Dossveneto052014

Page 1




Sommario

Dossier Veneto Export L’intervento . . . . . . . . . 09 Leonardo Simonelli Santi Francesco Peghin Guido Carella Marco De Bellis

News . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

Sopra, Leonardo Simonelli Santi, presidente Assocamerestero. A destra, Alberto Baban, presidente nazionale della sezione Piccola industria di Confindustria

IN COPERTINA . . . . . . 20 Alberto Baban

Una veduta di piazza Taksim a Istanbul

Mercati p. 24

Mercati. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Giovanni Castellaneta, Riccardo Monti, Domenico Arcuri, Elio Menzione, Alessandro Busacca, Massimo Pavin, Franco Masello, Matteo Zoppas

Strategie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46 Nicola Tognana, Stefano Sansavini

Politica economica . . . . . . . . . 50 Antonio Tajani

Competitività . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 Luigi Nicolais, Carlo Tricoli

Formazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 Elena Donazzan, Giuseppe Caldiera

Know how italiano . . . . . . . . . . 66 Gianfranco Zoppas

Manifatturiero . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 Lorenzo Barro, Gloria Gasparini, Eligio, Michele e Marino Moratto, Olson Rodeny, Waldi Franzon, Silvio Ceccato

Meccanica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 Christian Lazzari, Marino Spiazzi, Matteo Poier, Giorgio Anselmi

Packaging . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92 Lorenzo Campaner e Luca Antonello

Metalli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 Luciano Giacomelli, Severino Grisi

6 • Dossier Veneto 2014


Chimica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100

Reati fiscali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150

Innovazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102

Turismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154

Bruno Stancanelli

Bruno Buratti

Gabriella Bacchin, Camillo Piccin, Renzo Roncadin, Mario Pedrazzini Made in Italy . . . . . . . . . . . . . . . . . 110 Antonio Piocca, Paolo D’Ambroso

Dario Franceschini, Marino Finozzi, Sergio Calò

Nautica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162 Luigi Cesare Casarola

Agroalimentare . . . . . . . . . . . . . . 114

Trasporti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166

Mario Guidi, Domenico Zonin, Franco Manzato, Cosimo Piccinno, Alberto Aldegheri, Marco Sartori, Luca Girardi, Ermenegildo Giusti, Bruno Franceschini, Emanuele Zuanetti, Mauro Casagrande, Franco Passarini, Mattia Tirapelle

Francesco Fogliani, Stefano e Claudio Stevanin, Massimo Stegagno, Joseph De Maio, Ernesto Zanetti

Edilizia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 178

Credito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142

Valeria Vettorello, Diego Benetti, Andrea Bonotto, Daniel Baldisseri, MADE expo

Diritto processuale . . . . . . . . 148

Materiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192

Massimo Doris, Michela Colin Marco De Cristofaro

Sopra, Dario Franceschini, ministro dei Beni e delle attività culturali e del Turismo. Sotto, Mario Guidi, presidente di Confagricoltura

Massimo Gasperin

Interni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196 Maurizio Longato

Sostenibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . 198 Marialuisa Coppola, Luigino Boito

Agroalimentare

Procreazione assistita . . . 204 Marco Torrazzina

Appalti pubblici . . . . . . . . . . . . 206 Sergio Santoro

p. 114

In alto, Gianfranco Zoppas all’interno di uno degli stabilimenti Sipa a Vittorio Veneto (TV). Sotto, Lorenzo Campaner e Luca Antonello, amministratori della Meccanica Italiana Srl di Badoere di Morgano (TV)

Dossier Veneto 2014 • 7



L’intervento

Francesco Peghin, presidente della Fondazione Nord Est

Quando l’export non può bastare l sistema produttivo del Nord Est conferma anche nel 2013 la sua dinamicità sui mercati esteri, con un dato decisamente positivo, pari al +2,3 per cento, a fronte di un dato nazionale che si attesta a -0,1 per cento. In particolare, il Trentino Alto Adige raggiunge il +3,08 per cento, il Veneto +2,79 e solo il Friuli Venezia Giulia paga le crisi aziendali con una frenata di -0,55. Il 50,9 per cento delle imprese nordestine con più di 10 addetti oggi intrattiene rapporti produttivi e commerciali con l’estero: un dato in crescita rispetto al 47,6 per cento nel 2012 e superiore rispetto al 44,5 per cento dell’Italia. Pur con un sistema Paese che continua a essere paralizzato, viziato dall’incapacità di governare le insufficienti politiche di sviluppo, il Nord Est - grazie alla vitalità, alla qualità, alla capacità di innovazione delle sue imprese - continua dunque a trainare l’Italia ai primi posti nel ranking mondiale della competitività negli scambi internazionali con un saldo commerciale che ha fatto segnare un record storico, passando dai 12,1 miliardi del 2010 ai 21,7 miliardi del 2013. Tuttavia, questo risultato è frutto anche del calo delle importazioni, dunque della rinuncia a una componente importante dei consumi e degli investimenti, compresa una significativa quota di “reshoring”, ovvero il rimpatrio della produzione manifatturiera da parte di quelle aziende che in passato

I

avevano delocalizzato. Se, quindi, la domanda estera è stata e rimane una delle componenti fondamentali dello sviluppo del nostro territorio, uno dei pochi segnali confortanti nell’ambito di una crisi lunga e difficile, da sola non basta a trainare l’economia del Nord Est fuori dalle difficoltà attuali. Se si vuol tornare a crescere, a essere protagonisti, è necessario ripensare la competitività in un nuovo contesto internazionale: dobbiamo puntare all’innovazione, dobbiamo portare la rivoluzione digitale all’interno delle nostre aziende così da incentivare lo sviluppo di una nuova manifattura. E potremmo essere in prima linea sulla frontiera di questa rivoluzione. Ma serve una nuova politica industriale per rilanciare l’economia di questa Italia ingessata da un sistema burocratico che rappresenta un disincentivo a investire nel Belpaese, dove il costo dell’energia è del 30 per cento superiore rispetto al resto d’Europa e dove c’è un carico fiscale tra i più alti al mondo. In questo contesto serve una politica capace rispondere in fretta al fallimento delle riforme federaliste per ristabilire quella credibilità economica e quella stabilità sociale che sono cruciali per far ripartire gli investimenti nel nostro Paese. •

È necessario ripensare la competitività in un nuovo contesto internazionale Dossier Veneto 2014 • 11



L’intervento

Guido Carella, Presidente Manageritalia

L’Italia che esporta i manager ndare sui mercati esteri è oggi per un’azienda un vero must, ma lo sta diventando anche per i manager. Quelli italiani che lavorano e vivono all’estero in pianta stabile sono ormai più di 10mila. Il perché lo abbiamo chiesto a loro, con un’indagine che ha riguardato 447 manager espatriati, realizzata a luglio 2013 da AstraRicerche per Manageritalia e Kilpatrick Executive Search. Gli interpellati ci dicono che sono volutamente andati a lavorare all’estero (93 per cento), più spesso andando a cercare loro un’azienda che offrisse quell’opportunità (44 per cento) o concordandolo con l’azienda nella quale erano in Italia (49 per cento). I motivi che li hanno spinti all’estero sono legati al lavoro: possibilità professionali più stimolanti (51 per cento), voglia di un’esperienza internazionale (38 per cento), passaggio obbligato per fare carriera in azienda (24 per cento). Una scelta premiante: il 97 per cento è molto o abbastanza soddisfatto del lavoro, l’87 per cento della vita personale, l’81 per cento delle relazioni. E per andare all’estero, dicono, servono soprattutto: apertura al cambiamento (72 per cento), spirito di adattamento (71 per cento) e voglia di mettersi in gioco (51 per cento). Veniamo alle aziende. La principale causa del calo delle esportazioni è dovuta alle strategie di internazionalizzazione, in misura quasi doppia a quella della dimensione aziendale. Da questo discende che la dimensione non è di per sé sufficiente a rendere robusta un’azienda e la sua presenza sui mercati este-

A

ri, ma che è necessario associarvi, e ancor meglio, anteporvi strategie complesse. Allora, vorrei fosse chiaro che la moda dell’export manager è sana e benvenuta. Ma intendiamoci, un bravo export manager, che al plurilinguismo associ ottima conoscenza di gestione di quei mercati, non basta. E comunque crea una presenza che, in un mercato concorrenziale e in continuo cambiamento, non basta e rischia di venir meno appena la concorrenza abbassa i prezzi o alza la qualità. I manager e l’organizzazione manageriale necessari a presidiare quei mercati sono ben altri e richiedono un’azienda che punti, prima di tutto, sull’head quarter, su qualità del capitale umano, intensità di investimento materiale, capacità di innovare, qualità del prodotto e organizzazione. E che, oltre a vendere, intraprenda relazioni, collaborazioni e sinergie. La strada per il successo comincia in patria, con una vera gestione manageriale strategica. Servono una forte capacità di leggere il contesto culturale e di business locale, di farlo proprio e di penetrarvi appieno con forme di collaborazione e partnership orizzontali, a monte o a valle delle catene del valore. Catene in cui, ricordo, occorre mantenere un valore distintivo dinamico e difficilmente sostituibile. •

Occorre leggere il contesto di business locale, puntando su forme di collaborazione orizzontali Dossier Veneto 2014 • 13



L’intervento

Marco De Bellis Avvocato del Foro di Milano e fondatore dello Studio Marco De Bellis & Partners

Il trasferimento d’azienda a vendita da parte di un imprenditore del proprio sito produttivo (c.d. trasferimento di azienda) ha conseguenze anche sui rapporti di lavoro. Alcune classiche ipotesi di trasferimento di azienda sono la cessione, la fusione, la scissione, l’usufrutto, il franchising e la successione ereditaria. Non rientrano nella nozione di trasferimento di azienda le operazioni societarie che non incidono sull’autonoma soggettività giuridica delle società interessate e non valgono a integrare il passaggio della titolarità dell’azienda (ad esempio, la cessione del pacchetto azionario di controllo). La normativa di riferimento si applica anche al trasferimento del “ramo d’azienda”, che è l’articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, idonea allo svolgimento dell’attività di impresa. In questo caso la normativa sul trasferimento si applica ai lavoratori che siano stabilmente addetti al ramo trasferito che, con i beni ceduti, passano alle dipendenze del nuovo imprenditore (c.d. “cessionario”). Il lavoratore “ceduto” conserva tutti i diritti già maturati al momento della cessione (anzianità, retribuzione, qualifica, mansioni svolte). Cedente e cessionario sono solidalmente responsabili nei confronti dei dipendenti ceduti per quei crediti maturati all’atto del trasferimento. I rapporti di lavoro dei dipendenti ceduti proseguono con il cessionario senza necessità del consenso dei lavoratori. Dopo il trasferimento, ai lavoratori ceduti viene applicato il contratto collettivo in vigore presso il cessionario, purché del medesimo livello. Qualora il cedente occupi complessivamente più di 15 dipenden-

L

ti, la legge prevede l’applicazione di una preventiva procedura di informazione e consultazione con i sindacati. In caso di mancato rispetto della procedura sono previste sanzioni a carico di entrambe le imprese (in qualche caso, il trasferimento è stato ritenuto nullo). La procedura inizia con una comunicazione scritta che cedente e cessionario, ognuno per proprio conto, devono inviare alle organizzazioni sindacali contenente la data prevista o proposta del trasferimento, i motivi, le conseguenze giuridiche, economiche e sociali, le eventuali misure previste a favore dei lavoratori. La comunicazione deve essere inoltrata almeno 25 giorni prima che sia perfezionato l’atto da cui deriva il trasferimento. Entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione, le rappresentanze sindacali possono richiedere per iscritto a cedente e cessionario un “esame congiunto” che, nei 7 giorni successivi al ricevimento della richiesta, tali imprese devono avviare. Si tratta di un incontro con i rappresentanti di entrambe le aziende e con i soggetti sindacali interessati e ha carattere meramente informativo. Se nei 10 giorni successivi all’inizio della consultazione non viene raggiunto alcun accordo, l’esame si intende comunque esaurito e le aziende interessate hanno la facoltà di procedere al trasferimento. •

La normativa di riferimento si applica anche al trasferimento del “ramo d’azienda” Dossier Veneto 2014 • 15


News ECONOMIA

La ripresa c’è, il lavoro non ancora Il Nordest sta rialzando la china e a stimolare il rilancio del Pil saranno le province di Bolzano (+1,7%), Treviso (+1,6%), Padova e Pordenone (entrambe con +1,3%). Lo segnala è la Cgia di Mestre che ha redatto la previsione di crescita per il 2014 delle 13 province dell’area (l’aumento medio del Pil sarà dell’1,1%), sottolineando però che non è prevista una crescita dell’occupazione. La Cgia ha anche calcolato l’aumento del tasso di disoccupazione dall’inizio della crisi fino al 2013. Le situazioni più critiche si sono verificate a Venezia (+5,7), Padova (+5,5), Pordenone (+5,1) e Belluno (+ 5). •

PRESSIONE FISCALE

Nel 2014 salirà dello 0,2% A dirlo è la Cgia di Mestre, secondo cui a guardare i dati contenuti nel Def del governo, quest’anno la pressione toccherà il record storico già raggiunto nel 2012. «Nonostante questa cattiva notizia – segnala il segretario Giuseppe Bortolussi – per le famiglie e le imprese non dovrebbe verificarsi nessun aumento». In termini assoluti, segnala la Cgia, nel 2014 è previsto un incremento delle entrate fiscali pari a 14,9 miliardi di euro: poco più 14 miliardi riconducibili alle entrate tributarie e circa 870 milioni dai contributi sociali. Se si rapportano le entrate fiscali totali previste per quest’anno, pari a 698,3 miliardi di euro, al Pil nominale, che nel 2014 ammonterà 1.587 miliardi di euro, la pressione fiscale è destinata salire al 44 per cento. •

Mercati, Renzo Rosso guarda all’Africa «Mercati emergenti? Tutti i mercati vanno seguiti in modo particolare: adesso bisogna essere dappertutto, in un mondo globale e digitale in cui Internet è fondamentale. L'Africa interessa. Troviamo molto interessanti alcuni mercati nuovi come Costa d'Avorio, Senegal, Nigeria».

16 • Dossier Veneto 2014


EXPORT/1

Nel 2013 Nordest a +2,3%

FONDI EUROPEI

Veneto Banca a Bruxelles con Unioncamere e Regione L’istituto di Montebelluna ha sottoscritto una convenzione di domiciliazione a Bruxelles presso la sede di Regione Veneto e Unioncamere. Gli uffici di Bruxelles promuovono la visibilità e la rappresentatività del sistema economico, sociale e culturale del Veneto verso le istituzioni comunitarie per agevolare il processo d’integrazione europea. A Bruxelles Veneto Banca fornirà informazioni e consulenza alle aziende venete e metterà in campo specifici finanziamenti al fine di agevolare l’utilizzo dei fondi europei da parte delle imprese (con la programmazione 2014-2020 saranno 80 i miliardi disponibili). •

Triveneto protagonista sui mercati mondiali, con un +2,3% a fine 2013 fa meglio dell’Italia (-0,1%) e pesa il 18% sul totale dei movimenti dal Belpaese verso estero. Nello specifico, il Trentino Alto Adige ha raggiunto nel 2013 il +3,08%, il Veneto +2,79 e solo il Friuli Venezia Giulia ha pagato le crisi aziendali aperte con una frenata dello 0,55. E il 96,5% dell’export nel Nordest è generato dal manifatturiero (95,8 in Italia). Il dato più interessante, in termini quantitativi, è però relativo al saldo commerciale, mai così elevato in Italia dall’entrata nell’euro, arrivato a un record storico per il Nordest. Entrambi i dati sono in crescita da 4 anni: per l’Italia si è passati da -30 a + 30,7 miliardi di euro tra il 2010 e il 2013; per il Triveneto il salto è stato da 12,1 a 21,7 miliardi. Per quanto riguarda i mercati, i dati evidenziano un riorientamento geografico verso gli Stati Uniti, l’Europa orientale (Russia in primis), Medio Oriente e Asia orientale. La domanda dall’Ue continua a essere fredda, pur rimanendo il mercato domestico la destinazione principale del made in Nordest. Dal punto di vista merceologico va segnalato la buona performance di tutti i settori di specializzazione dell’industria manifatturiera del Nordest, con una crescita particolarmente forte dell’industria alimentare, del sistema moda e dell'automazione. •

Dossier Veneto 2014 • 17


News TURISMO

Tassa di soggiorno, chi la riscuote? Uno degli aspetti più dibattuti della riforma del Titolo quinto della Costituzione è la centralizzazione di alcune competenze regionali, che riguarderebbe anche il turismo. «È condivisibile evitare di disperdere in mille rivoli la promozione turistica del nostro Paese, concentrando le energie su un’unica strategia che ponga al centro il brand Italia» dichiara Antonello De Medici, presidente di Federturismo Veneto. Per accrescere il ruolo delle regioni, De Medici avanza una proposta sulla tassa di soggiorno: «Perché non proporre che una percentuale significativa della tassa, che i comuni turistici riscuoto annualmente, resti al territorio regionale di competenza per lo svolgimento delle attività di promozione?». •

BANDI

Registro delle imprese storiche Fino al prossimo 30 giugno, le aziende che hanno una storia centenaria potranno presentare la domanda di iscrizione al registro creato da Unioncamere nel 2011. Si tratta di uno strumento di valorizzazione delle imprese che, nella longevità ultracentenaria, testimoniano la capacità di coniugare innovazione e tradizione, apertura al mondo e appartenenza alla comunità. Tutte le imprese con una storia centenaria possono presentare domanda presso la Camera di commercio dove hanno sede. •

18 • Dossier Veneto 2014


EXPORT/2 Nel 2013 gli scambi commerciali delle imprese venete con i paesi stranieri hanno fatto registrare buone performance. Bene agroalimentare, vino, occhiali e oreficeria.

Le aziende vicentine guidano la classifica regionale, facendo registrare il più alto incremento rispetto all’anno scorso, grazie soprattutto ai risultati ottenuti dalla ceramica artistica di Bassano del Grappa che ha segnato + 16,5%.

VICENZA +7,4 MILIARDI

I comparti trevigiani che più hanno contribuito alla crescita dell’export sono stati quelli del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene (+14,4%) e degli elettrodomestici della “Inox valley” (+14,6%).

TREVISO +4,68 MILIARDI

La quota di Padova sul totale dell’export regionale si è attestato al 16,5% nel 2013. A trainare le esportazioni delle imprese padovane è soprattutto l’hi-tech, seguono il sistema moda e il settore della chimica-gomma-plastica.

PADOVA +3,47 MILIARDI

E-COMMERCE

Una piattaforma per le imprese Nell’era di Internet la possibilità di fare affari e vendere i prodotti via web è un’opportunità irrinunciabile per le imprese. Per questa ragione Poste Italiane ha ideato un prodotto “chiavi in mano”, ma nello stesso tempo modulare e implementabile, a un costo competitivo, che consente di cominciare a fare le prime transazioni via web già nell’arco di circa una ventina di giorni dopo il primo contatto tra produttore e società postale, intersecando anche le normative straniere e le diverse possibilità di pagamento elettronico. Al momento il sistema è orientato ai Paesi europei e al Nord America, ma guarda anche alla Cina e a quei Paesi con il più alto potenziale di crescita. •

Dossier Veneto 2014 • 19


In copertina • Alberto Baban

Il segreto del successo

Innovare e investire in tecnologia è fondamentale, per questo in Veneto è nata Innovarea, una partnership tra sapere e saper fare. Ne parla Alberto Baban erché un’azienda è vincente e un’altra, che produce lo stesso prodotto magari a poche centinaia di metri, no? Perché, se la è crisi globale, alcune imprese vedono il proprio fatturato crescere a due cifre e altre invece tirano giù le serrande? Si può rispondere citando Adam Smith e la mano invisibile del mercato, che premia chi merita e condanna chi no. O magari la selezione naturale di Charles Darwin. Ma in un mercato complesso come quello contemporaneo non si tratta sempre di merito e demerito. Sempre più spesso, infatti, i risultati di un’azienda sono la risultante di una funzione ricca di incognite che non sono sempre frutto della matematica. L’idea di Innovarea è quella di capire quali sono, in modo da poterle isolare e renderle disponibili anche per quelle aziende che in questo momento stanno arrancando. A questo scopo sono state analizzate 33mila imprese venete ed è stato elaborato un algoritmo che ha consentito di estrapolare quelle aziende che, nonostante la crisi, sono comunque cresciute in fatturato e dimensione, hanno esportato e aumentato il valore aggiunto dei loro prodotti. Vicepresidente nazionale e presidente delle pmi di Confindustria, Al-

P

20 • Dossier Veneto 2014

berto Baban è fra gli ideatori di questo progetto. Secondo l’imprenditore padovano titolare di Tapì, azienda che produce tappi sintetici, il bilancio sinora è positivo: «Innovarea sta superando il confine regionale e stiamo lavorando a livello nazionale, attraverso il canale di Confindustria, affinché il metodo e la visione possano essere applicati su una più ampia casistica». In cosa consiste il progetto? «È nato grazie alla collaborazione tra Confindustria Veneto e Regione, in particolare con l’assessorato allo Sviluppo economico e l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Si tratta di un piano di politica industriale che studia il tessuto produttivo del territorio e identifica le imprese su cui puntare per la ripresa economica. A ottobre 2013 le aziende identificate

sono state coinvolte nel lancio ufficiale dell’iniziativa e inserite in un progetto che le identifica come nuovi driver. Con loro stiamo cercando di estrapolare la ricetta che le ha rese competitive e vincenti nonostante le condizioni di contesto non vantaggiose. Prenderemo questo loro dna per contaminare anche le altre aziende che non hanno avuto questi risultati; a loro restituiamo un percorso di alta formazione che prevede degli incontri con specialisti che li informino sui trend mondiali e su tutti i processi evolutivi più interessanti». Le pmi rappresentano una delle roccaforti del sistema produttivo italiano e veneto. Come vincere la sfida dell’internazionalizzazione e in che modo le reti d’impresa possono fungere da catalizzatore? «Non esiste la questione di dimen-


Alberto Baban • In copertina

I nostri prodotti devono essere riconosciuti soprattutto perché sono “brain in Italy” sione per un’azienda che vuole internazionalizzarsi. Dipende su che nicchia di mercato insiste la singola attività. La conquista dei mercati esteri è diventata una necessità cogente, che dipende anche dalla continua stagnazione del mercato interno. Dobbiamo insistere, in particolare, per agevolare le pmi nei loro percorsi di avviamento verso processi di internazionalizzazione, aziende che più delle altre hanno la necessità di associarsi attraverso la costituzione di reti e consorzi per organizzarsi e raggiungere i mercati esteri. Le modalità di aggregazione possono essere molteplici, ma la regola fondamentale rimane quella di muoversi con organizzazioni più complesse rispetto alla singola impresa, per un approccio più efficace con Paesi che spesso hanno regole diverse dalle nostre, siano esse culturali o più semplicemente di richiesta di prodotto». Quali sono, secondo lei, le politiche più urgenti per favorire com-

Alberto Baban, presidente nazionale della sezione Piccola industria di Confindustria

petitività, internazionalizzazione e innovazione che da una parte deve prendere il governo e dall’altra devono adottare le singole imprese? «L’Italia ha perso competitività per diverse ragioni, ma principalmente per l’eccessiva tassazione sul lavoro, l’elevato costo dell’energia, la bassa produttività, i tempi lunghi della giustizia civile e la scarsità di infrastrutture. Il discorso è veramente complesso, ma il solo pensiero di cosa avrebbe potuto fare il nostro paese con tutte quelle risorse disperse da una malagestione della macchina pubblica è veramente disarmante. Siamo ancora il secondo paese manifatturiero in Europa e il settimo al mondo: questo unicamente per la capacità e la perseveranza dei nostri imprenditori. Il nostro tesoro è il capitale umano, che contribuisce alla costituzione di un capitale sociale ferito dal

protrarsi della crisi economica, che vuole comunque resistere e reagire. Lo Stato può fare molto. Per esempio la de-contribuzione degli utili reinvestiti in azienda, la riduzione e razionalizzazione fiscale, la semplificazione legislativa, la riforma della giustizia e l’obbligatorietà dei tempi di esecuzione. In particolare, a mio avviso per l’internazionalizzazione serve rafforzare l’Ice e consolidare un piano strategico mirato a individuare i Paesi dove sia realmente possibile instaurare relazioni commerciali. Le imprese, per loro conto, devono capire meglio come si accede ai nuovi mercati aiutandosi anche con l’utilizzo delle tecnologie informatiche digitali». Tapì, la sua azienda, è una realtà export-oriented, anche a livello di produzione. Quali sono le difficoltà su questo fronte? «Mi piacerebbe dire poche, ma in re-

Dossier Veneto 2014 • 21


In copertina • Alberto Baban

Siamo ancora il secondo paese manifatturiero in Europa e il settimo al mondo

15

I ricercatori di Ca’ Foscari che hanno analizzato più di 2.500 imprese venete, individuando strategie e modelli di business

22 • Dossier Veneto 2014

altà le complessità sono davvero molteplici. Innanzitutto serve una struttura capace di vendere all’estero e servono investimenti che non hanno delle rese immediate. La produzione all’estero per un imprenditore come me - che ha sempre creduto nel proprio paese e continua a farlo - ha senso solo nell’ottica di prossimità al cliente e di manifattura a basso contenuto tecnologico e di competenza. Avere delle produzioni all’estero per un’azienda internazionalizzata può dunque diventare strategico, ma è fondamentale che queste attività servano per aumentare la capacità di investimento dell’azienda e per consolidare le attività di R&S e le produzioni ad alto valore aggiunto in Italia». Come ha reagito la sua azienda alla crisi economica, su cosa ha scommesso per non perdere quote di mercato?

«Abbiamo sempre diversificato i mercati. Negli ultimi anni ci sono stati alcuni mercati che sono andati meglio di altri e, quindi, per noi è stato importante avere un portafoglio di presenza internazionale variegato. È necessario capire in anticipo quali sono le piazze più capaci di crescere e costruire partnership durature con i clienti, innovando continuamente i propri prodotti. L’Italia ha ancora un buon margine per essere riconosciuta come produttore di prodotti di qualità e di più alto valore aggiunto. Dobbiamo rimanere sull’offerta di merci e servizi che abbiamo, non solo il requisito di made in Italy, ma soprattutto di “brain in Italy”. I mercati corrono a ritmi a cui non siamo abituati, quindi non resta che stare al passo e pensare che quando un prodotto funziona, probabilmente è già superato». Teresa Bellemo



Mercati • Crescono i Bric

Il Veneto guarda oltre l’Europa

Le esportazioni regionali si dirigono sempre più verso Brasile, Russia, India e Cina e Medio Oriente. Trainano manifattura specializzata e agroalimentare n uno scenario nazionale che ha visto il Nord Est imporsi nel 2013 come locomotiva dell’export, con un saldo commerciale positivo di quasi 44 miliardi, il Veneto si conferma la seconda regione italiana per valore di beni esportati dopo la Lombardia. Il 13,5 per cento delle vendite estere nazionali va ricondotto infatti al Veneto, il cui commercio con l’estero ha registrato l’anno scorso un aumento del 2,8 per cento rispetto al 2012, raggiungendo un valore di 52,6 miliardi di euro correnti. A tratteggiare il quadro è il rapporto “L’economia del Veneto nel 2013 e previsioni 2014”, realizzato dal centro studi di Unioncamere Veneto. In base ai dati contenuti nell’indagine, Germania, Francia e Stati Uniti (l’incremento delle esportazioni in questo caso tocca il 6,7 per cento per 3,5 miliardi di euro) restano i partner commerciali privilegiati del sistema produttivo regionale, ma emergono anche nuovi interlocutori che attestano il crescente interesse del Veneto verso i mercati extra-Ue. Frenano le vendite dei prodotti manifatturieri regionali nel Vecchio Continente, anche nei due principali mercati di riferimento: diminuiscono infatti le esportazioni verso la Francia, -0,2 per cento rispetto al 2012 (per un valore di 5,1 miliardi), mentre quelle verso la Germania fanno registrare un tiepido +0,1 per cento (quasi 7 miliardi di euro) nello stesso periodo. Il maggior dinamismo dell’export veneto si realizza allora sui mercati dei paesi Bric. Complessivamente, le vendite verso questi paesi sono aumentate nel 2013 del 6,4 per cento. Russia e Brasile mostrano, in particolare, performance positive: la Russia incrementa del 9,9 per cento l’acquisto di beni manifatturieri veneti per un valore di 1,8 miliardi di euro; il Brasile raggiunge il 6,5 per cento con 503

I

36 • Dossier Veneto 2014

+2,8% L’aumento delle esportazioni del Veneto nel 2013


Crescono i Bric • Mercati

milioni di euro. Anche la Cina torna a far sentire la propria voce. Nel 2013, l’acquisto di prodotti veneti da parte del colosso con gli occhi a mandorla è cresciuto del 6,8 per cento (1,4 miliardi di euro), indirizzandosi principalmente verso macchinari, prodotti alimentari, abbigliamento e calzature. Brusca frenata, invece, per l’India, con un calo delle esportazioni dell’8,9 per cento, che colpisce soprattutto i macchinari e le apparecchiature made in Veneto. Si fanno più sostenute le esportazioni verso l’Asia orientale (+7,8 per cento) e il Medio Oriente (+10,1 per cento). Da sottolineare l’exploit di vendite verso Hong Kong (+20,2 per cento), Emirati Arabi (+12), Arabia Saudita (+11,9), Qatar (+26,9) e Vietnam (+46,7). In America Latina si fa notare anche il Messico (+30 per cento l’export rispetto al 2012) e resta promettente, nonostante il rallentamento dell’economia del Sudafrica, il mercato africano, con scambi commerciali che fanno segnare un incremento del 9,7 per cento per quasi due miliardi di euro di beni. Concentrando il focus sui settori produttivi, dal rapporto di Unioncamere emerge come siano i comparti ad alta specializzazione della manifattura veneta a registrare i più elevati tassi di crescita, rappresentando le più concrete opportunità di sviluppo. È aumentata del 3,3 per cento la vendita di macchinari, che costituisce la primaria voce dell’export regionale. Tra i prodotti il cui valore supera la soglia dei due miliardi di euro, spiccano l’abbigliamento (+4,8 per cento), l’occhialeria (+5,6), le calzature (+4,1) e i prodotti della concia e della lavorazione pelli (+11,4). In particolare, l’occhialeria veneta mantiene il suo appeal nei confronti di Stati Uniti, Francia e Germania, registrando al contempo un boom di esportazioni verso i paesi emergenti quali Turchia, Emirati Arabi, Brasile, Russia e Tailandia. Continua, inoltre, il trend positivo del settore

+6,4% Aumento dell’export verso i Bric nel 2013

alimentare che già aveva incamerato risultati lusinghieri nel 2012. Le specialità alimentari venete fanno nel 2013 un ulteriore balzo del 6,1 per cento (2,5 miliardi di euro), così come le bevande, le cui esportazioni aumentano del 10,4 per cento (1,8 miliardi). A fare la parte del leone resta il settore vinicolo. Bene anche gli elettrodomestici (+8,1 per cento le vendite oltre confine) e il settore carta e stampa. Negativi, invece, i numeri del comparto metallurgico, dei mezzi di trasporto e componentistica, dei filati e tessuti. Francesca Druidi

Dossier Veneto 2014 • 37


Mercati • Il progetto FarExport

Estero, la pista vincente

Per Massimo Pavin internazionalizzare è la via obbligata per affrontare la crisi e tornare a crescere. Ma superando il fai da te. «Porteremo più di 3mila nuove pmi all’estero» a ripresa dell’industria padovana guarda all’estero. Perché se è vero che senza rilancio della domanda aggregata non ci sarà vera svolta, a fronte di consumi asfittici è solo la componente estera a guidare la graduale risalita. Lo conferma l’accelerazione dell’export padovano a fine 2013, trainato dalle vendite extra Ue. A riprova che è l’internazionalizzazione la vera chiave della riscossa. «Ma occorre ampliare le imprese export-oriented, allargare i confini dei mercati, superare i limiti della dimensione» sottolinea il presidente di Confindustria Padova, Massimo Pavin. Né grande né piccola, ma «adeguata ai mercati e ai settori nei quali si compete. Utilizzando anche le reti. Conta presentarsi uniti e organizzati». Nella dinamica delle esportazioni regionali, com’è variata la performance dell’industria padovana negli ultimi mesi? «È indubbio che il lento recupero dei livelli produttivi, ancora molto lontani da quelli pre-crisi, sia trainato dalla domanda estera, visto che il mercato interno è fermo. Nei primi nove mesi del 2013 l’export padovano è cresciuto dell’1,8 per cento, in linea col dato regionale del 2 per cento e in controtendenza rispetto alla flessione nazionale dello 0,3 per cento. Stando alla nostra congiunturale, anche nel quarto trimestre l’export ha accelerato dell’8,2 per cento tendenziale sia nei mercati extra Ue che in Europa. Allargare i con-

L

Il nostro tessuto è fatto soprattutto da pmi, tante ancora non internazionalizzate

38 • Dossier Veneto 2014

1,8% La crescita dell’export padovano nei primi nove mesi del 2013

fini dei mercati e presidiarli, specie dove è più intensa la domanda, è uno dei driver per stimolare la ripresa. Spesso, però, le imprese non hanno struttura e risorse adeguate per farlo». Per reagire alla stagnazione interna, avete avviato il progetto FarExport assieme a Confindustria Treviso e Vicenza. Quali gli obiettivi? «Si tratta di un servizio rivolto in particolare ai nuovi esportatori potenziali. Vuol rispondere alla neces-


Il progetto FarExport • Mercati

sità delle piccole e medie imprese, associate e non, di trovare nuovi mercati di sbocco, senza fallire il colpo. Fornisce un supporto qualificato all’orientamento all’estero, riducendo il rischio di disperdere risorse nella ricerca casuale di opportunità. Grazie alla forza della sinergia, puntiamo ad alzare la qualità della consulenza. Possiamo già dire di aver fatto centro: FarExport ha poco più di un mese e già abbiamo decine di richieste». Come si articola il vostro intervento? «Nella fase iniziale, per ogni azienda viene fatta una prima analisi allo scopo di individuare i paesi e i mercati più promettenti. Successivamente, si focalizzano i punti di forza e debolezza nell’internazionalizzazione dell’impresa non esportatrice: struttura aziendale e processo produttivo, logistica, marketing. Per le aziende che già esportano, viene invece realizzata un’analisi di posizionamento sui mercati rispetto ai

Massimo Pavin, presidente di Confindustria Padova

competitors. FarExport si occupa soprattutto di ricerca partner, con un occhio a individuare possibili cluster di aziende a cui suggerire reti o aggregazioni». Il progetto favorirà in particolare le imprese meno strutturate. Quante sono quelle che operano ancora ai margini del mercato globale? «Il nostro tessuto è fatto soprattutto da pmi, tante ancora non internazionalizzate. Una strada che hanno già intrapreso stabilmente in Veneto oltre 6.000 imprese manifatturiere con almeno 10 addetti, su un totale di 11.248. Tra Padova, Treviso e Vicenza ci sono oltre 4.100 di questi esportatori, che generano il 65,8 per cento dell’export regionale. Il nostro obiettivo è ambizioso, ma realistico: portare all’estero, da sole o in rete, almeno 3 mila nuove pmi venete che fino ad oggi non esportano e operano in prevalenza sul mercato domestico». Che ruolo hanno i partner pubblici? «Possono avere un ruolo sempre più importante. Penso alla nuova Ice, con cui abbiamo appena firmato un accordo per l’accesso a tariffe scontate ai servizi dell’agenzia nel mondo, anche nei paesi più difficili. Uno sforzo congiunto per “allevare” nuovi esportatori e supportare quelli già export-oriented. A livello locale, siamo convinti si debba evitare la balcanizzazione di risorse nei rivoli di associazioni, Camere di commercio e aziende speciali di ogni provincia, e concentrarle in un unico fondo con la regia della Regione, per radicare il maggior numero di pmi nelle aree di nuovo sviluppo».

