Dossier Piemonete 01 2011

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OSSIER PIEMONTE EDITORIALE ............................................. 13

CONFINDUSTRIA ................................158 Federica Guidi Luciano Donatelli

Raffaele Costa

L’INTERVENTO.........................................15 Maurizio Sacconi Diana Bracco

COMPETITIVITÀ .............................. 166 Mariella Enoc Adriano Maestri

LA REGIONE IN CIFRE ..................... 20 I dati economici

ATTRATTIVITÀ ................................. 170 Giuseppe Donato Ferruccio Dardanello Francesco Profumo Ezio Pelizzetti

PRIMO PIANO IN COPERTINA .................................... 22 Giorgio Napolitano UNITÀ D’ITALIA .................................. 28 Louis Godart Sergio Chiamparino Alain Elkann IL PUNTO .............................................. 36 Roberto Cota CRESCERE PER COMPETERE..... 40 Francesco Toselli FOCUS CUNEO .................................. 44 Mino Taricco FEDERALISMO .................................. 48 Luca Ricolfi POLITICHE GIOVANILI ................... 50 Giorgia Meloni OCCUPAZIONE ................................... 54 Pietro Ichino Giuliano Cazzola Fabio Ravanelli ESTERI .................................................. 62 Franco Frattini RITRATTI .............................................. 68 Tarcisio Bertone PLURALISMO ..................................... 72 Maurizio Gasparri BILANCIO COMUNALE ................... 76 Il rating confermato Daniele Cantore

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ECONOMIA E FINANZA IMPRENDITORI DELL’ANNO ....... 82 Alberto Lavazza, Leonardo Ghinamo Giacomo Ponti, Alberto Bertone Alberto Alberti, Simona Radicci Alberto Pochettino, Sirio Aliberti Edo Cavanna, Ernesto Angelo Cullino Luca Maitan, Marco Cesaraccio e Fabrizio Bertot, Enrico Novarino Fabrizio Audino, Adriano Assandri Pierangelo Francia, Domenico Peiretti Guido Gabetto, Roberto Ferretti Flavio Luzzani, Mario Manfredi Franco Bernardi, Luigi Cuzzolin Andrea Massucco, Giovanni Battista Rolle, Massimo Rapetto Giovanni d’Aprile, Massimo Palombaro Enrico Parodi, Luca Bellan IL SETTORE MECCANICO ............ 148 Daniela e Carlo Fenoglio Gaddò ZOOTECNICA .................................... 150 Piero Zanolo Paolo Poletti

TECNOLOGIE INFORMATICHE ..... 180 Giuseppe Preve Carlandrea Quaglia GESTIONE DEL CREDITO ............ 184 Piero Penco Sechi INVESTIMENTI IN ORIENTE ....... 186 Luca Accolli ed Erminio Arquati MADE IN ITALY ................................ 188 Fabrizio Danna Cristina Tardito MODA PER BAMBINI .................... 194 Il marchio IDEXE’ ABBIGLIAMENTO ............................ 197 Leopoldo Capra ORGANIZZAZIONE EVENTI ....... 200 Daniela Pilato e Lara Corradino COMUNICAZIONE .......................... 202 Valentina Parenti


Sommario TERRITORIO NUOVE TECNOLOGIE .................. 206 Rodolfo Zich, Giovanni Colombo Beppe Ugolotti INFRASTRUTTURE.......................... 212 Angela Procopio TRASPORTI ....................................... 216 Massimo Pampana TRASPORTO MERCI ....................... 218 Roberto Marengo AUTOTRASPORTI............................. 220 Luciano Bergadano MEZZI DI TRASPORTO................... 223 Fulvio Ceresa EDIFICI ECOSOSTENIBILI ......... 226 Paolo Buzzetti AREE URBANE ................................. 228 Gilberto Melchiorri e Mario Maggi OPERE PUBBLICHE ....................... 230 Rodolfo Ferrero LAVORAZIONE MARMI ................ 232 Corrado Franzi LINGUAGGI ARCHITETTONICI..... 234 Alberto Trambusti IMPRENDITORI DELL’ANNO ..... 236 Mario Guazzone UN’IMPRESA NELLA STORIA ...... 239 Alberto e Pierluigi Nobili

AMBIENTE

SANITÀ

FOCUS ENERGIA............................. 242 Stefania Prestigiacomo Piero Gnudi Stefano Saglia, Giovanni Lelli Chicco Testa Umberto Veronesi

POLITICHE SANITARIE ................ 298 Caterina Ferrero Enzo Ghigo

TUTELA DELL’AMBIENTE .......... 258 Roberto Ravello

PRESIDI ORTOPEDICI ...................... 306 Barbara Devietti Goggia

TRATTARE I RIFIUTI...................... 262 Carlo Gonella Costanzo Borda

OFTALMOLOGIA ............................ 308 Patrizia Catellino

TRATTAMENTO DELLE ACQUE .. 266 Matteo Frizzoni

GIUSTIZIA

ENDOCRINOLOGIA ........................ 304 Gabriella Niort

IMPLANTOLOGIA ............................. 310 Sandro Procaccini GENIUS LOCI ..................................... 314 Paolo Crepet

LEGALITÀ............................................ 272 Francesco Cirillo Pietro Grasso Mario Morcone BUROCRAZIA.................................... 284 Luciano Panzani Alessandro Barberis ARBITRATO....................................... 290 Vittorio Cresta Giuseppe Pichetto DIRITTO FALLIMENTARE............ 292 Carlo Federico Grosso CONSULENZA ................................... 294 Maria Tozzi

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Verso il nuovo statuto dei lavori di Maurizio Sacconi Ministro del Lavoro

l piano triennale per il lavoro si ispira a quella che io chiamo “antropologia positiva”, che vuol dire innanzitutto avere fiducia nella persona e nelle sue proiezioni relazionali, dalla famiglia alle imprese ai corpi intermedi, e nella sua attitudine a potenziare l’autonoma capacità dell’altro. L’esatto opposto di quell’antropologia negativa basata sul presupposto hobbesiano dell’homo homini lupus e, quindi, sulla malfidenza verso la persona e la sua attitudine verso gli altri. Quel presupposto sul quale è stato costruito il Leviatano, lo Stato pesante e invasivo che conosciamo e che vogliamo cambiare. Le linee d’azione sulle quali intendiamo muoverci sono tre: l’emersione dell’economia informale e un’efficace azione di contrasto dei lavori totalmente irregolari; la maggiore produttività del lavoro attraverso l’adattamento reciproco delle esigenze di lavoratori e imprese nella contrattazione di prossimità, le forme bilaterali di indirizzo e gestione dei servizi al lavoro, l’incremento delle retribuzioni collegato a risultati e utili dell’impresa; in terzo luogo, favorire l’occupabilità delle persone attraverso lo sviluppo delle competenze richieste dal mercato del lavoro, con particolare attenzione ai giovani e alle donne. In questa direzione, il Codice della partecipazione raccoglie la normativa comunitaria e nazionale, i disegni di legge, gli accordi sindacali, le buone pratiche realizzate in materia di partecipazione dei lavoratori

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ai risultati e agli utili delle imprese. Esso rappresenta peraltro la base di partenza per eventuali sviluppi legislativi e contrattuali relativi al tema. Ai fini del passaggio dallo Statuto dei lavoratori allo Statuto dei lavori, è essenziale capirne l’idea ispiratrice. Vogliamo far rivivere lo Statuto dei lavoratori nella realtà che cambia. Una parte del nuovo Statuto, attinente ai diritti fondamentali della persona e del lavoro, deve restare ferma come norma inderogabile di legge. Un’altra parte, attraverso la contrattazione collettiva, si adeguerà meglio alle diverse condizioni e situazioni, così da rendere più efficaci quelle tutele. Il vecchio Statuto, che pure quarant’anni fa noi riformisti vivemmo come una grande conquista, è stato costruito per un’Italia che oggi non c’è più e per un’economia fordista, della grande fabbrica e delle produzioni seriali. Oggi i lavori sono “tanti” ed è doveroso proteggere, oltre che i lavoratori dipendenti, anche quelli indipendenti caratterizzati da debolezza socio-economica. Liberare il lavoro significa liberare i lavori. Vale a dire, incoraggiare nelle imprese l’attitudine ad assumere e a produrre lavori di qualità. A cogliere ogni opportunità di crescita, ancorché incerta. A realizzare, attraverso il metodo della sussidiarietà orizzontale e verticale e, quindi, l’incontro tra le parti sociali nei luoghi più prossimi ai rapporti di lavoro, le condizioni per more jobs, better jobs. PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 15



L’INTERVENTO

Il rilancio passa da ricerca e innovazione di Diana Bracco Vicepresidente di Confindustria per Ricerca & Innovazione

er tornare ad avere una crescita economica sostenuta e un aumento della produttività è necessario difendere il nostro comparto manifatturiero, riorientando la politica industriale sulla ricerca e sull’innovazione. Solo introducendo nuovi prodotti e nuovi processi produttivi e, adottando tecnologie avanzate, le imprese potranno aumentare la loro efficienza, battere la concorrenza e conquistare nuovi mercati. Le stime di Confindustria ci dicono che la ripresa non è più un miraggio. La produzione sta ripartendo, anche se per arrivare ai livelli pre-crisi, ci vorrà ancora tempo, e a mio parere il peggio sarà davvero dietro le spalle solo quando risaliranno i livelli occupazionali. Per questo bisogna agire subito per sostenere la crescita. Infatti, se da un lato è certamente giusto tagliare sprechi e riqualificare la spesa pubblica tenendo d’occhio i conti del Paese, dall’altro occorre anche investire sul futuro puntando soprattutto sulla ricerca e sull’innovazione, sulla semplificazione e sulle infrastrutture. In questo momento stare vicino alle imprese, soprattutto quelle piccole che più hanno sofferto la crisi, e ai loro lavoratori è una priorità. Confindustria propone di adottare un programma operativo di medio-lungo termine, con obiettivi chiari, strumenti efficaci e flessibili, tempi rapidi e risorse finanziarie adeguate e certe nel tempo. In par-

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ticolare, deve essere perseguito l’obiettivo del 2% del Pil in investimenti in R&S, destinando un miliardo di euro di risorse pubbliche ogni anno per i prossimi cinque anni. È questo l’approccio anche della nuova politica Ue di “Europa 2020”, in cui si ripete con forza la centralità della ricerca e dell’innovazione per assicurare sviluppo, si richiama il ruolo delle imprese e la necessità di guardare ai risultati concreti degli interventi, alla messa a sistema delle risorse finanziarie e a una governance più forte e integrata. Proponiamo di rendere il credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo una misura strutturale automatica per i prossimi cinque anni. In passato il credito d’imposta in R&S ha avuto effetti molto positivi, con un’ampia partecipazione (29.000 imprese hanno presentato richieste idonee) per un ammontare di circa 2,5 miliardi di euro. Purtroppo, però, l’effetto disincentivante legato al click day ha introdotto elementi d’incertezza per le imprese che ne hanno fatto richiesta. Inoltre, riteniamo importante realizzare grandi progetti nazionali di ricerca e innovazione mettendo a sistema risorse pubbliche e private su grandi temi strategici per il Paese. Infine, superare il digital divide e dotare, entro il 2015, l’intero territorio di banda larga con una copertura a 20 Mb/s, elevata a 100 Mb/s per i distretti industriali e i grandi centri urbani, e realizzare la completa digitalizzazione della pubblica amministrazione. PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 17



IMPRENDITORI DELL’ANNO


LA REGIONE IN CIFRE

Le eccellenze del 2010 Capitani d’industria che si sono distinti nel 2010 per le performance delle loro aziende. Successi dovuti a strategie imprenditoriali che hanno avuto il merito di contrastare in maniera efficace gli effetti della difficile congiuntura economica. Dossier intende dare a questi imprenditori il giusto risalto

l 2011 rappresenta per il mondo economico-imprenditoriale un anno carico di speranze. La recessione economica che ha interessato l’Italia è durata sette trimestri, dal secondo del 2008 sino al quarto 2009, e si è fatta sentire anche in Piemonte, da sempre uno dei territori più competitivi e industrializzati del nostro Paese. Dossier Piemonte ha voluto dare il giusto spazio agli imprenditori più virtuosi che si sono distinti nel 2010 per le scelte che hanno portato le loro aziende a raggiungere risultati rilevanti in termini di fatturato e di crescita. Le sezioni della rivista si aprono, infatti, con quelli che sono “gli imprenditori dell’anno”, selezionati sulla base di parametri che vanno dalla propensione all’investimento all’internazionalizzazione, dall’innovazione al legame con il territorio, dalla riorganizzazione aziendale all’affermazione del brand. L’obiettivo è quello di evidenziare le strategie che hanno portato al successo alcune delle realtà economiche più interessanti della regione attraverso gli occhi degli addetti ai lavori e di tastare il polso dell’imprenditoria regionale, sottolineando le scelte che si sono rivelate vincenti. Elementi che hanno permesso, attraverso politiche mirate, di incrementare le prestazioni aziendali. Secondo la 156ª Indagine congiunturale sull’industria manifatturiera, realizzata da Unioncamere Piemonte in collaborazione con gli uffici studi delle Camere di Commercio provinciali, nel III trimestre del 2010 è stata registrata una significativa ripresa dalla profonda crisi interna-

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zionale che ha travolto anche il comparto manifatturiero piemontese nel biennio 2008-2009. Nel periodo luglio-settembre 2010, la variazione tendenziale grezza della produzione industriale sullo stesso trimestre dell’anno precedente è stata, infatti, di +6,8 punti percentuale, risultato migliore rispetto a quello registrato a livello nazionale (+5,2%). La buona performance del tessuto manifatturiero regionale non si associa, tuttavia, a risultati altrettanto incoraggianti sul fronte degli altri indicatori congiunturali: sia gli ordinativi provenienti dal mercato interno che quelli da oltre confine hanno scontato, infatti, una variazione negativa rispetto al periodo aprilegiugno, rispettivamente pari al -1,7% e -0,7%. Quanto al fatturato, le imprese piemontesi registrano mediamente un incremento dell’8,5% rispetto allo stesso trimestre del 2009. Buoni risultati sono stati raggiunti a livello di esportazioni, nei primi nove mesi del 2010, registrando un incremento del 15,5% rispetto allo stesso periodo del 2009. Tale incremento risulta superiore rispetto a quello dell’export italiano nel suo complesso (+14,3%) e in questo modo il Piemonte si consolida in quarta posizione tra le principali regioni esportatrici, con una quota del 10,1% dell’export nazionale. La fiducia ritrovata dagli imprenditori piemontesi nel 2010 fa ben sperare, ma la situazione resta ancora difficile, con una crisi che continua a far sentire i suoi effetti, specialmente in termini occupazionali. Il 2011 sarà ancora un anno di difficoltà, ma sicuramente verranno gettate le basi per la vera ripresa attesa per il 2012.



DOPO IL RISORGIMENTO LA RESURREZIONE Iniziate le celebrazioni dell’Unità d’Italia, l’occasione per individuare un clima nuovo tra le diverse realtà del Paese. Le parole del capo dello Stato ai giovani incontrati nel tour che è iniziato lo scorso anno a Quarto ed è proseguito fino a Reggio Emilia dove si è svolta l’apertura ufficiale del 150° anniversario Renato Farina



IN COPERTINA

i questa Unità d’Italia vogliamo trattare raccontando chi oggi ne è il garante, l’autorità massima, in fondo il simbolo. E che è chiamato a tenerne vivi i colori verde, bianco e rosso da Nord a Sud senza stancarsi. Cercando di evitare la retorica (e ci riesce benissimo). Riuscendo anche a tirare con paterni strappi le orecchie di chi questa unità non ama. Senza però fornire materia di spaccature ancora più gravi, ma anzi mostrando che l’Unità d’Italia è così forte che ricomprende anche chi la vuole, sì, purché sia alla sua maniera. Unità interiormente al punto che non ha bisogno di essere un monumento di marmo, che poi si spacca, ma un organismo che sa svilupparsi, diventare grande, cambiare articolandosi nel federalismo. Insomma: trattasi di Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica e capo dello Stato. Usciamo un istante allora dalla polemica politica spicciola e pretestuosa sulle celebrazioni dell’Unità d’Italia, se il governo faccia poco o molto. Alt! Tranquilli. Non siamo qui, con la scusa di non immergerci nelle dichiarazioni di Calderoli e Veltroni, a rifilarvi perciò una rievocazione dei 150 anni in tre paginette. Ma un’osservazione, con animo sereno, la porgo. Napolitano, a leggerne bene gli interventi, pur avendo le sue idee un tantino diverse dal suo amato Gramsci, allarga l’orizzonte, bada alle persone viventi e alle loro radici. Impedisce di scannarsi sull’interpretazione da tifosi della nostra unità datata 1861, su chi abbia ragione o torto tra il Piemonte e lo Stato Pontificio in quel 20 settembre 1870; se stesse meglio il Sud dei Borboni o il Nord austriacante intorno al 1860.

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Siamo più antichi dei 150 anni. Abbiamo una geografia che impedisce equivoci. Ci siamo da migliaia e migliaia d’anni, litigiosi ma una cosa sola. Invasi e mescolati. Napolitano prima di essere quello che è stato - e cioè un comunista napoletano - è uno che è stato deposto al Quirinale dallo Spirito Santo o da una cicogna venuta dalla Stella benigna che vigila sul destino di quella terra che va dalle Alpi a Capo Passero. Una certa forma di timido relativismo farebbe dunque bene a tutti a proposito del Risorgimento (una parola inventata da un milanese, Pietro Verri, un illuminista), smettendola di lacerarsi su Garibaldi e i Mille, o Mazzini e Cavour. Gente importante, da ricordare, ma non è che sono stati loro a partorire l’Italia. Questa nostra Patria di certo esisteva ed era già Italia prima di loro e dello Stato unitario. Tanto che Dante la descriveva nella sua unicità culturale e linguistica quando nemmeno nella sua città di Firenze c’era l’unità comunale e la lingua italiana era dovunque appena un balbettio. Ecco, Dante la defini-

In basso, il Presidente Giorgio Napolitano con Matteo Renzi e Gianni Alemanno durante l’apertura delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia il 7 gennaio a Reggio Emilia; a destra, una scena del film sul Risorgimento italiano Noi credevamo del regista napoletano Mario Martone; in chiusura, Palazzo Carignano a Torino, sede del Museo del Risorgimento


Giorgio Napolitano

Ha saputo interpretare la parola “unità” non come omologazione o appiattimento, ma amore delle differenze

sce “bel paese là dove 'l sì suona”. Non è un minimo comune denominatore da poco: c’è la bellezza, una lingua che è come un canto, e il “sì” che non somiglia a nient’altro che a noi. È vero che questo meraviglioso sigillo Dante lo fissa addosso all’Italia in un canto dell’Inferno, ma in fondo anche questo fa parte del carattere italiano. Ci mandiamo all’Inferno e ci mandiamo pure l’Italia, anche se sappiamo bene che alla fine di meglio non c’è. Dunque nessuna paura della Lega Nord o delle varie formazioni localistiche. Sono la prova che siamo italiani: il particulare di Guicciardini, se non fossimo così saremmo francesi… Giorgio Napolitano! Quando uno arriva in quella posizione ha una sua biografia, i libri letti, le persone frequentate. Però, così come si dice dei Papi, non si può dire di un cardinale che tipo di Papa sarà. Subentra qualcosa che in teologia si chiama grazia di stato (che non c’entra con lo Stato nel senso di istituzione), e che laicamente si chiamerebbe senso della responsabilità. Può subentrare o no. In non tutti i re o i capi di Stato anche recenti è accaduta. La grazia di

stato suppone che uno dica di sì, che accetti il sacrificio di una rinunzia alla propria ideologia, ai propri schemi mentali. Restando se stesso, ma lasciandosi contaminare dalla storia, dai damaschi, da questa consapevolezza di essere diventato improvvisamente padre di 60 milioni di persone: di tutti, non solo di quelli della propria parrocchia politica o etnica. Occorre strapparsi da sé restando se stessi. Questa è la prova che rende uomini. Accettare l’imprevedibile e lasciarsene maturare. Del resto, ciò che rende una vita bella per sé e per gli altri è l’imprevisto. Trovarsi in un posto dove non dovevi essere. Oppure dove avevi desiderato trovarti, però a far tutt’altro di quello che ti pareva di aver previsto con tanta cura. Come nella poesia “Prima del viaggio” di Eugenio Montale. Così Giorgio Napolitano, sin da ragazzo, ha preparato questa sua corsa nella storia d’Italia. Borghese, della buona borghesia dagli studi umanistici partenopea prediletta da Palmiro Togliatti, fu comunista e percorse tutte le tappe necessarie per ascendere. Montale scrive: “Prima del viaggio si scrutano gli orari, le coincidenze, le soste, le pernottazioni e le prenotazioni (di camere con bagno o doccia, a un letto o due o addirittura un flat); si consultano le guide Hachette e quelle dei musei,” eccetera eccetera. Una carriera onorata. Piena di coscienza meticolosa, come il proprio maestro e se così si può dire - capo corrente Giorgio Amendola gli aveva trasmesso. Nessun assalto alle prefetture come Giancarlo Pajetta. Una vita da politico-intellettuale, più rivolto agli esteri che al nostro Paese. C’è il dovere quotidiano in cui eccelle: “…si controllano valigie e pas- PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 25


IN COPERTINA

Una certa forma di timido relativismo farebbe dunque bene a tutti a proposito del Risorgimento, smettendola di lacerarsi su Garibaldi e i Mille, o Mazzini e Cavour

saporti, si completa il corredo, si ac- grandi attese per l’arrivo di questo quista un supplemento di lamette da barba, eventualmente si dà un’occhiata al testamento”. Il saggio, razionale, arido Montale conclude: un viaggio in fondo “inutile”. Una cosa troppo sensata. La vita così fatta è una corsa dove non accade niente, è già tutto sulle guide. Questo vale per gli uomini ma anche per le nazioni. Una cosa come la Francia, unita da sempre, che roba è? O come la Spagna: noi che c’entriamo? Infatti Montale chiude: “E ora che ne sarà del mio viaggio? Troppo accuratamente l’ho studiato senza saperne nulla. Un imprevisto è la sola speranza. Ma mi dicono che è una stoltezza dirselo.” Un imprevisto è la sola speranza. E diciamo pure che solo gli uomini piccini dicono (a Montale e a noi) che è una stupidaggine. L’imprevisto è stato l’arrivo di Napolitano al Quirinale, ed è l’imprevisto la speranza oggi di questa Italia. Chi firma questo articolo non aveva

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già ottantenne ed elegante signore, votato solo dalla sinistra e passato con scarso margine. Eppure ha saputo interpretare la parola “unità” come qualcosa che non è omologazione o appiattimento, ma amore delle differenze. È partito per questo centocinquantesimo seguendo le tappe dei Mille l’anno scorso. Ha incontrato migliaia di giovani entusiasti a Quarto e a Marsala, a Calatafimi e nella sua Napoli. Tra tutte la parole dette, anche di recente a Reggio Emilia e Forlì, propongo invece quelle di Marsala: dette a giovani meridionali da un anziano meridionale. Mi paiono belle. Chiama non al fatalismo, ma alla responsabilità. C’è una grazia e una responsabilità in queste sue frasi che promettono dei magnifici imprevisti di resurrezione. Dopo il Risorgimento, la Resurrezione. Mica male. Ecco lo stralcio. «Non è la prima volta che lo dico, e sento il bi-

sogno di ripeterlo; le critiche che è legittimo muovere in modo argomentato e costruttivo agli indirizzi della politica nazionale, per scarsa sensibilità o aderenza ai bisogni della Sicilia e del Mezzogiorno, non possono essere accompagnate da reticenze e silenzi su quel che va corretto, anche profondamente, qui nel Mezzogiorno, sia nella gestione dei poteri regionali e locali e nel funzionamento delle amministrazioni pubbliche, sia negli atteggiamenti del settore privato, sia nei comportamenti collettivi. E parlo di correzioni essenziali anche al fine di debellare la piaga mortale della criminalità organizzata che è diventata una vera e propria palla di piombo al piede della vita civile e dello sviluppo del Mezzogiorno. Nello stesso tempo si deve chiedere a tutte le forze responsabili che operano nel Nord, e lo rappresentano, di riflettere fino in fondo su un dato cruciale: l’Italia deve nel prossimo avvenire crescere di più e meglio, ma può riuscirvi solo se crescerà tutta, se crescerà insieme, solo se si metteranno a frutto le risorse finora sottoimpiegate, le potenzialità, le energie delle regioni meridionali. Siano dunque le celebrazioni del 150° del nostro Stato nazionale, l’occasione per determinare un clima nuovo nel rapporto tra le diverse realtà del paese, nel modo in cui ciascuna guarda alle altre, con l’obbiettivo supremo di una rinnovata e più salda unità. Unità che è, siamone certi, la sola garanzia per il nostro comune futuro e in modo particolare, giovani di Marsala, la sola garanzia per il vostro futuro». (Giorgio Napolitano a Marsala, 11 maggio 2010). Viva l’Italia!



UNITÀ D'ITALIA

Diversità, humus della nazione italiana Il Risorgimento e la storia d’Italia con i loro valori, le storie e i personaggi costituiscono le fondamenta per guardare alla cultura del futuro. Ne parla Louis Godart Francesca Druidi

i è aperto a Reggio Emilia lo scorso 7 gennaio, con la cerimonia di omaggio al vessillo tricolore alla presenza di Giorgio Napolitano, l’anno dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, celebrazioni che culmineranno il 17 marzo e che saranno costellati per tutto il 2011 da numerosi eventi distribuiti sull’intero territorio. Quello che in molti non sanno è che l’Unità del Paese deve molto all’affermazione della lingua italiana e, nello specifico, alla figura di Dante. Lo spiega Louis Godart, consigliere per la conservazione del patrimonio artistico della Presidenza della Repubblica italiana e membro del Comitato dei garanti, organo istituito con l’obiettivo di verificare e monitorare il programma delle iniziative legate alle celebrazioni dell’Unità nazionale, sulla base delle informazioni trasmesse dal comitato interministeriale. Quanto sarà importante che gli eventi celebrativi in programma sappiano coinvolgere in maniera

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attiva e partecipe non solo politici e intellettuali, ma soprattutto la popolazione italiana nel suo complesso? «È la festa dell’Italia e, quindi, degli italiani. Se il Risorgimento si è verificato, è grazie al coinvolgimento di tutta la popolazione italiana ed è giusto che 150 anni dopo l’Unità sia il popolo, dalle Alpi alla Sicilia, a sentirsi coinvolto nei festeggiamenti. È la festa di

ognuno di noi». Si può parlare di un evento nell’ambito delle celebrazioni che ritiene particolarmente significativo? «È evidente che tutti gli eventi sono significativi, ognuno dei quali contribuisce - nel luogo in cui viene realizzato - al coinvolgimento della popolazione nei festeggiamenti. Posso parlare in particolare di quanto sarà organizzato al Quirinale che, grazie al capo dello Stato,


Louis Godart

In apertura, Napolitano con Giuliano Amato, presidente dei garanti per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità; sotto, Louis Godart, membro del Comitato dei garanti

Il Palazzo del Quirinale è, grazie al Capo dello Stato, in prima linea nel celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia

è in prima linea nel celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Sono, infatti, previsti, tra gli altri, due eventi di notevole portata. Il primo consisterà in un convegno sulla lingua italiana previsto per il prossimo 21 febbraio e in una grande mostra sui capolavori della letteratura italiana. Questo perché la lingua italiana ha recitato un ruolo determinante nel processo di unificazione del Paese. Un elemento che mi colpisce moltissimo, riflettendo sulla storia della lingua italiana, è la presenza di un autore che, in particolare, ha esercitato un ruolo chiave nell’affermare l’italianità del popolo. Questo au-

tore è Dante. Pensando alla Divina Commedia, si può giungere alla conclusione che, grazie a quest’opera, gli italiani si sono sentiti discepoli di Dante e hanno potuto verificare la loro unità nazionale. Per merito della Commedia, l’Italia è l’unico paese che ha visto la sua lingua affermarsi attraverso un libro di poesia». Com’è andata invece altrove? «Il francese si è affermato tramite il potere accentratore di Parigi, il tedesco attraverso la traduzione tedesca della Bibbia realizzata da Lutero. L’arabo si è imposto con la Jihad e, quindi, con la diffusione PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 29


UNITÀ D'ITALIA

Pensando alla Divina Commedia, si può giungere alla conclusione che, grazie a quest’opera, gli italiani si sono sentiti discepoli di Dante e hanno potuto verificare la loro unità nazionale

del Corano attraverso la forza delle «La diversità è il cemento della na- gente, in virtù delle invenzioni che armi. L’inglese si è imposto con la lingua di corte, il king’s english, mentre l’italiano ha compiuto questo processo grazie a un libro di poesia. Mi sembra piuttosto significativo evidenziarlo nel momento in cui si festeggiano i 150 anni dell’Unità d’Italia. Si svolgerà poi un secondo, importante, evento alla fine dell’anno, una grande mostra sul Quirinale e l’Unità d’Italia, nella quale saranno allestiti documenti e capolavori provenienti dalle collezioni del Palazzo del Quirinale. L’esposizione, programmata per l’autunno avanzato del 2011, e che terminerà all’inizio del 2012, concluderà in un certo senso le celebrazioni». Quali sono le fondamenta della cultura italiana che le celebrazioni per il centocinquantenario dell’Unità dovrebbero far riemergere per porsi all’attenzione in particolar modo delle nuove generazioni?

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zione. È importante che, lungo tutto il Paese, la presa di coscienza delle varie diversità contribuisca realmente a rassodare i legami tra le regioni e le province d’Italia. Si pensi per un istante all’immenso amore suscitato dall’Italia in tutto il mondo: si tratta di un amore che gli stranieri nutrono nei nostri confronti perché vedono nel nostro Paese un territorio estremamente ricco nella sua diversità. Diversità culturale, gastronomica, enologica. Un aspetto determinante della cultura italiana è proprio quello enogastronomico. Ritengo che la cucina nostrana sia apprezzata a livello internazionale perché non porta lo stampo di un potere centrale, ma riesce a far emergere i particolarismi locali. La varietà della gastronomia e dell’enologia italiana è legata al fatto che ogni regione, ogni città, riesce costantemente ad attirare i palati della

i cittadini propongono. Tale diversità identifica proprio la nostra ricchezza e non va, quindi, considerato un elemento di disunione, bensì un fattore di amalgama tra le comunità». Da quali basi, a suo avviso, si può partire per guardare alla cultura italiana di domani? «Credo che la storia dell’Italia sia l’elemento basilare, una storia che di certo non inizia con il Risorgimento. L’Italia ha rivestito un ruolo fondamentale in Europa e nel mondo. Il nostro Paese ha saputo trasmettere il messaggio civilizzatore delle civiltà classiche e in ogni momento, attraverso la ricchezza dei vari periodi che hanno costellato la sua storia, è stato in grado di veicolare un messaggio culturale coinvolgente. Questo è soprattutto l’aspetto da ricordare quando festeggiamo i 150 anni dell’Unità d’Italia».


Sergio Chiamparino

ATorinoperEsperienza Italia

Foto Michele D'Ottavio

Nell’anno in cui Torino diventa palcoscenico per le celebrazioni dell’Unità italiana, il primo cittadino Sergio Chiamparino indica le direttrici per il futuro: «infrastrutture, università, diversificazione, vocazione turistica e culturale» Francesca Druidi

l secondo mandato del sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, si è aperto con i Giochi Olimpici invernali del 2006, un evento spartiacque per lo sviluppo della città. Per il capoluogo di regione, e il Piemonte, il 2011 è l’anno di Esperienza Italia: un calendario fitto di mostre, eventi e progetti organizzati in occasione

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del 150° anniversario dell’Unità del Paese. Guardando anche alle Olimpiadi, sotto quale profilo ritiene che i festeggiamenti del centocinquantenario saranno maggiormente importanti per la città? «Si tratta ovviamente di eventi diversi che non vanno, né possono, essere comparati e che non si basano sui medesimi presupposti. Quelle erano un appuntamento mondiale e mediaticamente irripetibile che avrebbe messo la città al centro del mondo, concentrando in pochi giorni un gradissimo numero di appuntamenti. Questo diluisce nel corso di mesi, in luoghi e contesti differenti, la celebrazione di un fatto storico sostanzialmente attraverso la cultura. Dal centocinquantenario ci aspettiamo che abbia la forza di indurre alla riflessione su una fase importante della nostra storia comune che, oggi più che mai, viene messa in discussione dalla cronaca».

Uno dei cuori pulsanti degli eventi di Esperienza Italia è rappresentato dalle Officine Grandi Riparazioni, esempio di architettura industriale divenuto polo espositivo. Al termine delle manifestazioni, come questo spazio s’integrerà nel sistema culturale cittadino? «Il recupero è stato funzionale in questa situazione, ma le Ogr, che le Ferrovie dovrebbero trasferire alla fondazione Crt, sono inserite in un contesto urbano che è stato riqualificato e finalizzato ad attività culturali, dal Politecnico alla Gam. Quell’area sarà, quindi, destinata alle esposizioni, a ospitare attività allargate sia al Politecnico sia all’arte contemporanea». Qual è l’eredità che le manifestazioni legate all’anniversario dell’Unità d’Italia lasceranno alla città dal punto di vista urbanistico e infrastrutturale? «Una è quella appena citata, oltre al PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 31


UNITÀ D'ITALIA

L’aspetto più importante del centocinquantenario si lega a percezioni collettive, culturali, storiche

Nealla pagina precedente, Sergio Chiamparino, sindaco di Torino; in apertura, una grande bandiera vivente formata da oltre 3mila persone in piazza Castello a Torino

Foto Ornella Orlandini

restauro della facciata di Palazzo identitaria. Sono trasformazioni ini- zione comunale, potrebbe in ogni Madama, della sala del Senato di Palazzo Carignano, uno dei luoghi simbolo di Italia 150, e la realizzazione di uno dei più grandi parchi della città, Parco Dora, per estensione secondo solo al Valentino. Ma non è questo l’aspetto più importante, come dicevo poco fa, del centocinquantenario, che invece si lega maggiormente a percezioni collettive, culturali, storiche». Alcune delle mostre, ad esempio “Stazione futuro. Qui si rifà l’Italia” e “Il futuro nelle mani. Artieri domani”, guardano esplicitamente al domani. Qual è la strada che Torino dovrebbe perseguire in termini di trasformazioni urbanistiche, vocazioni da sviluppare e interventi da realizzare? «La città è già in una profonda fase di trasformazione urbanistica e

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ziate concettualmente anni fa, proseguite negli anni e di cui oggi si cominciano a cogliere la portata e i benefici per i cittadini. Questo però non significa che non si debba sempre guardare al futuro possibile. Negli anni sono state individuate delle direttrici di sviluppo e su quelle bisogna continuare a lavorare in continuità. Infrastrutture, università, diversificazione, vocazione turistica e culturale, progressivo orientamento della produzione industriale verso la mobilità sostenibile, per fare qualche esempio». Di cosa è più soddisfatto guardando al suo operato e quali invece i nodi ancora da sciogliere? Il dato relativo al forte indebitamento di Torino, che va letto alla luce dell’intensa politica di finanziamenti messa in campo dall’amministra-

caso costituire un elemento determinante nella imminente campagna elettorale? «Qualche giorno fa ho partecipato a una visita in anteprima all’ultima tratta della metropolitana, ancora da inaugurare, quella che collegherà Porta nuova al Lingotto. I mutui sono serviti a realizzare, in un decennio, una grande opera che la città attendeva da 35 anni e che è giusto che sia ripagata nel corso degli anni. I debiti sono cattivi quando servono per pagare stipendi, non come nel caso di Torino, per pagare investimenti. I torinesi l’hanno già capito e lo capiranno ancora di più quando vedranno tutta l’opera in funzione dal prossimo marzo. Prima o poi lo capiranno anche coloro che agitano strumentalmente questo tema».


Alain Elkann

Foto Michele D’Ottavio

Una città laboratorio di idee e cultura

orino e il Piemonte costituiscono il fulcro del Risorgimento italiano, di cui ancora oggi sono forti le tracce in tutto il territorio regionale. La città in questi anni ha saputo ricollegarsi al passato per rinnovarsi, valorizzando e potenziando il proprio patrimonio culturale anche in ottica turistica.

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Alain Elkann; in alto Palazzo Carignano, sede del Museo del Risorgimento

Per Torino il 150° anniversario dell’Unità d’Italia identifica, secondo Alain Elkann, l’occasione di riaffermare il proprio ruolo di capitale dell’innovazione. Mentre per l’Italia è un’opportunità per riflettere sul proprio presente e futuro Francesca Druidi

Una tendenza alimentata dai Giochi Olimpici del 2006 e proseguita con un incessante processo di trasformazione urbana. Nel 2011, il capoluogo di regione assurge a protagonista dei festeggiamenti volti a celebrare il centocinquantenario dell’Unità del Paese. «Le Olimpiadi hanno rappresentato soprattutto uno start up per il ciclo positivo della città, al di là della crisi economica», asserisce Alain Elkann, presidente della Fondazione Museo delle antichità egizie di Torino e membro del consiglio di amministrazione di Comitato 150 Italia (il comitato organizzatore delle celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità a Torino) in rappresentanza del governo. Chiamparino ha dichiarato che i festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia faranno tornare Torino a essere una città magica, come fu durante le Olimpiadi in-

vernali del 2006. Lei cosa ne pensa? «Torino ha conservato questo carattere speciale. I visitatori della città sono, infatti, progressivamente cresciuti dal 2006 in poi. In questi anni Torino ha confermato di essere non solo un centro industriale, ma anche una grande città culturale nel panorama italiano. La sua vitalità culturale è molto forte. Le celebrazioni per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia potranno aiutare a consolidare e rafforzare questa vocazione. Sono d’accordo con Chiamparino quando afferma che Torino deve farsi sentire, perché il Risorgimento è nato in questa città». Come questo evento contribuirà a potenziare l’offerta museale e, nel complesso, culturale del territorio? «Innanzitutto, riapriranno il Museo del Risorgimento in una veste rinnovata e il Museo dell’automo- PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 33


UNITÀ D'ITALIA

La vitalità culturale di Torino è intensa. Le celebrazioni del 2011 per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia potranno aiutare a consolidare questa vocazione

bile, ristrutturato e completamente pubblicazione che racconti cos’era mondo industriale, oltre a una ricca rivisto nell’allestimento interno e nel percorso espositivo. La Sala del Voltone di Palazzo Madama ospiterà il MuseoTorino, il nuovo museo reale e virtuale dedicato alla città, per farla conoscere dai cittadini e dai turisti. Le altre realtà museali proseguono nel loro percorso: la Gam, il Museo di arte orientale, il Museo del Cinema, il Museo Egizio. Tra poco anche la Galleria Sabauda troverà una sua destinazione a Palazzo reale, dando vita a un vero e proprio polo con la Biblioteca Reale, con i disegni di Leonardo da Vinci, e l’Armeria Reale. L’offerta museale di Torino è eccezionale, basti pensare alla stessa Biblioteca nazionale che contiene la maggior parte degli spartiti originali di Vivaldi». Quali gli obiettivi per il nuovo anno del Museo Egizio? «Partirà il progetto di rinnovamento e stiamo studiando una 34 • DOSSIER • PIEMONTE 2011

il museo all’epoca dell’Unità d’Italia. Il Museo rimane aperto, c’è il nuovo allestimento della tomba di Kha da visitare. I numeri sono altissimi, le cose vanno molto bene». Come il capoluogo, ma anche in generale il Paese, saprà e dovrà vivere le celebrazioni per il centocinquantenario? «L’anniversario dell’Unità d’Italia individua una ricorrenza molto importante in quanto serve da collante alla nazione e a dare una Gestalt, una forma, al nostro Paese che sta attraversando un momento difficile e di incertezza». Torino identifica sempre un laboratorio per l’innovazione culturale, politica ed economica del Paese? «Torino è ed è sempre stato un laboratorio di idee e da un po’ di tempo ha deciso di non regalarle ad altri. Continua a esserci una forte università, con una ricerca legata al

offerta museale, musicale, teatrale e cinematografica. Mi auguro che si dia più enfasi a Torino perché lo meriterebbe. Non è soltanto una delle prime porte d’ingresso all’Italia, ma è anche una città esemplare che, una volta scoperta, lascia un ricordo fortissimo. Chissà che proprio il capoluogo di regione non possa essere la capitale di un’idea che non si riesce a realizzare in Italia: quella di un grande museo della fotografia. Oggi, del resto, la fotografia svolge un ruolo importante, sebbene nel nostro paese non sia ancora così sviluppata. Soprattutto nei periodi di crisi, l’investimento in cultura e la cultura stessa sono fondamentali, non solo in termini di indotto e benefici economici ma anche dal punto di vista sociale. Purtroppo a livello nazionale si comprende poco questo aspetto e si investono poche risorse nel settore culturale».



IL PUNTO

Interventi concreti e tanto impegno Dopo il piano straordinario per l’occupazione e quello per la competitività, il nuovo obiettivo del governatore Roberto Cota è la riorganizzazione sanitaria «per dare un servizio migliore ai cittadini, oltre che per razionalizzare il sistema» Nike Giurlani

ono passati circa nove mesi dal suo insediamento «eppure mi sembra siano passati dieci anni» racconta il presidente della regione, Roberto Cota. «Questo perché abbiamo lavorato davvero molto, licenziando numerosi e importanti provvedimenti e nelle primissime settimane, come promesso in campagna elettorale, ho impegnato tutte le risorse possibili della Regione: 390 milioni di euro nel piano straordinario per il lavoro e l’occupazione e 500 nel piano per la competitività». In una delle ultime riunioni della Giunta regionale del 2010 sono stati approvati gli ultimi passaggi importanti del piano a sostegno della ripresa, «che riguardano una detrazione Irap fino a 5 mila euro per tutte le aziende che dal 1 gennaio 2011 assumeranno nuovo personale - il bonus sale a

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10 mila se il lavoratore è ultra 50enne - e l’istituzione di un fondo attraverso FinPiemonte per pagamenti rapidi da parte della Regione alle imprese che lavorano per l’Ente» sottolinea il governatore. «Misure molto concrete, che non rappresentano certo la risoluzione di tutti i problemi, ma sono comunque qualcosa di molto consistente e soprattutto concreto». Ora l’attenzione di Cota è diretta alla riforma della sanità che rappresenterà «la nostra sfida principale per il 2011» conclude. Qual è il provvedimento di cui va più fiero? «Sono soddisfatto di tutti i provvedimenti realizzati, ma in particolare per quelli che toccano più da vicino le famiglie e i soggetti più deboli. Penso, ad esempio, all’esenzione che abbiamo realizzato su alcuni apparecchi acustici per i

minori colpiti da particolari forme di sordità oppure il bonus bebé da 250 euro per ogni nuovo nato nel 2011, approvato nella prima seduta di quest’anno della Giunta. Nel 2010 possiamo vantare numerosi successi: lo sblocco definitivo del progetto “Città della salute” a Torino, l’accordo con Gtt per il trasporto pubblico locale, l’accordo per il Protocollo della pubblica amministrazione con il ministro Brunetta, l’assunzione con fondi regionali d’insegnanti per le zone più svantaggiate del nostro territorio e la stipula di un nuovo contratto di servizio con Trenitalia dopo i disagi e i disastri lasciati dalla Giunta precedente. Quest’ultima, tra le altre cose, ha pensato bene di lasciarci una Regione senza un bilancio, con tutte le difficoltà che ne conseguono». Uno dei pilastri del suo pro-


Roberto Cota

Occorre rafforzare sensibilmente il grado d’integrazione e coordinamento tra politiche di sviluppo, realtà del territorio e processi d’internazionalizzazione

gramma è il riordino del sistema sanitario regionale. Lei ha dichiarato che la sanità deve essere gestita come una grande azienda. Quali gli obiettivi da raggiungere? «Quella della riorganizzazione sanitaria in Piemonte sarà la nostra sfida principale per il 2011. Poco prima della fine dell’anno abbiamo nominato i nuovi commissari straordinari di Asl e Ato e abbiamo approvato la riorganizzazione territoriale della sanità. Quando dico che la sanità deve essere gestita

come una grande azienda, penso all’efficienza e al conseguimento di risultati che nel privato sono fattori dati per scontati mentre nel pubblico, soprattutto in sanità, sono troppo spesso ignorati. Per la vecchia politica, la sanità era più che altro un sistema di potere in cui i servizi al cittadino erano messi sistematicamente in secondo piano. Noi stiamo invece ribaltando il meccanismo. E così sarà per tutti gli altri settori perché la Regione deve far funzionare i servizi, non

gestire i denari pubblici secondo le logiche dei gruppi di potere. In Piemonte negli ultimi 15 anni la sanità ha triplicato i costi, laddove le altre regioni li hanno “soltanto” duplicati». Qualche esempio? «Nella nostra regione, abbiamo 23 strutture che offrono il servizio di emodinamica, quando invece ne basterebbero 17. Il risultato è che 3 sono chiuse e le altre lavorano a singhiozzo, nonostante la spesa per un’emodinamica sia di oltre 2 milioni di euro. Lo stesso discorso vale per i primariati con meno di 10 posti letto, strutture che non servono tanto a curare la gente quanto a dare il posto al primario. Nella nostra riorganizzazione abbiamo voluto mettere in rete gli ospedali, per dare un servizio migliore ai cittadini, oltre che per razionalizzare il sistema: avremo un sistema con sei grandi ospedali di riferimento, a cui gli ospedali minori daranno un sostegno integrato, continuando a essere pienamente operativi». I cittadini che vantaggi avranno da questa razionalizzazione del sistema? «Il concetto che spiegheremo nei prossimi mesi ai piemontesi, ma che penso sia già stato compreso, è che occorre arrivare ad avere centri d’eccellenza per la cura delle patologie più gravi piuttosto che tanti centri mediocri, o peggio, che fanno pochi interventi all’anno, dove a volte si rischia davvero di non essere curati in modo adeguato. In queste ultime settimane PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 37


IL PUNTO

sto facendo blitz notturni in tutti

gli ospedali della regione per vedere come funzionano le nostre strutture la notte, ma anche per dare un segnale che in Regione c’è un governatore che è sempre allerta e che sta sul territorio ogni settimana». Sul riordino ospedaliere lo scorso dicembre si è svolto un incontro con le organizzazioni sindacali. Quali i risultati più significati raggiunti? «Come già avvenuto sul piano occupazione e su quello competitività abbiamo ottenuto l’accordo unanime di tutte le sigle sindacali. Del resto li abbiamo coinvolti in modo diretto alla costruzione di questo piano sulla sanità. L’ultima cosa da fare, infatti, è governare come chi ci ha preceduti, imponendo le cose dall’alto. Io penso che la condivisione, alla fine, paghi». La Regione prevede in circa un anno il tempo necessario per arrivare al nuovo assetto della sanità regionale ed è per questo che si è stabilito in un anno la durata dei commissari delle Asl e delle aziende ospedaliere nominati nei giorni scorsi. Perchè ha optato per questo tipo di strategia? «Nei primi giorni di gennaio ho incontrato, insieme all’assessore alla Sanità Caterina Ferrero e al direttore Paolo Monferino, i nuovi commissari straordinari delle aziende ospedaliere e i direttori generali in carica. Si è trattato di un incontro molto proficuo, durante il quale ho voluto che si affrontas-

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La riorganizzazione sanitaria in Piemonte sarà la nostra sfida principale per il 2011

sero tre punti fondamentali. Il primo è lavorare per gli interessi dell’utente e del territorio; il secondo riguarda l’esigenza di una programmazione, nel senso che i direttori generali e i commissari avranno determinati budget e su quelli dovrà avvenire la programmazione, perché senza programmazione non c’è efficienza; il terzo punto è attuare la prevista riforma del servizio sanitario regionale che sarà una delle loro missioni. Ho chiesto loro un’esplicita e piena condivisione di queste linee e l’ho avuta». Nel piano per la competitività 2011-2015 che ruolo giocheranno innovazione e internazionalizza-

zione? «Fondamentale. A questo proposito è evidente, in primo luogo, la necessità di concentrare gli sforzi in modo selettivo, soprattutto con riferimento ai principali mercati di destinazione. Non potendo disperdere le risorse in un numero eccessivo d’iniziative, verrà data prevalenza ad alcune priorità strategiche sulla base del potenziale di sviluppo e di crescita. In secondo luogo, occorre rafforzare sensibilmente il grado d’integrazione e coordinamento tra politiche di sviluppo, realtà del territorio e processi d’internazionalizzazione, affinché questi ultimi possano incidere selettivamente sulla parte


Roberto Cota

migliore del sistema. Tutte le misure del piano hanno una forte vocazione all’internazionalizzazione e all’innovazione. Perciò riveste cruciale importanza l’introduzione presso alcuni settori strategici dell’amministrazione regionale del cosiddetto “procurement pubblico dell’innovazione” e della tecnologia, utilizzando le recenti innovazioni normative di fonte nazionale e comunitaria». Altre azioni riguarderanno la realizzazione di progetti “dimostratori”, quale l’obiettivo? «Consentire alle imprese piemontesi che hanno sviluppato tecnologie, prodotti o processi innovativi, di dimostrare la validità di tali innovazioni attraverso la loro applicazione concreta su impianti funzionanti e l’istituzione di “laboratori aperti” dell’innovazione e il potenziamento dei poli già attivi che hanno dato migliore prova di sé in questi anni». Tra gli interventi del piano stra-

ordinario per l’occupazione, quali quelli più innovativi? «Sicuramente l’innovation voucher, strumento che per la prima volta abbiamo applicato in Piemonte dopo le positive esperienze in altri paesi d’Europa. Si tratta di una misura che dà la possibilità a coloro che hanno un’idea brillante di poterla trasformare in vera azienda, attraverso il contributo della Regione. Il provvedimento ha avuto un ampio successo, tanto che sono state presentate più di 860 proposte, segno evidente della dinamicità delle nostre piccole e medie realtà imprenditoriali e dei nostri giovani. Bisogna, infatti, fare in modo che questi ultimi abbiano sempre più la possibilità di creare da sé il proprio futuro, attraverso le loro idee e la loro voglia di mettersi in gioco. Quali le iniziative a sostegno delle pmi e le strategie per combattere la disoccupazione? «Un altro capitolo importante è

stato quello sul contratto d’insediamento e sugli strumenti analoghi per attrarre nuove realtà produttive nella regione. In Piemonte sono arrivate in questi primi mesi ben 8 nuove imprese che si sono impegnate a creare un totale di 1057 posti di lavoro, un numero certamente rilevante in tempi difficili come quelli attuali. Infine, vorrei citare gli incentivi per le assunzioni di giovani e adulti, gli incentivi fiscali e il fondo regionale di garanzia per il microcredito, sul quale stiamo riscontrando un notevole interesse da parte dei soggetti cosiddetti non bancabili. Stiamo anche lavorando in favore della semplificazione, avviando un 118 antiburocrazia per le imprese artigiane e una task force per la sburocratizzazione, mettendo allo stesso tavolo le istituzioni e le associazioni di categoria per trovare le soluzioni più idonee a superare ogni tipo d’intoppo». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 39


CRESCERE PER COMPETERE

a crescita dell'industria italiana registra una perdita del valore aggiunto dello 0,3% a livello nazionale su base annua. I numeri arrivano da un'indagine dell'Istat sul valore aggiunto nelle province italiane. Per l'istituto statistico il bilancio più pesante è quello registrato dal Nord Ovest (-1,4%), dove i cali maggiori sono di Campania e Piemonte (-3,4%). Ridare fiducia alle imprese, rilanciare l’occupazione, stabilire nuove regole sotto il profilo fiscale e contributivo: sono le cose più urgenti da fare per uscire dalla crisi secondo Francesco Toselli, consigliere regionale del Pdl che «per il terzo trimestre 2010, la disoccupazione è salita al 6,6%, contro una media che nel nordovest si attesta al 5,5%». La crisi economica ha colpito pesantemente anche le nostre aziende, come sta reagendo il Piemonte e quali sono gli impegni della Regione? «Ai notevoli incrementi di fatturato dell’industria non corrisponde ancora un analogo aumento dell’occupazione perché le aziende stanno ancora “riassorbendo” il bacino di cassa integrazione e mobilità a cui hanno fatto ampiamente ricorso. Infatti, il dato del fatturato è indubbiamente positivo. A ottobre 2010, ultimo mese disponibile, si è registrato un aumento del 13,3% rispetto al mese corrispondente del 2009. L’export si conferma un elemento di traino per la crescita della produzione italiana e cuneese. Tuttavia, proprio il Pie-

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La priorità è l'occupazione Incentivare la competitività delle imprese regionali sui mercati esteri e aumentare la qualità delle cure sanitarie. Queste le sfide più importanti che attendono il Piemonte nel 2011 nelle parole del consigliere regionale del Popolo della Libertà, Francesco Toselli Di Tiziana Achino

monte fa ancora segnare elementi negativi sul piano dell’occupazione, in misura persistente e più grave che non nelle altre regioni. Quello che più preoccupa a prima vista è che, mentre in Lombardia nell’arco di un anno la disoccupazione è rimasta sostanzialmente stabile, in Piemonte si è registrato un incremento del 10%, tra i più elevati nel nord Italia. Oggi abbiamo in Piemonte circa 130mila Francesci Toselli, consigliere regionale del Piemonte

disoccupati, 10mila in più di un anno fa. Bisogna che sia data rapidamente un’opportunità di occupazione; le misure varate dalla Giunta regionale, come il bonus Irap alle imprese che assumono, mi paiono adeguate. Complessivamente la Giunta, per lavoro e competitività, ha destinato 900 milioni di euro. Sono risorse significative che ora le aziende sono chiamate a utilizzare al meglio. Perché la de-


Francesco Toselli

cisione finale e la responsabilità ultima del fare impresa e del creare lavoro ricade appunto sull’imprenditore e sulla domanda del mercato». Ecco appunto, per il rilancio delle imprese non servirebbe anche uno sgravio del carico fiscale e contributivo? «In uno scenario internazionale che migliora gradualmente, le aziende piemontesi sono chiamate a una nuova sfida, sapendo di avere, dopo il forte sostegno degli ammortizzatori sociali voluto dal governo nell’ultimo biennio, il supporto per la crescita da parte della Regione. Certo, il livello di tassazione e soprattutto quello contributivo, sono particolarmente elevati in Italia. Così, mentre le imprese sono scoraggiate dal fare utili, i lavoratori sono penalizzati da un forte cuneo fiscale che riduce i salari reali, con un alto costo del lavoro. In questo momento sarebbe irrealistico parlare di ridu-

Io penso che ai cittadini non importi nulla di dove ha la sede il direttore generale dell’Asl, se hanno bisogno di cure vogliono trovare medici e operatori preparati e disponibili, soccorsi tempestivi, cure efficaci

zione delle tasse, con i rischi che la nostra finanza pubblica corre, a causa della speculazione internazionale. Non possiamo rischiare di fare la fine di Grecia o Irlanda. Ma il governo, con il federalismo fiscale, ha imboccato la strada giusta, perché responsabilizzando le amministrazioni regionali e locali sul lato delle entrate si pongono le basi per una riduzione dei costi della “macchina” pubblica. Quando sarà chiaro ai cittadini che più i servizi e gli uffici pubblici costano, e più si paga di tasse, allora anche gli enti saranno

indotti a frenare realmente le spese. Confido in un federalismo virtuoso che migliori l’efficienza del pubblico, riducendo allo stesso tempo il peso delle tasse». A proposito di costi, oltre l’80% del bilancio regionale viene speso per la sanità. Come si può pensare di risparmiare senza penalizzare i servizi sanitari indispensabili per i cittadini? «Con la popolazione in progressivo invecchiamento, l’equilibrio dei conti della sanità diventa sempre più problematico. Tuttavia, non possiamo più permetterci di PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 41


CRESCERE PER COMPETERE

aumentare le spese come è avve- con la riforma sanitaria in Piemonte, risco, ad esempio, ai fondi per la nuto negli ultimi anni. Occorre una razionalizzazione dei servizi, che permetta di risparmiare senza ridurre la capacità di cura. I cittadini devono capire che l’ospedale migliore non è quello sotto casa, ma quello dove trovi i migliori specialisti, le attrezzare più moderne, il maggiore confort. La Giunta ha fatto una scelta coraggiosa, applicando il modello lombardo di separazione tra ospedali e servizi sul territorio. Verificheremo presto se questa scelta è praticabile, se permette di contenere la spesa a parità di servizi, o addirittura migliorandoli. Io penso che ai cittadini non importi nulla di dove ha la sede il direttore generale dell’Asl, se hanno bisogno di cure vogliono trovare medici e operatori preparati e disponibili, soccorsi tempestivi, cure efficaci. Questa è la scommessa che si gioca 42 • DOSSIER • PIEMONTE 2011

e credo che l’esperienza conseguita in questi anni nel Cuneese debba essere valutata positivamente, senza chiudere la porta a una nuova organizzazione che potrebbe ancora dare risultati migliori». Un ultima domanda, il bilancio 2011 della Regione è di oltre 16 miliardi di euro, quali sono gli aspetti più qualificanti del primo bilancio dell’era Cota? «In una situazione oggettiva di carenza di risorse è molto importante che il bilancio sia stato approvato prima del 31 dicembre, per dare fin da subito una capacità di spesa alla Regione. La Giunta ha scelto di concentrare le iniziative su settori essenziali come sanità, occupazione, trasporti. Condivido questa impostazione, e il dibattito in Consiglio è stato utile per mettere a punto ulteriori misure. Mi rife-

montagna: 20 milioni di euro a favore delle Comunità montane che dimostrano come la maggioranza mantenga tutti gli impegni presi e lavori concretamente per il futuro della montagna piemontese. Tra le altre voci significative voglio ancora ricordare 9 milioni per opere pubbliche urgenti di pronto intervento, oltre 30 milioni per l’edilizia sociale, 6 milioni al sostegno agli affitti, altri 8,6 milioni di euro per il cofinanziamento del Fondo nazionale per l’accesso alle abitazioni in locazione. I fondi per le borse di studio raggiungono un totale di 20 milioni. Tra le altre misure più rilevanti, 27 milioni saranno destinati a opere ambientali, 11,5 milioni per il piano competitività, 5,5 milioni per gli allevatori e 4 milioni per lo smaltimento dei rifiuti animali».



