dovuto svolgere intense attività promozionali per riuscire a mantenersi competitivi, hanno quindi iniziato a raccogliere il frutto dei loro sforzi economici e produttivi, ritornando a veder crescere i volumi d’affari. Chi ha risentito in modo marginale di tutta questa situazione e ha continuato senza problemi a sfornare prodotti e a deliziare i palati di tutto il mondo è la veronese Vicenzi Biscotti.

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«La nostra lunga tradizione pasticcera, partita nel lontano 1905, e gli occhi costantemente puntati verso il futuro – spiega Cristian Modolo, Direttore Marketing dell’azienda –, ci permettono di proseguire nel nostro cammino senza incontrare particolari difficoltà, puntando sull’esperienza maturata in anni di lavoro, la qualità delle materie prime, la passione per l’artigianalità dell’arte dolciaria e la continua innovazione tecnologica». Dall’inizio dell’attività a oggi, come si è evoluta la produzione della Vicenzi Biscotti? «La storia dell’azienda parte con la figura di Matilde Venturini Vicenzi che, coadiuvata dai suoi figli, si impegna con grande energia nell’attività

Cristian Modolo, Direttore Marketing Vicenzi Biscotti Spa con sede a San Giovanni Lupatoto (VR) www.vicenzi.it


Cristian Modolo

Tradizione, esperienza e qualità degli ingredienti hanno decretato il successo dei nostri prodotti, rendendoci uno dei leader del settore dolciario

di pasticceria e di panificazione. Nel dopoguerra l’azienda abbandona la produzione di pane per concentrarsi sulla pasticceria tradizionale e nel 1968 si trasforma in una piccola impresa industriale specializzata nella produzione dell’amaretto, del savoiardo Vicenzovo e, dopo aver adottato un impianto per la lavorazione degli impasti con il solo burro anziché con la margarina, delle Millefoglie d’Italia. Segue la produzione della sfoglia ripiena e dei pasticcini assortiti Minivoglie. Nel 2005, l’azienda acquisisce il ramo da forno della Parmalat e aggiunge alla gamma di prodotti linee di merendine, wafer, frollini Mr.Day, di Grisbì e di salati ProntoForno. È con l’introduzione di questi nuovi marchi che nasce il Gruppo Vicenzi». Quanto ha inciso la diversificazione sui bilanci della società e la sua espansione verso i mercati internazionali? «La Vicenzi Biscotti ha scoperto molto presto la sua vo-

cazione di espansione verso i mercati internazionali e ne ha quindi fatto un punto di forza. Oggi, i nostri prodotti sono presenti in oltre 100 paesi esteri, tra cui Usa, Canada, Paesi Arabi, Sud Africa, India, Cina, Australia e Giappone. Inoltre, è possibile trovare le specialità Vicenzi anche in numerose catene di fama mondiale e in vari canali di vendita, dalla Gdo ai negozi di Delicatessen, dai punti Ho.Re.Ca. ai bar e agli aeroporti». Che cosa spinge i consumatori a preferire questi prodotti? «Certamente la qualità degli ingredienti e la tradizione centenaria maturata nel settore rappresentano elementi distintivi rispetto a molti altri prodotti. Per attrarre ancor di più il consumatore, di recente abbiamo puntato su nuovi pack, dove l’effige della fondatrice Matilde Vicenzi appare in primo piano a ricordare quella femminilità e quello spirito imprenditoriale che dal 1905 sono garanzia di cura degli alimenti e attenzione ai dettagli». Può descrivere il Gruppo Vicenzi in numeri? «La società dispone di quattro stabilimenti, di cui due in provincia di Verona a San Giovanni Lupatoto e Bovolone, uno in provincia di Piacenza a Fiorenzuola D’Arda e un altro in provincia di Avellino a Nusco. La capacità delle quattro sedi consente di realizzare quasi 190 tonnellate di prodotto finito al giorno. Il personale è composto da 350 addetti e il fatturato, che nel 2010 ha toccato i 97 milioni di euro, si suddivide in un 80% realizzato in Italia, un 10% in Europa e un ulteriore 10% sui mercati internazionali». VENETO 2011 • DOSSIER • 265


Molto più di un “semplice” prosecco Dalle colline venete ha origine un vino speciale, molto più di un “semplice” prosecco. La produzione di Valdobbiadene Docg, in un dialogo armonico tra elementi, nell’esperienza di Carlo Caramel, presidente della Canevel Spumanti Diego Bandini Da sinistra, Roberto Covre, Carlo Caramel, Tatiana Milanese Caramel e Roberto De Lucchi della Canevel Spumanti Spa di Valdobbiadene (TV) www.canevel.it

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l paesaggio viticolo di Valdobbiadene è uno dei più affascinanti d’Italia, con colline che scendono vertiginosamente verso valle completamente vitate, e che possono essere lavorate solo attraverso un’opera certosina e continua da parte dell’uomo. Ha origine da qui, dalla tradizione e dalle antiche usanze del territorio, la storia della Canevel Spumanti Spa, azienda di Valdobbiadene, nata nel 1979 da un’idea di Mario Caramel e Roberto De Lucchi. «Una bottiglia di vino è un momento di vita. In tutti noi è molto forte la cultura di celebrare i nostri passaggi più importanti, dagli episodi quotidiani agli eventi che capitano una sola volta, “bagnandoli” con un bicchiere di vino», racconta il figlio di Mario Caramel, Carlo, che oggi, insieme a Roberto De Lucchi, Roberto Covre e Tatiana Milanese Caramel, continua a difendere e diffondere la filosofia alla base della storia aziendale. Come si è evoluto, in questi ultimi anni, il mercato dello spumante italiano? «Lo spumante italiano è sempre più apprezzato. Tuttavia la crescita della produzione di Prosecco in questi anni è stata esponenziale, e per certi versi anche poco sostenibile. Basti pensare che la vendemmia del 2009 ha prodotto 152

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Carlo Caramel

20% EXPORT Germania, Svizzera, Gran Bretagna e Usa rappresentano attualmente i principali mercati esteri per Canevel

milioni di bottiglie di Prosecco, che l’anno prossimo dovrebbero raggiungere quota 350 milioni. Il tutto a fronte di una domanda che, secondo le stime più ottimistiche, dovrebbe crescere di circa il 10 per cento. È chiaro che l’unico modo per garantire a una tale massa di prodotto un collocamento sul mercato, sia quello di andare a reperire spazio in mercati più ampi e popolari, che però essendo caratterizzati da prezzi di vendita piuttosto bassi, sono raggiungibili solamente da aziende con enormi economie di scala o con imposizioni fiscale più leggere, come cooperative e aziende agricole». Come ha reagito la vostra azienda a questa situazione? «Una sconsiderata politica consortile, un regime di controllo dei prezzi da parte delle cooperative e le gravi negligenze comunicative di tutela dei prodotti Docg e Doc stanno mettendo in seria difficoltà un grande numero di piccoli produttori. Per quel che ci riguarda la nostra scelta è stata quella di restare posizionati in un mercato più alto possibile. Ci rivolgiamo infatti a consumatori capaci di apprezzare il valore dei nostri prodotti, della nostra azienda e del nostro marchio. Per non perdere competitività abbiamo attuato una riorganizzazione ge-

Stiamo creando uno zoccolo duro di ristoratori, baristi e albergatori, che entreranno nella squadra Canevel come “Clienti Millesimato”

stionale e commerciale, puntando ad esempio, alla valorizzazione di manifestazioni ed eventi che ci vedono protagonisti in tutta Italia, a diretto contatto con la ristorazione, che rimane il nostro canale di vendita preferenziale. Sul piano produttivo la costante ricerca della qualità rimane la nostra unica mission. Quest’anno, tra le altre cose, abbiamo lavorato nella ricerca e selezione di nuove spumantizzazioni, nell’ottimizzazione dei tempi di lavoro del personale, e nell’inserimento di nuove automazioni in confezionamento». Quali sono state le problematiche maggiori che avete dovuto superare nell’ultimo biennio? «Le criticità legate al mercato sono sostanzialmente due. La prima è il divaricamento della forbice del posizionamento dei prodotti. Sempre più nettamente la domanda ha infatti un orientamento numericamente esiguo verso l’alto, con una rincorsa frenetica al prodotto da

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ENOLOGIA

primo prezzo. Questo fenomeno per noi ha comportato una sostanziale conferma sulla linea Docg, ma un rallentamento sulla Doc. L’altro grande problema è invece legato alla cronica difficoltà di riscossione dei crediti, una questione che andrebbe affrontata anche a livello istituzionale». Tra i vostri obiettivi c’è il consolidamento del business sul mercato italiano. Quali strategie avete adottato a proposito? «Vogliamo cercare di ridurre la distanza fisica tra i consumatori e la cantina, trasmettendo loro un sentimento di vicinanza all’azienda. Stiamo infatti creando uno zoccolo duro di ristoratori, baristi e albergatori, che entreranno nella squadra Canevel come “Clienti Millesimato”. Il Millesimato è uno spumante prodotto con vini di una singola annata che è normalmente associato a una selezione superiore di prodotto. Quello che stiamo facendo è selezionare una cerchia di clientela che si distingue per storicità, affezione, e visibilità dei nostri vini, con l’obiettivo di renderli direttamente partecipi alla vita del-

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l’azienda. Altra iniziativa significativa è certamente la selezione dei partecipanti alla terza edizione del CanevelMusiclab. Il 31 Dicembre si chiuderanno infatti le iscrizioni al nostro contest, volto alla ricerca di giovani talenti della musica di gusto, nel genere jazz, smooth e chillout. I selezionati si sfideranno in gare live nelle maggiori città italiane, nelle quali una competente giuria promuoverà un’artista per serata, che avrà così la possibilità di esibirsi a Verona durante la prossima edizione di Vinitaly». Quali sono, invece, le prospettive sul fronte dell’export e quali i paesi stranieri che presentano le più interessanti prospettive di business per Canevel? «I consumatori esteri possono essere suddivisi in due categorie. Quelli che conoscono il nostro mondo e sono in grado di percepire e apprezzare la qualità del Prosecco, e quelli che, pur non essendo intenditori, intendono approcciarsi al “fenomeno” Prosecco, partendo da un prodotto di primo prezzo. Il Prosecco infatti rimane comunque inteso come una categoria di spumante italiano, mentre i livelli di conoscenza della zona Docg di Valdobbiadene o della tipologia di vitigno e fermentazione sono pressoché nulli. Quello che conta è la “bollicina” made in Italy, e per questo il mercato mondiale ha un grosso potenziale di crescita, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. Attualmente circa il 20% del nostro fat-


Carlo Caramel

turato deriva dall’export, concentrato soprattutto in Germania, Svizzera, Gran Bretagna e USA. Stiamo però cercando di aumentare questa quota, ritenuta oggi ancora pericolosamente sbilanciata verso l’Italia. Gli investimenti in fiere e presentazioni hanno comportato l’apertura di nuove frontiere in Repubblica Ceca, Kazakistan, Canada, Cina e Brasile, che confidiamo possano presto portare importanti nuovi risultati di vendita». Su cosa si potrebbe far leva, oggi, per valorizzare ulteriormente la produzione vitivinicola locale? «Dalla vendemmia del 2009, la possibilità di elaborare il Prosecco Doc è stata conferita a un territorio enorme, che comprende l'intero Friuli Venezia Giulia e buona parte del Veneto. Un territorio così vasto lascia ampie interpretazioni a un unico vitigno che, così facendo, rischia di perdere la sua tipicità. Con questa politica si è scelto di rendere il Prosecco un prodotto molto popolare, dall’appeal estremamente commerciale e speculativo a tutti i livelli, che porterà le grandi produzioni industriali a dominare il mercato. Crediamo invece che solo la valorizzazione della zona di produzione storica, oggi eletta a Docg, possa salvaguardare i decenni di lavoro che hanno reso celebre nel mondo il nostro vitigno. Di fatto Canevel ha eliminato il termine prosecco dalle sue etichette, chiamando i propri spumanti semplicemente Valdobbiadene, perché siamo convinti che il Valdobbiadene non sia un semplice Prosecco, ma molto di più». Quali sono, infine, i principali obiettivi di sviluppo per il futuro dell’azienda e dove si concentreranno i vostri prossimi investimenti? «Canevel ha avuto un trend di crescita costante lungo tutto l’arco della sua vita, con ritmi dettati più dalla propria capacità produttiva che dal mercato. Anche se risulta la cosa più banale del mondo, spesso si sottovaluta l’importanza di fare il vino con l’uva. E la natura ha i suoi tempi. Occorre una pro-

Canevel ha eliminato il termine prosecco dalle sue etichette, chiamando i suoi spumanti semplicemente Valdobbiadene

grammazione di almeno tre anni per poter incidere su incrementi quantitativi a doppia cifra. Questo ovviamente, riguarda solo una categoria di vino come il nostro, alla perenne ricerca di massimizzare la qualità. Se facessimo la scelta di reperire sul mercato del vino sfuso le masse da rendere spumanti, potremmo godere di enorme elasticità ma con un risultato finale assai mediocre. In linea con questa politica i nostri investimenti saranno rivolti al costante aggiornamento tecnologico in cantina e all’acquisizione di terreni particolarmente vocati, ed è questa la strada che vogliamo continuare a percorrere anche nel prossimo futuro». VENETO 2011 • DOSSIER • 269


Nelle terre del Bardolino Valorizzazione della tradizione locale e massima attenzione alla qualità del prodotto. Solo così è possibile dare continuità al prestigioso retaggio enologico veneto. L’esperienza di Franco Cristoforetti Lodovico Bevilacqua

accentuata territorializzazione della cultura enogastronomica italiana permette di individuare una moltitudine di zone con retaggi e caratteristiche tipiche e peculiari; questo principio va naturalmente considerato anche in merito ai vini, notoriamente contraddistinti dalle caratteristiche organiche del territorio di produzione. Nel vasto e variegato panorama viticolo veneto, emerge per fama e qualità la zona di Bardolino, a cui le famiglie Delibori e Cristoforetti – fondatrici e proprietarie dell'azienda Villabella di Calmasino – hanno legato i propri destini, come conferma Franco Cristoforetti. «La zona di provenienza del nostro vino, dove ha sede l'azienda, costituisce il vero valore aggiunto del nostro prodotto, cui conferisce qualità uniche». Cerchiamo dunque di inquadrare l'area di produzione del vostro vino. «L'epicentro della nostra produzione è nella zona di Bardolino. La superficie viticola, che copre un'area quantificabile complessivamente attorno ai 220 ettari, si estende tuttavia fino alle

L’

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aree di Lugana, Custoza, Valpolicella e Soave. La Tenuta di Villa Cordevigo a Cavaion Veronese, antica dimora patrizia del Settecento con chiesa consacrata, circondata da una tenuta di 100 ettari di vigneti e oliveti rappresenta il compendio del progetto Villabella, volto alla valorizzazione del territorio».

Franco Cristoforetti, Giorgio Cristoforetti e Tiziano Delibori titolari dei Vigneti Villa Bella www.vignetivillabella.com


Franco Cristoforetti

La coltivazione della vite e i suoi principi I sistemi di coltivazione della vite consistono in particolari tecniche con cui si conferiscono al vitigno determinate caratteristiche che incontrano la preferenza del coltivatore. Le finalità ambite sono generalmente un aumento della quantità di uva prodotta e – in particolar modo – della qualità della stessa. Uno dei metodi di allevamento più diffusi è il Guyot, un sistema a potatura mista particolarmente indicato per vigneti altamente produttivi, il cui principio è isolare dalla vegetazione della pianta lo sperone e il capo a frutto. A questo metodo – corredato dalla presenza di una variante che prevede l'isolamento di due tralci da frutto anziché uno solo – se ne affiancano molti altri, che si differenziano per diversi fattori: il sistema a cordone speronato, a tendone, ad alberello o a pergola – semplice o doppia.

Dopo aver inquadrato geograficamente la zona di produzione, ci può spiegare quali caratteristiche il territorio è in grado di trasmettere al vino prodotto? «L'area di produzione di Bardolino – ove si concentra la maggior parte dei vigneti - si estende in prossimità della sponda orientale del Lago di Garda, quindi su un terreno di origine morenica e in parte fluvio glaciale; queste caratteristiche organiche permettono alle varietà di uve che coltiviamo di esprimersi al meglio. La presenza del lago costituisce, inoltre, un fattore ambientale importante, rendendo il clima dolce, con inverni miti ed estati temperate; le coltivazioni sono infine protette – a nord – dalle Dolomiti, che le preservano dai venti freddi settentrionali. Questa combinazione di fattori conferisce alla nostra produzione caratteristiche peculiari, quali la sapidità e le note fruttate e speziate». Quali vini vengono prodotti? «Nel rispetto della tradizione e del territorio, facciamo ampio uso di uve autoctone per i nostri vini: Corvina in primis - utilizzata per produrre Bardolino, Chiaretto, Valpolicella, Ripasso e Amarone - Garganega e Trebbiano di Lugana. Nel tempo abbiamo introdotto al-

cune varietà internazionali in assemblaggio con uve locali: il progetto ha dato vita ai due prodotti ora più rappresentativi dell'azienda, oltre all'Amarone ovviamente. Il Villa Cordevigo Rosso - Corvina, Cabernet Sauvignon e Merlot - ed il Villa Cordevigo Bianco - Garganega e Sauvignon Blanc». Quanto conta l'introduzione di nuove tecnologie nella produzione vinicola e in che misura ne traete vantaggio? «L'applicazione di tecnologie innovative può essere considerata solo nel momento in cui contribuisce allo sviluppo della qualità del vino; anche a dispetto della quantità potenzialmente producibile, come nel nostro caso. La meccanizzazione della vendemmia è stata infatti resa possibile solo successivamente alla conversione del sistema di allevamento, passato da quello a pergola al guyot, che meno concede alla quantità di vino prodotto, ma più alla qualità dello stesso. Generalmente lo studio di tecnologie da introdurre nella produzione è finalizzato ad eliminare progressivamente l'utilizzo di processi chimici di vinificazione in favore di quelli naturali, per esaltare le caratteristiche peculiari dell'uva». VENETO 2011 • DOSSIER • 271


ENOLOGIA

Un vitigno eclettico

Il 2011 ha portato grandi soddisfazioni a quelle aziende agricole da sempre interessate alla qualità e non alla quantità dei vini prodotti. Ne parliamo con Franco Allegrini, portavoce di una realtà le cui radici affondano profonde nel mondo del vino Nicoletta Bucciarelli

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dello scorso anno la notizia che l’Università di Verona avrebbe svelato il genoma dell’uva Corvina. Notizia importante in quanto la Corvina è il primo vitigno autoctono al mondo a cui è stato sequenziato il Dna. Un vitigno, quello dell’uva Corvina, da considerarsi fondamentale in quanto punto di partenza della produzione di molteplici vini. «Questo vitigno rappresenta tantissimo per l’azienda», spiega Franco Allegrini, titolare insieme alla sorella Marilisa ed alla nipote Silvia dell’Azienda Agricola Allegrini di Fumane. «Raccontare del vitigno Corvina significa descrivere un territorio, la Valpolicella. La Corvina rappresenta il cardine di tutta la produzione dell’Azienda Allegrini, situata appunto nel cuore della Valpolicella Classica, a Fumane. Palazzo della Torre, La Grola, il Valpolicella e naturalmente l’Amarone e il Recioto prendono vita soprattutto da questa straordinaria uva. La Corvina trova tuttavia la sua espressione più alta ne La Poja, vino in cui tale vitigno viene utilizzato in purezza: la geniale intuizione si deve a Giovanni Allegrini che, nel 1979, decise di dedicare alcuni ettari sulla sommità del vigneto La Grola solo alla coltivazione di questa uva, da lui giudicata di fondamentale importanza». Proprio Giovanni Allegrini, capostipite della

È

Marilisa, Silvia e Franco Allegrini dell’azienda agricola Allegrini di Fumane (VR) www.allegrini.it


Franco Allegrini

nuova generazione, è stato uno dei primi a mettere in discussione la viticultura locale, iniziando a valorizzare con rigore e dedizione l’idea stessa di “qualità”. Questo ci trasporta direttamente al presente. Se guardiamo gli ultimi dati forniti dalla Confederazione Italiana Agricoltori infatti la vendemmia 2011 ha prodotto meno vino, ma di una qualità maggiore. «Secondo i nostri resoconti avremo vini ampi e di grande intensità aromatica» afferma Franco Allegrini riferendosi alla vendemmia 2011. «Possiamo parlare di uno straordinario andamento stagionale, con escursioni termiche ideali per la valorizzazione del patrimonio aromatico. Vini ampi e intensi, tali da far ascrivere la vendemmia in Valpolicella Classica, pur leggermente anticipata e con una flessione produttiva mediamente del 10%, tra le più promettenti degli ultimi anni». Le parole di Franco Allegrini si dimostrano dunque perfettamente in linea con i dati espressi dalla

La Corvina trova la sua espressione più alta ne La Poja, vino in cui tale vitigno viene utilizzato in purezza

CIA, «tenendo conto che la flessione produttiva diventa in questo caso l’espressione attraverso cui attuare un miglioramento qualitativo, lo stesso fortemente auspicato e voluto dalla famiglia Allegrini fin dalle origini della propria attività». Il mercato intanto premia le scelte e la filosofia di Allegrini. Continua Franco Allegrini: “da molti anni l’azienda si è affacciata sul panorama del mercato mondiale del vino: l’esportazione dell’intera gamma di produzione è consolidata in più di 60 paesi, in primis Usa, Germania e Svezia, ma anche in aree emergenti come il Far East e il Sud America. Molti i riconoscimenti diretti, da parte di Importatori e Clienti, e molte le attestazioni della stampa e della critica internazionale specializzata, come ad esempio il rinnovato ingresso nella Wine Spectator’s 2011 Top 100 con ben due vini. Nonostante i successi all’estero, non ci siamo dimenticati tuttavia del mercato italiano che, nonostante il fisiologico calo di consumi degli ultimi anni, ha continuato a regalare grandi soddisfazioni, soprattutto per quanto riguarda il target di consumatori orientato al prodotto di qualità». VENETO 2011 • DOSSIER • 273




RISCHIO IDROGEOLOGICO

Sinergie istituzionali e scelte condivise Le immagini dell’autunno 2010 sono lontane. Oggi il Veneto si è rialzato, grazie alla collaborazione tra istituzioni, forze dell’ordine e volontari. «È cresciuta la coscienza collettiva» dice Daniele Stival, assessore alla Protezione Civile della Regione Veneto Luca Donigaglia

egrado ambientale e dei corsi d’acqua, abusivismo e disboscamento selvaggio. Sono queste le cause principali del dissesto idrogeologico. In Italia, stando ai dati di Legambiente, sono 5.581 i comuni interessati, di cui 1.700 a rischio frana, 1.285 a rischio alluvione e 2.596 a rischio sia di frana che di alluvione. Sempre secondo l’associazione, per mettere in sicurezza il territorio italiano sono necessari 43 miliardi di euro, di cui 27 da destinare al Centro-Nord, 13 al Sud e 3 per gli interventi di recupero delle coste. È questo il quadro dello Stivale, all’interno del quale il Veneto conta 327 comuni a rischio, il 56% del totale delle amministrazioni locali. Daniele Stival, assessore regionale alla Protezione Civile, chiamato a commentare la situazione della regione a poco più di un anno dall’alluvione che ha interessato al-

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A destra, Daniele Stival, assessore regionale alla Protezione Civile, all’identità veneta, alla caccia e ai flussi migratori

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cune zone, preferisce prima di tutto sottolineare «la crescita di una coscienza collettiva su queste tematiche trascurate per decenni». E da qui vede l’esigenza di ripartire, prima di tutto reperendo le risorse che servono per poi «migliorare ancora il sistema di allertamento e prevenzione, completare e tenere aggiornati i piani comunali di Protezione Civile e redigere i piani comunali delle acque». Assessore, dopo l’alluvione che ha colpito il Veneto nel 2010 avete ribadito come Regione Veneto che l’obiettivo è coordinarsi per un’efficace prevenzione anche tramite scelte condivise con il Friuli Venezia Giulia. In 10 anni sono stati pianificati interventi per 2,7 miliardi di euro. A che punto è il programma dei finanziamenti? «Tutte le risorse ricevute dallo Stato sono impegnate, è giunto il massimo consentito dalle norme per ciascuno dei 10.040 privati e imprese dan-

neggiati. Abbiamo realizzato 250 interventi di ripristino e la messa in sicurezza di opere idrauliche per circa 100 milioni di euro: il Veneto ha a disposizione, tra fondi impegnati e da impegnare, 371 milioni di euro. Complessivamente, la domanda di fondi da parte di famiglie e imprese venete vale circa 156 milioni di euro, che abbiamo


Daniele Stival

Gli interventi di ripristino dei danni sono in fase avanzata se non in via di ultimazione quasi ovunque. Poi ci sono gli interventi strutturali, ma per questo sono necessari tempi lunghi

interamente coperto ricorrendo a 10-15 milioni di euro prelevati dal nostro bilancio regionale. Con le risorse programmate per le infrastrutture ovviamo ai danni subiti e realizziamo le tre casse di colmata da un centinaio milioni di euro, che i nostri tecnici considerano fondamentali per gestire le future piene (fino a sette milioni e 800 mila metri cubi di acqua la capacità totale di contenimento) nelle province di Vicenza, Verona e Padova. Su questo progetto la progettazione definitiva c’è già, nel giro di tre mesi dovrebbero partire i lavori». Dunque, per quanto riguarda la fase di emergenza i lavori sembrano a buon punto. Ma più in prospettiva, quanto contate davvero su interventi strutturali che mettano il Nord-Est più al sicuro dai disastri naturali? «Come detto, gli interventi di ripristino dei danni sono in fase avanzata se non in via di ultimazione quasi ovunque. Poi ci sono gli interventi strutturali, ma per questo sono necessari tempi lunghi. Serve un’azione politica ad ampio raggio per contrastare problemi idrogeologici che il nostro territorio accusa non da oggi. Anche dopo l’alluvione del 1966 la questione idraulica è stata ignorata. In 10 anni avremmo bisogno di oltre 2,5 miliardi di euro tra manutenzioni e interventi, come hanno calcolato gli esperti coordinati dal profes- VENETO 2011 • DOSSIER • 277


RISCHIO IDROGEOLOGICO

sor Luigi D’Alpaos dell’Uni- mità. Siete convinti che versità degli Studi di Padova». Tiene banco anche il tema delle polizze assicurative anti-alluvione, si rincorrono voci su alcune società di assicurazione disponibili. Come stanno le cose? «La politica tutta deve decidere anche sul fronte delle assicurazioni anti-alluvione. Noi abbiamo bisogno di polizze obbligatorie. Dobbiamo capire, in merito, quanto può mettere lo Stato e quanto dovrebbero mettere i cittadini. La discussione è avviata a livello nazionale da anni, ma quando si entra nel campo delle cifre importanti diventa dura procedere. Da parte nostra continuiamo ad auspicare la massima attenzione possibile e seguiamo la vicenda». Si è parlato molto, nei mesi dell’alluvione dell’autunno 2010, dello spirito di sacrificio e dell’impegno dei veneti di fronte alle cala-

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dalle vostre parti questi drammi vengano affrontati con maggiore “sobrietà” rispetto ad altri territori? «L’identità veneta? Cito solo un esempio: nei giorni immediatamente successivi all’alluvione dello scorso anno, Silvio Berlusconi e Umberto Bossi si recarono sul posto per una serie di sopralluoghi. Ebbene, io ero preoccupato perché i cittadini avevano già praticamente sgombrato tutto! Del resto, se lasci incrostare il fango poi diventa tutto più difficile. Sulla capacità dei nostri concittadini di affrontare anche le calamità naturali con dignità straordinaria non ci sono dubbi. Non dimentichiamo poi tutto lo staff di volontari che ha affiancato nei lavori il presidente della Regione Luca Zaia». Nelle ore calde dell’alluvione lei è stato contestato anche da alcuni sindaci delle province interessate.

277 CANTIERI

Sono i cantieri aperti dall’inizio dell’emergenza in Veneto, di questi 202 sono già stati chiusi

2,7 mld FONDI

Sono le risorse, attualmente non disponibili, che secondo il piano D’AlpaosCasarin servono per realizzare le opere necessarie a mettere in sicurezza l’intero Veneto

Cosa pensa ritornando a quei momenti? «Il tempo è galantuomo. Con diversi sindaci ci sono state cose da ridere ma più che altro malintesi, frutto soprattutto dell’esposizione mediatica. Il sindaco di Vicenza ci aveva criticato sui tempi degli interventi di emergenza, lo capisco come capisco altri perché tutti, nel nostro ruolo di amministratori pubblici, siamo autorità di protezione civile. In questo senso, forse, qualche collega si è fatto trovare un po’ impreparato. In ogni caso, le denunce che avevamo ricevuto sono tutte cadute, la magistratura dopo le opportune verifiche ha ritenuto tutto infondato».



RISCHIO IDROGEOLOGICO

Pericolo alluvioni, vietato abbassare la guardia A poco più di un anno dall’alluvione che ha colpito buona parte della regione, in Veneto sono 277 i cantieri aperti. «Le polizze? Verifichiamo a tutto campo». Il punto del commissario Perla Stancari Luca Donigaglia

e piogge di inizio novembre hanno permesso una verifica operativa positiva dei lavori di somma urgenza realizzati dalla struttura commissariale dopo la disastrosa alluvione dell’anno scorso». Esprime così la sua soddisfazione il prefetto di Verona, Perla Stancari, che ha preso il posto del governatore Zaia come commissario per il superamento dell’emergenza alluvione in Veneto. Dopo la paura dello scorso anno, oggi il Veneto può sorridere ma non abbassare la guardia perchè, spiega ancora il commissario, «la situazione rimane delicata, non esiste il rischio zero». Come procede in Veneto il lavoro di ricostruzione portato avanti dopo l’alluvione del 2010? «Tutte le opere realizzate hanno tenuto bene e di grande efficienza si sono dimostrati gli interventi di innalzamento arginale e iniziative come la paratoia per difendere Soave dalle

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In apertura, Perla Stancari, prefetto di Verona e commissario per l’emergenza alluvione in Veneto

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acque del sistema Alpone. Si continua a lavorare per portare a termine tutti i 277 cantieri programmati, dei quali oltre 200 già conclusi, e per migliorare i sistemi di monitoraggio e allertamento». Le precipitazioni di novembre hanno provocato nuovi allagamenti nel Trevigiano, una zona risparmiata dall’alluvione dello scorso anno. È la dimostrazione, una volta di più, dell’urgenza e della necessità di interventi di prevenzione del rischio idraulico? La Regione dispone del piano D’Alpaos-Casarin, che prevede interventi per 2,7 miliardi di euro complessivi: soldi che attualmente non ci sono. Che fare? «Interveniamo per supportare il finanziamento delle prime iniziative già individuate a partire dal bacino di espansione di Trissino, per il quale pensiamo di attivare l’appalto integrato nella prima metà del prossimo anno. Cofinanzieremo l’opera con circa 10,5 milioni di euro

rispetto a un costo previsto complessivo di 44,65 milioni. Questo intervento, per il quale c’è la progettazione definitiva, è finalizzato alla riduzione del rischio idraulico dei comuni della Bassa padovana nel bacino del fiume Bacchiglione, interessati dalle piene dell’Agno Guà, affluente del Gorzone. Il secondo intervento riguarderà il bacino di espansione di Caldogno (costo 41,5 milioni di euro, cofinanziamento commissariale di 19,5 milioni, ndr), il cui progetto ha già superato la Valutazione d’Impatto Ambientale e che dovrebbe essere appaltato a metà circa del 2012. L’intervento è finalizzato alla riduzione del rischio idraulico dell’area metropolitana di Vicenza interessata dalle piene del torrente Timonchio che convergono sul Bacchiglione». Finanzierete anche l’invaso sul torrente Lastego-Muson dei Sassi (10,8 milioni di euro su una spesa totale di 13,8), finalizzato alla riduzione del ri-


Perla Stancari

Tutte le opere realizzate hanno tenuto bene e di grande efficienza si sono dimostrati gli interventi di innalzamento arginale

schio idraulico dei comuni dell’Alta padovana. Il progetto definitivo dovrebbe essere pronto entro la fine dell’anno corrente e si pensa di appaltare i lavori nel 2012. Nel frattempo il governo ha prorogato di un anno la gestione commissariale e si attende la pubblicazione. «Questo ci consentirà, tra l’altro, di prorogare i termini per le presentazione della documentazione finale relativa ai contributi per il ristoro dei danni». Per quanto riguarda l’informazione sulle previsioni meteo, come vi regolate? «Il Centro funzionale decentrato della Protezione Civile regionale redige costantemente appositi bollettini, aggiornati ogni sei ore in caso di periodi di

maltempo piuttosto lunghi come in questi giorni. I bollettini sono finalizzati ad attivare il sistema di allertamento, vengono spediti a Comuni, Province e a tutte le strutture della Protezione Civile, sono reperibili nel sito web della Regione». Tiene sempre banco la questione delle polizze assicurative anti-alluvioni. Nonostante varie voci, al momento nessuna compagnia sarebbe disponibile ad offrirle. È così? «Il mio predecessore, il presidente della Regione Luca Zaia, per primo, ha voluto inserire l’ipotesi assicurativa tra gli approfondimenti affidati al commissario dall’ordinanza 3.906 del presidente del Consiglio dei ministri, e ha aperto una strada ancora incompiuta, che

al momento si può sintetizzare come segue: sono state interpellate le maggiori compagnie assicuratrici operanti nel Veneto, la maggior parte delle quali non ha finora ancora risposto, mentre le altre hanno sostanzialmente detto che l’ipotesi in questione non era da loro prevista. Poiché, comunque, dalla ricognizione finora svolta un paio di compagnie hanno dato una qualche disponibilità a eventuali approfondimenti della questione e che il soggetto attuatore per la copertura assicurativa dei rischi da catastrofi naturali, Mario Martinuzzi, mi ha informato che intende sottopormi un pacchetto di proposte, intendo incontrare quanto prima assieme a lui i responsabili delle società di assicurazione operanti sul territorio regionale per avere una risposta diretta e verificare le eventuali strade percorribili». VENETO 2011 • DOSSIER • 281


IMPRESA E AMBIENTE

Materie plastiche tra ricerca e sviluppo Sistema, impegno, etica e ambiente, nella produzione e nel prodotto. Collaborazione costante con le università per stimolare la crescita di nuovi talenti. Il punto di Stefano Altissimo sulla lavorazione delle materie plastiche Manlio Teodoro

Stefano Altissimo della Sacme Spa, Malo (VI) www.sacme.it

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are sistema. Un’espressione ricorrente negli articoli economici e nel dibattito pubblico sui temi della crescita e dello sviluppo. Ma passando dai buoni propositi della teoria al duro lavoro della pratica, in assenza di agevolazioni alle imprese, l’elemento più importante per stimolare l’apertura delle aziende verso l’esterno o meglio fare sistema resta la cultura d’impresa sviluppata da ciascuna realtà produttiva. Prendendo in esame, per esempio, il rapporto con la ricerca, capita di riscontrare situazioni in cui è l’impresa ad assumere il ruolo di guida verso gli obiettivi, nonostante un’evidente disparità di competenze teoriche a vantaggio dell’accademia. «La nostra azienda – spiega Stefano Altissimo, direttore generale di Sacme – ha forti contatti con il mondo universitario. Utilizziamo il mondo accademico per complesse attività di ricerca ,analisi dei ns. mercati di riferimento, sviluppo tecnologico e logistico della nostra società. Tuttavia il mondo universitario sembra, a volte, abbandonato a se stesso, benché al suo interno si trovino competenze elevatissime, molto utili alle imprese.

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Per questo la nostra azienda,stipula veri contratti di consulenza con l’università, investe offrendo ai giovani delle borse di studio, con la possibilità di sviluppare, attraverso i dottorati, nuove soluzioni, oltre che per selezionare risorse umane da portare in futuro nel nostro organico». «A ogni imprenditore spetta ricercare ed applicare il suo modello di “ come fare sistema” per quanto ci riguarda ci stiamo circondando di molti “sistemi” creando delle catene economiche con clienti , fornitori e università che sviluppando progetti comuni, creando profitto e che contestualmente si difendono dalla concorrenza in modo organizzato». Sacme è una società nata nel 1971, oggi attiva nel mondo della distribuzione e trasformazione della materie plastiche: «Progressivamente, sono state create tre divisioni o business unit, per garantire all’azienda ampi spazi di crescita. Abbiamo una divisione compound, che si occupa della colorazione e della modifica dei polimeri; una divisione film, dedicata alla produzione di sacchi in polietilene e in bio polimero, destinati al mercato della Gd e della Gdo; infine, una di-


Stefano Altissimo

visione distribuzione di materie plastiche, commodities e tecnopolimeri. La scelta di strutturarci per unità, ha permesso all’azienda di operare contestualmente in mercati diversi , offrendo prodotti diversi. Questo, grazie ai buoni risultati registrati da tutti i comparti, ha contribuito a dare a Sacme una grande flessibilità economica e, di conseguenza strategica, che ci ha permesso di non essere vincolati a un unico settore». Dal 2003 è stato deciso di crescere anche per linee esterne: sono nate Dimap, materie plastiche applicate allo sport, e poi Isochemicals, additivi per il mondo dell’isolamento, società con mission specifiche orientate a mercati complessi e di nicchia. Fare impresa in modo com-

pleto è filosofia una comprovata dalla certificazione Best 4 che Sacme ha ottenuto dall’ente indipendente Rina. «Operiamo con un sistema di qualità conforme alla norma Uni En Iso 9001, che garantisce la corretta gestione di tutte le fasi produttive. Sul fronte della sicurezza, la certificazione Ohsas 18001 dimostra il nostro impegno nel preservare la salute dei collaboratori, attraverso il mantenimento di un ambiente di lavoro il più sicuro e sano possibile. La certificazione ISO 14001 garantisce il rispetto di tutte le normative ambientali oggi in vigore. Infine i rapporti tra impresa datrice di lavoro, dipendenti e terzi sono regolati dalla norma SA8000 sulla responsabilità sociale. Il tutto è gestito in continuo sviluppo

I nostri sacchi destinati alla raccolta dei rifiuti organici sono realizzati esclusivamente con biopolimeri; questi garantiscono la totale biodegradabilità e compostabilità del film

120 mln EURO

in un unico sistema integrato. La crescita dell’impresa deve essere infatti un progetto comune, condiviso dalle parti interessate; queste certificazioni esprimono la volontà di operare sul mercato con delle regole chiare e riconosciute da tutti , e dimostrano che è possibile creare valore per l’impresa e per la comunità senza ricercare la propria competitività e di conseguenza il profitto evitando il rispetto delle normative sul lavoro, ambiente o fiscali». Creare ed essere un sistema permette nel tempo di sviluppare un business solido, «significa guardare e pensare sul lungo periodo –conclude Altissimo –, condizione oggi essenziale per affrontare le forti turbative economiche del nostro tempo».