Dossier Veneto 2014 • 39


Mercati • Il progetto FarExport

Moltiplicatore di export Veneto Promozione aiuta le imprese regionali a guadagnare visibilità internazionale, favorendo gli incontri d’affari gni anno mette a punto un fitto calendario di iniziative improntate alla valorizzazione del sistema produttivo veneto nel mondo. A cui associa attività di diplomazia economica, assistenza alle imprese, servizi formativi e promozionali. Veneto Promozione, società compartecipata dalla Regione e da Unioncamere Veneto, è l’organo che si occupa di consolidare la competitività internazionale del made in Veneto. «Il mondo contemporaneo – sottolinea il presidente Franco Masello – si è arricchito di hub di rilevanza strategica, nuove economie cresciute attraverso ambiziose politiche pubbliche e l’apertura agli investimenti esteri. Queste sono le realtà protagoniste di gran parte delle nostre attività». Come si è articolato il vostro programma di attività l’anno scorso? «Nel corso del 2013 abbiamo realizzato 26 seminari dedicati ad altrettanti Paesi, 17 missioni economiche all’estero, 10 workshop, di cui 9 svolti all’estero, 9 giornate di formazione specialistica sul commercio internazionale, 6 fiere, 6 iniziative di assistenza alle imprese e 5 incontri di promozione di altra natura». Quante le aziende coinvolte e quali progetti hanno riscosso maggior successo? «Alle iniziative hanno partecipato 2.600 aziende venete e 1.400 estere, generando 8.400 incontri d’affari. Il successo della nostra attività è stato confermato dal gradi-

O In tema di internazionalizzazione, quali iniziative avete in cantiere? «Due su tutte: a settembre 2014 è in calendario una missione in Indonesia e Thailandia per imprese di tutti i settori, per approcciare due mercati in forte espansione. A novembre torneremo a Dubai per il Big 5 Show con le aziende delle costruzioni e merceologie collegate. È la quattordicesima volta che saremo negli Emirati Arabi e possiamo dire che, in ambito associativo, Padova è diventata un punto di riferimento per l’area del Golfo». Giacomo Govoni

40 • Dossier Veneto 2014

2.600

Le aziende venete coinvolte nelle iniziative di Veneto Promozione nel 2013


Missioni imprenditoriali • Mercati

mento dei partecipanti: il 95 per cento ha espresso una valutazione molto positiva sull’assistenza ricevuta e sulla qualità degli operatori esteri incontrati. L’identica percentuale, tra l’altro, di chi chiede di essere coinvolto in nuove attività». A quali settori state dedicando maggior attenzione nell’ottica di promozione internazionale del know-how veneto? «I progetti sono dedicati a settori strategici quali arredamento, moda, meccanica, costruzioni e beni di consumo. C’è inoltre grande attenzione ai comparti all’avanguardia per grado tecnologico, impronta ambientale e valore aggiunto presso i mercati più dinamici, tra cui l’industria alimentare, le nanotecnologie, le tecnologie ambientali, infrastrutture, oil & gas, meccanizzazione agricola, sistema persona. Inoltre, crediamo che la

promozione dell’offerta turistica veneta possa sensibilizzare i mercati esteri sulle nostre eccellenze produttive». Verso quali Paesi target state indirizzando la parte più significativa delle vostre iniziative? «Il 74 per cento delle iniziative saranno dedicate alle aree emergenti extraeuropee, ovvero Asia, Medioriente, le undici Repubbliche dell’ex Unione Sovietica appartenenti alla Comunità degli Stati Indipendenti, Africa e Sud America». Presto partirà un grande progetto con la Cina incentrato sull’agroalimentare. Quale spazio riserverà alle pmi? «Nel 2013 la Cina è divenuta la prima potenza commerciale scavalcando gli Usa e il secondo sorpasso avverrà nel 2016, quando il Pil cinese a prezzi costanti supererà quello americano. Su mandato della Regione e con la collaborazione dell’Università Ca’ Foscari, realizziamo un programma annuale di iniziative dedicate alla Cina e all’agroalimentare veneto. Rientrano in questa azione un workshop in Cina dedicato al trend, alla normativa e al sistema distributivo, l’accoglienza di una delegazione di operatori cinesi con annessa organizzazione di educational tour nel Veneto, e una giornata di incontri b2b tra aziende e operatori cinesi». Quanto può ancora crescere il volume di esportazioni venete in questo settore? «Nei primi nove mesi del 2013 il Veneto ha esportato prodotti agricoli, alimentari e bevande in Cina per 26,5 milioni di euro. Non è un azzardo dire che questo dato può essere moltiplicato per dieci». Giacomo Govoni

Dossier Veneto 2014 • 41


Mercati • Venezia punta sulla filiera

Il futuro della Laguna è nella rete Il territorio veneziano ha numerose specificità che in un momento come questo hanno bisogno di essere rinnovate e rilanciate. Confindustria Venezia ha accettato la scommessa e aziende veneziane, in particolare le pmi, non hanno avuto vita facile durante la crisi economica. È da questo assunto che parte la convinzione della necessità di un salto culturale che permetta loro di adottare un punto di vista globale e uscire così dai confini di un mercato interno regionale o nazionale che sembra offrire scarse possibilità di crescita. Ma questo è un processo che non avviene dall’oggi al domani e che richiede sostegno, grandi competenze e aggiornamento continuo. Anche per questo motivo Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Venezia, ha deciso di affiancare ad Agnese Lunardelli, che coordina le piccole e medie imprese, un manager con una lunga esperienza nel settore. Da 34 anni Giampiero Menegazzo opera a fianco delle aziende calzaturiere della Riviera del Brenta, che hanno fatto della qualità, dell’innovazione e del gusto un segno distintivo della produzione veneziana nel mondo. La particolare attenzione per le pmi, promessa da Zoppas, sembra dunque trovare compimento. «Obiettivo

L

42 • Dossier Veneto 2014

Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Venezia

primario di questo nuovo ingresso è proprio quello di sostenere le piccole e medie imprese associate che puntano sul commercio estero e sulle opportunità di business che da questo potrebbero scaturire per il proprio rilancio». Confindustria Venezia intende sostenere la crescita internazionale delle imprese, accompagnandole nel processo di ingresso e radicamento nei mercati esteri più promettenti e fornendo loro il bagaglio di conoscenze tecniche necessario per affrontare alla pari i partner e i competitor stranieri. Da sempre le aziende veneziane, essendo molto piccole, si sono organizzate in distretti. Come ammodernare questa struttura per un nuovo Rinascimento del territorio? «Serve un’accelerazione verso una fase più operativa del fare rete tra le


Venezia punta sulla filiera • Mercati

imprese, in modo da poter compiere un salto di qualità indispensabile per stare al passo con i competitor, spesso più globalizzati di noi. Per le pmi è cruciale riuscire a condividere esperienze e conoscenze per produrre innovazione. Solo se inserite in un sistema di filiera, connesso con i poli universitari e con i centri di ricerca e proiettato allo scambio e all’interazione continua, le nostre aziende potranno puntare al successo internazionale». Dal punto di vista delle istituzioni, invece, cosa ritiene più urgente per la ripresa economica del tessuto produttivo veneto e soprattutto veneziano? «Le istituzioni stesse, per prime, dovrebbero essere motori di sviluppo e non rallentatori burocratici dell’economia del territorio. C’è infatti molto da fare per migliorare l’attrattività e per aumentare la competitività del sistema produttivo locale, a partire dal potenziamento delle infrastrutture materiali e digitali, passando per la razionalizzazione della burocrazia e per la riduzione degli adempimenti amministrativi che gravano sulle imprese, fino alla risoluzione del problema dei ritardi nei pagamenti alle imprese da parte della Pubblica amministrazione. Per raggiungere questi obiettivi, e molti altri, abbiamo lavorato in sinergia con le istituzioni, sollecitandole e riuscendo a far dialogare soggetti pubblici e privati. Su alcuni progetti abbiamo già raggiunto degli importanti risultati intermedi: la firma di un protocollo per la creazione di zone “a burocrazia snella” nel territorio veneziano in stretta collaborazione con le amministrazioni comunali e con l’Università Ca’ Foscari; la razionalizzazione di alcuni processi cruciali nella logistica portuale; la formazione continua degli imprenditori, nell’ottica del “pronto soccorso d’impresa”, la tutela economica e occupazionale delle nostre competenze distintive, ad esempio nel comparto della croceristica». Come si può riuscire a rimanere un marchio di qualità a livello mondiale? Quali gli asset su cui puntare, e quali invece quelli da innovare per rimanere competitivi? «Solo attraverso l’originalità il distretto della calzatura della Riviera del Brenta potrà continuare a essere alfiere del made in Italy nel mondo, difendendo la sua posizione nei segmenti più alti del mercato internazionale. L’innovazione continua nei materiali e nel concept è strategica nella crescita non solo di questo settore, ma anche per le altre eccellenze veneziane quali il vetro, il tessile e il design. Ad esempio, le aziende del distretto della calza-

Ca’ Foscari ha messo in campo un team composto da 15 ricercatori e 45 studenti che, analizzando più di 2.500 imprese venete di successo, sta individuando modelli di business per guidare la ripresa dell’economia veneta

tura, rappresentate da Acrib, hanno stretto forti legami di collaborazione con il polo di formazione manageriale Cuoa e continuano a operare in simbiosi con il Politecnico calzaturiero. Grazie a queste caratteristiche hanno reso il comparto calzaturiero della Riviera del Brenta l’unico distretto a essere ritornato ai livelli di attività pre-crisi del 2009, raggiungendo risultati ragguardevoli nelle esportazioni. Nel 2012 il fatturato del distretto raggiungeva la cifra di 1640 milioni di euro, di cui il 91 per cento derivati dall’export». L’ultima volta avevamo parlato del progetto di Pierre Cardin per Venezia, che poi è naufragato. Cosa

Dossier Veneto 2014 • 43


Mercati • Venezia punta sulla filiera

pensa di questo epilogo? «Spesso anche Venezia, città cosmopolita per eccellenza, tende a chiudersi su posizioni di retroguardia, rischiando di non cogliere buone occasioni di crescita e sviluppo. Bisogna invece agevolare la realizzabilità delle attività economiche - e Confindustria Venezia si sta impegnando molto su questo fronte - soprattutto quando rispettano e tutelano il territorio creando occupazione. Quello di Pierre Cardin era un progetto ambizioso e interessante ma la sua mancata realizzazione non inficia certo la forza dell’offerta veneziana sul mercato turistico mondiale». Il turismo appunto. Come può, dunque, uno dei territori più visitati del mondo riorganizzare la sua proposta attrattiva? «Venezia è, e continuerà a essere, una meta ambita. Anche per questo la ricchezza della sua offerta va governata e ottimizzata nel rispetto e nella tutela del benessere econo-

Il calzaturiero della Riviera del Brenta è ritornato ai livelli pre-crisi del 2009

La provincia di Venezia ha un ricco patrimonio culturale, ma si colloca al 19° posto per il numero di imprese culturali e al 51° per quanto riguarda l’occupazione

44 • Dossier Veneto 2014

mico e sociale delle imprese e degli abitanti. Abbiamo a disposizione potenzialità e competenze, grazie a un’industria turistica che è un’eccellenza da coltivare e rilanciare. Ciò che serve oggi è una progettualità condivisa, basata sull’interazione proficua di tutti i soggetti coinvolti, pubblici e privati. Confindustria Venezia sta lavorando da tempo su alcuni obiettivi concreti in ambito turistico. La destagionalizzazione del calendario degli eventi culturali cittadini è, ad esempio, cruciale per permettere di pianificare in modo più equilibrato nell’arco dell’anno i flussi turistici ed evitare così sovraffollamenti, insoddisfazione nel pubblico e fluttuazione nei ricavi stagionali delle aziende». Teresa Bellemo



Strategie • Il progetto Per esportare

Uno sguardo ai mercati esteri Guardare oltre i confini nazionali rappresenta per le aziende un’opportunità di crescita importante. Nicola Tognana illustra i progetti della Camera di commercio di Treviso na maggiore presenza sui mercati internazionali continua a essere un antidoto alla crisi. Per questo la collaborazione con Veneto Promozione, società partecipata da Unioncamere Veneto e Regione, ha consentito di condividere il progetto “Per esportare” con il sistema camerale veneto, dando all’iniziativa una valenza regionale allo scopo di coinvolgere un maggior numero di imprese. «La metodologia formativa utilizzata – spiega Nicola Tognana, presidente della Camera di commercio di Treviso – ha puntato a rendere ogni incontro un’esperienza di confronto fra i partecipanti e i docenti, finalizzata a promuovere il cambiamento a partire dalla ricerca e dalla consapevo-

U

46 • Dossier Veneto 2014

lezza del valore distintivo della propria azienda». Quando è nato il progetto e a chi è rivolta l’iniziativa? «La Camera di commercio di Treviso ha sviluppato l’idea progettuale di “Per esportare” a partire dal 2009. È proprio da quell’anno che all’offerta formativa sul commercio estero, abbiamo affiancato un intervento rivolto alle pmi locali, per aiutarle a reagire alla pesante crisi economica. Il progetto è finalizzato a valorizzare il potenziale di internazionalizzazione presente nelle piccole e medie imprese - nuove o ancora interamente proiettate al mercato interno - con l’obiet-

tivo di ampliare la platea delle imprese esportatrici e favorire così nuove opportunità di crescita. Il percorso formativo, rivolto ai titolari e ai manager aziendali, è stato articolato in moduli della durata di 1 o 2 giornate, dedicati all’export marketing, all’ottimizzazione della partecipazione alle fiere, al web marketing e al commercio elettronico, alla comunicazione con il cliente e alla gestione della rete commerciale estera». Qual è la propensione all’internazionalizzazione da parte delle aziende regionali in questi ultimi anni contraddistinti dalla crisi economica? «Prendendo a riferimento gli ultimi


Il progetto Per esportare • Strategie

Nicola Tognana, presidente della Camera di commercio Treviso

Le aziende che realizzano importanti fatturati all’estero sono più performanti dati Istat aggiornati al 2012, il Veneto è la seconda regione d’Italia per rapporto export/Pil, pari al 34,9%. Siamo di poco sotto il dato dell’Emilia Romagna (35,1%), e avanti di 10 punti rispetto al dato medio nazionale. È peraltro interessante sottolineare la progressione dell’indicatore negli anni della crisi. Dal 2008 al 2009, con il primo contraccolpo, eravamo scesi dal 34,3% al 27,7%. Poi è iniziato il recupero, costante, guidato da un grande sforzo di apertura e diversificazione delle imprese sui mercati esteri. Nel 2010 la propensione all’export si è riportata al 31,6%, per arrivare nel 2012 a superare il dato pre-crisi. Nel 2013, prendendo il consuntivo più recente, il Veneto ha esportato merci per 52,6 miliardi di euro, crescendo del 2,8% sull’anno precedente e del 5,2% rispetto al periodo pre-crisi. Le vendite extra-Ue oggi rappresentano il 37% del totale export, contro il 31% del 2008».

Quindi chi ha deciso di puntare sui mercati esteri ha ottenuto buoni risultati in termini di crescita? «Decisamente sì. Le aziende che realizzano importanti quote di fatturato all’estero sono più performanti delle altre. E per fortuna si portano dietro la propria filiera di fornitori. Ma aggiungo che conta anche molto la scelta e la diversificazione dei propri mercati. Se il settore dei macchinari industriali non avesse puntato sulle economie emergenti, nelle fasi più acute della crisi, avrebbe certo subito più pesanti contraccolpi. E già ora bisogna ripensare il mix, perché alcuni dei Paesi emergenti stanno rallentando. Emblematiche anche le dinamiche del distretto trevigiano del legno-arredo, il più importante d’Italia per numero di imprese e addetti. In generale, il distretto è molto in sofferenza perché legato alla crisi dell’edilizia e alla forte contrazione dei consumi per i beni durevoli. Le diffi-

coltà permangono anche si guarda alle vendite nell’ambito dell’Unione europea: -10% è il calo dell’export nei Paesi Ue28 tra il 2011 e il 2013». Quali altri progetti ha in programma la Camera di commercio di Treviso per i propri associati? «Un’altra iniziativa che stiamo sviluppando a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese locali è il progetto “Big Buyers”, che prevede la realizzazione di indagini e incontri informativi dedicati alla grande distribuzione organizzata nei mercati extracomunitari più dinamici, completati da incontri b2b con i buyer esteri invitati (interventi già realizzati: Sudafrica, Cile e Perù; in programma Corea del Sud). Per la realizzazione del progetto abbiamo attivato la collaborazione con l’Ice e mantenuto la fattiva sinergia con il sistema camerale regionale attraverso Veneto Promozione». Nicolò Mulas Marcello

Dossier Veneto 2014 • 47


Strategie • Il progetto Per esportare

Fiere, opportunità da saper cogliere Nel percorso di internazionalizzazione è fondamentale poter contare su un sostegno per affrontare ostacoli burocratici e commerciali. Ne parla Stefano Sansavini ra i servizi offerti dalle Camere di commercio riveste una grande importanza l’internazionalizzazione. Il progetto “Per esportare” ad esempio, nasce da un bisogno delle imprese di creare rapporti commerciali con i paesi stranieri. L’idea è stata sviluppata alcuni anni fa dalla Camera di commercio di Treviso e da un paio di anni viene realizzato anche in collaborazione con Veneto Promozione. Il progetto si articola in diversi interventi formativo-consulenziali rivolti alle pmi del territorio su temi diversi fra loro, ma legati al processo di internazionalizzazione. «Le imprese iscritte – spiega Stefano Sansavini, titolare di Change Project e relatore del progetto – possono così capire se hanno i requisiti per internazionalizzarsi, come sviluppare business all’interno dei paesi emergenti, ottimizzare la partecipazione alle fiere, creare una rete distributiva all’estero, presentare la propria azienda per creare valore aggiunto». Il percorso di internazionalizzazione non si può improvvisare. Quali sono i principali aspetti da tenere in considerazione? «Si tratta di una splendida opportunità di sviluppo, ma è un processo com-

T

48 • Dossier Veneto 2014

plesso che richiede un’attenta analisi fatta da esperti e l’avanzamento in più fasi. I principali passi che l’azienda deve fare sono rispondere a que-

ste domande: “Perché internazionalizzarsi? Perché scegliere un determinato paese? Quali sviluppi si aspetta esattamente e in quali tempi?”. Occorre confrontare gli obiettivi aziendali con un’analisi del mercato d’interesse attraverso specifici studi di settore. In altre parole, capire “quanto è vendibile” il proprio prodotto o servizio nel mercato di interesse. Se si decide di proseguire il percorso, si sviluppa un vero e proprio piano, definendo le strategie e il dettaglio delle azioni e dei tempi. Poi si apre la ricerca dei partner locali, si avvia la formazione del personale, in particola-


Il progetto Per esportare • Strategie

Il processo di internazionalizzazione è una splendida opportunità di sviluppo, ma richiede un’attenta analisi re sulla gestione delle vendite in un paese estero. E poi si selezionano le fiere B2B a cui partecipare o altri tipi di eventi utili a creare una rete di contatti senza la quale internazionalizzarsi diventa difficile. Naturalmente non va dimenticata la parte burocratica». A proposito di fiere, con quali strumenti è possibile ottimizzare la partecipazione per un’azienda? «Gli errori più comuni che vedo nelle fiere non stanno nello stand e nella visibilità dello stesso, ma ad esempio negli inviti, nella presentazione del prodotto ai potenziali clienti, nella pessima valorizzazione del no-

stro made in Italy, nella gestione della lista di nominativi una volta rientrati in azienda. L’Italia è il paese europeo in cui le aziende spendono la maggior fetta dei propri budget pubblicitari in fiere (circa il 30%), siamo seguiti dalla Germania che si attesta intorno al 25%, da Gran Bretagna e Francia, che invece stanno sul 2022%. Tutti gli imprenditori sanno i motivi per cui si dovrebbe andare in fiera, ma spesso quando domandiamo a un imprenditore perché partecipa a una certa fiera risponde: “Come faccio a non partecipare, i miei concorrenti ci sono”».

Cosa chiedono oggi le aziende italiane che si rivolgono alle società di consulenza e formazione? «Il nostro ampio ventaglio di contatti con le aziende ci permette di osservare che la crisi colpisce tutti, ma le aziende più orientate al cambiamento la gestiscono meglio. Qualche esempio: le aziende più formate sotto il profilo commerciale sono più rapide nel rinnovare il portafoglio clienti, non aggravano il problema del crollo dei volumi con l’abbassamento dei prezzi, sanno gestire meglio le risorse, rafforzando il commerciale e il servizio clienti. Insomma, sono coscienti che solo producendo cambiamenti possono sopravvivere. La formazione che ci viene richiesta maggiormente oggi riguarda la parte organizzativa: rivedere i ruoli interni dei dipendenti per ottimizzare e gestire al meglio le risorse umane dell’azienda. Ma importante è anche la formazione motivazionale, quella commerciale e la formazione “on the job”, che permette di formare durante il lavoro, così l’azienda non si ferma e i risultati sono personalizzati». Nicolò Mulas Marcello

Dossier Veneto 2014 • 49


Politica economica • Un patto per l’industria

Un’Europa più vicina alle imprese L’Unione punta a un Rinascimento del tessuto industriale per combattere deflazione e disoccupazione. Anche l’Italia, però, deve fare la sua parte. L’analisi di Antonio Tajani marzo il Consiglio europeo ha invitato gli Stati membri a perseguire la strategia di re-industrializzazione tracciata dalla Commissione per creare crescita e lavoro. «È un’altra tappa decisiva nell’inversione di rotta verso economia reale, pmi e occupazione» rimarca Antonio Tajani, vicepresidente uscente della Commissione europea, che rivendica il lavoro svolto dall’Esecutivo europeo «fin dall’inizio del mandato, per superare la visione dominante di un’Europa post industriale, centrata su servizi e finanza». Quali sono le direttrici che

A

muoveranno questo programma di re-industrializzazione? «Senza industria non si cresce e non si crea lavoro. L’80 per cento dell’innovazione e dell’export dipende dall’industria. Solo con più investimenti, l’Europa può dare vere risposte ai problemi di crescita, occupazione, indebitamento che abbiamo davanti. Per il futuro, auspico ancora maggiore coraggio. Al patto fiscale va affiancato un patto per l’industria». Quali opportunità offrirà alle pmi italiane il pacchetto Cosme? «I 2,3 miliardi di fondi Ue in dotazione a Cosme da qui al 2020 serviranno a sostenere gli sforzi delle pmi per diventare più competitive. Oggi il primo problema delle

imprese che vogliono innovare e rafforzare la propria posizione sul mercato è l’accesso al finanziamento. Per questo, oltre due terzi dei fondi di Cosme sono destinati a facilitare l’accesso al credito e ai capitali di rischio. L’obiettivo è quello di finanziare oltre 400mila aziende e creare circa mezzo Da sinistra, Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, e Manuel Barroso, presidente uscente della Commissione europea

400 mila

Il bacino potenziale di aziende che possono accedere ai fondi Cosme

50 • Dossier Veneto 2014


Un patto per l’industria • Politica economica

Antonio Tajani, vicepresidente uscente della Commissione europea

A sostegno delle pmi

milione di nuovi posti di lavoro, attraverso prestiti e capitali di rischio erogati da intermediari finanziari grazie al Fondo europeo d’investimento e ai fondi Cosme dati in garanzia. Questi ultimi aiuteranno anche a promuovere turismo e imprenditorialità. Ad esempio, con il finanziamento del programma Erasmus per neo-imprenditori, consentendo a migliaia di giovani che vogliono creare una propria impresa di fare un’esperienza concreta presso un imprenditore di successo». Oltre a risolvere la questione dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, cosa deve fare il nostro paese per far sentire maggiormente la propria voce? «In Italia serve una vera rivoluzione nei rapporti tra Stato e imprese. Abbiamo la pressione fiscale più alta d’Europa e una Pa tra le più inefficienti. Come dimostra non solo l’incapacità di pagare tutti i debiti pregressi, ma perfino di conoscerne l’ammontare. O, ancora, il fatto che la nostra Pa sia la peggiore pagatrice d’Europa con una media di 170 giorni, malgrado la direttiva Ue in vigore fissi un termine massimo di 30. Per ripartire, come indicato nel docu-

mento che vede l’Italia - unica con Slovenia e Croazia a presentare uno squilibrio macroeconomico eccessivo - non basta il rispetto formale del rapporto deficit-Pil sotto il 3 per cento. Al contrario, il mero perseguimento di questo target può essere controproducente per la competitività. È, invece, indispensabile un piano di riforme, a cominciare da giustizia, Pa, lavoro e fisco, con conseguenti tagli e maggiore efficienza della spesa per fare dell’Italia un luogo amico delle imprese. A mio parere, un piano credibile, con decreti già approvati, potrebbe consentire un’interpretazione flessibile del Patto, che non è affidato a un computer. Si ricordi quando, nel marzo del 2013, la Commissione ha autorizzato l’Italia a pagare i debiti pregressi della Pa, considerandoli un fattore attenuante». Se e come deve cambiare invece l’Europa per perseguire gli obiettivi che si è prefissa e sostenere la crescita economica di Stati, cittadini e imprese? «Solo indirizzando il timone verso l’economia reale e il lavoro, l’Europa può tagliare l’erba sotto i piedi ai populismi, a chi vorrebbe la fine dell’euro e della libertà di circolazione o vede l’Europa come il Leviatano. È urgente cambiare, introducendo mag-

Cosme, ossia Programma per la competitività delle imprese e delle pmi, è il piano lanciato dall’Unione europea per favorire le piccole e medie imprese nel periodo dal 2014 al 2020, raccogliendo di fatto il testimone dal programma quadro per la competitività e l’innovazione (Cip). Promuovere la cultura imprenditoriale e rafforzare la competitività e la sostenibilità delle aziende dell’Unione sono gli obiettivi generali di Cosme, che prevede una dotazione finanziaria di oltre due miliardi di euro. L’iniziativa punta, in particolare, a rendere più agevole l’accesso ai finanziamenti per le pmi, potenziandone l’espansione commerciale nel mercato unico tramite la rete Enterprise Europe.

giori strumenti di solidarietà, come gli Eurobond, e costruire una Banca centrale che combatta la disoccupazione, anche per evitare che una moneta troppo forte uccida la ripresa sul nascere e per sconfiggere il vero nemico di oggi: la deflazione. Dobbiamo avere il coraggio di uscire dal guado in cui siamo caduti e di andare verso un’Europa davvero vicina ai popoli e alle imprese. Alle prossime elezioni europee la politica dovrà saper convincere i cittadini a prendere parte a un nuovo progetto di Unione. Trasformando l’attuale protesta in voglia di cambiamento». Francesca Druidi

Dossier Veneto 2014 • 51




Formazione e lavoro • Percorsi post laurea

Nuove generazioni di manager Le imprese necessitano di figure dirigenziali sempre più specializzate nei vari settori di produzione. Molti sono i progetti di alta formazione in Veneto e scuole e i corsi di alta formazione in Veneto si sono moltiplicati negli ultimi anni per venire incontro alle esigenze del sistema produttivo. In un mercato che richiede sempre più specializzazioni, e che per questo tende ad abbandonare sempre più il modello imprenditoriale familiare, la figura del manager riveste un ruolo sempre più centrale. Proprio per questo, le principali università della regione hanno istituito percorsi di formazione ad hoc. L’ateneo Ca’ Foscari di Venezia dal 2011 ha creato la Challenge School, istituto che opera con la finalità di mettere al servizio degli studenti corsi di formazione post laurea e continua che forniscono competenze

L

64 • Dossier Veneto 2014

specializzate. L’obiettivo, si legge sul sito, è creare un’offerta stratificata che, valorizzando le capacità scientifiche e didattiche dell’ateneo, si rivolga a molteplici segmenti di mercato con prodotti diversi: master dal contenuto professionalizzante, master executive, corsi di alta formazione e progetti su commessa. Anche l’Università di Padova organizza importanti corsi di alta formazione, in particolare il Master in business & management, che ha l’intenzione di formare nuove figure professionali che abbiano competenze sia nel settore scientificotecnico che in quello economico-manageriale. Questo corso è disegnato principalmente per laureati in discipline scientifiche (chimica, farmacia, biotecnologie, tecniche erboristiche) e fornisce

l’inserimento in imprese dove è necessaria una stretta collaborazione tra il settore tecnico e quello direzionale. Inoltre, l’ateneo padovano offre un Master in commercio internazionale (Masci), che si articola in una sezione di economia e finanza e in una di diritto. Il master fornisce le competenze multidisciplinari necessarie per operare in attività di direzione e consulenza nel campo del commercio e della finanza internazionale. Il corso promuove, infine, l’inserimento degli allievi in appositi stage o posti di lavoro presso uffici import-export di aziende nazionali ed estere, banche, pubbliche amministrazioni, enti di ricerca e consulenza, istituzioni europee, studi legali, realtà attive nella pratica o nella regolamentazione del commercio e della finanza internazionale. Nicolò Mulas Marcello



Know How italiano • Tecnologie

Dalla progettazione alla realizzazione di alcune bottiglie in plastica presso la società Sipa

Una scommessa di ingegno

Le nuove sfide di uno dei gruppi industriali più affermati del Nordest italiano. Parla Gianfranco Zoppas: «il nostro know how lo coltiviamo in Italia, ma il sistema deve cambiare» l’ingegno a fare la differenza. È il campo su cui deve giocarsi la partita dell’imprenditoria italiana. Una filosofia che Gianfranco Zoppas, presidente del celebre gruppo veneto, ha fatto sua. Un assioma che nasce dinanzi a un dato economico evidente.

È

66 • Dossier Veneto 2014

Produrre in Italia costa molto di più rispetto all’estero. È sulla originalità e qualità, dunque, non tanto sulla quantità, che la nostra industria deve puntare. Senza mai fossilizzarsi su di un unico settore, ma diversificando e riconvertendo, all’occorrenza, i propri core business. Il gruppo Zoppas in questo è esemplare. Sono ormai lon-

tani gli anni degli elettrodomestici. Oggi questa realtà è strutturata principalmente su due società. La prima è Irca, in una posizione di leadership mondiale, con oltre 400 milioni di euro di ricavi e stabilimenti dislocati tra Europa, Asia, Sud America e Stati Uniti, specializzata nei sistemi riscaldanti di origine elettrica, utilizzati nei più svariati


Tecnologie • Know How italiano

© Photo Andrea Brintazzoli

Gianfranco Zoppas all’interno di uno degli stabilimenti Sipa a Vittorio Veneto (TV)

Dalle bevande alle navicelle spaziali Le possibilità di applicazione degli impianti e delle componenti realizzate dal Gruppo Zoppas rendono l’idea di quanto sia vivace l’intraprendenza di questa realtà industriale. Se Sipa è leader nella realizzazione di sistemi complessi per il PET, i prodotti realizzati da Irca si trovano negli aerei, nei treni, nelle automobili (uno dei business in maggiore sviluppo

settori tra cui nucleare, spaziale, avionico, navale, automobilistico, ferroviario, domestico. La seconda è Sipa, specializzata nel fornire sistemi per la produzione di contenitori di PET (polietilene tereftalato), un materiale innovativo utilizzato nel mercato alimentare, delle bevande incluse l’olio, farmaceutico, della cosmesi, come valida alternativa a tutto quello che viene riempito oggi in vetro, alluminio e ferro, per una maggiore maneggiabilità e visibilità del prodotto, nonché la fornitura di sistemi chiavi in mano che si aggiungono alla fabbricazione del contenitore, il riempimento del medesimo, la tappatura, l’etichettatura e il confezionamento. Leader mondiale soprat-

è quello dei sistemi anti inquinamento per le marmitte). Non solo, i sistemi di controllo termico della Stazione Spaziale Iss sono studiati e realizzati proprio negli stabilimenti italiani Zoppas. Il gruppo raccoglie oltre 650 milioni di fatturato annuo di cui il 5 per cento è investito in ricerca e sviluppo (dato che sale al 15 per cento per l’aerospaziale).

tutto per il suo completo know-how che la vede ingaggiata dal pellet di plastica al prodotto confezionato e pronto per il mercato. Ed è proprio all’interno dello stabilimento Sipa a Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, che incontriamo Gianfranco Zoppas. Questo è lo stabilimento di una delle vostre sfide meglio riuscite. «Direi che Sipa è tutt’ora una grande sfida, anche perché abbiamo dimostrato di poter essere competitivi con la concorrenza più tecnologicamente avanzata». Dunque la carta vincente è l’innovazione. «Sì, ma non intesa come puro utilizzo e sviluppo di singole tecnologie. L’inno-

vazione deve essere “di sistema”. Il nostro valore aggiunto sta nel concetto di chiavi in mano. Noi progettiamo, realizziamo impianti che possono essere vere e proprie fabbriche o linee produttive complete. Con risposte al mercato rapide e utilizzando gli apparati tecnologici più evoluti e sofisticati. Abbiamo da tempo adottato la Lean Manufacturing sviluppata e implementata con Porsche». Perché questo passo non è stato compiuto da altre importanti realtà del Triveneto? «I nostri imprenditori si sono impegnati moltissimo nell’ambito della riallocazione in siti esteri, capaci di garantire un costo del lavoro molto più basso ri-

Dossier Veneto 2014 • 67


Know How italiano • Tecnologie

spetto all’Italia. Ma questo non basta. Il Veneto, in particolare, ha sempre vantato un comparto specializzato nel miglioramento dei processi e dei prodotti industriali. Ma qui ci troviamo dinanzi a un settore che cerca soluzioni innovative». Anche voi avete delocalizzato. «Sì ma con una logica precisa: in Italia deve rimanere il know how, il lavoro ingegneristico, tutto quanto richiede un valore aggiunto in termini di innovazione, sviluppo, tecnologia. All’estero possiamo sviluppare soprattutto le componenti. Gli impianti, le novità, i miglioramenti avvengono invece nel nostro paese. C’è anche da dire che la scelta di aprire stabilimenti in aree come la Cina o le Americhe ci permette di avvicinarci logisticamente a bacini economici in forte sviluppo. Per conquistare un mercato occorre presidiarlo fisicamente. E finora i feedback sono stati positivi. La Cina, ad esempio, apprezza molto le nostre tecnologie». È questo l’asset su cui basare le strategie future? «Nell’ambito dell’impiantistica dobbiamo intercettare i mercati in via di sviluppo. Oltre alla Cina penso all’India, al Medio Oriente e all’Africa. Tutte aree che oggi trarrebbero vantaggio dai nostri sistemi. Siamo partner di multinazionali come Coca Cola, Pepsi, Danone e Nestlè. Realtà che giustamente esigono standard altissimi e la possibilità di ottenere una soluzione chiavi in mano da poter installare su più mercati nel mondo». In generale cosa rappresenta l’export per il suo gruppo? «Oltre il 90 per cento del fatturato. Se non fosse per quello non potremmo crescere con un ritmo del 10 per cento annuo. Ma ormai lo sappiamo bene, in Italia resistono soltanto le aziende che

68 • Dossier Veneto 2014

Per conquistare un mercato occorre presidiarlo fisicamente. La Cina è molto interessata alle nostre tecnologie

1700

I dipendenti del Gruppo Zoppas impiegati in Italia e oltre 7000 nel mondo

puntano all’estero». Export ma anche diversificazione. Nel vostro caso ha rappresentato una leva di sviluppo non indifferente. «Verissimo. Basta pensare ai nostri sistemi di riscaldamento che sono applicabili all’automotive, allo spaziale, ai treni». Lei conosce molto bene la Electrolux. È stato lei, infatti, a presidiare

il passaggio dalla Zanussi all’azienda svedese. Recentemente ha dichiarato che quanto accaduto in Friuli sia “un’opportunità per l’Italia”. La sua è una pura provocazione? «Che tutto questo serva da campanello di allarme, da sveglia per il sistema Paese. L’Electrolux è un’azienda gestita da persone estremamente lu-


Tecnologie • Know How italiano

cide e razionali. Mi chiedo come ci si possa stupire se una realtà di quelle dimensioni decide di lasciare un Paese, il nostro, che presenta costi di gestione molto più alti non soltanto nei confronti delle aree in via di sviluppo, ma anche nei confronti di molti Paesi Europei e degli Stati Uniti». Insomma, il gap è troppo alto. «Non soltanto nei costi della manodo-

pera. Il costo dell’energia, ad esempio, è il doppio o il triplo rispetto ad altri Paesi. In Italia, inoltre, ci scontriamo quotidianamente con un’eccessiva burocrazia, con una giustizia incerta e con un fisco insostenibile. Parliamoci chiaro, se resto in Veneto è soltanto per la capacità e l’ingegno dei nostri collaboratori italiani. Certamente non per i sostegni che riceviamo dallo Stato». L’imprenditore dunque è lasciato solo? «Vorrei essere messo sullo stesso livello dei miei competitor tedeschi. È questo che chiedo all’Europa. Non è possibile che in Italia sia tutto più costoso e complesso. Noi imprenditori dobbiamo concentrarci a innovare prodotti che soddisfino la domanda dei mercati con soluzioni economicamente

più valide della concorrenza, utilizzando al meglio le nostre risorse. Mentre lo Stato ci deve sostenere, accompagnarci nel mondo, creare un sistema Paese che oggi non c’è e non deve essere solo un socio ostile, che impone tassazioni e vessazioni. La Merkel ha creato concertazione tra forze politiche, sociali, sindacali, giudiziarie e imprenditoriali, al fine di determinare strategie che abbiano come obiettivo il successo del sistema Paese. Chiedo quindi a Renzi di fare lo stesso, affinché gli investitori nazionali e internazionali possano trovare una buona ragione per investire nel nostro Paese e i connazionali di non delocalizzare per eccessi di ostilità. Il confronto è fondamentale altrimenti non andremo da nessuna parte». Andrea Moscariello

Dossier Veneto 2014 • 69


Manifatturiero • Export

La spinta dell’efficienza logistica e produttiva Da realtà locale a riferimento italiano e internazionale nel campo dei gruppi elettrogeni. È anche grazie a questo motore che Visa è riuscita a superare tutte le cicliche crisi. La parola al presidente Lorenzo Barro pesso i momenti critici risvegliano il coraggio che spinge a fare scelte, anche rischiose. Un’azienda non può farsi intimorire da situazioni, che la storia ci insegna essere cicliche; perciò una corretta diversificazione di mercato e clientela hanno permesso di attutire gli effetti negativi di crisi anche improvvise. In cinquant’anni abbiamo vissuto praticamente di tutto, ma abbiamo anche saputo affrontare ogni situazione con razionalità e determinazione, soprattutto tenendo sempre presente chi eravamo». È con queste parole che Lorenzo Barro, presidente di Visa, precisa lo spirito con cui sono stati affrontati anche questi ultimi anni di difficoltà che hanno portato a scelte forti ma concrete. Visa, dagli anni sessanta è un’azienda di riferimento italiana e internazionale nel campo dei gruppi elettrogeni. Una realtà che, partendo dalla sfera locale, è stata capace di espandersi in molti ambiti e Paesi. «Da una parte – prosegue Barro – abbiamo sempre cercato di maturare una consapevolezza nei nostri mezzi ma dall’altra è sempre emersa la necessità di uscire dai confini, di navigare in mare aperto. I due fattori sono legati: se voglio navigare in mare aperto, devo essere consapevole dei mezzi a mia disposizione

«S

70 • Dossier Veneto 2014

e aggiungo anche che il capitano di una nave ha la piena responsabilità del proprio equipaggio». Spesso si dice che le aziende artigiane siano carenti di cultura d’impresa. Si affidano alla genialità individuale, meno all’organizzazione e a

un sapiente utilizzo delle professionalità. Penso alla ricerca e allo sviluppo tecnologico, ma anche agli aspetti finanziari. Come avete affrontato questo aspetto? «La genialità è senza dubbio una risorsa impagabile, ma disporne senza


