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OSSIER LAZIO EDITORIALE ..............................................13 Raffaele Costa

ECONOMIA E FINANZA

L’INTERVENTO.........................................15

ECONOMIA E SOCIETÀ.......................64 Giuseppe Roma

Luca d’Alessandro Angelino Alfano

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................18 Renata Polverini Giorgia Meloni, Ottavio Cinquanta ROMA OLIMPICA .................................24 Gianni Alemanno Nicola Zingaretti SEMPLIFICAZIONE .............................30 Roberto Calderoli L’INCONTRO..........................................34 Sandro Bondi ESTERI.....................................................38 Franco Frattini ANTITRUST............................................44 Antonio Catricalà DIRITTO D’AUTORE............................48 Giorgio Assumma LA RIFORMA DEGLI ATENEI ...........52 Il decreto Gelmini Luigi Frati Carlo Carraro Ezio Pellizzetti SOCIETÀ PARTECIPATE...................58 Maurizio Leo Roma Entrate

IMPRESE E SVILUPPO.....................68 Aurelio Regina CONFINDUSTRIA ................................74 Marcello Pagliacelli Gianfranco Castelli Domitilla Verga Domenico Merlani RICERCA E HI-TECH .........................84 Tecnopolo Tiburtino, Esa Bic Lazio Sensorize SISTEMI INFORMATICI....................92 Politica e automazione TELECOMUNICAZIONI .....................96 Ricerca e sviluppo EXPORT ................................................100 Giancarlo Galan IL PECORINO ROMANO .................104 Tradizione e tecnologia

IL BUSINESS DELLO SPORT ......120 Nicola Porro Stefano Manca, Andrea Pischiutta Alessandro Mei, Claudio Gorelli

MENSE AZIENDALI ..........................108 Controlli sugli alimenti

FINANZA ...............................................132 Alberto Quadrio Curzio Marco Preti

GRANDE DISTRIBUZIONE .............110 I dati regionali Claudio Della Porta Giuseppe Sparvoli

PROJECT FINANCING ....................136 Publio Fiori

MEDITERRANEO ................................116 Giancarlo Elia Valori

RATING BANCARI.............................140 SVILUPPO ECONOMICO................142 Etica e legalità GESTIONE D’IMPRESA ..................144 PRODUZIONI ARTISTICHE ...........148 Articoli religiosi

GIUSTIZIA DIFESA...................................................152 Ignazio La Russa 10 • DOSSIER • LAZIO 2010


Sommario PREPARAZIONE FORENSE.......200 Necessità di riforma GIUSTIZIA PENALE....................204 Carceri IL PROCESSO PENALE..............207 PROCEDIMENTI PENALI ...........208 STALKING ...................................210 Reati on line DIRITTO DI FAMIGLIA ................214 NOTARIATO.................................216 Maurizio D’Errico Evoluzioni

CONTRAFFAZIONE ..........................156 Filippo Ritondale, Angelo Giuliani Santo Versace Luisa Valvo DIRITTO DEL LAVORO ...................166 Franco Toffoletto Salvatore Trifirò Il mobbing

TERRITORIO TRASPORTO AEREO .......................222 Società Aeroporti Roma Vito Riggio CANTIERI PORTUALI .................228 Potenzialità

CONTRATTUALISTICA....................176 Il tempo determinato

IL SETTORE EDILE..........................230 Costruzioni e demolizioni Materiali e tecnologie

RIFORMA FORENSE ........................178 Renzo Menoni

SISTEMI ANTINCENDIO................236 Novec 1230 TM e il Foam Dry

VERSO L’ESTERO........................182 Stefano Sutti

OGGETTI ARCHITETTONICI...............238 Preesistenze

COME DELOCALIZZARE.............184 Maria Luisa Del Bufalo DIRITTO SOCIETARIO.................188 Luigi Arturo Bianchi Pieremilio Sammarco

AMBIENTE ED ENERGIA INDUSTRIA ENERGETICA............242 Stefania Prestigiacomo Pasquale De Vita Guido Bortoni Alessandro Ortis PARCHI E AREE PROTETTE..........256 Marco Mattei Ilaria Borletti Buitoni Wwf Italia

SANITÀ POLITICHE SANITARIE...................262 Ferruccio Fazio SPESA FARMACEUTICA............266 Luigi D’Ambrosio Lettieri Annarosa Racca, Michele Mirabella BIOTECNOLOGIE..............................272 Sergio Dompé ONCOLOGIA .......................................274 Umberto Veronesi

DIRITTO AMMINISTRATIVO.......194

ASSISTENZA DOMICILIARE .........278 Giuseppe Scaramuzza Giuseppe Milanese

APPALTI PUBBLICI ....................196 Criticità

MEDICINA RIGENERATIVA........284 Biotecnologie

RISARCIMENTI ILLEGITTIMI......198 Tutele

NEOPLASIE DELLA PROSTATA..286 Nuovi trattamenti LAZIO 2010 • DOSSIER • 11



EDITORIALE

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i sono partiti che hanno sul simbolo e sul nome parole come democrazia e libertà, ma che usano questi termini come semplici facciate, senza mai praticare il sentiero che porta effettivamente verso la libertà dei cittadini, attraverso una forma di Stato davvero democratica. Silvio Berlusconi, invece, con Forza Italia prima e con il Popolo della Libertà poi, ha perseguito sempre e solo questo obiettivo. Sarebbe troppo facile citare una frase che il leader del Pdl e presidente del Consiglio cita spesso: “Durante il Consiglio dei ministri, ogni volta che viene esaminato un disegno di legge, la prima cosa che facciamo e verificare se esso diminuisce, anche se di poco, la libertà dei cittadini, fosse anche uno solo. Se questo accade, viene immediatamente ritirato”. Parole non casuali, perché i principi che fondano il manifesto politico del Pdl sono proprio ispirati alla libertà. E non solo libertà d’impresa, d’iniziativa, di studio. Una gran parte di questo valore trova spinta e vigore in materie che molti dei partiti tradizionali hanno sottovalutato in maniera evidente. Poniamo il caso dell’abbassamento delle tasse. A oggi abbiamo una pressione fiscale intorno al 45%: in pratica ogni cittadino lavora metà mese per lo Stato e l’altra metà per se stesso. Non è questa una pesante compressione della libertà, dal momento che impedisce investimenti, risparmio, spese e tutto ciò che serve da volano per l’economia? E lo è a mag-

La libertà di un Paese democratico di Luca d’Alessandro

gior ragione se lo Stato non fornisce quei servizi primari ed essenziali per cui ognuno di noi ogni anno versa il proprio denaro al fisco. Molto più delicato è l’argomento delle intercettazioni telefoniche. Siamo il Paese che spende più denaro per condurre indagini attraverso il controllo delle telefonate dei cittadini. Ma il problema non è perseguire giustizia e combattere il crimine, cosa che tutti quanti auspichiamo e settore nel quale l’attuale governo sta ottenendo risultati straordinari, la vera piaga sono gli abusi. Il presidente del Consiglio, correttamente, denuncia lo scandalo della pubblicazione di molte conversazioni private che non solo escludono responsabilità penali, ma riguardano soggetti che a volte neanche sono indagati. Sui quotidiani viene sbattuta la propria vita, quella dei familiari, degli amici. Non c’è alcun tipo di filtro, tutto fa brodo. La cosa ancor più grave è che vengono disattese perfino le norme che già oggi esistono. Approfittando delle cosiddette telefonate indirette (cioè fatte dall’indagato) vengono pubblicizzate anche conversazioni riguardanti i parlamentari, che secondo la legge possono essere usate solo ed esclusivamente dopo che il Parlamento ha dato l’autorizzazione all’utilizzo. È questa la libertà di un Paese democratico? E non vale la pena di lottare per riconquistare quei principi elementari di democrazia che troppo spesso, e troppo facilmente, sono stati dimenticati e messi in un angolo? Citando ancora una volta il presidente Berlusconi, la libertà è come la salute: la si dà per scontata, ma quando manca la sofferenza è insopportabile e ti accorgi quanto sia importante, fondamentale. LAZIO 2010 • DOSSIER • 15


IN COPERTINA

GIOCHI OLIMPICI 2020, IL SOGNO È DI TUTTI Un’Olimpiade lascia un segno indelebile nella città ospitante. Dando impulso alla sua crescita economica e sociale. Per questo, come afferma la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, Roma deve cogliere l’occasione offerta dalla candidatura per i Giochi Olimpici 2020 Francesca Druidi

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e have a dream. Abbiamo un sogno». Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione dei festeggiamenti per il cinquantenario delle Olimpiadi del 1960 nella Capitale, sposa la candidatura italiana di Roma ai Giochi Olimpici del 2020. Un sogno che sta avendo innanzitutto il merito di coagulare intorno a sé un impegno bipartisan e trasversale, contando proprio sull’unità di intenti delle forze istituzionali ed economiche di Roma e non solo, per farlo avverare. «È una sfida tutta da cogliere», rimarca la presidente del Lazio, Renata Polverini, cui la Regione darà il suo fattivo contributo. «Un evento come le Olimpiadi crea un volano per l’economia, per lo sviluppo, prospettive per i territori, per i giovani – ricordava la Polverini lo scorso aprile – al di là dell’impegno di ogni singolo atleta». L’indotto calcolato per un’eventuale edizione estiva

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dei Giochi nella Capitale risulterebbe, infatti, di 13 miliardi di euro, portando con sé la creazione di 70 mila posti di lavoro e un aumento del 20 per cento dei flussi turistici. Un recente studio effettuato dall’Università di São Paulo indica in 102 miliardi di real, circa 60 miliardi di dollari, il valore complessivo dell'impatto che Rio de Janeiro 2016 avrà sull’economia del Brasile. Un dato che non può essere trascurato. Così come non va dimenticato il significativo volano di miglioramento a livello urbanistico e architettonico veicolato da un’Olimpiade. In attesa di avere il profilo definitivo del Comitato organizzatore di

Roma2020, Renata Polverini l’11 settembre scorso ha sottolineato come tutte le istituzioni e le forze sociali stiano dimostrando una grande attenzione per quello che è «un evento che sicuramente può segnare in termini positivi non soltanto la Capitale, ma tutto il Paese», caldeggiando l’ipotesi, del resto già ampiamente avanzata, che a guidare il Comitato sia una figura dell’autorevolezza di Gianni Letta, il quale solo nei prossimi giorni scioglierà le riserve. Quali saranno le maggiori ripercussioni della manifestazione olimpica sul tessuto economico e sociale di Roma e provincia, ma anche sull’intera regione? «Le Olimpiadi 2020 avrebbero ricadute importanti nella nostra regione in termini di rilancio delle infrastrutture, del turismo e, più in generale, della nostra economia. I grandi eventi, infatti, rappresentano una straordinaria opportunità di sviluppo per il territorio.



IN COPERTINA

In apertura, Renata Polverini insieme al sindaco di Roma Alemanno e al presidente della Provincia Nicola Zingaretti il 19 maggio scorso; sotto, lo stadio Olimpico

L’ho potuto constatare di persona anche di recente durante una visita ufficiale a Valencia, dove ho siglato un’intesa con il presidente della Comunità Valenciana, avviando un partenariato strategico su diversi assi fondamentali, tra i quali anche l’organizzazione di grandi eventi. Il Gran Premio nella città spagnola, ad esempio, ha consentito la riqualificazione di interi quartieri periferici, favorendo nuova occupazione, rilancio delle attività commerciali e del turismo, con una significativa incidenza sul Pil regionale. Come ha rimarcato il presidente della Repubblica, celebrando il cinquantennio di Roma 60, le Olimpiadi 2020 nel nostro Paese, nella nostra regione e nella nostra città, identificano il sogno di tutti noi: abbiamo tutte le carte in regola per vincere questa sfida. E la Regione si farà trovare pronta per affrontare e gestire il notevole impegno che richiederà ospitare le Olimpiadi». Le Olimpiadi di Roma del 1960 costituirono un vero e proprio spartiacque tra il Dopoguerra e il boom economico, rilanciando di fatto l’Italia. Guardando al 2020, il piano strategico di sviluppo legato all’ospitalità dei Giochi Olimpici può identificare un acceleratore di progetti e di idee per lo sviluppo della Capitale, indipendentemente dal ri-

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LO SPIRITO OLIMPICO È UN ESEMPIO PER I GIOVANI Un filo speciale unisce i prossimi festeggiamenti per il 150° dell’Unità d’Italia e la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2020. Lo evidenzia il ministro della Gioventù Giorgia Meloni ell’anno in cui si celebra il cinquantesimo anniversario delle Olimpiadi di Roma del 1960, la Capitale d’Italia è pronta a raccogliere quell’eredità e a rilanciare l’obiettivo di riportare sul suolo romano le edizioni estive dei Giochi. «Dobbiamo ripartire proprio dall’esempio e dall’insegnamento lasciatoci dai protagonisti di quell’Olimpiade – evidenzia il ministro della Gioventù Giorgia Meloni – per guardare al futuro con fiducia. Un esempio che abbiamo il dovere di raccontare alle giovani generazioni, sempre più alla ricerca di modelli positivi che spesso la società non concede, ma che lo sport sa offrire». Come dimostrano Federica Pellegrini, Alessia Filippi, Alex Schwazer e gli altri giovani atleti che gli italiani hanno imparato a conoscere e apprezzare in questi anni, in occasione di manifestazioni internazionali e, soprattutto, olimpiche.

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Che importanza può assumere per le giovani generazioni che non hanno vissuto i Giochi di Roma del 1960 ospitare un evento come le Olimpiadi? «Allora c’era il desiderio di riscatto di un’intera nazione che, a pochi anni dalla fine della seconda guerra mondiale, si affacciava dopo tanti sacrifici a una nuova stagione di benessere e prosperità grazie all’imminente boom economico. Oggi, abbiamo bisogno dello stessa voglia di riscatto, della stessa voglia di tornare a vincere e a essere grandi. A questa generazione di giovani, la prima nella storia della Repubblica a ereditare un mondo più complesso e duro di quello ereditato dai propri padri, e a tutta l’Italia, vorremmo davvero poter regalare qualcosa di altrettanto importante e altrettanto significativo: una nuova Olimpiade, quella del 2020».


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sultato finale che comunque si spera sarà positivo? «È indubbio l’effetto trainante e acceleratore che le Olimpiadi possono determinare. Oltre ai benefici immediati - penso alle ricadute positive su investimenti e nuova occupazione - vanno considerati anche quelli a lungo termine, sia riguardo alla possibilità di continuare a usufruire degli impianti che saranno realizzati, sia degli inter-

venti infrastrutturali che resteranno patrimonio del territorio e, ultimo ma non meno importante, il notevole richiamo turistico. Le Olimpiadi possono rappresentare una grande vetrina per tutto il Lazio, valorizzando e promuovendo il suo patrimonio naturalistico, storico ed enogastronomico». Quali sono le potenzialità su cui Roma può battere le altre città candidate e quali, invece, i nodi da scio-

gliere da qui al 2013 quando verrà scelta la sede per il 2020? «La decisione del Coni, che ha preferito Roma a Venezia per competere con le altre città internazionali, ha già messo in evidenza i punti di forza della nostra città. È chiaro che, da parte di tutte le istituzioni e i soggetti coinvolti, ci sarà l’impegno per intervenire ai fini di migliorare soprattutto i collegamenti e le infrastrutture, ga-

Il ministro della Gioventù Giorgia Meloni

Quanto i Giochi Olimpici possono contribuire a diffondere tra i giovani la cultura dello sport e, in generale, il valore, la bellezza, di attività sportive che in Italia non hanno la stessa visibilità del calcio? «Il potere comunicativo e la suggestione delle Olimpiadi sono indescrivibili: è in questa occasione, infatti, che anche le discipline sportive cui le ristrettezze di bilancio o la mancanza di un tam tam mediatico come quello del calcio, non consentono di poter contare tutto l’anno su un pubblico dai grandi numeri, possono mostrarsi all’attenzione

del mondo. E, spesso, è proprio tra gli atleti che con grande sacrificio e umiltà, lontano dagli schermi e dai riflettori, si cimentano in quegli sport troppo facilmente etichettati come “minori” che i giovani possono trovare i più fulgidi esempi di sportività e i più significativi maestri di vita. La storia di questi atleti è il paradigma di quei tanti giovani italiani che, giorno dopo giorno, studiano, lavorano e si impegnano per conquistarsi con le sole proprie forze il traguardo di un futuro migliore». L’obiettivo di Roma sembra essere rivolto all’organizzazione di un’Olimpiade sosteni-

bile, non calata dall’alto ma radicata nel territorio. Quale può essere l’eredità, oltre che materiale, spirituale di un’Olimpiade, anche al di fuori della Capitale? «Poter essere la nazione ospitante dei Giochi Olimpici è un onore e un privilegio che non ha quasi eguali. L’attenzione del mondo si concentra su una città che diventa per qualche settimana il fulcro e il cuore pulsante dei valori condivisi più belli e più alti attorno ai quali l’umanità si sia mai raccolta. È quasi superfluo, quindi, sottolineare il perché non solo per Roma, ma per l’Italia intera sia

importante compiere ogni sforzo possibile per poter ospitare ancora una volta le Olimpiadi. Credo che sia significativo che l’Italia sia chiamata a stringersi attorno alla candidatura di Roma ai Giochi Olimpici del 2020 proprio quando si appresta a festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Trovo, infatti, ci sia una sorta di filo rosso a congiungere questi due eventi storicamente così rilevanti: gli italiani di ieri furono chiamati a dare vita a una grande nazione, quelli di oggi a far celebrare sul proprio suolo, davanti agli occhi del mondo, i più alti valori dello sport, e della fratellanza universale».

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IN COPERTINA

IL PERCORSO OLIMPICO: COME SCEGLIE IL CIO Non è la bellezza di una città a renderla automaticamente una candidata ideale. Lo spiega Ottavio Cinquanta, membro italiano del Cio a candidatura di Roma ai Giochi Olimpici 2020 è a tutti gli effetti una gara». A sottolinearlo è Ottavio Cinquanta (nella foto), membro del Comitato Olimpico Internazionale (Cio) e presidente della International Skating Union (ISU), il quale ricorda le diverse tappe dell’iter che conduce alla scelta, da parte del Cio, della città ospitante i Giochi. Dopo la prima fase di selezione a carattere nazionale, le città presentano la propria richiesta ufficiale di candidatura presso il Cio assurgendo allo status di “applicant cities”: «l’iscrizione è condizione fondamentale per passare allo step successivo e già presuppone l’investimento di un considerevole budget». A questo punto, il Cio procede a una scrematura dei concorrenti e restringe la rosa attraverso il lavoro di una commissione, l’Evaluation Commission. Quelle ritenute in possesso dei potenziali requisiti per ospitare i Giochi diventano “candidate cities”, città candidate a tutti gli effetti. Nel giorno dell’elezione, infine, le città ripropongono i loro progetti all’assemblea generale dei membri del Cio, che poi voterà. «I membri del Cio, prima di assegnare la loro preferenza leggono il verbale dell’Evaluation Commission, anche perché a noi non è

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concesso visitare i luoghi candidati per evitare favoritismi». L’appuntamento per Roma potrebbe essere fissato per luglio 2013 a Buenos Aires: «se l’Italia dovesse essere tra le candidate finali – precisa Ottavio Cinquanta – i membri italiani del Cio non voteranno, così come i membri dei paesi a cui appartengono le altre candidate finali. I membri italiani potrebbero tornare a votare solo se l’Italia, e speriamo di no, fosse esclusa al primo turno di votazione». La città vincitrice avrà poi sette anni di tempo per concretizzare i traguardi prefissati. L’aspetto determinante da evidenziare, secondo Ottavio Cinquanta, è che non conta la bellezza di un luogo in sé. «Occorrono precisi requisiti organizzativi, logistici, infrastrutturali e ricettivi per ospitare i Giochi Olimpici: 10.500 atleti e almeno 20mila addetti ai media. Perché un conto è avere l’ambizione di accogliere l’Olimpiade, un altro è averne il titolo, sul fronte della reputazione, della dimensione, dell’esperienza passata, dell’impatto e della visibilità a livello mondiale. E Roma ha questo titolo. In una gara non si sa mai chi vince, ma bisogna almeno possedere le credenziali per parteciparvi».

rantire strutture di ricezione adeguate, la possibilità di utilizzare al meglio anche il resto del territorio per gli sport che potrebbero richiedere luoghi diversi da Roma. Per il Lazio è una sfida tutta da cogliere». Come la Regione Lazio sosterrà il grande sogno di Roma 2020? «La Regione contribuirà a realizzare questo sogno. Anche noi siamo in campo. Roma ha già il 75 per cento degli impianti realizzato per le Olimpiadi e questa è una grande ricchezza. Come Regione, attraverso l’assessorato allo Sport, procedendo a un censimento di tutti gli impianti sportivi, anche per verificare quali possono essere utili per le Olimpiadi. Oltre all’impegno sulle infrastrutture, poi, servirà anche lavorare sull’accoglienza, sia a Roma che nelle altre province. E per questo l’assessore al Turismo lavorerà a un piano appositivo, puntando molto sul cosiddetto albergo diffuso. Le Olimpiadi possono individuare una straordinaria occasione per scoprire il Lazio, regione ricca di storia, cultura, natura e in cui tornare anche dopo l’ebbrezza del sogno olimpico».



ROMA OLIMPICA

GIOCHI SOSTENIBILI GUARDANDO AL FUTURO Come indica il sindaco Gianni Alemanno l’organizzazione dei XXXII Giochi Olimpici e dei XVI Giochi Paraolimpici non solo individua una leva di crescita per Roma, ma diventa l’occasione per pensare alla metropoli del domani Francesca Druidi

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erché è importante organizzare un’Olimpiade? Ospitare i Giochi Olimpici 2020 contribuirebbe innanzitutto a valorizzare nel mondo l’immagine di Roma e dell’Italia intera. Basti pensare ai 4 miliardi di persone che guarderanno le gare in televisione e ancor più attraverso mezzi multimediali. Per non parlare degli ipotizzabili 3 milioni di spettatori in arrivo nella Capitale, con ricadute economiche sui servizi, sulla ricettività alberghiera e sulle attività commerciali. Ma la candidatura olimpica, come osserva il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, «rappresenta soprattutto un acceleratore per l’attuazione del Piano strategico di sviluppo 2010-2020 della città. Questa candidatura ci consentirà di mettere a sistema una serie di interventi e di attivare progetti, risorse e competenze per compiere la più vasta operazione di riqualificazione urbanistica e ambientale mai progettata in Italia». In quali elementi risiedono la portata innovativa del progetto e i suoi fattori di differenziazione da altre candidature? «Le carte vincenti sono la sostenibilità ambientale e la grande compattezza. La concentrazione di tutti gli eventi olimpici nella medesima area della città è un fatto che non

Gianni Alemanno, sindaco di Roma; a sinistra, dall’alto, slide indicanti aree e discipline di Roma2020 e vista aerea totale del Parco Olimpico

accade dai Giochi di Barcellona del 1992 ed è considerato fondamentale dal Cio. Ecco il perché della riqualificazione di ampie aree del tessuto urbano della città, dell’insediamento su due poli, in zone a nord e a sud ovest e della massima delimitazione delle zone interessate dal progetto. I Giochi saranno compresi in un’ellisse, il cui semiasse maggiore è di circa 12,5 km con tempi di percorrenza medi dal Villaggio Olimpico ai campi di gara di 14 minuti».


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L’elemento decisivo è stata la volontà dei romani: nove romani su dieci vogliono che la nostra città ospiti i Giochi Olimpici del 2020

Come verrà perseguita questa compattezza? «Sarà possibile grazie a un sistema di mobilità e trasporti che comprende il rilancio delle grandi infrastrutture metropolitane, dei parcheggi di scambio e l’applicazione delle nuove tecnologie per la fluidificazione e il controllo del traffico, che resteranno in eredità alla città. Altro fattore importante è l’adesione compatta e convinta di tutte le istituzioni del territorio e di tutte le forze politiche di

maggioranza e di opposizione all’interno del Comune, della Provincia e della Regione. A ciò si è aggiunto il sostegno di tutte le grandi, medie e piccole imprese industriali, commerciali e del settore dei servizi che operano a Roma e di alcune tra le più importanti imprese pubbliche e private del Paese. L’elemento decisivo, tuttavia, è stata la volontà dei romani: nove romani su dieci vogliono che la nostra città ospiti i Giochi Olimpici del 2020».

Si è definito il progetto di Roma 2020 fattibile e finanziabile. Il budget della candidatura è di 42 milioni di euro. Quali saranno le fonti di finanziamento? «Sappiamo che il Cio, nella scelta finale di assegnazione dei Giochi, ha sinora sempre privilegiato candidature di città dove è prevista una costruzione il più possibile ridotta di impianti sportivi. La nostra scelta prevede di utilizzare e valorizzare le infrastrutture già esistenti sul territo- LAZIO 2010 • DOSSIER • 25


ROMA OLIMPICA

UN SALTO NEL FUTURO Un mezzo per trasformare Roma. L’importanza dei Giochi Olimpici spiegata da Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma a candidatura di Roma sta ottenendo una significativa partecipazione a livello istituzionale, sociale ed economico, a cui non fa mancare la sua voce la Provincia capitolina, guidata da Nicola Zingaretti (nella foto). Su che basi è nato questo favorevole clima di collaborazione e quanto risulterà determinante? «È una collaborazione nata sulla base di un interesse comune: quello di Roma e del suo territorio, che con l’assegnazione delle Olimpiadi può cogliere una grande opportunità di sviluppo e, sempre di più, anche quello dell’Italia intera che, insieme alla sua Capitale, può tornare a ospitare i Giochi dopo oltre 50 anni. Penso che questa unità non debba stupire, perché ci sono temi su cui non solo è giusto, ma doveroso, essere uniti. Ora è importante affrontare i passaggi delicati che ci attendono con la massima lealtà di rapporti, spirito di collaborazione e capacità di confronto. Sono convinto che più ne saremo capaci e più saremo forti». I Giochi Olimpici offrono una notevole occasione di modernizzazione per Roma. Come coglierla nella maniera più efficace? «Guardando alle Olimpiadi non solo come a un evento limitato nel tempo, ma come l’occasione per trasformare Roma e il suo territorio in profondità, affrontando i suoi problemi strutturali, primo fra tutti quello della mobilità. Con le Olimpiadi del 1960 Roma ridefinì la sua identità di grande capitale europea. Le Olimpiadi del 2020 possono diventare l’occasione per dare anima, servizi, infrastrutture e bellezza alla nuova metropoli romana. Dobbiamo avere il coraggio di fare un salto nel futuro: costruire la nuova città, valorizzare il terri-

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torio dell’hinterland e il policentrismo. E dobbiamo compierlo facendo della trasparenza il nostro vero e proprio chiodo fisso. Nella definizione dei progetti, nella gestione degli appalti, nella partecipazione dei cittadini alle scelte, nella meritocrazia, Roma deve diventare in questo un modello per l’Italia». Quali aree e progetti urbanistici della città potranno avere giovamento dalla presenza dei Giochi? «Credo che se vogliamo essere coerenti con un’impostazione innovativa, dobbiamo fare delle Olimpiadi un’occasione per collocare funzioni pregiate nell’area metropolitana di Roma, dando respiro al tessuto urbanistico della città e contribuendo al recupero delle sue periferie con un’attenzione particolare al tema della sostenibilità ambientale. Ad esempio, ritengo importante che nell’elaborazione del progetto sia entrata anche un’area cruciale come quella di Tor Vergata, snodo del quadrante Est e importante punto di saldatura tra quartieri periferici recenti e popolosi e alcuni comuni di prima fascia più vicini a Roma».

rio. Complessivamente gli impianti olimpici esistenti sono 33 e sarà necessario costruirne soltanto 5. Saranno 4 gli impianti temporanei». Con costi previsti senz’altro minori. «Sì. La candidatura sarà finanziata attraverso il conferimento di risorse economiche, di beni e servizi che dovranno essere messi a disposizione da soggetti pubblici. A questi si aggiungeranno i conferimenti di soggetti privati, individuati tra imprese locali e nazionali, a partire dal settore bancario, delle telecomunicazioni, dell’energia, dei trasporti e delle costruzioni e dai principali comparti del made in Italy. La componente di finanziamento pubblico non supererà, indicativamente, il 60 per cento delle risorse del Comitato, nell’ambito di


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A fianco, un’immagine dei Mondiali di nuoto Roma 2009 al Foro Italico

Il cuore dei Giochi sarà il Parco Olimpico dove verranno inseriti tutti i principali impianti sportivi e le sedi ufficiali

un budget finalizzato all’assoluto equilibrio fra costi e ricavi». Due saranno i cluster dei Giochi, a nord e a sud della città: il Parco Olimpico e le strutture della Fiera di Roma. Quali saranno gli interventi previsti per la manifestazione? «Si prevede l’uso prevalente di impianti esistenti e dei padiglioni della Fiera di Roma. Il cuore dei Giochi sarà il Parco Olimpico dove verranno inseriti tutti i principali impianti sportivi e le sedi ufficiali, comprendendo Saxa Rubra, Tor di Quinto, Acquacetosa, Flamini, Foro Italico e Aeroporto dell’Urbe. Molti degli impianti e delle strutture sportive saranno le stesse dei Giochi del 1960». Come verrà integrata la Fiera? «Nei padiglioni verranno allestite tri-

bune e strutture di servizio per ospitare le gare di 12 discipline olimpiche, mentre altre gare saranno disputate all’esterno delle attuali strutture fieristiche. Per quanto riguarda Tor Vergata, il complesso sportivo ospiterà un edificio per la pallanuoto; un palasport polivalente; una piscina scoperta e una pista di atletica. Due palazzi dello sport verranno utilizzati per la pallavolo, per la ginnastica artistica, per il trampolino e per le fasi finali di pallacanestro. I nuovi impianti sportivi di altissimo livello, costruiti per i Giochi, permetteranno di organizzare a Roma eventi internazionali che oggi non si possono realizzare. Altri impianti allestiti e ristrutturati saranno resi disponibili per le federazioni sportive nazionali e internazionali per orga-

nizzare eventi di alto livello in tutte le discipline». Parte fondamentale del progetto è il Parco fluviale del Tevere. «È il grande elemento di interconnessione del nuovo Parco Olimpico ed è proprio questa l’eredità da lasciare ai cittadini romani dopo la kermesse olimpica. Partendo dalla diga di Castel Giubileo, fino a Ponte Milvio e a Ponte Duca d’Aosta, il Parco diventa la spina dorsale del sistema olimpico: circa 12 km di corso d’acqua resa navigabile, con approdi che mettono in relazione le aree di Saxa Rubra, Salaria, Grottarossa, Tor di Quinto, Acquacetosa creando un sistema di collegamento alternativo e naturalistico, che si relaziona con sistemi diversi, dalle piste ciclabili ai ponti pedonali, fino a stazioni ferroviarie e parcheggi di scambio. Intendiamo così riqualificare le aree degradate, interrare e recuperare le aree del depuratore; assorbire impianti sportivi privati; ricucire rapporti tra parti della città ai bordi del fiume. Sul Parco insistono aree sportive pubbliche e private date in concessione, che saranno regolamentate per rendere permeabile il rapporto tra fiume e città, consentendo uno sguardo dall’acqua verso le rive senza il degrado di un’urbanizzazione non regolamentata». LAZIO 2010 • DOSSIER • 27


DIRITTO D’AUTORE

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Diritti d’autore compensi, non tasse

l dibattito si riaccende periodicamente: meglio il monopolio o il libero mercato, nell’intermediazione per la gestione dei diritti d’autore? L’at- Il web è un efficace veicolo di diffusione delle opere tività in Italia è affidata in via di ingegno, ma anche uno strumento che permette di aggirare esclusiva alla Siae. Il Belpaese non la questione dei diritti d’autore. A illustrare le ultime strategie è l’unico Stato europeo dove vige il monopolio legale, Danimarca e di tutela è Giorgio Assumma, presidente della Siae Paesi Bassi ci fanno compagnia. A Francesca Druidi rinfocolare le polemiche ci ha pensato una ricerca effettuata dall’Istituto Bruno Leoni che sottolinea la minor efficienza della collecting society italiana rispetto agli equivalenti organismi esteri. Dal canto suo, il presidente dell’organo Giorgio Assumma, ne ribadisce l’importante funzione di tutela: «aderire alla Siae significa avere a disposizione un’organizzazione capillare, in Italia e nel mondo, che provvede a verificare dove e come un’opera viene utilizzata, per poi concedere le relative autorizzazioni, incassare i compensi e attribuirli agli aventi diritto». Quali sono realmente i benefici dell’iscrizione alla Siae per artisti e autori di opere di scarso successo commerciale e di limitata notorietà? «L’iscrizione alla Siae non è obbligatoria, ma io ritengo che, a prescindere dalla notorietà o dal successo delle opere, gli autori debbano essere innanzitutto facilitati nel riconoscimento della paternità delle loro opere, sia nei rapporti con gli utilizzatori, sia nel panorama artistico in genere. La Siae stipula anche accordi con i principali utilizzatori, ad esempio Rai e Mediaset, e con le associazioni delle varie categorie interessate, per fissare i compensi relativi alle molteplici utilizzazioni del repertorio tutelato e per semplificarne i pagamenti». A gennaio è stato emanato il decreto di rideterminazione dei compensi di copia privata. È un passo decisivo? «Sì, in quanto segna un capitolo di rilevante importanza per la tutela dei contenuti culturali in 48 • DOSSIER • LAZIO 2010


Giorgio Assumma

È necessaria un’attività di sensibilizzazione dei giovani al rispetto della legalità e del lavoro intellettuale, un impegno che la Siae sta portando avanti nelle scuole

In alto a destra, Giorgio Assumma, presidente della Società italiana degli autori e degli editori (Siae)

Italia, poiché ha colmato un vuoto normativo che sacrificava il ruolo dei titolari dei diritti sulle opere dell’ingegno (autori, produttori fono, produttori cinema e video, artisti) da più di 6 anni. Il decreto enuncia, infatti, il principio per cui i diritti sulle opere dell’ingegno, che non sono tasse, vanno difesi e promossi in misura proporzionale al successo economico dei prodotti tecnologici che li veicolano. Rispondendo così ai principi e alle regole che l’Unione europea ha da tempo indicato a tutti i paesi, il decreto ha allineato l’Italia alle realtà economicocommerciali nelle nazioni europee più vicine al nostro, come Francia, Germania e Spagna». Quali sono le forme più insidiose di pirateria oggi in Italia? «Le opere dell’ingegno subiscono un indiscriminato saccheggio soprattutto attraverso internet, sebbene non sia ancora finita la riproduzione illegale di supporti contenenti opere

musicali e cinematografiche. Gli autori di qualsiasi genere, non solo ne sono danneggiati sul piano economico, ma si sentono anche derubati della sacra libertà di gestire autonomamente la circolazione e l’uso dei frutti del loro lavoro. Ciò sta progressivamente uccidendo lo stimolo a creare nuove opere, con il rischio di un declino della cultura che da tale creatività viene alimentata. Gli editori, d’altro canto, investono meno, soprattutto nella ricerca di giovani talenti. Inoltre, imponenti risorse vengono sottratte all’erario dello Stato, sotto forma di imposte non riscosse». Cosa fare allora? «È necessaria un’attività di sensibilizzazione e di educazione dei giovani al rispetto della legalità e del lavoro intellettuale, un impegno che la Siae sta portando avanti nelle scuole ormai da diversi anni, per far capire l’importanza del lavoro creativo e i danni causati agli autori e agli editori dai download illegali. In base alle recenti stime della Federazione Italiana dell’Industria Musicale, le perdite causate a quest’ultima nel nostro paese dai download illegali sono di oltre 300 milioni di euro». Quanto la politica italiana sta facendo per tutelare il diritto d’autore dalla pirateria? «Ad oggi non esiste ancora un vero progetto delle forze parlamentari per risolvere i gravi problemi delle costanti e ripetute lesioni dei diritti degli autori, perpetrate ogni giorno da milioni di contatti illegali attraverso internet. La Francia, la Spagna e l’Inghilterra hanno già assunto le loro iniziative legislative che, se pur basate soltanto su interventi repressivi, costituiscono già un considerevole passo in avanti. Ogni giorno di ritardo nel regolamentare la materia significa aumentare sempre più la commercializzazione non autorizzata delle opere, con una diretta incidenza sulla perdita di posti di lavoro, soprattutto nelle imprese cinematografiche, fonografiche e dell’audiovisivo». Perché l’accordo siglato con YouTube in- LAZIO 2010 • DOSSIER • 49


DIRITTO D’AUTORE

L’accordo con YouTube vuole assicurare agli autori e agli editori un compenso che tenga conto dell’intensità di utilizzo delle loro opere su una piattaforma molto popolare

dividua una svolta nell’attività di tutela sport e di essere disponibile a sostenerne i costi della Siae? «Perché vuole assicurare agli autori e agli editori un compenso che tenga conto dell’intensità di utilizzo delle loro opere su una piattaforma molto popolare, che costituisce oggi uno dei principali veicoli di diffusione e di valorizzazione del repertorio musicale. L’intesa dimostra innanzitutto che un operatore importante come YouTube ha riconosciuto la fondatezza delle richieste avanzate dagli autori, ma indica anche come, in assenza di una normativa che regolamenti la materia, i privati possano autodisciplinare le loro posizioni. La licenza, che ha una durata di tre anni, copre l’uso in Italia in modalità streaming, di musica e opere audiovisive del repertorio Siae nei video presenti sulla piattaforma YouTube». In base ai dati presentati nell’Annuario dello spettacolo, lo spettacolo in tutte le sue forme tiene le sue posizioni, nonostante la crisi. «Il pubblico italiano nel 2009 ha dimostrato di continuare ad amare la cultura, lo spettacolo e lo 50 • DOSSIER • LAZIO 2010

e a investire in questo settore. In linea generale, è aumentata la spesa del pubblico (+ 6,8%), superando i 3 miliardi di euro ed è rimasto invariato l’afflusso ai luoghi di spettacolo, nonostante l’aumento di quasi tutti i prezzi medi d’ingresso. Il settore in cui gli italiani hanno speso di più è quello del ballo (oltre un miliardo di euro), anche se in calo rispetto al 2008. La maggiore spesa al botteghino si è registrata nel cinema (664 milioni di euro), con un aumento del 4%». È possibile incrementare la competitività del comparto? «Sono fiducioso sullo stato di salute dello spettacolo nel nostro Paese e soprattutto sulle capacità creative e produttive degli italiani, ma credo che sia necessario aiutare e stimolare queste capacità, per rafforzarne sempre più l’identità culturale. Un buon modo potrebbe essere quello di incentivare le sponsorizzazioni da parte dei privati, con agevolazioni fiscali per chi aiuta la cultura e i giovani autori».



LA RIFORMA DEGLI ATENEI

Investire sulla ricerca per tornare a crescere Annoverata tra i 200 atenei migliori al mondo, dal Qs World University Ranking, l’Università La Sapienza di Roma è pronta a combattere e a lottare per crescere e migliorarsi. Prossimo passo: «mettere mano alla didattica», sottolinea il rettore Luigi Frati Nike Giurlani

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a Qs World University Ranking, prestigiosa graduatoria internazionale, ha stabilito che l’Università La Sapienza di Roma è tra i primi 200 atenei migliori al mondo. Un risultato ancora più importante se si tiene presente che «l’ateneo è riuscita a scalare 15 posizioni in un solo anno» tiene a precisare il rettore, Luigi Frati (nella foto). «È il risultato del nostro impegno: ci siamo concentrati sulla riorganizza-

zione dei dipartimenti e delle facoltà migliorando la nostra reputazione a livello internazionale e ottenendo più citazioni nelle riviste scientifiche, uno dei criteri d’elaborazione della classifica». Il nuovo assetto della ricerca è stato, quindi, premiato, tanto più se tiene conto che «in un paese come l’Italia, che investe l’1% del Pil nella ricerca contro il 3% di Francia e Germania, questo è davvero un ottimo successo. La Qs World University Ranking dimostra che la nostra strategia è vincente e, – continua – il prossimo passo è quello di mettere mano alla didattica». Le graduatorie internazionali, inoltre, «premiano La Sapienza malgrado il taglio di risorse pubbliche, perché nella classifica Miur non figuriamo tra gli Atenei virtuosi, ma speriamo in una revisione dei criteri ministeriali» conclude il rettore. Cosa prevede l’offerta formativa per il prossimo anno accademico?

Quali al momento le facoltà più quotate? «Un’offerta formativa ampia e diversificata. Per l’anno accademico 2010-2011 gli studenti che vorranno iscriversi alla Sapienza potranno scegliere tra 218 corsi di studio, corrispondenti a lauree (89), lauree magistrali (116) e lauree a ciclo unico (13) e tra 298 master di I e II livello. A questi vanno aggiunti 91 corsi dell’area sanitaria per le lauree triennali e 11 per le lauree specialistiche biennali. Abbiamo inoltre razionalizzato una serie di corsi, puntando anche sulla loro spendibilità nel mondo del lavoro». Quali sono le facoltà che garantiscono di trovare più facilmente un lavoro? «Consiglio alle future matricole di

Consiglio alle future matricole di scegliere il corso per il quale si sentono portati


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Luigi Frati

VENEZIA GUARDA AL FUTURO Tante le novità previste all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Priorità: «lo studio dell’inglese», sottolinea il rettore Carlo Carraro nno accademico 2010-2011. Tante le novità anche all’Univesità Ca’ Foscari di Venezia. «Abbiamo un percorso quinquennale in inglese in tutte le facoltà, dall’economia, alle lettere, alle relazioni internazionali, alle scienze ambientali» sottolinea il Magnifico rettore Carlo Carraro (nella foto). Previsti, inoltre, «nuovi laboratori culturali per insegnare a fare arte e cultura, e non solo per studiarne la storia come nella tradizione accademica italiana». L’università si trasforma così anche in produttrice di musica, teatro, cinema e mostre. «Abbiamo, infine, un laboratorio, MAClab, per imparare a gestire eventi culturali e in generale la produzione culturale». Ma non solo. «Sono stati stipulati degli accordi con gli altri atenei veneti, come il corso in scienza delle religioni e il dottorato in storia dell’arte e potenziato la ricerca e la formazione nel campo dell’innovazione strategica e della gestione dell’ambiente» mette in luce il rettore. Quali le facoltà che hanno raggiunto maggiori immatricolazioni? «La Facoltà di lingue e letterature straniere e quella di Economia sono quelle con il maggior numero d’immatricolazioni. In particolare, i nostri corsi di lingue orientali, associati ad una formazione di management, sono molto richiesti». La ricetta per affrontare i tagli previsti per le università si chiama federalismo uni-

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scegliere il corso per il quale si sentono portati. La forza di volontà e la passione per una disciplina costituiscono la spinta necessaria per intraprendere qualsiasi professione. Comunque, i dati sull’occupabilità dei laureati sono pubblici, elaborati ogni anno dal consorzio universitario Alma Laurea».

versitario? «Sull’esempio della provincia di Trento, la Regione potrà gestire direttamente le risorse finanziarie destinate alle università e avrà, quindi, autonomia nel definire i criteri di ripartizione e potrà essere promotrice di accordi tra le università per una più efficiente gestione delle risorse. Ci sarà maggior coordinamento a livello regionale, maggior specializzazione dei vari atenei, maggiore visibilità internazionale attraverso una strategia di marketing mirata». Maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale con il master universitario di secondo livello “Caratterizzazione e risanamento dei siti contaminati”. Quali gli obiettivi? «Questo master intende rispondere all’esigenza di un settore in forte evoluzione che richiede figure professionali altamente qualificate, capaci di rispondere alle urgenze ambientali del territorio e gestire le problematiche multidisciplinari legate al recupero dei siti contaminati, in linea con i nuovi orientamenti normativi, le tecnologie più innovative e vantaggiose. Il dipartimento di Scienze Ambientali è il promotore di questo master che ha realizzato in collaborazione con Confindustria Venezia, Parco scientifico tecnologico di Venezia, Servizi tecnologici ambientali di Venezia e Associazione tra le società di consulenza e di servizi per l’ambiente, la sicurezza e la responsabilità sociale». Quali le iniziative promosse tra Università e la Biennale di architettura? «È stato appena firmato un accordo che darà agli studenti la possibilità di partecipare gratuitamente a visite guidate e conferenze negli spazi della Biennale. Ma collaboriamo anche nel campo del teatro e contiamo di sviluppare nuove collaborazioni nel cinema e nella musica».

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LA RIFORMA DEGLI ATENEI

TORINO PUNTA SULLA QUALITÀ Aumentano gli iscritti, provenienti anche da altri Paesi. Il segreto? «Buona programmazione e ottimizzazione delle risorse», come spiega il rettore Ezio Pelizzetti alle classifiche stilate recentemente dal Censis, le università del Piemonte sono tra le migliori in Italia. Per raggiungere questi risultati occorre «una buona programmazione e l’ottimizzazione delle risorse sia a livello didattico che della ricerca» mette in rilievo il Magnifico rettore dell’Università di Torino, Ezio Pelizzetti (nella foto). Ma certi risultati si ottengono certamente se alla base «c’è un’amministrazione seria ed oculata e alle spalle una programmazione almeno decennale. Nel 2000, infatti, abbiamo attuato un piano organico, attraverso il quale, è stato selezionato personale docente e tecnico-amministrativo altamente qualificato, perchè è con il capitale umano che si fa la differenza». Ma anche grazie a importanti progetti come, per esempio, la Città della salute e della scienza. Una realtà fortemente voluta dall’Università di Torino e dalla Regione. «L’Università giocherà un ruolo determinante dal punto di vista della formazione e della ricerca, non solo strettamente medica, ma anche connessa ad altri settori come la biologia, le biotecnologie, la chimica e l’informatica» rileva il rettore che intende anche coinvolgere le aziende del territorio al fine di creare prospettive occupazionali per i futuri ricercatori. Ma se i lavori per la Città della salute e della scienza partiranno nel 2012, importanti novità sono già in atto. «Prima di tutto c’è stato un adeguamento alla legge 270 che ha comportato una razionalizzazione di alcuni corsi. E poi c’è l’iniziativa, lanciata l’anno scorso, della Scuola Superiore dell’Università di Torino che rappresenta

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una possibilità in più di perfezionamento, per studenti delle lauree triennali e magistrali» spiega il rettore. E mentre si sta avvicinando la chiusura delle immatricolazioni l’Università di Torino ha già registrato alcuni successi. Infatti, «sono aumentati gli iscritti ai test per i numeri programmati e tra coloro che si sono già immatricolati, emerge che il 25 % sono studenti non residenti in Piemonte e, addirittura 500, è il numero di neodiplomati fuori dall’Italia». Scegliere la facoltà più adatta alle proprie attitudini non è certo facile ed è per questo che sono previste attività di orientamento pre laurea, ma anche dei percorsi post laurea in modo da accompagnare gli studenti nel loro ingresso nel mondo del lavoro. A tale scopo è stato creato un servizio di job placement. «Nel 2009 abbiamo promosso 6.000 tirocini e stage presso le aziende del territorio e all’interno della pubblica amministrazione. A distanza di un anno il tasso d’occupazione dei nostri laureati è nettamente superiore rispetto alla media italiana» conclude il rettore.

Quali iniziative sono previste per collaborazione e scambi tra le università internazionali? «La Sapienza promuove ogni anno la stipula di nuovi Accordi bilaterali (di Collaborazione e cooperazione culturale e scientifica) per lo scambio di conoscenze scientifiche tra docenti universitari di tutto il mondo. Tra le attività in costante incremento vi sono l’accoglienza di professori visitatori, la promozione d’iniziative a sostegno del processo d’internazionalizzazione del sistema universitario, la promozione, il coordinamento e il monitoraggio delle iniziative a favore degli scambi internazionali di docenti e ricercatori in attuazione di programmi e accordi governativi e delle azioni integrate di ricerca internazionale finanziate da organismi nazionali. Iniziative speciali, inoltre, comprese borse di studio, sono state messe in atto per attrarre gli studenti stranieri».



SOCIETÀ PARTECIPATE

La sfida del Comune di Roma per abbattere gli sprechi La Giunta Alemanno sta mettendo mano alla selva di aziende partecipate e municipalizzate seguendo tre criteri fondamentali: tagliare i costi, razionalizzare i modelli organizzativi e mantenere un alto livello dei servizi erogati alla città Luca Boccaletti

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arlare di aziende municipalizzate o partecipate spesso significa fare un lungo elenco di sprechi e cattive gestioni. La Giunta Alemanno, arrivata in Campidoglio, ha iniziato con l’assessore al Bilancio Maurizio Leo un capillare lavoro di riordino per razionalizzare la spesa pubblica. Non tagli indiscriminati, ma un’attenta analisi del rapporto costi/benefici che ogni società partecipata genera sulla macchina comunale per capire dove e come intervenire. L’obiettivo, però, è sempre duplice: diminuire i costi migliorando i servizi. Una scommessa non facile da vincere. Con sempre maggiore frequenza si parla della necessità di tagliare gli sprechi delle aziende partecipate. Cosa ne pensa in merito? «Il riordino delle società partecipate è uno degli obiettivi prioritari perseguiti dal Comune di Roma al fine di razionalizzare la spesa

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pubblica senza diminuire il livello di efficienza dei servizi destinati alla cittadinanza. Si tratta di un percorso già in itinere e che prevede, innanzitutto, la definizione di nuove regole di governance attraverso l’accorciamento delle catene di controllo e la drastica riduzione degli sprechi. In tal senso abbiamo, per esempio, avviato un’iniziativa di riorganizzazione nel settore del trasporto pubblico locale e confidiamo in tempi ragionevoli di arrivare al pareggio di bilancio in un ambito caratterizzato in passato da notevoli sofferenze. L’obiettivo è di estendere i nuovi criteri di gestione anche a tutti quei comparti che generano perdite, assicurando al contempo un livello adeguato nella qualità dei servizi resi ai cittadini». Qual è il motivo di una così grande proliferazione di enti esterni al Comune che in realtà agiscono sotto l’egida e il controllo dei vari assessorati di riferimento?

« Fermo restando che le riforme devono comunque tenere conto dell’esigenza di garantire i livelli occupazionali esistenti, non v’è dubbio che il loro scopo è di favorire una graduale, ma decisa, inversione di tendenza rispetto al loro ambito di intervento. In passato è spesso accaduto che le aziende partecipate o municipalizzate venissero trasformate in un vero e proprio surrogato di funzioni in precedenza affidate ai vari dipartimenti comunali. Le rigidità che non avrebbero permesso di procedere ad assunzioni all’interno della struttura pubblica, e cioè con procedure di concorso aperte, venivano aggirate proprio attraverso la costituzione di queste società che formalmente erano collocate all’esterno dell’amministrazione ma in realtà operavano come strutture ad essa serventi e godendo al tempo stesso della facoltà di restare fuori del perimetro pubblicistico ai quali sono soggetti gli enti locali. Ora si tratta di guardare a


XxxxxxxMaurizio Xxxxxxxxxxx Leo

In apertura, l’assessore al Bilancio del Comune di Roma Maurizio Leo; qui sopra, mezzi dell’Atac

queste realtà con una sorta di lente d’ingrandimento dell’economia. Se la società partecipata è in grado di stare in piedi con le proprie gambe e cioè senza produrre perdite ma assicurando servizi adeguati e svolgendo un ruolo fattivo per il Comune che le gestisce va comunque resa più efficiente e quindi valorizzata, se, al contrario, si tratta di un’azienda in perdita o, peggio, di veri e propri ‘carrozzoni’ privi di finalità oltre che di utilità pubbliche, allora è necessario tagliare e chiudere. Non si tratta, ovviamente, di demagogia spicciola, ma di consolidare le basi del buon governo della cosa pubblica. Il ricorso da parte delle Amministrazioni comunali alla ricapitalizzazione di aziende in perdita comporta aggravi ormai insostenibili sui bilanci comunali e non può essere ulteriormente tollerato». Qualche mese fa Emma Marcegaglia ha tuonato contro le aziende municipalizzate o co-

munque partecipate perché portatrici di una concorrenza sleale sul mercato. È anche vero però che esse sono nate allo scopo di controllare e indirizzare in maniera puntuale l’erogazione di servizi fondamentali alla collettività. Tra il modello liberista e quello statalista lei dove si colloca? «Credo che il legislatore nazionale si stia muovendo molto bene nel tentativo di favorire la graduale liberalizzazione dei servizi pubblici locali imposta dall’Unione europea. Con il decreto Ronchi, infatti, sono state poste in essere tutta una serie di regole che agevoleranno il raggiungimento di questo obiettivo. In questa direzione, per esempio, vanno le nuove norme che consentiranno di immettere, attraverso procedure di gara aperte, anche dei soggetti privati accanto al socio pubblico dell’azienda che opera in condizioni di monopolio. Il sentiero è dunque tracciato, anche se sicuramente si dovrà fare di

più per creare un mercato capace di contemperare la tutela dell’interesse pubblico con le esigenze di una maggiore efficienza nella gestione delle risorse versate dai contribuenti. In ogni caso non è più possibile pensare di procrastinare modelli in cui esistono aziende controllate direttamente dagli enti locali che erogano i propri servizi a chi ne possiede la proprietà ma senza metterle in competizione con altre realtà aziendali per garantire realtà sempre più efficienti e a un costo minore per la collettività». Negli anni Settanta e Ottanta molte aziende partecipate sono nate in ottemperanza alle teorie economiche di Friedrich Schumacher per il quale la microdimensione era bella, oggi sembra prevalere la logica dell’accorpamento in maniera da creare realtà sempre più competitive in un mercato sempre più globale. Condivide quest’analisi? «L’accorpamento di questo tipo di strutture a livello teorico è senz’altro valido, ma si tratta, in primo luogo, di mediare le teorie con le peculiarità del sistema Italia. Il nostro tessuto economico è composto per la maggior parte da piccole imprese a ristretta base azionaria o a conduzione familiare che con molta difficoltà propendono all’aggregazione con altre realtà produttive. La piccola impresa italiana vuole mantenere la sua dimensione originaria e la logica del macro aggregato, in voga in altri Paesi, è sostanzialmente vista come un corpo estraneo alla nostra tradizione. Da un punto di vista strettamente economico la tendenza è in ogni caso quella di favorire processi che offrano una maggiore solidità nella LAZIO 2010 • DOSSIER • 59


SOCIETÀ PARTECIPATE

competizione sul mercato globale.

