Dossier Fruili 12 2010

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OSSIER FRIULI VENEZIA GIULIA EDITORIALE ..............................................13 Raffaele Costa

L’INTERVENTO.........................................15 Diana Bracco Ferruccio Dardanello

LA REGIONE IN CIFRE...........................20 Le eccellenze del 2010

PRIMO PIANO IN COPERTINA......................................22 Alessandro Calligaris SVILUPPO ECONOMICO ...................28 Federica Seganti Giusto Maurig IL PUNTO................................................36 Renzo Tondo LAVORO..................................................40 Maurizio Sacconi Pietro Ichino Franco Toffoletto Antonio Mastrapasqua IL MODELLO FIAT ..............................44 Sergio Marchionne

BIPOLARISMO .....................................58 Maurizio Lupi IL PAESE E LA POLITICA ................62 Bruno Vespa

ECONOMIA E FINANZA IMPRENDITORI DELL’ANNO .........66 Giuliano Macripò Mario Martin Giuseppe Coral e Renzo Pavan Gustavo Bomben Andrea Lazzarini Antonio Spizzamiglio Oscar Gobbo Gianfranco Ros Rino di Fant Tiziano Vendrame Franco Treglia Marco e Valentino Zuzzi Tarcisio e Luigi Durante Doriano Forza GESTIONE DEL PERSONALE........98 Massimo Iesu RIFORMA FISCALE ..........................102 Claudio Siciliotti SCENARI...............................................108 Enrico Giovannini EXPORT..................................................112 Umberto Vattani FORMAZIONE ......................................116 Giuseppe Morandini CONFINDUSTRIA ..............................119 Adriano Luci Maurizio Cini INNOVAZIONE ....................................126 Luciano Maiani Franco Bernabè Giancarlo Michellone DIGITALIZZAZIONE..........................136 Roberto Molinaro Valter Santarossa POLITICHE AGRICOLE ...................144

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Claudio Violino STRADE DEL VINO...........................146 Roberto Fornasir Raffaella Nardini SOCIETÀ ...............................................156 Giuseppe Roma TRASPARENZA .................................160 Massimiliano Dona SERVIZI PUBBLICI LOCALI..........164 Giulio Napolitano

TERRITORIO INFRASTRUTTURE ..........................166 Roberto Dipiazza SISTEMA PORTUALE ......................170 Claudio Boniciolli PORDENONE.......................................174 Sergio Bolzonello RETE AEROPORTUALE ..................176 Mario Valducci TECNOLOGIE PER IL TERRITORIO ........................180 Fausto Schneider


Sommario IMPERMEABILIZZAZIONI..............182 Donato Pozzi EDILIZIA................................................184 Paolo Buzzetti RIFLESSIONI.......................................186 Renzo Piano RECUPERO ARCHITETTONICO ...........................190 Riccardo Del Pup SPAZI COMMERCIALI.....................192 Marco Taurian QUALITÀ DELL’ARIA .......................194 Elena Borean IMPRENDITORI DELL’ANNO .......196 Alex Modonutti Paolo Puntini

AMBIENTE FOCUS ENERGIA .............................200 Stefania Prestigiacomo Stefano Saglia, Giovanni Lelli Piero Gnudi Chicco Testa Umberto Veronesi

IMPRENDITORI DELL’ANNO........218 A&T2000 Luca Coin Carlo Alberto Masoli Simone Nazzi

DIRITTO FALLIMENTARE ............248 Carlo Federico Grosso

ENERGIA SOLARE...........................226 Giovanni Drigo

RIFORMA FORENSE.......................256 Maurizio De Tilla

SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE.....................................228 Ruben Palazzetti

L’ATTO NOTARILE ..........................260 Giancarlo Laurini

BONIFICHE E IMPIANTI ................230 Claudio Coloni

GIUSTIZIA LEGALITÀ............................................234 Pietro Grasso Alfredo Mantovano CONTRAFFAZIONE .........................242 Gianluigi Miglioli Alessandro Giacchetti

TRA POLICA E GIUSTIZIA ............252 Niccolò Ghedini

SANITÀ POLITICHE SANITARIE .................262 Ferruccio Fazio ORGANIZZAZIONE SANITARIA .........................................264 Vladimir Kosic BIOTECNOLOGIE .............................268 Sergio Dompè ONCOLOGIA .......................................270 Umberto Tirelli ODONTOIATRIA ................................274 Gianfranco Prada SOCIETÀ COOPERATIVE ..............278 Alberto Furlani DERMATOLOGIA..............................280 Paola Cassin

GENIUS LOCI .....................................282 Susanna Tamaro FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 11