Risultato atteso da Sacme Spa per la chiusura del bilancio 2011 sulla base del giro d’affari dell’anno in corso

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IMPRESA E AMBIENTE

Una Pmi della chimica si confronta con le nuove normative europee el dicembre 2006, il Parlamento europeo ha approvato il regolamento n.1907/2006 riguardante la registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche (Reach). L'introduzione di criteri comuni di valutazione del rischio ha dunque lo scopo di garantire un elevato livello di protezione sia della salute umana che dell'ambiente in tutti i paesi dell'Unione Europea. L’adozione di strategie di controllo risulta quindi fondamentale per la riduzione dei rischi e per l’esclusione dal mercato di quei prodotti che danneggerebbero troppo l’ambiente. Le imprese che si occupano di prodotti chimici devono dunque tener conto di numerosi

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parametri da rispettare. Ne parlano Marco Rossi e Luisa Rossi, amministratori di Zaitex, azienda che si occupa di prodotti chimici per l'industria tessile, conciaria e del legno e che si è specializzata in particolare nello sviluppo applicativo di nuovi processi e prodotti per la nobilitazione in questi settori. Come è giusto muoversi per tutelare l’ambiente e continuare a produrre una vasta gamma di preparati? «Innanzi tutto è fondamentale conoscere i prodotti che si trattano, per questo è necessario investire in laboratori di analisi all’avanguardia per verificare internamente il contenuto delle sostanze pericolose e garantire la qualità di prodotto ai nostri clienti. Abbiamo completato con successo il percorso di certificazione secondo le linee guida dell’INAIL "Lavoro sicuro" promossa anche da Confindustria. Zaitex è stata una delle prime trenta aziende venete ad impegnarsi in questo progetto perché riteniamo sia giusto rispettare la sicurezza di tutti coloro che sono coinvolti nell'uso di questi prodotti e l’ambiente». Le normative vigenti sono sufficientemente esaustive e

Le disposizioni comunitarie prevedono lo svolgimento di attività di valutazione e controllo dei prodotti chimici immessi nel mercato europeo. A parlarne Marco e Luisa Rossi Belinda Pagano

riescono a tutelare in toto la salute e l’ambiente? «Le norme sulla sicurezza dei prodotti chimici sono state ricondotte a livello europeo alle normative Reach e Clp che pur idealmente mosse dai migliori propositi, si stanno rivelando estremamente complicate da interpretare e costose nell’applicazione. Sono normative che creano delle forti asimmetrie di mercato, tra chi possiede i dati e chi non li ha, i costi e la complessità sono tali da preoccupare seriamente chi si occupa del settore. Le autorità e i politici purtroppo non danno ri-

Zaitex Spa ha la sede a Povolaro di Dueville (VI) www.zaitex.com


Marco e Luisa Rossi

Le norme sulla sicurezza dei prodotti chimici sono state ricondotte a livello europeo alle normative Reach e Clp che, pur idealmente mosse dai migliori propositi, sono estremamente difficili da applicare sposte adeguate alle problematiche che loro stessi hanno imposto. Non bisogna poi tralasciare le norme che garantiscono la sicurezza degli utilizzatori finali come ad esempio la Oeko-Tex. Tuttavia queste sono di più facile gestione». Il vostro settore ha un alto impatto sull’ambiente questo comporta, ovviamente, dei costi da affrontare per riuscire a rientrare in determinati parametri. «Sì, ma si consideri che tutti i

settori produttivi devono perseguire l'obiettivo di abbattere l'impatto ambientale delle loro produzioni. Riuscire a soddisfare i parametri richiesti vuol dire investire costantemente sia per vigilare sulla sicurezza di chi lavora e dell’utente finale, sia per creare prodotti migliori. Tuttavia occorrerebbero regolamentazioni semplici a livello mondiale che tutelino economicamente chi le rispetta e rispetto a chi non le considera». L’innovazione e la continua e costante sperimentazione sono ambiti importanti per riuscire a ridurre l’impatto sull’ambiente. «La ricerca di nuove tipologie di prodotti non dovrebbe mai arrestarsi. La Zaitex, ad esempio, sta focalizzando i propri sforzi per sviluppare soluzioni che riducano l'impatto ambientale dell’applicazione dei coloranti e dei processi in modo da ridurre l’utilizzo di energia e acqua. Ov-

viamente tutto ciò non può essere realizzato senza personale competente, determinato, efficiente. Proprio per questo l’investimento sulla formazione del personale è una politica aziendale che noi perseguiamo costantemente». Che cosa avete in serbo per il futuro? «Il lavoro e la disponibilità di sempre a fianco dei nostri clienti, un impegno nuovo sui mercati esteri, sulla formazione del personale e innovazioni che cambieranno molti dei prodotti che indossate». Qualcos’altro da aggiungere? «Due parole sul personale vanno dette, abbiamo un gruppo di persone di cui essere orgogliosi per le capacità e l'attaccamento al loro lavoro, i risultati fin qui raggiunti non sarebbero stati possibili senza il loro impegno e la loro determinazione». VENETO 2011 • DOSSIER • 287


TUTELA DELL’AMBIENTE

Imprese che tutelano l’ambiente

Stato, privati e aziende collaborano per portare avanti un’accurata raccolta differenziata e per migliorare i sistemi di depurazione dell’aria. L’analisi di Paolo Mion

ai dati Istat sugli indicatori urbani ambientali emergono buone notizie sul fronte della raccolta differenziata, già da qualche anno introdotta nelle abitudini quotidiane degli italiani con il preciso obiettivo di favorire il corretto smaltimento dei rifiuti e un ottimale riciclo di tutto ciò che può essere recuperato. Le statistiche parlano chiaro, nel 2011 si è verificato un aumento della raccolta differenziata dell’1,4% rispetto all’anno scorso e in totale, la diffusione di questa pratica ha raggiunto il 31,7%, anche se in

D Paolo Mion, amministratore delegato della Mion Ventoltermica, società con sede a Maserada sul Piave (TV) www.mionventoltermica.it

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Emanuela Caruso

molti capoluoghi del Paese supera già il 60%, valore che secondo la legge tutte le città italiane dovranno raggiungere prima dell’inizio del 2012. L’area geografica nazionale più attiva in questo senso è il NordEst, che differenzia oltre il 47% dei rifiuti. Ne è ben consapevole l’azienda Mion Ventoltermica, della provincia di Treviso, che da oltre quarant’anni lavora per un ambiente pulito. «La profonda conoscenza delle problematiche ambientali – spiega Paolo Mion, amministratore delegato della società – ci ha spinti a specializzarci nella realizzazione di impianti per la tutela dell’ambiente e, di conseguenza, della salute. La nostra produzione comprende, infatti, anche impianti per lo smaltimento dei rifiuti urbani e per la raccolta differenziata e impianti di compostaggio per la creazione di Cdr e la selezione di Rsu». Nello specifico, quali altre tipologie di impianti realizza la Mion Ventoltermica? «La gamma di impianti di no-

stra produzione è davvero ampia e spazia da quelli di aspirazione per polveri, trucioli, materie plastiche e carta a quelli di depolverazione e deodorazione; include poi le carpenterie metalliche per la biofiltrazione, gli impianti di trasporto pneumatico di materiale legnoso, e i sistemi di trasporto meccanico con nastri trasportatori e coclee. A questi si aggiungono, inoltre, impianti di stoccaggio con silos a elevata capacità, strumentazioni per il trattamento delle biomasse, dosatori per caldaie, fornaci e gassificatori e infine impianti di depurazione fumi ed esalazioni chimiche». Come sviluppate gli impianti? «Il core business dell’azienda è rappresentato dalla produzione di impianti atti all’aspirazione e depurazione dell’aria e al recupero di calore. La nostra attività parte con la fase di progettazione sulle specifiche richieste del cliente, a cui seguono la redazione di un preventivo e la costruzione delle


Paolo Mion

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Contribuiamo alla salvaguardia dell’ambiente con la produzione di impianti di depurazione, filtrazione e aspirazione dell’aria

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varie componenti dell’impianto scelto. Tutti i pezzi vengono realizzati nei nostri stabilimenti, vengono testati e inviati all’utente, presso il quale avviene il montaggio finale da parte dei nostri tecnici. Alla settimana, produciamo in media 4-5 impianti, di varie dimensioni a seconda della tipologia di depurazione e della grandezza dell’impresa richiedente».

Un ruolo importantissimo quindi è ricoperto dall’ufficio tecnico. «L’ufficio tecnico della Mion Ventoltermica è composto da 15 elementi, il cui lavoro costante risolve qualsiasi problematica di depurazione, filtrazione, produzione e installazione. Lo staff tecnico è inoltre in grado di fornire consulenza su qualunque disposizione o norma di carattere am-

bientale. I tecnici si avvalgono dell’aiuto di strumentazioni all’avanguardia, come CadCam-2012, convegni, riviste specializzate, corsi di aggiornamento e collaboratori esterni, soprattutto dei soci dell’Uniaria, di cui anche la Mion Ventoltermica è membro». Su quali mercati opera la Mion Ventoltermica? «La nostra società è presente sia sul mercato italiano che su quello estero, sia nei paesi comunitari che in quelli extracomunitari. Le zone estere che più richiedono il nostro intervento sono Spagna, Germania, Austria, Polonia, Russia e Romania; ma anche Slovenia, Croazia, Venezuela, Brasile, Svezia, Finlandia, Inghilterra e Gabon. I clienti di tutte queste aree possono contattarci telefonicamente per avere una consulenza, oppure chiedere informazioni attraverso l’apposito form presente sul nostro sito internet». VENETO 2011 • DOSSIER • 289


RINNOVABILI

Meno energia per scaldare gli edifici a riduzione dei consumi di energia e la limitazione delle emissioni di CO2 è un’importante voce di risparmio nei costi di gestione di qualsiasi edificio, sia esso pubblico o privato. Gli edifici sono responsabili di circa il 40% del consumo di energia primaria a livello nazionale e buona parte di questa energia – in un’abitazione privata può valere anche l’80% – viene utilizzata per la produzione di acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il condizionamento degli spazi adibiti alle persone. Riscaldare e condizionare gli ambienti risparmiando energia, dunque, è uno dei fattori che condizionerà maggiormente la progettazione edilizia negli anni a venire. Come spiega Bruno Bellò: «Si sta premendo molto sull’isola-

L

Bruno Bellò, presidente della Clivet Spa di Feltre (BL). Nella pagina accanto, Sede principale di Clivet Group a Feltre (BL), oltre 50mila mq di aree produttive nel cuore delle Dolomiti www.clivet.com

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Guidare la rivoluzione energetica nel settore delle costruzioni con impianti a energia rinnovabile. Dimezzare le emissioni e sfruttare dal 75 al 100% di energie rinnovabili. Bruno Bellò spiega perché i sistemi a pompa di calore mantengono il comfort e abbattono la spesa energetica Luca Cavera mento, in edilizia, per limitare i fabbisogni. Tuttavia è fondamentale la scelta dell’impianto. Sfruttando la tecnologia della pompa di calore – che, rispetto a soluzioni tradizionali a combustione che utilizzano fonti fossili, utilizza dal 75 al 100% di fonti rinnovabili – è possibile dimezzare ulteriormente i consumi di energia e le emissioni di CO2». Bellò è presidente del gruppo Clivet, una società all’avanguardia nella progettazione, produzione e distribuzione di sistemi di climatizzazione e trattamento aria ad alta efficienza e minimo impatto ambientale. Oggi si parla molto di energie rinnovabili e di ecosostenibilità anche per la climatizzazione. Sono veramente maturi i tempi per un’ampia diffusione di questa tecnologia? «Siamo all’alba di una rivoluzione edilizia: gli edifici dovranno ridurre drasticamente i

consumi di energia, puntando sull’isolamento dell’involucro edilizio e sull’utilizzo di impianti più efficienti per la climatizzazione, il riscaldamento, la produzione di acqua calda sanitaria, il rinnovo e la purificazione dell’aria, basati sulle energie rinnovabili. L’Unione Europea nel 2009 ha emanato un’importante direttiva (RES) che promuove l’uso delle renewable energy sources. Fra queste, l’energia solare indiretta contenuta in aria, acqua e terra sfruttata dalle pompe di calore è riconosciuta come fonte di energia rinnovabile». Quali effetti ha avuto sul mercato questo riconoscimento? «Questo riconoscimento permetterà ai vari Stati Membri di aggiungere questa fonte di rinnovabili, ottenibile con sistemi a pompa di calore, in aggiunta alle altre tecnologie, tipo il solare, le biomasse, l’eolico e l’energia delle maree.


Bruno Bellò

Per l’Italia, grazie al favorevole clima di tipo mediterraneo, questo contributo sarà notevole e anche superiore (al 2020) alle fonti citate sopra. Un altro aspetto molto positivo è che i tempi di pay-back di questi sistemi sono molto più bassi delle altre tecnologie (fotovoltaico, eolico, ecc) e quindi necessitano di incentivazioni meno gravose per l’economia del Paese. E’ da considerare inoltre che l’assenza dei prodotti della combustione, contribuirà ad un miglioramento della qualità dell’aria, specialmente nelle città. Questi vantaggi sono stati da tempo compresi soprattutto dai Paesi del Centro-Nord Europa, che da anni incentivano questa tecnologia. Il mercato europeo delle pompe di calore ha registrato vistosi incrementi per il riscaldamento degli edifici, con sviluppi molto interessanti in Germania, Francia e nei Paesi nordici. In un Paese come la Svezia, per esempio, oltre l’80% del mercato è servito da sistemi a pompa di calore in sostituzione delle tradizionali caldaie». In Italia qual è la situazione? «Nei Paesi dell’Europa meridionale e in particolare in Italia, dove beneficiamo di temperature medie stagionali ben superiori a quelle del Nord Europa, la tecnologia della pompa di calore prevede efficienze anche superiori, dunque ancora più convenienti. Per questo motivo in Italia si stanno facendo grandi passi nella direzione di un ampio impiego di questo tipo di sistemi basati

+20% CRESCITA

sulla tecnologia della pompa di calore. Sfruttando dal 75% al 100% di energia rinnovabile, le pompe di calore sono destinate ad avere uno sviluppo esponenziale nei prossimi anni, offrendo una grande opportunità al nostro Paese, sia dal punto di vista della riduzione dell’impatto ambientale che da quello economico». Come si inserisce Clivet in questo scenario? «La nostra azienda da sempre ha impostato la propria strategia d’impresa nello sviluppo di sistemi impiantistici ad alta efficienza energetica basati sul concetto della pompa di calore, anche quando i temi del risparmio energetico e dell’alta efficienza non erano al centro del dibattito come lo sono oggi. Abbiamo investito in modo massiccio nella ricerca e sviluppo a completo servizio di questa strategia, dedicando importanti risorse economiche e umane alla formazione della Filiera professionale dell’impiantistica. La nostra mission è sin-

L’incremento di fatturato registrato da Clivet Spa nell’anno 2010, risultato dal miglioramento delle performance sul territorio nazionale ed estero

tetizzata nella formula “Comfort & Energy Saving”». A quali risultati siete approdati lungo questo percorso? «Oggi le nostre soluzioni impiantistiche a pompa di calore a ciclo annuale sono una risposta completa e definitiva alle esiQUOTA DI genze di riscaldamento, condiMERCATO zionamento, produzione di acqua calda sanitaria, rinnovo e La tecnologia Clivet soddisfa purificazione dell’aria. Abmetà della richiesta biamo registrato una riduzione di impianti di importanti delle emissioni inquinanti di segmenti del CO2 anche del –50%, una risettore terziario duzione dei consumi di energia primaria che va dal 30 al 60% rispetto alle tecniche tradizionali a combustione alimentata a gas o gasolio». Come funzionano le pompe di calore e quali sono i motivi per cui consumano il 50% in meno di energia primaria rispetto ai sistemi a caldaia? «Le pompe di calore utilizzano l’energia rinnovabile e gratuita contenuta nell’ambiente per la produzione di energia termica e

50%

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RINNOVABILI

frigorifera necessaria per il riscaldamento e il condizionamento degli ambienti. Assodata una base 100 di fabbisogno energetico dell’edificio, se questo 100 viene prodotto con un sistema a combustione, esso utilizzerà energia primaria per 117,6. Nel caso invece di un sistema a pompa di calore, essa genererà alla fonte un consumo di energia primaria pari a 65,8 (–44%) (fonte: Libro Bianco delle pompe di calore edito da Anima/CoAer). In termini economici, l’utilizzo di sistemi in pompa di calore risulta più conveniente rispetto all’utilizzo di sistemi di riscaldamento tradizionali a combustione, abbattendo di circa la metà i normali costi di riscaldamento». Può riportare qualche esempio concreto di applicazione di questa tecnologia e dei suoi risultati? «Un nostro committente ha potuto sperimentare una riduzione dei consumi di metano del 49,5%. Tale dato è risultato dal confronto fra due strutture gemelle, due centri commerciali, uno dotato dei nostri sistemi e l’altro di sistemi tradizionali. Il risparmio di energia elettrica per la climatizzazione e la refrigerazione alimentare è stato di oltre un quinto (–22,5%). Nel complesso, accanto ai vantaggi ambientali, in questo caso è stato ottenuto un risparmio di oltre un milione di euro nei 15 anni di ciclo vita dell’impianto». Si riescono ad avere risultati paragonabili anche in am296 • DOSSIER • VENETO 2011

bito residenziale? «Abbiamo numerose esperienze nel residenziale e in particolare il monitoraggio puntuale del funzionamento di un impianto reale in provincia di Vicenza ha confermato un risparmio medio annuo di energia primaria del 41%, un abbattimento delle emissioni indirette di CO2 del 41% e una riduzione del 36% nei costi di gestione, rispetto al sistema tradizionale con caldaia, split e recuperatore a flussi incrociati considerato come alternativa in fase progettuale. A questo si aggiunga il fatto che oltre il 73% del fabbisogno dell’abitazione per riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria nei tre anni di esercizio è stato coperto con fonti rinnovabili di energia. Una tecnologia così efficiente ed ecologica necessita di un approccio molto attento, per questo siamo andati oltre il concetto di prodotto e abbiamo sviluppato sistemi completi e avanzati, in grado di assicurare il comfort di qualità, ottimizzare i tempi di progettazione e installazione con grande efficienza e rispetto per l’ambiente». Un quadro molto positivo. Quali sono ora gli obiettivi di Clivet per gli anni a venire? «Dopo aver acquisito il 50% di quote di mercato in Italia e una posizione di rispetto sui principali mercati europei nei sistemi in pompa di calore per i grandi ambienti del terziario, ora puntiamo a replicare questa performance nel residenziale, con l’in-

Il centro commerciale nel vulcano Un gigante di calcestruzzo, acciaio e vetro ricoperto di vegetazione, pensato da uno dei più grandi architetti contemporanei e inserito armoniosamente accanto al reale vulcano di Napoli. Nasce così a Nola (NA) il Vulcano Buono di Renzo Piano. All’interno si trovano un complesso di gallerie commerciali a più piani con un ipermercato, negozi e ristoranti, attività per il tempo libero, centri per l’esposizione e per l’aggregazione sociale, un cinema multisala e un albergo internazionale. Una struttura dove il riscaldamento, il condizionamento, il rinnovo e la purificazione dell’aria sono realizzati con sistemi in pompa di calore Clivet: un impianto ad anello Wlhp (Water Loop Heat Pump). Ogni singolo ambiente imposta e mantiene automaticamente il proprio clima ideale tutto l’anno, indipendentemente dalla posizione, dimensione o destinazione d’uso. Per la realizzazione di questo impianto, Clivet ha vinto l’Italian Real Estate Award 2008 per il miglior progetto di sviluppo retail.

tento di ottenere nel giro di 5 anni un raddoppio del fatturato dell’azienda. Contiamo di realizzare i nostri obiettivi consentendo ai nostri clienti di risparmiare mediamente il 50% di energia e questa decisamente è una sfida che ci piace e che siamo certi ci darà grandi soddisfazioni in avvenire».



La casa con energia a costo zero L'applicazione delle più moderne tecnologie al servizio del risparmio energetico e della riduzione dell'impatto ambientale. Queste le linee guida dell'architettura odierna, come spiega Eca Technology Lodovico Bevilacqua

ell'edilizia contemporanea lo sviluppo di sistemi di risparmio energetico – economicamente ed ecologicamente sostenibili – è diventato un fattore di importanza sempre crescente. La riduzione dell'impatto ambientale e la contrazione delle spese energetiche sono infatti divenute priorità irrinunciabili nella progettazione di nuove abitazioni e nella ristrutturazione di immobili esistenti e la gestione delle tecnologie necessarie ad ottenere tali risultati è sempre più spesso demandata ad operatori specializzati. In questa direzione è canalizzata la trentennale esperienza di Gian-

N Eca Technology ha sede a Grisignano di Zocco (VI) www.ecatech.it

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franco Beniero – fondatore e titolare di ECA Technology di Grisignano di Zocco – nell'ambito dello sviluppo e della produzione di sistemi e tecnologie per l'efficienza energetica. «Il nostro ambizioso obiettivo è contribuire alla realizzazione di case ad energia a costo zero, ovvero abitazioni dove il fabbisogno energetico sia interamente soddisfatto dallo sfruttamento dell'energia rinnovabile prodotta dagli impianti fotovoltaici da noi progettati e installati integrati con la nostra pompa di calore Acquainverter». Sorprende la precocità con cui ECA Technology ha intrapreso il suo percorso produttivo nell'ambito dello sfruttamento del-

l'energia rinnovabile. «La nostra azienda nasce nel momento di più diffuso utilizzo del metano come fonte energetica e la strategia di puntare sullo sfruttamento di fonti di energia non derivanti da combustibili fossili è stata una scelta decisamente coraggiosa, ma – in definitiva – vincente». «Il servizio offerto ai propri clienti è efficiente e completo». Continua Beniero: «La fase di progettazione è compiuta interamente nei nostri laboratori, così come è nostra prerogativa la successiva posa degli impianti, naturalmente in stretta collaborazione con gli ingegneri e gli architetti responsabili». Sempre di stretta competenza


Eca Technology

AcquaInverter: per la casa con energia a costo zero AcquaInverter è un sistema innovativo per la produzione di acqua calda fino a 50° C per il bagno, il riscaldamento e di acqua refrigerata per il condizionamento da 5 a 20°. Un impianto integrato, ad alimentazione elettrica e collegato all’impianto fotovoltaico e solare termico: sostituisce la tradizionale caldaia e il condizionatore rispondendo a tutte le esigenze di comfort della casa senza l’utilizzo di combustibili fossili. Un modo intelligente e vantaggioso per ottenere il massimo del benessere tutelando l’ambiente e riducendo drasticamente i costi in bolletta. AcquaInverter può essere utilizzato sia in progetti di nuova realizzazione sia in edifici ristrutturati.

di ECA Technology è la fase di adempimento dell'iter burocratico finalizzato alla certificazione e al finanziamento degli impianti. «I nostri pannelli vengono realizzati in Germania, con la possibilità – dunque – di sfruttare la maggiorazione di incentivo offerta agli utilizzatori di moduli prodotti in Europa e di ottenere la preziosa

certificazione TÜV di Colonia». La qualità degli impianti è, oltre che certificata, garantita per venticinque anni. «Il funzionamento dei pannelli da noi installati è monitorato costantemente e la possibilità di intervento per manutenzione ordinaria o straordinaria è naturalmente garantita da ECA Technology». Fulcro del sistema di risparmio energetico dell'abitazione è la tecnologia Acquainverter, una pompa di calore che permette di creare

un sistema integrato di riscaldamento, condizionamento e produzione di acqua calda sanitaria. Estremamente soddisfacente la resa di questo impianto. «L'utilizzo delle tecnologie da noi proposte permette di ridurre le spese energetiche e la versatilità del sistema Acquainverter consente di sfruttare sia l'energia di rete, sia l'energia prodotta da un impianto fotovoltaico potendo così ottenere la “casa a energia a costo zero”». Funzionalità nell'utilizzo e professionalità nella concezione – dunque. «I nostri impianti garantiscono numerose soluzioni e offrono agli architetti e progettisti con cui collaboriamo un ampio ventaglio di alternative progettuali per la realizzazione dell'abitazione». Appare scontata – in un ambito produttivo così caratterizzato dall'elemento tecnologico – la necessità di investire nello studio di soluzioni sempre più funzionali e innovative. «Gli sforzi del nostro dipartimento di ricerca e sviluppo sono ora orientati verso il tentativo di creare un sistema di accumulo dell'energia prodotta dagli impianti fotovoltaici che corredano la struttura abitativa o industriale». VENETO 2011 • DOSSIER • 299


RINNOVABILI

Efficienza e sostenibilità energetica nel Pubblico Pur vincolate all’obbligo di fornire un servizio alla comunità, le aziende pubbliche del settore energetico possono, attraverso un’oculata gestione, rendersi competitive e al passo con le esigenze di sostenibilità e riduzione dei consumi. Ne parla Massimo Nicoli Amedeo Longhi

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nche per una società a maggioranza pubblica il libero mercato può essere una buona opportunità per migliorare le prestazioni e tenersi al passo con i tempi, specialmente oggi che, nel settore energetico ma non solo, la compatibilità ambientale e la ricerca di nuove fonti pulite e rinnovabili stanno diventando delle priorità irrinunciabili. Competitività e sostenibilità sono le due direttrici lungo le quali opera la Asm Set, azienda nata sotto il monopolio con la gestione del gas metano per la Città di Rovigo, di cui Massimo Nicoli è amministratore delegato. «La nostra storia è breve – spiega Nicoli – ma caratterizzata da dati postivi e in continua crescita dovuti alla gestione corretta degli approvvigionamenti, della qualità dei prodotti e dei servizi offerti. Soprattutto negli ultimi tempi poi, abbiamo canalizzato l’efficienza della nostra struttura verso la ricerca di soluzioni sempre più all’avanguardia dal punto di vista ambientale». In che direzione si è evoluta la vostra attività negli

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ultimi anni? «Da semplice società di vendita di gas metano, che nel 2003 vantava circa ventitremila clienti, oggi la nostra società è cresciuta sino ad arrivare a oltre trentaduemila clienti, sparsi non più solo nel Comune di Rovigo ma nell’intera provincia polesana. Nel contempo ci siamo orientati anche verso la realizzazione di impianti fotovoltaici, oltre ad aver intrapreso un percorso sulla geotermia e più in generale sul risparmio energetico». Cosa via ha portato a puntare sulle energie rinnovabili? «La produzione di energia da fonti rinnovabili non è più un argomento di nicchia. Da qualche anno infatti le tecnologie presenti dimostrano che oltre alla salvaguardia ambientale si possono ottenere vantaggi economici e opportunità di sviluppo in un settore che da pochissimo tempo ha preso piede nel panorama italiano. La sensibilità è esponenzialmente cresciuta negli ultimi due/tre anni e si stanno muovendo i primi passi per diffondere l’uso razionale dell’energia e della potenzialità


Massimo Nicoli

Le tecnologie presenti dimostrano che oltre alla salvaguardia ambientale si possono ottenere vantaggi economici e opportunità di sviluppo

delle rinnovabili. È aumentata la coscienza di cittadini e imprese, oltre all’attenzione che anche le pubbliche amministrazioni rivolgono alle tematiche ambientali. Questo sta permettendo di soddisfare gli indirizzi dell’Unione Europea, che ha fatto del risparmio energetico un cavallo di battaglia». Che tipo di strutture avete allestito, in particolar modo per quanto riguarda fotovoltaico e geotermico? «Abbiamo strutturato una divisione appositamente sulle rinnovabili in modo da poterla rendere in grado di proporre la migliore tecnologia a prezzi competitivi oltre a garantire la massima qualità del servizio per la diffusione capillare delle fonti energetiche rinnovabili». In che modo curate il rapporto con l’utenza? «Cerchiamo di porci come punto di riferimento per imprese e cittadini, i quali possono trovare uffici dedicati sparsi su tutto il territorio provinciale in grado di assicurare risposte certe, concrete e soprattutto in tempo reale. Preferiamo quindi il contatto fisico rispetto a impersonali

call center privi di rapporto diretto e spesso inefficaci nelle soluzioni operative». Quale obiettivo riguardante la transizione alle energie rinnovabili vorrebbe vedere realizzato nei prossimi anni? «Si tratta di un sogno che ritengo però realizzabile: vedere i nostri piccoli e medi Comuni produrre autonomamente tutta l’energia per il proprio fabbisogno attraverso fonti rinnovabili e comunque attuare pienamente la necessità di interventi anche strutturali per creare una coscienza collettiva sul tema del risparmio energetico. Questo è possibile anche attraverso una specifica politica energetica che deve essere accolta nei regolamenti e nelle nuove concessioni edilizie, per arrivare

nel giro di otto o dieci anni ad avere nuove costruzioni che siano al tempo stesso realizzate con materiale ecologico e in grado di autoprodurre l’energia che consumano, ricorrendo a fonti quali solare termico, fotovoltaico e geotermico. Dal punto di vista commerciale, l’obbiettivo è incrementare la crescita anche per l’anno 2012 ed essere in grado di soddisfare le esigenze dei soci e dei clienti per acquisire una sempre maggiore competitività nel mercato energetico. Non da ultimo, abbiamo molto a cuore l’opportunità di creare occupazione diretta e indiretta rispondendo anche a un tema, quello del lavoro, oggi particolarmente sentito, specialmente dalle nuove generazioni».

In apertura, Massimo Nicoli, amministratore delegato della Asm Set Srl di Rovigo www.asmset.ro.it

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GESTIONE DEI RIFIUTI

Come si riciclano correttamente i rifiuti Qual è la situazione in Italia dello smaltimento dei materiali speciali e pericolosi rispetto al resto dell’Europa? E i rifiuti solidi urbani? Marco Zoccarato spiega a che punto è per Forrec la ricerca di soluzioni per un recupero che potrebbe arrivare all’85% Valerio Germanico

er quanto riguarda i rifiuti speciali e pericolosi la situazione in Italia è soddisfacente, con una percentuale di recupero e corretto smaltimento molto elevata. Spesso però, come nel caso degli pneumatici, è complicato collocare sul mercato i materiali di risulta nel postrattamento e questo inevitabilmente frena gli inve-

«P

Forrec Srl, Santa Giustina in Colle (PD) www.forrec.it

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stimenti in questa direzione. L’introduzione di leggi sull’utilizzo di queste materie prime “secondarie” colmerebbe il gap che ancora esiste fra noi e il Nord Europa, la Germania, la Francia, gli Stati Uniti o il Canada». Questo è il quadro che Marco Zoccarato delinea sulla situazione del riciclo nel nostro Paese. La sua analisi parte dall’esperienza di Forrec, un team di professio-

nisti che si dedica allo sviluppo di tecnologie per il trattamento dei rifiuti. «Tuttavia, nonostante i passi avanti, il vero salto – oltre che normativo, anche culturale – resta da fare sul tema dei rifiuti solidi urbani. È ancora possibile fare molto per sensibilizzare i cittadini su quanto sia indispensabile una corretta raccolta differenziata. Se pensiamo che circa l’85% dei rifiuti domestici è recuperabile, è facile intuire che le tanto discusse discariche non avrebbero più motivo di esistere». A conforto di questo dato e di queste affermazioni esistono oggi tecnologie che si sono sviluppate proprio sulla base della comprensione delle diverse esigenze territoriali. «L’ascolto e la presenza sul territorio sono alla base delle innovazioni nel settore del trattamento rifiuti. Solo percependo i reali bisogni del mercato è possibile capire esattamente quali sono i settori da sviluppare e le solu-


Marco Zoccarato

zioni da realizzare. All’inizio della nostra esperienza professionale, il problema riciclo era un argomento da trattare, ma non faceva ancora parte delle priorità. I pionieri hanno avuto così l’onore e l’onere di sperimentare sul campo le reali possibilità di macchinari e impianti. Negli anni si è giunti a una tale capacità tecnica e professionale che il progetto viene pensato, realizzato su carta, creato e costruito con margini di errore estremamente bassi. Tanto che oggi si lavora soprattutto sulla ricerca di soluzioni per le esigenze future di smaltimento dei materiali di nuova costruzione o che sono entrati nel consumo di massa da pochi anni, come gli schermi Lcd, condizionatori, pannelli fotovoltaici, batterie di vario tipo». Quindi al primo posto si colloca la ricerca, spesso basata sul confronto e sulla condivisione di scenari di mercato,

L’85% dei rifiuti domestici è recuperabile. Quindi, con un atteggiamento corretto, le discariche potrebbero quasi non esistere

ma anche sull’adeguamento agli aggiornamenti normativi. «La normativa Europea richiede una preparazione non indifferente alle aziende legate al mondo del riciclaggio dei rifiuti. Questa prevede caratteristiche comuni degli impianti, tali da rendere univoco

il trattamento delle diverse tipologie di scarti. Per tale ragione l’Italia si è uniformata alle richieste europee, posizionandosi ai primi posti per innovazioni e affidabilità degli impianti. Quella che fino a pochi anni fa era considerata la tecnologia al top, quella tedesca, è stata così raggiunta sul piano della qualità e della resa – e talvolta anche superata – dalla tecnologia italiana, che ha dimostrato di avere, come valore aggiunto, un’elevata flessibilità e una maggiore efficacia nelle soluzioni su misura. Dunque la nostra soddisfazione è stata grande quando quest’anno siamo riusciti a posizionare un impianto all’avanguardia per

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GESTIONE DEI RIFIUTI

il trattamento dei rifiuti frigoriferi proprio in territorio tedesco». I segmenti nei quali Forrec ha concentrato le maggiori risorse sono la ricerca, progettazione e costruzione di trituratori e macinatori per il trattamento di qualsiasi tipo di rifiuto solido; la costruzione di impianti specializzati nella trasformazione dei rifiuti; i servizi di assistenza e manutenzione; e lo sviluppo di tecnologie amiche dell’ambiente, in grado di operare in modo totalmente ecocompatibile. «Abbiamo una solida esperienza nella progettazione, costruzione e gestione d’impianti specifici per il trattamento di rifiuti particolari come: frigoriferi, pneumatici, per la produzione di combustibile da rifiuto e per il trattamento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. La completa conoscenza di tutte le problematiche industriali legate a queste particolari tecnologie ci consente di adeguare e personalizzare gli impianti alle specifiche esigenze produttive, fornendo un sistema chiavi in mano di immediata operatività. Il valore aggiunto di uno staff tecnico preparato è il saper fronteggiare nel tempo tutti gli ostacoli che si interpongono fra l’idea di un progetto e la sua concreta realiz304 • DOSSIER • VENETO 2011

L’Italia si è uniformata alle richieste europee, posizionandosi ai primi posti per innovazioni e affidabilità degli impianti

zazione. I capisaldi ai quali ci rivolgiamo in fase di progettazione sono l’impatto ambientale “zero”, la sicurezza degli operatori e l’affidabilità. Concretamente, la limitazione della rumorosità, delle polveri e delle emissioni in atmosfera sono solo alcuni dei punti sui quali si basa la realizzazione dei progetti più complessi, legati anche a regolamentazioni ambientali che cambiano rapidamente e che sono diventate molto precise nella classificazione dei rifiuti. Inoltre, il mercato richiede alta efficienza, bassi costi di gestione e tecniche rapide di manutenzione – requisiti indispensabili per far sì che anche i rifiuti più problematici possano diventare opportunità di business». In qualsiasi produzione i tempi morti per la manuten-

zione degli impianti vanno ridotti al minimo, la medesima logica vale negli impianti di trattamento dei rifiuti. «Non possiamo immaginare un’istallazione senza un’assistenza postvendita adeguata, non solo perché è un nostro dovere, ma soprattutto perché vogliamo seguire sempre da vicino i nostri impianti, monitorandone capacità e potenzialità. Per dare assistenza precisa e in tempi relativamente brevi, ci siamo organizzati con tecnici specializzati per interventi mirati, officine mobili, diagnostica remota via modem e un ampio magazzino ricambi. Per evitare perdite causate da fermi prolungati degli impianti, solo dopo la ripresa della produzione a pieno regime verifichiamo le cause che hanno generato il danno».



GESTIONE DEI RIFIUTI

I “corrieri” dei rifiuti uando pensiamo alla raccolta dei rifiuti siamo abituati a immaginare i camion della nettezza urbana che circolano per le nostre città o i porta container che effettuano il prelevamento dei rifiuti industriali in loco. Un importante ruolo è però svolto anche da chi si occupa della microraccolta, ovvero il recupero a domicilio, presso le aziende che li producono, degli scarti di varia natura, da quelli elettrici a quelli sanitari. È proprio questa una delle principali attività della S. Eco, come spiega la rappresentante legale Ornella Marcolin: «Il punto che ci identifica è il concetto della microraccolta dei rifiuti, la caratteristica che ci ha differenziato dalle altre aziende del settore. Noi effettuiamo questa raccolta “in colli”, non abbiamo container o autobotti ma gestiamo scarti confezionati. Siamo un po’ i corrieri del mondo dei rifiuti». Questo in cosa differisce dalla gestione tradizionale dei rifiuti? «Noi possediamo una particolare struttura logistica sul territorio grazie alla quale riusciamo a ottimizzare il servizio di raccolta anche solo per piccole quantità. Riusciamo a essere competitivi anche sotto il profilo economico poiché abbiamo un’organizzazione settoriale, differenziata, specifica.