Tenendo tuttavia conto delle caratteristiche e della “morfologia” del sistema produttivo nazionale appare evidente che i meccanismi di aggregazione sono destinati a incontrare numerosi ostacoli se non vengono accompagnati dall’introduzione di altri incentivi o agevolazioni, come per esempio

RAZIONALIZZARE E INNOVARE CON UN ALTO LIVELLO DI SERVIZI È tra i fiori all’occhiello dell’amministrazione capitolina, e quest’anno porterà in dote al bilancio comunale una cifra superiore ai 20 milioni di euro. Il lavoro della società Roma Entrate nelle parole del direttore generale Massimo Orsi Roma Entrate sembrerebbe un classico esempio di struttura ridondante in quanto pare una sovrapposizione di Agenzia delle Entrate ed Equitalia. «No, in realtà sono società che esplicano attività diverse tra loro. L’Agenzia delle Entrate gestisce i tributi erariali, mentre Equitalia si occupa delle riscossioni di queste contribuzioni obbligatorie. Roma Entrate si occupa della gestione dei tributi del comune di Roma e soprattutto dell’attività di accertamento, in particolare dell’Ici. Per conto di Ama, invece, si occupa della tariffa dei rifiuti per la quale parimenti svolge attività di accertamento. Più in generale contrastiamo l’evasione e i mancati pagamenti di diversi altri tributi. Per quanto riguarda i risultati, non credo si possa parlare di Roma Entrate come di una struttura improduttiva, posto che accerta ogni anno più di 120 milioni di maggiori imposte Ici, circa 100 milioni di maggiori tariffe rifiuti a fronte di un costo annuale di attività che per il

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Comune, socio unico di questa azienda, si aggira sui 12 milioni di euro». Proprio sulla base di questi risultati sembra che il Comune abbia inserito nel suo bilancio 2010 una cifra di 20 milioni di euro quali entrate derivanti dal vostro lavoro. «Sì, è vero, ma le posso anticipare che saranno molti di più. Il risultato della lotta all’evasione sarà molto maggiore di quella cifra». Il compito della società è di fornire un supporto all’Amministrazione comunale nella gestione tributaria, extratributaria e patrimoniale. In cosa si sostanzia questa delicata attività? «Innanzitutto c’è una continua attività di analisi del territorio (dai cambi di residenza alla compravendita d’immobili, dalle partite Iva che si aprono e chiudono, alle ristrutturazioni e alle nuove costruzioni) sia con un uso avanzato delle tecnologie e delle banche dati, ma anche attraverso delle verifiche in loco. Oltre a questa continua opera di stu-

dio e analisi, abbiamo creato un nuovo filone di attività attraverso la formazione di un nucleo di funzionari accertatori, specializzato nelle verifiche dirette sul territorio». La vostra mission è contrastare l’evasione fiscale senza l’uso di pratiche coercitive, bensì con un dialogo tra l’Amministrazione comunale e i cittadini. Avete raggiunto l’obiettivo? «Certamente. La nostra missione principale è di stimolare quella che viene chiamata “tax compliance”, l’adempimento spontaneo, cioè, da parte del contribuente senza bisogno di attività repressiva. Per fare ciò abbiamo avviato tutta una serie di servizi che vanno da una capillare rete di sportelli sul territo-


XxxxxxxMaurizio Xxxxxxxxxxx Leo

quelle di natura fiscale. Nell’immediato futuro il concetto di “piccolo è bello” continuerà ad esistere anche se sarà richiesta una capacità produttiva sempre più elevata mentre, nel medio periodo, sarà inevitabile il ricorso ad una certa forma di accorpamento». Comune di Roma e Regione Lazio intendono razionalizzare

il settore delle aziende partecipate. Potranno esserci sinergie tra di voi per accorpare organizzazioni ridondanti e quindi per elevare la qualità dei servizi offerti al cittadino? «Lo vedo senz’altro possibile perchè nel momento in cui certe attività vengono svolte in parte dal Comune e in parte dalla Regione

l’ottimizzazione non è una possibilità ma un obbligo. Questo per migliorare costantemente il livello di servizi offerti al cittadino e per dare un sollievo ai nostri bilanci. Il tutto deve però avvenire alla luce del sole oltre che essere improntato ai criteri di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa».

Roma Entrate nell’ultimo anno 328 ICI CIP/COSAP Ta.Ri. 64.000 48.000 16.000 35.500

....Dipendenti ....Valore complessivo degli atti € 114 Milioni ....Valore complessivo degli atti € 10 Milioni ....Valore complessivo degli atti € 67 Milioni ....Contatti a distanza ....Telefonate gestite dal call center ....Pratiche gestite a distanza (mezzo fax e mail) ....Contribuenti ricevuti presso gli uffici per il pubblico

A sinistra, Massimo Orsi, direttore generale di Roma Entrate; in alto, operatore AMA in Campo de’ Fiori

l’applicazione del regolamento della tariffa rifiuti». Ritiene che il rio comunale a un sito internet che modello organizzativo e operativo fornisce informazioni personalizdi Roma Entrate possa essere zate in tempo reale. Oltre a questo esportato anche su dimensioni c’è un call center per le informazioni telefoniche ed un contact cen- territoriali diverse da quelle coter per il canale della posta elettro- munali? nica o del fax. Su tutti questi mezzi «Penso di sì. Chiaramente la scelta deve essere fatta dai singoli enti, di comunicazione a distanza noi ma posso dire che la nostra è una puntiamo molto per fornire al contribuente un servizio sempre più ef- struttura basata su processi induficiente che consenta di adempiere striali piuttosto rodati ed efficienti, al dovere tributario senza troppi di- specializzati nell’analisi della singola entrata e del territorio di riferisagi. Informazione e dialogo con il cittadino sono gli strumenti più im- mento. Abbiamo affrontato e superato diverse difficoltà tecniche e portanti della nostra attività sui organizzative e oggi siamo in grado quali poniamo molta attenzione: le di applicare il nostro metodo di laanticipo, ad esempio, che nelle prossime settimane pubblicheremo voro a tributi/territori diversi, così come possiamo mettere a disposiuna guida ai tributi locali, materia su cui ancora oggi è facile incorrere zione di altre società pubbliche siin errori ed omissioni per scarsa in- milari la nostra esperienza. Al formazione. Altrettanto importante giorno d’oggi la gestione dei tributi è diventata una questione estremaè l’ascolto: a luglio abbiamo promosso un tavolo tecnico con Ama e mente tecnica che richiede organizle categorie economiche per discu- zazioni altamente professionali. Non si può più improvvisare». tere eventuali problematiche sul-

Nell’espletamento del vostro compito avete innovato solo da un punto di vista organizzativo oppure avete puntato anche sul settore tecnologico? «Il nostro obiettivo è di rendere sempre più facile l’interazione con i cittadini, incrementando i nostri servizi a distanza per evitare spostamenti, attese e disagi ai contribuenti. Sul nostro sito, comunque, è già possibile usufruire di un servizio per appuntamento: il contribuente che non vuole “fare la fila”, può prenotare un appuntamento e ottenere i chiarimenti e le informazioni che desidera in maniera personalizzata senza doversi assoggettare ad avvilenti tempi di attesa. Cerchiamo insomma di mettere il contribuente nelle migliori condizioni possibili per adempiere il suo obbligo. Pagare le tasse rimane una cosa poco gradita a tutti, credo che se si creano le condizioni per farlo in maniera chiara, veloce e lineare senza perdite di tempo o denaro, questo “fastidio” può essere sensibilmente attenuato».

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ECONOMIA E SOCIETÀ

Il futuro è nelle tecnologie della comunicazione L’economia laziale continua a trainare l’intero Paese e a parare con agilità i contraccolpi della crisi. Un sistema che i nuovi investimenti nelle infrastrutture potrebbero ulteriormente rafforzare. È quanto emerge dall’analisi di Giuseppe Roma, direttore generale del Censis Michela Evangelisti

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n complesso mix di imprese. Un insieme multiforme lontano dalle specializzazioni di filiera che hanno contrassegnato i percorsi di crescita di altre aree produttive del Paese. Con un settore forte e in continua crescita, quello dell’Ict. Questa la fotografia che affiora dall’ultimo studio realizzato dal Censis su impresa, territorio e direttrici di sviluppo nel sistema Lazio. Un panorama dove c’è posto per giovani che abbiano voglia di mettersi in gioco, disposti a maneggiare saldatrici e chiavi inglesi, o a seguire lo sviluppo commerciale delle aziende emergenti, senza paura di viaggiare, se necessario. Dagli ultimi rapporti sul Pil delle regioni emerge che la ripresa economica in Italia sta passando soprattutto attraverso Lazio, Emilia Romagna e Toscana. Quali sono i punti di forza e le debolezze dell’economia laziale? Quali i nuovi orientamenti emergenti? «Certamente la leva dello sviluppo laziale continua a essere l’area di Roma, una delle due grandi metropoli italiane che fanno da locomotiva al Paese. L’economia globale vuole infatti una massa critica di imprese e anche di popolazione per determinare un mercato locale ad alta 64 • DOSSIER • LAZIO 2010

densità, collegamenti infrastrutturali e di ricerca a livello internazionale, forza di attrazione. L’area romana si è molto qualificata nelle tecnologie e nei servizi avanzati e quindi cavalca l’onda delle produzioni più innovative. Inoltre il modello produttivo si basa su imprese piccole e flessibili, più adatte di quelle di grandi dimensioni a parare i contraccolpi della crisi. Diversificazione settoriale e dinamismo imprenditoriale si sono diffusi poi anche nel resto della regione. Se c’è una debolezza è il fatto che oggi l’economia laziale non sembra rigenerare nuovi protagonisti e nuovi progetti, in grado di aprire altri filoni di attività». Il tessuto imprenditoriale del Lazio è composto di poli produttivi territoriali multi specializzati. Quali le conseguenze di un modello come questo e le strategie per incentivarne la produttività? «La nostra interpretazione del modello territoriale laziale è in effetti molto innovativa e presuppone incentivi, anche a favore dei poli produttivi localizzati nel contorno dell’area romana. Abbiamo l’impressione che il nuovo sviluppo tenda a decentrarsi, facendo asse sulla bretella Fiano-Valmontone, per evidenti problemi di congestione nell’area di tradizionale insediamento che fa perno su Roma. Alla seconda cintura romana fanno poi riferimento aggregati produttivi a nord e a sud della regione. Abbiamo in embrione concentrazioni produttive multi settoriali, dove c’è intreccio fra manifattura e terziario, logistica e


L’area romana si è molto qualificata nelle tecnologie e nei servizi avanzati e quindi cavalca l’onda delle produzioni più innovative

grande commercio, ricerca e innovazione. Certo, in taluni casi si tratta di aggregazioni troppo fragili e per questo bisognerebbe dare loro maggiore forza, con investimenti infrastrutturali e incentivando la crescita dimensionale delle imprese». Per quanto riguarda i settori dell’hi-tech e dell’Ict si può parlare in Lazio negli ultimi anni di un vero e proprio boom imprenditoriale. Cosa ha determinato questa crescita esponenziale e che cosa ancora dobbiamo aspettarci? «Il Lazio è forse il principale polo della teleco-

municazione e dei media italiani. Ciò è certa- mente dovuto alla storica presenza delle più grandi imprese operanti nelle Ict nel nostro Paese. Chi non ricorda il gruppo Stet, ora Telecom Italia, o la presenza storica di Ibm, o la forza trainante della Rai e di Finmeccanica? L’esperienza di quelle grandi aziende oggi si è moltiplicata e frantumata in una miriade di imprese straordinariamente innovative, anche se piccole e medie, che fanno del Lazio un vero campione europeo del settore. Purtroppo per chi vuole crescere il contesto non risulta favo-

EVOLUZIONE DEL TESSUTO PRODUTTIVO REGIONALE DAL 2004 - 2009 Comparto

Fase

Var. % (‘04-’09)

Var. ass.

Manifattura

Lieve flessione

-4,0%

- 1.331

Espansione

+9,5%

+ 1.585

Notevole crescita

+23,2%

+ 7.688

Boom imprenditoriale

+198,9%

+ 6.411

+16,7%

+14.353

Trasporti e logistica Commercio all’ingrosso ICT e Hi-Tech In apertura, Giuseppe Roma, direttore generale del Censis

Totale Fonte: elaborazione Censis su dati Infocamere-Telemaco, 2009

LAZIO 2010 • DOSSIER • 65


ECONOMIA E SOCIETÀ

Se si desse maggiore dignità a molti lavori tecnici e manuali, ritenuti ancora di basso profilo, riusciremmo a ridurre il tasso di disoccupazione giovanile

revole, non solo per il tradizionale peso di fisco manuale, probabilmente riusciremmo a ridurre e burocrazia, ma anche per lo scarso apporto del mondo della ricerca. E per la difficoltà a trovare giovani disposti a seguire, in Italia e all’estero, lo sviluppo commerciale di queste aziende». Il tasso di disoccupazione in Lazio si è assestato, secondo dati Istat, su un 10% nel primo trimestre 2010. Quali le previsioni a questo riguardo e quali le professioni emergenti? «Il vero problema del mercato del lavoro nel Lazio riguarda il difficile inserimento dei giovani e la discrepanza fra disponibilità di laureati ed effettiva domanda delle imprese. Roma è una città terziaria, che deve ancora compiere un’effettiva riorganizzazione di molti dei suoi comparti, che comporterebbe la necessità di erogare servizi con personale più qualificato. Inoltre molti lavori tecnici e manuali, dal meccanico all’idraulico, vengono ritenuti di basso profilo, e quindi anche il segmento intermedio del lavoro non assorbe manodopera autoctona, ma si rivolge quasi esclusivamente agli immigrati. Se invece migliorassero le condizioni organizzative e si desse maggiore dignità al lavoro tecnico e

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il tasso di disoccupazione giovanile». Roma è candidata a ospitare le Olimpiadi 2020: sarebbe davvero per il Lazio un’occasione di rilancio economico, soprattutto dal punto di vista turistico? «Le Olimpiadi servono a Roma soprattutto per accelerare la realizzazione di quelle opere infrastrutturali, come ad esempio la rete di trasporto metropolitano, indispensabili per ogni strategia di sviluppo. Roma non ha bisogno di accrescere la sua notorietà, ma dovrebbe fare della gestione olimpica un biglietto da visita per dimostrare la sua efficienza. Per quanto riguarda più strettamente l’effetto turistico e il business olimpico, bisogna limitare gli investimenti specifici perché, lo sanno bene a Torino, è particolarmente onerosa la gestione delle strutture dopo l’evento. Roma ha ottime chance di aggiudicarsi la candidatura. Paradossalmente un eventuale flop dell’Expo di Milano potrebbe danneggiarci, dando dell’Italia un’immagine negativa nella preparazione di grandi appuntamenti globali».



IMPRESE E SVILUPPO

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alle ultime statistiche possiamo considerarci fuori dal rischio del double dip, ma la strada della ripresa è ancora lunga. L’Unione degli industriali e delle imprese di Roma, sottolinea il presidente Aurelio Regina, «si è fatta promotrice di importanti iniziative tese a valorizzare quei settori che potranno far ripartire la città di Roma, le nostre imprese, ma soprattutto il Paese». Tra i settori che hanno risentito in misura minore della crisi internazionale c’è sicuramente l’audiovisivo «che presenta interessanti prospettive di crescita, soprattutto a Roma». Ma più in generale, buoni risultati sono stati ottenuti da chi ha puntato sui mercati esteri e ha saputo coniugare «l’alto livello qualitativo e prezzi competitivi, anche in paesi tradizionalmente complessi». Secondo Confindustria, “la ripresa globale è entrata in una fase di rallentamento. Gli indicatori congiunturali sono diventati contraddittori e alimentano nuova incertezza sulla tenuta del rilancio”. Che cosa pensa a riguardo? «In effetti, i segnali congiunturali mostrano un quadro ancora incerto sullo slancio della ripresa. Se lo scenario della doppia recessione, sembra oggi scongiurato è al tempo stesso evidente che le conseguenze della crisi non si sono ancora completamente esaurite: mercato del lavoro, credito, conti pubblici, sono le principali fragilità. In particolare, sino a quando non ripartirà il mercato del lavoro, e con esso i consumi e la domanda interna, non credo che si potrà parlare di vera ripresa». Per quanto riguarda il territorio romano? «Le ultime risultanze congiunturali delle nostre imprese indicano un lieve deterioramento del clima di fiducia nei primi sei mesi dell’anno che riflette andamenti differenziati tra i settori: in aumento nell’industria, in calo nel commercio e nelle costruzioni, sta68 • DOSSIER • LAZIO 2010

Orientati verso i mercati esteri «La doppia recessione, sembra oggi scongiurata – rileva Aurelio Regina, presidente degli industriali romani - ma è al tempo stesso evidente che le conseguenze della crisi non si sono ancora completamente esaurite». Ecco le progettualità del mondo dell’imprenditoria romana per dare slancio alla ripresa Nike Giurlani

bile nei servizi. In ogni caso, l’attività produttiva è stata giudicata su livelli contenuti e le indicazioni sull’occupazione non appaiono ancora confortanti, con attese di lieve diminuzione in tutti i comparti. Sono convinto che la strategia vincente sia puntare su grandi progetti di sviluppo, in grado di creare nuovi posti di lavoro ed utilizzare le risorse in modo più efficiente e moderno per lo sviluppo del territorio». In particolare, quali sono le progettualità del mondo dell’imprenditoria romana per dare slancio alla ripresa? «L’Unione degli industriali e delle imprese di Roma si è fatta promotrice di importanti iniziative tese a valorizzare quei settori che potranno far ripartire la città di Roma, le nostre imprese, ma soprattutto il Paese. Faccio riferimento al settore delle infrastrutture, con progetti come la nuova stazione Tiburtina, la conclusione della linea B1 e C


Aurelio Regina

+16,4% EXPORT Incremento dell’export rispetto allo stesso periodo del 2009

+10,3% TURISMO L’incremento registrato a livello di presenze nel settore turistico rispetto al luglio 2009

grandi metropoli internazioLe nostre aziende di maggior successo nali». nei paesi esteri sono quelle che hanno Quali sono i settori che saputo coniugare un alto livello qualitativo hanno retto meglio questa situazione economica? e prezzi competitivi, anche in Paesi «Un comparto che ha risentito in misura mitradizionalmente complessi

In apertura, Aurelio Regina, presidente dell’Unione degli industriali e delle imprese di Roma

della metropolitana e l’aeroporto di Fiumicino; l’ammodernamento della rete elettrica; lo sviluppo di piattaforme digitali attraverso il progetto della banda larga, che prevede lo stanziamento di 600 milioni di euro per i prossimi tre anni, sviluppato da Telecom, Vodafone, Wind, Fastweb, Acea e altri operatori telefonici. Queste infrastrutture avranno una forte ricaduta occupazionale e prepareranno la città a importanti eventi quali l’Expo 2015, di cui Roma è capofila per le imprese del Centro Sud, e alle ambite Olimpiadi del 2020, se la Capitale verrà scelta. Sono convinto che sussistano le condizioni perché Roma possa presentarsi al Cio nel 2013 pronta a ospitare una manifestazione di così alto livello, al pari delle altre

nore della crisi internazionale e che presenta interessanti prospettive di crescita, soprattutto a Roma, è senz’altro quello dell’audiovisivo. Il nostro territorio è sede di un sistema di produzione e distribuzione cinematografica, tv e di contenuti multimediali di altissimo livello, con una crescente specializzazione delle imprese più legate all’innovazione tecnologica. Un esempio per tutti è l’animazione digitale, un settore legato al mondo dei nuovi media, con notevoli potenzialità in termini d’internazionalizzazione». Per quanto riguarda i settori manifatturieri? «Diversi stanno beneficiando della ripresa della domanda proveniente dall’estero: la farmaceutica, i prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, i computer e gli apparecchi elettronici e ottici, ossia alcune delle principali voci dell’export di Roma e del La- LAZIO 2010 • DOSSIER • 69


IMPRESE E SVILUPPO

Un comparto che ha risentito in misura minore della crisi internazionale e che presenta interessanti prospettive di crescita, soprattutto a Roma, è senz’altro quello dell’audiovisivo

zio, hanno registrato incrementi importanti esteri sono quelle che hanno saputo coniugare nel primo semestre dell’anno. Rilevante, infine, l’apporto del turismo. Il numero dei visitatori continua a crescere, recuperando il terreno perso negli ultimi due anni e riportando, nello scorso mese di luglio, incrementi a due cifre negli arrivi e nelle presenze: +11,1% e +10,3%, rispetto a luglio 2009». Quali le strategie per tornare ad aggredire i mercati nazionali e internazionali? «I dati più recenti fanno emergere un quadro sostanzialmente positivo dell’export laziale, di cui Roma rappresenta ovviamente la quota più rilevante, che nel primo semestre 2010 ha fatto segnare un +16,4% rispetto allo stesso periodo del 2009, con una quota sul dato nazionale in leggero aumento. Ciò vuol dire che le imprese romane hanno capito che affacciarsi sui mercati esteri può costituire un’importante via d’uscita dalla crisi. Le strategie più efficaci sono quelle ormai consolidate che puntano sulla qualità del prodotto, sull’innovazione tecnologica, sul design. Le nostre aziende di maggior successo nei paesi

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per l’appunto alto livello qualitativo e prezzi competitivi, anche in paesi tradizionalmente complessi, stiamo registrando ad esempio un rinnovato interesse verso l’Africa sub-sahariana. Ovviamente, è sempre valido il suggerimento di internazionalizzare la propria attività affidandosi a quei soggetti, sia pubblici sia privati, in grado di indirizzare l’azienda verso i mercati più promettenti, utilizzando partner locali affidabili». Che cosa spera al riguardo? «Il mio augurio, in proposito, è che la nuova governance della Camera di Commercio di Roma crei un organismo specifico a ciò destinato. In tema di “strumenti” per l’internazionalizzazione ritengo sempre valido il modello delle cosiddette “missioni di sistema” adottato da Confindustria e Ice, ad oggi rivelatosi idoneo per accompagnare all’estero le Pmi nelle loro primissime “esplorazioni” oltre frontiera. Un’esperienza preziosa che le imprese romane dimostrano di apprezzare particolarmente».




MARCELLO PAGLIACELLI

GIANFRANCO CASTELLI

Presidente di Confindustria Frosinone

Presidente di Confindustria Rieti

DOMITILLA VERGA

DOMENICO MERLANI

Presidente settore Turismo di Confindustria Latina

Presidente di Confindustria Viterbo


CONFINDUSTRIA

Il termalismo nell’economia ciociara Fiore all’occhiello del benessere psicofisico, l’ecosistema termale è un toccasana anche per molte realtà imprenditoriali. Il presidente di Confindustria Frosinone Marcello Pigliacelli coglie e rilancia le opportunità della sua provincia Paola Maruzzi

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el mirino di Marcello Pigliacelli, presidente di Confindustria Frosinone, pregi e lacune del termalismo ciociaro. L’industria della salute e del benessere è un settore emergente che, nonostante le ripercussioni della crisi, potrebbe riservare delle sorprese positive. Lo sanno bene le località di Fiuggi e Ferentino. È necessario, quindi, affilare le strategie competitive e giocare sull’attrattiva internazionale. Si delinea così uno scenario sempre più appetibile per le imprese del territorio. Sul piatto dell’economia locale, che fetta occupa l’industria termale? «Il nostro sistema termale, articolato sui poli storici di Fiuggi e di Ferentino, fornisce un contributo rilevante all’offerta turistica provinciale. Il comparto sta mostrando una rinnovata capacità di offerta, sia in termini qualitativi che quantitativi. Nonostante le difficoltà a livello nazionale dell’intero settore, e per quel che ci riguarda del bacino termale di Fiuggi, forte è l’immagine anche internazionale dell’of-

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ferta di settore della nostra provincia, che occupa le primissime posizioni nell’ambito del termalismo regionale. Una maggiore spinta sarà garantita a Fiuggi dalla nuova gestione delle strutture termali». La legge 323 interviene a regolare il riordino del settore termale, valorizzandone le peculiarità. A distanza di dieci anni, ritiene che possa ritenersi ancora attuale? «La 323 si presenta ancora fortemente attuale e merita le giuste riflessioni, connesse alle inscindibili funzioni di prevenzione, cura e riabilitazione che svolge il sistema termale del nostro territorio. In passato ci ha consentito di muoverci all’interno di norme condivise e aggiornate, con un forte radicamento nella medicina e nella ricerca scientifica termale. Tuttavia alcune norme non hanno trovato attuazione. È necessario far fronte a ritardi e ostacoli, perché ne rimangono validi i principi ispiratori. Ciò vale soprattutto per la formazione di operatori termali di qualità. Bisogna dunque prevedere l’ampliamento delle finalità della legge, con interventi per lo sviluppo economico sociale e non solo turistico; e incoraggiare provvedimenti di incentivazione e sostegno rivolti a tutti gli operatori di filiera». L’onorevole Franco Cecuzzi ha recente-

A sinistra, Marcello Pigliacelli, presidente di Confindustria Frosinone


Marcello Pagliacelli

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Il nostro settore termale ha bisogno di essere sostenuto da un contesto territoriale moderno e di qualità

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mente avanzato il disegno di legge sulle “zone franche” termali. Cosa pensa a riguardo? «Il disegno di legge proposto ha il merito di avere acceso un riflettore su tutta l’industria termale. Tuttavia risulta discriminatorio in termini di agevolazioni, che verrebbero destinate esclusivamente a quelle aziende che scontano a oggi l’onda lunga della gestione “politicizzata”, negandole quindi ad altre realtà termali di provenienza “pubblica” ex Eagat, per esempio Fiuggi, e che adesso hanno anche una governance privata con importanti progetti di rilancio e che presentano problematiche non dissimili dalle prime. Specifico, poi, come le misure di esenzione fiscale e contributiva previste nel disegno legge, siano destinate a incidere in misura marginale sulla situazione delle aziende termali che, al contrario, necessitano di interventi rilevanti, sia sul piano strutturale che organizzativo».

Oltre alle agevolazioni fiscali, di cosa necessitano le aziende termali della provincia di Frosinone? «Nessun comparto più di quello del turismo, a maggior ragione se si tratta di terme, ha bisogno di essere sostenuto da un contesto territoriale moderno e di qualità, con servizi e infrastrutture che rispondano a elevati standard internazionali, supportati da reti di collegamento con le principali porte d’ingresso del turismo italiano e straniero. Essenziale è anche una mirata attività di promozione, a monte della quale esista una politica di programmazione e indirizzo dell’intera filiera dell’industria turistica». Ritiene che il termalismo ciociaro sia competitivo a livello nazionale e internazionale? Cosa si augura per il suo futuro? «Il termalismo ciociaro è uno degli asset industriali sui quali Confindustria Frosinone sta lavorando da tempo. Siamo convinti della qualità degli imprenditori e del contesto ambientale nel quale l’offerta è inserita. Le difficoltà del settore devono spingere tutti, imprenditori e amministratori, ad avere la capacità di creare i presupposti per inserire la nostra offerta in un mercato nazionale e internazionale sempre più competitivo. Ci auguriamo che attraverso una razionalizzazione di una promozione turistica, sia a livello locale che nazionale, e l’avvio di strategie integrate e azioni coerenti, si riescano a intercettare quei mercati emergenti che in questo lungo periodo di crisi stanno trainando anche il settore industriale».

378

STABILIMENTI Nel Belpaese l’industria termale contribuisce in maniera determinante allo sviluppo delle economie locali

4 mld INDOTTO

Si aggira attorno a questa cifra la rendita annuale generato dal settore termale

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CONFINDUSTRIA

Cantiere di idee e innovazione Mettere in moto le sinergie locali per scovare giovani brillanti: così nel Rietino l’edilizia di qualità non perde il suo smalto tradizionale. Per Gianfranco Castelli, presidente di Confindustria Rieti, il mattone è un mercato che conta. Per questo bisogna valorizzarlo forgiando nuove figure professionali Paola Maruzzi

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Gianfranco Castelli, presidente di Confindustria Rieti

ortare l’esperienza nelle aule accade- tra sistema universitario e industria edile miche e i giovani qualificati dentro i c’è anche un nuovo corso di laurea in ingecantieri: un reciproco scambio di ve- gneria. Chi sono i promotori di questo produte e opportunità che a Rieti si fa getto? E che prospettive apre? concretezza. Gianfranco Castelli, presidente «Il protocollo di collaborazione, stipulato la di Confindustria Rieti, racconta come è nata la primavera scorsa, è nato grazie al contributo di partnership che vuole accorciare le distanze più attori, nella fattispecie: Confindustria tra università e sistema imprenditoriale. Un Rieti, con la sua sezione costruttori edili, Ance progetto-pilota che facilita l’inserimento dei Lazio-Urcel, l’Associazione nazionale dei cogiovani laureati nel mondo del lavoro e che ar- struttori edili del Lazio e Afm Edilizia, l’assogina, almeno in parte, la fuga dei talenti locali. ciazione per la formazione manageriale, e la faLa provincia di Rieti, pur non essendo coltà di Ingegneria dell’università di Roma La molto estesa, conta su un consistente giro Sapienza con la Sabina Universitas di Rieti. Il d’affari legato all’edilizia. principio della partnership Come ha influito la crisi è molto semplice: modelIl difetto principale sull’assetto economico di lare la formazione sulla questo settore? delle nostre università base delle precise esigenze «Rispetto alla situazione del mondo del lavoro. Per è quello di puntare nazionale, il settore delle quanto riguarda il corso di solo sulla teoria costruzioni della nostra laurea triennale la finalità è provincia ha retto abbaquella di formare figure stanza bene. L’Unione industriali di Rieti ha professionali con competenze specifiche in persino registrato un aumento delle iscrizioni tema di progettazione esecutiva, attività di rida parte delle imprese edili. Per affrontare il levamento di aree e manufatti edilizi, organizcambiamento della domanda, che dopo la zazione e conduzione del cantiere edile, gecrisi è sempre più selettiva, è necessario stione e valutazione economica dei processi che le competenze tecniche siano di- edilizi, direzione tecnico-amministrativa dei verse e migliori rispetto a quelle fino a processi di produzione industriale di materiali oggi applicate». e componenti per l’edilizia, nonché manutenTra gli obiettivi della partnership zione di manufatti e della sicurezza. È presto

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Gianfranco Castelli

per fare un bilancio, ma credo sia stato fatto un bel passo avanti riguardo alla formazione dei futuri ingegneri». L'eccellenza imprenditoriale passa necessariamente attraverso la costruzione dei saperi. Per le nuove generazioni, l’attuale offerta formativa universitaria locale può dirsi competitiva a livello nazionale? Di quali rinnovamenti avrebbe bisogno? «Il difetto principale delle università italiane, trasversale a tutti i corsi di laurea, è quello di puntare solo sulla formazione teorica, trascurando quasi completamente gli aspetti pratici. I giovani qualificati, dopo aver sudato sette camicie si ritrovano, loro malgrado, impreparati. E spesso il mondo del lavoro non è disposto a colmare queste lacune, specie in un momento difficile come questo. Oggi è sempre più necessario che il mercato disponga rapidamente di figure professionali capaci di intercettare le esigenze imprenditoriali, e la laurea breve che stiamo attivando ha proprio questo obiettivo. Prendendo come riferimento realtà europee decisamente più evolute, Confindustria Rieti

26%

DISOCCUPATI È l’ampia fetta di giovani italiani che non trova lavoro. Dopo Spagna e Irlanda, l’Italia è tra gli ultimi posti in Europa

57% LAUREATI

La percentuale di assunti fra i giovani laureati

sta promuovendo un approccio formativo che tenga conto soprattutto dell’esperienza: attraverso una serie di iniziative abbiamo portato le imprese nelle scuole e viceversa. Ci siamo fatti intermediari di due sistemi paralleli promuovendo l’importanza dello stage durante il periodo di studi. Questo vale a maggior ragione per i giovani ingegneri: la quotidianità del cantiere è ben altra cosa rispetto alla teoria. E vale la pena affrontarla quanto prima». I giovani, specie se qualificati, sono sempre più costretti alla “fuga”. Che opportunità offre il mercato occupazionale di Rieti? E in che modo Confindustria è pronta a scommettere su di loro? «La nostra provincia è piccola e dunque ha i suoi limiti. Tuttavia non manca la spinta all’innovazione. Confindustria Rieti scommette sulle energie rinnovabili, un campo ancora interamente da esplorare. Ai giovani chiediamo maggiore elasticità e voglia di mettersi in gioco. Alle piccole e medie imprese chiediamo di puntare sulla formazione e di interagire con il mondo universitario». LAZIO 2010 • DOSSIER • 77


CONFINDUSTRIA

Il marketing per rilanciare Latina L’appeal paesaggistico delle terre sabaude passa per la riqualificazione della filiera turistica. Lo sviluppo tocca tutte le eccellenze del territorio, dalle località balneari ai tesori architettonici. A colloquio con Domitilla Verga, presidente del settore turismo di Confindustria Latina Paola Maruzzi

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ntegrato, sostenibile, enogastronomico, culturale, in perenne trasformazione. Il turismo non è solo il prodotto sociologico di una società evoluta. È soprattutto un concentrato di iniziative imprenditoriali, capaci di produrre beni, servizi e nuovi immaginari. Latina strizza l’occhio alle strategie di marketing per riempirle di un senso inedito. Nasce così il primo e sperimentale brand territoriale. In “vendita” le tradizionali bellezze autoctone, rivisitate in chiave contemporanea. Per il presidente della sezione turismo di Confindustria Latina, Domitilla Verga, si tratta di un primo passo per colmare le carenze strutturali di un sistema ancora acerbo. L’indotto del turismo può aiutare il rilancio del provincia sabauda. Il brand Terra Imperiale, studiato per comunicare un determinato prodotto turistico e non più, in generale, l’intero territorio, fa di Latina una roccaforte di sperimentazioni. Come è nato questo progetto-pilota? Sta dando segnali positivi? «Il brand Terra Imperiale è solo la rappresentazione evi78 • DOSSIER • LAZIO 2010

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Potremmo cominciare a intercettare importanti flussi turistici, di cui oggi recepiamo solo una piccolissima fetta

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dente dell’importante lavoro svolto dal tavolo tecnico per il turismo integrato, istituito dalla Camera di Commercio. Lo sviluppo turistico del nostro territorio da sempre risente di notevoli carenze di programmazione, sia da parte delle istituzioni che delle imprese: entrambe poco abituate alla progettazione condivisa a medio e lungo termine. Le imprese turistiche, già fortemente impegnate a contenere gli effetti negativi della crisi economica, oggi si sono coraggiosamente lanciate in questo lavoro di riprogettazione del sistema, in cui difficoltà economiche e concorrenza divengono strumenti di rilancio per nuovi prodotti. È presto per trarre conclusioni, ma certo un nuovo sistema di approccio va delineandosi». Il tema del rilancio taglia trasversalmente tutti i settori dell’economia; quello turistico sembra averne particolarmente bisogno. Tuttavia la promozione del territorio rischia di essere scontata, poco efficace. A tal proposito, in cosa si differenzia il cosiddetto


Domitilla Verga

marketing “esperenziale”? «Per il turismo, settore dai margini di sviluppo notevoli, abbiamo scelto di lavorare con una strategia adeguata al momento e ai nuovi scenari internazionali. Abbiamo così individuato un prodotto turistico ben definito: Terra Imperiale. Nel brand sono rappresentati i quattro momenti storici che hanno interessato il nostro territorio, come evidenziato nel pittogramma scelto che stilizza l’Impero e i Regni legati al periodo Romano e Sabaudo, l’architettura razionalista, il Regno Borbonico e la spiritualità connessa all’influenza della Chiesa e dei papi. La finalità è consolidare e rendere realmente competitivi e accattivanti i temi forti, il mare e l’ambiente, e svilupparne di nuovi. Si punta a suscitare emozioni, a consolidare il ricordo dei luoghi e soprattutto a considerare il turista come ospite gradito e non solo funzionale alle logiche del business». Quali sono i punti forza della provincia di Latina? «La ricerca di specializzazione e definizione accurata dei temi scelti hanno delineato i sottoprodotti di ciascun attrattore. Per il balneare, la spiaggia, i fondali e le isole; per le destagiona-

lizzazione le nozze e i convegni; per l’ambiente le tenda e i parchi; architettura, spiritualità e gusto per l’entroterra. La grande novità sarà, una volta terminata la fase di elaborazione, la condivisione di questa nuova visione da parte di tutti gli operatori del settore e soprattutto delle istituzioni preposte». È l’era del turismo integrato. In altre parole, per le imprese significa diversificare l’offerta. Come si prepara Confindustria Latina ad accogliere la sfida? «La dimensione del nostro turismo è certamente inferiore alle effettive potenzialità; è un turismo motivato prevalentemente da legami di origine, di amicizia o di consuetudine, piuttosto che dal reale interesse di mercato verso le località, che non valorizza le eccellenze del territorio e ne disincentiva la riorganizzazione delle risorse. È necessario creare un “cappello comune” alle innumerevoli iniziative turistiche per costituire una rete unica d’identità e rispondere così più chiaramente ai bisogni complessi del cliente e delle imprese, garantendo criteri di unicità, tradizione e affidabilità del territorio. Solamente così potremmo cominciare a intercettare importanti flussi turistici, di cui oggi recepiamo solo una piccolissima fetta dell’immensa torta e solo grazie alla notorietà di alcune località balneari». Giovani qualificati e voglia di fare impresa: quali opportunità offre loro la provincia di Latina? «Non voglio avventurarmi in irrealistiche proiezioni future. Sento forte però una convinzione da comunicare ai giovani: non abbiate paura di tradurre le vostre idee in progetti reali. Sia ai futuri imprenditori che ai lavoratori di oggi e domani dico, inoltre: preparatevi, studiate, specializzatevi e siate flessibili, perché il mondo del lavoro tout court esigerà sempre di più competenza e flessibilità».

34 mln TURISTI

Rispetto al panorama europeo il Lazio è la terza regione che presenta il numero più alto di visitatori all’anno

2% PIL

È la piccolissima fetta occupata dal turismo culturale e creativo

In apertura, Domitilla Verga, presidente sezione turismo di Confindustria Latina

LAZIO 2010 • DOSSIER • 79


CONFINDUSTRIA

Il ritorno all’atomo e lo sviluppo locale Ancora non c’è nessuna voce ufficiale ma a Montalto di Castro la notizia di una centrale nucleare fa già discutere. Tra scetticismi e prospettive di crescita, il presidente di Confindustria Viterbo Domenico Merlani si schiera dalla parte dello sviluppo territoriale Paola Maruzzi

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l Governo Berlusconi riapre un capitolo archiviato da tempo nel fascicolo delle politiche energetiche nazionali. Ipotesi nucleare. Una possibilità che scava dentro la memoria collettiva e porta a galla la paura del disastro ecologico. Mentre da una parte all’altra si schierano contrari e favorevoli, Domenico Merlani, presidente di Confindustria Viterbo, scavalca le semplificazioni e guarda alla questione in chiave progressista. Il suo intervento è l’ennesimo tentativo di sgombrare il campo da leggende antiscientifiche e guardare oltre la filigrana di timori infondati. Sono in gioco il futuro energetico del Paese e lo sviluppo industriale della Tuscia. Le imprese del viterbese puntano i riflettori su Montalto di Castro, dove si paventa la possibile costruzione di un nuovo impianto. E dove campeggia ancora la vecchia

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centrale accantonata negli anni Ottanta, insieme al business dell’atomo. Il Governo punta al nucleare come scelta urgente e necessaria. Al summit di Cernobbio, lo ha ribadito anche il ministro dell’Economia Tremonti. Ritiene che questa strada sia praticabile? «Il nucleare è una scelta indispensabile per abbattere i costi dell’energia delle imprese, che incidono in modo sostanziale sulla produzione, a tal punto da penalizzarne le perfomance competitive. Per questo il nostro auspicio è che in Italia si torni quanto prima ad attuare una politica energetica che tenga conto anche dell’opzione nucleare». Montalto di Castro è uno Domenico Merlani, dei siti papabili per la copresidente di Confindustria Viterbo struzione di un impianto. Al


Domenico Merlani

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Le nostre aziende saranno favorite dalla costruzione della centrale se potranno contare su un percorso a tappe

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10 mln BENEFICI

È la somma prospettata dal governo per gli enti locali e le popolazioni che ospiteranno le centrali

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IMPIANTI È ciò che si propone di fare il governo. Le centrali saranno così distribuite: tre al Nord, due in Centro Italia e una al Sud

di là delle polemiche, quello dell’atomo sembra essere un business interessante. Quali ripercussioni positive potrebbe indurre sull’economia locale? «I benefici che ne trarrebbe l’economia della Tuscia sarebbero diretti e indiretti. Diretti, in quanto il provvedimento legislativo prevede che vengano destinate risorse a beneficio degli abitanti e delle imprese ubicate nel territorio in cui viene individuato il sito della centrale. Indiretti, perché quando si costruisce una grande opera infrastrutturale come questa, dalle fasi di progettazione fino al suo effettivo funzionamento, è prevedibile che in diverse forme venga coinvolto in modo sostanziale anche il sistema economico locale». Persino l’astrofica Margherita Hack, pur non condividendo in pieno la politica ener-

getica del governo, si è schierata a favore del nucleare, a suo parere ingiustamente demonizzato dall’opinione pubblica. La costruzione del consenso è, dunque, un passaggio indispensabile. Quale contributo potrebbe dare, in tal senso, Confindustria Viterbo? «A mio avviso la scelta nucleare è stata accantonata con troppa superficialità, senza una conoscenza diffusa dei rischi effettivi e dei benefici. È indubbio che la produzione di energia, anche quella proveniente da fonti alternative, non può essere indolore. Assistiamo in questi giorni nella provincia di Viterbo alle vibranti polemiche sollevate per l’installazione di grandi estensioni di pannelli solari fotovoltaici o delle pale per l’energia eolica. Credo che il nucleare abbia invece il grande vantaggio di consentire un’elevata produzione di energia in uno spazio estremamente ristretto. Per questo abbiamo chiesto a Confindustria nazionale e all’Enel di promuovere nella Tuscia una serie di incontri per far illustrare da autorevoli esponenti scientifici gli effettivi rischi per la salute e per l’ambiente procurati dalla presenza di una centrale nucleare». La provincia di Viterbo pare essere un territorio votato alla produzione di energia. Ora l’ipotesi nucleare rilancia con forza la sfida dell’innovazione tecnologica, incoraggiando un percorso di riqualificazione della filiera interessata. Che ruolo potrebbero avere le imprese del viterbese? «È vero che la provincia di Viterbo si distingue per la sua elevata produzione di energia: basti pensare che, a distanza di soli trenta chilometri, c’è già adesso la più elevata concentrazione europea di centrali energetiche. E ciò, va detto, crea enormi vincoli allo sviluppo imprenditoriale del territorio. Per questo auspico che per portare un reale beneficio alle imprese locali la decisione della centrale nucleare di Montalto di Castro sia accompagnata da una revisione del quadro produttivo energetico della Tuscia. Al tempo stesso le nostre aziende potranno essere favorite dalla costruzione della centrale, mettendo in campo anche ingenti investimenti, se potranno contare su un percorso a tappe con tempi predefiniti e certi». LAZIO 2010 • DOSSIER • 81




RICERCA E HI-TECH

Passa da Roma la sfida della tecnologia Innovazione e competitività sono elementi fondamentali nella creazione dei piani di sviluppo per le imprese. Dall’esperienza del Tecnopolo Tiburtino emerge come questa realtà contribuisca a migliorare lo sviluppo e l’occupazione dell’area romana. Lo spiega l’amministratore delegato Franco Calvani Renata Gualtieri

S In apertura, una veduta area del Tecnopolo Tiburtino

econdo il rapporto Creaimpresa 2010 di Bic Lazio e Met (Monitoraggio Economia e Territorio) l’innovazione è in flessione, così come gli investimenti e le attività di ricerca e sviluppo. «Complessivamente nel Lazio il 25,5% delle imprese dichiara di aver introdotto almeno una forma di innovazione, con una percentuale lievemente superiore rispetto alla media nazionale (20,6%). Tale dinamica è spiegata per lo più dal buon comportamento innovativo di micro e piccole imprese, che presentano una percentuale significativamente superiore al dato italiano, anche se rispetto a quanto fatto registrare nel 2008 si evidenzia una forte contrazione delle attività innovative sia a livello regionale che su scala nazionale. Le medie e grandi imprese sono quelle che hanno risposto alla crisi economica riducendo maggiormente il processo innovativo. Le micro imprese laziali però sembrano aver reagito con una riduzione del-

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l’attività di innovazione meno pronunciata rispetto alle altre regioni. La vera nota positiva riguarda l’apertura del sistema produttivo locale verso l’estero. Tra le micro-imprese laziali si è passato dal 7,5% all’11,2%. Le imprese laziali che hanno stretto rapporti commerciali con partner e clienti esteri è salita dall’8,7 al 13%, soprattutto in virtù dell’export diretto (+3,8%)». Innovazione e competitività rimangono elementi fondamentali nella creazione dei piani di sviluppo per le imprese che desiderano imporsi sui mercati globali. La concorrenza delle economie dei paesi emergenti e il continuo cambiamento che i prodotti e i servizi subiscono nei mercati costituiscono un con-


Tecnopolo Tiburtino

Il Tecnopolo Tiburtino ha significato uno sviluppo della viabilità, delle infrastrutture e dei sistemi energetici del quadrante est di Roma

3,9 mila

creto pericolo per le imprese italiane, soprattutto per quelle di dimensioni ridotte. Il Tecnopolo Tiburtino, che è il primo polo tecnologico della città di Roma, è un progetto innovativo il cui obiettivo è proprio quello di realizzare un sistema organizzato capace di attrarre iniziative imprenditoriali ad alto contenuto tecnologico, rilanciando settori industriali e post-industriali avanzati. Un’area di 70 ettari, che si espande dalla Tiburtina, località Settecamini, fino all’autostrada Roma-L’Aquila. Ben 65 imprese ospitate, 29 concentrate sulla tecnologia dell’informazione e della comunicazione e 3.918 le persone impiegate. Dalle parole di Franco Calvani, amministra-

LAVORATORI Sono le persone impiegate all’interno del Tecopolo Tiburtino

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IMPRESE Sono quelle ospitate all’interno del Tecnopolo Tiburtino

tore delegato del Tecnopolo Tiburtino si capisce come questa struttura contribuisca a migliorare e qualificare lo sviluppo e l’occupazione dell’area romana. «Bisogna ricordare che siamo intervenuti in un’area che era un agro romano – sottolinea Franco Calvani, amministratore delegato del Tecnopolo Tiburtino – e oggi è un distretto tecnologico e questo ha significato uno sviluppo del quadrante est di Roma, compresa viabilità, infrastrutture e sistemi energetici. Noi a Tiburtina, che è l’unica esperienza nel Lazio, alimentiamo le imprese attraverso la cogenerazione dei sistemi energetici rinnovabili. Sono stati effettuati un insieme di interventi sia di natura logistica, sia di natura infrastrutturale e la creazione di un centro di trasferimento tecnologico e, anche attraverso il supporto di Roma Ricerche, aiutiamo costantemente le imprese che si muovono sulla strada dell’innovazione. Attenzione anche alla qualità ambientale e alla qualità della vita. Nei circa 72 ettari che comprendono l’area del Tecnopolo Tibur- LAZIO 2010 • DOSSIER • 85


RICERCA E HI-TECH

con gli atenei invece bisogna fare un’azione più mirata anche con laboratori che possano avere interesse in termini di ricaduta produttiva. Ad esempio il laboratorio di Tor Vergata che è presente all’interno del nostro Polo, è assolutamente all’avanguardia, sta studiando infatti le tecnologie sul fotovoltaico delle prossime generazioni e all’interno del Tecnopolo Tiburtino ci sono due società che lavorano le parti che a loro servono per industrializzare la ricerca. Quindi questi devono essere i collegamenti necessari tra ricerca e impresa e lo sforzo va fatto in questa direzione. C’è ancora tanto da fare ma va tutto fatto con i tempi dovuti anche perché noi a differenza di altre realtà come, ad esempio, Kilometro Rosso a Bergamo, non abbiamo una grande impresa che

ESA E LE IMPRESE TECHNOLOGY BASED Credits: ESA

tino, 16 sono di verde».

Restano comunque ancora necessari investimenti per portare il sistema imprenditoriale romano verso modelli produttivi innovativi e tecnologicamente avanzati. «È chiaro – spiega Calvani – che i processi avanzano, le esigenze aumentano e quindi chi come noi ha una funzione di supporto rispetto alle imprese deve sempre stare attento a quello che il mercato richiede. Le imprese oggettivamente non possono pensare a tutti gli aspetti collaterali che invece sono utili per la funzionalità del sistema e dell’impresa stessa». Tra i prossimi obiettivi del Tecnopolo c’è innanzitutto il completamento del progetto. «Bisogna rendersi conto che 72 ettari è un quartiere, cioè è un’area vasta e noi – precisa – ancora non abbiamo completato il progetto. Bisogna necessariamente riuscire a portare anche altri pezzi di università all’interno, perché se le imprese vengono naturalmente,

86 • DOSSIER • LAZIO 2010

La testimonianza di Luigi Fusco, senior advisor for earth observation application di Esa e responsabile per l’Incubatore Esa Bic Italy a dimostrazione della grande vocazione aerospaziale del Tecnopolo uale è il ruolo di Esa e quale contributo offre all’interno del Tecnopolo Tiburtino? «L’accordo di cooperazione che Esa ha con Bic Lazio per il progetto di incubazione di nuove imprese che lavorano per il trasferimento di tecnologie spaziali ad altri settori, opera nel polo Tecnologico Tiburtino ed è gestito dalla sede Esa in Italia a Frascati. Oltre che in Italia, il programma di Incubazione di Esa è attualmente in funzione presso altri centri Esa in Olanda e in Germania. Anche se il centro ITech non è vicinissimo a Frascati, è stato preferito il Tecnopolo Tiburtino in quanto l’area Tiburtina ha grande vocazione aerospaziale con la presenza dei più grandi attori del

Q

settore in Italia ed in Europa. Inoltre la grande dimensione del polo Tiburtino permette la creazione di una rete di collaborazione fra piccole imprese e questo è assolutamente indispensabile per offrire nuove opportunità alle giovani start up formate a ITech». C’è un dialogo costruttivo con gli attori del sistema imprenditoriale e scientifico locale? «Esa è molto attenta ai rapporti con il territorio, con le istituzioni, con le università e i centri di ricerca e con il sistema imprenditoriale locale. In particolare Esa-Esirin ha da molti anni rapporti di collaborazione con le università romane e con i centri nell’area Frascati. Questo ha permesso una particolare promozione dei risultati


Tecnopolo Tiburtino

trascina l’indotto e produce l’effetto calamita. All’interno del Tecnopolo Tiburtino sono tutte piccole e medie imprese con dimensioni dai 10 ai 150 dipendenti che ovviamente hanno una loro vocazione quindi si rivela un lavoro un po’ più laborioso e complicato». Tra le forme di collaborazione attive un accordo quadro tra la Camera di Commercio di Roma, che è il socio di riferimento del Tecnopolo Tiburtino, e le tre università pubbliche romane per favorire il trasferimento tecnologico. «Rispetto ad alcuni anni fa – conclude Franco Calvani – gli atenei, che erano molto autoreferenziali, si sono posti il problema della collaborazione e di trasferire anche i loro laboratori e i loro impianti dentro il Tecnopolo Tiburtino».