Export • Manifatturiero Lorenzo Barro, presidente della Visa che si trova a Fontanelle (TV) www.visa.it

Nella crescita dell’azienda abbiamo dato spazio alla formazione delle professionalità, considerando le attitudini delle persone coinvolte

poterla gestire adeguatamente è come non averla affatto. Raramente il creativo chiude il cerchio in autonomia. Nella crescita dell’azienda abbiamo perciò dato spazio alla formazione delle professionalità, considerando le attitudini delle persone coinvolte e la cultura ac-

quisita con l’esperienza, che viene così capitalizzata. Un passo successivo è stato l’inserimento di figure con livelli d’istruzione superiore da formare in azienda oppure con esperienze maturate nelle aree di forte specializzazione, quali il settore finanziario e amministrativo o ingegneristico». E per quanto riguarda le strategie commerciali e di comunicazione? «Abbiamo sempre rivolto la nostra attenzione alle mutevoli esigenze del mercato globale, adeguando politiche produttive e tecniche di vendita e marketing ai frequenti cambiamenti economici che negli ultimi anni hanno più volte modificato l'intricato quadro internazionale. Particolare rilievo è stato dato alla progettazione con l'obiettivo

principale di soddisfare i bisogni del cliente ed evolvere l'intera gamma di prodotti in tempi molto brevi, non trascurando però l'alto standard qualitativo dell'insieme cercando invece di migliorarne qualità e prestazioni. Qui entra in scena la comunicazione, che ha il compito di trasmettere, con mezzi idonei, le innovazioni concepite, ma soprattutto, di evidenziare che a oggi il gruppo elettrogeno Onis Visa, con le sue molteplici varianti, è tra i più versatili e completi disponibili nel mercato. Tengo a precisare che tutte le campagne d’informazione sono studiate e realizzate per non ledere la sensibilità altrui e nel pieno rispetto di culture e tradizioni. Il risultato ha quindi premiato le aspettative sia in termini di numeri pro-

Dossier Veneto 2014 • 71


Manifatturiero • Export

dotti e venduti, sia di fatturato». Dal prodotto standardizzato a quello personalizzato. Come siete riusciti ad applicare questo assioma anche ai gruppi elettrogeni? «Quando mio padre iniziò, i gruppi elettrogeni erano solo personalizzati e noi siamo cresciuti con un’impostazione molto elastica, se vogliamo, pro-esigenza-del-cliente. Si faceva a gara per soddisfare appieno ogni richiesta e più era particolare, più ci entusiasmava. Oggi devo ringraziarlo per avermi dato una formazione così aperta, perché se Visa è quello che è, lo deve a lui e a lui soltanto. Detto questo, la standardizzazione del prodotto è stata un passo necessario per crescere e controllare la qualità, nonché per intervenire sul costo di componenti e lavorazioni, quindi della macchina. Dovevamo creare un catalogo prodotti con specifiche tecniche costanti e replicabili, paragonabili a quelle della concorrenza, mantenendo però la peculiarità creativa che ci ha sempre contraddistinti. Il processo di conversione è durato qualche anno, ma il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti. Riusciamo infatti sia a soddisfare il distributore generico, sia l’azienda di te-

72 • Dossier Veneto 2014

lecomunicazioni o l’ospedale proponendo soluzioni personalizzate a 360°. Tutto questo in tempi contenuti e accettabili». Tra le ultime novità spicca l’introduzione del processo produttivo “Lean Manufacturing”. Quale valore aggiunto ha rappresentato? «Grazie a questo processo l'azienda si è rimessa nuovamente in discussione: ogni funzione interna è stata sottoposta a un'analisi accurata, volta a intercettare i punti deboli e quindi a ottimizzare tempi e risultati. Una nuova filosofia che ha letteralmente rivoluzionato l'intero processo produttivo tradizionale. Nello specifico, lo spazio di lavoro è stato studiato e suddiviso in piazzole organizzate in base alla tipologia di gruppi elettrogeni da assemblare, valutando scrupolosamente le esigenze costruttive legate ad ogni gamma. Così, le piazzole destinate ai prodotti piccoli si presentano più raccolte, con la minuteria sempre a disposizione, mentre quelle riservate ai gruppi elettrogeni di taglia medio-grande sono più libere e dispongono tutte di un accesso attraverso l’uso simultaneo di più carriponte. Con l'attuale assetto si è regi-

strato un notevole aumento di pezzi prodotti e di vendite, consentendo di soddisfare anche richieste custom». Un ulteriore tassello che va ad aggiungersi alla fiducia che Visa ha conquistato nei decenni sui mercati. «La nostra scommessa ambiziosa è stata vinta sì con i numeri, ma soprattutto con la sentita riconoscenza dei distributori, molti dei quali sono oggi legati in via esclusiva all'azienda. È infatti grazie al continuo adeguamento degli standard produttivi alle specifiche tecniche internazionali e al rigido controllo sul prodotto, che i gruppi elettrogeni Onis Visa sono esportati con successo in oltre 60 paesi nel mondo e proprio per le loro peculiarità sono stati


Export • Manifatturiero

Dal local all’international Visa Spa nasce dall'intuito di Benvenuto Barro, che nel lontano 1960 intravede la possibilità di soddisfare, con i gruppi elettrogeni, la crescente domanda di energia elettrica in particolari settori di un'Italia in forte sviluppo. Negli anni ottanta, con il passaggio generazionale, dal padre ai figli Lorenzo e Marco, l'azienda allarga i propri orizzonti esportando il marchio Onis Visa in territorio europeo, dove serietà, impegno e qualità premiano la giovane realtà di Fontanelle con un significativo incremento di volumi e fatturato in un solo triennio. Nei primi anni novanta, invece, un repentino cambio di rotta, dettato dal coraggio e dalla lungimiranza dei fratelli Barro, innesca un'espansione tuttora in atto. «Grazie a questa scelta – sottolinea Lorenzo Barro – siamo oggi presenti in molteplici mercati nei 7 continenti».

scelti da importanti società di telecomunicazioni in Cina, Filippine, Emirati Arabi Uniti, Singapore, Algeria, Mali, Benin, Congo e Guinea. Visa ha sempre fatto dell’espansione una sua prerogativa. Dapprima è approdata in Cina e successivamente nei mercati più ambiti: Hong Kong, Filippine, Singapore, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Arabia Saudita, Sud Africa e poi ancora in Australia fino a raggiungere la Nuova Zelanda. L'obiettivo qualità-soddisfazione è un’altra delle priorità per Visa che, dal 2009, opera nella nuova sede produttiva di 34mila metri quadri, di cui 11mila dedicati all'assemblaggio dei gruppi elettrogeni Onis Visa. La nostra realtà è stata riconosciuta dagli addetti come

miglior modello industriale per efficienza logistica e produttiva. La nuova cittadella polifunzionale, offre anche un'ampia gamma di servizi a operatori e ospiti, tra cui: due sale training debitamente attrezzate, tre sale accoglienza e tre sale conferenza, sala ristoro per i trasportatori, una sala mensa con oltre duecento coperti, e ben dodici sale riunioni». Un luogo di lavoro che, anche sotto il profilo architettonico e funzionale, si sposa a quella che è la filosofia interna di Visa. «Ci siamo sempre considerati una famiglia. Dentro questa definizione sono racchiuse anche tutte le possibili variabili e considerazioni, perché la Visa è

come tutte le famiglie, ovvero una realtà poliedrica. In una situazione così variegata sia di pensiero, sia di cultura, istituire un clima di lavoro armonico è sempre una grande sfida. Gli equilibri sono molto delicati, perciò i capi funzione giocano un ruolo fondamentale in termini di responsabilità. Fin dall'inizio io e mio fratello Marco abbiamo dato grande importanza al rapporto interpersonale in ambito lavorativo, coinvolgendo attivamente le parti nei singoli progetti, al punto da trasformarle in protagonisti. Una scelta vincente che ci consente di andare avanti anche in momenti così difficili come quelli che stiamo attraversando». Francesco Barazza

Dossier Veneto 2014 • 73


Manifatturiero • Innovazione

Ricerca, sviluppo e nuove soluzioni Due divisioni, una sola vocazione: l’avanzamento tecnologico nella metalmeccanica. Gloria Gasparini registra segnali di ripresa e guarda con ottimismo al 2014. Con una previsione di crescita a due cifre opo un anno di flessione, il primo trimestre 2014 della metalmeccanica G01.com è tornato su un trend positivo. Come afferma Gloria Gasparini, componente del management della società di Istrana, in provincia di Treviso, che produce mini presse piegatrici e che, per prima in assoluto, ha sviluppato e brevettato una mini cella robotizzata: «Comparando il primo trimestre 2014 con i rispettivi primi trimestri degli anni 2013 e 2012, abbiamo registrato un apprezzabile aumento in termini di fatturato. E gli ordini presenti nel nostro portafoglio promettono, per la chiusura dell’anno, un incremento che stimiamo fra il 30 e il 50 per cento rispetto all’anno precedente. Ciò non esclude che siano ancora presenti numerose criticità nel mercato nazionale, tuttavia registriamo che la scelta di puntare sulla flessibilità e sulla capacità di innovazione ci permette di rivolgerci a un settore di nicchia ancora molto propenso all’investimento, soprattutto per commesse speciali e prodotti personalizzati. Infatti, attualmente, in Italia, non possiamo essere competitivi in termini di costi, e per questo

D

74 • Dossier Veneto 2014

Puntiamo su settori di nicchia che apprezzano la flessibilità e l’innovazione stiamo spingendo sulla ricerca e sviluppo e su nuove soluzioni». L’attività di G01.com è distinta in due rami: lavori in conto terzi e progettazione e produzione di macchine per la lavorazione della lamiera e altri materiali (per esempio, plastica e tabacco). «L’attività in conto terzi – aggiunge Gasparini – consiste nella realizzazione di cam-

pionatura, prototipi e pezzi a disegno dei committenti, in piccole e grandi quantità. Come anche la lavorazione di pezzi forniti dal committente. Questo ramo di attività è ormai consolidato, in quanto le lavorazioni sono pressoché le stesse da quando, nel 2003, abbiamo avviato l’azienda». In divenire, invece, l’attività di pro-


Innovazione • Manifatturiero

La G01.com Srl ha sede a Istrana (TV) www.g-01.com

gettazione. «Abbiamo iniziato a progettare e produrre la prima serie di mini presse piegatrici nel 2006. Da allora il prodotto è stato migliorato dal punto di vista tecnologico, grazie allo studio di accessori su misura che rendono la mini pressa tecnologicamente all’avanguardia e paragonabile a presse di maggiori dimensioni. E oggi, proseguendo con la ricerca, abbiamo sviluppato una gamma pressoché completa che risponde alle più diverse esigenze degli utilizzatori, anche con personalizzazione e con soluzioni

ad hoc». Da questa ricerca è nata una pressa piegatrice concettualmente nuova e rivoluzionaria nella sua struttura, il modello Gbs. «Questa pressa ha ottenuto il brevetto sia a livello italiano sia europeo ed è molto innovativa rispetto alle tradizionali. Si tratta di una pressa di nuova concezione, che dispone di traversa superiore mobile, mentre i cilindri sono stati posti nella parte inferiore. La vera novità, però, è la possibilità di piegare particolari di ampio spessore e di lunghezze piccole, avvalendosi di una piegatrice di dimensioni minori rispetto a quelle tradizionali, che richiedono, invece, in base alla potenza di piega, una lunghezza della macchina direttamente proporzionale. Per fare un esempio, se si deve piegare una lamiera dello spessore di 5 millimetri e lunga un metro, sarebbe

+50%

Incremento di fatturato previsto da G01.com per il 2014

necessaria una pressa piegatrice tradizionale di lunghezza proporzionata alla potenza. Invece, la stessa lamiera può essere piegata con un risultato più che ottimo con una Gbs di pari potenza, ma di lunghezza inferiore. E questo si traduce in un risparmio economico e di spazio all’interno della sede produttiva». Parlando di mercati, Gloria Gasparini sottolinea che benché il mercato di riferimento sia quello italiano, i partner di G01.com sono soprattutto esportatori abituali. «Se dovessimo analizzare i dati, risulterebbe che il 90 per cento di ciò che produciamo per conto dei nostri partner, va nei mercati europei e in tutto il resto del mondo. Questo, in qualche modo, ci porta a dire che l’effettivo mercato di riferimento, seppure in modo indiretto, è quello europeo e internazionale. Per il futuro, vogliamo proseguire con l’attività già consolidata di contoterzisti, offrendo ai clienti nuovi servizi a completamento dei loro prodotti. Un esempio è la marcatura laser, oppure la realizzazione attraverso stampa 3D (tecnologia acquisita di recente) di prototipi e campionature varie prima dell’avvio della produzione in serie». Valerio Germanico

Dossier Veneto 2014 • 75


Manifatturiero • Monitoraggio

Tecnologie per controllare i serbatoi Con il sistema di precisione Vacutec è possibile certificare la tenuta di serbatoi interrati. Con “Tank Cam” si puo vedere l’interno e verificare lo stato di rivestimenti, fondame e intercapedene. Il caso di un’azienda che dall’America conquista l’Italia

P

er garantire il corretto funzionamento degli impianti e la qualità dei prodotti ottenuti attraverso il loro utilizzo, la necessità di tecnologie all’avanguardia ha da sempre toccato la sensibilità degli americani, fino a giungere anche in Italia. La società Tanknology, opera nel progetto di videoispezioni di impianti ed è leader mondiale nel settore di prova di tenuta non distruttiva. A Roncà (VR) si è stabilita da oltre 20 anni come rappresentativa italiana, garantendo il servizio in tutta la penisola, comprese le isole. Il titolare della sede italiana è Olson Rodeny, imprenditore che con orgoglio descrive ciò di cui si occupa l’azienda con i risultati fin ora ottenuti. «Progettiamo un particolare sistema di ispezione per cisterne, estremamente preciso e riconosciuto a livello mondiale: “Vacutec®” della Tanknology è il sistema di controllo di tenuta più diffuso del mondo ed è il metodo preferito delle maggior società petrolifere. E i vantaggi sono molteplici. «Innanzitutto si applica evitando che gli operatori si calino nel-

78 • Dossier Veneto 2014

l’serbatoio, dunque è estremamente sicuro. Inoltre, è valido per ogni tipologia di impianto, qualsiasi liquido industriale contenga, da quello per l’industria carburanti, a liquidi solventi delle industrie chimiche. E poi è un metodo ispettivo rapido, normalmente in meno di due ore giunge a completamento». La massima precisione e il rigore nei risultati sono garantiti da una sonda in acciaio inossidabile che viene calata sul fondo attraverso il tubo di riempimento della cisterna, poi sigillato. I segnali rilevati dalla sonda vengono convogliati a un computer per essere letti. Il monitoraggio non viene influenzato da sbalzi di temperatura e controlla il livello d’acqua presente sul fondo della cisterna indicando i cambi di livello durante il test in depressione. Diversamente da quanto succede con i primi sistemi di controllo di tipo volumetrico, influenzati da fattori esterni e incontrollabili come la variazione della temperatura e la deformazione della cisterna, questo test riesce a garantire un risultato preciso nonostante agenti esterni o imprevisti. «Tradizionalmente si usavano strumenti distrut-

tivi per fare questo tipo di verifiche. Le nostre tecnologie al contrario, consentono di eseguire prove con risultato affidabile senza riempire o svuotare il serbatoio, con lo stesso livello di liquido contenuto ogni giorno, dal 10 per cento prodotto fino al 90 per cento di volume. Usiamo una pressione negativa o mettiamo sottovuoto il serbatoio in modo che non passando aria non sia considerata una pratica dannosa, anzi, è anti inquinante». Infatti, questo sistema può controllare anche cisterne posizionate in


Monitoraggio • Manifatturiero

La Tanknology ha sede a Roncà (VR) www.tanknology.it

Progettiamo un sistema di sicurezza per cisterne riconosciuto a livello mondiale

zone con forte presenza di falde acquifere ed è insensibile alla fluttuazione dovuta alle maree. Per l’affidabilità del prodotto e l’esclusività del servizio offerto, con la possibilità di effettuare periodicamente test di verifica, la società di Roncà sta raggiungendo con gli anni traguardi importanti. «Abbiamo un’avanzata esperienza nel settore, dunque puntiamo ogni giorno a migliorarci e farci conoscere per arrivare in ogni parte del mondo. La nostra presenza in Italia è molte forte ma, a li-

vello commerciale, le nostre regioni di punta sono il Veneto e la Lombardia. Su scala mondiale fino ad ora abbiamo effettuato 1 milione 200 mila prove per società petrolifere e siamo presenti soprattutto in USA, Canada, Australia, Sud America, Gran Bretagna, Olanda, Giappone. Eppure, in Europa l’Italia è il Paese con il maggior numero di serbatoi interrati, dunque dove operiamo con maggiore continuità». E anche i numeri parlano a favore della Tanknology. «Ogni anno regi-

striamo una crescita di fatturato del 20 per cento circa in Italia». Unica nota dolente del fare impresa in Italia, secondo Olson Rodeny è la burocrazia. Impegnativa è la compilazione delle carte e la burocrazia è sicuramente un ostacolo per chi oggi vuole fare impresa. Investire qui è complesso: tempi lunghi e pressione fiscale troppo alta». Un messaggio alle istituzioni affinché studino politiche di agevolazione per incentivare la giovane imprenditoria. Ilaria de Lillo

Dossier Veneto 2014 • 79


Manifatturiero • Tecnologie

Il metodo Kaizen e l’elasticità produttiva L’attenzione alla tecnologia e ai mercati esteri sono i segreti per reagire alla crisi. Le strategie di Waldi Franzon per essere più competitivi

G

li esempi di aziende italiane che hanno saputo gestire la crisi con successo, valutando adeguatamente la contrazione dei mercati interna e guardando soprattutto ai mercati esteri non sono poche. Tra queste molte sono venete come Dagu, azienda vicentina in attività da oltre vent’anni, che opera con successo nel mercato nazionale e internazionale di motori e motoriduttori elettrici a magneti permanenti: «Grazie alla duttilità nello studio, nella progettazione e nella realizzazione di prodotti per numerose applicazioni, sia a cor-

rente continua che alternata, Dagu – spiega Waldi Franzon, amministratore dell’azienda - ha resistito alla crisi globale dei mercati e ha consolidato la propria immagine soprattutto a livello internazionale dove solo nell’ultimo esercizio ha registrato una crescita del fatturato estero del 15 per cento». Come è stato possibile raggiungere questi risultati? «Questi traguardi si possono spiegare suddividendo l’impegno nella cura della qualità del prodotto, nel servizio al cliente e nell’assistenza post vendita. Per raggiungere tali obiettivi, inoltre, Dagu si è dotata dei più moderni sistemi per il calcolo dei

L’ingegner Waldi Franzon, amministratore di Dagu srl www.dagu.it

motori: siamo in grado di creare un motore su richiesta specifica in poco tempo, focalizzando il problema e customizzando ad alto livello. La competenza tecnica dell’ingegneria e del reparto di ricerca e sviluppo ci permette di adattarci con intelligenza, esperienza e preparazione alle caratteristiche richieste, accettando sfide tecniche al di fuori dello standard che ci consentono di migliorare e innovare il prodotto in modo continuo. Ci avvaliamo molto spesso di enti quali laboratori accreditati, centri di ricerca, Università e del Centro Produttività Veneto, per approfondire, studiare e innovare i nostri prodotti». La presenza all’estero è importante ma qual è il vostro rapporto con il territorio? «L’azienda è ben radicata nel tessuto imprenditoriale italiano con tutta la sua filiera produttiva. Si serve delle competenze di fornitori con pluriennale esperienza, privilegiando realtà logisticamente più vicine in quanto

15%

La crescita di fatturato nell’ultimo esercizio

80 • Dossier Veneto 2014


Tecnologie • Manifatturiero

L’azienda è ben radicata nel tessuto imprenditoriale italiano con tutta la sua filiera produttiva

questo garantisce flessibilità e tempestività nelle risposte ». Il vostro settore necessita di competenze altamente specifiche. Come avviene la formazione dei dipendenti? «Per Dagu il personale è da sempre uno dei pilastri fondanti dell’azienda, per questo ogni anno gli addetti frequentano corsi di formazione e aggiornamento innalzando il livello di conoscenza e di professionalità. La motivazione e la responsabilizzazione del personale ci consente di

vantare un turn over bassissimo e un assenteismo limitato associato a una buona disponibilità da parte di tutti». Quanto è importante per voi l’attenzione alla tecnologia? «Dagu usufruisce anche di strumenti e apparecchiature all’avanguardia, che permettono di dare valore aggiunto al prodotto, in un percorso qualitativo costantemente monitorato che parte dalle materie prime e arriva al montaggio finale; questo infatti ci consente di avere pochi resi non conformi. Grazie a un avanzato laboratorio di sperimen-

tazione e collaudo dotato di un sistema di acquisizione dati informatizzato, il controllo qualità è in grado di effettuare test, prove di vita e stress meccanico che garantiscono un prodotto che risponde perfettamente alle esigenze richieste». Quali sono le caratteristiche che vi hanno resi competitivi nel settore? «Le aziende per cui lavoriamo sono aziende leader nei settori di appartenenza e per poterle soddisfare al meglio lavoriamo con il metodo Kaizen, che ci ha permesso una maggiore elasticità nella produzione in risposta alla diversificazione del prodotto finale, e un riscontro efficace all’ovvio diminuire del lotto minimo, permettendo altresì attrezzaggi veloci e la possibilità di interagire col cliente anche in tempi molto stretti. Gli standard qualitativi, gestionali e produttivi ci consentono di mantenere le certificazioni sulla qualità Iso 9001 e Ul/Csa, Ce e Atex dove richiesto. La ricerca della sicurezza sul lavoro e la tutela ambientale sono da sempre un motivo di impegno continuo per Dagu, al tal riguardo i componenti dei motori sono completamente riciclabili in quanto le materie prime che li compongono possono essere correttamente smaltite e riutilizzate. A tal fine già da anni l’azienda è certificata Iso 14001». Paolo Biondi

Dossier Veneto 2014 • 81


Manifatturiero • Mercati esteri

L’elettronica punti su innovazione ed export L’industria elettronica in Italia risente progressivamente del peso della crisi e rischia di perdere campo davanti agli altri paesi. Questa è l’analisi del titolare di Covel, Silvio Ceccato, sempre più orientato verso Cina e Russia

I

l futuro dell’elettronica è ancora tutto da scrivere. Ma, mentre in Europa, Asia e America questo è un settore altamente all’avanguardia con continue soluzioni nuove e una richiesta sempre maggiore, in Italia il rischio è quello di perdere partner, dunque investimenti nella produzione e nella ricerca. «L’efficienza energetica è una strada in salita e migliorerà ancora – dice Silvio Ceccato – ma in Italia il 2014 si è presentato con prospettive non allettanti». Secondo il titolare di Covel, azienda veneta con sede a Tombolo

(Pd) leader del settore, tante sono le strade perseguibili dalla ricerca nel campo, ma poche le forze messe in gioco. Covel distribuisce componenti elettronici per l’automazione e la visualizzazione, display e illuminotecnica. Sviluppa integrati e microcontrollori, componenti passivi e di optoelettronica, display e cristalli liquidi, raddrizzatori e optoisolatori. Tutti componenti fortemente richiesti dal mercato oggi. «Per il futuro ci sono due vie da seguire: il settore energetico e quello dell’automazione. Su tutte è la tecnologia a led che si sta evolvendo.

Silvio Ceccato, titolare dell’azienda Covel con sede a Tombolo (PD) www.covel.it

82 • Dossier Veneto 2014

Non tanto i pannelli solari, ai quali non credo molto perché spesso vengono messi sul mercato prodotti di bassa qualità essendo investimenti costosi». Nonostante ciò, la sensazione di Ceccato è che avere idee nuove in Italia non basti e i migliori clienti sono in Cina e in Russia. «L’apertura dell’anno nuovo è stata problematica per tutto il settore poiché stiamo soffrendo la delocalizzazione delle multinazionali che si trasferiscono in Belgio per diminuire le spese. Abbiamo un gap del 25 per cento di tasse con gli altri paesi, ed è troppo alto. Si tende a spostarsi anche in Turchia, Croazia, Slovenia, Romania. Inoltre, quando ci viene copiato il prodotto (cosa che succede spesso purtroppo), non siamo tutelati come aziende poiché non ci sono brevetti». Due le soluzioni: innovazione costante e trattative con partner in Asia. «Bisogna disporre sempre di un prodotto nuovo da mettere sul mercato. Noi da 30 anni trattiamo led soprattutto in Cina, abbiamo un’ottima intesa commerciale con loro e sviluppiamo microcontrollori anche in Taiwan. Vedo prospettive per l’impresa italiana, ma per sopravvivere è imprescindibile mettere in gioco continuamente nuove idee. Il mercato interno è morto e ci stiamo guardando intorno, gli altri paesi si muovono più velocemente». E a dispetto di chi lamenta trattative


Mercati esteri • Manifatturiero

Il lightning è il settore che va per la maggiore. E con l’efficienza energetica faremo ulteriori passi in avanti

Covel a Illuminotrica Dal 9 all’11 ottobre Covel sarà a Padova per partecipare a Illuminotrica, la fiera dedicata al Solid State Lighting/LED. Promossa e organizzata da Assodel (Associazione Nazionale Fornitori Elettronica), Illuminotronica ha l’obiettivo di essere un momento di conoscenza e confronto tra professionisti di tutto il mondo per valutare insieme novità del settore: saranno presentate le ideazioni e gli interventi delle imprese nel settore Commercial/Contract (hotel, ristorazione, retail e altro) attraverso espositori, mostre e convegni. Ed essendo in crescita l’utilizzo dei LED nel campo dell’illuminazione è a disposizione anche una formazione tecnica specialistica per le soluzioni e per le applicazioni proposte dai partecipanti, oltre a conferenze, tavole rotonde, corsi, workshop e dibattiti sullo stato dell’arte nel Solid State Lighting/LED, nell’elettronica per il lighting e nei relativi sistemi, componenti, apparati, soluzioni e applicazioni.

fallite con i paesi esteri, Cina in particolare, Ceccato precisa che «il mercato cinese non è particolarmente diverso da quello italiano, solo ragionano diversamente. Gli italiani quando arrivano in Cina dichiarano numeri inesistenti sulla carta, ma loro ci credono; poi in realtà sono aziende che fanno il 10 per cento di quello che presentano. Bisogna avere un rapporto corretto con il cliente, con l’onestà si ottengono risultati». E nonostante le difficoltà delle aziende italiane, Covel continua a contare sulle sue eccellenze per tenere testa ai mercati stranieri. Il capitale umano è fondamentale, un team giovane e dinamico sulle cui competenze ed efficienza è basato il successo dell’azienda, e che adesso si prepara al cambio generazionale: dopo 30 anni di attività Silvio Ceccato lascerà le redini dell’azienda alla figlia. «Siamo pronti ad ogni cambiamento. I tempi sono duri però abbiamo dalla nostra un personale e continuiamo a investire. Il lightning è il settore che va per la maggiore. Ora siamo a un risparmio energetico di 1 a 10 rispetto a una normale lampadina. E con l’efficienza energetica faremo ulteriori passi in avanti. Inoltre stiamo sviluppando un riconoscitore di impronte digitali antifake in cui abbiamo investito molto per software e sperimentazione. È partito prima in Russia che in Italia, non a caso». Ilaria de Lillo

Dossier Veneto 2014 • 83


Meccanica • Tecnologie

Meccanica di precisione, risposte per la ripresa Il caso imprenditoriale di Christian Lazzari che spiega come ha sconfitto il fantasma della recessione economica. «Se non si vuole svilire la produzione, allora tanto vale tentare di migliorarla»

L

a prima reazione è stata la stessa per molti: al problema economico si è risposto “economicamente”. Ma non è abbassando i prezzi della produzione che le imprese hanno trovato la via d’uscita dalla crisi. Nel settore della meccanica di precisione, poi, la reazione istintiva di buttarsi a testa bassa nella guerra al ribasso, ha fatto più vittime che in altri ambiti industriali. Lo spiega Christian Lazzari, titolare della veronese Lc Tecnomec, che opera nel settore con risultati in netta controtendenza. «Realizziamo componenti meccanici conto terzi – dice Lazzari – e in questo ci possiamo definire una realtà di riferimento per quel che riguarda la torneria e fresatura di precisione attraverso l’utilizzo di macchinari tecnologicamente avanzati. E non abbiamo mai svenduto il nostro prodotto, anzi, forse negli ultimi anni i nostri prezzi sono aumentati. Ma a ciò è corrisposto un aumento ulteriore della qualità offerta». Facciamo un passo indietro. Di cosa vi occupate più nel dettaglio? «La Lc Tecnomec è un’officina meccanica che presenta svariate soluzioni contraddistinte da affidabilità e competenza, nella lavorazione di lotti di piccole e medie dimensioni, compresa la realizzazione di prototipi

84 • Dossier Veneto 2014

sempre su disegni del cliente. La produzione comprende matrici, maschi, valvole, anelli, tasselli, inserti metallici, spinotti metallici e altri articoli destinati al settore di componentistica e meccanica. Tra gli altri servizi realizziamo assemblaggi, fresatura, tornitura, oltre a finiture superficiali. Grazie alla preziosa collaborazione di uno staff altamente qualificato e specializzato nel settore, siamo in grado di creare vantaggiose opportunità di personalizzare l’offerta, in linea con le tempistiche concordate e con gli

Christian Lazzari titolare della L.C. Tecnomec Srl con sede in Castel d’Azzano (VR) www.lctecnomec.com


Tecnologie • Meccanica

È più conveniente uno scarto pari a zero piuttosto che un prezzo di partenza inferiore

Qualità da export Il caso della veronese Lc Tecnomec contraddice molte delle esperienze più usuali nel comparto della meccanica di precisione. In espansione nonostante la crisi anche nel mercato interno, anche il tentativo di export da parte dell’azienda guidata dal titolare Christian Lazzari segue uno schema di evoluzione aziendale. «Non rappresenta – continua Lazzari – un bisogno dovuto alla penuria di lavoro in Italia, anzi. In particolare, stiamo programmando la penetrazione del mercato estero tramite una specializzata società di partnership, puntando a quei mercati con una tradizione industriale molto solida in Europa, come la Germania e l’Inghilterra».

impegni assunti». Qual è stata la strategia con la quale avete affrontato il periodo di recessione? «Abbiamo dato fondo alle nostre capacità per migliorare ulteriormente il servizio. Lavoriamo solo con macchine a controllo numerico, con tre centri di lavoro, uno di tornitura e svariate macchine di contorno. L’aspetto più importante è la precisione, che si ottiene con le macchine più avanzate tecnologicamente e dal metodo di lavorazione. I macchinari di ultima ge-

nerazione aiutano molto le possibilità in questo senso, ma quello che fa la differenza è la capacità dell’operatore, in fin dei conti è il corretto procedimento che permette la massima precisione». Con quali risultati, dunque, si è aperto il 2014? «Più che positivi: abbiamo incrementato il nostro giro d’affari di circa il 30 per cento. È la diretta conseguenza di un ottimo rapporto qualità e prezzo, considerato che non abbiamo mai pezzi non conformi rispetto alla ri-

chiesta del cliente. In altre parole, non riceviamo mai contestazioni di non conformità tecnica, questo incrementa notevolmente la nostra affidabilità e di conseguenza il nostro lavoro. Questo è dovuto alla massima attenzione durante le fasi di lavorazione: valutando scrupolosamente ogni singola fase facciamo tutto nel modo migliore, risparmiando tempo e guadagnando affidabilità». È sicuramente un’eccezione nel panorama cui si assiste nel vostro settore. «La crisi ha operato una selezione delle aziende di questo comparto industriale. La guerra sui prezzi è persa in partenza soprattutto in una situazione di crisi economica: noi, abbiamo puntato ad assicurare un’affidabilità del prodotto non comune. Per i nostri clienti è più importante che lo scarto sia zero piuttosto che un prezzo di partenza inferiore, perché organizzano il lavoro anche a partire dalla certezza della conformità dei pezzi. Infatti, la non conformità di un pezzo ferma il loro processo produttivo, con danni economici anche ingenti. Preferiscono spendere qualcosa in più con il vantaggio della certezza». Renato Ferretti

Dossier Veneto 2014 • 85


Meccanica • Tecnologie

Investimenti e prospettive di sviluppo Quali obiettivi per la meccanica di precisione? L’analisi di Marino Spiazzi e la strategia di sviluppo centrata su innovative tecnologie di produzione

«C

ontrariamente alle aspettative, nel primo trimestre 2014 abbiamo riscontrato una contrazione di mercato, concentrata soprattutto nel settore del riscaldamento. Tuttavia siamo ottimisti sulla possibilità di una ripresa, che però potrà consolidarsi, a mio avviso, solo a partire dal secondo trimestre». È così che giudica l’apertura dell’anno Marino Spiazzi cotitolare insieme al fratello Cesare del-

86 • Dossier Veneto 2014

l’omonima società con sede a San Pietro di Legnago, in provincia di Verona, specializzata nelle lavorazioni meccaniche di precisione. «Siamo un’impresa di servizi per l’industria. In concreto, realizziamo prodotti su commissione e progettazione dei clienti. Questi appartengono a diversi settori. Si va dal riscaldamento al packaging, passando per il medicale, la pneumatica e l’elettrodomestico. Tuttavia, in futuro puntiamo a entrare in altri settori, dato che la nostra azienda è in grado di soddisfare con altissimi livelli qualitativi un ampio spettro di lavorazioni industriali». Appurato che il 2014 si è aperto in sordina, che 2013 ha vissuto la società?