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Oltre alle tradizionali attività di gestione dei rifiuti, esiste un sistema chiamato microraccolta che, integrato da specifici servizi accessori, ottimizza l’importante opera di differenziazione e recupero. Lo descrive Ornella Marcolin Amedeo Longhi

Operiamo principalmente in Triveneto, Lombardia ed Emilia Romagna, che per essere specialisti della microraccolta è un’area abbastanza vasta. Per altri servizi operiamo anche nel Nord e nel Centro Italia o sull’intero territorio nazionale con la collaborazione di nostri partner. Essendo presenti un po’ dappertutto riusciamo a offrire un buon servizio sia come tempistica sia dal punto di vista economico». Poi come vengono trattati i materiali che recuperate? «Oggi la maggior parte dei rifiuti è destinata al riutilizzo: gli scarti vengono utilizzati come fonte energetica o vengono elaborati per recuperarne le materie prime. Noi abbiamo due impianti di stoccaggio, riconfezioniamo, facciamo la cernita e reinviamo alle strutture di recupero per il trattamento. Queste possono essere in Italia o anche all’estero». Com’è l’educazione ambientale delle persone e delle aziende con cui lavorate, c’è già una gestione corretta dello scarto a monte? «Diciamo che oggi come oggi il


Ornella Marcolin

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Il punto che ci identifica è il concetto della microraccolta dei rifiuti. Effettuiamo questa raccolta “in colli”, non abbiamo container o autobotti ma gestiamo scarti confezionati

Ornella Marcolin, rappresentante legale della S.Eco di Verona www.s-eco.it

produttore ha già una certa cultura riguardo a quello che è la gestione dei rifiuti dal punto di vista normativo e della sicurezza. In generale hanno già un’indicazione di come va trattato il rifiuto che producono. Può esserci ancora qualche caso di chi non lo gestisce correttamente ed è proprio quello il caso in cui cliente va seguito con più attenzione, va formato, gli va spiegato come fare. Siccome i punti da tenere in considerazione sono tanti, a volte

può capitare che qualcosa sfugga, infatti abbiamo diverse aziende che si appoggiano a noi per quanto riguarda il loro centro di stoccaggio. Noi mandiamo il nostro operatore presso di loro, anche giornalmente, e lui gestisce tutto ciò che riguarda la produzione, lo stoccaggio, il deposito temporaneo. C’è poi il problema del confezionamento dei rifiuti – sono necessari contenitori a norma – e di altri aspetti come etichettatura e sicurezza, c’è da ottimizzare la scelta degli impianti finali, prediligendo quelli che garantiscono un maggior recupero o un vantaggio economico. A volte noi ci occupiamo anche di questi aspetti». Per quanto riguarda la categoria di rifiuti, ce n’è qualcuno che trattate in maniera particolare? «Il nostro core business inizialmente era legato al settore sanitario e chimico-farmaceutico, poi abbiamo diversificato ampliandoci nel settore bancario – assicurativo e similari, raccogliendo carta, toner, materiale informatico. Nel campo dei rifiuti elettronici da qualche anno c’è un nuova normativa, per cui collaboriamo con diversi consorzi per il trattamento dei Raee. Un’altra tipologia con cui siamo partiti da qualche

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anno è il trattamento dei documenti riservati, che svolgiamo direttamente presso il nostro centro. Si tratta di una procedura un po’ particolare perché non riguarda solo lo smaltimento e il recupero della carta; secondo la normativa sulla privacy infatti, questi documenti devono essere distrutti in modo che sia assolutamente garantita la riservatezza del dato. Forniamo contenitori a norma che sono ermeticamente chiusi ove vanno inseriti i documenti contenenti dati sensibili. In un secondo momento raccogliamo questi contenitori e li portiamo presso da la nostra sede, dove un sistema interno distrugge i documenti. L’intero processo viene filmato a certificare l’avvenuta triturazione». Per concludere è interessante notare quanto stanno aumentando gli scarti agro-alimentari confezionati scaduti o prossimi alla scadenza, provenienti sia da aziende produttrici o dalla grande distribuzione; c’è da chiedersi se è perché produciamo troppo, perché comperiamo di meno o perché sono cambiate le norme. «Intanto noi raccogliamo questi scarti che, dopo un pretrattamento, vengono riutilizzati per produrre biogas». VENETO 2011 • DOSSIER • 307


GESTIONE DEI RIFIUTI

Quei “Ricicloni” del Nord Est L’obiettivo del 65% di raccolta differenziata entro il 2012 è quasi raggiunto nei Comuni dell’area di Verona Sud, anche quest’anno proclamati da Legambiente “Comuni Ricicloni”. Quali strategie, insieme alla collaborazione dei cittadini, stanno determinando questo successo? La parola a Pietro Caucchioli Luca Cavera

a società di raccolta rifiuti che nel 2009 al 2011 ha contribuito all’assegnazione del premio di Legambiente “Comune Riciclone” ad alcuni comuni del veronese a partire dal primo gennaio 2012 cambierà nome, in linea con le recenti acquisizioni e la ristrutturazione societaria seguita all’assemblea straordinaria dei soci del 25 no-

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Pietro Caucchioli, presidente di Eco Cisi, Nogara (VR) www.ecocisi.it

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vembre scorso. Quella che finora i residenti dell’area di Verona Sud – serviti dal servizio di raccolta dei rifiuti porta a porta – hanno conosciuto come Eco Cisi, dal prossimo anno si chiamerà ESA-Com (Eco Servizi Ambientali Comunali). Il titolo di “Comune Riciclone” è stato assegnato negli anni scorsi grazie al superamento della quota del 50% di raccolta differenziata. A che punto è oggi la situazione, anche considerando le normative nazionali (legge 296 del 2006) che prevedono il raggiungimento del 65% di differenziata entro il 31 dicembre 2012? Ne parliamo con Pietro Caucchioli, presidente della società a capitale completamente pubblico che svolge in nome e per conto dei Comuni soci il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti urbani. Qual è la situazione attuale rispetto all’obiettivo da raggiungere entro la fine del prossimo anno? «In questo momento soltanto

uno dei comuni ai quali noi offriamo il servizio di raccolta non si è ancora avvicinato alla soglia del 65%. E questo è da addebitare esclusivamente al fatto che fino a pochi mesi fa non era ancora servito dal sistema di raccolta porta a porta. Tuttavia la situazione è già in netta evoluzione, grazie al lavoro svolto dal Direttore Generale, il geometra Maurizio Barbati, vero cuore pulsante della società. Per questo siamo sicuri di riuscire a migliorare e recuperare anche questo dato e non perché esista un’imposizione di legge, bensì perché questa è la nostra missione ambientale». Quando conta nella vostra realtà la ricerca della collaborazione dei cittadini? La promuovete attraverso delle iniziative informative o campagne di comunicazione? «Diamo molta importanza agli incontri con i cittadini e, soprattutto, con le scuole. Questi si svolgono sistematicamente e periodicamente in tutti i co-


Pietro Caucchioli

muni che serviamo. Per progredire nel miglioramento dei risultati della raccolta, stimoliamo gli utenti a differenziare dando informazioni sulle metodologie di trattamento dei rifiuti. Abbiamo anche cercato di migliorare il calendario della raccolta, però, una delle ultime iniziative è quella di un progetto di sistema di raccolta a svuotamento, così da poter incentivare ancora di più la differenziata, premiando con una riduzione della tariffa chi produce meno rifiuto secco. Questa iniziativa, naturalmente, ha come base di successo proprio la collaborazione dei cittadini, che inizialmente saranno incentivati a svolgere un’operazione in più – ma aspiriamo a determinare la formazione di un comportamento spontaneo». Come vengono stabiliti i termini della collaborazione con gli enti a quali prestate servizio? «La società ha esclusivamente affidamenti diretti dai Comuni

associati secondo le modalità dell’in house providing. Lo scorso 25 novembre si è tenuta un’assemblea straordinaria dei soci durante la quale è stato modificato lo statuto per potenziare ulteriormente il controllo analogo. In particolare è stato inserito un nuovo organo: il comitato per il controllo congiunto. Questo rafforzerà il potere di controllo che i Comuni hanno sulla società». Quali società avete recentemente acquisito? «Eco Cisi controlla Gielle Ambiente – nella quale io ricopro anche la carica di amministratore unico. Questa si occupa principalmente di pulizia delle caditoie stradali e dello spurgo dei pozzi neri, ma ha implementato l’attività nel campo della raccolta e trasporto di rifiuti speciali provenienti da aziende artigianali, industriali, commerciali e agricole. Gielle offre anche l’assistenza tecnicoamministrativa per la gestione della documentazione prevista dalla normativa di ri-

ferimento. Inoltre, a partire dall’inizio del 2011, abbiamo siglato un accordo di due diligence con Sive per un interscambio di dati tecnicocontabili da sottoporre ai soci. Con lo scopo di un futuro progetto di fusione per il contenimento dei costi e l’ottimizzazione del servizio». Quali sono gli obiettivi di questa politica societaria? «L’obiettivo principale è salvaguardare l’ambiente, migliorando, da una parte, la percentuale di raccolta differenziata, dall’altra, il servizio, cercando di ottimizzarne i costi. Il raggiungimento di questo obiettivo di miglioramento è però soggetto ai frequenti cambiamenti normativi, che ultimamente hanno richiesto particolare impegno per allinearci alle novità. Se prima i Comuni potevano decidere di mettere a gara almeno il 40% della propria società e il servizio – portando a scadenza contratti anche ventennali e assicurando così un valore certo al privato che acquistava il pacchetto –, oggi questo tipo di partenariato fra pubblico e privato porterebbe alla decadenza di tutti gli affidamenti e alla possibilità di nuovi affidamenti diretti con i soci, che non sarebbero comunque garantiti». VENETO 2011 • DOSSIER • 309


INFRASTRUTTURE

Nuove linee di comunicazione Non solo Pedemontana: il Veneto guarda a un nodo intermodale all’aeroporto “Marconi”, oltre che alle tratte ferroviarie dell’Alta velocità, come spiega l’assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti, Renato Chisso Riccardo Casini

edemontana veneta, si parte: l’unica superstrada italiana a pedaggio che collegherà Montecchio Maggiore (Vi) a Spresiano (Tv), interconnettendosi a tre autostrade (A4, A31 e A27) per una lunghezza complessiva di quasi 95mila chilometri, ha visto lo scorso 10 novembre la posa della prima pietra. È l’occasione per fare il punto sui lavori in regione con Renato Chisso, assessore alle Infrastrutture del Veneto e protagonista anche della sottoscrizione, con il commissario straordinario e le organizzazioni regionali agricole, dell’accordo quadro sugli espropri che servono per la realizzazione della superstrada stessa. «L’accordo – spiega oggi – è stato firmato con tutte le organizzazioni professionali agricole del Veneto e perfeziona un precedente accordo, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il valore agricolo medio che avevamo allora utilizzato come criterio base di riferimento».

P Renato Chisso, assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti, e un’immagine della cerimonia di avvio dei lavori della superstrada pedemontana veneta

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Quali sono gli obiettivi dell’accordo? «Lo scopo è dare un valore adeguato agli espropri sia dal punto di vista patrimoniale sia da quello “affettivo”: pensiamo ad esempio a chi svolge su questi terreni un’attività tramandata di generazione in generazione. Ringrazio pertanto le organizzazioni professionali, che hanno contribuito con grande senso di responsabilità a stemperare tensioni e a trovare i punti di equilibrio, favorendo il riconoscimento di un giusto indennizzo agli imprenditori agricoli, che voglio ringraziare di cuore. Vogliamo realizzare la Superstrada con la pace sociale, che non riguarda quelli che gridano di più, ma coloro che sopportano il peso vero dell’intervento, cioè chi ha la terra e la lavora». Dopo la cerimonia di apertura dei cantieri, quali sono ora le tempistiche di realizzazione previste? «La superstrada pedemontana veneta sarà pronta in 5 anni. Io però sono convinto che probabilmente verrà terminata prima

e che sarà comunque aperta per tratti funzionali. Il motivo di questo ottimismo è semplice: finché non verrà aperta al traffico, tutta o in parte, il concessionario non potrà rifarsi dei soldi investiti per la realizzazione ed è dunque un suo interesse accelerare il più possibile i tempi d’intervento. Questo tra l’altro è il più grande intervento in finanza di progetto d’Italia e tra i maggiori d’Europa, con una spesa prevista di 2 miliardi e 130 milioni di euro, dei quali solo 173 milioni a carico dell’erario pubblico. E si tratta di un’arteria strategica a servizio di un’area che è tra le più preziose e industrializzate d’Italia e nello stesso tempo tra le più critiche dal punto di vista infrastrutturale». Recentemente è stato presentato anche il masterplan del nodo intermodale dell’aeroporto “Marco Polo”, il cui studio di fattibilità è stato cofinanziato dal programma europeo Ten-T. Quali sono le sue linee guida? «Il masterplan intermodale del “Marco Polo” è stato predispo-


Renato Chisso

sto e presentato dalla Save, la società che gestisce l’aeroporto veneziano, ma ovviamente la Regione è ampiamente coinvolta nella programmazione del sistema infrastrutturale che serve per dare corpo a questa iniziativa, che crea un nodo intermodale che definirei “perfetto” in un’area strategica per l’Europa e il nostro Paese. In questo caso nodo intermodale significa fare dell’aeroporto il punto di snodo e d'incontro tra modalità di trasporto che utilizzano aria, acqua, gomma

e ferro. Per noi vuol dire avere a Venezia – Tessera il terzo scalo aereo nazionale e con collegamenti intercontinentali, una stazione dell’alta capacità/alta velocità ferroviaria, una stazione per il sistema metropolitano ferroviario regionale, un molo per il trasporto acqueo, l’attestamento di un collegamento autostradale che si congiunge con l’itinerario EstOvest e il capolinea della futura sub lagunare». Quali prospettive garantirebbe al Veneto questo

Non è facile essere amministratori in un paese che ha bisogno di un commissario per facilitare la realizzazione di opere

progetto? «Significherebbe migliore mobilità, migliori collegamenti, maggiore sicurezza, investimenti per un miliardo di euro e migliaia di posti di lavoro con minore impatto sul territorio di quanto non ne abbia un sistema disordinato e che si sovrappone negli anni senza una logica unitaria». A proposito di intermodalità, la giunta ha approvato la VENETO 2011 • DOSSIER • 313


INFRASTRUTTURE

convenzione per la redazione l’individuazione di una solu- ritari per il Veneto? dello studio di fattibilità dei collegamenti ferroviari e viari della stazione alta velocità di Vicenza Ovest, all’interno di un progetto di tratta Verona-Padova già approvato dal Cipe. Come procedono invece i lavori per la Venezia-Trieste dopo la nomina del commissario straordinario Mainardi? «Non è facile vivere ed essere amministratori in un paese che ha bisogno di un commissario per facilitare la realizzazione di opere strategiche come appunto la Venezia-Trieste: il commissario è uno strumento contro l’ordinaria e la straordinaria burocrazia di un paese che spende più in progettazioni continue che in realizzazioni, dove tutti o quasi dicono di volere un’opera, purché un po’ diversa da come risulterebbe. Fatta questa premessa, il commissario Mainardi sta egregiamente operando per

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zione di tracciato capace di mettere nel migliore equilibrio possibile le esigenze che si fronteggiano sul territorio a fronte di un’opera sulla cui utilità sono tutti d’accordo». Cosa significa in concreto? «Questo si tradurrà a breve nella possibilità di comparare il progetto di massima messo a punto da Italfer con una nuova ipotesi che vede i nuovi binari in affiancamento alla linea storica, senza però pesare sui centri abitati esistenti attorno alle stazioni ferroviarie esistenti. La comparazione dovrà riguardare costi, funzionalità, effetti sul territorio ed è la premessa per individuare la soluzione più condivisa possibile». La giunta regionale ha istituito nel mese di ottobre la Cabina di regia della logistica, uno strumento di coordinamento tra gli attori del territorio. Quali saranno ora i suoi primi passi? Quali sono oggi gli interventi prio-

«Abbiamo creato un organismo di coordinamento con l’obiettivo di definire le nuove politiche per il rilancio dell’intermodalità e il miglioramento dell’accessibilità agli interporti, di fronte agli scenari futuri di un sistema infrastrutturale e produttivo regionale in evoluzione. Stiamo andando verso il porto offshore, verso il nodo intermodale di Tessera, verso un utilizzo sempre più forte e razionale delle piastre logistiche di Padova, Rovigo e Verona, verso la concretizzazione dei corridoi europei e così via. Dobbiamo ottimizzare la nostra capacità di risposta, e la Cabina di regia della logistica vuole essere una struttura operativa che mette assieme le società interportuali (Verona, Padova, Venezia, Rovigo e Portogruaro) e i porti di Venezia e Chioggia, con la possibilità di allargare la presenza alle categorie interessate e agli stakeholders».



Il completamento a Sud della A31 Valdastico La realizzazione della tratta Vicenza-Rovigo e delle opere lungo il suo percorso. Il progetto ha lo scopo di integrare il più possibile questa infrastruttura all’interno del territorio circostante e con le opere già esistenti. La parola a Flavio Orlandi Luca Cavera

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Flavio Orlandi

moderni piani infrastrutturali per il trasporto su gomma hanno fra i loro obiettivi quello di favorire la mobilità e lo sviluppo socioeconomico dei territori, costruendo e gestendo strade sicure, compatibilmente con la tutela ambientale. Questi stessi sono gli obiettivi realizzati nella realizzazione del nodo viario di Padova Est, del ponte sul fiume Adige in provincia di Verona e dei lavori sulla Tangenziale Est di Milano: interventi realizzati dalla Serenissima Costruzioni, che progetta e costruisce infrastrutture stradali, autostradali e ferroviarie, oltre a opere di arredo stradale quali la realizzazione di barriere antirumore, barriere di sicurezza e protezioni stradali, creazione e manutenzione del verde. La società – che appartiene al Gruppo Autostrada Brescia-Padova Spa –, dal 2007, è impegnata nella realizzazione del completamento verso sud dell’autostrada A31 Valdastico, sulla tratta Vicenza-Rovigo. «Il gruppo del quale facciamo parte – spiega Flavio Orlandi, presidente della Serenissima Costruzioni – opera in regime di concessione autostradale dell’Anas per la costruzione e l’esercizio della tratta autostradale Brescia-Padova della A4 Torino-Trieste e della A31, nonché dei raccordi tangenziali di Verona, Vicenza, Padova e altri minori».

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Il ponte ospita le due carreggiate su un unico impalcato, comprese le fasce per l’ancoraggio degli stralli

Il prolungamento a sud dell’autostrada A31 Valdastico ha uno sviluppo complessivo di 54 km, dall’interconnessione esistente tra l’autostrada A4 e l’autostrada A31 e la SS 434 Transpolesana e interessa tre provincie (Vicenza, Padova, Rovigo) e 21 comuni. «Il percorso autostradale si sviluppa prevalentemente in rilevato. Dopo avere eseguito interventi di bonifica e un miglioramento delle caratteristiche dei piani di posa, abbiamo avviato la costruzione del corpo del rilevato, costituito da materiali di cava o terre provenienti dagli scavi, stabilizzate con leganti a calce o cemento. Abbiamo così cercato di minimizzare l’approvvigionamento presso le cave dei materiali, impiegando appunto, qualora possibile, i materiali provenienti dagli stessi lavori di scavo. Inoltre, una particolare cura è stata posta nell’inserimento dell’in-

frastruttura nel territorio, prevedendo opere di mitigazione ambientale. Come barriere e dune antirumore e l’impiego di manti drenantifonoassorbenti. Tutte le acque di prima pioggia sono state avviate in appositi bacini di fitodepurazione per il In apertura, lavori lungo la A31 Valdastico. trattamento». Sopra, veduta del ponte Lungo il tracciato si incontrano sul Bacchiglione, opere significative come il via- realizzato da Serenissima dotto di scavalco della A4. Costruzioni Spa, «Questo è collocato in corri- Verona spondenza del nodo di inter- www.autobspd.it connessione fra l’autostrada A4 Serenissima e l’autostrada A31 della Valdastico. Il viadotto ha una lunghezza di 630 m ed è composto da 13 campate. Di queste, la principale, in corrispondenza dello scavalco sull’autostrada A4, ha una luce di 90 m. Nel complesso, la struttura è costituita da due travate metalliche affiancate, con sezione a cassone di forma trapezoidale ad altezza costante e una lastra ortotropa superiore. I due VENETO 2011 • DOSSIER • 317


INFRASTRUTTURE

impalcati sono totalmente indipendenti lungo le 10 campate a sud, mentre si saldano in un’unica struttura lungo le 3 campate a nord, grazie a una struttura reticolare di collegamento costituita da tubi a sezione circolare». Altra opera è l’attraversamento sul fiume Bacchiglione, realizzato mediante un ponte strallato di 530 m. «Questo ponte ospita entrambe le carreggiate su un unico impalcato di 35 m larghezza, comprese le fasce esterne per l’ancoraggio degli stralli, disposti lateralmente e costituiti da trefoli a fili paralleli. Le campate strallate sono sorrette da due antenne aventi la forma approssimativa di una H, alte circa 40 m dal piano di campagna. I viadotti minori sono stati realizzati completamente in opera, con sezione a cassone in calcestruzzo armato precompresso a

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Abbiamo limitato l’uso di materiali da cava per la formazione dei rilevati, impiegando ove possibile quelli provenienti dagli scavi

cavi postesi». Nella parte centrale del tracciato, in contesti particolari per la presenza di edifici o siti di interesse storico, l’autostrada corre in trincea per circa 2.800 m, di questi 900 in galleria. «Si tratta delle tre gallerie artificiali Rampezzana, Agugliaro e Saline, manufatti a doppia canna di 13 m per 7, realizzati con la tecnica costruttiva top down – che prevede queste fasi: esecuzione delle paratie di calcestruzzo armato

laterali di contenimento, getto in opera della copertura, successivo scavo a foro cieco sotto copertura, costruzione del solettone di fondo, impermeabilizzazione e realizzazione dei muri laterali». La società ha adottato diversi sistemi di gestione aziendale come strumento manageriale indispensabile per l’ottimizzazione e la razionalizzazione dei processi produttivi. «Ci siamo dotati del sistema di gestione qualità Uni En Iso 9001:2008, questo ci permette di fornire prodotti e servizi in grado di garantire un prodotto di qualità a un prezzo competitivo. Abbiamo inoltre un sistema di gestione della sicurezza (Ohsas 18001:2007) e uno di gestione ambientale, in accordo alla normativa Uni En Iso 14001:2004. Infine, abbiamo ottenuto il certificato integrato EA28 per la gestione di qualità, ambiente, salute e sicurezza sul lavoro nel settore costruzioni».

Lavori della realizzazione della A31 Valdastico



INFRASTRUTTURE

Il trasporto di persone mezzi e conoscenza La lunga esperienza nei settori ferroviario, aeronautico e degli impianti tecnologici. La parola a Stefano Bittus presidente di BitFox Manlio Teodoro

o sviluppo delle infrastrutture, in un Paese come l’Italia, ha ancora ampi margini di miglioramento. Soprattutto adesso che alle infrastrutture tradizionali – autostradali, ferroviarie e aeroportuali – si sono aggiunte quelle sulle quali viaggia l’informazione. Non a caso il

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Stefano Bittus, Pasin Paolo e Fois Francesco della BitFox Srl di Treviso www.bitfox.it

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tema di una potente diffusione della banda larga è sentito come un elemento fondamentale per lo sviluppo economico. Quello dei trasporti – di persone, merci e conoscenza – è quindi uno dei settori nei quali vengono convogliati importanti investimenti da parte del pubblico e nel quale le imprese hanno grandi possibilità di crescita. Un’impresa che riesce, grazie alle proprie competenze e know how diversificati, a coprire il settore delle strade ferrate come pure quello delle reti informatiche è Bitfox, diretta da Stefano Bittus, Pasin Paolo e Fois Francesco. «La società è nata dall’unione collaborativa di professionisti con esperienze differenti nell’ambito ferroviario, aeronautico e impiantistico. Dopo un esordio particolarmente forte nel complesso mondo del segnalamento ferroviario nell’area del Nord Est italiano, ci siamo sviluppati arrivando a coprire tutto il territorio nazionale e differenziando i settori di intervento, includendo anche le

lavorazioni in ambito autostradale, aeroportuale, trasmissione dati, videosorveglianza, sistemi antintrusione, controllo accessi, fotovoltaico, edile e tecnologico in genere. Ci siamo così strutturati per divisioni operative indipendenti, ma strettamente interconnesse. Abbiamo una divisione infrastrutture che gestisce la realizzazione di tutte le opere edili e infrastrutturali, principalmente a servizio degli impianti tecnologici. Una divisione impianti tecnologici incaricata dell’installazione, collaudo e assistenza di tutti i sistemi ad alto contenuto tecnico ingegneristico. Infine una divisione produzione che si occupa della realizzazione di prodotti elettronici ed elettromeccanici». I principali partner della Bitfox sono le Stazioni Appaltanti pubbliche, come Rete Ferroviaria Italiana, Italferr e Trenitalia, oltre a grandi società nazionali ed internazionali del settore impiantistico ed edile. «Attualmente stiamo realizzando, in


Stefano Bittus

appalti diretti con RFI fino a tutto il 2012, i lavori e le forniture relative alla manutenzione degli impianti tecnologici di segnalamento e sicurezza, telegrafonici, telefonici, avvisatori acustici e ottici ed i connessi impianti elettrici interni nel territorio del Friuli Venezia Giulia (DTP Trieste) e in parte del Veneto (DTP Venezia-UT Nord e Sud). Nel settore delle reti di trasmissione dati operiamo sia a livello locale (LAN) che su reti a estensione geografica (MAN e WAN), su sistemi trasmissivi PCM con supporti e cavi in rame e fibra ottica». «Nello specifico della telefonia ferroviaria abbiamo buona conoscenza nell’installazione e configurazione dei sistemi STSI e STI oltre che una consolidata esperienza nella realizzazione di infrastrutture e installazione degli apparati di telefonia mobile (GSM-R), maturate in eseguito alla realizzazione di numerosi siti in tutto il territorio nazionale per conto delle maggiori compagnie di telecomunicazione».

4,5 mln Bitfox realizza inoltre complessi impianti di telecontrollo, telesorveglianza ed antintrusione per la vigilanza di siti ed impianti tecnologici dove la sicurezza è di vitale importanza. Tutte le lavorazioni vengono eseguite in base alle severe normative sulla sicurezza dei lavoratori con particolare attenzione alla formazione. «Più del 65% del nostro personale è addetto alla prevenzione antincendio e al primo soccorso. Inoltre il nostro sistema organizzativo è certificato in conformità allo standard ISO 9001:2008 e, per la partecipazione ai bandi pubblici, possediamo l’attestazione SOA (OG1, OG6, OG9, OG11,

Dopo l’esordio nel segnalamento ferroviario ci siamo evoluti, includendo l’ambito autostradale, aeroportuale e trasmissione dati

OS 9 e OS19) e le attestazioni ferroviarie LIS 005 e LIS 006. In più siamo una delle pochissime aziende in Italia alle quali RFI ha rilasciato l’abilitazione per la progettazione, installazione e gestione dei sistemi automatici per la protezione dei cantieri di lavoro ferroviari». L’adeguato parco macchine di proprietà che comprende, oltre a macchine operatrici tradizionali e mezzi di trasporto anche carrelli ferroviari attrezzati per operare in modo autonomo sulle linee ferrate, consente alla Bitfox di dislocare con rapidità squadre completamente indipendenti su tutto il territorio nazionale. «La nostra strumentazione e la professionalità dei nostri tecnici– conclude Stefano Bittus – ci permette di operare nell’ambito della taratura e messa in servizio degli impianti, nella costruzione e certificazione di reti dati in fibra ottica e rame e nella delicata e complessa procedura di ricerca guasti anche su impianti in esercizio».

EURO Il fatturato registrato dalla Bitfox nel 2011

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La logistica tra tecnologia e risorse umane Servizi integrati e affidabilità operativa. Questi gli obiettivi da raggiungere nel difficile mercato della logistica delle distribuzioni. Stefano Pasinato descrive l'importanza delle risorse umane Lodovico Bevilacqua

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annullamento virtuale delle distanze impone tempi di transito delle merci sempre più ridotti, e la logistica distributiva è diventata un fattore prioritario. Gli operatori impegnati in questo campo si trovano a svolgere la loro attività in un settore sempre più selettivo e competitivo. «La crescita di importanza strategica e la specializzazione che hanno caratterizzato il settore della logistica – spiega Stefano Pasinato, amministratore delegato della veronese Prisma – hanno spinto molte aziende ad aggiornarsi. Noi abbiamo operato importanti investimenti per realizzare due nuove e moderne strutture nell’area doganale di Verona». Chi fa logistica oggi deve assolvere compiti di movimentazione, stoccaggio e consegna delle merci e avere

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capacità e volontà di orientarsi sempre di più verso la fornitura di servizi integrati e customizzati. «Ritengo fondamentale – prosegue Pasinato – individuare il perfetto equilibrio fra investimento in tecnologia innovativa e impiego di risorse umane». Come si conciliano due anime così differenti nella vostra azienda? «L'informatizzazione dei processi è certamente un requisito fondamentale per gestire i flussi logistici, ma ritengo che il vero cuore pulsante della nostra società siano sempre i dipendenti, sulla cui formazione abbiamo sempre puntato tantissimo. Si tratta, in realtà, di aspetti complementari, quindi assolutamente conciliabili». Quali caratteristiche possiede il vostro apparato logistico per fronteggiare le esi-


Stefano Pasinato

L'informatizzazione dei processi è fondamentale per gestire i flussi logistici, ma il cuore pulsante della società sono i dipendenti, sulla cui formazione abbiamo puntato moltissimo

genze operative? «È logico che il potenziale operativo di cui disponiamo è proporzionale al volume del mercato che gestiamo e, soprattutto, alla qualità del servizio che siamo in grado di offrire. Preciso che si tratta di un servizio integrato, che comprende quindi diverse fasi, anche differenti fra loro, della vita commerciale di un prodotto, che siamo in grado di gestire dalla sua produzione fino alla distribuzione al dettaglio, curando le operazioni di movimentazione, picking, tracking, imballo o reimballo, confezionamento, etichettatura e distribuzione al dettaglio». Quali sono le potenzialità di questa struttura? «Si tratta di due modernissimi magazzini di stoccaggio che sorgono su due aree di 20mila metri quadri l'una, interamente

dedicati alla logistica e realizzati grazie al reinvestimento dei profitti, in ossequio a una filosofia aziendale ormai consolidata, che orienta la nostra strategia verso gli investimenti finalizzati a migliorare la qualità del servizio. A queste due strutture si affiancano altre due aree, rispettivamente di 5mila e mille metri quadri, situate nel cuore del Quadrante Europa, nell'area doganale di Verona, dove vengono svolte le abituali operazioni per le merci in transito e groupage e dove Prisma è autorizzata a effettuare tutte le operazioni di deposito doganale e deposito fiscale». Avete un'area commerciale di riferimento? «Nonostante siamo dotati di esperienza, competenze e strutture per gestire la logistica di qualsiasi tipo di merce, ci siamo effettivamente specia-

lizzati in un ambito commerciale particolare, ovvero quello delle calzature. Il semplice motivo è che alla sua nascita, nel 1989, Prisma era dedita alla gestione di questo tipo di merce e per quello era conosciuta in Italia, tanto che la specializzazione del nostro servizio ha contribuito all'evoluzione delle esigenze di trasporto legate a questo particolare mercato». Quali le prospettive future? «Come testimoniano le certificazioni ottenute, dalla Iso 9001:2008 all’AEO (operatore economico autorizzato), la qualità del servizio è sempre stata una prerogativa irrinunciabile della Prisma; è naturale che gli obiettivi futuri siano incentrati sempre sull'offerta di un servizio sempre più qualificato e sicuro».

Nella pagina precedente, Stefano Pasinato, amministratore delegato della Prisma Spa di Verona. Nelle altre immagini, momenti di lavoro all’interno dell’azienda www.prismalogistics.net

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TRASPORTI

Più risorse per il ferroviario Per milioni di persone che utilizzano il treno come mezzo di trasporto, sicurezza, affidabilità, efficienza e comfort sono requisiti indispensabili. Il concetto di qualità totale, nella costruzione di materiale rotabile, illustrato da Gian Pietro Leoni Diego Bandini

l settore ferroviario ha assunto un ruolo strategico all’interno dell’Unione Europea. Proprio per favorire il trasporto su rotaia di merci e persone, l’Ue sta cercando di porre in essere adeguate politiche di interoperabilità e intermodalità, con l’obiettivo di rendere più veloci ed efficaci i trasporti nazionali e internazionali, senza dimenticare il positivo impatto che una riduzione del traffico stradale potrà avere anche da un punto di vista ambientale. «Paesi come Francia, Germania e Gran Bretagna, hanno

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Gian Pietro Leoni, Presidente del Consiglio di Amministrazione delle Officine Ferroviarie Veronesi Spa di Verona www.ofvspa.it

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effettuato importanti investimenti in ambito ferroviario, in taluni casi blindando il mercato interno con accordi-quadro di grande entità», sottolinea Gian Pietro Leoni, Presidente del Consiglio di Amministrazione delle Officine Ferroviarie Veronesi Spa, azienda di Verona specializzata nella progettazione e costruzione di materiale rotabile. «In Italia purtroppo scontiamo l’assenza di un adeguato programma di finanziamento specifico per questo settore, cosa che impedisce di focalizzare e ottimizzare i prodotti secondo le necessità». Su quali strategie dovrebbe far leva il sistema ferroviario nazionale per garantire lo sviluppo del settore? «Il settore ferroviario italiano dovrebbe concentrare la propria attenzione essenzialmente su pochi punti focali, di cui è nota l’urgenza, necessari però per soddisfare le esigenze di mobilità: dal piano di rinnovo e di potenziamento del materiale rotabile, specialmente per i servizi regionali e urbani, al completamento della rete infrastrutturale Av e del suo po-

tenziamento tecnologico. A livello istituzionale, invece, bisognerebbe incentivare una seria politica di de-fiscalizzazione e di finanziamenti agevolati per le imprese attive in questo ambito». Certo il momento non è dei più favorevoli. In che modo la recente crisi economica ha influito sull’andamento del vostro comparto? «Contrariamente ad altri settori industriali, che stanno subendo lo scotto della crisi, per il ferroviario il mercato potenziale è crescente e il fabbisogno rilevante. I tagli operati nella dotazione di risorse pubbliche agli enti locali, unitamente al problema della scarsa liquidità, hanno ridotto sensibilmente il numero di quegli operatori che non sono stati in grado di far fronte a questa difficile congiuntura. Questa situazione ha però prodotto, per le aziende solide come la nostra, un aumento degli ordini per i prossimi anni, tali da dover ricorrere addirittura a un ampliamento della capacità produttiva». Quale bilancio, quindi, può trarre dall’ultimo bien-


Gian Pietro Leoni

nio di attività della Officine Ferroviarie Veronesi? «Ofv si è ormai affermata come principale player italiano privato, e attualmente punta sul consolidamento e sull’internazionalizzazione del proprio business. In un contesto come quello attuale diventa infatti fondamentale effettuare una precisa pianificazione pluriennale, necessaria per poter raggiungere obiettivi importanti di medio e lungo termine». Quali sono, nello specifico, le attività che caratterizzano la produzione aziendale? «Il core business di Ofv è rappresentato da un insieme di attività, che spaziano dalla progettazione e produzione di materiale rotabile nuovo, alla ristrutturazione e manutenzione dell’attuale parco esistente, sia su carrozze rimorchiate (senza unità motore) sia su carrozze

semipilota. Ofv ha acquisito esperienza nella produzione di carrozze passeggeri, con la fornitura a Trenitalia del treno doppio piano “Vivalto” (più di 330 carrozze), utilizzato soprattutto per le tratte a percorrenza regionale. Ma anche la progettazione e lo sviluppo del progetto “Panoramico”, per la ferrovia DomodossolaLocarno, ci ha permesso di affrontare il difficile mercato delle Unità a Motore Elettrico. Sempre per quel che riguarda l’unità a motore, Ofv ha anche acquisito commesse per la riparazione di locomotori, sia elettrici che diesel, per importanti multinazionali. Per il futuro la concentrazione è attualmente focalizzata sulla progettazione e produzione delle nuove carrozze passeggeri a doppio piano “Vivalto 2”». Alcuni dei vostri modelli sono stati sviluppati in con-

Abbiamo fornito a Trenitalia il treno doppio piano “Vivalto”, più di 330 carrozze, utilizzato soprattutto per le tratte a percorrenza regionale

certo con primarie società del settore. In futuro sono previste ulteriori collaborazioni? «Certamente, le collaborazioni che finora hanno portato a risultati concreti e positivamente riconosciuti dai nostri committenti, tali da rinnovarne la fiducia con una nuova commessa ben più consistente, saranno sicuramente confermate con le commesse “in fieri”. Basti pensare che i partner con i quali Ofv collabora, sono società multinazionali quali appunto Bombardier, Siemens e Ansaldobreda, veri e propri “colossi” di livello internazionale».

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Tecnologia in mare Motovedette, pattugliatori ma anche semplici navi da carico sono oggi concentrati di tecnologia all’avanguardia. Non sempre però la ricerca applicata va di pari passo con le esigenze del mercato, come spiega Luigi Duò Amedeo Longhi

Il Cantiere Navale Vittoria ha sede ad Adria (RO) www.vittoria.biz

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l settore navale è uno degli ambiti produttivi in cui ricerca tecnologica, sviluppo e progettazione d’avanguardia raggiungono i livelli più elevati, alzando l’asticella a velocità sempre maggiore. Luigi Duò opera in questo campo da anni: la sua famiglia è infatti a capo dello storico Cantiere Navale Vittoria, una delle maggiori realtà

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industriali del Polesine. Nonostante la fase recessiva che sta bloccando il mercato, ultimamente la società adriese ha portato a termine la realizzazione di due importanti commesse, che hanno rappresentato un significativo passo avanti sotto il profilo tecnologico e commerciale: «Abbiamo recentemente avviato la costruzione di una nuova unità supply vessel da 56 metri, sempre per la società Bambini, pienamente soddisfatta dall’elevato standard qualitativo, unito all’estrema rapidità nella consegna: basti pensare che sono bastati solo 8 mesi per completare una unità da 100 tonnellate, in lega leggera di alluminio, completamente allestita, pronta alle prove in mare». La nuova unità, denominata Blue Mama – che ha seguito Blue Daddy, unità di 51 metri già consegnata alla


Luigi Duò

società ravennate nel 2010 –, rappresenta quanto il meglio dell’attuale tecnologia nel settore delle Supply Vessels, ovvero unità destinate al supporto logistico delle piattaforme petrolifere, per il trasporto di tecnici, merci e attrezzature specifiche. «L’evoluzione naturale di queste unità – spiega Duò – tende ad aumentare esponenzialmente la tecnologia installata, migliorando le prestazioni e perfezionando l’elettronica, che può contare su sistemi di posizionamento dinamico dell’ultima generazione Dinamic Positioning DP2, che permettono il controllo della posizione della nave in modo completamente automatizzato». Dopo la consegna di una grande motonave da carico nel luglio scorso, il cantiere sta attualmente completando la costruzione di un’altra nave, simile ma con fondo apribile, di lunghezza maggiore, destinata a lavori di dragaggio particolarmente impegnativi, anche in navigazione internazionale, ma localmente anche ai nuovi lavori del Porto di Venezia. Il Cantiere Navale Vittoria, articola la sua produzione su più tipologie di nave, utilizzando numerosi materiali da costruzione a seconda della destinazione: acciaio al carbonio, ad alta resistenza, inossidabile tipo duplex per prodotti chimici aggressivi, lega leggera di alluminio e fibra di vetro

L’evoluzione naturale di queste unità tende ad aumentare esponenzialmente la tecnologia installata, migliorando le prestazioni e perfezionando l’elettronica

eventualmente rinforzata. «La strategia che ci permette di proseguire con continuità il lavoro anche in questo periodo di crisi, consiste nel puntare sulla continuità della produzione, più che su margini elevati, svolgendo anche lavorazioni non particolarmente sofisticate, come carpenterie nude o navi semplici da carico, in assenza temporanea di commesse più appetibili appartenenti al nostro core business: motovedette e pattugliatori veloci». La direzione dell’azienda è convinta che questa sia la strada giusta e che il miglior investimento e compenso per il proprio lavoro siano proprio la pubblicità diretta, positiva e i riscontri positivi dei committenti, soddisfatti dalle consegne puntuali delle oltre

840 navi sinora costruite dai primi anni del secolo scorso a oggi. «La riprova – prosegue Duò – viene anche dalle numerose opportunità commerciali che si stanno aprendo da parte di Paesi che gravitano nel bacino del Mediterraneo, particolarmente sensibili in questo momento in cui si stanno instaurando nuove forze dell’ordine, Polizia, Guardia Costiera, Difesa, bisognose di attrezzature moderne ed efficienti: la nostra struttura, che da anni ha un branch office in Tunisia proprio per servire tutti paesi che si affacciano nel bacino del Mediterraneo, è ora pronta, ricca di tradizione e di esperienza vissuta, ma anche di vitale entusiasmo e passione per le innovazioni più coraggiose». VENETO 2011 • DOSSIER • 327


IMPIANTI SPORTIVI

“Emozioni in pista” Un circuito automobilistico concepito come polo multifunzionale, in grado di ospitare numerose manifestazioni sportive, ma anche meeting ed eventi di rilevanza nazionale. Luigi Scaglia illustra le prerogative dell’Adria International Raceway Guido Puopolo

n provincia di Rovigo, nel cuore dell'area industriale attrezzata tra Adria e Loreo, sorge l’Adria International Raceway, una struttura all’avanguardia che non si limita a fungere da semplice impianto sportivo per gare automobilistiche o motociclistiche. «Quello che abbiamo creato – sottolinea il Presidente di F&M Srl, Luigi Scaglia – è un vero e proprio complesso multifunzionale che, puntando sulla diversificazione di opportunità e servizi, si propone anche alle aziende come riferimento per incentive aziendali e attività congressuali».