FOCUS CUNEO

Cuneo, territorio vocato al saper fare impresa Come le altre province del Piemonte, anche Cuneo ha accusato i colpi della crisi. Ma per Mino Taricco, consigliere regionale del Partito democratico, il territorio cuneese saprà ritrovare nel proprio dna lo slancio per la ripresa

Mino Taricco, consigliere regionale del Partito Democratico eletto a Cuneo

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a ricerca e l’innovazione, i nuovi settori di sviluppo e le energie rinnovabili, nuovi servizi e un turismo sempre più connesso alle produzioni di qualità. Sono gli aspetti su cui puntare per agganciare la ripresa economica. Ne è convinto Mino Taricco, consigliere regionale del Partito democratico. «Le imprese chiedono alle amministrazioni uno sforzo di velocizzazione e di semplificazione delle procedure» per aggredire i mercati esteri, continua Taricco, che individua una via d’uscita nella «valorizzazione di ogni singola opportunità di nuovo lavoro». L’ampio territorio della provincia cuneese rispecchia le necessità delle altre realtà piemontesi? «In questo momento tutti i territori vivono una difficoltà che non è soltanto italiana o piemontese; il rallentamento economico, e la difficoltà dei nostri settori produttivi nei confronti di altre aree del mondo è evidente e ha avuto un pesante impatto in questi mesi sulla tenuta dell’economia e sull’occupazione. Anche nella nostra provincia questo è accaduto: tante sono le aziende in sofferenza e pesante è stata la crescita della disoccupazione e della cassa integrazione; tante sono state e sono le famiglie in difficoltà. Tuttavia non mancano i segnali incoraggianti: il settore turistico che nonostante tutto è cresciuto, tante piccole e

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medie imprese che hanno tenuto duro e hanno continuato a produrre e a creare occupazione, infine, la fiducia che non è mai venuta meno. Nuovi settori emergenti stanno generando investimenti anche se molto ancora può essere fatto. La nostra peculiarità, le molte imprese grandi, ma soprattutto piccole e medie, operanti in molteplici settori con un forte legame con la terra e le produzioni a essa connesse e una forte vocazione alla qualità possono essere la propulsione di un nuovo sviluppo». Economia e lavoro: due punti strettamente correlati. Come si può intervenire in questo settore? «In questi mesi le imprese hanno fatto il possibile per resistere, oggi è sempre più necessario sostenerne la ricerca e la capacità d’innovazione quali cuore della sfida competitiva e sostenerne la capacità di unire le forze per affrontare i nuovi mercati che si aprono. Sul nostro territorio i nuovi settori di sviluppo, i nuovi servizi, le energie rinnovabili e un turismo sempre più connesso alle produzioni di qualità chiedono alle amministrazioni uno sforzo di velocizzazione e di semplificazione delle procedure. Il lavoro nasce dalla crescita di opportunità». L’occupazione è il tema maggiormente sentito dai cittadini. Quali sono le sue proposte? «La nostra è una terra che ha legato al lavoro e alla capacità di impegno e di fatica la strada della propria crescita e


Mino Taricco

Le associazioni di categoria hanno saputo essere sostegno e supporto alle 80.000 imprese e alle nuove imprese che ogni giorno nascono

del proprio sviluppo. Ha saputo generare dalla propria storia la forza e la spinta a una attenzione solidale all’altro e alla comunità; da questa sensibilità nascono le migliaia di associazioni di volontariato che hanno reso migliore e più accogliente la nostra vita e la vita delle nostre famiglie. Le associazioni di categoria hanno saputo essere sostegno e supporto alle 80.000 imprese e alle nuove imprese che ogni giorno nascono. In questa stagione di crisi alcuni settori perderanno occupazione, dovremo saper valorizzare ogni singola opportunità

di creazione di nuovo lavoro; i campi ed i settori esistono, e la nostra intraprendenza guiderà la nostra azione». La sanità è stata una delle materie più trattate negli ultimi consigli regionali del 2010. Il suo punto di vista? «Sono fermamente convinto della necessità di continuare il percorso di razionalizzazione avviato nella precedente gestione, per ricercare sempre maggiore efficienza ed efficacia senza pregiudicare la qualità dei servizi per le persone e per i territori. Ri-

tengo che la separazione degli ospedali dai territori e dalle Asl sia un errore che genererà distanza dai cittadini e maggiori costi. L’aver posto al centro di ogni scelta e di ogni azione gli ospedali e la cura invece che la persona e la ricerca di salvaguardia della sua salute, rischia di penalizzare la prevenzione. Oltre alla minore qualità della vita è chiaro che i risparmi di oggi li pagheremo domani. Così come sono convinto che sia uno sbaglio ridurre le risorse per gli interventi sociali e di sostegno ai soggetti più fragili: oltre a essere profondamente ingiusti, perché colpiscono chi è più esposto e più debole, sono portatori di risparmi effimeri; gli apparenti risparmi immediati li pagheremo in danni e problemi domani. In una realtà come quella della provincia di Cuneo, dove non era ancora completata la riforma conseguente al piano socio-sanitario del 2007, ricambiare il progetto e ripartire da capo rischia di creare confusione e di rinviare di anni l’aspettativa di risultati concreti. Sono convinto della necessità di continuare a migliorare efficienza ed efficacia, e di ridurre i costi di un sistema, quello piemontese, che è stato valutato di grande qualità, salvaguardando e migliorando un servizio essenziale per i cittadini. Il confronto che dovrà esserci tra i cittadini e in Consiglio regionale dovrà essere occasione di miglioramento del progetto e della proposta presentati. Al di là degli slogan e degli annunci è un impegno che ci riguarda tutti». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 45




FEDERALISMO

Eliminare divari e assistenzialismo Nel libro Il sacco del Nord Luca Ricolfi ricostruisce la contabilità nazionale. Il risultato? «Con un federalismo puro il credito delle regioni settentrionali verso le altre sarebbe di 83 miliardi» Riccardo Casini

l sacco del Nord è un titolo che già dice molto. Nel suo recente saggio Luca Ricolfi, sociologo e professore ordinario presso l’Università di Torino, ha cercato di ricostruire la contabilità nazionale partendo dalle fondamenta, per individuare il credito (o il debito) di ogni regione nei confronti delle altre, nonché le relative cause. Ricolfi ha così scoperto che ogni anno dalle regioni settentrionali se ne vanno ingiustificatamente oltre 50 miliardi. In che modo? «Attraverso tre meccanismi fondamentali: il Nord nel suo insieme – spiega Ricolfi – paga più tasse, o evade di meno, rispetto alla media nazionale; nel Nord la spesa pubblica discrezionale procapite è più bassa che nel resto del paese; al Nord il tasso di spreco nell’erogazione dei servizi pubblici è molto più basso che altrove. Detto diversamente: se al Nord venisse permesso di allinearsi alla media nazionale sui tre versanti precedenti, ossia tasse, spesa pubblica ed efficienza, il Nord disporrebbe ogni anno di 50 miliardi di euro in più. Giusto per dare un’idea degli ordini di grandezza coinvolti: con quella cifra i produttori del Nord potrebbero azzerare sia l’Irap sia l’Ires, e le famiglie potrebbero beneficiare delle due aliquote del

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23% e 33% promesse da Berlusconi nel 2001. Devo poi precisare una cosa». Quale? «La cifra di 50 miliardi si ottiene non già sotto l’ipotesi che si affermi un federalismo egoista, senza meccanismi perequativi o di solidarietà, ma sotto l’ipotesi più solidarista concepibile, ossia semplicemente assumendo che siano uniformi in tutta Italia l’evasione fiscale, il tasso di spreco e la spesa pubblica discrezionale pro-capite. Perché se invece volessimo immaginare un federalismo puro, del tutto privo di meccanismi di perequazione, allora il credito del Nord verso il resto del paese salirebbe a 83 miliardi». In che modo la contabilità nazionale liberale ha fatto emergere questi dati? «La contabilità nazionale liberale è uno schema, diverso da quello ufficiale, di rappresentazione delle principali grandezze di un’economia, che ne “Il sacco del Nord” viene applicato non solo all’Italia nel suo insieme, ma anche a ciascuna delle 20 regioni considerate separatamente. I suoi cardini sono quattro: la distinzione fra settore produttivo e improduttivo dell’economia (un’eredità dell’economia classica), la misurazione dell’evasione fiscale e contributiva, la stima dei tassi di

Luca Ricolfi, sociologo e professore ordinario presso l’Università di Torino

spreco della pubblica amministrazione e l’inclusione, nei calcoli del potere di acquisto di ogni territorio, del costo della vita specifico di quel territorio». Come interverrebbe sulla situazione attuale la riforma federalista ideata dal Governo Berlusconi se dovesse venire approvata nel suo complesso?


Luca Ricolfi

La regione più virtuosa è la Lombardia, seguita dal Veneto e dall’Emilia Romagna

In alto, la sede della Regione Lombardia; in questa foto, il palazzo che ospita la sede della Regione Liguria

«Nessuno è in grado di saperlo, perché i decreti legislativi non contengono alcuna indicazione quantitativa precisa sui costi standard, e per lo più rimandano a calcoli futuri, che dovranno esser effettuati da appositi organismi tecnici. E’ facile prevedere, tuttavia, che le forze che vogliono annacquare il più possibile il federalismo avranno gioco fa-

cile. Nell’impianto della legge, infatti, ci sono pochissimi automatismi e parametri ben definiti, il che lascerà alla politica la maggior parte dell’onere di pilotare il percorso verso l’assetto finale. Un assetto che, nella migliore delle ipotesi, si avrà nel 2018, ossia in una data in cui il paziente Italia potrebbe risultare ormai inguaribile, se già non lo è ora. Il federalismo è nato soprattutto per ridurre il soffocamento dei ceti produttivi del centro-nord, ma nel 2018 i medesimi ceti potrebbero aver smesso di respirare». Vi sono a suo avviso delle migliorie che si potrebbero apportare alla riforma? «Temo che le migliorie apportabili siano minime, perché l’impianto è quello che è, ossia molto farraginoso e complicato, per non dire barocco. Come è inevitabile quando un testo non è pensato da un legislatore competente e illuminato, cui vengono date solo direttive generali, ma è il frutto di estenuanti mediazioni politiche fra decine di attori diversi: Comuni, Province, Regioni a statuto ordinario, Regioni a statuto speciale, Governo, sindacati, partiti».

Quali regioni potrebbero essere considerate virtuose se il federalismo fosse già realtà? «Nel mio libro c’è una classifica precisa. La regione più virtuosa è la Lombardia, seguita dal Veneto e dall’Emilia Romagna. Le regioni meno virtuose sono la Sardegna, la Sicilia e la Calabria. Però non bisogna pensare che le regioni più in debito con il resto del paese siano solo del Sud: nel gruppetto delle regioni che vivono sulle spalle delle altre vi sono anche regioni del centro nord, in particolare la Valle d’Aosta, il Trentino Alto Adige, la Liguria, l’Umbria e il Lazio». Come è possibile invertire la tendenza e assottigliare il divario Nord-Sud? «Dipende di quale divario parliamo. In termini di tenore di vita, il divario non c’è più, semmai c’è un problema di grave diseguaglianza nella distribuzione del reddito, dovuto a servizi sociali scadenti che gravano soprattutto sugli strati più deboli della popolazione, e ad arricchimenti illeciti, che invece creano uno strato di iperprivilegiati. In termini di prodotto pro-capite il divario c’è, ma per superarlo è indispensabile che tutti facciano la loro parte: il Sud deve imparare a non vivere di assistenza, ma soprattutto deve incrementare l’efficienza, ossia la qualità e quantità di servizi erogati a parità di risorse. Lo Stato centrale, da parte sua, deve tornare a occuparsi delle infrastrutture del Sud, sia materiali sia immateriali. Non solo strade, ferrovie, scuole, termovalorizzatori, ma anche ad esempio una giustizia civile funzionante». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 49


POLITICHE GIOVANILI

Giovani protagonisti del proprio futuro Il ministro Giorgia Meloni, illustra i vantaggi introdotti dal ddl Gelmini e le politiche rivolte alla nuova generazione «che non è fatta di “bamboccioni”, ma di giovani uomini e donne determinati a costruire il proprio futuro e quello dell’Italia» Nike Giurlani

a recente riforma universitaria ha suscitato molte polemiche, ma Giorgia Meloni ricorda che non si è trattato di «una “sorpresa” del governo delle ultime settimane, va avanti da due anni e in tutto questo tempo non abbiamo mai impresso accelerazioni o impedito il dialogo, anzi, si sono riuniti più volte tavoli al ministero dell’Istruzione, ai quali io stessa ho partecipato, volti proprio a raccogliere le istanze del movimento studentesco». Nel ddl Gelmini, fa presente il ministro, «compaiono provvedimenti che mettono al centro proprio i ragazzi, incentivano la meritocrazia e combattono le baronie e non mi spiego perché ciò possa non piacere agli studenti». Il ministro Meloni ha, inoltre, apprezzato l’azione d’ascolto del presidente Napolitano in relazione alle que-

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stioni legate al disegno di riforma dell’ordinamento universitario. «Era importante dare spazio alla voce degli studenti, in particolare di quelli democraticamente eletti in seno al Consiglio nazionale degli studenti universitari e – continua – naturalmente tutte le opinioni solo legittime, anche quelle di forte dissenso, tuttavia il nostro ordinamento universitario prevede sistemi di rappresentanza democratici la cui autorevolezza è data dalla libera espressione di voto degli studenti, che rischiava di essere sovrastata dal clamore della piazza o dagli slogan di una minoranza». L’iniziativa del presidente Napolitano «non è servita solamente a stemperare le tensioni che hanno accompagnato l’iter parlamentare del provvedimento, ma anche a fornire un importante e tangibile segno di dialogo tra le istituzioni e

la società, tra la politica e le giovani generazioni» conclude il ministro. Quali sono state in questi anni le iniziative promosse a favore dei giovani? «Sul fronte dell’occupazione, abbiamo messo in campo progetti volti alla promozione della cultura d’impresa, in collaborazione con il mondo universitario, per aiutare i ragazzi che hanno una buona idea imprenditoriale a superare la difficile fase dello start up e a conquistarsi da sé il tanto agognato posto fisso: sono già 21 gli sportelli aperti sino a oggi in altrettanti atenei italiani. Per premiare la creatività dei giovani italiani, il ministero della Gioventù ha poi indetto un bando chiamato “Giovani protagonisti” che ha stanziato ben 10 milioni di euro per promuovere progetti avanzati da under 35 e volti a sostenere la creatività e il protagoni-


smo giovanile; a sviluppare la cultura del merito e dell’eccellenza tra le giovani generazioni; a favorire la partecipazione attiva alla vita sociale, culturale ed economica della comunità. Abbiamo sottoscritto protocolli d’intesa con gli ordini professionali dei notai e dei consulenti del lavoro per offrire ai giovani che si apprestano a iniziare un cammino professionale la collaborazione di chi con tanti anni d’esperienza alle spalle può dare il supporto necessario a superare i primi gradini». Qual è l’obiettivo del portale dell’imprenditoria giovanile Giovaneimpresa.it? «Si tratta di più di 1.000 pagine web, oltre 200 documenti scaricabili tra modulistica, form e allegati, 130 schede attività, suddivise per tipologia, per ricevere in modo immediato tutte le informazioni

necessarie ad avviare la propria impresa e 20 “webinar”, seminari web sempre disponibili in video da visionare direttamente dal sito. Per la prima volta, tutte le informazioni necessarie per avviare un’impresa, leggi e normative, modalità d’accesso a bandi ed agevolazioni, sono state pubblicate in un unico sito web aperto a tutti e di facile accesso». Il suo ministero ha messo a punto un pacchetto di norme chiamato “Diritto al futuro”. Di cosa si tratta? «È un insieme d’azioni rivolte alle nuove generazioni sui temi del lavoro, della casa, della formazione e dell’autoimpiego. “Diritto al futuro” rappresenta la fiducia in una generazione che non è fatta da bamboccioni, ma da giovani uomini e donne determinati a costruire il proprio futuro e quello

dell’Italia. Si tratta di un impegno concreto da parte del governo e del ministero, così come dimostrano la cifra di 216 milioni messa in campo, che diventano 300 milioni grazie al cofinanziamento pubblico e privato; 10mila posti di lavoro a tempo indeterminato per giovani genitori con contratti atipici; 10mila mutui concessi a giovani coppie di precari; 100 milioni per l’impresa giovanile, il talento e l’innovazione tecnologica; 20mila tra i migliori neolaureati d’Italia messi a contatto con il mondo produttivo; 30mila giovani meritevoli che potranno investire sul proprio futuro e completare la propria formazione grazie a un prestito garantito; oltre 68 milioni di spesa coordinata con gli enti locali a favore delle giovani generazioni. I fondi sono già stati interamente stanziati, e in queste settimane si PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 51


POLITICHE GIOVANILI

Nel ddl Gelmini compaiono provvedimenti che mettono al centro proprio i ragazzi e incentivano la meritocrazia

sta completando l’iter burocratico cupati di lungo periodo, attraverso delle nazioni più “gerontocratiche porterà alla loro effettiva messa a bando». Lei ha dichiarato che il governo ha avuto il coraggio di affrontare i problemi che altri avevano rinviato. Quali le prossime priorità per sostenere il mondo giovanile? «È in piena attività la cabina di regia per l’attuazione del Piano nazionale per l’occupabilità dei giovani, con i ministri del Lavoro e dell’Istruzione per verificare lo stato d’attuazione del piano e programmare nuove iniziative. In particolare, sono state esaminate le nuove iniziative di spesa deliberate a fine anno dal ministero del Lavoro per circa 200 milioni di euro e dal ministero della Gioventù per circa 50 milioni, rivolte alla promozione dell’apprendistato nei lavori tradizionali e manuali dell’artigianato, contro la dispersione scolastica giovanile, al sostegno dell’occupazione dei lavoratori svantaggiati, come i giovani disoc-

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le agenzie per il lavoro e l'assunzione a tempo indeterminato degli under 35 con figli a carico. Più in generale la cabina di regia è dedicata - anche alla luce dell’accordo unanime tra Stato, Regioni e parti sociali - alla promozione del contratto di apprendistato quale strumento ottimale per la transizione dalla scuola al lavoro, alla riqualificazione delle attività d’istruzione e formazione e all’irrobustimento dei servizi offerti dal motore di ricerca istituzionale “cliclavoro”, come l’inserimento dei curricula dei neolaureati, che le università sono tenute a inviare in base alle recenti norme del collegato lavoro». A livello di politiche giovanili che ruolo riveste l’Italia rispetto agli altri Paesi europei? «Credo che l’Italia possa vantare uno dei modelli migliori a livello europeo, pur considerando che la nostra resta purtroppo ancora una

che”. La chiave di volta è stata quella di smettere di considerare le politiche giovanili come politiche di genere, che rischiano di rinchiudere e isolare una categoria in una sorta di “area protetta” anziché promuoverne le reali esigenze secondo una visione più ampia del futuro. Esistono, infatti, politiche di sistema, che sanno guardare oltre le semplici distinzioni. Come ho sempre ripetuto, le azioni di governo devono essere rivolte al bene della nazione nella sua totalità. La casa, l’autosufficienza energetica, le infrastrutture, sono scelte che si fanno anche per le giovani generazioni. Così come le iniziative dirette specificamente ai giovani sono politiche d’interesse generale per la nazione. È questa la sfida da affrontare: creare una sintesi politica capace di dare ai giovani risposte che possano avere valore anche per tutto il resto della società, e viceversa».



OCCUPAZIONE

Rendere i giovani protagonisti del proprio futuro Le prospettive occupazionali restano incerte nel Novarese anche per il 2001. Per Fabio Ravanelli, presidente dell’Associazione industriali di Novara, a pesare è la crescente distanza tra domanda e offerta di lavoro Francesca Druidi

e attuali dinamiche economiche impongono di formare giovani generazioni di lavoratori in grado di confrontarsi con le nuove sfide imposte dal mercato. Diviene allora sempre più strategico il rilancio dell’istruzione tecnica, vista come misura per arginare la disoccupazione e favorire lo sviluppo. Non a caso la formazione tecnica e scientifica è considerata una priorità dal Club dei 15, il raggruppamento delle associazioni industriali territoriali del sistema Confindustria dove più alta è la vocazione manifatturiera dell’econo-

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Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Novara

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mia locale, di cui fa parte anche l’Associazione degli industriali di Novara. «Stiamo lavorando sull’orientamento per valorizzare l’istruzione tecnica, creando sinergie con gli istituti tecnici del Novarese», conferma Fabio Ravanelli, presidente dell’Ain. In base alla più recente indagine congiunturale, restano negativi gli indicatori occupazionali. In quali settori permangono le criticità maggiori a livello territoriale? «Secondo le nostre previsioni per il primo trimestre 2011 gli indicatori relativi al mercato del lavoro risultano sostanzialmente stabili rispetto a fine 2010. Il saldo tra gli imprenditori che si dichiarano ottimisti e quelli che sono pessimisti in merito alla volontà di procedere ad allargamenti della base occupazionale si attesta sul -3,2 punti a fronte dei precedenti -2,6. La variazione netta dell’occupazione è ancora negativa a causa degli esuberi che sono stati rimandati, grazie al massiccio ricorso alla cassa integrazione durante la fase più acuta della crisi. Attualmente il 21,3% delle imprese intervistate dichiara di voler fare ricorso alla Cig: un dato sostan-

zialmente in linea con le precedenti rilevazioni. A livello settoriale, la situazione è stabile nel metalmeccanico, mentre il lieve rallentamento della produzione del chimico ha un impatto più negativo sul saldo delle intenzioni di nuove assunzioni, che scende da +6,3 a -7,2 punti. Il settore tessile-abbigliamento non presenta particolari cambiamenti: rimane alta la previsione di ricorso alla Cig, ma non si prevedono riduzioni degli organici». Quali sono le prospettive per il mercato del lavoro nel 2011? Con quali misure affrontare le tensioni del mercato del lavoro? «Le prospettive non sono particolarmente positive, veniamo da anni di lievi ma costanti flessioni. Nel 2010 il saldo entrate-uscite di addetti nelle aziende novaresi è stato di -2,1 punti e temiamo che il protrarsi della crisi del mercato del lavoro non sia dovuta soltanto al ritardo fisiologico con cui questo risponde al ciclo economico. A frenare la risalita dell’occupazione potrebbero, infatti, contribuire anche


Fabio Ravanelli

48,5% LAVORO Percentuale delle richieste di lavoro provenienti da aziende del territorio relative a personale con formazione tecnica

-2,1% RISORSE Saldo entrateuscite di addetti nelle aziende novaresi nel 2010 Fonte: Associazione Industriali di Novara

le crescenti difficoltà nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, derivanti dal cambiamento delle relative caratteristiche. Da questo punto di vista, stiamo migliorando i nostri servizi, tra cui Unimpiego, che favorisce la ricerca di personale qualificato, e le attività del Foraz, il consorzio di formazione professionale che fa capo all’Ain».

Confindustria Novara ha lanciato alcune iniziative rivolte in maniera specifica ai giovani. Su quali fronti occorre intervenire per favorire l’occupazione giovanile? «Stiamo lavorando sull’orientamento per valorizzare l’istruzione tecnica, creando sinergie con gli istituti tecnici del Novarese. Oggi

quasi la metà (48,5%) delle richieste di lavoro che vengono dalle aziende del territorio sono relative a personale con formazione tecnica, contro il 33,3% di tre anni fa. Vogliamo creare dei comitati tecnicoscientifici all’interno di ogni istituto tecnico locale: organi consultivi in cui studenti, docenti e rappresentanti delle imprese possono confrontarsi e adottare strategie comuni per costruire un raccordo diretto con la realtà economica e il mondo del lavoro. Intendiamo anche migliorare l’alternanza scuola-lavoro e incrementare le visite aziendali già a partire dalla terza media. Vogliamo, infine, far crescere la presenza in classe di esperti e manager aziendali, per inserire nel mondo della scuola nuovi contenuti e nuove metodologie didattiche che favoriscano l’autonomia a la partecipazione attiva: competenze che il mondo delle imprese ritiene sempre più importanti per rendere i giovani davvero protagonisti del proprio futuro». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 61


ESTERI

Le nuove forme della diplomazia Viviamo tempi dominati dai processi di globalizzazione, dove Wikileaks ha cambiato le carte in tavola. Per questo, «la nostra presenza diplomatica diventa essenziale per poter sfruttare le opportunità che si aprono a fronte di una crescita economica impetuosa». Lo spiega il ministro degli Esteri Franco Frattini Francesca Druidi ome l’11 settembre ha cambiato l’assetto mondiale sul piano della sicurezza, cos le notizie che usciranno da Wikileaks lo cambieranno sul piano dei rapporti diplomatici tra i paesi”. Cos si esprimeva

espresse dai funzionari americani nei diversi dispacci diplomatici resi pubblici da Wikileaks, hanno provocato un danno ai rapporti diplomatici mondiali non tanto perch rappresentano le policies di Washington, ma perch minano la fiducia nella riservatezza delle comu-

Antonio Scattolon

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il ministro degli Esteri Franco Frattini il 28 novembre scorso, a proposito delle rivelazioni sul contenuto dei dossier riservati degli ambasciatori americani pubblicati sul sito internet di Julian Assange. « evidente – dichiara il titolare della Farnesina – che le valutazioni

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Franco Frattini

I pacchi bomba ci hanno ancora una volta ricordato che occorre non abbassare la guardia nella lotta al terrorismo, mantenendo alta la vigilanza

Nella pagina a fianco, il ministro degli Esteri Franco Frattini. Sopra, immagini successive agli attentati alle Ambasciate di Svizzera e Cile a Roma

nicazioni “sensibili”». Si delinea cos una riflessione su quale funzione, oggi, la diplomazia assolva effettivamente. Come cambieranno le dinamiche della diplomazia mondiale e in particolar modo quella italiana? «La conseguenza nel breve-medio periodo potrebbe essere una reticenza nella discussione tra governi di dossier delicati. Occorre perci lavorare con discrezione ed efficacia per ricostruire il clima di fiducia, soprattutto con i colleghi americani. Rimane il fatto molto grave della violazione di banche dati protette dall’Amministrazione Usa, che in alcuni casi pu mettere in pericolo la sicurezza di validissimi funzionari impegnati in operazioni di intelligence e, in generale, la sicurezza dei cittadini. Per quanto riguarda poi la diplomazia italiana, non ci sono stati “leaks”, cio fughe di notizie da

parte nostra e non si pone un problema immediato. Ma dobbiamo trarre anche noi qualche lezione nella protezione delle comunicazioni sensibili ed evitare quanto accaduto negli Usa, selezionando con attenzione chi e con quali modalit pu accedere e trasmettere informazioni di tipo riservato». Dopo l’11 settembre 2001, quale ruolo ha assunto la diplomazia in uno scenario sempre pi globalizzato? «Il mondo del XXI secolo e la globalizzazione costringono la diplomazia a sfide sempre pi complesse anche perch al breve periodo di unipolarismo americano, cui si assistito subito dopo lo sbriciolamento dell’Unione Sovietica, ha fatto seguito un multipolarismo estremamente competitivo. emersa impetuosamente la Cina, vi sono gli altri paesi Bric (Russia, Brasile e India) in

forte crescita e un ruolo sempre maggiore lo riveste una serie di potenze medie regionali (Turchia, Corea del Sud, Sudafrica, Iran, Pakistan) in grado di condizionare l’agenda globale e la soluzione concreta dei problemi. Da un punto di vista diplomatico, tendono a costituirsi diversi formati e gruppi ristretti anche all’esterno delle istituzioni internazionali tradizionali (Quint, Quad, Six parties), perch quest’ultime sono paralizzate dai veti reciproci (Nazioni unite) o ancora sono incapaci di esprimere sempre una linea comune (Unione europea). In questo scenario in rapida evoluzione, la diplomazia italiana deve lottare per restare tra i principali player europei e globali che contano e decidono. E non soltanto per motivi di rango, ma per difendere i nostri interessi nazionali e i nostri valori». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 63


ESTERI

Come si colloca oggi il nostro Paese sul palcoscenico mondiale? «L’Italia, oltre a giocare un ruolo importante nel quadro delle Nazioni Unite, guarda al multilateralismo come metodo di lavoro privilegiato in ambito internazionale. Ci spiega la nostra peculiarit come membro fondatore di almeno quattro principali organismi di “governance” politica mondiale: Ue, Nato, Osce e G7/G8. Ma la nostra credibilit a livello internazionale ce la guadagniamo ogni giorno sul campo, schierando pi di 4mila soldati in Afghanistan nell’ambito della missione internazionale Isaf, con 1800 uomini in Libano nella missione Unifil, in Kossovo con 190 funzionari e un italiano a Capo della missione Unmik. Siamo orgogliosamente il primo paese contributore di “caschi blu” tra i partner europei e il G8 e il sesto contributore finanziario al bilancio ordinario e alle missioni di pace delle Nazioni Unite». Qual la tendenza oggi pi evidente? «Il cambiamento progressivo del concetto di governance globale, con l’emersione di nuovi attori, impone di adattare e affinare gli strumenti a disposizione della diplomazia, che non deve pi essere soltanto portatrice di posizioni in aree definite, 64 • DOSSIER • PIEMONTE 2011

ma deve rappresentare la voce di un paese autorevole in grado di contribuire alla sicurezza globale, di pesare in Europa e di coadiuvare il mondo imprenditoriale alla conquista di nuovi mercati». Dietro i pacchi bomba destinati alle Ambasciate a Roma c’ la volont di trasmettere un messaggio di debolezza del nostro Paese sul piano internazionale o una strategia di altro tipo? «I pacchi bomba ci hanno ancora una volta ricordato che occorre non abbassare la guardia nella lotta al terrorismo, mantenendo alta la vigilanza di tutti i nostri organi di sicurezza che si confrontano con mi-

nacce insidiose. Prima fra tutte, quelle del fondamentalismo islamico radicale che, tra l’altro, ha lanciato un’offensiva sanguinaria e pericolosissima contro le comunit cristiane dislocate in Medio Oriente, Pakistan e India. Certamente non possiamo parlare di debolezza del nostro Paese, che fortunatamente negli ultimi anni non ha subito attacchi particolarmente devastanti, rispetto anche ad altri paesi europei. La matrice anarchico-insurrezionale dei recenti attacchi va verificata fino in fondo e vanno realizzate le opportune indagini anche di concerto con gli apparati di sicurezza di altri Stati – come la Grecia


Franco Frattini

Nella pagina accanto, Frattini con il segretario di Stato americano Hillary Clinton e mentre incontra una rappresentanza di ufficiali, sottufficiali e volontari delle quattro Forze Armate italiane in servizio nella Missione Addestrativa della Nato in Iraq. In questa pagina, Julian Assange e l’Ambasciata italiana a Brasilia

L’Italia, oltre a giocare un ruolo importante nel quadro delle Nazioni Unite, guarda al multilateralismo come metodo di lavoro privilegiato in ambito internazionale

– che hanno avuto esperienze di attentati con dinamiche simili». Quanto le ambasciate contribuiscono a rafforzare i rapporti di collaborazione tra l’Italia e i Paesi in cui sono dislocate? «Continuo a pensare che sia indispensabile poter contare su ambasciate e consolati, dove vi siano funzionari capaci di comprendere la realt in cui si trovano, di intessere relazioni - anche di carattere personale - con la dirigenza del paese in cui operano e in grado di saper leggere le tendenze politiche, anche a medio termine, in ciascuna nazione. Nei Paesi Bric, ma anche in Turchia, Asia Centrale, Sud Africa e in molti altri paesi, la nostra presenza diplomatica diventa essenziale soprattutto per poter sfruttare le opportunit che si aprono a fronte di una crescita economica impetuosa». Come sta mutando, quindi, l’incarico degli ambasciatori?

«Gli ambasciatori gi oggi, grazie alla riforma entrata in vigore alla fine dell’anno scorso, sono chiamati a fare i manager: hanno un budget di spesa da gestire in piena autonomia e flessibilit e devono cercare anche contributi dal settore privato mediante contratti di sponsorizzazione. Con la riforma, hanno acquisito il ruolo di perno del sistema Paese cos che l’imprenditore all’estero possa trovare nelle ambasciate e nei consolati un interlocutore preparato ad aiutare le aziende e capace di erogare servizi commerciali e consolari di alto livello. Si sta percorrendo la strada verso una nuova cultura aziendale, che pone maggiore enfasi sui servizi all’utenza ed basata sulla collaborazione con tutti i soggetti del sistema Italia, offrendo loro una gamma di iniziative tali da co-interessarli in progetti comuni. E sono le piccole e

medie imprese italiane che vanno accompagnate dalle nostre rappresentanze all’estero, in un’operazione di supporto rispetto a mercati a volte non facilmente decifrabili e dove le dinamiche concorrenziali sono subordinate a uno stretto rapporto con le articolazioni governative locali». Come si prospetta il futuro? «In Europa, il ruolo di ambasciate e consolati sta rapidamente cambiando e si proceduto a una razionalizzazione della nostra presenza diplomatica e consolare. Con il Trattato di Lisbona, si anche affiancato da pochi mesi il “servizio di azione esterna europea”, guidato ora da Catherine Ashton che in un futuro, spero non troppo lontano, si potr trasformare in un vero servizio diplomatico per l’intera Europa, quando questa potr dire di avere una politica estera per tutti gli Stati che ne fanno parte». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 65






BILANCIO COMUNALE

Standard & Poor’s conferma il rating, per il Comune è ancora A La recente valutazione dell’agenzia internazionale ha visto anche un miglioramento delle prospettive, passate da “negative” a “stabili” per la prevista riduzione del debito consolidato. La soddisfazione della giunta Riccardo Casini

untuale come ogni anno, è arrivata la pagella di Standard & Poor’s, una delle due agenzie internazionali (l’altra è Fitch) chiamate a valutare l’affidabilità e lo stato di salute economico-finanziario dei nostri enti locali. L’agenzia ha così confermato al Comune di Torino il rating “A” premiando anche le politiche di bilancio con il miglioramento dell’outlook, ovvero delle prospettive,

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che passa da “negativo” a “stabile”. Per l’assessore comunale al Bilancio e ai tributi, Gianguido Passoni, si è trattato indubbiamente di una buonissima notizia, «perché – ha dichiarato – promuove le politiche di bilancio dell’amministrazione comunale pur nel peggiore dei contesti possibili, ovvero il blocco dell’autonomia finanziaria imposta a livello governativo e il taglio pesante ai trasferimenti di Stato e Re-

gione. Se inoltre consideriamo – aggiunge Passoni – che nel 2010 al Comune di Milano è stato confermato il rating con prospettive negative e che al Comune di Roma, beneficiario di straordinari aiuti di Stato per 500 milioni di euro all’anno, è stato abbassato il rating ad “A” con prospettive negative (da “A+”), Torino viene premiata anche in relazione al benchmarking con gli altri enti italiani comparabili».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Il rating confermato

Gianguido Passoni, assessore al Bilancio e ai tributi del comune di Torino

In realtà anche il rating di Torino era sceso da “A+” nel 2007: allora l’agenzia aveva giustificato il declassamento con «la persistente accumulazione di debito finanziario riscontrata nel 2006 (sebbene a un tasso di crescita inferiore rispetto agli ultimi tre anni) esercitando un’ulteriore pressione sul già elevato debito finanziario residuo causato dagli investimenti infrastrutturali per i Giochi Olimpici invernali 2006». Oggi, invece, Standard & Poor’s sembra esprimere un apprezzamento incondizionato per la linea economica tenuta da Palazzo civico. «Il rating – si legge nel comunicato emesso dall’agenzia – riflette l’impegno dell’amministrazione a consolidare le performance finanziarie del Comune. Impegno evidenziato dallo sforzo di contenimento della spesa attuato a partire dal 2008, che ha generato un margine corrente positivo nel 2009. Il rating – continua la nota – riflette l’opinione che Torino rispetterà i nuovi limiti imposti agli enti locali dal Governo centrale e terrà sotto stretto controllo il debito finanziario delle società partecipate». Ma non è finita: la fiducia degli analisti statunitensi si estende al fronte degli investimenti e delle prospettive. «Il Comune di Torino – scrivono da Standard & Poor’s – continuerà ad attuare con successo una politica di contenimento dei costi sul fronte delle spese di parte capitale, al fine di rispettare la legge finanziaria per il 2011. Tali regole porteranno a ridurre il rap-

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Se consideriamo le valutazioni di Standard & Poor’s su Milano e Roma, Torino viene premiata anche in relazione al benchmarking con gli altri enti italiani comparabili

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porto tra interessi e spese correnti all’8% dall’annuale 11%. Le prospettive stabili – evidenzia infine la nota dell’agenzia di rating – riflettono la percezione che il Comune di Torino genererà saldi dopo gli investimenti positivi già nel 2011 e che il debito consolidato tenderà a ridursi gradualmente nei prossimi due anni». L’ottimismo insomma è percepibile, ma l’amministrazione comunale preferisce non inseguire facili entusiasmi. «Di fronte al Comune di Torino e agli enti locali italiani – sottolinea ancora l’assessore Gianguido Passoni – restano tutte le nubi di un sistema che per ora ha

saputo solo sacrificare le autonomie prospettando un incerto futuro federalista. Il presente – ricorda – è rappresentato dai 43 milioni di trasferimenti statali tagliati per il 2011, che rendono una vera sfida l’approvazione dei bilanci in pareggio salvaguardando servizi e welfare». Anche il sindaco Chiamparino, durante l’abituale incontro di fine anno con la stampa, aveva dichiarato che la conferma del rating significa che anche a livello internazionale si riconosce che «c’è una squadra ritenuta affidabile», ricordando contestualmente che quello dell’amministrazione comunale «è un debito finalizzato a fare cose». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 77


BILANCIO COMUNALE

Un’operazione verità sul bilancio Daniele Cantore, capogruppo Pdl in consiglio comunale a Torino, si definisce «lieto» per la valutazione di Standard & Poor’s ma avverte: «nessun trionfalismo, di eccezionale c’è solo il debito. Occorre liberare risorse e ridurre gli sprechi» Riccardo Casini

a notizia della conferma del rating “A” da parte di Standard & Poor’s nei confronti del Comune di Torino non ha calmato le acque in consiglio comunale, dove il capogruppo del Pdl, Daniele Cantore, continua a restare fortemente critico nei confronti delle politiche di bilancio dell’amministrazione Chiamparino. «Noi – precisa – non apparteniamo al partito del “tanto peggio, tanto meglio”, quindi riteniamo la notizia senz’altro positiva. Nell’interesse di tutti i cittadini vogliamo che la situazione finanziaria del nostro

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Daniele Cantore, capogruppo Pdl al Comune di Torino

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Comune migliori: per questo siamo certamente lieti nell’apprendere che le prospettive del nostro debito sono passate da “negative” a “stabili”». Però? «Riteniamo che si debbano evitare i toni trionfalistici usati dall’assessore al Bilancio, che ha parlato di “risultato eccezionale”, e questo per almeno tre ragioni: uno, nel 2007 la stessa S&P ci declassò da “A+” ad “A” e lì siamo rimasti; due, il rating complessivo dell’Italia, tra l’altro non particolarmente positivo rispetto ad altri Paesi, è “A+”, e ciò significa che Torino è sotto la media nazionale; tre, un indebitamento di 5 miliardi - e questo sì che è eccezionale - rappresenta veramente un ostacolo enorme alla crescita della città». Cosa vi attendete dal bilancio di previsione 2011 del Comune? «Considerati i precedenti, non ci attendiamo granché dalla maggioranza che attualmente amministra il Comune. Ricordiamo che la sinistra governa Torino da oltre vent’anni e l’enorme indebitamento della città è una sua esclusiva responsabilità. Difficilmente l’amministrazione cambierà ora la sua politica, soprattutto se consideriamo che siamo nell’anno delle elezioni e bisognerà cercare di accontentare un po’ tutti. Torino avrebbe bisogno di una netta inversione di tendenza, di dare l’avvio a un’azione

di risanamento serio volta a contenere i conti pubblici, senza la quale difficilmente questa città potrà ripartire». Quali interventi sono necessari a vostro avviso per ripianare il “buco” nel bilancio? «Il “buco” è davvero enorme. E Torino è la città più indebitata d’Italia: ogni cittadino, bambini compresi, ha un debito di circa 5.500 euro. Cinque miliardi di euro costituiscono un’eredità pesantissima che condizionerà negativamente e pesantemente i prossimi anni, per non dire decenni. È necessario anzitutto capire come è formato questo debito, quale scadenza ha, quali sono le sue rigidità: è quindi prioritaria una sorta di “operazione verità” che indichi con chiarezza ai cittadini qual è la reale situazione delle finanze comunali. Poi vanno attentamente valutate le possibilità di ristrutturare questo debito, con l’obiettivo di liberare risorse da destinare a impieghi produttivi: ogni anno il Comune paga circa 230 milioni di euro per gli interessi e il rimborso dei mutui, fondi che vengono evidentemente sottratti ad altre attività. E nella malaugurata ipotesi in cui dovesse verificarsi una brusca crescita dei tassi d’interesse, si rischierebbe davvero il default». Come è possibile evitarlo? Quali sono le proposte del Pdl? «Se non verrà intrapresa una seria po-


Daniele Cantore

litica volta a liberare risorse, molto difficilmente si riusciranno a realizzare progetti di sviluppo di cui la città ha un assoluto bisogno. Considerata la pressione tributaria già decisamente alta, riteniamo che non si possano chiedere ai cittadini altre tasse. Bisogna invece ridurre gli sprechi, che sono ancora molti: si pensi, ad esempio, che le spese per fornire i servizi a domanda individuale vengono recuperate soltanto per il 47%, e che Torino spende più del doppio degli altri Comuni italiani per la scuola materna (96 euro per abitante rispetto a 45 di media) e quasi il doppio per assistenza, trasporto e refezione scolastica (72 euro per abi-

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Bisogna ridurre gli sprechi, che sono ancora molti: Torino spende quasi il doppio degli altri comuni italiani per assistenza, trasporto e refezione scolastica

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tante rispetto a 47 di media). Insomma, il nuovo sindaco, chiunque sarà, avrà un compito molto difficile». Quali dovranno essere le sue priorità? «In primis la graduale normalizzazione della situazione finanziaria, che è la “conditio sine qua non”: senza un risanamento dei conti pubblici sarà impossibile intraprendere qualsiasi politica di sviluppo semplicemente perché non ci saranno i soldi. Poi andrebbero realizzate politiche in grado di attrarre sul nostro territorio investimenti e persone, partendo subito dopo le elezioni dalla costituzione di un tavolo con

le istituzioni e gli operatori economici, sociali e culturali per ragionare su alcuni progetti. Faccio tre esempi: un progetto per la valorizzazione delle società partecipate, una sorta di “Piano fabbrica Torino” da definire insieme a Fiat e una sorta di “Piano fabbrica del sapere”, da definire insieme a Politecnico e Università». Come potrebbe invece intervenire sul bilancio l’approvazione dei decreti attuativi del federalismo fiscale? «È ancora prematuro fare un’analisi precisa di quello che sarà l’impatto del federalismo sui conti degli enti

locali. Possiamo dire che, se la riforma garantirà ai Comuni un’effettiva autonomia impositiva, l’effetto sarà senz’altro positivo, sia perché libererà importanti risorse che potranno rimanere sul territorio sia perché responsabilizzerà in misura maggiore gli amministratori pubblici che saranno giudicati direttamente dai cittadini per i servizi che sono in grado di offrire e i corrispondenti costi. Sarebbe importante partire presto, eventualmente anche con il federalismo cosiddetto “a due velocità”, che prevede l’immediata applicazione alle Regioni che sono pronte». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 79




IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il mondo del caffè a 360 gradi I valori distintivi del brand Lavazza sono la qualità e l’innovazione nel rispetto della tradizione. Il presidente Alberto Lavazza racconta la storia dell’azienda e le nuove sfide per il futuro Nike Giurlani

affè Lavazza, più lo mandi giù, più ti tira su”. Chi non ricorda il famoso slogan reso celebre anni fa da Nino Manfredi in una delle memorabili pubblicità televisive dell’azienda? Lavazza oggi è tra le più rilevanti realtà produttive di caffè al mondo, leader in Italia nel mercato retail con una quota del 48% (in valore, fonte Nielsen) e presente in oltre 90 Paesi, presidiando i segmenti Casa e Fuori casa della ristorazione. «L’espansione verso i mercati europei, dove vengono aperte anche delle consociate, è iniziato negli anni Ottanta, in Francia, Germania, Austria, Inghilterra e Stati Uniti, a cui sono seguiti nel corso degli anni Novanta anche la Spagna e il Portogallo» racconta Alberto Lavazza, presidente dell’azienda. «Successivamente ci siamo aperti ai mercati emergenti sbarcando nel 2005 in Brasile, con l’apertura di una consociata locale, e nel 2007 in India, dove abbiamo acquisito Barista Coffee Company e Fresh & Honest Café». L’inizio del 2008 è stato caratterizzato da un ulteriore passo verso il Brasile, prima con l’acquisizione di Café Grão Nobre e successi-

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vamente con Café Terra Brasil. Ma la conquista dei nuovi mercati non si è fermata e anche negli anni successivi sono state chiuse delle significative acquisizioni, in diverse aree del mondo. Lavazza, infatti, nonostante il delicato momento economico, ha retto bene i contraccolpi della crisi e ha chiuso il 2010 con un fatturato stimato di oltre 1,1 miliardi di euro e un risultato operativo in linea con quello del 2009, nonostante i rialzi della materia prima. Anche il 2010 ha registrato quindi risultati più che positivi che fanno ben sperare per il 2011. I valori distintivi del brand Lavazza sono la qualità e l’innovazione nel rispetto della tradizione e non a caso l’azienda «ha creato il Training center network, una rete internazionale di oltre 43 laboratori del caffè nel mondo, dove tutti i clienti, i giornalisti e gli opinion leader possono essere informati sulle modalità di preparazione di un ottimo espresso, ma anche approfondire tutto quanto riguarda in senso più ampio, il mondo del caffè» rileva il presidente. A gennaio 2009, inoltre, Lavazza


Alberto Lavazza

ha siglato anche un accordo quinquennale con il Politecnico di Torino per sviluppare attività di ricerca. A riprova dell’interesse dell’azienda verso l’innovazione, lo scorso ottobre è stato anche inaugurato nel capoluogo piemontese l’Innovation Center Lavazza. «Quest’ultima realtà rappresenta un simbolo dell’evoluzione dell’azienda che sorge proprio nel luogo chiave della nostra storia, lo stabilimento di Settimo Torinese» ha dichiarato Lavazza. «La ricerca è

La scelta di mantenere il centro propulsivo dell’azienda sul territorio torinese è coerente con il piano di crescita industriale che supera i confini nazionali

per noi condizione essenziale per la crescita e la capacità competitiva internazionale, la scelta di mantenere il centro propulsivo dell’azienda, cioè della sua capacità di guida strategica e coordinamento operativo, sul territorio torinese è coerente con il piano di crescita industriale che supera i confini nazionali e guarda ai mercati internazionali, sia quelli storicamente evoluti sia quelli di recente sviluppo». Proprio in questi luoghi, «nel nascituro centro direzionale di Torino e in questa sede si attiveranno i nuovi progetti che vedranno partecipi, ad esempio, il Politecnico e l’Università di Torino quali partner d’eccellenza» conclude Alberto Lavazza.