IMPRENDITORI DELL’ANNO


LA REGIONE IN CIFRE

Le eccellenze del 2010 Capitani d’industria che si sono distinti quest’anno in Friuli Venezia Giulia per le performance delle loro aziende. Successi dovuti a strategie imprenditoriali che hanno avuto il merito di contrastare in maniera efficace gli effetti della difficile congiuntura economica. Dossier intende dare a questi imprenditori il giusto risalto Nicolò Mulas Marcello

Q

uello che si sta per concludere è un anno che evidenzia una timida fase di ripresa dagli effetti della difficile congiuntura economica che non ha risparmiato neanche le imprese friulane. Dossier Friuli Venezia Giulia ha voluto individuare gli imprenditori più virtuosi che si sono distinti nel 2010 per le scelte che hanno portato le loro aziende a raggiungere risultati rilevanti in termini di fatturato e di crescita. Le diverse sezioni della rivista si aprono, infatti, con quelli che sono “gli imprenditori dell’anno”, selezionati sulla base di parametri che vanno dalla propensione all’investimento all’internazionalizzazione, dalla ricerca e innovazione al legame con il territorio, dalla riorganizzazione aziendale all’affermazione del brand. L’obiettivo della rivista è quello di scattare una fotografia della situazione economica della regione, attraverso gli occhi degli addetti ai lavori, e di tastare il polso dell’imprenditoria, evidenziando le scelte che si sono rivelate vincenti. Elementi che hanno permesso, grazie a politiche mirate, di incrementare le prestazioni aziendali. Dai principali indicatori che descrivono l’industria regionale attraverso l’indagine congiunturale trimestrale condotta da Confindustria Friuli Venezia Giulia, alla fine di settembre 2010, si evince un certo rallentamento dell’economia nei confronti del trimestre precedente, mentre risultano positivi i valori rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Le vendite all’estero si mostrano buone anche nel valore congiunturale. Ciò indica che uno dei

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punti di forza dell’economia regionale, l’export appunto, sta lentamente riprendendo quota dopo un lungo periodo di stagnazione. L’industria regionale sta proseguendo nel lento e altalenante percorso di risalita iniziato verso la fine dello scorso anno, dopo la crisi registrata a partire da circa metà del 2008 e che ha raggiunto il suo apice negativo nell’autunno 2009. Esaminando più nel dettaglio i principali indicatori congiunturali (che evidenziano le variazioni rispetto al trimestre precedente) si nota che nel terzo trimestre 2010 la produzione risulta negativa scendendo dal precedente +6,7% a -1,8%; anche le vendite totali scendono, dal precedente valore positivo (+14,5%), sotto lo zero (-3,1%) a causa soprattutto del sensibile cedimento delle vendite sul territorio nazionale, che passano da +24,8% a -10,8%, mentre le vendite all’estero, pur in calo rispetto al precedente +7,0%, rimangono positive (in considerazione del periodo feriale in cui sono state rilevate) con un buon +3,2%. L’occupazione non presenta sensibili variazioni e rimane leggermente positiva (+0,2%). Per quanto riguarda i settori più rappresentativi dell’industria regionale, in particolare la meccanica e il legno-mobili, presentano entrambi andamenti analoghi a quello generale sopra descritto, salvo una leggera flessione occupazionale che ha riguardato il legno. Le aziende regionali stanno sostanzialmente cercando di fronteggiare l’uscita dalla crisi con una riorganizzazione produttiva e commerciale, confidando di poter essere in grado di affrontare i nuovi scenari economici.



IN COPERTINA

IL RUOLO DEI DISTRETTI VERSO LA RIPRESA Alessandro Calligaris, presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia, delinea il quadro dell’economia regionale e propone la sua ricetta per il futuro. «I dati migliori dal manifatturiero. Necessario sfruttare al meglio l’autonomia decisionale» Riccardo Casini

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n lento e altalenante percorso di risalita: è questa la fotografia dell’economia friulana secondo l’indagine congiunturale regionale di Confindustria Friuli Venezia Giulia relativa al terzo trimestre 2010. I principali indicatori evidenziano però come, all’interno del generale rallentamento (in parte fisiologico, riferendosi l’indagine al periodo della pausa estiva), siano in particolare le esportazioni a far registrare un segnale positivo di rilievo: uno dei punti di forza dell’economia regionale, insomma, sembra stia lentamente riprendendo quota dopo un lungo periodo di stagnazione. E con esso, dopo la crisi registrata a partire da metà 2008 e che ha raggiunto il suo apice negativo nell’autunno 2009, pare

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proprio che tutto il Friuli Venezia Giulia abbia imboccato la strada giusta. Questo nonostante i principali indicatori congiunturali mostrino come, rispetto al trimestre precedente, la produzione risulti negativa (da +6,7% a 1,8%) e le vendite totali scendano dal precedente valore positivo (+14,5%) sotto lo zero (-3,1%), a causa soprattutto del sensibile cedimento delle vendite in Italia (da +24,8% a 10,8%); quelle estere infatti, pur in calo rispetto al precedente 7%, fanno registrare un buon 3,2%, mentre l’occupazione non presenta sensibili variazioni, rimanendo su un valore di poco positivo (+0,2%). Segnali più interessanti arrivano però dagli indicatori tendenziali, se-