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Una veduta notturna dell’autodromo di Adria www.adriaraceway.com eventi@adriaraceway.com

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Attorno alla pista, un impegnativo tracciato sviluppato su poco meno di tre chilometri, inaugurato dieci anni fa e omologato anche per i test di Formula Uno, si innalzano, infatti, strutture pensate per offrire la massima versatilità di utilizzo. Una logica facilmente riscontrabile nel grande paddock coperto, che come ricorda Scaglia, rappresenta il simbolo di Adria International Raceway: «Si tratta di una costruzione avveniristica in vetro e acciaio, costruita su un'unica campata con un arco di cinquanta metri, pensata per essere non solo un comodo retrobox attrezzato per

meccanici e tecnici, ma anche uno spazio che possa adattarsi alle esigenze di un grande evento. Non è un caso – prosegue il presidente - che quattro anni fa l’autodromo sia stato scelto anche da Confindustria, all’epoca guidata da Luca di Montezemolo, come location all’interno della quale organizzare i propri Stati Generali». In questi anni sono state numerose le manifestazioni sportive non motoristiche di rilievo svoltesi ad Adria, tra cui i campionati italiani di pattinaggio indoor, diversi meeting di pugilato e scherma, gare ciclistiche e podistiche. Ma l’offerta dell’Adria International Raceway, precisa Scaglia, non si limita al lato sportivo. «Nel ventaglio delle opportunità ve ne sono molte altre consolidate: sale meeting capaci di accogliere fino a ottocento ospiti, strutture alberghiere con sessanta camere e ben sedici suite, due ristoranti con cinquecento coperti complessivi al servizio dei convenuti, e ventottomila metri quadrati di piazzali attrezzati». Piazzali che, unitamente al circuito,


Luigi Scaglia

ben si prestano anche ad attività di guida sicura, con formule studiate appositamente per ampliarne il più possibile la fruizione da parte degli appassionati, ma non solo: «Il nostro obiettivo – spiega Scaglia - è quello di contribuire alla diffusione delle buone pratiche dell'educazione stradale, soprattutto tra i più giovani, attraverso l’organizzazione di attività didattiche, sia teoriche che pratiche, tenute da istruttori qualificati in collaborazione con l’Automobile Club d’Italia – ACI. Lo stesso vale per la formazione degli aspiranti motociclisti, realizzata col sostegno dell’associazione “Donne in Sella” e con

la partecipazione di assi della moto come Marco Lucchinelli e Manuel Poggiali». Insomma, una chiara assunzione di responsabilità sociale da parte dell'impresa, fondamentale in un Paese in cui ogni anno sono migliaia le persone vittime di incidenti stradali. «Ovviamente – prosegue l’amministratore – c’è spazio anche per attività puramente ludiche, come il programma “Emozioni in pista”, che permette agli appassionati di affrontare giri di pista con autentiche supercar da corsa, tra cui la Ferrari F430. Una recente novità, infine, è il tracciato indoor per i kart, che si sviluppa su un percorso di

Vogliamo contribuire alla diffusione delle buone pratiche dell’educazione stradale, soprattutto tra i più giovani

circa un chilometro e permette di avvicinarsi a un’altra divertente disciplina sportiva in piena sicurezza». Tra le manifestazioni di maggior rilievo ospitate all’interno del circuito c’è sicuramente la 24 Ore per Telethon, in programma nel mese di dicembre: «È una competizione nata per sostenere la raccolta di fondi a favore della ricerca scientifica, cui parteciperanno campioni dello sport, personaggi dello spettacolo e semplici appassionati. Un’occasione importante – conclude Scaglia – per offrire il nostro piccolo contributo a una causa nobile come quella della ricerca sulle malattie genetiche, con un connubio tra sport e solidarietà che in questi anni ha prodotto significativi risultati». VENETO 2011 • DOSSIER • 329


Bussola & Ralph International Nel 2009 ha ottenuto il riconoscimento come miglior arredamento di tutto il continente asiatico. Parliamo del restauro della sede di Richemont a Shanghai, realizzato da una società italiana e premiato con l’Award of Merit dell’Unesco. La parola a Ruggero De Nardi, di Bussola & Ralph, fra gli artefici di questo successo

ARREDI DA OSCAR

Award of Merit dell’Unesco per il restauro conservativo è l’equivalente di un premio oscar per il cinema. Quando nel 2009 a Ponzano Veneto, in provincia di Treviso, nella sede principale di Bussola & Ralph International, l’affer-

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mata società specializzata nel settore degli arredi, è arrivata la comunicazione dalla nostra consociata Bussola & Ralph di Shanghai che l’architetto Filippo Gabbian, aveva ricevuto la notizia della vincita dell’ “Award of Merit 2009 Unesco” per il migliore arredamento eseguito i tutto il continente asiatico «la gioia è letteralmente esplosa». A parlare è Ruggero De Nardi, fondatore insieme al fratello Lucio della società. «Abbiamo collaborato alla conquistata di questo premio grazie al restauro conservativo di un palazzo di Shanghai, eseguito per conto del gruppo svizzero Richemont, che è il detentore di marchi del settore lusso come Cartier, Vacheron Constantin, Dunhill e molti altri». Il lavoro riguardava un palazzo stile coloniale dei primi del Novecento, da ampliare e ristrutturare per desti-


Informazione Pubblicitaria narlo a ospitare l’headquarter di Richemont e un multibrand showroom. «Grande cura – spiega De Nardi – è stata posta nella salvaguardia delle parti architettoniche e in legno, ricreando le leggendarie atmosfere dell’epoca coloniale e curando tutta la parte degli interni e arredi di questo headquarter del lusso. I lavori complessivi sono durati meno di 6 mesi e l’opera è stata inaugurata il 17 ottobre del 2008. Questo riconoscimento è la conferma del valore inestimabile che il made in Italy può vantare nel mondo. L’uomo non vive di solo denaro, ma anche di soddisfazioni come questa, che rendono merito al lavoro di una vita intera». Nata a Treviso nel 1978, la società fondata dai fratelli De Nardi ha mostrato da subito la sua abilità nell’arredamento di spazi commerciali e amministrativi, nel tempo ha consolidato la prima immagine di azienda attenta alla precisione e alla cura del dettaglio. Questo le ha permesso di fare un importante salto di qualità, internazionalizzandosi e puntando su una gestione di tipo manageriale. «Una quindicina di anni

fa abbiamo aperto una filiale in Cina, a Shanghai, che è diretta da mio nipote, Roberto Pozzebon. In seguito abbiamo aperto anche una filiale a Mumbai, in India. Mentre dall’Italia seguiamo il mercato europeo, compresa la Russia, dalla filiale cinese serviamo ARREDA CHIAVI IN MANO tutta l’Asia, l’Australia e l’America. Al tempo stesso, stiamo iniziando a realizzare lavori significativi anche nel continente africano. Ci occupiamo di spazi commerciali per negozi di abbigliamento, ristoranti, stand fieristici, centri direzionali e banche. Oltre alla realizzazione di arredi su misura per uffici e residenze private». Fra i loro clienti sono inclusi marchi internazionali come: Giorgio Armani, Versace, Dolce & Gabbana, Valentino, Vacheron Constantin, Liu Jo, Stroili Oro, Benetton, Sisley, della guida della società, affiMandarina Duck, Piquadro, dandola a mio figlio Massimo, Blumarine, Marlboro e molti al- che da anni è presente in tri. Il presente permette di azienda, e agli altri figli, che guardare con sicurezza al do- stanno ancora studiando – mani. «La mia sfida per il fu- conclude De Nardi –. Sarà un turo è quella di continuare a processo graduale, da svollavorare bene, per sviluppare gere con tenacia e professionuovi mercati e riuscire a rea- nalità, com’è sempre stato nel lizzare il cambio generazionale nostro stile».

info@bussola-cn.com

Bussola & Ralph International Srl Via delle Industrie 39/41, 31050 Ponzano, Treviso, Italia Tel: +39 0422 9604 fax: +39 0422 960555

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Bussola & Ralph India Pvt. Ltd R-679, TTC Industrial Area, Cross Rd. No. 21, M.I.D.C. Rabale, Navi Mumbai – 400701 Maharashtra – India Tel: +91 98 20611086 / +91 99 3069607


MERCATO IMMOBILIARE

Una timida ripresa Il settore edile veneto, come quello italiano, sta attraversando una fase di passaggio che denota un’inversione alla tendenza negativa che aveva contraddistinto gli anni precedenti. Luigi Schiavo fa il quadro della situazione regionale Nicolò Mulas Marcello

La crisi economica è partita dagli Stati Uniti investendo innanzitutto il settore immobiliare. L’ondata di recessione si è poi riversata sul resto del globo interessando anche altri settori, ma il riflesso sul settore delle costruzioni non ha risparmiato neanche l’Italia. In Veneto la crisi si è sentita e ne sono un esempio il calo degli investimenti: «Le imprese – spiega Luigi Schiavo, presidente di Ance Veneto – hanno dovuto ripensare le proprie strategie alla luce dei cambiamenti del mercato, battendo la strada dell’innovazione e di nuove forme di organizzazione aziendale». Qual è l’andamento delle costruzioni e del mercato immobiliare attualmente in Veneto? «Il nostro settore continua a vivere una situazione di forte crisi. Gli investimenti in nuove costruzioni sono ormai progressivamente in calo dal 2007. Nel 2011 la decrescita è stata meno accentuata (-2,4%) rispetto agli anni horribiles 2008 e 2009, quando la percentuale di diminuzione degli investimenti aveva toccato la doppia cifra. Tuttavia nemmeno quest’anno regi332 • DOSSIER • VENETO 2011

striamo il “segno più”, ovvero l’attesa inversione di tendenza. Il mercato delle costruzioni in Veneto sta attraverso una lunga fase di passaggio, segnata dalla crisi internazionale ma anche da un fisiologico processo di riposizionamento dopo un decennio di crescita sostenuta (1995-2005) superiore alla media del Paese. Anche il mercato immobiliare è fermo. I prezzi rimangono stabili e si fa fatica a vendere, nonostante ci sia richiesta soprattutto dalle nuove famiglie e dai giovani lavoratori. La crisi del debito in Europa e le cautele delle banche hanno provocato una stretta nella concessioni dei mutui. Di recente, un’indagine pubblicata su tutti i giornali spiegava che, tra i giovani, su cento richiedenti, soltanto cinque riescono a ottenere un mutuo dalla propria banca. Questo provoca un disagio sociale, prima ancora che economico e di mercato». Come sta cambiando il settore delle costruzioni? «La crisi ha prodotto disastri. Molte imprese storiche venete sono state costrette a chiudere. Altre fanno salti mortali per stare sul mercato. Ogni crisi, tutta-

via, porta con sé anche qualcosa di buono. Le imprese hanno dovuto ripensare le proprie strategie alla luce dei cambiamenti del mercato, battendo la strada dell’innovazione e di nuove forme

Luigi Schiavo, presidente Ance Veneto


Luigi Schiavo

Gli investimenti in nuove costruzioni sono ormai progressivamente in calo dal 2007

di organizzazione aziendale. Sono cresciute le aggregazioni e le reti di imprese. Si parla sempre più di edilizia green ed ecosostenibile, un ambito che può aprire nuove frontiere di mer-

cato, soprattutto se pensiamo al recupero dell’esistente. Gran parte del parco immobiliare esistente è stato realizzato tra il dopo-guerra e gli anni 80 e presenta standard energetici non

più soddisfacenti. Sono abitazioni che rischiano di finire fuori mercato perché non più appetibili per una clientela che ha maturato forte consapevolezza dei bisogni di qualità dell’abitare e di comfort. Dobbiamo ripensare le nostre città, rivitalizzandole nell’ottica della mobilità sociale, delle vivibilità, della FLESSIONE sicurezza e della qualità. Questa L’indice di flessione degli investimenti è la nuova sfida dell’Ance». in costruzioni in tutto Quali sono gli umori e le il 2010 aspettative degli imprenditori edili veneti? «Sono preoccupati per una siOCCUPATI tuazione economica non facile. Il numero dei posti Fanno sacrifici e salti mortali per di lavoro in meno nel settore edile resistere, in attesa dei primi spiin Veneto nel 2010 ragli della ripresa. Gli imprendisecondo i dati dell’Ance tori edili, come in generale l’imprenditoria di questa regione, non hanno mai preteso di avere sussidi pubblici né aiuti diretti, ma vorrebbero uno Stato più presente. Sarebbe corretto dire più “assente” in certi casi: mi riferisco a una burocrazia lenta e farraginosa, se non vessatoria, e ai ritardi ingiustificabili con cui gli enti pubblici pagano le imprese per opere o servizi già eseguiti, spesso per gli effetti perversi del Patto di stabilità locale. Da tempo chiediamo leggi più

6%

23.000

VENETO 2011 • DOSSIER • 333


MERCATO IMMOBILIARE

chiare in grado di abbattere le

procedure di autorizzazione, la regionalizzazione del Patto di stabilità per sbloccare risorse utili a nuovi investimenti e tempi di pagamento in linea con la nuova direttiva europea, che prevede tempi di liquidazione molto rapidi. Sono queste le nostre aspettative: essere messi nelle condizioni di lavorare nelle migliori condizioni». Per quanto riguarda le opere pubbliche venete qual è la situazione e come si sta muovendo l’Ance? «Il 10 novembre si è svolta la cerimonia di posa della prima pietra della Pedemontana Veneta. Un’opera attesa da tempo e fondamentale nel quadro delle reti di trasporto regionale. L’opera verrà realizzata con il meccani-

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Dopo la Pedemontana, bisogna procedere spediti sui progetti della Valdastico Nord, della Nogara Mare e della Romea commerciale

smo del project financing, uno strumento che sarà sempre più utilizzato per la realizzazione delle infrastrutture. Una cosa, infatti, è chiara: soldi pubblici per nuove opere non ce ne sono, almeno nel breve periodo, ma il Veneto ha un urgente bisogno di completare il suo quadro infrastrutturale. Stiamo studiando con la Regione un meccanismo che garantisca il coinvolgimento delle pmi nella realizzazione dei lavori in project. Dopo la Pedemontana, bisogna procedere spediti sui progetti della Valdastico Nord, della Nogara Mare e della Romea commerciale. Sul fronte

delle reti ferroviarie, Ance Veneto ha promosso insieme a Confindustria Veneto e alla Regione un tavolo permanente per studiare un partenariato pubblico-privato per il completamento della linea AV/AC Milano-Venezia-Trieste. Ci sono già degli interessanti esempi in Europa che potremmo mutuare. Nei prossimi mesi ne sapremo di più, ma una cosa è certa: le infrastrutture sono una condizione indispensabile per non perdere quote di competitività. E il Veneto non vuole perdere la sua vocazione a essere snodo fondamentale dei flussi internazionali».



MERCATO IMMOBILIARE

L’immobiliare investe sulla logistica internazionale Nonostante il settore immobiliare non stia dando espliciti segnali di ripresa, il comparto industriale sta ottenendo buoni risultati. Pietro Marangoni descrive le peculiarità del nuovo polo industriale di Rovigo Emanuela Caruso e il mercato immobiliare residenziale sta vivendo un difficile periodo storico, allo stesso modo lo sta attraversando anche l’immobiliare industriale, che riesce però ad assicurarsi buoni margini di crescita e di operosità grazie al dinamico ramo della logistica. Dati, statistiche, convegni, enti pubblici quali comuni e regioni, sono infatti tutti concordi nell’affermare che il rilevamento dei valori su immobili industriali pensati e dedicati alla logistica è positivo ed è quindi il momento giusto per incentivare

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Pietro Marangoni (a destra), Presidente della Iniziative Immobiliari Industriali di Arquà Polesine (RO), con l’Assessore Regionale Coppola e il Presidente ZIP Boschetti www.itre.it info@itre.it

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l’attività delle imprese e degli imprenditori, cercare e immettere sul mercato lotti di terreno per consentire alle aziende di insediarsi nei territori, e permettere così uno sviluppo commerciale e artigianale dei grandi e piccoli comuni. Proprio partendo da queste premesse, la Iniziative Immobiliari Industriali ha progettato e sviluppato una nuova zona industriale in provincia di Rovigo. «Abbiamo acquisito circa 1,5 milioni di metri quadrati di terreno – spiega Pietro Marangoni, Presidente dell’impresa – e ne abbiamo destinato i lotti ricavati

in particolar modo ai settori della logistica internazionale e della logistica della grande distribuzione. La restante parte di lotti è andata, invece, al comparto manifatturiero». Quella realizzata dalla vostra impresa è stata un’opera importante e di difficile sviluppo. Quali fattori vi hanno agevolato nella costruzione del polo industriale? «Al contrario di quanto succede di solito, ad agevolarci sono state le istituzioni. Infatti, i comuni di Arquà Polesine e Villamarzana, zona in cui è sorto il polo industriale, hanno collaborato a stretto contatto con noi e con la regione Veneto, attivando in breve tempo l’approvazione di


Pietro Marangoni

Perchè la scelta del Polesine? L a risposta è presto detta. Questa zona, infatti, situata tra Adige e Po, si trova in una posizione centrale rispetto al Mar Adriatico e al Nord Europa e negli anni è diventata una piattaforma geografica e logistica nel cuore dell’Europa e dell’area mediterranea. Attorno a essa gravitano i poli industriali più importanti, attrezzati e maggiormente dotati di infrastrutture di ultima generazione. Il porsi come zona ideale per nuovi insediamenti produttivi è quindi una caratteristica naturale del Polesine. La Iniziative Immobiliari Industriali ha considerato questi fattori e, dopo aver notato la mancanza di alcune tipologie di imprese, tra cui proprio quelle di logistica, ha deciso di intervenire, apportando così un ulteriore miglioramento all’assetto industriale della zona.

tutti gli strumenti urbanistici. In questo modo ci hanno permesso di non rallentare i lavori e di ultimare il progetto con efficienza». Quali sono le caratteristiche principali del progetto? «In primis, le dimensioni dell’area, che permettono la realizzazione tanto di lotti con superfici rilevanti quanto di aree dedicate alle piccole imprese, e la vicinanza al nuovo casello di Villamarzana sull’autostrada A13 Bologna-Padova, che conferisce al polo industriale un’indubbia posizione strategica, facilmente raggiungibile e lontana dal traffico cittadino. Il progetto è caratterizzato inoltre da prezzi molto competitivi, studiati apposta per otte-

nere una miglior vendita dei singoli lotti industriali e dalla disponibilità di manodopera qualificata grazie alla vicinanza di importanti università, tra cui quelle di Padova, Bologna, Ferrara e Verona». L’area del polo industriale che avete creato è dotata di infrastrutture tecnologiche avanzate. Quali nello specifico? «Innanzitutto, abbiamo realizzato strade e parcheggi a elevato standard qualitativo, pensate appositamente per assecondare la concezione logistica con cui la zona è stata studiata. Questo significa strade ampie, a ridosso delle quali sono stati posizionati i parcheggi, in modo da facilitare le

immissioni ed evitare intoppi dovuti al traffico. L’area intera è stata inoltre dotata di fibra ottica ed è in fase di sviluppo una telesorveglianza monitorata ventiquattro ore su ventiquattro». Quale andamento ha registrato nel settore immobiliare industriale? «La nostra società che acquisisce terreni, li trasforma e poi li rivende sta procedendo bene sul mercato, con regimi regolari e bilanci positivi. Ad essere in difficoltà sono invece le aziende che, prive di incentivi e supporto dal mondo finanziario, scelgono di investire nello sviluppo della propria attività piuttosto che nella costruzione di nuovi fabbricati». VENETO 2011 • DOSSIER • 337


MERCATO IMMOBILIARE

La casa in montagna è un buon investimento L’andamento del mercato immobiliare per le dimore delle vacanze. Valentino Barbierato spiega perché nel territorio dell’altopiano di Asiago il mercato ha tenuto, nonostante nelle grandi città le trattative di compravendita di abitazioni si trovino in una situazione di stallo Valerio Germanico

l mercato della seconda casa, contrariamente a quanto avviene in altri contesti, continua a crescere nel territorio di Asiago. A dirlo sono le stime degli addetti del settore. «Tenendo conto che l’82% degli italiani possiede una casa di proprietà, qualsiasi investimento nel mattone non può che concretizzarsi nell’acquisto di una seconda casa. Il nostro territorio si caratterizza per una qualità di vita molto elevata rispetto a

I Valentino Barbierato, titolare di Alpina Immobiliare S.I.CO. Spa, Asiago (VI) www.alpinaimmobiliare.it

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quella delle città, per questo è la meta prescelta per il weekend e i momenti di relax. Di fronte a una costante offerta di nuovi immobili di pregio, le prospettive di investimento per i prossimi anni sono incoraggianti e assicureranno un valore sicuro e destinato a durare nel tempo». Questo è il quadro delineato da Valentino Barbierato, titolare di Alpina Immobiliare, al quale abbiamo chiesto quali sono le prospettive per il mercato immobiliare di Asiago, meta di residenza turistica e di “seconde case”. Qual è l’andamento del mercato immobiliare nel vostro territorio e come ha influito sui prezzi delle abitazioni? «Il mercato immobiliare ad Asiago non ha conosciuto le flessioni che hanno interessato le città. Nel complesso i prezzi hanno tenuto. Certamente il

settore ha risentito della crisi economica anche ad Asiago, tuttavia in modo più lieve rispetto ad altre località turistiche e non solo. La domanda è fortunatamente sempre costante e motivata da più esigenze. Queste vanno dalla ricerca di una soluzione abitativa da sfruttare nei fine settimana al mero investimento immobiliare in una cittadina turistica che offre molteplici servizi e svariate possibilità di svago». Quali strategie avete messo in atto per non perdere mercato? «Abbiamo cercato di interpretare, anche in un momento di difficoltà, le attese di chi è alla ricerca di una seconda casa. Questo significa posizionarsi all’interno di una fascia ben precisa di mercato e intraprendere nuove scelte costruttive con materiali innovativi, scelti con gusto e minuziosa cura per i dettagli, per rispecchiare il life style e il benessere del vivere in montagna. Inol-


Valentino Barbierato

Certamente il settore ha risentito della crisi economica, ad Asiago tuttavia in modo più lieve rispetto ad altre località turistiche e non solo. Nel complesso i prezzi hanno tenuto

tre, la dimora per le vacanze è per sua natura un luogo speciale, un ambiente nel quale trascorrere momenti sereni in famiglia o con gli amici. Per questo motivo questa abitazione deve essere confortevole, accogliente, capace di soddisfare ogni esigenza e deve essere collocata in una località che offra il massimo numero di servizi». Da questo punto di vista la località di Asiago come si colloca? «Asiago è incastonata nel cuore dell’altopiano, dove la natura regala paesaggi incantevoli in ogni stagione. È vivibile in tutte le stagioni dell’anno e quindi una seconda casa qui non è sfruttabile esclusiva-

mente in estate e in inverno. Inoltre è ben collegata e offre tutti i servizi che può offrire una città: strutture sportive all’avanguardia, sia per gli sport invernali che per quelli estivi – si pensi agli oltre 500 km di pista da fondo, agli impianti di discesa, al rinomato campo da golf, al palazzetto del ghiaccio. Dunque, in un momento così incerto per l’economia, una seconda casa in montagna – o proprio ad Asiago – è ancora un buon investimento». Nelle vostre scelte costruttive trovano spazio le moderne concezioni di edilizia ecosostenibile? «Progettiamo e costruiamo le nostre realizzazioni con una particolare attenzione all’im-

patto ambientale e al risparmio energetico. I nostri immobili sono realizzati con materiali innovativi ed ecocompatibili. Tutte le nuove costruzioni sono dotate di tecnologie e impianti che permettono di ottenere un considerevole risparmio energetico a fronte di un minimo impatto ambientale. Questo perché è fondamentale che si mantenga e ci sia sempre una perfetta armonia con l’ambiente circostante, visto che la fruizione di questo ambiente fa “parte dell’investimento”. Ogni dettaglio è studiato per trasformare l’abitazione in un vero luogo di benessere e si integra con la qualità della vita in montagna». VENETO 2011 • DOSSIER • 339


La qualità è certificata Un’analisi non priva di critiche quella di Gianni Cestaro. L’affermato imprenditore dei manufatti in cemento lancia un appello affinché la qualità e il rigore tornino a garantire lo sviluppo del comparto edile italiano Aldo Mosca

Da sinistra Gianni e Gustavo Cestaro. L’azienda di famiglia si trova a Preganziol (TV) www.cestaro-cav.it

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universo edile si concentra sull’attuazione delle strategie di rilancio. Il settore, fortemente colpito dalla crisi, vede resistere sul mercato unicamente le aziende più solide. Il know how e il radicamento della rete commerciale stanno facendo la differenza. Fattori che si riflettono anche sulla produzione dei manufatti in cemento. Ne sanno qualcosa Stefano e Gianni Cestaro - attuale Presidente in Assobeton (MI) della Sezione Tubi in cemento , al timone dell’azienda di Preganziol fondata dal padre, il Cavalier Gustavo nel 1955, che ne riprende anche il nome. «Purtroppo anche la nostra azienda non è stata risparmiata dall’onda della crisi, che ha fatto calare il fatturato negli ultimi due anni di un 35% circa» spiega Gianni Cestaro, che non nasconde, nonostante la sua sia una delle realtà imprenditoriali

L’

più affermate sul territorio veneto, le difficoltà del periodo. È sempre più difficile lavorare con questa congiuntura? «Sì, e certamente non bastano la buona volontà e la produzione di ottimi manufatti. Si fanno tantissimi preventivi ma poi i lavori realmente finanziati, che giungono a realizzazione, sono veramente pochi». Questo quadro non muta però il fatto che il suo sia un settore pieno di concorrenza, forse inflazionato. «In un tale contesto è naturale che la concorrenza si accanisca, molto spesso in maniera “sleale”, sulle poche opportunità rimaste». In che modo si “accanisce”? «Immettendo sul mercato prodotti che non tengono conto delle nuove normative tecniche di costruzione e della criticità sismica a prezzi veramente sottocosto. Tutto questo è molto pericoloso, oltre che scandaloso.


Gianni Cestaro

I dissesti che si stanno verificando ci dicono quanto sia urgente un’accurata regimentazione di tutte le acque

In pratica vige, ora più che mai, l’abitudine di trattare in primis il prezzo, poi le prestazioni tecniche. In seguito, ci si accorda circa i termini e le modalità di pagamento, sempre più spesso poco rispettati. Solo in ultima fase si analizza tutta la documentazione relativa ai manufatti prodotti». Perché è importante insistere sulla documentazione? «Perché proprio in riferimento alla documentazione richiesta bisogna sottolineare che si verificano non di rado interpretazioni soggettive o confuse da parte degli operatori di settore, siano essi produttori, committenti o professionisti preposti alla direzione lavori. Confusioni e incertezze che certamente non

favoriscono la trasparenza e la libera concorrenza nel mercato. Pensiamo solo a cosa significa oggigiorno acquistare materiale privo della marcatura CE e in quali rischi si può incorrere in caso di verifiche ispettive. Posso citare come esempio recente ed eclatante, l’inquisizione del nuovissimo stadio di calcio di Torino. Vale la pena rischiare?». Un sistema pieno di falle quindi. La Cestaro come sta reagendo? «La nostra azienda ha deciso di operare in modo corretto, trasparente, nel rispetto effettivo delle normative vigenti, ed è per questo che abbiamo fortemente voluto e raggiunto una Certificazione UNI EN ISO 9001 con conformità volonta-

rio di tipo 2+. Essere costantemente e soprattutto volontariamente, sottoposti a severi controlli da parte di un Ente Terzo Certificato, penso sia sinonimo di grande serietà professionale in grado di soddisfare tutti i requisiti richiesti dalla legge e dal committente. All’interno della vostra impresa si trovano alcuni degli esponenti più affermati del settore. «Anche questo ci aiuta nel garantire maggiore sicurezza e qualità. Abbiamo scelto di avvalerci di importanti collaboratori come l’ingegner Franca Zerilli, che è un ICMCI Certified Management Consultant oltre che tecnico della sezione tubi a bassa e alta pressione in Assobeton, a Milano. Non solo, la Zerilli rappresenta l’Italia a vari tavoli di gruppi di lavoro Europei, anche normatori. Nella nostra squadra abbiamo poi l’ingegner Fabio Marti- VENETO 2011 • DOSSIER • 341


EDILIZIA

Un feeling sportivo, oltre che imprenditoriale L

a Cav. Cestaro Gustavo Srl si è distinta sul mercato anche grazie a una serie di importanti committenti conquistati negli anni. Tra questi anche Impregilo SpA (Milano), Veneto Strade Spa (Venezia), Acque Vicentine SpA (Vicenza), Società italiana condotte Spa (Roma), Gruppo Adige Bitumi SpA (Trento), Superbeton SpA (Treviso)Cimolai SpA (Pordenone) Maltauro (Vicenza), Carron SpA (Treviso), Cazzaro SpA (Treviso), Mestrinaro SpA (Treviso). La società è inoltre accreditata come fornitrice ufficiale presso Enel, Telecom, Sirti e FastWeb. Ma è sul fronte internazionale che si attendono gli sviluppi più interessanti. Il primo avamposto? La Slovacchia. Paese in cui l’azienda ha oggi aperto due punti vendita. Qui, Gianni Cestaro ha trovato il consenso del presidente Ivan Gašparovič, con cui ha scoperto di avere più punti in comune. «Il presidente Gašparovič condivide la mia stessa passione per le auto da corsa. Sia io che mio fratello Stefano, da molti anni siamo piloti di auto da rally, pista e cronoscalate, anche a livello europeo, con notevoli e soddisfacenti risultati».

In alto, Gianni Cestaro con il presidente Slovacco Ivan Gasparovic durante una cronoscalata

gnago, affermato strutturista, e l’ingegner Gianluca Pagazzi, che funge da Area Nord Manager di Progetto Concrete, esperto di ingegneria del calcestruzzo, una garanzia in materia. Le nostre risorse umane sono supportate da un forte potenziale produttivo, in grado di produrre circa 400 mc di calcestruzzo lavorato al giorno in un solo turno di otto ore, personalmente e quotidianamente controllato da mio fratello Stefano, permettendoci di essere sempre puntuali nelle consegne di grossi quantitativi di materiale». Tra le vostre opere più recenti c’è anche il passante autostradale di Mestre. Cosa ha rappresentato per voi prendere parte a questo progetto? «È stato molto importante. Il passante è lungo circa 33 chilometri. In quest’opera abbiamo servito le cinque grosse ditte appaltatrici contemporaneamente per quattro anni. Un lavoro impegnativo ma ricco di soddisfa-

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zioni che ha messo alla prova le nostre capacità produttive e organizzative». Attualmente, invece, su cosa vi state concentrando? «È in fase di ultimazione l’Aeroporto Canova di Treviso dove abbiamo fornito più di 6 chilometri di tubazione e relativi pozzetti per carichi F900, in soli 2 mesi, senza alcun problema». Prima evidenziava un’attenzione eccessiva al costing nelle gare. Voi, invece, quali armi

utilizzate per convincere un ente appaltante? «Per prima cosa, portiamo il potenziale committente direttamente nel nostro sito produttivo, permettendogli di visionare e toccare con mano gli impianti di produzione, la vasta area di stagionatura, il laboratorio interno e i test di verifica. In secondo luogo, ci rendiamo sempre disponibili per consulenze professionali aggiornate e forniture velocissime».


Gianni Cestaro

Di recente è emerso come non sia solamente il mercato interno a interessarvi. In futuro intendete ampliarvi maggiormente all’estero? «In Italia gli enti pubblici non investono per mancanza di copertura finanziaria e per la complicata burocrazia, i privati non lo fanno per evitare di rimanere esposti in questo quadro di instabilità legislativa. Per questo motivo abbiamo aperto due punti vendita all’estero, nella Repubblica Slovacca, un Paese che a nostro avviso ha tutte le carte in regola per crescere bene e velocemente. Di questo dobbiamo ringraziare la ditta di prefabbricazione Basso Antonio Spa, che ci ha ben introdotto in questo mercato oltre ad avere personalmente conosciuto il presidente Ivan Gašparovič». Quali sfide vi attendono nel nuovo anno? «A breve partiranno i lavori per il raddoppio dei capannoni di produzione. Certamente una scelta in controtendenza rispetto alle altre aziende del set-

Siamo in grado di produrre circa 400 mc di calcestruzzo lavorato in un solo turno di otto ore

tore, anche in virtù del fatto che gli Istituti di credito faticano a elargire finanziamenti. Ma continuiamo a crescere, crediamo fermamente nella qualità e nel potenziale del nostro lavoro. Anche gli eventi atmosferici e i dissesti che si stanno verificando in questo ultimo periodo hanno dato un segnale forte di quanto sia necessaria e urgente un’accurata e oculata regimazione di tutte le acque». Che tipi di interventi occorrono, secondo lei, per “risistemare” il territorio? «È evidente che le attuali opere idriche sono assolutamente insufficienti ed inadeguate, vuoi per l’aumento della popolazione, per via del cambiamento climatico, o per l’accresciuta impermeabilità del suolo. Fatto sta che sempre più spesso, al verificarsi di abbondanti piogge, il nostro sistema recettivo va in crisi e ci si trova sempre e puntualmente più

spesso e troppo tardi, solo a contare i danni. Occorre quindi intervenire urgentemente sui sistemi e su tutte le opere per la captazione, l’accumulo e la distribuzione di acqua potabile, per la regimazione delle acque superficiali, per la bonifica, la raccolta, la depurazione e lo scarico delle reflue. Il nostro know how accumulato negli anni, affiancato alla qualità dei nostri prodotti è sicuramente un valido contributo che la nostra azienda è in grado di fornire per la soluzione più idonea. La nostra forza sta nel gruppo, una famiglia unita che ama il lavoro e che si avvale di esperti collaboratori e attente maestranze. Credo molto nella tradizione famigliare iniziata con mio padre. Ora tocca a noi e ai nostri figli, essere dinamici e pronti a posizionarsi sul mercato con nuove idee, tecnologie ed entusiasmo».

Stefano Cestaro, alla guida dell’azienda con il fratello Gianni

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Il primato del costruire made in Italy Tradizione e capacità di innovare tecniche e materiali sono la sintesi che permette all'architettura italiana di mantenere il credito e la considerazione di eccellenza di cui gode a livello mondiale. L’analisi di Antonello Vendramin Lodovico Bevilacqua

Antonello Vendramin, membro del CdA della CEV Spa di Treviso. Nelle altre immagini, alcune realizzazioni curate dall’azienda. Le foto sono di Marco Zanta www.impresacev.com

l prestigio del made in Italy raggiunge nel campo dell'edilizia una delle sue massime espressioni; la creatività, la passione e la competenza che le nostre imprese sanno esprimere sono apprezzate e riconosciute in tutto il mondo e derivano da un retaggio secolare, vero e proprio tesoro

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nazionale nell'ambito del progettare e costruire l'architettura. Evitando accuratamente il pericolo di riposare sugli allori , il know how costruttivo italiano ha saputo raccogliere le suggestioni contemporanee: le nuove tendenze legate alla bioarchitettura sono state recepite con entusiasmo e applicate con professionalità. Le caratteristiche fin qui descritte sono ben chiare ad Antonello Vendramin. «L’impresa CEV ha raggiunto negli anni risultati eccellenti, non solo dal punto di vista economico, ma anche in termini di prestigio, potendo vantare collaborazioni con i più importanti e quotati architetti contemporanei».