A sinistra, Alberto Lavazza

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Potenziare la presenza sui mercati esteri Combattere la crisi puntando su tradizione e innovazione, rafforzando la presenza sui mercati di Brasile, Russia, India e Cina. Questa la strategia dell’azienda Bottero, come racconta il presidente Leonardo Ghinamo Nike Giurlani

ottero è da 50 anni tra le aziende leader in tutti i settori dell’industria del vetro. In questo delicato momento economico le strategie che sono state messe in campo per far fronte alla crisi sono quelle che da sempre caratterizzano l’azienda: «ricercare nuovi clienti approfondendo con continuità le loro esigenze tecnologiche-organizzative, innovare e industrializzare nuovi prodotti con maggiori prestazioni e costi maggiormente competitivi» spiega Leonardo Ghinamo, presidente dell’azienda cuneese. Inoltre, Bottero ha puntato a migliorare l’efficienza di tutti i comparti anche con il supporto di nuovi strumenti per la progettazione e la gestione dei processi produttivi e «potenziando l’azione commerciale e d’assistenza tecnica in loco, specialmente nell’area Bric, iniziando a produrre alcune tipologie di macchine in Cina e a importare da quest’ultima componenti meccanici per ridurne l’incidenza sul costo delle macchine prodotte in Italia». Infine, è stata incrementata la presenza nel settore della produzione di macchine e linee di vetrate isolanti «in quanto la nostra attività in questo settore è iniziata solamente nel 2010», conclude Ghinamo. Tra i prodotti realizzati, quali quelli più richiesti? «Sicuramente le linee di produzione del vetro stampato per il fotovoltaico e quelle d’assemblaggio dei pannelli solari, ma anche le linee in-

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L’ingegnere Leonardo Ghinamo, presidente di Bottero


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Leonardo Ghinamo

tegrate composte di macchine standard impiegate nelle seconde lavorazioni nei settori dell’edilizia e dell’arredamento e, infine, le macchine del settore vetro cavo dotate di meccanismi di nuova generazione». Bottero, negli ultimi anni, ha progressivamente aumentato gli investimenti finalizzati alla ricerca e sviluppo. Quali sono state le soluzioni particolarmente innovative che avete lanciato? «La ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni per migliorare l’efficienza della produzione sono sempre stati alla base della nostra strategia e ci hanno consentito di diventare una delle aziende più importanti a livello mondiale sia nel settore della produzione e della lavorazione delle lastre di vetro piano sia in quello delle macchine per la produzione di contenitori in vetro. Voglio anche ricordare che siamo l’unica azienda al mondo che opera in entrambi i settori». Quali, in particolare, i modelli da voi brevettati? «Ogni anno depositiamo circa una decina di brevetti, il numero varia di anno in anno perché il lasso di tempo che intercorre fra il deposito del brevetto e la vendita del prodotto spesso è di parecchi mesi, o addirittura di alcuni anni, in quanto per la definitiva omologazione della validità di una nuova soluzione occorre testarla presso qualche cliente per un tempo abbastanza lungo, specialmente quando si richiede al prodotto una vita di almeno 7/9 anni, 24 ore al

giorno e 365 giorni all’anno. Anche per questo è difficile prevedere quali brevetti sono i più significativi, ma sicuramente quelli inerenti ai nuovi meccanismi di apertura e chiusura stampi, completi di sistema di raffreddamento vetro delle macchine del vetro cavo, rappresentano un significativo passo avanti nella tecnologia della fabbricazione dei contenitori in vetro». Che ruolo sta giocando e dovrà continuare a svolgere l’internazionalizzazione? «Ci garantirà non solamente la presenza, ma anche lo sviluppo, nei paesi con maggiore crescita dell’economia interna, pertanto dovremo sicuramente aumentare la nostra presenza all’estero anche come costruttori in loco, e non solamente tramite il nostro personale di vendita e assistenza tecnica». Come si concretizza il legame con il territorio piemontese? «Con una maggiore collaborazione con i nostri fornitori, ma soprattutto sentiamo l’utilità di poter operare in collaborazione con il Politecnico di Torino». Quali le prossime sfide dell’azienda? «Penso che siano già abbastanza sufficienti quelle attuali che ci portano necessariamente a combattere non solo con i tradizionali concorrenti d’Oltralpe, ma soprattutto con quelli che stanno emergendo nei paesi asiatici. La vera sfida è, quindi, quella di incrementare la nostra presenza come produttori nei principali paesi Bric (Brasile, Russia, India, Cina)». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 85


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Politica di espansione verso i mercati esteri «Rafforzare prima di tutto i mercati dove siamo già presenti» questo uno degli obiettivi di Giacomo Ponti per il nuovo anno che non si presenta certo facile «ma l’azienda Ponti ama le sfide, come racconta il presidente» Nike Giurlani

azienda Ponti inizia la sua avventura nel 1867. Oggi al timone c’è Giacomo Ponti, classe 1972, che rappresenta la quinta generazione di una delle imprese familiari che, nata come piccola realtà, ha negli anni acquisito un ruolo importante all’interno della storia dell’imprenditoria piemontese e più in generale del nostro Paese. Dal 1965 Ponti dà il via a una politica di espansione che prevede l’acquisizione dei maggiori acetifici concorrenti, con una conseguente diversificazione di produzione, e la conquista dei mercati internazionali, con singole refe-

L’ Sotto, il presidente Giacomo Ponti

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renze create ad hoc per i consumatori stranieri. Nonostante la crisi mondiale, l’azienda continua a registrate ottimi fatturati e «molte sono le sfide anche per questo nuovo anno» afferma il presidente. Ponti fornisce una vasta gamma di prodotti, ma l’aceto resta il vostro punto di forza. Quali sono i fatturati annui al riguardo? Quali sono i prodotti che stanno registrando delle performance più interessanti? «La previsione del fatturato del 2010 è di circa 124milioni di euro del quale il 55% è rappresentato dal mondo dell’aceto. In questo momento il prodotto più performante a livello di crescita sia in Italia che all’estero è la glassa gastronomica a base di aceto balsamico di Modena Igp. Si tratta di un prodotto che è nato tra il 2007 e 2008 e nel 2009 ha vinto il premio come miglior prodotto dell’anno. È stato lanciato con una campagna televisiva interessante e può essere definito il “ketchup italiano”. Pur essendo un prodotto nato per il canale degli chef è stata ben presto apprezzato anche dagli altri canali di vendita, sia nel mercato interno che estero». Dal 1965 Ponti ha dato il via a un’importante politica di acquisizioni, ultima in ordine di tempo è quella di Montana Achillea. «Acquisire nuove realtà, a volte solo i rami


Giacomo Ponti

In questo momento il prodotto più performante è la glassa gastronomica a base di aceto balsamico di Modena Igp

124 mln EURO La previsione del fatturato del 2010

% 18 EXPORT La parte di fatturato proveniente dalle vendite sui mercati esteri

d’azienda altre volte anche l’asset industriale, ha rappresentato da sempre un aspetto importante per la nostra azienda. Nel 91, per esempio, abbiamo acquisito Modena Aceti, una realtà molto piccola che oggi è diventata un punto di riferimento per il settore. Tale scelta si è rivelata molto funzionale per Ponti che, essendo leader nel mondo dell’aceto, ha ritenuto fondamentale possedere una propria acetaia per rispondere alle esigenze del mercato interno ed estero. Nel caso dell’azienda Montana Achille, nostro storico fornitore di aceto di mele bio-

logico, è stato il proprietario a proporci l’acquisizione per permettere all’azienda di crescere e aprirsi ai contesti internazionali. La proposta c’è sembrata interessante e abbiamo accettato. Nel 2010 abbiamo ristrutturato l’intero stabilimento, utilizzando macchinari altamente specializzati per aumentarne le capacità produttive. In questo momento sta realizzando ottimi risultati grazie alla trasformazione di frutta biologica in succhi, puree e marmellate e riteniamo che ci siano i margini per crescere ulteriormente e per conquistare anche i canali di distribuzioni esteri». Che ruolo ricopre il mercato internazionale per la vostra azienda? «L’azienda esporta circa il 18% del proprio fatturato all’estero e il prodotto più richiesto è l’aceto balsamico di Modena Igp. I mercati dove stiamo realizzando performance migliori sono quelli più sviluppati e più geograficamente vicini all’Italia come la Germania, la Svizzera, la Francia, l’Austria e la Spagna; inoltre, siamo forti anche PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 87


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il nostro obiettivo è avere degli stabilimenti dotati di tecnologie all’avanguardia, con un minor dispendio d’energia e una strumentazione che sia il più possibile performante in termini di qualità e di efficienza

in Gran Bretagna, gli Stati Uniti, l’Austra- è solo sostituire i macchinari che non fun-

Sopra, la cantina della sede di Vignola in provincia di Modena

lia e il Giappone. In totale esportiamo in 67 paesi ed è nostra intenzione aprirci verso nuovi mercati, ma soprattutto rafforzare quelli nei quali già siamo presenti». Quanto conta per la vostra azienda investire su innovazione e tecnologia altamente specializzata? «È un aspetto molto importante. Tutti gli anni realizziamo un piano d’investimento volto a rendere i nostri stabilimenti sempre più all’avanguardia. Il nostro obiettivo non

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zionano più, ma soprattutto avere stabilimenti dotati di tecnologie all’avanguardia, con un minor dispendio d’energia e con una strumentazione che sia il più possibile performante in termini di qualità e di efficienza». Quali le sfide per questo nuovo anno? «Il 2011 sarà un anno difficile come lo è stato anche il 2010. Abbiamo previsto un budget ambizioso e il nostro obiettivo sarà quello di vincere le sfide che ci siamo posti».



La bottiglia di plastica ad alta sostenibilità In dieci anni Acqua Sant’Anna ha conquistato un ruolo di leadership nel mercato delle acque minerali. Il segreto? È la prima azienda in Italia e nel mondo a utilizzare un materiale innovativo per realizzare bottiglie in plastica naturale completamente biodegradabili come racconta il presidente e amministratore delegato Alberto Bertone Nike Giurlani onti di Vinadio, produttrice di Acqua Sant’Anna, ha portato il marchio piemontese ai vertici delle classifiche e del mercato in poco più di dieci anni. «Siamo partiti da zero con una squadra composta da persone che venivano tutte da ambiti totalmente diversi, io, per esempio, da quello delle costruzioni» racconta Alberto Bertone, presidente e ad di Fonti di Vinadio. «Questo ha giocato a nostro favore perchè ci siamo inseriti nel settore in maniera differente rispetto ai nostri competitor e nel giro di sette anni abbiamo sbaragliato tutte le multinazionali, italiane ed estere, e siamo diventati leader del mercato interno sia per volume che per fatturato». La forza di del-

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Alberto Bertone, presidente e ad di Fonti di Vinadio

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Alberto Bertone

Sant’Anna Bio Bottle è la prima bottiglia che utilizza un packaging realizzato interamente con una rivoluzionaria plastica naturale, inoltre è biodegradabile e scomponibile

l’azienda piemontese sta nell’aver puntato su tecnologie altamente qualificate, ottenendo in questo modo «una riduzione dei costi del prodotto che ci ha permesso di conquistare il mercato». Altro punto di forza è la comunicazione. «Non abbiamo ricercato testimonial, ma abbiamo puntato su una pubblicità comparativa e sull’analisi del prodotto, in modo da fornire al consumatore tutte le informazioni opportune per scegliere l’acqua Sant’Anna rispetto a un’altra» rileva l’imprenditore. Non a caso Alberto Bertone è stato insignito, dalla giuria del premio Ernst & Young, del riconoscimento “Imprenditore dell’anno 2010” nella categoria Food & beverage per aver fatto dell’innovazione tecnologica la propria bandiera, sino a divenire la prima azienda in Italia e nel mondo a utilizzare un materiale innovativo per realizzare bottiglie in plastica naturale completamente biodegradabili. Nonostante la congiuntura economica sfavorevole l’azienda ha chiuso il 2009 con un fatturato di 180 milioni di euro e 750 milioni di bottiglie vendute. Quali sono state le strategie messe in campo per combattere la crisi economica? «La crisi da una parte ha portato a una riduzione dei volumi venduti, ma dall’altra ha permesso una diminuzione dei costi della materia prima e questo ci ha permesso di avere la possibilità di aumentarne i volumi senza però incrementarne i costi, nonostante quelli del petrolio e della materia prima stiano aumentando in maniera vertiginosa. La nostra vera forza sta nella Sant’Anna Bio Bottle, la prima bottiglia in Italia e prima in Europa, che uti-

lizza un packaging realizzato interamente con una rivoluzionaria plastica naturale che si ricava dalla fermentazione degli zuccheri delle piante anziché dal petrolio, inoltre è biodegradabile e scomponibile». Un’attenzione particolare è rivolta anche all’ambiente. Quali le iniziative ecocompatibili che promuovete? «Dalle bottiglie verdi siamo passati a creare una vera e propria azienda tutta ecosostenibile che punta a utilizzare materiali sicuri per l’ambiente. Molte società della grande distribuzione ci hanno chiesto di implementare questa bottiglia nel loro assortimento, richiesta che per esempio c’è stata avanzata anche dalla Coop». Che cosa avete in serbo per questo nuovo anno? «Continueremo a ricercare con Ferrero, Lavazza e Granarolo nuovi packaging per ampliare i nostri progetti verdi a tutta la filiera produttiva al fine di realizzare il più possibile imballaggi ecosostenibili». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 91


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Le sfide del settore lattiero caseario Concorrenza a basso costo, contrazione dei mercati, globalizzazione. Il settore lattiero caseario si trova oggi a dover combattere su più fronti. Ma la qualità premia. E il sapersi reinventare anche. L’esperienza della Latte Alberti che ha puntato sui derivati caseari e la rete distributiva Carlo Gherardini

uello lattiero caseario è un settore assai complesso. Non basta riferirsi genericamente a latte e formaggi: bisogna distinguere fra latte fresco, latte a lunga conservazione, e derivati caseari. L’unico prodotto del settore che oggi riesce a mantenere quotazioni soddisfacenti è il Grana Padano. Gli altri, chi più chi meno, stanno tutti subendo gli effetti della crisi economica. Cala il potere di acquisto, e si sta conseguentemente attenti ai costi della spesa. «In particolare, nel segmento specifico del latte fresco si aggiunge oggi anche la nuova concorrenza dei marchi “private label”» afferma Alberto Alberti, amministratore delegato del gruppo Latte Alberti, gruppo che comprende due aziende, una a Fossano, centro di raccolta del latte e stabilimento di produzione di Grana Padano, e l’altra in Liguria, a Pontedassio, che produce latte alimentare e derivati caseari. «La grande distribuzione da circa tre anni ha iniziato a vendere a proprio marchio anche il latte fresco, rappresentando per le aziende produttrici un temibile concorrente». Come mai il latte a marchio private label ha un costo inferiore? «La differenza di prezzo nasce dal fatto che un’azienda produttrice, per poter andare avanti deve ricavare un minimo margine su ogni articolo della sua limitata gamma di produzione,

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mentre la distribuzione organizzata, che ha migliaia di referenze sugli scaffali, può decidere di venderne qualcuna, di basso valore aggiunto ma con alta frequenza di acquisto, anche in sottocosto. Il basso costo di acquisto attira il consumatore, che una volta entrato nella struttura, come è dimostrato da una ben nota legge del mercato, è facilmente indotto ad acquistare altri beni. Questa della GDO è una vera e propria operazione di marketing, pure se “border line” dal punto di vista etico. Queste operazioni di “prezzi civetta” portano infatti un danno rilevante a chi produce seriamente, contribuendo non poco a svilire anche l’immagine del prodotto. Da tempo a livello codi famiglia, munitario e nazionale sono allo studio provve- Gruppo con Alberto Alberti, dimenti a tutela degli abusi di posizione domi- a destra, con il padre nante della GDO per questo tipo di e il cugino Marco. Nella pagina accanto comportamenti, ma con scarso successo in gli stabilimenti quanto le proposte di legge vengono fortemente di produzione osteggiate dalle potentissime lobbies della GDO www.lattealberti.it


Alberto Alberti

Il nostro centro di raccolta rientra nel Consorzio Grana Padano. Da tempo abbiamo adottato il rigido protocollo in tema di sicurezza

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stessa. Concludendo il discorso del latte fresco, l’ingresso a gamba tesa della GDO nel mercato è il fenomeno negativo che le aziende del settore hanno sofferto maggiormente negli ultimi tempi, con effetti ulteriormente aggravati dalla recessione». Per il latte a lunga conservazione la situazione è diversa? «Per le aziende medie e piccole una marginalità soddisfacente sul latte a lunga conservazione è da tempo ormai solo un lontano ricordo. Oggi può essere considerato al più un completamento di gamma, e la globalizzazione non ha fatto che peggiorare la situazione. Con l’allargamento dell’Europa a 27 paesi, quando un consumatore controlla le indicazioni del bollo CE su un contenitore di latte UHT, può facilmente imbattersi in un prodotto che proviene da paesi d’Europa dove i costi di filiera oggi sono assai più bassi che in Italia. Per aziende come la nostra, che lavorano latte italiano, anche per il latte UHT il momento è quindi particolarmente delicato». Come fate fronte alle criticità del settore? «Stiamo puntando molto sui derivati caseari. L’alta qualità della materia prima ci consente di

produrre, ad esempio, un’ottima panna, e negli ultimi due anni abbiamo spinto su questo, affacciandoci anche su nuovi mercati, come centro e sud Italia, nonchè la vicina Francia. La panna ha contribuito non poco ad integrare i nostri fatturati. Fondamentale per il successo è stato l’alto livello di sicurezza della materia prima. Dal momento che il nostro centro di raccolta rientra nell’area di produzione della DOP Grana Padano, ben prima delle più recenti normative in tema di sicurezza alimentare avevamo già adottato il rigido protocollo di chi aderisce al Consorzio. Della garanzia di alta qualità del latte ne beneficiano evidentemente tutti i nostri prodotti, e non il solo Grana Padano. Tutti i nostri fornitori hanno l’obbligo di mantenere elevati standard qualitativi della materia prima, con parametri che vengono verificati con severi controlli a sorpresa da parte di ispettori degli istituti di certificazione che operano per conto del Consorzio stesso». Quali prospettive intravede per il futuro del suo settore in generale e della sua azienda in particolare? «Continuiamo nel percorso intrapreso, relativo alla panna ed agli altri prodotti di gamma. Ma rivolgiamo le nostre attenzioni non solo alla produzione, bensì anche alla rete distributiva. Abbiamo integrato negli ultimi anni i fatturati non solo grazie alla panna e altri derivati, ma anche implementando e diversificando i prodotti che andiamo a distribuire: tutti i prodotti della filiera del fresco ben si coniugano infatti per loro natura con le reti distributive tipiche della centrale del latte. Una scelta che ci sta facendo registrare una crescita del 5-6% annuo, e che ritengo sia una delle carte vincenti per le aziende medio piccole del nostro settore». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 93


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’eccellenza alimentare sposa tecnologia e artigianalità Nuove tecnologie nella movimentazione, materie prime selezionate e lavorazione artigianale fanno dei prodotti del Gruppo Caseario Pugliese – Conrado una garanzia per la sicurezza del consumatore. L’esperienza di Simona Radicci Eugenia Campo di Costa

l settore agroalimentare è un comparto strategico per l’economia italiana. Con oltre 7mila imprese, 300mila addetti e un fatturato complessivo che nel 2010 si è aggirato intorno ai 170 miliardi di euro, rappresenta la seconda voce del comparto manifatturiero ed è di fatto uno dei settori trainanti dell’economia nazionale. Anche se la crisi, con la perdita del potere di acquisto delle famiglie, inevitabilmente si riflette sul settore agroalimentare e su tutto l’indotto. «L’agroalimentare dovrebbe riconquistare la leadership sul mercato – afferma

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Simona Radicci del Gruppo Caseario PuglieseConrado di Lauriano-TO –, bisogna aumentare la produttività e soprattutto si dovrebbe diffondere una cultura della sicurezza alimentare in un’ottica di responsabilizzazione di tutti gli operatori della filiera: da chi produce e fornisce le materie prime, ai trasformatori, a chi commercializza i prodotti finiti». Il consumatore è infatti sempre più sensibile alla qualità di ciò che mangia. Il Gruppo Caseario Pugliese – Conrado ha già intrapreso un percorso in questo senso? «Abbiamo investito in nuovi macchinari e tecnologie. Nel maggio del 2006 è stato inaugurato il nuovo stabilimento di Lauriano che si sviluppa su una superficie di 15.000 mq, ed è dotato di una serie di impianti e macchinari tra i più tecnologicamente avanzati d’Europa. Abbiamo adottato nuove tecnologie aumentando l’automatizzazione laddove ci era possibile per incrementare la produttività, rinvestendo sempre gli utili all’interno dell’azienda. La nostra politica aziendale è innanzi tutto strettamente legata alla filiera dell’alta qualità. Tutti i giorni raccogliamo il latte esclusivamente presso 42 aziende agricole piemontesi, selezionate, che conferiscono solo al nostro Gruppo oltre 200 tonnellate di latte, di cui l’90% in alta qualità, secondo la legge italiana sul Latte di Alta Qualità che prevede rigidi controlli sugli allevamenti e una serie di requisiti che garantiscono la totale neutralità e igiene del latte. Inoltre, il latte utilizzato per la produzione dei no-

Simona Radicci, del Gruppo Caseario Pugliese-Conrado di Lauriano. Nella pagina accanto, la lavorazione artigianale delle mozzarelle e alcuni prodotti fini www.caseificiopugliese.com


Simona Radicci

stri formaggi ha un ulteriore plus qualitativo: è ottenuto da bovini alimentati con mangimi non geneticamente modificati. Il sistema no ogm è certificato dal CSQA di Thiene e comporta numerosi controlli alle stalle che compongono la filiera. Sia la movimentazione del latte sia gli impianti di produzione, sono totalmente computerizzati. Questa tecnologia consente di avere tutti i parametri di lavorazione costantemente sotto controllo». L’evoluzione tecnologica si coniuga anche con l’attività artigianale nella lavorazione dei formaggi. «Il connubio tra tradizione e innovazione è l’idea vincente della nostra azienda: se gli investimenti in tecnologie, ricerca e sviluppo garantiscono al consumatore la qualità e la sicurezza del prodotto finito, gran parte dei nostri formaggi vengono fatti ancora a mano, in modo artigianale. Sicuramente una ricotta fatta a mano, una treccia intrecciata a mano, o una burrata annodata a mano hanno un sapore diverso rispetto agli stessi formaggi che escono da una struttura automatizzata». Come mai il Gruppo Caseario si chiama “pugliese” pur essendo in Piemonte? «L’azienda ha oltre 40 anni di storia, quando la mia famiglia, originaria di Gioia del Colle, BA, in Puglia, si è trasferita in Piemonte, unendo così l’antica tradizione casearia pugliese, con l’eccellente materia prima: il latte piemontese. Il Gruppo oggi produce con il marchio Caseificio Pugliese formaggi freschi a pasta filata come fior di latte, nodini, treccine, burrata, ricotta, scamorze e caciocavalli, e con il marchio Conrado formaggi freschi a pasta molle come stracchino alta qualità, tomini piemontesi freschi e semistagionati, robiola alpina, formaggi freschi canestrati». Dove distribuite principalmente i vostri prodotti? «Il mercato nazionale è il mercato di riferimento con oltre 90% del nostro fatturato, ma negli ultimi anni l’azienda sta puntando

Se gli investimenti in tecnologie garantiscono al consumatore la qualità e la sicurezza del prodotto finito, gran parte dei nostri formaggi vengono fatti ancora a mano, in modo artigianale

molto sui mercati stranieri, in particolar modo, europei, asiatici e americani. Siamo presenti in tutta la GD-DO italiana, inoltre negli ultimi anni siamo diventati produttori a marca privata, per le più importanti insegne della distribuzione italiana». Quali le prospettive per il futuro? «Consolidare la presenza sul mercato nazionale e incrementare la quota del mercato estero. Inoltre, il nostro focus è fidelizzare il consumatore finale assicurando un prodotto di elevata qualità e sicurezza, in linea con la mission aziendale di sempre: la costante ricerca dell’eccellenza qualitativa».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Trasparenza, ingrediente competitivo Rigorosa scelta delle materie prime e sistema di tracciabilità. Per Alberto Pochettino è in gioco la partita dell'industria alimentare. Quella che rompe gli schemi dei sapori omologati e riporta al centro la bontà dei prodotti di qualità Paola Maruzzi

stata una connaturata questione di riflessi e di rimbalzi. L'andamento dell'industria alimentare italiana si è piegato leggermente ma ha retto egregiamente l'impatto, altrove dirompente, della crisi. Quando, appena un anno fa, si stilavano le “liste nere” delle flessioni, Federealimentare registrava con sorpresa un calo della produzione solo dell'1,8 per cento, a fronte del 18 per cento del totale dell'industria nazionale. Oggi, rileggendo in controluce quei dati, si conferma un trend se non proprio positivo, almeno di netta ripresa. Insomma, il cibo non delude, sia sotto l'aspetto produttivo che, conseguentemente, su quello dei consumi. Calza a pennello l'intervento di Alberto Pochettino, direttore commerciale dell’azienda di famiglia Di Vita, che produce verdure aromatizzate all'aceto e all'olio. «Non abbiamo registrato un calo precipitoso. Ma questo non vuol dire che la nostra sia una filiera priva di ostacoli. Tutt'altro. Negli ultimi tempi, proprio alla luce di un contesto fortemente globalizzato, sono aumentati i competitor. E si sono per giunta inaspriti i fenomeni speculativi sulle materie prime, rendendo la gestione generale estremamente complessa e faticosa». Un motivo in più per puntare su tutto quello che c'è di qualificato. A questo punto Alberto Pochettino tira in ballo un aspetto cruciale: la tracciabilità, il meccanismo che in un certo senso pone un discrimine tra le aziende che si dimostrano sicure e certificate e quelle che non lo sono affatto. Da sempre sensibile alla problematica della sicurezza alimentare, Di Vita utilizza un sofisticato sistema informatizzato capace di rispondere adeguatamente a quanto richiesto sia dalla recente normativa di riferimento, sia dalla clientela, assicurando così

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Alberto Pochettino

Abbiamo potenziato i controlli grazie a un sistema informatico che mantiene in archivio i dati per cinque anni

La Di Vita si trova a Carmagnola (To) www.divita.it

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un efficace processo di codifica dei prodotti finiti e di tracciabilità delle materie prime. «Abbiamo sposato la filosofia della trasparenza già in tempi non sospetti, quando non era ancora entrata in vigore la legge. Avevamo un sistema abbastanza efficiente, che ci permetteva di risalire alla materia prima in modo piuttosto definito. Una good practice scontata considerato il fatto che lavoriamo in stretto contatto con delle multinazionali. Successivamente abbiamo potenziato i controlli, grazie a un sistema informatico che mantiene in archivio i dati per cinque anni. Insomma, sappiamo dettagliatamente cosa è stato inviato a chi». Se la possibilità di fare controlli agisce in maniera trasversale, altrettanto importante è l’operazione che sta a monte di tutto: l’accurata selezione delle materie prime. «La cernita dei vegetali è il nostro punto di forza. Per ogni tipologia di prodotto c’è una diversa modalità di approccio che tiene conto delle sue tipicità. Peperoni, carote, cetrioli, cipolle

e basilico sono solo alcuni dei nostri fiori all’occhiello. La loro provenienza è certificata. Alcuni sono strettamente nazionali, come per esempio il basilico che proviene dal Piemonte. Altri, invece, sono mediterranei o nord europei». Un ulteriore modo per assicurarsi la qualità è inevitabilmente la presenza consolidata sul mercato. «Operiamo nel settore da quarant’anni, quindi conosciamo alla perfezione fornitori, con i quali abbiamo stabilito un rapporto di reciproca fiducia. Siamo noi stessi a “imporre” dei parametri di fornitura, il cui riscontro viene garantito da successive analisi». Trattare prevalentemente prodotti freschi, il più delle volte appena raccolti, non permette di abbozzare. D’altronde è un savoir faire che viene da lontano, dalla fine degli anni Sessanta. Nel corso del tempo Di Vita ha sempre seguito e, spesso, anticipato l'evoluzione del gusto dei consumatori. Ecco allora che ai più classici sottaceti come l'insalatina, la giardiniera e i peperoni sono stati affiancati i prodotti grigliati, i sottoli e i pesti. «Questo non vuol dire che i prodotti classici siano venuti meno, ma è indubbiamente cresciuta la voglia di sperimentare nuovi sapori. Una richiesta che viene soprattutto dall’estero, dove vanno forte i grigliati e i pesti». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 97


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Una ricerca strategica per il settore vinicolo La Sirio Aliberti ha conquistato i produttori vinicoli europei grazie alle peculiarità dei suoi macchinari. E oggi presenta i risultati di una ricerca sugli effetti dell’acciaio inossidabile utilizzato per i serbatoi vinicoli Filippo Belli

l successo, nell’impresa, è un risultato che non si raggiunge senza affrontare ostacoli. È frutto di impegno, di coraggio e soprattutto di intuito. Sirio Aliberti, fondatore dell’omonima società astigiana leader nel settore dei macchinari per la vinificazione ne è un esempio incalzante. Un cammino pioneristico il suo, su un settore che nel Dopoguerra, parliamo degli anni Cinquanta, doveva ancora svilupparsi. Ma Aliberti ne riconobbe sin da subito l’immenso potenziale. «Mio padre fu uno dei pochi che, all’epoca, tracciò la strada alle aziende enomeccaniche – racconta Elda Regina Aliberti, figlia di Sirio e amministratrice unica della società di Calamandrana -. Incentivò l’attività sulla costruzione di recipienti per la vinificazione, autoclavi e pastorizzatori. Fu invece il suo grande amico Tommaso Culasso a dedicarsi alle macchine riempitrici e alle gabbiettatrici». Negli anni, è giunta poi l’affermazione sul territorio locale, ma anche oltre confine.

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Andrea Soria, responsabile della produzione per la Sirio Aliberti www.sirioaliberti.it

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In particolare, l’azienda porta avanti un know how e un’abilità nell’utilizzo dell’acciaio che Sirio Aliberti apprese negli anni vissuti in Africa. «Nel campo alimentare, e in particolar modo nello stoccaggio di liquidi quali vino, birra, latte e bevande in genere, l’acciaio inossidabile autentico ha ottenuto un impiego sempre crescente – spiega l’ingegnere Andrea Soria, nipote del fondatore. A fronte di ciò abbiamo sviluppato un sistema di progettazione e costruzione finalizzato alla realizzazione di una gamma di serbatoi, vinificatori e autoclavi che affiancano al mantenimento qualitativo del prodotto contenuto un altissimo livello funzionale». Elementi da non sottovalutare, tenuto conto che nella realizzazione di un serbatoio per uso enologico serve una superficie di contatto con il vino priva di interstizi, che potrebbero causare la formazione di depositi. «L’acciaio inossidabile ha una resistenza che è subordinata alle condizioni ambientali in cui si trova. Per questo la presenza di un de-


Sirio Aliberti

4,000 MQ AZIENDA

posito rischia di compromettere la resistenza dello strato superficiale dell’acciaio». Ma questa filosofia è anche il frutto di un’attenta opera di ricerca. L’azienda, infatti, investe da sempre in tal senso. In particolare, ha portato a termine una ricerca sperimentale atta proprio a valutare la resistenza alla corrosione dell’acciaio inossidabile, non tanto da una prospettiva di integrità dell’impianto, quanto come entità di cessione di metalli nel liquido contenuto. L’aspetto dell’integrità del liquido alimentare e l’assenza di contaminazioni è un aspetto fondamentale e più importante rispetto a un problema di semplice corrosione del serbatoio. Va inoltre sottolineato che, generalmente, in campo enologico non esistono condizioni operative standard, questo perché, come spiega Soria, «all’interno dei serbatoi possono essere compiute varie lavorazioni, quali la vinificazione, la fermentazione o il semplice stoccaggio del prodotto finito». La sperimentazione si è svolta immergendo dei campioni di acciaio inossidabile, di tipo AISI 304 e

Questa la superficie che ricopre l’azienda di Calamandrana, alle porte di Canelli. Un complesso che ospita alcuni dei più attrezzati reparti di produzione del settore enomeccanico piemontese

AISI 316 con varie finiture, all’interno di contenitori in vetro contenenti un liquido di prova, composto da acqua, alcool e acido acetico, per tempistiche che sono andate dai 15 ai 90 giorni. «Al termine della ricerca è emerso che l’acciaio Aisi 316 ha una resistenza maggiore ai fenomeni di corrosione rispetto al 304, ma ciò non vuol dire che causi necessariamente un comportamento migliore per quanto riguarda i valori di cessione – spiega Andrea Soria -. Questo, anche ai fini di una nostra pianificazione industriale, ci ha consentito di ottenere un dato tutt’altro che irrilevante. Infatti, l’impiego dell’Aisi 316, nei casi in cui non sono presenti condizioni ambientali rilevanti dal punto di vista di una possibile corrosione del serbatoio, non genera alcun beneficio ma solo un ingiustificato aumento di costo». Dal 1997 l’azienda fa parte del gruppo Della Toffola, azienda veneta leader nel settore, con stabilimenti in varie parti del mondo oltre la sede principale di Signoressa di Trevignano (Tv). In futuro la società continuerà a puntare sull’innovazione. «Il mercato di riferimento ha certamente avvertito la crisi – conclude Elda Aliberti -. Ma guardiamo al futuro fiduciosi, forti della qualità del nostro operato, ormai riconosciuta in tutta la filiera». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 99


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’automotive punta sull’innovazione Il settore dell’automotive impone alle aziende italiane nuove sfide che parlano di innovazione, efficienza e capacità di reagire tempestivamente alle esigenze di un mercato globale in continua evoluzione. Il caso della Nke Automation nelle parole di Ernesto Angelo Cullino Erika Facciolla

l Piemonte è una delle regioni italiane che ha maggiormente risentito dei rapidi cambiamenti tecnologici che hanno investito negli ultimi anni i diversi settori del comparto industriale. Nell’ultimo decennio le imprese hanno cominciato a reagire positivamente alle nuove sfide imposte da un mercato che risente dell’agguerrita concorrenza asiatica e della congiuntura economica negativa. Soprattutto il settore dell’automotive industriale sta attraversando una fase di profonda conversione tecnologica verso cicli produttivi e logiche di servizio e di marketing che devono necessariamente tener conto delle nuove sfide ambientali, delle risorse tecnologiche a disposizione e di competitor internazionali sempre più aggressivi. Un esempio emblematico in tal senso ci è offerto dall’azienda piemontese Nke Automation, presente nel settore da oltre trent’anni. Nata nel 1972 su iniziativa di Ernesto Angelo Cullino e Dario Borello, la Nke rappresenta una delle realtà industriali più virtuose e dinamiche del panorama italiano. La storia della Nke Automation ha inizio nel 1972 e da allora tutte le attività svolte hanno il medesimo denominatore: automazione. Qual è stata l’evoluzione dell’azienda in questi anni? «Ci siamo specializzati in erogazione di tutti i fluidi, incollaggio dei cristalli, applica-

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Ernesto Angelo Cullino della Nke di Alpignano (TO). Nella pagina a fianco gli interni dell’azienda www.nke.it

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zione di adesivi e in estrusione di guarnizioni. La Nke è un’azienda che vanta una lunga esperienza nel settore: sembrerebbe che per così tanto tempo ci si sia impegnati nell’eseguire con sistemi meccanici più o meno sofisticati quello che tradizionalmente ha sempre fatto l’uomo con le sue proprie forze». Quali sono le caratteristiche distintive della Nke? «La nostra è un’azienda ben radicata nel tessuto geografico dove si è sviluppata, anche se sa cogliere l’opportunità di affacciarsi con successo su realtà molto differenti per lingua e cultura, mettendo a disposizione il proprio bagaglio di conoscenze trasferibili con il linguaggio della buona tecnica. Inoltre, esiste una collaborazione intensa con la committenza nell’affinare il processo per garantirne l’efficienza, l’aggiornamento tecnologico e l’economicità». Come si traduce tutto questo nella realtà? «La prima preoccupazione è quella di operare all’interno di metodologie che assicurino risultati riconducibili alle premesse. L’acquisizione di Certificazioni quali le ISO 9001, 1400 e OHSAS 18001 sono pregiudiziali per poter offrire un metodo, una mentalità, che garantiscano affidabilità». Quali sono i punti di forza attraverso cui Nke Automation mantiene alta la bandiera dell’industria italiana? «Il segreto consiste nel combinare sapiente-


Ernesto Angelo Cullino

mente competenza e creatività. Sono due semplici parole che sottintendono un lungo lavoro di preparazione del personale, ai vari livelli, di crescita professionale di ciascuno orientata allo scopo dell’impresa. Ed è proprio nel corretto percepire delle esigenze del mercato che si gettano le basi per una presenza significativa e di successo». La capacità di innovarsi continuamente è una chiave del successo aziendale: quali strategie sono state adottate a tale scopo? «Innovazione, efficienza, tempestività: sono parole d’ordine che rimbalzano fino ad assumere il ritmo del nostro quotidiano. L’idea brillante, lo sviluppo di un metodo nuovo, la realizzazione di qualcosa fino al momento mai pensata, possono essere la strada giusta. Persino nuove mode quali la delocalizzazione possono essere contrastate con l’aumento dell’efficienza ed una innovazione mirata». Quale è il vostro mercato di riferimento e che tipo di evoluzione sta attraversando? «Il nostro maggior mercato di riferimento, quello dell’automotive, è in continua trasformazione sia con riferimento al prodotto che alle strategie produttive: aziende come la nostra

Il segreto consiste nel combinare sapientemente competenza e creatività, due semplici parole che sottintendono un lungo lavoro di preparazione orientato allo scopo dell’impresa

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devono essere in grado di proporre con tempestività e flessibilità le necessarie soluzioni. Non a caso viene mediamente investito il 4% del fatturato annuo in ricerca». Alla luce di queste considerazioni, qual è la filosofia di lavoro della Nke? «La filosofia di base in Nke è quella di offrire automazione per garantire un processo tecnologicamente all’avanguardia con un occhio di particolare riguardo all’uomo che gestisce e conduce il processo medesimo. I nostri principali investimenti sono infatti rivolti alle risorse umane, alla loro professionalizzazione e alla loro soddisfazione nel fare quanto gli viene richiesto. Ovviamente, c’è un continuo sforzo nel non far mancare tutti i mezzi che la odierna tecnologia suggerisce di utilizzare per poter conseguire gli obiettivi impostati».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il sistema salva sprechi dell’industria

l progresso dell’automotive è avvenuto nel corso degli anni parallelamente alla diffusione e allo sviluppo dei veicoli: da attività prettamente artigianale delle officine dei carrozzieri, si è passati al lavoro di centri specializzati di progettazione, al fine di creare e perfezionare l’immagine dei veicoli e di macchine anche industriali, sfruttando vari Profili tubolari, giunti, guide a rulli, supporti, input tecnici e stilistici. ruote e una vasta tipologia di accessori Generalmente l'automotive ha bisogno di edicompongono un prodotto che sta fici di grandi dimensioni in cui poter effettuare prove e costruire prototipi in ambienti rivoluzionando le aziende, seguendo l’ottica sicuri. Oggi le industrie del settore, collocandella lean production. A presentarlo dosi in un mercato competitivo, devono aggiornarsi costantemente sulle nuove regola- è l’imprenditore Luca Maitan mentazioni, sulla riduzione dei costi, sulla Valeria De Meo determinazione della capacità produttiva. La Varnish, azienda di Galliate, in provincia di Novara, impegnata nello stampaggio e della verniciatura delle materie plastiche, ha trenta anni di esperienza alle spalle, dal Nelle immagini alcune applicazioni di Flexlogik www.flexlogik.com 1998 costruisce impianti di verniciatura usati internamente e dal 2006 tale progetto è stato esteso anche al mercato degli utilizzatori industriali. Ma l’azienda, guidata da Luca Maitan, ha contribuito a creare il sistema più funzionale in assoluto, per garantire flessibilità lungo le varie fasi produttive ed eliminare gli sprechi, come tempi di attesa, movimentazioni inutili, sovrapproduzione. Si tratta di Flexlogik, pensato per gestire il flusso dei materiali in un’ottica lean. «È una realtà consolidata - dichiara il titolare della Varnish – perché un sempre maggior numero di aziende usa con soddisfazione questo sistema, realizzando le strutture produttive in modo semplice e immediato». La sua scoperta risale a pochi anni fa, quando, durante una riunione con un’azienda asiatica, venne decisa la realizzazione di uno stabilimento per la produzione di particolari per il settore automotive in Europa: in esso Varnish e un’altra azienda europea avrebbero

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Luca Maitan

stico, rulliere, ruote e delle connessioni per collegare i vari componenti. Una squadra di 4 persone si mise al lavoro e in 10 giorni tutto l’attrezzatura fu pronta». In breve tempo furono creati: carrelli specifici, banchi da lavoro, supporti porta dime, linee di montaggio, magazzini dinamici, espositori per i campioni, lavagne, supporti per illuminare. «Dopo lo stupore iniziale – afferma Maitan si pensò di utilizzare lo stesso sistema nello stabilimento italiano. I clienti e i fornitori che lo videro, restarono folgorati per la sua semplicità tanto da volerne disporre. Fu così che si decise di partire con la commercializzazione del prodotto». Molteplici sono i vantaggi di Flexlogik in termini di tempo, spazio e lavoro. «Si tratta – puntualizza Maitan - di un sistema che Flexlogik è una soluzione funzionale consente all’operatore di avere tutto a porper attrezzare l’azienda risparmiando tata di mano, attraverso attrezzature produttive costruite, strutture e ambienti di latempo e creando valore voro ergonomici, dove ogni cosa trova il suo posto. I movimenti non necessari – continua avuto una piccola quota nel capitale in cambio della fornitura - saranno ridotti e il lavoro diventa meno fadi alcuni beni e servizi. «Dopo aver definito l'immobile e i ticoso. Ogni articolo avrà la sua perfetta collocazione e il rischio di macchinari – spiega Maitan - veniva il creare prodotti difettosi è rimomento di stabilire quali sarebbero dotto al minimo. Minore è il stati i banchi di lavoro, i carrellini speconsumo di spazio, tempo e cifici per la movimentazione, i supcapitale, in quanto la moviporti per le dime e tutto il resto delmentazione dei prodotti non l’attrezzatura per lavorare. I soci asiatici crea valore aggiunto. Infine – – prosegue – si sarebbero preoccupati conclude il titolare - riduce i della realizzazione del sistema, in un’otcosti dovuti alla sovrapprotica lean production, ossia che produduzione: con l'utilizzo di cesse eliminando gli sprechi». scaffalature disposte il più viI partner europei, nonostante alcune cino possibile alla linea, si perplessità, acconsentirono. «Eravamo regola con maggiore conpreoccupatissimi perchè non era stato trollo la produzione a ancora fatto nulla e mancavano solo monte». Un sistema di sucquindici giorni all’inizio produzione. cesso a marchio Varnish e al Alla fine – rivela l’imprenditore piepasso con le attuali esigenze montese - arrivarono due container di di mercato. tubi metallici rivestiti in materiale pla-

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Verso nuove strategie industriali Nonostante la congiuntura negativa, la Stamet di Torino continua a credere e a investire sul potenziale tecnologico e produttivo della filiera dell’automotive italiana. Con un occhio rivolto anche all’estero Filippo Belli

uello dell’automotive è un mercato mutevole, in cui resistono e crescono solamente quei casi imprenditoriali dediti alla flessibilità oltre che all’innovazione. Una logica che anche Marco Cesaraccio e Fabrizio Bertot, rispettivamente amministratore delegato e presidente di Stamet Spa, seguono ormai da anni. L’azienda, forte di un’esperienza trentennale nel campo della progettazione e produzione di componenti per l’automotive, ha raggiunto significativi standard di qualità, primeggiando per velocità di esecuzione ed efficienza. Soprattutto, negli anni la società ha allargato sensibilmente la gamma delle produzioni. «Dai coils di materiale che riceviamo direttamente dalle acciaierie, ormai siamo in grado di realizzare dal

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più semplice componente al più complesso assemblato - spiega Fabrizio Bertot -. Siamo costantemente aggiornati sulle novità d’ambito. Inoltre facciamo un’accurata selezione dei fornitori delle materie prime, che è circoscritta ai più qualificati del mercato europeo». Fondamentale, per Stamet, è la completa e perfetta tracciabilità dei prodotti. Solo così si possono creare solide fondamenta per un processo produttivo che permette di realizzare risultati di alta qualità. «Il nostro compito consiste nel realizzare, concordemente con il committente, la progettazione di complessivi in acciaio stampati a freddo e dei relativi mezzi di produzione, proponendo in questa fase l’adozione di tecniche e metodologie derivanti da continue sperimentazioni sull’innovazione dei processi di formatura e assemblaggio dei materiali – prosegue Bertot -. Solo alla fine di questo iter si procede alla realizzazione in serie del prodotto». Questa realtà nata a Feletto, in provincia di Torino, vanta più linee di presse, con diversa tipologia, struttura e tonnellaggio. Alcuni macchinari sono dotati di sistemi di alimentazione idraulica, sia laterale che frontale, per eseguire lo stampaggio da nastri di lamiera fino ad una larghezza di 1.200 mm. Altri dispositivi sono attrezzati con transfer automatici e manipola-

Da sinistra, Marco Cesaraccio e Fabrizio Bertot. Nelle altre immagini alcuni interni dello stabilimento della Stamet di Feletto (To) www.stamet.com


Marco Cesaraccio e Fabrizio Bertot

L’evoluzione del comparto richiede una sempre maggiore ricerca tendente all’adozione di nuovi materiali e processi tecnologicamente più performanti

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tori robotizzati che permettono la traslazione del semilavorato nelle varie stazioni di formatura, consentendo più lavorazioni sotto la medesima pressa, oppure il collegamento automatico tra lavorazioni di più presse. «Il nostro ciclo produttivo e le tecnologie impiegate ci permettono di essere molto elastici e di adeguarci alle sempre più pressanti esigenze di tempestività richieste dal mercato – sottolinea il presidente della società -. Siamo consapevoli che, per i nostri prodotti, l’evoluzione del comparto richiede una sempre maggiore ricerca tendente all’adozione di nuovi materiali e processi tecnologicamente più performanti e, al tempo stesso, meno costosi rispetto ai tradizionali». Si persegue, dunque, una strategia tesa alla ricerca della riduzione dei pesi vettura per limitare i consumi e alla maggiore sicurezza. Con una particolare attenzione all’impatto ecologico. «Una sfida veramente stimolante e complicata per la quale ogni giorno i nostri team lavorano alacremente – racconta Bertot –. Ci specializziamo di fatto nel risolvere problemi a chi fabbrica automobili». Sull’andamento del fatturato, interviene l’amministratore dele-

gato, Marco Cesaraccio. «Siamo al di sotto dello scorso esercizio, ma i dati disponibili non sono ancora definitivi – spiega l’Ad di Stamet -. Certamente la gestione appena conclusa è stata alquanto critica, la crisi del settore con il crollo dei volumi di vendita ha determinato una situazione di recessione dei fatturati. Nonostante la nostra crescita in termini di acquisizione di numero di commesse, ciò non è stato sufficiente a compensare il calo produttivo delle forniture in essere. Le nostre unità produttive in Italia e in Polonia hanno ancora ampi margini di maggiore utilizzo. Vorremo incrementare le produzioni soprattutto in Italia, ma come è noto, siamo in attesa dell’estensione della “ricetta Marchionne” per ottimizzare il nostro settore produttivo». Secondo Cesaraccio, maggiore elasticità, minor assenteismo e una più diffusa responsabilizzazione della forza lavoro sono oramai ingredienti indispensabili per le aziende del settore che intendono continuare a operare in Italia. «Nonostante il quadro di mercato abbiamo in corso un importante piano d’investimenti tecnologici che coinvolge il nostro stabilimento in Italia – conclude Cesaraccio -. Confidiamo nel fatto che questa sia la giusta risposta alla contingente crisi di settore e che nel momento d’inversione di tendenza ci veda strutturati adeguatamente. Abbiamo la sensazione che il 2011 sarà un anno di cambiamenti che porteranno a una nuova impostazione delle strategie industriali». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 107


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’auto italiana viaggia verso nuovi mercati A dispetto dei pressanti riflettori rivolti al complesso mercato automobilistico, il made in Italy sfoggia un forte ottimismo. Aumentate le quote di mercato, i valori di fatturato e gli indici di redditività, la Map esemplifica l’eccellenza della produzione automobilistica italiana nel mondo Adriana Zuccaro

accolti i dati e tirate le somme del 2010, a dispetto delle prospettive dettate dalla crisi, sembra che per il sistema produttivo ed economico della regione Piemonte, la ripresa sia finalmente possibile. Infatti, stringendo lo sguardo verso il panorama automobilistico oggi sotto pressanti riflettori, «il risveglio del mercato tedesco, il consolidamento a livello mondiale del gruppo Fiat e l’attuale ottimismo dei mercati americani, che spero contagerà al più presto l’Europa, ci porta ad avere una visione positiva relativamente ai prossimi anni, già a partire dal secondo semestre 2011». Le fiduciose speranze dell’ingegnere Fabrizio Audino emanano il positivismo dei bilanci della società Map, gruppo compreso tra le 5 maggiori realtà europee di progettazione e costruzione di stampi per lamiera, fornitore di primo impianto Fiat, VW, Audi, Bmw Daimler e in genere di tutti i costruttori auto mondiali. Quali sono i bilanci del 2010 e le prospettive per

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L’ingegner Fabrizio Audino, Ad della società Map di Condove (To) www.mapengeneering.it

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questo nuovo anno? «La forte partnership con i nostri principali committenti italiani e tedeschi ha consentito al nostro gruppo, nonostante la crisi settoriale, di consolidare, anzi aumentare, sia le quote di mercato interno ed estero, sia i valori di fatturato globale sia gli indici di redditività. La forte ripresa del mercato tedesco dell’auto, il consolidamento a livello mondiale del gruppo Fiat e l’attuale ottimismo dei mercati americani ci porta ad avere una visione ottimistica per i prossimi anni, già a partire dal secondo semestre 2011. Questo significa per il nostro gruppo un aumento di circa il 50% di fatturato nel prossimo triennio e un aumento occupazionale in linea con il forecast produttivo, e pari a circa 100 unità». A distinguervi, in primis, è il vostro impegno rivolto all’ambito della ricerca. Su cosa si concentreranno i prossimi progetti e investimenti in tal senso? «Gli ottimi risultati ottenuti dalla collabora-


Fabrizio Audino

40 mln EURO

È l’ammontare degli investimenti della Map degli ultimi 4 anni circa. 5 milioni di euro sono stati spesi in ricerca negli ultimi 3 anni

La partnership con i nostri principali committenti italiani e tedeschi ci ha consentito di aumentare sia le quote di mercato interno ed estero, sia i valori di fatturato globale

zione con le più importanti università italiane nell’ambito di programmi di ricerca e sviluppo focalizzati sull’ottimizzazione dei tempi e metodi con una conseguente notevole riduzione dei costi specialmente indirizzati al campo sperimentale e progettuale, ci spingono a continuare il lavoro fin qui sviluppato su tecniche di engineering virtuale con tecnologia parametrica. Attualmente i risultati e lo stato dell’arte hanno raggiunto livelli molto interessanti che, se supportati dagli incrementi previsti di ordini per il prossimo triennio, possiamo prevedere di incrementare con un investimento di almeno ulteriori 5 milioni di euro. Per poter fornire ai clienti un servizio con la stessa qualità di quello odierno in Europa, Map sta inoltre valutando la possibilità di nuovi investimenti anche in paesi emergenti quali Brasile e Serbia». Con quali altri organi di ricerca o poli formativi intendete collaborare? «La collaborazione attuale con le facoltà di ingegneria meccanica del Politecnico di Torino e dell’Unical di Cosenza, sarà affiancata probabilmente anche da un contratto di ricerca con una delle maggiori università tedesche». Cosa caratterizza il vostro software di progettazione? «Il nostro SW di progettazione stampi parametrico, a differenza ›› PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 111


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Un’ opera del maestro Ugo Nespolo realizzata per Map

›› degli altri presenti sul mercato, è caratterizzato da un algoritmo di calcolo completamente opposto, basato non su librerie precostituite ma sulla creazione in tempo reale del particolare disegnato secondo le norme costruttive del nostro cliente. Questo significa un’incredibile elasticità di modifica in tempi brevissimi. Il tempo di progettazione, allo stato attuale dell’arte, è di circa la metà di quello tradizionale». Quali sono le prospettive relativamente al mercato estero per i prossimi anni? «Come anche evidenziato da tutti gli organi di stampa, la notevole ripresa del mercato tedesco sarà il fattore trainante per gli anni a seguire. A questo si aggiungono le ottime prospettive del nostro maggior cliente Fiat Automobiles, che grazie ai piani industriali sviluppati nel ponte Usa-Italia porteranno nuovi e interessanti programmi con i futuri modelli previsti. Questo significa valutare attentamente le prospettive future di partnership per affiancare Fiat nei nuovi insediamenti produttivi esteri». Quali nuovi mercati si stanno rivelando più interessanti relativamente al settore automobilistico? Perché, in particolare, puntare su Serbia e Brasile? «Nonostante l’assoluto impegno a mantenere e aumentare l’occupazione in Italia, cosa che abbiamo dimostrato con il nostro insediamento al Sud di cui siamo estremamente soddisfatti, non possiamo nascondere la preoccupazione per l’alta fiscalizzazione del costo del lavoro parametrato ad altri standard europei, per non parlare di Brasile e altri paesi emergenti. Il costo inferiore del lavoro è inoltre supportato da un mercato in continua espansione che non ha conosciuto né conoscerà nei prossimi anni la stagnazione europea. A questo si aggiunge la possibilità di esportare il nostro know how fornendo alle case automobilistiche locali un 112 • DOSSIER • PIEMONTE 2011