Alessandro Calligaris

condo i quali, rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, la produzione risulta in leggera crescita (+15,2%, un punto percentuale in più rispetto al 2009) e le vendite complessive sono positive, nonostante un leggero calo dovuto alla netta contrazione subita dal mercato interno (da +17,9% a +1,2%): anche qui, se le vendite totali tutto sommato reggono (da +18,3% a +15,3%), lo si deve soprattutto all’export, che passa dal +19,5% del 2009 all’attuale +27,2%. Sempre secondo l’indagine, infine, le previsioni di breve periodo degli operatori industriali appaiono orientate alla cautela, con le aspettative migliori legate alla produzione e quelle peggiori puntate sulla domanda interna. «Questi risultati consuntivi – spiega il presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia, Alessandro Calligaris – non possono che avvalorarmi il proseguimento del trend in crescita degli ultimi trimestri. Il risultato migliore è quello raggiunto dalle esportazioni, che si confermano fattore determinante per gli equilibri e le potenzialità di sviluppo dell’economia regionale». Nonostante questo, secondo Calligaris, «l’aggancio alla ripresa non è scontato e all’indispensabile impegno delle imprese per consolidarsi, innovarsi e rendere più efficaci le proprie strategie di sviluppo, deve necessariamente accompagnarsi un convergente impegno delle altre componenti attive della società. Per questo,

L’autonomia decisionale della Regione deve concretizzarsi in visioni di sviluppo e non replicare pedissequamente le politiche di puro contenimento, forse più necessarie a livello nazionale

auspicando che la politica nazionale possa ritrovare al più presto equilibrio e capacità di intervento sui fattori di sviluppo, ci rivolgiamo in primis al governo regionale perché anche a livello locale, grazie all’autonomia di cui godiamo, possano essere attivati strumenti e avviate azioni in grado di migliorare non di poco la competitività del nostro territorio». A proposito di competitività, come vanno letti gli ultimi dati? «Per quanto riguarda i principali indicatori tendenziali, si evidenzia che la dinamica di crescita della produzione è proseguita di un ulteriore punto percentuale, portandosi oltre il 15%. Ciò è avvenuto per sostenere la domanda crescente, anch’essa aumentata complessivamente di oltre il 15% rispetto all’anno 2009, grazie al

sostenuto incremento delle vendite all’estero, che ha ampiamente compensato il forte rallentamento della crescita delle vendite in Italia. È evidente che ciò non può accadere all’infinito e che c’è bisogno di una ripresa dei consumi interni per poter ritenere superata la crisi». Quali settori produttivi stanno reagendo meglio? «Sotto il profilo della produzione e delle vendite, sia in Italia che sui mercati esteri, i settori che hanno segnato le migliori performance tendenziali sono il metalmeccanico, il chimico, il tessile e il legno, specie verso l’estero. Ma è tutta l’industria manifatturiera regionale che sembra proseguire in una marcia positiva verso la ripresa». Quali aiuti occorrono da parte FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 23


IN COPERTINA

della politica? L’autonomia de-

cisionale della vostra Regione può essere d’aiuto? «In generale, c’è bisogno di una politica che decida. Al contrario, non c’è proprio alcun bisogno di una politica che chiude gli occhi e mena fendenti sull’economia con tagli indiscriminati e non finalizzati alla realizzazione di una strategia di crescita. In questo senso, l’autonomia decisionale della Regione deve concretizzarsi in visioni di sviluppo e non replicare pedissequamente le politiche di puro contenimento, forse più necessarie a livello nazionale che in una regione come la nostra, tutto sommato abbastanza virtuosa sotto il profilo della spesa pubblica. Per l’autonomia decisionale o per il federalismo, vale il paradigma della libertà: è importante averla, ma è ancora più importante saperla usare al meglio». Il Friuli è anche la terra dei distretti industriali: ve ne sono ben sette in regione (sedia, mobile, agro-alimentare, coltello, componentistica e termoelet-

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tromeccanica, caffè, tecnologie digitali), quasi uno ogni mille chilometri quadrati. Quale deve essere il loro ruolo in questa fase? «Ormai da qualche anno si è registrata nei distretti una dicotomia tra aziende in crisi e aziende in sviluppo, tra situazioni di sofferenza e buoni posizionamenti, punti di maturazione sia di problemi - anche diversi ma compresenti nella stessa impresa - che di eccellenze e qualità. Tale situa-

zione non di rado ha prodotto una sorta di selezione naturale. È allora importante che nel distretto si comprendano le differenze tra le imprese e si sviluppi un sistema relazionale più ampio possibile, per capitalizzare le conoscenze interne a esso». Tra tutti, il distretto della sedia resta quello trainante. È possibile ipotizzare un suo impegno come capofila nell’ambito dell’internazionalizzazione delle imprese?