Quali i progetti più rappresentativi e quali le collaborazioni più prestigiose? «Per quanto riguarda l'ambito nazionale, ci stiamo occupando della ristrutturazione e rifunzionalizzazione del seicentesco palazzo Ex Unione Militare, nel centro storico di Roma. Si tratta di un lavoro di grande prestigio, realizzato in collaborazione con il grande architetto Massimiliano Fuksas, una delle attuali archistar con cui abbiamo l'onore di collaborare, al pari di Tadao Ando, Alberto Campo Baeza, Tobia Scarpa, John Pawson. Inoltre stiamo seguendo due importanti opere a Tripoli, in un mercato – quello mediorientale – dove stiamo matu-


Antonello Vendramin

rando esperienza e guadagnando consensi: la riqualificazione di una villa di epoca ottomana che ospiterà il nuovo museo islamico nazionale e la realizzazione di una scuola coranica che si sviluppa su un terreno di oltre 12mila metri quadri. Per entrambi ci stiamo occupando del restauro conservativo e della riqualificazione integrale di strutture e impianti, anche con la realizzazione di nuovi volumi. Contiamo di rientrare in cantiere a breve, una volta che la situazione politica

si sarà stabilizzata». Bioedilizia e risparmio energetico. Quali vantaggi offre l'applicazione di queste tecnologie? «L'utilizzo della bioedilizia e di materiali e tecniche di costruzione ecocompatibili e finalizzate al risparmio energetico è ormai preponderante nell'architettura contemporanea. Le motivazioni non sono solo di natura etica, ma anche economica: l'utilizzo di materiali di coibentazione di nuova generazione, un'attenta progettazione, l'investimento su impianti di energia rinnovabile sono ormai considerati come un vero proprio investimento a lungo termine, in grado di garantire vantaggi concreti anche da un punto di vista economico». Gli investimenti in innovazione e sviluppo che ruolo ricoprono nella vostra strategia aziendale? «L’innovazione è fondamentale e si esprime in diversi modi; nella fattispecie, lavorare con architetti importanti e titolati costituisce

uno stimolo continuo a sperimentare nuove tecniche costruttive. Sono sfide che rispondono a esigenze progettuali spesso complesse e problematiche. Tanto che il cantiere si trasforma in un vero e proprio laboratorio in cui si sperimentano nuove idee e si cercano soluzioni costruttive innovative, oserei dire creative». VENETO 2011 • DOSSIER • 345


Gli effetti del gioco al “ribasso” nel settore edile a crisi dell’edilizia, generata dalla saturazione del comparto immobiliare, ha spinto molti degli operatori del settore a spostare l’attenzione nelle costruzioni private e, soprattutto, in quelle pubbliche. L’effetto è stato quello di un surplus di offerta rispetto alla domanda. Realtà

L

Paolo, Aronne e Gianantonio Bordignon, rispettivamente presidente, fondatore e vice presidente della Costruzioni Bordignon Srl di Venegazzù di Volpago del Montello (TV) www.costruzionibordignon.it

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Restituire all’edilizia il ruolo di traino dell’economia. L’impegno delle imprese è investire in aggiornamento e nuove soluzioni, sia per i materiali che per le tecniche. Le associazioni potrebbero fare di più per porre in luce le aziende virtuose. L’analisi di Paolo e Gianantonio Bordignon Salvatore Cavera

artigianali di modeste dimensioni si sono così trovate a poter provare a competere con ditte strutturate che operano a livello nazionale. Di conseguenza, soprattutto nell’ambito dei lavori privati – anche questi in netta diminuzione – la concorrenza non ha più conosciuto regole. Nel settore degli appalti, inoltre, i ribassi dei prezzi hanno toccato livelli tali da tagliare fuori qualsiasi competitor. «In questo scenario – dice Paolo Bordignon, amministratore delegato della Costruzioni Bordignon – la

strategia della nostra società è stata quella di tirarci fuori dal polverone. Abbiamo selezionato i committenti privati fra quelli che puntano alla qualità del prodotto e non al prezzo più basso e, per il settore pubblico, ci siamo spostati verso zone di mercato “meno stressate” dalla concorrenza, magari geograficamente lontane dal nostro territorio, ma dove la qualità del lavoro fosse messa in primo piano. Al contempo abbiamo potenziato le nostre competenze, puntando sulla specializzazione delle no-


Paolo e Gianantonio Bordignon

stre squadre e investito in attrezzature di nuova generazione». La Costruzioni Bordignon è un’azienda giunta alla terza generazione, oggi rappresentata dai fratelli Paolo e Gianantonio Bordignon, figli di Aronne, che prima di loro ha guidato l’impresa. Fino a pochi anni fa buona parte del fatturato era dato dalla costruzione e vendita in proprio di edifici residenziali e industriali. Adesso il core business dell’azienda si è spostato verso l’edilizia pubblica. Attualmente su quali tipologie di progetti vi state concentrando? PAOLO BORDIGNON «Da anni stiamo sviluppando progetti di bioedilizia, ecosostenibilità, comfort acustico e risparmio energetico applicando le certificazioni Leed, anche sperimentando nuovi materiali e nuovi sistemi costruttivi che diano sempre più comfort e benessere. I risultati ottenuti ci hanno dato grandi soddisfazioni e sono state apprezzata dalla committenza, anche per la nostra capacità di garantire

Da anni stiamo sviluppando progetti di bioedilizia, ecosostenibilità, comfort acustico e risparmio energetico applicando le certificazioni Leed

un rapporto equilibrato fra la qualità e il prezzo. Abbiamo lavorato per opere industriali, civili, restauri, infrastrutture, opere speciali e contract. Forti di queste esperienze, partecipiamo spesso a gare d’appalto pubbliche del tipo “Economicamente Vantaggiose” che possono prevedere anche la progettazione dell’opera, premiando l’organizzazione dei lavori, la qualità e il rispetto dei tempi di consegna. In questo caso la differenza la fa lo staff tecnico». Su cosa dovrebbero fare leva le amministrazioni locali per favorire la crescita e la tutela del comparto edile? GIANANTONIO BORDIGNON «Secondo noi le amministrazioni e le associazioni di categoria

dovrebbero creare un sistema a graduatoria che premi le aziende più meritevoli. Con meritevoli intendo quelle che riescono a garantire una storia che le contraddistingue per un basso numero di contenziosi, per una tradizione di attenzione al tema della sicurezza nei cantieri, che hanno cura nella scelta dei subappaltatori e che investono nella ricerca, nello sviluppo e nella tecnologia. Un’iniziativa di questo tipo rappresenterebbe certamente uno stimolo per le imprese serie che già lavorano con coscienza e dedizione e un disincentivo per le realtà improvvisate o di pura speculazione». La vostra realtà si regge su una lunga tradizione di im- VENETO 2011 • DOSSIER • 347


EDILIZIA

prenditoria edile. Quali sono stati, negli ultimi anni i passaggi, le evoluzioni fondamentali, che più di tutti hanno mutato il vostro settore? P.B. «La nostra famiglia è nel settore edile da oltre cento anni. Dunque ha vissuto tutti i mutamenti che si sono succeduti nel corso del secolo scorso nel mondo delle costruzioni. In realtà i veri passi da gigante sono stati fatti negli ultimi vent’anni e maggiormente a partire dal 2000 in poi. Il settore è riuscito a trasformare l’edilizia da un comparto basato sulla manovalanza a un comparto altamente tecnologico, talvolta prefabbricato e sicuramente informatizzato. Questo ha reso il lavoro meno faticoso, meno pericoloso, più veloce, anche però meno personalizzato. Noi ab-

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Le amministrazioni e le associazioni di categoria dovrebbero creare un sistema a graduatoria che premi le aziende più meritevoli

biamo cercato di cogliere quanto di buono c’era nelle innovazioni, conservando però quello che c’era di valido nella tradizione». Quali i principali risultati raggiunti nel corso dell’ultimo biennio? G.B. «Il 2010 per noi è stato un anno certamente positivo, soprattutto se rapportato allo scenario di crisi globalizzata. Abbiamo acquisito commesse importanti e sicure dal punto di vista delle garanzie economiche. Mentre le opere por-

tate a compimento ci hanno dato un margine per dare solidità e sicurezza all’azienda. Complessivamente il fatturato è cresciuto come gli anni precedenti. L’avvio del 2011 ha seguito la scia del 2010, anzi, nel primo semestre siamo cresciuti più che nello stesso periodo dell’anno precedente». Quali sono state, se ve ne sono state, le principali criticità? P.B. «Sicuramente la fragilità finanziaria che ci circonda e l’indebitamento generale hanno allungato in modo drastico e ormai insostenibile i pagamenti. Riceviamo i pagamenti non più dopo mesi, ma addirittura a distanza di anni. Al contrario abbiamo spese con cadenze mensili, come quelle per il pagamento della manodopera – che rappresenta il 40% del bilancio – o l’acquisto di materie prime – un altro 30%. Purtroppo, in questa fase, il principale risultato per qualsiasi imprenditore è limitato a riuscire a tenere in piedi l’azienda, seguono la possibilità di mantenere l’organico e di ricavare un minimo di utili».



EDILIZIA

L’edilizia cerca una nuova dimensione Costruire in maniera sostenibile, riscoprendo tecniche antiche ma ancora attuali. Secondo Francesco Tieni è questa la strada da seguire, per ridare slancio a un settore strategico per tutta l’economia nazionale Guido Puopolo

In alto, l’ingegnere Francesco Tieni. Sotto, momento di ristrutturazione del Castello di Montorio (VR). Nella pagina a fianco, progetto per la Morotti Holding www.tienicostruzioni.it

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a crisi del comparto edile non sembra conoscere soluzione. È però chiaro che, per superare questa fase di prolungata difficoltà, serviranno riforme strutturali, che siano in grado di andare oltre un sistema che in questi anni ha visto emergere drammaticamente tutte le sue contraddizioni. «Per troppo tempo si è costruito in maniera frenetica e indiscriminata, e oggi i risultati di questa politica scellerata sono sotto gli occhi di tutti». È categorico Francesco Tieni, titolare dell’Impresa Tieni Costruzioni Spa, storica azienda veronese che da 175 anni è presente nel mondo dell’edilizia civile e industriale, oltre che del restauro conservativo e monumentale. Cosa bisognerebbe fare, a suo parere, per cercare di porre rimedio a questa situazione? «Credo sia necessario fermarsi un attimo e riflettere sui danni provocati da un approccio di questo tipo. Oggi è infatti possibile costruire un’abitazione in pochi mesi, ma proprio questa velocità di esecuzione rappresenta il problema principale, perché un edificio così realizzato non ha il tempo necessario

L

per “adattarsi” ai mutamenti delle stagioni. Le variazioni climatiche hanno infatti un peso enorme nell’edificazione di una struttura, anche se le moderne tecniche costruttive sembrano aver dimenticato questi aspetti. Per questo credo sia indispensabile limitare la spinta all’innovazione e riscoprire invece il valore della manualità. Pensiamo alle chiese e ai palazzi antichi che ancora oggi abbiamo la fortuna di poter ammirare. Solo la cura, l’attenzione e la pazienza di chi li ha realizzati hanno fatto sì che questi capolavori giungessero fino a noi». Proprio la riscoperta e la valorizzazione degli edifici del passato rappresenta il cuore della vostra attività. Quali sono le operazioni di restauro più significative portate a termine dall’Impresa Tieni negli ultimi anni? «La provincia di Verona, il no-


Francesco Tieni

Siamo ormai arrivati alla sesta generazione di imprenditori, forti di una tradizione e di un’impostazione di tipo familiare che non abbiamo mai tradito

stro territorio di riferimento, è ricca di chiese, palazzi e castelli medievali. La grande esperienza maturata dall’azienda nel campo del restauro monumentale e conservativo ci ha permesso di realizzare interventi di grande valore architettonico e dal forte significato sociale. Tra i lavori più significativi possiamo ricordare la ristrutturazione, con il recupero degli affreschi interni, della Chiesa di San Bartolomeo Apostolo di Perzacco, il restauro del Castello Scaligero di Montorio, e del Ponte-Diga Visconteo di Valeggio sul Mincio, il restauro del Castello di Salizzole, della Porta Verona a Soave, del Palazzo Carlotti a Garda, della Villa Gobetti a San Pietro Morubio, il restauro del Castello di Villafranca, e quello del campanile e della copertura della Chiesa di Boschi San Marco. Lo scorso mese di settembre,

infine, abbiamo avviato, per conto del comune di Verona, l’opera di recupero della Torre Sud-Est del Museo di Castelvecchio, un edificio risalente addirittura al quattordicesimo secolo che presto potrà tornare al suo antico splendore». Una citazione particolare merita l’opera di riqualificazione del Foro Boario, a Roma, da poco conclusa. È vero che avete brevettato una tecnica particolare per la conservazione degli affreschi? «Sì. Il recupero del Foro Boario, realizzato in collaborazione con il Consorzio Stabile Sara, è stato molto impegnativo ma altrettanto gratificante. Qui, per conservare le strutture originarie degli edifici presenti, oggi a disposizione della facoltà di Architettura dell’Università La Sa-

pienza, abbiamo messo a punto e brevettato una tecnica innovativa, creando un impianto di condizionamento e riscaldamento a pavimento che sfrutta i canali di scarico dai quali un tempo defluivano i liquami prodotti dal macello degli animali. Questo sistema di areazione, infatti, permette di eliminare i problemi che l’umidità può causare ai dipinti e agli affreschi presenti all’interno, garantendo una conservazione ottimale degli stessi». Qual è stata, invece, l’esperienza tratta dall’intervento effettuato all’Aquila, all’indomani del terremoto che ha sconvolto la città? «Purtroppo la situazione continua a essere critica. In questi anni ci siamo adoperati a fondo per L’Aquila, anche attraverso la VENETO 2011 • DOSSIER • 351


EDILIZIA

fondazione di una Onlus inca- oggi fa parte del direttivo del- in precedenza, è un’azienda

Immagine del progetto Centro natatorio Isola Nuoto a Isola della Scala

ricata della raccolta fondi a sostegno della ricostruzione della città, che però stenta ancora a decollare, a causa soprattutto di vincoli e paletti burocratici che di certo non facilitano il nostro compito. La cosa paradossale è che i fondi sono stati stanziati e sono anche disponibili, ma non possono essere spesi. Credo che questo non sia più tollerabile. Basti pensare che immediatamente dopo il terremoto abbiamo provveduto alla messa in sicurezza di due chiese, ma ad oggi siamo ancora in attesa di ricevere l’autorizzazione per l’inizio dei lavori». Lei è stato per diversi anni presidente della Cassa Edile e

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l’Ance di Verona. Come giudica la situazione del settore e quali sono le sue aspettative per il futuro? «Devo dire che le piccole e medie imprese, che pur rappresentano il cinquanta per cento del pil nazionale, sono oggi completamente abbandonate dalle istituzioni. In campo edile le associazioni di categoria per troppo tempo hanno avuto a che fare con una politica inaffidabile. Credo per questo che sia giunto il momento di dare una scossa e di far sentire le nostre ragioni, perché altrimenti la situazione, già delicata, rischia di diventare veramente insostenibile». La vostra, come accennato

storica, premiata anche dal Registro delle Imprese Storiche in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Quali sono i valori che hanno accompagnato l’attività dell’Impresa Tieni durante tutto questo tempo? «Siamo ormai arrivati alla sesta generazione di imprenditori, forti di una tradizione e di un’impostazione di tipo familiare che non abbiamo mai tradito. In tutti questi anni abbiamo sempre cercato di adattarci alle esigenze dei diversi periodi storici che abbiamo attraversato, senza però rimanere mai intrappolati nel vortice dell’innovazione esasperata. Sono infatti convinto che nel nostro lavoro non ci sia nulla da inventare, e che tutto quello che possiamo fare sia cercare di migliorare e affinare le conoscenze ereditate dal passato». Come vede, infine, il futuro dell’azienda? «Tieni è una realtà solida e in continua espansione, tanto che oggi è presente anche negli Stati Uniti, dove opera sul mercato immobiliare attraverso la filiale New West TC. Con l’ingresso dei miei figli in azienda ha avuto inizio il ricambio generazionale, un passaggio delicato ma che sono sicuro garantirà la continuità della politica aziendale e la valorizzazione dell'esperienza accumulata, perché è solo attraverso l’esperienza del passato che potremo dare solidità al nostro futuro».



Innovazioni meccaniche per l’edilizia D

Le innovazioni meccaniche presentate al Batimat 2011, la fiera internazionale delle costruzioni di Parigi. Nuove soluzioni per la produzione di elementi in calcestruzzo vibrocompresso per una buona compattazione e una migliore finitura superficiale. Ne parlano Angelo e Francesco Zanatta Luca Cavera

La Socomet Spa ha sede a Nervesa della Battaglia (TV) www.socometspa.it

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urante Batimat 2011, la fiera internazionale delle costruzioni, svoltasi a Parigi dal 7 al 12 novembre, e che ha visto anche la partecipazione di industrie italiane, è stata presentata in esclusiva la vibropressa B1 prodotta dalla veneta So.co.met. Spa. Si tratta di una macchina compatta e con un ciclo di produzione rapido e dinamico. La B1 è utilizzata per la produzione di elementi in calcestruzzo vibrocompresso che richiedono il capovolgimento dello stampo per la sformatura. È particolarmente indicata per la realizzazione di piccoli manufatti che richiedono una buona compattazione e una buona finitura superficiale. «Ci siamo recati al Batimat con

una valigia colma di progetti – spiega Angelo Zanatta, titolare della società –, per sfruttare al meglio la visibilità offertaci da questo evento. L’appuntamento era dei più importanti per noi, dato che il mercato francese è uno dei nostri punti di riferimento in Europa. E, infatti, come l’anno scorso al Bauma di Monaco, anche a Parigi siamo riusciti a siglare rilevanti accordi commerciali». So.co.met è particolarmente attiva nel promuovere a livello internazionale le proprie tecnologie. L’esposizione al Batimat è stata preceduta infatti dalla partecipazione alle fiere estive del settore di Barcellona e Mosca e l’azienda sarà presente anche a dicembre all’esposizione di San Pietroburgo. «Poiché il mercato


Angelo e Francesco Zanatta

Una delle opere più importanti che abbiamo realizzato recentemente è stata la passerella ciclopedonale installata sull’attraversamento del fiume Monticano, a Oderzo

italiano – dice Francesco Zanatta, direttore tecnico del settore carpenteria –, nel settore macchine, è praticamente immobile, puntiamo molto sull’estero, soprattutto sull’Europa e sul bacino del Mediterraneo. Invece, per il settore carpenteria il mercato continua a essere limitato all’area del Nord Italia. Una delle opere più importanti che abbiamo realizzato recentemente è stata la passerella ciclopedonale installata sull’attraversamento del fiume Monticano, a Oderzo, nel trevigiano. Si tratta di ponte in acciaio Corten lungo 50 metri e realizzato su singola campata, composto da due conci a cassone a sezione variabile con altezza di soli 35 cm nel mezzo e di 80 ai margini. Il progetto è

stato disegnato dall’ingegner Secchi di Padova, che si è basato su un’idea dell’architetto Raffin di Pordenone. Il ponte ha una forma ad arco molto aperto, è incernierato al centro e ai lati, quasi a sembrare piano – una soluzione audace per una struttura non sostenuta da stralli. Il manufatto ha una linea slanciata che si inserisce perfettamente nell’ambiente naturale del fiume, quasi a sparire. A dare questo effetto di integrazione contribuisce il parapetto curvo in acciaio Inox poco percettibile alla vista». L’attività della Socomet è per l’appunto flessibile e diversificata, anzi scissa in due settori: la carpenteria e le macchine. «Per il settore storico della carpenteria – dice Angelo Zanatta– abbiamo individuato

possibilità di sviluppo solo su progetti qualificati. Dobbiamo essere in grado di consegnare al committente un’opera architettonicamente e strutturalmente nuova, interessante esteticamente e qualificante nelle strutture e finiture. Per ottenere questi risultati i nostri progettisti collaborano attivamente con l’architetto e lo strutturista del cliente. La nostra stima, su una possibile evoluzione dell’azienda, è che

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EDILIZIA

in futuro avremo più soddisfazioni dal settore macchine, che richiede un uso più forte di tecnologia». L’azienda ha infatti integrato nella produzione il settore macchine dal 2009. «Siamo entrati in questo settore – prosegue Angelo Zanatta – con l’acquisizione del marchio Rossetto, che aveva alle spalle una tradizione quarantennale di know how, progetti, brevetti e tecnologie applicate ai manufatti in calcestruzzo. Questo marchio ha prodotto e instal-

lato impianti in tutti i continenti e ha perfezionato negli anni un elevato livello di qualità. Noi abbiamo raccolto quest’eredità e ci stiamo specializzando nella fabbricazione di vibropresse per il compattamento del calcestruzzo su

L’ultimo importante investimento è rappresentato dall’acquisizione del marchio Rossetto, che ha inaugurato un nuovo settore di produzione di macchine per la realizzazione di manufatti in calcestruzzo

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stampo con un’operatività in automatico e a ciclo continuo. Al seguito della macchina, stiamo sviluppando una serie di attrezzature che servono alla movimentazione, maturazione e imballaggio dei manufatti, il tutto gestito da Plc con elettronica avanzata». Per introdurre il nuovo comparto macchine, Socomet ha investito notevoli risorse in immobili, mezzi e uomini. Come spiega Francesco Zanatta: «Abbiamo costruito un nuovo reparto produttivo su un capannone da 1300 mq e ampliato l’organico, con l’assunzione e la formazione di tecnici esperti di meccanica, fino a costituire una solida squadra di meccanici e montatori. L’argomento risorse umane è fondamentale. Da un lato, l’ampliamento dell’organico, con l’introduzione di nuove figure qualificate, dall’altro, la divisione in due rami produttivi, ci hanno indotto a un percorso formativo, sia tecnicoproduttivo che di crescita individuale. Oltre al costante percorso di formazione tecnica, abbiamo infatti programmato un corso formativo di motivazione rivolto a tutti i


Angelo e Francesco Zanatta

collaboratori, per coinvolgerli al massimo nel raggiungimento degli obiettivi aziendali. È stato ed è un percorso difficile e lungo, tuttavia stimolante per il personale direttivo e per le maestranze». In periodo di alta disoccupazione e di crisi, per le aziende che tendono alla crescita qualitativa il problema di reperire personale qualificato continua a esistere, come spiega Angelo Zanatta: «Già vent’anni fa, nei Paesi del Nord Europa, le aziende riscontravano difficoltà nella ricerca di tecnici qualificati. Da alcuni anni il problema si è presentato anche da noi. I carpentieri con esperienza sono una rarità e ormai si trovano solo fra gli operai stranieri – dato che i giovani italiani rifiutano i lavori manuali. Nel settore macchine abbiamo anche necessità di ingegneri con esperienza sul campo, vale a dire progettisti con pratica di costruzione, montaggio e collaudo macchine a elevata tecnologia. Benché gli ingegneri non manchino, spesso questi sono di scarsa professionalità e molto lontani dalle nostre esigenze». Per Socomet gli anni appena trascorsi sono stati un periodo di grandi cambiamenti in termini di produzione, di investimenti, ma anche per l’organizzazione generale di persone e mezzi. «Questi

Una storia di acciaio e cemento So.co.met. spa nasce nel 1976 dall’iniziativa di un gruppo di tecnici che nei precedenti anni Sessanta e Settanta si erano formati in importanti industrie della costruzione. Negli anni successivi alla fondazione la produzione si è gradualmente diversificata e specializzata sulla carpenteria mediopesante, con particolare riferimento alle costruzioni edili e alle parti di macchine. In seguito a una serie di collaborazioni intraprese con qualificati studi tecnici, l’attività della società è via via maturata sia dal punto di vista commerciale sia produttivo, avviando così un trend di crescita costante che ha consentito il consolidamento strutturale e patrimoniale dell’azienda. Gli ultimi anni sono stati contrassegnati da investimenti in tecnologia e nelle risorse umane per l’ammodernamento dello staff tecnico, oggi costituito da un team giovane e dinamico. Ultimo di questi importanti investimenti l’acquisizione del marchio Rossetto, che ha inaugurato un nuovo settore di produzione di macchine per la realizzazione di manufatti in calcestruzzo. A riconoscimento del proprio lavoro, Socomet ha ricevuto nel 2002 la qualificazione Soa per l’esecuzione di lavori pubblici – rinnovata nel 2008 per la categoria Os 18. Nel 2009 ha ottenuto la certificazione di conformità alla norma Iso 9001:2008 per la progettazione, la produzione e l’installazione di opere in carpenteria metallica e per la progettazione, costruzione e messa in servizio di macchine e accessori per manufatti in cemento.

cambiamenti – conclude Angelo – si sono sovrapposti sia alla crisi economica, che a una crisi più profonda del settore della carpenteria edile. Se la crisi in atto ha portato incertezza, la carpenteria destinata all’edilizia è quasi completamente scomparsa. Un’alternativa di breve

durata è stato il settore del fotovoltaico, per il quale abbiamo progettato e costruito strutture di sostegno dei pannelli per realizzare 15 Mw di campi a terra. Tuttavia in questo settore la concorrenza è molto forte, a fronte di volumi elevati di produzione a basso margine di utile». VENETO 2011 • DOSSIER • 357


Edifici più “confortevoli” Fonoisolare e fonoassorbire con sistemi a impatto ambientale zero. Fino a rendere la casa un guscio, al riparo dai rumori e dagli agenti atmosferici esterni. Alberto Sutto spiega i vantaggi della combinazione di strati di isolanti acustici e termici Salvatore Cavera

li agenti atmosferici, sole e vento principalmente, insieme alle attività umane, e ai loro rumori, rappresentano spesso una sorta di “aggressione” agli edifici. Per sottrarsi a tale aggressione in modo intelligente la soluzione ideale è quella di dotare l’abitazione o la struttura produttiva, di strumenti che permettano di gestire la relazione fra l’ambiente interno e quello esterno. Esistono infatti sistemi termoisolanti, come le soluzioni per l’isolamento acustico. E inoltre combinazioni di materiali che in un unico prodotto garantiscono la protezione da en-

G Isosystem Srl ha sede a Ponte di Piave (TV) www.termoisolanti.com

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trambi i fenomeni. «Se consideriamo il rumore, ma anche il calore e la luce solare, composto da onde, possiamo comprendere come la stratificazione di tipi di isolanti differenti contribuisca, di strato in strato, a smorzare la penetrazione degli elementi esterni. Più i materiali sono stratificati e più riescono ad attenuare». Alberto Sutto, portavoce di Isosystem – società che produce polistirene espanso (Eps) e combinazioni di isolanti termici, acustici e impermeabili per l’edilizia civile e industriale –, spiega in questo modo il funzionamento di un pannello isolante. E aggiunge: «La nostra

filosofia è quella di cercare e trovare le soluzioni per regolare l’energia che si trova in natura – sotto forma di forza del vento, calore del sole. Quest’energia è in continuo mutamento, per questo abbiamo avviato il progetto Energy in motion, che ha per obiettivo il benessere abitativo». Per assicurarsi una tecnologia costantemente all’avanguardia, Isosystem lavora a stretto contatto con laboratori di ricerca e università. «Questo ci permette di certificare i nostri risultati e di poterne garantire la durata nel tempo. Il nostro investimento in ricerca si è concretizzato nella produzione di ac-


Alberto Sutto

coppiati di isolanti termici e acustici, ventilati e impermeabili». Uno di questi pannelli combinati, brevetto di Isosystem, è Isovent Termo Acustic, un pannello termoventilato acustico per coperture costituito da lana di roccia biosolubile. «Questo materiale, ottenuto dalla fusione e dalla filatura di rocce naturali, ha un’elevata resistenza alla compressione e nasce con ottime caratteristiche termiche e con eccellenti caratteristiche di assorbimento acustico nonché ignifugo. Resiste agli agenti chimici, all’invecchiamento e

Rumore, calore e luce solare sono onde. Stratificando tipi di isolanti differenti è possibile smorzarne la penetrazione

non nuoce alla salute dell’uomo». L’aderenza ai dettami della bioarchitettura va dunque di pari passo con la volontà di contribuire alla salvaguardia dell’ambiente, conferendo a ogni edificio quel valore di ecosostenibilità che ne eleva il prezzo sul mercato. «Ridurre i consumi energetici significa ottenere un importante risparmio, contribuendo in modo significativo alla protezione dell’ambiente. Il condizionamento e il riscaldamento degli edifici rappresentano una percentuale importante dei consumi, migliorando la loro efficienza si può ottenere una riduzione fino al 90% delle emissioni nocive. I sistemi ter-

moisolanti, impermeabili e strutturali, grazie alle loro caratteristiche garantiscono un ottimo isolamento e un elevato benessere abitativo». Inoltre, le proprietà dell’Eps consentono di creare decori e ridonare l’antica bellezza a facciate in decadenza, unendo estetica e funzionalità. «Sia nei casi di restauro di edifici storici che nell’isolamento di fabbricati nuovi, è possibile ottenere effetti di gradevolezza architettonica. Abbiamo studiato una soluzione, Dekorsystem, che, correlando il pensiero tecnologico e lo stile, permette di non tradire il volto delle strutture. Si può dire che Dekorsystem oltre a isolare, riesce a mimetizzarsi in maniera tale da risultare pressoché invisibile».

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EDILIZIA

Architetture in classe A In un mercato paralizzato, la qualità degli edifici è ancora un fattore spendibile. Soprattutto se ogni edificio è concepito, non soltanto come una costruzione edile, ma come un oggetto architettonico. Il punto di Sergio Dalla Verde Luca Cavera

e recenti proiezioni elaborate da Cresme e Ance sulle prospettive del mercato immobiliare delineano uno scenario, per il prossimo biennio, di calo ulteriore delle vendite. Ciò a fronte di una situazione già stagnante. In assenza di una via d’uscita comune per le imprese che gravitano intorno all’edilizia, le singole realtà stanno battendo strade diverse, ognuna guidata dalla propria filosofia aziendale. Questo stato di cose si traduce da una parte in prezzi oscillanti, ma so-

L Sergio Dalla Verde, presidente del Cda di Costruzioni Dalla Verde Spa, Montecchio Maggiore (VI) www.dallaverde.it

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prattutto sta creando un gap di qualità. All’estremo virtuoso di questa forbice stanno le realizzazioni che fin dal progetto sono eseguite in una logica di risparmio energetico, considerato un valore aggiunto oggettivo, benché non totalmente compreso da chi acquista una casa e guarda maggiormente ad altri fattori nella scelta. «Più che una questione di committenza medio alta – dice Dalla Verde, presidente del Cda di Dalla Verde Spa –, l’interesse per le case a classe energetica A è una questione culturale». Qual è la filosofia che sta alla base del vostro modo di costruire abitazioni? «Il primo passo è la scelta accurata del luogo, che deve essere immerso in un contesto gradevole, adatto alla residenza e collegato con i servizi fondamentali. Una volta che il luogo è stato individuato, si inizia con il progetto architettonico vero e proprio. La nostra ambizione è quella di fare architettura e non semplicemente edilizia». Chi sono gli architetti che disegnano i progetti da voi realizzati? «Affidiamo il progetto dei nostri interventi residenziali

ad architetti e designer di primissimo piano: abbiamo lavorato e lavoriamo tuttora con Aldo Cibic, Vudafieri & Partners, Pop Solid, Flavio Albanese. La nostra idea di abitazione va oltre la mera giustapposizione di quattro stanze che le faccia stare insieme in modo che siano riconoscibili come una casa. Per noi ogni edificio è un elemento architettonico e anche gli interni sono architettura». Come vi ponete rispetto al tema del risparmio energetico? «Negli ultimi tre anni abbiamo consegnato esclusivamente edifici in classe energetica A. Ogni metro quadro di queste abitazioni consuma in dodici mesi meno di 30 kW per l'acqua calda sanitaria e per il riscaldamento invernale. Gli edifici da noi costruiti hanno già dato prova, dopo tre cicli invernali, di un ottimo livello di risparmio energetico incrementato anche dall'adozione del riscaldamento centralizzato contabilizzato. Per fare un esempio pratico, un nostro edificio che ospita 15 famiglie contiene il costo annuo in circa 300 euro/famiglia, per acqua calda


Sergio Dalla Verde

Rendering di un complesso di 8 residenze esclusive su 4 piani a Vicenza città. Il progetto è di Flavio Albanese

sanitaria e riscaldamento degli ambienti». C’è anche un riscontro ambientale misurabile? «Con un unico impianto centralizzato per 15 famiglie, la quantità di emissioni è molto più bassa rispetto alle classiche 15 caldaie, una per famiglia. Inoltre l'impianto è attivo solo da ottobre ad aprile, nel resto dell’anno la produzione di acqua calda è garantita dall’impianto a pannelli solari dell’edificio, utilizzando quindi energia totalmente pulita e pressoché gratuita. Naturalmente l'elevato risparmio non sarebbe possibile senza un adeguato isolamento termico dell’edificio e di ogni singolo appartamento. Isolamento che è anche acustico, poiché per noi è davvero importante garan-

Negli ultimi tre anni abbiamo consegnato soltanto edifici in classe A, in cui ogni metro quadro consuma meno di 30 kw all’anno

tire ogni tipo di comfort abitativo». Che tipo di materiali utilizzate per raggiungere questi risultati? «La maggior parte dei materiali che impieghiamo è di tipo tradizionale. Noi costruiamo con il laterizio, materiale nobile ed eterno. In tema di isolamento ci preme sottolineare l'importanza delle scelte ragionate, basate su fatti concreti e non su tendenze di moda: fra

una fibra di legno sofisticatissima e un poliuretano a cellula chiusa ad alta densità, la nostra preferenza va al secondo e non solo per ragioni di prezzo. La fibra di legno, sebbene sterilizzata, può comunque attirare dei parassiti o può assorbire umidità e ciò diminuisce di conseguenza la capacità isolante del materiale. Fanno eccezione situazioni particolari, in cui scegliamo prodotti ad elevata tecnologia, come polimeri particolarmente pesanti, soprattutto per attutire i rumori. Ma la cosa più importante è che ogni problema va previsto e risolto in fase di progettazione. E' necessario studiare con attenzione il modo in cui i vari servizi andranno ad interagire tra loro, all’interno dell’edificio. Questo è il momento progettuale più significativo».

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Il legno: il futuro dell’edilizia? Nonostante l’edilizia “tradizionale” sia scettica riguardo al suo utilizzo nelle costruzioni, il legno può apportare svariati vantaggi alla realizzazione di un edificio. Roberto Fava presenta le caratteristiche della prima palazzina in legno alta 6 piani Emanuela Caruso

uando si parla di edilizia, e in particolare di abitazioni, sono in molti a indicare il cemento e il calcestruzzo come i migliori materiali da costruzione in circolazione, e a vedere invece nel legno un materiale ben poco adatto alla realizzazione di una casa. Quest’ultima convinzione è stata alimentata da alcune false credenze che etichettano il legno come non idoneo per strutture ed edifici a più piani, in quanto aumenterebbero i costi di costruzione e di vendita e non sarebbe possibile assicurare una totale sicurezza dello stabile e delle persone in caso di eventi sismici. Ognuno di questi aspetti è stato però prontamente smentito dal lavoro e dall’impegno di alcune aziende del settore edile,

Q

Roberto Fava è titolare della Service Legno di Spresiano (TV). Nella pagina accanto la prima palazzina in legno alta 6 piani, costruita nel centro della città di Lugano www.servicelegno.it

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in particolar modo dalla Service Legno di Spresiano. Infatti l’impresa, che è affermata e riconosciuta sia per la realizzazione di case e coperture in legno su misura che per gli interventi di recupero e restauro, ha da poco presentato al mercato e all’utenza la prima palazzina in legno alta 6 piani, costruita nel centro della città di Lugano, in Svizzera. «Con l’edificazione di questo complesso abitativo alto 19 metri e composto da 9 alloggi – spiega Roberto Fava, titolare della Service Legno –, siamo riusciti a dimostrare che l’utilizzo del legno è una tecnica costruttiva ottima sotto vari punti di vista». Nello specifico, quali sono i vantaggi portati dall’uso del legno e riscontrabili anche nella palazzina di Lugano? «Innanzitutto questo materiale


Roberto Fava

La palazzina in legno costruita a Lugano è ecologica, resistente, vivibile, personalizzata e sicura

offre un’ampia gamma di soluzioni economiche e prezzi competitivi, ed è quindi accessibile a tutti. In secondo luogo, le strutture in legno pesano un terzo di quelle in cemento e si basano sul principio della flessibilità, non della rigidità, quindi sono in grado di dissipare in modo ottimale l’energia prodotta da un

terremoto, flettendosi ma non deformandosi. È così garantita la sicurezza dell’edificio e delle persone che vi abitano. La palazzina, inoltre, è stata costruita secondo i criteri di protezione acustica e risparmio energetico e prevede isolamenti termici che permettono una riduzione delle spese di riscaldamento del 70%. L’impiego di un materiale naturale comporta anche un comfort abitativo unico, dato dall’assenza di umidità e di campi magnetici e dalla diminuzione di polveri». Come si sviluppano le tecniche di edificazione in caso di utilizzo del legno? «Questa tecnica di costruzione, già diffusa da anni in Europa, unisce massicce pareti autoportanti in legno lamellare a sistemi di isolamento realizzati anch’essi con materiali naturali e a soluzioni innovative per la realizzazione degli impianti elettrici e idraulici. Tali strategie costruttive consentono di raggiungere prestazioni elevate relative sia al benessere ottenuto sia ai consumi energetici. Infine, è importante precisare che i tempi di

realizzazione di un edificio in legno sono brevissimi». Oltre all’utilizzo del legno, quali sono gli altri punti forti della Service Legno? «Sicuramente il servizio ai clienti. Per rispondere con efficienza e qualità alle richieste degli utenti, la fase di progettazione viene seguita tanto dal nostro staff interno quanto da quello dell’ufficio tecnico della committenza. Ogni abitazione ideata è diversa dalle altre perché ogni cliente ha un proprio gusto estetico e specifiche necessità pratiche, come la collocazione dell’edificio in una determinata area o la funzione di servizio che la struttura dovrà svolgere. Usando il legno possiamo adattare la nostra offerta a qualsiasi soluzione architettonica progettata e soddisfare, quindi, anche le richieste più sofisticate e stravaganti. Altro punto di forza è l’avanzata tecnologia che utilizziamo e che sottoponiamo a continui aggiornamenti. Investiamo in maniera costante in beni strumentali altamente informatici, come il centro di taglio a controllo numerico». VENETO 2011 • DOSSIER • 365


Strategia ed efficienza nell'industria del vetro Integrazione aziendale e investimenti in sviluppo tecnologico; questa sembra essere la formula vincente per conquistare il mercato della lavorazione del vetro in ambito edilizio. Franco Savian racconta la sua esperienza Lodovico Bevilacqua

a lavorazione del vetro piano rappresenta un comparto estremamente importante e specializzato nell'ambito più generale dell'edilizia abitativa e commerciale. La fattura della lavorazione del vetro incide in maniera sempre più inclusiva sulla qualità finale degli ambienti realizzati, tanto in termini estetici quanto in termini funzionali, con particolare riferimento alle potenzialità isolanti del vetro. La polifunzionalità di

L Alcune realizzazioni della Union Glass di Motta di Livenza (TV) www.unionglass.it

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questo materiale ne ha inoltre permesso l'impiego per gli scopi più disparati e questa versatilità applicativa ha spesso suggerito una diversificazione aziendale finalizzata a specializzare le competenze. Un percorso predicato e messo efficacemente in pratica dalla Union Glass di Motta di Livenza, come sottolinea Franco Savian, titolare dell'azienda stessa. «La Union Glass, pur con il suo trentennale retaggio aziendale, rappresenta solo una delle società di un gruppo più ampio,

accomunato dalla stessa proprietà e con destinazioni produttive differenti, ma complementari fra loro». Sotto il Gruppo Union Glass convivono infatti la Union Glass, la La Torre Vetro e la Vam. Continua Savian: «La Union Glass – nata nel 1984 – è la compagnia principale del gruppo e la sua integrazione con diverse società è il frutto di una strategia di acquisizione finalizzata a razionalizzare la produzione di vetro lavorato, in modo


Franco Savian

da diversificare le competenze senza diminuire la potenzialità operativa. La Union Glass si occupa infatti della produzione di vetro per edilizia e fotovoltaico, la La Torre Vetro di vetrate isolanti Hi-Tech e la Vam di vetro per arredamenti interni ed elettrodomestici». Concentrando l'attenzione sulla Union Glass, possiamo apprezzare come l'intera attività produttiva sia caratterizzata da un livello di tecnologia estremamente avanzato. «Con la progressiva sensibilizzazione dei produttori e dei consumatori nei confronti dell'utilità del risparmio energetico – tanto lodevole dal punto di vista etico quanto conveniente da quello economico – gli investimenti in sviluppo e ricerca di nuove e sempre più efficaci soluzioni sono aumentati e l'offerta che siamo in grado di proporre è assolutamente all'avanguardia». La sinergia fra le aziende del

gruppo diventa inoltre un valore aggiunto. «La fabbricazione di molti dei nostri prodotti coinvolge più di un comparto dell'azienda; porto come esempio la realizzazione del fotovoltaico innovativo integrato, un normale vetro stratificato che racchiude celle fotovoltaiche. Tutte le fasi della lavorazione – dalla laminazione delle celle all’interno dei vetri, alla saldatura delle celle, all’assemblaggio in vetrocamera – vengono realizzate all'interno del gruppo, garantendo una piena autonomia operativa». La specializzazione nel fotovol-

taico rappresenta oggi, con la diffusione sempre più capillare di questa tecnologia, una prerogativa di grande importanza per i destini commerciali dell'azienda, ma non l'unica. «Per quanto il fotovoltaico sia importante per noi e per il nostro mercato, sarebbe riduttivo considerarlo la nostra principale attività di produzione. La lunga esperienza nel campo della lavorazione del vetro e l'integrazione aziendale ci permettono di occupare una posizione di leadership in quest'ambito, allineando la Union Glass alle due o tre compagnie più importanti del Paese». Un primato che consegue effetti positivi anche a livello di mercato. «Pur essendo i nostri principali clienti italiani, la parte della produzione destinata all'esportazione è decisamente consistente». A incontestabile ratifica della qualità della produzione, la Union Glass può vantare la prima certificazione Iso 9000 – conseguita nel 1996 – concessa a una vetraria italiana. VENETO 2011 • DOSSIER • 371


Marmo e granito trainano l’export del settore Grazie alle nuove frontiere territoriali di importazione ed esportazione, il settore lapideo si è arricchito di materiali pregiati, particolari e dalle mille fantasie. Calisto Marcolini spiega come utilizzare al meglio queste affascinanti materie prime Emanuela Caruso

l 2011 si è rivelato un anno positivo per il settore lapideo. Tanto i dati sull’export quanto quelli sull’import di marmo e granito hanno infatti evidenziato buoni risultati e hanno posto al traino del mercato di riferimento italiano la regione veneta. Guidato dalle province di Verona e Vicenza, il Veneto nella prima metà dell’anno ha esportato prodotti lapidei finiti per un controvalore di 81,8 milioni di euro e importato graniti e marmi per 11,1 milioni di euro. Tra gli inter-

I

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locutori di maggior importanza spiccano gli Stati Uniti, la Germania e i paesi del Bric, ovvero Brasile, Russia, India e Cina. Verona, con un aumento rispetto al 2010 del 5,1% sulle esportazioni, si pone a capo del Distretto del Marmo e delle Pietre del Veneto. Tra le varie aziende veronesi impegnate in questo settore fa capolino la Marcolini Marmi, con sede a Grezzana. «Nonostante la crisi abbia colpito in particolar modo l’edilizia e quindi anche il settore lapideo – commenta Calisto Marco-


Calisto Marcolini

lini, fondatore e presidente dell’attività –, la flessibilità dell’azienda ci ha permesso di reagire bene al difficile periodo e di rispondere con prontezza alle esigenze del mercato, che ha vissuto un leggero calo della domanda di granito e un aumento della richiesta dei classici marmi italiani e degli onici pregiati». Quali sono le principali attività della Marcolini Marmi e quale rappresenta il suo core business? «La nostra attività principale è la trasformazione di blocchi di marmo, granito, onice e travertino in lastre, mattonelle per pavimenti e pannelli per rivestimenti interni ed esterni, piani cucine, bagni e colonne. Attraverso macchinari altamente tecnologici e innovativi siamo in grado di soddisfare le attuali richieste del mercato sia per quanto riguarda i formati che le finiture. I prodotti possono essere standard o su misura e possono presentarsi come lucidi, fiammati, levigati

e spazzolati, e ancora graffiati, sabbiati, bocciardati e antichizzati». Da dove provengono le materie prime che utilizzate e a quali settori sono destinati i vostri prodotti? «Oltre ai tipici marmi della tradizione italiana, le materie prime che impieghiamo provengono dal Brasile, dall’Africa, dall’India e dal Nord Europa. La nostra collezione comprende oltre 600 materiali diversi, da quelli più conosciuti a quelli più particolari e dal gusto esotico. I marmi, graniti e onici sono destinati ai distributori, alle imprese di costruzione e ai privati cittadini che necessitano di realizzare un piano cucina o un bagno». Quali sono le risorse che hanno consentito alla Marcolini Marmi di raggiungere la vetta del mercato lapideo e di mantenersi competitiva? «In primis la qualità dei nostri materiali, da intendere sia in termini di ottimizzazione del prodotto che di affidabilità

81,8 mln EURO

È il controvalore dei prodotti lapidei dell’azienda, competitività cofiniti esportati dal Veneto nella prima stante e capacità di rispondere metà del 2011 con flessibilità alle svariate richieste dei consumatori. Risorse importanti sono poi l’approfondita conoscenza delle materie prime e delle metodologie di lavorazione; la capacità di selezionare i materiali più pregiati, ricercati e resistenti in tutti i paesi del mondo; e la In apertura, stretta e proficua collabora- Calisto Marcolini, fondatore e presidente zione con i grandi produttori della Marcolini Marmi italiani di macchine per la la- di Grezzana (VR). vorazione del marmo. Rappre- In alto, da sinistra, la metropolitana Victory sentano inoltre punti di forza Park di Mosca non meno rilevanti lo studio e la Harvard University realizzate tecnico adibito allo sviluppo Library dall’azienda veronese dei progetti e all’assistenza ai www.marcolini.it clienti; la logistica; e lo showroom ampio e ben organizzato che garantisce all’utenza trasparenza e chiarezza». Come si pone la Marcolini Marmi nei confronti dell’impellente necessità di salva-

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MATERIALI

guardia ambientale?