Credits: ESA

della ricerca per promuovere spin off che sono stati incubati. Ci sono interessanti esempi di grande cooperazione sul territorio, come per esempio è avvenuto per il progetto Megalab finanziato dalla Regione Lazio e che ha visto integrare, come estensione della rete unitaria della pubblica amministrazione, una rete informatica dedicata ad altissima velocità (fino a 80 Gbs) tutti i centri di ricerca a Frascati con le università, con i maggiori Policlinici e molte altre istituzioni romane».

Quali importanti strumenti offre Esa per promuovere la cultura scientifica nell’area romana? «Dal 18 al 26 settembre Frascati ha ospitato la “Settimana della scienza”, in collaborazione con Frascati Scienza, l’Erasmus Medical center di Rotterdam, il Cern di Ginevra e con i maggiori istituti di ricerca italiani. L’evento ha portato circa 20.000 giovani studenti e ricercatori nelle piazze e nei centri di ricerca della cittadina. La concentrazione e la collabora-

zione di varie capacità scientifiche (Università Tor Vergata, Cnr, Enea, Infn, Inaf, Esa) in un’area ristretta è sicuramente un vantaggio per promuovere cultura scientifica sul territorio. In questo momento attraverso la collaborazione di Frascati Scienza, Esa e altri centri stanno promuovendo sul territorio progetti su nuovi approcci alle energie alternative fotovoltaico e mini-eolico e rapporto fra scienza, territorio e vino che è la vocazione principale di Frascati».

LAZIO 2010 • DOSSIER • 87


RICERCA E HI-TECH

B

ic Lazio è nata ormai venti anni fa dall’esigenza di valorizzare le energie e le risorse locali e tutte quelle opportunità di nuova imprenditorialità innovativa che il territorio della regione esprime, i sistemi di relazione e le reti, i centri di competenza che da sempre sono visti come i principali bacini all’interno dei quali individuare iniziative imprenditoriali innovative. «Bic Lazio – sostiene Luigi Campetelli, direttore generale Bic Lazio – è nato quando si è capito che questa regione, che è storicamente percepita come una terra dall’economia a due facce, da un lato un sistema di grande impresa prevalentemente di origine esterna, dall’altro un sistema di piccole imprese di prossimità che davano risposte al mercato locale, aveva bisogno, di sostenere i processi di sviluppo di nuova impresa che nascessero dai sistemi di competenza locale. Pensiamo soltanto a uno dei settori di punta dell’industria manifatturiera di questa regione che è l’elettronica applicata al militare e all’aerospazio, è stato un settore che ha generato moltissima piccola e media impresa che è stata creata nel campo dell’informatica, che è stata creata da quegli ingegneri e tecnici che progressivamente hanno deciso di mettersi in proprio nel momento in cui ritenevano più opportuno per loro costruire una loro piccola realtà a fronte di un rallentamento di crescita che c’era all’interno di quel sistema di impresa». Il Lazio esprime un forte centro di competenza dell’elettronica legata alla meccanica ed è proprio nato nel contesto della cosiddetta “Tiburtina valley”. Bic Lazio ha l’obiettivo di intercettare questi elementi di innovazione e aiutarli a sviluppare progetti imprenditoriali e più in generale aiutare i singoli attori del sistema a collegarsi tra loro e quindi ad essere propulsivi nel sostenere la crescita e lo sviluppo di imprese innovative.

88 • DOSSIER • LAZIO 2010

Bisogna puntare sull’integrazione «L’impresa non nasce dal nulla ma viene dal saper fare che si è sviluppato all’interno delle imprese già esistenti, dei centri di ricerca e dovunque si creano circuiti di innovazione». L’intervento di Luigi Campetelli, direttore generale Bic Lazio Renata Gualtieri

Secondo il rapporto Creaimpresa 2010 nel Lazio si è assistito ad un incremento delle piccole e medie imprese ma sia nel 2008 che nel 2009 c’è stato un calo di quelle che fanno innovazione. Cosa ha portato a questo scenario? «La prima reazione alla crisi è quella di guardare all’oggi perché è una strategia di difesa e quindi così è spiegabile un relativo rallentamento degli investimenti in innovazione, però il rapporto dava una lettura a doppia faccia, se da un lato faceva emergere questo

Sopra, Luigi Campetelli, direttore generale Bic Lazio; a destra, l’incubatore Itech Bic Lazio


Bic Lazio

aspetto dall’altro evidenziava come le micro imprese meno innovatrici avevano fatto comunque registrare un seppur leggero incremento degli investimenti in innovazione. Questo lo abbiamo visto anche in quelle che fanno parte del nostro sistema e che abbiamo seguito noi come Bic Lazio. Ne ricaviamo il fatto che se il primo contraccolpo della crisi può portare questo effetto di rallentamento del processo si innovazione però anche i soggetti per così dire più deboli, come sono le micro imprese, se hanno una capacità di risposta che le porta a stare sul mercato, necessariamente si orientano in maniera flessibile si orientano a trovare nuove ricette. In fondo l’innovazione è questa, è la ricerca di nuove ricette. Noi la leggiamo non solo come innovazione tecnologica ma come ricerca di nuovi spazi di mercato o come ricerca di nuovi sistemi di rapporto tra imprese». Quale è il grado di apertura internazionale del sistema produttivo regionale e come ha tenuto di fronte alla crisi?

«Tradizionalmente l’area romana e il Lazio non sono un’area particolarmente orientata all’internazionalizzazione. Però proprio il rapporto Creaimpresa ci dice che c’è stato un aumento delle imprese che è passato in un anno proprio tra le micro imprese dal 7,5 all’11,2 % e questo è un dato che ci fa ben sperare perché riteniamo che sia importante per un’impresa costruire progettualità sulla base di reti relazionali ampie, di carattere internazionale. Questo crea maggiori opportunità di mercato e occasioni per sviluppare più velocemente prodotti innovativi. Le imprese dell’area dell’economia e della conoscenza rafforzano la loro competitività se si muovono all’interno di reti di operazione lunga che sono di carattere internazionale». Quanto contribuisce il Tecnopolo di Roma a sostenere lo sviluppo del territorio regionale? «Il Lazio non è una regione di distretti ma è una regione all’interno della quale esistono alcuni poli di concentrazione produttiva e ci sono al-

64,1% IMPRESE Sono quelle che hanno non hanno effettuato alcun tipo di investimento in ricerca e sviluppo nel 2009 nel Lazio

62,1% IMPRESE Sono quelle che hanno non hanno effettuato alcun tipo di investimento in ricerca e sviluppo nel 2009 in Italia


RICERCA E HI-TECH

IMPRESE E INNOVAZIONE Classe dimensionale

1-9

10-49

50-248

< 250

2008 Lazio

34,0

45,2

64,8

81,0

Italia

29,2

53,6

64,7

76,2

2009 Lazio

25,2

30,1

38,1

33,0

Italia

19,8

27,7

37,0

52,0

Percentuali di imprese che hanno introdotto almeno una forma di innovazione, dettaglio dimensionale e regionale, 2009. (Fonte: Creaimpresa)

cuni settori che hanno un’importanza priori- terno di questa città e di questa regione sertaria. L’information communication technology è storicamente importante nell’area romana ed è una filiera che ha bisogno di processi di aggregazione, di rete di imprese che sono generalmente di dimensioni più piccole delle imprese manifatturiere. Una struttura come il Tecnopolo, che è un luogo fisico nel quale si possa favorire l’aggregazione perché le imprese sono vicine e il dialogo è naturalmente facilitato, è un’opportunità che all’in-

viva per fare uscire le imprese dal sottoscala e farle essere in un ambiente nel quale diventa più facile lavorare e cooperare e più semplice acquisire anche visibilità rispetto all’esterno. La collaborazione con l’Esa che ci ha portato ad insediare alcune imprese nell’area del Tecnopolo è il segno del fatto che riesce a lavorare efficacemente se si fa un lavoro di aggregazione, dove costringere i vari attori a dare ciascuno un proprio contributo con molta

UN INTERESSANTE SPIN OFF ACCADEMICO Sensorize è una delle giovani aziende che sta seguendo un processo di incubazione aziendale all’interno della struttura Itech di Bic Lazio, nell’area del Tecnopolo. Lo illustra Marco Figura, amministratore unico dell’azienda ual è il rapporto tra il polo tecnologico e le aziende del territorio? «Il Tecnopolo, per la capacità di contenere al suo interno forme di innovazione differenti, per la fervida attività in termini di diffusione e di comunicazione, nonché per il supporto nelle tematiche più ostiche per l’imprenditore, costituisce un punto di riferimento di sicuro ancoraggio per moltissime aziende del territorio che fondano il proprio operato sull’innovazione tecnologica».

Q

90 • DOSSIER • LAZIO 2010

Che tipo di collaborazione Sensorize ha instaurato con gli atenei del territorio? «Oggi siamo estremamente impegnati in una crescita interna e la maggior parte degli sforzi viene fatta per lo sviluppo e l’implementazione delle soluzioni ideate dai membri della società. Tuttavia, l’interscambio delle proprie conoscenze con altre realtà del Tecnopolo avviene molto frequentemente, per ricercare eventuali sinergie e operazioni di co-business. Es-

sendo uno spin off accademico dell’Università degli Studi di Roma Foro Italico, la nostra realtà ha nel proprio Dna il contatto continuo con gli atenei, al fine di rendere fruibile a tutti ciò che viene implementato all’interno di essi». Quanto parte del fatturato è investita in ricerca e sviluppo? «All’interno di mercati caratterizzati da elevata tecnologia ma anche di soluzioni che “invecchiano” rapidamente, riteniamo fondamentale investire in ri-

A destra, Marco Figura, amministratore unico di Sensorize


Bic Lazio

umiltà, con molta pazienza e perseveranza. Questo caratterizza il nostro lavoro che non è episodico ma necessita di sistematicità perché deve essere in grado di capire la domanda delle imprese e poi per ciascuna costruire le risposte su misura andando a trovare il partner, l’attore, anche il soggetto pubblico che può dare il contributo e sicuramente ora ci aspettiamo un grande aiuto dalla nuova Camera di Commercio». Quanto ritiene sia importante il Fondo per la creatività 2010 per sostenere le imprese creative e favorire la nascita di nuove attività imprenditoriali? «È un’iniziativa utile che va nella direzione giusta che è quella di concentrare l’attenzione dei soggetti pubblici nel sostegno di una filiera di attività che in questa regione è importante. L’area metropolitana di Roma è un importante bacino di creatività per la presenza di università, di centri di competenza e quindi di energie giovani che possono rappresentare una forte iniezione all’interno di queste filiere. Noi siamo una società in house della Regione, ma nasciamo come soggetto di partenariato pubblico privato e abbiamo a

cerca e sviluppo, in modo da poterci garantire un reale vantaggio competitivo rispetto ad aziende a noi affini. Nell’ultimo anno, più del 50% del fatturato è stato reinvestito in ricerca e sviluppo, garantendo l’implementazione in tempi molto buoni di diverse soluzioni che verranno proposte al mercato per generare nuova economia». Su cosa state lavorando attualmente? «La società opera nel campo dello sport e della riabilitazione, offrendo soluzioni per il monitoraggio del movimento umano e la sua valutazione funzionale attraverso sensori indossabili di piccole dimensioni, leggeri, completamente senza fili e molto semplici da usare. Abbiamo attivato collaborazioni con molteplici federazioni sportive, con l’intento di coprire ogni attività sportiva con una nostra applicazione che ne possa oggettivare le principali tecniche e aiutare l’utente finale a migliorare la propria presta-

tutt’oggi la Camera di Commercio di Roma e l’Unione delle Camere di Commercio del Lazio tra i nostri soggetti. Già alcuni anni fa esistevano i laboratori sulla creazione di impresa innovativa, un progetto di collaborazione tra Bic Lazio e Camera di Commercio con attenzione alle problematiche di sviluppo d’impresa nelle filiere della creatività. Sempre con la Camera di Commercio recentemente abbiamo realizzato un progetto che si chiama “Nuove idee per nuove imprese”».

zione. I progetti sui quali stiamo lavorando al momento riguardano il nuoto, lo sci e l’utilizzo di sistemi Gps indossabili». Quali sono le difficoltà più frequenti che ancora oggi incontrano le imprese nel percorrere la strada dell’innovazione? «Fare ricerca ha costi molto elevati, che vanno dal personale qualificato, alla strumentazione, alla brevettazione delle proprie idee. Se le grandi aziende possono sostenere onerosi centri di innovazione, le piccole realtà faticano particolarmente, in quanto si trovano a dover affrontare contemporaneamente le fasi di ricerca e sviluppo e di commercializzazione del risultato, unica fonte di sostentamento per l’innovazione stessa. Una maggiore facilità e rapidità per ottenere erogazioni di fondi per l’innovazione potrebbe consistere nella principale soluzione al problema». Crede che sia necessario un processo di

trasformazione all’interno del settore e un’attenzione più spiccata verso i mercati esteri? «Credo che in Italia la situazione sia migliorata e si stia allineando ad altre realtà europee molto più avanti della nostra e che fanno delle loro aziende innovative la principale fonte di reddito. È necessario creare una cultura di impresa già dall’università, spingendo i giovani a puntare sull’innovazione e sulla creazione di una propria attività. Le lungaggini burocratiche che si affrontano costituiscono, anche ora, uno dei principali freni a questo processo».


Accendiamo il voto D La progettazione di sistemi informatici ed elettronici che consentono l’automazione dei lavori parlamentari, deve rispondere a esigenze particolari e complesse. Innovazione, sviluppo tecnologico e affidabilità, prima di tutto. L’analisi di Enzo Costa Ezio Petrillo

92 • DOSSIER • LAZIO 2010

al Parlamento europeo a quello italiano, dalle Province ai Comuni, il sistema di votazione delle Istituzioni locali e nazionali necessita di un supporto tecnologico sicuro, veloce e affidabile. I sistemi informatici devono rispondere a esigenze di alto livello, come la precisione e la maggior semplificazione possibile dell’iter legislativo. Gli interessi in gioco, in questo caso, appartengono sì alle istituzioni, ma soprattutto alla collettività, che può beneficiare, seppur indirettamente dello svolgimento regolare e affidabile delle votazioni parlamentari. E per chi gestisce il “dietro le quinte” di quei sistemi elettronici la responsabilità è enorme. «Abbiamo realizzato i sistemi di votazione elettronica per i due grandi emicicli del Parlamento europeo di Strasburgo e di Bruxelles e per altre 25 aule delle Commissioni. Complessivamente sono stati installati al Parlamento europeo circa 7.000 postazioni. La grande esperienza acquisita


Politica e automazione

nella realizzazione di impianti di grandi dimensioni ci ha permesso di applicare la stessa tecnologia in realtà istituzionali di dimensioni più ridotte». A parlare è Enzo Costa, Presidente di Eurel Informatica. La vostra azienda si occupa da oltre 25 anni di sistemi informatici ad alta tecnologia destinati all’automazione dei lavori parlamentari. Quali sono le differenze rispetto alle applicazioni in altri settori? «Senza dubbio il valore aggiunto più importante è l’assoluta conoscenza delle problematiche legate ai lavori d’Aula. L’esperienza acquisita contribuisce in modo determinante a definire le caratteristiche dei sistemi e le effettive necessità. Ovviamente, non si deve dimenticare la notevole preparazione elettronica e informatica del team di progettisti che lavora da moltissimi anni in questo settore specifico dell’Information Technology. La particolare attenzione allo sviluppo e all’innovazione delle nuove tecnologie digitali è poi fondamentale». Come è nata l’idea di collaborare con il Parlamento prima e con varie istituzioni

locali poi, e quali oneri ha comportato Enzo Costa, Presidente di Eurel questo tipo di collaborazione? Informatica Spa, «La nostra società è stata costituita per ope- azienda leader rare essenzialmente nel campo dei lavori nella progettazione dei sistemi elettronici delle assemblee parlamentari e, dopo il suc- di votazione per cesso ottenuto con il primo sistema elettro- le aule parlamentari nico di voto realizzato per il Parlamento Europeo, anche in Italia si sono accorti di noi. Realizzare anche i sistemi elettronici di voto per i due rami del Parlamento italiano è stata una naturale conseguenza. Nel seguito anche numerosi enti locali hanno richiesto la nostra collaborazione confermando così che questi sistemi sono necessari in tutte le situazioni che prevedono assemblee decisionali. Gli oneri sono essenzialmente quelli derivanti dalla enorme responsabilità di fornire un prodotto di alta qualità, sicuro, affidabile e il cui uso che non dia adito ad alcuna contestazione». Qual è la peculiarità dei sistemi integrati multimediali? «L’aspetto più significativo dei nostri sistemi è la soluzione personalizzata dei problemi che in ogni aula parlamentare si possono ››

Il futuro è sicuramente legato allo sviluppo di tecnologie che possano collegare i terminali a reti cablate o wireless

LAZIO 2010 • DOSSIER • 93


SISTEMI INFORMATICI

L’innovazione tecnologica più significativa è, senza dubbio, l’uso del badge con chip per il riconoscimento dei deputati

1991 ›› presentare e che sono sempre diversi da cliente a cliente. I sistemi integrati multimediali, frutto di anni di esperienza, sono costituiti da specifici moduli che si integrano per dare tutte le soluzioni alle necessità di utilizzo, dalla votazione elettronica alla trasmissione in diretta delle sedute». Quali evoluzioni tecnologiche ci sono state nel corso di questi anni? «L’Eurel ha sempre curato, in modo particolare, il settore ricerca e sviluppo. In questo modo, siamo riusciti a utilizzare, per primi, alcuni dispositivi che poi sono diventati uno standard usato anche dai nostri concorrenti. A parte tutte le innovazioni poco appariscenti ma di indubbia utilità, le innovazioni tecnologiche più importati e significative sono state, senza dubbio, l’uso del badge con chip per il riconoscimento dei deputati, utilizzato per la prima volta nel 1991 nel sistema installato nell’Emiciclo di Bruxelles del Parlamento europeo. A seguire, l’uso di ampi display Lcd a colori con schermo touch-screen installati sui termi94 • DOSSIER • LAZIO 2010

IL BADGE

È l’anno in cui è stato introdotto l’uso del badge con chip per il riconoscimento dei deputati al Parlamento europeo

2005 I DISPLAY

È l’annata in cui sono stati installati ampi display LCD a colori con schermo touch-screen sui terminali elettronici di voto al Senato italiano

7000 POSTAZIONI

È il numero delle postazioni di voto installate al Parlamento europeo da Eurel Informatica

nali elettronici di voto presenti nell’Aula del Senato italiano dal 2005 e, per ultimo, l’integrazione del sensore finger print sui terminali elettronici di voto installati nell’aula della Camera dei Deputati per garantire l’univocità del voto espresso. L’ergonomia, l’interazione tra l’utente e il sistema nonché la particolare destinazione d’uso sono il centro della ricerca e dello sviluppo dei nostri prodotti, il risultato è un uso estremamente facile nonostante la notevole complessità dei sistemi realizzati». Come immagina il futuro dei sistemi di automazione e votazione delle aule parlamentari di tutto il mondo? «Il futuro è sicuramente legato allo sviluppo di tecnologie che possano collegare i terminali a reti cablate o wireless, in modo da consentire che ogni postazione possa diventare un terminale remoto in grado di entrare in rete permettendo la completa interazione, proprio come se si fosse davanti al proprio computer. In questo senso, i nostri terminali già sono dotati di un’uscita Usb per il collegamento alla rete e, di conseguenza, sono già predisposti per il mondo delle tecnologie della comunicazione. Tutte le informazioni relative alle attività parlamentari sono rese disponibili in forma digitale in rete». Quale sistema da voi prodotto presenta le caratteristiche più significative? «Sicuramente il sistema di votazione elettronica realizzato per la Camera dei Deputati


Politica e automazione

Da sinistra il Vice Presidente Alessandro Balzano, il Presidente Enzo Costa, il Direttore Generale Francesco Costa e Anna Manzi www.eurel.it

COME VELOCIZZARE L’ITER DELLE LEGGI

italiana per l’uso indispensabile e per la documentazione relativa al voto che se ne ricava. A seguire, il Parlamento europeo per Eurel Informatica SpA è stata costituita nel 1986 dalla famiglia Costa, insieme a un gruppo di progettisti l’ampiezza del sistema che raccoglie due elettronici, e si occupa da oltre 25 anni di sistemi informatici ad grandi impianti a Strasburgo e a Bruxelles e alta tecnologia destinati all’automazione dei lavori altri 25 impianti installati in altrettante sale parlamentari. La società è in grado di progettare, realizzare, commissioni. Tutti i sistemi sono interconinstallare e condurre i sistemi in piena autonomia, producendo la quasi totalità delle apparecchiature direttamente nella nessi in rete con una regia centrale di conpropria azienda. Questa caratteristica peculiare ha reso l’Eurel, trollo e gestione. Per finire, il Parlamento alleader europea in questo specifico e particolare campo di banese il cui sistema raccoglie in sè tutti i applicazione dell’Information Technology. La politica moduli in uso nelle aule parlamentari, per la dell’azienda prevede che i sistemi forniti debbano possedere i massimi livelli di standard qualitativi in modo da rispondere prima volta riunite in un unico sistema». perfettamente alle richieste espresse, per ottenere un prodotto Quali progetti ha in mente l’azienda per rispondente alle effettive esigenze che devono essere assolte, e il futuro? garantire l’assoluta certezza dei risultati. In questo senso, «Intendiamo incrementare la nostra attività l’azienda è anche in grado di sviluppare gli studi di fattibilità di marketing per far conoscere ancora di più per conto delle Amministrazioni pubbliche alle quali si rivolge per “tagliare su misura” il sistema necessario alle proprie i nostri prodotti utilizzando un sistema porattività d’aula, evitando così lo spreco di risorse economiche o tatile che possa essere facilmente trasporspiacevoli costi extra in fase di realizzazione. In definitiva, tato e usato per dimostrazioni presso tutti l’Eurel Informatica SpA, con i propri sistemi, contribuisce ogni coloro che ne faranno richiesta. Ovviamente, giorno a migliorare il lavoro delle Istituzioni nazionali e locali, rendendo veloce, sicuro e ordinato il dibattito parlamentare e oltre a questo, ci sarà ancora tanto altro lal’iter delle leggi, rendendone orgogliosi dirigenti e tecnici. voro da realizzare, soprattutto al Parlamento europeo dove ormai quasi tutte le aule sono dotate di sistemi elettronici di voto».

L’

LAZIO 2010 • DOSSIER • 95


TELECOMUNICAZIONI

Le comunicazioni del domani iamo immersi in un flusso continuo di comunicazioni e le aziende che si occupano di sistemi di progettazione, realizzazione e manutenzione di sistemi di TLC, devono essere continuamente pronte allo sviluppo. Ma non solo. Diversificare il mercato, innovarsi, ricercare clientela di alto profilo sono tra le componenti principali per chi si occupa di realizzare sistemi all’avanguardia di comunicazioni a distanza. Il futuro, in questo settore, è nell’ utilizzo delle reti di telecomunicazioni per nuove applicazioni e servizi, oltre alla tradizionale trasmissione di voce e dati, quali ad esempio il monitoraggio e il controllo di sistemi di energia, dei trasporti e dell’ ambiente. A parlare è l’ingegner Rosario Sgroi, Amministratore Unico della Sotel azienda nata nel 1975. Quali sono le nuove strategie aziendali alla luce del cambiamento dei mercati di riferimento? «Nel rispetto della tradizionale prudenza l’azienda da tempo ha formulato nuove strategie rivolte a conseguire due primari obiettivi, la diversificazione del mercato e lo sviluppo dell’attività di ricerca. In armonia con suddette strategie l’azienda si è fatta promotrice di un Consorzio di imprese, che ha visto la nascita nel 2002, con la denominazione di Consorzio T8 – ICT oggi partecipato da cinque aziende dislocate in differenti aree

S

Ricerca, sviluppo, diversificazione del mercato. È il mix vincente per potersi affermare nel settore delle telecomunicazioni. La filosofia di Rosario Sgroi Ezio Petrillo

territoriali italiane. La costituzione del Consorzio ha permesso l’acquisizione di numerosi lavori con gli operatori tradizionali e di nuova clientela che, come esigenza primaria, richiede la copertura dell’intero territorio nazionale». Quanto è importante oggi puntare sulla ricerca? «L’azienda da qualche anno si è affacciata al settore R&D realizzando progetti innovativi nell’ambito dei sistemi di monitoraggio e controllo applicati all’energia e all’ambiente. La Da sinistra a destra l’ingegner Marco Sgroi (Manager R&D), l’ingegner Rosario Sgroi (Amministratore Unico), e Roberto Filosomi (Direttore Operativo) rosario.sgroi@sotel.it

96 • DOSSIER • LAZIO 2010


Ricerca e sviluppo

PROGETTARE SU MISURA a Sotel, Società Telecomunicazione di Roma, è un’azienda medio-piccola operante nella progettazione e realizzazione di sistemi di telecomunicazioni del tipo “chiavi in mano”. Nel corso degli anni, la proprietà, ha sempre privilegiato una politica e una strategia improntate sulla prudenza gestionale e sull’affermazione presso la primaria clientela nazionale, sia pubblica che privata. Di conseguenza, l’azienda, nel panorama della media e piccola imprenditoria, si caratterizza per alta autonomia finanziaria, qualificazione presso clientela di prestigio; elevate referenzialità e credibilità. Tra la clientela, di alto prestigio, figurano enti di Stato come Ministeri della Difesa, dell’Interno, primarie società come ELT, Telecom Italia, Telespazio, Raiway, Enav, Telettra (Alcatel), Ericsson, Selex, Nec Philps, Italtel, Thales. Oggi la Sotel si prepara alle nuove sfide che il mondo delle TLC e ICT propone in maniera pressante.

L

nostra impresa intende incrementare l’attività in questo settore avvalendosi del prezioso contributo di risorse interne qualificate e di consulenze esterne, sotto la guida dell’ Ing. Marco Sgroi che ha maturato specifiche esperienze manageriali in California e di recente aggregato in azienda». Quale è l’ambito territoriale della vostra attività? «L’azienda, in passato, ha operato esclusivamente in campo nazionale. Oggi invece si avverte, anche in funzione dell’organico che si è formato, una vocazione di espansione anche ai mercati esteri. Si pensa in particolare al mercato mediterraneo e non solo». Quali sono le più significative qualificazioni e certificazioni per operare al meglio nel vostro settore di riferimento? «Senza dubbio la Iso 9001/2008 rilasciata dalla Imq, che certifica il sistema qualità secondo normativa vigente. Oltretutto la nostra azienda possiede l’attestazione Soa. n. 8448/11/00 del 12/10/09 che qualifica l’impresa a eseguire appalti per numerose categorie di opere e classifiche di importi rilevanti nonche’ l’abilitazione per la sicurezza (Nocs). È importante, inoltre, l’iscrizione agli Albi Fornitori di primarie aziende».

In un settore in cui la formazione è basilare, quale politica segue l’azienda per il personale? «L’azienda ha sempre privilegiato la crescita interna dei propri dipendenti promuovendo corsi di formazione e di aggiornamento con regolare frequenza. L’impegno profuso dagli stessi ha fatto si che oggi riusciamo a disporre di tecnici e maestranze motivate e professionalmente qualificate che costituiscono, in fondo, la vera ricchezza di un’impresa». Quali sono i lavori più rilevanti realizzati dalla sua azienda? «Per ragioni di riservatezza non posso elencare i numerosi lavori eseguiti in tanti anni per il Ministero della Difesa. Mi limito ad elencare solo alcune attività quali reti Lan Fo per aeroporti militari e non; reti di telecomunicazioni per operatori telefonici, impianti antintrusione e videosorveglianza per enti militari e civili, nonché l’installazione di apparati Tlc e la realizzazione di impiantistica elettrica asservita alle telecomunicazioni». LAZIO 2010 • DOSSIER • 97




IL PECORINO ROMANO

Una fetta di storia in tavola Preservare le tradizioni più antiche. Pur investendo nelle moderne tecnologie. Da questo equilibrio nasce il Pecorino Romano D.O.P. firmato Brvnelli Eugenia Campo di Costa

12 MESI

ono pochi i formaggi al mondo a vantare origini antiche come il Pecorino Romano che risale a più di duemila anni fa. Già gli antichi romani ne apprezzavano il sapore deciso, nei palazzi imperiali era usato come condimento durante i banchetti e la sua capacità di lunga conservazione ne faceva un alimento base delle razioni durante i viaggi delle legioni romane. Un prodotto dal quale i soldati stanchi traevano energie, grazie alle sue proprietà nutritive e all’alta digeribilità. «Trentotto grammi di pecorino romano facevano parte del rancio quotidiano dei legionari» afferma Giuseppe Brunelli, rappresentante della

S

104 • DOSSIER • LAZIO 2010

È il tempo minimo necessario per la stagionatura del Pecorino Romano D.O.P. nelle antiche grotte tufacee Etrusco-Romane

seconda generazione del Gruppo Brvnelli, da sempre specializzato nella preparazione di questo formaggio tipico laziale. Oggi il Pecorino Romano viene prodotto nelle stesse, esclusive zone di origine. All’antica lavorazione si sono affiancate le moderne tecnologie e le operazioni di cagliatura, salatura e stagionatura avvengono in caseifici all’avanguardia, nel rispetto delle norme igienico sanitarie. La vostra produzione si fonda su un severo rispetto della tradizione. Conservate infatti intatte alcune antichissime fasi di lavorazione. Quali nello specifico? «Effettuiamo ancora la salatura del nostro pecorino esclusivamente “a secco”, ossia manualmente con sale marino, anziché, come avviene in molte altre realtà, in salamoia,

80 mila MQ

È l’estensione dello stabilimento di produzione Brvnelli di Aprilia. È il più grande caseificio di latte ovino dell’Italia centrale

2

GRAMMI È il peso di ogni singolo “Cuoricino”. I nuovi piccoli assaggi di Pecorino Romano D.O.P. firmati Brvnelli


Tradizione e tecnologia

prima fase di trattamento del latte, per arri- In apertura, Brunelli. vare al confezionamento, ogni passaggio è Giuseppe Al centro una fase curato dal punto di vista tecnologico per della lavorazione soddisfare tutte le esigenze igienico sanitarie del pecorino www.brunelli.it dettate dalla normativa. L’alta qualità dei formaggi e delle lavorazioni non è solo riconosciuta dai consumatori, ma è certificata e garantita dalla DNV - Det Norske Veritas, in conformità con i massimi standards di qualità alimentare». Quali sono le esigenze dei consumatori oggi? «I consumatori richiedono qualità ed economicità. Sono attenti a quello che mangiano, ma prestano una particolare attenzione anche al portafoglio. La nostra azienda fa il possibile per trovare una simbiosi delle due aspettative, però non sempre riesce Effettuiamo ancora la salatura perché il più della volte la grande distridel pecorino a secco, ossia manualmente con sale marino, buzione ostacola quesincronismo. Oranziché, come spesso avviene sto mai non esistono più ››

oggi, in salamoia cioè con l’immersione in soluzione salina. La stagionatura del Brvnelli D.O.P., piuttosto che in celle frigorifere, avviene all’interno delle Antiche Grotte di Tufo Etrusco-Romane site nella vecchia sede della R. Brunelli S.p.A. a Prima Porta, area archeologica romana. Temperatura e umidità perfettamente bilanciate aiutano il prodotto ad acquisire un particolare gusto naturalmente delicato. Questi due aspetti della nostra produzione si riversano inevitabilmente sulla qualità dei prodotti finali». Questo rispetto della tradizione non preclude comunque l’evoluzione tecnologica. «Dalla fine degli anni ‘80 abbiamo sempre investito in nuove tecnologie, in modo da automatizzare la produzione. A partire dalla

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IL PECORINO ROMANO

Dal trattamento del latte fino al confezionamento, ogni passaggio è curato dal punto di vista tecnologico per soddisfare tutte le esigenze igienico sanitarie

›› le piccole botteghe, i negozi

Altre fasi della lavorazione. Il formaggio finito Settecolli Alibrandi e una foto storica delle origini della R. Brunelli

tradizionali stanno scomparendo, la maggior parte ha già abbassato la serranda. Questo, al di là dell’aspetto commerciale, rappresenta una perdita delle tradizioni italiane, è un vero peccato». Parte della vostra produzione viene esportata da anni anche in America. Avete intenzione di varcare anche altri confini? «Il Pecorino Romano ha varcato l’Oceano ed è stato esportato negli Stati Uniti fin dagli inizi del secolo scorso, seguendo le prime migrazioni degli italiani negli anni ‘10. L’azienda ha intrapreso le prime esportazioni verso gli Stati Uniti nel 1948. È stato il primo mercato straniero, che in anni più recenti ha subito uno shift sia per le fluttuazioni economiche che a causa di diverse dinamiche di concorrenza. In compenso ci siamo spinti negli ultimi anni, in seguito a una crescente domanda, in alcuni mercati europei, principalmente Germania, Inghilterra e Spagna e stiamo preparando le basi per una futura operabilità commerciale in Russia». E in Italia dove è distribuito il prodotto? «Attraverso un capillare lavoro commerciale

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l’azienda ha trovato spazio non solo nel Centro Italia, dove è sempre stata particolarmente conosciuta, ma anche in regioni del Nord e del Sud. Quello italiano è il nostro principale mercato di riferimento». Il settore alimentare ha risentito della crisi economica in egual misura in Italia e all’estero? «Direi di sì. La crisi è ancora in atto e ha coperto tutte le aree geografiche. Sicuramente la ripresa ci sarà, ma non penso a breve termine. Credo però si possa vivere la crisi in maniera attiva, fare il possibile per gestirla al meglio. Noi abbiamo investito molto sulla personalizzazione dei formaggi, curando anche l’imballaggio e l’immagine visiva dei mar-


Tradizione e tecnologia

LE TAPPE DELL’AZIENDA chi. E abbiamo continuato a investire in tecnologia, scegliendo il meglio sul mercato, in modo da migliorare l’assetto globale della produzione». A proposito di produzione, Brvnelli non è solo Pecorino Romano. «Il Pecorino Romano D.O.P. Brvnelli è la nostra “punta di diamante”. L’azienda è nata come produttrice di questo formaggio tipico della campagna di Roma, e poi si è aperta alla produzione di formaggi molli, stagionati freschi e semifreschi. Negli anni ‘90, infatti, abbiamo acquisito anche i marchi Alibrandi e Seggiano, molto conosciuti rispettivamente nelle regioni Lazio e Toscana. Questo ci ha permesso di entrare con maggior forza anche nel segmento di mercato dei formaggi molli da tavola. In questo ambito, produciamo la ricotta fresca da latte di pecora e, come detto, i formaggi a marchio, come il Vergaro e il Settecolli Alibrandi, formaggi da tavola da latte misto pecora-mucca, uno, il Vergaro, dal sapore più piccante e stagionato, l’altro, il Settecolli, più dolce e morbido». Brvnelli è molto attiva anche nell’ambito

a bottega storica nel centro di Roma a colosso del settore

Dcaseario. Questa è la strada che ha percorso, e sta percorrendo, il Gruppo Brvnelli nato nel 1938 per iniziativa del capostipite della famiglia, Remo. Alla fine degli anni ’80, con il completamento del grande impianto industriale di trasformazione e lavorazione del latte ovino sito ad Aprilia, è nata la Brunelli Sud S.p.A. Negli anni ‘90 il gruppo ha acquisito i marchi Alibrandi (Settecolli - Vergaro) e Seggiano entrando in un nuovo segmento di mercato, quello dei formaggi molli da tavola. Negli ultimi anni Brvnelli ha lanciato linee da Libero Servizio con formaggi già affettati pronti al consumo, confezionati con innovative tecnologie che permettono di mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche del prodotto. Tra questi spiccano i Cuoricini di Pecorino Romano: il cuore della forma viene servito in piccolissimi assaggi da 2 gr a forma di cuore.

della ricerca. «L’ufficio Qualità e Ricerca interno dell’azienda collabora costantemente con organi e Università per essere un punto di riferimento della filiera ovina dell’agroalimentare laziale. In particolare, in questo momento stiamo collaborando con l’Università della Tuscia per il risanamento igienico del latte ovino alla stalla, monitorato su base giornaliera; con il CNR per il monitoraggio e la ricerca sul contenuto in sale del formaggio Pecorino Romano D.O.P. e con il Campus Bio Medico di Roma: abbiamo recentemente aderito alla proposta di coinvolgere le giovani leve universitarie nei nostri progetti di ricerca, sviluppo e innovazione». LAZIO 2010 • DOSSIER • 107


GRANDE DISTRIBUZIONE

Il riposizionamento della Gdo

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racciare un quadro economico generale della grande distribuzione organizzata e del comparto del commercio a Roma e nel Lazio non è compito agevole, in quanto questo settore più di altri è strettamente collegato all’andamento economico europeo e nazionale nei suoi molteplici aspetti. Se, ad esempio l’industria, pur risentendo della congiuntura negativa esplosa a metà del 2009 fa registrare dati tendenziali in ripresa in alcuni dei suoi macroindicatori fondamentali (domanda, produzione e prezzi), il settore delle costruzioni, dei servizi e del commercio sono ancora in sofferenza. Su tutto, però, spicca un basso tasso di fiducia che fa capire come sostanzialmente non si ritenga ancora terminato il periodo di recessione. Oltre a questo continua a permanere oltremodo incerta la ripresa dell’occupazione così come è ancora presente una forte stretta creditizia che rappresenta uno dei maggiori fattori di incertezza che tocca direttamente il settore del commercio. Su base nazionale la grande distribuzione organizzata ha fatto registrare una lieve accelerazione soprattutto nelle vendite dei prodotti di largo consumo confezionato, così come rimane in essere la fase deflazionistica legata alla dinamica del costo della spesa in atto dallo scorso anno. I consumatori della Gdo paiono, infatti, spostarsi gradualmente verso beni caratterizzati da minori livelli dei prezzi, spostamento reso possibile dal mutamento dell’offerta commerciale che sempre di più si orienta verso la gamma economica dei prodotti. Oltre a ciò vi è un rallentamento nella caduta delle quantità intermediate dagli esercizi commerciali e questo è imputabile anche ad una leggera espansione della rete di vendita. Questo, come detto, su base nazionale, ma la performance del fatturato della Gdo sottolinea realtà territoriali ancora una volta molto diversificate tra di loro. Il Nord Ovest, infatti, traina decisamente i dati timidamente positivi fatti registrare, con un aumento del fattu110 • DOSSIER • LAZIO 2010

Non sono dati esaltanti quelli della Gdo del Lazio. Un settore che sconta pesantemente le difficoltà dei bilanci familiari, in balìa di un sovraffollamento di esercizi e con una stretta creditizia che fa scomparire le medio-piccole realtà Luca Boccaletti

rato pari all’1,3% su base annua. A seguire il Nord Est a quota +1%. Il Centro, invece, fa registrare un aumento dello 0,9% nei volumi trattati, ma contestualmente presenta un calo nei prezzi della medesima portata. Il quadro complessivo che emerge, quindi, parla di una sostanziale stasi. In netto calo, infine, il Sud e le isole, con una flessione del fatturato dell’1,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I dati sopra esposti non devono però far pensare alla classica dicotomia tra il Nord e il resto del Paese perché anche all’interno delle tre principali macroaree vi sono dispersioni e disomogeneità. Nella zona del Centro, infatti, sono le Marche a far registrare i maggiori segnali di cedimento con un -1,8% nel settore alimentare e addirittura un -6% nel non alimentare. Nel Lazio la flessione è stata dell’1,3%, con una caduta


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx I dati regionali

nel settore del largo consumo confezionato pari al 2%, solo parzialmente mitigato dall’aumento negli altri settori merceologici che porta il dato complessivo ad un risultato negativo dell’1,3% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. Cercando però di contestualizzare maggiormente su base qualitativa e territoriale i dati esposti, bisogna dire con grande chiarezza che la situazione non è facile. L’andamento degli affari nel primo trimestre del 2010 è stato giudicato cattivo da tutti gli operatori del settore, sia nel commercio al minuto che nella grande distribuzione. Il clima di fiducia non può che aver risentito della situazione registrata nel territorio e fa segnare un deciso calo, più evidente nella Gdo rispetto al commercio al dettaglio. Discorso deficitario anche per le scorte, ancora troppo elevate, e sui prezzi praticati dai fornitori che sono giudicati in aumento. Nonostante i dati, il settore del commercio è troppo variegato per poter essere efficacemente descritto in studi statistici di grandi dimensioni, quindi abbiamo sentito dalla voce dei diretti interessati le opinioni sulla situazione. Se Claudio Della Porta, presidente della sezione Gdo dell’Unione industriali di Roma,

non solo ha confermato la situazione evidenziata dai rilievi statistici, ma ha delineato un quadro futuro ancora più allarmante, qualche spiraglio positivo sembra emergere da Giuseppe Sparvoli, vicepresidente di Confcooperative Roma. La ragione di questa apparente contraddizione risiede nel settore d’interesse ai quali i nostri due interlocutori fanno riferimento. Confcooperative è impegnata attivamente con un ruolo di intermediazione e supporto nel settore agroalimentare e descrive una realtà tra produzione e distribuzione che esula dai maggiori circuiti della Gdo, ma che trova un suo peculiare sbocco nelle aree mercatali (che da sempre caratterizzano il commercio laziale e romano) e nella media distribuzione rappresentata dalle catene di supermercati regionali e provinciali che riescono ancora ad operare come grande centrale di acquisti per i propri associati. Nei supermercati e ipermercati di maggiore grandezza, invece, i prodotti del territorio stanno progressivamente scomparendo, soppiantati dagli omologhi della grande industria, sperando che in un futuro prossimo questi ultimi non vengano sostituiti da analoghe referenze provenienti solo e unicamente dall’estero.

-1,3% VARIAZIONE FATTURATO Rispetto all’anno precedente del settore GDO Lazio nella sua totalità

-2%

VARIAZIONE FATTURATO Rispetto all’anno precedente del settore LCC Lazio

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GRANDE DISTRIBUZIONE

In futuro solo grandi gruppi? Sovraffollamento di esercizi, stretta creditizia e strapotere delle industrie sulla rete distributiva. Claudio Della Porta, presidente della sezione Grande distribuzione dell’Unione industriale di Roma, non è ottimista sul futuro della Gdo. Inoltre incombe la minaccia dei grandi gruppi stranieri pronti a sbarcare in Italia Luca Boccaletti

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Claudio Della Porta, presidente della sezione Grande distribuzione dell’Unione industriale di Roma

l problema del commercio non è peculiare del solo Lazio o dell’Italia nel suo complesso. A Roma e dintorni, però, la separazione tra ipermercati e le catene minori, solitamente a carattere regionale o provinciale, è ormai palese. Così come è evidente il sovraffollamento di esercizi che di fatto ha scatenato una vera e propria “guerra tra poveri” dalla quale sono destinati a salvarsi solo i grandissimi gruppi nazionali. Nel futuro l’Italia potrebbe poi diventare terreno di conquista per i big della grande distribuzione mondiale. Claudio Della Porta spiega il perché. Il commercio in Lazio pare ancora risentire della crisi: se quello al dettaglio ha avuto una sensibile diminuzione, anche la grande distribuzione ha risentito della contrazione dei consumi facendo segnare un calo rispetto a un anno fa. «La situazione non è semplice. I fatturati ci sono, ma bisogna poi vedere se c’è la redditività. La grande distribuzione ha risentito della contrazione nella propensione al consumo delle famiglie (sempre più indebitate), ma non è assolutamente da sottovalutare l’aspetto dell’eccessiva concorrenza che, di fatto, manda in tilt un intero sistema. Attualmente in un quadrante commerciale di un chilometro per un chilometro ci sono un numero esagerato di strutture commerciali di media e grande dimensione. Questo, se da una parte fa bene alla concorrenza, dall’altra mette in grandissima difficoltà le varie aziende che, nella lotta dei prezzi, non riescono più ad avere ricavi sufficienti per mantenere l’attività. L’eccessivo affollamento commerciale, ad esempio, è il primo responsabile della scomparsa degli esercizi commerciali “di una volta” che in termine tecnico si chiamano negozi di prossimità. Una volta questi negozi creavano reddito per un paio di nuclei familiari, ora i pochi rimasti sono gestiti quasi esclusivamente da extracomunitari con una qualità di prodotti in vendita di basso livello. Va anche dato atto, comunque, che

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Xxxxxxx ClaudioXxxxxxxxxxx Della Porta

queste persone non risentono delle rigidità che sembrano proprie dei lavoratori italiani». Se il dato storico non è positivo, non c’è da rallegrarsi per la situazione tendenziale che dovrebbe confermare la diminuzione del volume di affari e una sensibile riduzione degli ordini. Sono solo gli effetti della crisi economica o ritiene vi sia anche una componente psicologica nella marcata riduzione dei consumi? «La criticità di sistema è evidente. Oggi si punta verso le grandi concentrazioni dei gruppi in questo settore. Le realtà storiche che hanno

3 1 -1 -3

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creato la grande distribuzione organizzata in Italia - mi riferisco a Conad, Sigma e similari che sostanzialmente si consorziavano in una grande centrale di acquisti - vengono meno perché i carichi finanziari sono tali da non garantire più la sostenibilità dell’attività. La stretta creditizia, che è tutt’ora presente, non permette più una gestione competitiva del magazzino che è l’elemento fondamentale della Gdo. Conosco personalmente numerose realtà da svariate centinaia di milioni di euro di fatturato che sono state costrette a passare la mano ai grandi gruppi che sono gli unici ad avere una prospettiva. Il futuro sarà sempre più caratterizzato da una VOLUMI VENDITA NELLA GDO: IPER E SUPER forte lotta tra queste corazzate. Coop, 1 Conad, Carrefour, Esselunga e altri saDati bimestrali, variazioni % tendenziali CENTRO ITALIA ranno sempre più grandi e strangoleranno la media realtà. Il problema cruciale è ormai solo quello finanziario per la gestione del magazzino e nella rotazione delle singole referenze. Oggi la grande distribuzione è completamente assoggettata all’industria che impone le referenze, i prezzi di acquisto e l’esposizione nelle corsie. Un II 09 III IV V VI 10 II cambiamento radicale rispetto a qualche anno fa, quando la grande distriCOSTO DELLA SPESA NELLA GDO: IPER E SUPER buzione aveva una capacità di contratCENTRO ITALIA Dati bimestrali, variazioni % tendenziali 1 tazione nettamente superiore». Ritiene che le modifiche che gli italiani hanno apportato al modo di fare la spesa siano definitive o temporanee? «Non credo che la causa sia il diverso modo di fare la spesa degli italiani, bensì è l’altra faccia della medaglia dell’attuale sistema distributivo italiano. Con le industrie che hanno aumentato considerevolmente il proprio peso specifico, i prodotti che subiscono negativamente la situazione sono quelli di II 09 III IV V VI 10 II nicchia e del territorio, che vengono progressivamente eliminati perché non 1 Le statistiche sono riferite all'aggregato merceologico del Largo Consumo Confezionato garantiscono una sufficiente redditività. Non fanno abbastanza numeri CENTRO: Toscana, Lazio, Umbria, Marche per competere con i prodotti industriali. I piccoli produttori, quindi, Fonte: Elaborazioni Centro Studi Unioncamere-REF su dati Indagini di Mercato e Unioncamere sono completamenti strozzati dalla LAZIO 2010 • DOSSIER • 113


GRANDE DISTRIBUZIONE

grande distribuzione perché devono sottostare

alle condizioni imposte dai grandi gruppi e queste condizioni sono assolutamente penalizzanti. Ora come ora i prodotti locali sono appetiti dai gruppi di secondo livello (le catene regionali o provinciali) che però, stante la stretta creditizia, spesso dilatano considerevolmente i termini di pagamento e questo circuito finisce con lo stressare sempre di più la produzione locale. Se permane questa logica, il futuro è appannaggio solo dei grandi gruppi che proporranno sempre di più i prodotti industriali di larga gamma». Negli ultimi dati diffusi da Unioncamere, il Lazio viene descritto in controtendenza rispetto al Centro Italia che ha aumentato, seppur di poco, i volumi con una crescita di un punto percentuale. Come mai questa discrasia? «Il Lazio, e Roma in particolare, risente in maniera particolare del sovraffollamento di esercizi commerciali medio-grandi. Stante la situazione attuale non c’è sufficiente mercato per tutti e le piccole realtà sono costrette a soccombere». Il personale che lavora nella grande distribuzione è un costo molto alto? Ci sarà una stretta anche nei volumi di impiego? «Fatti salvi alcuni ruoli molto specializzati (ad esempio i buyer e i responsabili del settore carni o del settore ittico) il resto del personale oggi viene chiamato a una turnazione di ruoli molto forte per ovviare ai forti costi di gestione. Già adesso vedo una sensibile riduzione degli occupati nel settore perché sono innegabilmente un costo fisso di non secondaria importanza. Molti operatori, per risparmiare, hanno anche rinun-

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ciato al sistema antitaccheggio. Non è un momento facile questo e prevedo il sorgere di situazioni veramente rocambolesche nell’immediato futuro». Quali scenari generali si prefigura per il largo consumo confezionato e in generale per la grande distribuzione nel prossimo anno? «Le famiglie mi sembrano troppo indebitate per originare un’impennata di consumi a fine anno. Sempre più frequentemente la spesa alimentare viene pagata con carte di credito e

I MERCATI RIONALI UNICO SALVAGENTE PER I PRODOTTI DEL TERRITORIO La fitta rete di mercati e aree mercatali tipiche del Lazio è un punto di riferimento per consumatori e produttori del territorio contro l’avanzata dei prodotti industriali Nelle recenti rilevazioni statistiche sulla grande distribuzione il Lazio viene dato in calo rispetto ai volumi rilevati nelle altre regioni del Centro Italia. Come valuta questa discrasia? «Riteniamo questa una discrasia positiva grazie alla fidelizzazione dei consumatori verso un’articolata rete di distribuzione locale fatta da piccoli gruppi di acquisto anche in forma cooperativa (basta citare i marchi Sigma e Crai) che associano e tutelano ancora oggi tantissimi negozi di prossimità oggi altrimenti destinati a scomparire proprio a causa della forza della Gdo, a questo si deve aggiungere ancora oggi la capillare presenza nel territorio della città di Roma e nei comuni della regione di centinaia aree mercatali e di mercati rionali, dove oltre 2.000 dei 4.000 dettaglianti presenti ancora oggi, sono associati alla no-

stra cooperativa Coride, presente nel territorio romano da oltre 75 anni che li aiuta e li assiste in termini di servizi. In questi mercati si realizza una forte fidelizzazione verso i consumatori, grazie alle condizioni di qualità, freschezza e risparmio, che ancora oggi i consumatori laziali e romani in particolare riescono a ottenere». Quali sono le peculiarità e le criticità della grande distribuzione in Lazio? In cosa differisce questo mercato dagli omologhi del Centro e del resto d’Italia? «Le peculiarità del territorio sono almeno due: da una parte, la forte e articolata presenza di gruppi di acquisto locali (ancorché oggi in forte difficoltà) che tutelano e salvaguardano ancora oggi la sopravvivenza di numerosi negozi di prossimità: dall’altra, la fortissima e straordinaria presenza nella città di Roma di centinaia di aree mercatali dove si estrinseca ancora oggi un positivo rapporto, in termini di ri-


Xxxxxxx ClaudioXxxxxxxxxxx Della Porta

questo sistema non fa altro che posporre nel tempo l’esborso di denaro aumentando l’esposizione delle famiglie nei confronti delle banche. Per una ripresa vera del settore bisogna procedere a una drastica riduzione delle grandi strutture commerciali pretendendo il rispetto della vigente legislazione. Ci sono troppe attività commerciali che albergano in siti sprovvisti dei giusti requisiti. Se poi nel mercato italiano arriveranno in maniera massiccia e diretta le grandi catene estere, che sono delle vere potenze a livello mondiale, allora il futuro

sparmio e genuinità dei prodotti, tra i consumatori e le merci che arrivano giornalmente dalla campagna romana». In che modo vi tocca le modificazioni che gli italiani sembrano aver apportato al proprio modo di fare la spesa? «Da nostre specifiche ricerche di mercato di Fedagri Confcooperative, la percezione che ne abbiamo ricavato è che i consumatori, pur subendo duramente l’attuale crisi in termini di capacità di reddito e pur essendosi orientati al risparmio, non hanno rinunciato alla qualità dei prodotti, imparando a comprare l’essenziale e stando attenti a non “subire passivamente” come accadeva prima le offerte della Gdo incenti-

sarà veramente nero. Forse la grande distribuzione italiana può salvarsi se, contrariamente a quanto ha fatto fino ad ora, andrà a specializzarsi in particolari settori. Mi riferisco in questo caso a quanto ha fatto Pier Luigi Bernasconi con la catena Media World, che ha estromesso il settore elettronico dagli ipermercati. È chiaro, infine, che è assolutamente necessaria anche una presa di coscienza del settore industriale nazionale che deve operare per tutelare e promuovere il più possibile il made in Italy».

vanti ad acquisire prima del necessario notevoli quantità di prodotto in offerta che poi magari non veniva neppure consumato». Come giudica i livelli occupazionali nel settore della grande distribuzione? Dal suo punto di vista sono stabili? «Ritengo che anche siano solo in parte stabili. È chiaro che quando si apre un centro commerciale, vengono assunte molte persone nell’immediato (anche se con contratti precari o a termine), quello che però non viene mai valutato e misurato è che contestualmente o successivamente, molte attività commerciali di prossimità presenti in quel dato territorio chiudono e di

conseguenza, nel tempo, l’effetto occupazionale complessivo è spesso a saldo zero o addirittura secondo alcuni negativo». Cosa dovranno aspettarsi i consumatori in corrispondenza del Natale? «Penso che ci sarà sicuramente un tentativo di rilancio dei consumi. Anche qui, però, ritengo che la questione abbia luci e ombre. La produzione industriale e cooperativa di beni di consumo, in particolare per i prodotti agroalimentari, viene regolarmente sottoposta alla forza della Gdo al sostegno delle campagne promozionali o di offerta sui prodotti (pena l’esclusione dallo scaffale). Questo è un aspetto che, se non disciplinato, può danneggiare i produttori ma rappresenta anche un sicuro vantaggio per i consumatori attenti che sapranno scegliere e orientarsi tra le numerose offerte che verranno proposte».