È importante che nel distretto si comprendano le differenze tra le imprese e si sviluppi un sistema relazionale più ampio possibile, per capitalizzare le conoscenze interne a esso


Alessandro Calligaris

Quasi 100mila imprese in regione, prevalgono commercio e ditte individuali Un’istantanea dell’imprenditoria regionale arriva dai dati della Camera di Commercio di Trieste, secondo cui ad aprile erano 98.794 le imprese attive in Friuli Venezia Giulia. Di queste, 30.204 (pari al 30,57%) appartengono al settore del commercio e ospitalità, 23.163 (23,45%) a quello dei servizi, 18.525 (18,75%) ad agricoltura e pesca, 15.980 (16,18%) alle costruzioni e 10.922 (11,06%) all’industria. Nel 2008 quest’ultima ha contribuito però per il 27,3% alla formazione del valore aggiunto, con una ripartizione del comparto manifatturiero che evidenzia la specializzazione regionale nelle industrie meccaniche (31%) e in quelle dei metalli e della fabbricazione di prodotti in metallo (23,3%). La lavorazione del legno, della gomma e degli altri prodotti manifatturieri contribuisce per il 22,4% del valore aggiunto manifatturiero, mentre le industrie alimentari, delle bevande e del tabacco per il 6,9%. Il contributo dell’agricoltura, silvicoltura e pesca alla formazione del valore aggiunto regionale dal 1995 al 2008 è stato, invece, in media pari al 2,5%: nel 2008 le coltivazioni agricole hanno contribuito per oltre la metà del valore della produzione, la zootecnia per quasi un terzo (la produzione di beni e servizi ittici e la silvicoltura incidono rispettivamente per il 5% e l’1,1%). Tra le coltivazioni, la vitivinicoltura incide per quasi il 18% (6% in più rispetto alla media italiana). I servizi, infine, contribuiscono per il 70,3% alla formazione del valore aggiunto regionale: tra le principali branche, la quota dei servizi vari a imprese e famiglie sul totale del terziario è pari al 28,5%, quella del commercio il 17,2%, mentre i servizi di trasporto, magazzinaggio e comunicazione incidono per l’11,1%. A livello di forma giuridica delle imprese, in Friuli Venezia Giulia prevalgono di gran lunga le imprese individuali (62.193, pari al 62,95%), mentre le società di capitale sono 15.971 (pari al 16,17%) e le società di persone 18.876 (19,11%).

«Il distretto della sedia non fa eccezione, avendo anch’esso attraversato una fase complicata, ma diciamo che forse ha messo a fattore comune una sua caratteristica non disgiunta dal prodotto specifico, che – quasi per definizione – necessita di sempre nuovi mercati, sviluppando una per così dire naturale vocazione all’export. Quella di capofila può essere una definizione eccessiva, ma certo è possibile pensare alla promozione di una catena più lunga del valore, non limitandosi alla produzione, ma orientandosi ai servizi verso il cliente intermedio, alla commercializzazione e alla logistica, con il coinvolgimento più largo di imprese». Quali strategie devono essere adottate per un rilancio dei distretti? «Proprio quelle che vanno nella direzione appena descritta. Chi meglio del distretto può elaborare, promuovere e portare a compimento le strategie di allungamento della catena del valore?» FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 25




SVILUPPO ECONOMICO

L’export traina il rilancio L’assessore regionale alle Attività produttive, Federica Seganti, analizza la situazione economica e si dice fiduciosa: «Facendo i debiti scongiuri, siamo entrati nella fase dell’inversione di tendenza. Ora sostegno alle pmi e servizi reali» Riccardo Casini

economia friulana riparte. Questo almeno sembra emergere dagli indicatori, secondo i quali Pil e produzione mostrano lenti ma continui segni di ripresa. In questa fase risulteranno, però, decisivi anche gli Sotto, Federica incentivi decisi dal Seganti, assessore Governo: a questo regionale alle Attività produttive proposito, in un re-

L’