«La tutela dell’ambiente che ci circonda è un tema a cui siamo particolarmente attenti, ragion per cui il nostro stabilimento dispone di un impianto per il riciclo totale dell’acqua impiegata nei processi lavorativi e di un impianto fotovoltaico di 12 mila metri quadrati, costruito sul tetto dei capannoni, che produce oltre 1100 kw e consente all’azienda di utilizzare energia pulita autoprodotta». Può descrivere un lavoro recente di cui andate particolarmente fieri e le sue caratteristiche più rilevanti? «Di recente, una commissione importante e interessante è stata quella che ci ha coinvolti come fornitori di materiali per la realizzazione delle stazioni metropolitane di Mosca, tra cui Victory Park e Strogino. Per quest’opera sono stati usati marmi italiani ma anche graniti esotici con speciali finiture in curva. È poi sempre con

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Con i nostri marmi pregiati abbiamo realizzato la scacchiera bianca e nera della Biblioteca universitaria di Harvard

grande piacere che ricordo la fornitura di materiale lapideo per la Biblioteca dell’Università di Harvard, per la cui realizzazione sono stati impiegati Perlino Bianco ed Ebony Black, così da comporre un’elegante scacchiera». Quali sono le tendenze più innovative del momento nell’applicazione dei marmi? «Il marmo sin dall’antichità è stato utilizzato per la pavimentazione, l’ornamento degli ambienti e gli oggetti artistici. Oggi la sua applicazione rimane pressoché invariata, a cambiare sono, invece, le finiture, che rispondono alle mutevoli esigenze della moda. Al

classico materiale lucido si affianca perciò quello spazzolato, o levigato, o con effetto onde in rilievo, o a spacco; in definitiva oggi sono disponibili una miriade di lavorazioni diverse in grado di cambiare in maniera totale l’effetto visivo dei vari materiali. L’apertura a nuove fonti di approvvigionamento ha inoltre ampliato la gamma di colori disponibili, per cui attualmente disponiamo di materiali con tonalità e disegni particolarissimi, che li fanno assomigliare a veri e propri quadri di Van Gogh o Folon». Per concludere, qual è la filosofia che sta alla base dell’attività della Marcolini Marmi? «A guidarci è la passione che nutriamo per un materiale naturalmente bello e inimitabile. Noi ci limitiamo a capirlo e a mettere in risalto il suo fascino e il suo valore. Nel nostro lavoro ci lasciamo trasportare dalle contrapposte sensazioni di sontuosità e leggerezza, calore e freddezza, eleganza e informalità, ricercatezza e minimalismo che marmo, granito, onice e travertino racchiudono in se stessi ed evocano».



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Le marmette sfidano le ceramiche Il mercato nazionale e internazionale si sta dimostrando sempre più interessato a riscoprire le molteplici lavorazioni e possibilità d’uso del granito, che entra così in competizione con il settore della ceramica. L’esperienza di Francesco Corradini Emanuela Caruso

Francesco Corradini, amministratore delegato e cofondatore della Marmi Corradini Group di Rivoli Veronese (VR). Nella pagina a fianco, un dettaglio del magazzino e una realizzazione affidata al gruppo www.marmicorradinigroup.com

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e un tempo le piastrelle in ceramica venivano considerate la soluzione migliore in caso di pavimentazioni e rivestimenti grazie alle loro peculiarità di resistenza, igiene, versatilità e veloce pulizia, oggi la ceramica deve fare i conti con il granito e più in particolare con le marmette. Queste ultime, infatti, rappresentano le dirette concorrenti della ceramica, in quanto presentano le stesse caratteristiche, le stesse possibilità d’uso e i medesimi ambiti di destinazione. Possono essere utilizzate per pavimenti, rivestimenti, listelli, gradini e piani di cucine e bagni. Il mercato odierno si trova, quindi, a vivere una continua competizione tra produzione e vendita di piastrelle in ceramica e marmette, e i margini di miglioramento per il commercio delle piastrelle in granito sono molto ampi. Proprio su questo fattore punta l’azienda Marmi Corradini. «La produzione di marmette – spiega Francesco Corradini, uno dei fratelli fondatori della società – rappresenta uno dei nostri più grandi punti di forza. Attraverso l’impianto produttivo aziendale composto da tre tagliablocchi

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da 50 dischi e uno da 100 dischi, siamo in grado di realizzare marmette modulari in formati e spessori standard o su misura del cliente». Oltre alle marmette, la Marmi Corradini produce anche lastre e lavorati. Potrebbe spiegare che cosa sono? «La lastra è un semilavorato destinato al mercato dei marmisti, i quali a loro volta la tagliano a seconda delle specifiche esigenze della clientela. Ci occupiamo sia di lastre ricavate da materiali italiani sia di lastre di importazione e in questo modo assicuriamo prezzi competitivi e alti standard qualitativi. Per lavorati, invece, si intendono i prodotti finiti da progetto e in particolare le realizzazioni di scale interne ed esterne, piani cucina e rivestimenti esterni di palazzi. Questo reparto ha una grande valenza strategica per l’azienda, perché le permette di lavorare con tutti i settori dell’edilizia». C’è una pietra, una materia prima che più delle altre viene richiesta in questo periodo? «La preferenza della pietra varia a seconda delle aree e del segmento del mercato di rife-


Francesco Corradini

Nel 2011, la Marmi Corradini ha osservato un notevole incremento della domanda di marmo da parte di un mercato che da tempo preferiva il granito

rimento. Per fare qualche esempio, il settore dell’edilizia tedesco continua a richiedere il nostro granito nazionale Rosa Beta, mentre per i piani cucina i materiali che vengono preferiti sono quelli più pregiati e prestigiosi, come i graniti sud africani. È importante sottolineare che quest’anno, dopo un lungo periodo di predominio del granito, abbiamo assistito a un notevole aumento della domanda di marmo in molti mercati». Fin dal 1972, la Marmi Corradini ha puntato a un incisivo processo d’internazionalizzazione d’impresa. Attraverso quali dinamiche di produzione, marketing e commercializzazione è avvenuta l’esponenziale diffusione dei materiali Corradini nel mondo? «Dato che negli anni 60 la Germania ha riconosciuto Verona come importante bacino del marmo, grazie alle cave

della zona, la domanda di materiali superava di molto l’offerta, motivo per cui all’inizio l’attività non ha avuto bisogno di operazioni di marketing o promozione; l’azienda ha inizialmente lavorato conto terzi per poi aprire nel 1977 il proprio stabilimento. Negli anni 80, abbiamo cominciato una forte azione di penetrazione del mercato inglese, acquisendo anche importanti commesse quali l’Hotel Hilton di Glasgow, la fontana di Piccadilly Circus a Londra e gli uffici della British Airways nell’aeroporto di Manchester. Nel decennio successivo, poi, con la caduta del muro di Berlino, la Marmi Corradini ha puntato verso l’Europa dell’Est, studiando apposite campagne di marketing, partecipando a numerose fiere e facendo comparire pubblicità su riviste specializzate. Nel 2000 infine sono nate le filiali estere, che garantiscono una forte presenza sui mercati

di riferimento internazionali. A fronte di ciò sono state costituite la Marmi Corradini Polska e la Marmi Corradini Deutschland». In che termini si traduce il concetto di “qualità” nel settore della fornitura e lavorazione di marmi e graniti? «Nel nostro settore per qualità si intendono vari aspetti: l’accurata selezione dei materiali, il pregio delle lavorazioni di taglio, delle lavorazioni delle superfici e della finitura del manufatto, l’innovazione tecnologica dei processi produttivi, e infine una efficiente organizzazione commerciale, che si esplica soprattutto con il servizio ai clienti ed una adeguata logistica. L’unione di questi elementi forma la qualità dei nostri prodotti». VENETO 2011 • DOSSIER • 377


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Il settore lapideo guarda ai paesi emergenti I mercati emergenti rappresentano, oltre che una risorsa, un elemento in grado di elevare il livello di competitività delle nostre aziende. L’evoluzione del settore lapideo, e le nuove prospettive di business, illustrate da Daniele Ferrari Guido Puopolo

a congiuntura innescata dalla crisi della grande finanza e dal conseguente ristagno industriale, ha avuto conseguenze tangibili anche nel settore lapideo e nel suo indotto. Nonostante questo però, il comparto ha manifestato una discreta capacità reattiva, come si può evincere dal XXI Rapporto sul settore lapideo mondiale, stilato nel 2010. Secondo quanto riportato da questo studio la produzione di marmi e pietre, negli ultimi anni, ha infatti conosciuto uno sviluppo superiore rispetto a quello del-

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Isidoro Ferrari, presidente di Dellas Spa, azienda di Lugo di Grezzana, assieme ai figli Daniele ed Elisa Ferrari www.dellas.it

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l’economia mondiale: dal 1990 in poi, la produzione è aumentata di sette punti in ragione annua, e l’interscambio è cresciuto dell’ 8,5%. «Ma se da un lato il fatturato lapideo mondiale continua ad aumentare, dall’altro cambiano i protagonisti. Oggi infatti si registra una forte crescita dei paesi cosiddetti “emergenti”, come Cina, India, Turchia e Brasile, mentre si rileva una stabilità o flessione dei produttori occidentali, Italia e Spagna in primis». È questa l’analisi di Daniele Ferrari, vicepresidente di Dellas Spa, azienda di Lugo di

Grezzana, fondata nel 1973 e oggi divenuta una realtà affermata a livello mondiale nella produzione e commercializzazione di utensili diamantati per la lavorazione del marmo, del granito e dell’agglomerato. Anche alla luce del momento attuale, come hanno reagito gli operatori italiani del settore a questi mutamenti? «La crisi non ha fatto altro che accentuare una situazione già di per sé difficile, dovuta, come detto, all’ingresso sul mercato di nuovi competitor. Tuttavia il 2010, come rilevato da una recente indagine Istat, ha visto una decisa ripresa delle esportazioni italiane, tanto dei materiali grezzi quanto di quelli lavorati. Dati incoraggianti, che ci permettono di guardare al futuro con rinnovato ottimismo, anche se la sfida più grande che gli operatori del settore dovranno affrontare per non perdere competitività, sarà quella di riuscire ad affermarsi all’interno di quei mercati che presentano le maggiori oppor-


Daniele Ferrari

Il nostro obiettivo non è quello di delocalizzare la produzione all’estero, ma di riuscire a creare realtà decentrate di assemblaggio e assistenza post vendita in grado di servire questi nuovi mercati

tunità di sviluppo. Se tradizionalmente l’Italia è il Paese in cui viene lavorato il materiale lapideo che converge da tutto il mondo, la crescita di mercati emergenti come India e Cina, grandi produttori di marmi e graniti, rappresenta infatti una stimolante e importante realtà anche per un’azienda come Dellas, che si rivolge principalmente a chi ricerca prodotti di livello particolarmente elevato». Dellas oggi è infatti pre-

sente su scala globale. Quali strategie sono state adottate dall’azienda a questo proposito? «Forte dell’esperienza maturata in quasi quarant’anni di attività e di un’organizzazione che, pur nella crescita dimensionale, è riuscita a mantenersi dinamica e snella, nel tempo l’azienda è riuscita a far conoscere il proprio marchio a livello internazionale. Oggi siamo presenti sul mercato in maniera capillare, grazie anche

alla creazione di strutture commerciali e di assistenza in ben trenta paesi nel mondo. I nostri centri di assemblaggio sparsi sui cinque continenti, infatti, essendo gestiti direttamente dal gruppo Dellas, assicurano ai produttori locali un supporto preciso e puntuale, garantendo così costi altamente competitivi». La vostra, quindi, non può essere considerata una delocalizzazione produttiva. «Assolutamente no. Il nostro obiettivo non è quello di delocalizzare la produzione all’estero, quanto piuttosto quello di riuscire a creare realtà decentrate di assemblaggio e assistenza post vendita in grado di servire questi nuovi mercati. La presenza diretta dell’azienda nei Paesi in cui l’attività estrattiva è particolarmente intensa, grazie anche al supporto di partner locali, offre infatti ai produttori la pos-

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sibilità di eseguire lavorazioni in loco, con la garanzia di un prodotto finito che, pur essendo qualitativamente identico a quello lavorato in Italia, può essere commercializzato sul mercato locale a prezzi molto vantaggiosi». Proprio in un’ottica di ampliamento dei suoi orizzonti produttivi e commerciali, recentemente l’azienda è sbarcata in Etiopia. Perché questa scelta? «L’Africa rappresenta da sempre un mercato di fondamentale importanza per il nostro business, che fino a oggi si concentrava prevalentemente nell’area del Maghreb. Attraverso l’apertura di una sede in Etiopia abbiamo deciso di puntare con forza sullo sviluppo del territorio Sub Sahariano, una sfida affascinante e molto stimolante. Pur essendo un Paese con una tradizione prevalentemente agricola, l’Etiopia è infatti una delle realtà africane più vivaci, con un’economia che negli ultimi sei anni è cresciuta in maniera esponenziale. Ma soprattutto in Etiopia si

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trovano significative risorse di marmo e granito, ed è per questo che la nostra presenza risulta particolarmente importante e significativa. Lo “sbarco” in Etiopia, frutto di un attento studio di mercato e di un dettagliato business plan, rappresenta, dunque, una tappa di avvicinamento a un mercato emergente che, nel prossimo futuro, ci permetterà di approcciare l’economia di Paesi che fino a pochi anni fa non erano raggiungibili in forma diretta». Il settore lapideo, in questi anni, è stato fortemente influenzato anche dall’avvento delle nuove tecnologie. Quali innovazioni stanno contribuendo soprattutto all’evoluzione della vostra attività? «Senza dubbio il filo diamantato rappresenta la più recente e interessante innovazione nel campo degli utensili da taglio, utilizzabile, oltre che nell'estrazione in cava, anche nel taglio in lastre con macchine monofilo o multifilo, nella riquadratura e nella sagomatura delle pietre naturali. Questo prodotto garantisce infatti notevoli vantaggi per chi lo usa,

tra cui, ad esempio, l’assenza di polveri e vibrazioni, una bassa rumorosità e una maggior precisione e velocità di taglio, che determinano un minor spreco di risorse e una conseguente riduzione generale dei costi». Che ruolo ricoprono, per Dellas, gli investimenti in ricerca e sviluppo? «All’interno della nostra sede abbiamo istituito un centro di ricerca e di analisi dei materiali, che rappresenta il cuore della nostra attività. La ricerca, oggetto di continui investimenti, è sempre stata concepita come una parte fondamentale del ciclo produttivo, necessaria per mantenere una grande competitività sul mercato globale: oltre ai campioni dei materiali lapidei più diffusi e utilizzati, nel laboratorio Dellas sono presenti infatti migliaia di campioni di marmo, granito e agglomerati provenienti da tutto il mondo, che ci permettono di offrire un servizio personalizzato, sulla base delle specifiche esigenze dei nostri committenti. L’impegno costante in ogni fase di lavorazione, la passione per la ricerca, la sperimentazione continua e


Daniele Ferrari

severa, l’automazione dei processi produttivi e l’orientamento alla qualità e al servizio sono gli elementi che da sempre caratterizzano la nostra attività, e che oggi ci pongono tra i leader del settore». Oggi il valore dell’“italianità” è ancora un elemento in grado di fare la differenza sul mercato? «I prodotti italiani esercitano ancora un appeal notevole a livello internazionale, in quanto sinonimo di qualità e affidabilità. Il fatto di proporci come rappresentanti del made in Italy nel mondo rappresenta sicuramente un valore aggiunto significativo per la no-

stra attività, ma allo stesso tempo anche una grossa responsabilità, in quanto siamo chiamati a migliorarci costantemente per continuare a offrire un servizio all’altezza delle aspettative dei nostri partner». Sulla base della sua esperienza, come crede si evolverà il mercato lapideo nel prossimo futuro e quali sono gli obiettivi che l’azienda intende perseguire? «È innegabile che il mercato italiano stia subendo la concorrenza di paesi come Cina, India e Brasile. Sta a noi aziende investire risorse in tecnologia e innovazione per difendere quel vantaggio quali-

Attraverso l’apertura di una sede in Etiopia abbiamo deciso di puntare con forza sullo sviluppo del territorio Sub Sahariano, una sfida affascinante e molto stimolante

tativo che ha sempre contraddistinto i nostri prodotti sul mercato mondiale. Per quel che ci riguarda nel 2010 abbiamo registrato un incremento del fatturato pari a circa il 5% rispetto all’anno precedente, per una crescita significativa confermata anche dai dati relativi all’esercizio in corso. Forti anche dei risultati conseguiti finora, intendiamo continuare a investire sul rinnovamento tecnologico e sulla qualità dei nostri prodotti, rafforzando la nostra presenza su scala globale anche attraverso un servizio post-vendita efficiente e qualificato, cosa che i nostri competitor non sono ancora in grado di offrire». VENETO 2011 • DOSSIER • 381


La pietra di Palladio La lavorazione della pietra e dei marmi per la decorazione e l’architettura è un contributo fondamentale, oggi come nel passato, alla tradizione artistica veneta. Il punto di Deborah Morseletto Lodovico Bevilacqua

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n una terra dalle memorabili suggestioni artistiche come il Veneto, il contributo dato all’architettura dall’artigianato locale è consistente. Nella costruzione delle stupende ville palladiane – che da secoli impreziosiscono il territorio veneto – così come nella realizzazione di tanti altri edifici di particolare interesse o importanza, la pietra di Vicenza ha svolto un ruolo primario ornando numerose costruzioni di pregio e donando maestosità

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per la sua eleganza stilistica e robustezza per le sue proprietà strutturali. Tanto è il merito che va accreditato agli artigiani che lavorano questo materiale; secoli di esperienza e una perfetta conoscenza delle caratteristiche della pietra vicentina rendono chi è in grado di lavorarla una figura ambita e ricercata dai più grandi architetti. Quasi secolare in questo raffinato contesto è l’esperienza della famiglia Morseletto, come racconta Deborah Morseletto. «Il laboratorio di famiglia vanta ormai una lunghissima tradizione nella lavorazione della pietra e di altri pregiati materiali per conto dei più grandi architetti del mondo». Un ruolo di assoluto prestigio che ottiene numerosi consensi e collaborazioni. Alla luce della conseguente mole di lavoro, come conciliare la dimensione artigianale con le esigenze produttive?


Deborah Morseletto

«In questo ambito, rinunciare alla vocazione artigianale vorrebbe dire compromettere la natura stessa del Laboratorio. Non abbiamo certo intenzione di farlo e – tutto sommato – nemmeno la necessità. Esistono diverse fasi prima di giungere alla consegna del prodotto e alcune di queste sono state automatizzate, senza però compromettere la qualità della lavorazione. Mi riferisco in particolare al ciclo estrattivo, che è comunque preceduto da un accurato studio sulle modalità di estrazione – determinate dalla destinazione finale del materiale estratto – e dalla misurazione dei blocchi preventivamente all’estrazione stessa. Per quanto riguarda invece i prodotti finiti, ogni pezzo passa fra le mani di un esperto artigiano per la lavorazione minuta, prima di essere consegnato al committente». La pietra di Vicenza è quindi il materiale che prediligete. Per quale motivo? «Innanzitutto per un fatto di tradizione. Il nostro è un laboratorio storico e il suo retaggio artigianale è legato a doppio filo

con il territorio a cui appartiene e di cui, in ambito architettonico e decorativo, la pietra di Vicenza è la più fedele ed elegante espressione. Inoltre è un materiale che possiede pregiate qualità formali e strutturali. Le tecniche di coltivazione sono ampiamente collaudate e sostenibili dal punto di vista ambientale ed è un materiale che soddisfa anche nella fase di lavorazione, essendo facilmente lavorabile nel periodo immediatamente successivo all’estrazione; in seguito, per il processo naturale di carbonatazione, indurisce e diventa molto resistente alle intemperie. Già Andrea Palladio ne parlava nei suoi “Quattro libri dell’Architettura”, ma anche molti progettisti moderni conoscono e apprezzano le qualità di questo materiale. Non si può non ricordare a questo proposito l’opera di Carlo Scarpa, che ha collaborato per molti anni con la nostra azienda». Che contributo ha dato il Laboratorio Morseletto alla promozione dell’artigianato veneto nel mondo? «Molti dei più quotati archi-

tetti del mondo hanno scelto di collaborare con noi, attirati dalla qualità dei materiali che estraiamo e dalla sapienza con cui li lavoriamo. Il pregio complessivo dei nostri prodotti costituisce un vanto per la mia famiglia e per tutto il territorio, poichè queste opere oggi abbelliscono ville, palazzi e giardini in tutto il mondo, come ad esempio i Longwood Gardens a Wilmington in Pennsylvania, - il giardino privato più grande al mondo - dove mio nonno Piero, fondatore dell’azienda, ha realizzato negli anni ’30 un complesso monumentale di colossali dimensioni. Tutto questo è una conferma della qualità e della passione che riusciamo ad esprimere nella nostra attività».

In queste pagine, momenti di lavoro del Laboratorio Morseletto di Vicenza. In alto, le amministratrici Barbara e Deborah Morseletto www.morseletto.it

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Un supporto per affrontare i mercati internazionali Le iniziative del Consorzio Marmisti Veronesi per la promozione del settore lapideo sui mercati internazionali. E il progetto Marcatura Ce per la certificazione di sicurezza dei materiali. Ne parliamo con Leonello Zenatelli Valerio Germanico

on l’entrata in vigore delle normative europee sulle caratteristiche delle pietre naturali e affini destinate alle costruzioni, gli operatori del settore lapideo hanno l’obbligo di sottoporre i materiali ad analisi di laboratorio che ne attestino le caratteristiche tecniche e di sicurezza. I risultati di

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queste analisi devono inoltre accompagnare i prodotti nella forma di una documentazione specifica. L’AS.MA.VE., consorzio che raccoglie le aziende veronesi che trattano e lavorano il marmo, ha quindi avviato, fra le attività di sostegno ai propri associati, un progetto di Marcatura Ce per l’applicazione delle normative Uni. «Lo sviluppo e il successo di questo progetto ha dato alle aziende che vi hanno aderito l’opportunità di inserirsi sui mercati con prodotti testati e certificati, andando incontro alle aspettative di un settore sempre più esigente e informato». A parlare è Leonello Zenatelli, presidente del consorzio, che spiega come si svolge l’attività di supporto del progetto. Qual è stata la prima iniziativa attuata per rendere concreto il supporto del pro-

getto Marcatura Ce? «Per ottenere questo risultato abbiamo sfruttato la preziosa collaborazione del Centro Servizi Marmo Scarl, ente istituzionale dove ha sede il Distretto del marmo e delle pietre del Veneto e che rappresenta un centro polifunzionale in cui sono svolte attività di informazione, consulenza, ricerca, formazione e promozione al servizio di operatori, architetti e progettisti. Al suo interno la struttura dispone di un moderno e attrezzato laboratorio per le prove sui materiali lapidei, di un’ampia sala mostra con centinaia di campioni di vari materiali in marmo, granito, travertini e pietra artificiale, divisi per tipologie e lavorazioni della superficie, oltre che una capace sala convegni. Nato dalla volontà degli imprenditori del marmo e dalla

Leonello Zenatelli, presidente di AS.MA.VE., Consorzio Marmisti Veronesi, Volargne Dolcè (VR) www.asmave.it


Leonello Zenatelli

Il Centro servizi marmo Scarl dispone di un moderno e attrezzato laboratorio per le prove sui materiali lapidei

collaborazione con la camera di commercio, il centro è diventato il punto di riferimento operativo delle attività promozionali e divulgative del settore marmo per Verona e per il Veneto». Le attività del progetto come vengono finanziate? «Le aziende che hanno aderito, tramite AS.MA.VE., sostengono il progetto Marcature Ce sia finanziariamente che materialmente, con la realizzazione e la fornitura dei provini necessari a effettuare le prove. Attualmente questo impegno ha portato alla realizzazione di una delle maggiori banche dati a livello europeo per la tipizzazione dei materiali lapidei e delle loro caratteristiche, con oltre cento prodotti testati il cui numero di anno in anno cresce. Le aziende che hanno promosso e soste-

nuto il progetto sono state Antolini Luigi, Cereser, Cremar, Dalle Nogare, Essegi, Ganmar, Graniti Marmi Affi, Grein Italia, I.VE.CO, La Palladiana, C.E.V., Marmi Cavalo, Marmi Corradini, Marmi Rossi, Marmi Valpolicella, Marmi Zenatelli, Nikolaus Bagnara, Orobici Graniti, RI.VA. Marmi, Stocchero Attilio, Testi Fratelli». Quale bilancio è possibile tracciare in questo momento sulla fase che sta attraversando il mercato? «La crisi finanziaria mondiale ha colpito duramente le aziende che lavorano nel settore dell’edilizia. Fra queste, non fanno eccezione quelle del settore dell’escavazione, della lavorazione e del commercio in genere della pietra. I motivi di questa forte recessione del settore nel nostro Paese non vanno però ri-

cercati solo nei problemi finanziari mondiali. Nei mercati mondiali da anni assistiamo a una continua perdita di quote di mercato dell’Italia, un tempo leader assoluto di questo settore. Tuttavia nel 2011, abbiamo registrato una leggera crescita dei consumi di pietra lavorata». Quali sono le cause di questa perdita di quote di mercato da parte delle aziende italiane del settore lapideo? «I motivi di questa perdita di competitività vanno ricercati soprattutto nel costo del lavoro, nella carenza di infrastrutture – come porti adeguati e strade VENETO 2011 • DOSSIER • 385


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–, nei costi dell’energia, in quelli legate al sistema del com- «È indispensabile non cadere generati dalla burocrazia. Inoltre, la dimensione piccola e media delle aziende del nostro settore, se un tempo garantiva la flessibilità strutturale per riuscire ad adattarsi alle situazioni mutevoli del mercato, oggi non le mette in grado di affrontare la sfida con gli importanti concorrenti stranieri, capaci, in virtù della loro struttura, di notevoli economie di scala». Esistono anche delle cause

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mercio internazionale? «Questo è un altro punto dolente. I maggiori competitor delle imprese italiane risiedono in Paesi che difendono i loro mercati con una politica di dazi all’importazione o con politiche protezionistiche sulle loro materie prime. Considerando che le imprese italiane sono sostanzialmente trasformatrici, ne deriva una perdita delle capacità di competere sui mercati internazionali. Le imprese si sono ingegnate per trovare delle soluzioni a questi problemi, puntando su prodotti di alta gamma e ad alto contenuto tecnologico ed estetico, valorizzando al massimo il valore del made in Italy e proponendo nuovi materiali e nuove lavorazioni». Quali potrebbero essere gli altri strumenti per risollevare il settore?

nella tentazione di fermare gli investimenti, perché per quanto impegnativi possano essere, sono l’unico modo per fronteggiare i costi di produzione e mantenere alta la qualità dei prodotti stessi. È auspicabile anche che si estendano le reti di collaborazione e alleanze fra le imprese, per presentarsi sui mercati con la capacità di fornire una pluralità di prodotti a prezzi sempre più competitivi. Tuttavia serve un cambiamento di politica nei Paesi che stanno sistematicamente ponendo i maggiori ostacoli che intralciano il cammino delle imprese – per esempio, il nostro governo potrebbe avviare delle trattative per stabilire una serie di accordi commerciali». Il consorzio sta svolgendo un suo ruolo nella promozione delle aziende che rappresenta? «AS.MA.VE., nella sua piccola realtà, si sta impegnando per la messa in maggiore rilievo delle sue aziende. Lo fa con una serie di iniziative divulgative di comunicazione, per far conoscere nel mondo le capacità delle aziende veronesi e la qualità dei loro prodotti – il settore lapideo e della lavorazione del marmo ha qui una tradizione secolare. In questo modo cerchiamo anche di promuovere il nostro territorio, ricco non solo di capacità imprenditoriali, ma anche di storia e di cultura».



CASE HISTORY

Dove salire e scendere diventa un’esperienza Alessandra Recchia, amministratore delegato della RIAM Ascensori, racconta come creatività e valorizzazione dei rapporti umani concorrano a creare valore nella sua azienda Lodovico Bevilacqua

ostruiamo ascensori. Questa è la nostra specialità. Da quarantacinque anni facciamo questo e, grazie all’impegno e alla passione, possiamo dire che, confortati dai riscontri del mercato, abbiamo imparato a farlo, e a farlo bene. Un’affermazione di questo tipo potrebbe essere scambiata per presunzione, ma

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Riam Ascensori ha la sede a Verona www.riam.it

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per chi, oggi, in un contesto di mercato come il nostro, è alla testa di 60 persone, può essere solo vista come la sintesi di un bilancio di vita e lavoro positivo». A parlare è Alessandra Recchia, amministratore delegato di RIAM, figlia di Giovanni e nipote di Alessandro, fondatori di RIAM. «Vorrei “liquidare” velocemente la tecnica, la qualità, la sicurezza, le certificazioni del

nostro prodotto e dei nostri servizi, perché sono argomenti che dopo 45 anni di attività per un’azienda del nostro settore, sono doverosamente scontati e parte integrante di ciò che eroghiamo». Nell’azienda di famiglia da oltre 20 anni,Alessandra Recchia opera sinergicamente ogni giorno assieme alle persone di famiglia presenti in azienda, intrecciandosi tra gli equilibri


Alessandra Recchia

La fase di progettazione tiene in grande considerazione le esigenze e le problematiche contingenti; si può dire che arriviamo quasi a customizzare il prodotto

necessari tra sfera professionale e famigliare. «Il valore aggiunto» sottolinea Alessandra Recchia, «consiste nella capacità di coniugare gli aspetti tecnici e burocratici dell’azienda e del prodotto, attraverso una lente creativa che genera e rinnova i rapporti tra le persone interne ed esterne e, tra le persone e il prodotto». A Ottobre, RIAM ha festeggiato i suoi 45 anni di attività condividendo con l’intera azienda un evento dal titolo: “RIAM tra radici e futuro; l’effetto domino della conoscenza”. «L’evento è stato voluto per condividere tutti insieme la consapevolezza di aver raggiunto delle tappe importanti grazie a valori quali: etica, cultura aziendale e professionalità. La metafora utilizzata nel titolo dell’evento», ci spiega Alessandra - «associa RIAM ad un albero che per 45 anni ha radicato ed ora, attraverso i suoi rami, è pronto a proiettarsi verso progetti più ambiziosi. Per RIAM la fonte più preziosa dalla quale attingere valore, sono le persone che da tanti anni lavorano in

azienda in grado di trasmettere la cultura e la conoscenza maturate, alle nuove generazioni. Per rendere possibile questo progetto siamo partiti dalla creazione di RIAMlab, un luogo fisico e virtuale che vede protagoniste tutte le persone dell’azienda, dal tecnico alla direzione, ognuno con il proprio capitale di esperienze e di carica umana, uniti ad interrogarsi sulle nuove sfide e sui nuovi progetti che il gruppo sceglierà di affrontare». RIAMlab, seguirà principalmente due direzioni: pianificazione della formazione e trasmissione e sviluppo della cultura aziendale. «La strada che abbiamo intrapreso» - prosegue Alessandra «e che ci ha condotto fino al RIAMlab, è partita qualche tempo fa, quando, per esigenze di miglioramento della comunicazione interna, ci è stato sottoposto un progetto in cui gli spazi di lavoro erano arricchiti da immagini che mettevano in relazione l’ascensore e l’esperienza d’uso che ne fanno le persone, più

precisamente attraverso i sentimenti che accompagnano il gesto. Dalla comunicazione interna, far passare questo messaggio all’esterno è stato facile, ecco quindi che il nostro catalogo istituzionale anziché elencare dettagli tecnici, norme, generazioni di parenti, punti vendita parla di chi ritrova nelle nostre foto una situazione che farà emergere qualche ricordo legato ad un vostro momento in ascensore: l’attesa, un bacio rubato, la sorpresa, il batticuore per un incontro, l’ansia, l’imbarazzo. Questi siamo noi, un’azienda appassionata che vive i valori in cui crede, attenta al prodotto, al cliente e alla performance, e ci piace pensare che la vita accade, al lavoro come in ascensore». VENETO 2011 • DOSSIER • 389


L’arredo sostenibile Stile semplice ed ecosostenibilità è ciò che chiede il settore dell’arredamento. Ecco allora che le aziende produttrici creano complementi d’arredo lineari e innovativi impiegando materiali rispettosi dell’ambiente. A parlarne è Alessandro Jesse Emanuela Caruso

a nuova frontiera del settore dell’arredamento è rappresentata dalla verniciatura ad acqua, che da lavorazione di nicchia sta diventando una tecnica sempre più utilizzata in particolar modo per la sua conformità al bisogno di produzioni a basso impatto ambientale, in grado di tutelare l’ambiente e la salute dell’uomo. È importante puntualizzare che, nonostante le vernici ad acqua fossero state prese in considerazione già negli anni 50 nei paesi del Nord Europa, la poca informazione rallentò se non quasi azzerò l’interesse per questa tecnolo-

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gia. Interesse che è rinato e ha preso velocemente piede grazie al Decreto Legislativo 161 emanato nel marzo 2006, che obbliga i produttori di vernici ad applicare sulle proprie confezioni etichette riportanti le caratteristiche del prodotto, dalla tipologia ai valori limite

di emissione di Contenuto Organico Volatile consentiti per quel tipo di articolo. A fronte di tali miglioramenti, le aziende del settore dell’arredamento hanno fatto delle vernici ad acqua i loro migliori alleati. Lo sa bene la società Jesse, sita a Francenigo e spe-

In basso, Alessandro Jesse durante un meeting per la Jesse Spa di Francenigo (TV)


Alessandro Jesse

cializzata nella produzione di innovativi complementi d’arredo e design. «In quanto portavoce del “naturally design” – spiega Alessandro Jesse, titolare dell’impresa – la nostra azienda ha scelto di utilizzare le vernici ad acqua per ridurre le emissioni di solventi, garantire una maggiore salubrità e una grande facilità di pulizia, infine rendere possibile il recupero di una buona percentuale dell’overspray. Impieghiamo anche legname certificato dalla Comunità Europea e tessuti naturali per i rivestimenti». Quali sono i tratti distintivi che caratterizzano i sistemi e complementi d’arredo Jesse? «L’arredamento Jesse si distingue per un design attuale e moderno, lineare ma ricco di soluzioni tecnologiche. Oggi i complementi d’arredo per interni devono essere essenziali, puliti, senza fronzoli e comodi,

in modo da soddisfare qualsiasi esigenza abitativa dei vari clienti. Al contrario di quanto succedeva qualche decennio fa, quando arredamento significava una casa bella e moderna, adesso si preferisce avere pochi e ricercati elementi, per dare all’abitazione fascino, comfort e innovazione». Il mercato dell’arredamento vive un momento dominato da “stereotipi” e “serialità”. Com’è possibile conferire unicità agli spazi privati attraverso un arredo

che contribuisca appieno alla progettazione dell’utopica “casa dolce casa”? «Per riuscire in quest’intento, ovvero trasmettere una sensazione di unicità agli spazi di un’abitazione, la Jesse dedica le proprie risorse produttive e creative alla definizione di complementi d’arredo in grado di riflettere una concezione dell’abitare particolarmente legata all’attualità. Concezione secondo cui la casa è una dimensione individuale, dove le esigenze funzionali si VENETO 2011 • DOSSIER • 391


INTERNI

mescolano con gusti personali,

In queste pagine, alcuni ambienti realizzati con arredi Jesse www.jesse.it

affinità ed emozioni. Inoltre, per creare arredamenti ancor più personalizzati abbiamo realizzato prodotti disegnati da architetti di fama internazionale che il cliente può avere nei suoi colori preferiti». Di quali macchinari tecnologicamente avanzati e automatizzati vi avvalete? «L’azienda dispone di numerose apparecchiature a controllo numerico e di un magazzino automatico di barre che vengono personalizzate a seconda dell’ordine. La particolare fase di verniciatura ad acqua, o verniciatura pulita, si avvale di due robot che tingono con colori scelti dal cliente o standard; infine l’imballo è automatizzato con un produttore di scatole per collo. Tutti i macchinari vengono aggiornati a scadenza periodica con tecnologie avanzate, in modo da ottenere un ciclo pro-

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duttivo sempre più flessibile». Quali complementi d’arredo realizzate e come si sviluppa la loro produzione? «Produciamo tutto l’arredamento per la zona giorno, a eccezione delle cucine, e per la zona notte, passando da sedie, divani, tavoli e librerie a contenitori, armadi e letti. La realizzazione parte con lo sviluppo del progetto svolto in collaborazione tra designer e clienti e procede con il piano di prodotto schedulato in vari step, dall’archetipo al prototipo, dalla prima serie alla campio-

natura, fino ad arrivare alla vendita su catalogo». Quanto è ampia la vostra rete distributiva? «Oltre a coprire tutte le regioni d’Italia, la nostra capillare rete di distribuzione è stata studiata e organizzata per fornire la massima presenza anche sul territorio internazionale, fattore sempre più importante all’interno di un settore così competitivo. Comunichiamo la qualità del nostro brand e della nostra attività tramite showroom e flagship stores nelle più importanti città di America, Europa e Asia». Quali sono i numeri della Jesse? «Grazie ai 270 occupati tra operai e impiegati, l’azienda concentra nell’unica sede di Francenigo la produzione e la commercializzazione dei complementi d’arredo, su cui ogni anno investe ingenti capitali. Inoltre, nonostante la crisi economica dell’ultimo periodo, la società è riuscita a mantenere un fatturato di 43 milioni di euro».