«Lo scorso è stato un anno estremamente importante, sia in termini di fatturato (siamo cresciuti rispetto al 2012) sia per l’investimento in nuove tecnologie. Questa mossa, in particolare, ha favorito l’acquisizione di nuovi mercati importanti e da questi, nei prossimi anni, siamo convinti di poter trarre notevoli risultati sotto il profilo economico». Su quali tecnologie avete investito e quali prospettive hanno aperto questi investimenti? «Nei nostri stabilimenti sono entrati nuovi macchinari a controllo numerico a cinque assi e impianti multipallet per l’esecuzione di lavorazioni sempre più complesse, anche con cicli non presi-


Tecnologie • Meccanica

Marino Spiazzi, cotitolare con il fratello Cesare, della Spiazzi Srl di San Pietro di Legnago (VR) www.spiazzi.it

Vogliamo penetrare in settori chiave come l’energia rinnovabile, l’aerospaziale e l’aeronautico diati. Proseguendo sulla strada dell’investimento, poi, per il futuro abbiamo già previsto l’acquisizione di altri macchinari ad altissima tecnologia, per penetrare in modo determinante in settori strategici, come quelli dell’energia rinnovabile e dell’aerospaziale e aeronautico, con particolare attenzione ai potenziali clienti esteri». Il vostro 2013 è stato positivo, tuttavia è un periodo difficile per investire. Perché avete scelto di andare controcorrente? «La nostra azienda ha sempre, anche in situazioni di crisi, creduto nell’opportunità di investire in tecnologie sempre più avanzate. Certamente viviamo un periodo in cui il mercato è volubile, tut-

tavia abbiamo una certezza: che il miglioramento può avvenire prima di tutto se miglioriamo al nostro interno i cicli produttivi con l’utilizzo di sistemi sempre più evoluti. Inoltre, abbiamo investito anche in una nuova politica ambientale. Infatti, da pochissimo tempo abbiamo messo in funzione un grande impianto fotovoltaico, che sviluppa circa il 50 per cento del nostro fabbisogno energetico giornaliero, contribuendo a ottimizzare i costi di produzione». Parlando di mercati, come vede l’attuale situazione di quello italiano? «Il mercato domestico è pressoché stagnante. Tuttavia i nostri clienti che lavorano per i mercati esteri stanno otte-

nendo un discreto pacchetto ordini. Purtroppo, in Italia, la luce alla fine del tunnel non si vede ancora. Secondo me, l’unico modo per far ripartire l’economia interna è una buona stimolazione del mercato attraverso l’aumento della disponibilità economica della popolazione – unitamente a una forte riduzione fiscale. Questo porterebbe a una ripresa dei consumi e, di conseguenza, ad aumentare la produzione e l’occupazione». Parlando ancora di prospettive, cosa prevede per il secondo semestre dell’anno e quali sono i vostri obiettivi? «Le prospettive per il 2014 sono naturalmente vincolate alla situazione dei mercati. E di conseguenza estremamente variabili. Per quanto riguarda la nostra azienda, gli obiettivi sono un consolidamento dei fatturati e un miglioramento ulteriore delle capacità produttive – per far questo investiremmo sulla preparazione e l’aggiornamento dei nostri collaboratori». Valerio Germanico

Dossier Veneto 2014 • 87


Meccanica • Tecnologie

Innovazione, impegno e investimenti Bilancio in crescita per la Stip. Alta tecnologia, velocità produttiva e nuove divisioni aziendali alla base di una rinnovata competitività

L’

incremento della richiesta e l’allargamento del proprio bacino per fare il salto di qualità ed estendere il raggio di azione, non sono obiettivi utopici per un’azienda. Il caso della Stip è un esempio reale di come le tre “i” dell’imprenditoria, inno-

88 • Dossier Veneto 2014

vazione, impegno e investimenti possano essere vincenti per sfidare la crisi e puntare alla crescita dell’organico. Nata nel 1969, la modelleria meccanica con sede a Schio (Vi), nei suoi 45 anni di attività si è specializzata nella realizzazione di attrezzature sempre più complesse nel mondo della fonderia ed è oggi presente sia nel mercato na-

zionale sia in quello internazionale. Matteo Poier, general director dell’azienda, conferma che «il bilancio a seguito dell’ultimo anno di attività, è in crescita del 15 per cento, grazie al consolidamento della nostra presenza nei mercati dove già lavoriamo e allo scouting che stiamo facendo nei nuovi paesi emergenti». Aumentato il fatturato è incrementato


Tecnologie • Meccanica

Sergio Poier e Matteo Poier all’interno dello stabilimento Stip di Santorso (VI) www.stipsrl.it

Tempi ridotti, con divisione cielo La continua attenzione alla massima efficacia nella gestione aziendale ha portato i dirigenti Stip alla creazione di Divisione Cielo. Si tratta di un’unità interna all’azienda specializzata nell’ottimizzare i tempi e minimizzare le probabilità di insuccesso delle attività di pianificazione, coordinamento, controllo, monitoraggio e gestione delle modifiche relativamente ai pro-

anche del 25 per cento l’impiego di risorse umane. Da realtà artigiana la Stip si sta trasformando in Pmi attraverso il miglioramento dell’organizzazione aziendale, informatica e di ricerca e sviluppo. «Le innovazioni tecnologiche maggiori, le stiamo facendo a livello di risorse umane; nell’ultimo periodo abbiamo inserito del personale giovane e altamente qualificato per poter essere pronti alle richieste di mercato, essere dinamici e supportare gli investimenti fatti e che faremo a livello strumentale sia in termini di Cnc a 5 assi in continuo, sia nella stampa 3D». L’azienda veneta ha sviluppato l’innovazione come business e questa è parte integrante dei processi. In questo

getti e commesse ad alta complessità e impatto. Ad essa vengono dunque affidati progetti di qualunque dimensione, complessità (molte risorse coinvolte, lunghi tempi di esecuzione, complessità tecnica), critici (per tempi di consegna, budget, qualità), o composti da sottoprogetti che presentano un maggiore livello di rischio.

modo ha diffuso la propria offerta in Italia, in particolare nel nord est, nel modenese, laziale e campano; Germania, Francia, Russia a livello europeo; India, Medio Oriente e Sud Africa a livello internazionale. Oltre alle novità introdotte nel settore, la Stip punta molto sulla velocità del servizio al cliente con una riduzione di costi e di tempi di produzione, mantenendo una qualità elevata a garanzia del prodotto, unica strada per essere competitivi nei mercati internazionali. Fino ad ora ha ottenuto maggiori risultati ed esperienza nella costruzione di modelli, casse d’anime e manipolatori per basamenti motore, teste motore, scatole cambio, assali e differenziali, particolari per il

mondo ferroviario ed energetico, nonché per particolari nel mondo del composito. Eppure, a confermare che l’Italia non è ancora al passo dei mercati esteri in quanto a politiche per l’imprenditoria e aggiornamenti tecnici nel settore, Poier commenta che «il mercato estero è per noi la principale risorsa, perché oramai le informazioni girano così velocemente e le distanze sono così vicine che lavorare in Italia o dall’altra parte del mondo è uguale. In futuro l’attenzione sarà riposta nella fidelizzazione con i clienti storici e nella ricerca di nuovi clienti, proponendo un’organizzazione più preparata, certificando sia il processo che il prodotto». Ilaria de Lillo

Dossier Veneto 2014 • 89


Packaging • Export

Performance, design e sostenibilità

Un’azienda giovane che sta rivoluzionando la produzione di stampi per l’industria del packaging in Pet. E il modo stesso di fare impresa. Le ambizioni e i risultati di Lorenzo Campaner e Luca Antonello l nostro obiettivo di crescita per il 2013 era del 20 per cento. A fine anno, però, l’aumento di fatturato ha superato quota 40 per cento. E il merito va agli investimenti orientati all’ottimizzazione delle strategie produttive». Come testimoniano i dati riportati dall’ingegner Lorenzo Campaner, amministratore insieme a Luca Antonello della Meccanica Italiana, a poco più di cinque anni dalla fondazione, l’azienda di Badoere di Morgano, in provincia di Treviso, ha dimostrato con i fatti di potersi distinguere a livello nazionale nella produzione di stampi per l’industria del packaging in Pet – dal beverage e alimentare fino alla cosmetica –, conciliando design, qualità dei materiali ed eco-sostenibilità. Cosa si può dire dell’andamento del primo trimestre 2014? Luca Antonello: «Dopo un 2013 dedicato anche alla ricerca di nuovi rapporti diretti con i clienti esteri, quest’anno abbiamo esordito con un buon incremento di ordini da Libano, Kazakistan e probabilmente anche da alcuni paesi africani, come il Senegal. A ciò si aggiunge che i nostri partner consolidati (quasi tutti esportatori o esteri) prevedono un deciso aumento del volume di lavoro già per i prossimi mesi. Devo inoltre constatare che,

«I

92 • Dossier Veneto 2014

Lorenzo Campaner e Luca Antonello, amministratori della Meccanica Italiana Srl di Badoere di Morgano (TV) www.meccanicaitaliana.it

Puntiamo a un nuovo modo di fare impresa: glocal business e responsabilità sociale sebbene in maniera timida, anche il mercato italiano sembra dare qualche segnale di vitalità, soprattutto in alcune nicchie di mercato come detergenza e contenitori speciali». Quali trend guidano la vostra ricerca sul prodotto? Lorenzo Campaner: «Il principale obiettivo è ridurre il peso dei conteni-

tori senza penalizzare le performance. Ciò vuol dire produrre contenitori più economici senza rinunciare a un design accattivante per il consumatore, unito a una maggiore sostenibilità per l’ambiente. In altre parole, non esistono più compromessi. Dobbiamo porre attenzione sia agli aspetti emozionali caratteristici del design, sia a


Export • Packaging

Impresa e territorio

quelli funzionali ed economici come la lavorabilità, il peso, la facilità di trasporto e lo stoccaggio. E per raggiungere questa sintesi, sta acquistando sempre più importanza la riciclabilità del prodotto». L. A.: «Noi seguiamo solo progetti orientati al packaging in Pet. Di conseguenza tutto ciò che realizziamo può

essere facilmente differenziato dal consumatore, a totale beneficio del successivo riciclaggio. Inoltre, le tecnologie per l’utilizzo del Pet riciclato, detto R-Pet, nel settore del packaging, stanno portando a un deciso aumento della presenza di questo materiale nei contenitori». E i prossimi obiettivi? L. C.: «Il 2013 è stato un anno di svolta sia nei volumi sia sulle nuove tecnologie. Abbiamo messo a segno importanti investimenti per assicurarci macchine all’avanguardia, che combinano aumento di produzione e qualità. Per il 2014 la speranza è di mantenere questo andamento, allargando il giro di affari verso il cliente finale e i mercati esteri. Parlando di investimenti, in vista delle nostre esigenze produttive dei prossimi anni, puntiamo a raddoppiare la superficie aziendale entro la fine del-

Esiste un particolare legame fra il management e il personale dipendente di Meccanica Italiana. Nell’azienda è radicata la volontà di fondare una nuova tipologia di rapporto sinergico, nel quale la forza lavoro è partecipe e responsabile delle performance aziendali, analizzando collettivamente possibilità, problematiche e miglioramenti. Lorenzo Campaner e Luca Antonello credono in un nuovo modello di azienda, che va oltre i concetti di prodottoservizio e abbraccia imprenditore e dipendente, impresa e territorio: un valore per le persone direttamente coinvolte e un mezzo di sviluppo per la comunità.

l’anno, includendo un laboratorio dedicato a ricerca e sviluppo, specifico per i contenitori in Pet. Inoltre, per riconfermare il nostro legame con il territorio, proseguiremo nei progetti di collaborazione con gli istituti tecnici, dove muovono i primi passi gli ingegneri del futuro». Luca Càvera

Dossier Veneto 2014 • 93


Metalli • La fusione

Un’evoluzione nella forgiatura

A tre mesi dall’avvenuta fusione che ha visto nascere Siderforgerossi Group, Luciano Giacomelli fa un quadro del presente e anticipa il piano industriale 2014-2016 al primo gennaio 2014 l’industria veneta dell’acciaio ha un nuovo grande soggetto economico: Siderforgerossi Group, con sede centrale nel comune vicentino di Arsiero. La newco nasce dalla fusione fra due storiche concorrenti, Forgerossi e Metallurgica Siderforge, e va a costituire un gruppo da oltre 1.100 addetti (di cui 580 in Italia e il resto in India), con un fatturato che, stando alle stime, si aggirerà intorno ai 200 milioni di euro e una quota di export che supera il 65 per cento della produzione. A tre mesi dalla costituzione, il presidente Luciano Giacomelli dichiara: «Se il lavoro dello scorso anno delle due società (la cui prossima aggregazione era stata comunicata a luglio) ha fruttato al gruppo un incremento di qualche punto rispetto al 2012, il primo trimestre di quest’anno è partito in sordina. Ciò è dovuto al fatto che in questi mesi la fusione ha sottratto energie alla produzione. Tuttavia, nel contesto di mercato, abbiamo tenuto e, del resto, questo era un passaggio obbligato per avviare il processo di crescita della nuova realtà». L’unione delle due aziende, infatti, ha permesso l’ampliamento della gamma per dimensioni e peso dei laminati, forgiati e degli stampati, fino a raggiun-

D

Siderforgerossi Group Spa ha sede ad Arsiero (VI) www.siderforgerossi.com

94 • Dossier Veneto 2014


La fusione • Metalli

65%

Quota di export della produzione Siderforgerossi Group Spa

Materia prima: l’acciaio Acciaio al carbonio, legati, inox, acciai speciali duplex, superduplex e monel. Queste le basi di partenza della produzione di Siderforgerossi Group, che ha unito Forgerossi – già produttrice di forgiati e laminati di medie e grandi dimensioni per i settori energia (petrolchimico, power generation, eolico), trasmissioni, meccanica, macchine movimento terra – e Metallurgica Siderforge – che produceva laminati e stampati in acciaio, principalmente per i settori petrolifero e gas, eolico, meccanico automobilistico, ferroviario, navale e aerospaziale.

gere un livello che non ha paragoni fra le altre realtà italiane del settore, oltre a porsi fra le prime industrie in Europa. «Per due aziende concorrenti, non è semplice unirsi. Però, dopo un’approfondita analisi di mercato e delle prospettive future, la fusione si è delineata come una risposta necessaria per affrontare le difficoltà e l’evoluzione del mercato. Il nuovo gruppo si propone con una capacità produttiva importante e la possibilità di realizzare economie di scala prima impossibili. Per

questo, puntiamo a consolidare i rapporti commerciali con i paesi extra europei (l’Europa finora è il nostro mercato principale). In particolare nei paesi produttori di petrolio – Medio ed Estremo Oriente, Stati Uniti, Brasile, Kazakistan, Uzbekistan. Oltre al consolidamento dei settori attuali (oil & gas, energia eolica, macchine movimento terra), il potenziamento del comparto stampati apre nuovi scenari. Completate la fase iniziale di aggrega-

zione, il management di Siderforgerossi Group sta lavorando al piano industriale per il prossimo triennio. «Per quanto riguarda gli obiettivi e gli investimenti 2014 – con la premessa che nel nostro settore gli investimenti fanno parte integrante di una buona gestione aziendale, che vuol dire sistemi produttivi costantemente all’avanguardia –, abbiamo già discusso il piano industriale con le parti sociali. L’obiettivo per il breve termine è di consolidare lo stato attuale, sia a livello economico sia organizzativo. Mentre nel biennio prossimo puntiamo a una crescita del 10-15 per cento annuo in volume. L’equivalente in fatturato dipenderà dal prezzo dell’acciaio e dalle sue fluttuazioni». Luca Càvera

Dossier Veneto 2014 • 95


Metalli • Riciclo

Il mercato premia le produzioni ecologiche Proiettare un prodotto interamente made in Italy nel mercato internazionale e, contemporaneamente, svolgere un’attività sempre più collegata al riciclo. Severino Grisi racconta le componenti fondamentali della sua realtà

U

na politica aziendale che propone una gamma di prodotti di base per soddisfare tutte le esigenze primarie per quel che riguarda il vasto campo del riciclaggio dei metalli. Con soluzioni personalizzate per soddisfare le esigenze specifiche del cliente, seguendolo, soprattutto per quel che riguarda gli impianti, dalla progettazione alla realizzazione. È la politica di Tecnoecology, azienda fondata nel 1989 e specializzata nel recupero dei metalli. Grazie alla forte cooperazione con Grimo, azienda nata nel 1983 come officina meccanica di precisione, Tecnoecology ha registrato lo scorso anno una crescita netta del 5 per cento del fatturato. «La nostra filosofia – spiega Severino Grisi, titolare delle due società di Caldiero – è profondamente correlata con il tema del riciclaggio e dell’ecologia. Abbiamo sempre pensato, infatti, che la soluzione migliore sia collegata al riciclo, per evitare che nel futuro ci si trovi in carenza di materiali importanti come il rame, uno dei metalli più a rischio estinzione. Da parte nostra crediamo che il riciclaggio debba avvenire nella maniera più semplice ed efficace possibile e in questo le nostre aziende ci stanno riuscendo, grazie soprattutto

96 • Dossier Veneto 2014

all’impegno dei nostri tecnici». Le competenze degli impiantisti di Tecnoecology sono messe al servizio del cliente per quel che riguarda lo studio e la realizzazione dei migliori sistemi di trasporto tramite coclee o nastri trasportatori, sia che questi siano inclinati, con tamburo magnetico, dosatori a velocità variabile, o con tramoggia di carico per decantazione del materiale. «Una spinta positiva – prosegue Grisi – è stata data dalle continue e decisive innovazioni adottate dall’azienda e dallo sviluppo di nuove idee. Senza contare l’importanza della valorizzazione della qualità del nostro prodotto, intera-

Severino Grisi è titolare della Tecnoecology e della Grimo di Caldiero (VR) www.tecnoecology.com www.grimosrl.it


Riciclo • Metalli

Il nuovo modello T1000 Grazie alla collaborazione attiva tra i tecnici, agli investimenti e allo sviluppo di nuove idee, Tecnoecology e Grimo hanno da poco lanciato un nuovo prodotto, il T1000. «Si tratta – sottolinea il titolare Severino Grisi – di uno dei tanti progetti realizzati recentemente, non più di qualche mese fa. L’impianto modello T1000, del tutto simile ai T150-T300-T500, modelli che la nostra azienda produce ormai da anni, ha ora un’unica e importante differenza. Questo modello di macchina infatti raggiunge una capacità produttiva di materiale in ingresso di circa 1000 kg/ora, ovvero un risultato eccezionale».

mente made in Italy». I progetti e i lavori finiti sono, infatti, interamente prodotti dalla collaborazione delle due aziende Grimo e Tecnoecology. «La prima – aggiunge il titolare – si occupa della progettazione e della realizzazione degli stessi progetti, mentre Tecnoecology opera nell’assemblaggio e nella commercializzazione del prodotto e cura inoltre tutti gli aspetti che riguardano le tematiche del post vendita. Ciò significa che, producendo tutto internamente, l’assistenza, la disponibilità dei prodotti e dei relativi ricambi sono immediate e, grazie a un ampio spazio adibito a magazzino, l’azienda è in

grado di rispondere con tempestività alle esigenze dei clienti, il che si traduce in un notevole risparmio di tempo e di maggiore efficienza». Negli anni, l’azienda ha acquistato una visibilità internazionale sempre crescente. «Il nostro prodotto, interamente made in Italy, è proiettato a livello internazionale anche attraverso forme di aggregazione fra imprese che ci consentono di essere competitivi sui vari mercati, favorendo la visibilità e di conseguenza la crescita e lo sviluppo della nostra produzione al 100 per cento italiana. La promozione, inoltre, del nostro prodotto mediante le diverse

e attuali vie di comunicazione, soprattutto Internet, ma anche attraverso gli eventi fieristici e le molte e varie riviste dedicate al settore dell’ecologia, ha favorito in modo esponenziale lo sviluppo della nostra rete di vendita sul mercato internazionale». Un mercato che ha accolto positivamente un prodotto specifico e di qualità. «Gli impianti da noi prodotti – sottolinea Grisi – servono per separare i vari tipi di materiali che compongono i cavi elettrici. Il processo avviene attraverso successivi passaggi. Una prima fase consiste nella triturazione grossolana del materiale di lavorazione, se-

Dossier Veneto 2014 • 97


Metalli • Riciclo

Il nostro prodotto è proiettato a livello internazionale anche attraverso forme di aggregazione fra imprese guita dalla fase di macinazione più fine e quindi dalla fase di micronizzazione. Dopodiché, attraverso dei cicloni e ventilatori, dei sistemi detti zig-zag e tavole densimetriche, avviene la separazione vera e propria dei vari materiali. Oggi, Grimo e Tecnoecology insieme, sono arrivate a realizzare e distribuire ben quattro serie di produzioni specializzate; si va dalle pelacavi alle cesoie, dai trituratori ai veri e propri impianti completi». Tutto ciò offre la possibilità alle aziende di guardare con

98 • Dossier Veneto 2014

positività al futuro. «Ci stiamo impegnando molto e devo dire che, dopo tanti sacrifici, stiamo raccogliendo buoni frutti anche dove per noi, un tempo, era più difficile arrivare. Le aspettative crescono e l’obiettivo del nostro team di tecnici è quello di un impegno costante nella realizzazione di sempre nuovi progetti. Una collaborazione attiva, che mira a offrire al mercato il prodotto più adatto alle esigenze degli operatori del settore, traendone alcuni importanti vantaggi. Innanzitutto

un vantaggio economico, grazie alla redditività in termini di guadagno di tempo e di energia. Poi un vantaggio ambientale, con il recupero di materiale altrimenti destinato alla macerazione e al funzionamento a secco. E quindi un vantaggio innovativo, dal momento che le macchine di nostra produzione vengono concepite secondo criteri di compattezza, tali da permetterne l’elevata mobilità e l’altrettanto facile installazione». Marco Tedeschi



Innovazione • Tecnologie

L’industria espande i suoi orizzonti

I servizi di ingegneria e le tecnologie della Costruzioni Industriali Cividac Spa. Che guarda a più settori industriali: chimico, petrolchimico, farmaceutico, alimentare a generale situazione di recessione econ o m i c a , impedendo una programmazione di medio periodo, rende difficile la gestione dell’impresa e l’attuazione di scelte imprenditoriali di ampio respiro. Soprattutto per le aziende di piccole e medie dimensioni presenti nel Nord-Est, contesto al quale appartiene anche la nostra società». A fare il punto sullo scenario di crisi è Gabriella Bacchin della Costruzioni Industriali Cividac di San Biagio di Callalta, in provincia di Treviso. «Il nostro orizzonte attuale è quello messo insieme nel primo scorcio dell’anno in corso, grazie al fatto che la società ha acquisito un pacchetto di ordini tale da poter coprire il primo semestre 2014. Pertanto siamo obbligati a fare di più per ampliare la nostra visione del futuro». Questo “fare di più” significa sia investire nell’ampliamento dei mercati, sia, prima di tutto, investire sul potenziamento tecnologico e produttivo, elemento di discrimine a livello competitivo, soprattutto a causa delle criticità specifiche del sistema Italia. «La nostra società – prosegue Bacchin – offre un servizio completo di ingegneria e tecnologie per i più importanti settori industriali, in particolare per quelli chimico e petrolchimico, farmaceutico e dell’industria alimentare. Negli anni,

«L

102 • Dossier Veneto 2014

La Costruzioni Industriali Cividac Spa ha sede a Cavriè di San Biagio di Callalta (TV) www.cividac.com

Abbiamo operato delle scelte per acquisire una più ampia visibilità sul mercato internazionale


Tecnologie • Innovazione

Visione internazionale Con una solida esperienza, Costruzioni Industriali Cividac offre ai suoi clienti un servizio completo di ingegneria per i più importanti settori industriali. Nata nel 1983 da una precedente azienda con più di quindici anni di esperienza, oggi l’ufficio tecnico della società sviluppa disegni costruttivi in conformità con i requisiti dei clienti e dei codici internazionali (come Asme, Bs, Vsr, Ad-2000, Api, Tema), rivolgendosi in soprattutto alle esigenze costruttive del mercato internazionale. Certificata Iso 9001:2000, Costruzioni Industriali Cividac è supportata da laboratori qualificati per l’esecuzione di test di qualità.

abbiamo raggiunto delle specializzazioni nella lavorazione di tutte le qualità di acciaio inossidabile e delle sue leghe, in particolare produciamo colonne di distillazione, reattori per la chimica e la petrolchimica, recipienti a pressione e serbatoi atmosferici, scambiatori e condensatori, evaporatori e concentratori. E, per i settori farmaceutico e alimentare, serbatoi di stoccaggio in acciaio inox accuratamente rifinito, di tutti i tipi e capacità, autoclavi, fermentatori in acciaio inox o in resina epossidica e acciaio al carbonio rivestito, attrezzature in acciaio inox lucidato». Venendo alle azioni di mercato e data la situazione di incertezza nazionale, la Costruzioni Industriali Cividac si trova quindi a operare nuove strate-

gie per i prossimi mesi. «La direzione aziendale – afferma Bacchin –, con lo scopo di dare slancio alla produzione, ha operato delle scelte in ambito internazionale, con l’obiettivo di acquisire una più ampia visibilità sul mercato di riferimento, in particolare in quello globale, nel quale sono attivi i maggiori potenziali clienti. Inoltre, è stato di recente formalizzato un contratto per l’aggiornamento e la riorganizzazione delle procedure, finalizzato all’ottimizzazione dei programmi, che consentirà, a regime, di gestire in tempo reale le informazioni economico-finanziarie e gestionali e la redazione del budget economico e commerciale. Auspichiamo, poi, che politiche generali nuove e adeguate alla situazione contingente vadano a

semplificare la burocrazia amministrativa nella gestione delle aziende. E che intervengano, in tempi rapidi, adeguate soluzioni per la riduzione del costo del lavoro, che penalizza società come la nostra, in quanto pur essendo competitivi in ambito tecnico, non riusciamo a esserlo con i nostri listini. E la causa principale di questo è proprio la forte incidenza del costo del personale rispetto ad aziende estere o che hanno delocalizzato la produzione. A parità di offerta tecnologica, infatti, combattiamo contro realtà avvantaggiate da una pressione fiscale minore. Per superare questo scarto puntiamo sulla qualità della nostra ricerca e sviluppo». Vittoria Divaro

Dossier Veneto 2014 • 103


Innovazione • Export

La diversificazione è crescita

La ripresa del settore industriale e le difficoltà di turismo e ristorazione. Un quadro complesso e strategico per l’economia. Ne parliamo con Camillo Piccin, amministratore della Brhema Paint eccessiva specializzazione rischia di essere un’arma a doppio taglio, da un lato può consentire di primeggiare in un determinato settore, dall’altro può essere fatale nel caso quello specifico settore vada in crisi. Rivolgersi a differenti aree produttive può essere una soluzione vincente. È il caso della Brhema Paint, azienda che si occupa di fornitura di articoli tecnici per i settori industria, comunità e ristorazione, officina e autolavaggio. Per non perdere posizioni sul mercato e restare competitiva l’azienda trevigiana investe con convinzione in innovazione e tecnologia. «Nel 2013 abbiamo investito oltre 20mila euro in corsi per la formazione della forza vendita e di alcune figure del personale interno – dichiara Camillo Piccin, amministratore della Brhema Paint insieme a Roberto Longhin- inoltre investiamo costantemente nei nostri sistemi informativi e nella nostra applicazione per iPad che ci permette di ricevere e gestire gli ordini in tempo reale e di spedire il materiale ordinato già nell’arco della giornata. Entro la fine del 2014 sarà disponibile un sito che permetterà ai nostri clienti di conoscere la disponibilità dei prodotti, le informazioni tecniche e, per chi volesse, anche di inserire direttamente gli ordini». Brhema Paint è una realtà ben radi-

L’

104 • Dossier Veneto 2014


Export • Innovazione

5.000 Camillo Piccin e Roberto Longhin, amministratori della Brhema Paint Srl di Vittorio Veneto (TV) www.brhemapaint.it

I diversi articoli commercializzati dalla Brhema Paint

L’industria è cresciuta dal 2012 e potrebbe indicare una ripresa delle produzioni cata nel territorio nazionale e punta, grazie all’eccellenza dei prodotti, ad ampliare il proprio raggio di azione anche all’estero. «Il mercato estero è nei nostri obbiettivi – conferma Camillo Piccin - specialmente quello relativo alle vicine Austria e Slovenia. Per conquistare nuovi mercati proponiamo prodotti innovativi che possano abbassare i tempi di lavorazione e un servizio di consegne molto rapido che permetta di risparmiare sui costi di magazzino». Brhema Paint si rivolge a diversi seg-

menti di mercato, questa poliedricità le consente di non fare affidamento su un unico settore. «Il settore industria che forniamo con prodotti di antinfortunistica, imballaggio, abrasivi, lubrificanti e smalti e vernici è tendenzialmente in crescita, il che ci conforta in quanto se le persone lavorano hanno anche capacità di spesa e questo farebbe molto bene all’altro settore di cui ci occupiamo, quello degli hotel e della ristorazione che potrebbe vedere una ripresa». La selezione dei marchi da commercializzare rappresenta una fase

decisiva per l’azienda di Vittorio Veneto. «La selezione dei fornitori è molto importante e quello che cerchiamo, più che marchi importanti – spiega il titolare della Brhema Paint - sono prodotti innovativi e di qualità che ci identifichino come fornitori professionali qualificati». Nonostante la difficile congiuntura economica il business dell’azienda veneta nel 2013 non ha subito variazioni significative, dando anche incoraggianti segni di ripresa. «Il nostro volume d’affari, di poco inferiore ai tre milioni di euro nel 2013, è rimasto stabile con delle variazioni significative dei diversi settori. Il fatturato del settore industria è cresciuto rispetto al 2012 e potrebbe indicare una ripresa delle produzioni, al contrario il settore turismo che ci vede presenti sia nel litorale adriatico sia nella zona dolomitica con detergenti attrezzature e macchine per la pulizia, ha subito una leggera flessione dovuta al meteo non proprio favorevole e alla ridotta capacità di spesa delle famiglie». Il futuro è quindi ancora incerto, ma Camillo Piccin non nasconde l’ottimismo. «Nel medio e nel lungo periodo le prospettive sono quelle di crescere e di poter espandere e consolidare il nostro business in tutta Italia tramite la creazione di punti vendita specializzati». Lorenzo Brenna

Dossier Veneto 2014 • 105


Innovazione • Brevetti

Su larga scala, eppure cotto a legna Il pane e la pizza fatti secondo tradizione sono sempre più richiesti in tutta Europa. Una nuova tecnologia ne permette la produzione in quantità industriali. Parla il proprietario del brevetto Renzo Roncadin l pane e la pizza secondo le regole di una volta. Questa non è solo un’esigenza italiana. In tutto il vecchio continente si registra un ritorno al sapore antico quasi dimenticato che solo il forno a legna può far riscoprire. Ma la tendenza in molti paesi si scontra con un sistema produttivo molto diverso dall’assetto italiano: nella maggior parte dell’Europa il pane e pizza sono prerogativa di grandi aziende che hanno l’esigenza di sfornare in quantità industriali. Unire le due cose sembrava impossibile finché Renzo Roncadin, con la pordenonese Clm, non ha sviluppato un brevetto che consente di costruire forni a legna di dimensioni, appunto, industriali. «Il pane e la pizza di una volta – spiega Roncadin – sono fatti solo a legna, perché solo questo forno concede determinate caratteristiche organolettiche al prodotto finale. Poi negli anni si è passati all’industria che aveva ritmi e quantità non compatibili con i forni a legna: non avevano la stessa produttività e mancavano in fatto di volumi. Si sono così affermate tecniche più semplici da gestire, come il forno a gas o elettrico, prodotti che continuiamo a realizzare anche noi. Ma a differenza degli altri, siamo riusciti a fare un forno a legna completamente automatico con un impiego di personale prossimo allo zero, compatibile con le esigenze industriali, sia dal

I

106 • Dossier Veneto 2014

punto di vista della produzione, sia della sanificazione e delle emissioni». Sta parlando di un forno green? «Il nostro forno è a emissioni neutre di CO2 nell’atmosfera. Questo perché la legna, in natura, è un assorbitore di CO2 che poi restituisce all’atmosfera nella fase di combustione. Questo comporta la non creazione di nuova anidride carbonica e di conseguenza il problema non sussiste. Il tema della tutela ambientale all’estero è molto più sentito che in Italia e quindi il nostro

Renzo Roncadin, titolare di Clm Bakery System Srl, Meduno (PN) www.bakerysystem.it


Brevetti • Innovazione

Il nostro forno a legna è compatibile con le esigenze industriali, sia per la produzione sia per le emissioni prodotto ha anche questo vantaggio. Ma la vera differenza sta nella cottura, il risultato è diverso e si percepisce evidentemente. E il ritorno agli antichi sapori è un aspetto sempre più importante, almeno a livello europeo». Come vi siete inseriti nei diversi contesti della produzione all’estero? «Per rispondere potrei fare l’esempio di un nostro cliente inglese. In Uk la grande distribuzione pone le proprie richieste ai produttori, noi quindi abbiamo convinto la grande distribuzione della qualità dei nostri forni a legna e ora vendiamo ad alcuni loro

2 t/h La quantità di pane contenuta nel più grande forno a legna Clm

produttori cui è chiesto espressamente pane cotto a legna. In Germania, invece, è completamente diverso: il nostro approccio è rimasto diretto, ma questa volta ci siamo dovuti rivolgere alle singole aziende che producono il pane su grande scala». Con quali risultati questa innovazione ha salutato il 2013? «Non abbiamo concorrenti, siamo gli unici a realizzare forni a legna di queste dimensioni. Questo significa che negli ultimi anni raccogliamo la semina del nostro brevetto e del nostro lavoro commerciale, che nei primi mesi del 2014 si traduce in un incremento intorno al 50 per cento. In più, nell’ultimo periodo abbiamo ampliato la nostra offerta, e da fornitori di parte di una linea di produzione, oggi offriamo un “chiavi in mano” dall’inizio alla fine del processo produttivo. Questo tipo di servizio è particolarmente richiesto. Il cliente, infatti, ha sempre più bisogno

di qualcuno che non gli faccia solo da fornitore ma da partner nel gestire l’innovazione». Quali sono i vostri mercati più importanti? «Sicuramente la Polonia e l’Europa occidentale. Per un’azienda europea stiamo realizzando il forno a legna più grande del mondo: 30 metri di lunghezza per 4 di larghezza. Ora la nostra sfida è oltreoceano: vogliamo avvicinarci al mercato statunitense, anche se ci penalizza molto il cambio. Registriamo il 99 per cento di export nel nostro bilancio, ma ci possiamo dire protetti dal punto di vista legale riguardo al nostro brevetto, anche a livello internazionale, perché non è basato solo sulla meccanica ma anche sul processo, sul metodo di cottura che è veramente innovativo: il modo in cui è gestito il calore, come circola all’interno del forno avvolgendo il prodotto, è assolutamente unico». Renato Ferretti

Dossier Veneto 2014 • 107


Innovazione • Tecnologie

La refrigerazione punta a una produzione snella Il caso imprenditoriale di Mario Pedrazzini la cui scelta in chiave “lean” ha profondamente cambiato produzione e prospettive

108 • Dossier Veneto 2014

on in tutti i settori i volumi d’acquisto del mercato interno danno segnali di sofferenza. Eppure, i pagamenti risultano difficili da riscuotere e la situazione risulta comunque critica. Insomma, dalla crisi dell’economia italiana, prima ancora che internazionale, sembra difficile uscire, per un motivo o per l’altro. E questo riguarda, come è risaputo, anche marchi storici. L’esempio della trevigiana Castelmac, che da cinquant’anni si occupa di refrigerazione, rientra precisamente in questa casistica. «E siamo costretti a guardare oltre confine – dice il dottor Mario Pedrazzini, alla guida dell’azienda di Castelfranco Veneto –: solo il 20 per cento della nostra produzione rimane in Italia. Dunque il livello tecnologico da noi raggiunto, l’efficienza delle macchine, la loro semplicità di utilizzo e il loro prezzo competitivo non bastano in un mercato così stagnante come quello nazionale». Pedrazzini cerca di inquadrare ancora meglio la sua realtà aziendale. «Castelmac produce con due marchi – precisa –. Da una parte Icematic, che realizza macchine per la produzione del ghiaccio, e dall’altra Tecnomac, che si occupa di refrigerazione commerciale e professionale. Le nostre macchine sono al top della categoria, possiamo vantare un’approfondita conoscenza delle tecniche di refrigerazione, che unita alla devozione per la qualità, consente un perfetto processo di produzione. Il tutto grazie anche ad una collaborazione ormai consolidata

N


Tecnologie • Innovazione

80%

Quota del fatturato che la Castelmac ricava dall’export

Il Dottor Mario Pedrazzini, alla guida della Castelmac di Castelfranco Veneto (TV) www.castelmac.eu

Le nostre macchine sono al top della categoria, vantiamo un’approfondita conoscenza delle tecniche di refrigerazione con importati Atenei Universitari. I

nostri apparecchi ferma lievitazione per la panificazione, per esempio, mantengono il prodotto pronto durante tutta la notte per la cottura mattutina, eliminando il lavoro notturno che caratterizzava questa professione». La novità che ha interessato l’impresa veneta sta nell’adozione del sistema lean (in inglese “snello”). «Questa é veramente una filosofia – spiega Pedrazzini – sia dal punto di vista produttivo che da quello gestionale. Bisogna cambiare la prospettiva con cui si era abituati a guardare e quindi ad affrontare i problemi e i rispettivi modi per risolverli. Oggi siamo in conti-

nua evoluzione perché con questo sistema si raggiunge sempre un livello superiore, dando vantaggi e prospettive sempre migliori. Tutta la gestione della nostra azienda segue questo spirito, perché non può esistere un sistema produttivo in ambito Lean se non si declina l’intera struttura in ambito Lean. Attraverso la Lean Production and Management philosophy, l’azienda ha potuto concentrare le sue energie con efficacia e dedizione nel perseguire obiettivi come attenzione all’ambiente, brand awareness, celerità nella risposta, produzione snella e flessibile, profitto, qualità e rispondenza del prodotto, valorizzazione della risorsa umana. Quest’ultima, forse, è la nostra risorsa principale. L’azienda è ciò che è per le persone impiegate nella nostra impresa. Infine, l’attenzione all’ambiente: siamo fra i primi in Europa ad aver introdotto nella nostra gamma di prodotti la versione a Propano». Remo Monreale

Dossier Veneto 2014 • 109


Made in Italy • Il distretto tessile

L’Oriente non fa più paura L’integrazione fra il moderno processo produttivo e l’esperienza dell’artigiano. Antonio Piocca, amministratore di Emi Maglia, presenta il modello di sviluppo di un’impresa di abbigliamento

U

n’eccellenza italiana dell’abbigliamento in lana che affonda le proprie radici nella tradizione secolare della maglieria veneta: il gruppo Emi Maglia Spa di Montagnana, poco lontano da Venezia, ha saputo integrare in un moderno processo produttivo l’esperienza dell’antico artigianato e gli ingredienti dell’impresa contemporanea: tecnologia, organizzazione, ricerca stilistica e qualitativa. Come spiega l’amministratore del gruppo, Antonio Piocca: «Con una forza produttiva di 6 milioni di capi l’anno di maglieria uomo e donna, forniamo i più significativi gruppi della grande distribuzione sia italiani che esteri. Il nostro mercato più importante oltre frontiera è quello tedesco (60 per cento del fatturato estero), a seguire Francia e altri paesi europei». La produzione Emi Maglia di fascia medio/alta include, per la maggior parte, capi realizzati in lana pettinata merino’s (titolo 2/28, sia 50/50 merino/acrilico che 100 per cento merino’s). «A questa produzione si aggiungono inoltre capi realizzati con filati pregiatissimi 100 per cento cashmere, cashmere blends (cashmere/seta, cashmere/cotone), cotone Pima e tanti altri ancora. La nostra collezione uomo e donna viene periodicamente aggiornata e rinnovata grazie all’aiuto di stiliste e delle aziende associate. Tutte queste forze

110 • Dossier Veneto 2014

intellettuali e tecniche sono costantemente alla ricerca di fonti e motivi di ispirazione che vanno ad arricchire i modelli, dal filato più prezioso ai dettagli più raffinati. La collezione viene poi declinata in base alle richieste dei committenti i quali possono scegliere sia il materiale sia il modello. La no-

stra forza è garantire affidabilità, servizio, capacità produttiva e dotazioni tecnologiche di ultima generazione. La nostra maglieria, totalmente calata, viene realizzata su telai Cotton e rettilinee Shima. Queste e altre tecnologie ci consentono di offrire prodotti di ottima qualità, sia Fine Gauge sia Heavy


Il distretto tessile • Made in Italy

30mila

Numero di capi della produzione giornaliera di Emi Maglia

La Emi Maglia Spa produce a Montagnana (Pd) www.emimaglia.it

Seguiamo direttamente tutte le fasi produttive: dal design-moda al packaging e alla logistica

Gauge, con il marchio made in Italy e la garanzia delle certificazioni Oekotex, Wrap e Iws (Woolmark)». Emi Maglia, inoltre, segue direttamente tutte le principali fasi produttive, spaziando dal briefing al designmoda, dall’acquisto del materiale greggio alla filatura, dalla tintura alla

tessitura, dal lavaggio a un’accuratissima fase di stiro. «Gestiamo anche il confezionamento e il packaging, oltre alla logistica e alle spedizioni in qualsiasi parte del mondo garantendo affidabilità e puntualità». In conclusione Emi Maglia rivendica il valore della maglieria made in Italy che, a suo avviso, ha ancora tutti i numeri per competere efficacemente con le produzioni a basso costo delle economie emergenti. «Infatti, nonostante l’alto livello quali-

tativo dei nostri capi, grazie a una strategia lungimirante e sempre attenta a sviluppare sinergie, siamo comunque in grado di quotare i prodotti a prezzi estremamente competitivi, anche a confronto con quelli dei produttori dell’Estremo Oriente. La nostra è una politica seria, rispettosa del cliente e delle esigenze del mercato, ma soprattutto della qualità, assicurata e costantemente monitorata da test effettuati presso i migliori e più competenti laboratori del settore». Vittoria Divaro