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cente incontro con il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, gli assessori regionali alle Attività produttive hanno ottenuto altri 64 milioni per le imprese partecipanti al bando “Industria 2015 - Made in Italy”. Presente a Roma anche l'assessore Federica Seganti, che si è detta soddisfatta: «ci sono buone possibilità che i progetti delle nostre imprese, già approvati,

ricevano i fondi necessari alla loro attuazione». Le imprese friulane partecipanti al bando sono sette. Ma qual è lo scenario complessivo in regione? «Abbiamo una situazione altalenante, ma tendente a una lenta ripresa. Il Pil è cresciuto dello 0,5% e l’industria, che si sta dimostrando capace di orientarsi verso i mercati in crescita, è il settore trainante, con un incremento del 4,1%. Tengono invece servizi e agricoltura, mentre è ancora in difficoltà il settore delle costruzioni. Nel complesso, se si analizzano gli indicatori tendenziali e confrontiamo i dati del terzo trimestre 2010 con quelli dell’anno precedente, vediamo che la produzione è in leggero aumento (+15,2% contro il 14,2% del 2009) e le vendite calano solo rispetto al mercato interno, in contrazione, mentre quelle all’estero crescono di circa 8 punti. Come rileva anche il presidente della Regione, Renzo Tondo, abbiamo toccato il punto più basso della crisi e, facendo i debiti scongiuri, siamo entrati nella fase dell’inversione di tendenza».


Federica Seganti

Con il ministro Romani ha recentemente ribadito “il ruolo del Friuli Venezia Giulia quale regione ponte verso Est”. Che quota di mercato riveste l’export nell’economia regionale? «Almeno un terzo delle nostre aziende manifatturiere esporta il 50% della loro produzione, e il 10% di queste imprese arriva all’80%. Come dimostra tra l’altro anche l’indagine congiunturale realizzata da Confindustria e relativa al terzo trimestre 2010, l’export è trainante per il rilancio della nostra economia. Posto infatti che, nel confronto con quelli del secondo trimestre, i valori dei principali indicatori esaminati sono di segno positivo, il settore delle esportazioni registra il risultato migliore, con un aumento del 27% ri-

L’industria si sta dimostrando capace di orientarsi verso i mercati in crescita ed è il settore trainante

spetto allo scorso anno e del 3% rispetto al trimestre precedente». Perché sono necessarie due strutture come Finest e Informest? Quali servizi offrono alle imprese? «Teniamo molto a entrambe e al lavoro che stanno portando avanti. Io stessa ho chiesto al ministro Romani, il quale mi ha rassicurata in proposito, che non vengano coinvolte nella riorganizzazione dell’Ice e mantengano la loro autonomia operativa. Informest ha appena sottoscritto accordi con l’Ince e con Bers per un progetto che coin-

volgerà nove Paesi; in questo momento, inoltre, sta curando un’indagine tra le aziende manifatturiere che esportano per capire quali sono i loro mercati esteri e in quali vorrebbero espandersi. Con l’obiettivo di predisporre delle strategie di supporto alle loro attività, cerchiamo di capire anche quali canali usino, se buyers, fiere, workshop, business to business o altro». Qual è invece il ruolo di Finest? «Finest era nata per accompagnare le imprese che intendevano delocalizzare le loro attività all’estero, impegno che oggi appare decisamente FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 29


SVILUPPO ECONOMICO

I distretti industriali della regione rappresentano il trait d’union tra le pubbliche istituzioni e il tessuto produttivo

meno importante rispetto allo svi- ting e promoluppo dell’export e di altre forme di presenza sui mercati esteri. In questo momento il suo ruolo al fianco delle aziende deve quindi essere diverso. Per questo abbiamo provveduto a modificarne lo statuto e a dotarla di un fondo speciale che servirà proprio a sostenere le esportazioni. Inoltre sia Finest che Informest faranno parte, da gennaio, di un tavolo di lavoro che coinvolgerà la Regione e le Camere di commercio nella valutazione di azioni che favoriscano l’internazionalizzazione delle imprese». Quale deve essere il compito dei sette distretti produttivi presenti in regione in questa fase di rilancio dell’economia? «I distretti industriali del Friuli Venezia Giulia rappresentano il trait d’union tra le pubbliche istituzioni e il tessuto produttivo, e sono poli di riferimento concreti per le aziende che operano al loro interno. Inoltre sono fornitori di servizi utili alle aziende e possono diventare sempre di più motori di innovazione, aggregazione, marke30 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

zione d’impresa anche sui mercati esteri». In che modo può invece la Regione aiutarli a crescere dopo questo periodo di difficoltà? «Da un lato con una politica di sostegno rivolta alla Pmi, dall’altro con la creazione di servizi reali che stimolino l’aggancio alla ripresa. Stiamo intervenendo attraverso la fiscalità di vantaggio sia per promuovere l’aggregazione che per accrescere la competitività delle nostre aziende nel confronto con i Paesi vicini. L’anno prossimo lavoreremo a uno strumento normativo che agevoli l’accesso al credito, ma già ora stiamo ricalibrando le linee di gestione di Friulia, alla quale compete un’azione di affiancamento e rafforzamento della Pmi. Da un certo punto di vista è un ritorno al passato, ma in questo momento occorre dare pieno supporto a quelle realtà che costituiscono la base del nostro sistema

economico». Come è possibile operare per una promozione più efficace dei distretti? Il “made in Friuli” presenta caratteri riconoscibili che ne facilitino la presentazione anche sul mercato estero? «I distretti esistono anche per mettere a sistema attività produttive che hanno difficoltà a penetrare i mercati internazionali. Il made in Friuli è frutto del lavoro di una quantità di aziende che fanno prodotti di eccellenza, ma hanno bisogno di strategie di supporto per guadagnare e conservare, anche all’estero, lo spazio che meritano tra gli amanti dei prodotti di nicchia. Ed è in quest’ottica che appoggiamo concretamente la realizzazione dei progetti di internazionalizzazione che vengono proposti sia dalle imprese che dalle associazioni di categoria».