Giuseppe Sparvoli, vicepresidente di Confcooperative Roma; in alto, il mercato rionale in Campo de’ Fiori

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MEDITERRANEO

Cerniera naturale tra Europa e Mediterraneo

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l ruolo dell’Italia nell’area mediterranea, per la sua ineludibile centralità geografica nello scacchiere europeo, rappresenta non solo un unicum che si affaccia sul lungo corridoio azzurro del bacino e un punto d’incontro tra l’Europa continentale e il Mediterraneo ma anche un ponte tra est e ovest del nostro quadrante. «Non va trascurata – sottolinea il professor Giancarlo Elia Valori – la peculiarità di Roma, capitale d’Italia e della cristianità e unica capitale dell’Unione per il Mediterraneo, che ha il privilegio di afRenata Gualtieri facciarsi sul “mare nostrum”. Ciò rappresenta l’opportunità di riacquistare una posizione d’alto profilo nello scenario mondiale come snodo fondamentale dei flussi tra Europa e Far East e di “porta d’accesso” del Sud verso l’Atlantico. In particolare la vasta area ro-

«La nuova “via della seta” raggiunge il Mediterraneo attraverso i porti del centro-sud Italia e pugliesi in particolare, che rappresentano un’entità viva ed evoluta dell’intero panorama adriatico, che si collocano come “moli naturali nel mare nostrum”». L’attenta analisi di Giancarlo Elia Valori

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In alto a sinistra, il professor Giancarlo Elia Valori


Giancarlo Elia Valori

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mana, cerniera verso il resto del Mediterraneo, consentirebbe all’Italia di trasformarsi da capitale verso il Sud a regione di forti cooperazioni marittime internazionali per il potenziamento dei porti e delle città e la realizzazione di una “rete regionale euromediterranea” di infrastrutture capace di costruire scenari e obiettivi credibili e progetti di elevata qualità. L’inserimento di Roma Capitale nelle grandi reti di comunicazioni è condizione essenziale affinché il sistema Paese venga integrato nel più ampio contesto euro-mediterraneo». Lei sostiene che solo chi leggerà il Mare Mediterraneo come quadrante unico e come area di una proiezione di potenza globale e unitaria vincerà la sfida di una globalizzazione giusta. Ci spiega cosa intende?

Sono gli Stati che, tra la costa settentrionale, quella meridionale e quella orientale si affacciano sul Mar Mediterraneo. Quattordici sono i mari interni che fanno parte dell’area

«In primo luogo, chi gestirà in futuro il mare nostrum dovrà sostenere la spesa in formazione della forza lavoro nazionale in Maghreb, nel Corno d’Africa, equilibrare le finanze pubbliche locali per evitare le possibili situazioni di default da “shock avversi” che potrebbero materializzarsi nelle fasi di crescita e quindi, di inflazione relativa e poi gestire le tensioni strategiche e commerciali dell’area. Solo chi porterà la spada nel Mediterraneo potrà sedare i conflitti militari e politici interni alla zona sud ed est del mare nostrum, e quindi sarà capace di cogliere i frutti delle sinergie economiche di tutta l’area, unificandola tra il Maghreb, la fascia tra il Nordafrica costiero e il Sahara, in previsione dell’espansione dell’Africa centrale, il Corno d’Africa, il suo collegamento con Aden e il Golfo Persico, il Medio Oriente dominato dalla tensione israeliana-palestinese e dai suoi supporter locali». Il Mediterraneo è un mercato globale che tenderà a divenire strategico. Quali Paesi saranno gli attori maggiori di questo processo? «Gli Usa, tramite il loro comando Africom, pensano di entrare nel mercato africano, e quindi, per quel che riguarda il Maghreb mediterraneo delle materie prime oil e soprattutto non-oil, si scontreranno con gli interessi strategici cinesi, che tendono a unificare il Mediterraneo costiero con l’Africa, mentre l’Ue è ancora legata a una logica di distribuzione delle seconde e terze lavorazioni “mature” in sistemi produttivi costieri che, con ogni probabilità, si collegheranno ad altri player globali. Se la politica di integrazione del Mediterraneo meridionale e orientale con la penisola eurasiatica avverrà con la logica tradizionale dell’Ue, che ha coniugato sostegno economico e apertura progressiva dei suoi mercati settentrionali, il matrimonio tra le due sponde del Mare nostrum non avverrà. Anzi, il mix cinese tra sostegno alla spesa pubblica locale e investimenti nelle infrastrutture, LAZIO 2010 • DOSSIER • 117


MEDITERRANEO

in cambio di un sostanziale monopolio delle risorse o delle linee di produzione, è una strategia vincente che l’Ue e le varie, numerose, spesso eccessive e burocratiche organizzazioni “mediterranee” europee non scalfirà di certo. La soluzione potrebbe essere quella di una serie di accordi bilaterali Ue-Cina sul Mediterraneo con il trasferimento di alcune parti dell’export dell’Ue a 27 verso Pechino e la definizione di un’area di gestione degli scambi Cina-Eu che passasse, per le prime e seconde lavorazioni, da alcuni Paesi “vocati” del Mediterraneo, selezionati in accordo tra Pechino e Bruxelles». L’Unione per il Mediterraneo istituita nel 2008 può essere un’opportunità concreta per la cooperazione tra le varie sponde del mare? In che modo? «Innanzitutto è necessaria una mirata strategia mediterranea. Cioè un’efficace “risorsa” intesa come strumento finalizzato all’interpretazione delle variegate vicende negative connesse agli annosi problemi che tormentano le popolazioni delle Regioni ubicate nelle rive nord e sud del Mediterraneo. Occorre un cambiamento di prospettiva nella ricostru-

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zione dei fenomeni economici relativi alla vita sociale, alle relazioni umane, ai processi d’innovazione tecnica e all’idea stessa di ricchezza. L’Unione deve farsi carico di mobilitare le risorse necessarie per costruire il riscatto dei Paesi della riva sud ed est del Mediterraneo, che sono avvolti da una spirale di povertà e di violenza che genera conflitti senza vie d’uscita, con ripercussioni sulla stabilità generale dell’area. Inoltre devono far seguito alcuni progetti concreti (peraltro previsti dal partenariato), che riguardano l’ambiente (con l’impegno di rendere pulito il Mediterraneo entro il 2020) e la protezione civile comune, che dovrà affrontare emergenze tra cui l’immigrazione clandestina e la realizzazione di apposite “autostrade del mare”, in grado di assicurare collegamenti più efficienti tra i porti delle due sponde». Oggi con una geopolitica soprattutto marittima, quale sarà lo sviluppo economico futuro dei Paesi mediterranei? «Lo sviluppo avverrà attraverso le reti infrastrutturali che nascono dai porti, che saranno un asset produttivo. La strategia globale, in tempi di pace, si determina attraverso l’organizzazione


Giancarlo Elia Valori

Corridoio VIII, uno dei dieci "corridoi paneuropei" progettati per favorire il trasporto di persone e merci nell'Europa centrale e orientale.

delle reti di trasporto-trasformazione dei beni e dei servizi. Se vincerà la linea della Francia e della Spagna, che desiderano concentrare sul porto di Barcellona le grandi reti di trasporto delle materie prime e dei prodotti provenienti dal Mediterraneo meridionale e dalla antica “via della seta”, allora si imporrà l’Europa franco-tedesca, che ricostruirà la sua egemonia in modo diverso da quello del “modello renano” spazzato via dalla crisi economica e dalla nuova freddezza, che è destinata ad aumentare, tra Usa e Unione europea. Se invece riuscirà a imporsi, come speriamo, una linea meridionale delle reti mediterranee, che va dalla Puglia fino alla Calabria, per poi arrivare nei porti dell’Italia settentrionale sia a est che a ovest, allora vincerà una geopolitica dell’unità mediterranea che permetterà all’Italia, e soprattutto a quella meridionale, di utilizzare una vasta massa di beni e servizi per riprendere il proprio sviluppo, e far afferire a questa linea di trasporto tutti quei paesi del Mediterraneo meridionale che si stanno affacciando allo sviluppo e saranno, con ogni probabilità, i protagonisti della nuova crescita economica europea». Parliamo dei rapporti tra Italia e Libia. L’accordo è stato ratificato ormai più di un anno fa. si può fare un bilancio dell’accordo fino a oggi? «Quel trattato di amicizia, pur riconoscendo le

L’inserimento di Roma Capitale nelle grandi reti di comunicazioni è condizione essenziale affinché il sistema Paese venga integrato nel più ampio contesto euro-mediterraneo

responsabilità storiche di questo passato, ha di fatto gettato un ponte verso il futuro. Cioè un ponte di collegamento tra Italia e Libia per fare del Mediterraneo un mare di pace e non più un confine. L’accordo non è solo un esempio nei rapporti tra Europa e Africa ma anche, e soprattutto, una scommessa per un nuovo capitolo nei rapporti tra Italia e Libia e tra le rispettive popolazioni. Attraverso l’apertura di una nuova stagione fondata su un rapporto speciale e privilegiato nella sfera economica, ma anche in quella politica, culturale, della tutela della sicurezza e dell’ambiente. Questo rapporto, che ha le condizioni per essere fecondo e duraturo, ritengo sia il volano di un più stretto legame tra le due sponde del Mediterraneo. Idoneo a superare storiche incomprensioni nel segno di un mondo pacifico e sicuro, fondato sul rispetto dei diritti e capace di dare risposte alle sfide drammatiche che la crisi e i cambiamenti epocali ci impongono quotidianamente». LAZIO 2010 • DOSSIER • 119


Circoli esclusivi e sport d’élite Pratica agonistica e circoli esclusivi, quando lo sport non è per tutti. Il ruolo dei club nella società di oggi: luoghi per fare attività fisica o concludere affari? Un viaggio tra vecchi e nuovi simboli di potere, mentre i giovani si allontanano dallo sport. Il parere di Nicola Porro, sociologo e docente presso l’Università di Cassino Riccardo Casini

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el 2010 si può parlare ancora di sport di élite? Nel mondo classico la pratica sportiva era riservata a pochi (in Grecia ne erano escluse ad esempio le donne) e ancora all’inizio del secolo scorso certe discipline (vedi equitazione e tennis) erano legate a un ambito esclusivo. E oggi? Ne parla Nicola Porro, professore associato di Sociologia dello sport presso il dipartimento di Scienze motorie e della salute all’Università di Cassino e in passato anche presidente nazionale dell’Unione italiana sport per tutti. «Più che di sport di élite – spiega – parlerei di casi di declinazione élitaria delle pratiche. La dilatazione della pratica sportiva a partire dagli anni Ottanta ha trasformato la composizione sociale dei praticanti». In passato lei ha parlato dell’equitazione, ormai divenuta pratica usuale “da campagna”, oltre che utilizzata per fini terapeutici. Come si spiega questo passaggio? «Quello dell’equitazione è solo uno degli esempi. Attività nate in chiave competitiva e in contesti selezionati come accademie militari o maneggi aristocratici sono state via via permeate da sensi120 • DOSSIER • LAZIO 2010

La dilatazione della pratica sportiva a partire dagli anni 80 ha trasformato la composizione sociale dei praticanti

bilità diverse, privilegiando il rapporto con l’ambiente naturale contro la strutturazione artificiale dello spazio imposta dalle logiche di competizione, come ad esempio i percorsi di un concorso a ostacoli. L’equitazione di campagna coinvolge le famiglie, incoraggia bambini privati di qualsiasi rapporto spontaneo con la campagna e il mondo animale a vivere esperienze positive. L’ippoterapia si è sviluppata come pratica a beneficio dei disabili. Ciò vale anche per alcuni giochi di squadra come il rugby. Qualche sociologo ha descritto questo fenomeno di differenziazione delle pratiche e diversificazione delle attività come “desportivizzazione dello sport”, una formula provocatoria che vuole indicare un processo di crescente emancipazione dai vincoli tecnici e dai paradigmi culturali dello sport tradizionale». Com’è cambiata nei modi la pratica degli sport di élite? Chi lo pratica oggi e perché? Si sceglie veramente di praticare uno sport o spesso si vuole semplicemente entrare in qualche ambiente esclusivo? «Esistono alcune parabole interessanti. La

A sinistra, Nicola Porro, professore associato di Sociologia dello sport presso il dipartimento di Scienze motorie e della salute all’Università di Cassino


Nicola Porro

boxe di fine Ottocento si definisce come sport riservato alle élite del tempo (la noble art). Nel corso del Novecento si trasforma in attività professionistica legata al sistema delle scommesse. Soprattutto negli Usa recluta nelle fasce di popolazione marginale delle metropoli promettendo opportunità di mobilità sociale. In breve: si proletarizza. Altro esempio: tra le due guerre il ciclismo su strada, specialità di fatica e di rischio, dà vita a un’epopea popolare che modifica in radice l’imprinting delle origini. È del tutto credibile che aspiranti a forme di riconoscimento di status siano gratificati dall’appartenenza a circoli distintivi

(non solo sportivi): dopo le ricerche dedicate trent’anni fa da Bourdieu alla cultura della distinzione e ormai obsolete non si sono però prodotte indagini sistematiche. Una sfida per i sociologi». Si può ancora parlare di status symbol, come nel caso della barca a vela? C’è ancora ostentazione da parte di chi pratica questi sport? «Discipline come la vela o il golf sono ancora associate a modelli culturali distintivi. Anche in Italia, tuttavia, i corsi di vela sono spesso gestiti da enti e associazioni con finalità sociali: quando mi occupavo della Uisp si sviluppò una bella esperienza di pratica rivolta a pazienti psichiatrici. Il golf è l’attività dopolavoristica più diffusa fra i lavoratori giapponesi. Quella del tennis, a lungo identificato fra gli sport preferiti della vecchia borghesia urbana, è oggi una delle discipline più diffuse fra vari strati sociali. In genere, gli sport che possono avere esiti professionistici tendono a perdere presto il profilo élitario. Certamente, però, il costo commerciale a carico di praticanti e famiglie di alcune attività rimane oneroso in assenza di un’offerta, pubblica e scolastica, che in-

I COSTI DELL’EQUITAZIONE

Lezione

Pensione

Maniscalco

Grooming

Attrezzatura

35 Euro/Ora

300 Euro/Mese

80 Euro/45 gg

110 Euro/Set

3.500/4000 Euro

LAZIO 2010 • DOSSIER • 121


IL BUSINESS DELLO SPORT

In genere, gli sport che possono avere esiti professionistici tendono a perdere presto il profilo élitario

coraggi la pratica di massa. In Italia siamo

quasi all’anno zero, come dimostrano le comparazioni internazionali». Che ruolo ha avuto o continua ad avere la crisi economica, visti i costi di iscrizione ai circoli più élitari? «La crisi acuisce una situazione preesistente. L’Italia è il Paese della Ue che investe meno sullo sport di cittadinanza e specularmente quello, insieme alla Finlandia (dove la percentuale di pratica è doppia rispetto a noi), in cui sono le famiglie ad accollarsi gli oneri finanziari maggiori. L’affiliazione a circoli di élite è un problema che interessa i ceti più abbienti. Il vero problema è la scarsa attenzione

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delle istituzioni alla pratica di base. Gli stessi club calcistici hanno trascurato i vivai perché non più convenienti rispetto alle logiche di un sistema che si è dimostrato miope e inquinato da interessi di ogni tipo. Cominciamo a patirne le conseguenze anche a livello di competizione internazionale, come dimostra la débacle sudafricana della nostra nazionale di calcio». Qual è il ruolo della politica e degli affari economici all’interno di questi circoli, in particolare quelli romani? Hanno soppiantato altri “salotti”? «Non frequento salotti. Anzi: associare sport e salotto mi pare un ossimoro. La tradizione dei circoli sportivi, invece, è stata importante in tutti i Paesi europei. Ha preservato la passione dei praticanti, incoraggiato la diffusione delle specialità, fornito riserve di identità culturale. Vale per le società militari come per le associazioni di “escursionismo proletario” di fine Ottocento, per gli oratori come per i circoli dello sport per tutti, per le comunità di appassionati di sport estremi come per i club che vogliono tutelare un anacronistico profilo distintivo. Discriminando l’accesso, questi ultimi possono più facilmente trasformarsi in luogo di incontro per lobby che certo non hanno fra le loro priorità la diffusione sociale della pratica sportiva. Ma non mi illudo che rinuncerebbero ai loro affari se i circoli sportivi di élite smettessero di ospitarli. Hanno agende piene di indirizzi».



IL BUSINESS DELLO SPORT

La carica dei centomila sui green d’Italia In dieci anni i golfisti sono raddoppiati. Merito anche dell’introduzione del tesseramento libero. Ne parla Stefano Manca, segretario generale della Federazione italiana golf Riccardo Casini

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e l’emulazione avesse un ruolo fondamentale, potremmo chiamarlo “effetto Tiger Woods”. Ma, a prescindere dalla parabola discendente in cui pare essere entrato il campione americano, probabilmente non è l’unica spiegazione che sta alla base di un fenomeno sportivo ormai impossibile da ignorare: dal 1998 a oggi, infatti, i praticanti italiani di golf sono quasi raddoppiati, da 56 mila ai 100 mila del 2009 secondo Federgolf. Certo, altri numeri rispetto a calcio o basket, ma con 269 circoli, 109 campi pratica, 64 mila uomini e 24 mila donne tra i professionisti e 11 mila tesserati juniores, la pratica del golf è in enorme crescita anche nel nostro Paese. Solo nel Lazio i tesserati sono 10.141, di cui 9 mila professionisti. Rispetto al 2008 c’è stato un incremento (superiore alla media nazionale) di 489 iscritti, pari al 5,07 per cento. I golf club sono 30, quasi l’8 per cento del totale, in una classifica dominata dalla Lombardia con 67. Stefano Manca, segretario generale della Federazione italiana 124 • DOSSIER • LAZIO 2010

golf, spiega quali fattori stanno alla base della differente dislocazione di circoli e campi da gioco nelle varie parti d’Italia. «La nascita dei campi da golf su uno specifico comprensorio è determinata dalla densità della popolazione, dalla domanda e anche dalle finalità di chi desidera fare investimenti. I percorsi, infatti, sorgono in massima parte per iniziativa privata, anche se recentemente una mirata politica federale ha portato alla realizzazione o alla progettazione dei primi impianti pubblici. Il Lazio negli ultimi anni ha aumentato il numero dei circoli e dei campi pratica in modo da rispondere alle esigenze degli oltre 10mila tesserati». Numeri a parte, il golf è ancora uno sport di nicchia? Quanto costa in media l’iscrizione a un circolo? «Con l’introduzione del tesseramento libero, a partire dal 2007, il golf ha voltato pagina e ha aperto sostanzialmente le sue porte a tutti. Infatti per poter praticare basta iscriversi alla Fig pagando la quota annua di 75 euro (20 per i giovani). In tal modo è possibile iniziare a giocare a costi minimi, senza dover obbligatoriamente affrontare, come avveniva in precedenza, un investimento economico pesante dovendo comperare obbligatoriamente un’azione del circolo. Chi desidera comunque associarsi a un club può naturalmente sempre farlo. Le spese variano da struttura a struttura, ma in alcune basta pagare una quota annua,


Stefano Manca

spesso molto contenuta, e non è previsto l’ac- quisto iniziale di un’azione». Restano i costi dell’equipaggiamento. Ad ogni modo il numero degli iscritti in Italia è in costante aumento. Che peso hanno in questo i successi a livello professionistico, ad esempio dei fratelli Molinari? «Come per tutti gli sport il campione è un traino importante, soprattutto per i giovani. In passato hanno contribuito alla popolarità delle loro discipline atleti di spessore mondiale come Tomba nello sci o Panatta nel tennis. Ora è il momento del golf con Edoardo e Francesco Molinari, ma anche Matteo Manassero». Nonostante questo si può dire che il golf,

ALL’OLGIATA LO SPORT LA FA DA PADRONE Andrea Pischiutta, presidente del secondo golf club del Lazio per numero di iscritti, non si nasconde: «Orgogliosi di essere un circolo di élite, ma l’attenzione è rivolta soprattutto agli impianti sportivi. Jim Fazio curerà il restyling del nostro percorso» on 1.094 iscritti nel 2009, l’Olgiata Golf club di Roma è il secondo circolo in regione: nato agli inizi degli anni 60, mantiene ancora intatto il suo fascino nonostante un calo di associati (2,5 per cento) rispetto al 2008, un dato in controtendenza che il presidente Andrea Pischiutta minimizza. «L’andamento è fisiologico. Il 2009 poi è stato un anno in cui la crisi economica del nostro Paese è stata molto accentuata. Il 2010 comunque ci ha visto recuperare e superare quei numeri». Cosa significa essere un “circolo di élite”? «Significa soprattutto avere alla base della propria attività il massimo rispetto dello spirito del gioco che è alla base del nostro sport; questo ci rende un circolo di élite sotto il profilo sportivo.

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Se poi per élite si intende esclusivo sotto il profilo socio-economico, c'è da chiarire una cosa: oggi un circolo di golf deve offrire altri servizi ai propri associati come palestre, spa, servizi per bambini e soprattutto molta attività sociale. Il circolo che riesce a coniugare sport e attività sociali è un circolo di élite indipendentemente dalle capacità socio economiche della propria compagine sociale. Noi siamo, e lo dico con orgoglio, un circolo di élite con una quota sociale annua di 2.760 euro». Chi sono i vostri associati? «Trovandoci a Roma, sono per la maggior parte professionisti, commercianti e dirigenti d'azienda. Ci sono i soci pensionati che frequentano abitualmente il circolo nei giorni feriali, preferibilmente la mattina; ci sono molte socie che invece preferiscono

frequentare il circolo nelle ore pomeridiane; ci sono i giocatori di carte che frequentano il circolo nelle ore più svariate e poi tutti gli altri che, per motivi di lavoro, scuola, famiglia o età, vengono soprattutto nei fine settimana». Ma sono più frequentati i campi da gioco o le strutture adiacenti? «La partecipazione è ampia sia nelle attività sociali che in quelle sportive, ma è lo sport che riveste il ruolo primario della nostra attività ed è a quello che riserviamo la nostra maggiore attenzione con la massima cura degli impianti sportivi e dei servizi connessi. Ora stiamo procedendo a un restyling del percorso progettato dall'architetto Jim Fazio, uno dei più grandi architetti di percorsi di golf del mondo, ma anche a un restyling del nostro club house».

Sopra, il presidente dell’Olgiata Golf club, Andrea Pischiutta (a destra). Nella pagina a fianco, Stefano Manca, segretario generale della Federazione italiana golf

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IL BUSINESS DELLO SPORT

Con l’introduzione del tesseramento libero, dal 2007 il golf ha voltato pagina aprendo le sue porte a tutti

nell’immaginario collettivo, non sia uno di scuola di vita, al quale è abbinato da sempre, sport per giovani. Le cose stanno cambiando? Qual è l’età media dei nuovi iscritti? «Secondo una ricerca effettuata recentemente da Protiviti, l’età media del golfista italiano è di circa 45 anni. Tuttavia va rilevato che negli ultimi anni sono notevolmente cresciuti i giovani under 18 (attualmente circa 11 mila) grazie anche alle politiche federali che si sono indirizzate specificamente a loro. In particolare ci si attende molto dal Progetto scuola, che la Fig ha promosso con la collaborazione di Kinder + Golf, che nel primo anno di attuazione ha richiamato l’attenzione di 321 classi di studenti tra gli 8 e i 16 anni, per un totale di circa 8 mila ragazzi». Cosa spinge un giovane ad avvicinarsi al golf? «Il suo fascino è soprattutto insito nel concetto

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e alla sua peculiarità di essere vissuto a stretto contatto con la natura. Sul campo sono fondamentali il rispetto per gli altri, l’onestà, la correttezza e l’autodisciplina, perché sostanzialmente ognuno è arbitro di se stesso. Senza trascurare l’etichetta che impone altre regole comportamentali». Quali sono i requisiti per diventare un buon golfista? «Se non si hanno mire specifiche professionali basta una discreta applicazione per poter giocare con piena soddisfazione, purché si abbia coscienza delle proprie possibilità e dei propri limiti. Inoltre la disciplina, con il sistema degli handicap, in qualche maniera equilibra le forze in campo e permette anche ai giocatori meno bravi di poter competere con quelli di livello superiore».



IL BUSINESS DELLO SPORT

Vela, da sport d’élite a sport per tutti Nel Lazio il movimento velistico è consistente, con 649 società affiliate alla Federazione e 12 mila tesserati. Complice l’avvicinamento dei giovani tramite iniziative formative, oggi la barca non è più un simbolo élitario, come spiega Alessandro Mei, presidente di Federvela Lazio Riccardo Casini

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on circa 30 mila allievi (di cui l’80 per cento giovani) nelle scuole sparse lungo le coste italiane, parlare della vela come sport di élite oggi sembra una forzatura. È lontana insomma l’idea, che imperversava fino a pochi anni fa, della barca come status symbol? Difficile capirlo, visto che il mondo della vela, anche a livello professionistico, si presenta estremamente sfaccettato (da Giovanni Soldini a Luna rossa per arrivare ad Alessandra Sensini) e che i possessori di barche a vela nel nostro Paese sono una piccola minoranza rispetto al complesso di chi ha un proprio mezzo per solcare i mari. Nel Lazio, su un totale di 12 mila tesserati, il numero di allievi che pratica abitualmente lo sport della vela, con la partecipazione a regate veliche di ogni livello, si aggira intorno alle 4.500 unità. A queste vanno ad aggiungersi oltre 3.500 persone che si sono avvicinate per la prima volta alla vela nel corso di quest’anno con la partecipazione a un corso di vela e i 1.800 studenti del Lazio che

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durante l’anno scolastico hanno preso parte al progetto formativo “VelaScuola”. Sono cifre che Alessandro Mei, presidente Federvela Lazio, snocciola con la consapevolezza di parlare di un fenomeno in crescita. «In Italia – prosegue - ci sono 649 società affiliate alla Fiv. Nel Lazio se ne contano 79, con un 75 per cento nella provincia di Roma, tra il Lago di Bracciano e il tratto di costa che va da Civitavecchia a Nettuno. Il restante 25 per cento è distribuito nelle province di Viterbo (Lago di Bolsena e litorale nord) e soprattutto Latina, precisamente fra Sabaudia, San Felice, Circeo, Terracina, il Golfo di Gaeta e le isole di Ponza e Ventotene». Qual è il profilo medio dei vostri iscritti? «Parliamo di imprenditori e professionisti, soprattutto se ci riferiamo al mondo della vela d’altura e del diporto, ma non mancano impiegati e dipendenti pubblici: penso a insegnanti piuttosto che a rappresentanti delle forze dell’ordine». Si può parlare ancora di sport di élite? «Direi proprio di no. Il costo di un corso di vela è accessibile a chiunque. Se poi ci si appassiona a questa attività e si desidera proseguire, si può sempre pensare di acquistare una deriva

A sinistra, Alessandro Mei, presidente di Federvela Lazio


Alessandro Mei

a un costo davvero contenuto. Ad ogni modo, proprio per rendere questo sport accessibile a tutti, molti circoli velici mettono a disposizione degli allievi che vogliono proseguire l’attività dopo i primi corsi di vela delle imbarcazioni sociali». Qual è il costo medio dell’iscrizione a un circolo? «Il costo medio va da 200 a 400 euro l’anno. Il costo ovviamente varia a seconda delle strutture e dei servizi che il club mette a disposizione dei soci». Quanto contribuiscono risultati sportivi di prestigio all’incremento degli iscritti? «Sicuramente le vittorie dei nostri navigatori

CON IL CLUB NAUTICO ROMA SFIDA IL MONDO Dopo essere entrato nella prossima Coppa America come Challenger of record con il team Mascalzone latino, il presidente Claudio Gorelli parla del suo circolo: «Non è élitario, l’iscrizione costa meno di un caffè al giorno. Vogliamo trasmettere passione» nato appena 4 anni fa ma rappresenta già un punto di riferimento per gli appassionati di vela del Lazio e non solo, trattandosi del primo circolo capitolino a mettere piede nella Coppa America. Ma guai a chiamarlo “circolo di élite”. Il Club nautico Roma, nelle parole del suo presidente Claudio Gorelli, è anzi «una struttura che mette in campo ogni azione possibile per allargare la cerchia dei suoi frequentatori: d’altronde, se uno ha una passione, tende naturalmente a trasmetterla agli altri». Come definirebbe il frequentatore-tipo del vostro club? «Si tratta semplicemente di gente che va per mare. Solo un 20-25 per cento ha una barca di proprietà, gli altri utilizzano quelle messe a

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disposizione dai soci. E l’iscrizione annua non costa nulla, meno di un caffè al giorno». Il movimento è in crescita, soprattutto nel Lazio. «Presto in regione verranno creati 5 mila nuovi posti barca. Da noi c’è attenzione nei confronti della vela, peccato non poter dire lo stesso dei media: perché uno sport diventi di massa serve anche il loro contributo. Invece, le pagine dei quotidiani sono sempre occupate dal calcio, anche nel giorno in cui a Valencia abbiamo firmato come Challenger of record il protocollo che regolerà la prossima edizione della Coppa America». Se non di élite, possiamo allora definire la vela quantomeno uno sport di nicchia? «Si tratta di una definizione che anche

in questo caso non mi trova d’accordo. Prima bisognerebbe stabilire dove risiede la linea di demarcazione tra uno sport di massa e uno di nicchia. Quel che è certo è che si tratta di una pratica che può dare molto ai giovani a livello formativo. Oltre che sviluppare attenzione, concentrazione, percezione e analisi oggettiva del vento, un bambino che va in barca si sente per la prima volta indipendente e responsabile di un mezzo che cammina».

In alto, Claudio Gorelli, presidente del Club nautico Roma (a sinistra), con Vincenzo Onorato, patron di Mascalzone latino

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IL BUSINESS DELLO SPORT

Il fascino della vela sta nella sensazione del vento che sfiora il volto e nel rumore della barca sull'acqua

oceanici o degli atleti olimpici fanno da traino al movimento velico. Basta guardare la crescita che si sta avendo nella tavola a vela dopo le medaglie olimpiche di Alessandra Sensini o, ripercorrendo le grandi avventure italiane, il boom che si è registrato negli anni Ottanta con le imprese di Azzurra e, successivamente, con quelle del In alto, la giovane velista Veronica Fanciulli (prima a sinistra) sul podio di Singapore, Moro di Venezia e di Luna dove ha vinto la medaglia d'argento nella classe rossa in Coppa America». Techno 293 (tavola a vela) alla prima edizione Qual è l’età media dei nuovi dei Giochi olimpici giovanili iscritti? «Nel Lazio si aggira fra i 10 e i 16 anni. Parliamo soprattutto di studenti delle scuole elementari e medie che vengono coinvolti in attività formative legate alla diffusione di una cultura nautica nelle scuole e giovani che si avvicinano alle nostre scuole di vela». La vela mantiene insomma il suo appeal nelle nuove generazioni? «Direi proprio di sì. I numeri sul tesseramento dei giovanissimi che decidono di proseguire l’attività velica ne sono una conferma». Quali sono i motivi del suo fascino? 130 • DOSSIER • LAZIO 2010

«Primo fra tutti, il piacere di praticare uno sport all’aria aperta e a stretto contatto con la natura. Affascina la sensazione del vento che sfiora il volto, così come il rumore della barca che si muove sull'acqua. E' questo quello che i ragazzi apprezzano maggiormente della vela. I giovani sono poi appagati dalla piacevole sensazione di poter governare da soli un'imbarcazione, dovendosi comunque destreggiare con elementi esterni come il mare e il vento. Se poi si sceglie di navigare in barche collettive, si ha anche la possibilità di fare nuove conoscenze o consolidare le amicizie esistenti. Al di là dell'aspetto sportivo, si può sicuramente dire che è uno sport che forma il carattere, consente di rafforzare la fiducia in se stessi e di superare le paure che si insidiano in noi». Quali sono i requisiti per diventare un buon velista? «Per iniziare, basta sapere nuotare e avere una grande voglia di divertirsi. Per diventare poi un buon velista bisogna essere prima di tutto un buon marinaio. Lo si diventa solo facendo esperienza e vivendo a contatto con il mare».



PROJECT FINANCING

Verso la finanza delle grandi opere Publio Fiori spiega perché, intervenendo su fisco e rapporti con le amministrazioni locali, l’istituto del project financing potrebbe invogliare i privati a investire sulle grandi infrastrutture. Una formula tesa a velocizzare la crescita del Paese Andrea Moscariello

l project financing potrebbe rappresentare la risposta più idonea alla necessità di raccogliere risorse da indirizzare verso la realizzazione di grandi opere pubbliche. L’efficienza e la velocità garantite dall’investimento privato rischiano però di incappare nei meccanismi tortuosi, e incredibilmente rallentatori, della Pubblica amministrazione. La burocrazia, del resto, è da sempre uno dei freni più pesanti allo sviluppo delle infrastrutture. Ma una soluzione è comunque possibile. A pensarlo è in primis l’onorevole Publio Fiori. Il noto avvocato romano è stato, negli anni, uno dei principali promotori di nuovi strumenti giuridici volti alla realizzazione di contratti per spese pubbliche e grandi infrastrutture. A partire proprio dal project financing, istituto per cui ha seguito le diverse modifiche legislative contribuendo ad applicarlo per opere di grandissima rilevanza, tra cui la cosiddetta “Nuova Autostrada del

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Publio Fiori, 72 anni vive a Roma, dove ha sede il suo studio

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Sole”, un piano dal valore di circa 11 miliardi di euro che unirà la capitale con Venezia-Mestre passando per Ravenna. «Mi sono dedicato a questo istituto perché ritengo, dinanzi alla crisi, che rappresenti una soluzione strategica per il futuro dell’Italia» spiega Fiori. Molti paesi europei seguono la strada dell’investimento privato per la realizzazione di opere pubbliche. L’Italia, invece, a che punto si trova? «Altre nazioni, in questo ambito più avanti di noi, hanno compreso il vantaggio del coinvolgimento di capitali privati per la creazione delle grandi opere. Ma anche nel nostro Paese si sta muovendo qualcosa. Ad esempio, questa è la strada scelta per mettere in piedi il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, che dovrebbe decollare nei prossimi mesi. Non solo. Il project financing è stato scelto per l’attuazione di altre opere importantissime, tra cui la nuova autostrada che va


Publio Fiori

È necessaria una dialettica molto forte oltre a una grande disponibilità all’ascolto dei problemi e delle esigenze delle amministrazioni locali

da Roma a Venezia. Degli 11 miliardi investiti per questo progetto, 8 sono a carico di privati. E non è poco». Il project financing è stato introdotto in Italia grazie a una legge quadro del 1994, per poi subire una serie di modifiche che l’hanno impegnato in prima persona. Qual è stato l’obiettivo principale delle novità introdotte? «Sicuramente il cercare di rendere il procedimento dell’istituto più semplice e appetibile per i privati. Facilitando il ruolo dei cosiddetti promotori, vale a dire coloro che fanno le proposte. Quando un progetto viene presentato alla Pubblica amministrazione deve poi essere autorizzato dall’autorità o dall’ente cui si riferisce. E questo, come tutti possono immaginare, comporta diverse problematiche, prima di tutto temporali». C’è una perdita di tempo eccessiva? «Quando si parla di opere di dimensioni nazionali, come potrebbe essere una grande autostrada, il tema di fondo è il colloquio con le amministrazioni locali. Quando una strada, un canale navigabile o una ferrovia deve attraversare un vasto territorio, passa inevitabilmente in diversi comuni, provincie e regioni. Ed ecco che puntualmente si presenta il nodo critico del confronto con tali enti. Ogni piccolo territorio si sente generalmente danneggiato dall’opera, o fa finta di esserlo per ottenere dei vantaggi, con opere

8 mld PRIVATI

Questa la cifra proveniente da investitori privati per la realizzazione della nuova autostrada che unirà Roma a VeneziaMestre. In totale, l’opera costerà circa 11 miliardi di euro

importanti a carico del Project Financing. Attenzione, non vi è dubbio che una grande infrastruttura colpisca fortemente un’area geografica, ma del resto per ottenere i vantaggi che comporta vi sono inevitabilmente degli oneri da pagare». Come fare per evitare le lungaggini pur rispettando le richieste e le necessità dei singoli territori? «Occorre, a mio avviso, trovare un sistema per chiudere, a un certo punto, la procedura. È necessaria una dialettica molto forte oltre a una grande disponibilità all’ascolto dei problemi e delle esigenze delle amministrazioni locali. Però, alla fine, serve un momento chiaro di sintesi e, conseguentemente, di decisione. Altrimenti rischiamo che l’opera venga finanziata, che il progetto venga approvato per poi, al momento di discutere con gli enti, far saltare tutto». Il momento di sintesi da lei auspicato sotto quale forma potrebbe trovare appli- ›› LAZIO 2010 • DOSSIER • 137


PROJECT FINANCING

›› cazione? «Si potrebbe ad esempio creare una magistratura speciale, terza, che alla fine del dibattito possa decidere autonomamente sul da farsi. Altrimenti il vantaggio dell’istituto del project financing potrebbe cadere dinanzi alla difficoltà di realizzarlo concretamente. Prendendo a modello ciò che accade quando non si trova l’accordo su un’indennità di esproprio, si potrebbe creare una sezione specializzata presso le Corti d’Appello competenti su ogni singolo territorio. Così, alla fine, deciderebbe il magistrato, in positivo o in negativo. Ma almeno ci sarebbe una scelta».

Ovviamente, come per ogni investimento privato, anche il project financing si regge su una logica di conseguente profitto. I problemi che lei enuncia, però, certamente non incoraggiano chi possiede i fondi. Secondo lei è possibile rendere più attrattivo l’investimento in opere pubbliche? «Tanto per cominciare è fondamentale comprendere che un’opera deve essere attuata mettendo in relazione, appunto, costi e ricavi. Per cui è chiaro che se il costo diviene eccessivo l’opera non viene più realizzata. E questa logica deve essere applicata compatibilmente alle necessità degli abitanti del territorio in cui il progetto si inserisce. Faccio un esempio pratico: ogni comune vorrebbe far interrare il passaggio di un’autostrada per evitare di deturpare il paesaggio o l’ambiente. Ma ciò è fattibile soltanto se il budget lo consente. Altrimenti l’opera non vedrà mai la luce». Anche a livello legislativo si potrebbero apportare modifiche per attirare investitori? Tutti stanno comprendendo «Certamente, a partire dagli aspetti tributari il vantaggio del project financing. e fiscali. Sarà utile rendere questo tipo di Non ho dubbi sul fatto che potrebbe operazioni finanziarie attuabili prima sotto rappresentare un incredibile volano un’ottica imprenditoriale e, a seguire, sotto una manageriale. Occorre fare in modo che di sviluppo per il nostro Paese i vari passaggi siano snelli, esentati o comunque agevolati fiscalmente, ponendo imposte ridotte. Solo così invoglieremo le banche e i grandi investitori italiani ed europei, che rappresentano le centrali finanziarie più importanti, a far convogliare i loro fondi. Tutto sommato il principio del project financing è simile a quello delle grandi concessioni. I privati investono su un’opera e, in cambio, potranno gestirla per un determinato numero di anni». Come è accaduto con le autostrade? «Esatto. Vennero costruite dall’Iri e date in concessione ai privati, i quali sono rientrati attraverso la riscossione dei pedaggi, trovando così la remunerazione per il capitale investito e per il lavoro svolto. Per cui sì, ritengo si possano e si debbano fare altre fondamentali modifiche legislative, sia sul versante degli in-

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Publio Fiori

UNA VITA TRA POLITICA E AVVOCATURA Sopra, l’avvocato Publio Fiori insieme allo staff del suo studio legale. In basso, a sinistra, uno scorcio sullo Stretto di Messina studiolegalefiori@libero.it

Segue una politica costruttiva, improntata al confronto, più che allo scontro, lo studio dell’avvocato Publio Fiori. Personaggio centrale nella storia politica e forense italiana ra il 1935 e Goffredo Fiori, figlio di Publio, cancelliere capo della Corte d’Appello di Roma, fondò l’omonimo studio legale. Una struttura che, inizialmente, aveva un’impronta generalista, come erano in quei tempi tutti gli studi legali. La nuova generazione, però, con l’avvocato e Onorevole Publio Fiori, ha voluto progressivamente dargli un taglio specialistico prevalentemente rivolto al diritto amministrativo. Dopo essere rimasto, fino al 1995, presso l’Avvocatura dello Stato, l’avvocato ha ripreso la libera professione. Nel suo studio si sono formati molti giovani, andando a costituire uno staff capace di seguire a 360 gradi il mondo del diritto. Tra i principali clienti dello studio si annoverano importanti società quali Anas, Air-One, Alitalia, Todini, Poste S.p.A, Capitalia, Banca Intesa, Trenitalia, Wind, Enel, solo per citarne alcune. Chiaramente, l’attività di Fiori risente anche delle sue iniziative politi-

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cassi, sia su quello delle agevolazioni fiscali». Lei si dimostra, al di là dei problemi gestionali evidenti, estremamente fiducioso sullo sviluppo italiano di questo istituto. «Sono ottimista, perché tutti, con il tempo, stanno comprendendo il vantaggio del project financing. La cultura italiana inizia a capire l’importanza di far partecipare i privati all’elaborazione dei grandi progetti pubblici. Soprattutto perché rappresenta un grande veicolo di rendita per i risparmiatori. Pensiamo a tutti coloro che non si fidano più della borsa, che non sono più soddisfatti del rendimento dei titoli di Stato, che non ottengono quasi nulla dal deposito bancario. Sono moltissimi gli italiani che non sanno più come investire i propri risparmi. E la finanza delle grandi opere pubbliche,

che. Dal Consiglio comunale di Roma alla Regione Lazio, fino alle sette legislature, due volte come sottosegretario, poi come Ministro dei Trasporti e Vice Presidente alla Camera. E risente anche di un drammatico episodio avvenuto nel 1977, in cui l’avvocato rimase vittima di un attentato da parte delle Brigate Rosse, nel quale fu colpito, e miracolosamente salvo, da molteplici colpi di mitra al torace, al bacino e alle gambe. Ferite che gli hanno procurato una grave invalidità permanente. «Per essere un buon avvocato, mi diceva sempre mio padre, non è sufficiente una approfondita conoscenza del diritto, ma è necessaria una grande disponibilità umana. Avendo sempre come obiettivo quello di privilegiare un accordo, anche mediocre, rispetto allo scontro. Regola, questa – conclude Fiori – che vale per le persone fisiche, ma che ho constatato valere anche per le società e le imprese».

possiamo chiamarla così, sarebbe una soluzione ottimale. Si potrebbero costituire fondi destinati alla realizzazione di infrastrutture, incentivando il risparmio, indirizzandolo e remunerandolo in maniera corretta e proficua. Un risultato che gioverebbe tanto ai singoli quanto alla comunità. Non ho dubbi sul fatto che il project financing potrebbe rappresentare un incredibile volano di sviluppo per il nostro Paese». LAZIO 2010 • DOSSIER • 139


RATING BANCARI

Un progetto di rating a misura A d’impresa

lcuni lo chiamano “Effetto Macbeth” altri “Effetto Vietnam”. Si tratta del pericolo più acuto per tutte quelle Pmi che si ritrovano a dover fare i conti con la crisi, ovvero il proseguimento in maniera ostinata dei propri obiettivi, da parte dell’imprenditore, pur di non rinunciare a quanto già investito, giungendo a situazioni critiche dal punto di vista finanziario. I rating bancari hanno messo in luce «In molti casi risulta necessario dare un taglio netto alle attività intraprese salvando quanto ancora di buono c’è in le debolezze di buona parte del azienda». Non c’è spazio per le ostinazioni nell’analisi di Antessuto economico italiano. La crisi tonino Lo Monaco, al vertice della Cesim Italia, il centro serper le imprese da anni punto di riferimento per i processi presenta il conto, salatissimo, della vizi finanziari, immobiliari, bancari, commerciali e organizzativi di sottocapitalizzazione. Ecco perché, numerose Pmi del Lazio e non solo. «Le aziende incontrano secondo Antonino Lo Monaco, oggettive difficoltà nell’analisi delle proprie criticità e nell’individuazione dei correttivi più appropriati da apportare – la soluzione parte dall’autoanalisi spiega Lo Monaco -. L’impresa ha difficoltà nell’attuare un Aldo Mosca piano di riconversione o di riorganizzazione produttiva. Lo stato di crisi, unito al razionamento del credito da parte del sistema bancario, rende difficile un’inversione di rotta tesa alla realizzazione di investimenti indispensabili o vantaggiosi per l’attività». Le politiche creditizie decidono le sorti di moltissime aziende. Qual è stato l’impatto di Basilea 2? «Le banche hanno iniziato ad attribuire alle aziende un rating, con il conseguente razionamento degli affidamenti a quelle meno solide. La scarsa liquidità bancaria e le fusioni tra grossi istituti hanno comportato una concentrazione dei rapporti, con conseguente chiusura degli affidamenti in essere. Per l’attribuzione del rating è stato utilizzato il modello “tecnico” strutturato solo su dati di bilancio, quantitativi. In pratica si basa sull’attribuzione di punteggi che consentono di esprimere un giudizio di posizionamento dell’azienda rispetto a cinque criteri indicatori della solvibilità aziendale: la capacità di autofinanziamento; l’incidenza degli oneri finanziari; il livello di patrimonializzazione e di indebitamento; la gestione del capitale investito; l’analisi della redditività». Il credito è la soluzione? Il dottor «Se il credito è la soluzione, le banche devono Antonino Lo Monaco cambiare rotta, cercando di essere più vicine al di Cesim Italia. La società ha sede cliente e tornando alla valutazione personale a Roma e Frosinone degli imprenditori, magari avvalendosi di www.cesimitalia.it consulenti che li assistono direttamente. Con info@cesimitalia.it 140 • DOSSIER • LAZIO 2010


Occhiello piccolo

IL CASO CINESE Cesim abbiamo messo in atto una società, Uniafidim Italia, che collabora con le banche che hanno compreso il problema, per evitare il contenzioso e far ritornare sempre in bonis i clienti. In questo modo la banca non deve più accantonare i rischi di Basilea 2». Cosa è emerso relativamente al ruolo dei professionisti? «Si è riaffermato, in quanto rappresenta da sempre il “problem solver” dell’impresa caratterizzata da un modello chiuso di corporate governance. Il consulente è chiamato oggi a una profonda evoluzione della propria attività, divenendo un advisor economicofinanziario per lo sviluppo e la riconversione delle Pmi. Per fare ciò dovrà predisporre per le aziende una seria pianificazione dell’attività svolta onde poter effettuare valutazioni e controlli su tutti gli indicatori gestionali con valenza sul rating. Deve assistere il management nella gestione delle politiche di capitalizzazione e di ottimizzazione delle fonti di finanziamento». Dal suo punto di vista, in Italia, soprattutto in quali settori possiamo identificare i “semi” della crisi? «Ho constatato che il motore principale da cui si è mossa la crisi è sempre stato il settore edile. Quando l’edilizia funziona genera l’apertura di tutti i mercati, diretti e non. Il problema è che in molte aziende manca l’or-

Un esempio di partecipazione arriva da un innovativo gruppo finanziario dell’Estremo Oriente esim Italia è chiamata a intervenire nei casi di crisi aziendali più difficili. Su questo, l’esperienza maturata in Cina dal gruppo è stata particolarmente utile, al punto da convincere Lo Monaco a trasmettere in Italia un interessante modello di cooperazione. «In Cina tutti sono impegnati per sostenere le imprese, alleggerendo l'iter burocratico e le perdite di tempo. Per loro è fondamentale che l’azienda si preoccupi solo di produrre. Abbiamo conosciuto un grosso gruppo finanziario in cui, come nelle grosse cooperative, tutti gli imprenditori sono soci e tutti versano la loro parte. Ogni socio è specializzato in una produzione e riceve commesse da tutti gli altri per gestirne la concentrazione. Il gruppo è la garanzia per tutti, perché concentra il sostentamento del fatturato. Se in passato per noi italiani tutto ciò era imprevedibile, ora il nostro mercato interno è finalmente maturo per gestire una simile tipologia di partecipazione».