Dossier Veneto 2014 • 111


Agroalimentare

Rilanciare il settore

Filiera, chiave di volta Per competere in Europa e sui mercati internazionali occorre una programmazione efficace sul fronte interno. Lo sostiene Mario Guidi, presidente di Confagricoltura

el 2013 la vendita all’estero di prodotti agroalimentari italiani ha fatto registrare il record: oltre 33 miliardi di euro. In testa si conferma il vino, con 5,1 miliardi, che precede l’ortofrutta (4,5 miliardi di euro e +6%) e la pasta (2,2 miliardi e +4 per cento). Positiva anche la performance dell’olio, che ha fatto segnare un +10 per cento, con 1,3 miliardi di euro di fatturato estero. Ed è a partire dai dati sui mercati esteri che va improntato un cambio di marcia per il settore primario, in direzione di una maggiore competitività. A invocare l’accelerazione è Mario Guidi, presidente di Confagricoltura che, nel tirare le somme del 2013, chiarisce l’azione necessaria al sistema agricolo nazionale per recuperare terreno in termini di reddito, occupazione e investimenti: «Abbiamo bisogno di parlare di crescita, di lotta alla disoccupazione, di riforme, di credito». Per il numero uno dell’organizzazione degli imprenditori agricoli, si devono rafforzare i processi di internaziona-

N

114 • Dossier Veneto 2014

Mario Guidi, presidente di Confagricoltura


Rilanciare il settore • Agroalimentare

170 mld

Il fatturato dell’agroalimentare in Italia, secondo settore del Paese

lizzazione, ma anche investire di più in ricerca e innovazione. Un passaggio imprescindibile è poi il superamento dei freni che bloccano pesantemente il sistema Paese, così come l’agricoltura: eccessiva burocratizzazione e una fiscalità penalizzante. L’agricoltura italiana tiene le porte aperte all’Europa. Di fronte alla Pac approvata lo scorso anno, quali sono le prospettive? «L’agricoltura ha un ruolo centrale nelle politiche europee e dovrà averlo anche in quelle nazionali. Nella riforma delle politiche agricole comunitarie è fondamentale l’azione svolta dai singoli Paesi. Occorre, quindi, alzare il livello di attenzione oltre che sul fronte della negoziazione europea, anche su quello della politica economica e agricola nazionale. Per l’Italia ci sono in ballo 5 miliardi di euro l’anno, da abbinare ad accorte e funzionali strategie pubbliche e private di medio e lungo periodo per il settore primario. Quello che chiediamo è la programmazione strategica che è mancata e che ha portato, di fatto, a un indebolimento del sistema produttivo agricolo, l’esatto contrario dell’obiettivo della Pac. Occorre, dunque, guardare a Bruxelles, ma anche a Roma e alle politiche regionali dei piani di sviluppo». I prodotti agroalimentari italiani conquistano sempre più i paesi stranieri. Dove intervenire per incrementare la voce esportazioni? «Nonostante la crisi, l’export agroalimentare registra performance positive che lasciano ben sperare. Le esportazioni sono aumentate rispetto all’anno precedente e quello agroalimentare nel suo complesso (agricolo più trasformati) ha messo a segno performance decisamente migliori del-

Dossier Veneto 2014 • 115


Agroalimentare • Rilanciare il settore

l’export totale. Per proseguire in questa direzione, occorrono certamente misure più efficaci per combattere il fenomeno dell’agro-pirateria, ma soprattutto bisogna puntare sull’internazionalizzazione delle nostre imprese. Bisogna fare rete, scambiarsi conoscenze, cercare collaborazioni, trasferire knowhow. Oltre ai prodotti, bisogna internazionalizzare idee, pensieri e sistemi. Questo è il vero senso positivo della globalizzazione. E l’agricoltura potrà giocare un ruolo importante anche negli accordi commerciali con i Paesi esteri, come quello stipulato con il Canada o quello in via di definizione con gli Usa, e negli equilibri geopolitici mondiali». Quali i punti essenziali per rafforzare e rilanciare il settore agricolo italiano? «È il momento di lanciare un serio programma fatto di investimenti per la ricerca, le infrastrutture necessarie, l’assetto del territorio, l’innovazione. Abbiamo bisogno di parlare di rilancio della crescita, di lotta alla disoccupazione, di riforme, di credito. E occorre un governo con un’alta forza negoziale per costruire un percorso che consenta di equilibrare meglio i sacrifici, non ancora finiti, ma anche gli investimenti, tutti da fare. Un governo che affronti anche i due corto-circuiti che nel 2013 hanno mandato in confusione le imprese: fisco e burocrazia. Va avviato un processo di sburocratizzazione di regolamenti, leggi e controlli che costano agli imprenditori tempo e denaro, che potrebbero essere impiegati in attività produttive. È giunto il momento di dare certezze alle imprese. Va definito un sistema che resista alle prossime leggi di stabilità e consolidi una fiscalità giusta e proporzionata, che non penalizzi, anzi incoraggi, investimenti e occupazione». Francesca Druidi

116 • Dossier Veneto 2014

Testo unico, un salto di qualità Buone le performance estere del vino italiano rispetto a quelle in calo del mercato interno. Ma sono tante le occasioni per razionalizzare e rendere sostenibile la filiera l quadro del settore vitivinicolo, che è possibile tracciare da un osservatorio privilegiato come l’Unione italiana vini, è complessivamente positivo. Il commercio estero continua a dare grandi soddisfazioni all’Italia che, con la sua ricchezza di vitigni e territori, è riuscita a imporre le bottiglie tricolori su tutti i mercati mondiali. Nel 2013 è stata superata la soglia dei 5 miliardi di euro in valore, per oltre 20 milioni di ettolitri di vino esportato, pari alla metà dell’intera produzione. «Risultati eclatanti che si scontrano però - commenta il presidente dell’Uiv, Domenico Zonin - con Paesi dove le barriere “non doganali e non tariffarie”, cioè burocratiche e di controlli, fanno soffrire le nostre imprese. Tema sul quale, insieme ai colleghi europei del Comitè Vin, stiamo facendo pressioni sull’Unione europea affinché assuma una posizione ferma a favore del libero scambio».

I Da sinistra, Domenico Zonin, i presidenti della commissioni agricoltura di Camera e Senato Luca Sani e Roberto Formigoni e Mario Guidi alla presentazione del Testo unico del vino


La filiera vitivinicola • Agroalimentare

Preoccupa invece, il mercato interno, che continua a deprimersi, seppur molto più lentamente che in passato. Le vendite nella grande distribuzione, che rappresenta oltre il 60 per cento del mercato interno, sono diminuite nel 2013 del 6,5 per cento, recuperando in valore il 3,1 per cento, ma solo perché i listini sono cresciuti del 10,2 per cento, complici le due ultime annate vendemmiali. «Una crescita dei prezzi inevitabile - precisa ancora Zonin ma che ha contribuito a comprimere i consumi e che dobbiamo bilanciare con una rinnovata azione promozionale e una nuova alleanza con i diversi canali distributivi». Si va verso l’approvazione del Testo unico per il vino italiano. Che occasione rappresenta per il settore? «Un’occasione storica per razionalizzare e semplificare un sistema normativo oggi ridondante, a volte contraddittorio, in alcune parti iniquo. La burocrazia, ad di là del costo vivo che è stato quantificato in una media per azienda di 7.200 euro all’anno, rappresenta il prezzo più antipatico pagato dalle imprese a un sistema pubblico spesso inefficiente e, comunque, pletorico. Questo non significa rifiuto dei controlli e delle leggi: tutt’altro. Proprio perché riteniamo che le regole e i controlli premiano quella eccellenza di cui siamo portatori vogliamo un sistema efficiente, rapido, economico per le imprese e che garantisca adeguatamente il consumatore. Ecco, tutto questo lo abbiamo racchiuso in un

Il Testo unico del vino mira a riordinare il settore attraverso quattro punti: diminuzione degli oneri burocratici, semplificazione dei procedimenti, eliminazione della duplicità dei controlli, proporzionalità delle sanzioni

nuovo testo unico sul vino, frutto - altro elemento di successo - di un lavoro corale di tutta la filiera vitivinicola italiana». L’Unione italiana vini ha fortemente voluto un documento di policy per promuovere la sostenibilità. Da dove nasce questa esigenza, quali i punti più importanti del testo e quanta attenzione c’è oggi alla sostenibilità nel settore? «La sostenibilità è una frontiera etica e produttiva. Le imprese vitivinicole italiane hanno dimostrato di credere nella sostenibilità, hanno voglia di investire in tal senso, nonostante il periodo di difficoltà, perché sono convinte che la difesa ambientale sia la nostra prima e più importante risorsa aziendale. Il vino può diventare la nuova frontiera della sostenibilità perché ce lo chiede il consumatore e il nostro senso di responsabilità verso le nuove generazioni. Ma per concretizzare questo impegno abbiamo bisogno di un quadro normativo con regole certe e di strumenti innovativi messi a disposizione dalla ricerca scientifica in grado di misurare l’impatto ambientale delle produzioni. Solo così eviteremo il rischio, oggi reale, di trasformare la sostenibilità in vuoto slogan pubblicitario. In questo campo l’innovazione è, immediatamente, vantaggio competitivo e l’Unione vini sta lanciando un ambizioso progetto con le università italiane proprio per rispondere a queste esigenze». La Fiera di Verona e l’Unione italiana vini hanno creato una partnership che, sotto il brand Enovitis, svilupperà diverse iniziative a supporto della viticoltura italiana ed europea. Che segnale rappresenta questa collaborazione e quali gli appuntamenti più importanti in programma? «È il nostro modo di fare sistema, un esempio di razionalizzazione che vorremmo fosse seguito anche da altri. Nello specifico, poi, vogliamo implementare il polo fieri-

1,5 mld

I fondi erogati dal Programma nazionale di sostegno per il settore vitivinicolo negli ultimi cinque anni di applicazione dell’Ocm vino

Dossier Veneto 2014 • 117


Agroalimentare • La filiera vitivinicola

stico veronese, certamente il più importante a livello nazionale per il settore vitivinicolo, con una vetrina dedicata alla viticoltura. È banale ricordare che il vino si fa in vigna se non per sottolineare che la filiera di produzione deve rispecchiarsi anche nella filiera di promozione e comunicazione. Aggregare Enovitis a Vinitaly contribuisce, da un lato, a rafforzare Verona come punto di riferimento del vino italiano e internazionale e, dall’altro, collegare il progetto Enovitis a un sistema che parla alla vitivinicoltura mondiale. Il primo appuntamento congiunto è previsto il 19 e 20 giugno 2014 in provincia di Treviso con “Enovitis in campo”, nell’ambito del quale organizzeremo un importate convegno sul fenomeno Prosecco». L’Uiv si è opposta alla misura che prevede gli aiuti Ue diretti ai viticoltori. Quali i rischi e i benefici che potrebbero derivare per il vino italiano? «A fronte di un beneficio che riteniamo molto modesto che riceverebbero i viticoltori italiani, quantificabile in massimo 130-150 euro a ettaro, il rischio serio è di compromettere la specificità finanziaria degli aiuti Ue destinati al vino con l’Ocm. In una congiuntura di crisi, dove le politiche di sostegno e il budget comunitario sono e saranno fortemente condizionati e ridimensionati dalle esigenze di riallineamento, non solo tra i paesi Ue, ma anche tra i diversi settori, cosa succederebbe al vino se perdesse quella specificità che nel corso degli anni ci ha permesso di conquistare una dotazione finanziaria che vale 330 milioni di euro all’anno? Non possiamo assolutamente correre il rischio di perdere, per pochi spiccioli, un budget che in questi anni è stato fondamentale nel sostenere il sistema vitivinicolo italiano sia in termini d’investimenti strutturali che nelle strategie di promozione». * Renata Gualtieri

118 • Dossier Veneto 2014

Il vino trascina il commercio estero Colture non permanenti a parte, l’agroalimentare veneto ritrova slancio oltre confine. Prosecco protagonista, ma anche carni e prodotti lattiero-caseari si difendono bene. Il punto di Franco Manzato

Il Psr Veneto sarà finanziato per il 43% dal Feasr (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), per il 40% dallo Stato italiano e per il 17% dalla Regione Veneto

econdo i dati Istat elaborati da Veneto Agricoltura, l’agroalimentare ha chiuso un 2013 vissuto in altalena. Il clima piovoso che ha penalizzato alcune colture nella stagione primaverile, frumenti in testa, è stato bilanciato nei mesi successivi da una stagione favorevole, che ha permesso di realizzare produzioni elevate in altre importanti colture, come il mais e la soia. A queste si è aggiunto il recupero del 7 per cento della produzione di vino, tradotta poi in una crescita del valore dell’export pari al 31,8 per cento del totale nazionale. «Il trend di vendite all’estero dei principali prodotti agroalimentari negli ultimi anni è positivo – rileva Franco Manzato,

S


Il primato del Veneto • Agroalimentare

assessore regionale all’agricoltura – tranne per le colture agricole non permanenti, quali cereali, ortaggi freschi, tabacco grezzo, fiori». Come giudica l’andamento del settore e quali performance in particolare si sono segnalate? «Il bilancio del 2013 è da considerarsi sostanzialmente positivo. La produzione lorda è aumentata nel complesso di circa il 3 per cento rispetto al 2012, raggiungendo i 5,5 miliardi di euro, grazie alla buona performance delle colture erbacee». Anche nel 2013 i beni agroalimentari veneti hanno ottenuto buoni risultati sul fronte export, col vino a fare la parte del leone. Quali altri prodotti locali si stanno facendo largo nei mercati internazionali? «Rispetto al 2010, il latte, lo yogurt e i formaggi Dop, quali Grana, Asiago e Montasio, hanno aumentato il valore dell’export del 44 per cento; i prodotti da forno e farinacei sono cresciuti del 38 per cento, la carne lavorata e conservata e i prodotti a base di carne del 37 per cento, frutta e ortaggi lavorati e conservati del 30 per cento, oli e grassi vegetali e animali hanno aumentato il loro valore all'esportazione dell’88 per cento. Resta il fatto che, rispetto al vino e alle bevande, che nel complesso raggiungono quasi 1,6 miliardi di euro di export, per gli altri comparti si tratta di valori molto inferiori». Quali misure prevede il nuovo programma di sviluppo rurale? «I 4 pilastri su cui poggerà il Psr 2014-2020 sono: rafforzamento della competitività delle imprese agricole e agroalimentari; spinta all’innovazione; sostenibilità del programma; governance consapevole e strategica. In fondo, il programma Europa 2020 raccomanda una strategia di

1.587 mln

Il valore dell’export del vino veneto nel 2013, +10% rispetto al 2012

Franco Manzato, assessore all’agricoltura della Regione Veneto

buon senso, garantendo attenzione e supporto agli attori e alle attività basilari per lo sviluppo sociale ed economico». Sul fronte Pac, si profila un taglio di fondi destinati alla regione. Quali novità ci sono in tal senso? «Senza i regolamenti delegati e, soprattutto, la definizione delle opzioni applicative che la regolamentazione di base lascia agli Stati membri, è presto per dire cosa cambierà per gli agricoltori. Basti pensare alla regionalizzazione, alle modalità di applicazione del greening e dei “premi accoppiati”. Tuttavia, in termini generali, l’agricoltura veneta e quella italiana si dovranno confrontare con una riduzione delle risorse disponibili che sarà, a regine, del 20 per cento. L’effetto atteso è sicuramente di una redistribuzione delle risorse tra imprese, settori e territori». Quale impatto prevede sulle imprese regionali? «Stimolerò la competitività di alcuni settori e limiterà le attuali posizioni di rendita. Di converso,

Dossier Veneto 2014 • 119


Agroalimentare • Il primato del Veneto

settori quali la zootecnica, il tabacco e il riso saranno penalizzati per effetto del meccanismo della convergenza interna, qualsiasi sia il metodo applicativo prescelto, flat rate piuttosto che irlandese». Avete da poco avviato un progetto sulla caratterizzazione qualitativa dei prodotti ortofrutticoli. Di cosa si tratta? «Vogliamo tutelare chi offre prodotti a marchio Dop e Igp, ma anche prodotti tradizionali e tipici, provenienti da un ambiente di coltivazione sano. L’iniziativa di monitoraggio e controllo di terra, acqua, aria e prodotto da parte della Regione, servirà inoltre a garantire ai consumatori cibi naturali, genuini e con una precisa identità. Prodotti che hanno nomi e volti e che sono espressione di saperi antichi riproposti con sensibilità attuale. Un valore umano, sociale ed economico, ma anche una prospettiva di sviluppo sostenibile nel rispetto dell’equilibrio naturale degli ecosistemi, all’interno dei quali operano le nostre aziende agricole». Quanto state agendo sul tema della biodiversità come chiave di rilancio del settore? «Il tema della biodiversità e della sostenibilità deve tradursi anche in buona pratica agricola. Del resto è una delle priorità più interessanti indicata nella nuova Pac, ove l’Unione europea pone attenzione ai temi dell’identità, specificità e diversità dei territori. In altre parole, si punta al recupero e al rispetto della biodiversità per rilanciare l’impresa agricola, avendo come obiettivo la competitività sostenibile. La caratterizzazione qualitativa dei prodotti ortofrutticoli, selezionati assieme alle organizzazioni di produttori e ai consorzi di tutela Dop e Igp, verrà svolta dalle università di Padova e Verona e consisterà in analisi nutrizionali e metabolomiche». Giacomo Govoni

120 • Dossier Veneto 2014

Lattiero-caseario, il comparto più a rischio La lotta alla contraffazione è una delle missioni principali del nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri. Il comandante Cosimo Piccinno illustra tutti gli sforzi a tutela della salute pubblica l patrimonio agroalimentare italiano è unico al mondo per qualità e assortimento. L’apprezzamento dei prodotti italiani è diffuso a livello internazionale e questa popolarità ha dato vita a una economia parallela, rispetto ai prodotti tutelati, che va sotto il nome di Italian sounding. Questo fenomeno comporta un giro di affari nel mondo pari a 54 miliardi di euro l’anno, oltre il doppio del valore delle esportazioni di prodotti agroalimentari italiani, stimato intorno ai 23 miliardi l’anno. «I prodotti pregiati dell’agroalimentare italiano, molto ricercati all’estero rappresentano sicuramente un obiettivo privilegiato -

I


Tracciabilità e sicurezza • Agroalimentare

Cosimo Piccinno, comandante del Nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri

sottolinea Cosimo Piccinno, comandante del Nucleo antisofisticazioni dei Carabinieri -. Fortunatamente il sistema dei consorzi posti a tutela delle denominazioni protette, che svolgono un lavoro egregio sul territorio raccordandosi con i Nas, rende difficile la penetrazione del crimine in tale settore». Come sono cambiate le tecniche di sofisticazione nel settore alimentare rispetto al passato? «La globalizzazione esasperata e l’informatizzazione spinta hanno sicuramente fatto da cassa di risonanza per i guadagni facili, anche a scapito della salute del consumatore. Oggi ci troviamo di fronte a dinamiche criminali non solo locali. A titolo esemplificativo cito la frode sui kiwi, scoperta qualche anno fa, attraverso la quale questi frutti venivano “pompati” con un fitofarmaco fatto in casa, utilizzando un principio attivo asiatico. Non bisogna dimenticare, poi, le vecchie care sofisticazioni all’italiana, tra le quali un posto di rilievo ha l’olio di semi che diviene extravergine. Accanto alle nuove sofisticazioni registriamo, purtroppo, ancora quelle tradizionali sui vini, sulle carni, sui prodotti ittici e sui formaggi trattati con sostanze proibite per esaltarne le caratteristi-

34%

La quota, sul totale delle operazioni effettuate dei Nas, che riguarda tracciabilità e falsa etichettatura

che organolettiche e altri aspetti». Il fenomeno dell’Italian sounding è diffuso soprattutto all’estero, ma quanto è elevato in Italia il malcostume della contraffazione di prodotti alimentari? «Occorre tenere presente che il crimine non è avulso dalle comuni logiche commerciali in base alle quali rende meglio ciò che ha un buon mercato. In tal senso, quindi, l’agroalimentare italiano, molto ricercato all’estero, rappresenta un obiettivo privilegiato. Non mancano però casi di prodotti stranieri rielaborati in Italia e fatti passare per prodotti nostrani. Basti pensare che, nel periodo natalizio, i Nas hanno sequestrato prosciutti polacchi etichettati come “Prosciutti Parma Dop” e caciotte lituane fatte passare per caciotte sorrentine». Come si riconosce un prodotto contraffatto e cosa deve fare un consumatore quando si accorge della scarsa qualità del prodotto alimentare che ha acquistato? «Non è facile riconoscere un prodotto contraffatto, ma il consumatore ha a disposizione alcuni indicatori. Fra questi, certamente l’etichetta, che va sempre letta. Essa è la carta d’identità del prodotto, poi c’è il prezzo di vendita, che se eccessivamente basso deve far sorgere il dubbio che si tratti di un prodotto non genuino. In ogni caso, qualunque sospetto può essere sottoposto ai Nas, che forniranno indicazioni utili e interverranno a tutela del cittadino». Nicolò Mulas Marcello

Dossier Veneto 2014 • 121


Agroalimetare • Export

Nuovi mercati per i vini italiani Causa saturazione del settore e competitor in crescendo, anche per la viticoltura italiana è il momento di volare all’estero. Cantine Aldegheri porta i sapori e la tradizione della Valpolicella a Hong Kong, Los Angeles e Mosca

C

oncorrenza elevata da una parte, saturazione del mercato dell’altra e, dato imprescindibile nella valutazione della situazione attuale, la crisi economica, lo sguardo dei produttori vitivinicoli italiani è proiettato sempre di più verso l’estero. Secondo i dati Istat, nonostante il calo dei volumi esportati nel 2013 (-8,8%), ben la metà del valore prodotto viene esportato, circa 21,2 milioni di ettolitri, segno che la qualità del made in Italy è vincente. Ma si può fare di più. Alberto Aldegheri, responsabile commerciale della Cantina Aldegheri, spiega che «una cantina di esperienza oggi non può isolarsi dai mercati internazionali, deve puntare sempre più in alto». Ciò non vuol dire escludersi dal mercato interno, bensì investire nella continua ricerca e rinnovamento per portare sulle tavole, in

122 • Dossier Veneto 2014

Italia e all’estero, un prodotto di qualità che soddisfi tutti i tipi di consumatori. «Infatti, stiamo riorganizzando la nostra rete vendita all'estero per essere più presenti e vicini alle richieste dei nostri attuali e futuri clienti. Per quanto riguarda il mercato interno siamo alla ricerca di distributori e agenti che ci permettano di coprire l'intero territorio nazionale. Partecipiamo a numerosi eventi di promozione in Europa, in Asia e in America. Nell’ultimo anno oltre al Vinitaly di Verona e al Prowein di Dusseldorf abbiamo promosso i nostri prodotti a Stoccolma, Copenaghen,

Zurigo, Amsterdam, Mosca, Hong Kong e Los Angeles». La necessità di una nuova clientela si fa progressivamente sentire se si osserva il rapporto tra fabbricazione e vendite e si considerano le innovazioni ottenute nel corso degli anni sui sistemi produttivi. «Quando abbiamo cominciato le rese per ettaro si avvicinavano ai 250 quintali e i vini, commercializzati perlopiù in bottiglie da 1 o 2 litri, non superavano i 12 gradi alcolici. Poi negli anni 80 le migliori cantine sono riuscite a rinnovarsi producendo vini di altissima qualità, migliorando il vigneto,


Export • Agroalimetare

Immagini dell’azienda Aldegheri di S. Ambrogio Valpolicella (VR) www.cantinealdegheri.it

Ci stiamo adoperando per coprire l’intero territorio nazionale

aumentando i ceppi e diminuendo sensibilmente le rese». Durante la sua lunga tradizione in cantina, la famiglia Aldegheri ha sempre investito su un connubio fondamentale per la promozione dell’agroalimentare, il legame tra vino e territorio, tale da rendere un semplice bicchiere di vino un momento di “stream of consciousness”, un pezzo di storia personale e della terra dove il vino ha avuto origine. «La conoscenza della nostra zona di produzione e la passione per le sue bellezze, ci ha portato a legare i nostri vini alla promozione della Valpolicella. I

nomi dei nostri cru derivano infatti dal territorio: “Le Pietre Rosso” Veronese Igt per ricordare la lavorazione (anche artistica) del marmo; “I Lastari” Valpolicella Superiore in quanto in dialetto veronese la persona che lavora il marmo viene chiamata appunto "Lastar"; “Sengiarossa” in quanto il vigneto interessato alla produzione di questo Igt rosso è adiacente ad una parete di roccia (Sengia in dialetto) a vista di una cava del nostro marmo più pregiato, il Rosso Verona». E, a proposito di valorizzazione del territorio, gli Aldegheri hanno recentemente avviato il recupero di un antico vitigno autoctono per impedirne

l’estinzione. «Si tratta della Dindarella uva a bacca rossa con la quale si ottiene un vino molto particolare con profumi di frutta cotta, spezie con pepe verde e zenzero che commercializziamo anche in purezza». Il legame ostinato al territorio e il lavoro in cantina sono gli elementi distintivi della famiglia Aldegheri. «Credo che una cantina non debba seguire le mode, bensì un proprio stile. Innovazione nel rispetto della tradizione è infatti il motto che ci ha permesso di mantenere la nostra affezionata clientela e che siamo certi ci farà crescere conquistando altre fette di mercato». Ilaria de Lillo

Dossier Veneto 2014 • 123


Agroalimentare • Enologia

Il territorio, l’ambiente e il vitigno Da grandi uve, vini pregiati. L’esperienza di Marco Sartori e l’importanza delle indicazioni geografiche contro le contraffazioni

D

a quando l’Italia è riuscita finalmente a fare approvare a livello europeo le norme necessarie a tutelare le indicazioni geografiche contro le contraffazioni, i produttori vinicoli italiani si sono potuti concentrare su quanto sanno fare come pochi al mondo: trasformare in vini di alta qualità la millenaria biodiversità dei nostri semi e delle nostre piante. Il principio secondo cui gli stati membri della Comunità Europea sono tenuti ad adottare le misure necessarie alla tutela delle indicazioni geografiche, designando le autorità responsabili di adottare disposizioni protettive, è un elemento di stabilità e garanzia per l’intera produzione nostrana. Un comparto che in Veneto crea reddito e genera occupazione. L’azienda agricola Roccolo Grassi di Mezzane di Sotto, in provincia di Verona, forte dei suoi quattordici ettari di vigneto, è un esempio di come la scelta di privilegiare la qualità sia sinonimo di impresa di successo. Marco Sartori, che insieme alla sorella Francesca dirige dal 1996 l’impresa di famiglia, per elencare i risultati positivi dell’azienda, non usa numeri, ma fatti. «Il fatturato della Roccolo Grassi negli ultimi quattro anni – spiega Sartori – è consolidato. Il nostro obiettivo iniziato quindici anni fa, era portare tutti i vigneti in produzione e mettere tutto in botti-

124 • Dossier Veneto 2014

Amarone, Valpolicella, Recioto e Soave. Ecco vini identificabili nel territorio e nello stile della Roccolo Grassi


Enologia • Agroalimentare

5%

La quota di fatturato per ricerca, sviluppo e formazione

glia: ci siamo riusciti. Ciò non significa essere arrivati. Nel corso di quest’ultimo anno e dei prossimi vogliamo continuare il miglioramento qualitativo dei vini, ma senza aumentare la quantità, cercando piuttosto di far crescere il fatturato mediante la leva del prezzo. Ottenere grandi uve e produrre poche bottiglie di altissimo livello qualitativo». Se i dati dell’export italiano continuano ad essere confortanti, la debolezza della domanda interna è al contrario fonte di preoccupazione. «Per promuovere e consolidare la nostra produzione sul mercato interno – commenta Sartori – conosciamo una sola strategia: fare un prodotto di altissima qualità, riconoscibile e con forte personalità. Noi ci siamo riusciti perché siamo stati in grado di capire e interpretare il territorio, l’ambiente e il vitigno. Potiamo le viti con attenzione ad ogni singola pianta, cercando di contenere le rese di uva e di arrivare alla perfetta maturazione. Ancora maggiore dedizione è destinata

alla preservazione della materia prima ottenuta. La nostra è un’enologia rispettosa e conservativa del grappolo d’uva. La cantina è il fulcro di questo passaggio: quindi, massima cura nella pulizia, alle diverse fasi della lavorazione, alla scelta dei legni e all’assaggio del vino. Non meno importante, infine promuovere e fare capire la qualità dei vini. Ciò significa organizzare visite in azienda per spiegare la nostra filosofia, il nostro modo di lavorare e di produrre ed essere personalmente presenti alle degustazioni in cui ci sono i nostri vini. L’export è trainante. Noi vediamo un futuro molto promettente, soprattutto nei mercati tradizionali, come Europa e Stati Uniti. Ma siamo ugualmente soddisfatti per i risultati ottenuti nei nuovi mercati orientali in forte ascesa, come la Russia e i paesi asiatici». Non tutti sanno quanto la ricerca e l’impatto di tecnologie innovative sia elemento di distinzione anche nella produzione vinicola. «È vero che la ricerca e la tecnologia sono importanti per migliorare il nostro prodotto – conferma Sartori – ma siamo anche molto sensibili alla tecnologia fisica e all’utilizzo, nel processo di lavorazione, di prodotti a basso impatto ambientale e all’utilizzo nei vigneti di macchine che ci consentano di essere più tempestivi nel lavoro di tutti i giorni. In ricerca, sviluppo e formazione del personale, investiamo circa il 5% del fatturato». Un’azienda che, nonostante le difficoltà attraver-

La Roccolo Grassi ha sede a Mezzane di Sotto, in provincia di Verona www.roccolograssi.it

sate dalla nostra economia, presenta fatturati soddisfacenti, ed è in continua espansione sui mercati esteri, quali prospettive disegna per il prossimo futuro? «Le aspettative sul futuro della nostra azienda sono ottimistiche – continua Sartori – abbiamo molta voglia di migliorarci come persone e come azienda. Desideriamo far crescere la percezione dei nostri vini, la riconoscibilità del nostro brand e delle nostre denominazioni. L’obiettivo è quello di arrivare a conquistare sempre nuovi mercati e nuovi consumatori attenti alla qualità dei nostri vini e capaci di apprezzarne l’unicità. Sono etichette di carattere e forte personalità, destinate ad emozionare e lasciare un ricordo». Amarone, Valpolicella, Recioto e Soave. Ecco vini identificabili nel territorio e nello stile della Roccolo Grassi: bottiglie pregiate che contribuiscono a dare valore alla produzione vinicola italiana. Marco Govoni

Dossier Veneto 2014 • 125


Agroalimentare • Enologia

Champagne? Meglio il Prosecco

Negli ultimi anni la denominazione originaria del Veneto è arrivata in tutto il mondo, sfidando le bollicine francesi. «Eppure dobbiamo ancora imparare da loro come valorizzare il nostro territorio» rmai se ne sono convinti anche i francesi. Quella delle bollicine italiane non è più una produzione generica, ingenua, come quella di trenta o quarant’anni fa. E così, prodotti Docg come il Conegliano Valdobbiadene guida l’assalto del Prosecco alla conquista del mondo, facendo concorrenza diretta allo champagne, proprio in Francia. «In realtà non siamo in una vera e propria competizione, anzi. Credo che si possa definire lo champagne come un cugino del Prosecco». Luca Girardi, alla guida della trevigiana Girardi Spumanti, vuole suggerire una sorta di collaborazione naturale che si è instaurata tra i due prodotti. Per il vitivinicoltore di Farra di Soligo (TV), l’eccellenza italiana è molto competitiva rispetto all’alta qualità del “cugino” francese: dunque si spartiscono fasce di prezzo differenti. «E poi diciamolo chiaramente – continua Girardi – stiamo parlando di prodotti che hanno una base di bevibilità simile, ma non sono certo la stessa cosa. In più: non abbiamo niente da invidiargli». Almeno non dal punto di vista delle sensazioni sul palato. «C’è in effetti qualcosa che dovremmo imparare da loro – ammette l’imprenditore –: un territorio diventa tanto grande quanto riesce a vendere se stesso. Noi,

O

126 • Dossier Veneto 2014

L’export cresce del 10 per cento ogni anno: Brasile, Cina e Usa rappresentano ora i mercati più interessanti


Enologia • Agroalimentare

Un vino eccellente La Girardi Docg è una Cuvèe Millesimata nasce dalle colline di origine morenica a Farra di Soligo, dove nei poderi della famiglia Girardi si coltivano vigneti dal 1925. «È un vino di classe e raffinato – spiega Luca Girardi – dal colore giallo paglierino brillante, con perlage fine e minute bollicine. I suoi sono profumi complessi di frutta e fiori di prato, con eleganti sensazioni. Al palato si presenta elegante e fresco, versatile e vivace. Ideale come aperitivo ma anche con i piatti della tradizione veneta».

La Girardi Spumanti si trova a Farra di Soligo (TV) www.cantinagirardi.com info@cantinagirardi.com

invece, non siamo ancora riusciti a dare il giusto valore ai nostri prodotti e non abbiamo collegato le denominazioni e i territori enologici all’approccio turistico più efficace. Sto parlando di un investimento di cui alcune istituzioni

dovrebbero farsi carico e che le aziende dovrebbero portare avanti. Ci vorranno delle generazioni per arrivare all’obiettivo». Forse da questo punto di vista Girardi ha ragione, l’Italia continua a trovare molte difficoltà nella valorizzazione del proprio territorio, non è un mistero. Ma le denominazioni arriveranno a toccare 400 milioni di bottiglie della prossima vendemmia. «Di queste – ricorda Girardi – 70 milioni sono Docg e rappresentano il meglio del Prosecco. In effetti l’export cresce del 10 per cento di anno in anno nonostante il calo nel mercato interno. Per quanto riguarda noi Brasile, Cina e Usa sono ora i mercati più interessanti. In Europa spiccano Germania, paesi dell’Est in generale e Francia». Ma qual è la differenza tra Doc e Docg? La risposta è nella terra coltivata. «La

nostra – risponde Girardi – presenta terreni impervi, scoscesi al punto d’essere quasi irraggiungibili, che non lasciano spazio all’equilibrio. Ma conosciamo il valore di quelle viti e di quell’uva dalla quale otteniamo un vino spumante con sensazioni, profumi e aromi per cui vale la pena di faticare. La nostra area, per quanto piccola, è molto ricca di sali minerali: questi esaltano l’uva Glera. Non è un caso che la concorrenza anche sull’alta qualità nelle nostre valli, sia altissima. Le uve della nostra azienda provengono da vigneti che hanno una media di 40 anni, molti sono ancora gli stessi coltivati con grande amore dal mio bisnonno, la loro coltivazione avviene attraverso l’allevamento storico a Sylvoz. Alla maturazione le uve selezionate vengono raccolte e criomacerate per circa 10-12 ore a bassa temperatura per ottenere la cuvèe base spumante». Tra le loro produzioni spicca il Girardi Valdobbiadene Docg Cuvèe Millesimata Extra Dry di classe (vedi scheda) e il Monchera Prosecco doc Millesimato extra dry, «uno spumante intrigante – aggiunge il vitivinicoltore –: prodotto da uve selezionate a mano in Farra di Soligo direttamente dall’azienda di famiglia, il profumo è fine ed elegante, il sapore armonico e amabile, per un perlage raffinato e tenace con minute bollicine». Renato Ferretti

Dossier Veneto 2014 • 127


Agroalimentare • Enologia

Promuoviamo la cultura del vino Il prosecco macina successi, ma non bisogna adagiarsi sugli allori. Per il produttore vitivinicolo Ermenegildo Giusti, occorre promuovere il vino in modo più integrato

P

er conquistare i mercati internazionali, il vino italiano deve mettere in rete risorse, competenze e potenzialità dei territori. A sostenerlo è Ermenegildo Giusti, imprenditore che dall’Italia è partito diciottenne e che nel nostro paese è tornato a investire nel 2003 con la Giusti Wine, dopo aver fondato in Canada la Giusti Group, un’azienda

128 • Dossier Veneto 2014

di 800 dipendenti nel settore dell’edilizia e delle infrastrutture petrolifere. Perché ha deciso di intraprendere una nuova sfida imprenditoriale nella produzione enologica? «L’Italia è rimasta sempre nel mio cuore perché, malgrado i suoi tanti problemi di allora e di oggi, ha anche tanti elementi forti, come il suo territorio, la sua storia e la sua creatività che ha prodotto il “made in Italy”.