SVILUPPO ECONOMICO

Quando la tradizione sposa il design Per Giusto Maurig, presidente dell’Asdi Sedia, «i fatturati del distretto tornano a crescere. E proprio i paesi finora considerati concorrenti rappresentano oggi mercati emergenti di sicuro interesse» Riccardo Casini

ato nel triangolo tra Corno di Rosazzo, Manzano e San Giovanni al Natisone, oggi il distretto induSotto, Giusto Maurig con il striale della sedia presidente del polo loreno del mobile, Bruno Vernin, e si è esteso fino a la Cattedra papale prodotta comprendere ben dal distretto. Al centro, 11 comuni della Maurig con il direttore di dell’Asdi, Carlo Piemonte, e provincia il presidente della Regione, Udine, diven-

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Renzo Tondo

32 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

tando un attore di spicco nell’economia regionale. È caratterizzato da un’intensa divisione del lavoro tra piccole e medie imprese, tutte altamente specializzate nelle singole fasi del processo produttivo, dalla produzione della componentistica all’assemblaggio e rifinitura dei prodotti. «Attualmente – spiega il presidente dell’Agenzia per lo sviluppo del distretto industriale della sedia, Giusto Maurig – conta oltre 700 imprese del comparto legno arredo. L'andamento del fatturato complessivo risente naturalmente della situazione economica mondiale, considerato che ancora una porzione rilevante della produzione è destinata all'esportazione; a ogni modo l'ultima analisi congiunturale promossa dalla Camera di Commercio rileva un fatturato in leggera crescita rispetto allo stesso periodo del 2009. Purtroppo conseguentemente al calo di produzione, come in molti altri settori, si è verificato un calo dell'occupazione, problematica alla quale l'Asdi Sedia insieme agli enti competenti sta cercando di ovviare attraverso progetti di riqualificazione e formazione continua del lavoratori, come lo sviluppo di particolari percorsi forma-

tivi da proporre al territorio». Quali sono i Paesi più ricettivi nei confronti dei vostri prodotti? Quali invece portano le insidie maggiori in termini di concorrenza? «I principali mercati di destinazione sono Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Austria e Federazione Russa. Già da diversi anni, invece, i paesi che portano le maggiori insidie in termini di concorrenza sono quelli facilitati da un costo dei fattori della produzione sensibilmente più basso rispetto al mercato italiano. È comunque da notare che proprio questi paesi che finora sono stati considerati concorrenti, in virtù di inevitabili processi di crescita interna, rappresentano sempre di più mercati emergenti di sicuro interesse per la produzione distrettuale, considerato che il made in Italy resta un indiscusso valore aggiunto». Che ruolo ha il design nella produzione del distretto? Che funzioni


Giusto Maurig

ha in questo senso lo Sportello design da poco avviato a Manzano? «Il design è uno dei principali motori per l'innovazione del distretto, nonché un fattore competitivo che aggiunge valore al prodotto rendendolo appetibile nei confronti di specificatori, quali sono gli architetti, attivi sia nel mercato contract che residenziale. Se uno dei temi più attuali è difen-

dere i prezzi della manifattura italiana e promuoverne il valore, specie all’estero, il design sicuramente si attesta quale fattore strategico di vitale importanza. Non basta saper produrre per rimanere sul mercato, è necessario far uso di strumenti innovativi, di progetti mirati. E noi stiamo facendo nascere una piattaforma per il design nel cuore di un distretto custode di una tradizione ultracentenaria nella lavorazione del legno, di mezzi eccellenti in quanto a macchinari e lavorazioni, e di un patrimonio di filiera unico al mondo che garantisce un’eccezionale capacità di elaborare soluzioni tecniche, grande flessibilità, ottimo coordinamento fra terzisti, artigiani e fornitori». Quali risposte ha ottenuto finora il piano di sviluppo per il rilancio del distretto, presentato lo scorso maggio? «Il piano è il primo documento che contiene delle linee guida precise che indichino una possibile strada per il