Per l’industria dell’auto Era il 1996 quando Map iniziava a progettare e produrre grandi stampi per carrozzeria e ingranare verso la fornitura di un servizio completo. Oggi infatti, dal simultaneous engineering in collaborazione con gli stilisti, all’installazione degli stampi sulle linee presse del cliente finale, la Map spa ha innalzato l’orizzonte competitivo e mira a diventare il punto di riferimento per qualità e tempi per l’industria automobilistica europea. MAP è l’unico costruttore di stampi europeo ad avere un proprio centro di ricerca dedicato alle innovazioni tecnologiche; è l’azienda europea con più macchine fresatrici ad alta velocità (9) che garantiscono una precisione e livello qualitativo sopra la media dei suoi concorrenti. Di fatti, Map è stata valutata per tempistiche e qualità con voti pari a circa 95/100 dai suoi principali clienti quali Bmw, Audi. Ha fornito i cofani e le porte a Fiat Automobiles per tutti gli ultimi modelli, nonché fiancate per le nuove Bmw, e porte per i nuovi progetti VW. MAP conta circa 300 collaboratori, due sedi con 3 stabilimenti al Nord e uno al Sud d’Italia. Ma detiene anche una quota di oltre il 50% sul mercato estero.

prodotto di qualità superiore. Il discorso Serbia, dove evidentemente risaltano le facilitazioni fiscali e contributive tipiche dei paesi low cost, è legato esclusivamente allo sviluppo di Fiat, di cui stiamo valutando la fattibilità». L’industria cui vi rivolgete segue in gran parte una politica di delocalizzazione produttiva. Qual è la strategia della Map a riguardo? «La nostra convinzione è produrre e continuare a produrre in Italia. Il nostro costo del venduto


Fabrizio Audino

è formato dalla componente lavoro e dalla componente macchine. Sino a circa dieci anni fa il lavoro rappresentava oltre il 50% del processo. Oggi la macchina, che ha raggiunto livelli tecnologici, fino allo scorso decennio, impensabili, riesce a fornire un prodotto finito, per cui l’apporto di manodopera è sceso al 20% circa. È ovvio quindi che il nostro interesse è rivolto a quei paesi quali l’Italia che, grazie a contributi europei, aiutano ad acquistare i macchinari. D’altro canto, in caso di assenza di contributi di qualsiasi genere, è evidente che il costo del prodotto italiano è poco concorrenziale per cui l’imprenditore è tentato a delocalizzare in paesi a fiscalità ridotta». Per il vostro campo di applicazione l’alta qualità tecnologica e produttiva rappresenta ancora un fattore fortemente spendibile sul mercato oppure esiste il rischio che le case automobilistiche vengano attratte da vostri competitor low cost? «In riferimento all’alta qualità del prodotto da noi offerto notiamo un’inversione di tendenza delle case automobilistiche, specialmente sul mercato europeo. L’euforia degli acquisti in paesi low cost ha dato risultati negativi qualitativamente parlando, specialmente sui particolari

Se l’imprenditore fa veramente impresa e non finanza, non sottraendo ricchezza all’azienda ma investendo gli utili generati, qualsiasi tipo di crisi può essere superata

cui si richiede un livello di finizione che attualmente i fornitori asiatici, ad esempio, non riescono a garantire per la scarsa esperienza». Quali strategie finanziarie vi hanno permesso di superare indenni la crisi mantenendo un buon livello di patrimonializzazione? «Nonostante una nostra politica di controllo finanziario esasperata pari a quelle dei grandi gruppi industriali, sia per pianificazione che per rigidità del metodo applicato, è evidente che se l’imprenditore fa veramente impresa e non finanza, e cioè, in poche parole, non sottrae ricchezza all’azienda ma investe gli utili generati, aumentando la patrimonializzazione attraverso l’equity, qualsiasi tipo di crisi può essere superato. Questo è il nostro caso, e lo dimostra il fatto che i competitor nel nostro settore sono stati decimati negli anni scorsi proprio, a mio parere, a causa della differente visione del ruolo dell’imprenditore».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Da 50 anni un traino per il mondo dei pneumatici La Pneus Acqui è oggi una delle realtà alessandrine con il maggior appeal internazionale. Un sistema di franchising rivolto al settore pneumatici che continua a crescere dopo mezzo secolo di attività, affiancando i principali produttori mondiali Filippo Belli

resente sui mercati di tutti e cinque i continenti, la Pneus Acqui si conferma come una delle aziende italiane eccellenti nel settore dei pneumatici. Una garanzia che ha permesso all’azienda di Acqui Terme, in provincia di Alessandria, di occuparsi della distribuzione ufficiale di alcuni dei marchi più noti e affermati in molti paesi del mondo. «Ormai da molto tempo siamo impegnati nell’ambito della consulenza per catene di franchising rivolte al nostro settore – racconta il presidente della società, Adriano Assandri -. Tra le altre cose, seguiamo progetti di fidelizzazione e di formazione per gli specialisti del pneumatico». Su tutte, Pneus vanta la creazione di due importanti sistemi di franchising, famosi in tutto il mondo: Pneus Expert, ceduto a suo tempo a Continental Germania creando una rete di 3.600 negozi nel mondo, e Club Axxium, ceduto a Pirelli Italia. Il know how costruito in oltre mezzo secolo di attività ha reso quindi polivalente l’esercizio del gruppo. Si va dalla consulenza logistica per l’organizzazione del trasporto merci fino ovviamente all’assistenza tecnica sui prodotti acquistati. Non solo. Di recente gli esperti della Pneus si sono attivati nell’offrire un supporto di marketing, tramite l’organizzazione di eventi promozionali e l’effettuazione di ricerche di mercato. Un vero e proprio punto di ri-

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ferimento per tutti gli attori della filiera. Specie per ciò che concerne la formazione rivolta a manager, responsabili commerciali e gestori dei punti vendita. L’azienda, specializzata in consulenza e mediazione, fa muovere centinaia di container all’anno, mantenendo quindi un importante livello produttivo e, al tempo stesso, un ottimale livello di flessibilità, quest’ultima alimentata da una sapiente politica di diversificazione. «Siamo un'azienda solida, ma flessibile – conferma Fabrizia Assandri, amministratrice delegata -. Ci adattiamo velocemente alle esigenze e all’evoluzione del mercato tenendo ben presente il motto che ci ha permesso di raccogliere e vincere le sfide dell’economia degli ultimi cinque decenni: "Se fosse facile, lo farebbero tutti"». Soprattutto, la capacità di rivolgersi a più mercati, permette al gruppo Pneus di “fuggire”

Nella pagina a fianco, la sede e il direttivo della Pneus Acqi di Acqui Terme www.pneusacqui.com


Adriano Assandri

dalle congiunture negative. «A seconda degli andamenti di mercato selezioniamo le aree su cui concentrarci ed effettuare gli investimenti – spiega Adriano Assandri -. Noi lavoriamo contemporaneamente, su tutti i continenti, ma ciclicamente cogliamo al volo le fasi congiunturali positive per il nostro settore. Al momento, per dire, siamo molto più concentrati sui mercati asiatici. Mentre le aree che utilizzano il dollaro americano sono molto più fragili, per via dell’instabilità della moneta». Altra nota di orgoglio per l’azienda piemontese è l’impegno rivolto al sociale. Pneus Acqui, infatti, sostiene alcune associazioni e fondazioni no-profit che si occupano di progetti a sostegno di comunità e di bambini bisognosi in molti paesi del Terzo Mondo. A partire da “Need You” Onlus (www.needyou.it), fondata proprio da Adriano Assandri grazie alla collaborazione di altri imprenditori internazionali. Questa associazione si propone di tutelare e sostenere ragazzi in gravi difficoltà, costruendo strutture ospedaliere, scolastiche e ricreative. «Abbiamo creato un network di persone consapevoli che il futuro nasce proprio dall’infanzia – spiega il presidente di Pneus Acqui -. Sempre con questo intento, supportiamo la Fondazione Don Orione, da sempre in prima linea nei paesi più disagiati, al fianco di bambini, disabili, donne e an-

Una realtà internazionale Erano gli anni Cinquanta, quelli del boom economico, e mister Assandri lavorava come giovane operaio nel negozio di pneumatici dello zio. Il suo spirito imprenditoriale lo spinse ad aprire due negozi di pneumatici per conto proprio. Di lì a breve decise di dedicarsi anche al commercio all’ingrosso, creando la Pneus Acqui. Era il 1968. Negli anni, questa realtà si espanse nel mondo, operando principalmente con molti distributori africani. In Italia, intanto, crea la Pneus Sette, rivolta alla vendita al dettaglio. Poi, la svolta. Il suo sistema di vendite mondiale suscita l’interesse di alcuni fabbricanti e un’importantissima casa tedesca decide di acquistarla. Così l’imprenditore crea un marchio privato di pneumatici, AXXIUM, e un Club europeo formato da più di 300 negozi. Negli anni continua a realizzare nuovi progetti e a promuovere alcuni importanti produttori. Oggi, passati più di 50 anni, Assandri si conferma come uno degli attori più noti e ammirati del settore.

ziani. È ammirevole lo sforzo profuso da questa realtà nel favorire la cooperazione internazionale finalizzata all'educazione, allo sviluppo, alla pace». Presenti in circa 12 paesi nel mondo, dal Brasile alle Filippine, dall’Albania al Madagascar, questa realtà aiuta circa 20mila bambini, la metà di questi disabili. Conclude Assandri: «Sul sito avete tutte le informazioni, siamo circa 55 soci che gratuitamente sostengono questi bambini. Il nostro motto è “Almeno noi ci proviamo”». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 115


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Componentistica di qualità e il valore della flessibilità

prodotti elettromeccanici a notevole contenuto tecnologico trovano un’ampia applicazione in settori diversificati: dall’automobilistico al motociclistico, dall’elettrodomestico al pneumatico, al tessile, all’industriale. E in questi ambiti lavora la Tecpool, azienda con sede a Casale Monferrato fondata nel 1994. Inizialmente l’azienda produceva componentistica destinata solo a pochi settori, neUna scelta strategica: non guardare ai grandi gli anni è cresciuta molto e oggi esporta i suoi prodotti in tutta Europa. «Tecpool opera in un mer- numeri, ma produrre quantità limitate di articoli cato, anche se vario, sempre molto competitivo – elettromeccanici di qualità. Così Tecpool rimane afferma Pierangelo Francia, amministratore unico e fondatore dell’azienda – tuttavia la nostra realtà un’azienda flessibile e mantiene costi vince, grazie alle idee innovative che propone e concorrenziali su tutti i mercati. L’esperienza alla produzione che presenta un alto standard di qualità, immesso sul mercato a un prezzo con- di Pierangelo Francia correnziale». Luca Righi La struttura dell’azienda è molto snella, con un giusto equilibrio tra forza lavoro giovane e persone dalla consolidata esperienza. A Pierangelo Francia si affianca l’ingegner Stefano Belfiore, responsabile della progettazione, Fabio Francia, re- Un interno della Tecpool di Casale Monferrato (AL). Nella pagina accanto, alcuni prodotti www.tecpool.net sponsabile dello sviluppo, Roberto Rampone, responsabile della qualità, Fabrizio Tabucchi, responsabile degli acquisti e Fabio Rollino, responsabile della produzione. In totale lavorano in Tecpool circa 40 persone di cui circa l’80% è impegnato nella produzione. «La nostra azienda – continua Pierangelo Francia - è in grado di sviluppare qualsiasi prodotto per tutti i settori che richiedono un’alta capacità tecnica di base, una conoscenza approfondita degli avvolgimenti con fili smaltati e l’utilizzo di materiali plastici tecnici per la costruzione e/o l’inglobamento del prodotto stesso». Una caratteristica fondamentale dell’attività della Tecpool è anche la velocità dei tempi di sviluppo e produzione che, insieme ai costi contenuti offre al committente un ottimo servizio. La fidelizzazione del cliente è il marchio di fabbrica della Tecpool. «La conferma della qualità del lavoro svolto in questi anni – continua Francia è che ogni cliente con cui s’instaura una collaborazione, non ci abbandona più perché è piena-

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Pierangelo Francia

La fidelizzazione del cliente è il marchio di fabbrica della Tecpool. Ogni cliente con cui si instaura una collaborazione, non ci abbandona più perché è pienamente soddisfatto

mente soddisfatto». Tecpool lavora “on demand” e riesce a sviluppare e produrre componenti elettromeccanici anche per settori molto particolari. Al momento sviluppa e produce volumi che vanno dai 10.000 pezzi/anno sino a circa 250.000 pezzi/anno . Questa per la Tecpool è una scelta strategica: «il concentrarci in settori di mercato con produzioni in quantità limitate, è la nostra forza, perché in questo modo riusciamo ad essere, rispetto alle grandi aziende, molto più reattivi e flessibili mantenendo dei costi inferiori, senza per questo rinunciare a materia prima di ottima qualità per ogni prodotto: tutti i materiali utilizzati sono rigorosamente made in Italy, e sono garantiti al 100% dal punto di vista qualitativo». A questo proposito, la Tecpool è certificata UNI EN ISO 9001:2008 per la progettazione e produzione di componenti elettromeccanici e ogni anno supera brillantemente anche i vari audit dei clienti, a volte persino più esigenti della certificazione. L’azienda, inoltre, presta particolare attenzione all’impatto ambientale: nello sviluppo dei prodotti, tiene conto del riciclaggio dei vari materiali plastici e propone soluzioni eco compatibili che comportino minori consumi e sprechi possibili. «In questi anni – spiega a questo proposito Pierangelo Francia - la Tecpool ha sviluppato per Brandt-Fagor, un sistema automatico di dosaggio del detersivo liquido per lavatrice che ottimizza i consumi, riduce l’inquinamento e consente un carico ogni 30 lavaggi. Per il settore industriale è stato sviluppato un nuovo motore tipo brushless che, accoppiato ad un opportuno sistema, consente la guida di mezzi agricoli senza operatore a bordo con un errore di precisione di direzione di 1 cm al Km». «In conclusione – spiega Pierangelo Francia - la Tecpool ha raggiunto così l’obiettivo di sviluppare e produrre prodotti d’alta tecnologia e qualità specifici per i nostri clienti risolvendo così vari problemi e sostituendo vecchi prodotti con nuovi più performanti e meno costosi. Un nostro vantaggio tecnologico è quello di lavorare in vari settori e poter trasferire così metodi e attrezzature per produrre nuovi prodotti anche molto diversi tra loro». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 117


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Punta a Cina e Stati Uniti il piano di Prima Electronics Con un fatturato annuo proforma che sfiora i 50 milioni di euro, la costola elettronica del gruppo Prima Industrie punta a un “rinascimento” multinazionale, trainato anche dal marchio Osai e dalle sorgenti laser. A parlarne è il suo Ceo, Domenico Peiretti Andrea Moscariello

opo un periodo di congiuntura negativa, torna a essere positivo il trend per la Prima Electronics. La società piemontese del gruppo Prima Industrie, presente sul mercato da oltre 30 anni progettando e producendo elettronica industriale, ha raggiunto la quota dei 32 milioni di euro di ricavi annui, di cui la metà appartenenti alla voce export. Dati confermati anche dal suo amministratore delegato, l’ingegner Domenico Peiretti, il quale annuncia i nuovi ambiziosi progetti del gruppo, sempre più indirizzati verso il mercato internazionale. «Prima Electronics è oggi una realtà di oltre 200 dipendenti, con un’ottima reputazione internazionale, capace di generare una discreta redditività – dichiara Peiretti -. Nel 2010 siamo tornati a livelli soddisfacenti dopo un difficile 2009, nel quale la crisi internazionale aveva provocato una contrazione dei ricavi superiore al 30% rispetto all’anno precedente, ma nel quale la società si era riorganizzata e ristrutturata riducendo il punto di break-even». Tra le operazioni più interessanti che avete effettuato vi è certamente l’acquisto del marchio Osai. Come è giunto a questa decisione? «Anzitutto Osai è un ottimo brand, molto conosciuto anche all’estero, in particolare dai co-

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struttori di macchine per la lavorazione di legno, vetro e pietra. L’azienda canavesana è stata acquisita nel 2007, e poi fusa per incorporazione nel 2009, perché offriva una buona complementarietà con Prima Electronics e permetteva di sviluppare importanti sinergie industriali. Volevamo rafforzare la nostra presenza nel campo del controllo numerico dove avevamo già sviluppato la tecnologia per le macchine laser e aumentare la dimensione del nostro business. L’acquisizione ci ha consentito di diventare il principale produttore italiano di controlli numerici, aprendoci mercati in cui non eravamo presenti». A proposito di nuovi mercati, Prima sta puntando molto su quelli cinese e americano. Quali obiettivi vi prefissate? «In tal senso sono indirizzate due iniziative in avanzato stadio di realizzazione. La prima è la costituzione di una società a GuangZhou per la commercializzazione proprio dei prodotti a brand Osai, la seconda è l’acquisizione della società americana di Prima Industrie che progetta e produce le sorgenti laser per applicazioni industriali. A valle delle due operazioni, Prima Electronics diventerà una realtà internazionale con circa 300 dipendenti, un fatturato annuo

Domenico Peiretti, Ceo di Prima Electronics Spa. Nelle altre immagini, rendering della nuova console operatore della famiglia OPEN e macchina laser della Prima Industrie www.primaelectronics.com


Domenico Peiretti

7% R&S

superiore ai 50 milioni di euro, tre stabilimenti produttivi, due in Italia e uno negli Stati Uniti, e tre società estere, in Cina, Usa e UK». Un passo certamente non piccolo. «In effetti sono molte le aspettative riposte su questa nuova realtà, nella quale viene concentrata la nostra componentistica high tech del gruppo Prima, dal CNC al fiber laser, prima fra tutte una maggiore dimensione aziendale, il rafforzamento del ruolo di fornitore strategico per il gruppo Prima e l’espansione del business in nuove aree geografiche. Nel corso del 2011 la società completerà inoltre l’allestimento di un reparto tecnologicamente avanzato per la produzione delle schede elettroniche, in grado di realizzare prodotti in linea con i più alti standard qualitativi e di affidabilità, ottimizzando nel contempo la logistica e i costi di produzione». Cosa caratterizza, soprattutto, la sua società? «L’elemento che caratterizza Prima Electronics è la capacità di instaurare con i propri committenti una vera partnership che permette di condividere rischi e benefici del business. Proprio da questa peculiarità ha preso

Questa la quota percentuale di fatturato investita annualmente dalla Prima Electronics nel comparto Ricerca & Sviluppo

forma il DOTS - Dedicated Off-The-Shelf® -, il modello di business da noi ideato che consente di offrire soluzioni dedicate garantendo a ciascun prodotto un elevato livello di industrializzazione con costi e time-to-market competitivi. Le soluzioni di elettronica DOTS sono utilizzate da molte realtà italiane e internazionali, operanti in svariati settori quali machine-tools, automazione, energia, trasporti, healthcare e domotica. DOTS permette a moltissime aziende di concentrare energie e risorse sul core-business e sullo sviluppo di nuovi prodotti, lasciando a Prima Electronics lo sviluppo e la produzione dell’elettronica a corredo delle loro soluzioni. Un altro fattore caratterizzante Prima Electronics e che ha contribuito al suo successo è l’aver mantenuto nel tempo un elevato profilo tecnologico». Quanto si investe in tal senso? «La società, con un tasso di laureati nel proprio organico superiore al 20%, investe ogni anno oltre il 7% del fatturato in ricerca e sviluppo. Ciò ha permesso di servire mercati nazionali e internazionali eterogenei, capitalizzare l’esperienza maturata negli anni e in definitiva fidelizzare clienti esigenti e impegnati in una competizione globale». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 119


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’innovazione è sinonimo di risparmio Cultura della sicurezza, prodotti innovativi, una politica commerciale sempre chiara e coerente. Sono gli elementi alla base dello straordinario successo della Obo Bettermann, come spiega l’amministratore delegato e direttore generale Guido Gabetto Carlo Gherardini

bo Bettermann è un’azienda tedesca all’avanguardia in tutto il mondo nella progettazione e nella produzione di componenti, soluzioni e sistemi completi e integrati per tutti i settori dell’installazione elettrica. L’azienda, nata nel 1911 per opera di Franz Bettermann, festeggerà quest’anno il suo primo centenario, con l’inaugurazione del grande complesso industriale “Metal Competence Center”, oltre 40.000 metri interamente dedicati alla produzione e alla zincatura di canalizzazioni metalliche. Oggi alla guida dell’impresa ci sono Ulrich Bettermann e i figli Andreas e Thomas. Con oltre 30 società e stabilimenti di produzione internazionali, Obo è presente in 50 paesi, con 30.000 articoli sviluppati e prodotti al proprio interno. La politica di qualità di Obo rappresenta la base del consolidamento e dello svi-

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luppo della sua posizione sul mercato ed è il motore propulsore della sua crescita. Il gruppo è composto da oltre 2.000 dipendenti, mentre la filiale italiana, avente sede nella periferia di Torino, si avvale di 30 collaboratori, altamente specializzati e del supporto di 18 Agenzie in cui operano circa una settantina di agenti. È guidata dall’amministratore delegato e direttore generale Guido Gabetto. Quali sono le linee guida della produzione Obo Bettermann? «I nostri prodotti sono progettati e costruiti per garantire la massima sicurezza negli impianti elettrici e contribuiscono, vista la loro destinazione, a rendere più sicure le nostre case ed aziende. Tutto ciò senza dimenticare che l’innovazione deve anche contribuire, da una parte a creare valore e dall’altra a perseguire la concretizzazione di una politica di risparmi a cui

Guido Gabetto, amministratore delegato della filiale italiana Obo Bettermann. Sotto, un esempio di applicazione da sottopavimento UFS. Nell’altra pagina un esempio di installazione del prodotto GR Magic www.obo.it


Guido Gabetto

I prodotti sono progettati e costruiti per garantire la massima sicurezza negli impianti elettrici delle case e delle aziende

+64% FATTURATO

tutto il nostro sistema dovrebbe tendere. Ad esempio Le passerelle a filo GR Magic sono caratterizzate da un sistema di giunzione a innesto rapido “brevettato” senza morsetti. L’unione degli elementi rettilinei si esegue con un semplice incastro tra le due barre: ottenendo tenuta meccanica e continuità elettrica perfette. La modalità di giunzione a incastro garantisce un importante vantaggio con risparmio di tempi d’installazione e di costi dei materiali». Nel vostro settore è fondamentale l’investimento in ricerca e sviluppo. «Ricerca e sviluppo sono priorità assolute nelle nostre scelte strategiche: il dipartimento tecnologico della casa madre è composto da un team di ingegneri che, nei vari campi di applicazione, portano oltre lo stato dell’arte il livello tecnologico dei prodotti Obo, mentre nella sede di Torino operano tecnici la cui attività è costantemente orientata alla formazione e all’assistenza tecnica dei progettisti e degli enti tecnici di una clientela sempre più esigente. Questo vale particolarmente per tutta la gamma di prodotti per la protezione contro le sovratensioni, che si sono rivelati perfettamente idonei a supportare le necessità derivate dallo sviluppo delle applicazioni per le installazioni di impianti fotovoltaici. In termini di innovazione assoluta, la nostra offerta di sistemi e so-

È la percentuale di crescita del fatturato della Obo registrata nel 2010 rispetto all’anno precedente

88% VENDITE

È la quota delle vendite Obo veicolate attraverso il canale indiretto (grossisti di materiale elettrico)

luzioni per applicazioni da sottopavimento UFS, rappresenta una proposta unica per design e ricchezza della gamma, e assicura ad architetti e installatori di poter contare sul prodotto giusto per ogni tipologia di ambiente e applicazione: dagli ambienti più raffinati, come la Triennale di Milano, alle esigenze di carico e portata presenti presso lo show-room di una concessionaria di automobili, di un ospedale o di una banca». Quali le caratteristiche della vostra politica imprenditoriale? «La passione che anima la nostra attività si rileva in ogni frangente e in tutti i componenti del team, garantendo un costante impegno alla ricerca della soluzione migliore per i nostri clienti, che ci riconoscono questo “spirito”, offrendoci fedeltà e una crescita imponente del giro d’affari. La politica commerciale che abbiamo impostato sin dallo start-up della filiale italiana, nel 2006, è chiara e rispettata da tutti i componenti della filiera commerciale. Questo significa che la dichiarazione di intenti annunciata, di vendita dei prodotti in totale collaborazione con il canale indiretto, è stata seguita da una concreta attuazione di un programma di trasferimento del fatturato verso la distribuzione, che ha accettato e corroborato il rapporto con noi, avviando un processo di economia di scala che è alla base del nostro successo commerciale e di immagine. La nostra organizzazione, detiene gli strumenti culturali e pragmatici per svolgere con la necessaria competenza le attività di cui abbiamo trattato in precedenza e ha ottenuto il riconoscimento di “squadra” affidabile da parte dei nostri clienti». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 121


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Ricerca e sviluppo nell’elettronica Individuare soluzioni su misura. Atte a soddisfare, in ambito elettronico, le specifiche esigenze di ogni committente. Roberto Ferretti racconta la sua Albatron, che offre consulenza qualificata e realizzazioni ad hoc Luca Righi

l settore elettronico si fonda sulla ricerca e lo sviluppo. In un mondo in cui la tecnologia si evolve sempre più velocemente, bisogna studiare soluzioni all’avanguardia. Albatron di Guarene da sempre fornisce consulenza qualificata nella progettazione e realizzazione di dispositivi elettronici per uso industriale e civile. «L'approccio della Albatron è improntato alla massima dinamicità nel valutare problematiche particolari nei più svariati settori produttivi» afferma il titolare, Roberto Ferretti. La società collabora con istituti universitari italiani ed esteri e ha ricevuto prestigiosi incarichi nello sviluppo di progetti di ricerca tecnico-scientifica in ambito europeo. «Spesso infatti – continua Ferretti – è necessario valutare il problema posto sotto un profilo di tipo scientifico, in modo da ricavare tutti quei dati che sono necessari a sviluppare un modello sul quale verificare le possibili soluzioni». Qual è il target di riferimento di Albatron? «Ci rivolgiamo in particolare a quelle aziende che vogliono sviluppare un prodotto “su misura”, atto a soddisfare le loro esigenze in modo efficiente ed economico. Infatti,

I Roberto Ferretti, titolare della Albatron di Guarene (CN). Nelle immagini alcune realizzazioni dell’azienda www.albatron.com

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anche quando è possibile reperire sul mercato una soluzione tecnica, spesso vari fattori non la rendono adeguata, quali ad esempio il costo: di frequente le soluzioni standard offrono funzionalità supplementari che magari non vengono impiegate. Inoltre, vi può essere l’esigenza di “proteggere” maggiormente il prodotto impiegando apparecchiature proprietarie o, ancora, può essere necessaria una particolare ingegnerizzazione per integrare al meglio l’apparecchiatura elettronica». Quali i punti di forza della vostra attività? «Innanzi tutto l’esperienza maturata in vari campi che permette di affrontare in modo innovativo ciascun progetto al fine di conseguire il risultato più performante. In molti casi questo significa che il cliente è in grado di brevettare il risultato ottenuto. Obiettivo della Albatron è infatti quello di fornire supporto tecnico a tutte quelle aziende che per varie ragioni non dispongano di un reparto di ricerca e sviluppo elettronico al loro interno, ma che abbiano la necessità o l’intenzione di sviluppare delle apparecchiature nei diversi settori industriali. La Albatron è in grado di seguire tutte le fasi di sviluppo di un progetto, dalla definizione delle specifiche alla gestione della produzione, sia in piccola che in grande serie». Come procede, fase per fase, il vostro lavoro? «Dopo un primo esame della problematica, si


Roberto Ferretti

Dopo la definizione della soluzione prescelta, si realizza uno studio di fattibilità al fine di realizzare un primo prototipo. Se vengono superati i test si passa alla realizzazione di una prima serie di apparecchiature

procede alla definizione delle possibili soluzioni cercando sempre di prospettare al cliente gli elementi rilevanti per una corretta valutazione delle stesse. Si realizza quindi uno studio di fattibilità della soluzione prescelta al fine di realizzare un primo prototipo. Se vengono superati positivamente i test preliminari effettuati in laboratorio si passa alla realizzazione di una prima serie di apparecchiature da installare sul campo. Dopo le eventuali migliorie apportate a seguito del feedback delle prove sul campo, si procede quindi alla produzione». Albatron è impegnata anche nel settore informatico. Quali le vostre realizzazioni in questo ambito? «Albatron è in grado di sviluppare sia il software dedicato delle varie apparecchiature, mediante linguaggi a basso livello, sia applicazioni di acquisizione, raccolta dati, gestione database e controllo in ambiente Pc con l’utilizzo dei vari linguaggi di programmazione. Negli ultimi anni abbiamo anche avviato un’attività di consulenza con importanti aziende statunitensi nel campo delle telecomunicazioni. Inoltre siamo in grado di sviluppare nostri prodotti hardware e software dedicati al telecontrollo, alla domotica, al monitoraggio di processo, alla gestione della produzione e al controllo della qualità nei più svariati settori produttivi». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 123


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Evoluzioni nella meccanica Non si possono più semplicemente “vendere” macchinari alle aziende. Il commercio nel settore meccanico e robotico deve mutare necessariamente approccio. A parlarne è il fondatore della LF Srl Tecnologie Integrate, Flavio Luzzani Aldo Mosca

Flavio Luzzani, amministratore unico della LF Srl Tecnologie Integrate di Borgomanero (NO) luzzani@lftecnologie.it

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l 2009 ha dato il via, per il settore meccanico, a una flessione negativa le cui conseguenze, come è del resto prevedibile, si subiranno ancora per tutto il 2011. Un triennio difficile in cui, comunque, i migliori casi imprenditoriali piemontesi e nazionali hanno saputo dimostrare tenacia e capacità di rilancio. E ne è un esempio anche il profondo riassetto gestionale messo in atto dalla LF Srl Tecnologie Integrate di Borgomanero. Flavio Luzzani, amministratore unico della società novarese, proprio nel 2009 ne ha approfittato per concentrarsi sul raddoppio della struttura. «Siamo passati da 750 metri quadrati a 1500, suddividendo la sede in funzione delle diverse attività che si svolgono al suo interno – racconta Luzzani -. Questo è stato possibile poiché avevamo le risorse necessarie a superare il periodo di crisi». L’azienda, specializzata nella vendita e assistenza su macchine utensili, impianti robotizzati e articoli tecnici abrasivi, ha puntato alla ricerca di nuove rappresentanze e nuovi prodotti. Insomma, la crisi è anche un’opportunità per cambiare, in meglio si intende. «Certamente. In quest’ultimo biennio abbiamo dedicato molte energie per impostare il lavoro del prossimo decennio, soprattutto per quanto riguarda il settore delle macchine utensili, della robotica e dei sistemi di assemblaggio robotizzato. In pratica, dopo collaborazioni con aziende che mi hanno dato l’opportunità di avere prodotti vincenti e tecnologici per oltre vent’anni, ho dovuto ripensare quasi totalmente il nostro programma di vendita, proprio in funzione delle mutate condizioni del mercato. In particolare dell’area cui ci rivolgiamo, vale a dire l’area di Novara, Vercelli, Verbania e Biella. La nostra attività si rivolge ai comparti industriali della rubinetteria, della meccanica di precisione, del casalingo e del meccano tessile». Soprattutto quali criticità ha affrontato in questa fase di rielaborazione del piano? «La difficoltà maggiore è stata quella di ripensare il tutto facendosi condizionare il meno possibile dalle “felici” esperienze del passato. Si è dovuto rimettere tutto in discussione, soprattutto il modo di pensare e di proporre beni strumentali nel mondo della meccanica. I mercati oggi richiedono rapidi cambiamenti di prodotto, tempi di consegna più compressi e prezzi più contenuti».

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Flavio Luzzani

I prossimi investimenti verranno realizzati sulle effettive capacità produttive delle aziende che dovranno essere competitive rispetto a tutto il mercato mondiale

Dunque cosa occorre fare, nel concreto? «Bisogna modernizzare tutto quello che esiste di buono nelle varie aziende, automatizzare in maniera flessibile e a misura di operatore, integrando il tutto con nuovi mezzi da produzione, ove esistono effettivi recuperi di produttività derivanti dall’applicazione di macchine utensili più performanti e affidabili. L’altro punto fondamentale è la caccia allo spreco in tutti i reparti aziendali, in modo da recuperare risorse da destinare alla specializzazione della manodopera e al rinnovo degli impianti. Da parte mia il 2011 servirà per mettere a punto tutto questo, aiutando i nostri committenti a migliorare la loro produttività». Al di là degli aspetti meramente produttivi, non trova sia cambiato per il suo settore anche il ruolo dell’agente di vendita? «L’agente si è trasformato in consulente ed è diventato necessario riconoscere la funzionalità strategica del lavoro svolto, anche perché si tende ormai a offrire agli acquirenti un’assistenza sempre più articolata. Anche da questo nasce l’esigenza di separare i due ruoli. Da un lato devo pensare all’azienda, che si specializzerà sempre di più nell’accessoristica, dall’altro a me stesso come consulente di vendita. Occorre mantenere contatti e ricercare sinergie con altri professionisti specializzati ognuno nel proprio settore. Contemporaneamente ci si dovrà rivolgere a tecnici specializzati per cer-

care di risolvere al meglio il problema produttivo sottoposto. È soprattutto in questo caso che viene alla luce il ruolo dell’agente plurimandatario, il quale deve essere a conoscenza dell’intero ciclo e dei processi produttivi a lui concatenati. Il tecnico specializzato non ha quasi mai una visione a 360°, siamo noi consulenti a dover tenere le fila del tutto». Cosa si aspetta da questo 2011? «Il nuovo anno, nonostante qualche segno positivo di ripresa economica, si presenta più difficile del 2010. Questo perché lo scorso anno abbiamo goduto di una serie di incentivi fiscali per l’acquisto di macchinari che hanno fatto muovere il mercato. I prossimi investimenti invece verranno realizzati solo sulle effettive capacità produttive delle aziende, sulla capacità delle stesse di offrire prodotti di qualità e di essere competitive a livello di costo di produzione rispetto a tutto il mercato mondiale. Anche per questo con i fornitori puntiamo a fare rete, da un lato un dealer specializzato in macchine utensili con un programma di vendita internazionale e dall’altro un pool di aziende nazionali per tutta l’impiantistica speciale, l’automazione, e il trattamento superficiale dei pezzi, competitive nei costi, tecnologicamente avanzate e ricche di quell’inventiva progettuale tutta italiana capace di apportare grandissimi benefici alla produzione proposta». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 125


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Puntiamo sui giovani e sulla ricerca Produzione e rete vendita, due facce complementari della stessa medaglia imprenditoriale. Così Mario Manfredi, direttore commerciale della Faco, scansa il “pericolo” della delocalizzazione e mette l’accento sul modello organico dell’industria italiana Paola Maruzzi

assare dal freddo al caldo e viceversa, condizionare la temperatura: sono quotidiani processi, per niente scontati, che tengono in vita ingranaggi industriali di vario tipo e che i prodotti a marchio Faco contribuiscono ad alimentare. Dal confort all’alimentare, dal farmaceutico al tessile, tante sono le filiere che richiedono scambiatori di energia a pacco alettato. Siamo nelle cosiddette fasce intermedie, quelle che lavorano elementi indispensabili, poi riutilizzati da altre realtà. E siamo, quindi, nel delicato ambito delle committenze ad hoc, definibili tali solo se a monte c’è una reale valutazione dell’esigenza costruttiva. Un tema quanto mai cruciale considerata l’accusa che spesso viene rivolta all’entourage industriale italiano: non essere sufficientemente competitivo. Mario Manfredi, direttore tecnico commerciale dell’azienda nova-

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rese, risponde facendo una panoramica su alcuni fattori chiave: l’investimento sui giovani e sulla ricerca. Qualità spendibili all’estero, pur rimanendo saldi al “timone” nazionale. Nata nel 1963, la Faco ha recentemente attraversato un fisiologico cambio generazionale. Rispetto al passato possiamo parlare di continuità o di rottura? «Seppure abbiamo mantenuto omogenea la linea aziendale, ci sono stati cambiamenti. L’impresa conserva ancora la struttura che la famiglia Dalla Rosa gli ha conferito. Abbiamo allargato la gamma di prodotti dal condizionamento a scopo di confort agli usi industriali. Altro cambiamento importante è stato puntare sulle giovani risorse che, dopo essere state formate internamente all’azienda, sono andate a sostituire alcune figure chiave. Oggi il management ha un volto giovane e competente». Il caso Fiat riporta al centro il sacrificio richiesto alla forza lavoro, necessario per rimanere al passo. La Faco come sta reagendo all’emergenza post crisi? «Se da una parte abbiamo bloccato il naturale turnover, dall’altra siamo riusciti a non fare cassa integrazione. È vero, la crisi ha aperto un vuoto. E noi abbiamo cercato di riempirlo, trasformandola in un paradossale investimento. Il calo dei ritmi produttivi ci ha permesso di spendere tempo e risorse in formazione». Volendo quantificare il volume del re-

Mario Manfredi, direttore commerciale della Faco www.faco.it


Mario Manfredi

30 mila SCAMBIATORI AD HOC È l’ammontare della produzione annuale della Faco. Un giro d’affari che coinvolge soprattutto i mercati esteri

cupero? «Non possiamo dire di essere tornati agli standard antecedenti il 2009, ma rispetto all’anno nero di crisi mondiale, c’è stato un buon 12 per cento di recupero». Forte è la rete commerciale internazionale che avete sviluppato. Cosa possiamo aggiungere sul volto globalizzato della Faco? «Che l’85 per cento della produzione viene esportata in Europa, Asia e Africa. È stato un inevitabile approccio all’economia odierna. Ben diversa era la situazione di partenza, quando negli anni Sessanta servivamo principalmente il mercato italiano. A darci una spinta, è stato l’aver colto in anteprima un cambiamento che ha investito il nostro settore: il passaggio del trattamento dall’utilizzo dell’acqua all’aria, proprio Tra produzione nel momento in cui l’oro blu in senso stretto diventava bene prezioso. Negli e rete vendita deve anni Settanta l’azienda ha foresserci vicinanza nito scambiatori che erano ime sintonia. Il nostro piegati nelle centrali nucleari. Tuttora siamo impegnati su prodotto non si questo fronte, cosa che ci dà presta a essere nuovo vigore. Insomma, abdelocalizzato biamo risposto bene in base alle

differenti richieste di mercato». Cosa ne pensa a proposito della delocalizzazione? O meglio, se potesse, se la sentirebbe di trapiantare all’estero la realtà industriale della Faco? «Se alcuni settori delocalizzano, per la Faco l’investimento è rigorosamente italiano. Guardiamo all’internazionalizzazione. Il nostro è un tipo di prodotto che si presta poco a essere delocalizzato perché ci avvaliamo di competenze proprie del modello italiano. Dobbiamo poter contare su un sistema complesso, in cui è necessario coordinare le parti. Tra produzione in senso stretto e rete vendita deve esserci vicinanza e sintonia. La parte commerciale è l’anima del prodotto. Pensare di allontanarle sarebbe una perdita». In termini concreti dove trova sbocco l’investimento tecnologico? «Nel nostro laboratorio interno di prove termodinamiche. E nel riscontro che riceviamo. Negli anni Ottanta abbiamo utilizzato certificazioni di qualità che nessun’altra azienda italiana aveva a disposizione. Oggi poi, seguiamo con costanza i contributi delle tecnologie informatiche». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 127


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Più sinergie tra le aziende del distretto Franco Bernardi illustra i risultati della Cameltech di Cereseto. Dati sintomo di una ripresa importante. Ma lancia anche un appello affinché cambi la logica delle Pmi del settore metallico, poco propense a fare squadra Andrea Moscariello

n bilancio positivo quello di Cameltech. La nota azienda del distretto industriale di Cereseto, nell’alessandrino, raccoglie i frutti della gestione improntata dal suo amministratore delegato, Franco Bernardi. La società ha da poco superato il suo primo quarto di secolo di presenza sul mercato dei manufatti metallici. «L’anno appena conclusosi ha registrato un trend in controtendenza rispetto allo stato generale in cui riversa la nostra economia – dichiara Franco Bernardi -. Ci stiamo avvicinando ai volumi produttivi del biennio 2007-2008, in particolare l’ultimo semestre si è rivelato particolarmente proficuo». Certamente anche per questo caso, seppur tra i più felici, dell’imprenditoria locale, la crisi si è fatta sentire. Cameltech nel 2009 aveva infatti subito una flessione negativa pari al 43%, perdita comunque già recuperata, anche con un sopravanzo pari al 3%. Numeri che hanno permesso a questa realtà di mantenere il proprio standard tecnologico. Dalla sua grandissima sede operativa, oltre 20mila mq di cui 5.600 coperti, l’azienda è un punto di riferimento nella fornitura di particolari metallici derivanti da lavorazioni in lamiere in acciaio al carbonio, inox, al manganese, elettrozincato, alluminio e rame. Il tutto supportato Franco Bernardi, da una rete interna di gestione Cad/Cam, a gaAd di Cameltech Spa e ranzia di un’altissima precisione progettuale vicepresidente Confapi www.cameltech.it nonché da impianti di taglio Laser – punzona-

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Franco Bernardi

tura – piegatura e saldatura robotizzata di avanzata tecnologia. Bernardi è pertanto fiducioso sul 2011 ed è soprattutto orgoglioso di come Cameltech non abbia fatto ricorso ad ammortizzatori sociali. Insomma, la Cassa Integrazione, a differenza di altri attori del vostro distretto, per voi non si è mai considerata, è il caso di dirlo. «Bé questo è stato possibile grazie al fatto che Cameltech, nel suo momento più buio, vale a dire il 2009, si è rifugiata nella formazione aziendale. Questo, a metà di un progetto finanziato FAPI, ha consentito da un lato di evitare la cassa integrazione per una parte dei dipendenti, dall’altro di migliorare le competenze

Le oscillazioni delle materie prime non sono gestibili se non con l’incremento del prezzo di cessione, il che significa una continua revisione dei contratti nuovi e delle offerte

dei lavoratori e dei collaboratori. Sono molto orgoglioso di questa scelta che si è tradotta in una crescita complessiva delle competenze dell’impresa. È stato anche questo un modo e contributo per ottenere rapidamente un’inversione di tendenza drastica e rilevante». Ha particolari aspettative sul 2011? «Credo sarà un anno di stabilità per la nostra azienda, durante il quale proseguire con la politica commerciale che ci ha permesso di diffondere la nostra presenza a livello capillare sul territorio regionale. La strategia che abbiamo messo in atto ci ha consentito, fin dalla fine del 2009, di incrementare il nostro portafoglio clienti. Fondamentale, poi, è stato l’appoggio del consorzio SI – Sostegno per le Imprese -, che in maniera diretta, tramite il web, ha contribuito a farci conoscere a nuovi clienti». Per cui il mercato non è asettico? «No, questo no. Però diciamo pure, in tutta onestà, che la defezione di talune realtà produttive concorrenti, al momento non più presenti sul mercato a causa di fallimenti o liquidazioni, ha lasciato spazio a chi, come Cameltech, era ed è nella condizione di proporre un servizio conto terzi a costi competitivi, qualità certificata e tempi di realizzazione estremamente ridotti». Valore critico, per il suo settore, è certamente il costo delle materie prime. Quanto ha inciso, nello specifico, sul piano industriale di Cameltech? «È sufficiente osservare il fatturato. Nonostante il grosso incremento rispetto al 2009, è ancora di un 18% inferiore rispetto al livello del 2007\08. E almeno per un buon 10% la contrazione si annida nel costo della materia prima, soprattutto relativamente all’acciaio al carbonio e inox, che sono di molto inferiori rispetto alle punte toccate un paio d’anni fa. Ciò, pertanto, ha portato a una riduzione dei prezzi di cessione e, conseguentemente, a una riduzione del fat- ›› PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 129


IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› turato a prescindere dai volumi prodotti». Ma come si riesce a lavorare con dei prezzi così instabili? «È chiaro che la capacità manageriale dell’impresa sta anche nella buona gestione degli acquisti e del magazzino, con l’assunzione dei rischi relativi a questa variabile. Va infatti considerato come punto di forza la capacità di assumersi questo rischio, superando e senza far pesare sul cliente le variazioni del costo, almeno fino a percentuali di oscillazione nell’ordine del 10%. Così si è mosso in genere il fattore prezzi nel 2010, ma anche con variazioni significative. Pensiamo solo all’inox, incrementato del 40% da inizio anno per non parlare di rame. Oscillazioni che non sono gestibili se non con l’incremento del prezzo di cessione, il che significa una continua revisione dei contratti nuovi e delle offerte». Negli ultimi anni molti dei vostri investimenti si sono orientati sulla struttura produttiva. Quali risultati avete ottenuto? «Abbiamo raddoppiato la superficie aziendale con la costruzione di ulteriori 3000 mq. coperti, nonché l’installazione di un impianto 130 • DOSSIER • PIEMONTE 2011

+46% FATTURATO Cameltech, dopo il drastico calo avvenuto nel 2009, ha nuovamente incrementato il suo fatturato recuperando sul ricavato e tornando ai livelli produttivi del biennio 2007/08

fotovoltaico completamente integrato alla copertura capannoni di 100 kw nominali. In pratica, sfruttando l’energia prodotta in taluni periodi dell’anno possiamo vantare un risparmio del 50%. L’impianto, ormai in funzione da oltre 20 mesi, è stato realizzato grazie all’iniziativa messa in atto dalla Regione Piemonte con il Por Fesr2007-2013 ed è uno dei primi installati nella zona. Siamo, posso dirlo, d’esempio per molti altri colleghi imprenditori. Chiunque volesse venire da noi per rendersi conto dei vantaggi che l’impianto consente è ovviamente beneaccetto». Questa sua disponibilità verso la collaborazione con altri imprenditori emerge anche dal suo ruolo di vicepresidente nazionale Confapi. «Parlare di collaborazione è per me il pane quotidiano. Noi collaboriamo costantemente con tutti i nostri committenti. Questo anche perché, non avendo un prodotto finito, siamo, come dire, al loro servizio, per risolvere eventuali problemi e realizzare con loro i progetti. Altro è invece la collaborazione con aziende simili e dello stesso settore, ove invece permane


Franco Bernardi

un clima di concorrenza che non sempre aiuta». Si spieghi meglio. «Con Confapi rappresentiamo oltre 100mila Pmi, aziende che impiegano oltre 2 milioni di lavoratori. Sono in giunta di presidenza da oltre 4 anni e grazie a questo posso osservare con attenzione il nostro tessuto produttivo. E devo dire, purtroppo, che prevale ancora pesantemente il voler “far da sé”. È tipico che nell’iniziativa e fantasia imprenditoriale sia insita anche una dose di sana presunzione, quella che ci porta a pensare di “saper fare meglio degli altri”. Ma se da un lato questa mentalità ci spinge a crescere, dall’altro è anche una debolezza che prevede un continuo ricambio di aziende sul panorama economico. È vero, viviamo in un libero mercato con libera concorrenza, ma che fatica che compiamo talvolta anche solo per raggiungere piccoli risultati. Se invece tra le piccole imprese vi fosse più solidarietà e collaborazione potremmo presentarci in maniera molto più forte sui mercati mondiali». In questo contesto come si inserisce il Consorzio Supporto alle Imprese? «S.I. rappresenta numerose aziende del distretto industriale di Casale Monferrato. La premessa e la priorità alla base dell’attività del consorzio è sempre stato il supporto al distretto nel suo complesso. Ciò significa aiutare le imprese presenti al suo interno, consentendo loro un accesso facilitato agli strumenti utili per aprirsi a nuovi mercati commerciali di destinazione, all’innovazione di prodotto o di processo, allo sviluppo di reti di imprese e all’avvicinamento di distretti non necessariamente regionali per raggiungere economie di scala. Il consorzio è attivo dal 2000 e nella sua vita più che decennale ha presentato, vedendoli approvati, diversi progetti in Regione Piemonte, portando al distretto contributi per circa 2 Milioni di Euro. Del consorzio ne sono presidente fin dalla sua

Se tra le piccole imprese vi fosse più solidarietà e collaborazione potremmo presentarci in maniera molto più forte sui mercati mondiali

nascita e anche qui permane sempre faticoso svolgere la missione consortile portando gli associati ad attività in comune». E in futuro questa logica cambierà? «Nei prossimi mesi, anche in sinergia con il sistema Confapi, vogliamo aggregare alle attività iniziative di sistema nelle quali enti pubblici, istituzioni e altri attori del mondo imprenditoriale possano collaborare per una diffusione allargata dei benefici derivanti dalle attività sviluppate nella ricerca di fare squadra nel distretto ottenendo maggiori risultati per tutti di quanto da soli si potrebbe sperare».

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Un collante produttivo tra Ovest ed Est Europa Flessibilità e internazionalizzazione hanno reso la Pipex una delle società italiane più rispettate nel mondo. Una realtà che crea sinergie tra decine di imprese europee. A parlarne è il suo managing director, Luigi Cuzzolin Aldo Mosca

doganare con successo realtà imprenditoriali dall’Est all’Ovest d’Europa è la mission che, dal 1993, guida Pipex Italia. L’azienda fa parte di un gruppo industriale slovacco per cui cura marketing e vendite per tutto il mercato mondiale. Il gruppo è specializzato principalmente nella produzione e distribuzione di tubi in acciaio, oltre 500mila tonnellate l’anno, occupa 8mila dipendenti tra Slovacchia, Repubblica Ceca, Italia, Polonia, Spagna, Australia e Germania. Parliamo infatti di un mercato in cui, generalmente, la parte occidentale del continente tende a gestire le imprese orientali in un’ottica speculativa e di assetto produttivo sicuramente diversa rispetto a quella utilizzata per le industrie presenti all’interno dei confini nazionali. Ma negli anni il mercato è cambiato divenendo particolarmente rischioso e inflazionato. «Pipex ha da sempre seguito una politica di pianificazione industriale basata sull’analisi dei rischi di mercato – spiega Luigi Cuzzolin, managing director del gruppo -. Siamo presenti in tutti i paesi del mondo con una gamma di prodotti molto vasta. Questo ci ha permesso sempre di equilibrare le oscillazioni dei mercati dovute a molteplici cause quali valute, guerre, dumping e concorrenza». Sono cambiati i parametri con cui si osservano i mercati? «Non credo ci siano grandi strategie da inventare. I parametri di un mercato sono sempre banalmente misurabili sull'equilibrio tra domanda e offerta. Si deve costantemente monitorare la situazione, ma non virtualmente, Luigi Cuzzolin, managing director come fanno molti, bensì con la presenza sul di Pipex Italia Spa. campo. Ci vogliono grandi doti di flessibilità e Nella pagina a di adattabilità, prestando sempre molta attenfianco, lo stabilimento produttivo della società zione ai rapporti umani. Questo è fondamentale a Podbrezova considerando che esportiamo in tutto il mondo. (Rep. Slovacca) Non potremmo farlo senza avere rapporti trawww.pipex.it

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sparenti con tutti gli attori della filiera». Rispetto all'inizio del fenomeno della delocalizzazione produttiva, i rapporti tra imprese e mercati di Est e Ovest d'Europa come si sono evoluti? «Direi positivamente. Prima si pensava solo all'affare speculativo e alla possibilità di essere una classe eletta, abile a cogliere tutti i vantaggi offerti dai finanziamenti dati a pioggia dalla politica. Oggi il concetto è diventato: produco lì perché lì c'è il mercato. C'è più rispetto per cultura e tradizioni. Al tempo stesso, l'Est deve metabolizzare il senso della responsabilità e del rischio d'impresa, oltre che isolare quelle sacche del vecchio potere rimaste all’interno della classe dirigente e industriale, che continuano a gestire le aziende come bene proprio e indissolubile dalla proprietà fisica». Come giudica, a grandi linee, le politiche dell'Unione Europea relativamente all'export? «Deboli, miopi, tese più a difendere i mercati


Luigi Cuzzolin

interni piuttosto che a stimolare e aiutare le Pmi europee a internazionalizzarsi. A fare sistema, come caso unico in Europa, sa fare bene la Germania». In realtà Pipex non opera solo sul settore metallico. Quali altri ambiti vi interessano? «Siamo trasversali a tanti settori perché fa parte del nostro “Dna difensivo”. Per dirla in maniera semplice, se non tira l'auto tirerà la chimica, se non tira la meccanica tirerà l'edilizia. Siamo estremamente improntati alla flessibilità e alla diversificazione produttiva e commerciale. Occorre per tanto stare sempre attenti alle grandi evoluzioni economiche e geografiche che ci circondano. Oggi un'azienda deve essere sempre attenta e aggiornata su ciò che succede nel mondo, anche quando tutto ci appare troppo lontano per colpirci. Ad esempio, quello che accade in Cina sul mercato domestico delle materie prime influenza tutte le politiche d'acquisto in Europa. Oppure un embargo in Iran può mettere in ginocchio importanti settori legati al-

L'Est deve metabolizzare il senso della responsabilità d'impresa, oltre che isolare quelle sacche del vecchio potere rimaste all’interno della classe dirigente

l'energia, all'ingegneria e alla meccanica». Il 2010 per Pipex che anno è stato? «Il bilancio è in contrazione ma i conti hanno una tenuta positiva per quanto riguarda l'aspetto contabile. Cosa importante è che non abbiamo perso un solo cliente. Anzi, abbiamo aumentato il numero dei committenti attivi. Questo significa avere ridotto l'attività per effetto della crisi, ma non aver ceduto market shares rispetto ai concorrenti. Grazie a un tale risultato per il nuovo anno abbiamo un portafoglio ordini molto interessante. Siamo già riusciti a chiudere contratti fino a ottobre 2011».