Così dieci anni fa ho iniziato a investire nel mio territorio, il “Montello”, gioiello della più conosciuta Marca Trevigiana, dove già nel 1950 la famiglia di mia moglie Maria Vittoria possedeva una piccola azienda di quattro ettari che produceva il prosecco e altre uve autoctone, come la bianchetta e il verdiso. L’azienda Giusti Dal Col possiede oggi 80 ettari suddivisi in otto tenute sul Montello e produce vini bianchi e rossi, soprattutto il Prosecco Docg. Lavoriamo per promuovere il Consorzio Asolo-Montello perché crediamo che il futuro del vino prosecco nei prossimi 20-30 anni risieda in questa parte del Veneto». C’è stato nel 2013 il sorpasso del prosecco sullo champagne. «Siamo ancora lontani dalla cultura dei vini francesi. Dobbiamo ripartire dalla terra e dal territorio con un rapporto non di solo sfruttamento, ma di recupero e valorizzazione dell’ambiente circostante. I vigneti devono diventare “i giardini” della Marca Trevigiana, un’ulteriore attrattiva a città e Ville Venete. Bisogna però muoversi insieme e i tanti Consorzi (Valdobbiadene, Conegliano, Treviso) dovrebbero riunirsi in un unico Consorzio, quello del Prosecco d’Italia, che può e deve imporsi in tutto il mondo». Come si raggiunge questo tra-


Enologia • Agroalimentare

Bisogna investire nella ricerca dalla terra alla cantina, formare buoni agronomi ed enologi

Ermenegildo Giusti, patron della “Giusti Wine” dell’Azienda agricola Giusti Dal Col www.giustiwine.com

guardo? «C’è un’unica strada, quella della qualità a tutti i costi. Bisogna imporre standard rigidi che conducano verso quest’unica direzione: solo in questo modo potremmo competere con i vini stranieri più importanti. L’Italia può puntare solo sulla qualità, non può competere sulla quantità con paesi produttori quali Stati Uniti, Sud America o Australia. Bisogna investire nella ricerca dalla terra alla cantina, formare buoni agronomi ed enologi che amino il territorio e ne sviluppino le specificità. Possiamo riuscirci. La prima scuola enologica in Italia è nata nel 1876 a Conegliano: il “Cerletti”, vero e proprio campus universitario delle vigne e del vino. La qualità può nel tempo solo premiare; lo dimostra la vittoria del nostro Prosecco Giusti Brut Docg

che, con 95 punti, ha conquistato il primo premio a Londra nel “The London Wine Fair on the Prosecco Masters“». Quali sono i vostri mercati esteri di riferimento? «Vendiamo in Germania, Inghilterra, Canada, Usa, Messico, Sudafrica e ora anche in Cina. Certamente, il mercato cinese sarà il più interessante, quello su cui puntare nei prossimi anni. Sarà anche il più difficile per la vastità del territorio, per le sue diversità e per la marcata differenza culturale con l’Occidente. L’unico modo per conquistarlo, soprattutto per il Prosecco Docg, è quello di affrontarlo con un unico Consorzio, quello del Veneto-Italia, che al momento non esiste. Dobbiamo lavorare sodo in questa direzione con impegno e serietà, per-

seguendo un unico obiettivo: la qualità del vino». Quali frontiere per il vino italiano? «Per aumentare le vendite e conquistare nuovi mercati, non basta promuovere il vino. Va spinta l’intera filiera che comprende il territorio, il turismo e, in particolare, il settore enogastronomico. In quest’opera di promozione devono attivarsi non solo gli enti e gli organismi presenti in Italia, ma anche e soprattutto i nostri consolati all’estero con funzioni di controllo della provenienza e della qualità. I vini scadenti prodotti a costi irrisori, e sono molti, devono essere eliminati dal mercato. Il mercato del vino italiano sopravvivrà solo se punta tutto sulla qualità, altrimenti sarà destinato a soccombere». Gaia Acerbi

Dossier Veneto 2014 • 129


Agroalimentare • Export

Distillati italiani all’estero L’export si conferma un’opportunità unica per i distillati italiani, un comparto in significativo aumento. Ne abbiamo parlato con Bruno Franceschini

La Distilleria Franceschini si trova a Cavaion (VR) www.distilleriafranceschini.it

I

n Italia il comparto produttivo della grappa (e degli altri distillati) vanta all’incirca 135 distillerie e oltre 500 imbottigliatori; le aziende sono concentrate nella maggior parte al Nord, anche se, negli ultimi anni, nel Centro Sud Italia hanno aperto un crescente numero di distillerie in grado di produrre distillati di qualità elevata. Il mercato interno dei distillati mostra chiaramente i segni del prorogarsi della crisi dei consumi (5 per cento), ma l’export si dimostra un'opportunità da cogliere per i prodotti italiani, soprattutto per quanto riguarda la grappa. Secondo l’Istat nel 2012 si è registrata una crescita nelle

130 • Dossier Veneto 2014

esportazioni del 15 per cento rispetto all'anno precedente. Il principale Paese importatore dello storico distillato è la Germania (col 62 per cento delle esportazioni del prodotto in bottiglia), seguono la Francia, l’Austria e gli Stati Uniti. Ottimi risultati, per quanto riguarda l’export, segna l’Est europeo: Estonia (+10 per cento), Lettonia (+24 per cento), Slovacchia (+13 per cento) e Albania (+64 per cento). In Russia, si registra addirittura un incremento del 27 per cento, ma la grande sorpresa arriva dall’Oriente, grazie alle esportazioni in Thailandia (+60 per cento), nelle Filippine (+40 per cento), in Giappone (+20 per cento) e a Tai-

wan (+76 per cento). Secondo l'Assodistil, Associazione Nazionale Industriali Distillatori di Alcolici e Acquaviti, nel 2012 circa il 30 per cento delle distillerie ha investito nella propria azienda, specie in macchinari (30 per cento), in comunicazione sul brand e pubblicità (34,5 per cento) e in innovazione di processo (19 per cento). Tutti dati che sembrano in linea con l’andamento della storica distilleria Franceschini, azienda veneta che dagli anni settanta produce grappa. «Nel territorio in cui ci troviamo – spiega il titolare Bruno Franceschini - poco lontano dal lago di Garda, a metà strada tra i comuni di Cavaion Veronese e


Export • Agroalimentare

La lavorazione di un distillato Bardolino, possiamo contare su un particolare contesto enologico che è diventato espressione di un'attività vitivinicola secolare che oggi ci permette di esportare i nostri prodotti in molti paesi, non solo europei». La produzione varia dalle acquaviti di frutta d’intenso profumo e di sapore fruttato, alle pregiate acquaviti di vinaccia (Grappa) del Bardolino, Valpolicella, Cabernet e Moscato. Particolare attenzione è riservata alla produzione di distillati di Recioto Amarone invecchiati in barrique, ottenuti dalle vinacce di uve passite ricavate dalla fermentazione dell'omonimo vino. Si ottengono così distillati di grande carattere e morbidezza. «Una buona grappa – prosegue Franceschini - è frutto di un'accurata distillazione di vinacce fermentate che devono aver subito una leggera pressatura ed essere distillate immediatamente dopo

la svinatura con il tradizionale alambicco alimentato a vapore, oppure con il sistema a bagnomaria. È un procedimento che richiede paziente maestria, curando ogni fase della lavorazione per conservare al meglio le caratteristiche organolettiche del distillato». Una lavorazione accurata che porta anche al raggiungimento della gradazione alcolica adeguata. «Il grado alcolico cresce e decresce durante la distillazione. La durata di ogni cotta è proporzionale all’alcool contenuto nelle vinacce. Quelle di acquavite hanno un alto rendimento alcolico. Le acquaviti ottenute durante la distillazione sono ancora grezze e con una gradazione alcolica intorno ai 75 gradi. Prima dell’imbottigliamento la massa alcolica viene diluita con acqua distillata e portata al grado voluto». Matteo Grandi

Le acquaviti ottenute durante la distillazione sono riposte nei collettori, in un locale adiacente l’impianto, suddivisi per qualità del prodotto. «Ad analisi compiute – racconta Franceschini si procede a un’estrazione della quantità necessaria per una trasformazione. Il distillato ottenuto è ancora grezzo e ha una gradazione alcolica che può superare l’80 per cento del volume stesso. Successivamente si procede con una filtrazione brillantante, a temperatura sotto zero gradi centigradi, ottenuta per refrigerazione del liquido che permette una depurazione ottimale da quelle particelle in sospensione che opacizzano il prodotto».

Dossier Veneto 2014 • 131


Agroalimentare • Biologico

Biologico, una scelta in crescita In Italia la marcia del biologico non si arresta. Emanuele Zuanetti spiega come si ottengono gusti distintivi partendo da ingredienti naturali

C

on un incremento dei consumi pari a circa il 9 per cento, associato a una flessione dei prodotti alimentari tradizionali di poco inferiore al 4 per cento, il biologico italiano naviga controvento. A dispetto delle correnti sfavorevoli della crisi, il sistema bio italiano attesta il suo valore sopra i 2 miliardi di euro e consolida la leadership europea per numero di produttori e operatori certificati. Tra quelli maggiormente in salute spicca il Gruppo MangiarsanoGerminal, che opera nel mercato dei prodotti biologici e salutistici con un’unica missione: prendersi cura della salute dell’uomo e dell’ambiente. «Realizzare prodotti alimentari – spiega Emanuele Zuanetti, direttore generale del Gruppo - ci conferisce un’importante responsabilità nei confronti dei nostri consumatori e ci spinge alla costante ricerca di prodotti innovativi che rispondano all’esigenza di un mercato in continuo movimento». In possesso di tutte le più importanti certificazioni che assicurano gli standard massimi in termini di sicurezza alimentare, l’azienda di Castelfranco Veneto costituisce un esempio di sostenibilità. «Ci impegniamo per migliorare costantemente ogni processo produttivo dalla semina della materia prima fino alla scelta di imballi eco-

132 • Dossier Veneto 2014

compatibili». Una filosofia di produzione responsabile che va nella direzione di un consumatore divenuto più attento al proprio stile di vita e, di conseguenza, alle scelte alimentari. «La premura diffusasi negli ultimi anni sul tema della salute legata al cibo – sostiene Zuanetti - ha decretato il successo del mercato dei prodotti biologici, in crescita nel 2013 e in trend positivo anche nel 2014». Una congiuntura favorevole che il Gruppo Man-

Un dettaglio della linea di confezionamento robotizzata www.mangiarsanogerminal.it


Biologico • Agroalimentare

Lavoriamo per migliorare ogni processo produttivo, dalla semina della materia prima fino alla scelta di imballi eco-compatibili

giarsanoGerminal ha saputo sfruttare al meglio. «L’anno scorso il nostro fatturato ha fatto registrare una crescita del 12 per cento. Le categorie merceologiche per le quali si sono registrati i maggiori incrementi sono state quelle dei biscotti e degli snack con formulazioni che permettono di riscoprire il gusto di antichi cereali». A marcar la differenza con i prodotti convenzionali è quindi la selezione e la qualificazione delle materie prime, che accantona

emulsionanti, addensanti e aromi chimici in favore di nuovi ingredienti, ad esempio nuove farine, sottoposti giornalmente a sofisticati test e campionature dal laboratorio ricerca e sviluppo dell’azienda. «Proprio test come questi – spiega Zuanetti - ci hanno permesso di mettere a punto la linea Germinal Bio senza glutine, che introduce prodotti a base di amaranto, grano saraceno e quinoa, farine naturalmente ricche di proteine, per un

profilo nutrizionale bilanciato e un gusto distintivo». La linea GerminalBio, marchio leader per prodotti biologici che vanta già una storia lunga più di 30 anni, è una delle tre di cui si compone il gruppo, assieme al Mangiarsano, dedicato ai prodotti salutistici e BioBimbo BioJunior, per i prodotti biologici per l’infanzia. Una struttura articolata e robusta, che nel tempo ha sviluppato rapporti commerciali con diversi mercati internazionali, immettendovi prodotti che hanno saputo distinguersi per biologicità e assenza di determinati allergeni quali glutine, latte e uova. «Il nostro obiettivo nel medio termine è stringere nuovi rapporti di fornitura, perciò nel corso del 2014 abbiamo pianificato fiere internazionali in Germania, Francia, Cina, Brasile e Russia». Un’espansione sui palcoscenici esteri che il Gruppo MangiarsanoGerminal intende perseguire continuando a far innovazione, per tenere alto il gradimento di consumatori curiosi e competenti. «Per questo – conclude Zuanetti - nell’ultimo anno abbiamo installato un nuovo impianto per la lavorazione di cereali e fiocchi. Questo investimento ci ha dato subito modo di cogliere opportunità commerciali altrimenti inavvicinabili, introducendo l’azienda in un segmento nuovo, aperto a future collaborazioni». Gaetano Gemiti

Dossier Veneto 2014 • 133


Agroalimentare • Gastronomia

Le imprese alimentari devono fare rete L’innovazione è un ottimo antidoto contro la crisi. A confermarlo sono i risultati ottenuti anche all’estero da B.H.B. nel comparto alimentare industria alimentare italiana, come è noto, è leader anche all’estero. Ciò non toglie che occorre porsi obiettivi concreti per rendersi ancora più competitivi sui mercati internazionali. Quello che a volte manca nell’imprenditoria italiana è l’incapacità di cogliere le opportunità di valide collaborazioni con altre aziende medie dello stesso settore dove ognuno possa diventare specialista di una parte dell’offerta. «Se ci rapportiamo alle realtà europee – spiega Mauro Casagrande, titolare di Bhb - troviamo aziende che producono e allo stesso tempo commercializzano anche i prodotti di altre imprese, purtroppo questo non accade con facilità in Italia e questo fa sì che vengano a mancare fondi importanti che permetterebbero di affrontare nuovi mercati sempre più difficili e sempre più lontani». Quale bilancio potete trarre a seguito dell’attività svolta nel corso dell’ultimo anno? «La chiusura dell’anno ha dato un risultato più che positivo, +50 per cento sul 2010, anno degli investimenti strutturali, confermando il trend di crescita e rispondendo appieno alle nostre aspettative. Risultato dato dallo studio e dal continuo sviluppo di nuovi prodotti e dalla ricerca di nuovi mercati. Abbiamo attivato nuove e importanti collabora-

L’

134 • Dossier Veneto 2014

zioni con il mercato UK e cavalcato l’onda di nuovi settori con inserimenti di nuovi prodotti come i preparati in polvere e pasta di zucchero per il cake design rivolgendoci alla Gdo». Su quali asset e attraverso quali strategie produttive e commerciali state ampliando target e mercati di riferimento? «Il mercato a cui stiamo puntando è si-

Mauro, Giovanna e Italo Casagrande della BHB srl con sede a Paese (TV) www.bhb.name

curamente la Gdo e settore Catering e Alta Ristorazione credendo fermamente in quello che è la valenza del made in Italy. Due proposte importanti sono le nuove linee di prodotto che abbiamo presentato alla fiera Cibus appena con-


Gastronomia • Agroalimentare

Siamo riusciti a innovare con un prodotto a basso contenuto di grasso

clusa: un’intera gamma di prodotti dolci da abbinare tra loro per creare la torta perfetta: “I dolci di Carlotta” e una linea frozen salata di semilavorati e prodotti pronti: “Amore Veneziano. Siamo riusciti a implementare l’impianto produttivo, dedicato alla realizzazione di un semi lavorato industriale, mutando le linee ma senza sostituirle e creare un prodotto finito per la ristorazione».

In particolare quali aspettative riponete sul segmento “Amore Veneziano”? «Massime aspettative, perché siamo riusciti a innovare con un prodotto a basso contenuto di grasso rispetto certi snack di sfoglia presenti sul mercato oggi, a creare un servizio con un prodotto già pronto per il consumo e di rapida preparazione senza intaccare la sua bontà. Siamo riusciti a incrementare sia la parte del semilavorato sia il prodotto finito, che in funzione della sua dimensione, risponde alle esigenze di più settori, bakery per i formati grandi e catering per i più piccoli e, facendo tesoro della maestria francese nel campo della preparazione alimentare, abbiamo completato il tutto con attente e ricercate finiture». Nel 2010 l’azienda ha aperto il nuovo sito produttivo. Qual è l’andamento di questi primi anni di attività del sito e qual è stata la vostra reazione strategica alla crisi? «Era un passo doveroso da compiere per proiettare l’azienda verso una crescita importante, ed è proprio grazie a questo nuovo sito che abbiamo potuto affrontare nuovi mercati e nuove sfide mantenendo sempre alta la qualità del prodotto e dell’offerta. La crisi ha col-

pito soprattutto quelle realtà che, forti del buon andamento delle vendite e del guadagno, non hanno ritenuto necessario investire sull’innovazione. Il recupero del volano di ricerca e lo sviluppo di nuovi mercati è per un’azienda un investimento a lungo termine, una semina a buon rendere che frutterà buoni risultati ma nel tempo». Per i prossimi mesi avete in serbo nuove produzioni, progetti e nuovi investimenti? «Nel prossimo anno, sicuramente un’espansione del sito produttivo o l’acquisizione di uno stabilimento nuovo. Già quest’anno abbiamo operato nuove fusioni e implementato la produzione con nuovi reparti». Quali le aspettative sull’andamento del mercato? «Positive. Oggi la classe economica è in aumento ed è sempre più alla ricerca di un prodotto di qualità. Se le aziende italiane saranno in grado di proporre un made in Italy rinnovato, industrializzato e ricco di importanti parametri, se ogni imprenditore italiano avrà la volontà di affrontare questo, credo che nei prossimi anni potremo essere nuovamente una nazione che tornerà a produrre riportando ricchezza al Paese». Paolo Biondi

Dossier Veneto 2014 • 135


Agroalimentare • Allevamenti

L’eccellenza delle razze selezionate

I

l pollo abbonda sulle tavole degli italiani. A fronte di volumi produttivi tendenzialmente stabili, i consumi di carni avicole migliorano del 9 per cento dall’inizio della crisi, con un ulteriore scatto del 1,2 per cento compiuto l’anno scorso rispetto al 2012. A rilevarlo è l’indagine UnaItalia relativa al 2013, che attesta un gradimento per questa carne cresciuto del 18,4 per cento nell’ultimo decennio. Punto di forza del comparto, strategico per l’affermazione del made in Italy, sono la passione per il prodotto e la capacità di condurre l’azienda secondo canoni di qualità che animano gli avicoltori di casa nostra. È il caso della famiglia Passarini, che con la Sopas

136 • Dossier Veneto 2014

Alla base di carni di prima scelta, c’è l’estrema cura degli animali. Franco Passarini spiega la filosofia produttiva che mette al centro la qualità dell’allevamento Carni offre una gamma qualificata di prodotti destinati sia alla cucina tradizionale che alla moderna distribuzione. «In un 2013 segnato dalle tensioni di mercato – sottolinea il titolare Franco Passarini - il comparto avicolo fortunatamente ha tenuto così come la nostra realtà, costante nel rendimento grazie alla completezza dell’offerta e del servizio che assicura da sempre». Quanto la contrazione dei consumi ha inciso sul business della vostra azienda?

«Le vendite delle carni bianche hanno sostanzialmente retto ma, come sappiamo, è la qualità che fa la differenza, per quanto spesso mal ripagata. Fondamentale è sapersi distinguere. Già nel 1991 Sopas ha scommesso sull’innovazione, creando e investendo in un brand denominato ‘Avicoli Vegetariani’. Una produzione di eccellenza, frutto di un'accurata selezione di razze antiche, uniche nel mercato nazionale e ancora presenti solo in qualche cortile contadino».


Allevamenti • Agroalimentare

Franco Passarini, titolare dell’azienda avicola Sopas Snc www.sopascarni.com

La nostra filosofia produttiva ha anticipato di molti anni le nuove tendenze dell'alimentazione biologica A quali valori si ispirano le vostre produzioni? «A un’alimentazione sana e alla qualità di allevamento. Alimenti certificati che attestano l'assenza di Ogm e una tecnica di allevamento rurale che permette ai nostri animali di vivere in piccoli gruppi, con larghi spazi a disposizione, seguiti da personale altamente qualificato. Il movimento mantiene gli animali in salute, rafforza gli arti, li tempra contro le intemperie, ma soprattutto evita gli stress da allevamento industriale che si ripercuotono sulla qualità della carne. Grazie a questa libertà, gli avicoli vegetariani hanno un tempo di crescita più lungo rispetto al sistema di allevamento tradizionale. Questo il successo della nostra filosofia produttiva che di fatto, ha anticipato di molti anni le nuove tendenze dell'alimentazione biologica». Com’è ripartito il primo trimestre di quest’anno?

«Non possiamo lamentarci, visto il panorama nazionale. Ma se riusciamo a competere, il merito è soprattutto del nostro team e dei nostri dipendenti, la cui passione per questo lavoro crea la differenza. Il valore umano dei nostri collaboratori è da sempre il fattore distintivo di quest’azienda e della famiglia Passarini, che l’ha fondata. Un altro elemento vincente è la collaborazione con la ristorazione di qualità del nord Italia, una fucina di sapienza che apprezza e valorizza il valore aggiunto che i nostri prodotti offrono». Dove distribuite principalmente le vostre carni? «Il Triveneto è il mercato principale e storico. Stiamo comunque operando con attenzione in ambito internazionale in quanto ritengo fondamentale consolidare nuove opportunità, anche a fronte alle incertezze del mercato interno». Quali gli investimenti più recenti

in materia di innovazione? «L’ultimo è www.sopascarni.com, il nuovo sito aziendale. Una finestra virtuale molto comoda per i clienti che possono consultare la nostra intera gamma nell’area prodotti. Si tratta di centinaia di referenze, corredate da scheda tecnica. Un modo per condividere in tempo reale l'ampiezza di un’offerta che non comprende solo il settore avicolo, ma si è ampliata a tutte le varietà di carni: i freschi, i surgelati, sottovuoto, con soluzioni personalizzate per tipologia, provenienza e taglio». Prospettive e obiettivi a stretto giro? «Intensificare gli sbocchi commerciali esteri, seguire con attenzione il parco clienti, in modo da garantire il credito e, non ultimo, valorizzare ancor più le risorse umane, le sole in grado di traghettare una media azienda come la nostra verso un futuro più sereno e ambizioso». Gaetano Gemiti

Dossier Veneto 2014 • 137


Agroalimentare • Tecnologie

Aumenta il controllo della filiera produttiva Meccanismi all’avanguardia della selezione, lavorazione e controllo dei prodotti ortofrutticoli. La Tirapelle G & D investe nella sperimentazione, nell’esportazione e nella tutela delle risorse naturali ualità-risparmio è un binomio che per i consumatori rappresenta un interrogativo sempre più imponente, ma sulla scelta del cibo, specialmente se si tratta dei preziosi beni ortofrutticoli, il dubbio è presto risolto: vince la qualità. Per garantire questo requisito di accesso ai prodotti sulle nostre tavole, la Tirapelle G. & D., azienda di Terrossa di Roncà (VR) specializzata nella produzione e commercializzazione di frutta e verdura, investe sul controllo dell’intera filiera produttiva e sulla tracciabilità della merce, nonostante le politiche agroalimentari italiane costituiscano un gioco forza preoccupante. «L’azienda si è sempre contraddistinta per la propria sensibilità al tema della sperimentazione di nuove tecnologie in campo produttivo – afferma Mattia Tirapelle-. Nella predisposizione del nostro budget aziendale annualmente circa il 2 per cento del fatturato è, infatti, destinato ad investimenti in nuovi macchinari». Il prodotto grezzo all’arrivo viene stoccato in celle di raffreddamento e portato a temperatura idonea per la conservazione. Secondo i parametri di sicurezza, la merce viene poi analizzata e nel caso di conformità viene messa in lavorazione. Altrimenti smaltita. Attraverso certificazioni GLOBAL GAP, IFS

Q

138 • Dossier Veneto 2014

e QS e macchinari di qualità la società garantisce ai clienti l’eccellenza dei prodotti. Un esempio di nuove tecnologie adoperate nel settore è l’impianto di lavaggio e di spazzolatura per le carote entrato in funzione lo scorso aprile. «Una peculiarità di questo macchinario, risultato di un progetto di collaborazione con una nota azienda specializzata nella costruzione di impianti del settore, è quella di filtrare l’acqua utilizzata permettendo così un suo riutilizzo per il 90 per cento nell’ambito del processo produttivo.

Peculiarità che evidenzia il fatto che l’azienda è sensibile anche ad un minore spreco, ove possibile, delle risorse naturali». Ulteriore investimento recente è stato quello nella formazione e aggiornamento in marketing, sicurezza e controllo di gestione per i propri dipendenti e, a garanzia della forza dell’azienda a gestione familiare, l’in-

Nella pagina a fianco, da sinistra, Silvano, Mattia e Attilio Tirapelle della Tirapelle G. & D. SRL di Terrossa di Roncà (VR) m.tirapelle@tirapelle.com


Tecnologie • Agroalimentare

Una lavorazione in 4 fasi Per la trasformazione e lavorazione dei prodotti, l’azienda suddivide l’attività in 4 momenti distinti in modo da poterne garantire la qualità e preservare la bellezza. La prime fase consiste nel lavaggio e spazzolatura del prodotto per eliminare i residui di sabbia, terra o altre impurità. In seguito, operatori qualificati selezionano manualmente il prodotto al fine di raggiungere il livello di qualità desiderato. In un terzo momento avviene il confezionamento e controllo (in base alle esigenze del cliente), mediante selezionatrici ponderali a controllo automatico al fine di evitare al 100% problemi di sottopeso. Infine la palettizzazione e il trasporto del prodotto. La scelta delle materie prime avviene tramite i titolari e i tecnici presenti nelle aree di produzione i quali analizzano, monitorano e selezionano la merce adatta alle esigenze quelle della clientela.

gresso in società dei figli dei titolari, Mattia e Licia, per affiancare Attilio e Silvano. «Il futuro di un’impresa– sottolinea ancora Mattia - si fonda sulla consapevolezza di una continuità aziendale attraverso un graduale passaggio generazionale, che noi abbiamo avviato da circa un paio di anni con l’inserimento mio e di Licia». Eppure, le prospettive nel settore non sono positive, causa una concorrenza interna in crescendo e competitors stranieri ancora più agguerriti, agevolati inoltre, da politiche a lungo termine di soste-

gno nel settore agroalimentare da parte dei governi. «Per adesso i nostri politici ci fanno lavorare nell’incertezza. Solo attraverso una linea di condotta seria e coerente le istituzioni possono creare dei presupposti per sostenere la crescita in un settore, quello agroalimentare, che ha rappresentato e rappresenta tuttora una delle più forze più importanti del tessuto produttivo italiano». Il problema generale che le imprese di tutti i settori avvertono è, dunque, la mancanza di incentivi nel futuro prossimo senza il sostegno da parte della politica, e l’unica via di resistenza è l’inserimento nei mercati esteri per presentare i prodotti garantiti made in Italy. «Anche per noi l’obiettivo resta e continua ad essere quello di una continua crescita nei mercati esteri e

nazionali attraverso una penetrazione continuativa commerciale nel canale della grande distribuzione con la promozione di un prodotto di qualità al giusto prezzo». Intanto, l’attività dello scorso anno ha fatto registrare per Tirapelle e figli un bilancio in positivo. «L’anno di gestione 2013 si è chiuso con una crescita del fatturato del 9 per cento rispetto al 2012. Risultato conseguito, in primo luogo, attraverso il consolidamento della presenza presso clienti già fidelizzati con l’offerta di una nuova gamma prodotti che si affianca ai prodotti tradizionali della Tirapelle G. & D. In secondo luogo con l’acquisizione di nuova clientela grazie al continuo lavoro di marketing svolto 365 giorni l’anno». Ilaria de Lillo

Dossier Veneto 2014 • 139




Credito • Le imprese chiedono liquidità

Occorre cogliere i segnali di ripresa I timidi sintomi di una ripresa alle porte devono incoraggiare tutti a fare di più per accelerare questo processo el corso del 2013 l’attività di prestito bancario ha registrato un’ulteriore diminuzione, proseguendo il calo in atto dalla seconda metà del 2011. La contrazione è stimata al 3,4% per il Veneto, rispetto al 4,1% su scala nazionale. Questo andamento è dovuto, da un lato, alla riduzione degli investimenti nell’economia reale che premia solo il sistema produttivo attento all’innovazione, dall’altro, all’azione delle banche, che non offrono sufficiente credito in base alle norme di Basilea II e III e alle elevate sofferenze che continuano a manifestarsi.

N

FAMIGLIE E IMPRESE Anche sul piano dei finanziamenti alle famiglie il calo è evidente, seppur in maniera più contenuta (0,9% nel Veneto e -1% a livello nazionale). Se da una parte le famiglie hanno difficoltà a ottenere nuovi prestiti a causa dei redditi più bassi e della crescente disoccupazione, dall’altra le banche manifestano un maggiore ottimismo nel buon esito di queste operazioni rispetto a quelle nei confronti delle

142 • Dossier Veneto 2014

imprese. È proprio verso queste ultime che si manifesta maggiormente la carenza di credito, con un calo del 4,5% in Veneto e del 5,7% dell’intero Paese. Seppur inferiore a quello nazionale, il dato del Veneto deve fare i conti con una produzione regionale in diminuzione rispetto alla media italiana. MICRO IMPRESE E PMI Il peso del credit crunch è evidente quando si guardano i dati che denotano un indebolimento delle imprese e l’immobilismo verso la realizzazione di nuovi progetti dovuto alla mancanza di liquidità. Questa situa-

zione determina una contrazione delle risorse aziendali i cui effetti si ripercuotono a catena su tutta la filiera. Il calo dei prestiti alle imprese con meno e più di 20 addetti è uniforme e, anche se spesso si afferma che le aziende minori sono più indebitate di quelle più grandi e per questo stentano a ricevere credito, i dati lo smentiscono. Le piccole imprese infatti hanno la stessa difficoltà delle altre nel recepire credito bancario. IL RISPARMIO IN VENETO L’andamento dei depositi nel 2013 ha mantenuto una dinamica positiva con


Le imprese chiedono liquidità • Credito

Nel 2014 ci sarà una lieve ripresa e se le pmi si rialzano è un bene anche per tutta la filiera

un +6,4% nel Veneto e un +5,8% a livello nazionale. Il più corposo numero di depositi ha riguardato soprattutto i titoli pubblici, che hanno assicurato buoni rendimenti con un rischio marginale. Secondo Unioncamere Veneto, grazie allo spread ridimensionato potrebbero nascere opportunità di credito alle imprese se il sistema bancario saprà adeguarsi alle tendenze del mercato in prospettiva di una crescita. Per quanto riguarda le famiglie, i depositi sono cresciuti del 4,9% in regione, a fronte del 4,6% nazionale. Questo dato fa dedurre che si risparmia come forma di precauzione in vista di periodi ancora negativi. D’altra parte, i depositi delle imprese, nonostante le difficoltà ormai note, sono aumentati ancora di più (+11,4% nel

Veneto rispetto al +10,2% dell’intera nazione). La contrazione del credito infatti comporta per le aziende il bisogno di detenere riserve liquidabili per ogni evenienza negativa che potrebbe verificarsi. PROSPETTIVE Dunque, serve allentare i cordoni della borsa. Le banche sembrano averlo capito e si dimostrano ottimiste per l’andamento dei prossimi mesi. «È nei nostri piani – sottolinea Alessandro Balboni, direttore corporate di Banca popolare di Vicenza – e proseguiamo ad aumentare gli impieghi per le imprese, soprattutto pmi, ma dipenderà dalla domanda». Prospettive incoraggianti anche per Fabio Colombera, direttore generale della Federazione Veneta delle banche di credito cooperativo:

«Nel 2014 crediamo ci sarà un po’ di ripresa e se le pmi si riprendono è bene anche per la filiera. Oggi il 60 per cento delle richieste è di consolidamento». Mentre Unicredit fa il conto di quanti soldi ha messo a disposizione del sistema produttivo veneto e annuncia un ulteriore incremento dei prestiti. «Nel 2013 – evidenzia Massimo Carraro, area manager Vicenza di Unicredit – abbiamo fatto credito alle aziende per 267 milioni di euro, quest’anno abbiamo messo negli obiettivi un aumento del 75 per cento». A spronare al cambiamento ci pensa Alessandro Bonomo, presidente provinciale di Confartigianato: «Il mondo è cambiato e anche il modo di fare impresa. Allo stesso modo deve cambiare il sistema creditizio, perché gli strumenti che oggi abbiamo sono obsoleti». •

Dossier Veneto 2014 • 143


Diritto processuale • Situazioni finanziarie

Una garanzia di difesa Crisi d’impresa e crisi del regime delle impugnazioni. L’avvocato Marco De Cristofaro spiega come è cambiato il contesto giurisprudenziale negli anni della recessione

D

ate le esigenze del periodo, produzione stagnante, consumi in calo, crisi del mercato immobiliare e delle aziende, la figura dell’avvocato diventa fondamentale per evitare di uscire “con le ossa rotte” da situazioni finanziarie e processuali delicate. Marco De Cristofaro descrive la sua attività, le sue approfondite conoscenze in materia di diritto fallimentare, e diritto delle impugnazioni (garanzie essenziali nel sistema della giustizia civile rispetto all’atteggiamento restrittivo del sistema). Professore particolarmente sensibile alla prospettiva internazionalistica, De Cristofaro ha una spiccata competenza anche in tema di contenzioso transnazionale, avendo contribuito alla programmazione e alla redazione della rivista internazionale Int’l Lis, edita da Wolters Kluwer, unico periodico italiano specializzato in materia di diritto processuale civile internazionale. Inoltre ha partecipato a un progetto internazionale di ricerca finanziato dall’Università di Nagoya, in Giappone, sfociato nella pubblicazione del volume Civil Justice in Italy, Tokyo 2010. In che modo la sua attività nel diritto fallimentare è cambiata a seguito della crisi? «Di recente lo studio si è così dedicato con estrema attenzione al settore dei concordati preventivi, una

148 • Dossier Veneto 2014

specializzazione arrivata come risposta alle esigenze del periodo. Il concordato preventivo, infatti, è una risposta di gran lunga preferibile alla crisi d’impresa rispetto alla procedura fallimentare, e questa prospettiva è largamente condivisa sino al vertice dell’ordinamento giudiziario, ossia dalla Cassazione. L’aumento dei fenomeni di credit crunch (letteralmente “stretta di credito”, si tratta di un razionamento del credito quando le banche, per vari motivi, erogano meno finanziamenti alle imprese, o prestano denari applicando tassi d'interesse sempre più

elevati), generati proprio dalla crisi, pone sempre più di frequente le imprese dinanzi a situazioni di crisi di liquidità suscettibili di essere efficacemente affrontate solo con questo rimedio più malleabile ed elastico rispetto al fallimento, ed inoltre idoneo a consentire all’imprenditore di continuare a guidare l’azienda anche nel momento della patologia. L’approfondimento del settore è poi un vero arricchimento, poiché il diritto fallimentare pone delle sfide continue al giurista, imponendo una riflessione su più fronti: tra l’intersecarsi del diritto sostanziale e processuale

L’avvocato e professore Marco De Cristofaro, ordinario di diritto processuale civile dell’Università di Padova marco.decristofaro@libero.it


Situazioni finanziarie • Diritto processuale

Affrontiamo frequentemente tematiche di riconoscimento in Italia di titoli esecutivi stranieri ordinario con le peculiari prospettive del diritto concorsuale e la vicinanza alla realtà dell’economia». Quali sono le possibilità connesse al ricorrere a una figura come la sua, esperta nel campo delle impugnazioni? «Il mio ruolo consiste nel gestire le complicazioni che rendono difficile l’accesso ad appello e Cassazione, entro una branca del processo che il legislatore ha volutamente reso molto specialistica. Senza l’intervento di tecnici che frequentino il campo con una certa assiduità è purtroppo facile inciampare in una delle tante “trappole” disseminate per disincentivare la proposizione delle impugnazioni, svilendo la loro essenziale funzione di garanzia per il litigante». Come descriverebbe la sua spe-

cializzazione anche nel campo del contenzioso transnazionale? «Grazie alla collaborazione con colleghi di aree linguistiche tedesca, spagnola ed inglese affrontiamo frequentemente tematiche di riconoscimento in Italia di titoli esecutivi stranieri, e viceversa. In tali occasioni le sfide intellettualmente più ardite vengono poste dal confronto con gli istituti dei paesi anglosassoni (punitive damages, class actions, default judgments), riguardo ai quali risulta sempre dubbia la compatibilità con i pilastri concettuali del nostro ordinamento. Il mio forte legame con la Germania mi ha portato ad avviare una collaborazione sistematica con uno studio di Monaco di Baviera: ciò mi consente di constatare sul campo le diversità

tra il processo tedesco e quello italiano, e di apprezzarne i rispettivi punti di forza e di debolezza». Come immagina il prossimo futuro e quali cambiamenti stanno maturando? «Nonostante le “Cassandre” circa il futuro della professione, mi sento di affermare con certezza che la qualità e l’impegno costante in studio garantisce le prospettive di lavoro, specie in un momento in cui le persone sono sempre più consapevoli ed informate. D’altronde fa parte della vocazione dell’avvocatura quella di essere una professione al servizio del cittadino, per aiutarlo ad essere consapevole dei propri di ritti ed a coltivare le prospettive di loro tutela». Ilaria de Lillo

Dossier Veneto 2014 • 149


Reati fiscali • Evasione internazionale

Esterovestizioni e treaty shopping Assumono contorni sempre più netti i reati fiscali in Veneto. La Guardia di finanza, sotto il comando di Bruno Buratti, affina gli strumenti di contrasto puntando sulla collaborazione transnazionale evasione fiscale internazionale ha rappresentato uno dei temi chiave posti al centro dell’azione della Guardia di finanza nel 2013. I numeri contenuti nel bilancio annuale presentato a inizio 2014 parlano chiaro. In Italia ammontano a 15,1 miliardi di euro i ricavi non dichiarati e i costi non deducibili scoperti sul fronte dell’evasione fiscale internazionale. Altro dato preoccupante è rappresentato dagli oltre 4,9 miliardi di Iva evasa, di cui 2 miliardi riconducibili a “frodi carosello” basate su fittizie transazioni commerciali con l’estero. Il Veneto, come emerge dal bilancio 2013 delle attività della Guardia di finanza regionale, è particolarmente soggetto a questi fenomeni. Nel corso del 2013 il contrasto a questo tipo di reato ha portato alla constatazione di maggiori basi imponibili per oltre 1.800 milioni, grazie a un incremento delle specifiche attività ispettive del 64 per cento. Sono, ad esempio, almeno 18 le società esterovestite individuate che hanno spostato oltre confine una base imponibile di oltre 700 milioni di euro, ricorrendo a tecniche di treaty shopping, ossia l’utilizzo di convenzioni internazionali contro le doppie

L’

150 • Dossier Veneto 2014

imposizioni al fine di ottenere benefici fiscali. Materia imponibile per oltre 800 milioni è stata occultata al fisco da stabili organizzazioni di imprese estere. «In Veneto, al pari di altre regioni del centro-nord, caratterizzate da un peculiare tessuto economico, ci troviamo di fronte a sofisticate forme di evasione fiscale internazionale» commenta il generale Bruno Buratti, comandante della Guardia di finanza regionale. Come si attua l’evasione fiscale internazionale? «Tramite raffinate tecniche, adottate nell’ambito di pianificazioni fiscali

particolarmente aggressive, attraverso le quali si spostano basi imponibili in paesi a fiscalità privilegiata o in concorrenza fiscale con l’Italia, sottraendole all’erario nazionale. Tra queste strategie rientrano il treaty shopping, il transfer pricing, il profit shifting, il corporate loss utilisation e altre sofisticate forme di ingegneria fiscale, particolarmente insidiose, che sono espressione del fenomeno più comunemente conosciuto come abuso del diritto per fini prevalentemente fiscali. Forme che richiedono un approccio investigativo altamente qualificato ed esperto, spesso multi-


Evasione internazionale • Reati fiscali

81 mln Evasione di Iva accertata per le frodi carosello in Veneto

L’evasione fiscale internazionale richiede un approccio investigativo multidisciplinare e transnazionale Il comandante Bruno Buratti

disciplinare e transnazionale». Nello specifico, quali forme avete riscontrato in regione? «Si sono affrontate plurime tipologie di evasione internazionale, da quelle realizzate mediante strutturazione di semplici transazioni commerciali cross border, che richiedono il riscontro della correttezza dei prezzi praticati rispetto al valore normale di mercato, a quelle ottenute con la creazione di complesse architetture societarie estere, magari nell’ambito di riorganizzazioni di gruppi societari, funzionalmente preordinate a governare la sistematica sottrazione di materia imponibile al fisco nazionale.