rinnovo di un comparto che ha ancora molto da offrire al mercato. Dalla primavera di quest'anno ha già prodotto i suoi primi effetti: da un lato, è servito a sostenere la Regione nel percorso di approvazione dei lavori per la strada che collegherà direttamente il distretto all'autostrada, grazie alla quale si potranno prevedere vantaggi per le aziende già presenti e rendere il territorio ancora più interessante per i nuovi investitori. Dall'altro lato, la Banca di Manzano ha accolto favorevolmente il piano e ha già predisposto una linea straordinaria di finanziamenti che rientrino all'interno del documento da noi presentato». Il progetto Filiera Iso9001 rappresenta un percorso di eccellenza che sta coinvolgendo attualmente ben 12 aziende del vostro distretto. Qual è il valore aggiunto che ne deriva? «Si tratta di un progetto nuovo nel suo genere e che rappresenta già una best practice per il sostegno e la crescita di piccole e medie aziende che intendano affrontare un percorso di crescita. Il progetto, attivato lo scorso settembre, è ormai a metà del suo percorso e i primi risultati positivi già si percepiscono. Le aziende che seguono settimanalmente i corsi e le attività che porteranno alla certificazione hanno superato già la prima visita ispettiva da parte dei nostri uffici e i risultati, sebbene siano ancora in una fase di studio, sono veramente incoraggianti per poter auspicare il raggiungimento della certificazione da parte di tutte le aziende. Come sta accadendo in molti settori, stiamo assistendo a una rinascita del distretto che passa attraverso il design, la certificazione e la promozione. E l'Asdi Sedia è pronta ad accompagnare le aziende locali in questo importante percorso». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 33




IMPRENDITORI DELL’ANNO

Puntiamo sull’alta tecnologia Q

Giuliano Macripò commenta i risultati del gruppo QBell. Il marchio, che ha conosciuto il successo grazie alla produzione dei monitor Lcd, oggi amplia il suo progetto industriale, aprendosi ai mercati dell’energia e dell’elimodellismo dinamico Andrea Moscariello

Giuliano Macripò, presidente del gruppo QBell www.qbell.net

66 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

Bell continua a consolidarsi sul mercato avendo raccolto, nel 2009, 300mila euro di ricavi in più rispetto all’anno precedente. Il tutto considerando anche la crisi che, proprio a cavallo di quel biennio, ha avuto il suo massimo picco. «Aziende del nostro settore hanno avuto diminuzioni superiori anche al 30%, direi dunque che il nostro risultato sia eccellente» dichiara l’ingegner Giuliano Macripò, presidente e Ceo del gruppo leader nel settore della ricerca, sviluppo, produzione e commercializzazione di monitor Lcd. Alta tecnologia per migliorare la vita delle persone. Questo l’input alla base della produzione. Lo sviluppo del gruppo si attesta anche grazie al controllo sulle società ElyQ e PowerQ. La prima opera nel settore dell'elimodellismo dinamico, mercato giovanissimo ma in forte espansione. «Nello stesso comparto è presente una divisione che si occupa di elicotteri UAV - Unmanned Aerial Vehicle -» spiega Macripò. PowerQ, invece, opera nel settore dell'elettronica di potenza, producendo UPS e Inverter per pannelli fotovoltaici. Gli ultimi mesi hanno dunque visto un consolidarsi del brand? «Tenuto conto che il nostro mercato, forse più di qualsiasi altro, ha sofferto e soffre di una diminuzione costante del valore unitario, a una parità dei ricavi si contrappone un significativo aumento delle quantità. Ciò vuol dire che il nostro brand ha recuperato quote di mercato sottraendole ad altri competitor». Di recente avete deciso di quotare il vostro gruppo sulla borsa di Londra. Come mai questa scelta? «Ciò è avvenuto perché ormai, all’interno del nostro gruppo industriale, vivono più realtà, oltre alla società capo gruppo, la QBell Techonolgy». Ma come mai questo passaggio è così importante per il vostro sviluppo? «Crediamo sia importante lanciare un IPO al fine di rinforzare la struttura patrimoniale e sostenere gli investimenti che stiamo prevedendo, soprattutto nella divisione degli inverter per pannelli fotovoltaici. Oggi, proprio su questo prodotto, la richiesta è incredibilmente più alta dell'offerta presente sul mercato e lo sarà ancor più dal momento che stati come l'India e i paesi Arabi nel


Giuliano Macripò

300 mila EURO AUMENTO

Si rafforza il fatturato del gruppo guidato da Macripò, raccogliendo, nel corso del 2010, 300 mila euro in più rispetto all’anno precedente

2011 attiveranno gli incentivi per la produzione di energia da fonti alternative. Il nostro gruppo non vuole trovarsi impreparato ai nuovi picchi di richiesta e rischiare di non cogliere un’opportunità simile. Il capitale che riteniamo di raccogliere sarà quasi totalmente investito in questo comparto al fine di incre-