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Parola d’ordine crescita

n’azienda storica, che già alla fine del XIX secolo metteva in produzione i primi macinacaffè italiani. Il percorso della Tre Spade è saldamente legato a quello del made in Italy: all’inizio del 900 l’azienda è stata tra i pionieri del mercato automobilistico e, negli anni '50, ha lanciato i primi tritacarne e le prime insaccatrici di mani- Una produzione rinnovata grazie allo studio e al fattura italiana, dimostrandosi sempre, nel corso dei secoli, una realtà all’avanguardia. Il nuovo brevetto di tecnologie all’avanguardia. La Tre Spade millennio si è aperto per Tre Spade con la volontà si riconferma una realtà solida nel settore della di investire nuovamente nelle sue strutture produttive, nei suoi processi di fabbricazione e nei fabbricazione di articoli casalinghi e metallurgici suoi prodotti. «Dal 2002 è attivo il nuovo stabi- Lucrezia Gennari limento di Valperga, che affianca e completa la storica struttura di Forno Canavese, nella quale Tre Spade è nata e continua tuttora la sua attività» afferma l’ingegnere Giovanni Battista Rolle, presidente e amministratore delegato di Facem Tre Spade. «Negli ultimi anni – continua – è stata inoltre messa mano alla riorganizzazione proL’ingegnere Giovanni duttiva e agli investimenti in macchinari, spinBattista Rolle, gendo sempre più verso l’automazione e il servipresidente e zio completo al cliente. È in corso inoltre una amministratore delegato di Facem Tre ristrutturazione e un ampliamento della rete venSpade. Sopra alcune dita, finalizzata a una decisa crescita, che è la pafasi di lavorazione interne all’azienda, rola chiave di Tre Spade in questi anni». al centro la tecnologia Avete rinnovato anche la produzione? Takaje. In basso, «Importanti investimenti sono stati messi in atto i celebri macinapepe www.trespade.it anche nell’individuazione e nella realizzazione

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Giovanni Battista Rolle

di nuovi prodotti, che potessero rispondere ancora meglio alle esigenze dei clienti. Puntando sempre più sull’aspetto del design, in collaborazione con due studi torinesi specializzati nel campo, abbiamo rivisitato i nostri macinapepe, proponendo nel 2007 la Collezione New Classic. A seguire, avendo individuato nel confezionamento sottovuoto la tecnica più moderna di conservazione degli alimenti, abbiamo brevettato una nuova tecnologia per il sottovuoto, denominata Takaje, che è stata lanciata nel 2009 e la cui gamma di prodotti è stata completata nel corso del 2010». Quali performance permette di ottenere questa tecnologia? «Takaje permette di confezionare alimenti sottovuoto utilizzando qualunque barattolo in vetro con coperchio in metallo, con notevole riduzione di costi per l’utilizzatore e con un innegabile beneficio per l’ambiente, in quanto i contenitori sono frutto di un riciclo e sono sempre riutilizzabili. Takaje è stata accolta dagli operatori con grande entusiasmo e ha già ricevuto importanti riconoscimenti: è stata scelta dal Ministero della Pubblica Amministrazione per rappresentare l’innovazione italiana a Shanghai durante EXPO 2010, nel Padiglione Italia». L’azienda punta quindi molto sull’innovazione. «Oltre al tempestivo rinnovamento dei metodi di progettazione e dei processi produttivi, le direttrici inderogabili

scelte da sempre da Tre Spade sono l’attenzione alla soddisfazione e alle esigenze del cliente, la massima cura del prodotto, la formazione del personale. Il mercato sta premiando queste scelte: nonostante le difficoltà del mercato in questi anni, il fatturato di Tre Spade ha tenuto nel 2009 e ha ricominciato a crescere decisamente nel 2010». Com’è strutturata oggi la Tre Spade? «Oggi Tre Spade è costituita da due divisioni: la produzione di macchine per la lavorazione e la conservazione degli alimenti da una parte e lo stampaggio a caldo dall’altra. Occupa in totale circa 110 persone su tre sedi, tutte in Piemonte, ed esporta una buona parte del suo fatturato: circa il 60% nella divisione macchine per la lavorazione degli alimenti e il 30% nella divisione stampaggio». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 137


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La cultura della certificazione alla svolta globale Nei progetti dell’ente European Quality Assurance Italia vi è anche la quotazione presso la Borsa di Singapore dell’intero Gruppo. Segno di una realtà economica internazionale in cui le certificazioni fanno gola a tutte le migliori imprese. A parlarne è Massimo Rapetto Aldo Mosca

ultimo biennio economico ha posto in tavola una rivalutazione, in senso strategico, delle attività di certificazione dei sistemi di gestione. Le imprese sono oggi chiamate a garantire una qualità, tanto nella gestione interna, quanto nei servizi proposti, necessaria per resistere su un mercato globale sempre più competitivo. A confermarlo è anche Massimo Rapetto, Ceo per l’Europa gruppo EQAICC, e a capo di Eqa Italia, l’ente novarese per che offre servizi di certificazione per i sistemi di gestione ambiente, qualità, etica e sicurezza. «In questo periodo di crisi è evidente che le imprese vogliono distinguersi – spiega Massimo Rapetto -. Le aziende vogliono diversificarsi ed emergere, adottando i sistemi più avanzati e qualificanti. Nell’ultimo anno abbiamo aumentato del 25% il numero delle certificazioni». La crisi, dunque, anche come stimolo al miglioramento. E anche Eqa si prepara ad ampliare le proprie prospettive sull’estero. Un passaggio fondamentale avverrà nel 2012, quando sarete quotati alla Borsa di Singapore. Come siete giunti a questa decisione? «Ormai Eqaicc è una realtà internazionale. Copriamo molto bene l’Asia, l’Italia, che in Europa è la capofila nel settore delle certificazioni, e in parte anche gli Stati Uniti. Entrare nel listino di Singapore significa rafforzarci e proporre ai nostri investitori un titolo appetibile su cui investire».

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Dunque in questi due anni rafforzerete il vo- Massimo Rapetto della Eqa Italia Srl stro assetto internazionale? www.eqanetwork.com «Esattamente. Ci stiamo aprendo a mercati come quello della Repubblica Ceca e del Baltico, mentre è in effervescenza il mercato russo. Tutte queste realtà tra due anni rappresenteranno un mercato unico, globale, che dovrà poi essere di volta in volta valutato tramite la quotazione in borsa». Quindi il mercato che vi interessa principalmente è quello orientale? «Sì. L’Italia è un mercato molto importante ma per presentare un progetto credibile, come quello di una EQA International, il nuovo nome della quotata, dobbiamo essere presenti almeno in 25/30 paesi nel mondo. E attualmente l’Est presenta le peculiarità più interessanti per una realtà come la nostra. In aggiunta, paradossalmente, si sta rendendo più fattibile una certificazione a Praga rispetto che a Firenze». Come mai? «Semplice. In Italia è già radicata da anni la cultura della certificazione. Iso 9000, 14000 e 18000, quella sulla sicurezza, sono tutte certificazioni che si stanno diffondendo sull’intero territorio. Diventano, giustamente, una prassi fondamentale. Nell’Europa dell’Est, invece, fanno veramente la differenza. Vi è un dislivello notevole tra chi è certificato e chi no. Chi non ottiene la Iso viene tagliato fuori dal mercato. Inoltre la certificazione oggi non implica grandi spese. Al massimo, una piccola impresa italiana, tra consulenza e certificato può arrivare a spendere 8/10 mila euro nell’arco di un anno. Plaudiamo inoltre alle iniziative pubbliche come quella nella nostra realtà, il novarese, dove la Camera di Commercio locale finanzia le spese per il 50% a fondo perduto.


Massimo Rapetto

Ed è rinnovabile ogni volta che si intende accedere a una nuova certificazione». In quali settori, secondo lei, vi sono troppe lacune dal punto di vista delle certificazioni? «Nella pubblica amministrazione, in cui ci si scontra con delle situazioni ataviche. Un vero paradosso perché certificare significa seguire un iter procedurale, e questo è già insito in ogni meccanismo della Pa, per cui non sarebbe complicato. Qualcosa, per fortuna, sta cambiando. La Pa inizia a certificarsi ma solo settorialmente, in particolare per ciò che concerne l’ambiente».

UN RILANCIO PER L’HOCKEY NOVARA Oltre alle certificazioni, Massimo Rapetto è impegnato in prima linea nella gestione, certamente non facile, della celebre squadra di hockey

assimo Rapetto ha, di fatto, salvato la società Hockey Novara dal tracollo finanziario, e non solo. «In questi ultimi anni né il territorio, salvo qualche eccezione, né tantomeno la Pa locale -che ha visto sparire fior di squadre sportive - hanno voluto dare una mano, per motivi troppo spesso legati a vicende personali». Era il 2003 e Rapetto assunse in prima persona gli oneri della nota società sportiva. L’imprenditore, sotto forma di volontariato, è riuscito negli anni a mantenere attiva e viva la società, facendola diventare storica, e riuscendo per tutti i primi 5 anni della sua gestione a farla restare in A1, oltre che a portarla in Europa. «Per le ultime due stagioni, nonostante le enormi forzature subite da chi avrebbe dovuto sostenere e invece chiedeva di vedere

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fallita la società, sono riuscito a mantenere in vita almeno il blasone, non iscrivendola al campionato di A1 ma rinnovando in Federazione – racconta Rapetto -. Tutto questo nonostante i numerosi appelli alle istituzioni e agli imprenditori locali. Non si è trovato nessuno interessato al coinvolgimento almeno sportivo, dato che l’onere amministrativo sarebbe rimasto alla proprietà, attualmente in capo a una società multinazionale di diritto anglosassone di cui sono procuratore per una serie di attività specifiche». Il 2011, intanto, potrebbe essere l’anno del rinnovamento in quanto un contratto con LibertyMedia, società di diritto ceco con interessi nel mondo delle sponsorizzazioni sportive, della distribuzione e della birra, farà si che per l’anno nuovo sulle

maglie della loro squadra di hockey cittadino, il Roller 3000, ci sarà anche il marchio e il blasone dell’Hockey Novara, oltre a quello dello sponsor principale della birra Effenbert. L’impegno, alla fine del campionato di A2 dove milita il Roller 3000, sarà quello di iscrivere al campionato come team principale l’Hockey Novara, che così potrebbe tornare a gareggiare. La gestione sportiva sarà di competenza di LibertyMedia, mentre quella amministrativa di OBK International, proprietaria della società e del diritto di utilizzo del marchio. hockeynovara1924@gmail.com PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 139


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Applicazioni tecnologiche nel settore nastri adesivi Il mercato dei nastri adesivi speciali per applicazioni industriali intravede segnali di ripresa. Anche se deve ancora far fronte ad alcune difficoltà, come l’aumento dei costi delle materie prime. Il punto di Giovanni d’Aprile della h-old Carlo Gheradini

a crisi ha colpito anche settori “di nicchia”, segmenti che meglio di altri tengono il mercato ma che non sono stati immuni agli effetti della recessione. Il mercato della produzione di nastri adesivi speciali per applicazioni industriali, ad esempio, ha subito una flessione, ma si sta gradualmente riprendendo. Grandi realtà del comparto, come la h-old, con sede a Biandrate, possono guardare al futuro con ottimismo. «Abbiamo avuto una crescita molto rapida negli ultimi dieci anni – afferma il titolare, Giovanni D’Aprile – raggiungendo i 18 milioni di euro di fatturato nel 2008. L’anno successivo è stato caratterizzato da una significativa recessione anche per la nostra società, ma il 2010 ha segnato la netta ripresa del fatturato, con un ritorno ai livelli conseguiti nell’esercizio 2008».

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La sede di Biandrate (NO) della h-old. Nella pagina accanto alcuni nastri www.h-old.com

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Nel corso del 2010 la h-old ha anche acquisito nuove applicazioni e nicchie di mercato, quali i territori della Bielorussia e del Giappone. «Quello in corso è un anno importante di recupero e consolidamento per h-old, prevedendo di superare i 20 milioni di euro di vendite». Al di là della recessione, il settore dei nastri adesivi ha dovuto far fronte anche all’aumento dei costi delle materie prime, «un fenomeno – continua D’Aprile – che ha creato un disagio alle imprese, vista l’impossibilità nell’immediato di trasferire lo stesso aumento sui prezzi di vendita». Nel 2006, h-old ha acquistato alcune attrezzature specifiche che permettono la lavorazione diretta della gomma naturale e sintetica destinata alla spalmatura di una particolare linea di nastri adesivi speciali. Tale processo è alla base di una scelta strategica di verticalizzazione, la quale permette alla società di produrre direttamente alcuni materiali di base. Così facendo, h-old può apportare cambiamenti e sviluppare nuove formule per soddisfare le specifiche esigenze dei clienti, riservandosi un certo grado di segretezza. Oggi l’azienda impiega circa 50 dipendenti nello sviluppo, produzione e vendita di diversi nastri adesivi speciali ad applicazione industriale. Le applicazioni dei prodotti spaziano nei settori elettromeccanico, elettronico, automobilistico e navale, della refrigerazione, oreficeria, moda,


Giovanni d’Aprile

fotografico e audiovisivo e, in parte, nel campo edile. «Possiamo suddividere la nostra produzione in tre principali macrocategorie, sulla base delle specifiche tecniche dei nastri adesivi: nastri per l’isolamento elettrico, nastri industriali e nastri biadesivi». La società vende i suoi prodotti attraverso circa 115 distributori internazionali multimarca, solitamente distributori polivalenti che operano in vari settori. Le esportazioni sono molto capillari e coprono un totale di 40 paesi su tutti i 5 continenti, rappresentando circa il 72% delle vendite totali. I principali mercati di riferimento della h-old sono Germania, Francia, Svizzera, Austria,Gran Bretagna, Spagna e Sud Africa. «Abbiamo inoltre 13 utilizzatori finali localizzati in Italia» precisa D’Aprile. Tra i tantissimi destinatari finali dei prodotti h-old, raggiunti dai distributori è possibile elencare alcune società conosciute in tutto il mondo, quali Bosch, ABB, Siemens, Nokia, Panasonic, BMW, Mercedes, VW, Ferrari. Particolare menzione merita la partecipazione della h-old nella realizzazione del LHC del Cern di Ginevra. «Siamo stati uno dei pochi fornitori di nastri adesivi speciali per l’acceleratore di particelle del Cern di Ginevra sul quale sono applicati circa 5.630 km di nastri adesivi grazie ai quali, nelle parole dei fisici nucleari del Cern, “la h-old ha un posto nel cuore dell’acceleratore”». Particolare attenzione va data al fatto che, no-

Abbiamo fornito 5630 km di nastri adesivi speciali per l’acceleratore di particelle del Cern di Ginevra

nostante la società non abbia relazioni commerciali dirette con le industrie utilizzatrici, la gamma di prodotti è in continua evoluzione sulla base delle specifiche esigenze tecniche. hold, infatti, collabora con utenti e distributori, nello sviluppo di prodotti “su misura” che soddisfino le sempre nuove esigenze dell’industria. «Nella maggior parte dei casi – conclude D’Aprile -, i clienti finali sono consapevoli del fatto che l’azienda, che sta alla base dello sviluppo e della produzione di nastri adesivi speciali da loro utilizzati, è h-old, che assicura la gestione della qualità, dell’ambiente e della salute e sicurezza con le certificazioni a norma ISO 9001,ISO 14000 e OSHAS 18002. I riconoscimenti UL, per gli electrical insulation tapes, e IMDS e le norme europee di non nocività assicurano la qualità al livello delle industrie utilizzatrici che richiedono la responsabilizzazione del produttore».

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IL SETTORE MECCANICO

L’industria italiana guarda avanti Rimanere fedeli alla propria identità proiettandosi nel mercato globale: è la sfida che le aziende italiane devono vincere per essere competitive. Il caso della CMG-COFEVA illustrato da Daniela e Carlo Fenoglio Gaddò di Erika Facciolla

egli ultimi tempi si è assistito a un capovolgimento delle logiche produttive di tutti i settori del comparto industriale. Molte imprese non hanno saputo rispondere adeguatamente alle nuove esigenze del mercato. Altre, invece, sono riuscite ad affrontare questo momento storico con grande intraprendenza, forti di un’esperienza consolidata e di una sapiente politica gestionale che ha permesso loro di superare la crisi economica e rimanere competitivi sul mercato. Parliamo di realtà produttive medio-piccole che sono riuscite nell’impresa di cavalcare la globalizzazione nella propria identità locale. Il caso della CMG-COFEVA è, in tal senso, particolarmente significativo: specializzata nella lavorazione e produzione di particolari meccanici, l’azienda piemontese realizza basamenti motore, testate e componenti per il settore auto e veicoli industriali. Una realtà che negli anni ha saputo evolversi, dunque, forte di una filosofia di lavoro da sempre basata sulla serietà e l’affidabilità. «La nostra struttura, negli anni, è stata volutamente

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mantenuta nell’ambito della media dimensione, - precisa Daniela Fenoglio Gaddò - privilegiando la flessibilità e la fattibilità diretta di tutte le fasi che compongono una lavorazione». «Ci definiamo imprenditori “stanziali” – aggiunge Carlo Fenoglio Gaddò - e non ci siamo lasciati attrarre dall’impiantare nuovi stabilimenti all’estero, scegliendo di rinunciare a maggiori guadagni per dare ai nostri dipendenti la certezza di un posto di lavoro». Un altro aspetto di grande rilevanza consiste nella capacità di differenziare l’attività produttiva in armonia con le richieste dei clienti. «La CMG-COFEVA è in grado di affrontare la lavorazione di particolari meccanici anche di grande dimensione. Siamo specializzati nella lavorazione di teste e basamenti motore in alluminio e ghisa, destinati al montaggio su autovetture, automezzi per il trasporto merci, macchine per movimento terra, motori marini e militari». La crisi economica ha senz’altro imposto un adeguamento dei ritmi produttivi e delle strategie imprenditoriali. Al tempo stesso l’imperativo

Alcuni interni dello stabilimento della CMG Cofeva a Valperga (TO) carlofg@cmgcofeva.it


Daniela e Carlo Fenoglio Gaddò

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MLN EURO Questo il fatturato previsto relativo all’anno 2010 per la CMG, in linea rispetto al 2009. L’azienda attualmente occupa circa 60 persone

per gli imprenditori rimane quello di adottare politiche di gestione accorte e ben articolate. «È proprio grazie alla nostra condotta – conferma Carlo Fenoglio Gaddò - che l’azienda ha superato la crisi, poiché la fidelizzazione del cliente ci ha permesso di mantenere buoni livelli di fatturato. Negli ultimi due anni non abbiamo smesso di aggiornare i nostri sistemi produttivi e di rinnovare il parco macchine, rimanendo competitivi sul mercato». Ma quali sono le caratteristiche di un’azienda capace di resistere alla crisi economica e operare con successo anche in un momento di così rapida evoluzione? «Siamo completamente autonomi – spiega Daniela Fenoglio Gaddò nella realizzazione di una lavorazione, dallo studio preliminare alla programmazione dei cicli di lavoro, sino al collaudo. Inoltre collaboriamo con alcune fonderie per l’approvvigionamento dei particolari grezzi». Innovazione, flessibilità ed esperienza: sono que-

ste le parole chiave che sintetizzano la filosofia aziendale della CMG-COFEVA. «I nostri clienti principali sono le grandi case automobilistiche sottolinea Carlo Fenoglio Gaddò - sia per la produzione di primo impianto sia per il ricambio. Affianchiamo il committente durante le tre fasi di vita di un prodotto: nella fase prototipale e nel phase-out, lavorando piccoli lotti o pezzi singoli, e siamo presenti in qualità di aiuto officina durante la fase di maggior produzione dei particolari». Negli ultimi anni, le normative vigenti in materia di sicurezza descrivono una realtà sempre più attenta ed esigente. «L’applicazione delle normative sulla sicurezza – chiarisce Daniela Fenoglio Gaddò - è costantemente valutata e monitorata da personale qualificato. Al di là dei costi sostenuti, possiamo affermare che la formazione sul personale e l’aggiornamento continuo con nuovi macchinari, attrezzature e procedure di lavoro hanno permesso di avere sempre una maggiore attenzione alla qualità del lavoro. E tutto questo è testimoniato dalle numerose certificazioni ottenute negli ultimi anni». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 149


ZOOTECNICA

Il settore zootecnico cerca forza lavoro È strano notare come, proprio nel momento in cui la disoccupazione in Italia raggiunge picchi record, in alcuni settori ancora manchi manodopera. Piero Zanolo denuncia la carenza di forza lavoro nel suo settore Luca Righi

In apertura un interno della Metaltecnica di Prato Sesia (NO). Nella pagina accanto uno dei prodotti dell’azienda www.metaltecicazanolo.it

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allarme per l’altissimo tasso di disoccupazione giovanile in Italia. A novembre ha toccato il picco più alto mai raggiunto dal 2004. Lo ha rivelato l'Istat che ha stimato in via provvisoria un tasso di disoccupazione tra i giovani pari a circa il 28,9% con un aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a ottobre e del 2,4% nel confronto con l’anno precedente. Tuttavia, nonostante le statistiche allarmanti e nonostante la crisi economica, sembra che alcuni lavori non siano neanche presi in considerazione dai giovani in cerca di un’occupazione. «Oggi riscontriamo una grossissima difficoltà nel reperire sul mercato del lavoro personale qualificato, ma anche giovani dinamici e volenterosi che abbiano voglia di imparare il mestiere, da inserire a vari livelli operativi per svolgere tutte le attività che concorrono alla

È


Piero Zanolo

Oggi riscontriamo una grossissima difficoltà nel reperire sul mercato del lavoro personale qualificato da inserire a vari livelli operativi nel nostro settore

realizzazione di prodotti specifici per un campo molto particolare come quello degli accessori e componenti per il settore zootecnico-ecologico e del biogas». A parlare è Piero Zanolo, amministratore della Metaltecnica di Prato Sesia, nota realtà a livello mondiale nel mercato della produzione di valvole e componenti per il settore agricolo, la zootecnicaecologia, l’irrorazione e l’irrigazione. «Questa situazione – continua Piero Zanolo è molto penalizzante per un’azienda come la nostra, desiderosa di crescere ulteriormente, e che sta fortemente investendo in infrastrutture, con l’ampliamento dei locali produttivi e l’ammodernamento del magazzino, sta acquistando nuovi macchinari tecnologicamente avanzati e che sta puntando con forza su nuove linee di prodotto come le saracinesche industriali». E se notoriamente è sempre stato difficile, in questo settore così particolare, individuare figure professionali particolari quali gli attrezzisti da dedicare alla realizzazione di conchiglie per fusione, stampi e attrezzature di presa pezzo o attrezzisti capaci di realizzare e affilare frese di forma e utensili speciali per lavorazione su macchine transfer, oggi la situazione è ancor più difficile perché sono molte le figure che vengono a mancare. «Basti pensare alla difficoltà nel reperire operatori per macchine transfer e per torni a controllo numerico desiderosi di crescere professionalmente fino a rendersi autonomi nell’attrezzaggio della macchina stessa e

operare in regime di completo “autocontrollo” in produzione garantendo il rispetto dei requisiti richiesti dal Sistema Qualità Aziendale, per cui siamo certificati già dal 1996» continua Zanolo. La difficoltà nel trovare delle risorse non colpisce solo le figure più tecniche e specializzate: «quello che soprattutto stupisce è lo scarso numero di candidate per un posto di lavoro nell’ufficio commerciale dove, oltre alla conoscenza delle lingue, è ovviamente richiesta la disponibilità a periodici viaggi di lavoro all’estero, ritenuti occasione importantissima per mantenere con il cliente quella componente di cordialità e amicizia che da sempre contraddistingue il rapporto commerciale della nostra azienda, e la partecipazione alle più importanti fiere nazionali, come l’Eima, e internazionali, quali Agritechnica ed Eurotier». Ma quali sono i motivi di questo scarso interesse verso un settore che può offrire opportunità di lavoro proprio nel momento in cui l’occupazione langue? «Forse queste figure sono più attratte dalle grosse aziende del settore rubinetteria sanitaria della zona, dove la componente “immagine” del prodotto da vendere è decisamente maggiore rispetto a quella di una saracinesca per liquame. A questa tendenza del mercato del lavoro – conclude Zanolo - non sfuggono nemmeno gli impiegati tecnici, soprattutto a causa della scarsa qualità della formazione scolastica, sempre poco rivolta agli aspetti pratici e operativi di una realtà produttiva, e al generale “appiattimento” delle aspirazioni delle nuove generazioni». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 151


ZOOTECNICA

Un valido supporto al progresso della zootecnica Il moderno sviluppo degli allevamenti, l’incremento della ricerca per la difesa della salute animale e il rispetto dell’ambiente sono i principali obiettivi di Paolo Poletti, impegnato da più di vent’anni nel settore veterinario Valeria De Meo

li animali d’affezione sono ormai componenti dei nostri nuclei familiari a tutti gli effetti. La pet-therapy, la salute animale nella prevenzione del contagio delle zoonosi, l’effetto domino del mercato in continua ricerca di nuovi sbocchi, determinano l’esigenza di investimenti in questo settore per lo sviluppo di prodotti diagnostico sanitari». Così spiega il dottor Paolo Poletti, la nascita dell’Agrolabo, società specializzata nel settore veterinario che ha sede a Scarmagno. L’attività è partita nel 1975 con l’importazione degli integratori per animali da allevamento, che ha reso l’azienda esclusivista per l'Italia e per la Grecia. Ma è nel 1978 che l’Agrolabo ha aperto a Borgaro Torinese il suo primo centro di produzione di integratori speciali basati su innovativi principi attivi. «La nostra missione – precisa Paolo Poletti – è quella di fornire una vasta gamma di prodotti tecnologici ad alto valore aggiunto, uniti a un efficiente supporto tecnico».

G Paolo Poletti, amministratore delegato di Agrolabo, con sede a Scarmagno (To) www.agrolabo.it

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Oggi l'azienda produce e distribuisce prodotti di integrazione nutrizionale, materie prime specialistiche destinate all'industria mangimistica per animali da allevamento, prodotti per la salute di quelli da compagnia, prodotti diagnostici per tutte le specie. Principale obiettivo: il moderno sviluppo degli allevamenti attraverso la promozione della salute animale, della qualità della carne, del latte e dei loro derivati, in difesa del benessere del consumatore. Operate solo per un mercato nazionale oppure guardate con interesse a quello estero? «Il mercato dell’integrazione delle diete alimentari degli animali da reddito è da sempre legato al territorio, sia per l’incidenza del costo dei trasporti e dei volumi gestiti, che per la necessità di fornire in loco, presso l’utente finale, un servizio di assistenza tramite nutrizionisti, clinici veterinari e formulisti. Con la nuova Divisione Diagnostici, abbiamo aperto gli orizzonti aziendali a


Paolo Poletti

Divisione Diagnostici che ha reso possibile la vostra internazionalizzazione? «Rappresenta ad oggi il secondo centro di fatturato dell’azienda. È stata fondata nell’86 grazie all’esperienza maturata in campo farmaceutico, che mi ha permesso di intuire l’opportunità di trasferire in ambito veterinario le potenzialità tecnologico-diagnostiche tipiche del settore umano. Siamo riusciti a impegnarci anche nello studio delle allergie in cani, gatti e cavalli. Abbiamo così sviluppato, in partnership con aziende americane, un completo service per il professionista veterinario: siamo ora in grado di offrire un supporto basato sull'impiego delle più sofisticate tecniche diagnostiche in vitro, abbinate a un'ampia disponibilità di pannelli allergenici in grado di soddisfare tutte le richieste provenienti dai paesi europei».

c

Con la nuova Divisione Diagnostici abbiamo aperto gli orizzonti aziendali a livello internazionale. I nostri prodotti diagnostici sono presenti in tutta Europa, Stati Uniti e Giappone

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livello internazionale. I nostri prodotti diagnostici sono a oggi presenti in tutta Europa, Stati Uniti, America Meridionale e con nostra grande soddisfazione in Giappone, un’area di mercato estremamente selettiva. Siamo ogni giorno sempre di più protesi verso l’internazionalizzazione anche nella ricerca, attraverso la nostra partecipazione attiva al “Seventh Framework Programme” della Comunità Europea». Quali sono le principali caratteristiche della

Come affrontate la concorrenza nel campo veterinario? «Aggiornamento e formazione sono i nostri elementi vincenti. Dobbiamo ascoltare e comprendere cosa ci chiede il mercato, non solo in termini di esigenza diretta della clientela, ma anche ciò che richiede l’ambiente in cui esso è collocato. Esasperare le produzioni significa soprattutto esasperare l’inquinamento, creare un impatto ambientale negativo al proprio sviluppo, attraverso la riduzione del numero di animali». Quali sono le figure impiegate nello staff dell’Agrolabo? «Il nostro staff è composto per il 70 per cento da veterinari, agrari, biologi e biotecnologi. È grazie al lavoro, alle intuizioni professionali e alla capacità di collaborazione di ognuno, che l’azienda ha raggiunto l’attuale posizione. I nostri collaboratori rappresentano un private scientific bank dedicato esclusivamente alle specifiche esigenze della clientela, un patrimonio di conoscenza che si arricchisce giorno dopo giorno, utilizzando le più avanzate tecniche di formazione scientifica disponibili». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 153





FEDERICA GUIDI Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria

LUCIANO DONATELLI Presidente di Confindustria Biella


CONFINDUSTRIA

La crescita parte dall’export Internazionalizzazione, fiere e innovazione sono tra le strategie degli industriali biellesi per il 2011. E se si parla di piccole imprese, riflette il presidente Luciano Donatelli, l’impegno è ancora più importante Renata Gualtieri

prirsi ai mercati internazionali non è più soltanto strategico, ma è diventato vitale per le realtà che vogliono continuare la propria attività con successo. «La ripresa dell’export infatti – sottolinea il Presidente dell’Unione Industriale Biellese, Luciano Donatelli – è il primo segnale verso la schiarita degli scenari futuri ed è fondamentale saper cogliere questa opportunità, cavalcando l’onda per rafforzarsi e crescere dopo l’apnea della crisi economica». Ormai i mercati europei sono considerati quasi “domestici”: le vere frontiere su cui puntano le imprese biellesi, che pro-

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Sotto, il presidente di Confindustria Biella, Luciano Donatelli con la presidente Emma Marcegaglia

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pongono l’altissima qualità nel settore tessile, ma non solo, guardano a est. «Penso in particolare – continua Donatelli – ai nuovi ricchi dei Paesi emergenti come la “tigre” cinese, che vogliono il made in Italy: dal Barolo alla Ferrari, fino agli abiti confezionati con tessuti biellesi, il miglior cashmere al mondo». La partecipazione a una fiera è un investimento importante per un’azienda sia in termini economici che strategici. Quanto conta scegliere l’appuntamento giusto su cui scommettere sulla strada dell’internazionalizzazione? «Pianificare la presenza agli appuntamenti fieristici in linea con la propria strategia di marketing è fondamentale per ottenere buoni risultati in termini di rapporti con i clienti e, perché no, di carnet ordini. Per riuscire a raggiungere i mercati internazionali, però, questo non basta. Internazionalizzazione significa anche partecipare a missioni, fare scouting, commissionare costosi studi e ricerche di mercato, capire le potenzialità di un determinato mercato, fare formazione specifica


Luciano Donatelli

L’Unione Industriale di Biella ha stretto una partnership importante con Città Studi, ente gestore del polo di innovazione tessile a Biella per far crescere l’innovazione

per figure dalla professionalità altamente specializzata. È un’azione complessa che richiede un grande investimento di energie e risorse da parte dell’impresa: è chiaro che, se si tratta di aziende di piccole dimensioni che puntano all’export, l’impegno è ancora più importante rispetto ad aziende più strutturate». Quali gli strumenti messi a disposizione da parte della Regione Piemonte? «Recentemente la Regione ha messo a disposizione attraverso il piano per l’occupazione i “voucher fiera”, un’opportunità già lanciata lo scorso anno. È un segnale importante, ma purtroppo insufficiente perché occorre un piano strutturato e di ampio respiro per riuscire ad affrontare i vari aspetti dell’internazionalizzazione. Inoltre, anche aspetti tecnici rispetto alla definizione dei criteri preferenziali per ottenere i voucher, alla modalità di partecipazione attraverso la complessa gara del click day e alla disponibilità di risorse concesse attraverso di essi, concorrono a rendere poco efficace l’utilizzo di questo strumento da parte delle imprese, so-

prattutto di quelle di piccole dimensioni». Il presidente di Po.in.tex. ha dichiarato che l’innovazione deve essere la parola d’ordine per le imprese che mettono a punto strategie per crescere. Quali le iniziative, le idee, i progetti più interessanti delle imprese che ne fanno parte? «L’Unione degli industriali biellesi ha stretto una partnership importante con Città studi, ente gestore del polo di innovazione tessile a Biella, perché crede fermamente che il confronto fra più imprese sia l’humus ottimale per far crescere l’innovazione, che è la linfa dell’industria. A poco più di un anno di vita del progetto, le aziende aderenti a Po.in.tex sono 57: di queste, il 54 per cento è rappresentato da imprese di piccole dimensioni». L’agenda della ricerca di Po.in.tex su quali “traiettorie tecnologiche” si sviluppa? «Su tre traiettorie. Quella del tessile- abbigliamento include tutte le applicazioni tessili innovative in cui i prodotti finali “vestono le persone”. La seconda traiettoria progettuale, tessilearredamento, include tutte le applicazioni avanzate non strutturali, in cui i prodotti tessili “vestono le cose”. Infine quella progettuale, chiamata “tessile per usi diversificati”, che include le nuove applicazioni per usi strutturali, medicali e tecnici in generale. Su queste traiettorie le aziende hanno già presentato alla Regione il secondo programma di ricerca che comprende progetti e investimenti per circa 6,4 milioni di euro. Sempre in questo ambito è nato il progetto “Navaltex” in cui le nostre aziende hanno PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 163


CONFINDUSTRIA

Ormai le vere frontiere su cui puntano le imprese biellesi del settore tessile, ma non solo, guardano a est

concordato investimenti congiunti per oltre 9 In alto, la sede dell’Uib

milioni di euro per lo sviluppo di nuovi materiali innovativi con aziende di riferimento (Fincantieri e Azimut) della nautica mondiale. Purtroppo quest’azione di valore assoluto, e già pronta a una seconda fase di rilancio approvata nel piano nazionale industria 2015, è tuttora bloccata per la mancanza dei finanziamenti». Qual è l’attività dell’associazione Tessile e Salute? Che risultati ha ottenuto sin qui? «L’associazione Tessile e Salute è nata con l’obiettivo di favorire l’incontro e le reciproche interazioni fra industria, sanità, consumatori e ricerca. Qualità di un prodotto significa soprattutto che non provochi danni alla salute di chi lo indossa perché realizzato con l’impiego di sostanze tossiche. Fra i principali risultati raggiunti c’è la certificazione di sicurezza e salubrità del prodotto tessile, garantita dall’associazione. Costante è la collaborazione delle imprese con Tessile e Salute

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per cercare di farla diventare un centro di riferimento per quanto riguarda l’applicazione del regolamento Reach nei settori tessile, pelle, abbigliamento e calzature, avendo ben presente che il vero traguardo dovrebbe essere un’agenzia per la salute nel tessile o un’authority europea, non solo nazionale». Quali i temi più interessanti trattati nel ciclo di incontri “I mercoledì del credito”, organizzato dall’Unione Industriale Biellese, di Vercelli-Valsesia e il loro confidi Fidindustria per approfondire temi legati alla finanza aziendale? «In questo momento la leva del credito è fondamentale perché le imprese possano risollevarsi dalla crisi economica: così le aziende posso avere una boccata d’ossigeno e continuare a investire per la stabilità e lo sviluppo della propria attività. È con questa particolare attenzione che abbiamo scelto di mettere a fuoco i temi legati alla Finanza Aziendale con la seconda edizione dei “Mercoledì del credito”. Abbiamo parlato di strumenti utili a migliorare i rating dati dagli istituti di credito, con particolare attenzione alle problematiche delle aziende di piccole dimensioni: factoring, leasing, corporate trading, come valorizzare il capitale immateriale, come gestire al meglio i costi e l’assicurazione del credito sono alcuni dei temi affrontati. Nei prossimi giorni affronteremo argomenti quali gli strumenti migliorativi del rating (25 gennaio) e le garanzie di supporto (2 febbraio). Inoltre è stato organizzato in collaborazione con Confindustria Vercelli e Valsesia, l’Unione Industriale di Torino e Unicredit un incontro particolare dedicato alla presentazione del Fondo italiano d’investimento, in programma il 7 febbraio».



COMPETITIVITÀ

Sciogliere i nodi che rallentano lo sviluppo Snellire la burocrazia, innovare il sistema dei trasporti e superare lo strabismo tra formazione e reali bisogni del mercato. Le proposte del numero uno di Confindustria Piemonte, Mariella Enoc, a partire dal nuovo piano regionale per la competitività Michela Evangelisti

l Piemonte è un’opportunità”. Questo il titolo scelto dalla Regione per le linee guida del piano pluriennale per la competitività 2011-2015, che stanzia 500 milioni di euro con l’obiettivo di inaugurare una nuova stagione di riforme a sostegno dell’innovazione, dell’impresa e dello sviluppo e rilanciare l’economia mediante interventi strutturali di ampio respiro. Si tratta di un documento che viene dopo il piano straordinario per l’occupazione e che ha l’ambizione di contribuire a una svolta culturale profonda del modo di fare impresa in Piemonte. Tre gli assi di intervento: competitività delle imprese, finanza e nuova imprenditorialità, ricerca, università e innovazione. Le principali misure e azioni previste dal piano spaziano dall’impulso all’internazionalizzazione ai progetti “dimostratori”, dalle aggregazioni fra imprese agli interventi di semplificazione, dalle rinnovate politiche a sostegno di poli e piattaforme ai laboratori aperti, dalle smart&clean tecnhologies alla re-industrializza-

“I Mariella Enoc, presidente di Confindustria Piemonte

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zione, fino agli incentivi al partenariato pubblico-privato e alla stesura di un disegno di legge che istituisca un quadro organico delle modalità di finanziamento degli atenei piemontesi. Condivide le linee guida del piano per la competitività della Regione? «Abbiamo seguito lo sviluppo del piano e lo ritengo un buon documento. Non risolve tutte le problematiche, però costituisce un indirizzo, soprattutto sotto il profilo dell’attrattività. Il nostro tessuto industriale va salvato, ma va anche rinnovato. C’è bisogno di sostenere le grandi aziende, ma esiste anche l’esigenza di attrarne delle nuove. Mi sembra che questo piano stia cercando di farlo. L’obiettivo è quello di sveltire le procedure. De-burocratizzare non costa nulla: si tratta di un’istanza condivisa dai politici, ma che si ferma sempre al livello delle strutture. Questa è una riforma culturale che non deve essere attuata solo a parole e che si scontra con un meccanismo complessivo ancora pesante. Abbiamo bisogno di velocizzare: mentre noi facciamo passare le pratiche da un ufficio all’altro, il mondo cambia». Di quali interventi la regione ha al mo-


Mariella Enoc

Il nostro tessuto industriale va salvato, sostenendo le grandi aziende, ma va anche rinnovato. Mi sembra che questo piano stia cercando di farlo

mento più bisogno? «Abbiamo grosse difficoltà sul piano della logistica. Il Piemonte necessita di aprirsi al resto d’Europa e al resto del mondo, non può restare un’enclave bella ma chiusa. Abbiamo bisogno di un sistema di trasporti innovativo e attrattivo. Poi insisto ancora sul problema della deburocratizzazione, un tema impegnativo sul quale nessuno dice di no ma poi, nei fatti, i nodi non vengono sciolti». Si è aperta una nuova pagina del capitolo relazioni sindacali in Italia. Qual è la posizione di Confindustria rispetto allo scenario che si sta delineando? «Oggi noi lavoriamo e ci confrontiamo con il mondo. Pertanto non possiamo più avere relazioni sindacali che risalgono a un tempo decisamente superato. Senza arrivare a scontri pericolosi sul piano sociale, si tratta di mettersi

attorno a un tavolo, comprendere i reali bisogni delle aziende che operano sul mercato e agire di conseguenza, condividendo le strategie anche con i lavoratori. Come del resto sta avvenendo in Germania». Qual è la situazione dell’imprenditoria femminile in regione? «Se si prendono in considerazione i dati delle Camere di Commercio, si registra spesso una deviazione: ricadono, infatti, sotto il termine “imprenditoria” le partite Iva, i piccoli artigiani o, ad esempio, i parrucchieri. Certamente si tratta di imprese, ma giocoforza di dimensioni ridotte. Un notevole esempio di alta professionalità al femminile in regione è Catia Bastioli, prima ricercatrice e poi amministratore delegato di Novamont (azienda leader nella produzione di bioplastiche ricavate da materie prime rinnovabili di origini agricole, ndr), che

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COMPETITIVITÀ

Esistono professioni che le donne ancora guardano con sospetto. Invece occorre capire dove sono i bisogni del mercato

ha portato l’azienda a conseguire grandi risultati, con un contesto di azionariato che ha profondamente creduto in lei. Purtroppo l’imbuto è stretto: non tutte le donne con grandi numeri riescono a esprimere il meglio di sé. D’altro canto fino a quando sulla donna - vuoi per mancanza di asili nido, vuoi per mancanza di supporto nell’assistenza agli anziani - graveranno tutte le problematiche domestiche, sarà senza dubbio difficile chiederle di lavorare a certi ritmi e con determinate modalità». Quanto la crisi ha influito sulla disoccu-

PIANIFICAZIONE FINANZIARIA, UN ASSET DA NON SOTTOVALUTARE «La pianificazione finanziaria è una necessità se si vuole affrontare un mercato complesso e con risorse meno facili da reperire». Il punto sull’imprenditoria regionale di Adriano Maestri, presidente di Abi Piemonte econdo l’Abi Piemonte la situazione economica della regione è migliorata rispetto all’inizio dell’anno passato, ma la ripresa nel 2010 è stata a singhiozzo, con mesi di maggior euforia e mesi più piatti. «In buona parte i primi segnali di ripresa erano legati alla ricostituzione di scorte poi, nella seconda parte dell’anno, sono riapparsi anche investimenti, specie nel settore energetico – spiega Adriano Maestri –. Ci sono aree del Piemonte, comunque, in cui il sistema produttivo necessita di un forte ripensamento: il comparto del tessile nel Biellese o la meccanica in varie province, a partire da Torino. Maggior ottimismo lo possono esprimere

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solo le imprese in grado di esportare sui nuovi mercati e con la capacità di affrontare gli investimenti necessari». In che maniera gli istituti bancari possono agevolare il rilancio delle imprese del territorio? «Sicuramente ascoltando e valutando correttamente i piani di impresa, che ovviamente devono essere presentati e commentati alle banche. È difficile per tutti predisporre piani a medio termine, anche per le banche, ma la pianificazione è una necessità se si vuole affrontare un mercato complesso e con risorse meno facili da reperire. Noi banche dobbiamo spingere in questa


Mariella Enoc

pazione in regione, in particolare quella femminile? «Per quanto riguarda l’occupazione, si rileva innanzitutto un problema di formazione. Dobbiamo aiutare tutti, incluse le donne, a comprendere che oggi abbiamo bisogno di tecnici e promuovere l’organizzazione di corsi di riconversione in base agli effettivi bisogni del mercato. In Italia si registra oggi uno strabismo tra formazione e domanda del mondo del lavoro. Esistono, infatti, professioni che le donne ancora guardano con sospetto. Si tratta di capire dove sono i bisogni e indirizzarci di conseguenza».

direzione i nostri clienti: anche il credito va pianificato, non solo le materie prime e la produzione. Occorre poi stimolare le imprese al miglioramento della dimensione aziendale, spesso troppo piccola e quindi non sufficiente ad affrontare gli investimenti necessari per essere competitivi in un mercato sempre più vasto, con aree di sviluppo sempre più lontane e meno esplorate». Quali sono le modalità di finanziamento più richieste? «Sicuramente il finanziamento a medio e lungo termine è la forma tecnica più richiesta; c’è maggior

equilibrio con il finanziamento del circolante e si garantisce maggior stabilità del credito. Non va dimenticato, però, che il medio/lungo termine prevede rate da pagare, motivo ulteriore per dare valore alla pianificazione finanziaria». La Regione ha appena varato il piano pluriennale per la competitività 2011-2015, a sostegno dell’innovazione e dello sviluppo. Di che interventi strutturali hanno bisogno a suo parere le imprese del territorio? «Il piano punta anche a rendere il territorio piemontese attrattivo per nuovi investimenti sia dall’Italia che da altri Paesi. È un’occasione importante per tutti. Questo è un territorio con grande esperienza industriale e con personale altamente qualificato, nonché con strutture tecniche, anche universitarie, di grande pregio, valori che si aggiungono a quanto sta facendo la Regione per rendere appetibile il Piemonte. Anche altri temi trattati nel piano sono strategici, ma questo mi pare di straordinaria importanza per il

nostro futuro nella produzione». Tra gli assi di intervento previsti dal piano compare quello relativo alla finanza e alla nuova imprenditorialità. Come gli istituti bancari sostengono e favoriscono la nascita di nuove realtà imprenditoriali in regione? «Molto interessanti in Piemonte sono le esperienze dei poli di innovazione, sostenuti anche dalla Regione, e degli incubatori di imprese sotto la guida del Politecnico: esperienze importanti per far nascere e crescere non solo imprese, ma soprattutto imprese a maggior valore aggiunto nel prodotto e nella ricerca. Il sostegno a queste iniziative è fondamentale: non basta far nascere imprese, occorre che nascano imprese competitive. In tutt’altra direzione va l’esperienza nel microcredito, molto utile in questa fase nella conversione fra il lavoro dipendente e il lavoro autonomo. Da queste direttive e dalla forte collaborazione fra le banche e le associazioni datoriali può impostarsi una buona azione di sostegno allo sviluppo».

A sinistra, Adriano Maestri

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Quella cultura d’impresa che gli stranieri apprezzano Una forte propensione all’internazionalizzazione è ciò che emerge dalla cultura imprenditoriale piemontese che ha accolto negli ultimi anni aziende estere sul proprio territorio. Giuseppe Donato, illustra le iniziative che mirano a stringere convenzioni tra istituzioni locali e internazionali Nicolò Mulas Marcello ono molti i settori in cui le aziende estere decidono di investire in Piemonte. «Le azioni previste dal nostro programma di attività – spiega Giuseppe Donato, presidente del Centro estero per l’internazionalizzazione del Piemonte – nascono dall’esperienza diretta di contatto e confronto con il mondo imprenditoriale locale e internazionale, dal dialogo con organismi omologhi e con istituzioni italiane ed estere, ma il programma resta flessibile, per adattarsi alle esigenze e opportunità che possono emergere strada facendo». Quali le ragioni per cui le aziende scelgono di investire in Piemonte? «C’è una grande ricchezza di risorse e capacità,

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un sistema formativo che trova la sua più alta eccellenza nel Politecnico di Torino. C’è poi la presenza di grandi utilizzatori delle nuove tecnologie e di centri di ricerca variamente collegati alle tecnologie dell'informazione. La diversificazione produttiva insieme alla crescita del settore dei servizi sono ulteriori asset del territorio da offrire alle imprese estere. Sono le capacità localizzate a rappresentare quel mix di fattori specifici del territorio non facilmente riproducibili, che permettono alle imprese di crescere e affermarsi sui mercati: le infrastrutture e le reti materiali e immateriali, e tra queste sono centrali l’ambiente istituzionale, il sistema di governance e di coesione sociale, ma soprattutto le competenze. In Piemonte sono note le eccellenze dei


Giuseppe Donato

Sono le capacità localizzate a rappresentare quel mix di fattori specifici del territorio non facilmente riproducibili che permettono alle imprese di crescere e affermarsi sui mercati

settori automotive, design e Ict ma costituiscono una leva di attrazione anche quelle importanti nel campo delle energie rinnovabili, dell’aerospazio, dell’agroalimentare, del tessile, della salute, della robotica e di cluster emergenti come le bio e nanotecnologie. Risorse umane e cultura d’impresa sono i fattori che alimentano il successo delle imprese che scelgono di insediarsi in Piemonte». In che modo il centro promuove l’attrazione di investimenti? «All’attrazione di investimenti esteri Ceipiemonte dedica una linea di servizi e un piano di attività che, in coerenza con le linee guida regionali indicate nel nuovo Piano per la Competitività, copre tre ambiti principali: la costruzione di un prodotto integrato di competenze industriali, di filiera, tecnologiche e di ricerca da proporre a potenziali investitori esteri ed esterni; la competitività dell’offerta in termini di prodotto territoriale-immobiliare e di servizi, per rafforzare il posizionamento competitivo del territorio come business destination di qualità e come attrattore di capitali, concorrendo a promuovere la riqualificazione del territorio, le trasformazioni urbane e i prodotti immobiliari (industriali, di servizi, turistici), nonché le eccellenze che il territorio esprime in numerosi set-

tori; la competitività delle imprese entranti e di Giuseppe Donato, quelle estere già presenti anche attraverso la ge- presidente di Ceipiemonte stione del contratto di insediamento contenuta nel piano straordinario per l’occupazione. Si tratta di uno strumento legislativo, unico in Italia, dedicato all’attrazione di investimenti, che prevede incentivi a fondo perduto a pmi e grandi imprese multinazionali, garantisce lo snellimento di tempi e procedure, favorisce il radicamento e la complementarietà dell’investimento con il sistema locale. Ceipiemonte cura inoltre le attività di accoglienza nei confronti delle imprese estere/esterne, garantendo un'assistenza globale alle attività in via di insediamento». Se dovesse fare un bilancio del 2010 cosa ne emergerebbe? «I numeri della nostra attività 2010 sono di grande soddisfazione. A titolo di esempio: 567 operatori piemontesi hanno preso parte a 65 iniziative nel mondo. 1.113 hanno partecipato a 40 workshop in Piemonte durante i quali sono stati organizzati 3.125 appuntamenti b2b con 207 interlocutori stranieri. Le imprese, per lo più PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 171


ATTRATTIVITÀ

La diversificazione produttiva insieme alla crescita del settore dei servizi sono ulteriori asset del territorio da offrire alle imprese estere

piccole o artigiane, che hanno usufruito del servizio di orientamento all’internazionalizzazione sono 280. Le giornate di formazione organizzate per 1.627 partecipanti sono state 254. E 29 gli educational tour in Piemonte per 150 tour operator e giornalisti stranieri. Le opportunità di investimento in Piemonte sono state presentate in 34 appuntamenti internazionali. Sono state assistite 46 aziende interessate a valutare un investimento in Piemonte, oltre a 8 Multinazionali Estere già localizzate che potrebbero espandere la propria presenza sul territorio». Quali le prospettive per il 2011? «Nel 2011 prevediamo che cresca il carnet di 172 • DOSSIER • PIEMONTE 2011

convention b2b internazionali, sostenute dalla Camera di Commercio di Torino, che approdano sul territorio. Dopo Torino Aerospace Meeting, che realizzerà nel 2011 la sua terza edizione, e Mecatronic Connection, ospitato nel 2010 per la prima volta, approdano a maggio Euromedtech, primo evento internazionale nel comparto medicale e a giugno Subforservice Meetings, dedicato alla subfornitura europea. Tra le novità più significative in arrivo: l’avvio di PMInt, progetto pilota finalizzato ad affiancare un’azienda che sta intraprendendo la scelta di “andare all’estero”, vivendola al suo fianco, fornendo un supporto in termini di analisi, coaching e creazione del percorso di internazionalizzazione – il progetto nasce da Unione Industriale Torino e Ceipiemonte cui si sono aggregati per i servizi come partner: Deloitte, Seat Pg, M&T Italia e per alcuni servizi la stessa Unione Industriale; l’ampliamento dell’area confini di competenza di Ceipiemonte, in termini di attrazione turistica, a mercati più vicini, quali: Germania, Austria, Svizzera, Inghilterra, Francia, Benelux, Spagna; la gestione del nuovo contratto di insediamento varato nell’ambito del piano straordinario per l’occupazione con importanti elementi di novità rispetto al precedente: oltre alle imprese estere/esterne al Piemonte, sono previsti tra i beneficiari anche imprese piemontesi che hanno delocalizzato in maniera prevalente e quelle estere già attive in Piemonte; la mobilità intelligente e sostenibile quale nuovo settore di punta per l’attrazione di investimenti, con un progetto di posizionamento sui mercati internazionali che prevede iniziative tecnico-promozionali rivolte alla valorizzazione del territorio e delle sue competenze».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Ferruccio Dardanello

Vincere le sfide del mercato globale Razionalizzare al meglio i costi che l’internazionalizzazione mette in campo. È la ricetta di Ferruccio Dardanello per incrementare i buoni risultati già registrati dall’export piemontese Nicolò Mulas Marcello

on sono solo gli investitori stranieri a scoprire le opportunità commerciali fornite dal Piemonte ma anche le imprese della regione mostrano una buona propensione all’internazionalizzazione e i dati confermano questo andamento, come spiega Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere Piemonte. A cosa è dovuta secondo lei questa maggiore apertura all’estero del Piemonte rispetto al resto dell’Italia? «Il Piemonte come tante altre regioni del nostro Paese ha scommesso sull’innovazione e sulla qualità delle proprie produzioni per rimanere competitivo sui mercati internazionali. L’unica ricetta che oggi esiste se si vuol fare crescere la propria economia in ambito globale è offrire al mondo innovazione e qualità non facilmente reperibile in altri mercati del mondo. Noi siamo stati antesignani in questa direzione e in una fase congiunturale come quella che abbiamo vissuto, questi dati confermano che le scelte, nonostante le difficoltà che hanno avuto le nostre imprese, sono state vincenti. Nel 2009 oltre il 70% delle nostre imprese ha continuato a investire in innovazione. Non c’erano le risorse economiche per farlo ma c’erano l’intelligenza e la capacità di intraprendere questa strada. Un percorso che sta incominciando a premiare e a darci quei risultati che ci permetteranno poi di costruire anche pagine nuove anche in termini di occupazione. Temi che sono

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importanti in un momento congiunturale par- Ferruccio Dardanello, ticolare come questo». presidente Quali sono i principali settori di interesse Unioncamere Piemonte da parte degli investitori in Piemonte? «Il mercato interno europeo rappresenta per noi circa il 50% del nostro export. E gli altri mercati del mondo che richiedono maggiormente innovazione come anche la Cina e l’India che stanno iniziando a produrre in un certo modo, riconoscono l’importanza del made in Italy. Non c’è angolo del mondo dove questo concetto non sia presente, ma ha bisogno di essere tutelato, protetto e garantito. I dati confermano il successo del made in Italy nel mondo in molti settori economici, dalla moda all’auto- PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 173


ATTRATTIVITÀ

I risultati non mancheranno di premiare sia il nostro export sia la credibilità di ritorno che il Piemonte può creare

motive, all’agroalimentare ovvero a quei settori posta ma anche quella qualità e innovazione che che hanno fatto la storia della nostra economia e dei successi economici». Attraverso quali progetti Unioncamere Piemonte promuove i processi di internazionalizzazione dell’economia regionale? «Unioncamere opera in totale sintonia con le politiche della Regione. Abbiamo una legge regionale che ha intelligentemente messo in moto un meccanismo grazie al quale la stessa Regione e Unioncamere affrontano insieme le politiche sull’internazionalizzazione. Abbiamo uno strumento come il Ceip, Centro estero per l’internazionalizzazione del Piemonte, che vede politiche coese, uniche e non spezzate come succede invece in tante altre parti del Paese. Politiche congiunte per raccogliere le necessità delle imprese e degli imprenditori e promuovere le iniziative che servono a far aumentare considerevolmente già dal 2011 l’export della piccola e media impresa piemontese. Per far sì che l’export sia un rilancio dell’economia in quanto il mercato internazionale è pronto ad accogliere non solo le sfide e la genialità della nostra pro174 • DOSSIER • PIEMONTE 2011

noi sappiamo mettere nelle nostre scelte e nelle nostre produzioni». Come vede il futuro dell’economia regionale e quali iniziative ci sono in programma da parte di Unioncamere Piemonte? «Manteniamo ottimismo perché la nostra qualità ci sta premiando. Facciamo un’operazione che veda “tutti per uno e uno per tutti” e cerchiamo di razionalizzare al meglio quelli che sono i costi che l’internazionalizzazione va a mettere in campo. Credo che così i risultati non mancheranno di premiare sia il nostro export sia la credibilità di ritorno che il nostro Piemonte può creare. Credo inoltre che sia necessaria anche una valorizzazione indotta del nostro turismo per far sì che i cittadini del mondo possano venire a conoscere anche le emozioni del Piemonte. Anche questa è internazionalizzazione per poter dare i vantaggi alle nostre imprese piccole, quelle che non possono sfidare il mercato globale ma possono di ritorno da esso aver strumenti per poter crescere e competere meglio».