A tale contesto possono ricondursi alcune società notoriamente italiane che assumono una veste estera solo apparente, mantenendo di fatto invariate sede amministrativa e governance. Su un altro versante si collocano, invece, i fenomeni evasivi perpetrati da soggetti economici stranieri i quali, pur operando in Italia attraverso stabili organizzazioni, ne occultano l’esistenza al fisco oppure celano i reali volumi d’affari ottenuti». Per le cosiddette “frodi carosello”, la Guardia di finanza ha accertato in Veneto un’evasione di Iva di oltre 81 milioni. Di che cosa si tratta?

«Contraffazioni e frodi carosello identificano gravissime fenomenologie illecite che minano le fondamenta della sicurezza economico-sociale del Paese, perché inquinano la leale concorrenza sul mercato e recano serio pregiudizio alle risorse erariali, tanto da meritare pari attenzione investigativa da parte della Gdf. La contraffazione e le frodi carosello hanno poi in comune la caratteristica di alimentare filiere commerciali transnazionali illegali, realizzate ad arte per occultare i traffici e i proventi illeciti. Anche in Veneto, la Guardia di finanza è in prima linea nella lotta a

Dossier Veneto 2014 • 151


Reati fiscali • Evasione internazionale

800 mln Materia imponibile occultata in regione da imprese straniere

questi fenomeni, così come a tutte le forme di criminalità economico-finanziaria, approntando un dispositivo di contrasto che, ispirato a criteri di trasversalità e flessibilità, punta a essere sempre più incisivo ed efficace, soprattutto nell’ottica di affrontare le più serie fenomenologie di frode nel loro insieme». Con quali strumenti vi muoverete? «La centralità del Corpo nel contrasto ai crimini transnazionali di natura economica e fiscale si è recentemente rafforzata con l’affidamento alla Guardia di Finanza della gestione del nuovo Siac, il sistema informativo anti-contraffazione, e con l’attivazione di un’innovativa piattaforma di alert e scambio informativo a livello europeo, contro le frodi carosello all’Iva. È un impegno generoso e ad ampio spettro, che esalta le peculiari funzioni di polizia economicofinanziaria affidate al Corpo e che i finanzieri del Veneto portano avanti con professionalità e senso del dovere».

152 • Dossier Veneto 2014

Come si contrastano questi reati oltre i confini nazionali? «Le investigazioni a contrasto delle frodi transnazionali si avvalgono del prezioso contributo delle forme di collaborazione e di mutua assistenza amministrativa internazionale previste dalla normativa nazionale e comunitaria, nonché da appositi strumenti di diritto internazionale. Un ulteriore prezioso supporto è assicurato dalla rete degli esperti del Corpo che operano in diverse ambasciate all’estero, grazie ai quali la proiezione operativa dei nostri reparti è efficacemente estesa al di fuori dei confini nazionali, facilitando l’incrocio di dati e lo scambio di informazioni». Da un punto di vista operativo, in che modo la Guardia di finanza regionale si prefigge di recuperare le risorse finanziarie? «Un primo passaggio consiste in una migliore selezione dei target per individuare gli operatori economici nazio-

nali che manifestano maggiore orientamento all’internazionalizzazione e quelli esteri che operano attraverso stabili organizzazioni in Italia non dichiarate al fisco. L’attività è supportata anche da specifici piani d’azione a livello nazionale. Vengono presi poi in esame gli aspetti fiscali che emergono nell’ambito di servizi di polizia giudiziaria, in materia di antiriciclaggio e movimentazione transfrontaliera di capitali. Si determina, inoltre, una costante e diffusa aggressione dei patrimoni dei responsabili dei reati transnazionali, con il sistematico interessamento delle autorità giudiziarie. Infine, sotto il profilo squisitamente fiscale, chiave fondamentale di successo per un efficace contrasto agli illeciti transnazionali, è sicuramente il costante e stringente coordinamento con l’Agenzia delle Entrate, ai fini della condivisione dell’impostazione giuridica alla base dei rilievi». Francesca Druidi



Turismo • Recuperare attrattività

È necessario un cambio di passo Perché l’Italia ritorni a essere la meta preferita dai turisti stranieri occorre agire su più fronti, partendo dalla digitalizzazione. Il punto di Dario Franceschini urante la presentazione del rapporto “Il Gran tour del XXI secolo: l’Italia e i suoi territori” di Italiadecide, associazione di ricerca per la qualità delle politiche pubbliche, sono state avanzate diverse proposte affinché l’Italia ritorni tra i big del turismo, puntando al cambiamento a partire dalle tecnologie. I dati dimostrano, infatti, che il nostro Paese accusa un forte ritardo nella vendita dei servizi turistici tramite il web. «Premesso che il sistema ricettivo italiano - precisa il ministro per i Beni e attività culturali e turismo, Dario Franceschini - è caratterizzato per circa il 70 per cento da imprese con meno di 30 camere e

D

Dario Franceschini, ministro dei Beni e delle attività culturali e del Turismo

154 • Dossier Veneto 2014

che la gran parte di loro ha affidato la loro commercializzazione alle Ota (Booking, Venere, Expedia). Il 43 per cento delle imprese ricettive non va oltre la vendita del 5 per cento dei propri servizi sul web, mentre nell’area Euro la media delle imprese ricettive che vendono servizi online è del 57 per cento». Basterebbero questi due dati per dare una idea di quanto dobbiamo fare per colmare il nostro ritardo. «Sì. Oggi oltre l’80 per cento dei viaggiatori usa internet, quasi il 30 per cento si avvale del proprio smartphone per individuare, selezionare e acquistare un viaggio; inoltre, nel

mondo sono 2 miliardi gli utenti connessi e nel 2050 saranno 50 miliardi. Considerato questi numeri, non ci può sfuggire l’urgenza di promuovere e sostenere la digitalizzazione del turismo. Il primo passo per vincere questa sfida è stata la creazione del Laboratorio per il turismo digitale (Tdlab)». Se 30 anni fa l’Italia era la prima scelta del turismo mondiale, ora è al quinto, dopo Francia, Usa, Cina e Spagna. Quali le proposte perché l’Italia torni a essere la prima destinazione scelta dagli stranieri e quali i passi necessari verso il cambiamento?


Recuperare attrattività • Turismo

Il Laboratorio per il turismo digitale

Abbiamo l’alta velocità, possiamo avere l’alta panoramicità «Dobbiamo agire su cinque fondamentali punti per il rilancio della nostra economia turistica e culturale: irrobustire il tessuto imprenditoriale favorendo l’aggregazione e la fusione d’imprese turistiche ricettive per migliorarne la qualità e la competitività sui mercati internazionali; favorire la raggiungibilità e la fruibilità dell’immenso patrimonio culturale e naturalistico-ambientale, attraverso un piano nazionale della mobilità e dell’intermodalità dei servizi di trasporto; sostenere la digitalizzazione del settore turistico-culturale intervenendo a favore delle imprese, ma anche lavorando sull’interoperabilità dei dati e delle informazioni pubbliche; riorganizzare e accorpare gli enti, rendendo efficiente il rapporto con le regioni e le destinazioni nella logica d’integrare turismo, cultura, prodotti tipici e artigianali; investire nell’alta formazione specializzata per la gestione e promozione dei servizi

turistici e culturali delle destinazioni. L’Italia ha bisogno di una nuova generazione di destination manager capaci di organizzare, gestire e promuovere i territori». Malgrado il forte potenziale di attrazione turistica e la durata della stagione balneare maggiore rispetto al resto d’Italia, il Mezzogiorno è l’area che presenta la minor quota d’introiti dall’estero. Quali le cause di questo ritardo e in che misura occorre potenziare i trasporti e i collegamenti low-cost? «Dei turisti stranieri che visitano l’Italia solo il 5 per cento raggiunge il Mezzogiorno in aereo (è il 45 per cento nelle regioni costiere spagnole) e solo 34 milioni dei 146 milioni di passeggeri che transitano annualmente negli aeroporti italiani si concentrano nei 13 scali meridionali. Per svilupparne l’economia turistica e culturale, occorre rendere il Sud raggiungibile e accessibile,

Tra i suoi compiti ci sono attività e progetti per il sostegno alla digitalizzazione delle pmi e delle destinazioni, nasce per favorire la crescita della competitività degli operatori pubblici e privati del settore turistico, culturale e delle produzioni di prodotti tipici e artigianali. Sarà impegnato anche sul versante della promozione per definire un piano di azione, oltre che per la creazione di un ambiente cooperativo fra operatori pubblici e privati anche attraverso l’adozione di standard digitali internazionali che favoriscano l’interoperabilità e l’integrazione dell’offerta informativa e ricettiva. «Ci muoveremo – ha ribadito il ministro Dario Franceschini - a partire dalle best practice nazionali e coinvolgeremo le Regioni e le imprese».

dunque, bisogna sostenere sistemi integrati di mobilità. Non penso solo a porti e aeroporti, ma anche alla valorizzazione a fini turistici della rete ferroviaria. È mia intenzione favorire la realizzazione di servizi ferroviari dedicati ai turisti e progettati anche per sostenere la crescita di nicchie di mercato, come ad esempio il cicloturismo. Abbiamo l’alta velocità, possiamo avere l’alta panoramicità». Cosa occorre fare sul versante della politica fiscale, quanto la politica e i privati devono credere nella

Dossier Veneto 2014 • 155


Turismo • Recuperare attrattività

È necessario integrare le politiche di tutela e valorizzazione dei beni culturali con quelle turistiche anche in campo europeo Sopra, l’incontro tra Dario Franceschini e il commissario europeo alla cultura Androulla Vassiliou

156 • Dossier Veneto 2014

sfida del turismo e quale la sfida da lanciare agli imprenditori italiani? «Occorre agire per incentivare gli imprenditori ad ammodernare le strutture, renderle efficienti dal punto di vista energetico e in linea con gli standard qualitativi internazionali, per questo ritengo opportuno agire attraverso sgravi fiscali e consentire ammortamenti brevi sugli investimenti. Allo stesso tempo dobbiamo definire politiche fiscali di stimolo alla crescita dimensionale delle imprese turistiche riconoscendo benefici economici alle imprese che si aggregano. Per accelerare il processo di digitalizzazione intendo poi proporre il tax credit a favore delle pmi del turismo e della cultura. Infine, dobbiamo semplificare, semplificare, semplificare. Il caos normativo non ci permette di attrarre capitali e limita fortemente l’attività imprenditoriale». Come lavorerà la politica italiana, anche in vista della semestre di presidenza dell’Unione, per

porre il turismo al centro del dibattito europeo? «Gli obiettivi della presidenza italiana in materia di turismo e cultura riguardano, in particolare, la necessità d’integrare le politiche di tutela e valorizzazione dei beni e delle attività culturali con quelle turistiche anche in campo europeo. Del resto, il patrimonio culturale, naturalistico, enogastronomico e artigianale è costitutivo dell’economia turistica e ne rappresenta il principale fattore di produzione. Il turismo deriva dalla valorizzazione economica di questo immenso patrimonio costantemente rigenerato dalla capacità degli italiani di saperlo vivere, interpretare e narrare, accogliendo chi intende goderne. Siamo pertanto convinti che l’ospitalità di qualità e la cura del buon vivere siano premessa strategica e, al tempo stesso, motore per il rilancio economico del Paese». Renata Gualtieri


Cultura e meeting industry • Turismo

Diversificare l’offerta Il Veneto potenzia il turismo congressuale, culturale e sportivo, senza dimenticare i segmenti tradizionali. Ne parla l’assessore regionale Marino Finozzi a settima convention nazionale di Federcongressi, svoltasi dal 6 all’8 marzo a Venezia, ha suggellato la crescente importanza del settore congressuale nell’offerta turistica italiana, e veneta in particolare. «Il nostro sistema di approccio allo sviluppo d questo segmento è stato riconosciuto tra i migliori d’Italia – commenta l’assessore regionale al Turismo Marino Finozzi –. Ci stiamo lavorando da alcuni anni in maniera specifica e i risultati cominciano a farsi vedere. La convention della meeting industry di Venezia rappresenta, a suo modo, una testimonianza e una conferma del buon lavoro svolto. Che, però, è ancora in fase d’avvio». Come si configura il nuovo sistema congressuale del Veneto in un’ottica di rafforzamento del set-

L

Marino Finozzi, assessore al turismo e commercio estero della Regione Veneto

16 mln

Arrivi turistici in Veneto nel 2013, con una crescita dell’1,1% sul 2012

tore Mice? «Per sviluppare il segmento congressuale non è sufficiente disporre di 345 strutture idonee di prestigio, costituite da 209 alberghi, 100 centri congressi, 34 dimore storiche, 2 residenze turistico alberghiere. Occorre diffondere nel mondo questa potenzialità e il Venice Region Convention Bureau Network diventa in questo senso strategico: si declina come momento di coordinamento tra le proposte del territorio e la potenziale clientela, ma soprattutto come strumento per rapportarsi ai segmenti economici coinvolti nel settore congressuale in ogni parte del mondo, facendone proprie le esigenze e mettendosi a disposizione per soddisfarle».

Che ruolo giocherà l’Expo? «Expo 2015 è un altro tema, molto più ampio, che coinvolge direttamente tutto il Veneto produttivo e non solo quello turistico. Ma intanto ci siamo candidati come luogo di ospitalità per la clientela vip al massimo livello. Una villa veneta è il minimo che possiamo offrire». Nel 2013 c’è stata un’ulteriore crescita degli arrivi, che sfiorano ormai i 16 milioni. Calano però le presenze, soprattutto italiane. Con quali interventi e strategie la Regione si adatterà allo scenario attuale? «Separiamo il problema degli italiani da quello delle presenze, ovvero della durata dei soggiorni. Le lunghe ferie “stanziali” stanno perdendo appeal, mentre c’è più voglia di cogliere ogni momento di vacanza, di visita, di distrazione, per

Dossier Veneto 2014 • 157


Turismo • Cultura e meeting industry

Le città d’arte continueranno a migliorare le loro performance, come tutte le mete culturali la possibilità di raccogliere emozioni. Dobbiamo, da questo punto di vista, operare per ampliare la gamma dell’offerta, a partire da quella di prossimità, puntando anche a pacchetti brevi onnicomprensivi, da proporre sia a gruppi numerosi sia ristretti fino alla coppia, sapendo di avere un parterre ambientale, storico-culturale ed enogastronomico che non annoia mai, ma che anzi si rinnova ogni giorno. Dobbiamo essere in grado di invogliare a prolungare, anche solo di un giorno, il turismo dei cinesi, che si fermano in Veneto una sola notte o poco più. Intendiamo attrarre anche chi utilizza i weekend per conoscere nuove mete. Nello stesso tempo, però, dobbiamo anche corrispondere alle esigenze di un turismo più tradizionale, parlo soprattutto di quello proveniente dai paesi di lingua tedesca, che ama trascorrere fuori casa una settimana o più. Per quanto riguarda gli italiani, invece, la questione è

158 • Dossier Veneto 2014

drammaticamente semplice: c’è sempre meno capacità di spesa». Mantengono il loro appeal le mete culturali, cresce il turismo termale, soffre quello balneare. Come la Regione intende sviluppare i diversi “turismi” e l’integrazione tra questi? «Stiamo parlando dei nostri tradizionali comprensori, il cui scenario è peraltro già cambiato, sia a livello di offerta locale, sia perché il turista moderno non necessariamente si cristallizza su una tipologia di offerta. Ritengo che le città d’arte continueranno a migliorare le loro performance e, con esse, tutte le mete di tipo culturale. In questa cornice inserisco anche la Pedemontana Veneta, l’offerta del sistema delle ville venete e anche, almeno in parte, la proposta più recente: Love me in Veneto. Quest’ultima riguarda pacchetti speciali e al massimo livello destinati all’amore, alle coppie, alle ricorrenze speciali e comprende mete dove sposarsi o soggior-

nare in uno scenario da favola. Tuttavia, il settore balneare rimane il principale segmento turistico, forte di circa 150 chilometri di arenili, di strutture ricettive e di svago di prim’ordine. Il fatto che lo scorso anno abbia visto calare ospiti e pernottamenti potrebbe dipendere da fattori contingenti, ad esempio dal fatto che il maltempo ci ha perseguitato. Il turismo termale segna una crescita dopo un lungo periodo di stasi. È certamente un segnale positivo, ma dobbiamo incrementare questi numeri rinnovando l’immagine del settore, che va proposto come strumento di periodi di benessere e non solo come proposta terapeutica. Tra le offerte innovative, abbiamo quest’anno messo a punto una proposta specialissima, chiamata “Roar in Veneto”, destinata in maniera specifica ai mototuristi».taura un rapporto di lungo periodo di cui beneficiano entrambe le parti». Francesca Druidi



Turismo • Il metadistretto veneto

Tra fruizione e tutela Coniugare in maniera sostenibile la conservazione con la valorizzazione. L’esperienza del metadistretto veneto dei beni culturali e ambientali dentificare la cultura come risorsa per il sistema produttivo, economico e sociale di un territorio, perché «dietro alle parole conservazione, restauro, manutenzione e valorizzazione – rimarca Sergio Calò, responsabile tecnico del metadistretto – ci sono aziende, professionisti, centri di ricerca altamente specializzati che producono posti di lavoro ed economie di scala, rappresentando una filiera produttiva di riferimento per il mondo». Quali le sfide che il metadistretto oggi deve affrontare? «Le aziende venete del settore sono caratterizzate da dimensioni ridotte, che rendono complessa la gestione di voci quali internazionalizzazione, ricerca e innovazione nell’ottica della competitività in un mercato nazionale ormai stagnante da troppi anni. La sfida, dunque, è concentrare gli sforzi, affiancare le piccole imprese e sviluppare progetti di scala, unendo competenze pubbliche e private. Il metadistretto verifica la sostenibilità dei progetti; li costruisce insieme alle imprese e sostiene queste realtà nel reperire i fondi per il finanziamento grazie a un network pubblico-privato». Quali iniziative state portando avanti? «È importante anticipare i tempi e arrivare con competenza alle sfide del mercato. Abbiamo iniziato nel

I

160 • Dossier Veneto 2014

2008 un percorso di sviluppo e ricerca in alcuni filoni che ritenevamo innovativi per quegli anni e di sicuro interesse per il futuro. In particolare, abbiamo sviluppato la filiera produttiva per l’efficienza energetica negli edifici storici anche di pregio, per aumentare le capacità operative, la crescita di competenze e ampliare le possibilità di business

dei tecnici e delle imprese, in un settore che si sta rivelando fondamentale per il futuro del nostro patrimonio. Altra tematica importante è quella legata alla filiera produttiva per l’adeguamento sismico degli edifici storici, dove abbiamo attivato per la prima volta in Europa una ricerca per comprendere la correlazione fra il rischio strutturale -


Il metadistretto veneto • Turismo

che vanta ormai molta letteratura con il rischio delle superfici di pregio, tra cui affreschi, intonaci antichi, stucchi e mosaici, con l’obiettivo di prevenire e intervenire sulle opere più urgenti». Sul fronte della conservazione? «Abbiamo sviluppato progetti con università, enti di ricerca e aziende del settore per realizzare materiali e tecnologie innovative per risolvere i problemi legati alla conservazione, anche preventiva, delle opere storico-artistiche e monumentali antiche, moderne e contemporanee. Necessario è anche fornire strumenti tecnologici avanzati e appropriati per la diffusione e la promozione dei contenuti culturali, siano essi singole opere d’arte o intere aree archeologiche. Abbiamo lavorato con alcune aziende per sviluppare software capaci di coniugare la descrizione del nostro patrimonio al fascino tecnologico. Crediamo, infatti, che attirare

800

visitatori e rendere divertenti e interattive le nostre opere d’arte sia un buon sistema per renderle economicamente sostenibili». Come valuta il legame tra cultura ed economia in Veneto? Quali le criticità da rimuovere su questo fronte? «Tutte le attività legate al patrimonio culturale devono tendere alla sua sostenibilità, in senso di conservazione storica e materica, fruibilità e utilizzo produttivo. Questo è il principale problema: siamo ricchi di patrimonio culturale ma non riusciamo a trasformarlo in economia, a monetizzarlo e a promuoverlo come fanno molte altre nazioni. Probabilmente, la paura di vincoli

Le aziende del metadistretto: 330 del comparto beni culturali e 470 di quello ambientale

burocratici e di tempistiche incerte nell’espletamento delle pratiche ha bloccato molte iniziative. Le soluzioni sviluppate dal metadistretto puntano all’integrazione e alla compatibilità tra utilizzo, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e alla sua sostenibilità per favorirne la salvaguardia e la trasmissione alle future generazioni. Viene sollecitata la possibilità per le imprese di utilizzare il patrimonio culturale per promuovere il proprio brand, migliorare le sedi produttive e di rappresentanza e investire nel territorio e nel made in Italy, coniugando storia, cultura, bellezza e prodotto. Ulteriore obiettivo è l’aumento della fruibilità e della vivibilità del patrimonio altrimenti celato. Sono linee guida che abbiamo giù concretizzato in Veneto su importanti strutture storico-artistiche. Sono progetti fattibili, dunque, non sulla carta ma nella realtà, da portare come esempi». Francesca Druidi

Dossier Veneto 2014 • 161


Nautica • Export

La nautica italiana un primato internazionale Le tappe fondamentali della crescita dell’impresa di Luigi Cesare Casarola: dal lago di Garda all’intero Mediterraneo. Bilanci e prospettive di un’eccellenza che conquista il mondo

E

sperienza, tradizione, dinamismo, tecnologia, ma soprattutto passione. Questi i cinque valori fondamentali di Nautica Casarola, azienda che quest’anno celebra il cinquantenario della fondazione e che in questo mezzo secolo ha legato indissolubilmente il proprio nome a quello del marchio Riva. Guidata ancora dal fondatore Luigi Cesare Casarola, l’amministratore unico, nel tempo è stato affiancato al timone dai figli Monica, Francesca e Edoardo, che rappresentano il futuro dell’azienda con base a Peschiera del Garda. Come spiega l’amministratore:

162 • Dossier Veneto 2014

«Monica cura principalmente il mercato estero, Francesca segue quello nazionale e la gestione della rete vendita. Mentre Edoardo, il più giovane, supporta le sorelle e si occupa in prima persona della gestione del cantiere e del porto». Infatti Nautica Casarola, si è affermata sia in Italia che all’esterno grazie alla commercializzazione di imbarcazioni Riva. Due nuovi modelli debutteranno proprio quest’anno: Riva 122’ Mythos – la più grande imbarcazione mai costruita dal cantiere, un mega yacht in alluminio di oltre 37 metri - e Riva 88 Miami – yacht dal design innovativo pronto a rivoluzionare il mondo degli open.

«La nostra forza? – prosegue Casarola senior – un patrimonio di conoscenza e capacità veramente rilevante. I nostri cantieri e le officine sono in grado di intervenire con immediatezza per la riparazione di qualunque tipo di scafo, sia in legno sia in vetroresina. Infatti, solo garantendo un servizio di assistenza e post vendita efficiente si può ottenere una vera fidelizzazione. Inoltre, abbiamo un ulteriore ed esclusivo plus: il know how per riportare all’originario splendore le ormai mitiche imbarcazioni Riva in mogano». Non a caso è proprio con la cultura del servizio che questa realtà si afferma, prima nel rimessaggio e in se-


Export • Nautica

I primi anni di attività

Luigi Cesare Casarola, amministratore unico della Nautica Casarola di Peschiera del Garda (VR) www.nauticacasarola.com

guito con le vendite: Nautica Casarola è oggi concessionario ufficiale sul territorio nazionale per Riva, Itama, Apreamare, Maestro e Metamarine e alla commercializzazione di yacht affianca una capillare rete di service nautici e la più grande marina privata d’acqua dolce. Tuttavia, le tappe di crescita della società non hanno avuto come scenario solo il lago di Garda. «Intenzionato a espandere l’attività anche verso il mare, nel 1992 ho fondato in Sardegna la società controllata Olbia Boat Service, in località Cala Saccaia, presso Olbia. Con un’area a terra complessiva di 18mila mq per l’attività di rimessaggio e riparazione di im-

Nel 1964, su suggerimento dell’ingegner Riva, Luigi Cesare Casarola inaugura un boat service autonomo sulla parte orientale del lago di Garda. L’azienda muove i primi passi nella commercializzazione di barche nuove e usate e nel rimessaggio. Nel 1974 il fondatore fa il primo passo che porterà alla moderna Nautica Casarola: a Pacengo di Lazise sul lago di Garda viene realizzata La Bosca: una struttura di rimessaggio di oltre 5mila mq, cui successivamente si unirà un servizio carburante e un’officina, oggi centro autorizzato Volvo Penta, Yanmar, Mercury, MerCruiser, Yamaha, Honda, Suzuki, Man.

barcazioni da diporto dai 10 ai 40 metri di lunghezza, questa struttura si pone come una delle più grandi e moderne esistenti ancora oggi sul mare Mediterraneo. Infine, nel 2013, abbiamo esteso la rappresentanza del marchio Riva anche a Malta, grazie a un importante accordo distributivo con Trader Marine Yacht Service che ci consente di rafforzare la nostra presenza nel mediterraneo sia come servizi di vendita che come futuro centro di assistenza specializzato». Vittoria Divaro

Dossier Veneto 2014 • 163




Trasporti • Tecnologie

Gestire il traffico su rotaia

L’information and communication technology ferroviario punta all’internazionalizzazione. Francesco Fogliani presenta le innovazioni tecnologiche per la gestione sicura dei sistemi di controllo e comando sorvegliare una parte importante del trasporto commerciale su ferro, nel nostro paese, è una complessa architettura hardware e software estremamente affidabile: Scc (Sistema di Controllo e Comando), che si basa su una serie di postazioni regionali, dalle quali i diversi operatori gestiscono il traffico in telecomando. Nelle più recenti realizzazioni, gli operatori sono supportati da un sistema di telefonia integrata (Sti) sviluppato dalla Telefin, società di soluzioni information and communication technology specializzata nelle telecomunicazioni dedicate alla circolazione ferroviaria. Forte dei successi nel settore ferroviario italiano, Telefin inizia a guardare anche alla possibilità di portare il proprio know how all’estero. «Innanzitutto – afferma l’ingegnere Francesco Fogliani, presidente di Telefin –, ci auguriamo che Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) prosegua nel grande impegno di ammodernamento e investimento tecnologico, che la rende oggi ai primi posti mondiali per l’evoluzione tecnica e per la sicurezza. Però ci sentiamo anche pronti a varcare i confini nazionali e ad affrontare

A

166 • Dossier Veneto 2014

competizioni globali per entrare in partnership con i grandi costruttori esteri del settore. La prima mossa in questa direzione sarà la nostra partecipazione, a settembre, alla fiera InnoTrans di Berlino, evento dedicato al settore ferroviario. Guardando ancora al mercato globale abbiamo recentemente aperto il nostro canale e-commerce (www.telefinindustrial.com), che propone le nostre schede, Cpu, semilavorati, interfacce e dispositivi, progettati pensando al settore ferroviario, però pienamente suscettibili di soddisfare anche altre applicazioni industriali». L’esperienza italiana di Telefin è tren-


Tecnologie • Trasporti

Francesco Fogliani, presidente della Telefin Spa di Verona www.telefin.it www.telefinindustrial.com

Le aziende del gruppo Telefin

tennale. «I nostri sistemi di telefonia integrata – prosegue Fogliani – sono già operativi nelle sale di comando della circolazione di Palermo, Bologna linea storica e alta velocità, Settimo Torinese alta velocità, Pisa, Bari e Milano alta velocità. Gli operatori preposti al comando e controllo della circolazione si avvalgono di consolle touch screen dotate di grafica particolarmente accattivante e intuitiva per la gestione di chiamate e servizi verso gli impianti periferici e verso gli operatori a bordo dei treni. Le stesse

consolle evidenziano il numero del treno in tratta facilitando e guidando il dirigente anche nelle situazioni complesse per le chiamate di emergenza. Il sistema è dotato di un sofisticato registratore digitale delle comunicazioni di servizio, che sono assolutamente essenziali in caso di disservizi e hanno un valore legale. Guardando al breve termine, poi, vogliamo completare il rinnovamento degli impianti Sti per le sale di controllo e comando della circolazione di Roma, Genova, Verona, Mestre e Na-

Telefin è la principale impresa italiana di telecomunicazioni ferroviarie. Oltre a progettare e produrre soluzioni Ict, Telefin è capo gruppo di una holding di aziende con vocazione analoga. Una di queste è Delta Sistemi, che, nata nel settore monetica e controllo accessi, si va oggi progressivamente affermando nei sistemi di informazione, controllo e video sorveglianza a bordo treno e in stazione, prevalentemente in metropolitane e ferrovie concesse. Altra controllata del gruppo è Dmi, specializzata nello sviluppo di software e applicazioni web, digital signage, comunicazione e web tv.

Dossier Veneto 2014 • 167


Trasporti • Tecnologie

142 km

Estensione delle gallerie di Rfi con sistemi Telefin

poli. Per il futuro, inoltre, la sfida è quella di fare evolvere ulteriormente la rete di telecomunicazioni ferroviarie, specie per le linee cosiddette non commerciali o regionali, attraverso l’introduzione dei protocolli Ip-VoIP. Questi progetti andranno di pari passo con l’estensione della rete di monitoraggio e diagnostica dei sistemi e delle apparecchiature di linea, con particolare attenzione alle tratte e linee telecomandate, che stanno crescendo di numero». «Dalla ricerca Telefin è nato così il nuovo telefono Bca anche per l’impiego sulle tratte con dorsali VoIP. La nuova soluzione ha lo scopo di mo-

nitorare diversi parametri: stato della linea, stato del microtelefono, stato del portello e del posizionamento del microtelefono. In più, il Bca consente il ripristino della linea in caso di sgancio prolungato, il monitoraggio della temperatura del telefono – con la possibilità di segnalare il superamento delle soglie – e la configurazione da remoto di alcuni parametri funzionali». «Il telefono diagnosticabile svolge un ruolo attivo, originando, a cadenza periodica, una chiamata verso codici appositamente riservati, e non producibili tramite la tastiera, per comunicare il proprio stato e per verificare

La sfida è fare evolvere ulteriormente la rete di telecomunicazioni ferroviarie 168 • Dossier Veneto 2014

la connettività verso l’Ata (Analog Telephone Adapter). Come ulteriore risultato, grazie all’architettura centralizzata di configurazione e diagnostica, si ottiene una catalogazione dei dispositivi installati, migliorando notevolmente la gestione dell’asset. Una semplice interfaccia web di cui è dotato l’Ata espone lo stato diagnostico di ogni telefono collegato e uno storico riportante l’evoluzione degli stati e l’attività (le chiamate in uscita) svolta da ciascun telefono». La gestione remota e il monitoraggio permettono di razionalizzare e facilitare gli interventi dei manutentori. Occorre infine notare che tutte le componenti del sistema hanno caratteristiche industriali, in termini di affidabilità e range di temperatura, adatte a impieghi in ambienti impresenziati e sottoposti a forti escursioni o stress. Valerio Maggioriano



Trasporti • Mercati esteri

Competere con la specializzazione Se i trasportatori stranieri possono offrire prezzi più vantaggiosi, quelli italiani si attrezzano migliorando mezzi e servizi. L’esperienza di Stevanin Trasporti

I

trasporti identificano un fattore logistico strategico per le imprese e, quindi, per l’andamento economico del Paese. Lo dimostra il fatto che, nel 2012, ha viaggiato su strada il 45,2 per cento delle merci, come rileva una recente indagine di Confcommercio che punta il dito contro le inefficienze responsabili di minare la competitività del sistema nazionale dei tra-

sporti. «Le criticità che affrontiamo quotidianamente nel nostro settore – affermano Stefano e Claudio Stevanin, titolari dell’omonima azienda di autotrasporto veronese – dipendono dagli elevati costi che paghiamo in termini di carburante, manodopera e anche burocrazia, rispetto alle tariffe di vendita». A pesare è soprattutto la concorrenza estera, in particolar modo quella proveniente dai pae-

si dell’Europa dell’Est. «Il costo dei carburanti, anche considerando le agevolazioni che abbiamo sulle accise, rimane troppo alto rispetto a quello pagato dai trasportatori stranieri, per non parlare della manodopera. L’unica strategia possibile diventa allora quella di specializzarsi in determinati segmenti», prosegue Stefano Stevanin, la cui azienda – fondata dal padre Angelo nel 1945 – ha

La Stevanin Autotrasporti ha sede a San Bonifacio (VR) www.stevanin.com

170 • Dossier Veneto 2014


Mercati esteri • Trasporti

La strategia diventa quella di specializzarsi in determinati segmenti di trasporto maturato anni di esperienza e operatività nei più svariati settori del trasporto di materiali sfusi: rifiuti pericolosi pulverulenti, alimentari sfusi, materie prime sfuse per l’edilizia, per il settore delle vetrerie e per il mercato zootecnico. È necessario intervenire per semplificare e snellire le normative del comparto. «Preoccupa la perseveranza dei legislatori a mostrare poco buon senso, come testimonia l’ultimo balzello del Sistri, il sistema di tracciabilità dei rifiuti, soggetto a continue variazioni e proroghe che portano a generare solo confusione e costi aggiuntivi». Nonostante le difficoltà che caratterizzano il comparto, la Stevanin Autotrasporti ha chiuso il 2013 con una buona performance, registrando un aumento del 12 per cento del fattu-

rato. Merito soprattutto dell’incremento del trasporto di rifiuti nel mercato tedesco, dell’implementazione del servizio di stoccaggio e immagazzinamento delle merci della clientela che viene effettuato presso lo stabilimento veronese, e degli investimenti realizzati sia sul parco mezzi, attualmente composto da 60 unità, che sulla struttura aziendale. L’azienda opera in tutta Italia e in quasi tutta Europa, soprattutto in Germania, Francia, Svizzera, Austria e Repubblica Ceca. L’instabilità economica regna però sovrana. «Nei primi mesi del 2014, i risultati ci danno ancora ragione – fa il punto Claudio Stevanin – ma la ripresa stenta a decollare e i tempi dei pagamenti da parte della clientela si allungano sempre di più, aumentando

le sofferenze. A complicare lo scenario interviene la progressiva delocalizzazione operata sia dai clienti sia dei competitor, che per abbassare i costi trasferiscono la propria sede nell’Europa dell’Est». Tra gli obiettivi futuri dell’azienda potrebbe allora rientrare l’apertura di una filiale oltre confine, con l’obiettivo di presidiare in maniera più efficace i mercati esteri di riferimento. «Continueremo ad aumentare l’offerta dei servizi, tramite l’acquisizione di nuove tipologie di macchinari, quali cisterne per rifiuti liquidi oppure cassoni scarabili per rifiuti solidi. Incrementare il numero degli automezzi presenti nel nostro parco veicolare rappresenta uno degli obiettivi che ci poniamo a medio e lungo periodo». Giada Acerbi

Dossier Veneto 2014 • 171


Trasporti • Investimenti

Massimo Stegagno, amministratore del gruppo Stegagno www.stegagnoautotrasporti.it

Trasporti, criticità e prospettive Diversificare i mercati per non subire la crisi che sta toccando tutti i settori. Questa la strategia di Massimo Stegagno per rimanere competitivi contenendo i costi

L

a crisi economica ha spinto molte aziende a rivedere le proprie strategie commerciali e di investimento. Un esempio di ottimizzazione dei costi è fornito dal gruppo Stegagno, che ha affrontato gli ormai 5 anni di crisi di mercato investendo su vari fronti. Fino al 2009 la Stegagno Srl effettuava tra-

172 • Dossier Veneto 2014

sporto su gomma per lo più nazionale e in piccola parte internazionale. A fine 2009 è nata la nuova società, la Stegagno Industriale Spa, che si occupa del trasporto intermodale lavorando soprattutto con l’estero, in particolare Germania, Olanda e Belgio. «Il nostro obiettivo – spiega Massimo Stegagno, amministratore del gruppo - è di mantenere un parco mezzi rin-

novato per far sì che ci sia una diminuzione di costi di carburante, di manutenzione e un contenimento dell’inquinamento ambientale». Quali sono le maggiori criticità per il vostro settore? «Ci ritroviamo a dover combattere con un mercato estero, dove i costi di gestione sono molto più bassi. Consideriamo che i due terzi del costo è


Investimenti • Trasporti

rappresentato dal carburante e dal costo del dipendente e la parte restante è formata da investimento, pedaggi e tasse, e che il prezzo di mercato comincia a essere basso rispetto al costo di gestione. Le aziende, essendo in difficoltà, non riconoscono aumenti anzi impongono i loro prezzi». Nel corso del 2013, qual è stato l’andamento del vostro business? E come valuta il primo trimestre 2014? «Nell’anno 2013 il fatturato del gruppo è un po’ calato rispetto agli anni precedenti pur rimanendo sui 10 milioni di euro. Siamo comunque riusciti a contenere i costi così da mantenerci competitivi. Il primo trimestre 2014 è partito abbastanza lentamente, ma nonostante la crisi riusciamo a lavorare con tutti i nostri mezzi. Speravamo in una partenza migliore, ma ci auguriamo comunque che migliori nel corso del 2014». Quali sono i vostri mercati più importanti all’estero e qual è la situazione nel mercato interno? «Il gruppo Stegagno sta lavorando prevalentemente con l’estero, soprattutto Germania, Belgio e Olanda e con il mercato interno si trova a dover diversificare i mercati per non subire la crisi che sta toccando un po’ tutti i settori».