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ganizzazione commerciale capace di controllare il mercato nazionale e internazionale». E con Cesim quali politiche avete attuato a proposito? «Noi pensiamo, d’accordo con varie aziende, di formare un vero centro commerciale di diffusione e controllo del mercato per vendere i prodotti. Per quanto riguarda, invece, l’altro aspetto fondamentale, vale a dire l’erogazione del credito, stiamo lavorando alla creazione di una nuova banca. Un progetto concepito a misura d’uomo, più vicino ai bisogni delle imprese, ispirandoci al modello anglosassone. Invitiamo tutti coloro che credono nella cooperazione di gruppo a farsi avanti per realizzare progetti atti sostenere i problemi della nostra economia. Prendendo spunto dai migliori esempi internazionali». LAZIO 2010 • DOSSIER • 141


SVILUPPO ECONOMICO

L’etica rende l’economia più produttiva

ell’attuale scenario economico e finanziario sta prendendo piede la consapevolezza che l'attività imprenditoriale non può, anzi, non deve essere finalizzata esclusivamente alla “massimizzazione del Partendo dall’esempio del premio profitto”». Il professor Stefano Bortone punta il dito contro chi Nobel Amartya Sen, i paesi civili non ritiene che l’impresa debba anche assolvere, coscientemente, funzione sociale, giustificata dal fatto di essere inserita in un puntano a coltivare uno sviluppo «una contesto ambientale con cui instaura relazioni complesse. Un economico e d’impresa basato contesto permeato da valori come la libertà, la lealtà, la legalità, su principi etici e di legalità. E, il rispetto per l’ambiente, solo per citarne alcuni». Per il noto avvocato romano, dunque, la funzione dell’impresa etica consiste come spiega il professor Stefano nell’essere orientata allo sviluppo, al benessere e alla qualità della Bortone, l’Italia segue il passo, vita di ciascun individuo. Dunque anche lei sostiene il concetto di “mercato etico”? partendo dalla 231 «Sì, ma non sono certo il primo a valorizzare il ruolo dell’etica Aldo Mosca anche nel campo degli affari. Il riferimento all’economista indiano e Premio Nobel Amartya Sen è pressoché obbligato. In sostanza, l’obiettivo principale del pensiero di Sen è quello di dimostrare che in un’economia del benessere - well-being l’attenzione all’etica e lo studio di quest’ultima sono in grado di produrre effetti benefici per l’intero mercato, ovviamente se tali principi vengono recepiti e applicati da tutti i suoi principali atIl professor Stefano Bortone. tori, cioè le imprese. Per dirla con le parole dello stesso Sen, “l'ecoIn alto, a destra, l’economista nomia, così come si è venuta costituendo, può essere resa più proAmartya Sen duttiva se si presta maggiore e più esplicita attenzione alle segreteria@studiobortone.com considerazioni di natura etica che informano il comportamento e i giudizi umani”». Però dalla teoria alla pratica il passo non è breve, tantomeno semplice. «È chiaro che un messaggio così dirompente non può essere relegato nelle rarefatte sedi dei discorsi puramente accademici, ma deve trovare concrete applicazioni per far sì che l’impresa e il mercato etico non siano un miraggio, ma una vera opportunità. Ecco, allora, che una perfetta traduzione delle istanze etiche all’interno del “sistema-impresa” italiano è rappresentato da quei principi che permeano il metodo di governance aziendale». A quali si riferisce? «Parlo dei principi etici che incidono sul modello organizzativo aziendale, sui processi decisionali, sui criteri di selezione della leadership e sulla gestione delle risorse umane. Solo in

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Etica e legalità

questo modo è possibile disegnare un modello di impresa ispirato alla logica dei controlli e delle contromisure che ne rendano legittimo e virtuoso l’operato. “Controllo” è la parola-chiave che apre l’accesso a un mercato virtuoso. Ecco, appunto, il motivo per il quale sarebbe auspicabile che, accanto agli altri organi sociali, venisse istituito una sorta di Comitato Etico il cui compito dovrebbe essere quello di vigilare sul corretto comportamento dei vertici aziendali e sul corretto perseguimento degli obiettivi». In questo quadro non si può evitare di citare anche la legge 231. «L’entrata in vigore di questo decreto legislativo è stata fondamentale. Per effetto della 231 è stata introdotta la responsabilità amministrativa degli enti per fatti derivanti da reato. Ormai, una realtà normativa che ha raggiunto una maturità decennale. Le prescrizioni contenute in questo provvedimento normativo hanno inciso profondamente nei comportamenti dei soggetti che governano complesse realtà aziendali. La logica di fondo che permea tale provvedimento risiede nella previsione di gravi sanzioni pecuniarie e interdittive nell’ipotesi dell’accertamento di reati realizzati nell’interesse o a vantaggio dell’ente; inoltre nell’eliminazione di tali sanzioni per le società che si siano munite di programmi di au-

toregolamentazione finalizzati a generare comportamenti aziendali saldamente agganciati all’etica individuale». Dunque la legge aiuta a garantire un’economia più virtuosa? «L’adozione di adeguati modelli di organizzazione e gestione aziendale rappresenta non solo un efficace “paradigma di legalità” per mezzo del quale i soggetti che agiscono a vantaggio dell’ente possono rendere virtuosa la propria realtà economico-produttiva, ma anche la concreta eliminazione del rischio di comportamenti criminali. Peraltro, in generale, i principi “teorici” contenuti nei Codici Etici di cui si dotano le aziende possono essere resi effettivi solo attraverso l’adozione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo, perché con esso devono integrarsi. In altre parole, i richiami al rispetto dei principi di legalità, onestà, correttezza rimarrebbero parole vuote se non si trasformassero in autentiche guidelines etiche all’interno dei modelli di organizzazione e gestione aziendale. D’altro canto, aveva perfettamente ragione Federico Stella nel momento in cui giudicava il neo-introdotto d.lgs. 231/2001 come una vera e propria “iniezione di etica” per le imprese e per l’intero mercato, essendo del tutto evidente che se tutte le realtà aziendali adottassero veramente, efficacemente, modelli organizzativi “etico-conformi” a beneficiarne sarebbe l’intero mercato, l’intero sistema economico e, ovviamente, anche il Fisco». LAZIO 2010 • DOSSIER • 143


CONTRAFFAZIONE

I

l contrasto alla contraffazione, alla pirateria e alla vendita di prodotti non sicuri è fra le priorità operative della Guardia di Finanza. Anche in Lazio le attività svolte dalle Fiamme Gialle sono strutturate su tutto il territorio attraverso controlli quotidiani nell’ambito dei quali particolare attenzione viene rivolta alla prevenzione e alla repressione dei reati inerenti all’introduzione di beni contraffatti, in violazione al made in Italy o non conformi alla normativa in tema di sicurezza dei prodotti. «La Guardia di Finanza – sottolinea il Generale Filippo Ritondale – aderisce attivamente alle importanti iniziative, realizzate dal Ministero dello Sviluppo Economico e dagli enti locali, volte a sensibilizzare i cittadini sui danni arrecati dal mercato del falso e sui rischi, anche per la salute, derivanti dall’uso di tali prodotti, nell’intento di promuovere un consumo più “consapevole”». L’attività di controllo e prevenzione del reato di contraffazione è capillare sul territorio laziale. Come avvengono le vostre azioni di controllo? «L’industria del falso è strettamente connessa alle attività delle organizzazioni criminali, sia di origine italiana che straniera, all’immigrazione clandestina e allo sfruttamento del lavoro “nero” e irregolare. Il dispositivo dispiegato dal Corpo contro la contraffazione si compone di una serie di attività sinergiche che mirano a contrastarne le varie manifestazioni. Il primo livello è rappresentato dalle investigazioni finalizzate all’individuazione e alla disarticolazione delle compagini criminali che gestiscono i traffici illeciti in esame, con particolare riferimento alla ricostruzione della “filiera del falso” e del commercio abusivo, e all’individuazione dei patrimoni illeciti accumulati, quale frutto delle attività illegali. Ci sono poi i servizi a tutela degli interessi doganali, effettuati principalmente presso i porti di Civitavecchia e gli scali aeroportuali di Fiumicino e Ciampino. Alle citate attività, si aggiunge la quotidiana azione di con156 • DOSSIER • LAZIO 2010

L’industria del falso nel mirino della Gdf Il mercato del falso è un fenomeno in continua evoluzione che si avvale sempre più spesso dei canali telematici per la commercializzazione. Il generale Filippo Ritondale illustra le attività di contrasto svolte dalla Guardia di Finanza in regione Nicolò Mulas Marcello trollo economico del territorio svolta dai reparti regionali. Inoltre, i Comandi provinciali di Roma e Latina, a seguito della definizione, rispettivamente nel 2008 e nel 2009, di “patti per la sicurezza”, sottoscritti dai prefetti e dai rappresentanti degli enti locali, hanno assunto specifiche iniziative volte a rafforzare ulteriormente le misure di contrasto. Per quanto concerne Roma, è stato previsto, tra l’altro, l’impiego di un contingente aggiuntivo di 50 militari per il presidio delle aree adiacenti alla Città del Vaticano e del centro storico, maggiormente interessate dalla presenza di venditori ambulanti di prodotti contraffatti». Avete registrato un incremento di questo reato negli ultimi anni nel Lazio? «I dati di cui disponiamo non rivelano un incremento del fenomeno nel suo complesso. Tuttavia va evidenziato che il mercato della contraffazione si manifesta come in continua evoluzione. I produttori e la catena distributiva, infatti, si adeguano costantemente e in maniera rapida ai gusti dei consumatori, alle mode, alle tendenze, proponendo una vasta gamma di articoli delle categorie merceologiche più richieste. Di contro, negli ultimi anni, la Guardia di Finanza del Lazio ha aumentato le risorse destinate al contrasto della contraffazione e, anche gra-

Sotto, Filippo Ritondale, comandante regionale Guardia di Finanza Lazio


Filippo Ritondale

16 mln

PRODOTTI zie alla strategia messa a punto, l’efficacia dell’azione repressiva svolta ha fatto registrare una decisa crescita. Basti considerare che, nel 2009, sono stati sequestrati dai reparti del Comando regionale oltre 16 milioni di prodotti contraffatti, non sicuri o in violazione della disciplina sul made in Italy che rappresentano il 14,2% del totale dei sequestri effettuati dal Corpo sull’intero territorio nazionale e denunciate 1.830 persone, pari all’11,2% del dato complessivo nazionale. Nel periodo gennaio-agosto di quest’anno, i sequestri sono saliti a circa 22,5 milioni di articoli, con più di 1.100 persone denunciate. Nel primo semestre dell’anno, le unità operative dipendenti hanno sequestrato il 38% circa dei prodotti contraffatti individuati dalla Guardia di Finanza sul territorio della Stato, mentre l’incidenza dei denunciati sul dato nazionale è salita al 16,3%». Di recente il Comando provinciale di Roma ha concluso un’operazione che ha portato al sequestro di circa 2 milioni di articoli contraffatti tra cui giocattoli, capi e accessori di

La quantità di abbigliamento contraffatti delle più note case, prodotti contraffatti tra cui Armani, importati dalla Cina, privi del sequestrati dalla Guardia di Finanza previsto certificato di provenienza. Come si è nel 2009 svolta l’operazione? «Il servizio ha tratto spunto dal monitoraggio di una serie di corrieri di origine cinese che si recavano, giornalmente, presso un capannone DENUNCE nel Comune di Guidonia Montecelio per ri- Il numero di persone denunciate fornirsi di merce. Lo sviluppo delle indagini ha nel periodo condotto a individuare un laboratorio di progennaio-agosto di quest’anno duzione nel quale sono stati rinvenuti numerosi macchinari per la confezione e la stampa di capi d’abbigliamento con marchi contraffatti, oltre a circa 100.000 articoli pronti per essere immessi sul mercato. La gestione dell’attività illecita faceva capo a una struttura criminale costituita da 7 soggetti, tutti di nazionalità cinese, dediti non solo alla produzione, ma anche all’importazione di ingenti partite di merce contraffatta sul territorio nazionale dal continente asiatico. I successivi approfondimenti hanno permesso di risalire ad alcune società utilizzate per occultare i proventi

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CONTRAFFAZIONE

derivanti dall’attività illecita. Inoltre, le persone denunciate sono risultate proprietari o possessori di immobili e beni di lusso, il cui valore non ha trovato giustificazione nei redditi dichiarati. Conseguentemente, il Reparto operante ha sottoposto a sequestro valuta estera e denaro contante per un importo pari a circa 260.000 euro, gioielli, pietre preziose ed orologi di pregio. Inoltre è stato eseguito nei confronti dei componenti dell’organizzazione il sequestro preventivo di 2 appartamenti ubicati nel quartiere Esquilino di Roma, del valore di 1.200.000 euro, nonché di 4 autovetture di lusso, un furgone e quote societarie di 4 imprese, per un valore complessivo di oltre 1.800.000 euro». La merce contraffatta che viene importata e commercializzata in Italia non è solo abbigliamento e giocattoli, ma spesso si tratta anche di alimenti, cosmetici e farmaci che rappresentano un vero rischio per la salute. Come riconoscete questi prodotti? «L’esperienza operativa maturata dai reparti della Guardia di Finanza consente di evidenziare tre principali canali distributivi al dettaglio della merce contraffatta. Il primo è rappresentato da ambulanti. Vi è poi il commercio attraverso internet e infine, si re-

MAGGIORI CONTROLLI SULLA STRADA A Roma l’impegno della Polizia municipale nella lotta alla contraffazione è orientato soprattutto alla merce venduta dagli ambulanti abusivi aumento dei controlli ha provocato una diminuzione della quantità di merce contraffatta detenuta in strada dai singoli venditori che oggi è minore rispetto al passato proprio per agevolare la fuga in caso di controllo». A sostenerlo è Angelo Giuliani, comandante della Polizia municipale di Roma. Come si articola l’attività di controllo della vendita di merce contraffatta da parte della Polizia Municipale di Roma? «La repressione della vendita di merce con marchio contraffatto è svolta dalle sezioni di polizia amministrativa dei

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Gruppi territorialmente competenti. In casi particolari che riguardano interventi di maggiore portata s’impiega il personale del gruppo “Sicurezza sociale e urbana”, che ha una competenza specifica nella trattazione di operazioni volte al ripristino del decoro urbano. Malgrado oggettive difficoltà il nostro sforzo si è intensificato negli ultimi anni e, dall’esame dei dati di cui siamo in possesso, possiamo dire che stiamo ottenendo dei buoni risultati. Diminuisce il numero di capi in sequestro, in particolar modo l’abbigliamento e le borse mentre rimane sostanzial-

mente stabile il numero di persone denunciate». Avete riscontrato un incremento di questo reato negli ultimi anni? «Il numero di reati connessi alla vendita di merce contraffatta è stabile negli ultimi anni, anche se registriamo una certa diminuzione nel numero delle persone denunciate. Il dato indica che sono in aumento i casi di sequestro penale eseguito nei confronti di ignoti, cioè di persone che non vengono identificate perché si danno alla fuga». Qual è la percezione dei cittadini rispetto a questo problema? Avete


Filippo Ritondale

I produttori e la catena distributiva si adeguano costantemente e in maniera estremamente rapida ai gusti dei consumatori, alle mode e alle tendenze

gistrano anche casi in cui la merce contraffatta è commercializzata in punti vendita regolari, talvolta unitamente ad articoli originali. Per tutelarsi dal rischio di acquistare prodotti contraffatti senza rendersene conto i cittadini devo rivolgersi sempre a operatori regolari e autorizzati, in grado di offrire evidenti garanzie sull’origine dei prodotti; esaminare sempre l’etichettatura dei beni che si ha intenzione di acquistare e diffidare di quelli privi delle indicazioni d’origine del marchio CE. Occorre considerare, inoltre, che per alcune categorie di prodotti - quali gli alimenti, i medicinali ed i cosmetici – è vigente una specifica disciplina normativa in materia di etichettatura; prestare particolare cautela negli acquisti “porta a porta”, via internet e negli altri casi in cui non è possibile constatare direttamente la natura del bene (vendite televisive, attraverso riviste, pubblicazioni). In proposito, uno degli aspetti

da valutare con attenzione è il rapporto tra il prezzo medio di mercato del prodotto e quello praticato nel caso specifico. L’eccessivo scostamento può costituire motivo per dubitare della genuinità e originalità del prodotto». Nello specifico per quanto riguarda la commercializzazione di prodotti contraffatti tramite internet. Come si rapporta a questo problema la Guardia di Finanza? «Per fronteggiare il fenomeno, è stata da un lato potenziata l’attività info-investigativa finalizzata a individuare gli operatori illegali e, dall’altro, ci si avvale della cooperazione di polizia e giudiziaria per fare in modo che i responsabili siano perseguiti anche negli altri Stati in cui risiedono. Frequentemente, infatti, la base operativa di questi soggetti economici è situata all’estero e solo con la collaborazione delle autorità locali è possibile giungere alla loro identificazione. Inoltre, i controlli eseguiti, soprattutto per fini doganali, sulle spedizioni di merci consentono di sottoporre a sequestro partite di prodotti contraffatti, di risalire al cedente e di giungere all’identificazione dell’acquirente. Importanti sono anche le forme di collaborazione con istituzioni e privati volte allo scambio di informazioni sulle varie tipologie di illeciti per l’orientamento delle attività investigative».

mai avuto segnalazioni da parte di semplici cittadini che denunciano questo malcostume? «I cittadini, a giudicare dal nostro punto di osservazione, vedono il fenomeno con allarme. L’occupazione selvaggia dei marciapiedi limita e talvolta ne impedisce l’agevole fruibilità, in special modo nelle zone con alta densità commerciale, dove questo fenomeno è più significativo. In ultimo si deve considerare anche il grave danno che questa economia sommersa provoca alle attività commerciali in regola. Numerose sono le segnalazioni che pervengono ai nostri uffici, sia di cittadini o commercianti. Ma c’è un’altra categoria di utenti fortemente svantaggiata: quella dei disabili, a cui molte volte è preclusa la possibilità di utiliz-

zare i marciapiedi». Solitamente la vendita di questo tipo di merce avviene su bancarelle improvvisate ma capita anche di vedere prodotti esposti nei negozi gestiti da venditori cinesi. Qual è l’incidenza di questo problema a Roma? «La tipologia della merce contraffatta venduta in strada non è in genere la stessa che, sulla base della nostra esperienza, è venduta nei negozi gestiti da cittadini di nazionalità cinese. In questi negozi si sono riscontrati soprattutto illeciti per merce senza il marchio della Comunità europea e tipologie di prodotti quali giocattoli, articoli casalinghi e di cartoleria. Tutti articoli che non testati secondo norme comunitarie potrebbero essere pericolosi per l’incolumità di chi li acquista».

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CONTRAFFAZIONE

La vera minaccia per il made in Italy Il settore della moda è uno dei più colpiti dalla contraffazione in Italia. In termini di produzione sommersa, il falso rappresenta il 25 per cento del Pil nazionale. Santo Versace illustra i danni alle imprese e le iniziative promosse da Altagamma Nicolò Mulas Marcello

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l problema della contraffazione incide sulle imprese e sul made in Italy creando danni ingenti all’economia del paese. Il mercato del falso destabilizza anche l’innovazione e l’immagine dei marchi e di conseguenza anche la competitività ne risente. La crescita di questo mercato è dovuta soprattutto alla grande richiesta dei consumatori che tendono sempre più ad acquistare merce contraffatta allettati dal basso prezzo dei prodotti ma inconsapevoli della scarsa fattura della merce e dei materiali, spesso dannosi alla salute, con cui i capi di abbigliamento e gli oggetti vengono confezionati. Ormai è un business da 80 miliardi di euro l'anno. Questo è il valore del fatturato che in Italia l'industria del falso produce con l'agroalimentare e moda, i due principali settori che a livello internazionale sono da tempo entrati nel mirino dei “pirati” e risultano i più clonati nel mondo. Le normative di contrasto esistono ma non sempre vengono applicate in maniera omogenea. Iniziative di sensibilizzazione sono state promosse su tutto il territorio nazionale dal governo, dalle prefetture e dalle associazioni di categoria. A lamentare i danni derivati da questo malcostume sono soprattutto i marchi che hanno fatto

La contraffazione rappresenta un vero e proprio furto del valore di un marchio, faticosamente acquisito in decenni di lavoro

grande il made in Italy. Anche Altagamma, l’organismo che riunisce i più prestigiosi marchi italiani, dalla moda al design, dall’alimentare all’ospitalità e alla gioielleria, si è impegnata spesso nella lotta alla contraffazione. «La contraffazione – sostiene Santo Versace, presidente di Fondazione Altagamma – attacca l’innovazione delle imprese, e l’innovazione è la chiave della competitività delle imprese italiane sui mercati mondiali». Il panorama normativo è adeguato a con-


Santo Versace

Santo Versace, presidente di Fondazione Altagamma

trastare questo sempre più crescente malcostume? Come si può gestire meglio il problema dal punto di vista sanzionatorio? «La normativa a livello nazionale c’è, è articolata e sulla carta efficace. Ma, come spesso succede in Italia, l’applicazione delle norme avviene a macchia di leopardo, anche per via del fatto che nel nostro paese sono molteplici le autorità competenti in materia e non tutte si impegnano sul campo. E questo purtroppo anche in ragione di una presunta bassa priorità del problema. Errore grave, anzi gravissimo: la contraffazione non è una semplice spina nel fianco della nostra economia, ma una delle più gravi minacce. La contraffazione attacca l’innovazione delle imprese, e l’innovazione è la chiave della competitività delle imprese italiane sui mercati mondiali. Si parla di imprese che investono risorse importanti nella costruzione dell’immagine della marca e nel design di prodotto, imprese che costrui-

scono universi valoriali e simbolici intorno alla marca. Si tratta di un vero e proprio furto del valore di un marchio, faticosamente acquisito in decenni di lavoro, no scippo della reputazione di un’azienda, della ricerca, della creatività e della comunicazione che stanno alla base del successo di un prodotto». Complici della crescita del mercato delle contraffazioni sono sicuramente i consumatori, che con gli acquisti alimentano il proliferare della produzione. Sono state fatte campagne a riguardo ma cosa si può fare di più? «Si deve continuare con le attività di comunicazione a favore dei consumatori, questa è la strada maestra. E questa attività deve essere estendersi al di là dei confini italiani. Fondazione Altagamma ha proposto al presidente dell’Unione Europea Barroso, ai vice presidenti e ai commissari competenti di varare una grande campagna di informazione rivolta ai consumatori dei 27 paesi europei, e specialmente ai giovani, per raccontare loro quali sono i reali rischi di questo malaffare, e quali funesti meccanismi criminosi e quali gravi conseguenze sono generati dall’atto di acquisto del falso: evasione fiscale, sfruttamento del lavoro nero, riciclaggio di denaro sporco, deterioramento dell’immagine del Prodotto Italiano». LAZIO 2010 • DOSSIER • 161


CONTRAFFAZIONE

Medicinali contraffatti, un pericolo concreto Il rischio per la salute rappresentato dall’assunzione di farmaci contraffatti è sempre più alto. La diffusione di prodotti illegali tramite internet ne è la prova. Luisa Valvo, dell’Istituto superiore di sanità, illustra la situazione Nicolò Mulas Marcello

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egli ultimi anni l’attenzione alla tossicità dei prodotti contraffatti si è moltiplicata. Sempre più spesso si parla non solo di giocattoli prodotti con materiali dannosi ma anche di cosmetici, alimenti e farmaci. La pericolosità dei medicinali contraffatti è oggetto di studio del dipartimento del farmaco presso l’Istituto superiore di sanità che «ha sviluppato – fa sapere la dottoressa Luisa Valvo, responsabile del dipartimento – metodi analitici di screening e applicazioni innovative di metodi chimico-fisici e tecnologici per l’analisi di farmaci contraffatti». In che modo vengono confezionati i farmaci contraffatti? «Ci sono diverse tipologie di farmaci contraffatti. Volendo schematizzare, si possono distinguere almeno quattro categorie differenti di “falso”, con crescente pericolosità potenziale: prodotti che contengono gli stessi principi attivi e gli stessi eccipienti del farmaco originale, nella giusta quantità; prodotti che contengono gli stessi principi attivi del farmaco originale, ma non nelle quantità dichiarate, e/o le cui Luisa Valvo, dirigente di ricerca del Dipartimento del farmaco presso l’Istituto superiore di Sanità

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formulazioni farmaceutiche non rispettano i requisiti richiesti; prodotti che esteriormente appaiono simili a quelli autentici, ma che non contengono nessun principio attivo o contengono altre sostanze in sé non nocive; prodotti che esteriormente appaiono simili a quelli autentici, ma che contengono principi attivi diversi da quelli dichiarati e possono contenere addirittura sostanze nocive. Altre tipologie di contraffazione riguardano i farmaci provenienti da furti, che vengono riconfezionati in confezioni contraffatte attestanti un dosaggio più elevato, e i farmaci scaduti, che vengono rietichettati con nuove date di scadenza». Quali sono i danni che possono provocare? «Il grado di pericolosità di un farmaco contraffatto dipende dalla tipologia di contraffazione. L’assenza di principio attivo o la presenza di quantità di principio attivo inferiori al dichiarato, provoca mancanza o insufficienza di attività terapeutica e, nel caso degli antinfettivi (p. es. antibiotici, antimalarici e antiretrovirali), possibile selezione di ceppi microbici resistenti al farmaco. Se il medicinale contraffatto contiene principi attivi diversi da quelli dichiarati, si possono verificare fenomeni tossici dovuti a intolleranze individuali o a interazioni con altri farmaci assunti contemporaneamente; se gli eccipienti sono diversi da quelli del farmaco originale, può essere inoltre influenzata la velocità e l’entità di assorbimento del principio attivo da parte dell’organismo». Come si fa a riconoscere un farmaco contraffatto?

28 % FARMACI Gli antibiotici contraffatti tra tutti i medicinali illegali secondo i dati dell’Oms

1%

CONFEZIONI La percentuale dei farmaci contraffatti circolanti in Europa tra i prodotti medicinali

17 mln

MEDICINALI Il numero di farmaci, fiale e compresse sequestrati dai Carabinieri tra il 2009 e il primo semestre del 2010


Luisa Valvo

«Per non correre il rischio di assumere farmaci contraffatti, è indispensabile acquistare i medicinali esclusivamente dalla rete legale di distribuzione al pubblico. Se il farmaco proviene da una fonte che non risulta nota e affidabile, come un negozio o un esercizio non autorizzato a vendere farmaci (p. es. palestra, centro estetico), un sito internet, o un “amico esperto” è necessario: osservare la confezione per verificare eventuali anomalie di scrittura e di colore; controllare il numero di lotto e la data di scadenza sulla confezione esterna: devono coincidere con quelli presenti sulla confezione interna (flacone, fiala, blister, ecc.); accertarsi che sia presente sulla scatola il “bollino” con il codice a barre, il nome del prodotto, il numero dell’autorizzazione all’immissione in commercio e il nome dell’azienda autorizzata. Se vengono riscontrate anomalie e si sospetta che un farmaco sia contraffatto, ci si può rivolgere ad Impact Italia, la task-force nazionale per la lotta alla contraffazione farmaceutica, attraverso il sito www.impactitalia.gov.it». Come funzionano i controlli in Italia? «L’Italia è stato il primo Paese in Europa e uno dei pochissimi a livello mondiale a costituire una struttura trasversale fra le diverse amministrazioni interessate al fenomeno della contraffazione dei medicinali: Impact Italia. si tratta di una task force nazionale istituita dall’Aifa nel 2007 ed è composta da tutte le principali istituzioni interessate al problema, ovvero l’Aifa, il ministero della Salute, l’Istituto superiore di Sanità, il reparto Nas dei Carabinieri, insieme al ministero dello Sviluppo economico, l’Agenzia delle Dogane e il ministero dell’Interno. Il dipartimento del farmaco dell’Istituto superiore di Sanità, ha sviluppato metodi analitici di screening e applicazioni innovative di metodi chimico-fisici e tecnologici per l’analisi di farmaci contraffatti. Impact Italia ha inoltre realizzato un primo campionamento su siti internet sospetti di farmaci. Le analisi effettuate dall’ISS sui medicinali pervenuti hanno evidenziato che il 74% era rappresentato da “copie illegali” provenienti dall’India, la cui qualità non può essere accertata, il 21% da medicinali contraffatti provenienti da Cina, Bulgaria, Italia e Francia e solo il 5% da medicinali autentici (provenienza Regno Unito)». LAZIO 2010 • DOSSIER • 163




DIRITTO DEL LAVORO

Alla radice del mobbing Il sessismo come residuo obsoleto della nostra società. La discriminazione come inevitabile anticamera per l’accesso al lavoro. Il mobbing come prodotto. Le donne lottano, insieme all’affermazione delle pari opportunità. L’avvocato Cosimo Pennetta fa il punto Paola Maruzzi

L’avvocato Cosimo Pennetta esercita a Roma. Riveste la carica di consigliere di fiducia per il Gruppo Acea S.p.a. www.pennettastudiolegale.it avvpennetta@teletu.it

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miliazioni, vessazioni, subdoli ricatti. Nelle sacche nascoste del mondo lavorativo c’è sempre stato anche questo, a tormentare i dipendenti di ogni settore e livello. Ma esiste un confine – psicologico e giuridico – che separa il lecito dall’illecito, che distingue la subordinazione alle gerarchie dalla persecuzione vera e propria. Il mobbing è un universo sommerso, sfuggente e, in una società che ipocritamente sbandiera le pari opportunità, è tipicamente femminile. Se portarlo alla luce non è affatto semplice, figuriamoci puntargli contro il dito della legge. Molto c’è ancora da fare. L’avvocato Cosimo Pennetta, esperto in diritto del lavoro, spiega che «in Italia non è contemplata una specifica normativa che disciplini e definisca, con criteri oggettivi, il mobbing lavorativo. I riferimenti normativi sulla materia sono due. In primo luogo, la Costituzione, che sancisce il diritto di ogni individuo alla dignità e alla salute psico-fisica. In secondo luogo l’articolo 2087 del Codice Civile, che impone al datore di lavoro l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità psico-fisica dei lavoratori e delle lavoratrici». Alla radice del mobbing c’è un problema di discriminazione sessuale e, quindi, di diritti e pari opportunità. Dunque è in questa direzione che bisogna lavorare, tenendo d’occhio le illuminanti normative comunitarie. «Con il Decreto legislativo 198/2006, finalmente è stato istituito nel nostro paese il principio delle pari opportunità. Ha visto la luce anche un’apposita Commissione. Ma la vera innovazione del decreto – continua Pennetta – sta nel modo dettagliato in cui vengono definite sia la discriminazione, diretta e indiretta, sia le molestie sessuali e non». Significativo è anche l’iniziativa di Acea Spa, che ha introdotto un inedito strumento conciliativo stragiudiziale, anche detto “aziendale”. In questo modo la vittima ha la possibilità di chiedere l’intervento, entro novanta giorni dalla molestia, del consigliere di Fiducia. Di cosa si tratta? «Di uno strumento di tutela. Questa figura, sotto il vincolo

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Il mobbing

In Italia non è contemplata una specifica normativa che disciplini e definisca, con criteri oggettivi, il mobbing lavorativo

TUTELARE LA FAMIGLIA Mentre incalzano divorzi e separazioni, si vanno delineando le specificità dell’avvocato matrimonialista. Una figura quanto mai attuale, capace di fare luce sull’intricato ambito dei diritti di famiglia. Cosimo Pennetta ne passa in rassegna le difficoltà ono molte le coppie che chiedono consulenza per porre fine al proprio matrimonio, o anche solo per conoscere, in prospettiva futura, i diritti e doveri nel caso di una eventuale cessazione del rapporto di coppia» afferma l’avvocato Cosimo Pennetta, specializzato anche in diritto di famiglia. E quali sono, in tal caso, le strade percorribili? «Innanzitutto la separazione giudiziale nella quale, mancando l’accordo tra le parti, si procede unilateralmente. Poi c’è la separazione consensuale: in sostanza il buon senso dei coniugi prevale sulle reciproche pretese. In quest’ultimo caso il ricorso viene presentato congiuntamente con un notevole risparmio di tempo e costi. Se, invece, i coniugi sono già separati ma le condizioni economiche non consentono più di sostenere gli obblighi di mantenimento presi in sede di separazione, si può chiedere una modifica delle condizioni di separazione, che tenga in debito conto la nuova condizione economica dell’onerato». Insomma, quello dei diritti di famiglia è un mondo intricato, a cui prendono parte anche i cambiamenti socio-economici. Infatti «la crisi in atto ha inciso negativamente proprio sulle famiglie. Probabilmente una migliore politica economica a sostegno dei più deboli, potrebbe alleviare il problema. Ma l’Italia è un paese dalle mille contraddizioni. Si parla tanto di società fondata sulla famiglia, ma nei fatti si fa ben poco per tutelarla».

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dell’assoluta segretezza e riservatezza, svolge delle indagini. Al termine dell’istruttoria, constatata la fondatezza delle doglianze, inoltra la lettera raccomandata alla direzione del personale che, a sua volta, verifica il caso. Raccolte tutte le informazioni, si procede a esperire il tentativo di conciliazione in seguito al quale, sentiti i consiglieri di fiducia, l’azienda adotta i provvedimenti più idonei a eliminare le condizioni che hanno consentito il verificarsi dei fatti segnalati, avviando, ove necessario, i provvedimenti disciplinari: dal semplice rimprovero verbale fino al licenziamento». Pennetta precisa che «il tentativo di conciliazione stabilito dal Regolamento Acea non ha la pretesa di sostituirsi a quello previsto dal Codice di Procedura Civile. Tuttavia costituisce un valido supporto per il lavoratore. Grazie a esso, infatti, si può disporre del parere gratuito di un esperto». Insomma un buon inizio, anche le principali resistenze psicologiche provengono dalle vittime stesse. Perché non è facile vincere il pudore e denunciare. «Il “mobbizzato” deve lottare per superare la fase di auto colpevolizzazione. Qualora vi riuscisse, difficilmente si serve di uno strumento che non conosce, preferendo più spesso seguire un iter più convenzionale». LAZIO 2010 • DOSSIER • 175


CONTRATTUALISTICA

Chiariamo le normative sul lavoro Approfondire modifiche normative e scenari futuri della disciplina che regolamenta i rapporti di lavoro è argomento quanto mai attuale. Mettiamo a fuoco la legislazione dei contratti a tempo determinato oggi sempre più diffusi. L’analisi dell’avvocato Aldo Verini Supplizi Ezio Petrillo

a disciplina che regolamenta il contratto di lavoro a tempo determinato merita un approfondimento vista la complessità e l’interesse attuale della materia. È importante chiarire, in tal senso, quali sono le cautele che la parte datoriale deve adottare quando stipula questo tipo di contratto e quali difese ha il lavoratore in caso di abuso del contratto a termine, cioè quando non sussistano reali esigenze di ricorrere a un rapporto lavorativo di durata temporanea. Ne parliamo con l’avvocato Aldo Verini Supplizi, esperto in diritto del lavoro. Come si può definire il contratto di lavoro a tempo determinato? «Il contratto di lavoro a termine è un contratto subordinato la cui durata non può essere superiore a tre anni e, se di durata inferiore, può essere prorogato, una sola volta, per ragioni oggettive e per la stessa attività per la quale è stato stipulato il contratto iniziale. Il datore di lavoro ha facoltà di riassumere il lavoratore sempre con contratto a

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In alto a sinistra l’avvocato Aldo Verini Supplizi, esperto in diritto del lavoro averini@tiscali.it

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termine, purché tra la fine del primo e l’inizio del successivo siano trascorsi 10 giorni, o venti se il contratto scaduto aveva una durata inferiore a sei mesi». Qual è l’attuale disciplina del contratto a termine e quali sono state le modifiche legislative? «La Legge del 18/04/1962, consentiva l’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato oltre che per i lavori stagionali, anche “quando l’assunzione ha luogo per sostituire lavoratori assenti per i quali sussista il diritto alla conservazione del posto, sempre che, nel contratto a termine, sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sostituzione”. La Legge Biagi, che ha riformato il mercato del lavoro, con le modifiche apportate dal D.L. 25/06/2008 n. 112, convertito in Legge n. 133/2008, ha disposto l’abrogazione della L. 230/62 e ha stabilito che “è consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, anche se riferibili


Il tempo determinato

La durata del contratto di lavoro a termine non può essere superiore a tre anni. Può essere prorogato una sola volta per ragioni oggettive

all’ordinaria attività del datore di lavoro”». Quali sono i requisiti essenziali affinché il datore di lavoro non rischi di stipulare un contratto invalido?

«Innanzitutto, sotto l’aspetto formale, il contratto deve rivestire la forma scritta e i principali elementi che deve contenere sono: la durata, l’indicazione del motivo che giustifichi l’apposizione del termine, l’inquadramento e le mansioni. Tuttavia, la causale della clausola appositiva del termine non può consistere semplicemente nel richiamo tautologico della formula legislativa, ossia per motivi tecnici, produttivi e organizzativi, ma deve emergere in modo inequivocabile l’esigenza oggettiva di temporaneità del rapporto, con l’indicazione sufficientemente

dettagliata delle esigenze aziendali, nelle sue componenti identificative essenziali». Quindi, ci sembra di capire che le regole da rispettare per stipulare un valido contratto a termine siano molto formali e rigide. «In effetti, il legislatore e la giurisprudenza che si è sviluppata, hanno imposto requisiti abbastanza severi in ordine alla specificazione della motivazione del contratto a termine. Ritengo che ciò costituisca il naturale contrappeso alla flessibilità del rapporto di lavoro, affinché le aziende non facciano un uso indiscriminato del contratto a termine, imponendo la trasparenza, la riconoscibilità e la verificabilità della causale adottata a giustificazione del termine». A quest’ultimo proposito, ci spiega le conseguenze di un contratto nullo e le tutele che la legge prevede per il lavoratore? «L’eventuale nullità della clausola appositiva del termine non determina la nullità assoluta del contratto, bensì l’invalidità parziale e l’instaurazione tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, per effetto di un’automatica conversione. Il lavoratore può quindi, impugnare il contratto di lavoro o la risoluzione del rapporto alla scadenza, per illegittimità dell’apposizione del termine, chiedendo al Giudice il ripristino del rapporto di lavoro e il pagamento di tutte le retribuzioni maturate dalla cessazione del contratto a termine all’effettiva riammissione in servizio». LAZIO 2010 • DOSSIER • 177


RIFORMA FORENSE

Interveniamo a tutela dei cittadini

Riformare la giustizia nell’ottica della tutela degli interessi del cittadino. Per questo una migliore preparazione e selezione dei consulenti legali si rivela elemento indispensabile. L’analisi di Renzo Menoni Ezio Petrillo

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li interventi necessari per il sistema giudiziario coinvolgono diversi aspetti. Dalla preparazione dei consulenti legali, alla riduzione dei tempi del processo, fino ad arrivare alle modifiche della riforma della mediazione. L’Unione nazionale delle camere civili ha concordato la necessità di una urgente riforma forense che, avversando aspetti di categoria, preveda quanto meno tre baluardi indispensabili a porre un freno alla disgregazione della professione legale. Ne discutiamo con Renzo Menoni. A cosa deve puntare la riforma forense? «Il riconoscimento da parte dello Stato di un Ordine professionale comporta che possano accedervi solo soggetti in possesso di specifici requisiti nonché, in certi casi, il diritto esclusivo di operare in specifiche materie, come ad

Sotto, Renzo Menoni, presidente dell’Unione nazionale delle Camere civili

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esempio la difesa in giudizio e le cure mediche. Tale riconoscimento normativo ha, quindi, solo indirettamente il fine di tutelare i soggetti che fanno parte di quell’Ordine, ma lo scopo primario è di tipo pubblicistico e cioè la tutela dei cittadini che, per quelle particolari attività hanno necessità di potersi rivolgere a soggetti riconosciuti come particolarmente affidabili dal punto di vista deontologico e particolarmente qualificati dal punto di vista tecnico. La bontà di una legge professionale la si deve misurare, quindi, sulla base di tale metro oggettivo, che è costituito dall’interesse del cittadino. Nel 1995 erano iscritti agli albi 83.000 avvocati, oggi siamo circa 250.000. In quindici anni il numero degli avvocati si è più che triplicato. È evidente che, come ha ricordato il primo presidente della Corte di Cassazione, in occasione dell’inaugurazione del corrente anno giudiziario, tale abnorme aumento è assolutamente insostenibile e comporta necessariamente uno scadimento qualitativo della categoria, con il rischio di gravi danni per il cliente». Come intervenire, dunque? «É ormai indilazionabile un urgente intervento legislativo e, lo scorso anno, l’avvocatura ha presentato un progetto unitario di riforma, condiviso da noi e da tutte le componenti istituzionali e associative. Tale progetto ha superato l’esame della commissione Giustizia del Senato ed è attualmente


Renzo Menoni

all’esame dell’aula. Si tratta di un progetto L’Unione nazionale delle Camere civili, notevolmente articolato, con oltre sessanta arcosì come tutta l’avvocatura, ha una ticoli. I punti più qualificanti sono quelli volti posizione fortemente critica in merito a garantire una maggior selezione e preparaalla normativa sulla mediazione, come zione dell’avvocato, nell’interesse, per l’appunto, del cittadino-cliente. In particolare è stata approvata nei decreti delegati sono previste norme più rigorose per l’accesso alla professione; l’introduzione delle specializzazioni, per dare una risposta maggiorquello di assicurare che mente qualificata nei la giustizia sia amminivari settori del diritto; strata in termini ragiouna deontologia più nevoli, come previsto severa e più uniforme dall’articolo 6 della su tutto il territorio Convenzione europea nazionale e una ridei diritti dell’uomo; serva di legge più ma tale sistema giudiestesa». ziario deve essere effetPerché questo tivamente amminiprogetto ha trovato strato e entro questi parecchi ostacoli termini ragionevoli il nelle sedi istituzioprocesso deve essere nali e politiche? concluso. Per quanto «L’avvocatura ha, stoconcerne più specificaricamente, sin dalla mente il processo cicostituzione del novile, che è quello che stro Stato unitario, riguarda più da vicino esercitato un ruolo ril’Unione nazionale levante sotto il profilo delle Camere civili, politico e sociale. Non questo deve essere amdeve quindi meraviministrato in tempi gliare l’attenzione a brevi, salvaguardando cui è sottoposto un però anche la qualità progetto di riforma del processo. Ed è per della professione foquesto che siamo decirense. Si aggiunga che, come già si è ricordato, normalmente samente contrari a qualsiasi ipotesi di soml’ordinamento forense funziona come modello anche per gli al- marizzazione del processo stesso, che significa tri ordinamenti professionali». una perdita di garanzie processuali per il citQuali sono i punti principali di un percorso riformatore tadino di far valere le proprie ragioni in giudell’intero sistema giustizia? dizio, senza, peraltro, neppure la concreta pro«Una riforma della giustizia deve avere, come fine, la miglior spettiva che i termini processuali si abbrevino tutela di tutti i cittadini e non deve rispondere a interessi par- veramente. Certo l’attuale durata dei giudizi è ticolari ma generali. Dovere del governo e del Parlamento è assolutamente inaccettabile e si trasforma,

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RIFORMA FORENSE

83 mila AVVOCATI

Era il numero degli iscritti all’albo nel 1993. Oggi sono 250.000

molto spesso, di fatto, in denegata giustizia». riforma della mediazione? Quali sono le vostre proposte? «I provvedimenti da attuare possono essere riassunti nei seguenti punti: la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, con una più razionale distribuzione dei magistrati sul territorio; un richiamo di tutti i magistrati dispersi nei vari ministeri come esperti e consulenti, alla funzioni giurisdizionali che sono loro proprie; l’aumento, se del caso, dell’organico dei magistrati e copertura dei posti vacanti. A ciò andrebbe aggiunta la destinazione di maggiori risorse economiche alla Giustizia, in primo luogo per la copertura dei posti vacanti del personale ausiliario; la riforma del Csm e maggiore impulso ai procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati che non svolgono le loro funzioni con assiduità e diligenza; la rimozione di tutti i capi degli uffici giudiziari che non sono in grado di assicurare il corretto funzionamento degli uffici cui sono preposti; maggiore collaborazione fra avvocatura e magistratura, perché la giustizia è un “servizio” a favore della collettività che, per essere amministrato correttamente, ha necessità del contributo di entrambe le componenti». Qual è la vostra posizione in merito alla 180 • DOSSIER • LAZIO 2010

«L’Unione nazionale delle Camere civili, così come tutta l’avvocatura, ha una posizione fortemente critica in merito alla normativa sulla mediazione, come è stata approvata nei decreti delegati. Tali decreti delegati hanno peraltro suscitato notevoli riserve nelle stesse commissioni Giustizia del Senato e della Camera, che hanno richiesto rilevanti modifiche e da parte della magistratura. Innanzitutto la legge è incostituzionale per eccesso di delega. La legge delega n.69/2009 non prevede infatti l’obbligatorietà del procedimento di mediazione. In secondo luogo tale procedimento si trasformerà, nella maggioranza dei casi, in un ulteriore allungamento dei tempi, in quanto prima di potersi rivolgere al giudice dovrà obbligatoriamente, in alcune materie, essere esperita tale procedura, e in un aggravio di costi per il cittadino. La normativa deve essere quindi necessariamente rivista e si deve abbandonare, da parte del Ministero, la strada dei provvedimenti estemporanei, per imboccare, una volta per tutte, quella dei provvedimenti organici di riforma, previo un approfondito confronto con l’avvocatura e la magistratura».



VERSO L’ESTERO

Il mercato europeo ancora da esplorare Le nuove opportunità di investimento per le imprese all’estero necessitano della giusta valutazione e attenzione da parte dei consulenti legali. L’avvocato Stefano Sutti analizza necessità e esigenze delle aziende nei nuovi mercati europei Ezio Petrillo

L In basso, Stefano Sutti, managing partner dello Studio legale Sutti

a globalizzazione dei mercati ha spinto le imprese italiane a delocalizzare. I motivi sono diversi. Dalla fiscalità favorevole al contenimento del costo del lavoro fino a semplici esigenze di allargamento delle proprie produzioni. Nonostante la crescita esponenziale di alcune realtà dell’estremo Oriente o del Brasile, l’Europa rimane ancora una terra “appetibile” di investimenti per le nostre aziende. In quest’ottica garantire un supporto legale adeguato alle imprese con sedi all’estero, è, oggi più che mai, una necessità. Ne parla Stefano Sutti. Alla luce della crescita esponenziale di mercati come la Cina e l’India, l’Europa rimane ancora un territorio di “conquista” per le imprese italiane? «In realtà, esistono ancora spazi immensi di intervento legati alla integrazione tuttora in corso dei mercati dell’Europa orientale con quelli della vecchia Comunità economica europea. A cominciare naturalmente dalla naturale vocazione

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delle imprese italiane per l’area balcanica, per finire con la Russia e gli altri paesi europei della Csi che costituiscono sempre più partner commerciali strategici per il nostro paese. Questi territori che un tempo appartenevano al cosiddetto “secondo mondo” , presentano opportunità notevoli di investimento per le aziende, in particolare sotto la veste di joint-venture. Costituiscono, inoltre, mercati di sbocco per le imprese, attraverso la stipulazione di contratti di distribuzione o agenzia, o ancora indirettamente attraverso contratti di licenza di know-how o brand, anch’essi molto appetibili per tali Paesi». Quali sono i paesi europei che attirano maggiormente gli investitori italiani? «I Balcani restano, in fondo, per l’Italia, quello che, ad esempio, l’Estonia può rappresentare per la Finlandia. Tra i Paesi dell’area dell’est Europa, la Romania rimane sicuramente la terra più “fertile” per gli imprenditori italiani, ma, per talune tipologie di investimento, la Bulgaria può essere una destinazione migliore. Naturalmente gli stessi paesi dell’ex Jugoslavia destano un interesse crescente, soprattutto la Serbia». Fiscalità, infrastrutture, possibilità di investimenti. Quali i motivi che spingono gli imprenditori a de-localizzare nel resto dell’Europa? «A parte la tradizionale leva del differenziale del costo di manodopera, vengono oggi in


Stefano Sutti

La consulenza di uno studio legale internazionale deve puntare, alla ricercadell'eccellenza nella capacità di affrontare in modo aggressivo ed efficace le controversie oltre confine

conto altri fattori, quali l’esigenza di allargare la base produttiva, di approfittare di regimi fiscali favorevoli come nel caso della Serbia e di mettere a frutto gli “intangible asset” aziendali come, in particolare, proprietà intellettuale e know how anche al di fuori del nostro paese. Mentre realtà lontane e non sempre facili da “esplorare” come la Cina, l’India o il Vietnam restano in cima all’agenda di molte grandi società italiane; un’azienda invece di media grandezza può ritrovare più facilmente opportunità di investimento praticamente dietro l’angolo, con notevole alleggerimento delle difficoltà legate ai gap di ordine legale, culturale e linguistico». Qual è il paese europeo che disciplina meglio gli aiuti alle imprese nei periodi di crisi? «Nella nostra esperienza, la Germania esprime

la migliore politica industriale in questo senso». Quali sono le richieste più frequenti di supporto legale, che vi giungono dalle imprese italiane nel resto d’Europa? «La consulenza legale di uno studio legale internazionale deve puntare, essenzialmente, alla ricerca dell'eccellenza nella capacità di affrontare in modo aggressivo ed efficace le controversie oltre confine, anche quando coinvolgono paesi europei che hanno, a ragione o torto, la reputazione di essere “non semplici” dal punto di vista legale ed economico. Questo sia per quel che riguarda il recupero crediti e le dispute in materia contrattuale o societaria, sia per ciò che concerne le vertenze in materia di brevetti, marchi o modelli. Per il lavoro attinente alla sfera del non contenzioso, spesso, specie nel caso di aziende di limitate dimensioni, ci ritroviamo ad accompagnarle lungo tutto il percorso che conduce alla creazione di una filiale o di una società controllata sul posto. Dallo studio di fattibilità iniziale, sino alla stipula di un contratto collettivo aziendale, con le risorse umane locali. In altri casi, si tratta, invece, di rappresentare l'azienda italiana nell'acquisizione di una partecipazione di controllo in un'impresa locale preesistente, oppure di assisterla nella stipulazione di contratti di appalto, distribuzione o licenza». LAZIO 2010 • DOSSIER • 183


COME DELOCALIZZARE

Impresa e globalizzazione Subentrare nel mercato globale implica il rischio di non essere sufficientemente tutelati giuridicamente. E, soprattutto in ambito contrattuale, le imprese non possono permettersi di agire alla cieca, come spiega l’avvocato Maria Luisa Del Bufalo Carlo Sergi

on crede che l’avvocato debba «formare gli imprenditori». È infatti sulla fiducia, secondo Maria Luisa Del Bufalo, che occorre premere per evolvere costruttivamente il rapporto tra mondo delle aziende e mondo forense. Un binomio che, secondo l’affermato legale romano, il cui studio è specializzato anche in diritto commerciale internazionale, è decisivo all’interno del quadro economico contemporaneo. «In una fase in cui molte aziende falliscono o semplicemente scompaiono dal mercato, l’avvocato deve fornire strumenti legali nella negoziazione dei contratti che riducano il più possibile il rischio di inadempimento della controparte. Penso a forme di garanzie o indagini sulla solvibilità. E, nei casi in cui le imprese si addentrino nei mercati stranieri, occorre conoscere gli strumenti di tutela che questi ultimi offrono e le modalità per avvantaggiarsene». Perché insistere sul tema della fiducia tra impresa e avvocato? «È importante che l’imprenditore impari a fidarsi del proprio professionista e che capisca come la sua assistenza sia fondamentale ben prima dell’insorgere di problemi quali inadempimenti o abusi da parte di partner commerciali. L’affiancamento del legale nella stesura e nella negoziazione dei contratti è basilare proprio per evitare il ricorso agli organi giudiziari, consentendo all’imprenditore un notevole risparmio». A proposito di contrattualistica, In alto, l’avvocato Maria Luisa quali sono i talloni d’Achille dei nostri Del Bufalo all’interno del suo studio di Roma imprenditori? mldelbufalo@delbufalo.com «In generale, notiamo che gli imprendi-

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tori italiani fanno fatica ad accettare le diversità negli usi commerciali e nei sistemi normativi stranieri e, pertanto, rifiutano di adeguarsi. In generale occorrerebbero una maggiore apertura e una più spiccata dinamicità». Questa difficoltà non rischia di ostacolare un tessuto economico che punta, sempre più, alla delocalizzazione? «Molto spesso alla delocalizzazione del processo produttivo e alla creazione di società controllate in mercati stranieri non corrisponde un’adeguata delocalizzazione delle scelte manageriali. Scelte di marketing, gestione della forza lavoro e dei rapporti con fornitori o con la rete di distribuzione dovrebbero essere effettuate sulla base di un’approfondita conoscenza del mercato di riferimento. Le società italiane medie e grandi che si affacciano ai mercati stranieri tendono spesso a un forte accentramento delle scelte


Maria Luisa Del Bufalo

gestionali, con conseguente appesantimento e rallentamento dei processi decisionali e soprattutto il rischio di avallare decisioni strategicamente dannose». Punto nodale, e critico, è la coesistenza di più normative. Questo cosa comporta? «Dipende. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la coesistenza tra le normative dei vari stati con quella federale, ha dato luogo ad un sistema molto complesso che impone scrupolosità. Inoltre, la normativa americana concede uno spazio particolarmente ampio all’autonomia contrattuale, lasciando però in certi casi il privato e l’imprenditore privi di rimedi giuridici. E questo è un problema da non sottovalutare, considerando che i nostri imprenditori, spesso, Gli imprenditori italiani fanno fatica ad accettare negoziano con controparti dole diversità negli usi tate di notevole commerciali e nei sistemi forza contrattuale senza sernormativi stranieri virsi di un’ade-

guata assistenza legale. Ad esempio capita che i contratti contengano esclusioni di garanzie o di responsabilità o, peggio, limitazioni al ricorso all’autorità giudiziaria». Quindi il modello americano non è da prendere del tutto ad esempio. «Quella dei limiti all’autonomia contrattuale e commerciale è una questione cruciale nel nostro ordinamento e su di essa si è discusso e si discute da sempre. Ritengo che nel nostro Paese, e in parte in Europa, in alcuni settori come quello dell’impiego, la forte limitazione dell’autonomia privata penalizzi il mercato e indirettamente i privati cittadini. Ad ogni modo l’ordinamento americano, come noto, in diversi settori e situazioni lascia senza tutela soggetti deboli economicamente e contrattualmente, ponendo seri dubbi di giustizia sociale». Quali strumenti si hanno a disposizione per gestire efficacemente e con garanzie le ›› LAZIO 2010 • DOSSIER • 185


COME DELOCALIZZARE

ANCHE LA FAMIGLIA SUBISCE LA GLOBALIZZAZIONE L’

›› azioni contrattuali?