ATTRATTIVITÀ

Studenti sempre più cittadini del mondo I nostri atenei sono sempre più attenti agli scenari internazionali. Molti gli scambi accademici con università di tutto il mondo per incentivare la mobilità degli studenti che devono essere sempre più cosmopoliti. Francesco Profumo illustra le attività del Politecnico di Torino Nicolò Mulas Marcello

el 2010, l’indice di internazionalizzazione del Piemonte è risultato in crescita del +12% rispetto all’anno precedente. Tra le ragioni di questo incremento c’è anche la crescente attrattività esercitata dai quattro atenei piemontesi. Come sostiene il rettore Francesco Profumo, il Politecnico di Torino si è impegnato molto negli ultimi anni sul fronte internazionale e i risultati non si sono fatti attendere. Quale è stato l’aumento degli iscritti stranieri al Politecnico negli ultimi anni? «Il nostro ateneo ha investito molto sull’internazionalizzazione, con un’attenzione crescente ai corsi insegnati in lingua inglese, ma

N Francesco Profumo, rettore del Politecnico di Torino

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anche con il potenziamento di servizi e facilitazioni per gli studenti stranieri, dall’orientamento al disbrigo delle pratiche burocratiche e agli alloggi. Questa attenzione ha portato il Politecnico a collocarsi tra le prime università italiane per percentuale di iscritti stranieri, passando dal 5% circa di studenti provenienti da paesi diversi dall’Italia nel 2006 al 14% circa dell’anno accademico 2010/2011. Il numero di studenti stranieri è più che raddoppiato in 5 anni: da 1.500 circa del 2006/2007 a 3.750 di quest’anno». Quali offerte formative scelgono principalmente gli studenti stranieri? Si può fare una stima dei neolaureati stranieri che rimangono a lavorare in Italia? «Un buon numero di studenti stranieri scelgono i corsi delle nostre facoltà di Architettura: sono più di 300 sul primo livello, con una buona percentuale che si iscrive ai corsi di quest’area anche nel II livello, in particolare con il corso di Ecodesign, nel quale su 58 studenti ben 30 sono stranieri. Per quanto riguarda Ingegneria, le percentuali maggiori di stranieri si registrano nei corso tenuti interamente in lingua inglese, sia nel I che nel II livello. Anche i corrispondenti corsi in italiano sono generalmente piuttosto quotati per gli studenti stranieri, in particolare Meccanica, Telecomunicazioni, Elettronica, Informatica, Gestionale. È


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Francesco Profumo

UN’OFFERTA FORMATIVA CHE GUARDA AL MONDO Rispondere alle proposte di scambio accademico offerte dal mondo è una delle attenzioni dell’Università degli Studi di Torino che ha visto incrementare negli ultimi anni le immatricolazioni straniere olte facoltà dell’Università di Torino sono state scelte da studenti esteri per la propria formazione. Il rettore Ezio Pelizzetti illustra le iniziative mirate all’internazionalizzazione da parte dell’ateneo piemontese. Avete registrato un incremento di immatricolazioni da parte di studenti stranieri all’ Università di Torino negli ultimi anni? «Negli ultimi anni siamo passati da 600 immatricolati nel 2008, a 800 nel 2009 e abbiamo superato adesso i 1.000 nell’anno accademico 2010-2011. I due terzi degli iscritti provengono da nazioni extra unione europea». Quali facoltà preferiscono gli studenti esteri? «Lingue è la facoltà più amata con il 15% di immatricolati stranieri. Segue Economia con il 9%, Scienze politiche e Medicina intorno al 6% e le atre facoltà tra il 2 e il 4%. Si può fare una stima dei neolaureati stranieri che rimangono a

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lavorare in Italia? «È difficile perché in linea generale dopo la laurea tornano nel loro paese e questo è anche un bene perché il ruolo dell’università è anche quello di formare le classi dirigenti nei vari paesi e attivare poi collaborazioni tra le imprese. Oltretutto anche per i nostri laureati non è così semplice trovare lavoro oggi, anche se in Piemonte circa l’80% dei laureati trova un impiego nell’arco di un anno dalla laurea». Come si realizza la dimensione internazionale dell’Università degli studi di Torino? «Abbiamo quasi 400 accordi con le università straniere, soprattutto in America Latina, Africa, Russia, Cina e Vietnam. Anche la Regione ha sostenuto collaborazioni con molti atenei attraverso progetti ad hoc. Torino è molto attenta a questi aspetti di scambio e anche gli studenti e i neolaureati delle università straniere sono molto interessati a entrare in contatto con il nostro ateneo».

Ezio Pelizzetti, rettore dell’Università di Torino

Ci sono progetti in atto per incrementare l’interscambio accademico? «Abbiamo in atto programmi con la Regione, con l’Unione Industriali, con le fondazioni SanPaolo e Crt e con risorse dell’università. Mi preme ricordare che con la fondazione Crt abbiamo un progetto di cooperazione con l’Africa che rappresenta un continente su cui puntare e avere molta attenzione. In questo progetto sono coinvolti studenti e neolaureati».

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ATTRATTIVITÀ

piuttosto difficile stimare il numero di quanti dare l’attivazione di percorsi formativi di laurea dopo la laurea si fermano nel nostro paese, ma il nostro ateneo attrae ogni anno un numero sempre più alto di studenti stranieri anche per la formazione post-laurea (il 15% dei nostri dottorandi sono stranieri)». Nel corso degli ultimi anni il Politecnico ha intensificato le proprie azioni rivolte allo sviluppo delle collaborazioni internazionali. Avete stretto partnership con enti socio-economici? «I primi accordi con istituzioni straniere (principalmente europee) risalgono agli anni ’90. È fondamentale il legame stretto da molti anni con gli enti territoriali che vanno dalle istituzioni di governo locali, a istituzioni culturali, associazioni industriali e fondazioni bancarie. In particolare è stato possibile nel corso degli anni attribuire numerose borse di studio a studenti stranieri provenienti da tutte le parti del mondo e su tutti i livelli formativi grazie a partnership con tutte le principali istituzioni e i soggetti del contesto socio-economico del territorio». Quali sono i progetti futuri per incrementare l’interscambio accademico e la crescita dei progetti di mobilità internazionale? «Fra le principali linee strategiche vorrei ricor-

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magistrale e di dottorato di ricerca condivisi con atenei stranieri, la stipula di convenzioni per la mobilità studentesca e lo scambio di materiale scientifico con atenei di prestigio europei ed extra-europei e l’incremento degli insegnamenti erogati in lingua inglese, soprattutto a livello di corsi di studio di secondo e terzo livello (dalla laurea magistrale in su). Inoltre, da anni stiamo potenziando l’offerta di servizi di supporto rivolti a studenti, dottorandi e docenti stranieri e siamo assolutamente all’avanguardia nel panorama europeo, come ci ha riconosciuto anche Androulla Vassiliou, commissario europeo per la cultura e la formazione, in visita recentemente in ateneo. Abbiamo ampliato la nostra offerta formativa addirittura oltre i confini nazionali inaugurando diversi campus all’estero. Vorrei a tal proposito citare il Campus italo-cinese con sede a Shanghai, nato grazie a un’iniziativa finanziata dal Miur e realizzata in collaborazione con la Tongji University di Shanghai e con il Politecnico di Milano. Il programma contempla percorsi di laurea congiunti nell’area meccanica, Ict e design con la partecipazione di studenti cinesi ed italiani e percorsi di studio articolati tra Cina e Italia».



MADE IN ITALY

Il Made in Turin che veste il mondo Jaggy, brand di punta della società Batrax, si espande verso nuovi mercati. Un investimento ambizioso che Fabrizio Danna, presidente del gruppo, porta avanti convinto del fatto che l’alta qualità, nella moda, premia sempre Andrea Moscariello

Fabrizio Danna, Ad di Batrax www.jaggy.it

n 2011 all’insegna dell’internazionalizzazione quella del gruppo Batrax e del marchio Jaggy. Una delle realtà torinesi più affermate e riconosciute a livello europeo punta ora al mercato statunitense e, soprattutto, a quello cinese, dove nei prossimi cinque anni prevede l’apertura di ben 200 punti vendita monomarca. «Nonostante le previsioni non fossero delle più rosee, vista la crisi di mercato, il marchio Jaggy ha registrato un sensibile aumento nelle vendite» dichiara il presidente di Batrax, Fabrizio Danna. Non bisogna infatti fermarsi ai semplici dati di fatturato del gruppo, che registrano sì una leggera flessione negativa, ma a fronte di una politica più selettiva sui target cui rivolgersi, che ha portato alla chiusura di alcuni sbocchi commerciali non più appetibili per l’azienda torinese. Scelte strategiche poste come base di un progetto che, come si accennava poc’anzi, por-

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Fabrizio Danna

terà senz’altro la società verso nuovi sviluppi commerciali. Danna, Batrax sta per compiere investimenti, a partire da quello cinese, piuttosto importanti. È tranquillo sul futuro? «Sì, anche perché abbiamo già iniziato la campagna di vendita per il 2011 e devo dire che i risultati raccolti sono più che soddisfacenti. Il marchio Jaggy rispetto al 2009 è già cresciuto di oltre il 10%. Questa linea piace moltissimo al pubblico e ha ottenuto un sell out molto alto. Aprirci alla Cina significa certamente compiere un grande passo per Batrax, senza precedenti». Attualmente, invece, su quali mercati siete già affermati? «Quelli europei. Partendo dal mercato tedesco. Sul vecchio continente possiamo vantare una distribuzione ottimale. E poi, ovviamente, c’è l’Italia, paese in cui siamo nati e che

rappresenta ancora oggi una voce importantissima del nostro fatturato». Tra i vostri progetti c’è anche la conquista del market statunitense. Una realtà inflazionata, non semplice, differente da quella europea. «Giusto. Il mercato americano non è facile. Occorrono attente pianificazioni e strategie. Al momento puntiamo a una distribuzione delle nostre linee all’interno dei grandi department store, ma valuteremo man mano se aprire anche dei punti vendita monomarca. Ad aiutarci, questo posso dirlo, è avere come testimone il nipote di Bob Kennedy, Bobby, un simbolo di stile che conquisterà anche l’Italia. Ma non ci fermeremo all’America e alla Cina. Siamo interessati anche al mercato mediorientale». Con la linea Jaggy intendete catturare l’attenzione di nuovi target commerciali? «In realtà la fortuna di questa linea sta proprio nel fatto che non è limitata a determinati target. È indossabile dal ragazzo così come dall’uomo. Questa sua trasversalità la rende un prodotto commercialmente appe- ›› PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 189


MADE IN ITALY

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UN CONNUBIO TRA MODA E CINEMA Il marchio Jaggy protagonista del film di Robert Kennedy III, AmeriQua, girato tra gli Usa e Bologna

l marchio Jaggy diventa protagonista di AmeriQua, il film prodotto da Marco Gualtieri e diretto da Marco Bellone e Giovanni Consonni, che vede come attore principale e sceneggiatore Robert Kennedy III. E così, ancora una volta, moda e cinema viaggiano in parallelo. AmeriQua è la storia di un pigro neolaureato, Charlie (Bobby Kennedy) i cui abbienti genitori decidono di tagliargli i fondi lasciandolo con un mero assegno di 5mila dollari e l’ultimatum di cominciare una nuova vita di responsabilità e autonoma indipendenza. Lui, invece, compra un biglietto aereo per l’Italia, dove viene immediatamente derubato, finendo poi a Bologna sotto la custodia dell’amico Lele (Lele Gabellone), auto proclamatosi Re della città, vivendo con il punkabbestia Ballo (Gianluca Bazzoli) e l’insaziabile frequentatore di prostitute, Il Pisa (Giuseppe Sanfelice). Una commedia giovane e fresca, che mette alla prova moltissimi nuovi talenti. Nel film, a indossare i capi della collezione, oltre a Kennedy, anche Lele Gabellone ed Eva Amurri, quest’ultima figlia d’arte, sua madre è il premio Oscar Susan Sarandon. «Jaggy ha sempre osservato al

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cinema come a un terreno fertile da cui trarre ispirazione – racconta Fabrizio Danna -. Il fatto che personaggi diversi del cast di Ameriqua indossino i nostri capi è sintomo di come la nostra collezione sia effettivamente trasversale». Un brand che si rivolge, quindi, a uomini, donne, giovani e adulti, e che con questa produzione cinematografica si prepara a entrare, come spiega Danna «dalla porta principale sul mercato americano». Nel cast anche Giancarlo Giannini, Enrico Silvestrin, Moran Atias e Alessandra Mastronardi, nota al pubblico italiano grazie alla serie televisiva “I Cesaroni”. Per le scene americane, poi, sono stati scritturati attori del calibro di Alec Baldwin e Glenn Close. Polo, t-shirt, il nuovo pantalone icona, il Newman, pantaloni colorati e invecchiati grazie ai lavaggi studiati appositamente, o altri ancora dal taglio classico, ma sempre rielaborati in chiave attuale. I capi della collezione Jaggy Archivio Storico, presenti nel film, si ispirano alla cultura bostoniana, in cui la classe, la ricercatezza e l’eleganza sono sempre al centro dell’ideale di stile proposto. www.ameriqua.com

tibile e inseribile in più contesti. Il nostro obiettivo è quello di riuscire a mantenere questa apertura, a non focalizzare il nostro lavoro su un acquirente specifico, sia per le linee maschili che per quelle femminili». La crisi ha dato uno scossone al settore della moda. Cosa è cambiato, secondo lei, per i marchi made in Italy? «È cambiata anzitutto la spendibilità all’estero del suo valore. Non è più scontato che un marchio italiano sia sinonimo di qualità. Certo, d’altro canto, la crisi ha fatto sì che si verificasse una vera e propria selezione naturale». Cosa intende dire? «Mi riferisco al fatto che hanno resistito solo i marchi migliori, di alto livello. Negli ultimi anni, sotto la protezione dell’appellativo made in Italy, si sono affacciate sul mercato realtà decisamente inferiori e approssimative rispetto ai marchi storici. Ma la crisi ha lasciato a piedi buona parte di queste aziende. I mercati accettano solo chi propone linee meritevoli. Noi possiamo continuare a crescere proprio perché alle nostre spalle abbiamo oltre trent’anni di attività. Un know how sul settore che non si improvvisa». Possiamo considerare Torino al pari di una capitale della moda? «Ma Torino è già una capitale della moda. Certo, oggi non è più al suo splendore come negli anni Cinquanta e Sessanta, ma dobbiamo ricordarci come il Piemonte vanti innumerevoli eccellenze in questo settore. Finalmente, dopo le Olimpiadi Invernali del 2006, le cose hanno ricominciato a muoversi». Lei cosa osserva? «Finalmente questa città sta vivendo un rinascimento imprenditoriale e culturale che ben fa sperare in una riaffermazione delle


Fabrizio Danna

Nelle immagini, dei capi delle collezioni Jaggy e alcuni interni dei punti vendita del marchio torinese

aziende locali sui mercati. E poi devo dire che qua a Torino non mancano gli elementi più preziosi». A cosa si riferisce? «Ai talenti. Noi per esempio attingiamo moltissimo dallo Ied. La fortuna di presenziare in un mercato con poche, ma buone, aziende, fa sì che a differenza di ciò che accade a Milano o in Emilia i talenti non si disperdano ma, anzi, che si leghino alle realtà migliori. In questo modo possiamo coltivarli e farli crescere sul settore». Per il futuro cosa farà contraddistinguere i vostri marchi? «Sicuramente la ricerca sul prodotto. Stiamo lavorando in maniera importante sull’elaborazione e lo sviluppo di due tra le nostre più recenti collezioni. Una per l’uomo, “Archivio Storico”, e una per la donna, “Rose Label”, che sono un po’ il nostro fiore all’occhiello e che attualmente si trovano nei

Stiamo lavorando sull’elaborazione e lo sviluppo di due tra le nostre più recenti collezioni. Una per l’uomo, “Archivio Storico”, e una per la donna, “Rose Label”

negozi di moda più belli d’Italia». Futuro è anche tecnologia. Jaggy punta all’e-commerce? «Moltissimo. Abbiamo già attivato l’applicazione del nostro sito per I-phone e nei prossimi mesi realizzeremo quella per I-pad. In Italia non si è ancora sviluppato questo mercato ma internet, anche per il mondo della moda, rappresenta un potenziale immenso, commercialmente parlando. Attraverso l’e-commerce puntiamo ancora di più a rendere Jaggy un simbolo dello stile italiano nel mondo». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 191


MADE IN ITALY

Fuori dalle mode dentro la personalità Uno stile che non segue le mode ma si distingue nella sua personalità. Che offre il valore aggiunto del vero made in Italy e guarda al futuro con ottimismo. A confronto con Cristina Tardito, stilista del marchio Kristina Ti Eugenia Campo di Costa

ntiomologazione, in un panorama ricco di offerte. Il marchio Kristina Ti sceglie di perseguire la sua identità, senza scendere a compromessi. Da sempre legato a un mercato di nicchia, che ama la ricerca sofisticata, attraverso le varie collezioni, il brand ha definito un suo linguaggio fatto di cura estrema per i dettagli. Passamanerie ruches, voulants, crocchette, sono solo alcuni dei motivi che ricorrono nelle collezioni. «La collezione Primavera Estate 2011 – afferma la stilista Cristina Tardito - rispecchia il DNA del marchio che si traduce non in una scelta di tendenza, quanto in una riconferma di stile. Le suggestioni non mancano, la sagra di paese suggerisce uno scenario perfetto a questa collezione fatta di tessuti leggerissimi, dettagli impeccabili, motivi floreali che sono da sempre un leit motiv delle collezioni Kristina Ti». Un esempio di qualità made in Italy che si sta aprendo anche ai mercati extraeuropei. Abbiamo incontrato nella sede storica dell’azienda di famiglia, la Tamigi S.p.A., la stilista Cristina Tardito alla quale abbiamo rivolto alcune domande focalizzate sul settore dei brand di nicchia e di eccellenza del fashion. Le caratteristiche del prodotto made in Italy premiano ancora nell’attuale contesto

A Cristina Tardito, stilista del brand Kristina Ti www.tamigi.it

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economico e sociale? «Per qualsiasi attività di produzione di beni o servizi è da sempre prioritaria l’individuazione del potenziale valore aggiunto. Ma il valore aggiunto cambia con il continuo mutare delle realtà economiche e dei diversi orientamenti all’acquisto. Ad esempio, nel settore abbigliamento, si devono rilevare due significative realtà: la riduzione, nei mercati tradizionali, del paniere di spesa per l’abbigliamento a favore di altri beni o servizi oggi più gratificanti e la diminuzione significativa della primaria funzione di utilità a favore di quella rappresentativa di uno “status”. Il vero made in Italy è ampiamente in grado di fronteggiare tali cambiamenti se realizza il suo valore aggiunto nel continuo miglioramento della vocazione qualitativa tipica della tradizione italiana e nell’enfatizzare la altrettanto storica vocazione a una creatività originale e riconoscibile. La qualità accoglie un’esigenza di selezione nell’ambito della riduzione del paniere di spesa. La creatività e la riconoscibilità, quindi il vero brand, soddisfano la rappresentazione di uno status». Come ha vissuto la vostra azienda la fase di contrazione dei mercati? «La nostra azienda sta ulteriormente operando con efficacia nella direzione della qualità e della riconoscibilità stilistica. È evidente che lo tsunami creato da un sistema planetario spinto alla parossistica realizzazione di profitti finanziari privi di creazione di valori veri ha determinato perdite di redditività sia patrimoniali,


Cristina Tardito

che di reddito, che hanno inciso pesantemente sui mercati occidentali. Tale “onda lunga” ha lambito anche la nostra azienda. Ma siamo una realtà “di nicchia”, gli effetti subiti non sono stati devastanti e le prospettive, realisticamente, sono confortanti». Quali sono le caratteristiche del brand Kristina Ti e dell’immagine ad esso coordinata e quanto questi aspetti hanno influito sulla crescita dell’azienda? «Innanzitutto l’identificazione di una identità stilistica che è nel capo indossato prima che sulla sua etichetta. Definire la donna Kristina Ti come sofisticata, di forte personalità, giovane e quant’altro è banalmente esemplificativo. La donna Kristina Ti è semplicemente mai volgare, misuratamente equilibrata nel compiacersi della propria femminilità. Apprezza soprattutto i colori tenui così come i particolari costruttivi frutto di una ricerca attenta e realizzabile grazie all’alta professionalità manifatturiera delle maestranze. Nelle aziende del fashion, quali che siano le forze finanziarie e strutturali, le caratteristiche di identificazione di cui la Kristina Ti è un esempio, sono propedeutiche al loro sviluppo».

La donna Kristina Ti è semplicemente mai volgare, misuratamente equilibrata nel compiacersi della propria femminilità

Il brand Kristina Ti ha anche alcuni negozi monomarca. In quali città si è scelto di collocarli in particolare e perché? Sono previste nuove aperture? «I nostri monomarca non sono stati realizzati per un progetto alternativo alla diffusione wholesale, ma per una strategia di comunicazione del nostro brand. La loro collocazione in Italia a Torino, Milano, Forte dei Marmi e Porto Cervo risponde a tale strategia. Ci saranno ulteriori aperture, ma nei Paesi che oggi sono prioritari nel nostro progetto di sviluppo distributivo. In area extraeuropea oggi siamo ottimamente distribuiti in Giappone; con la Collezione AI 2011/12, che stiamo presentando in questi giorni, partirà la diffusione in Russia, Cina e Corea del Sud. A questo progetto abbiamo lavorato intensamente nel corso di tutto il 2010 e i presupposti ci fanno sperare in un avvio promettente». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 193


MODA PER BAMBINI

Il trend positivo della moda bimbo Giovane marchio del settore di abbigliamento per bambini, IDEXE’ continua a conquistare il mercato. Qualità a prezzi contenuti: la formula del suo successo Lucrezia Gennari

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na realtà giovane che conferma il suo trend di crescita. Il marchio IDEXE’, distribuito dalla Re.Com di Revello, veste i bambini da 0 a 14 anni ed è divenuto, in una decina di anni, uno dei principali protagonisti del mercato italiano nel suo settore. Re.Com. studia stilisticamente e industrialmente le collezioni IDEXE’, dal disegno alla modellistica, alla scelta dei materiali. IDEXE’ nasce nel 2000, con l’apertura del suo primo negozio all’interno del centro commerciale “Le Gru” di Torino. Contenuti stilistici di rilievo, alti standard qualitativi e prezzi molto competitivi, hanno attirato l’attenzione del Cliente, decretando in breve tempo il successo dell’insegna sul mercato. Il marchio si è diffuso sull’intero territorio nazionale con negozi diretti e affiliati ed è oggi presente in tutta Italia con 190 punti vendita, dislocati tra centri commerciali e negozi presenti nei centri storici di moltissime città italiane. Negli ultimi tre anni IDEXE’ si è fatto conoscere anche all’estero: oltre 30 negozi, diffusi tra Grecia, Albania, Slovenia, Croazia, Malta, Turchia, Khazakhstan e Arabia Saudita rappresentano il mercato straniero del marchio. Le prospettive sono di un’ulteriore crescita nel breve periodo con numerose nuove aperture in Grecia, nei paesi dell’Est europeo e del Medio Oriente. All’interno dei punti vendita, l’immagine, la presentazione del prodotto, il servizio, ogni aspetto è curato nei minimi particolari. L’ambiente, studiato appositamente per il target di riferimento, è sempre sobrio, accogliente e molto funzionale. Indubbiamente i negozi

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Nelle immagini, alcuni capi della collezione a marchio IDEXE’ www.idexe.it


Il marchio IDEXE’

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Stile, comfort e sicurezza per i bambini, con i capi firmati IDEXE’

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IDEXE’ rappresentano un modello vincente, destinato a un crescente sviluppo e consolidamento sul mercato. L’obiettivo è una copertura capillare del territorio, con l’apertura di altri punti vendita in Italia, non solo nelle grandi città ma anche nelle aree minori ad alto potenziale di visibilità e business. Il piano di sviluppo già pianificato prevede l’apertura di 20-25 negozi all’anno e, oltre ai nuovi negozi stranieri, si propone di raggiungere in tempi brevi quota “200” punti vendita in Italia. Importanti partnership con aziende leader in altri settori merceologici dedicati ai più piccoli, hanno decretato in questo ultimo triennio una progressiva notorietà del marchio che ha permesso a IDEXE’ di conquistare nuove e significative quote di mercato. Organizzazione distributiva diretta ed efficace, prezzi competitivi ma anche e soprattutto alta qualità di prodotto. La delicata fase produttiva è affidata infatti alla ditta Mauli Spa, primo produttore italiano di abbigliamento bambino, leader nel settore da più di 40 anni, con oltre 12 milioni di capi prodotti e venduti ogni anno. Per Mauli creare abbigliamento non vuol dire solo pensare allo “stile” ma avere anche la consapevolezza di tutti gli aspetti attinenti al comfort e alla sicurezza dei bambini. Per questa ragione investe da sempre grandi ri-

sorse nell’ambito della ricerca e sviluppo e nella selezione dei propri partner. La Mauli è in grado di garantire un alto livello qualitativo grazie anche a personale diretto altamente qualificato, che esegue rigorosi controlli di qualità durante i processi produttivi. Inoltre, al termine della produzione, tutti i capi sono ancora selezionati e accuratamente preparati prima di essere immessi sul mercato. L’azienda è una certezza nel suo settore: da moltissimi anni conta su significative e continuative collaborazioni con prestigiose catene internazionali. Ogni anno milioni di capi prodotti da Mauli vestono i bambini nelle diverse fasce di età, nelle linee Nursery, Baby e Junior, grazie anche al supporto di validi e affermati stilisti che curano e coordinano lo sviluppo di collezioni esclusive. PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 195


COMUNICAZIONE

Diamo forma alle idee Communication, entertainment e projects & consulting: sono le tre aree di lavoro e affari che impegnano l’equipe di soci di Valentina Communication, un’illustre agenzia torinese che opera dal 1981 nel settore delle relazioni pubbliche Valeria De Meo

n trenta anni di attività i numeri e i traguardi ottenuti parlano chiaro: 500 progetti gestiti, 150 clienti sia in Italia che all’estero, 280 conferenze stampa, 46 grandi eventi organizzati. Valentina Communication, fondata nel 1981 da Giuliana Bertin, ex dirigente in Fiat e Olivetti, è una società torinese leader nelle relazioni pubbliche e nella comunicazione corporate: mette a disposizione un’ampia gamma di servizi per la creazione di un’immagine su misura, valutando le singole esigenze, i punti di forza e di debolezza del committente, e le diverse aree di intervento. Impostando il lavoro attraverso sei valori di base, quali creatività, strategia, reattività, professionalità, confronto e risultati, l’agenzia è sempre al passo con i tempi, e lavora per esaltare l’unicità dell’individuo, dell’evento o

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In basso, i quattro partner di Valentina Communication. Nella pagina a fianco, il ministro Meloni durante la conferenza stampa di GammaDonna 2010, a Palazzo Chigi www.valentinacommunication.net

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dell’impresa. «La comunicazione – spiega Valentina Parenti, figlia di Giuliana Bertin e amministratore delegato – come un abito, è espressione del proprio modo di essere, e il modo di essere è lo specchio delle idee. Creare un’ottima immagine significa raggiungere una sintonia tra ciò che si è e ciò che si comunica all’esterno». Con la stessa abilità, tecnica e perizia di un sarto, l’agenzia crea un abito ad hoc, che possa dare anima alle idee ed esprimere al meglio le caratteristiche del cliente. Il mercato della comunicazione ha subito un profondo cambiamento negli ultimi anni, diventando estremamente competitivo: lo sviluppo delle tecnologie a portata di tutti ha favorito la nascita di centinaia di agenzie di relazioni pubbliche, rendendo d’obbligo puntare sull’innovazione di qualità. Valentina Communication è, infatti, in grado di spaziare in svariati settori: dall’arte al BtoB, dalla musica all’industria, dall’economia allo sport, per l’organizzazione di grandi eventi e concerti, per classiche attività di ufficio stampa, per progetti e attività di consulting. «L’idea di fondo – dichiara la Parenti – è creare in house dei prodotti, veri e propri marchi, che realizziamo, gestiamo e lanciamo sul mercato per conto terzi». Aziende, gruppi industriali, enti pubblici, associazioni sono le principali tipologie di clientela che si rivolgono a Valentina Communication. Il cuore degli affari per l’agenzia torinese sono i progetti originali di cui viene curata non solo l’ideazione, la realizzazione e la comu-


Valentina Parenti

nicazione, ma anche l’aggregazione di partner e il marketing territoriale. «Una delle prime creature è stata GammaDonna, una piattaforma, e insieme un evento-manifestazione, affermatasi come la più importante manifestazione nazionale sulle tematiche d’impresa e di imprenditoria femminile e giovanile, insignita nel 2010 dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con una speciale medaglia al merito. GammaDonna – prosegue – è socio fondatore di Réseau Entreprendre Piemonte, il network, nato in Francia nell’86 e approdato in Italia nel 2010, che offre assistenza e sostegno gratuito ai nuovi imprenditori che vogliano fondare o rilevare un’azienda».

L’idea di un concorso per giovani talenti musicali ha dato vita a “Prossima Fermata: il Successo”. Un modo di comunicare che include anche il talent scouting

La seconda creatura è nata invece da un progetto di Marco Parenti, partner responsabile della divisione Entertainment. «L’idea di un concorso per giovani talenti musicali – afferma – sulla scia della costruzione di nuovi format, ha dato vita a “Prossima Fermata: il Successo”, con il patrocinio della Regione Piemonte, la Provincia e il Comune di Torino e oggi giunto alla quinta edizione. Un modo di comunicare che include anche il talent scouting». La punta di diamante di Valentina Communication resta comunque la sua capacità di relazionarsi con i media tradizionali e con il mondo della rete, dunque il suo ufficio stampa. «Visibilità, notorietà e conoscenza dei fatti restano alla base del successo di qualsiasi intervento di relazioni pubbliche». L’agenzia torinese si prepara anche ad affrontare le sfide future, sfruttando un modus operandi ben caratterizzato e che non teme confronti. «Comunicazione di qualità, progettazione ad alto contenuto creativo e eventi di impatto – prosegue Marco Parenti – sono tre aree di business, oltre che tre modi di operare, che si intersecano, l’una contribuendo alla riuscita dell’altra. Questo è il modello che abbiamo scelto per affrontare i prossimi impegni – dice – e lo facciamo con una équipe di soci ciascuno con le sue caratteristiche e i suoi compiti, ma tutti in grado di operare in ogni campo». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 203




NUOVE TECNOLOGIE

Un ponte tra imprese e istituti di ricerca Il polo di innovazione Ict costituisce il punto di riferimento per le realtà del settore in regione, ancor più in un momento di crisi. La parola a Rodolfo Zich, presidente della fondazione Torino Wireless Riccardo Casini

ltre cento membri, tra cui 88 piccole imprese, 7 medie, 13 grandi e 10 enti di ricerca pubblici e privati operanti nell’Information & communication technology: è il polo di innovazione Ict del Piemonte, una rete in continua crescita coordinata dalla fondazione Torino Wireless, l’ente gestore oggi presieduto da Rodolfo Zich. «La fondazione –spiega – è operativa dal 2003 e si pone come un ponte tra le imprese, gli enti di ricerca e le politiche di innovazione regionali, come facilitatore dell’innovazione tecnologica e strumento per lo sviluppo economico del territorio. A partire da marzo 2009, alla fondazione è stata affidata la gestione e il coordinamento del polo, uno dei 12 nuovi strumenti della Regione Piemonte per favorire la convergenza di investimenti su nuove traiettorie di sviluppo di prodotti o servizi innovativi e permettere alle imprese aderenti

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ai Poli di cogliere finanziamenti europei (Por-Fesr)». Quali sono i servizi di supporto più richiesti dalle imprese? «La fondazione elabora, a un livello esplorativo, le linee strategiche di indirizzo per le attività di distretto, identificando i settori a più alto potenziale di sviluppo d’imprenditoria e di innovazione nel settore Ict o in quei settori in cui l’Ict è fattore abilitante. Su questi settori individuati, la fondazione sensibilizza le imprese e promuove la costruzione di filiere e di progetti di ricerca e innovazione collaborativi, dove imprese e centri di ricerca pubblici e privati lavorano insieme allo sviluppo del progetto. Uno dei nostri maggiori asset è proprio la conoscenza approfondita del tessuto imprenditoriale Ict del Piemonte – abbiamo infatti intervistato e analizzato oltre 600 aziende – unita alla conoscenza e allo studio di settori in sviluppo, dove l’Ict ha un ruolo fondamentale: penso all’ener-

gia, all’agroalimentare, all’automotive stesso, ovvero a quei settori dove le applicazioni Ict si stanno imponendo sempre di più come driver di crescita». E a un livello più operativo? «Qui la singola azienda può usufruire di servizi di supporto personalizzati, che vanno dall’analisi dello scenario di mercato e del posizionamento competitivo alla revisione del business plan, fino alla valutazione delle corrette strategie per l’adozione di innovazione o per il lancio di un prodotto innovativo sul mercato. Di particolare interesse per le pmi abbiamo poi attivato una linea di supporto tecnico per le imprese che presentano progetti su bandi finanziati dalla Regione. Un servizio di accompagnamento ai bandi che è molto apprezzato dalle aziende del distretto». Nel 2010 il settore Ict in Italia ha chiuso il bilancio in passivo dello 0,4%; per il 2011 si parla di una crescita dello 0,2%, inferiore agli altri paesi

Il presidente della Fondazione Torino Wireless, Rodolfo Zich


Rodolfo Zich

sviluppati. Che momento vive il settore in Piemonte? «Purtroppo anche nel settore It e Ict la crisi ha avuto, e ha ancora, un impatto non trascurabile, anche se inferiore ad altri settori primari per il Piemonte come l’automotive. La crisi, però, ha anche spinto le aziende a focalizzare meglio le proprie risorse e a concentrarsi sull’innovazione di processo, per aumentare la competitività e ridurre le inefficienze. La crisi, pertanto, può diventare anche un’opportunità per le aziende Ict che producono piattaforme abilitanti che, consentendo l’ottimizzazione dei processi aziendali, permettono di aumentare efficienza e competitività. Non dimentichiamo che i momenti di discontinuità sono l’occa-

Sopra, una riunione di alcuni imprenditori del Polo Ict; sotto, un esempio di applicazione di tag rfid per la tracciabilità agroalimentare

118 ADERENTI

I membri del polo di innovazione Ict a dicembre 2010, fra imprese e centri di ricerca pubblici e privati

sione per le imprese più lungimiranti per creare il vantaggio competitivo più duraturo. La crisi ha spinto ancora di più le aziende a collaborare tra loro, a supporto del trasferimento trasversale di conoscenze, indirizzando risorse e competenze su progetti di filiera ad alto potenziale di mercato». Quali sono le aspettative nei confronti del 2011? «Vediamo diversi segnali di ripresa, ma molto dipenderà dalla capacità delle aziende di cogliere le opportunità offerte dai principali trend del settore. Per quanto riguarda il software, ci aspettiamo da un lato una forte penetrazione del cloud computing, ambito su cui ci si attende la maggiore crescita a livello globale, e dall’altro lo sviluppo di applicazioni per il mobile. L’altro tema su cui è attesa la maggiore crescita è il cosiddetto internet delle cose, che in un decennio porterà a 50 miliardi di dispositivi, persone e cose connessi, ossia in grado di comunicare tra di loro e di abilitare una nuova generazione di servizi e applicazioni».

Il rischio di un aumento del divario digitale nei confronti di altre realtà estere è concreto? «Sì, il rischio è concreto ma evitabile. È fondamentale riprendere un discorso di seria politica industriale per il settore Ict che metta in moto dinamiche di sviluppo, in particolare per quanto riguarda i servizi innovativi alle persone. I temi prioritari sono due: la banda larga e l’e-government. Solo con la banda larga sarà possibile il salto di qualità nella capacità di introdurre servizi diffusi ad alto livello di innovazione: ad esempio, servizi per l’assistenza domiciliare, per l’infomobilità o ancora tutti i servizi legati alla Pa digitale, soprattutto per quanto riguarda il tema degli open data e la possibilità di accedere ai dati via internet. Sono ancora molti i processi della pubblica amministrazione che risentono di forti interventi manuali e che invece devono imboccare la strada del digitale, stimolando in questo modo anche la domanda pubblica di innovazione». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 207


NUOVE TECNOLOGIE

Promuoviamo filiere dove imprese e centri di ricerca lavorano insieme allo sviluppo del progetto

A novembre la Regione ha varato il piano pluriennale per la competitività 20112015, con lo stanziamento di 500 milioni di euro. Quale apporto potrà dare alle realtà del vostro settore? «Registriamo positivamente l’insieme di azioni previste nel piano che vedono il ruolo fondante dell’Ict nei processi di innovazione anche in altri settori come quello energetico, in particolare sul tema del green e del risparmio energetico, il settore dell’automotive con tutte le applicazioni legate all’automobile del futuro, e più in generale il settore dello smart and clean manufacturing. Le aree di applicazione identificate nel piano aprono scenari di grande utilità per la valorizzazione del ruolo dell’Ict come tecnologia alla base dell’innovazione. Siamo anche perfettamente in linea con il tema del cluster come strumento di competitività, ed è molto interessante 208 • DOSSIER • PIEMONTE 2011

0,2% Linfa per l’innovazione RIPRESA

La crescita prevista nel 2011 per il settore Ict in Italia, inferiore agli altri paesi sviluppati (la media europea sfiora l’1% e il dato mondiale è stimato al 3,7%)

L’Istituto superiore “Mario Boella” punta sulla ricerca applicata per coinvolgere il mondo dell’impresa in un percorso virtuoso ra le realtà che fanno parte del Polo Ict, un ruolo importante è ricoperto senza dubbio dall’Istituto superiore “Mario Boella”. Un centro di ricerca che, come spiega il vicepresidente Giovanni Colombo, «dalla sua fondazione opera su aree di ricerca nell’ambito delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni». Le tematiche principali che vengono presidiate sono tante, «tra queste – prosegue – le reti di sensori wireless in grado di misurare una varietà di parametri fisici, le tecnologie innovative per comunicazioni a larga banda (comprese le future comunicazioni veicolo-veicolo), la navigazione satellitare e le nuove soluzioni di carattere applicativo in grado di mixare varie tecnologie, già oggi disponibili sul mercato: penso ad esempio alle tecnologie a supporto delle persone diversamente abili. Un

T

tema nuovo sul quale stiamo aprendo un’attività è quello della gestione di dati generati tramite queste soluzioni tecnologiche, con particolare attenzione alle nuove architetture virtualizzate dei sistemi informativi e ai nuovi modelli di organizzazione di dati e servizi, quali il “Software as a service” e il “Cloud computing”». Quali sono i principali progetti che hanno visto la luce nel 2010? «Pur continuando il forte presidio scientifico e tecnologico, con il 2010 l’Istituto ha dato il via a varie iniziative centrate su innovazione di processo, cioè una ricerca che fa leva sulle competenze tecnologiche per innovare processi industriali o di servizio ai cittadini. Un esempio sono gli studi di Ismb nell’ambito delle tecnologie Ict applicate al monitoraggio e alla gestione dell’energia. Il monitoraggio e l’ottimizzazione energetica sono, di


Rodolfo Zich

Sopra, Giovanni Colombo, vicepresidente dell’Istituto superiore “Mario Boella”. Nella pagina a fianco, un’immagine dell’istituto

anche la volontà di introdurre la modalità del procurement pubblico per sostenere la domanda. Certo, la strada da percorrere è lunga e potrà essere valutata appieno solo nell’effettività dell’implementazione». Quali ulteriori misure sono necessarie per non perdere competitività? Quali richieste in questo senso vengono dalle aziende facenti parte del polo Ict? «Una delle principali criticità emerse dal confronto con le

imprese è legato ai tempi dei processi relativi tanto ai pagamenti quanto ai finanziamenti. La nostra è purtroppo ancora una società lenta, basti pensare ai processi di assegnazione dei bandi o ai ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni. Siamo tutti d’accordo nell’affermare che la domanda pubblica di innovazione possa e debba essere un traino per l’economia del territorio e per la competitività, ma questo deve accompagnarsi a una

maggiore velocità, e quindi sburocratizzazione, dei processi. Un altro spunto che ci viene dal dialogo con gli imprenditori è la richiesta di individuare quelle azioni che, pur nel rispetto della libera concorrenza, abbiano una valenza premiante nei confronti delle imprese del territorio, attraverso strumenti idonei che facilitino la progettazione innovativa, la realizzazione di dimostratori tecnologici e la sperimentazione di servizi».

fatto, processi complessi che necessitano di innesti tecnologici per l’innovazione di tutta la catena del valore». A quali risultati sta portando la collaborazione con importanti realtà e università internazionali? «La missione dell’Istituto è centrata sulla ricerca applicata in grado di coinvolgere il mondo dell’impresa in un percorso virtuoso di innovazione. Ismb vuole implementare concretamente il concetto di trasferimento tecnologico. Ecco perché la maggior parte dei progetti nazionali e internazionali vedono Ismb in partnership con grandi e piccole imprese così come enti di ricerca pubblico/privati. Un esempio di supporto alla piccola impresa è la capacità dell’Istituto di accompagnamento nella sottomissione di proposte progettuali alla Commissione europea. L’impresa ne guadagna in visibilità

internazionale, in incremento della rete di contatti e, non in ultimo, nella possibilità di vedere cofinanziato il proprio percorso di innovazione. Questo supporto concreto, difficilmente percorribile dalla piccola impresa in modo autonomo, contribuisce all’incremento della competitività delle aziende nazionali ed europee. E la cooperazione con il mondo accademico è certamente vitale per mantenere elevato il livello di scientificità dei nostri ricercatori». Quali sono le difficoltà principali che l’Istituto si trova ad affrontare in questo periodo? «La congiuntura economica ha visto in quest’ultimo anno una contrazione delle risorse derivanti da imprese private, associato a un incremento della competitività di Ismb a livello europeo. Il principale problema che l’Istituto deve affrontare in questo periodo è la difficoltà di implementare piani di utilizzo concreti dei risultati della ricerca, in concerto con altri attori scientifico/tecnologici e il mondo delle istituzioni. In questo senso, iniziative come la fondazione Torino Wireless hanno un ruolo chiave di facilitatore e avvicinamento al

mondo sia pubblico che privato». Quali novità è lecito attendersi invece nel 2011? «La vera sfida dell’Istituto di oggi è aumentare l’utilizzo dell’importante patrimonio di conoscenza scientifica creato in questi anni in attività progettuali a elevato impatto sociale a vari livelli. È ciò che la Commissione europea declina in due parole chiave: “Knowledge-management” e “Deployment”: l’Istituto cioè vuole perseguire il nuovo concetto di innovazione secondo cui gli sviluppi tecnologici devono essere utilizzati come base per innovare processi più o meno complessi; possibilmente poi tali processi dovrebbero essere progressivamente implementati e i loro benefici dovrebbero essere trasferiti ai cittadini. Queste strategie vedranno nascere congiuntamente nuovi modelli economici e di mercato, creando opportunità concrete per l’impresa pubblico/privata, garantendo alternative per affrontare la crisi globale. Per il 2011 l’Istituto ha già in programma il lancio di progetti molto ambiziosi negli ambiti dell’energia, dei trasporti intelligenti e delle tecnologie a supporto della sanità».

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INFRASTRUTTURE

Non “immobilizziamo” le infrastrutture Angela Procopio su uno dei nodi più critici per lo sviluppo del paese. Ecco cosa rischia l’Italia dinanzi alla stasi che affligge il settore ingegneristico rivolto alle grandi opere Aldo Mosca

olti, probabilmente troppi, gli ostacoli che si frappongono dinanzi allo sviluppo delle società di ingegneria civile in Italia. Un fenomeno che si riscontra anche dai dati resi pubblici dall’Osservatorio dell’Oice, l’associazione di Confindustria che rappresenta le organizzazioni italiane di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica, che fanno registrare un forte calo nei fatturati rispetto al 2009. «Agiamo su un mercato non semplice, pieno di farraginosità», ad affermarlo è l’ingegnere Angela Procopio, tra i principali esponenti della categoria sul tessuto produttivo piemontese, a capo della società torinese S.T.I. – Studio Tecnico Italiano -. Nota ai più per essere stata anche tra i principali artefici delle strutture realizzate nel corso dei giochi olimpici invernali del 2006 a Torino, ma anche per aver contribuito alla realizzazione di opere come lo svincolo di Berchelle (Bl) e il

M

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viadotto di Miola. «Il calo è avvenuto non solo per la sensibile diminuzione del numero di gare per servizi di ingegneria e architettura e del relativo importo economico a base d’asta, ma anche a causa dell’esasperata corsa ai ribassi con cui le gare vengono aggiudicate» spiega l’ingegner Procopio. Quindi le criticità partono sin dai bandi di gara? «Esattamente. Negli ultimi anni abbiamo rilevato che i requisiti di partecipazione richiesti sono spesso sproporzionati rispetto all’importo delle opere

da realizzare e soprattutto non risultano applicati criteri omogenei nella formulazione dei bandi di gara di opere similari. In un simile scenario, in assenza di una politica di rilancio del settore, risulta difficile per le società come la S.T.I., affrontare le sfide con i competitor a livello internazionale. Al tempo stesso diviene critico anche il confronto sul mercato interno». Con la crisi si investe, ovviamente, di meno in infrastrutture. Quale situazione osserva a proposito? «Parlare di paralisi totale può

L’ingegnere Angela Procopio all’interno della società S.T.I. di Torino. Nelle altre immagini, alcune opere progettate o dirette dallo studio, da sinistra, lo svincolo “Berchelle” (BI) e l’imbocco della Galleria “Montecuneo” (TO) angelaprocopio@sti.to.it


Angela Procopio

Abbiamo concentrato i nostri interessi principalmente nel mercato polacco, in cui siamo presenti da circa tre anni, tramite una nostra società controllata

sembrare catastrofico ma tale è la situazione delle infrastrutture italiane. Economisti ed esperti di logistica hanno più volte sottolineato che bloccando i progetti prioritari per le nostre vie di comunicazione si assisterà ad un aumento spropositato dei costi per le spedizioni delle aziende manifatturiere, con le ovvie conseguenze di potenziale estromissione dal mercato e ulteriore paralisi della ripresa economica. Mi riferisco in parti-

colare al corridoio 5 Traspadano, la linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, alle nuove autostrade Pedemontana lombarda, Brebemi e Pedemontana veneta, al corridoio 24 "dei due mari", che prevede il collegamento ferroviario tra gli scali marittimi di Rotterdam e Anversa con il porto di Genova attraverso il tunnel del Gottardo. E poi l’elenco potrebbe proseguire, pensiamo anche al corridoio 1, quindi al collegamento ferroviario tra Berlino e Palermo e il potenziamento del tunnel del Brennero. Il problema è che molti di questi interventi stentano a decollare per l'assoluta mancanza di fondi e l’Italia rischia di ricevere l’ultimatum dall’Unione Europea».