Stiamo lavorando prevalentemente con l’estero, soprattutto Germania, Belgio e Olanda Quali settori vi stanno permettendo i migliori risultati in questo momento? «Grandi risultati non ce ne sono, data la crisi. Clienti storici e qualche nuovo cliente ci stanno permettendo di mantenerci competitivi. La nostra committenza è diversificata e questo ci permette di operare in vari settori: dall’edilizia, al metallurgico, all’agricoltura». Quali sono stati gli ultimi investimenti in innovazione e tecnologia e quali quelli che avete programmato per il futuro? «Nel 2014 abbiamo investito nell’acquisto di nuovi trattori stradali e nuovi semirimorchi. Riteniamo che l’investimento nel parco mezzi sia indispen-

sabile per affrontare la crisi, riducendo i costi di manutenzione, di consumo di carburante e di conseguenza inquinamento ambientale. Per questo abbiamo eliminato alcuni mezzi euro 3 per sostituirli con nuovi mezzi euro 5 ed euro 6». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il 2014? «Stiamo già lavorando con aziende molto importanti legate al settore dell’edilizia, siderurgia e agricoltura con cui ottimizzeremo i trasporti sia nazionali che internazionali. Inoltre stiamo già pianificando con qualche azienda la gestione dell’intera logistica anche attraverso lo stoccaggio presso i nostri magazzini». Paolo Biondi

Dossier Veneto 2014 • 173


Trasporti • Export

Le strade del vino L’export di vino italiano è in costante crescita. Oltre a produttori di qualità servono società affidabili in grado di trasportarlo in giro per l’Europa, come la STI Internazionale

O

ggigiorno le distanze sembrano essersi annullate e la globalizzazione ha contribuito alla diffusione delle merci ai quattro angoli del pianeta. In questo quadro la logistica e i trasporti giocano un ruolo fondamentale per la crescita di un paese. Il vino e gli alcolici non fanno eccezione. STI Internazionale Spa nel corso degli anni si è specializzata nel trasporto di bevande alcoliche. «La società, da realtà locale dedita all’attività di spedizione di merci varie, nel corso degli anni si è trasformata profondamente – spiega il socio e amministratore delegato Joseph De Maio - diventando un punto di riferimento nazionale ed europeo nella logistica delle bevande alcoliche, mantenendo comunque una presenza importante anche nell’ambito delle spedizioni “general cargo”». L’attività di logistica si suddivide in due rami d’attività principali, la logistica di magazzino gestita in outsourcing per conto di produttori e commercianti di prodotti vitivinicoli e la logistica internazionale. «La prima comprende lo stoccaggio di bevande alcoliche in regime di deposito fiscale accise e tutte le attività accessorie, quali etichettatura, riconfezionamento, gestione documentazione accise e distribuzione nazionale, mentre la seconda comprende sia l’attività di spedizione internazionale, anche con disbrigo pratiche accise sia in partenza dall’Italia che in vari

174 • Dossier Veneto 2014

Il Regno Unito è diventato il mercato più importante per i nostri servizi di spedizione di vino paesi comunitari, che una vera e propria gestione delle spedizioni di vini italiani per conto di importatori esteri». All’azienda veneta si rivolgono anche grandi clienti esteri i quali affidano alla società l’attività di consolidazione con ritiro presso i produttori su tutto il territorio nazionale. «Uno dei mercati principali è quello del Regno Unito – afferma Joseph De Maio - in cui i vini italiani attualmente occupano il se-

condo posto in termini di volumi esportati dopo quelli australiani. È diventato in breve tempo il più importante per la nostra società». Gli importatori inglesi tendono ad affidarsi a operatori logistici specializzati nel trasporto dei vini e si rivolgono all’Italia puntando alla qualità e alla varietà del vino made in Italy. «Molti di loro si rivolgono alla nostra società per le loro importazioni, per la nostra espe-


Export • Trasporti

+ 8%

Crescita delle spedizioni registrate dall’azienda nei primi mesi del 2014

L’impianto della STI Internazionale Spa con sede a Bovolone (VR) www.sti-internazionale.it

rienza e capacità di conciliare le richieste di chi acquista con le necessità operative di chi deve fornire, con relativo supporto per quanto riguarda la documentazione da produrre». L’export di vino italiano è in continua ascesa e rappresenta una voce importante per l’economia nazionale e va pertanto gestito in modo professionale e specifico. «Cantine italiane di primaria importanza si affidano alla nostra società per la gestione del prodotto imbottigliato – dichiara l’amministratore della STI Inter-

nazionale - apprezzando soprattutto la personalizzazione e l’efficacia del servizio e l’attività di consulenza fornita». Negli ultimi anni ha riscosso notevole successo il servizio offerto da STI Internazionale di trasporto internazionale con disbrigo pratiche accise in alcuni paesi dell’Unione Europea. «In pratica, attraverso una rete di agenti con proprio codice accisa, aiutiamo i produttori italiani a vendere i propri vini anche a operatori comunitari che non sono in grado di gestire in proprio l’importazione diretta dall’Italia, occupandoci del trasporto e di tutte le pratiche previste dalle normative in vigore nei vari paesi in materia di accise». Questo servizio copre numerosi paesi comunitari. «È un servizio molto richiesto in Germania e Regno Unito ed è attualmente disponibile anche per spedizioni verso Francia, Spagna, Austria, Belgio, Olanda e Bulgaria. È in fase avanzata di studio una nuova iniziativa per permettere agli operatori italiani di vendita a distanza di vendere a clienti privati nel Regno Unito, in conformità con la normativa europea di riferimento per la vendita a distanza di prodotti soggetti ad accisa». Nonostante la diffusa ristrettezza economica il business dell’azienda veneta ha vissuto una fase di crescita, seppur lieve, nel 2013. «Lo scorso anno siamo riusciti a mantenere le nostre posizioni

Settori di riferimento Negli ultimi anni STI Internazionale ha dedicato molte risorse allo sviluppo della gestione della logistica in outsourcing per conto di aziende di produzione e commerciali italiane ed estere, con particolare riferimento al settore dei vini e dei prodotti alcolici, soggetti ad accise, con licenza dell’Agenzia delle Dogane per la gestione di depositi di vini, liquori e prodotti intermedi. STI Internazionale è inoltre attiva in vari settori merceologici, principalmente: alimentare (non deperibili), meccanico, manifatturiero, arredamento e materiali edili e con tutte le modalità di trasporto.

– conferma Joseph De Maio - con un leggero incremento sul fatturato 2012, grazie soprattutto alla clientela estera. I produttori vitivinicoli italiani infatti, nella stragrande maggioranza dei casi esportano a condizioni “franco cantina” e ciò ha creato i presupposti per la crescita del fatturato della società presso gli importatori, arrivando a superare il 55 per cento del dato complessivo, rappresentato in larghissima parte da clientela britannica». Lorenzo Brenna

Dossier Veneto 2014 • 175


Edilizia • Sistemi costruttivi

Nuove interazioni tra uomo e ambiente Un’innovazione industriale in grado di ribaltare le sorti del settore. Valeria Vettorello illustra le prospettive del modello di architettura Lego. «Si abbattono i costi di produzione, si alza il livello qualitativo» l futuro? Pannelli modulari in materiale organico appropriato, oggi anche di derivazione vegetale. Per Valeria Vettorello, della trevigiana Htdm, restituire all’edilizia il suo ruolo di traino del mondo industriale è possibile. Lo dimostrano i più recenti sviluppi tecnologici del settore cui l’azienda di San Biagio di Callalta (TV) ha contribuito. A seguito dello storico know how nell’area stampi a iniezione con Michele Angelico, direttore tecnico dell’azienda e dell’area ricerca e sviluppo, la Htdm ha recentemente lanciato Panel System, pannelli termoplastici brevettati e progettati per diverse applicazioni. «Fra queste – dice Vettorello – riteniamo che l’edilizia eco-razionale meriti assoluta precedenza, perché la crisi del settore è anche risultato di inadeguatezza al cambiamento da parte degli storici attori, ancora reticenti a sinergie con altri settori più evoluti. Un grande futuro di ricerca, applicazioni brevettuali sui materiali, processi e tecnologie potranno offrire la vera svolta innovativa al settore dell’edilizia e infrastrutture. Il concetto si è concretizzato nel progetto euro-

I

178 • Dossier Veneto 2014

peo Mild Home, che prevede l’utilizzo di un pannello progettato per realizzazioni a bassi costi e massime performance. In questo senso ci siamo dedicati ad aree sia destinate a social housing sia residenziali, oltre a ristrutturazioni e allo sviluppo di aree industriali e rurali con sistemi di recinzione per usi vari, in tutto il mondo. A questo verrà abbinato un rivoluzionario pannello solare fotovoltaico, autoportante e modulare, in grado di sostituirsi al tetto di una abitazione». Quali sono le caratteristiche principali del vostro Panel System? «PanelSystem è un prodotto riciclabile al 100 per cento e si ispira al modello “Lego Architecture”, sul quale si può fare leva per l’evoluzione dell’edilizia. Quello dedicato all’edilizia è Building Panel con varie applicazioni, tra cui il suo uso in aree di emergenza ambientale. Questo prodotto soddisfa tutte esigenze grazie alle ottime prestazioni. La sua competitività è irraggiungibile con gli attuali sistemi, se non a costi elevati che pochi possono permettersi, sia nella nostra realtà sia ovunque nei paesi in via di sviluppo. Sicuramente la tec-

Valeria Vettorello della Htdm Srl, con sede a San Biagio di Callalta (TV) www.htdm.it


Sistemi costruttivi • Edilizia

Mattone dopo mattone Alcuni ricercatori del Massachusetts Institute of Technology hanno sviluppato una struttura costituita da più componenti in materiali ultraleggeri, sul modello dei mattoncini Lego. Un nuovo approccio per la costruzione di strutture anche di grandi dimensioni, come aerei o navicelle spaziali, e persino dighe o argini. Per gli studiosi del Mit, questa tecnica permetterebbe di usare molto meno materiale per reggere un determinato carico, garantendo una riduzione dei costi oltre che una maggiore flessibilità progettuale.

nologia 3d oggi non ha ancora trovato una declinazione adeguata alle esigenze, ma in futuro sarà la base per un’evoluzione applicabile a modelli non solo abitativi ma anche di design: il modulo, infatti, lascia molto spazio alle invenzioni più creative. Resteremo sempre in collegamento con tali tecnologie per Panel System, che permetterà molteplici trasformazioni». Com’è nato questo brevetto? «Il PyramidSilent nasce per essere applicato nell’ambito del traffico stradale e ferroviario come pure in zone

aeroportuali e marine di porto, insediamenti produttivi ma anche applicazioni in ambito navale, di spettacolo e cantieri temporanei. Il nostro pannello antirumore consente di raggiungere i migliori risultati in tutte le applicazioni preventive dell’inquinamento acustico. Concepito per rispondere ai più alti requisiti prestazionali, dal rispetto dell’ambiente all’abbattimento dei costi di produzione, e mantenendo il prodotto strutturalmente efficace ed esteticamente armonioso, sfrutta il principio anecoico con specifica piramide, il cui la-

birinto esalta le capacità di abbattimento del suono». Quali sono le sue principali caratteristiche? Il pannello è stato studiato per diversi obiettivi. Uno di questi è ottenere la massima efficacia fono-isolante e fono-assorbente senza l’impiego di materiali come lane di roccia, lane minerali e di vetro e alte prestazioni utilizzando un unico criterio applicativo: lo stampaggio a iniezione termoplastica che garantisce grande qualità di manufatto e un altissimo livello di automazione in fase di produzione. Poi ci siamo prefissi di raggiungere il risparmio sui costi di manodopera per montaggio al kilometro, permesso dalla dimensione del pannello, e il risparmio del montante di acciaio e nei costi di produzione per rispettare un’ecosostenibilità con l’uso di materiali di riciclo. Infine, il pannello è particolarmente leggero pur rispondendo con efficacia ai parametri di sicurezza

Dossier Veneto 2014 • 179


Edilizia • Sistemi costruttivi

in cantiere». Con quale obiettivo, più precisamente? «Da una parte rispondiamo al mercato e al progetto Mild Home, con cui l’Unione Europea chiede al settore delle proposte abitative per villaggi ecosostenibili, modulari, autosufficienti, in modo che l’edilizia ricerchi e si applichi scoprendo una diversa collocazione con soluzioni, risposte, prezzi diversi. Giovanni Leone, nel suo eco villaggio a Vicofertile (PR), sposa la modularità di un sistema co-

Il modello “Lego Architecture” sarà la miccia dello sviluppo economico

180 • Dossier Veneto 2014

struttivo a basso costo. Dall’altra stiamo cercando di sviluppare reti evolute per andare in Senegal, Brasile, Marocco e altri paesi tra i quali l’Est Europa con associazioni, per esempio, di costruttori e di agricoltori. Poi, in Marocco ci pare interessante l’ambito meccanico come pure l’agroalimentare, dove abbiamo partecipato a una missione imprenditoriale proprio nel gennaio di quest’anno con Ministero dello sviluppo economico. Che reazioni hanno ottenuto le sue proposte? «Abbiamo cercato collaborazioni a più livelli: abbiamo sempre ottenuto un nulla di fatto. Alcuni perché pensano che le nostre dimensioni non giustifichino il nostro ruolo nella rete. Altri invece ricercano idee da portare all’interno di loro start up e progetti per poi attingere a fondi pubblici senza avere reali impatti sull’occupazione, ma solo avidi vantaggi del loro gruppo. Le difficoltà degli innovatori continuano anche all’interno di quelle associazioni che invece dovrebbero aiutare le Pmi. Queste troppo spesso fanno gli interessi delle medio-grandi aziende. Ma non ci arrendiamo e stiamo già predisponendo la filiera con una partecipazione di partner finanziari e investitori di Anima Nobile che condividano la grande mission di “felicità collettiva”. Questo per noi è un punto fondamentale, non vogliamo trovarci con organizzazioni e persone che ricerchino nei loro obiettivi solo la vampirizzazione dei territori, senza creare quel clima di cooperazione e crescita, non solo economica, che noi abbiamo nella nostra visione di impact development dovunque andiamo». Renato Ferretti



Edilizia • Infrastrutture

I mercati di nicchia danno ossigeno al settore Il settore edile è in caduta libera da anni. Eppure, nonostante la crisi, alcune aziende che puntano sulla specializzazione riescono a crescere. Andrea Bonotto racconta la sua esperienza

L’

industria edile in Italia è uno dei settori più colpiti dalla crisi e non accenna a dare segnali di ripresa. L’inizio del 2014 ha registrato un’ulteriore diminuzione della produzione nelle costruzioni. Nel settore privato la richiesta è in continuo calo, l’altra faccia della medaglia è rappresentata dalle opere pubbliche, in questo campo il lavoro viene soffocato dalla burocrazia e dal ritardo dei pagamenti. «Il lavoro non manca - conferma Andrea Bonotto dell’azienda edile Bonotto - il problema è rappresentato dal ritardo dei pagamenti da parte dello Stato». La società veneta è riuscita a mantenere la propria posizione sul mercato grazie alla sua specializzazione, diventando leader nelle opere di protezione agli scavi e di presidio. «Non ci occupiamo di scavi generici spiega Andrea Bonotto - il nostro lavoro consiste nell’infiggere palancole nel terreno, servono per deviare i corsi d’acqua, rafforzare scarpate o argini, oppure come misura di sicurezza nelle buche al cui interno lavorano uomini». Il palancolato è un ottimo strumento nel momento in cui si debba affrontare un fiume o del terreno cedevole. «È in questo contesto che interveniamo per svolgere un lavoro di supporto alle grandi imprese

184 • Dossier Veneto 2014


Infrastrutture • Edilizia

Alcune opere realizzate dalla Bonotto Srl di Salgareda (TV) www.palancolati.com

– dichiara Andrea Bonotto - dato che ci sono molte strade in fase di realizzazione per noi il lavoro negli ultimi due anni è cresciuto». La scelta di una particolare nicchia di mercato ha consentito all’azienda di Salgareda di svilupparsi e crescere nonostante l’inarrestabile contrazione del settore. «Il nostro comparto è diverso rispetto al settore “casa”, quindi non risentiamo della crisi di quel tipo di mercato. Il fatturato è in crescita e stiamo perseguendo gli obiettivi pianificati di riorganizzazione aziendale volta ad una crescita a servizio di una clientela più qualificata». Bonotto sta ampliando il proprio raggio d’azione, sia in Italia che all’estero. «I nostri cantieri spaziano da est (Cervignano del Friuli), ad ovest (Torino, Novara, Varese,

Vista l'estensione dei nostri cantieri, dedicheremo attenzione alla logistica Como), al centro (Firenze, Misano Adriatico). Stiamo continuando la ricerca di possibili sbocchi nei mercati esteri dove si possono cogliere opportunità internazionali, per contrastare la poca chiarezza sul futuro delle grandi opere in Italia ed il problema del credito che nel nostro Paese è sempre ad alto rischio». Nel 2004 la società ha costituito un’azienda satellite in Slovenia e attualmente i paesi esteri in cui lavora maggiormente sono Albania e Francia. La Bonotto punta a crescere ulteriormente, sia numericamente che qualitativamente attraverso corsi di formazione per i dipendenti. «Il nostro obiettivo è quello di aumentare le squadre di lavoro e di investire per una maggiore formazione professionale. Dedicheremo inoltre partico-

lare attenzione alla logistica vista l'estensione dei nostri cantieri». Nel nostro Paese la società è presente in molti cantieri e ha contribuito alla realizzazione di opere di grande importanza. «Tra le principali c’è sicuramente la nuova autostrada Bergamo-Brescia-Milano, oppure la nuova tangenziale legata all’Expo 2015. Il nostro ruolo è stato quello di effettuare il riconsolidamento del terreno in maniera tale da consentire gli scavi. Tra gli altri lavori abbiamo provveduto alla messa in opera di un palancolato per la deviazione di un corso d’acqua nel milanese per realizzare una centrale elettrica. Un’altra opera importante in fase di realizzazione è l’alta velocità nel bresciano». Lorenzo Brenna

Dossier Veneto 2014 • 185


Edilizia • Appuntamenti

Per le imprese edili è il momento di agire MADE expo 2015 sarà un appuntamento importante per il rilancio dell’edilizia, che dovrà avvenire consolidando il recupero del mercato interno delle ristrutturazioni e sostenendo la ripresa delle esportazioni dei prodotti italiani

188 • Dossier Veneto 2014

rriva un segnale positivo per gli imprenditori e per MADE expo: il Rapporto immobiliare realizzato dall’Agenzia delle Entrate e dall’Abi ha indicato un più 20 per cento nei primi tre mesi del 2014 dei mutui per l’acquisto di abitazioni rispetto al 2013. «Sono dati incoraggianti - commenta l’amministratore delegato di Made expo Giovanni De Ponti - ma gli imprenditori devono saper cogliere i segnali positivi e rimettersi a investire. Che ci fosse un aumento nelle ristrutturazioni non è una novità ma quel +20 per cento non può essere legato solo a quello, vuol dire anche che le banche sono di nuovo disponibili ad erogare mutui, la gente ha ricominciato ad acquistare». È questa dunque l’occasione giusta per le imprese del settore edilizio, delle ristrutturazioni e delle finiture e proprio ora che riprende la domanda «gli imprenditori devono usare tutti gli strumenti a loro disposizione, compresi quelli fieristici, per sfruttare il momento favorevole a livello nazionale e internazionale». IL MADE EXPO Le fiere continuano a essere fondamentali nelle strategie di marketing di molte aziende, a cui viene riservata una parte importante del budget. L’appuntamento con Made expo, la più importante fiera italiana dedicata all’edilizia, all’architettura d’interni e all’involucro è dal 18 al 21

A


Appuntamenti • Edilizia

Sotto, Giovanni De Ponti, amministratore delegato di MADE expo www.federlegnoarredo.it

delegato MADE expo - è stata dettata dall’esigenza di razionalizzare l’offerta fieristica italiana, consentendo alle aziende di concentrare in un unico evento fieristico la presentazione delle novità al mercato nel primo trimestre e di pianificare le successive campagne di promozione e vendita».

Sopra, un prodotto dell’azienda Rizzi

marzo 2015. Convinti di ripetere i numeri della passata edizione, oltre 211.000 visitatori di cui 36.000 stranieri, Made expo continua a lavorare su tre linee di sviluppo: la biennalità, la specializzazione e l’internazionalità. La decisione di fissare questo importante evento negli anni dispari e nel mese di marzo nasce per inserirsi in maniera strategica nel calendario delle grandi fiere europee del settore architettura e costruzioni. «La scelta- chiarisce Giovanni De Ponti, amministratore

Nell’attesa del MADE expo 2015 ci sarà una tappa intermedia. Dal 15 al 18 ottobre di quest’anno gli operatori del settore si daranno appuntamento al MADE expo worldwide presso il quartiere espositivo Crocus Expo 2 a Mosca per conoscere più da vicino un mercato tra i più promettenti per le aziende italiane esportatrici e d’importanza considerevole, visti i volumi d’importazione dall’Italia. Sono tante le aziende che punteranno a questa prima edizione di MADE expo worldwide, è il caso ad esempio della Rizzi S.n.c. che sin dagli anni 50 si è imposta sul mercato come azienda a conduzione fa-

miliare e ora è una di piccola industria, specializzata nella produzione e vendita di scale a chiocciola, elicoidali, autoportanti e ringhiere di qualità, rivestimenti, corrimani, senza trascurare le lavorazioni come la tornitura del legno e la costruzione di particolari di arredamento. «Questa è l’occasione - commenta il titolare dell’azienda Enrico Rizzi- per portare la nostra specializzazione nella produzione di scale elicoidali e di prodotti custom quality, la nostra partecipazione a questo appuntamento oltre confine sarà contraddistinta da una scala che unisce il design italiano ai gusti russi». IL MERCATO RUSSO La Russia è oggi il terzo mercato, dopo Francia e Svizzera, in termini di export del sistema edilizia arredo, con un peso del 9,1 per cento sul totale esportazioni. Il 2013 ha visto una crescita del mercato russo pari al 7,2 per cento rispetto all’anno precedente. Da un’analisi dei primi dati del Rapporto EdiliziaArredo del Centro Studi FederlegnoArredo, nel periodo gennaio-settembre 2013 la Russia si conferma ai primi posti per importazioni di prodotti italiani con 44 milioni di euro di acquisti di prodotti made in Italy di cui oltre 23 milioni rappresen-

Dossier Veneto 2014 • 189


Edilizia • Appuntamenti

Giorgio Ubaldini, responsabile marketing di Aluk Italia

tati dalle porte di legno. Anche il Gruppo Aluk crede nel mercato russo e l’azienda sta continuando a evolversi nel suo percorso d’internazionalizzazione. «Il nostro slogan- sottolinea il responsabile marketing di Aluk Italia Giorgio Ubaldini- è “a global business with a local focus” e fa capire le nostre intenzioni». Il Gruppo è presente con Business unit autonome sui principali mercati europei e mondiali ma crede nel mercato italiano. «La Business unit Italia è focalizzata a questo mercato e vuole crescere partecipando attivamente alla ripresa del nostro Paese». Entro la primavera del 2015 verranno presentate significative novità in termini di aumento della gamma offerta, «che spaziano da nuovi sistemi completi e nuove ferramenta, ricordo che siamo gli unici in Italia a offrire un sistema di serramenti e facciate continue completamente studiato da noi sia in termini di profilati che di accessori». ALLA CONQUISTA DEL MERCATO CINESE Internazionalizzazione dunque è la parola d’ordine per le nostre aziende ed è per questo motivo che Federlegnoarredo e Bologna fiere hanno deciso di accompagnare le imprese italiane alla conquista del mercato

190 • Dossier Veneto 2014

cinese dell’arredamento. L’accordo raggiunto prevede la costituzione di un nuova società a Shanghai che organizzerà la Fiera del mobile italiano in Cina nel 2016 e seguirà le 2.800 aziende socie di Federlegnoarredo lungo il loro ingresso nel mercato asiatico, «mercato in cui, secondo l’amministratore delegato di Federlegnoarredo Giovanni De Ponti nei prossimi cinque anni ci saranno 200 milioni di nuovi ricchi. Numeri impressionanti, sovrastimati o no. Il business c’è. E si annusa». Sono ot-

timi i dati dell’export di arredi verso la Cina, che fa registrare un +18 per cento nel 2013 rispetto al 2012, per un giro d’affari di 208 milioni di euro. E, nei primi due mesi del 2014 le esportazioni hanno raggiunto un +35 per cento. «Già nei prossimi mesi - ha assicurato Giovanni De Ponti- punteremo a sviluppare progetti contract per le nostre imprese e lavoreremo per create contatti qualificati per incrementare le vendite di arredi italiani in Cina». Renata Gualtieri

Made expo continua a lavorare su tre linee di sviluppo: la biennalità, la specializzazione e l’internazionalità



Materiali • Legno

Nella foto, Massimo Gasperini, presidente di Cp Parquet www.cpparquet.it

La raffinata forza del legno Nel suo percorso di etica, ricerca e innovazione aziendale, Cp Parquet ha sempre messo al primo posto la qualità e la sostenibilità dei prodotti, completamente made in Italy avimenti fatti di autentici listoni a più strati, imponenti spessori realizzati con pregiate essenze legnose di provenienza sicura e lavorati nel rispetto delle norme ambientali e di qualità. È il lavoro messo in opera da Cp Parquet, una delle aziende leader nel settore che della

P

192 • Dossier Veneto 2014

qualità ha fatto le sue fondamenta. A rendere tutto questo possibile è certamente l’attenzione per le materie prime, che vengono selezionate in base alla provenienza da riserve boschive e forestali gestite e controllate. E poi la ricerca, che include non solo l’attenzione per i nuovi designer, ma anche una forte disponibilità nei confronti del cliente, che ha sempre la

possibilità di coniugare le sue idee e i suoi progetti con il know how aziendale. È per questo che, partendo da una solida base maturata con i clienti italiani, la prossima sfida sarà puntare alla crescita dei mercati esteri. Massimo Gasperin, presidente di Cp Parquet non ha dubbi, «Stiamo crescendo anche nel mercato estero che per il futuro sappiamo sarà strategico


Legno • Materiali

Cp Parquet vince la medaglia di legno di Greenpeace I pavimenti di Cp Parquet hanno conquistato la medaglia di legno nella guida alla scelta eco-consapevole del parquet. «Greenpeace ci ha assegnato il quarto posto della classifica delle aziende italiane più amiche delle foreste e siamo i primi per numero di specie legnose ecologicamente corrette impiegate» sottolinea Massimo Gasperini, il titolare

e strutturale per la nostra azienda». Attualmente quali sono i mercati e i target con cui lavorate maggiormente? «Possiamo dire che un’enorme soddisfazione è arrivata dal mercato italiano, che copre ancora il 70 per cento del fatturato. Questo sta a significare che il legame con i nostri clienti è molto forte a dispetto di una crisi feroce. Il fatto che il nostro sistema di lavoro sia da sempre basato sulla realizzazione personalizzata ci ha posizionato in un target medio-alto, che ricerca quell’esclusività che solo un’azienda artigianale come la nostra può offrire». Quale bilancio può trarre per l’anno trascorso? Quali i principali

dell’azienda. Le varietà di essenze prese in esame sono infatti ben 19, un numero doppio e triplo rispetto alle imprese che precedono l’azienda trevigiana in classifica. Cp Parquet è riuscita a coniugare la sostenibilità con la bellezza, i profumi e le piacevoli sensazioni tattili che solo il legno sa dare.

obiettivi e risultati raggiunti? «Per la nostra azienda, il bilancio 2013 è stato di estrema soddisfazione. Le strategie elaborate e le successive attività da noi intraprese relativamente alla campagna adv hanno infatti aumentato ulteriormente la visibilità e il consolidamento del brand Cp Parquet, soprattutto nel mercato del pavimento in legno prefinito. Il nostro ormai riconosciuto know how produttivo nel settore della produzione di parquet prefinito completamente made in Italy e a km 0 ha permesso all’azienda di chiudere un ulteriore anno con un fatturato positivo». Quali le tendenze del mercato che detteranno le vostre strategie nei prossimi mesi?

«Il mercato è in continuo fermento e in questi anni la ricerca del prodotto esclusivo è uno dei motori più forti. Per questo il nostro dovere è dare ascolto a queste voci mettendoci in gioco volta per volta. Da parte nostra, per i prossimi mesi, stiamo elaborando un progetto che lega il classico al moderno, ma non possiamo dire di più perché vogliamo sia una sorpresa per tutti i nostri clienti». Come emerge la vostra politica green? «Da sempre lavoriamo nel rispetto dell’ambiente. Considerando che la natura ci ha dato tanto, tanto le dobbiamo dare. È per questo che dal 2004 la nostra azienda è certificata Iso 14001, l’attestato che regola i si-

Dossier Veneto 2014 • 193


Materiali • Legno

70%

Il fatturato è ancora quasi tutto nel mercato italiano

stemi di gestione produttivi a basso impatto ambientale. Da noi gli scarti di lavorazione non vengono infatti buttati ma rigenerati, diventando una preziosa fonte di energia. Il nostro impegno non si è comunque fermato qui, ma è proseguito nel corso degli anni con l’ottenimento della certificazione Pefc e puntiamo nell’immediato futuro alla certificazione Fsc». Poi siete stati menzionati nella classifica di Greenpeace. «Proseguendo nella direzione della sostenibilità, Greenpeace ci ha dato una grande soddisfazione: nella loro speciale guida alla scelta eco-consapevole del parquet ci ha decretato al quarto posto per numero di specie

194 • Dossier Veneto 2014

legnose ecologicamente corrette. Ma non ci siamo fermati: per chiudere il cerchio, abbiamo proseguito la nostra ricerca in modo da riuscire a dare un prodotto sano anche per quanto riguarda le emissioni di Cov. Poi, nel maggio 2012, abbiamo ottenuto la prestigiosa certificazione tedesca Abz per la bassissima emissione di sostanze volatili organiche dannose per l’uomo e la salute. La nostra missione e il nostro impegno sono rivolti alla tutela della salute di ogni famiglia che utilizza il legno, per questo dobbiamo garantire pavimenti ideati e creati ecoconsapevolmente». Anche per questo siete stati tra le aziende promotrici del Codice di

trasparenza del parquet? «Non abbiamo nulla da nascondere, per questo condividiamo volontariamente tutte le informazioni sulla qualità e sulle caratteristiche dei nostri pavimenti in legno, dalla provenienza alla consegna finale, documentando con precisione l’origine delle specie legnose impiegate, il luogo e il tipo di lavorazione eseguita, le caratteristiche delle finiture e dei trattamenti». Quali valori porta avanti il Codice di trasparenza parquet? «Il codice trasparenza parquet porta avanti valori di etica professionale elevati. Prevede infatti che l’utente utilizzatore venga informato non solo della provenienza della specie le-


Legno • Materiali

Il nostro lavoro molto attento alla personalizzazione ci ha posizionato in un target medio-alto gnosa utilizzata, ma soprattutto deve sapere dove viene effettuata la filiera produttiva, che va dalla stagionatura alla finitura del pavimento in legno. Questa attenzione serve per arginare il più possibile gli ormai troppo numerosi utilizzi impropri del marchio 100 per cento made in Italy». Come nasce Cp Parquet Labdesign? Su quali presupposti e prerogative poggia? «Il progetto è essenzialmente una nuova affascinante sfida che abbiamo voluto intraprendere guardando il pavimento da un'altra prospettiva. Desideravamo, con la stessa specie legnosa e medesima finitura, creare non solo il rivestimento orizzontale ma an-

che quello verticale come boiserie, scale, porte e top in completo coordinato». È il nuovo presidente di Gruppo pavimenti di legno di Edilegno FederlegnoArredo. Cosa significa per voi? «Per CP Parquet è un altro importante traguardo. Dopo essere stata tra le aziende promotrici del Codice di Trasparenza del parquet, ora siamo alla guida della più importante associazione italiana dedicata al mondo dei pavimenti in legno in un momento di grande evoluzione nel settore. Per il triennio 2014-2016, infatti, sarà chiamato a grandi sfide di rinnovamento e innovazione, ma guardando sempre

con fiducia e ottimismo al futuro». Che aspettative riponete sul futuro di questo settore? «Il futuro del nostro settore, come del resto tutto il comparto Italia, è ancora molto instabile. Per questo noi puntiamo sulle nostre energie facendo investimenti mirati su persone e macchinari, in modo da fare crescere sempre di più la nostra azienda che ha sempre fatto della forza del gruppo il punto cardine e trainante. Per come la pensiamo noi, la crescita del nostro settore, vista la quasi assenza di costruzioni di nuove abitazioni, va sostenuta puntando sulle ristrutturazioni». Luisa Accorsi

Dossier Veneto 2014 • 195


Appalti pubblici • Il ruolo dell’Authority

Per una vigilanza efficace servono più poteri Il meccanismo delle gare d’appalto nel settore pubblico lascia spazio al proliferare di sprechi,come la lievitazione dei costi in fase di esecuzione dei lavori. Il punto di Sergio Santoro l valore del mercato delle gare pubbliche su cui l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici effettua i propri controlli ogni anno è pari a 100 miliardi di euro. A seguito di un procedimento istruttorio effettuato garantendo il contraddittorio con le parti, se l’Authority rileva che il comportamento delle stazioni appaltanti non è conforme alla legge, può adottare un provvedimento formale nel quale invita le stesse ad adottare provvedimenti in autotutela per rimuovere le violazioni contestate. «Spesso – sottolinea il presidente Sergio Santoro – le stazioni appaltanti si adeguano alle indicazioni dell’Autorità; molto spesso inoltre le nostre valutazioni sono eseguite dal giudice amministrativo chiamato a valutare la medesima fattispecie». Parliamo delle norme che regolano la vigilanza sugli appalti pubblici. Quali sono gli aspetti che andrebbero modificati? «L’Autorità non ha potere di sospendere le procedure di gara contestate né ha una legittimazione attiva ad agire in giudizio contro le violazioni

I

206 • Dossier Veneto 2014

alla normativa riscontrate, al pari invece, di quanto viene riconosciuto all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. L’Autorità ha richiesto un tale ruolo nella segnalazione inviata a Governo e Parlamento il 4 luglio 2013. Abbiamo anche proposto che, al fine di ridurre il contenzioso, venga rafforzata la funzione di precontenzioso svolta, attraverso l’introduzione dell’onere di attivare tale procedura e la conseguente valutazione ai fini della decisione sulle spese di giudizio del comportamento omissivo delle parti. Si potrebbe sfruttare l’occasione del recepimento delle direttive sugli appalti di recente ema-

nazione, per una semplificazione normativa che attribuisca al tempo stesso maggiori poteri di regolazione, indirizzo e vigilanza all’Autorità». Spesso in fase d’opera si assiste a una lievitazione dei costi da parte delle imprese appaltatrici. La causa è solo il massimo ribasso? Cosa si può fare per porre fine a tutto questo? «Indubbiamente la lievitazione dei costi è favorita anche dalla difficoltà di rispettare l’offerta presentata nel corso di gare aggiudicate con il criterio del prezzo più basso. In queste gare accade spesso che gli operatori economici, pur di aggiudi-


Il ruolo dell’Authority • Appalti pubblici

Sergio Santoro, presidente dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture

100 mld

Il valore degli appalti pubblici su cui ogni anno l’Autorità per la vigilanza esegue controlli

carsi l’appalto, finiscono con il prevedere sconti eccessivi. In teoria, nella normativa vigente sono già presenti una serie di strumenti volti a garantire la serietà dell’offerta, come la valutazione della congruità delle offerte e la previsione di apposite garanzie. Le nuove direttive comunitarie prevedono che il crite-

rio prevalente di aggiudicazione diventi quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con una maggiore attenzione alla qualità del servizio reso lungo tutto l’arco di vita dell’appalto». Un altro aspetto di cui spesso si discute è il mancato rispetto dei tempi. La legge che permette un

cambio di gestione del cantiere è stata attuata? «L’articolo 129 del Codice dei contratti prevede, in via facoltativa, per gli appalti di importo superiore ai 100 milioni di euro e, in via obbligatoria, per i contratti di importo superiore ai 75 milioni di euro, la sottoscrizione di una garanzia globale di esecuzione. Secondo l’articolo 131 del Regolamento, il garante presta la fideiussione definitiva e la garanzia di subentro, consistente nell’obbligo su richiesta della stazione appaltante o del soggetto aggiudicatore - di fare subentrare un sostituto in caso di risoluzione del contratto, nonché di fallimento, liquidazione coatta amministrativa o concordato preventivo che impediscano la corretta prosecuzione dell’esecuzione». Cosa propone l’Autorità? «Nella richiamata segnalazione del 4 luglio 2013, l’Autorità aveva indicato l’opportunità che il nuovo rinvio fosse almeno utilizzato per una sperimentazione della garanzia in quei settori nei quali le imprese sono già abituate a utilizzarla, in quanto attive in mercati internazionali». Nicolò Mulas Marcello

Dossier Veneto 2014 • 207


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.