L’Avvocato Maria Luisa Del Bufalo è da anni impegnata nel campo del diritto di famiglia per la tutela dei diritti dei più deboli, i minori e spesso le donne. Il suo studio: gli avvocati Flavia Mascolo, (Foro di Roma e di New York, U.S.A.), Raffaella Nardi (Foro di Roma), Cristina Santarelli (Foro di Roma) e Sara Sangiorgi (Foro di Roma)

avvocato Maria Luisa Del Bufalo è esperta in diritto di famiglia, un ambito, anche questo, che deve raffrontarsi talvolta anche drammaticamente, con il fenomeno della globalizzazione sociale. «Il diritto di famiglia è di grande attualità visto il continuo aumento di separazioni e divorzi e i gravi problemi subiti soprattutto dalla prole – spiega il legale -. Naturalmente in caso di genitori di diversa cittadinanza si pongono importanti questioni legate allo scontro tra culture diverse o semplicemente alla volontà di uno dei coniugi di tornare nel paese di origine. Nonostante le leggi italiane e diverse convenzioni internazionali proteggano il diritto del minore a non venire

«Ogni situazione è diversa dalle altre e purtroppo non vi sono strumenti universali. Negli Stati Uniti, quando possibile, si fa ricorso ad escrow deposits cioè a somme depositate fiduciariamente presso una terza persona, spesso l’avvocato di una delle parti, a garanzia dell’adempimento di un’obbligazione. È un contratto parallelo e secondario rispetto a un’operazione principale». Soprattutto quali settori incontrano le difficoltà maggiori? «Naturalmente ogni mercato è diverso ed è importante documentarsi ed essere aggiornati. Le industrie che operano nei settori con maggiore regolamentazione incontrano evidentemente più difficoltà, ad esempio il settore degli autoveicoli o quello alimentare. Allo stesso modo hanno bisogno di un’estesa assistenza legale le aziende che operano in comparti che richiedono licenze amministrative, per le quali non è importante solo la preparazione legale, ma anche la capacità di

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sradicato dall’ambiente in cui è integrato, in caso di sottrazione del minore e di allontanamento dello stesso dal Paese di residenza abituale, i normali strumenti di tutela sono spesso inefficaci a causa del principio di sovranità territoriale che non assicura un’adeguata collaborazione da parte delle autorità giudiziarie del paese straniero». Tuttavia, secondo l’avvocato, la tendenza dei paesi con i sistemi giuridici più evoluti è quella della cooperazione con le autorità del paese di residenza del minore. «Per quel che concerne l’Europa poi, l’esistenza dell’Unione Europea e di appositi organismi per la tutela giurisdizionale favoriscono un più alto livello di protezione dei minori».

interagire con le pubbliche amministrazioni in maniera efficace e spedita». Come crede si evolverà, in futuro, il rapporto tra avvocati e imprenditori? «Ritengo che l’avvocato, proprio nella prospettiva di una maggiore internazionalizzazione delle aziende, acquisirà un ruolo sempre più vitale all’interno dell’impresa, seguendola come se ne facesse parte. Allo stesso tempo, proprio per assistere gli attori economici in una realtà sempre più dinamica e variegata, l’avvocato dovrà essere sempre più aggiornato, attento ai dettagli e specializzato».



DIRITTO SOCIETARIO

Una corretta gestione delle integrazioni societarie Attraverso il processo di integrazione societaria l’obiettivo ultimo che si intende perseguire è rappresentato dal consolidamento e dall’accrescimento delle condizioni prospettiche di equilibrio economico della gestione. Il professor Luigi Arturo Bianchi illustra le linee guida Nicolò Mulas Marcello

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Sotto Luigi Arturo Bianchi, professore ordinario di Diritto commerciale presso l'Università Bocconi di Milano e partner dello studio legale d'Urso Gatti e associati

ttivare un processo di fusione o acquisizione, quindi di integrazione di una società, rappresenta una delle modalità per sviluppare un vantaggio competitivo sul mercato. L’impresa che risulta dalla fusione è un’entità economica diversa rispetto a quella delle imprese da cui viene generata e, comunque, non equiparabile alla semplice sommatoria delle singole componenti. Infatti, l’integrazione economica porta, in tempi non brevi, a un organismo del tutto nuovo, differente per identità giuridica, per organi direttivi e per strutture organizzative. Una fusione validamente progettata dovrebbe di regola far conseguire un beneficio economico, determinato dalla creazione di un sistema produttivo che ha un valore economico superiore alla somma dei valori economici assegnabili alle due o più aziende partecipanti, se restassero sistemi indipendenti. Per affrontare questo tipo di operazioni occorre valutare attentamente molti fattori che potrebbero rivelarsi rischi. «Nell’acquisizione – sottolinea Luigi Arturo Bianchi, docente all’università Bocconi e partner dello studio legale d'Urso Gatti e associati – la fase più delicata dal lato del compratore è soprattutto quella della due diligence, ossia dell’attività dalla quale poi possono derivare richieste di una serie di

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cautele di tipo negoziale, soprattutto in termini di garanzie e di meccanismi di revisione del prezzo» Quali sono i fattori che una società deve tenere sotto controllo prima di effettuare questo tipo di operazione e quali sono le valutazioni necessarie? «Nella mia esperienza di professionista e componente di consigli di amministrazione di società quotate, il fattore vincente delle integrazioni è dato dalla possibilità di realizzare effettivamente le sinergie soprattutto di costo e conseguentemente di incremento della redditività, che sono all’origine delle operazioni di m&a. Ad esempio la fusione tra Intesa e San Paolo è, da questo punto di vista, un’operazione di successo perché ha consentito dei risparmi di costi molto significativi e in tempi brevi. In campo bancario ci sono state invece fusioni in cui vi sono state sovrapposizioni di attività che non sono state risolte, problematiche legate all’utilizzo di diversi sistemi informatici, esubero di personale e non chiara segmentazione dei mercati, oltre alle rivalità personali tra i manager. Questi nella mia esperienza sono i fattori più critici delle integrazioni». Dal punto di vista giuridico il panorama normativo offre uno scenario chiaro per affrontare questo percorso o ci sono lacune? Come si potrebbe migliorare o rendere più snello l’iter di fusione? «Con la riforma del 2003 si è verificata una


Luigi Arturo Bianchi

significativa apertura alle operazioni di acquisizione grazie al riconoscimento della legittimità del leveraged buy out, del quale il mercato ha fatto un ampio e talvolta non sempre oculato uso, specie nelle operazioni dei fondi di private equity. D’altra parte, i principi contabili internazionali per le società quotate, da una parte hanno favorito le acquisizioni e le fusioni, dall’altra, a seguito della crisi, creano oggi problemi delicati alle società, soprattutto nella contabilizzazione degli avviamenti. Infatti, gli avviamenti e gli altri valori “intangibili” devono formare oggetto dell’impairment test, il che impone spesso una pesante svalutazione del loro valore. Quali sono i passi attraverso i quali il legale accompagna l’azienda nel percorso di fusione e acquisizione? «Nell’acquisizione la fase più delicata dal lato del compratore è soprattutto quella della due diligence, ossia dell’attività dalla quale poi possono derivare richieste di una serie di cautele di tipo negoziale, soprattutto in termini di garanzie e di meccanismi di revisione del

Nel caso di fusioni che riguardano il risparmio gestito e quindi reti di distribuzione, è molto importante cautelarsi rispetto al rischio di perdita di clientela e di avviamento

prezzo. E ovviamente la fase più significativa è quella della negoziazione delle condizioni delle operazioni. Il mio suggerimento è quello di stabilire i criteri di valutazione del prezzo ai fini soprattutto della sua revisione in maniera il più possibile precisa. Ad esempio, come si stabilisce la posizione finanziaria netta perché su questo si possono innescare delle liti giudiziarie o arbitrali». Quali sono i rischi nei quali una società può incorrere attraverso un’operazione di questo tipo? «Dipende sicuramente dal settore. Ad esempio, LAZIO 2010 • DOSSIER • 189


DIRITTO SOCIETARIO

Vanno valutati bene i rischi di sovrapposizione di attività, e le problematiche derivate dalla gestione di piattaforme informatiche che oggi rappresentano un tema molto importante

per parlare di operazioni attuali, nel caso di fu- tiva a acquisizioni o fusioni, possa esservi la sioni che riguardano il risparmio gestito e quindi reti di distribuzione, è molto importante cautelarsi rispetto al rischio di perdita di clientela e di avviamento. Se prendiamo un’altra tipologia di operazioni, quelle di acquisizione di imprese industriali, occorre grande attenzione soprattutto in fase di diligence per valutare i rischi di contestazioni in materia ambientale». Spesso si sottovalutano le conseguenze gestionali e organizzative che derivano da una fusione societaria. Dalla sua esperienza cosa si sente di consigliare agli imprenditori che vogliono affrontare questo tipo di percorso? «Si tratta soprattutto di valutare se in alterna-

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creazione di legami di tipo commerciale che sono meno impegnativi ma che possono dare lo stesso buoni risultati. Quindi occorre valutare bene il trade off tra i costi e le complicazioni di un’integrazione societaria rispetto ai vantaggi che ci possono essere creando dei legami di tipo commerciale, mantenendo in tal modo l’autonomia legale e operativa tra i due soggetti. In generale vanno valutati bene i rischi di sovrapposizione di attività, e le problematiche derivate dalla gestione di piattaforme informatiche che oggi rappresentano un tema molto importante anche dal punto di vista dei costi di implementazione».


Pieremilio Sammarco

Attente valutazioni così si evitano i rischi Le integrazioni societarie aprono nuovi scenari di crescita per le aziende, ma necessitano di attente analisi di fattibilità dal punto di vista economico e finanziario. Pieremilio Sammarco, titolare dello studio legale Sammarco e associati, espone i passaggi più delicati Nicolò Mulas Marcello

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processi di fusione o acquisizione di aziende comportano, nella grande maggioranza dei casi, crescita di dimensione e modificazione degli assetti organizzativi interni. Come ricorda l’avvocato Pieremilio Sammarco: «Quando due aziende si uniscono, si contrappongono inevitabilmente due modelli organizzativi diversi, vale a dire due culture di impresa difformi che prevedono procedure spesso molto eterogenee tra loro» Quali elementi occorre tenere in considerazione prima di intraprendere il percorso di integrazione societaria? «Ci sono dei fattori chiave che devono essere ben considerati affinché un’operazione di acquisizione o di fusione abbia successo e generi valore per gli azionisti e sono relativi ad aspetti giuridici, economico-finanziari e organizzativi. In primo luogo, occorre un’attenta analisi di fattibilità economico-finanziaria in funzione dell’operazione da realizzare, una compiuta valutazione sull’azienda target, lo sviluppo di una strategia di negoziazione e la predisposizione di una corretta documentazione contrattuale». Sul piano normativo, lo snellimento dell’iter potrebbe portare vantaggi? «L’alleggerimento di questo complesso iter procedimentale può comportare il rischio di non considerare adeguatamente i diritti dei terzi, penso ai creditori. Il quadro normativo è abbastanza chiaro e dettagliato, ma per comA destra, Pieremilio prenderlo a fondo e interpretarlo correttaSammarco, titolare mente occorre affidarsi a un legale esperto del corso di Diritto dell’impresa della materia; in questo ambito, gli effetti di e dei contratti presso un eventuale errore possono inficiare ogni l’Università degli Studi di Roma Foro Italico vantaggio che l’operazione dovrebbe arre-

care a chi la pone in essere. Rispondendo, però, alla domanda, se posso esprimere una personale considerazione, occorrerebbe forse disciplinare con maggiore attenzione le operazioni di leverage buy out, vale a dire quelle operazioni che utilizzano come leva finanziaria il capitale di terzi preso a prestito al fine di

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DIRITTO SOCIETARIO

creare la provvista finanziaria a servizio del- l’azienda che si intende acquisire o incorporare, l’acquisizione. In altri termini, l’acquisizione di una partecipazione totalitaria o di controllo di un’altra società di capitali avviene mediante il ricorso al capitale di credito garantito dai beni o dalle azioni della società acquisita; il debito necessario per l’acquisizione viene poi rimborsato con gli utili prodotti dalla società acquisita o con l’alienazione dei cespiti della stessa. In passato, abbiamo assistito a grandi e storiche aziende italiane acquistate da “imprenditori senza capitali” che, subito dopo l’operazione, hanno effettuato ingenti dismissioni di preziosi asset della società acquisita o incorporata per riequilibrare i conti». Il compito del legale è fondamentale in questo tipo di operazioni. Qual è in concreto il suo ruolo? «L’operazione straordinaria di fusione o di acquisizione societaria è un processo rappresentato da diversi stadi in cui il consulente legale è quasi sempre presente. Questi passaggi possono essere così enucleati: vi è una preliminare analisi sulla forma giuridica della società cosiddetta target, vale a dire quella che si intendere acquisire od incorporare a cui segue uno studio di fattibilità economico-finanziario diretto a valutare la capacità di sopportare l’investimento. Una volta compiuti questi step, si attivano i contatti per accertare la disponibilità ad avviare le trattative ed il ruolo del legale diventa preminente nell’elaborazione e presentazione della proposta. Una volta che quest’ultima è formalizzata e accettata, (risultato raggiungibile ugualmente attraverso la sottoscrizione di una lettera di intenti), si dà inizio a quelle necessarie attività di verifica dell’azienda target, definite come due diligence; esse prevedono un controllo accurato della situazione patrimoniale e finanziaria del-

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nonché di tutti i suoi rapporti giuridici, compresi quelli in contenzioso con i terzi e quelli con le pubbliche amministrazioni. Il consulente legale dovrà quindi esaminare ogni contratto in cui la società è parte, così come ogni causa pendente e compiere una valutazione sui rischi ed una previsione circa l’esito dei giudizi. Esaurita la due diligence, vi sono indicazioni più certe in ordine alla valutazione economica dell’azienda target e, qualora si raggiunga l’accordo in ordine al prezzo, il legale curerà gli aspetti societari e contrattuali per portare a termine l’operazione straordinaria. Questi sono rappresentati dalla preparazione delle neces-

Il consulente legale dovrà esaminare ogni contratto in cui la società è parte, così come ogni causa pendente e compiere una valutazione sui rischi


Pieremilio Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Sammarco

sarie delibere societarie e dalla redazione delle più importanti clausole contrattuali da inserire nel contratto che si andrà a sottoscrivere dinanzi al notaio rogante». Questi tipo di operazioni comportano anche dei rischi. Quali? «A mio avviso, in base alla mia esperienza professionale, i rischi maggiori sono rappresentati da una insufficiente o poco chiara documentazione relativa all’azienda target; infatti, esaurita la due diligence, non dovrebbero emergere sorprese in ordine alla patrimonializzazione dell’azienda che si vuole incorporare o acquistare e neppure circa le informazioni relative ai rapporti giuridici con i terzi. Nella prassi, tuttavia, molto spesso, a operazione perfezionata, emerge qualcosa di nuovo o di non previsto perché non sottoposto all’attenzione del professionista incaricato delle verifiche preliminari. Da qui l’importanza della redazione di stringenti clausole di garanzia e di manleva in favore della società che guida l’operazione straordinaria».

Dal punto di vista gestionale possono intercorrere difficoltà? «Oltre, naturalmente, agli aspetti più propriamente tecnici, vale a dire quelli giuridici, economici e finanziari di cui si è detto, vi è un importante - e qualche volta trascurato - fattore “immateriale”, rappresentato dalle diverse culture aziendali che vanno ad integrarsi. Quando due aziende si uniscono, si contrappongono inevitabilmente due modelli organizzativi diversi, vale a dire due culture di impresa difformi che prevedono procedure spesso molto eterogenee tra loro. Vi sono ricerche che hanno accertato che circa il 40% degli executive che hanno vissuto direttamente un processo di acquisizione o fusione hanno manifestato una profonda insoddisfazione descrivendo i primi mesi di lavoro come uno “shock culturale” o una “guerra di trincea”. Molto spesso, secondo gli analisti del settore, la sostituzione del management con un nuovo team crea un maggiore valore per gli azionisti». LAZIO 2010 • DOSSIER • 193


APPALTI PUBBLICI

Chiariamo la giurisdizione sugli appalti

a materia degli appalti e dei subappalti è storicamente delicata per il nostro Paese. La presenza e l’infiltrazione della criminalità organizzata sul territorio, rendono quanto mai arduo il lavoro dei giudici di competenza. Quando si parla di appalti pubblici Non a caso la giurisdizione in materia risulta poco chiara e piutin Italia, non esistono precise tosto confusionaria. ricette per risolvere i problemi A tutto ciò si aggiunge una non sempre impeccabile qualità delle aziende appaltatrici. «In materia di subappalti, non meno rilestrutturali. Dalla giurisdizione vante è il problema della qualità dell’impresa subappaltatrice e al pericolo di infiltrazione qui la situazione si fa complicata perché non assistiamo ad un confronto concorrenziale fra più aspiranti subappaltatori; non mafiosa, cerchiamo di fare luce possiamo dunque che accontentarci delle ordinarie certificasu un tema delicato. L’analisi zioni di qualità». A parlare è il professor Federico Tedeschini. Qual è la sfera di competenza del giudice amministrativo di Federico Tedeschini in materia di appalti e quale invece, quella del giudice orEzio Petrillo dinario? «La domanda è fin troppo attuale. Fino all’entrata in vigore del D. Lgs. 20 marzo 2010 n. 53 competeva al primo giudicare le controversie nascenti della procedura di gara e al secondo del contratto di appalto da sottoscrivere dopo l’aggiudicazione. Dopo il citato decreto legislativo, la giurisdizione amministrativa sull’efficacia del contratto è stata estesa fino alla dichiarazione di inefficacia di quello illegittimamente stipulato. Qualche mese dopo però gli articoli 121 e seguenti del D. Lgs. n. In alto, al centro, il professor Federico Tedeschini con i suoi collaboratori 104/2010, hanno fortemente limitato i poteri del giudice amsegreteria@studiotedeschini.it ministrativo sul contratto così implicitamente restituendone una

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Criticità

parte al giudice ordinario». Tale giurisdizione, a suo avviso, merita degli interventi “migliorativi”? «Le rispondo con una affermazione “politically incorrect”. Fino all’entrata in vigore del primo decreto legislativo la questione del riparto di giurisdizione era chiarissima, poi sono stati introdotti i primi elementi di confusione; il secondo decreto legislativo, volendo probabilmente correggere tali elementi, ne ha invece introdotti degli altri per cui non posso che temere un ulteriore “segnale di chiarezza” da parte del legislatore. Non ci resta, dunque, che confidare nella voce del giudice della giurisdizione: la Cassazione. Presso quest’ultima sono stati già depositati diversi ricorsi, tutti tendenti ad ottenere risposta ad un quesito che, in un sio Studio Tedeschini, con sede a Roma, Largo Messico 7, è stato stema giudiziario funzionante, avrebbe valore fondato nel 1974 da Federico Tedeschini, allievo di Massimo Severo poco più che retorico. Può un giudice, ordinaGiannini e Professore di ruolo presso la Facoltà di Sociologia dell’Università di Roma “La Sapienza” ove tiene la cattedra di Istituzioni di rio o amministrativo che sia, sostituirsi all’AmDiritto Pubblico dall’Anno Accademico 1991/1992. I principali ambiti nei ministrazione nella scelta del proprio fornitore quali agisce lo studio sono: il settore degli appalti pubblici, la riforma degli di beni, servizi o quant’altro?». apparati di amministrazione (centrale, regionale e locale), l’intervento dei La pratica dei subappalti in Italia è sempre pubblici poteri nell’economia, la disciplina delle imprese terziarie (con più diffusa. In quali casi, può avvenire il diparticolare riguardo al commercio, al turismo, ai servizi, all’informatica e niego di autorizzazione al subappalto? alle telecomunicazioni) e, infine, il settore dell’ambiente. «La questione dei subappalti si incrocia con quella della infiltrazione mafiosa nelle gare. Come è noto la mafia si presenta in questo mercato occultan- nee lungo le quali si è mossa la giurisprudenza dosi dietro imprese apparentemente ineccepibili dal punto di vi- possono essere considerate quasi soddisfacenti, sta dei requisiti di moralità. Per contenere al massimo il feno- anche se occorrerebbe allineare qualcuna delle meno che sembra tuttora difficile da sconfiggere definitivamente, decisioni prese a canoni sostanziali anziché forrammento che lo scorso 16 febbraio è stato sottoscritto un pro- mali e mi spiego con un esempio: non si può tocollo di intesa tra l’Autorità per la Vigilanza sui contratti negare un subappalto milionario solo perché fra pubblici di lavori, servizi e forniture e la Direzione Nazionale i requisiti del subappaltatore si rinvengono miAntimafia. In sostanza l’Avcp e la Dna potranno cooperare per nimi elementi di carenza, sul piano previdenl’acquisizione on-line dei programmi emergenziali e per garan- ziale o sulla certificazione di qualità». tire trasparenza nel mercato degli appalti. In particolare l’Avcp Vuole aggiungere qualcosa? comunicherà anche alla Dna l’insorgere di presumibili infiltra- «Solamente raccomandare sia alle imprese che zioni mafiose e turbative d’asta». alle Amministrazioni una maggiore attenzione La giurisdizione sulle liti inerenti l’autorizzazione ai su- alla pregevolezza di ciò che rispettivamente si bappalti compete al giudice amministrativo. Qual è il suo chiede e si offre, anziché porre prevalentemente pensiero in merito? l’accento sulle questioni formali che dominano «A questa domanda posso tranquillamente rispondere che le li- il contenzioso in questa materia».

L’ECCELLENZA NEL DIRITTO AMMINISTRATIVO L

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PREPARAZIONE FORENSE

Formazione e avvocatura Il percorso di formazione dei giovani avvocati è divenuto eccessivamente labile. Sia per un’inadeguata preparazione di base che per il mancato affiancamento alla “vecchia guardia”. Per Gian Antonio Minghelli è tempo di riformare innanzitutto i corsi universitari

ono molte le questioni su cui i tecnici della Giustizia e i rappresentanti dell’avvocatura da tempo si confrontano. Piatto forte la riforma dell’ordinamento della professione cui non si è ancora avvertito alcun segnale concreto. La classe forense “arruola” ogni anno migliaia di giovani avvocati ma, probabilmente a causa di un percorso formativo divenuto inadeguato, «il livello professionale dei giovani colleghi appare svilito». L’incipit di Gian AntoAdriana Zuccaro nio Minghelli, penalista esperto del settore procedurale e attivo da diversi anni in corsi di aggiornamento professionale per gli avvocati romani, annuncia la necessità di «una modifica dei corsi universitari che consenta di inserire i giovani studenti, almeno negli ultimi L’avvocato Gian Antonio Minghelli, esperto in procedura penale, esercita la professione a Roma due anni del corso di laurea, nel mondo del lavoro, così da vestudiominghelli@inwind.it rificare, prima del conseguimento della laurea, la cosiddetta “predisposizione” allo svolgimento di tale attività». Quali sono le criticità della formazione giurisprudenziale in Italia? «Svolgo attività forense nel settore penale fin dal 1965 e ho potuto purtroppo, gradatamente, verificare come il livello professionale dei giovani colleghi sia svilito. In buona parte a causa dell’eccessivo numero di giovani che tentano di accedere alla professione forense, ma anche per la non adeguata preparazione di base e soprattutto per la mancata preparazione concreta che solo l’affiancamento ai “vecchi avvocati” poteva garantire. La soppressione della veste del Procuratore legale ha portato molti giovani colleghi a non avere un periodo di affiancamento sufficiente per apprendere le cosiddette “armi del mestiere”». Quali vantaggi e conseguenze comportava l’affiancamento? «Anni fa i “vecchi avvocati” cui i giovani adepti si rivolgevano, dopo un periodo di af-

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Necessità di riforma

È necessaria una modifica dei corsi universitari che consenta di inserire i giovani studenti nel concreto della professione, almeno negli ultimi due anni

fiancamento avevano il coraggio di dire che “questa o quella persona non aveva i requisiti minimi per lo svolgimento dell’attività professionale”. Ciò purtroppo oggi non accade più e ha comportato l’aumento a dismisura del numero degli iscritti che, tra l’altro, con l’introduzione del gratuito patrocinio, ha provocato un’invasione del settore penale da parte di giovani avvocati che tentano comunque di “sopravvivere”». Quali riforme necessita il percorso di formazione professionale? «Ritengo necessaria una modifica dei corsi universitari che consenta, oggi che il corso di laurea è quinquennale, di inserire i giovani studenti, almeno negli ultimi due anni, nel concreto della professione così da verificare, prima del conseguimento della laurea, la cosiddetta “predisposizione” allo svolgimento di tale attività. In realtà molti giovani iniziano la professione forense non solo senza adeguati mezzi cognitivi, ma senza sapere quello che concretamente li attende e con il corso degli anni, spesso si tro-

vano ormai in condizione di non poter più tornare indietro». A livello costituzionale, qual è il ruolo affidato all’avvocatura? «La qualificazione degli avvocati è indispensabile nell’interesse superiore dello Stato giacché l’avvocatura costituisce – comma 2 dell’art.24 della Costituzione – per il cittadino, il baluardo per la tutela dei propri diritti e interessi ed è evidente che un avvocato non qualificato può creare più danni che vantaggi, tenuto conto che nel nostro ordinamento la difesa è garantita costituzionalmente e tale principio non deve rimanere una mera affermazione». Tra le questioni in attesa di risoluzione, quali non sono più procrastinabili? «Tra le problematiche che dovrebbero trovare una soluzione legislativo-parlamentare si avverte imminente la necessità di giungere alla separazione delle carriere tra magistratura requirente e magistratura giudicante. Ciò al fine di evitare che continui cambi di specializzazione si traducano in concrete alterazioni e disapplicazioni del sistema. La macchina giudiziaria spinge inoltre verso una legislazione più garantista in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali che nel superiore interesse dello Stato e ai fini di garantire l’accertamento dei reati più gravi, imponga al Magistrato di procedere alla cosiddetta “purgazione” preventiva delle telefonate irrilevanti o comunque non direttamente connesse al procedimento penale e all’accertamento del reato. Ci si aspetta infine un maggiore intervento della difesa nella formazione della prova che, sebbene si fermi nel dibattimento, nel nostro ordinamento consente l’introduzione a fini probatori di tutta una serie di atti al quale la difesa rimane totalmente estranea». LAZIO 2010 • DOSSIER • 201




GIUSTIZIA PENALE

La custodia cautelare non può essere una prassi

Le carceri scoppiano per i detenuti in attesa di giudizio. L’alta percentuale di provvedimenti di custodia cautelare ha ingolfato il sistema, trattenendo nei penitenziari anche persone socialmente non pericolose. Le soluzioni di Mario De Caprio Ezio Petrillo

no dei più gravi problemi della Giustizia penale italiana è dato dall’altissimo numero di provvedimenti di custodia cautelare in carcere richiesti dal pm ed emessi dal Giudice per le indagini preliminari. La gran parte di questi cittadini verrà poi risarcita per ingiusta detenzione con aggravio per le casse dello Stato. Circa trent’anni fa il legislatore cercò di porre rimedio a tale problema introducendo il Tribunale del Riesame, avente la funzione di controllo sulla validità e opportunità dei provvedimenti restrittivi emessi dal Gip. Un noto penalista romano, l’avvocato Mario De Caprio non nasconde le proprie perplessità circa i provvedimenti di custodia cautelare, specialmente quando gli stessi non sembrano indispensabili. Per quale motivo l’intervento di un Giudice “Terzo”, e l’eventuale ricorso presso il Tribunale della libertà non sono stati sufficienti a ovviare all’increscioso problema delle misure cautelari non indispensabili? «È stata sempre mia opinione che un Giudice, la cui principale funzione è quella di controllare l’operato del pm durante l’attività di indagine, non possa contemporaneamente, avere il potere di privare della libertà, su richiesta del pm e per un tempo considerevole, un cittadino, soltanto perché accusato di qualche reato». Quale soluzione allora lei suggerirebbe? «Invece del Tribunale della Libertà io istituirei il Tribunale della Cattura». E in cosa consisterebbe? «Quando l’ufficio del pm reputa necessario mettere in stato di custodia cautelare un indagato, ne dovrà A sinistra l’avvocato Mario De fare richiesta a un Tribunale Collegiale, in Caprio, penalista romano seduta ogni giorno, in Camera di Consiglio noto a livello internazionale ovviamente segreta. Non solo. L’indagato www.studiodecaprio.it avvmario@studiodecaprio.it dovrà essere rappresentato da un Difensore

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Carceri

UNA STORIA IN “DIFESA” Mario De Caprio, nel corso della sua storia professionale ha difeso, verso la fine degli anni ’80, alcuni noti esponenti della malavita organizzata

Civico nominato all’inizio di ogni anno con un ruolo speciale. Tale figura dovrà esprimere evenono ormai più di una decina gli ergastoli annullati dalla Suprema tuale parere contrario in contraddittorio. SolCorte grazie all’intervento dell’avvocato Mario De Caprio, la cui tanto in seguito il tribunale potrà emettere un attività, ormai è concentrata quasi esclusivamente su importanti provvedimento di custodia cautelare se lo riterrà processi in Cassazione e in Corte d’Assise dove ha difeso in decine di necessario». processi. La specializzazione di Mario De Caprio emerge particolarmente Ma eseguita tale ordinanza, sicuramente più nei suoi studi volti a un’auspicabile riqualificazione della professione “cauta”, non vi sarebbe più il ricorso a un or- forense e del processo penale, avendo preso parte, grazie alle sue idee, a importanti riforme legislative. Ha difeso, inoltre, l’ex Governatore della gano di controllo? «Assolutamente no. Tale garanzia rimarrebbe Regione Lazio Storace, nonché noti volti della televisione tra cui la istituendo la sezione del riesame contro le or- famosa Gina Lollobrigida. Sempre grazie alla sua caparbietà, riuscì a dinanze del Tribunale, presso la Corte d’Ap- trasformare, anche nel merito, ergastoli che sembravano “inevitabili” in grandiose assoluzioni, come nel caso dell’omicidio di via Po’, dove riuscì pello sovraordinata. Ci sarebbe poi comuna dimostrare, smontando le tesi accusatorie del pm e dei RIS, che si que la possibilità di ricorrere alla Corte trattava di un suicidio. Suprema per violazione di legge. A mio avviso, tale progetto segue un principio molto più logico stante l’assurdità odierna che consente il ricorso al Tri- mente pericolose per la società. Sconsiglierei bunale della Libertà contro ordinanze di custodia cautelare l’utilizzo di questa prassi, in ogni caso, nei emesse dalla Corte d’appello o addirittura dalla Corte d’As- confronti di incensurati che, per la natura del sise d’Appello». reato e per i mezzi, non rappresentino un peOltre a tali provvedimenti ricolo così grave e attuale per la società, tale già citati, lei avrebbe altri da non poterla proteggere in modo diverso e La custodia cautelare suggerimenti allo scopo di con misure alternative». dovrebbe essere evitare ingiuste carcera- Ma allora perché molto spesso accade, molto spesso deva- stante alle cronache giudiziarie, che vadano effettivamente tale; zioni stanti e che hanno portato in carcere persone inermi che poi spesso venapplicabile ai reati a clamorosi suicidi nel gono assolte, con pesanti risarcimenti a danno dello Stato? violenti e contro passato? «Certamente sì. La custo«Apprezzo troppo l’intelligenza dei nostri mapersone realmente dia cautelare dovrebbe es- gistrati per credere che sia così alta la percenpericolose per sere effettivamente tale; tuale di errore. Però c’è da dire che, a volte, mi la società applicabile ai reati violenti sembra che la custodia cautelare abbia preso e contro persone real- quasi il posto del “confessionale”».

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STALKING

ei mesi scorsi aveva suscitato qualche malumore la sentenza della Suprema Corte che aveva rifiutato lo status di reato di stalking nel caso di molestie via e-mail. Di fatto «la sentenza sembra destinata a sollevare non poche polemiche, poiché sarà più complicato punire chi offende qualcuno attraverso la posta elettronica – forma di comunicazione asincrona – rispetto a chi offende via sms. Rischia, invece, l’imputazione per stalking e molestie chiunque invii messaggi offensivi nei confronti di altri utenti, anche tramite le pagine di social network come, ad esempio, facebook». Il monito di Francesco Falvo D’Urso, avvocato del foro di Roma esperto in diritto penale e societario, introduce all’approfondimento conoscitivo di una sfera penalistica di particolare attualità che identifica nel reato di stalking l’invasione della privacy e la molestia replicata anche attraverso internet. Su questa linea, è interessante notare che «l’8 settembre 2010 la Suprema Corte ha dichiarato che anche il web stalking è equiparabile allo stalking: chiunque minaccia o disturba qualunque persona fino al punto di provocare un cambiamento del suo stile di vita, rischia il carcere fino a quattro anni – spiega l’avvocato Falvo D’Urso –. In particolare, se le molestie riguardano donne in stato di

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Reati di stalking La pena è aumentata Secondo quanto dichiarato dalla Suprema Corte, gli atti persecutori tipici del reato di stalking possono essere punibili penalmente anche se commessi online. Francesco Falvo D’Urso ne descrive i rischi Adriana Zuccaro

gravidanza o sono molestie ripetute nonostante gli ammonimenti, la pena è aumentata. Pertanto carcere per più lungo tempo anche quando si tratta di molestie tra le mura domestiche». È con la legge del 23 aprile 2009 n. 38 che lo stalking è entrato a far parte della cultura penalistica italiana: «con questa espressione di derivazione inglese – il verbo to stalk significa “fare la posta”, “perseguitare” – il legislatore ha inteso assegnare specifica rilevanza penale a una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge un’altra persona, perseguitandola e ingenerandole stati di an-


Reati online

In apertura, da sinistra, gli avvocati Stefania, Francesco e Luigi Falvo D’Urso e l’avvocato Lorenzo Spangaro. A destra, gli avvocati Simone Cicerchia e Simona Raffaele falvodurso@tin.it

sia e paura tali da comprometterne il normale svolgimento della vita quotidiana. Per tali ragioni, il fenomeno è anche definito come sindrome del molestatore assillante». La persecuzione avviene solitamente mediante reiterati tentativi di comunicazione verbale e scritta, appostamenti e intrusioni nella vita privata. «Si pensi, ad esempio, agli ex fidanzati o ex mariti che assumono comportamenti persecutori e morbosi nei confronti delle loro vittime consistenti in continue minacce e forme di persecuzione materiali e morali, tali da poter provocare conseguenze che possono degenerare anAnche nel web stalking, chiunque che nell’omicidio». minaccia o disturba una persona Come si evince dalla lettera dell’articolo 612-bis del codice penale, lo stalking si riferisce a condotte che fino a provocare un cambiamento integrano altrettante figure di reato quali minacce, del suo stile di vita, rischia il carcere molestie, lesioni personali e omicidio, ma, proprio fino a quattro anni al fine di reprimere il particolare disvalore che caratterizza la condotta dello stalker, si è ritenuto di far assurgere questo fenomeno a reato autonomo, punito con sanzioni ad hoc. «È un delitto doloso, introdotto a tutela l’incolumità propria o di un congiunto o di perdella libertà morale del cittadino, che va classificato tra i cosiddetti sona affettivamente vicina, l’alterazione delle proreati abituali – afferma il penalista esperto –. Anche i più recenti prie abitudini di vita. Risulta evidente che «lo stalarresti della Corte di Cassazione, infatti, hanno precisato che la king può nascere come complicazione di una norma richiede una pluralità di condotte che si susseguono in un qualsiasi relazione interpersonale, poiché è un determinato arco di tempo». modello comportamentale che identifica intruElementi costitutivi del reato, dunque, sono le reiterate minacce sioni costanti nella vita pubblica e privata di una o violenze, il grave e perdurante stato d’ansia o paura, il timore per o più persone». Di solito sono le donne a subire atti persecutori tipici dello stalker ma, per rispondere a un dubbio diffuso, «va chiarito che non possono escludersi casi di uomini vittime di stalking, anche se – spiega Falvo D’Urso – la ratio giustificatrice della norma in parola è proprio quella di tutelare le donne vittime di vere e proprie persecuzioni poste in essere da soggetti morbosi e ossessivi». Secondo i dati più recenti, che possono essere confermati dalle esperienze che maturano negli studi professionali con passare del tempo, «i contesti in cui si manifesta lo stalking sono prevalentemente le relazioni di coppia con circa il 55% dei casi, seguite dai condomini con il 25%, dai luoghi di lavoro, scuola, università con il 15%, e dalla famiglia con lo 0,5%».

LAZIO 2010 • DOSSIER • 211


NOTARIATO

Come si sta trasformando il notariato Il rogito notarile informatico è tra le novità più utili e vantaggiose per i cittadini. Maurizio D’Errico, presidente dei notai di Roma, illustra i cambiamenti che attraversano il notariato Ezio Petrillo

E Maurizio D’Errico, Presidente del Consiglio notarile di Roma e consigliere nazionale del notariato per il Lazio

ssere sempre al servizio del Paese. Le evoluzioni della professione notarile nel ventunesimo secolo hanno cambiato i mezzi con i quali i notai esercitano, ma non la filosofia di fondo alla base di questa attività. L’informatizzazione della società ha reso più veloci, più snelle, le procedure di competenza del notaio come il rogito, che, a discrezione dei cittadini, potrà essere stipulato sia on-line che su carta. Discutiamo delle principali novità in essere di questa professione, e i vantaggi conseguenti per i cittadini, nelle parole di Maurizio D’Errico.

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L’introduzione della procedura del rogito notarile on-line è una novità che interesserà gli atti notarili relativi all'acquisto di una casa, compresa l'apertura di un mutuo e l'eventuale costituzione di una società. Qual è la sua opinione in merito? «La realizzazione del rogito notarile informatico risponde alle esigenze del Paese come quelle di garantire la sicurezza, l’autenticità e la conservazione degli atti pubblici anche su supporto informatico. Grazie alla collaborazione con il Ministero della Giustizia e agli investimenti tecnologici della categoria, questa novità pone il Notariato italiano all’avanguardia, insieme alla Francia, nell’utilizzo degli strumenti informatici per l’esercizio della pubblica funzione e per la dematerializzazione totale degli atti pubblici. L’atto informatico è il risultato di un procedimento apparentemente semplice, ma in realtà sofisticato dal punto di vista tecnologico. Non si tratta solo di documenti firmati digitalmente dalle parti, in presenza dei notai, e dai notai, ma di documenti di cui viene garantita la formazione e la successiva conservazione per un tempo illimitato con tecnologie sicure che ne assicurano anche la fruizione. In questo modo il notaio garantisce la sicurezza giuridica con le medesime modalità anche nel mondo del do-


Maurizio D’Errico

cumento informatico. Il cittadino ovviamente potrà scegliere se stipulare l’atto pubblico in modalità informatica o tradizionale su carta». Tempo e costi. Quali i risparmi per i cittadini nell’atto di compravendita di una casa, ad esempio? «Per i cittadini ci sarà una riduzione i costi, con significativi risparmi di tempo ad esempio per quanto concerne le spese di trasferta da un luogo all’altro. Sarà possibile acquistare o vendere casa in un luogo distante dalla propria città rivolgendosi al proprio notaio di fiducia, senza aggravi di spesa per le controparti e con lo stesso livello di sicurezza garantito da un atto tradizionale di compravendita immobiliare. Per l’atto pubblico informatico vanno svolti tutti i controlli di legalità preventivi previsti per il tradizionale atto pubblico su carta. I costi per le parti, quindi, saranno esattamente gli stessi pagati oggi. L’unica differenza è che oggi, per una compravendita immobiliare, ci si rivolge ad un unico notaio, mentre d’ora in poi potrebbero entrarne in

3,5 mln ATTI

È il numero degli atti immobiliari trasmessi ai pubblici registri solo nel 2009

6,5 mld PIL

Sono le imposte indirette e plusvalenze versate allo Stato attraverso la rete informatica dei notai, pari allo 0,50% del PIL

gioco due laddove l’atto si debba concludere a distanza. Questo non vuol dire che le spese raddoppieranno ma solo che la parcella sarà suddivisa tra i due professionisti». Quanto tempo bisognerà aspettare per l’informatizzazione totale dell’atto pubblico? «A partire dal 3 agosto è possibile ottenere in formato digitale il rilascio delle copie; all’attestazione di conformità di copie e di documenti formati su qualsiasi supporto. Mentre per l’atto pubblico vero e proprio occorrerà aspettare ancora qualche mese per l’approvazione dei decreti ai quali è affidata la determinazione di regole tecniche». Come una maggiore informatizzazione può influire sulla sua professione? «Il notariato ha investito molto nelle tecnologie: dal 1997 ad oggi circa 14 milioni di euro. Basti pensare che tutti i notai presenti sul territorio nazionale sono collegati attraverso rete informatica (Rete Unitaria del Notariato), che, 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno, garantisce la connessione on-line con la P.A. L’infrastruttura telematica ha consentito alla categoria di non rimanere indietro rispetto alle esigenze di modernizzazione del Paese. Ad esempio nel 2009 sono stati trasmessi ai pubblici registri circa 3,5 milioni di atti immobiliari e societari ed effettuate oltre 33 milioni di visure. Nel 2008, attraverso la rete informatica dei notai, sono stati versati 6,5 miliardi di euro, quasi lo 0,50% del PIL, di imposte indirette e plusvalenze senza alcun aggio per lo Stato, anche se non riscossi dal cliente». LAZIO 2010 • DOSSIER • 217


TRASPORTO AEREO

Sbloccare al più presto il nodo tariffario Lo scalo di Roma Fiumicino è il sesto degli aeroporti più trafficati d’Europa e il primo in Italia. Pesano però su Adr le incertezze sul quadro regolatorio e tariffario Leonardo Testi

S

e la redazione di un piano nazionale degli aeroporti è considerata una misura quanto mai necessaria e urgente, come ha sottolineato anche il sottosegretario Gianni Letta al convegno organizzato a Roma il 16 settembre dalla Fit-Cisl sul trasporto aereo, la risoluzione dell’aumento delle tariffe aeroportuali non è da meno. Se ne discute ormai da un anno, e un’ennesima occasione di confronto si è verificata proprio al convegno capitolino. Ma già il 2 agosto scorso Fabrizio Palenzona, presidente di Aeroporti di Roma (Adr), che gestisce gli scali di Fiumicino e Ciampino, aveva evidenziato la questione, commentando i risultati consolidati del Gruppo relativi al primo semestre 2010. Il perdurare dell’intercertezza sul quadro tariffario, insieme alla mancata attuazione della legge che prevede un’anticipazione

222 • DOSSIER • LAZIO 2010

tariffaria di tre euro, è infatti alla base del drastico ridimensionamento degli investimenti deciso dal Cda di Adr proprio in occasione dell’approvazione dei risultati dei primi sei mesi dell’anno. Il Gruppo viene comunque da risultati positivi raccolti dalla gestione negli ultimi tre anni. Il primo indicatore è il ritorno all’utile nel 2009 (+5,1 milioni di euro). Il secondo elemento è individuato nelle opere infrastrutturali realizzate, tra cui si segnalano l’avvio dei lavori del nuovo Molo C, la realizzazione del terminal 5, il rifacimento del sistema piste e la nuova segnaletica di indirizzo ai passeggeri. La più recente innovazione consiste nel sistema di smistamento automatico dei bagagli in transito: chiamato “NET 6000” dal nome della location, il nuovo edificio transiti, e dal numero di bagagli che può smistare in un’ora, appunto 6 mila, l’impianto ha richiesto 20 mi-

lioni di investimento ed è diventato operativo in tempi record. I lavori della società sono iniziati, infatti, a marzo di quest’anno e sono stati terminati dopo solo quattro mesi. Terzo, incoraggiante, fattore per Adr è fornito dalle performance di traffico del sistema aeroportuale romano. Con 18,9 milioni di passeggeri e un rialzo del 4,3% rispetto al 2009, l’andamento del traffico nel primo semestre 2010 ha confermato valori di crescita superiori all’andamento dei principali aeroporti euro-

In apertura, veduta aerea dello scalo di Fiumicino. A destra, l’entrata di Ciampino


Società Aeroporti di Roma

nei primi sei mesi del 2010 ha proseguito il programma di investimenti. Nel primo semestre sono stati, infatti, eseguiti circa 61 milioni di euro contro i 23,6 dello stesso periodo del 2009. In mancanza, però, di uno sblocco del nodo delle tariffe, risultava impossibile non decidere di rallentare il processo. Ciò si rende indispensabile anche per salvaguardare gli equilibri finanziari dell’azienda, cui recentemente agenzie internazionali hanno modificato l’outlook da “stable” a “negative” proprio in relazione alla perdurante incertezza sul quadro tariffario e alla situazione debitoria. Adr continua però a lavorare intensamente al piano per il consolidamento infrastrutturale di Fiumicino entro il 2020 e per il grande progetto di sviluppo nelle aree a nord dell’attuale sedime aeroportuale entro il 2040. Un progetto che fino ad ora ha trovato l’una-

pei. Di particolare importanza il trend positivo della componente internazionale (+5,3%), mentre è in calo l’attività sull’aeroporto di Ciampino (6,7%) penalizzato dalle restrizioni operative vigenti. Presenta segno “più” l’andamento di tutti i margini economici, soprattutto del margine operativo lordo, che ha beneficiato delle politiche di contenimento dei costi operativi attuate dal Gruppo. Anche l’indebitamento finanziario netto si è ridotto rispetto al 31 dicembre

19 mln

PASSEGGERI Numero di passeggeri registrati da Adr nei primi sei mesi del 2010

2009 passando da 1.320,2 milioni di euro a 1278,1 milioni di euro, mentre gli oneri finanziari netti sono risultati sostanzialmente in linea con lo stesso periodo dell’anno precedente. Nonostante l’incertezza degli incrementi tariffari, il Gruppo

nime consenso di tutte le parti istituzionali, a partire dal governo. Proseguono, inoltre, gli incontri con l’Enac per la stipula di un accordo di programma che consenta finalmente di avviare e sostenere gli indispensabili investimenti.

4%

AUMENTO Rialzo della componente internazionale dei passeggeri di Fiumicino nei primi sei mesi dell’anno

LAZIO 2010 • DOSSIER • 223


TRASPORTO AEREO

Non servono nuovi aeroporti Lavorare per garantire sempre più qualità dei servizi e sicurezza dei voli. Puntando a uno sviluppo equo e competitivo del trasporto aereo. Sono gli obiettivi illustrati da Vito Riggio, presidente dell’Enac Francesca Druidi

I Vito Riggio, presidente dell’Enac

ncremento complessivo del traffico e miglioramento della qualità dei servizi registrata negli aeroporti italiani. Sono le due buone notizie per il trasporto aereo del nostro Paese emerse dal bilancio della stagione estiva 2010, presentato dall’Enac (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) il 14 settembre scorso. Nei mesi di luglio e agosto 2010, infatti, i due principali scali nostrani, Roma Fiumicino e Milano Malpensa, hanno mostrato un aumento, rispettivamente, dell’8,6% e dell’8,9% sugli stessi due mesi del 2009. «Sono soddisfatto di come il sistema della nostra aviazione civile ha affrontato il picco di traffico estivo – ha dichiarato il presidente dell’Enac Vito Riggio – e auspico che il settore continui a svilupparsi in efficienza e regolarità, sostenendo una ripresa che per consolidarsi ha bisogno di servizi efficienti». Il consuntivo, tracciato da Vito Riggio e dal direttore generale dell’Enac, Alessio Quaranta, alla presenza dei rappresentanti del settore nonché delle principali compagnie aeree nazionali e società di gestione aeroportuale e di han-

224 • DOSSIER • LAZIO 2010

dling, ha rappresentato l’occasione per analizzare le criticità e delineare le future prospettive del settore. Le società di gestione degli scali invocano l’attuazione dell’adeguamento delle tariffe aeroportuali. Un ulteriore ritardo in questo senso rischia di rallentare il processo di investimento? «Sono più di sette anni che non vengono ritoccate le tariffe, con la conseguenza che le società di gestione aeroportuale hanno fortemente rallentato gli investimenti o non ne possono fare più, come ha dichiarato la società Aeroporti di Roma. L’aumento tariffario, e soprattutto i contratti di programma, sono proprio concepiti in modo da unire strettamente tariffe e investimenti. L’aumento tariffario si lega, infatti, alla verifica degli effettivi investimenti fatti dalle società di gestione. Per


Vito Riggio

30 mln ITALIA

Numero di passeggeri negli aeroporti italiani a luglioagosto 2010

7,4 mln

FIUMICINO Numeri di viaggiatori a Roma Fiumicino nel periodo luglioagosto 2010

12 min ATTESA

Il tempo medio di coda al check in a Roma Fiumicino nel mese di luglio è stato di 12m e 39s con 941.032 passeggeri in partenza

agevolare il processo che stabilisce le tariffe, a mio avviso la competenza, piuttosto che ministeriale e del Cipe, dovrebbe passare a una sezione apposita dell’Antitrust, senza che venga istituita una nuova authority. Si applicherebbe in questo modo anche la direttiva europea, che deve essere recepita entro aprile del prossimo anno. Una direttiva in base alla quale prevede che delle tariffe se ne occupi un ente indipendente, terzo rispetto al governo». Quali priorità individua per il sistema aeroportuale italiano? «Puntiamo al raddoppio del numero dei passeggeri nei prossimi quindici anni. Per fare questo, però, bisogna continuare a lavorare sodo e realizzare tre condizioni, indispensabili a garantire lo sviluppo e l’equa competitività del settore: l’adeguamento del sistema tariffario; la regolamentazione del piano nazionale

degli aeroporti e il rispetto dell’ambiente. Ri- cordo che l’Ente ha consegnato prima dell’estate al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti uno studio approfondito sugli aeroporti italiani, propedeutico alla realizzazione del piano nazionale degli aeroporti, sul quale il Ministero sta già lavorando. Lo studio ha analizzato i 47 scali italiani, individuando quelli strategici, quelli complementari, quelli che potrebbero avere uno sviluppo e quelli non hanno possibilità di ampliarsi per fattori di varia natura. Non abbiamo bisogno di aeroporti nuovi, ma di scali concepiti per assecondare lo sviluppo futuro del traffico aereo, aeroporti che siano diversificati l’uno dall’altro, soprattutto quelli vicini tra loro, indicando gli obiettivi da raggiungere e la tipologia di traffico che possono sviluppare. Aeroporti che siano intermodali con altre infrastrutture del territorio e scali che siano anche funzionali e al servizio dell’economia della regione in cui sono inseriti». Nonostante la crisi, Fiumicino corre più degli altri scali europei. «Il sistema aeroportuale di Roma, Fiumicino e Ciampino, conta di raggiungere i 40 milioni di passeggeri entro la fine del 2010, una crescita che si prevede costante nei prossimi decenni e che deve essere affiancata da infrastrutture adeguate e, quindi, da investimenti all’altezza degli obiettivi da raggiungere. In verità, il tasso di crescita reale segnalato quest’anno mostra un’accelerazione che potrebbe mettere a dura prova l’infrastruttura aeroportuale ben prima del 2010: ecco perché è importante che ripartano subito i grandi investimenti sull’aeroporto Leonardo da Vinci, potendo contare, vista l’inesistenza in futuro LAZIO 2010 • DOSSIER • 225


TRASPORTO AEREO

Abbiamo bisogno di aeroporti concepiti per assecondare lo sviluppo futuro del traffico aereo

di fondi pubblici, su un quadro di certezze ta-

riffarie, in grado di remunerare il capitale privato investito». Come il master plan approvato, può aumentare la competitività dell’aeroporto della Capitale? «Il master plan relativo allo sviluppo dell’area nord di Fiumicino prevede un'estensione del sedime aeroportuale: oltre 140 nuove piazzole di sosta per aeromobili, un nuovo sistema di vie di rullaggio e nuovi terminal che si integreranno con la nuova stazione ferroviaria per il collegamento diretto con il centro di Roma, sempre nel rispetto dell’ambiente e della tutela del territorio. Un aspetto da non sottovalutare, peraltro, è che questo piano entro il 2044 prevede la creazione di 100mila posti di lavoro diretti e 250 mila posti di lavoro presso l’indotto».

226 • DOSSIER • LAZIO 2010

Mentre per quanto riguarda la struttura aeroportuale di Viterbo? «Le strutture tecniche dell’ente stanno lavorando al perfezionamento delle procedure per la realizzazione dell’aeroporto. Abbiamo finalizzato l’accordo con Adr, Comune di Roma, Provincia e Rete ferroviaria italiana per la conduzione di uno studio di impatto ambientale integrato, propedeutico ad attivare gli incontri con il territorio finalizzato all'ottenimento della valutazione d’impatto ambientale. Serve, quindi, l’impegno di tutte le istituzioni per costruire nuove infrastrutture e rendere lo scalo appetibile per le compagnie aeree e accessibile per i passeggeri. Ricordo che lo scalo di Viterbo non va inteso come un nuovo aeroporto, ma come decentramento dello scalo di Ciampino. La gestione di Viterbo passa quindi alla società Aeroporti di Roma».