INTERNI

Una nuova dimensione della semplicità Una spiccata sensibilità all’evoluzione dei mercati, unita all’abilità nel rivisitare i canoni della tradizione artistica in chiave contemporanea. Andrea Di Giuseppe illustra le importanti novità proposte da Trend Group Guido Puopolo

na realtà nata per anticipare le tendenze e divenire punto di riferimento nell’innovazione tecnologica, di prodotto e nei servizi riservati ai partner. È questa, in sintesi, la mission che fin dalla sua nascita caratterizza l’attività di Trend Group Spa, azienda vicentina leader nella produ-

U Andrea Di Giuseppe, amministratore delegato di Trend Group Spa, con sede a Vicenza www.trend-vi.com

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zione di materiali di pregio quali vetro e oro, smalti e agglomerati di vetro, quarzo e granito. «Al giorno d’oggi, infatti – spiega l’amministratore delegato di Trend, Andrea Di Giuseppe - disporre delle migliori tecnologie e di prodotti con caratteristiche superiori alla concorrenza non è più sufficiente a garantire il successo di un’attività imprenditoriale, se non si è in grado di offrire un accesso ai servizi che sia il più semplice, rapido e chiaro possibile». Quale strategia, dunque, sta alla base dello sviluppo di nuovi progetti e dell’ingresso dell’azienda all’interno di nuovi mercati? «Il costante tentativo da parte di Trend di creare una nuova dimensione della semplicità, attraverso attenzioni concrete, studiate per migliorare la ge-

stione dei rapporti commerciali. Seguendo questa politica in un solo decennio Trend ha saputo affermarsi come protagonista industriale del settore, con una fortissima presenza all’estero. Il lancio di nuovi prodotti e il potenziamento della struttura commerciale, sostenuti dalla progressiva entrata a regime degli investimenti produttivi, hanno fatto registrare una forte crescita del volume di attività in Europa, che ha coinvolto successivamente anche Estremo Oriente, Stati Uniti e, in maniera sempre crescente, il mercato brasiliano». A dieci anni dalla nascita di Trend, quali sono le novità più importanti che riguardano l’azienda? «Allo stato attuale, le principali novità sono quelle presentate in occasione della più recente


Andrea Di Giuseppe

La spinta creativa, che guida l’anima più artistica e artigianale di Trend, è sempre attenta all’innovazione

edizione del Cersaie. Tra queste le nuove Best Collection Trend disegnate da Veronica Tommasin, designer che ha firmato un’affascinante raccolta di soluzioni studiate per essere combinate fra loro in una sorta di “pacchetto completo”, composto da ornamenti musivi per la decorazione delle pareti e agglomerati per il rivestimento di pavimentazioni in coordinato. Altra novità di rilievo è sicuramente iTrend, l’applicazione per iPad che con pochi semplici gesti permette di vedere in anteprima come poter trasformare qualunque ambiente di casa, personalizzandolo con mosaici, wallpaper e agglomerati Trend». La nascita di iTrend rappresenta senza dubbio un’in-

novazione importante nel settore. Quali saranno i vantaggi per gli utenti che utilizzeranno quest’applicazione? «Sviluppata in esclusiva per Trend, la nuova applicazione per iPad, come detto, rappresenta ad oggi la soluzione in assoluto più innovativa per chiunque si trovi alle prese con la scelta delle finiture che personalizzeranno la propria abitazione o intenda rinnovare e impreziosire gli ambienti di casa. Con iTrend, infatti, basta sfiorare con la punta delle dita lo schermo dell’iPad per trasformare e personalizzare gli ambienti di ogni casa scegliendo fra le immagini disponibili e sperimentando abbinamenti di materiali e colori

diversi: pochi semplici gesti e si ottiene un’immediata visualizzazione dell’ambientazione e della resa. E se non si è ancora soddisfatti del risultato, si può ricominciare e lasciar spazio all’immaginazione scegliendo fra le infinite proposte Trend e immaginando come potrà diventare il proprio bagno, la propria cucina o il proprio salotto». Il poter visionare in anteprima il risultato, rappresenta un aiuto per tutti coloro che devono scegliere le finiture, al fine di personalizzare un ambiente. Quale sarà l’evoluzione dell’applicazione nei prossimi mesi? «Dal mese di novembre, iTrend VENETO 2011 • DOSSIER • 395


INTERNI

permetterà di personalizzare di- rati e mosaico. Quali sono le concreto di soluzione idonea a rettamente gli ambienti della casa, semplicemente scattando una foto: l’anteprima visualizzata sullo schermo ad alta risoluzione, inoltre, non sarà solo estremamente fedele a quanto sarà possibile ottenere nella realtà, ma potrà anche essere facilmente condivisa con amici e parenti, inviandola come allegato nei messaggi di posta elettronica: un’idea o un consiglio da condividere in diretta». In occasione dell’ultima edizione del Cersaie, Trend ha anche presentato un’intera gamma di nuove collezioni realizzate combinando materiali differenti come agglome-

esigenze attuali dei clienti Trend? «Quelle dei clienti Trend sono esigenze tipiche di consumatori particolarmente evoluti ed esigenti: soggetti dai gusti raffinati, ma anche estremamente concreti nell’individuare le proprie esigenze in fatto di praticità, che messi di fronte all’eventualità di scegliere tra “estetica e funzionalità” non saprebbero scendere a compromessi né rinunciare ad una delle due. Per questo motivo, i clienti Trend ricercano sempre di più soluzioni complete, comode e semplici da utilizzare, adatte ad un uso quotidiano. Un esempio

La ricerca a supporto di soluzioni innovative I sistemi Trend2Go, l’ultima novità introdotta in casa Trend, sono stati progettati e realizzati per essere impiegati in ambiti diversi e per innumerevoli applicazioni. Skin2Go è il sistema più facile e veloce per rivestire il piano della cucina e del bagno senza demolizioni, recuperando e utilizzando i vecchi rivestimenti come supporti per il nuovo. Clip2Go è stato invece studiato per semplificare il rivestimento dei pavimenti grazie all’utilizzo di agglomerati, che vengono premontati su pannelli ad incastro consentendo una posa veloce senza la necessità di incollaggio, mentre Easy2Go rappresenta sicuramente il sistema più pratico per la posa del mosaico, realizzato con tessere Trend del formato da 2x2, assemblate in fogli da 31,6x63,2 cm che vengono forniti già pre-fugati: una novità assoluta – utilizzabile anche su superfici curve - che permette di eliminare le fasi di stuccatura e pulizia del mosaico, riducendo del 30-40% i tempi di posa. E, da ultimo, Smart2Go, strumento ideale per il rivestimento di superfici particolarmente ampie, che nasce dall’unione di otto fogli Easy2Go, pre-posati su un supporto in Polipropilene di dimensioni 63,2x126,4 cm per velocizzare notevolmente l’operazione di posa.

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soddisfare pienamente le esigenze di questa specifica tipologia di consumatore è rappresentato dagli agglomerati Trend, composti da graniglie di vetro, quarzo o granito assemblati in lastre di grande formato dello spessore di soli 6 mm. Gli agglomerati sono prodotto resistenti ma allo stesso tempo leggeri e dunque ideali come top skin da applicare direttamente su qualunque piano cucina, per offrire il massimo della praticità, già in fase di installazione: occorre pochissimo tempo per montare – senza neppure creare polvere o disordine – un nuovo piano su misura, impermeabile, antiurto, resistente alla luce e testato contro sbalzi termici e agenti chimici, che assicura il massimo anche in termini estetici, grazie ad un ampio ventaglio di combinazioni ed effetti cromatici possibili». Trend e il design: cosa rappresenta per voi un oggetto come My Cactus? «My Cactus è la novità che permette di ravvivare ogni ambiente con un nuovo tocco di colore, da scegliere fra otto tinte diverse: rosa, verde acido, porpora, viola, avorio, bianco, arancio, ruggine. Un oggetto di design che parla il linguaggio di Trend, ossia quello di una realtà che da oltre un decennio porta avanti un precisa missione: rendere ogni casa esclusiva ed estremamente persona-


Andrea Di Giuseppe

Il lancio di nuovi prodotti e il potenziamento della struttura commerciale, hanno fatto registrare una forte crescita del volume di attività in Europa, Estremo Oriente e Americhe

lizzata. My Cactus nasce, quindi, come un raffinato elemento d’arredo dalle forme sinuose e moderne, che traggono spunto e rimandano al logo di Trend. Proprio il cactus, infatti, è icona dell’immagine aziendale, poiché in grado di sintetizzare e rappresentare alla perfezione la sua filosofia, fatta di creatività e rispetto per il pianeta. Una pianta forte, che sa adattarsi in modo intelligente anche a contesti particolarmente ostili e per questo simbolo di vitalità, voglia di crescere e di approcciare quotidianamente con la giusta determinazione il mercato e le sue sfide, oltre che di fertilità delle idee e di tutti i valori che stanno alla base dell’attività di un’azienda come Trend». Non solo iTrend. Quali altre soluzioni propone l’azienda in termini di innovazione?

«Parlando di innovazione è automatico, per noi, citare la “rivoluzione Trend2Go”: quattro Sistemi brevettati per rendere più semplici e veloci le modalità di applicazione dei materiali di rivestimento su pavimenti, pareti e top. Tali sistemi, infatti, possono essere utilizzati su superfici nuove oppure già rivestite, semplicemente sovrapponendo il nuovo materiale a quello esistente per ridurre i costi e gli sprechi, rendendo gli spazi abitativi immediatamente utilizzabili e garantire, in ogni caso, un lavoro di qualità elevatissima: grande precisione nell’uniformità della stuccatura, nessun residuo di fugante sulle tessere e, di conseguenza, un prodotto finale della massima lucentezza». Passione, tradizione e innovazione sono tutti elementi che caratterizzano Trend. Come l’azienda co-

niuga questi aspetti? «La spinta forte e creativa, che guida l’anima più artistica e artigianale di Trend, è una passione profonda, che ha le sue radici nella produzione degli smalti colorati e del mosaico di vetro a foglia d’oro dell’ottocentesca fornace veneziana Angelo Orsoni - luogo di eccellenza creativa in cui da quattro generazioni si tramandano alchimie misteriose – ma che sa rinnovarsi di anno in anno con un occhi sempre puntato alla massima innovazione. Come il suo stesso nome suggerisce, infatti, Trend è sinonimo di tendenza: una realtà che è riuscita a conquistare in breve tempo una posizione di leadership nel settore, sia a livello italiano che internazionale, grazie a un mix di idee e prodotti esclusivi e a un’incessante ricerca di creatività e rinnovamento».

In alto, la Villa alle Scalette di Vicenza, dimora seicentesca sede legale e amministrativa Trend

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Design nel mondo dei sogni Letti pensati per offrire benessere e praticità, sempre con un occhio di riguardo alla valorizzazione del fattore estetico. Le ultime tendenze del design e dell’arredamento per la camera da letto illustrate da Wilma Carnieletto Diego Bandini

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n tempo realtà di nicchia, oggi le aziende specializzate nella produzione di letti tessili devono fare i conti con una realtà sempre più concorrenziale. A causa dell’inversione di tendenza del mercato, infatti, tantissime imprese produttrici di mobili hanno cominciato a realizzare anche letti tessili aumentando notevolmente la competizione all’interno del settore. Nonostante tutto però, ci sono realtà imprenditoriali che sono state in grado, pur in un momento di difficoltà generale, di affermarsi in questo particolare comparto, anche su scala internazionale, grazie a un incessante lavoro in cui il fattore estetico si affianca alla ricerca della massima funzionalità. È il caso, ad esempio, di Veneta Cuscini, società di

U

Cessalto nata nel 1982 presente sul mercato con il marchio Twils, acronimo dei nomi Tiziano, Wilma, Luisella e Simone, i quattro esponenti della famiglia Carnieletto attualmente alla guida del gruppo: «Design, ricerca, internazionalizzazione ed eccellenza distributiva, unitamente all’impegno di produrre in maniera sostenibile, sono i punti focali della strategia di crescita e di affermazione del nostro brand», afferma Wilma Carnieletto. I grandi “colossi” del mercato propongono letti e corredi a prezzi stracciati, spesso a scapito della qualità. Come riuscite a sostenere questo tipo di concorrenza? «Riteniamo che il pubblico attuale sia in massima parte consapevole della differenza qualitativa che può offrire


Wilma Carnieletto

La famiglia Carnieletto, al timone di Twils. In piedi da sinistra Luisella , Simone e Tiziano, seduta Wilma www.twils.it

un’azienda specializzata come Twils rispetto a chi massifica l’offerta, improvvisandosi produttore di letti tessili solo per ampliare la propria fetta di mercato. Per quel che ci riguarda abbiamo intuito le potenzialità commerciali del letto imbottito precorrendo i tempi, e su questo patrimonio di esperienza ci basiamo per continuare a creare prodotti di riconosciuta qualità». Possiamo descrivere le caratteristiche alla base della vostra collezione? «Interpretiamo lo stile contemporaneo con personalità, realismo e passione, ponendo grande attenzione all’equilibrio delle proporzioni e all’accuratezza dei dettagli. Proponiamo tanti complementi (pouf, panchette, poltroncine, divani e

contenitori) e una ricca e coloratissima gamma di coordinati di biancheria. Da sempre cerchiamo di accontentare sia la clientela propensa al prodotto di design, che gli estimatori di uno stile più classico e rassicurante». Quali sono attualmente i vostri principali mercati di riferimento? «Siamo capillarmente presenti in tutto il territorio nazionale, senza dimenticare che esportiamo i nostri prodotti in diversi paesi europei. Per il futuro non ci precludiamo nessuna possibilità, sempre attenti a non tradire la nostra vocazione, derivante dall’origine familiare dell’azienda, all’accurato controllo di ogni singola fase produttiva. Per questo non intendiamo fare il “passo più lungo della gamba”, privilegiando invece una crescita graduale ma costante». L’azienda è molto attenta anche alle tendenze del mondo della comunicazione, e si è aperta al web 2.0 attraverso il progetto myTwils. In cosa consiste nello specifico questo innovativo spazio di conversazione e quale valore aggiunto ha rappresentato finora per il brand? «Con il progetto “myTwils” abbiamo intrapreso una regolare

attività di presenza sui social media, proponendo uno spazio aperto nel quale gli utenti possono raccontarsi, condividere contenuti, giocare con i nostri contest e confrontarsi sul letto come oggetto importante della casa. Questa nuova esperienza è nata durante l’ultimo Salone del Mobile, quando sei fashion blogger hanno intervistato i visitatori dello stand Twils, raccogliendo oltre cento video-interviste sul modo in cui ognuno vive e immagina il letto. Per noi è un’entusiasmante fonte di nuovi stimoli creativi». Quali prospettive intravede per il prossimo futuro del settore e dell’azienda? «Malgrado la situazione generale non si presenti certamente favorevole, sappiamo per diretta esperienza che la competenza, la determinazione e il dinamismo logistico sono sempre fattori premianti, sia in termini di ritorno commerciale sia in termini di tenuta delle quote di mercato acquisite. Nel nostro comparto si prospetta una severa selezione, che gratificherà però chi ha scelto di specializzarsi e di crescere con criterio: Twils, ne siamo certi, rientrerà nel novero delle aziende che supereranno questo difficile esame». VENETO 2011 • DOSSIER • 401


INTERNI

La qualità manifatturiera si trasforma in design L’uniformità di una pelle non è l’indice della qualità di un divano. Secondo Elio De Marchi: «Le pelli più pregiate hanno delle particolarità uniche. Queste possono apparire come difetti solo perché si è imposto un senso sbagliato dell’estetica» Luca Cavera

ome capire qual è la pelle migliore per un divano? Per un non addetto ai lavori può non essere semplice riconoscere la corretta differenza, in termini qualitativi, fra ciò che in un prodotto costituisce il pregio e ciò che invece è il difetto. Di conseguenza, come comprendere quando un tipo di materiale è da considerare nobile e quando invece no? Un tipo di grande qualità è la Pieno Fiore, che è la pelle più nobile perché non trattata, è al naturale, dimostrazione ne sono i tipici “difetti”, come la disuniformità. Tali difetti potrebbero però essere scambiati come un indice di scarsa qualità, secondo un pregiudizio che vuole nell’uniformità il massimo del pregio di un materiale. «In realtà è proprio il contrario – spiega Elio De Marchi –, quando ci si trova di fronte a un prodotto particolarmente uniforme, come la pelle Crosta, la sua uniformità è il segnale che si tratta di una pelle molto lavorata e quindi meno nobile, dato che le sue smerigliature e finiture sono realizzate arti-

C Elio De Marchi, Presidente della Ditre Italia Spa, Cordignano (TV) www.ditreitalia.it

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ficialmente». Elio De Marchi è il titolare della Ditre Italia, una società che progetta e produce divani e poltrone, avendo come filosofia la trasformazione dell’alta qualità manifatturiera e del design in valori alla portata di tutti. Qual è la fascia di mercato nella quale vi collocate? «In passato, in relazione al rapporto fra prezzo e qualità, eravamo collocabili nella fascia mediobassa del mercato. Oggi però Ditre Italia è riuscita a riposizionarsi e articola la propria offerta in una vasta gamma di prodotti e target, incontrando le esigenze di aree di gusto anche molto diverse tra loro. Dalla persona giovane e ambiziosa, con prodotti dal design raffinato al professionista, con prodotti più sobri ed eleganti. Fino ad arrivare alla persona matura con prodotti classici e signorili». Attraverso quali strategie siete riusciti a raggiungere una nuova posizione sul mercato? «Siamo giunti a questo risultato negli ultimi dieci anni, dopo aver avviato un processo di maturazione dei processi produttivi. Questo ci ha consentito di ottenere un sostanziale miglioramento del prodotto. La cura dei dettagli è diventata una priorità per la strategia aziendale tanto che, fin dalla fase progettuale e stilistica,


Elio De Marchi

Una storia di crescita Nel 1976 i fratelli De Marchi fondano l’azienda artigiana muovendo i primi passi nel settore degli imbottiti in qualità di terzisti. L’attuale sede di Cordignano prende forma nel 1982 con la costruzione del primo stabilimento di 1000 mq coperti, progressivamente ampliatisi fino a occupare un’area di 16mila. Nel 1985 l’azienda crea il primo catalogo prodotti per il mercato italiano, avviando contemporaneamente la rete di distribuzione in tutta Italia. Nel 2002 il gruppo Ditre Italia implementa la propria capacità produttiva realizzando un grande stabilimento produttivo con 25mila mq di superficie, 580 addetti e una capacità produttiva che si attesta oggi attorno ai 200mila pezzi all’anno, distribuiti con successo sul mercato italiano ed estero.

l’attenzione è massima. La recente implementazione dell’organico del reparto Industrializzazione e prototipazione, oltre a essere un segno di solidità aziendale, è una chiara volontà di sviluppo ulteriore». Il vostro è un settore molto competitivo. Al di là dei prodotti, su cosa avete puntato per differenziarvi rispetto ai competitor? «La qualità deve essere anche servizio. Prima di tutto un servizio di comunicazione, per far conoscere il proprio lavoro, ma anche per mettere i consumatori nelle condizioni di riconoscere e scegliere le peculiarità di realizzazione. Il nostro programma di informazione mirata coinvolge tutta la catena produttiva: dall’ufficio commerciale, agli agenti, ai negozianti. Abbiamo formato uno staff di professionisti per seguire e accompagnare le persone nella scelta del prodotto ideale per il proprio ambiente e il proprio stile».

Quali sono le vostre principali linee di prodotto? «Complessivamente la nostra collezione si compone di oltre 100 tessuti, in 800 varianti di colore. Agendo in funzione delle caratteristiche oggi più richieste, la nostra offerta si articola in tre linee. Ciascuna è ha un orientamento stilistico differente. Una punta maggiormente al design e considera l’arredamento come un progetto in continua evoluzione, in cui il divano è il centro di un salotto sempre più funzionale. La seconda linea è la Modern, questi divani nascono dalla fusione fra il prestigio dei materiali e la novità delle linee. La linea coniuga stile e versatilità, grazie alla ricca gamma di tessuti e alla possibilità di scegliere la misura del divano. Infine, la linea classica, che alla comodità aggiunge figuri e decori particolari, ispirati a un riposo che è dell’armonia estetica». VENETO 2011 • DOSSIER • 403


INTERNI

Il circolo virtuoso del legno nel distretto veneto n tempo il ciclo di vita dei prodotti era quinquennale o decennale e al legno era associata l’idea di un prodotto classico e durevole nel tempo. Oggi, come nell’abbigliamento, sono le mode a dettare le tendenze. Le finiture e le essenze si sono moltiplicate. E il gusto dei consumatori si è fortemente articolato». Conosce bene le dinamiche del mondo del legno-arredo, Franco Bonotto, presidente e socio della Legnoflex quando afferma che «occorre essere attenti ai segnali del mercato, assecondarli, spesso prevederli. A volte anche solo una settimana di anticipo nel comprendere le tendenze

«U

In queste pagine, alcuni ambienti di lavoro della Legnoflex di Piavon di Oderzo (TV) presieduta da Franco Benotto www.legnoflex.com

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Nel proporre al mercato un nuovo prodotto, «l’eccellenza risulta essere una delle poche vie percorribili per allontanarsi dal circolo vizioso della battaglia di prezzo». Franco Bonotto descrive le ultime novità del settore legno-arredo Emanuela Caruso

può fare la differenza tra un successo e un insuccesso». Ma oltre le mode del momento, dal 1979 la Legnoflex ha saputo cogliere l’importanza della diversificazione settoriale. «Dopo un’iniziale produzione di pannelli bugnati per ante per cucina, negli anni ‘80 e ‘90 abbiamo puntato alla produzione speciale di ante rivestite con foglia polimerica – spiega Bonotto –. Dal 2000 l’offerta è

stata ampliata con prodotti impiallacciati, laccati, e più recentemente in vetro. Ultima frontiera è rappresentata dalla produzione di ante con maniglia integrata». Tuttavia le novità gravitanti intorno al settore legno-arredo non sono solo ed esclusivamente legate alle nuove proposte commerciali ma alla loro gestione dentro e fuori l’impresa. «Da un punto di vista di prodotto registriamo una sempre maggior differenziazione tra i prodotti di fascia alta e quelli destinati al largo consumo, con una progressiva eliminazione di tutte le sfumature di grigio – afferma il presidente della società Legnoflex –. Da un punto di vista delle modalità di produzione invece il mercato richiede sempre più spesso un servizio del tipo “kitchen by kitchen” non molto diverso dal cosiddetto “just in time”, che consente ai nostri clienti di ridurre le scorte di magazzino pagando lo scotto di un prezzo medio unitario leggermente supe-


Franco Bonotto

riore». La distanza fisica gioca tuttavia un ruolo determinante per questo tipo di servizio che può essere pertanto applicato unicamente a livello di distretto e al limite sul territorio nazionale. Tornando ai materiali utilizzati per la realizzazione di nuovi range di prodotti, le scorte dei magazzini della Legnoflex hanno una prevalenza di essenze di rovere e frassino. «La provenienza è pertanto europea. In questi anni, venuta meno la moda dei modelli “tridimensionali”, per differenziare l’offerta delle ante lisce si punta molto sulle finiture e sui diversi modi di “trattare” il legno con, ad esempio, affumicature naturali, o creando superfici finite a “taglio di sega”». Una nuova filosofia muove dunque tutte le attività della Legnoflex centrate sul concept degli arredi in legno contemporanei. «La nostra società nel tempo è passata da un ruolo di “fornitore efficiente” a un ruolo di “business partner” – precisa Bonotto –. Ci troviamo sempre più spesso a proporre idee, in-

novare prodotti, ingegnerizzare soluzioni, testare materiali al fine di offrire un servizio sempre più ampio che non si limita più al solo aspetto produttivo. La filosofia di fondo è quella di innovare e proporre». Nessuna ritrosia dunque nell’affermare che «l’eccellenza risulta essere una delle poche vie percorribili per allontanarsi dal circolo vizioso della battaglia di prezzo attualmente in corso nel nostro settore». Oltre al mercato italiano Legnoflex si rivolge principalmente alla Germania, Inghilterra e Scandinavia. Un interessante canale di vendita trasversale alla tradizionale suddivisione per area geografica è quella della fornitura cosiddetta a “contract”. «È un segmento relativamente nuovo che rappresenta un’opportunità aggiuntiva slegata dalle normali logiche di mercato. Dal punto di vista della segmentazione di mercato ormai da alcuni anni ci stiamo riposizionando offrendo prodotti di maggior pregio». Operare nel vasto mondo applicativo di un materiale natu-

Per differenziare l’offerta delle ante lisce si punta molto sulle finiture e sui diversi modi di “trattare” il legno con affumicature naturali o creando superfici finite a “taglio di sega”

rale come il legno, presuppone un approccio ecosostenibile. Non a caso, infatti, «Legnoflex ha ottenuto sia la certificazione Fsc sia la certificazione Pecf, ovvero è accreditata presso i due principali enti europei per la salvaguardia del patrimonio boschivo. Inoltre da anni è in corso una “conversione” dei prodotti vernicianti, passando da vernici a base solvente a vernici a base acqua – spiega Bonotto –. Di pari passo, nel comparto dei prodotti rivestiti con foglia polimerica, i prodotti a base Pet stanno rapidamente sostituendo i prodotti a base Pvc. Infine è in netto aumento l’acquisto di supporti Mdf di tipo Carb 2, ovvero con un contenuto di formaldeide pressoché nullo». VENETO 2011 • DOSSIER • 405


TURISMO TERMALE

Nuovi orizzonti per l’industria termale Occorrono risposte chiare per consentire al settore di affrontare un percorso d’innovazione e sviluppo, sostiene Costanzo Jannotti Pecci: «La mancanza di risorse incide su investimenti, strutture e occupazione» Elisa Fiocchi

l bilancio di fine anno del sistema termale italiano registra luci e ombre: da una parte il morso della crisi economica generale, dall’altra la richiesta di un riconoscimento del ruolo che le terme e la ricerca scientifica occupano nel nostro Paese. «È un patrimonio naturale, culturale, scientifico ed economico-sociale che va tutelato e valorizzato, con l’obiettivo di concorrere a mantenere e a migliorare l’attuale modello di welfare sanitario termale italiano» dichiara Costanzo Jannotti Pecci, presidente di Federterme. In tale quadro si colloca la richiesta di attivazione del tavolo negoziale con le Regioni per la definizione del nuovo accordo tariffario. «Quello del 2009, scaduto e non rinnovato, non è in grado di coprire le esigenze, le aspettative e i fabbisogni per il 2010 e il 2011». Servono interventi immediati, per effetto anche dei perduranti ritardati pagamenti, che vanno oltre i

I Nella pagina seguente, Costanzo Jannotti Pecci, presidente di Federterme

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24 mesi in molti casi, da parte delle aziende sanitarie locali. Quali risultati sono attesi? «Sono cinque le priorità: recepire la direttiva Ue 2011/24 per il rilancio delle terme italiane; rinnovare l’accordo nazionale per le tariffe termali con le risorse disponibili; definire un percorso condiviso per l’attuazione della figura dell’operatore termale per riqualificare le maestranze in servizio e of-

frire nuova occupazione; realizzare iniziative di comunicazione anche con i nuovi media; promuovere una più stretta collaborazione tra università e imprese per la ricerca scientifica svolta dalla Fondazione Forst». Il settore termale è costituito in prevalenza da piccole e medie imprese con un numero di dipendenti compreso tra 25 e 100. Quali sono le principali difficoltà che le pmi incontrano in questo periodo?


Costanzo Jannotti Pecci

Le amministrazioni locali considerano ora le terme una risorsa per interventi legati allo sviluppo integrato del territorio

«In molti casi ci troviamo in presenza di imprese familiari di antica tradizione. Anche per loro la difficoltà di accesso al credito è il problema primario, per effetto dei ritardi dei pagamenti da parte delle Asl. E la mancanza di

risorse incide sulla prospettiva di fare investimenti sulle strutture, sulle apparecchiature e sul personale, che rappresenta poi la risorsa più importante per ogni centro, insieme all’acqua termale». Negli ultimi anni si è no-

tevolmente abbassata l’età media dei clienti degli stabilimenti termali: oggi gli over 65 sono meno del 40%, la quota di utenti con età compresa tra i 20 e i 45 anni ha ormai superato il 30%. Come sta cambiando il settore termale, il turismo e l’identikit del cliente? «Proprio così, meno anziani, VENETO 2011 • DOSSIER • 411


TURISMO TERMALE

più giovani, moltissimi bambini in particolare per i trattamenti (inalazioni termali) per orecchio, naso e gola. Una nuova percezione delle valenze terapeutiche e di benessere delle acque termali, validate dalla ricerca scientifica, sta avvicinando alle terme quelle persone che in precedenza non le aveva mai frequentate. E se ne sono resi conto anche gli amministratori locali che le considerano ora una risorsa per interventi sostenibili, utili a uno sviluppo integrato sul territorio di iniziative e flussi di benessere e di turismo termale. Analogamente cresce la comunicazione delle terme tramite i nuovi media (video, in-

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ternet, smartphone e social media) per conquistare quei giovani che, in quanto nativi digitali, sono i più esperti nell’utilizzo di questi strumenti». Le imprese termali in Italia sono 378, il 46,8% è al Nord, il 15,1% al Centro e il rimanente 38,1 al Sud e nelle Isole. La stragrande maggioranza delle aziende (259) sono organizzate in forma di società e in testa c’è il Veneto con 85 società. Come giudica la distribuzione dei flussi turistici in ambito nazionale? «Storicamente i flussi degli stranieri si concentrano al Nord e si riducono, quantitativamente, man mano che si scende verso il Centro e il

Mezzogiorno d’Italia (solo una minoranza, tra il 15% e il 20%, raggiunge il Sud e le Isole). È una distribuzione legata, da una parte, alla prevalente provenienza dei flussi dal Centro Europa e, dall’altra, alla lunghezza dell’Italia e alle condizioni delle infrastrutture di trasporto al Sud. La diffusione del trasporto aereo e l’attenzione crescente degli aeroporti cosiddetti minori del Mezzogiorno anche al traffico turistico straniero con l’apertura di nuove relazioni rappresentano una risorsa nuova per le terme che stanno entrando progressivamente negli itinerari turistici come destinazione di particolare attrattività».


Gianluca Bregolin

Il benessere diventa brand Commercianti e istituzioni devono unire le risorse all’interno del Consorzio Terme Euganee: «Sarà contenitore e strumento operativo per la realizzazione e l’affermazione del brand nel rilancio del territorio» annuncia Gianluca Bregolin Elisa Fiocchi

l settore termale italiano si compone principalmente di piccole e medie imprese, con 378 stabilimenti termali distribuiti in 178 Comuni e con l’impiego di oltre 65mila addetti, tra occupati diretti e indiretti. Lo Stato sostiene le cure termali con una spesa di 130 milioni di euro (lo 0,15% dell’intero ammontare del Fondo sanitario) che corrisponde a un importo in grado di generare oltre il 70% del fatturato complessivo per cure del comparto. Eppure il settore soffre, e alla vigilia di importanti appuntamenti quali il rinnovo del contratto nazio-

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nale di lavoro di Federterme, chiede maggiori garanzie. Gianluca Bregolin, presidente dell’Associazione albergatori termali di Abano e Montegrotto, spiega come rafforzare le sinergie sul territorio e annuncia la nascita di un brand per il 2012 che promuova un concetto di benessere moderno collegato ai benefici delle acque termali: «Per farlo dobbiamo offrire un prodotto diversificato a partire dall’offerta alberghiera che dovrà comprendere numerosi servizi, dai meeting allo sport». Intanto come procede l’iter del contratto integrativo nel

settore termo-alberghiero di Abano e Montegrotto? «Il nostro contratto risale a 40 anni fa e, dal momento in cui fu sottoscritto, ebbe inizio una situazione rosea che però si è interrotta negli ultimi dieci anni con l’avanzamento di un nuovo pubblico. Siamo in trattativa con i sindacati per trovare un accordo comune. Noi chiediamo che il nostro contratto sia equiparato a quello nazionale, che prevede un co- Gianluca Bregolin, sto del lavoro inferiore e una presidente dell’Associazione disoccupazione garantita». albergatori termali di Come è cambiata la do- Abano e Montegrotto manda turistica in questi ultimi anni e come la crisi ha alterato i flussi di visitatori? «Solo un’elite di clienti s’indirizza esclusivamente sul soggiorno termale, passato comunque da due settimane a una soltanto, mentre il resto delle persone arriva nel weekend o per le cure legate al wellness. Montegrotto Terme è sempre stata una realtà ideale per il turismo tedesco, grazie a strutture alberghiere con VENETO 2011 • DOSSIER • 413


TURISMO TERMALE XXXXXXXXXXX

Sport, benessere e buon cucina «Abano è una sorpresa continua» dichiara Enzo Baretella, «perchè molte persone conoscono il territorio ma ignorano la validità e il fondamento delle nostre cure» di Elisa Fiocchi mmerso in un parco di 50mila metri quadri a Montegrotto Terme, in provincia di Padova, l’Hotel Des Bains Terme è tra le strutture alberghiere della zona che offrono al loro interno le cure termali. La combinazione dell’argilla, che proviene dal Colli Euganei, e l’acqua termale, che sgorga dalle profondità del territorio, danno origine al fango termale che è poi arricchito di proprietà terapeutiche attraverso lo sviluppo di particolari alghe e microrganismi all’interno di vasche presenti nello stabilimento. Il proprietario Enzo Baretella, vicepresidente di Federterme, insiste sull’importanza dei risultati ottenuti dalla ricerca scientifica in grado di dimostrare l’unicità e l’efficacia delle proprietà antinfiammatorie di queste cure naturali che non prevedono la somministrazione di farmaci, ma risultano meglio di un antinfiammatorio perché prive degli effetti collaterali. «Oggi il termalismo ha un suo imprinting – spiega – ed è svincolato dal tradizionale concetto empirico grazie alle risposte fornite dalla ricerca scientifica e riconosciute a livello europeo». Da oltre un decennio, l’albergo offre, accanto ai servizi di termalismo puro, anche strutture legate al wellness: «C’è la piscina, il centro benessere, la sauna, il bagno a vapore e le docce emozionali». Un benessere, che si estende anche al di fuori delle terme, grazie

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all’ecosistema speciale dei Colli Euganei, in cui diverse varietà di flora e fauna convivono in equilibrio con le attività agricole e vitivinicole sviluppatesi nel comprensorio. «In tavola, disponiamo di ben 82 etichette del territorio, sono vini classificati con due o tre bicchieri dal Gambero Rosso, ed essendo prodotti in loco, senza costi di distribuzione, sono disponibili a prezzi accessibili e non hanno nulla da invidiare ad alcuni vini toscani». E se negli ultimi anni, racconta Baretella, sono arrivati al Des Bains sportivi del calibro di Valentina Vezzali, Tania Cagnotto e Giulia Quintavalle, già dai primi anni Settanta molti atleti celebri conoscevano le virtù del territorio. «Oggi, grazie all’attività del consorzio, puntiamo sui nuovi media per informare meglio le persone, e lo sport sarà uno dei canali preferenziali».


Gianluca Bregolin

Il nostro obiettivo è di fuggire dal wellness che non rappresenta una realtà unica

grandi parchi e colli nelle vicinanze, ma nel tempo la clientela è rovinosamente calata del 70%, questo a causa dei tagli delle casse mutue tedesche che prima prevedevano il rimborso delle cure termali e una percentuale sul soggiorno. Ora coprono solo la spesa sanitaria in Germania, quindi i tedeschi si rivolgono a nazioni che hanno prezzi più competitivi dell’Italia ma servizi e qualità nettamente inferiori. In ogni caso, i clienti tedeschi sono stati rimpiazzati dagli italiani ma anche dagli svizzeri e dai francesi. Anche per Abano Terme i soggiorni negli ultimi 7 anni registrano una media di 4-5 giorni contro le due settimane precedenti». Perchè siete diffidenti verso il segmento wellness?

«La parola spa significa “salus per aquam”, ovvero si tratta di realtà termali dove sgorga una sorgente di acqua propria, come nel nostro caso, con proprietà salso-bromoiodiche che, con autorizzazione ministeriale, ci permettono di svolgere i fanghi, le inalazioni o l’aerosol. Il nostro obiettivo è quello di fuggire dal wellness, in quanto non rappresenta una realtà unica come invece lo sono le nostre eccellenze». La nascita di tanti centri non qualificati ha spinto a tutelare il patrimonio delle Terme Euganee? «Si continua a investire nella ricerca scientifica che ci ha finora condotto a risultati importanti a livello nazionale, come il potere antinfiamma-

torio delle nostre cure termali equiparabile all’efficacia dei farmaci. L’attenzione va quindi spostata dal wellness puro al benessere termale, così da intercettare anche la clientela del fine settimana, fatta per lo più da giovani e famiglie». Con quali iniziative si aprirà l’anno 2012? «L’impegno è quello di rafforzare la sinergia sul territorio attraverso il contributo unanime delle istituzioni locali e dei commercianti. Il Consorzio Terme Euganee diventerà il contenitore del capitale raccolto e lo strumento operativo per la realizzazione di tutte le idee di rilancio del territorio e dell’affermazione del brand dedicato al benessere moderno». VENETO 2011 • DOSSIER • 415


TURISMO TERMALE

Turismo in rete con ApPadova L’applicazione sviluppata per I-phone e Android fornirà informazioni sull’offerta ricettiva del territorio, i servizi e tutti gli eventi. «Per invogliare i visitatori a fermarsi più a lungo serve un’accoglienza che punti all’integrazione del sistema» sostiene Barbara Degani Elisa Fiocchi

l vero prodotto tipico su cui le Terme Euganee fondano la loro ricchezza è il fango termale. Le proprietà curative di questa risorsa sono ciò che per millenni hanno reso celebre il bacino euganeo nel mondo, luogo ideale dove trovare benessere e relax in un territorio che sa offrire armonia tra uomo e natura. «Oggi siamo di fronte a un turista completamente cambiato – spiega Barbara Degani, alla presidenza della Provincia di Padova – un turista che cerca emozioni, e le terme sono il luogo giusto». Gli oltre cento alberghi sul territorio, sono attrezzati per accogliere chi fa le cure, ma anche chi sceglie

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di abbinare al riposo, lo sport o altre forme di turismo come quello congressuale, religioso o culturale. Per i cicloturisti, ad esempio, è in arrivo una cartografia interattiva che offre la possibilità di orientarsi via cellulare, scoprendo anche le manifestazioni e le bellezze presenti nel luogo percorso a piedi o in bici. Il turismo è la prima industria della regione e della provincia di Padova. Quali strategie possono favorire il settore richiamando turisti per un periodo più lungo? «La parola chiave è coordinamento. Per questo abbiamo fortemente voluto la creazione di una cabina di regia a livello territoriale. È nata così la Dmo, Destination management organization, un’organizzazione a maggioranza pubblica il cui compito è quello di coordinare tutti i soggetti e i settori che si occupano di promozione e accoglienza. Al suo interno, insieme alla Provincia, c’è la Camera di Commercio ed entreranno anche altri enti, i Co-

muni, tra cui Padova e Abano, oltre alle Fondazioni». Come le normative europee in ambito di cure termali come possono favorire maggiori flussi turistici dall’Europa? «La direttiva comunitaria sull’assistenza transfrontaliera pubblicata il 4 aprile scorso sembra aprire notevoli opportunità per il turismo termale perchè favorisce la libera circolazione dei cittadini europei anche per le cure sanitarie e prevede che sia lo Stato di origine a provvedere al pagamento dei trattamenti secondo le legislazioni di ciascun Paese. Gli italiani continueranno a poter fare le terapie termali con il rimborso del sistema sanitario nazionale, ma la novità è che anche i cittadini europei potranno farlo, purché sia previsto dalla loro legislazione sanitaria. Dobbiamo farci trovare pronti a intercettare questa domanda». In questo senso, l’anello ciclabile dei Colli Euganei che attrattiva rappresenta per i turisti di tutto il nord Europa? «Il cicloturismo è un tema che


Barbara Degani

Assieme alla Regione abbiamo avviato il percorso per l’istituzione del marchio Fango Doc

mi sta particolarmente a cuore perché è un settore in crescita e perché il nostro territorio, per vocazione, coniuga le terme allo sport. Non a caso sull’anello ciclabile dei Colli abbiamo investito grandi risorse realizzando un itinerario di 64 chilometri che tocca le cittadine termali di Abano e Montegrotto e i comuni del parco regionale dei Colli Euganei. La pista è in asfalto quindi adatta anche alle famiglie con bimbi, agli anziani e ai disabili. Siamo convinti che l’Anello dei Colli, abbinato ad altri percorsi su cui stiamo

puntando, come la TrevisoOstiglia e l’itinerario del Brenta, possa dare una svolta davvero significativa al cicloturismo. Padova è al centro del sistema di piste ciclabili del Veneto, ma anche del Nordest». La Provincia si sta impegnando per riposizionare il prodotto termale euganeo, affiancando la Regione nello sviluppo del Piano strategico di rigenerazione turistica del bacino termale. Quali primi passi sono stati compiuti? «Per prima cosa si vuole tutelare la qualità del fango euga-

neo le cui proprietà sono uniche in tutta Europa. Insieme alla Regione abbiamo avviato il percorso per l’istituzione del marchio Fango Doc. L’iter per l’adozione prevede che vengano costantemente controllati dalle istituzioni i parametri per la certificazione, l’adesione degli alberghi termali ad un apposito protocollo operativo e il sistema di monitoraggio delle strutture stesse. Le opportunità che ne deriveranno si aggiungono al brevetto europeo già ottenuto dalle Terme di Abano e Montegrotto».

