Dossier Toscana 02 2011

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LAVORO E FORMAZIONE

Un nuovo modello per la scuola italiana Secondo Maurizio Drezzadore, consigliere del Cnel, occorre «aumentare le competenze professionali dei giovani per agganciare la domanda di lavoro e riqualificare le competenze degli adulti per affiancare la riorganizzazione del nostro sistema economico» Riccardo Casini

L’

Maurizio Drezzadore, consigliere del Cnel

occupazione giovanile resta un nervo scoperto dell’economia e della società italiana in questo inizio di 2011. Ma se gli ultimi dati Ocse (secondo cui quasi un giovane su 5 nel nostro Paese non studia né lavora) e Istat (il 29% dei ragazzi tra 15 e 24 anni era disoccupato a fine 2010) fotografano una situazione quasi drammatica, una ricerca condotta dalla Confartigianato sul rapporto Excelsior Unioncamere ha rivelato come i giovani italiani, nonostante crisi e disoccupazione, rifiutino certi mestieri: sembra infatti che, rispetto alle 55mila nuove assunzioni previste per il 2010, saranno 147mila i posti che le aziende faranno fatica a coprire, proprio a causa delle scelte professionali dei giovani. Sintomo dell’«inattitudine all’umiltà» denunciata dal ministro Meloni o di un disagio diffuso che ha altre origini? Secondo Maurizio Drezzadore, consigliere del Cnel, innanzitutto «i numeri esprimono con chiarezza il nostro pesante ritardo rispetto agli altri paesi europei. Due giovani ogni 10 sono in dispersione, cioè fuori da ogni circuito di studio o di lavoro, mentre 25 su 100 si fermano all’assolvimento dell’obbligo scolastico». Come è possibile intervenire in proposito? «In particolare per contrastare l’elevata dispersione scolastica,

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che è sicuramente il più urgente impegno da assolvere, dobbiamo rapidamente riqualificare l’istruzione tecnica e la formazione professionale. Di fronte alla pervasiva diffusione delle nuove tecnologie, dobbiamo introdurre modelli di apprendimento meno astratti e meno incentrati sull’aula, ampliando la dotazione di laboratori e favorendo l’apprendimento attraverso l’esperienza. Potremo in tal modo canalizzare la forte propensione dei giovani a misurarsi con le nuove tecnologie per farla diventare saperi e competenze; si potrà così dare anche un nuovo significato a una scuola che dimostrerebbe di saper guardare al lavoro». Secondo la ricerca condotta da Confartigianato sembra che i giovani italiani, nonostante la crisi, rifiutino certi mestieri. Quali sono i settori che soffrono maggiormente questa carenza? Quali misure occorrono per favorire l’incontro tra domanda e offerta? «Una visione umanistica, incline al sapere dotto e retorico, è la dimensione prevalente della scuola italiana. Ciò ha generato una crescente distanza tra le scelte di studio e lo sbocco lavorativo, ma anche una diffusa diffidenza verso il lavoro manuale. Questa contraddizione è diventata insostenibile per un paese che, assieme alla Germania, detiene la più alta concentrazione europea di im-


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