Dunque non sarà un 2011 facile? «Con l'aumento del consumo globale di outsourcing e di offshoring, il mantenimento della manodopera interna e l’investimento sulla relativa formazione professionale, non pare certamente semplice costruire una politica competitiva e aggressiva verso il mercato. La nostra realtà, tuttavia, in decisa controtendenza rispetto all’andamento del settore, crede fortemente nella ricerca di innovazione come una fonte cruciale di vantaggio competitivo. Per questo investiamo moltissimo nello sviluppo di tecniche per il Project Management, il Project Control e il Project Engineering». Dunque sono questi gli PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 213


INFRASTRUTTURE

strumenti su cui vi concenSopra, il Viadotto “Platì 2” della Bagnara-Bovalino (RC). Nella pagina a fianco, lavori sulla Variante di Cossato Vallemosso (Bi) e l’ingegnere Angela Procopio con la sorella Carla, anch’essa ingegnere e socia dello studio S.T.I.

trerete? «Progettare e sviluppare nuovi servizi è secondo noi la chiave per mantenere la differenziazione, la crescita e la redditività rispetto ai nostri principali competitor. Teniamo presente che anche un’ottima gestione del progetto può essere compromessa se il portafoglio di innovazioni non è allineato con le esigenze di business e strategia. Viceversa, una strategia brillante non conduce a nulla se l'esecuzione risulta insoddisfacente». Pare di capire che anche per lei l’istituto del Project Financing possa favorire la ripresa economica nazionale. «Certamente sì. La principale caratteristica del Project Financing consiste nel pieno coinvolgimento del soggetto

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privato in tutte le fasi dei lavori. Quindi dall’ideazione alla progettazione e costruzione fino alla gestione dell’opera. Si determina in tal modo una prospettiva nuova di ripartizione dei rischi. In particolare, al concessionario si chiede di provvedere al finanziamento dell’infrastruttura e alla sua gestione e ciò pare essere una valida soluzione al superamento del gap infrastrutturale registratosi negli ultimi 15 anni. Tutti i soggetti coinvolti in un Project Financing, quindi Pa, finanziatori, promotori e concessionari hanno, infatti, interesse a concentrarsi sulla funzionalità dell’opera. Da quest’ultima derivano poi i flussi di cassa che finanziano l’investimento». Quindi ci guadagna tanto il pubblico quanto il privato?

«Utilizzare questa modalità significa eliminare o ridurre gli investimenti pubblici nelle infrastrutture, consentendo in ogni caso di diluire la spesa su archi temporali di lungo periodo. Tutto ciò genera un processo virtuoso che da un lato allevia la Pubblica amministrazione a livello economico, dall’altro favorisce la ricerca di una maggiore efficienza e il miglioramento qualitativo dell’opera. Il tutto eliminando il rischio di opere prive di funzionalità o di utilità per i cittadini». Nonostante la crisi, la vostra società non ha mai smesso di aprirsi verso ulteriori aree, investendo su nuovi mercati. A tal proposito quali strategie state perseguendo? «Abbiamo concentrato i nostri


Angela Procopio

INGEGNERIA CIVILE L

a S.T.I. srl - Studio Tecnico Italiano - è una società di ingegneria a responsabilità limitata, con sede a Torino nel prestigioso Palazzo Lancia. Costituita nel 1990 dall’ingegnere Vincenzo Procopio, il quale riveste tuttora il ruolo di direttore tecnico, opera nel campo dell'ingegneria civile, assumendo incarichi di progettazione, direzione lavori, coordinamento della sicurezza e collaudi di grandi opere infrastrutturali. Per lo svolgimento della sua attività la S.T.I. può contare su un staff tecnico formato da professionisti di altissimo livello e di comprovata esperienza e competenza multidisciplinari. A supporto della struttura interna, può contare inoltre sulla consolidata collaborazione di alcuni professori ordinari del Politecnico di Torino. La società è in possesso, altresì, della Certificazione del Sistema di Gestione per la Qualità ai sensi della norma UNI EN ISO 9001:2008 da quasi un decennio, tra le prime in Italia, ed è iscritta all'OICE - Associazione delle Organizzazioni di Ingegneria, di Architettura e di Consulenza Tecnico-Economica. www.sti.to.it

interessi principalmente nel mercato polacco, in cui siamo presenti da circa tre anni, sia tramite una nostra società controllata, la S.T.I. Polska, sia tramite il primo consorzio stabile Italo-Polacco, l’Ital-Pol. Si tratta di un consorzio di professionisti e imprese, sia private che con partecipazione pubblica della Regione polacca di Łódź, che ha l’ambizione e le potenzialità di progettare e realizzare “chiavi in mano” grandi opere civili e infrastrutturali, nell’ambito dei lavori previsti per gli Europei di calcio del 2012, ma soprattutto nell’ambito del piano di investimenti stanziato per l’ammodernamento della rete viaria nazionale polacca, autostradale e metropolitana». A proposito di eventi sportivi, c’è anche un altro grande

evento su cui state puntando. «È vero, si prospettano grandi lavori anche in Brasile, in vista delle Olimpiadi del 2016, dove contiamo di subentrare in collaborazione con altri professionisti e imprese internazionali con le quali collaboriamo fattivamente da diversi anni». Cosa rappresentano nel vostro campo la ricerca e la formazione? «Sono il perno strategico per innovare. Il piano di investimenti aziendali riguarda principalmente il mantenimento di tecnologia avanzata e la formazione del personale tecnico non solo nei settori specifici progettuali, ma anche in ambito gestionale e di controllo di progetto. L’esigenza, infatti, di governare il ciclo di vita di progetti particolarmente complessi può essere

soddisfatta solo attraverso conoscenze di base conformi agli standard consolidati del project management. I cicli di formazione sono rivolti a tutto il personale allo scopo di garantire un coordinamento efficace del progetto in termini di tempo/costo/qualità e alla creazione di un team efficace di professionisti, sempre motivato». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 215


TRASPORTO MERCI

Container protagonisti dell’intermodale el mondo dell’impresa non possiamo mai metterci a riposare; la vita non è sedentarietà ma viaggio in continuo movimento”. Il dinamismo proclamato dal noto industriale statunitense Henry Ford, lo si ritrova nell’impegno di Roberto Marengo, portavoce della Sicom, azienda operante nell’ambito della costruzione di container e soluzioni attigue, e nei bilanci aziendali in costante accelerazione. Perché «se c’è un mercato che corre, non si può restare a guardare». Su cosa si fonda la costruzione di un container? «I nostri containers ISO, International Organization for Standardization, sono concepiti e costruiti sulla base delle richie-

“N

Lo staff della Sicom al lavoro. Nella pagina a fianco, Soluzione Abitativa e deposito container di Cherasco (CN) www.sicom-containers.com

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Non si può sfuggire al ritmo che il mercato impone all’impresa. Neanche nella costruzione di container, sempre più all’avanguardia nei materiali e nelle funzioni. Roberto Marengo spiega le scelte innovative della Sicom Giulio Conti

ste e necessità della clientela, pertanto permettono di ottimizzare le unità per specifici ambiti di utilizzo nei quali gli equipaggiamenti standard hanno dimostrato di non essere idonei. Dall’individuazione merceologica allo studio dei rischi, dalla ricerca dei materiali di rivestimento e supporto interno al container alla pianificazione del viaggio intermodale, ogni fase di pianificazione del trasporto è fondata sulla sicurezza di ogni risorsa posta in gioco». Qual è la filosofia che muove il vostro lavoro sul concept del container contemporaneo? «Grazie all’esperienza e al know-how acquisito, oggi siamo in grado di proporre soluzioni innovative che permettono al cliente un indubbio vantaggio in termini di competitività. Naturalmente, in base alle necessità insite nel trasporto di determinate merci,

studiamo a fondo le necessarie caratteristiche che il container deve possedere. Per questo aggiorniamo e ampliamo la gamma dei container offrendo al mercato ad esempio, dry bulk, casse mobili swap body furgonate e telonate, contenitori speciali, anche non adibiti al trasporto delle merci, quali shelters e moduli abitativi, con allestimenti esterni e interni particolari». Quali rischi tecnico-meccanici corrono i containers durante i viaggi su gomma? «Il container è nato con lo scopo di ridurre al minimo i tempi tecnici di scarico e carico, e i rischi di danneggiamento delle merci e imballi connessi al trasbordo delle merci durante il passaggio tra le varie modalità (nave/treno/camion). Da questo punto di vista il trasporto su gomma rappresenta la preoccupazione minore poiché il container è progettato per resistere a stress


Roberto Marengo

18.500 TEU È la produzione che la Sicom Spa raggiunge annualmente

30 MILIONI Fatturato annuo consolidato dalla Sicom. L’azienda conta inoltre un organico di 150 dipendenti

ben superiori a quelli imposti dalla veicolazione stradale». A cosa si ispira il team di designer nella fase di progettazione di un nuovo container? «La soddisfazione del cliente/utilizzatore è sempre il nostro principio ispiratore, ma non trascuriamo mai di implementare migliorie dal punto di vista puramente tecnico-funzionale. Abbiamo avuto modo di constatare negli anni quanto la solidità di un prodotto possa portare a indubbi benefici nell’ambito del trasporto intermodale ed è nell’individuazione dei materiali adeguati che si fonda questo aspetto. Sicuramente il design, in questo caso prettamente ergonomico, agevola la durabilità dei nostri prodotti e ne facilità l’usabilità». Quali materiali privilegiate per la costruzione di nuovi containers? «In un mercato in continua evoluzione come quello

odierno, l’utilizzo di materiali diversi dall’acciaio non rappresenta più una novità nell’ambito del container. Da tempo i nostri prodotti implementano alluminio, acciaio inossidabile, acciaio alto resistenziale e ultimamente materiali compositi. Abbiamo per esempio realizzato container completamente in acciaio inossidabile per il trasporto di prodotti sfusi». La Sicom produce inoltre moduli abitativi containerizzati idonei al trasporto marittimo, stradale e ferroviario. «Sono unità abitative particolarmente indicate per l’uso in condizioni climatiche difficili tipiche delle zone remote del mondo. Il modello standard, dotato di rivestimenti e arredi made in Italy, presenta le zone tipiche di un appartamento (ingresso, salotto, soggiorno, cucina e bagno) che non sia però fisso ma mobile, quindi trasportabile. A differenza dei

container abitativi presenti sul mercato, le unità Sicom non sono shipping containers modificati ma vere e proprie soluzioni che garantiscono comodità e benessere dei passeggeri in viaggio. Di fatto, un particolare sistema di isolamento consente di mantenere la temperatura interna indipendente, “isolata” dalle condizioni atmosferiche esterne». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 219




EDIFICI ECOSOSTENIBILI

Abitare e costruire le certezze della bioedilizia L’Ance promuove l’ecosostenibilità. Un paradigma innovativo solo se doppiamente impiegato: sulle nuove costruzioni e sulla riqualificazione dell'esistente. Mentre a macchia di leopardo fioriscono cantieri green, Paolo Buzzetti pensa a un piano uniforme che innovi il Paese Paola Maruzzi

ase ad alta efficienza energetica. Edifici che inquinano meno di un’auto. Marchi di qualità che certificano le nuove politiche dell’abitare ecosostenibile. Sotto il segno della green economy, l’industria edile nazionale ha già accumulato un bel numero di assi nella manica. Ma serve una tattica di gioco organica e complessiva per affrontare da un lato la sfida lanciata dall’ambiente, dall’altro per risanare e riqualificare un settore duramente colpito dalla crisi. Per il presidente dell’Ance la conversione ecologica dell'edilizia deve andare di pari passo con l’evoluzione di regole e normative statali. Oltre a indottrinare imprese e cittadini sull’importanza del risparmio energetico, servono direttive chiare e verticali, che dal governo si p ro p a g h i n o fino ai can-

C Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance

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tieri più periferici. Così il bilancio di Paolo Buzzetti porta la discussione sul piano della fattibilità e, quindi, sulla reale fruibilità del mattone green che, sia pure timidamente, ha preso forma. Cosa è necessario per innescare la scintilla dell’edilizia ecosostenibile? «Come Ance stiamo indirizzando le nostre imprese verso un nuovo modo di costruire improntato sulla qualità e sulla sostenibilità. Sono argomenti che cominciano ad avere presa anche sui consumatori. È necessaria però una conoscenza della materia diffusa e condivisa. In definitiva serve un quadro di regole certe, completo, affidabile e uniforme su tutto il territorio nazionale. Solo così il sistema produttivo potrà indirizzarsi con decisione sui cambiamenti da apportare all’organizzazione aziendale e ai processi produttivi, e rispondere a questo nuovo modello di sviluppo, meno attento alla quantità e più sensibile alla

sicurezza, alla durabilità e alla tutela dell’ambiente». Quindi manca un quadro nazionale univoco e chiaro? «Purtroppo nel nostro paese la corsa verso la bioedilizia è stata rallentata dal ritardo nella definizione del quadro delle regole. Sono serviti cinque anni per definire i decreti attuativi per i metodi di calcolo dei consumi e per le linee guida per la certificazione energetica. E siamo ancora in attesa del decreto sui certificatori energetici. A questo va aggiunta la sovrapposizione delle competenze tra Stato e Regioni, che ha di fatto determinato norme a macchia di leopardo sul territorio nazionale». Prima accennava alla presa sui consumatori. Ma gli italiani sono pronti a investire sul mattone green? «Secondo un recente studio dell’Ocse, sono ancora pochi i consumatori disposti a pagare un maggior prezzo per acquistare prodotti a basso impatto ambientale. Ma la si-


Paolo Buzzetti

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Serve un quadro di regole certe, affidabili e uniformi su tutto il territorio nazionale. Solo così l’edilizia si fa ecosostenibile

tuazione cambia in presenza di incentivi finanziari e di chiari obiettivi da conseguire, di regole definite, di un’informazione autorevole da parte di organismi indipendenti e credibili che li possano convincere ad adottare scelte responsabili». L’Ance quali input sta dando al governo e alle imprese, per aprire le porte a questa rivoluzione verde? «L’Ance si sta impegnando affinché le disposizioni regionali esistenti vengano allineate al quadro di regole nazionale e venga emanato tempestivamente il decreto che disciplina i requisiti professionali e i criteri di indipendenza dei certificatori energetici. La mancanza di tale decreto, con differenze e contraddizioni tra le regole nei diversi territori regionali, ha creato confusione anche nei consumatori. Crediamo inoltre che sia fondamentale

promuovere un sistema di comunicazione e d’informazione istituzionale rivolto agli utilizzatori per far crescere la sensibilità, l’interesse, la cultura dei cittadini e, di conseguenza, delle imprese. Sosteniamo la necessità della diffusione della certificazione per rafforzare la conoscenza della prestazione energetica degli edifici. Fondamentale è poi l’avvio di una politica di strumenti incentivanti per l’acquisto di nuovi immobili ad alta efficienza energetica (classe A e classe B). Quelli in vigore, definiti dal decreto legislativo 40/2010, sono stati senza dubbio un’ottima idea, che non ha ottenuto gli effetti attesi di stimolo alle nuove iniziative». In Italia dove si stanno registrando i primi segnali positivi? «Nonostante le difficoltà derivanti dalla tardiva definizione di un quadro unico na-

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zionale, una maggiore sensibilità si è avuta nelle regioni del Nord, sia per specifici indirizzi di alcune amministrazioni locali, sia per un tangibile vantaggio economico derivante dalla riduzione dei consumi per il riscaldamento invernale». E sull’urgenza di intervenire sul parco edilizio esistente, cosa sarebbe necessario? «Per incentivare la riqualificazione si potrebbero pianificare delle scadenze entro le quali diventi obbligatorio eseguire interventi di miglioramento, supportati da incentivi fiscali e da altri strumenti di sostegno per gli utenti. Chiediamo di puntare nel breve termine a riconfermare l’attuale strumento di detrazione fiscale del 55 per cento delle spese, rimodulandone il funzionamento e concedendolo solo a quegli interventi che effettivamente riducano il fabbisogno di energia». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 227


AREE URBANE

Uno sviluppo intelligente del sottosuolo Basandosi su iniziative frutto di scrupolose indagini preliminari effettuate sulle aree urbane, la società Master Immobiliare di Domodossola propone una soluzione che rimedia alle carenze di parcheggi senza pesare sui conti della Pubblica amministrazione Carlo Sergi

a Master Immobiliare Commerciale srl è tra le principali società piemontesi esperte nel settore delle costruzioni e della gestione di parcheggi multipiano, pubblici e privati. I suoi progettisti sono dei veri e propri “maestri del sottosuolo”. A guidarla, l’architetto Gilberto Melchiorri e il geometra Mario Maggi, da 25 anni collaboratori assidui di ammini-

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L’architetto Gilberto Melchiorri e il geometra Mario Maggi all’interno della Master Immobiliare Commerciale di Domodossola info@masterimmo.it

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strazioni pubbliche e di privati, sia sotto il profilo tecnico-urbanistico, sia sotto quello amministrativo e costruttivo. «Ci siamo sempre distinti per aver utilizzato le migliori tecnologie per la realizzazione delle opere, fornendo anche consulenze per studi di fattibilità, elaborazione di progettazioni preliminari, offrendo in primis alle realtà municipali la realizzazione di lavori chiavi in mano»

spiega l’architetto Melchiorri. Ma i due professionisti devono oggi confrontarsi con una criticità che colpisce duramente la loro attività, oltre che lo sviluppo di importanti assetti urbanistici. «Il patto di stabilità limita, per non dire azzera, le possibilità delle pubbliche amministrazioni di avviare cantieri per la realizzazione di parcheggi, sistemazioni di aree attrezzate per verde e sport, opere di riqualificazione e miglioria dell’ambiente urbano» sostiene Maggi. Negli ultimi anni, come risposta, Master ha sperimentato con successo una metodologia, inizialmente nell’ambito della Legge Tognoli e, attualmente, mediante interventi convenzionati, che permette di soddisfare le aspettative dei cittadini realizzando iniziative private, autorimesse interrate in zone particolarmente carenti di parcheggio, con un duplice ri-


Gilberto Melchiorri e Mario Maggi

svolto di interesse pubblico. In pratica, Master richiede ai comuni la possibilità di effettuare una ricerca, un sondaggio, per capire se sul territorio, in genere nelle aree periferiche carenti di parcheggi, vi siano una disponibilità e una ricettività economica tali da poter realizzare un progetto, parliamo principalmente di box sotterranei. «In pratica forniamo un servizio al comune per capire se in una determinata area il progetto possa avere un ragionevole margine di successo, se vale la pena di investire – specifica l’architetto -. Così, proponiamo all’amministrazione di acquisire il sottosuolo convenzionando anche la concessione per tutte le eventuali migliorie e gli interventi da eseguire nel soprasuolo». Una duplice utilità quindi, per il territorio e la sua amministrazione, che attuano uno sviluppo urbanistico risparmiando sui conti pubblici.

«Questo vantaggio deriva in primo luogo dal decongestionamento dei parcheggi in superficie, e inoltre, dalla realizzazione di opere individuate dalla pubblica amministrazione in permuta del valore delle aree di sottosuolo – interviene nuovamente Maggi . E questo velocizza anche gli iter che generalmente si frappongono tra la proposta di un progetto e la sua realizzazione. Potrebbe sembrare banale, ma si consideri che per attivare anche solo un concorso di idee o un bando di gara, con rischio che lo stesso possa andare deserto, sono necessari tempi lunghissimi e anticipazioni economiche». La soluzione scelta dai professionisti della Master attira così da tempo l’interesse degli amministratori locali, ovviamente stimolati dall’ottica di rendere attuabili iniziative utili alla cittadinanza senza impegno di capitale pubblico. «I nostri progetti non gravano sui cari-

chi di lavoro dei dipendenti pubblici, il cui impegno è limitato al controllo. Agiamo solo su iniziative concrete, frutto di sondaggi e studi preliminari, garantendo una valutazione effettiva dell’utilità pubblica relativamente ai progetti proposti». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 229


OPERE PUBBLICHE

Dal pubblico al privato anche per scelta «Troppe le imprese irregolari, troppe le scatole vuote, troppi gli imprenditori improvvisati». I paradossi e le criticità del settore pubblico spingono con forza le aziende verso i privati. È il caso dell’impresa di costruzioni generali Ferruccio Zublena Giulio Conti

Alcune realizzazioni eseguite dall’impresa Ferruccio Zublena, con sede a Macello (To) www.zublena.it info@zublena.it

La criticità in cui versa l’intero sistema delle pubbliche amministrazioni italiane ed enti annessi, compromette l’imprenditorialità di tutte quelle aziende che, da sempre dedite, quasi completamente, all’offerta di servizi destinati all’ambito pubblico, si trovano obbligate a spostare l’ago della bussola aziendale verso panorami privati. È questo il caso della Ferruccio Zublena, impresa storica che

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fonda le sue radici nel dopoguerra con i primi passi del fondatore di cui ancora porta orgogliosamente il nome. Attiva nella costruzione di opere pubbliche di genio civile quali acquedotti, fognature, strade e impianti con una particolare predilezione sia per le infrastrutture urbanistiche che per i centri storici e gli ambienti urbani da riqualificare. L'attuale titolare, che governa direttamente l’azienda, il Cavalier Fer-

rero Geom. Rodolfo, per descrivere i rapporti che legano la Ferruccio Zublena agli enti pubblici, non tace un amaro resoconto secondo cui sono «troppe le imprese irregolari, troppe le scatole vuote, troppi gli imprenditori improvvisati. Sottostiamo alle storpiature di un mercato che vuol essere molto aperto in ossequio alle regole comunitarie e al sano principio della massima concorrenza, ma che poi trascura


Rodolfo Ferrero

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Non si può più tacere il concreto bisogno di coltivare la professionalità dei nuovi tecnici e la cultura della sicurezza, di favorire lo sviluppo della qualità aziendale vera e il rispetto dell’ambiente

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di qualificare e controllare gli operatori, che istituisce un sistema di qualificazione onerosissimo e inefficace, e poi vi affianca l’avvalimento e sopporta di buon grado la compravendita delle attestazioni e le cessioni fittizie di rami d’azienda, come se l’imprenditorialità potesse essere trasferita con atto notarile». Il tutto in un contesto legislativo burocratico, macchinoso e di difficile applicazione, «alla mercé di un sistema che impiega quattro anni a emanare un regolamento praticamente fotocopia del precedente, proprio quando la certezza delle norme dovrebbe e potrebbe dare al settore nuovi impulsi». È chiaro che, nonostante la capacità relazionale, operativa e amministrativa molto spiccata e ormai consolidata, anche la Ferruccio Zublena sta vivendo la crisi del mercato dei lavori pubblici, rivolgendosi quindi a clienti privati capaci di apprezzare la struttura organizzativa e il know-how maturato in 50 anni di rapporti con gli enti, se-

gnati da collaudi sempre positivi e da nessun contenzioso oltre che dal ripetuto apprezzamento personale di tecnici e amministratori pubblici. Regolarità contributiva e correttezza commerciale con i propri fornitori sono il fiore all’occhiello della Ferruccio Zublena, stimati rispettivamente dagli enti previdenziali e dagli oltre 500 fornitori che la servono puntualmente. «Tanti potrebbero essere i suggerimenti per la regia del mercato, nelle mani di governo e parti sociali – afferma il Direttore Tecnico Ing. Sergio Ferrero –: la qualificazione seria e rigida degli operatori, ad esempio, o un controllo serrato e incrociato sulle irregolarità retributive, contributive, finanziarie, amministrative nelle procedure d’appalto e operative nella realizzazione. Ritengo non si possa più tacere il concreto bisogno di coltivare la professionalità dei nuovi tecnici e la cultura della sicurezza, di favorire lo sviluppo della qualità aziendale vera e il rispetto dell’ambiente,

di investire nelle infrastrutture per ridare lavoro a chi le realizza e opportunità a chi poi le sfrutta, di confrontarsi con gli operatori per indirizzare l’azione normativa e infine, di affiancare le banche alle imprese per una rigida selezione dei partecipanti». Eppure, proprio in questo panorama non certo entusiasmante, i titolari credono fermamente che «è doveroso proseguire ed eccellere per difendere e far prosperare la struttura imprenditoriale, fatta di persone e famiglie, storie e futuro, volontà e capacità». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 231


LAVORAZIONE MARMI

Alta tecnologia per il marmo Performance tecnologiche all’insegna della precisione, rapidità, sicurezza e produttività. Le macchine per la lavorazione dei marmi della GMM ottimizzano la produzione con sistemi software progettati “in house” Adriana Zuccaro

er sopperire con efficacia alla crescente carenza di manualità qualificata ormai dilagante nella lavorazione dei materiali lapidei, la parola d’ordine, avvertita con toni sempre più risonanti, è “tecnologia”. Per i principali attori del settore marmo, è infatti divenuto imprescindibile il dovere di investire in progetti di ricerca, sviluppo e innovazione. Hanno giocato d’anticipo alla GMM di Gravellona Toce, oggi leader mondiale nella costruzione di macchine destinate alla lavorazione di marmi, graniti e travertini, con un livello di export pari al 70% circa dell’intera produzione aziendale, grazie alla messa in opera di un’unità operativa dedicata esclusivamente alla ricerca e sviluppo di nuove architetture di sistema e di soluzioni software. «Partendo dall’esperienza delle figure storiche aziendali e dagli stimoli rac-

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colti dal mondo degli utilizzatori finali, i marmisti, si sfruttano al meglio le innovazioni tecnologiche avendo come obiettivo la progettazione di macchine sempre più complesse e performanti, ma nello stesso tempo semplici e intuitive nell’utilizzo e che, soprattutto, garantiscano un’elevata produttività mantenendo il massimo livello di sicurezza». Corrado Franzi, socio e componente del consiglio di amministrazione della GMM, ha le idee chiare sull’importanza esecutiva e commerciale delle tecnologie per la lavorazione lapidea. «Costruendo macchine ad avanzata tecnologia, affidabili ed economiche, proponendo soluzioni semplici ma innovative, Gmm si ispira alla filosofia imprenditoriale della “qualità accessibile”, dove si coniugano perfettamente massimi livelli qualitativi con il minimo costo per il cliente/utilizzatore». Nello specifico, con queste

macchine l’operatore è in grado di realizzare in maniera estremamente rapida, in un solo passaggio, e con una programmazione semplicissima, profili di qualsiasi tipo che con i metodi tradizionali, sin qui utilizzati, richiedono successivi interventi manuali, impegnativi, costosi e altamente specialistici. «L’utilizzo di un software “dedicato” ha consentito l’ingresso nell’industria delle lavorazioni lapidee a una tipologia di macchine in cui alla precisione e all’affidabilità meccanica delle macchine tradizionali si unisce la potenzialità del controllo numerico», consentendo quindi di perseguire tutte le lavorazioni, dal taglio dei pavimenti al taglio di lastre, dalla contornatura alla lavorazione di superfici, programmando il progetto esecutivo direttamente sull’interfaccia grafica della macchina in poche decine di secondi. «È come utilizzare un touch screen che permette di pro-

In queste pagine, le sale macchine della GMM di Gravellona Toce (VB) e un dettaglio finito www.gmm.it


Corrado Franzi

grammare una lavorazione, semplicemente digitandone il riferimento sull’interfaccia grafica, e di visualizzarne l’anteprima progettuale in 2D o 3D in base al programma scelto dall’operatore». Le tecnologie sia hardware che software realizzate dalla GMM hanno straordinarie ricadute sugli aspetti produttivi perché «semplificano enormemente le componenti elettroniche ed elettriche dell’impianto, e riducono drasticamente tutte le contestualità legate all’installazione, all’istruzione e all’assistenza – precisa il socio portavoce della GMM –. Le macchine così equipaggiate possono essere assistite con un controllo remoto, vale a dire con una connessione ethernet e con estrema semplicità dovuta a un uguale linguaggio di un medesimo sistema operativo, quello della GMM». Per avere un’idea di come tali sistemi tecnologici contribui-

scano alla realizzazione di opere concrete, basta pensare che «per l’incarico relativo alla messa in opera di alcune moschee ad Abu Dhabi, le macL’obiettivo della GMM è chine della GMM non verranno applicate a superfici progettare macchine per piane ma a strutture curve, la lavorazione di materiali concave, convesse, profili e salapidei sempre più gome di notevole complessità. performanti, ma nello Tutti disegnati attraverso l’ufficio tecnico, i progetti di lastesso tempo semplici vorazione vengono trasferiti a e intuitive nell’utilizzo bordo macchina attraverso un sistema di lettura di interfaccia grafica tra la macchina e finito e stabilito l’esecutivo fil’operatore che, una volta de- nale, trasferisce il progetto di nuovo alla macchina che lo rilegge secondo il proprio codice. Programmato il tutto non resta che dare l’avvio all’impianto per eseguire la lavorazione su marmo o granito secondo il disegno del progettista».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Design e tecnologia nei serramenti Dalla fine degli anni 70 Mario Guazzone, imprenditore piemontese, è alla guida di un’azienda che opera nel settore della progettazione e della produzione di finestre, porte e facciate in alluminio. Un modello responsabile di fare impresa Valeria De Meo

rentatre anni di attività e non sentirli. Ogni giorno è come se fosse il primo, ma con un solido bagaglio di esperienza. Il costante aggiornamento, l’affidabilità nelle produzioni e nelle consegne, il contatto diretto con la clientela, i brevetti esclusivi, possono rendere un’azienda italiana immortale nel tempo e invincibile nello spazio. La C.L.L., guidata da Mario Guazzone, presidente e amministratore delegato, è un’azienda metalmeccanica di Bosco Marengo, in provincia di Alessandria. Dal 1977 realizzano semilavorati in lega leggera, producendo e commercializzando profilati in alluminio che vengono utilizzati nella realizzazione di sistemi completi per l’edilizia, come serramenti, pareti mobili, facciate continue. «La C.L.L. – spiega il presidente - opera nel settore della

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In alto, Mario Guazzone, nella pagina accanto la sede C.L.L. di Bosco Marengo (AL) www.tecnocll.it

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progettazione e la produzione di finestre, porte, facciate continue in alluminio. L’obiettivo è mettere a disposizione degli operatori del settore una gamma di prodotti in grado di soddisfare i clienti più esigenti». In Italia l’azienda è stata precursore di un sistema che ha garantito un costante monitoraggio del materiale disponibile e quindi maggiore efficienza nella produzione. «Già 20 anni fa – dichiara Guazzone – la C.L.L. ha ristrutturato e reso “intelligente” il suo magazzino, puntando ad automatizzarlo completamente. Abbiamo sempre sotto controllo la catalogazione del materiale disponibile e possiamo conoscere in tempo reale la quantità esatta di barre accumulate in magazzino». All’arrivo di un ordine, prende avvio una procedura gestita e controllata da una rete di computer, che svolge anche l’attività di ricerca, rag-

gruppamento e imballaggio del materiale richiesto. I tecnici addetti alle operazioni controllano che i pacchi imballati siano posti sugli scaffali e pronti per la spedizione. «Con questo sistema - prosegue Guazzone - siamo riusciti a guadagnare molto spazio all’interno del magazzino, razionalizzando anche la presenza delle persone e aumentando le risorse nel versante della ricerca e della qualità». La produzione si sviluppa all’interno di un’area di 13.000 metri quadri, impegna circa 35 addetti ai lavoro, per un fatturato medio annuo di 24 milioni di euro.«Per le fasi di lavorazione – puntualizza il presidente della C.L.L. - abbiamo sempre puntato sulla tecnologia. Oggi siamo in grado, ad esempio, di gestire la fase del taglio termico in modo completamente automatico. I semilavorati da noi progettati e commercializzati - continua -


Mario Guazzone

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La produzione si sviluppa all’interno di un’area di 13mila metri quadri, impegna circa 35 addetti ai lavoro, per un fatturato medio annuo di 24 milioni di euro

vengono trasformati dai nostri clienti finali in serramenti di alta qualità, sia dal punto di vista estetico, che da quello tecnologico. Infatti permettono di rispettare le normative vigenti sul risparmio energetico, migliorano l’isolamento acustico, con evidenti ricadute sul benessere degli interni di edifici civili e industriali». I prodotti della C.L.L. si mettono in evidenza anche in fatto di design e innovazione. «La ringhiera Marilyn – ricorda l’imprenditore piemon-

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tese – ha riscosso un grande successo per le linee tonde e addolcite per mancorrenti, montanti e traversi. Noi non ci limitiamo a produrre profilati in alluminio grezzo, ma ci dedichiamo anche alla spianatura e al taglio di lamiere, sempre in alluminio». Dalle sinergie con studi di architettura nazionali ed esteri, sono stati brevettati tre sistemi specifici per abitazioni particolari e tutti certificati dall’Istituto Giordano, ente riconosciuto a livello europeo: Tecno Blindo 100 TT per finestre e porte blindate a taglio termico; Tecno Wood 100 TT per porte e finestre in allumi-

nio legno a taglio termico, adatte a climi rigidi e con l’estetica dei maestosi portali antichi; Tecno Slide 140 TT, un sistema alzante scorrevole per porte-finestre vetrate di grandi specchiature. Dal 2005 la CLL ha costituito la Tecno Alu, una nuova società, con sede in Costa Azzurra. «Nonostante tutto – conclude Guazzone - siamo un’azienda di misure contenute il mercato oggi è sicuramente più difficile, ma sono certo che potremo continuare a giocare il nostro ruolo, mantenendo sempre viva l’attenzione a essere innovativi, competitivi e affidabili». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 237




TUTELA DELL’AMBIENTE

Torino regina delle aree verdi Valorizzare il patrimonio ambientale attraverso progetti di riqualificazione, come “Corona verde”, e nuove fonti di energia a impatto zero sull’atmosfera. Le proposte dell’assessore regionale all’Ambiente, Roberto Ravello Michela Evangelisti

l progetto “Corona verde” della Regione Piemonte ha radici molto lontane, negli elogi rivolti già da personaggi illustri e grandi viaggiatori passati da Torino tra il Seicento e l’Ottocento al legame della città con il Po, la Collina, il Castello del Valentino, le residenze sabaude e i loro parchi. Corona verde è espressione di un’idea molto ambiziosa, quella di definire e ricostruire un sistema efficiente di relazioni ecologiche, ma anche culturali e infrastrutturali, per migliorare l’ambiente e la qualità della vita nell’ambito urbano di Torino. «La prima fase ha di fatto compreso non solo l’impostazione del quadro di azioni per individuare l’infrastruttura verde, la mappatura delle reti insediative, di quelle rurali e agricole, dell’importante maglia storica e dei percorsi – spiega l’assessore Ravello –, ma anche l’esame delle criticità e le progettualità che riguarderanno, nei prossimi anni, le regge sabaude, i corsi d’ac-

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qua e le aree agricole periurbane. Finora abbiamo coinvolto 91 Comuni suddivisi, ai fini della progettazione degli interventi, in 6 ambiti territoriali coordinati da altrettanti Comuni capofila. L’attività della prima fase si è poi composta sia di un’azione diretta di trasformazione, con circa 30 cantieri avviati per una spesa complessiva di 15 milioni di euro, che di coordinamento e connessione progettuale tra i diversi Comuni interessati, in modo tale da rendere le azioni avviate complementari l’una all’altra». Si è appena aperta la seconda fase del progetto. Quali criteri sono stati seguiti nella progettazione? E quali sono, a livello ambientale, le criticità alle quali bisogna ancora far fronte nella città di Torino? «Nella seconda fase, basata sull’utilizzo dei fondi strutturali 2007/2013 per 10 milioni di euro, a cui si aggiungerà un co-finanziamento del 20% di tutti i Comuni partecipanti al progetto, l’atti-

vità è indirizzata a un significativo miglioramento delle modalità di gestione della progettazione partecipata, oltre che all’individuazione dei corridoi di connessione nei quali concentrare gli sforzi delle attività progettuali, proponendo una più chiara definizione del carattere permanente del programma rispetto a quanto comunicato e percepito nella precedente fase. Il quadro generale che si viene così a definire è quello di costruire una maglia d’interpretazione nuova del territorio metropolitano, nella quale assumano rilievo le fasce fluviali, le aree protette e i loro ampliamenti, le aree agricole per la rete ambientale, le connessioni da potenziare e le barriere urbane da superare. È questa, infatti, la più grossa difficoltà a cui ci troviamo di fronte: il continuo consumo di suolo e una ga-

Roberto Ravello, assessore regionale all’Ambiente, difesa del suolo, attività estrattive e protezione civile


Roberto Ravello

Corona verde ha compreso anche le progettualità che riguarderanno le regge sabaude, i corsi d’acqua e le aree agricole peri-urbane

loppante urbanizzazione, che rende di fatto difficile il recupero e la trasformazione in aree verdi fruibili di aree e spazi urbani». La Giunta Cota ha dimostrato più volte apertura verso il tema dell’energia nucleare, che Umberto Veronesi ha definito la meno tossica per l’uomo e per l’ambiente. Quale punto può fare della situazione in Piemonte? Cosa pensa delle opportunità che il nucleare può offrire? «La nuova Giunta ha effettivamente riaperto una partita che la precedente amministrazione aveva chiuso per un’aprioristica scelta ideologica. Il Piemonte deve guardare al nucleare come a un’occasione di sviluppo economico del territorio con

ampie garanzie di sicurezza per la popolazione, primo punto del nostro programma in tema di nucleare. La nostra Regione è pronta a fare la sua parte per l’interesse nazionale e in questa fase iniziale, così come le altre Regioni, è chiamata semplicemente a esprimere un’intesa sulle localizzazioni degli impianti, esattamente come oggi è previsto per tutte le installazioni energetiche di interesse nazionale. Il processo decisionale tracciato sia a livello regionale che nazionale offre, inoltre, le più ampie garanzie di trasparenza e partecipazione sulle scelte, coinvolgendo non solo Regioni ed enti locali ma anche le popolazioni interessate, sul modello dei Paesi più avanzati. Si tratta di un progetto

che andrà di pari passo con le energie rinnovabili, in quanto entrambe non prevedono immissione di anidride carbonica nell’atmosfera e creano le condizioni per svincolarsi dall’approvvigionamento di energia dall’estero, cosicché la nazione superi il problema della dipendenza energetica». Sono già stati individuati in Piemonte dei possibili siti per il nucleare? «L’iter procedurale previsto dal decreto governativo per la selezione dei siti nucleari e dei depositi di stoccaggio delle scorie è ancora molto lungo e complesso. È prematuro, quindi, pronunciarsi su elenchi e mappature di aree potenzialmente candidate a ospitare siti nucleari, dal momento che non esiste alcuna PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 259


TUTELA DELL’AMBIENTE

La diga di Ravasanella in provincia di Biella

ipotesi reale. Le “istanze per

la certificazione dei siti da destinare all’insediamento di un impianto nucleare” e la “proposta di carta delle aree potenzialmente idonee” per la localizzazione del deposito nazionale potranno essere presentate solo a seguito dell’emanazione di specifici criteri definiti dall’Agenzia per la sicurezza nucleare. Ci tengo, quindi, a ribadire che qualunque informazione rispetto a possibili localizzazioni dei siti è priva di fondamento e non giustifica alcun tipo di allarmismo». A suo parere esistono altre strade alternative al nucleare per conseguire gli obiettivi comunitari o davvero le rinnovabili a questo scopo non bastano? «Da parte nostra c’è sicuramente un atteggiamento di 260 • DOSSIER • PIEMONTE 2011

Lo sviluppo dell’idroelettrico dipenderà sia dalla conservazione delle grandi dighe esistenti sia dall’installazione di impianti di idraulica in grado di sfruttare anche i più piccoli salti d’acqua

totale apertura verso tutte le fonti di energia. Penso ad esempio all’idroelettrico, una risorsa strategica assolutamente da conservare e promuovere, la principale alternativa ai combustibili fossili nella produzione di energia elettrica, il cui sviluppo dipenderà sia dalla conservazione delle grandi dighe esistenti, sia dal recupero e dall’installazione di impianti di idraulica in grado di sfruttare anche i più piccoli salti d’acqua. In futuro potrebbe inoltre aumentare il ricorso alle biomasse (legno) e ai rifiuti per la produzione di

energia, trasformando ciò che al momento è visto come un peso per l’ambiente in una risorsa per la società, cosi com’è possibile che in futuro si possa sviluppare il campo della ricerca nell’estrazione di calore dal suolo (fonti geotermiche). Per quanto riguarda il ricorso all’energia solare, consideriamo necessario prima di tutto verificare la reale disponibilità del suolo piemontese e concentrare le installazioni sulle coperture di edifici sui quali si renda necessaria una bonifica dall’amianto».



TRATTARE I RIFIUTI

a sempre considerato un problema, il rifiuto urbano può diventare una risorsa. Con la raccolta differenziata e la crescente cultura del riciclo oggi è possibile evitare di conferire in discarica grandi quantità di rifiuti e, per mezzo di adeguati impianti di trattamento, gli scarti possono dare origine a “nuove” materie prime. È evidente il vantaggio in termini di impatto ambientale e di risparmio energetico: tali materie prime “seconde”, infatti, possono essere impiegate nella produzione di energia pulita e rinnovabile. VMpress opera da oltre quindici anni nel settore della progettazione e costruzione di impianti innovativi per il trattamento dei rifiuti solidi urbani. Gli sforzi dell’azienda sono stati concentrati al fine di trovare un metodo sostenibile per l’ambiente ed economicamente conveniente per sfruttare l’incredibile potenzialità contenuta in ciò di cui quotidianamente ci disfiamo. «Negli impianti integrati per la gestione dei rifiuti – spiega il direttore della società, Carlo Gonella – la nostra tecnologia viene utilizzata sia per il trattamento della frazione organica derivante dalla raccolta differenziata con produzione di compost di qualità, sia per la lavorazione del rifiuto urbano indifferenziato residuale

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262 • DOSSIER • PIEMONTE 2011

Sfruttiamo la risorsa-rifiuto I rifiuti urbani possono essere fonte di nuove materie prime e di energia rinnovabile. Ma devono essere opportunamente trattati, con sistemi che riescano a ottimizzarne la trasformazione. Carlo Gonella presenta la tecnologia VMpress, ecologica ed economica Carlo Gherardini

per la produzione di combustibile CDR». Ma come funziona nello specifico il trattamento dei rifiuti nella tecnologia VMpress? «La frazione organica derivante dalla raccolta differenziata viene spremuta ad alta pressione all’interno dell’impianto VMpress - continua Gonella . Funziona proprio come una specie di schiacciapatate, e separa le frazioni indesiderate, quali plastiche, vetri, lattine, ottenendo una purea di materiale organico perfettamente

pulita da inviare all’impianto di compostaggio». Questo materiale viene quindi miscelato con il legno strutturante e successivamente immesso nelle corsie per la fermentazione e la maturazione fino all’ottenimento di compost di ottima qualità. Una volta terminata la maturazione il compost viene raffinato per essere poi inviato all’utilizzo in agricoltura. «Grazie alle caratteristiche della purea presso-estrusa – afferma Carlo Gonella - il pro-

Alcune fasi della lavorazione dei rifiuti urbani attraverso la tecnologia VMpress www.vmpress.it


Carlo Gonella

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Il processo di compostaggio avviene in maniera rapida, costante e continua senza la possibilità che si generino fermentazioni indesiderate

cesso di compostaggio avviene in maniera rapida, costante e continua senza la possibilità che si generino fermentazioni indesiderate. Ciò consente di ottenere un prodotto finito di qualità ma soprattutto permette di evitare l’emissione di miasmi, cattivi odori che sono proprio indice di un processo che avviene in modo non corretto». Il rifiuto solido urbano residuale è invece quella parte di rifiuto che resta a valle della raccolta differenziata e che

80% RECUPERO È la percentuale di rifiuto residuale che si riesce a recuperare con la tecnologia VMpress

non può essere inviato al riciclo. VMpress lavora anche questo materiale che viene spremuto nel suo presso-estrusore al fine di estrarne il contenuto organico ancora presente, circa il 40 per cento, per essere poi triturato e raffinato per ottenere un combustibile Cdr di buona qualità destinato alla produzione di energia. «La frazione organica ottenuta – spiega Gonella - viene utilizzata per la produzione di biogas e conseguentemente di energia elettrica in impianti di digestione anaerobica. Lo scarto digerito viene poi stabilizzato aerobicamente per la produzione di un materiale utilizzabile in discarica come terreno di copertura». Alla fine del processo, quindi, oltre l’80 per cento del rifiuto residuale viene recuperato, come energia, come combustibile e come terreno di copertura. Solo una minima parte viene conferita in discarica come scarto di lavorazione. La tecnologia VMpress

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viene impiegata anche all’estero, soprattutto in Germania e Francia, dove questi impianti sono ormai sicuri e collaudati. In particolare è in funzione, da oltre quattro anni, un impianto in Germania a Kaiserslautern dove i rifiuti urbani indifferenziati vengono trattati con la tecnologia VMpress per la produzione di biogas e conseguentemente di energia elettrica. «Tale realizzazione – conclude Gonella – consente di ottenere, oltre a grandi quantità di energia dalla frazione organica dei rifiuti - sono circa 400 kWh per tonnellata di frazione organica prodotta -, anche una considerevole riduzione della quantità di CO2 emessa in atmosfera». Gli impianti in cui è applicato il processo VMpress mostrano quindi come, attraverso le tecnologie più moderne e collaudate, sia possibile una corretta gestione dei rifiuti con basso impatto ambientale. PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 263


TRATTAMENTO DELLE ACQUE

Forza modulare e ingegneristica Improntata sull'esportazione e sull'affinamento tecnologico. Così Matteo Frizzoni punta dritto al sodo del trattamento delle acque. Il settore che non sta mai fermo Paola Maruzzi

ata sul finire degli anni Settanta per colmare un gap nel mercato italiano, oggi divide il suo impegno da un continente all'altro. Ecomacchine, attiva nel campo del trattamento delle acque, è cresciuta, ma conserva ancora intatto quello spirito pionieristico che l'ha portata a realizzare, sin dall'inizio, una gamma completa di macchine modulari da utilizzare negli impianti per ac-

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In basso, Matteo Frizzoni, amministratore delegato di Ecomacchine. Nella pagina a fianco, lo staff dell'azienda di Grugliasco (To) www.ecomacchine.it

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que reflue o primarie. Di lì ha preso il via un vero e proprio affinamento tecnologico, che poggia prima di tutto sulla componente qualificata del personale tecnico. Uno staff che, per Matteo Frizzoni va coltivato e stimolato a mettere in campo nuove soluzioni e nuovi prodotti. Il vostro è un settore che naturalmente vi porta ad affacciarvi sui mercati internazionali. Quali sono le principali aree in cui avete

esportato il vostro know how? «In effetti il 50 per cento del fatturato si gioca all'estero. Abbiamo rapporti consolidati con il Nord Europa, con il Medio Oriente (Arabia, Iraq e Giordania), l'Australia, la Nuova Zelanda, il Nord Africa (Tunisia e Algeria). Da un paio d'anni ci siamo aperti anche al Messico e alla Libia. Due recenti acquisti che presentano forti potenzialità nel campo del trattamento delle acque». Come si accrescono e si coltivano i rapporti d'affari, specie con interlocutori stranieri? «Con il “vecchio” passaparola. Siamo nati da una costola di una piccola società che faceva impianti e, nonostante gli sviluppi, siamo rimasti ancorati a una rigorosa ottica di fidelizzazione del committente. Insomma, mettiamo semplicemente in campo il problem


Matteo Frizzoni

solving: questa è la nostra più grande operazione di marketing. Paradossalmente non partecipiamo a fiere, non spendiamo moltissimo in comunicazione e pubblicità. Eppure il giro d'affari aumenta». Non è una forma anacronistica di approcciarsi ai mercati? «In parte lo è, ma i risultati non ci danno contro. Infatti stiamo gradualmente crescendo. Questo vuol dire molto per una realtà relativamente piccola, che conta su un organico di una trentina di persone. In questa fase di avanscoperta già abbondantemente avviata è necessario non fare il passo più lungo della gamba, ma rimanere saldamente attaccati a un'interfaccia competente in ambito tecnico. Per dirla ribaltando i luoghi comuni: il mio esperto di marketing è l'ingegnere competente».

Quanto conta, allora, la continua scommessa sull'innovazione tecnologica? «Moltissimo visto che le nostre risorse sono tutte focalizzate sulla ricerca e sullo sviluppo di nuovi prodotti o sulla modifica di prodotti esistenti. In tal senso è prezioso il contributo del reparto tecnico, formato da sei progettisti e un responsabile, senza contare gli esterni. Al suo interno si progetta in tre dimensioni, con il Cad. In Italia non sono in molti i competitor che possono vantare un supporto del genere». La costante attenzione alla ricerca ingegneristica, che risultati vi ha permesso di raggiungere? «In linea teorica la capacità di sperimentare nuovi macchinari, spingendoci anche al di là del nostro ambito settoriale. Per fare qualche esempio, abbiamo appena concluso un contratto con una

società che gestisce un impianto di trattamento di rifiuti solidi. L'obiettivo è “industrializzare” l'impianto e dare al committente l'opportunità di venderlo. Altro fiore all'occhiello, essere intervenuti in un impianto petrolchimico, fornendo un pre-trattamento acqua di mare rivoluzionario, modulare e trasportabile, giustificando così la costruzione in Italia e il trasporto verso paesi distanti». Se la stoffa ingegneristica italiana eccelle all'estero, dal suo punto di vista c'è qualcosa che dovremmo imparare prendendo esempio dagli stranieri? «La conoscenza della lingua inglese. Anche in ambiti così tecnici è indispensabile interfacciarsi utilizzando un linguaggio “universale” e fluente. In questo i nostri giovani, pur essendo preparatissimi sotto altri aspetti, sono un po' carenti». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 267


LEGALITÀ

Un approccio interforze per contrastare il crimine La predisposizione di un efficace sistema di contrasto e la professionalità degli operatori impegnati nell’attività anticrimine attestano la leadership dell’Italia a livello internazionale nella lotta alla criminalità. A evidenziarlo è il prefetto Francesco Cirillo Francesca Druidi

entotto superlatitanti catturati. Beni sequestrati per oltre 15 miliardi di euro e confiscati per una cifra che supera i 3 miliardi di euro. Sono alcuni dei significativi risultati raggiunti, dal 2008 ad oggi, dal coordinamento tra le forze di polizia. A sottolinearlo è Francesco Cirillo, vice capo della Polizia alla guida anche della Direzione centrale della Polizia criminale, una struttura interforze appositamente istituita, nell’ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza, per garantire un ottimale raccordo in materia di contrasto al crimine tra i vari uffici dipartimentali e tra tutte le forze di polizia. «Tale situazione di piena sintonia – prosegue Cirillo – ha consentito di corrispondere in modo ottimale a una serie di esigenze di carattere emergenziale

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che hanno colpito talune aree del paese». Come, ad esempio, il programma anticrimine elaborato per la provincia di Caserta nel 2008, che ha fatto conseguire risultati investigativi di straordinaria rilevanza, diventando un vero e proprio modello di riferimento. Del resto, «la lotta alle organizzazioni criminali, autoctone e straniere, continua a rivestire un’importanza prioritaria nell’azione delle forze di polizia italiane». Come valuta i risultati ottenuti dalle forze di polizia sul fronte della lotta alla criminalità organizzata? «Le organizzazioni criminali, ormai da anni, hanno assunto una dimensione di tipo imprenditoriale. Numerose attività investigative hanno consentito di acclarare profonde infiltrazioni criminali nel settore delle opere e dei finanziamenti pubblici, degli investimenti finanziari, della grande distribuzione, del ciclo dei rifiuti, della gestione dei servizi e degli appalti. Al riguardo, l’azione di contrasto è stata orientata sia in senso preventivo che repressivo». Partiamo da quello preventivo. «Sono stati sollecitati importanti interventi normativi, in particolare in tema di tracciabilità finanziaria ma anche sul sistema dei controlli ai cantieri che, una volta realizzati, hanno reso estremamente più efficace le attività di monitoraggio e di verifica. Quanto all’aspetto repressivo, si è accertato che l’aggressione ai patrimoni mafiosi - e, parallelamente, un rapido ed effettivo utilizzo dei beni per finalità istituzionali e sociali


Francesco Cirillo

- costituisce uno degli strumenti più efficaci nella lotta alle mafie, anche per la valenza fortemente simbolica di tale attività presso l’opinione pubblica. In questo quadro, si inserisce l’istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Va, inoltre, evidenziata l’istituzione del “Fondo unico giustizia”, dove affluiscono le somme sequestrate alle mafie e i proventi derivanti dai beni confiscati, che consente di rendere immediatamente disponibili tali risorse per le esigenze di giustizia e di sicurezza». Ulteriori misure adottate? «Per sottoporre a un monitoraggio specifico e co-

Il sistema di contrasto è orientato verso una sempre maggiore integrazione tra le attività e le risorse delle forze di polizia nazionali e di quelle locali

stante gli interventi correlati all’emergenza e alla ricostruzione susseguenti al sisma in Abruzzo e le attività relative all’Expo 2015 di Milano, sono stati istituiti, presso la Direzione centrale della Polizia criminale, due gruppi investigativi interforze ad hoc, rispettivamente denominati Gicer e Gicex. Tali organismi, che operano in stretto raccordo con due sezioni specializzate attivate presso le Prefetture de L’Aquila e di Milano - allo scopo di prevenire possibili infiltrazioni - provvedono al monitoraggio di tutte le attività tese alla realizzazione degli interventi previsti nei due contesti, nonché all’analisi delle risultanze emerse in seguito alle verifiche antimafia e ai controlli presso i cantieri, effettuati in loco. Infine, va citata l’attivazione, nel corso del 2010, a Torino, Milano, Latina, Salerno, Lecce, Reggio Cala-

bria e Caltanissetta, presso le competenti Dire- Il prefetto Francesco Cirillo, vice capo zioni distrettuali antimafia, di sette desk inter- della Polizia e direttore forze, organismi interforze di coordinamento centrale della Polizia informativo e investigativo delle attività tese al- criminale l’individuazione, al sequestro e alla confisca dei patrimoni della criminalità organizzata». Quali fenomeni criminosi presentano una dimensione transnazionale più vasta? «Il traffico di stupefacenti e il traffico di esseri umani sono i fenomeni criminali che presentano una più evidente, e preoccupante, dimensione transnazionale. Anche il crimine organizzato ha assunto, da tempo, un carattere pienamente transnazionale, in linea con i processi di globalizzazione planetari. Per questo, la situazione impone, da parte della comunità internazionale e delle relative agenzie investigative, un’azione con- PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 273


LEGALITÀ

divisa che, consapevole della necessità di superare i confini nazionali, miri a un continuo rafforzamento delle attività di cooperazione di polizia e all’adozione di strumenti normativi e operativi uniformi e adeguati alla mutevolezza e alla complessità dello scenario». Come si sta muovendo l’Italia nello specifico? «È stata rivolta speciale attenzione alla capillare rete di ufficiali di collegamento e di esperti italiani all’estero. Nella prospettiva di ottimizzarne le attività, massimizzando il valore del prezioso patrimonio informativo da essi garantito, lo scorso mese di settembre è stato istituito, nell’ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza, un apposito Comitato (Co.P.S.C.I.P.) di cui fanno parte i vertici di tutte le strutture dipartimentali interessate, per i vari aspetti, alla cooperazione internazionale. È stato, inoltre, attivato un portale internet a essi appositamente dedicato e denominato “Marco Polo” che consentirà di mettere a fattor comune le specifiche esperienze e le 274 • DOSSIER • PIEMONTE 2011

differenti professionalità». Oltre al crimine organizzato, quali altre priorità individua in Italia sul fronte della legalità? «È stata dedicata una specifica attenzione al contrasto alla cosiddetta criminalità diffusa. Su questo fronte, infatti, sebbene, negli ultimi anni, si sia registrata una costante diminuzione dei relativi indici di delittuosità, resta alta, specialmente nei contesti metropolitani, la sensazione di insicurezza nella cittadinanza. Il sistema di contrasto è in questo senso orientato verso una sempre maggiore integrazione tra le attività e le risorse delle forze di polizia nazionali e di quelle locali. Questa è, infatti, la prospettiva perseguita dal legislatore con i “pacchetti sicurezza” e questo è lo spirito che anima i patti per la sicurezza che, oramai diffusi su tutto il territorio nazionale, hanno ampiamente dimostrato l’efficacia di un “modello” basato sulla collaborazione tra le autorità centrali e i diversi livelli di governo del territorio, anche nel delicato settore della sicurezza urbana». Quali sfide per le forze di polizia nel prossimo futuro? «Il nostro Paese, presente in tutte i più importanti organismi di cooperazione di polizia (Interpol, Europol), ha da tempo assunto una leadership ampiamente riconosciuta a livello internazionale. E guardano al contesto mondiale anche i più rilevanti progetti delle forze di polizia per l’immediato futuro. Innanzitutto, l’istituzione, a Caserta, di un centro di eccellenza per la formazione di investigatori di altissimo livello nella lotta al crimine transnazionale; poi la redazione, sotto l’egida delle Nazioni Unite per il contrasto alla droga, al crimine organizzato e al terrorismo, e dell’Interpol, di un manuale, il cosiddetto “Digesto”, che compendi i migliori moduli operativi per la lotta alla criminalità, da condividere, sul piano internazionale, con le diverse agenzie investigative. Non da ultimo, va evidenziata l’organizzazione, nel 2012 a Roma, dell’Assemblea generale Interpol, cruciale momento di incontro e condivisione di programmi e obiettivi dei 188 paesi appartenenti all’organizzazione».