Sopra, Barbara Degani, presidente della Provincia di Padova

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TURISMO

I Balcani tra fede e turismo Dall’affascinante entroterra serbo alla spiritualità di Medjugorje, sono innumerevoli gli aspetti da scoprire nei paesi balcanici. Come raccomanda Domenico Sorgon, bisogna però guardarsi da operatori improvvisati che offrono servizi scadenti e non a norma Amedeo Longhi

on solo Istria e Croazia, ormai già scoperte dal grande pubblico soprattutto grazie alle belle spiagge e alle strutture ricettive ben organizzate e ricche di divertimenti, ma anche Serbia, Bosnia, Montenegro e Macedonia, località meno frequentate ma ricche di attrattive, non solo turistiche. Domenico Sorgon le conosce bene, le frequenta da oltre vent’anni e non ha smesso neanche mentre infuriava la Guerra dei Balcani, durante la quale svolgeva attività umanitarie a favore delle popolazioni colpite. «Sono luoghi di aspra bellezza, è un territorio molto duro, difficile, ma che ha un suo fascino. Per gli operatori turistici si tratta di un prodotto impegnativo da gestire e non tutti sono in grado di farlo, tanto che molti tour operator italiani ed europei si rivolgono a noi per servizi di outgoing, appoggiandosi alla nostra organizzazione proprio per la difficoltà che si incontrano nel contattare le strutture locali e per la professionalità delle nostre guide e accompagnatori». Sorgon è titolare della Mondo

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Tours, che dal 1996 opera nel trasporto di persone su strada, svolgendo anche servizio di trasporto pubblico e gestendo servizi di trasporto scolastico per alcuni Comuni della zona. «Per completare il panorama dei nostri servizi e per mettere a disposizione le nostre conoscenze raccolte in molti anni di esperienza sul campo – racconta Sorgon –, abbiamo deciso di coniare il marchio commerciale Ambasciatori Travel, che non è solo l’agenzia di viaggi di Mondo Tours ma, da agosto 2011, è diventata tour operator assieme a un partner bosniaco riconosciuto e registrato presso il Ministero del Turismo di Bosnia Erzegovina con uffici a Medjugorje e Mostar, dove in esclusiva facciamo visitare l’unica chiesa ortodossa della città aperta ai fedeli». Medjugorje è una destinazione molto particolare, frequentata principalmente da pellegrini e praticanti di turismo religioso, una pratica che, come conferma Sorgon, negli ultimi anni sta prendendo parecchio piede: «Le persone vanno sui luoghi di preghiera principalmente per problemi personali, spirituali. In questo momento il mondo

occidentale sta sperimentando una profonda crisi di valori e molti trovano rifugio nel pellegrinaggio e in forme più deviate di distrazione, come il gioco d’azzardo». Purtroppo proprio questo aspetto favorisce la proliferazione di attività illegali che, ponendosi al di fuori dei paletti fissati dalla normativa in merito, oggi affliggono ancora fortemente questo mercato: «In base ai nostri dati – specifica Sorgon – quasi l’ottanta per cento del flusso turistico è ancora intercettato da privati, non agenzie turistiche, che operano senza autorizzazione ministeriale e forniscono un servizio carente soprattutto sotto il profilo assicurativo e sanitario. La cosa grave è che que-

Domenico Sorgon, titolare della Mondo Tours Srl. L’azienda ha la sua sede principale a Susegana (TV). Ambasciatori Travel, tour operator di Mondo Tours, ha due sedi italiane a Mogliano Veneto (TV) e Mira (VE) e due uffici a Medjugorje e Mostar www.mondotours.it www.ambasciatoritravel.it www.medjugorjegruppi.it


Domenico Sorgon

c sti soggetti fanno leva su sentimenti particolari, emozionali, spirituali, spesso sfruttando la condizione di chi sta attraversando un momento di difficoltà personale. Sul piano deontologico naturalmente un atteggiamento di questo tipo è inaccettabile». Ad aggravare la situazione contribuisce anche il fatto che questi operatori improvvisati esercitano in un regime di concorrenza sleale nei confronti dei professionisti del settore, in quanto non hanno oneri fiscali ed enti di controllo a cui rispondere. «Alcuni

Quasi l’ottanta per cento del flusso turistico è ancora intercettato da privati che operano senza autorizzazione ministeriale e forniscono un servizio carente

espongono al pubblico programmi di viaggi con denominazioni di agenzie consenzienti che fanno da “prestanome” – spiega Sorgon –, sapendo in realtà poco o nulla sull’organizzazione del viaggio e, in alcuni casi, facendo viaggiare le persone senza nemmeno la polizza assicurativa minima prevista per legge». Ciononostante, il turismo religioso svolge un ruolo partico-

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larmente significativo nel rilancio della regione: «Soprattutto per l’entroterra, che non può contare sul turismo balneare, i pellegrinaggi sono molto importati, poiché spesso il pellegrino si trasforma, magari in un viaggio successivo, il turista. Inoltre, le mete religiose negli ultimi anni sono state promosse in maniera massiccia anche dai mass media e da diversi personaggi noti». Anche dal punto di vista strutturale i paesi balcanici stanno lentamente crescendo, anche se alla realizzazione di strutture ricettive di buon livello non riescono ancora ad affiancare una gestione dei servizi capace di sfruttare appieno le potenzialità del territorio. VENETO 2011 • DOSSIER • 419




EVASIONE FISCALE

Verso la tax compliance Persuadere il contribuente ad alzare l’asticella dell’adempimento spontaneo dei doveri fiscali. È questa, ricorda il direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate Giovanni Achille Sanzò, la vera mission dell’amministrazione finanziaria Michela Evangelisti resce la qualità degli accertamenti, tanto che la maggior parte dei contribuenti è indotta ad adeguarsi in maniera spontanea al versamento delle imposte. Questa, in sintesi, la lettura che il direttore dell’Agenzia delle Entrate per il Veneto, Giovanni Achille Sanzò, dà dell’attuale andamento della lotta all’evasione fiscale in regione. «Nel 2011 il trend appare in linea con quello dell’anno precedente, durante il quale sono stati riscossi più di 735 milioni di euro e sono stati complessivamente effettuati oltre 46mila accertamenti nei confronti di enti non commerciali, imprese di piccole e medie dimensioni, professionisti e soggetti di grandi dimensioni – precisa Sanzò –. Per quanto riguarda i controlli sulle persone fisiche, con lo strumento del redditometro sono stati emessi 1.600 accertamenti». In regione aumentano ogni giorno i Comuni alleati del fisco. «Sono 20 i Comuni veneti che hanno sottoscritto protocolli d’intesa per la partecipazione all’accertamento e molti altri ci hanno già contattato. Tra i comuni che hanno firmato l’accordo ci sono tre capoluoghi, Venezia, Padova e Vicenza, e altre importanti e popolose città della provincia, come Portogruaro, Spinea e Villafranca di Ve-

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Giovanni Achille Sanzò, direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate

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rona. È importante che gli accordi antievasione vengano stipulati non solo con i Comuni capoluogo, ma si estendano anche a quelli della provincia, per assicurare una nostra costante presenza sul territorio e mettere in atto un sempre più capillare recupero dell’evasione fiscale». Cosa comportano esattamente questi accordi antievasione? «Il contributo dei Comuni è di notevole ausilio all’Agenzia delle Entrate per il presidio del territorio e per individuare comportamenti potenzialmente elusivi o evasivi, quali residenze fittizie all’estero, possesso di beni indicatori di una capacità contributiva superiore al reddito dichiarato, attività commerciali abusive, lavoratori in nero, canoni di locazione non dichiarati e via dicendo. L’accordo stabilisce che in questi ambiti le amministrazioni comunali inviino telematicamente all’Agenzia informazioni utili ai fini dell’accertamento o che possano essere indizio di evasione fiscale. Queste segnalazioni sono definite in termini tecnici “qualificate”. Come corrispettivo i Comuni ricevono fino al 100% delle imposte recuperate e delle sanzioni». Nelle recenti manovre del governo sono presenti nuove norme relative alla lotta all’evasione. Quale scenario si apre? «L’ultima manovra ha messo a disposizione dell’amministrazione finanziaria importanti strumenti per il contrasto all’evasione, in particolare l’utilizzo dell’anagrafe dei conti correnti bancari per l’analisi di rischio. Lo scopo principale è quello di perseguire una sempre mag-


Giovanni Achille Sanzò

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L’ultima manovra ha messo a disposizione dell’amministrazione finanziaria importanti strumenti per il contrasto all’evasione

giore adesione spontanea. È quella che nella nostra organizzazione definiamo “tax compliance” che, ci tengo a sottolineare, è la vera mission dell’Agenzia delle Entrate. In questo senso anche i controlli e il recupero dell’evasione vanno visti come uno strumento di persuasione nei confronti del contribuente ad alzare l’asticella dell’adempimento spontaneo dei doveri fiscali». Quali sono stati i risultati dell’operazione “Night and day” condotta sabato 15 ottobre dalle Entrate del Veneto? Pensate di replicare l’esperienza? «L’operazione è stata condotta per vigilare sull’attività degli esercizi commerciali - in particolare bar, ristoranti e pizzerie - nei centri storici delle principali città della regione. Le indagini sono state effettuate attraverso il presidio di cassa, basato sul confronto tra gli incassi della serata tenuta “sotto osservazione” dai nostri funzionari presenti negli esercizi con quelli delle settimane precedenti. I risultati sono stati eclatanti. È emblematico il caso di un parrucchiere di Rovigo che ha registrato un incasso sei volte superiore a quelli normalmente dichiarati. Sono state inoltre contestate 63 violazioni per

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mancata emissione di scontrini fiscali e individuati 10 lavoratori in nero. Vi saranno altre iniziative in tal senso, per un controllo costante e mirato del territorio». Sono 5.209 in Veneto le liti minori con il fisco che potranno essere chiuse in maniera agevolata entro fine novembre. Qual è il suo parere su questo “mini condono”? «È più corretto parlare di definizione delle liti pendenti minori, che comporta vantaggi sia per i contribuenti sia per l’amministrazione finanziaria. Infatti, è possibile definire le controversie pagando una percentuale variabile dal 10 al 50% - della sola imposta, evitando sanzioni e interessi. L’auspicio è che vi sia un’adesione massiva. Il vantaggio diretto per noi riguarda non solo e non tanto le entrate fiscali, quanto lo snellimento del lavoro. L’effetto positivo che auspichiamo è quello di poterci dedicare con più efficacia alle liti di maggiore entità, che rappresentano la gran parte delle potenziali entrate dell’erario. Basti dire che da tre anni in Veneto l’80% del valore di tutte le imposte accertate in contestazione è rappresentato dal solo 8% del totale dei ricorsi».

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EVASIONE FISCALE

Contribuire a un Paese più giusto Cresce ogni giorno il numero dei Comuni veneti alleati del fisco. «I sindaci aderiscono all’iniziativa non tanto per i vantaggi in termini di cassa – spiega il presidente dell’Anci regionale, Giorgio Dal Negro – ma per garantire sul loro territorio giustizia e sicurezza fiscale» Michela Evangelisti

umenta la stretta sull’evasione fiscale e, per raggiungere l’obiettivo, lo Stato rafforza il ruolo dei Comuni nell’individuare i redditi occulti. L’incentivo? Il bottino recuperato andrà a rimpolpare le casse comunali. L’associazione regionale dei Comuni veneti ha siglato un protocollo con la direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate in cui vengono individuate le modalità di accertamento. Ora tocca alle singole municipalità sottoscrivere quanto prima gli accordi. «I Comuni – commenta il presidente di Anci regionale, Giorgio Dal Negro – stanno dimostrando in questo senso grande adesione». «Ci sarà una vicinanza sempre maggiore tra controllore e controllato – ha auspicato il direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate, Giovanni Achille Sanzò –. Si verrà a

www.anciveneto.org

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creare pertanto un meccanismo di deterrenza verso chi evade, ma spero che avvenga anche un autentico cambiamento culturale». Il protocollo prevede che l’Agenzia delle Entrate fornisca ai Comuni dati su bonifici bancari e postali relativi a ristrutturazioni edilizie, contratti di somministrazione di energia elettrica, acqua e gas disponibili nell’anagrafe tributaria, contratti di locazioni e denunce di successione su immobili. Gli ambiti di controllo individuati sono il commercio e le professioni, l’urbanistica e il territorio, la proprietà edilizia e il patrimonio immobiliare, le residenze fittizie all’estero e i beni che indicano grande capacità contributiva. Presidente Dal Negro, in concreto come si realizzerà questa collaborazione tra Comuni e Agenzia?

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Giorgio Dal Negro

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La repressione è uno strumento efficace ma anche l’aspetto culturale è fondamentale

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«Il Comune istituirà una commissione tributaria esterna alla politica, composta da imprenditori, professionisti, rappresentanti dei sindacati e dei vari settori economici cittadini. Qualsiasi anomalia emersa verrà passata al vaglio della commissione, che, se lo riterrà opportuno, invierà la segnalazione alle Entrate. Il redditometro messo in campo dall’amministrazione finanziaria si basa su una novantina di elementi gran parte dei quali sono già nelle mani del Comune; si tratta soltanto di preparare programmi specifici e metterli in linea con i programmi comunali. Le anomalie quindi verranno evidenziate in maniera quasi automatica; da parte della commissione dobbiamo augurarci il massimo dell’equilibrio, poi il lavoro vero e proprio verrà svolto dall’ufficio delle entrate». Si tratta, quindi, per il Comune di un’organizzazione non troppo gravosa che può portare, di contro, delle entrate importanti. «Per eventuali anomalie riscontrate che portano a una riscossione di tipo economico, tutta quanta la parte non fiscale entra direttamente nelle casse del Comune. Ritengo, però, che l’aspetto economico sia la parte più banale di questo progetto: il recupero dell’evasione è la parte sostanziale. I Comuni aderiscono all’iniziativa non tanto per le entrate ma perché sul loro territorio ci siano giusti-

zia e sicurezza fiscale. Si tratta di una responsabilità che un sindaco deve assumersi nei confronti della comunità. È inaccettabile, e non così raro, che una famiglia con il Suv chieda sgravi ad esempio sull’iscrizione dei figlio alla scuola materna o sul trasporto pubblico. Nel Comune del quale sono sindaco, Negrar, abbiamo già attaccato il redditometro al reddito Ise. Dal prossimo anno, nel momento in cui l’amministrazione rifiuterà una richiesta di sovvenzione per un’anomalia legata all’Ise o per il redditometro, farà partire anche la segnalazione all’ufficio delle Entrate». L’impressione è quella che nella lotta all’evasione, pur in presenza di nuove condizioni normative, manchi ancora la condizione culturale. Qual è la sua opinione a riguardo? «Le correnti di pensiero qui nel nord est sono diverse: c’è chi pensa che la portata del problema dell’evasione sia notevole, altri che sia tutto sommato accettabile. Io penso che, nel dubbio, occorre darsi da fare. Grazie all’alleanza con i Comuni l’Agenzia delle Entrate potrà sicuramente fare meglio il proprio lavoro e rendere più giusto il Paese. Sono convinto che la repressione abbia un effetto, ma che l’aspetto culturale sia fondamentale: in questo senso avere il Comune come alleato nella lotta all’evasione mette a posto le bocce sul campo».

Giorgio Dal Negro, presidente Anci Veneto

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EVASIONE FISCALE

Un’Italia a più marce «La delazione non è degna di un Paese civile e sull’evasione fiscale non si deve generalizzare» afferma Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Veneto. E sul commercio al dettaglio aggiunge: «Dobbiamo rivitalizzare i centri storici» Michela Evangelisti

no strumento incivile che aizza la caccia alle streghe per alcuni, un tassello fondamentale della lotta all’evasione fiscale che andrebbe potenziato per altri. Quando si parla di 117 - il numero telefonico gratuito tramite il quale il cittadino può mettersi in contatto 24 ore su 24 con la Guardia di Finanza - si scatena la polemica. Il dibattito si è riacceso qualche mese fa in Veneto; la posizione del presidente regionale di Confcommercio, Massimo Zanon, è netta: «Un sistema osceno. Il fatto che il cittadino debba avere una coscienza civile non significa che si debba preoccupare di questioni che invece spettano all’amministrazione – incalza –. È interesse di tutti che il Paese funzioni, ma certo non utilizzando strumenti di delazione fuori dal tempo». L’errore più frequente quando si affronta il tema evasione, secondo Zanon, è la generalizzazione. «Una cosa sono le infrazioni di tipo fiscale, che possono essere molte anche nel nord Italia ma che dal punto di vista del gettito hanno scarso peso; altra cosa, invece, è la grande evasione – puntualizza –. Noi che rappresentiamo la piccola e media impresa, pur consapevoli che in tutte le “famiglie” ci sono persone con caratteri più

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Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Veneto

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“difficili”, non possiamo tollerare che si continui a sparare nel mucchio». Ritiene, quindi, che in Veneto il problema dell’evasione non sia così radicato? «L’Italia può essere divisa in tre parti: la nostra regione, così come altre cinque o sei del Nord, è vicina, per il nostro comparto, a un’evasione di tipo quasi fisiologico. I famosi 200 milioni di euro sottratti al fisco non si potrebbero recuperare nemmeno andando porta per porta. Rappresentiamo una realtà che ha ancora un po’ di strada da fare ma ha imboccato decisamente la via del cambiamento. Il Centro deve ancora recuperare parecchio, mentre il Sud, per motivi non solo legati al fisco, deve ancora iniziare il percorso. È una verità storica che bisogna avere il coraggio di dire; non si può spremere il succo dal limone e poi pretendere di spremerlo di nuovo». Quanto le piccole e medie imprese che pagano tutte le tasse sono frenate sotto il profilo della competitività? «In genere chi segue le linee imposte da una contabilità seria avverte inevitabilmente un disturbo; spesso sono le norme stesse a creare disparità tra i diversi settori e ad andare a legalizzare situazioni che sono delle evasioni vere e proprie». Dopo la fine dell’estate gli indicatori parlano di una frenata ulteriore dei consumi e


Massimo Zanon

il governo Monti ipotizza un’ulteriore aumento dell’Iva. Cosa prevede? «Una misura del genere non farebbe che deprimere ulteriormente i consumi. Non fa certo bene alla crescita lo scambio tra minore imposizione sul lavoro e maggiore imposizione sui consumi. Le famiglie che non arrivano a fine mese, e sono tante, non possono tirare la cinghia più di così. Per una crescita economica bisogna agire sulla spinta dei consumi, non sul loro abbattimento». Di recente ha dichiarato che bisogna mettere un freno alle nuove aperture perché già le aziende attive faticano a sopravvivere. «In particolare chiediamo che le nuove aperture, per la grande come per la piccola distribuzione, avvengano all’interno dei centri storici. Chi vuole avviare un’attività lo faccia recuperando ambienti esistenti, spesso dismessi; se un centro storico è capace di attirare clientela la sua amministrazione ha la possibilità di programmare e investire maggiormente su sicurezza, iniziative promozio-

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Chi vuole avviare un’attività lo faccia recuperando ambienti esistenti, spesso dismessi

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nali, decoro urbano. I consumi non sono più quelli di una volta e si realizzano più facilmente in un ambito più accessibile e socializzante, nel quale si sviluppa al massimo la voglia di libertà, di camminare e muoversi, di essere orgogliosi del proprio campanile. Senza contare che il cittadino, tendenzialmente sempre più anziano, trova nei negozi di vicinato un punto di riferimento». Cosa pensa della nuova legge regionale per il commercio? «Per ora parliamo di un foglio bianco: l’unica novità già proposta consiste nelle aperture domenicali. È vero che la famiglia ha i suoi bisogni e che le città potrebbero essere visitate anche con i negozi chiusi, ma essendo il nostro un Paese per il quale il turismo è l’unica risorsa “mineraria”, dobbiamo dare servizi; una dimensione diversa dallo status quo dovrà, quindi, necessariamente essere accettata» VENETO 2011 • DOSSIER • 427


EVASIONE FISCALE

Una task force mirata contro gli evasori «Stiamo facendo i miracoli» sostiene Flavio Zugno, che chiede persone e mezzi per una lotta efficace all’evasione fiscale: «Altrimenti è inutile fare le norme se non abbiamo le risorse per applicarle» Elisa Fiocchi

ccorre dare alle amministrazioni la possibilità di poter esercitare nel concreto i poteri affidati. L’assessore alle Finanze del Comune di Treviso, Flavio Zugno, parla chiaro in merito alle difficoltà nel monitorare e verificare eventuali irregolarità nelle entrate. «A Treviso l’efficienza comunale è più che ottima – spiega – ma per seguire alcune finalità serve del personale, prima ancora che dei mezzi». In circa otto anni, i dipendenti comunali trevigiani sono passati da 650 a 540: «Se prima c’era esubero, adesso non si tratta più di questo». E i problemi restano: «Stiamo vivendo l’andamento economico generale con situazioni di mancati pagamenti in aumento, un po’ in tutti i ruoli: dal codice della strada ai rifiuti». Nel suo municipio non è ancora stato istituito un ufficio preposto al contrasto dell’evasione fiscale. Come si spiega questa mancanza? «Siamo un paese fatto di polemiche, però ci dovrebbero spiegare come mai in una realtà come la nostra, con il piano triennale delle assunzioni, non ho più la possibilità di assumere nessuno. C’è spazio per una sola ogni cin-

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que pensionamenti e ciò significa che ogni due anni viene pubblicato un bando per dare lavoro indeterminato a un dirigente attualmente in forza a tempo determinato. Il nostro personale è modesto, anche considerando l’ampiezza del Comune. Ci sono soltanto tre persone alle partecipate con dodici società, mentre la Corte dei Conti che ci chiede costantemente tabelle, questionari e dati». Com’è possibile allora fare squadra, senza personale? «Ci dovrebbe essere un’azione mirata, ovvero lo Stato garantisce al Comune che si trova sotto determinati parametri ed è in grado di dimostrarlo, di poter assumere in maniera fi-


Flavio Zugno

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La Regione Veneto ha meno di 3mila dipendenti mentre la Sicilia ne ha 21mila

nalizzata. È chiaro che in tante altre realtà non esistono problemi di personale: è sotto gli occhi di tutti che la Regione Veneto ha meno di 3mila dipendenti e la Sicilia ne ha 21mila, con percentuali simili di abitanti. Siamo così passati dalla taglia 46 alla 42, invece di andare a tagliare quelle che sono le 58, le 56. Oggi nell’Ufficio tributi del nostro Comune lavorano quattro persone. Il nostro bilancio, diviso per 82mila abitanti, fa risultare una spesa corrente di soli 900 euro. Man mano che ci confrontiamo con altri tipi di realtà, arriviamo a Comuni con 2.800 o 3.000 euro per abitante, come avviene ad esempio in alcuni zone del Sud». Il Comune, pur in uno stato di emergenza, cosa può fare di concreto nella lotta all’evasione fiscale? «In questo momento i suoi margini di operatività stanno a zero. Da assessore, passo tutto il mio tempo a cercare l’equilibrio del

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bilancio perchè, oggi come oggi, cento euro fanno la differenza. Avere un ruolo concreto significherebbe invece lavorare con una task force di dieci persone, gente preparata con un coordinatore che le segua. Siamo una realtà piccola, ci sono tanti esibizionisti che viaggiano con il fuori strada, tanto per fare un esempio, e si farebbe anche presto a verificare di chi sono le dichiarazioni modeste. Ma è inutile fare le norme se siamo nell’impossibilità di applicarle». Il servizio 117 ha dato un contributo in questo senso? «L’idea è buona, ma anche in questo caso deve essere supportata dai mezzi che attualmente non abbiamo. Ci troviamo in un equilibrio instabile, dobbiamo rispettare il patto di stabilità e non possiamo chiedere ai cittadini risorse aggiuntive, perchè siamo a valori già piuttosto elevati. Lo Stato ci deve dare la possibilità di operare e quindi di assumere. Se non ho personale da destinare al discorso evasione, allora eliminiamo qualche ente inutile e destiniamo quella forza lavoro a chi ne ha realmente bisogno». Treviso segue l’andamento regionale o ci sono delle differenze? «Venezia è sempre stata una realtà a parte perchè le entrate derivanti dal Casinò sono pari al bilancio del Comune di Treviso. È una città unica al mondo, a cui sono riconosciute cose che non possono essere date ad altre, così pure per Verona con la sua Arena. Situazioni non paragonabili a Treviso e Vicenza, ad esempio».

In apertura, Flavio Zugno, assessore alle Finanze del Comune di Treviso

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EVASIONE FISCALE

Da piccoli evasori a vere frodi fiscali nella Laguna di Venezia L’evasione è perpetrata principalmente da alcune imprese di minori dimensioni che dichiarano redditi assolutamente infedeli nel settore dell’edilizia, del commercio e dei servizi. Ne parla Marcello Ravaioli Elisa Fiocchi l Veneto è la seconda Regione per numero di evasori fiscali nel 2011. «Nel periodo che va da gennaio a ottobre del 2011, sono stati scoperti 169 evasori totali e 27 evasori paratotali, con un recupero di base imponibile di circa 160 milioni di euro e Iva dovuta di circa 30 milioni», commenta Marcello Ravaioli, comandante della Guardia di Finanza di Venezia, «di cui il 27% proprio nella nostra provincia». Qui è avvenuta una delle più importanti operazioni di verifica degli ultimi anni, a livello nazionale, nel settore del contrasto all’evasione fiscale delle accise, denominata “Volt”. La società in questione, con sede a Mestre e operante nel settore della produzione e commercializzazione di energia, si approvvigionava di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili che vendeva ai suoi clienti fruendo, quale auto-produttore, dell’esenzione d’imposta. Massimo Ravaioli descrive i passaggi chiave che hanno condotto alla scoperta di un’evasione di accisa pari a circa due milioni di euro e illustra le dimensioni del fenomeno e le sue aree d’interesse nella provincia di Venezia. A quali risultati ha condotto l’operazione Volt? «In Italia l’energia elettrica, per godere dell’esenzione da accisa, deve essere prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili e consumata da imprese tra loro consorziate, la cui finalità è l’autoproduzione di energia elet-

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trica in locali e luoghi diversi dalle abitazioni. La società verificata aveva pertanto dichiarato di produrre in proprio e consumare da sé energia elettrica che non scontava l’accisa poiché proveniva da impianti attivati con fonti rinnovabili. L’analisi della documentazione rinvenuta nell’ambito dell’operazione ha condotto i militari ad accertare che l’operatore non era per niente un produttore d’energia elettrica in quanto non esercitava né conduceva alcun impianto né era un consumatore in proprio, poiché l’energia elettrica trattata non era ceduta ad altri soggetti. La società aveva simulato una serie di negozi giuridici (contratti di locazione di centrali, sottoscrizioni di quote di capitale sociale, contratti di fornitura) e realizzato una condizione di indebito vantaggio fiscale». Per quali aree d’interesse si caratterizza Venezia in rapporto all’evasione fiscale: economia sommersa, economia criminale, evasione delle società di capitali, evasione delle big company, lavoratori autonomi e piccole imprese? «Pur non presentando forme di particolare intensità, spazia comunque dai casi di mancata certificazione dei corrispettivi a vere e proprie frodi fiscali. Principalmente è perpetrata da alcune imprese di minori dimensioni che si celano nella vasta tipologia di similari aziende oneste, abbastanza prevalente sul territorio e che, attraverso la mancata certificazione dei corrispettivi derivanti dall’esercizio dell’atti-


Marcello Ravaioli

vità economica (mancata emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale), dichiarano redditi assolutamente infedeli, tra l’altro, nel settore dell’edilizia o del commercio e dei servizi. A queste si aggiungono anche le attività svolte da alcuni professionisti, nelle quali sono stati anche segnalati casi di esercizio abusivo della professione. Altra tipologia di evasione fiscale accertata è stata quella posta in essere da imprese costituite in forma societaria, che risultavano aver presentato dichiarazioni infedeli poiché i loro redditi erano stati abbattuti attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti emesse dalle cosiddette “cartiere”». E i casi di esterovestizione? «Non sono mancati casi di localizzazione fittizia della residenza di un soggetto in un Paese che gode di un regime tributario particolarmente privilegiato, di modo che lo stesso possa beneficiare di una disciplina fiscale più favorevole e, quindi, sottrarsi agli adempimenti previsti dall’ordinamento tributario del Paese di reale appartenenza». La proposta di limitare l’utilizzo del contante e favorire quello di bancomat e assegni, garantendo così la totale tracciabilità di ogni transazione. Cosa ne pensa e quali sono i futuri obiettivi della Guardi di Fi-

nanza di Venezia per combattere l’evasione? «Il comando provinciale ha perseguito la lotta all’elusione e all’evasione fiscale, che ha visto concentrare le risorse principalmente sui fenomeni più rilevanti quali l’economia sommersa, le frodi fiscali e gli altri reati tributari nonché l’evasione internazionale. Quanto alla proposta di limitare il contante favorendo l’uso di carte di credito o di debito o di assegni, certamente garantirebbe una maggiore tracciabilità delle operazioni e quindi consentirebbe di individuare con più facilità ricavi o compensi sottratti a tassazione». Come giudica il servizio “117” e la mobilitazione dei cittadini in veste di ausiliari del fisco? «Il numero di pubblica utilità “117” è certamente un servizio che consente di essere vicini alle istanze del cittadino sia in termini di sicurezza che di informazione, nonché a difesa di quei contribuenti che osservano correttamente le disposizioni legislative in materia tributaria e che garantiscono la corretta “alimentazione” alla spesa pubblica. Il servizio permetto al cittadino di contribuire all’individuazione dei soggetti che nascondono i propri redditi al fisco mediante la formalizzazione delle notizie conosciute presso i reparti capillarmente presenti sul territorio». VENETO 2011 • DOSSIER • 431




APPALTI

Più chiarezza in materia di appalti Nell’ambito del contratto di appalto di opere o servizi, per legge il committente imprenditore è responsabile per il pagamento di quanto dovuto dall’appaltatore ai propri dipendenti. Lo studio degli Avvocati Associati Mazzocco, Prencipe, Casagrande e Dal Pozzolo analizza la normativa Eugenia Campo di Costa

a congiuntura economica, l’assenza di liquidità di molte aziende-datrici di lavoro, l’apertura di procedure fallimentari e la conseguente difficoltà per i dipendenti di recuperare le retribuzioni hanno contribuito, negli ultimi anni, all’aumento dei numeri di contenziosi in materia di appalti, inducendo i professionisti legali a suggerire, laddove possibile, l’avvio di un’azione anche nei confronti del committente, per consentire al lavoratore maggiori chance di ottenere il pagamento dovuto. Oggi infatti, nell’ambito del contratto di appalto di opere o servizi, per legge il committente imprenditore è responsabile, sia in via diretta che in solido con l’appaltatore, per il pagamento di quanto dovuto da questo ultimo ai propri dipendenti.

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Gli avvocati Andrea Dal Pozzolo, Monica Casagrande, Rosanna Prencipe e Chiara Mazzocco. Lo studio ha sede a Belluno www.studiolegalebelluno.it

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Una materia molto delicata e quanto mai attuale, sulla quale ci siamo confrontati con lo studio associato bellunese degli Avvocati Mazzocco, Prencipe, Casagrande, Dal Pozzolo. Quali norme regolano oggi la delicata questione della retribuzione dei lavoratori nell’ambito del contratto di appalto? ROSANNA PRENCIPE «In materia di appalto di opere o servizi, l’art. 1676 C.C. dispone che: “Coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda”. L’art. 29, II co., del D. Lgs. n. 276/03 dispone invece che: “In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”. Mentre la responsabilità ex art. 1676 c.c., che grava anche sul committente privato, è li-


Mazzocco, Prencipe, Casagrande, Dal Pozzolo

Le attuali normative in materia di appalto imporrebbero dei correttivi quantomeno al fine di dare maggior certezza interpretativa e applicativa

mitata al solo importo ancora dovuto dal committente all’appaltatore, la responsabilità ex D. Lgs. n. 276/03, esclusiva per l’imprenditore, è definita “senza tetto”, ovverosia è una responsabilità illimitata del committente per tutti i debiti dell’appaltatore verso il lavoratore, indipendentemente dalla sussistenza di un debito del committente verso l’appaltatore e ha solamente un limite temporale, ovverosia due anni dalla cessazione dell’appalto». Crede che la normativa sia esaustiva o dovrebbe essere rivista? R. P. «A nostro parere la norma di cui all’art. 1676 C.C. è equilibrata poiché limita il rischio economico del committente a quanto ancora dovuto all’appaltatore per l’esecuzione dell’appalto. Sia la formulazione della predetta norma che di quella di cui all’art. 29 D.Lgs. n. 276/03, tuttavia, imporrebbe dei correttivi quantomeno al fine di dare maggior certezza interpretativa e applicativa. Infatti, in attualità si rinvengono sentenze che impongono al committente una responsabilità solidale addirittura per il pagamento del risarcimento dovuto a seguito di illegittimo licenziamento intervenuto in corso di esecuzione dell’appalto e altre che, all’opposto, impongono al lavoratore un improbabile onere di provare l’impegno lavorativo profuso per il singolo appalto. Il rischio, dunque, a seconda dell’interpretazione normativa del Tribunale, è quello o di imporre una responsabilità sostanzialmente illimitata, dal punto di vista qualitativo (oltre che

quantitativo, per quanto attiene l’art. 29) del committente, o di frustrare nella sostanza il diritto esercitato dal lavoratore». Come può il committente tutelarsi nel momento in cui stipula il contratto di appalto? ANDREA DAL POZZOLO«Può inserire previsioni contrattuali che consentano di evitare un’esposizione dell’azienda ai citati rischi o almeno di limitarla; in particolare, potrà, ad esempio, inserire nel contratto una clausola che preveda il pagamento dell’appaltatore solo dopo aver verificato, anche a mezzo di esibizione documentale, che questi abbia pagato retribuzioni e contributi ai propri dipendenti; imporre il divieto di subappalto, per limitare i soggetti verso i quali debba rispondere per responsabilità solidale; inserire nel contratto penali specifiche relative all’inadempimento del- VENETO 2011 • DOSSIER • 443


APPALTI

Lo studio Avvocati Associati presta consulenza e assistenza sia in ambito civile che penale

l’appaltatore nei confronti dei dipendenti; imporre all’appaltatore di rilasciare idonea fideiussione a garanzia dell’eventuale esborso che il committente debba subire per richieste di pagamento dei dipendenti dell’appaltatore, di modo che se nel biennio successivo alla cessazione dell’appalto i lavoratori rivendichino alcunché il committente sia adeguatamente tutelato. È, dunque, molto importante rivolgersi a un professionista già nella fase delle trattative e di stesura o valutazione della bozza del contratto destinato a disciplinare i rapporti tra le parti». Attualmente è al vaglio del Parlamento una proposta di riforma della normativa formulata dal professor Ichino per rendere più razionale e specifica la responsabilità

Il committente può inserire previsioni contrattuali che consentano di evitare un’esposizione dell’azienda ai citati rischi o almeno di limitarla

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del committente. Quali cambiamenti vengono indicati in questa proposta e come giudicate, dal vostro punto di vista, l’eventuale riforma? A.D.P.«La proposta, che colloca la disciplina della materia nel nuovo art. 2128 C.C., ci pare adeguata, posto che – pur mantenendo il diritto del lavoratore di rivolgersi al committente in caso di mancato pagamento delle retribuzioni - mira a ridurre e circoscrivere la responsabilità solidale dello stesso alle situazioni di sostanziale monocommittenza, ovvero allorquando vi sia dipendenza economica tra appaltatore e committente, ivi definita come la condizione “dell’imprenditore che nell’ultimo semestre abbia tratto più di due terzi del proprio fatturato dai rapporti di appalto con una sola azienda committente”, nonché alle situazioni di dipendenza organizzativa, ovverosia quando l’esecuzione del servizio si collochi fisicamente all’interno dell’azienda del committente stesso. La norma, dunque, sancisce che qualora l’appaltatore di un servizio a carattere continuativo operi in condizione di dipendenza economica da una azienda committente, oppure allorquando il servizio a carattere continuativo sia eseguito all’interno dello stabilimento o degli uffici dell’impresa committente, questa ultima è responsabile in solido con l’appaltatore per i suoi obblighi retributivi e contributivi riguardo, per la prima ipotesi, a quei dipendenti che non siano utilizzati esclusivamente in servizi svolti a favore dei terzi e, per la seconda, ai rapporti di lavoro inerenti all’esecuzione del servizio stesso. In tal modo sicuramente si limita l’esposizione ed il rischio ai quali è soggetto il committente. La riforma – ancora al vaglio del legislatore - prevede anche che il committente possa liberarsi da tale responsabilità, purchè verifichi e possa dimostrare l’adempimento dell’appaltatore agli obblighi retributivi, contributivi e fiscali».



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