CANTIERI PORTUALI

Infrastrutture a sostegno degli immaginari culturali Il Belpaese come metaforico arcipelago, dove la realizzazione di nuovi porti diventa un crocevia di saperi ingegneristici. E, al tempo stesso, profondamente umani. Sergio Pittori illustra il cammino della Interprogetti

artire e arrivare, nella completa indifferenza degli spazi e dei paesaggi: così i “non luoghi” sono diventati la cifra epocale, catapultando cose e persone in una dimensione liquida, globale e inafferrabile. Ma, a guardare bene, resistono ancora degli snodi nevralgici, che obbligano al confronto con Paola Maruzzi il mondo e le sue forme architettoniche: i porti – turistici o commerciali – sono la traccia tangibile che qualcuno è “passato” prima di noi. Conservano la memoria e mettono in gioco la ritualità dei

P

viaggi contemporanei. Permettono lo scambio di merci e la mescolanza di linguaggi plurali. In definitiva, hanno una profondità antropologica. Per questo capire la progettualità che li sostiene non è solo una questione strettamente ingegneristica. Ma significa, soprattutto, passare attraverso l’immaginario italiano. L’ingegnere Sergio Pittori, Presidente della Interprogetti di Roma, fa un’interessante panoramica su quattro infrastrutture, nuovi punti d’approdo dell’innovazione made in Italy. Attorno ai cantieri portuali esiste un corollario


Potenzialità

di potenzialità, che possono rivalutare e accendere i riflettori su molte città costiere. «A Scarlino sono state da poco inaugurate le opere civili del porto turistico: 35 mila metri cubi di servizi direzionali, commerciali e residenziali. Ne abbiamo curato la progettazione esecutiva e la direzione lavori». Inizia così l’avventura del 2010 lungo lo Stivale. Dalla provincia di Grosseto, con il porto di Scarlino, alle prossimità di Livorno, con il porto di Cecina,

dove «sarà posata nei prossimi mesi la prima pietra, dopo anni di analisi ambientali e studi. Sarà realizzata una marina per 780 imbarcazioni fino a 40 metri di lunghezza, con 60 mila metri cubi di servizi commerciali, direzionali, ricettivi e congressuali». Il tutto senza trascurare l’impatto ambientale. Infatti «il porto di Cecina, grazie all’istallazione dei pannelli fotovoltaici, sarà autosufficiente sul piano energetico. E un impianto di dissalazione a osmosi inversa, consentirà di produrre mille metri cubi di acqua potabile al giorno». Si passa così al terzo progetto: il rilancio dell’area portuale cantieristica e turistica di Portoferraio. «Qui ci occuperemo di riassettare il water-front, con un’impostazione urbanistica che mira alla riqualificazione dell’intera area, oggi fortemente degradata. Nel quadro delle

In apertura, il porto di Scarlino. In alto, pianta della piattaforma logistica intermodale di Tremestieri e sotto, il render del porto di Cecina. Sono opere della Interprogetti, società di ingegneria con sede a Roma presieduta dall’ingegnere Sergio Pittori e dall’a.d., l’ingegnere Marco Pittori. Sotto, lo staff della Interprogetti info@interprogetti.net

previsioni del Piano regolatore del porto si inserisce, quale motore principale, il Piano di sviluppo industriale dei cantieri navali di Portoferraio che ha come obiettivo primario lo sviluppo delle lavorazioni del segmento di mercato dei mega yacht, al fine di valorizzare le grandi infrastrutture dei cantieri esistenti e di quelle che saranno realizzate. Gli investimenti del Piano di sviluppo industriale, per 75 milioni di euro, comprendono la realizzazione di un porto di stazionamento, associato alle attività dei cantieri con una ricettività di oltre 150 mega yacht di lunghezza compresa tra i 24 e i 32 metri». Pittori chiude la rassegna con l’aggiudicazione di una gara europea, «quella per la costruzione della piattaforma logistica intermodale di Tremestieri, che rappresenterà il nuovo porto traghetti e ro-ro di Messina, conseguita dall’impresa Sigenco su progetto della Interprogetti. Un traguardo più che ambito, poiché raggiunto dalla Interprogetti in qualità di mandataria dell’ATI con Seacon e Cipra, in concorrenza con i sette raggruppamenti professionali di ingegneria più importanti d’Italia, per la realizzazione di un’opera pubblica di circa 80 milioni di euro». LAZIO 2010 • DOSSIER • 229


IL SETTORE EDILE

al trasporto dei rifiuti inerti, fino allo scavo e alla manutenzione delle strade. Le imprese edili di oggi che si occupano prevalentemente di movimento terra, devono aprirsi all’evoluzione a 360°. Costruzioni, demolizioni, trasporto rifiuti inerti. L’innovazione La crisi che incombe sul settore lascia poco spazio ai deve essere il filo conduttore del settore edile in tutte tentennamenti. le sue applicazioni. L’analisi di Amerigo Colagrossi «È necessario puntare sull’innovazione sotto ogni Ezio Petrillo punto di vista». Sono le parole di Amerigo Colagrossi, amministratore Unico della Edileuropa, primaria Società romana nel settore del movi- dissolvono, non bruciano né un costo da sostenere per il mento terra, che si occupa, sono soggetti ad altre reazioni loro smaltimento a discarica tra le altre cose, di demoli- fisiche o chimiche, non sono autorizzata. Essi invece poszioni, urbanizzazioni e tra- biodegradabili e, in caso di sono essere riutilizzati in edisporto rifiuti dei materiali contatto con altre materie, lizia, per esempio, nella preinerti. non comportano effetti no- parazione di sottofondi civi tali da provocare inqui- stradali o come “riempiTRASPORTO DI INERTI namento ambientale o danno menti”. Ovviamente per tali Con il termine “inerti”, si in- alla salute umana. impieghi è necessario che il In alto automezzi tendono quei rifiuti che non Tali scarti da costruzione e rifiuto sia opportunamente ed escavatori utilizzati subiscono alcuna trasforma- demolizione, fino ad oggi trattato in appositi impianti, da Edileuropa, tra cui spicca, zione fisica, chimica o biolo- hanno rappresentato per le al fine di assegnargli una gra- a destra, il PC 600 edileuropa.srl@tiscali.it gica significativa. Essi non si imprese del settore edile, solo nulometria idonea all’uso.

D

230 • DOSSIER • LAZIO 2010

Sicurezza e ambiente Mai più facoltativi


Costruzioni e demolizioni

60 mila TONNELLATE

Abbattere gli oneri di discarica, rivolgendosi al più vicino impianto di trattamento, può rivelarsi per un imprenditore impegnato in una lavorazione nella quale vi è la produzione di rifiuto da

Le tecniche della demolizione controllata, effettuata con mezzi meccanici, sono parte integrante del processo di sviluppo del mondo dell’edilizia

C&D, una scelta economica vantaggiosa. Oggi, il trasporto degli “inerti” seppure non pericoloso come altri tipi di materiali, necessita comunque della giusta attenzione e di specifiche autorizzazioni. «La nostra azienda – specifica Colagrossi -, è autorizzata al trasporto conto terzi e conto proprio ed è iscritta all’Albo Nazionale Gestori Ambientali nella categoria 4B, ossia dei rifiuti a smaltimento, fino a 60.000 tonnellate annue e categoria 2A, dei rifiuti di recupero, in quantità illimitata annua, quindi adeguata a garantire il fabbisogno dei propri clienti e, altro aspetto su cui ci focalizziamo, totale rispetto dell’ambiente». Questo punto è

È la quantità di rifiuti inerti trasportati ogni anno dalla Edileuropa

2004 ANNO

È l’anno in cui la Edileuropa ha ottenuto la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001/2000

uno snodo importante per chi opera nel settore del trasporto, in quanto, la tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonché l’ecotossicità dei percolati non devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque, superficiali e sotterranee. Per garantire la totale sicurezza e rispetto dell’ambiente, bisogna prestare attenzione a diversi aspetti. «Oltre ad avere le necessarie autorizzazioni per il trasporto dei materiali – chiarisce Colagrossi -, i rifiuti trasportati vengono prima analizzati da specifici laboratori i quali caratterizzano il tipo di rifiuto secondo i vari codici Cer destinandolo così ›› LAZIO 2010 • DOSSIER • 231


IL SETTORE EDILE

›› ad impianti idonei di recupero o smaltimento». Il Cer, Codice Europeo dei Rifiuti, composto da sei cifre, è un codice identificativo, posto in sostituzione al codice italiano, che viene assegnato ad ogni tipologia di rifiuto in base alla composizione e al processo di provenienza. LAVORAZIONI DI SCAVO

Il rispetto dell’ambiente deve avvenire anche attraverso un meccanismo di controllo accurato del sottosuolo. Le aziende che operano nel settore edile, si trovano frequentemente a effettuare lavorazioni di scavo che comprendono varie tecniche e tipologie. «I lavori eseguiti dalla nostra azienda, ad esempio, sono molteplici e di varia natura: da scavi a se-

È una direttiva dell’azienda il rinnovo, ogni tre anni circa, del proprio parco mezzi, in modo da garantire al cliente sicurezza, affidabilità e velocità

zione aperta e obbligata, a quelli per condotte fognarie, da scavi per realizzazione fabbricati a centri per utilizzo pubblico». In tutte le lavorazioni effettuate, è indispensabile seguire delle prescrizioni generali. Le scelte di progetto, i calcoli e le verifiche devono essere sempre basati sulla caratterizzazione geotecnica del sottosuolo ottenuta per mezzo di rilievi, indagini e prove. I calcoli di progetto devono comprendere le verifiche di stabilità e le valuta-

zioni del margine di sicurezza nei riguardi delle situazioni ultime che possono manifestarsi sia nelle fasi transitorie di costruzione sia nella fase definitiva per l'insieme manufatto-terreno. La scelta dei coefficienti di sicurezza deve essere motivata in rapporto al grado di approfondimento delle indagini sui terreni, all'affidabilità dalla valutazione delle azioni esterne, tenuto conto del previsto processo costruttivo e dei fattori ambientali. Aspetto non marginale è inoltre, la scelta dei materiali con cui vengono effettuati gli scavi. «Ogni materiale di scavo – precisa Colagrossi -, viene caratterizzato, secondo la normativa vigente attraverso laboratori specializzati e dedicati. In questo senso la nostra attenzione in ogni tecnica di scavo è massimale, perché così deve essere». DEMOLIZIONI

Altro settore particolarmente “prolifico” in edilizia è quello delle demolizioni. Spesso nel campo edile si identifica il verbo “demolire” con “di232 • DOSSIER • LAZIO 2010


Costruzioni e demolizioni

ELEVATI STANDARD DI QUALITÀ Puntare su sicurezza e affidabilità è l’aspetto fondamentale per chi opera nei più svariati settori dell’edilizia Edileuropa costituita nel 1997, grazie alla tradizione familiare che da oltre 80 anni è impegnata nel settore, è un’azienda che opera, da oltre dieci anni, nel campo del movimento terra, opere di urbanizzazione primaria e secondaria, demolizioni, trasporto di rifiuti materiali inerti, trasporto conto terzi e manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade. Operiamo in tutto il territorio italiano, prevalentemente nella provincia e nella città di Roma, garantendo elevati standard di qualità del lavoro grazie al know-how maturato negli anni, tenendo in grande considerazione la soddisfazione finale del Cliente. Nel lavoro mantenere alti gli standard di sicurezza è il nostro obiettivo primario, in modo da raggiungere ottimi risultati grazie anche all’utilizzo di attrezzature all’avanguardia. È infatti direttiva dell’azienda il rinnovo, ogni tre anni circa, del proprio parco mezzi, in modo da garantire al cliente sicurezza, affidabilità e velocità nella gestione del lavoro commissionato. Certificata sin dal Dicembre 2004, la Edileuropa Srl ha ottenuto recentemente la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001/2008, secondo la normativa di riferimento più completa, che garantisce la qualità e il rispetto delle normative vigenti applicate nell’edilizia. Una garanzia ulteriore di professionalità, efficienza e sicurezza che l’azienda riserva ai propri clienti.

L’

struggere” generando una semplicistica interpretazione di un’azione che può essere anche molto complessa. Demolire è universalmente ritenuto un’attività semplice e alla portata di tutti gli operatori del settore edilizio. Da qualche anno, però, una maggiore richiesta di demolizioni controllate e selettive unitamente all’aumentata sensibilità per i problemi dell’ecologia e della sicurezza, impongono sempre più una maggiore professionalità agli operatori del settore delle demolizioni. «Le tecniche della demolizione controllata, effettuata con mezzi meccanici – specifica Colagrossi - , sono parte integrante del processo di sviluppo del mondo dell’edi-

lizia e dell’ingegneria civile ed industriale». CRISI ECONOMICA

«Tutti i settori produttivi di comparto, dall’edilizia residenziale a quella industriale, dalle opere pubbliche a quelle private hanno risentito della forte crisi economica – spiega Colagrossi -. Dal canto nostro abbiamo reagito e fatto fronte a tutti gli impegni con proprie risorse finanziarie. Sarebbe tuttavia opportuno consentire alle imprese di poter rendere effettivamente cedibile il proprio credito certificato a banche o intermediari finanziari». Altro aspetto importante per risalire la china dalla recessione è il miglioramento del-

l’efficienza produttiva e la tempistica dei lavori. «Questo è il nostro punto forza – conclude Colagrossi -. Disponendo di un vasto parco automezzi e attrezzature siamo in grado di far fronte a qualsiasi tipologia di lavoro non ultimo il Nuovo Centro Congressi Eur “la Nuvola di Fuskas”» ed il Museo Marino sotterraneo dell’Eur – Acquario di Roma. LAZIO 2010 • DOSSIER • 233


IL SETTORE EDILE

Nuove prospettive per l’edilizia Cambiare filosofia aziendale può essere la mossa vincente per uscire dalla difficile congiuntura economica. Anche nel settore edilizio, che più di tutti sembra aver subito la crisi. L’esperienza di Roberto Scagnoli titolare della Sarifer e del suo collaboratore Claudio Losito Alessandro Verde

nvestire in tempi di crisi. Può sembrare un paradosso ma ci sono imprese che, approfittando della recessione, hanno cambiato struttura aziendale e modi di approcciarsi alla clientela. «La nostra risposta alla recessione è stata l’aumento del mixer degli articoli veicolati in quantità ridotte in grado di soddisfare ogni necessità. A questo abbiamo affiancato l’aumento dei volumi nel largo consumo a una fascia medioalta in grado di compensare il ribasso dei prezzi». A parlare

I

234 • DOSSIER • LAZIO 2010

sono Roberto Scagnoli titolare e Claudio Losito dirigente della Sarifer, primaria azienda romana che si occupa di materiali e tecnologie per l’edilizia. Capillarità, celerità, assistenza. Cosa fa la differenza nel vostro settore? CLAUDIO LOSITO «Al giorno d’oggi senza dubbio l’assistenza, che legata al resto della funzionalità aziendale, è in grado di fare la differenza. È infatti indispensabile venire incontro alle esigenze dei clienti». Quali sono state le cause scatenanti della crisi nell’edilizia? ROBERTO SCAGNOLI «Purtroppo bisogna elencare diversi fattori. Innanzitutto la riduzione della domanda, la sfiducia nella maggior parte degli operatori, la scarsa liquidità e il conseguente allungamento dei pagamenti, e un sempre più elevato numero dei clienti a rischio. In questo senso la crisi immobiliare che ha investito a livello globale il settore ha frenato gli investimenti. Oltretutto c’è da considerare il fatto che grandi lavori strutturali non prendono il via e, la maggior parte

delle imprese, si vedono costrette a confrontarsi sempre più sulle poche offerte a disposizione. La conseguenza è la notevole riduzione dei prezzi della concorrenza e l’aumento degli interventi di ristrutturazione che oggi, sempre più, tengono a galla il settore». Come siete riusciti a garantire costanza nel fatturato? C.L. «C’è stato un maggiore impegno da parte di ogni componente aziendale attraverso l’inserimento di nuovi articoli promozionali su prodotti ad alto contenuto tecnico, nonché una crescente sensibilizzazione su alcuni nostri fornitori per operazioni commerciali mirate. Ovviamente abbiamo ridotto il numero dei clienti maggiormente a rischio dedicando maggiore attenzione e supporto ai virtuosi».

Abbiamo dovuto far fronte con una riduzione del numero dei clienti maggiormente a rischio, dedicando maggiore dedizione e supporto ai virtuosi


Materiali e tecnologie

+1,5% PIL Sono i dati relativi alla produzione in Italia nel secondo trimestre del 2010

-0,3% PIL È il calo del prodotto interno lordo, stimato dall’Ocse per l’Italia nel terzo trimestre 2010

A sinistra Roberto Scagnoli Amm.re unico e in basso Claudio Losito dirigente della Sarifer, importante realtà romana che opera nel settore dei materiali e tecnologie per l’edilizia sarifer@sarifer.it

Come mai la scelta di aumentare i volumi verso la fascia medio-alta della clientela? R.S. «Abbiamo aumentato i volumi della fascia medio alta dei prodotti commercializzati legandoci a marchi quali Mapei, Ytong, Ursa, Mito. La qualità dei prodotti di queste aziende, la costanza del supporto che forniscono, la disponibilità di merci qualitativamente superiori ci permettono oggi di navigare in acque tranquille». In un momento come questo quanto incide l’assetto commerciale? C.L. «Il ruolo della struttura vendite è fondamentale. Le costanti

visite settimanali servono per l’acquisizione degli ordini e per affrontare con immediatezza le varie problematiche tecnicocommerciali. Inoltre risultano un valido strumento per monitorare costantemente l’andamento del mercato. In secondo luogo bisogna fornire un costante supporto telefonico, sia per gli aspetti logistici quanto per quelli commerciali e, con maggior rilievo per quel che riguarda l’assistenza tecnica. La capillarità sul territorio, la celerità nelle consegne l’evasione totale della merce venduta completano il quadro». Quali sono le prospettive

per il futuro? R.S. «Nonostante la difficile congiuntura, siamo fiduciosi. Il notevole impegno che abbiamo messo in campo, i risultati ottenuti in un momento così difficile ci permettono realmente di guardare avanti con rosee previsioni».

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SISTEMI ANTINCENDIO

Nuove soluzioni contro gli incendi I sistemi tecnologici per la protezione dagli incendi devono rispondere a normative precise ed essere allo stesso tempo in grado di garantire la massima efficacia. Gonzalo Fogliati descrive il Novec 1230 TM e il Foam Dry Ezio Petrillo

Gonzalo Fogliati, Presidente della Molajoni Spa info@molajoni.it

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n passato l’industrializzazione ha aumentato notevolmente il rischio d’incendio, la rapidità di propagazione e la devastazione. In quel periodo in Europa e negli Stati Uniti sono nate simultaneamente le prime società specializzate nella ricerca e fabbricazione di attrezzature antincendio e per la protezione individuale, che hanno permesso di combattere il fuoco più efficacemente. Ad oggi l’importanza della sicurezza sui luoghi di lavoro, a casa, o nei negozi, ha accresciuto la sensibilità di cittadini e imprese verso apparecchiature all’avanguardia che sfruttano le nuove tecnologie al servizio dell’utenza. È del 27 Luglio 2010, inoltre, l’ultimo decreto legge in materia di sicurezza antincendio che disciplina le disposizioni tecniche e i criteri di prevenzione. Con Gonzalo Fogliati, Presidente di Molajoni Spa, sveliamo quelli che devono essere i punti di forza di un settore così delicato. Come si deve muovere l’impresa in questo panorama normativo? «Uno degli elementi qualificanti deve consistere nella capacità di “tradurre” le numerose norme in materia, in soluzioni tecnico-organizzative di prevenzione dei rischi applicabili in grandi organizzazioni

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distribuite sul territorio. Altro fattore determinante è la qualità delle risorse professionali interne. La nostra azienda ha un intero comparto dedicato all’esecuzione dei servizi che operano secondo un’impostazione che risponde agli standard Uni En Iso 9000/2008 Quality Management System, Iso 14001 /2004 Environmental Management System e Ohsas 18001/2007 occupational Health and Safety Management, che hanno reali elementi di auto-miglioramento nel tempo dei processi produttivi». Quali sono i prodotti più innovativi? «In questi giorni sono stati presentati dall’ad Alberto Chiradonna, due nuovi sistemi di spegnimento incendi. Il Novec 1230 TM e il Foam Dry. Il primo, il fluido Novec 1230 TM è un estinguente cleanagent prodotto e registrato dalla multinazionale 3M TM.. Attualmente rappresenta la migliore soluzione tecnologicamente sostenibile nei confronti dei problemi di “decommissioning” degli HCFC presenti negli impianti di spegnimento incendi a protezione di Ced, clean room, archivi, centrali telefoniche». Di cosa si tratta esattamente? «È un agente chimico di nuova generazione, con impatto am-


Novec 1230 TM e il Foam Dry

UNA STORIA ULTRACENTENARIA el primo decennio del 19° secolo la Molajoni Spa iniziava la produzione e la commercializzazione, del primo estintore d’incendio e dei primi sistemi automatici di rivelazione e spegnimento incendi. Oggi la società che fa parte del gruppo delle attività dei fratelli Maria Camilla e Gonzalo Fogliati occupa oltre 150 dipendenti. Nel 2010 ha acquisito il contratto per la manutenzione delle attrezzature e degli impianti di spegnimento automatico di incendio a protezione dei pozzi petroliferi e degli stabilimenti petrolchimici Saipem – Eni in Lombardia e nella Val d’Agri in Basilicata.

N bientale valutato nullo, poiché la sua molecola dispersa in atmosfera degrada in componenti più semplici in un tempo estremamente rapido, poche decine di ore. È stato registrato nella lista di estinguenti accettabili (Snap List Us Epa) e in quella degli estinguenti considerati dalle revisioni degli standards Iso 14520, Nfpa 2001, Cen, nonché da Imo. Il Novec 1230 TM non rientra tra i gas da monitorare attraverso un “leakage detection systems” come prevede il recente Regolamento Europeo 842/2006

che ha l'obiettivo di contenere, prevenire e ridurre le emissioni di gas fluorurati ad effetto serra presenti tra i gas Hfc per le applicazioni antincendio come ribadito nel progetto della norma Iso 14064 GreenHouse Gases». Quali invece le particolarità del Foam Dry? «In questo caso parliamo di un impianto di spegnimento a schiuma ad alta espansione che è capace di generare una schiuma secca ad alta espansione che provvede alla saturazione totale del volume da proteggere, provocando il soffocamento delle fiamme. La netta ecoIn questi giorni sono nomicità del sistema stati presentati dall’Ad Foam Dry rispetto ad Alberto Chiradonna, altri sistemi e la sua compatibilità con due nuovi sistemi l’ambiente lo rende la di spegnimento incendi. soluzione migliore per Il Novec 1230 TM ottemperare alla messa e il Foam Dry in regola per le normative antincendio di

grandi magazzini e depositi adibiti a stoccaggio di merci per l’industria pesante e la grande distribuzione. Componenti principali dell’impianto sono i versatori, apparecchiature destinate a trasformare la miscela acqua-liquido schiumogeno in schiuma ad altissima espansione che si espande in toto sull’area da proteggere. I versatori, essendo di piccole dimensioni, risultano facilmente installabili sia sulle pareti che sulla struttura portante della copertura dell’area da proteggere. La particolare densità della schiuma permette di non danneggiare i materiali anche di natura cartacea contenuti nell’area da mettere in sicurezza e non richiedono una cospicua riserva d’acqua, come ad esempio per gli impianti di spegnimento automatico a pioggia». LAZIO 2010 • DOSSIER • 237


OGGETTI ARCHITETTONICI

Verso una nuova S architettura organica Sulle orme di Frank Lloyd Wright. Ogni oggetto architettonico deve fare i conti con l’ambiente che lo accoglie. Soprattutto se si tratta di intervenire nel tessuto urbano di Roma. L’esperienza di Giorgio Zacutti Adriana Zuccaro

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tridente o riverente alla storia, l’architettura contemporanea veste le città di forme e colori. Trovare la formula progettuale che esprima organicità e rispondenza all’intorno preesistente, implica lo studio di ogni dettaglio, materiale e stilistico, che non strida ma si amalgami al contesto. «L’organicità dell’architettura consiste nel riuscire a inglobare una costruzione nuova nel tessuto circostanziale d’intervento senza che questo venga stravolto. Inserendo il “nuovo” tra le curve del terreno, bisogna trovare la giusta

maniera, la “maniera organica” per non andare in rottura con quello che già c’è e completarlo, modificandolo nel modo meno doloroso possibile». L’affermazione di Giorgio Zacutti, fondatore dell’omonimo studio di architettura e interior design e professore di storia dell’architettura a Roma, sottintende i principi espressi dal rivoluzionario ingegno di Frank Lloyd Wright mediante la così chiamata “architettura organica”, una corrente artistica promotrice dell’armonia tra uomo e natura e della ricerca di un equi-


Preesistenze

In apertura, esterno di un immobile ristrutturato e adibito a uffici di cui qui sotto due interni. Qui, a sinistra, cantiere di un parcheggio multipiano a Roma. Sotto, Giorgio Zacutti nel suo studio di Roma www.archstudiozacutti.it

Non possiamo snaturare nessun elemento che fa parte dell’anima di un luogo. La preesistenza va rispettata

librio tra ambiente costruito e ambiente naturale, tra nuovo e preesistente. Che si tratti di costruzioni ex novo o di ristrutturazioni, «quando siamo chiamati a intervenire in palazzi interi o in uffici, in palazzine per edilizia residenziale o in alberghi e strutture turistico-ricettive varie, l’impegno è sempre il medesimo: assolvere tutte le funzioni e richieste del committente, ma nel pieno e assoluto rispetto dell’architettura in cui andiamo a operare». Intervenire, ad esempio, presso una struttura antica di un secolo, presup-

pone un costante confronto con la storia e la preesistenza, anche in casi di nuovi sentori di progettualità. «Non possiamo snaturare nessun elemento che fa parte dell’anima di un luogo – afferma l’architetto Zacutti –. Trovo che la preesistenza debba essere rispettata, debba essere ricordata e presente in qualsiasi intervento di nuova edificazione. Quest’attenzione non è della mia professionalità, è un mio dictat, un mio tema». Preesistenti non sono solo gli oggetti architettonici che hanno caratterizzato ogni ›› LAZIO 2010 • DOSSIER • 239


OGGETTI ARCHITETTONICI

L’organicità dell’architettura consiste nel riuscire a inglobare una costruzione nuova nel tessuto circostanziale d’intervento senza che questo venga stravolto

›› epoca fino a oggi, ma anche una città molto particolare. e riconoscimento, si deve po-

Particolare del nuovo roof garden dell’hotel Victoria di Roma realizzato su progetto dello studio Zacutti

gli ambienti che li contengono in questo inizio di secolo “metropolitano”. «Considerato poi che la legislazione in materia urbanistica, per alcune zone di Roma e d’Italia, permette la demolizione entro le sagome vecchie di qualsiasi tipo di edificio, bisogna anche cercare di conoscere il tessuto urbano che circonda ciò che si va a realizzare ex novo per non rischiare di creare differenze che possano stridere con tutto il resto». In cosa allora l’attuale “urbe” romana riflette i principi di organicità architettonica tanto cari a Wright? «Roma è

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Ha una situazione urbanistica complicatissima, una stratificazione enorme di edifici eretti sul “già costruito” – spiega Zacutti –. Però, anche se intervenire in un territorio come Roma è molto difficile, tale complessità, in fase progettuale, non deve esimerci dal pensare e dal fare i conti nella città in cui viviamo». Rispondere alla necessità architettonica delle città moderne pone i professionisti di settore a confrontarsi con una richiesta più che variegata di competenze e specializzazioni. «Perché il mestiere di architetto possa oggi raggiungere livelli di alto valore

ter contare su una base di polivalenza professionale, di non-specializzazione circoscritta a un solo campo ma di cooperazione sinergica con attori dell’architettura contemporanea che, insieme, siano in grado di affrontare e studiare la soluzione alle problematiche più disparate». Per Zacutti, «se un architetto possiede del talento, ma è da solo, non può andare molto lontano; deve invece avvalersi di bravi collaboratori e riuscire a saper fare un po’ di tutto, dalla perizia fino alla costruzione del grattacielo. L’ingrediente vincente risiede in una buona organizzazione».



INDUSTRIA ENERGETICA

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l valore sociale dell’industria energetica italiana si può quantificare in 230 miliardi di euro di fatturato, 118 mila addetti e investimenti sul territorio per almeno 16 miliardi di euro l’anno. «Fare energia in Italia – spiega Pasquale De Vita, presidente di Confindustria Energia - significa dare risposte concrete a milioni di persone che ogni giorno la utilizzano nelle sue varie forme e per scopi diversi». L’indotto economico generato dal settore energetico in Italia è rilevante. Mancano però politiche di medio e lungo termine. Come si sta muovendo Confindustria Energia? «Confindustria Energia è nata non solo con l’obiettivo di rappresentare unitariamente il variegato mondo dell’energia, ma anche di sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni sul ruolo e il valore che esso ha, spiegando cosa c’è dietro e le enormi difficoltà che si incontrano. In questi primi anni di attività abbiamo già promosso diverse iniziative in questo senso e l’ultima in ordine di tempo è un interessante studio affidato al Censis che approfondisce appunto il valore non solo economico, ma anche sociale del comparto energetico. Certo mancano politiche di medio lungo periodo ma non certo per colpa delle aziende che, anzi, da tempo chiedono più certezza legislativa e indirizzi normativi chiari che, 246 • DOSSIER • LAZIO 2010

Politiche più chiare per l’energia del futuro Il fatturato del settore energetico in Italia conferma l’importanza dell’intero comparto che però risente della mancanza di indirizzi normativi chiari e di politiche che incentivino gli investimenti. Il punto di Pasquale De Vita Nicolò Mulas Marcello però, non possono essere ripensati a ogni cambio di legislatura. Ci sono infatti alcune questioni di fondo da risolvere, come evidenziato dallo stesso studio del Censis, per evitare un rischio potenziale di blocco degli investimenti e di impoverimento tecnologico, di competenze e capacità. E ciò interessa tutte le fonti, tradizionali e non. L’Italia non può permettersi di abdicare al suo ruolo e divenire un semplice importatore di prodotti e tecnologie, anzi deve assumere la leadership in questo campo. Abbiamo le capacità e le competenze. Anche perché si tratta un settore che ha la responsabilità di assicurare al Paese la copertura di consumi attesi comunque in crescita, sempre più esigenti sia sul piano della qualità che ambientale». Qual è il futuro dell’eolico in Italia? «La produzione di energia elettrica da fonte eolica nel mondo, prima ancora che in Europa, sta vedendo da oltre un decennio percentuali di crescita molto significative. Gli obiettivi nazio-


Pasquale De Vita

Pasquale De Vita, presidente di Confindustria Energia e presidente dell’Unione petrolifera italiana

Una riduzione della burocrazia potrebbe far recuperare efficienza e risparmiare costi e sprechi a beneficio del sistema Paese

nali, peraltro fissati in ottemperanza a obblighi comunitari, sono molto ambiziosi e prevedono circa 13.000 MW di eolico al 2020 (oggi siamo a 5.000 MW). Uno sviluppo che però, come spesso accade in situazioni di successo, rischia di creare aree poco trasparenti ed è per questo che abbiamo aderito al Protocollo sulla legalità. In questo modo le aziende garantiscono il rispetto delle più serie e stringenti pratiche a tutela e rispetto della legge». Energia eolica e solare sono ancora poco sviluppate in Italia. Il problema sono i costi o è scarsa coscienza? «L’Italia è più avanti rispetto ad altri paesi, anche se si potrebbe fare di più. Si dovrebbe soprattutto cercare di dare stabilità e

certezze al quadro normativo e alle procedure autorizzative, che qui sono tra le più lunghe e farraginose d’Europa. Una riduzione della burocrazia, affiancata alle dovute tutele paesaggistiche, potrebbe far recuperare efficienza e conseguentemente risparmiare costi e sprechi con beneficio complessivo per il sistema Paese. Per quanto riguarda la coscienza ambientale, penso che molto potrebbe essere fatto con una comunicazione che possa finalmente contribuire a sfatare i falsi miti in materia di energia. Come accennato, Confindustria Energia è impegnata per far sì che l’opinione pubblica possa sempre avere una corretta informazione su materie tanto delicate».

La domanda energetica italiana necessita veramente dell’opzione nucleare? «Non è un problema di necessità ai fini della copertura della domanda energetica. Piuttosto di sicurezza. C’è poi un vantaggio ambientale in termini di emissioni. È però certo che da solo non basterà e pertanto servirà il contributo di tutte le altre, petrolio e carbone compresi, ma anche di uno sforzo intelligente per rendere l’uso dell’energia più efficiente». Nel 2009 gli italiani hanno speso 176 euro in più per la benzina. La convinzione generale che il prezzo dei carburanti non segue perfettamente quello del petrolio può essere considerata uno slogan? «Le posso assicurare che nel 2009 il prezzo della benzina si è mosso in linea con quello dei mercati internazionali dei prodotti raffinati e lo stesso si può dire per questi primi mesi del 2010. Trovo veramente incomprensibile che si continui a porre la domanda in questi termini. Abbiamo provato in tutte le sedi istituzionali e non, con studi e analisi rigorose, che non ci sono anomalie di sorta. Siamo andati perfino al Consiglio nazionale consumatori e utenti presso il ministero dello Sviluppo economico, dal quale attendiamo ancora che ci smentiscano con dati altrettanto oggettivi. La realtà è che, al di degli slogan, i nostri prezzi seguono le stesse dinamiche degli altri paesi europei. Anzi, su alcune migliaia di impianti sono anche inferiori a quelli europei, ma di questo non se ne parla». LAZIO 2010 • DOSSIER • 247


INDUSTRIA ENERGETICA

Rinnovabili e nucleare per il rilancio del settore La politica energetica del governo punta a ripristinare strumenti normativi che consentano il conseguimento degli obiettivi di diversificazione delle fonti, delle origini e delle rotte di approvvigionamento di energia primaria. Guido Bortoni ne spiega le dinamiche Nicolò Mulas Marcello

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l ministero dello Sviluppo economico è impegnato a riorganizzare il sistema energetico per valorizzarne le potenzialità attraverso l’implementazione delle infrastrutture, delle reti e delle fonti rinnovabili. «Lo sviluppo innovativo delle fonti rinnovabili e l’incremento dell’efficienza energetica – sostiene Guido Bortoni, capo del dipartimento energia del ministero – dovranno in futuro divenire anche strumenti per l’accumulo dell’energia prodotta». Un rapporto del Censis evidenzia il rischio che la carenza di politiche energetiche di medio-lungo termine possa determinare un impoverimento tecnologico. È così? «Questo Paese, purtroppo, ha toccato per diversi anni con mano quanto l’assenza o l’instabilità degli indirizzi di politica energetica possano deteriorare il tessuto tecnologico-industriale e generare, conseguentemente, una si248 • DOSSIER • LAZIO 2010

tuazione poco sostenibile del quadro energetico generale. Per rilevare il deterioramento attuale, non serve nemmeno ricordare le eccellenze registrate dall’industria elettromeccanica del Paese nei mitici periodi di realizzazione delle grandi infrastrutture idroelettriche nella prima metà del secolo scorso e nell’immediato dopoguerra, nonché dello sviluppo pionieristico degli impianti elettronucleari dopo il primo shock petrolifero degli anni 70. Basta, infatti, raffrontare il nostro contesto con quello delle grandi economie industriali dell’Europa per capire quanto il savoir faire tecnico e tecnologico italiano non abbia più il presidio completo su alcuna filiera energetica, mentre Francia, Germania e Inghilterra hanno mantenuto, specializzato e sviluppato le capacità industriali in campo energetico al servizio del proprio mercato domestico e di mercati esterni». Come si sta muovendo il dipartimento per l’energia del

ministero dello Sviluppo economico? «Il dipartimento e il vertice politico del ministero stanno ripristinando strumenti normativi e regolamentari che consentano il conseguimento degli obiettivi di diversificazione delle fonti, delle origini e delle rotte di approvvigionamento di energia primaria a cui

Guido Bortoni, capo dipartimento per l’energia del ministero dello Sviluppo economico


Guido Bortoni

Crediamo vi sia la necessità di elaborare politiche energetiche con un ampio orizzonte temporale, sicuramente non inferiore al 2030

mira la politica energetica del governo. Tutto ciò tenendo conto delle innovazioni di assetto sin qui introdotte rispetto alle ultime redazioni dei piani energetici nazionali (ad esempio la liberalizzazione di quasi tutti i mercati energetici e la creazione di mercati unici europei per le diverse commodities energetiche) e degli impegni che il nostro Paese ha assunto, assieme ad altri, sul binomio clima-energia. Innanzitutto, crediamo vi sia la necessità di elaborare politiche con un ampio orizzonte temporale, sicuramente non inferiore al 2030». Per stilare un bilancio cosa è stato fatto finora? «L’energia, nelle sue diverse forme, è senza ombra di dubbio un servizio essenziale per la mo-

derne attività economiche e la vita civile del Paese. Mantenere vitale e adeguato alle necessità lato sensu il servizio energetico è, quindi, un imperativo se si vuole agganciare e consentire lo sviluppo e la crescita dell’economia. Nel corso dell’ultimo anno molto è stato fatto per favorire l’aumento di nuove infrastrutture: si pensi anche solo al provvedimento per il rilancio del nucleare (Dlgs.n. 31/10), a quello per la maggiore concorrenzialità nel mercato del gas (Dlgs. n.130/10), a quello per l’incremento della capacità di trasporto sull’interconnessione elettrica, nonché a quei provvedimenti per lo sviluppo di infrastrutture “immateriali”, quali la piattaforme di negoziazione all’ingrosso (Borsa del gas) e recuperi di efficienza

10 mld

FATTURATO Il fatturato annuo derivato dalla green economy in Italia

300 mila INDOTTO

Il numero degli addetti che nel nostro paese gravitano intorno alla green economy

nella distribuzione carburanti previsti dalla disegno di legge “concorrenza” ora all’esame del Consiglio dei ministri. Molta attenzione è stata rivolta, quindi, allo sviluppo delle reti, a cui attribuire non solo la funzione di autostrada dell’energia, ma anche nuove funzioni “intelligenti”, con il prossimo affermarsi delle smart grids. Uno sviluppo innovativo delle fonti rinnovabili, obiettivo prioritario del governo insieme al nucleare, e l’incremento dell’efficienza energetica, che rappresentano forme di infrastrutture, spesso di piccola dimensione, allocate sul territorio presso lo stesso luogo di consumo, dovranno in futuro divenire anche strumenti per l’accumulo dell’energia prodotta». Quali offrirà il governo? «L’aspetto delle garanzie, e cioè quello della gestione di alcuni rischi legati agli investimenti, è uno degli aspetti più delicati dello sviluppo del nucleare. Come ho già avuto modo di LAZIO 2010 • DOSSIER • 249


INDUSTRIA ENERGETICA

Con il prossimo recepimento della direttiva europea sulle fonti rinnovabili vorremmo garantire ulteriormente la stabilità degli incentivi

evidenziare, vi sono iniziative corso alle iniziative degli stessi che richiedono garanzie supplementari per assicurare, sebbene in maniera parziale, il ritorno dell’investimento. L’attenzione deve essere duplice: da un lato, si deve fare in modo di non trasformare tali garanzie in vantaggi per pochi (gli investitori) che gravano su molti (i consumatori) e, dall’altro, bisogna dare certezze, ovvero provvedere copertura reale ad alcuni rischi che, se lasciati in gestione agli operatori, renderebbero insostenibile l’investimento o genererebbero degli extra costi che graveranno sui fondamentali per il ritorno degli investimenti. Tale criticità può essere mitigata facendo ricorso a schemi virtuosi che prevedono il con-

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soggetti che ne usufruiranno, e quindi consumatori finali, siano essi imprese, grandi, medie e piccole, che clienti domestici. E il governo, così come le altre Istituzioni interessate, come l’Autorità per l’energia, si sta muovendo in tal senso». Il nuovo Conto energia per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici a partire dal 2011 opera una riduzione degli incentivi che si dovrebbe tradurre in un vantaggio per il consumatore. Qual è l’obiettivo che si è prefissato il ministero? «Gli obiettivi di crescita delle fonti rinnovabili che la strategia energetica ha posto, in linea con gli obblighi posti dalla Commissione europea al 2020,

sono molto ambiziosi. Un sistema di incentivazione stabile ed efficiente è indispensabile anche a causa dell’ancora minore competitività delle fonti rinnovabili rispetto a quelle convenzionali. Il nostro obiettivo è che a questi debbano affiancarsi interventi per la riduzione delle barriere di tipo economico che ancora si presentano. Penso alle procedure autorizzative, ai contenziosi, alle criticità con il territorio, alla disponibilità tecnologica, a un ampio elenco di fattori che ancora oggi rappresentano un freno allo sviluppo atteso delle fonti rinnovabili. Con il prossimo recepimento della direttiva europea sulle fonti rinnovabili vorremmo garantire ulteriormente la stabilità degli incentivi per consentire lo sviluppo di quelle fonti, e quindi di quegli impianti, che possono effettivamente contribuire a conseguire gli ambiziosi obiettivi previsti dal Piano di azione nazionale presentato a inizio estate a Bruxelles (al 2020 co-


Guido Bortoni

prire il 17% dei consumi lordi di energia con le fonti rinnovabili)». Da un lato c’è chi pensa che l’economia verde è motore di ricchezza per il nostro Paese, altri pensano sia una bolla di sapone. Qual è la sua opinione? «Se pensiamo a quanto avvenuto in Germania, dove lo sviluppo delle rinnovabili ha portato al mantenimento di oltre un milione e 200 mila posti di lavoro dedicati alla green economy in tutte le sue sfumature, non si può proprio dire che sia una bolla di sapone. Ma il modello tedesco non è fondato sul traino della loro domanda nazionale, bensì delle esportazioni. Anche per noi non può che essere così. E, quindi, l’am-

6,4

TWh EOLICO

La quantità di energia eolica prodotta in Italia nel 2008

418

MWp FOTOVOLTAICO La quota di produzione di energia fotovoltaica raggiunta nel 2008 in Italia

bito non può essere esclusivamente nazionale. Questo per due ragioni molto semplici: se ci chiudessimo su noi stessi finiremmo per raggiungere ben presto livelli di insostenibilità economica, obbligando cittadini e imprese ad autosostenere il new deal della green economy e, nel medio termine, avendo intrapreso una via autarchica, ci troveremmo a sostenere un’industria inefficiente perché non esposta alla concorrenza dei mercati internazionali. Dobbiamo recuperare lo spirito di tante numerose micro esportazioni, forza del nostro tessuto produttivo, ma dovremmo anche, con un po’ di ambizione, cercare o creare nuovi mercati e iniziative che

spingano il nostro export. Il piano solare mediterraneo o il Desertech, ad esempio, possono essere meglio immaginate a trazione italiana o a partecipazione significativa italiana. Non dimentichiamo i nostri vantaggi competitivi nel trattare di energia e di progetti industriali con i Paesi rivieraschi del Mediterraneo e che sono i grandi bacini o danno accesso alle grandi riserve di nuove risorse rinnovabili. Facciamo in modo che il Mare Nostrum e le sue rive, di invenzione ed in esclusiva ai Romani per vim nel passato, sia nel presente e nel futuro (anche) un’area di interesse prevalente per virtutem dei discendenti dei medesimi e non solo area di interesse di altri». LAZIO 2010 • DOSSIER • 251


INDUSTRIA ENERGETICA

Maggiore qualità e sostanziali risparmi Grazie alle liberalizzazioni e all’introduzione delle nuove tariffe biorarie, il settore energetico ha registrato risparmi sui costi ma anche vantaggi per i consumatori. Alessandro Ortis illustra nel dettaglio tutti i cambiamenti Nicolò Mulas Marcello

D

al 1997 l’Autorità per l’energia elettrica e il gas regola e controlla questi settori a livello nazionale. Gli ambiti su cui agisce sono la determinazione delle tariffe, dei livelli di qualità dei servizi e delle condizioni tecnico-economiche di accesso e interconnessione alle reti, in servizi in cui il mercato non sarebbe in grado

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di garantire l'interesse di utenti e consumatori a causa di vincoli tecnici, legali o altre restrizioni che limitano il normale funzionamento dei meccanismi concorrenziali. Le novità intervenute negli ultimi tempi, quali le liberalizzazioni del settore elettrico o l’introduzione dei prezzi biorari hanno contribuito a rivoluzionare il settore energetico come spiega Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità. Con le liberalizzazioni del settore elettrico, il tasso di switching medio delle famiglie è arrivato all’11% circa. Rispetto al 1999 il sistema elettrico nazionale ogni anno costa 4,5 miliardi in meno. E nello specifico per i consumatori qual è il risparmio? «Liberalizzazione e concorrenza portano vantaggi per i singoli consumatori e per la collettività. Nel settore elettrico, infatti, in tre anni circa 3 milioni e 200 mila famiglie hanno scelto una nuova offerta rite-

nuta più conveniente fra quelle dei diversi venditori in concorrenza sul libero mercato: è uno dei migliori risultati in Europa. E l’intera collettività beneficia indirettamente dei 4,5 miliardi di costi evitati grazie alla maggiore efficienza del sistema. Vorrei anche ricordare che il rafforzamento della tutela dei consumatori ha reso possibili rimborsi automatici per 32,5 milioni negli ultimi 7 anni e che la migliore qualità del servizio ha dimezzato la frequenza delle interruzioni, con un risparmio di oltre 2,7 miliardi di euro per la collettività». I prezzi biorari in vigore dal 1° luglio rappresentano un al-

A sinistra, Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e gas; sopra, la centrale elettrica di Cassano d’Adda


Alessandro Ortis

Con i nuovi prezzi biorari ogni consumatore pagherà l’elettricità in modo più equo e più vicino al vero costo di produzione

tro provvedimento dell’Autorità che può fornire un aiuto per le tasche dei cittadini. Ci sono altri provvedimenti in cantiere? «Con i nuovi prezzi biorari ogni consumatore pagherà l’elettricità in modo più equo e più vicino al vero costo di produzione, con benefici ambientali e maggior economicità di sistema. Infatti, con il nuovo meccanismo, applicato con gradualità dallo scorso 1 luglio a chi ha il contatore elettronico e non ha già scelto altre soluzioni contrattuali, l’elettricità costerà meno nel primo mattino, la sera, la notte, il sabato e tutti i giorni festivi; di più dalle 8 alle

19 dei giorni lavorativi, quando la domanda e i costi sono più elevati. Abbiamo anche attivato 1,9 milioni di bonus elettricità e gas, con riduzioni in bolletta per le famiglie bisognose, e previsto modifiche per l’aggiornamento dei prezzi finali gas che consentiranno di contenere le bollette già da ottobre, prima dei consumi invernali». Male invece il mercato del gas, sia per il peso ancora preponderante dell´Eni, sia perché i prezzi all´ingrosso sono ancora del 10% superiori all´Europa. Cosa fare per migliorare la situazione? «Vanno superate le asimmetrie fra il settore elettrico, più effi-

ciente e progredito, e quello ingessato del gas, dove l’operatore dominante controlla ancora il 92% delle infrastrutture di import e il 65% delle immissioni sul mercato. L’Autorità, pur nei limiti delle sue competenze, si è battuta con provvedimenti e proposte per superare i ritardi nello sviluppo della concorrenza e delle infrastrutture; ritardi che, purtroppo, continuano a pesare sulle bollette e allontanano pure l’obiettivo per un hub italiano del gas nel Mediterraneo». Lei afferma che con più infrastrutture nell’energia ma anche più investimenti il gas sarà meno costoso. Il governo ha avviato una riforma del set-

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INDUSTRIA ENERGETICA

tore gas. È un primo passo mento nel 2003 ha votato una avanti? «Rappresenta sicuramente un primo contributo, ma da migliorare ancora. Alcune delle scelte effettuate infatti non intaccano il ruolo dominante dell’Eni e rendono incerti i benefici per famiglie e piccole aziende». La separazione societaria tra Eni e Snam Rete Gas è un punto su cui lei si batte ancora per risolvere un conflitto di interessi molto forte. Ma non c’è il rischio di perderne il controllo nazionale? «Il conflitto di interessi è evidente, al punto che il Parla-

legge, confermata da successivi provvedimenti, per una separazione proprietaria di Snam Rete Gas da Eni. Questa soluzione, ritenuta la migliore anche dalla Commissione europea, è già stata positivamente adottata in altri Paesi Ue e da noi con l’analoga operazione Terna-Enel per il settore elettrico. L’obiettivo potrebbe essere raggiunto addirittura rafforzando il controllo delle reti strategiche nazionali, affidandolo a un soggetto pubblico imparziale, ad esempio Cassa Depositi e prestiti».

11%

SWITCHING Il tasso di switching delle famiglie italiane dopo le liberalizzazioni del settore energetico

1,9 mln

BOLLETTE

Il bonus complessivo in euro erogato alle famiglie bisognose

32,5 mln RIMBORSI

La somma di rimborsi automatici erogati alle famiglie negli ultimi 7 anni

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Sul prezzo del petrolio c’è invece ancora troppa speculazione. Lei ha rilanciato l’idea di una Borsa europea del greggio. Perché a livello europeo non si è ancora pensato a una soluzione di questo tipo? «In assenza di meccanismi capaci di contenere quei barili di carta che schizzarono improvvisamente verso i 150 dollari, il rischio che la speculazione rialzi la testa persiste. Da qui la proposta - alla quale l’Autorità sta già lavorando - di una borsa europea per lo scambio di barili veri, con contratti standardizzati di lungo termine, capace di contenere la volatilità dei prezzi e di favorire gli investimenti. A livello europeo, purtroppo, scontiamo ancora resistenze legate ad anacronistici nazionalismi, protezionismi e ritardi infrastrutturali che frenano la costruzione del mercato unico dell’energia e la tanto auspicata single voice dell’Unione: una voce unica che sappia valorizzare il potere contrattuale di 500 milioni di consumatori».



PARCHI E AREE PROTETTE

Un piano a tutto campo Marco Mattei, assessore regionale all’Ambiente e sviluppo sostenibile, illustra le linee guida in materia di parchi dopo i commissariamenti decisi in agosto: «Le priorità? Monitoraggio del rischio ambientale, microzonazione sismica e sistema idrico integrato» Riccardo Casini

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on 205.930 ettari di natura e la presenza di tre parchi nazionali, il Lazio può vantare una superficie di riserve naturali e aree protette pari al 12 per cento della superficie dell’intera regione, una percentuale superiore alla media nazionale. Se si pensa poi che più di un comune su tre è interessato nel proprio territorio dalla presenza di queste aree, si capisce come la ricerca di equilibri, da aprile affidata a Marco Mattei, nuovo assessore regionale all’Ambiente e sviluppo sostenibile, sia un compito alquanto delicato. La manovra economica ha previsto tagli del 50 per cento alle risorse destinate ai parchi nazionali. Nei mesi scorsi anche la giunta regionale ha annunciato tagli della stessa portata al bilancio del Parco dei Castelli romani. Quali riflessi potranno avere questi 256 • DOSSIER • LAZIO 2010

provvedimenti? «Con un’operazione che consta di scelte sostanziali per la buona amministrazione come l’efficienza, l’efficacia e l’economicità, pure nella limitatezza delle risorse, riusciremo a ottimizzare i risultati. Stiamo parlando di servizi correnti, che verranno non solo garantiti, ma perfezionati superando quelle che sono le impostazioni dei cosiddetti tagli alle risorse tout court operati già nella passata legislatura. Proprio in questi giorni abbiamo formulato una direttiva che autorizza i commissari degli enti parchi e riserve naturali a impostare i bilanci preventivi per l’anno 2011 in modo da garantire le spese correnti obbligatorie documentando analiticamente le relative consistenze. È di tutta evidenza che la complessiva politica regionale per la componente di sviluppo verrà impostata secondo scelte prioritarie che

possano avere come direttiva la migliore fruizione del territorio da parte della cittadinanza e quindi delle comunità locali interessate». Vi sono interventi di particolare urgenza dei quali necessitano le aree protette della regione? «È proprio sugli interventi di particolare urgenza che andremo a incentrare i provvedimenti e le azioni dei prossimi mesi. È un’azione a tutto campo, non riguarda solo un settore specifico. Si tratta del Piano programmatico che riguarda gli obiettivi da centrare entro dicembre 2010, come ha stabilito la presidente del Lazio Renata Polverini. Partirà il monitoraggio del rischio ambientale propedeutico al Piano regionale


Marco Mattei

per la bonifica dei siti compromessi. Si proseguirà con l’approvazione del piano di microzonazione sismica utilizzando interventi mirati alla messa in sicurezza degli edifici strategici e rilevati ai fini di Protezione civile. E analogamente si procederà con l’approvazione della proposta di Legge regionale sul sistema idrico integrato e degli Ato (Ambiti territoriali ottimali). E per concludere si getteranno le basi per un programma di incentivi alla

realizzazione di distretti produttivi a limitato impatto ambientale». In agosto la nomina di 14 commissari straordinari a varie aree protette ha suscitato molte polemiche. Altrettante però avevano caratterizzato il rapporto tra l’ultimo presidente del parco dei Castelli romani e i sindaci dei Comuni confinanti, soprattutto in seguito all’adozione del Piano di assetto. Quale pensa dovrebbero essere le linee di indi-

rizzo per lo sviluppo di questo parco? «La cura che dedicheremo al parco dei Castelli romani è certamente primaria ma, altrettanto, ritengo che si debba dirottare un forte impegno per la valorizzazione di tutte le aree naturali protette della nostra regione senza esclusione alcuna. Tuttavia, nello specifico riteniamo che bisogna tenere presente che in questa area particolare è fortemente sentito il bisogno di riavvicinare il parco a quella che è la percezione dei cittadini e le istanze del territorio in corrispondenza alle singole comunità locali. A tale fine il Piano di assetto verrà rivisitato a seguito della valutazione ambientale strategica che è propedeutica alla stesura del piano stesso. Analizzando i dettagli del documento del 2009 saltano fuori carenze evidenti per quelli che dovrebbero essere i requisiti principali per ottenere l’approvazione definitiva e quindi procedere con il via libera decisivo». Come può essere trovato il punto di equilibrio tra salvaguardia delle aree protette e sviluppo urbanistico dei singoli Comuni? «Il mio assessorato è fortemente sensibile all’esigenza di consentire un giusto equilibrio tra la salvaguardia delle aree naturali protette e i territori

La salvaguardia del territorio rimane l’obiettivo di fondo che vuole caratterizzare la nostra politica regionale

che insistono specificatamente in quelle stesse aree. Ed è per questo che gli interventi di tipo urbanistico saranno consentiti nel rispetto delle norme in vigore. Ovviamente stiamo parlando dei dettati delle normative comunitarie, nazionali e regionali nel pieno rispetto del Piano territoriale paesaggistico regionale. La salvaguardia del territorio, che interessa in maniera inderogabile tutte le aree di pregio, la difesa delle biodiversità esistenti e delle specie animali a rischio estinzione così come le specie vegetali non comuni, rimane l’obiettivo di fondo che vuole caratterizzare tutta la nostra politica regionale. In proposito riteniamo utile sottolineare che la gestione dei parchi e delle aree naturali protette è guidata nell’indirizzo dai consigli direttivi che rappresentano tutti gli enti locali dei territori interessati».