BUROCRAZIA

Giustizia più lenta Tagli e vuoti d’organico minacciano l’efficienza del tribunale di Torino. A lanciare l’allarme è il presidente, Luciano Panzani. Un problema, quello della lentezza della giustizia, che influisce negativamente anche sulle valutazioni degli investitori stranieri Michela Evangelisti

ell’ultima classifica resa nota sulla velocità della giustizia in Italia, il tribunale di Torino è sceso dal secondo al sesto posto. Questo dato, apparentemente preoccupante, secondo Luciano Panzani è in realtà soddisfacente, se debitamente contestualizzato. «Gli uffici giudiziari che si collocano davanti a noi sono tutti di piccole o medie dimensioni – spiega il presidente –. Il tribunale di Torino è il quarto d’Italia per grandezza. Ha un organico di 162 magistrati (con il personale amministrativo si arriva a un totale di 500 dipendenti) e un bacino d’utenza di circa 1 milione e 800mila persone. E, rispetto agli altri grandi tribunali, è avanti di molte lunghezze». In effetti i numeri del tribunale torinese parlano chiaro e sono più che confortanti: il 94,7% delle cause civili durano meno di 3 anni e più del 60% dura non più di un anno. «Non solo rientriamo appieno nei parametri di Strasburgo – precisa Panzani –, ma si può dire che il nostro dato è del tutto in linea con la giustizia europea». Cos’è quindi che desta la sua preoccupazione? «L’allarme che voglio lanciare non è legato tanto a una situazione di crisi già in atto, ma alla certezza che sotto la mia presidenza il tribunale è destinato lentamente ma progressivamente, nonostante l’impegno di tutti, a perdere colpi. Questo a causa dei tagli delle risorse e dei problemi di organico. A Torino mancano 12 magistrati e più della metà dei giudici onorari. Il problema è che non ci sono prospettive di miglioramento: date le priorità del Consiglio

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Luciano Panzani, presidente del Tribunale di Torino

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superiore (che vanno alle corti d’appello, in questi anni svuotate dal pensionamento di molti colleghi, alle procure, in particolare quelle del Sud, e agli uffici giudiziari piccoli, che se privati di due magistrati non funzionano più), Torino si trova costantemente in coda. Si pensa che siamo grandi, bravi ed efficienti e in qualche modo ce la caveremo: ma i ritmi di lavoro per i miei magistrati stanno diventando davvero insostenibili». A questo si aggiunge la mancanza di personale. «Le assunzioni sono bloccate da 10 anni. Abbiamo cercato delle soluzioni per tamponare la situazione. Il Comune di Torino ci ha mandato del personale in comando e abbiamo attivato con la Regione una convenzione per servirci di lavoratori socialmente utili: ma non posso pretendere che queste persone abbiano la competenza di un laureato in giurisprudenza e di mandarle in udienza penale. Abbiamo firmato una convenzione tra i capi di tutti gli uffici giudiziari di Torino e i tre ordini professionali: pensiamo, ad esempio, a un tavolo per la creazione di un


Luciano Panzani

L’efficienza del tribunale è fondamentale per avere le carte in regola dal punto di vista della concorrenza tra sistemi economici

ufficio relazioni esterne, che riceva il pubblico, in modo che le richieste di informazioni non appesantiscano il lavoro delle cancellerie. Stiamo partecipando a un progetto finanziato con fondi comunitari detto delle “best practices”: due importanti società verranno a esaminare la nostra struttura amministrativa, per darci suggerimenti di carattere organizzativo e introdurre le tecniche di gestione aziendale. Sono tutte soluzioni interessanti, ma resta il fatto che la via migliore per incentivare il personale è quella di metterlo in condizione di lavorare in maniera tranquilla e di dare degli incentivi economici: i tagli alla spesa pubblica non lo consentono». Il tribunale di Torino ha all’attivo due progetti organizzativi gravitanti intorno alla ragionevole durata dei processi civili e penali, il progetto Strasburgo e il progetto Drpp. Con quali risultati? «I dati sul civile sono confortanti: le cause ultratriennali non raggiungono il 5%. Abbiamo qualche problema in più sulle sezioni distaccate, che hanno dei presidi di giudici e di personale di cancelleria limitatissimi. Siamo decisamente più efficienti al centro, perché abbiamo uffici specializzati e i giudici sono più rapidi. Nelle sedi

distaccate, invece, i giudici fanno un po’ di tutto e quindi risultano più lenti. Oltretutto sono uffici poco graditi, nei quali il turn over è molto elevato. Sto cercando di intervenire nella direzione di dirottare le cause da queste sezioni verso il tribunale centrale, trasferimento possibile solo col parere del consiglio dell’ordine degli avvocati e del consiglio giudiziario presso la corte d’appello. In cambio vorrei potenziare nelle sezioni distaccate le attività giurisdizionali che richiedono una maggior presenza sul territorio, come le tutele e le amministrazioni di sostegno. Ma i sindaci e gli organi locali ci tengono al mantenimento delle sedi piccole e quindi si oppongono a iniziative di PROCESSI questo genere». E per quanto riguarda i tempi del penale? Le cause civili del di Torino «Sono contenuti e ragionevoli: fatta eccezione per Tribunale che durano meno i processi extra-large (come quello Eternit o Thysdi 3 anni sen), che seguono delle logiche differenti, non durano mai più di un anno. Le principali difficoltà nascono dalla nostra organizzazione, studiata per consentire il cosiddetto abbinamento dei pubblici ministeri, ovvero far sì che il pm che ha svolto le indagini sia poi lo stesso magistrato che va all’udienza dibattimento, con una conoscenza approfondita del processo. Questo però,

94,7%

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BUROCRAZIA

nel tempo, si è tradotto in disparità di carichi tra

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MAGISTRATI I giudici che mancano all’organico del tribunale

le varie sezioni del tribunale. C’è un confronto in corso per arrivare a rivedere questi criteri. Entro la fine dell’anno dovrò presentare la proposta per il piano di gestione 2012/2014: abbiamo quindi iniziato un lavoro ricognitivo che mi auguro possa portare a un’organizzazione interna più equa». Inefficienza del sistema giudiziario civile uguale ritardo nello sviluppo dell’economia. Cosa pensa del valore di questa equazione? «Si tratta di un tema importantissimo. Nel “Doing business”, la pubblicazione annuale della banca mondiale che fotografa la situazione dei vari Paesi, uno dei parametri utilizzati per la valutazione è proprio l’efficienza della giustizia, un criterio sul quale si pensa di poter misurare la concorrenza tra ordinamenti. In effetti un sistema come quello inglese, o tedesco, più veloce del nostro, favorisce gli investimenti, perché un imprenditore deve sapere che se dovrà recuperare un credito, o se avrà una causa o una con-

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troversia su un contratto, la procedura giudiziaria finirà in tempi ragionevoli: in caso contrario, il suo diventa un investimento a rischio. Non è comunque il caso di sopravvalutare eccessivamente questo criterio: la disciplina fiscale è altrettanto importante». Qual è da questo punto di vista la situazione dell’Italia e, quindi, del vostro territorio? «Purtroppo l’Italia ha in merito una pessima reputazione, assolutamente giustificata, e questo comporta che anche Torino, nella valutazione degli investitori stranieri, finisca nel calderone. Detto questo credo che il risultato che noi offriamo sia assolutamente ragionevole e accettabile. Sull’argomento sono del tutto d’accordo con il nostro governatore, Roberto Cota: garantire l’efficienza del tribunale è un elemento fondamentale per avere le carte in regola dal punto di vista della concorrenza tra sistemi economici. Purtroppo in Italia abbiamo una pianta degli uffici giudiziari che non è razionale, con una dispersione del personale e una secca perdita d’efficienza; il bilancio del ministero della Giustizia è il più alto in Europa, oltre 7 miliardi di euro, ma se si va a sottrarre la spesa per gli stipendi e per l’amministrazione penitenziaria quel che resta è poca cosa. Con tutti i tagli alla spesa pubblica in corso la riforma delle circoscrizioni giudiziarie sarebbe da attuare domani; purtroppo è ancora impopolare e frenata da una lunga serie di considerazioni di carattere politico».



BUROCRAZIA

La lentezza della giustizia frena lo sviluppo opo la crisi del 2009, l’economia torinese e quella piemontese hanno finalmente evidenziato nel 2010 una ripresa, anche a seguito del miglioramento della congiuntura internazionale. «Nei primi nove mesi dello scorso anno la produzione industriale torinese ha registrato un trend positivo (+9%) e, se gli attuali tassi di crescita verranno confermati anche per la parte finale del 2010, saremo di fronte a una variazione poco al di sotto del 10% – precisa il presidente della Camera di Commercio di Torino –. Lo stesso fenomeno ha interessato tutto il Piemonte: la variazione media della produzione industriale nei primi nove mesi del 2010 è stata del 9,2%». Anche le esportazioni torinesi sono tornate a crescere, così come le piemontesi (+15,5%). «Si tratta tuttavia di segnali positivi che non devono essere troppo enfatizzati – mette in guardia Barberis –. Rappresentano, infatti, recuperi solo parziali rispetto ai forti cali registrati in questi mesi. Ad oggi preoccupano ancora la diminuzione della domanda interna e soprattutto l’elevato tasso di disoccupazione, poiché il sistema produttivo provinciale non è riuscito a riassorbire tutti coloro che avevano perso il posto di lavoro a causa della crisi. Hanno sofferto maggiormente della congiuntura economica negativa tutti i settori manifatturieri, in particolare i comparti metalmeccanici, e meno l’alimentare; sembrano tenere meglio, invece, il turismo e i servizi alla persona». La giustizia rappresenta un

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Alessandro Barberis, presidente della Camera di Commercio di Torino

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Alessandro Barberis, presidente della Camera di Commercio di Torino, sottolinea l’importanza economica di strumenti alternativi per la gestione consensuale delle controversie Michela Evangelisti

tema centrale per la crescita economica; un sistema giudiziale più rapido ed efficiente e validi strumenti alternativi di mediazione per la gestione consensuale delle controversie favorirebbero lo sviluppo. «È compito istituzionale di una Camera di Commercio garantire un mercato e una competizione economica corretta, con regole chiare e condivise, in tutti i settori. Gli enti camerali sono da sempre attivi nella prevenzione del contenzioso, attraverso la diffusione di informazioni precise e aggiornate sui principali temi d’attualità. In caso di controversia, comunque, la Camera di Commercio offre sempre la procedura di mediazione per far sì che le parti arrivino a composizione della controversia. La mediazione permette tempi brevi, costi limitati ma soprattutto, importantissimo per le imprese, la prosecuzione dei rapporti commerciali dopo l’episodio di contrasto. La procedura di mediazione, che è già spesso inserita nei contratti tra imprese e tra imprese e consumatori, alla luce della recente riforma (decreto legislativo 28 del 2010) acquista ancora più valore in Italia. A partire dal 20 marzo si prevede che diventi obbligatoria per alcune tipologie di controversie: ciò significa che in questi casi le parti sono obbligate ad esperire il tentativo di conciliazione prima di andare in giudizio. La nuova legge prevede, inoltre, che gli stessi giu-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Alessandro Barberis

A partire dal 20 marzo la mediazione potrebbe diventare obbligatoria per alcune controversie: in questi casi le parti sono obbligate a conciliare prima di andare in giudizio

dici possano rimandare le parti alla mediazione prima di proseguire nel giudizio. Come Camera di Commercio di Torino, siamo iscritti nel registro ministeriale degli organismi abilitati a gestire le procedure di mediazione, abbiamo conciliatori appositamente formati e pertanto possiamo gestire le conciliazioni ai sensi della nuova normativa, offrendo così un servizio prezioso per imprese e consumatori». Oltre a una maggiore efficienza del sistema giustizia, di quali interventi ha urgentemente bisogno l’economia piemontese al momento? «Innovazione ed export si confermano come le vie prioritarie per riagganciare lo sviluppo. Come evidenziato da una recente indagine di Unioncamere Piemonte, anche in questi ultimi mesi è ancora cresciuto il grado di internazionalizzazione del Piemonte: +12% rispetto all'anno precedente». Quali sono le principali azioni messe in campo dalla Camera di Commercio per favorire lo sviluppo del territorio? «Il nostro impegno in questo senso è forte (circa il 30% del budget promozionale) proprio sull’internazionalizzazione delle pmi, che

da sole non avrebbero le possibilità di accedere ai mercati internazionali. L’azione si svolge attraverso grandi progetti: “From concept to car” per l’automotive, “Torino Piemonte Aerospace” per i settori aerospazio e difesa, “Think up” per l’ict, “InToMech” per la meccatronica, “InContract” (a livello regionale) per il settore del contract. Tutti sono stati pensati e realizzati sulla base di una logica comune di filiera e di un’ottica pluriennale e prevedono una selezione delle aziende (non tutte possono essere portate all’estero: bisogna verificarne attentamente i requisiti per valutare il ritorno di investimento). Molta attenzione e ingenti risorse sono poi rivolte all’accrescimento della competitività del territorio: dalla partnership con Alitalia per nuove rotte aeree su Torino, ai progetti di lungo periodo per la promozione dei settori agroalimentare, turistico e alberghiero, ma anche di supporto all’innovazione tecnologica delle pmi. Infine vorrei ricordare che, per far fronte alla dura congiuntura in atto, fin dall’ottobre 2008 la Camera di Torino ha deciso un intervento straordinario per favorire l’accesso al credito delle micro e piccole imprese, attraverso il sistema dei confidi». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 289


ARBITRATO

Tempi più rapidi per le liti d’impresa È l’istituzione che aiuta le imprese nel percorso delle controversie lavoristiche. La Camera arbitrale del Piemonte offre bassi costi e sentenze veloci. L’avvocato Vittorio Cresta ne illustra i vantaggi Nicolò Mulas Marcello

er una maggiore rapidità di giudizio sono molte le imprese che si affidano alla Camera arbitrale del Piemonte presso Unioncamere. Dirimere liti contrattuali e societarie in tempi rapidi è lo scopo di questa struttura che coordina le attività arbitrali vigilando sul rispetto delle procedure e delle tempistiche. Per Vittorio Cresta, gestore delle procedure di arbitrato amministrato della Camera arbitrale del Piemonte, «i vantaggi dell’arbitrato sono rappresentati sicuramente dalla rapidità della risposta di giudizio e dei costi più bassi rispetto alle tariffe professionali e predefiniti». Tra le novità di maggior rilievo nel “collegato lavoro” vi sono anche le norme in materia di arbitrato. Cosa cambia in concreto? «Il collegato lavoro identifica un arbitrato di tipo irrituale, ovvero un giudizio che termina con un lodo che ha valore di contratto e che quindi non è equiparabile a un titolo esecutivo come potrebbe essere quello dell’arbitrato rituale che vale come sentenza di Tribunale di primo grado. Sul collegato lavoro possiamo dire che come Camera arbitrale nasciamo dalla clausola compromissoria che radica, in virtù della manifestazione di volontà di due parti contrattuali, la nostra competenza. Noi ci limitiamo alle liti di impresa con esclusione a oggi di questi nuovi riti arbitrali lavoristici».

P Vittorio Cresta, gestore delle procedure di arbitrato amministrato della Camera arbitrale del Piemonte

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In cosa consiste la tanto discussa “clausola compromissoria”? «È quella clausola contrattuale o statutaria che le due parti di un contratto o i soci di una società possono inserire in un contratto o nello statuto e vincola le parti a non adire il giudice naturale precostituito per legge (il Tribunale con giudice togato) ma bensì a devolvere qualsiasi controversia a un arbitro (o a tre arbitri) designati dalla Camera arbitrale del Piemonte. È una clausola di rinvio al regolamento pubblico e fa sì che la parte non abbia problemi tecnici nel redigere la clausola compromissoria e gli aspetti tecnici di disciplina arbitrale. La clausola di rinvio ha il vantaggio che fissa la sede a Torino, e l’arbitrato è rituale quindi ai sensi di legge finirà sarà definito con un lodo che vale come sentenza esecutiva di Tribunale di primo grado ai sensi di legge. Queste nuove forme di arbitrato servono a snellire veramente il sistema giudiziario? «Per quanto riguarda l’arbitrato rapido la parte ha un grande vantaggio perché a 120 giorni dalla domanda avrà una sentenza (lodo). Per l’arbitrato ordinario, invece, si parla in media di 6 mesi. Un dato sicuramente migliorativo della situazione dei tribunale dove una sentenza si ha in un anno e mezzo o due anni. Noi siamo sicuramente deflattivi delle controversie e facciamo sì che le imprese abbiano una giustizia rapida e certa. Offriamo trasparenza sia in termini di arbitrato rapido che ordinario in tempi rapidi e costi calmierati e a forfait. L’arbitrato rapido in particolare è una sorta di “regalo” che il si-


Vittorio Cresta

I vantaggi dell’arbitrato sono rappresentati sicuramente dalla rapidità della risposta di giudizio

SERVIZI LEGALI ALLE IMPRESE Q

uella piemontese è stata la prima Camera arbitrale in Italia con sede regionale e vanta ormai una carriera decennale. «Unioncamere – sottolinea Giuseppe Pichetto, presidente della Camera arbitrale del Piemonte – è stata fondamentale nel mettere insieme tutte le otto Camere di Commercio del Piemonte e convincere anche le due Camere di Novara e Verbania che gravitavano intorno alla Camera arbitrale di Milano». Unioncamere e le otto associazioni camerali piemontesi sono riuscite quindi ad avere all’interno del consiglio i professionisti dei tre ordini professionali: avvocati, commercialisti e notai. «Da dieci anni – continua Pichetto – la Camera arbitrale svolge il suo lavoro in maniera esemplare grazie alle impostazioni date inizialmente». Il suo compito è quello di coordinare le attività di conciliazioni delle liti d’impresa e offre un insieme di servizi e strumenti, per risolvere i contenziosi con tempi e modi alternativi rispetto al tribunale ordinario. È un ulteriore aiuto, accanto agli aspetti economici, alle imprese da parte di Unioncamere. «Grazie al lavoro e all’impegno di Unioncamere coesistono da un lato l’assistenza sul piano e dell’altra l’assistenza sul piano legale con avvocati, notai e commercialisti che seguono anche loro le imprese, ma in un’altra fruizione».

stema camerale fa alle imprese, in adesione ai propri fini istituzionali di servizio e sviluppo, per le cause fino a 150.000 euro: le imprese pagheranno, in prima fascia, 1.200 euro (600 euro a testa) per l’onorario dell’arbitro unico. La Camera arbitrale non applica nel primo scaglione (fino a 25.000 euro ) alcuna spesa né diritto di segreteria». Traendo le conclusioni, quali sono i vantaggi nella gestione di questo procedimento stragiudiziale? «I vantaggi sono rappresentati dalla rapidità della risposta di giudizio e la Camera arbitrale vigila sul rispetto delle regole e delle tempistiche e sull’applicazione dei costi a forfait e calmierati. In casi eccezionali interveniamo concedendo una proroga se il termine previsto per il deposito del lodo è vicino a scadere perché oltre la scadenza qualunque lodo e qualunque arbitro decadono. Seguiamo l’arbitrato senza, però, entrare nel merito della vertenza. È l’arbitro che è responsabile come professionista del giudizio, delle scelte di merito e della gestione della procedura ma noi abbiamo l’obbligo di far seguire un calendario di udienze rapido, di far applicare il regolamento e le tariffe pubbliche calmierate e di far sì che il lodo depositato da noi rientri nei criteri formali che lo rendono inattaccabile». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 291




Una sanità al servizio del cittadino azionalizzazione dei servizi, controllo della spesa e appropriatezza delle cure. Si potrebbe sintetizzare così il piano sanitario che la Regione ha fortemente voluto per dire addio a servizi inadeguati e spesa fuori controllo. Basta, però, «parlare di tagli» tiene a precisare l’assessore alla Sanità, Caterina Ferrero, «perchè quello che abbiamo voluto realizzare è l’impiego corretto delle risorse pubbliche, ovvero del denaro dei cittadini». Tra le novità anche la nomina di commissari straordinari alla guida delle Asl e Ato che dovranno «tradurre sul campo le indicazioni e le linee guida dell’assessorato per attuare quei cambiamenti necessari al fine di dare al Piemonte una sanità migliore e impiegare al meglio le risorse» sottolinea Ferrero. La riorganizzazione del sistema sanitario della Regione ha come obiettivo quello di predisporre un’offerta ospedaliera secondo un sistema di rete. Quali i vantaggi?

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«Un progetto complesso, ambizioso ma realizzabile». È così che l’assessore alla Sanità, Caterina Ferrero, definisce il nuovo piano sanitario che ha come finalità «servizi migliori per i cittadini» Nike Giurlani

«Avere presidi ospedalieri che “dialogano” costantemente tra loro significa dare risposte più rapide e più appropriate alle necessità dei cittadini che si rivolgono al sistema sanitario. Per migliorare ulteriormente la qualità delle prestazioni sanitarie e abbreviare i tempi di risposta occorre uscire dalla logica dell’ospedale sotto casa che fa tutto e comprendere che centri specializzati uniti, in rete appunto, a presidi che possono risolvere situazioni meno complesse sono la risposta efficace. La nostra idea di sanità non ha al centro il medico, ma il cittadino e questa riforma muove da questo assunto imprescindibile». Lei ha dichiarato che la riforma e il piano di rientro sono un percorso indispensabile per bloccare l’emorragia dei conti della sanità. Come avverrà questa politica di contenimento dei costi? «Attraverso una razionalizzazione dei servizi, il controllo della spesa e l’appropriatezza delle

A sinistra, l’assessore alla Sanità, Caterina Ferrero


Caterina Ferrero

cure. Che non sono tagli, come qualcuno continua a ripetere, ma impiego corretto delle risorse pubbliche, ovvero del denaro dei cittadini. La riforma che noi abbiamo proposto e il piano di rientro siglato con il governo sono strumenti di questa cura di cui la sanità piemontese necessita, anche a causa dell’eredità pesante lasciata dalla precedente amministrazione». Quale, a suo avviso, l’aspetto più virtuoso, di questo piano sanitario? «La nostra proposta di riforma è un progetto complesso, ambizioso ma realizzabile. E proprio perché nella sua complessità racchiude interventi importanti e innovativi su diversi fronti non mi sento di indicarne uno in particolare. L’aspetto virtuoso della riforma è la sua finalità: servizi sanitari migliori per i cittadini». Nell’ambito del riordino del sistema sanitario regionale uno dei temi caldi sono le liste d’attesa. Come affrontare questo problema? «Lo stiamo affrontando sia con stanziamenti per aumentare le ore di lavoro, facoltative per alcuni medici specialisti sia con procedure che hanno dimostrato di dare risultati positivi. È questo, ad esempio, il caso del recall, ovvero la telefonata effettuata dal Cup al paziente alcuni giorni prima della visita per confermare o meno la prenotazione. Questo ha permesso nel primo anno d’attività in una Asl torinese di abbattere del 3% il fenomeno del drop-out (i pazienti che si dimenticano di disdire la prenotazione, aumentando così i tempi d’attesa). È, inoltre, allo studio la possibilità di allargare il Cup dell’Asl ai centri accreditati almeno per alcune specialità in cui si registrano le attese maggiori. Quello dei tempi d’attesa è un aspetto che stiamo già affrontando con risultati positivi, ma che sarà ulteriormente migliorato quando la riforma sarà tradotta in pratica con la messa in rete degli ospedali». Perchè la riorganizzazione della sanità dovrà passare attraverso l’utilizzo di commissari

ai vertici delle Asl? «Il periodo necessario per l’adozione e la messa in atto della riforma richiede passaggi agili e tempi brevi, per questo è stato adottato lo strumento del commissariamento delle aziende i cui direttori generali avevano visto scadere il loro

mandato. Inoltre, considerata la fase di discussione della proposta di riforma in consiglio regionale e di confronto con il territorio si è ritenuto opportuno procedere alla nomina dei direttori generali quando il nuovo riordino del sistema sanitario sarà compiuto». Quest’ultimi resteranno in carica un anno. Quali gli obiettivi prefissati? «Devono tradurre sul campo le indicazioni e le linee guida dell’assessorato per attuare quei cambiamenti necessari al fine di dare al Piemonte una sanità migliore e impiegare al meglio le risorse finanziarie». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 299


POLITICHE SANITARIE

La riforma indispensabile È tempo di affrontare il problema della sanità. Il senatore Enzo Ghigo concorda con le linee del nuovo piano proposto dal presidente Cota e dall’assessore Ferrero. E ne spiega i principali vantaggi Nike Giurlani

l piano sanitario «è uno strumento indispensabile per affrontare le criticità presenti e per realizzare un sistema della salute che possa affrontare i prossimi 10/15 anni fornendo ai cittadini il massimo delle possibili prestazioni di cura» rileva Enzo Ghigo, coordinatore regionale del Pdl. «Per la sanità la nostra Regione ha raggiunto nel 2009, con la precedente Giunta, il livello più alto dell’esposizione economica ritenuta possibile dalle leggi finanziarie e – continua – di fronte a questa situazione il ministero del Tesoro ha chiesto l’attuazione di un sostanzioso piano di rientro dei costi, pena la necessità di aumentare le tasse regionali e il commissariamento della materia sanitaria». Oltre a questa situazione contingente, «considerato che la concorrenza sui mercati internazionali erode le quote di Pil e le sue parti destinate alla pubblica am-

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ministrazione, dobbiamo affrontare come in tutta Europa una profonda ristrutturazione del welfare, elevando i tassi d’efficienza d’ogni componente dei servizi pubblici regionali» conclude. Quali, quindi, i principali obiettivi della riforma sanitaria di Cota? «Ricondurre nel breve periodo i costi a un livello compatibile con le risorse disponibili e consolidare un sistema sanitario regionale capace di affrontare la crisi del welfare con l’introduzione di tassi d’efficienza per fare in modo che i servizi non solo vengano mantenuti, ma anche sviluppati incorporando le fisiologiche crescite dei costi che il sistema richiede». E le criticità? «Come tutti i veri progetti di riforma si scateneranno le forze reazionarie ostili al cambiamento. Considerato anche il rigore finanziario che dobbiamo applicare, troveranno terreno fertile i propagatori di bugie, di paure e di speculazioni politiche di infimo livello. Tutti quelli che hanno rendite di posizione da difendere si alleeranno per ostacolare il processo di riforma e per dipingere un falso quadro di riduzione dei servizi». Crede che la Giunta regionale incontrerà della difficoltà? «Ci sarà una fase in cui le capacità di spiegare il cambiamento saranno determinanti per rispondere alle polemiche pretestuose e per costruire un buon consenso alla riforma». Tra gli aspetti positivi del piano quali spiccano? «Traendo spunto da una situazione critica dal punto di vista finanziario propone modifiche organizzative che aumenteranno la qualità dei servizi sanitari. Punto di partenza e d’arrivo del cambiamento è la salute del cittadino del Pie-

Il senatore Enzo Ghigo, coordinatore regionale del Pdl


Enzo Ghigo

monte, valorizzandone appieno sia il lato del suo benessere psico-fisico, sia quello del suo contributo allo sviluppo sociale. Nel particolare si tratta di una riforma che prevede la separazione di gestione degli ospedali da quelle delle aziende sanitarie locali per accrescerne la missione specifica e creare una distinzione operativa ed economica tra la funzione di produzione e quella di tutela». Che cosa comporterà la creazione di aziende ospedaliere più grandi? «Queste realtà saranno in grado di rispondere alla necessità di integrare tra loro le strutture e di realizzare sinergie e convergenze nei processi d’erogazione delle prestazioni. La messa in rete degli ospedali con un forte governo unitario sotto forma di azienda ospedaliera favorisce gli interventi di integrazione nella rete ospedaliera specialistica fondamentali per assicurare la tutela del cittadino attraverso punti di offerta con volumi tali da garantire soglie adeguate per il mantenimento e lo sviluppo delle professionalità; inoltre, porterà alla minimizzazione delle possibili sovrapposizioni tra specialità che si occupano di medesimi problemi». I cittadini avranno vantaggi concreti?

«Attraverso questo sistema per il cittadino si ridurranno i rischi di trattamenti diagnosticati senza una valutazione multidisciplinare del problema che vagli alternative terapeutiche, così come sarà minore la possibilità di essere discriminato nell’accesso alle cure per via di una disorganizzazione dell’offerta. Inoltre, le Asl saranno in grado di poter programmare le attività rispetto ai bisogni dei cittadini, di controllo e committenza nei confronti dei soggetti, pubblici e privati, accreditati. Infine, i distretti delle Asl avranno un ruolo centrale nel governo dei contenuti delle voci di spesa (farmaceutica, protesica, ausili)». Che ruolo giocheranno i centri di assistenza primaria? «Costituiscono il modello di riferimento per l’organizzazione delle cure primarie, dove lavorano in équipe, funzionalmente e logisticamente integrate, medici di famiglia, infermieri, specialisti, assistenti sociali, personale ausiliario e amministrativo. In queste strutture possono anche trovare sede un centro di prelievi e di prenotazioni, un ambulatorio per le urgenze, fisioterapie, servizi di radiologia ed ecografia di primo livello, aree d’osservazione breve del paziente in fase pre-acuta». Che cosa pensa della scelta di nominare dei commissari alla guida della Asl? «È stata indispensabile per passare dal vecchio al nuovo sistema, utilizzando competenze manageriali che devono sentirsi responsabilizzate verso gli obiettivi ricevuti senza immaginare di avere conquistato una posizione di rendita. In altre parole, la temporaneità dell’incarico di commissario è ideale per permettere alla Giunta regionale di scegliere alla fine della prima parte della riforma i soggetti che meritano un futuro da direttori generali». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 301




PRESIDI ORTOPEDICI

on sempre la tecnologia può sostituirsi all’uomo, sicuramente non in un settore dove la sensibilità artigiana dell’operatore fa la differenza nella buona riuscita di un prodotto». A sostenerlo è la dottoressa Barbara Devietti Goggia, da tredici anni responsabile qualità dello S.T.O. di Torino, studio tecnico ortopedico. L’apparato locomotore, struttura portante del nostro organismo senza il quale non ci sarebbe movimento, rende l’ortopedia essenziale per prevenire e curare malformazioni e traumi della colonna vertebrale e degli arti. E aggiornamento e avanguardia nel settore tecnico sono tutto. «Lo S.T.O. – dichiara la dottoressa - è dal 1975 un’officina ortopedica che realizza presidi su misura. Abbiamo maturato un'esperienza ultratrentennale grazie al personale altamente qualificato e ogni cliente è seguito con attenzione e scrupolosità nella realizzazione del prodotto necessario, per ottenere il migliore risultato possibile». I prodotti dell’azienda vanno da ortesi cervicali a tutori di tronco, come busti e corsetti ortopedici; dai tutori per arti superiori a quelli per gli arti

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Il Taylormade applicato all’ortopedia La dottoressa Barbara Devietti Goggia, da quindici anni impegnata in un’officina ortopedica di Torino, analizza obiettivi e prospettive future del settore, spiegando l’importanza della produzione su misura contro il general purpose Valeria De Meo

inferiori; da presidi pediatrici (divaricatori di posizione, docce per piede torto e ginocchio varo/valgo) a plantari, anche con tecnologia Walkable®, tutto rigorosamente su misura. In termini di produzione, questa realtà è di fatto un fiore all’occhiello dell’ortopedia taylormade (fatta a misura di applicazione, ndr) torinese, contro quella general purpose, ossia ad applicazione generica. «Possiamo esserne orgogliosi - prosegue la responsabile qualità - non abbiamo mai abbandonato la produzione diretta anche in anni in cui il mercato spingeva in settori diversi. Partiamo ancora dalle materie prime cercando per quanto possibile di evitare semilavorati. Abbiamo comunque integrato le nuove tecnologie con il know-how dei tecnici: il connubio che ne è risultato – afferma - non ha certo svilito la manualità del nostro mestiere, né ha portato a ridurre i posti di lavoro». L’azienda è caratterizzata da un sistema qualità che ha permesso di ottenere la certificazione Uni En Iso 9001.«Da ben 12 anni, cioè da quando la normativa richiedeva sol-

Barbara Devietti Goggia, a sinistra, e alcune realizzazioni della S.T.O. di Torino www.ortopedia-sto.com


Barbara Devietti Goggia

tanto l’implementazione di un sistema qualità - ricorda la dottoressa - lo S.T.O. ha ottenuto la certificazione e negli anni l’ha sempre mantenuta, aggiornandosi con le nuove normative e le richieste del mercato». A parte il lato tecnico e produttivo, non indifferente è il carico psicologico che questa “arte” comporta. «Dobbiamo anche essere in grado – puntualizza Barbara Devietti Goggia - di supportare le famiglie nel cammino riabilitativo e ovviamente il paziente che non vuole accettare la necessità di quanto gli è stato prescritto. La nostra filosofia – chiarisce – è che ognuno va seguito passo passo nella realizzazione del presidio. La fiducia che la gente continua ad accordarci fa ben sperare di aver intrapreso il cammino giusto. Vedere intere generazioni avvicendarsi è una soddisfazione impareggiabile, capire di essere entrati a far parte in qualche modo della loro realtà familiare». Purtroppo nonostante l’esperienza, la dedizione e l’affidabilità, il ritorno economico dello S.T.O. non premia in maniera adeguata gli sforzi. «Le normative nazionali, obsolete sia nelle tipologie che nelle remunerazioni – lamenta la dottoressa Barbara Devietti Goggia - costringono l’azienda a salti mortali per poter continuare a lavorare con un livello consono agli obiettivi prefissati. Noi privile-

giamo solo fornitori italiani - rivela - convinti che le “cineserie” non possano competere in un campo così stringente dal punto di vista qualitativo». Non manca però l’ottimismo: anche durante questi anni di crisi economica, lo Studio Tecnico Ortopedico è stato in grado di mantenere tutti i posti di lavoro e di pensare a nuovi orizzonti produttivi. «Non posso far altro – conclude la responsabile qualità dello S.T.O. - che ritenermi fortunata ad appartenere ad una realtà sì piccola, ma di enorme spessore e di certo non caratterizzata dai cosiddetti “tuttologi”. Negli anni siamo arrivati a specializzarci decisamente in più patologie, soprattutto in quelle pediatriche e geriatriche». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 307


OFTALMOLOGIA

Percorsi diagnostici oftalmologia è la branca medica che ha beneficiato, forse più di altre discipline, delle numerose scoperte e applicazioni diagnostiche e terapeutiche cui la scienza è pervenuta negli ultimi vent’anni. Ma, per la dottoressa Patrizia Catellino, medico generico e specialista oftalmologo, «a dispetto della fervida produzione scientifica e tecnologica, in campo medico si assiste ancora all’eterna diatriba tra la prevenzione e la mancanza di fondi economici». L’impegno della comunità medica rimane dunque imprescindibile. La dottoressa Catellino descrive i percorsi diagnostici all’avanguardia per il trattamento delle principali patologie della vista e le terminologie oftalmologiche che partecipano alla diffusione di una sana cultura della prevenzione. Quanto ha inciso il progresso tecnologico nella prevenzione oculistica? «In aiuto della pratica oftalmologica sono arrivate tecnologie, anche di tipo informatico, che permettono di meglio interpretare, dimostrare e quantificare ciò che in passato poteva solo essere descritto. Ed ecco allora che alla visita oculistica, primo e fondamentale passo di una buona prevenzione, può far seguito la richiesta di altri accertamenti. Per tali ragioni è bene che sia i medici generici prescrittori a livello del Servizio Sanitario, sia i loro pazienti, conoscano alcune terminologie ormai pressoché di uso comune come l’esame del fondo dell’occhio in midriasi, ciò che con terminologia tecnica indica l’esame della retina in modo più approfondito, con l’aiuto di farmaci che permettono la midriasi, cioè la dilatazione

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Sottoporre i nostri occhi agli esami oculistici aiuta a prevenire anche le patologie più gravi. La dottoressa Patrizia Catellino descrive le metodiche diagnostiche più efficaci Adriana Zuccaro

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Nell’esame della retina, i farmaci permettono la midriasi, cioè la dilatazione della pupilla

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della pupilla degli occhi, per meglio vedere la retina in tutti i suoi particolari». Con quali esami si può accertare la salute della retina? «Con la retinografia, innanzitutto, (nonché) ovvero la semplice fotografia della retina. La fluorangiografia è poi una retinografia effettuata durante l’infusione endovenosa di un mezzo di contrasto che permette di studiare il comportamento in vivo del tessuto retinico e di tutti i suoi componenti. Poiché vengono eseguiti numerosi fotogrammi in un

La dottoressa Patrizia Catellino è specialista in oftalmologia consulente presso l’Ospedale Valdese di Torino e anche presso i centri Promea di Torino e San Luca di Rivoli doc.pat@tiscali.it


Patrizia Catellino

PATOLOGIA GLAUCOMATOSA er glaucoma si intende una sindrome in cui sono presenti, non necessariamente assieme, alcuni sintomi tra cui l’alta pressione oculare, danni del nervo ottico o meglio, della sua emergenza sulla retina detta papilla ottica e alterazioni del campo visivo. Tra gli esami a disposizione per ottenere questi dati, la tonometria permette all’oculista di misurare la pressione degli occhi; la retinografia e l’O.C.T. fotografano l’immagine della papilla ottica: parte importante della retina, situata nelle immediate vicinanze della macula, corrisponde alla struttura da cui prende origine i(n)l nervo ottico che ha il compito di portare informazioni al cervello, di condurvi le immagini del mondo esterno. Il glaucoma è una patologia ancora molto controversa poiché gli studi su di essa sono assidui e continuamente portano a scoprire nuovi meccanismi patogenetici e nuove terapie mediche e chirurgiche.

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certo lasso di tempo dopo l’infusione del mezzo di contrasto, è un po’ come vedere la nostra retina al cinema, un fotogramma dopo l’altro. L’O.C.T., tomografia ottica a radiazione coerente, è ancora un metodo che ci permette di studiare la retina e in particolare la parte centrale e più importante di essa, la macula, compromessa talvolta nel diabete mellito». Cosa si ottiene con l’esame O.C.T.? «Con questa metodica non invasiva rileviamo una sezione fotografica senza uso di mezzi di contrasto, computerizzata e virtuale della retina, che come tutti i tessuti del corpo umano è composta da strati. Un tempo ciò era possibile solo in un laboratorio dopo asportazione dell’occhio per gravissime patologie, sottoponendo l’organo espiantato a una dissezione anatomica e poi istologica con l’utilizzo di idonee colorazioni, preparazioni di vetrini su cui il tessuto espiantato veniva disposto e successive osservazioni al microscopio. Ora mediante questa dissezione virtuale della retina, possiamo vedere in vivo, con occhio perfettamente funzionante, se gli strati di cui è composta la retina sono sani o se presentano anomalie». Perché è importante il controllo della papilla ottica? «Fermare l’immagine di tale struttura anatomica in tempi diversi del decorso della patologia glaucomatosa permette di vedere, e non solo di descrivere, l’eventuale peggioramento del danno e di quantificarlo per meglio calibrare le terapie. Il campo visivo manuale (C.V.M.) e soprattutto il campo visivo computerizzato (C.V.C.) hanno anch’essi il compito di permettere una quantificazione dell’eventuale danno causato dal glaucoma. Rappresentano una metodica diagnostica che ricorda i video games; il paziente risponde a uno stimolo luminoso schiacciando un tasto. Il risultato è un grafico che assomiglia a una mappa geografica la cui interpretazione per-

mette all’oculista di capire se già esiste danno e se nel tempo questo progredisce o si riduce grazie alle terapie, permettendo una miglior gestione delle stesse in base alle esigenze del singolo paziente. La pachimetria, infine, permette di studiare lo spessore della parte anteriore e trasparente dei nostri occhi. La sua conoscenza permette di prevedere approssimativamente quanto una pressione oculare può danneggiare l’occhio». PIEMONTE 2011 • DOSSIER • 309


IMPLANTOLOGIA

Carico immediato la nuova frontiera Le ultime tecniche di implantologia promettono dentature naturali con poche sedute. Il dottor Sandro Procaccini, dentista odontoiatra di Pinerolo, spiega i vantaggi delle innovazioni, tra cui l’estensione a cardiopatici e diabetici Andrea Costanza

na promessa per molti pazienti più o meno anziani: «Oggi è possibile liberarsi definitivamente della protesi mobile e ritornare a una condizione di dentatura simil-naturale, fissa, facile da gestire, sicura e stabile nel tempo». Lo afferma Sandro Procaccini, dentista odontoiatra di Pinerolo, in provincia di Torino. Il medico marchigiano, laureatosi nel 1999 in Odontoiatria e Protesi Dentaria all’Università di Torino, ottenendo l’iscrizione all’Albo, è titolare di tre studi odontoiatrici, uno a Rivoli, uno ad Avigliana e uno a Pinerolo. Quest’ultimo, avviato da qualche anno, è specializzato nella protesi implantare a carico immediato. «Il nostro centro è specializzato nell’eseguire un’implantologia che facendo uso di tutte le varie metodologie esistenti nel campo, possa permettere un uso immediato della propria dentatura» continua il dottor Procaccini. Lo studio, tra le varie dotazioni, è atIl dottor Sandro Procaccini è titolare di tre studi odontoiatrici, trezzato per la radioloa Rivoli, ad Avigliana e a Pinerolo (TO) dott.sandroprocaccini@hotmail.it gia panoramica digitale

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e tac volumetrica in sede, l’ortodonzia invisibile, lo sbiancamento dentale. La prima visita e il preventivo sono gratuiti. Negli ultimi tempi l’implantologia a carico immediato ha fatto grandi passi avanti. L’odierna implantologia, frutto del progresso tecnologico e delle recenti rielaborazioni delle ormai tradizionali tecniche, permette un’applicazione immediata degli impianti e della dentatura, spesso con un’incisione gengivale minima e ridotti punti di sutura. I pazienti possono così tornare a casa liberi dal dolore e soprattutto possono caricare le arcate dentarie: questo significa poter mangiare normalmente da subito. Al contrario l’implantologia tradizionale prevede una serie di tagli, molte sedute e un trattamento che può durare un anno. Inoltre la metodologia implantologica a carico immediato, proprio per la sua ridotta invasività, può essere applicata anche a cardiopatici e diabetici. L’implantologia a carico immediato è inoltre una soluzione che può neutralizzare le difficoltà di chi è costretto a utilizzare la vecchia protesi mobile, poiché offre la possibilità di passare a una dentatura fissa. Per quanto riguarda i costi, la semplificazione del processo e la riduzione dei tempi lavorativi rendono la riabilitazione decisamente più accessibile. I limiti di tale tecnologia dipendono essenzialmente dalle condizioni ossee del paziente,


Sandro Procaccini

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Il lavoro di un buon implantologo è quello di rilevare in anticipo ogni possibile patologia ed eliminarla con un’attenta terapia, rendendo così qualsiasi paziente pronto per una perfetta riabilitazione implantare

Laser e tac Vari sono i servizi offerti dallo studio del dottor Procaccini, a Pinerolo, in provincia di Torino. Si possono citare: l’implantologia a carico immediato; panoramica digitale e tac volumetrica, sbiancamento dentale, faccette estetiche, ortodonzia invisibile, trattamenti laser. Per facilitare il rapporto con i pazienti, la prima visita è gratuita, e così pure il preventivo.

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poiché una sufficiente dimensione e un’idonea qualità dell’osso nel quale gli impianti devono essere innestati deve essere sempre presente per poter garantire una positiva riuscita del lavoro. Ma quale percorso si segue per arrivare alla decisione di un impianto? Il percorso diagnostico che precede la terapia implantare, si articola, come di consueto, in anamnesi (raccolta delle informazioni circa la salute generale e di tutti i precedenti trattamenti odontoiatrici) ed esame obiettivo e strumentale. Avviene poi l’esame obiettivo intraorale. L'ispezione permette di rilevare i segni visivi di infiammazione gengivale e la presenza di tumefazioni che vengono poi confermate con la palpazione. Il sondaggio parodontale degli elementi dentali residui è una manovra di sostanziale importanza al fine di diagnosticare infezioni parodontali attuali o potenziali (tasche profonde anche non sanguinanti hanno un'elevata probabilità di recidiva). Il lavoro di un buon implantologo è quello di rilevare in anticipo tali patologie per poterle immediatamente eliminare con un’attenta terapia, rendendo così qualsiasi paziente pronto per una perfetta riabilitazione implantare. Non è ammissibile l’inserimento di impianti senza disporre di almeno un esame radiografico e di un’attenta valutazione di tutte le varie situazioni anatomiche del paziente.

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NEI LUOGHI DELL’ INFANZIA Un tuffo nel passato, negli anni dell’infanzia dello psichiatra Paolo Crepet. Scavando tra ricordi e suggestioni emerge una Torino sempre più multietnica e “calvinista”, «per cui si va avanti per meriti e non per furbizia» Nike Giurlani

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GENIUS LOCI

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GENIUS LOCI

orino rappresenta per lui la sua infanzia, le giornate spensierate che erano, però, limitate dal clima di austerità che si respirava tra le vie della città. Erano, infatti, gli anni della rinascita della Fiat, quando Paolo Crepet giocava con le macchinine a pedali nel parco del Valentino o andava a curiosare nelle librerie con suo padre. Ai ricordi di bambino si legano le immagini più recenti di una Torino fortemente multiculturale, come si può toccare con mano visitando il mercato di Porta Palazzo. Ma la sensazione più forte che lo psichiatra associa a Torino è la magia data dalla «vicinanza alle Alpi, quando in quelle straordinarie giornate di tramontana riesci a scorgere le vette in maniera nitida e si respira la classica aria di montagna». Come una determinata città influisce nella formazione del carattere di un essere umano? «Nascere in un luogo piuttosto che in un altro è un aspetto centrale nella vita degli esseri umani. Calvino quando è arrivato a Torino ripeteva spesso che sentiva la mancanza del clima mitigato della costa ligure, la brezza marina, la capacità repentina del cambiamento.

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Giunto a Torino, invece, si era trovato di fronte a una città squadrata, napoleonica. Il luogo dove si nasce influisce sul modo di porsi delle regole, di affrontare i ritmi della vita. Vivere nella sobria Torino o nella caotica Napoli inevitabilmente porta ad assumere un approccio diverso a livello caratteriale e di abitudine». Che cosa le manca di più di Torino? «Per me Torino è legata più che altro ai ricordi dell’infanzia. Erano gli anni della rinascita della Fiat e per tutte le strade, le piazze e nelle case si respirava un clima di forte austerità e il colore preponderante era il grigio. Questo luogo mi ha lasciato un’idea calvinista della vita per cui si va avanti per meriti e non per furbizia». Quali erano i luoghi e le abitudini che caratterizzavano le sue giornate in questa città? «Ho sempre amato recarmi nei caffè torinesi, da bambino adoravo Platti, un’antica caffetteria conosciuta in particolare per il cioccolato, come in fondo tutta Torino, una delle principali produttrici di questa leccornia. È nata proprio nei miei anni torinesi questa passione che mi accompagna ancora oggi». Quali luoghi meno conosciuti, ma al-


Paolo Crepet

trettanto affascinanti, consiglierebbe di visitare? «Direi che Torino meriterebbe di essere più frequentata dai turisti perché è una città molto affascinante. In particolare resto sempre piacevolmente colpito dal mercato che si svolge a Porta Palazzo, crocevia di diverse culture ed etnie. Torino, infatti, negli ultimi anni si è trasformata in una città fortemente multietnica». Ci sono nel capoluogo piemontese dei suoi luoghi dell’anima? «Sicuramente le librerie che frequentavo insieme a mio padre e poi il famoso parco del Valentino dove correvo con le macchinine a pedali. In quegli anni di forte austerità, quando mia madre mi portava a giocare all’aria aperta era sempre una grande festa. E poi la magia data dalla vicinanza delle Alpi, quando in quelle straordinarie giornate di tramontana riesci a scorgere le vette in maniera nitida e si respira la classica aria di montagna. Una sensazione unica che solo quando ho vissuto per un periodo in India sono riuscito a riprovare. Sono, inoltre, molto legato a un piccolo paesino, Salice d’Ulzio, dove sono cresciuto. Qui veniva spesso l’allora presidente della Repubblica Einaudi e ho ancora nitida nella mente

l’immagine di quest’uomo vestito di nero con il cappello e il bastone che camminava per le vie del paese». La vista più bella su Torino? «Il panorama che si può ammirare da Superga, reso ancora più suggestivo se incorniciato da una nevicata. Questa era la classica passeggiata domenicale dell’infanzia torinese». Sempre più spesso all’interno dei percorsi culturali si inseriscono anche percorsi enogastronomici. Quali sono i piatti e i vini da assaggiare in un tour tra Torino e dintorni? «Torino ha una grandissima tradizione culinaria, un piatto tipico è il bollito, ma sono molto buoni anche il pane e i grissini. Da provare anche i piatti tipici a base di acciuga. Una particolarità che caratterizza la tradizione culinaria nei dintorni di Torino sono le minestre, non solo a base di verdure ma anche di fiori, solitamente con rose colorate. Quanto ai vini abbiamo l’imbarazzo della scelta, ma se dovessi scegliere consiglierei di gustare un piatto di tagliatelle con il tartufo annaffiato da un buon Nebbiolo. Per gustare i veri sapori consiglio di assaggiare le ricette del ristorante del Cambio, un vero e proprio pezzo di storia dell’Italia».

In alto, da sinistra, la Mole Antonelliana; una veduta del Parco del Valentino; la vetrina di un'antica libreria torinese

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