Nella pagina a fianco, in basso, Marco Mattei, assessore regionale all’Ambiente e sviluppo sostenibile; in alto e in questa pagina, alcune immagini del parco dei Castelli romani

LAZIO 2010 • DOSSIER • 257


PARCHI E AREE PROTETTE

Dopo Tivoli il Fai punta su Roma Ilaria Buitoni Borletti, presidente del Fondo per l’ambiente, parla dei progetti futuri e lancia un allarme: «Se la bellezza del paesaggio viene violata, il turismo scompare» Riccardo Casini

D

a sempre in prima linea per la difesa e la salvaguardia del patrimonio paesaggistico italiano, il Fondo per l’ambiente italiano nel corso degli anni è intervenuto direttamente in una tra le tante aree protette del Lazio: il parco Villa Gregoriana di Tivoli, restaurato in seguito a «un'imponente opera» di re-

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cupero ambientale e paesaggistico avviata nel lontano 2002 con l’affidamento della Villa da parte del Demanio di Roma. Ne parliamo con Ilaria Buitoni Borletti, da quest’anno presidente del Fai: milanese, 53 anni, già membro del consiglio di amministrazione del Fai e presidente della sezione umbra dal 2007, a lungo impegnata nel volontariato con Amref,

ha preso il posto della fondatrice Giulia Maria Mozzoni Crespi, che a 86 anni (e dopo 34 di presidenza) ha deciso di passare la mano, pur restando presidente onorario con delega alle questioni ambientali. «Quello di Tivoli – spiega Buitoni Borletti – è un esempio di costosissimo restauro che ha riportato in vita un luogo che sarà sicuramente meta di un turismo abbastanza colto. E questo non potrà che avere ricadute positive sul territorio. L’intervento che abbiamo portato a termine ha un valore enorme, il recupero di un parco ha la stessa importanza di un restauro architettonico, anche se spesso è percepito in

Sopra, il tempio di Vesta all’interno del Parco Villa gregoriana di Tivoli. In basso a sinistra, Ilaria Buitoni Borletti, presidente del Fai. Nella pagina a fianco, Vanessa Ranieri, presidente Wwf Lazio


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Ilaria Buitoni Borletti

E IL WWF CHIUDE LE PORTE AL TURISMO DI MASSA Secondo Vanessa Ranieri, presidente della sezione Lazio del Wwf, si deve partire da una legge nazionale sulla biodiversità e dalla riperimetrazione delle aree protette on solo specie a rischio estinzione: il Wwf sta guardando con attenzione a tutti gli sviluppi delle ultime vicende riguardanti i parchi del Lazio, come sottolinea Vanessa Ranieri, presidente della sezione regionale del Wwf e di recente autrice di una lettera aperta al presidente della Regione sui commissariamenti decisi in estate. «Tutte le aree protette – spiega – sono minacciate quando manca una gestione corretta. Il problema principale deriva dalla mancanza di Piani di assetto, ovvero degli strumenti che stabiliscono cosa si può fare al loro interno. Inoltre sempre più spesso queste aree non sono considerate nel loro complesso, ma come piccole zone all’interno di un territorio più vasto: in questo modo ai loro margini possono sorgere strutture che comportano un’alterazione dell’ambiente dannosa per le specie che ci vivono. Un esempio? L’inceneritore a ridosso del parco dei Castelli romani». Vi sono altre situazioni critiche? «Nella più ampia e importante area protetta del Lazio, ovvero il Parco regionale dei Monti Simbruini, non ci sono fondi nemmeno per i mezzi dei guardaparco. In questo modo il rischio incendi aumenta». Che ruolo ha il turismo nella tutela dei parchi laziali? «Bisogna distinguere a mio avviso tra turismo di massa e turismo sostenibile. Quest’ultimo va incentivato con infrastrutture e luoghi di accoglienza, anche piccoli. Il turismo di massa, invece, presenta aspetti che non rientrano nel concetto di conservazione delle biodiversità». Cosa occorre per ripristinare la normalità? «Credo si debba partire dall’approvazione a livello nazionale e regionale di una legge sulla biodiversità. Per quanto riguarda le aree protette, va riconsiderata la loro perimetrazione. Inoltre servono strumenti economici e tecnici per la loro corretta gestione ordinaria. Il commissariamento di vari parchi in questo senso non è stato un bel segnale: essendo per definizione uno strumento di gestione straordinaria, ha interrotto di fatto una continuità amministrativa che consente il consolidamento di sistema». Il Wwf si identifica storicamente con le grandi campagne a tutela delle specie protette. Quali nel Lazio sono a rischio estinzione? «Direi quelle che vivono nei grandi parchi nazionali: l’orso bruno marsicano, il lupo e l’aquila reale. Ma vi sono tantissime altre risorse a livello naturalistico da tutelare».

N

modo diverso. In questo caso si è trattato di restituire al pubblico un luogo che in passato è stato soggetto ispiratore di numerosi pittori nonché meta di viaggiatori intelligenti dell’epoca all’interno del cosiddetto Grand tour. L’intervento era necessario, basti pensare al sentiero principale trasformato in discarica». Avete altri progetti di questo tipo in cantiere per la regione Lazio? «Ci stiamo muovendo in direzione di un progetto su Roma, una città di immensa bellezza ma che presenta ancora tanti beni da valorizzare. Stiamo valutando su quali aree poter intervenire, ve ne sono diverse che soffrono

4,5 mln EURO

Il costo del primo stralcio di interventi al Parco di Villa gregoriana

12% PARCHI

La percentuale di superficie occupata dalle aree protette nel Lazio, pari a 205.930 ettari

LAZIO 2010 • DOSSIER • 259


PARCHI E AREE PROTETTE

A fianco, una veduta del Parco Villa gregoriana di Tivoli dominata dalla grande cascata

uno stato di abbandono no-

nostante la loro valenza storica e architettonica. In generale possiamo dire che la regione Lazio è tra le priorità della nostra fondazione». Da dove deve partire una qualsiasi politica in materia di aree protette nel Lazio? Quali misure giudica necessarie in questo momento? «Premettiamo una cosa: il ricorso a parchi e aree protette, in quanto strumenti di tutela ambientale, è necessario quando non esiste un’attenzione al paesaggio e allo sviluppo urbanistico che ne tenga conto. Il Lazio purtroppo ne è un esempio, qui per anni si è costruito senza criteri precisi né rispetto per l’unicità del paesaggio. Pur-

260 • DOSSIER • LAZIO 2010

troppo siamo ancora di fronte a un’emergenza, dal momento che continuano a proporsi leggi che aprono le maglie del controllo del territorio, quando invece queste andrebbero chiuse. Occorrerebbe mettersi seriamente davanti a una cartina della regione ed effettuare un’analisi area per area per vedere quali sono le zone da tutelare, includendo quelle limitrofe e di interesse storico, paesaggistico e architettonico. Ciò, sia chiaro, non significa che non si debba costruire, ma solo che questo non avvenga in modo insensato, come purtroppo è stato nelle zone dei Castelli romani e di Palestrina. Servono criteri e paletti».

70

RISERVE Il numero complessivo di parchi, aree protette e riserve naturali nel Lazio, unica regione insieme a Calabria e Abruzzo a poter vantare la presenza sul territorio di 3 parchi nazionali

Cosa intende precisamente? «Le regole che tutto il mondo applica in termini di distanze, colori e materiali, e che vanno nella direzione di un rispetto delle forme del terreno e dei suggerimenti culturali del territorio. Come Fai promuoviamo anche la valorizzazione dei centri storici, in antitesi alle città satellite che snaturano il paesaggio. E il Lazio, lo ricordiamo, ha caratteristiche uniche in questo senso». Quale dev’essere allora il rapporto tra salvaguardia delle aree protette, implementazione del turismo ed esigenze dei Comuni confinanti? «Dico solo una cosa: il turismo è una grande ricchezza, ma ci si dimentica che c’è turismo perché il nostro è il paese più bello del mondo. Se questa bellezza viene violata, il turismo scompare. E’ un concetto talmente scontato che mi continuo a stupire del fatto che non venga mai ribadito. La valorizzazione del patrimonio culturale porta al rilancio di un turismo consapevole e attento, che non può non avere ricadute positive, in termini anche economici, sul territorio».



SPESA FARMACEUTICA

L

a manovra economica messa a punto dal governo ha agitato e continua ad agitare diversi e numerosi ambiti, sociali, politici, culturali, sanitari a causa dei cospicui tagli previsti. Molte realtà rischiano ridimensionamenti se non si trovano nuove e appropriate soluzioni. La crisi ha reso impellente la necessità di un’azione risoluta da parte del governo per attutire i duri colpi inferti all’economia, ma occorre non perdere di vista lo sviluppo organico del Paese, permettendo che chi lavora tanto e bene abbia possibilità e risorse sufficienti. È ciò che sostiene il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, segretario della XII Commissione permanente Igiene e sanità e membro della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale, il quale spiega in che modo la manovra economica coinvolge il servizio farmaceutico. La manovra economica definisce un taglio sulla spesa farmaceutica di 600 milioni di euro per il 2011 e il 2012: l’articolo 11, infatti, prevede che grossisti e farmacisti applichino uno sconto obbligatorio. Ciò ha provocato il disappunto dei distributori farmaceutici. «In realtà il disappunto è dell’intera filiera. Industria, distributori e farmacisti, con toni e motivazioni differenti, hanno espresso preoccupazione per l’impatto che il provvedimento

266 • DOSSIER • LAZIO 2010

Serve competitività e innovazione La manovra economica prevede tagli in numerosi settori produttivi, generando difficoltà importanti, che si spera verranno col tempo assorbite. Le complicazioni causate dalla recessione finanziaria esigono provvedimenti decisi. Ne parla il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri Simona Cantelmi

potrebbe avere sull’efficienza dell’intero sistema. La manovra finanziaria è la risposta coerente che il governo ha dato a una crisi economica internazionale senza precedenti che chiama l’intero Paese a farsi carico di qualche sacrificio. Credo tuttavia che l’intero comparto farmaceutico debba essere riconsiderato con un nuovo approccio politico che ne rilanci le potenzialità». In che modo? «È noto che questo è un settore strategico dove il trinomio ricerca, innovazione e sviluppo genera documentati benefici per la tutela della salute, per l’occupazione e per l’economia del Paese; com’è altrettanto noto che l’assistenza farmaceutica territoriale si appoggia saldamente su un sistema distributivo moderno e sulla rete capillare delle farmacie che assicura un servizio efficiente. Bisogna tutelare e potenziare questi aspetti. Eppure proprio su questo comparto virtuoso si scaricano troppo spesso i guasti derivanti da inefficienze gestionali e sperperi prodotti in altri settori della sanità. Sosterrò con convinzione un serio e duraturo accordo di fi-

A sinistra, il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri


Luigi D’ambrosio Lettieri

liera che apra una prospettiva di stabilità, premiando la competitività e l’innovazione in un settore a forte valenza etica». Altra questione “calda” riguarda i farmaci generici: fino alla fine di quest’anno ci sarà una riduzione sui prezzi, ma dall’anno prossimo lo Stato non rimborserà più tutti i generici di fascia A, ma solo quattro prodotti per principio attivo. Sarà così? «Dal 2011 il prezzo dei farmaci equivalenti erogati dal Ssn verrà stabilito sulla base di una ricognizione effettuata dall’Aifa sul prezzo vigente nei paesi dell’Unione europea. I nuovi prezzi di rimborso devono produrre complessivamente un risparmio di 600 milioni di euro. Va da sé che l’utente può ottenere il farmaco equivalente più costoso assumendosi l’onere della differenza di prezzo. Così facendo lo Stato garantisce al paziente l’accesso gratuito alla terapia, ma fissa le regole dei

600 mln EURO

Il taglio previsto sulla spesa farmaceutica dalla manovra economica per il 2011 e il 2012

293 PRINCIPI ATTIVI

Nuove entità terapeutiche entrate in commercio nel 2009 in Italia, analoghe in gran parte a farmaci già presenti sul mercato nazionale Fonte: Dialogo sui farmaci

costi. Certamente non si tratta di una norma “indolore”. Prevedo un riequilibrio economico all’interno del sistema con i conseguenti effetti delle logiche di mercato che avanzano. Queste norme spingono in avanti ancora di più il mercato degli equivalenti e credo che ben presto recupereremo le posizioni di primato della Germania». Lei è segretario della XII Commissione permanente Igiene e sanità. Quali sono le prossime iniziative della commissione riguardo al sistema farmaceutico nazionale? «Il provvedimento principale in commissione riguarda il riordino del servizio farmaceutico. L’iter è ormai a buon punto e, conclusa la discussione generale, in settembre avvieremo una breve fase di audizioni per poi passare agli emendamenti. La legge Gasparri-Tomassini, di cui sono relatore, mi sembra una buona base di partenza per ammodernare il settore migliorando ancora di più la capillarità e l’efficienza della rete di assistenza territoriale, le prospettive occupazionali e la competitività su base professionale. È importante ricostruire il trinomio farmaco-farmacistafarmacia e su questo costruire un solido progetto di assistenza basato su criteri di efficienza, economicità ed etica. In questo quadro può prendere corpo la “farmacia dei servizi” quale prezioso presidio socio-sanitario assistenziale del territorio. Altri disegni di legge inerenti al settore farmaceutico presenti in Commissione riguardano i farmaci biosimilari, le medicine non convenzionali e l’erboristeria». LAZIO 2010 • DOSSIER • 267


BIOTECNOLOGIE

La crescita del biotech nel campo della salute

I

l biotech italiano è giovane ma in forte crescita. È un valore sia per le potenzialità terapeutiche, sia come settore industriale d’alto profilo innovativo», mette in evidenza il presidente di Farmaindustria, Sergio Dompé. Se si parla della difficile congiuntura economica, Sergio Dompè fa presente che le imprese del settore devono puntare su «investimenti, internazionalizzazione e innovazione e – continua – solo chi ha pianificato gli investimenti ha maggiori chance di “riprendere la crescita”». Buoni segnali emergono dall’industria del biotech, ma resta aperto il problema del reperimento delle risorse finanziarie sia nella fase di costituzione che di sviluppo. «Per rafforzare la loro capacità di produrre valore e investire nella ricerca è quindi importante intensificare il legame con l’industria del farmaco, attraverso partnership e aumento della capitalizzazione» sottolinea l’esperto. Quali sono le potenzialità e le possibili applicazioni del biotech italiano nell’area della salute? «I farmaci biotech curano già oltre 350 milioni di pazienti in tutto il mondo per patologie

«È in atto una trasformazione della ricerca farmaceutica» spiega il presidente di Farmaindustria, Sergio Dompé. E su questo «il biotech, proprio perché piattaforma tecnologica o di meta-settore, può giocare un ruolo chiave» Nike Giurlani

Il biotech è un’opportunità di sviluppo e crescita nell’area della salute per nuove possibilità di cura e in quella dell’industria agroalimentare per migliorare le prospettive nutrizionali 272 • DOSSIER • LAZIO 2010

come l’anemia, la fibrosi cistica, il deficit della crescita corporea, l’emofilia, la leucemia, il rigetto dei trapianti e alcune forme di tumore. Inoltre, rappresentano anche le principali risposte alle malattie rare, per l’80% d’origine genetica. È in atto una trasformazione della ricerca farmaceutica, sempre più dedicata a cure mirate e specifiche per le esigenze degli individui. E su questo, il biotech, proprio perché piattaforma tecnologica o di meta-settore, può giocare un ruolo chiave. L’Italia conta 197 aziende, per lo più nate tra la fine degli anni 90 e l’inizio del 2000, che investono in R&S il 19% del fatturato, con una pipeline di 233 progetti in sviluppo (144 in fase clinica e 89 in pre-clinica) oltre a 69 molecole in fase discovery. Queste imprese sono localizzate soprattutto in Lombardia, Lazio, Toscana, Piemonte e Sardegna». Cosa rende attrattivo il biotech italiano a livello internazionale? «Risorse umane, altamente qualificate, sono la base per un network d’avanguardia con capacità progettuali diffuse e innovative. Un’area


Sergio Dompé

Il presidente di Farmaindustria, Sergio Dompé

quindi di notevole interesse a livello internazionale. Anche il fatto che gli studi clinici in Italia siano raddoppiati dal 2000 al 2008, in particolare nelle prime fasi di sperimentazione, rappresenta un elemento d’attrattività del sistema nel suo complesso. Il nostro Paese, inoltre, secondo uno studio del Cerm, ha la più alta incidenza di pubblicazioni sulle malattie rare sul totale delle Scienze della Vita (10,4% tra il 2000 e il 2008) rispetto a Giappone (9%), Francia (8,6%) e Germania (8,3%). Nonostante una partenza in ritardo rispetto ad altri Paesi, emerge, quindi, che, per le imprese il cui core business è il biotech, l’Italia ha per addetto un fatturato e investimenti in R&S superiori alla media di Danimarca, Francia, Olanda, Regno Unito e Svezia». Quali sono le strategie anti-crisi adottate dalle aziende biotech? «Investimenti, internazionalizzazione e innovazione: su questo le imprese devono puntare per sostenere la crisi globale. Obiettivi che, trovano conferma, anche nell’ultima relazione annuale della Banca d’Italia sull’andamento dell’economia italiana. Solo chi ha pianificato gli investimenti ha maggiori chance di “riprendere la crescita”. Le imprese biotech, negli ultimi dieci anni, sono andate proprio in questa direzione. Una spinta all’eccellenza che ha generato un network di “conoscenze”. Come dimostra un’indagine sui principali Gruppi farmaceutici, pubblicata su una rivista scientifica internazionale, tra le fonti più efficienti d’innovazione per il futuro ci sono l’outsourcing tramite partnership di ricerca (41%), le acquisizioni d’imprese biotech (39%) e la ricerca svolta internamente (20%)». Quali sono le criticità per l’industria biotech?

«Il reperimento di risorse finanziarie è uno dei problemi principali per le aziende del settore, sia nella fase di costituzione sia nella fase di sviluppo, soprattutto in Italia dove il capitale di rischio e il venture capital sono merce rara. Per rafforzare la loro capacità di produrre valore e investire nella ricerca è quindi importante intensificare il legame con l’industria del farmaco, attraverso partnership e aumento della capitalizzazione». C’è quindi uno stretto legame con le imprese del farmaco? «Certamente. Le tecnologie permettono di esplorare percorsi scientifici d’avanguardia, mentre le aziende offrono competenze, risorse e strutture necessarie per lo sviluppo delle molecole e il know-how in grado di rendere disponibili nuove terapie. L’aumento degli investimenti richiesti e della complessità dei progetti di R&S ha determinato una maggiore specializzazione del lavoro innovativo e sono cresciuti così gli accordi tra le imprese delle due aree. Una tendenza confermata anche da uno studio Ernst & Young sulle biotecnologie condotto a livello mondiale. Dal 2000 al 2008 si è quadruplicato il valore potenziale delle alleanze fra le aziende farmaceutiche e quelle biotech». L’opinione pubblica europea e italiana vede ancora con sospetto le applicazioni delle biotech nell’area salute e nell’agroalimentare. Quanto i pregiudizi condizionano lo sviluppo di questo settore? «Il biotech è un’opportunità di sviluppo e crescita nell’area della salute, per nuove possibilità di cura, e dell’industria agroalimentare, per migliorare le prospettive nutrizionali. Un confronto costruttivo in favore dell’innovazione e del progresso è possibile. È necessario però accantonare filtri ideologici “liberando” la capacità competitiva dell’Italia a livello internazionale. È tempo di guardare al futuro». LAZIO 2010 • DOSSIER • 273


ONCOLOGIA

Diagnostica e Dna le armi anti tumore Vaccinazione. Farmaci. Radioterapia. Le cure chirurgiche e mediche hanno raggiunto buoni livelli di efficacia, ma nei prossimi anni per ridurre la mortalità bisognerà soprattutto anticipare la diagnosi. Ricorrendo sempre più allo studio del Dna. Lo sottolinea l’oncologo Umberto Veronesi Francesca Druidi

L

a mortalità per cancro ha iniziato a diminuire negli anni 90 grazie alla prevenzione e alla diagnosi precoce e il trend sta continuando dal 2000, come dimostrano in modo pressoché concorde tutte le statistiche mondiali. Per questo, l’anticipazione diagnostica è stata la parola d’ordine lanciata il 7 giugno scorso all’edizione 2010 dello Ieo Day, l’appuntamento annuale promosso dall’Istituto europeo di oncologia che aggiorna le nuove prospettive sulla cura dei tumori. «Sono convinto – dichiara il direttore scientifico dello Ieo, Umberto Veronesi – che per il tumore del seno siamo vicini a un Sopra, Umberto traguardo di mortalità zero. Veronesi, direttore Questo grazie all’anticipascientifico dell’Istituto zione diagnostica: abbiamo europeo di oncologia calcolato che a ogni millimetro in meno di diametro del tumore corrisponde un aumento della possibilità di guarigione dell’1%». Quali sono i progressi più significativi che stanno modificando il concetto di cura del cancro? «Le evoluzioni ottenute nella cura del cancro sono state determinate da due fondamentali 274 • DOSSIER • LAZIO 2010

rivoluzioni, che hanno cambiato il volto di tutta la medicina. Innanzitutto, la diagnostica per immagini, che ci ha condotto a esplorare virtualmente e con estrema precisione ogni millimetro del nostro corpo per visualizzare le lesioni microscopiche che, solo pochi anni fa, neppure immaginavamo esistessero. Intervenire su queste forme iniziali o addirittura precancerose, consentendo interventi sempre più mirati e meno invasivi, equivale a guarire la malattia nella grande maggioranza dei casi. L’ultima frontiera è oggi costituita dall’imaging molecolare o biomolecolare, la tecnologia radiologica che permette di “vedere” l’attività delle singole cellule e addirittura dei loro geni, e dunque di studiare non solo la morfologia ma anche le funzioni o disfunzioni di un organo o di un tessuto del nostro corpo e la sua reazione a farmaci o radiazioni. L’imaging molecolare consente, infatti, di valutare la risposta alla terapia, farmacologica o radiante, e quindi di sapere se una cura serve vera- PROSTATA mente per quel tipo di tumore, evitando tratPercentuale di carcinomi prostatici tamenti inutili». diagnosticati in fase La seconda rivoluzione, invece? iniziale nel 2010 rispetto al 12% «È quella derivata dallo studio del Dna. La di tumori diffusi. conoscenza genomica ci sta infatti permetNel 1970, questo rapporto era tendo di capire meglio a livello molecolare la pressoché invertito malattia. Grazie a queste informazioni, stiamo ottenendo una conoscenza sempre più approfondita del singolo tumore che, in

88%


Umberto Veronesi

molti casi, già oggi ci consente di utilizzare al meglio l’arsenale terapeutico contro le sue unicità e specificità nel singolo organismo. Attraverso il perfezionamento della conoscenza del profilo genetico individuale possiamo anche definire in modo più preciso la popolazione a rischio e dare un nuovo impulso alla farmacoprevenzione. Parallelamente alla possibilità di anticipare la diagnosi, si sta affermando anche una chirurgia sempre meno invasiva e in grado di guarire di più, intervenendo a stadi iniziali e con grande precisione. Questo in particolare grazie ai recenti sviluppi della chirurgia robotica, che riduce il peso sia fisico che psicologico degli interventi, consentendo il trattamento mini invasivo di alcuni tumori urologici, ginecologici, gastrointestinali e polmonari. Allo stesso modo, si sono sviluppate una radioterapia sempre più mirata e con nuove particelle, come gli adroni, capaci di curare tumori situati in profondità, e tecniche di medicina nucleare per portare isotopi radioattivi direttamente sull’area malata». Lo studio condotto dallo Ieo sui tumori al seno di diametro inferiore al centimetro

ha individuato il collegamento tra l’insorgere di recidive e la presenza del recettore Her2. Cosa cambia con questa ricerca? «I risultati dello studio, che dimostra come il rischio di recidiva locale sia superiore se sulla membrana delle cellule tumorali è presente il recettore Her2, forniscono due informazioni fondamentali: la sopravvivenza non cambia sostanzialmente tra chi ha e chi non ha Her2 espresso. Le donne che hanno Her2 espresso mostrano, invece, un rischio maggiore di recidiva locale, un evento comunque curabile. Per loro, infatti, la ricerca ha messo recentemente a disposizione un farmaco intelligente,

In basso, il sistema di robot chirurgico Da Vinci utilizzato allo Ieo; nella pagina accanto, il robot chirurgico in azione

LAZIO 2010 • DOSSIER • 275


ONCOLOGIA

l’Herceptin, in grado di dimezzare il rischio

di recidiva. Questo farmaco era riservato finora ai casi di tumore superiori al centimetro. Si tratta ora di scegliere fra due strade: o si somministra l’Herceptin in tutti i casi di tumore Her2 positivo e superiore ai 5 mm, una soluzione proposta dagli americani dell’istituto MD Anderson Cancer Center che ha realizzato uno studio analogo a quello dello Ieo, oppure si decide caso per caso, in base alla situazione di ogni paziente e traendo un bilanDall’alto, una mammografia e cio fra rischio e beneficio inun’ecografia al seno dividuale, che è la strategia per cui propendiamo noi italiani. Abbiamo comunque un’opzione terapeutica in più da offrire e discutere con la paziente». La vaccinazione contro il papillomavirus (Hpv) rappresenta una svolta nella lotta ai tumori. Qual è la sua efficacia allo stato attuale? «Si tratta di una grandissima innovazione nella prevenzione dei tumori, anche se la verifica dei suoi effetti su larga scala richiede almeno il tempo di una generazione. Tutti i dati e l’esperienza clinica ci inducono però a pensare che il vaccino contro l’Hpv sia veramente una rivoluzione che permetterà in futuro di ridurre al minimo il tumore del collo dell’utero. L’età a rischio per contrarre il virus dell’Hpv si colloca all’inizio dell’attività sessuale e, sulla base delle stime, raggiunge il suo picco tra i 20 e i 30 anni, dopodiché diminuisce. Il massimo del beneficio del vaccino, che protegge dal tumore in una percentuale valutata intorno all’80%, quindi pressoché totale, è dunque per le giovani che non hanno ancora avuto rapporti e di conseguenza non sono state esposte al rischio di contagio. Ecco perché il ministero ha dispo-

276 • DOSSIER • LAZIO 2010

37% SENO

Per il tumore del seno la mortalità è diminuita del 37% tra il 1990 e il 2005. Il numero di nuovi casi ha iniziato a diminuire per la prima volta nel 1998, sebbene molto lentamente (-0,6 all’anno)

sto che il vaccino possa essere distribuito alle ragazze fino ai 26 anni. Se è vero che nelle donne che hanno già avuto rapporti l’efficacia del vaccino è minore, non esiste tuttavia alcuna controindicazione assoluta. Inoltre, la vaccinazione Hpv permette di prevenire la comparsa di tumori o anche solo di Pap-test falsamente positivi in una grossa percentuale di donne, laddove né il Pap test né l’Hpv test possono garantire l’assoluta certezza». Sono previsti effetti collaterali di rilievo per questo vaccino?


Umberto Veronesi

A sinistra, un’immagine di Mycoplasma mycoides JCVI-syn1.0 di Venter ottenuta mediante microscopio elettronico a trasmissione (ph: Tom Deerinck e Mark Ellisman del National Center for Microscopy and Imaging Research); sotto, un momento della vaccinazione contro il papillomavirus

«No, i dati finora raccolti depongono per un’estrema sicurezza del vaccino; nel mondo si è arrivati a circa 40 milioni di dosi effettuate. L’unica limitazione al suo utilizzo è l’età, oltre alla gravidanza o l’allergia alle sue componenti. Se sull’efficacia della vaccinazione in sé non ci sono dubbi, ciò che non si conosce ancora bene, perché manca ancora la necessaria esperienza vista la novità assoluta, è l’effetto a lungo termine cioè se l’effetto protettivo di una vaccinazione eseguita nell’adolescenza può protrarsi fino a 30-40 anni o più. È possibile che si debbano fare dei richiami».

Tutti i dati e l’esperienza clinica ci inducono a pensare che il vaccino contro il papillomavirus sia veramente una rivoluzione che permetterà in futuro di ridurre il tumore del collo dell’utero

Quali sono gli scenari più concreti aperti dal lavoro di Venter sulla vita artificiale? «Senza dubbio il Dna sintetico creato da Venter rappresenta una grande conquista per l’intelletto umano, tuttavia nel concreto gli effetti non saranno né immediati né rivoluzionari. Il perché ce lo spiega la scienza stessa, che ci ha svelato che il Dna è all’origine della vita, ogni forma di vita, ma da solo è impotente. Per questo il cromosoma sintetico di Venter è inserito in una cellula vivente. Ma il trasferimento di Dna da un organismo all’altro non è una novità. Oggi già trasferiamo geni da un organismo all’altro, scomponiamo e rimettiamo insieme frammenti di Dna e già possiamo ottenere nuove sostanze e organismi, farmaci e vaccini. Nella nuova impresa di Venter, la particolarità è che è stato tolto il Dna originario di una cellula per metterne uno costruito in laboratorio grazie all’applicazione dei sistemi informatici. La grande implicazione immediata sarà quindi un’esplosione della ricerca sul Dna in grado di ampliarne enormemente le sue possibilità. I primi nuovi risultati si vedranno probabilmente sull’ambiente. Per esempio, si può immaginare la costruzione in laboratorio di un organismo in grado di “ripulire” l’oceano dal petrolio, come è stato prospettato. Il grande tema della vita artificiale è, oltre che scientifico, soprattutto filosofico e ideologico: stiamo parlando, per la prima volta nella storia, della possibilità di costruire la vita umana e questo ci impone di meditare sui nostri valori e di riflettere su come l’umanità può utilizzare i risultati della scienza a suo pieno vantaggio. La scienza avanza velocemente e la cultura resta indietro. La prima cosa da fare è dunque combattere la mistificazione e l’ignoranza che crea false paure e false euforie». LAZIO 2010 • DOSSIER • 277


CURE DOMICILIARI

Assistenza domiciliare, una rete da potenziare Migliorare l’informazione e garantire il servizio ventiquattro ore su ventiquattro. Di questo, secondo Giuseppe Scaramuzza, vicepresidente e segretario regionale Lazio di Cittadinanzattiva, avrebbe bisogno il sistema dell’assistenza domiciliare. Che, se reso efficiente, concilia risparmio e umanità Michela Evangelisti

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Giuseppe Scaramuzza, vicepresidente e segretario regionale Lazio di Cittadinanzattiva

na sanità regionale nella quale convivono eccellenze e insufficienze, con una rete ospedaliera di primo livello, soprattutto in alcune zone della regione, ma anche un sistema di sanità territoriale ancora troppo debole, che costringe il cittadino a cavarsela da solo una volta uscito dall’ospedale. Questo il quadro tracciato dal II Rapporto Audit civico del Lazio, realizzato da Cittadinanzattiva Tribunale per i diritti del malato in collaborazione con la Regione Lazio, e presentato a luglio a Roma. Il sistema delle cure domiciliari è da sempre oggetto della massima attenzione da parte di Cittadinanzattiva. Quali sono i canali che utilizzate per avere un quadro completo e aggiornato della situazione? «Periodicamente intervistiamo sia operatori delle varie Asl sia cittadini e familiari di cittadini che usufruiscono dell’assistenza domiciliare. Molte volte sono gli utenti stessi che ci contattano, per segnalarci problemi e difficoltà, ma anche, anzi soprattutto, per ottenere maggiori informazioni sul servizio. Spesso non sanno come muoversi per attivare l’assistenza domiciliare integrata». Quindi il momento dell’accesso al servizio già costituisce un nodo problematico? «Sì, perché il più delle volte i cittadini

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non sanno quando ne hanno diritto, per quali malattie, e soprattutto non capiscono a chi devono rivolgersi per l’attivazione. Sarebbe compito dei medici di famiglia indirizzare i pazienti, ma non sempre svolgono come si deve la loro funzione di tramite». Anziani, malati cronici, disabili: quali vantaggi trarrebbero da un potenziamento dell’assistenza domiciliare? «Un’assistenza domiciliare che funziona comporta innanzitutto un notevole risparmio per le famiglie che non possono contare su una rete di aiuto e sono costrette a ricorrere alla badante o comunque a personale a pagamento. Ma il risparmio interessa anche il sistema sanitario pubblico, visto che ultimamente si fa un gran parlare della necessità di tagli. Spesso i cittadini vanno inutilmente all’ospedale, per cure che potrebbero essere loro tranquillamente somministrate tra le quattro mura di casa. Oltre al risparmio, poi, sono indubbi i vantaggi per quanto riguarda il lato umano: l’assistenza domiciliare, infatti, travalica il sanitario e abbraccia anche il sociale. Si tratta di un sistema di welfare molto più vicino alle persone e alle famiglie». Cittadinanzattiva sta promuovendo un progetto finalizzato a mettere a punto tre raccomandazioni civiche regionali per migliorare la qualità dell’Adi. Di cosa si tratta esattamente e quali obiettivi si prefigge?


Giuseppe Scaramuzza

ASSISTENZA DOMICILIARE, PER LA REGIONE UN IMPEGNO PRIMARIO a governatrice del Lazio, Renata Polverini, impegnata nel progetto di riforma della sanità regionale, ha risposto alla presentazione del Rapporto Audit civico del Lazio realizzato da Cittadinanzattiva - Tribunale per i diritti del malato sottolineando che in regione l’aria è cambiata, e chiedendo spirito di collaborazione e sacrifici per centrare l’obiettivo primario, ovvero l’efficienza e l’accessibilità del sistema sanitario. E un aiuto all’assistenza domiciliare può venire, secondo il presidente, dalla telemedicina, che sta pensando di implementare. «Si tratta di un progetto ambizioso ma che è anche facilmente realizzabile

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– afferma Renata Polverini –. Ci sono già strutture che mettono la telemedicina a disposizione dei malati. È un regalo per i malati e ha un impatto irrisorio per la Regione rispetto a quanto costa seguire un paziente in ospedale». Parlando del dramma che vivono i malati oncologici insieme alle loro famiglie, Polverini ha spiegato che «spesso ci sono malati oncologici che continuano il loro decorso in ospedale semplicemente perché non c’è un'organizzazione che consenta di mandare medici e infermieri a casa o magari di assistere i familiari con strumenti che oggi l’informatica mette a disposizione».

Renata Polverini, Presidente della Regione Lazio

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CURE DOMICILIARI

Puntando su una serie di attori, che vanno dal medico di famiglia all’infermiere, crediamo si possa andare verso un miglioramento del servizio

«La raccomandazione civica è un metodo che malati di Alzheimer, che soffrono di una caspesso utilizziamo per difendere e promuovere i diritti sanitari dei cittadini. Dopo aver raccolto dati attraverso tavoli di confronto attorno ai quali si siedono tutti i soggetti coinvolti (medici di famiglia, utenti, operatori sociali), presentiamo alle istituzioni le nostre raccomandazioni, che suggeriscono le priorità da affrontare secondo il punto di vista del cittadino». Recentemente ha definito l’assistenza domiciliare come la vera emergenza regionale del Lazio in campo sanitario. Dall’ultimo rapporto Adi realizzato da Cittadinanzattiva emergono in effetti alcuni punti forti ma anche tante criticità. Quali sono i nodi problematici e quali le strategie da adottare? «I problemi più grossi per i cittadini si presentano nelle ore notturne e durante i fine settimana, quando o metti mano al portafoglio o non hai assistenza. Una categoria particolarmente in difficoltà, ad esempio, è quella dei

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renza cronica di posti letto. Ad assisterli ci pensano i centri diurni, che però, ovviamente, li lasciano scoperti di notte e nei giorni festivi. Puntando su una serie di attori, che vanno dal medico di famiglia all’infermiere, crediamo si possa andare verso un miglioramento del servizio. Il ruolo del personale paramedico, in particolare, andrebbe potenziato e valorizzato, e gli infermieri dovrebbero diventare sempre meno figure ospedaliere e sempre più figure familiari. Ma, come abbiamo evidenziato nell’ultimo rapporto presentato a luglio, le carenze riguardano non solo l’assistenza domiciliare ma la medicina territoriale in generale, sulla quale bisognerebbe investire. Ad esempio i numeri dei codici bianchi nei grandi ospedali sono elevatissimi; tutte queste persone che intasano i pronto soccorsi, ostacolando gli interventi più seri, potrebbero essere curate in un poliambulatorio attrezzato che garantisca il servizio ventiquattro ore su ventiquattro».



CURE DOMICILIARI

Fare rete, il segreto di un’assistenza efficace Affinché l’assistenza domiciliare funzioni c’è bisogno di una riorganizzazione del sistema. Servono regole, sinergie tra gli attori del territorio e professionalità. È il parere autorevole di Giuseppe Milanese, presidente di Federazione Sanità Confcooperative e di Osa, Operatori sanitari associati Michela Evangelisti

L Giuseppe Milanese, presidente di Osa

a cooperativa sociale e di lavoro Osa è nata a Roma nel 1985 su iniziativa di un gruppo di medici, psicologi e assistenti sociali. Le sue attività sono finalizzate alla ricerca, all’informazione, alla prevenzione e all’assistenza nel campo socio-sanitario. Una federazione che lavora dentro le strutture sanitarie, negli ospedali, nelle residenze per anziani e nelle case delle persone, e che quindi ha ben presenti le esigenze e le difficoltà di chi ha bisogno di assistenza ogni giorno. Quali vantaggi derivano dall’assistenza domiciliare, soprattutto per anziani, malati cronici, disabili? «Sono tutte persone che possono avvalersi utilmente di un’assistenza qualificata, che porti le professionalità e i servizi sin nelle case, evitando ai pazienti spostamenti inutili e consentendo un supporto anche nelle fasi terminali di malattia. I vantaggi in termini di qualità della vita e anche, come dimostrato sulle persone con Aids, di sopravvivenza, sono evidenti e descritti in letteratura. Il sistema sanitario ha, dal canto suo, vantaggi in termini di ridu-

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zione di costi». L’assistenza domiciliare è la vera emergenza regionale in campo sanitario? Quali sono le criticità e i punti di forza dell'assistenza domiciliare dai voi rilevati sul territorio? «É un’emergenza non solo nel Lazio, ma in tutta Italia, visti i dati recenti che pongono il nostro Paese agli ultimi posti in Europa. Nel Lazio molte Asl hanno attivato i servizi di Adi, ma manca ancora una regia unica e una rete fra i vari attori dell’assistenza, per cui molte volte la presenza di questi servizi non è percepita come una reale presa in carico complementare ai servizi ospedalieri. In una parola, si spende male. Bisogna realizzare una vera integrazione fra Regione e Comuni, entrambi erogatori di servizi parcellizzati, non utili ai cittadini. Infine, bisogna definire le regole, per chi produrre questi servizi, quali tipologie di servizio proporre e come. Insomma, occorre definire una volta per tutte dei requisiti di accreditamento che gli erogatori devono avere e delle modalità di erogazione, comprese quelle di controllo da parte dell’ente pubblico». Tra le vostre missioni quella di sviluppare


Giuseppe Milanese

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Manca ancora una regia unica e una rete fra i vari attori dell’assistenza, per cui molte volte la presenza di questi servizi non è percepita come una reale presa in carico complementare ai servizi ospedalieri

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forme di integrazione tra il servizio pubblico e quello privato. Quali strategie e linee guida seguite? «Innanzitutto creare una vera sinergia fra gli attori del cosiddetto territorio: medici di famiglia, farmacie, cooperative di assistenza domiciliare e mutue e fondi integrativi. La nostra federazione nasce per questo. Poi realizzare servizi complementari a quelli ospedalieri, garantendo finalmente la realizzazione di percorsi di continuità assistenziale ospedale-territorio di cui si parla da troppi anni». Vi occupate anche di formazione. Quanto pesa la preparazione degli addetti sulla qualità del servizio assistenziale? C'è carenza di personale specializzato nel Lazio? «É indubbiamente un settore nuovo, in cui ci vorranno professionalità e anche vocazioni

nuove. È estremamente differente assistere in casa e in ospedale, cambiano completamente le logiche di approccio, anche dal punto di vista professionale. Occorre formazione specifica e valorizzazione di chi ha queste competenze. Nella nostra regione il terzo settore è ricco di queste professionalità, che devono essere messe in rete e in grado di creare sistema. Ripeto che non è un problema di risorse, basterebbero quelle già impegnate, è invece un problema di cambiamento radicale di sistema. In tutto ciò anche per le nuove generazioni si aprirebbero spazi professionali importanti e le università potrebbero giocare un ruolo rilevante. Basti pensare che ancora oggi in sei anni di corso di laurea in medicina non è prevista alcuna formazione specifica su questo delicato argomento». LAZIO 2010 • DOSSIER • 283


MEDICINA RIGENERATIVA

i definisce “rigenerativa” quella branca della medicina che ha lo scopo di stimolare le risorse naturali dell’organismo per rigenerare i tessuti danneggiati da malattie, traumi o dal semplice invecchiamento. Grazie agli straordinari progressi registrati dalla ricerca medicoscientifica oggi «la medicina rigenerativa, e quindi le terapie cellulari sono ormai scientificamente supportate e del tutto consolidate ma devono essere eseguite da professionisti che utilizzano presidi medicali certificati e dedicati». Kama Levi, portavoce della seconda generazione della Levi Medical, nonché amministratore unico dell’azienda fondata dal padre nel 1969, insieme alla dottoressa Laura Rehak, product manager e responsabile della gestione del background scientifico di tutte le linee biologiche fornite dalla Levi Medical, descrivono l’importanza della ricerca e dell’investimento nel mercato della “bioingegneria per la vita”. «Siamo alla ricerca costante di nuovi prodotti biotecnologici e di apparecchiature medicali all’avanguardia. Per questo frequentiamo le grandi fiere e i congressi internazionali e, una volta individuata la novità, contattiamo l’azienda produttrice per rappresentarla in Italia e distribuirne il prodotto su tutto il territorio, proponendolo al mercato medico italiano, sia al pubblico che al privato». La Levi Medical da sempre investe soprattutto nell’ambito della cardiochirurgia e della chirurgia vascolare, «negli ultimi 10 anni abbiamo immesso sul mercato prodotti biologici, di ingegneria tissutale e nuove biotecnologie riguardanti in particolare la chirurgia e la medicina rigenerativa – afferma l’amministratrice – quindi le terapie cellulari eseguibili con concentrati cellulari piastrinici e concentrati midollari di cellule staminali». Ciò ha allargato il campo d’azione di Levi Medical dalla cardiochirurgia alla chirurgia

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Le nuove frontiere della biotecnologia Dalla cardiochirurgia alla chirurgia plastica ed estetica. Dall’ortopedia alla medicina dello sport. Il mercato delle biotecnologie continua a espandersi anche fuori dalle sale operatorie. Kama Levi e Laura Rehak descrivono i vantaggi della medicina rigenerativa Adriana Zuccaro

Da sinistra, Kama Levi e la dottoressa Laura Rehak, rispettivamente amministratore unico e product manager della Levi Medical di Roma, società in espansione nel mercato delle biotecnologie www.levimedical.com


Biotecnologie

❝ plastica ricostruttiva ed estetica, dalla chirurgia ortopedica alla specifica medicina dello sport. «Dal 2004 forniamo un prodotto con un campo d’utilizzo molto ampio che viene giornalmente utilizzato nelle sale operatorie di ortopedia, cardiochirurgia, ulcere e ustioni – rivela la dottoressa Rehak –. Mi riferisco al PRP, plasma ricco di piastrine, prodotto con sistema certificato per uso terapeutico». Il PRP ha due campi di applicazione diretti al paziente molto importanti. Di fatto, in chirurgia estetica, il PRP si sostituisce alle classiche “punturine” antinvecchiamento, perché «grazie al kit MyCells – spiega la dottoressa Rehak –, partendo dal prelievo di una piccola quantità di sangue del paziente, dopo aver centrifugato la provetta dedicata, si reiniettano le cellule del paziente che stimolano la rigenerazione cellulare e che, di conseguenza, conferiscono alla zona corporea trattata il ricercato effetto di ringiovanimento». Il PRP è un concentrato piastrinico autologo puro, quindi composto da sole cellule del paziente, molto efficace anche in medicina dello sport se infiltrato nelle articolazioni per pro-

Il PRP MyCells è un concentrato piastrinico autologo puro, quindi composto da sole cellule del paziente, molto efficace sia in medicina estetica che in medicina dello sport

blemi di degenerazione articolare, come ad esempio in caso di artrosi, o nei tendini o muscoli lesionati da traumi sportivi. «In sala operatoria il PRP si usa da dieci anni ma solo adesso è arrivato al pubblico – spiega Levi –. I vantaggi sono enormi innanzitutto perché, essendo composto da cellule del paziente destinatario, non prevede nessuna possibilità di allergie, interazioni, rigetti. È un vero e proprio “acceleratore di guarigione” perché anche su una qualsiasi ferita chirurgica ha un veloce effetto cicatrizzante e garantisce sorprendenti risultati anche estetici». Quale sarà allora lo step successivo? «In medicina rigenerativa oggi il PRP si usa quotidianamente e si sta già diffondendo, in particolare in ortopedia e chirurgia plastica ricostruttiva, l’uso delle cellule staminali da midollo e da grasso anche in combinazione con il PRP – annuncia la dottoressa Rehak – ciò amplierà ulteriormente i campi di applicazione e le indicazioni d’uso. Il prossimo step per raggiungere l’obiettivo cui la Levi Medical lavora da sempre, sarà puntare ancora con più forza sull’espansione del mercato delle biotecnologie per garantire ai pazienti la possibilità di servirsi di un’alternativa terapeutica innovativa e sicura al 100%».

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NEOPLASIE DELLA PROSTATA

Ultrasuoni contro il carcinoma prostatico Minore invasività per una maggiore qualità della vita. È la strategia delle nuove tecniche di trattamento per la cura delle neoplasie della prostata. Tra queste spicca l’impiego degli ultrasuoni focalizzati. Il punto di Sergio Pontecorvi Ezio Petrillo

a prevenzione, innanzitutto. A partire dai 50 anni, ogni uomo dovrebbe sottoporsi a visite specialistiche di controllo della prostata presso il proprio urologo di fiducia. «Confrontarsi con l’urologo è fondamentale per capire quale sia il corretto stile di vita e, nei casi più sfortunati, conoscere il percorso terapeutico più idoneo e valutare il trattamento migliore tenuto conto delle esigenze di guarigione e di mantenimento della qualità di vita». A parlare è Sergio Pontecorvi, amministratore delegato della Edap Technomed Italia, che ci introduce alla più recente tecnica degli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità per la cura del cancro della prostata. L’impiego degli ultrasuoni focalizzati come agisce sul trattamento delle neoplasie della prostata? «Il trattamento con H.i.f.u oggi non si pone come alternativa alla chirurgia e alla sue indicazioni specifiche e consolidate ma è un nuovo e valido strumento nelle mani dell’urologo con il quale è possibile dare una risposta alle esigenze di quei pazienti non suscettibili di intervento chirurgico o che lo rifiutano. Gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità (H.i.f.u) causano un aumento immediato di temperatura (85 – 90 C°) nel punto della prostata in cui vengono indirizzati, un po’ come avviene, ad esempio, con una lente di ingrandimento utilizzata per focalizzare i raggi solari su un pezzo di carta per bruciarla.

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L’applicazione avviene tramite una speciale sonda trans-rettale del tutto simile alle normali sonde ecografiche. L’aumento di temperatura provoca la distruzione del tessuto prostatico che si trova nel punto in cui gli ultrasuoni vengono precisamente focalizzati. La distruzione dei tessuti trattati con H.i.f.u avviene per necrosi coagulativa». L’apparecchio robotizzato “Ablatherm H.I.F.U.” come ha migliorato la cura del carcinoma prostatico? «Ablatherm H.i.f.u è l’unica apparecchiatura che gestisce il trattamento del cancro della prostata con precisione millimetrica. Essendo mini-invasivo, non prevede l’intervento chirurgico, né l’utilizzo di radiazioni. Viene effettuato in anestesia spinale in un’unica


Nuovi trattamenti

50 ANNI

È l’età in cui gli uomini devono iniziare a sottoporsi a visite specialistiche

220 CENTRI

È la diffusione dell’apparecchio Ablatherm Hifu nei centri medici specialistici di tutta Europa

43 mila MALATI

È la cifra di coloro che ogni anno, in Italia, si ammalano di tumore alla prostata

seduta di norma della durata non superiore alle due ore mentre il paziente può alimentarsi normalmente e camminare dopo circa cinque ore dall’intervento e lasciare la struttura ospedaliera già il giorno successivo». Come incide, tale innovazione sulle possibilità di guarigione? «Oggi le terapie tradizionali per il trattamento del cancro della prostata sono rappresentate dall’intervento chirurgico e dalla radioterapia. Nonostante la più recente introduzione del trattamento H.i.f.u rispetto alle terapie sopra indicate, i risultati scientifici pubblicati su importanti riviste medico-scientifiche internazionali, dimostrano la sua efficacia clinica pienamente comparabile con la radioterapia e non inferiore alla chirurgia, nell’ambito delle specifiche indicazioni, mentre gli effetti collaterali appaiono inferiori. La terapia H.i.f.u trova inoltre eccellenti indicazioni come trattamento di salvataggio nei casi di ripresa di malattia dopo radioterapia e nelle recidive locali post-

A sinistra, chirurgiche». Sergio Pontecorvi, Tra le apparecchiature amministratore delegato elettromedicali proposte, di Edap Technomed Italia il trattamento della cal- sergio.pontecorvi@edap-tms.it colosi delle vie urinarie e biliari può avvenire tramite litotrissia extracorporea. Può descriverci questa tecnica? «La nostra Società si occupa da oltre trent’anni della ricerca, sviluppo e commercializzazione a livello internazionale di apparecchiature elettromedicali che utilizzano ultrasuoni terapeutici. Oltre ad Ablatherm H.I.F.U. rientrano in tale categoria i Litotritori Extracorporei. La litotrissia extracorporea rappresenta il trattamento elettivo della calcolosi delle vie urinarie mentre trova un impiego minore nel trattamento della calcolosi delle vie biliari a causa della difficile eliminazione dei frammenti. La frammentazione dei calcoli è prodotta da particolari agenti fisici, le onde d’urto, che vengono dirette sul calcolo da appositi applicatori. L’individuazione dei calcoli e il relativo “puntamento” possono avvenire eco-graficamente o radiologicamente. I nostri litotritori Sonolith, prodotti in collaborazione con l'Istituto Francese della Salute e della Ricerca Medica (Inserm), si caratterizzano per la più elevata automazione e per l’alta efficacia». Quali saranno le prossime frontiere della ricerca medica e tecnologica? «È indubbia la tendenza da parte della comunità medico-scientifica di proporre protocolli terapeutici, chirurgici e non, sempre meno invasivi, nell’ottica di offrire migliori risultati clinici e qualità di vita ai pazienti. Negli ultimi anni è in costante aumento l’interesse della comunità scientifica per i cosiddetti “trattamenti focali” del cancro della prostata in analogia con quanto è accaduto negli anni passati per il cancro al seno. Con tale termine si intende il trattamento di una zona della prostata selezionata dal medico. Tale area può essere più o meno estesa. In quest’ottica l’H.i.f.u rappresenta, senza alcun dubbio, il trattamento focale per eccellenza».

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