Abbiamo sempre investito nel design industriale ottenendo molti riconoscimenti internazionali

mentare il settore R&D, sviluppare nuovi prodotti oltre che le capacità produttive e commerciali». Parlando dei prossimi anni, soprattutto quali tecnologie conquisteranno il mercato? «Secondo i guru dell'economia, pare che i comparti più interessanti saranno quelli dell'intrattenimento ludico e delle energie rinnovabili. QBell Technology è presente in entrambi con le società ElyQ e PowerQ. Tra i due settori, però, crediamo che quello più importante verrà sviluppato nel settore dell'energia e in quella che viene ormai etichettata come green economy. Il nostro gruppo punterà molto sulla sua controllata PowerQ e sulla divisione per la produzione di inverter». Le vostre produzioni si distinguono, oltre che per la qualità tecnologica, anche per il design. A livello internazionale, il design italiano applicato ai monitor e alla tecnologia è riconosciuto e rappresenta un elemento “spendibile” sul mercato al pari dell’arredo o della moda? «Ritengo proprio di sì. Il gruppo che rappresento ha sempre investito molto nel design industriale e oggi possiamo spendere un lungo elenco di riconoscimenti internazionali. Ne cito solo alcuni: primo premio Industrial Design al Cebit di Honnover, 31° primo premio ID allo SMAU di Milano. Nel 2000 e 2007 abbiamo ricevuto al Mac World di Parigi il ›› FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 67


IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› premio "The Best of the show" . Possiamo senza alcun dubbio dire di essere l'unica azienda al mondo, non americana, ad aver ottenuto la conformità dei nostri UPS direttamente dalla Apple USA. Gli stessi vengono venduti direttamente da Apple sia online che tramite i suoi Apple Store». Quali sono gli elementi del vostro processo ideativo e progettuale che non intende trasferire all’estero? «Amo dire che il nostro gruppo si è specializzato nel gestire la testa, quindi la ricerca e lo sviluppo, e la coda, cioè il commercializzare, di un processo industriale. Tale paradigma resta molto valido per i paesi occidentali, dunque anche per l'Italia. Noi non possiamo pensare di competere con territori come la Cina, dove nei processi di lavorazione la manodopera non specializzata riveste un ruolo importante. Di contro, invece, dobbiamo proteggere il know-how e implementare tutte le qualità tipiche dell'attuale cultura occidentale. Ritengo, quindi, che il nostro

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modello sia vincente e che verrà sempre più enfatizzato questo paradigma». Dunque come si evolverà la collaborazione con la Mjs manufacturing limited, vostra partner nelle fasi produttive? «Proprio nel rafforzare il paradigma industriale cui ho appena accennato. Vogliamo sempre più concentrare gli sforzi nel mantenere quanto più efficienti i tre segmenti che io per semplicità identifico come testa, corpo e coda. La MJS Manufacturing rappresenterà sempre più, e con maggiore efficienza, tutto il processo produttivo del gruppo, in quanto riteniamo che questo sia assolutamente antieconomico e non competitivo se effettuato in Italia». Parlando, invece, di ElyQ, quali novità avete in serbo? «Abbiamo da poco presentato il Vision 90 Competition, dove la richiesta è ormai proveniente da più di 50 paesi oltre l'Italia, e il primo prototipo di UAV (Unmanned Aerial Vehicle). Il mercato degli elicotteri droni crediamo sia molto interessante. Il nostro primo


Giuliano Macripò

prototipo ha un sofisticato sistema di controllo che gli permette di muoversi ovunque nello spazio, con precisioni millimetriche. Abbiamo implementato anche un programma che permette di sfruttare Google Earth. Infatti, tracciando preventivamente le coordinate su Google, si può far muovere il nostro UAV in maniera autonoma, senza nessun ulteriore intervento esterno da parte di un controllo umano/manuale». Quali margini di crescita sono previsti per il mercato degli elicotteri da aeromodellismo? «È in via di sviluppo, ma i numeri allo stato attuale sono ancora piccoli, essendo il mercato molto giovane. Crediamo che la crescita più importante potrà esserci nel nuovo settore professionale dove i nostri UAV potranno “farla da padroni”. Il campo di applicazione dei nostri UAV è molto ampio, si va dalle foto e video aerei al controllo di sicurezza dei lavori, dalle telecomunicazioni al controllo del traffico fino alle previsioni meteorologiche e alla mappatura topografica e oceanica. In genere gli elicotteri sono provvisti di GPS, di telecamere e di dispositivi per la trasmissione remota dei dati. L’utilizzo dell’UAV rende possibile l’impiego di un programma di volo autonomo, senza il controllo diretto dell’operatore. In questo modo, si coprono raggi d’azione anche di alcuni chilometri». In generale quali aspettative ripone sul mercato IT? «Il mercato dell'IT non credo si possa definire in crisi. Semplicemente ha raggiunto la

Siamo l'unica azienda al mondo, non americana, ad aver ottenuto la conformità dei nostri UPS direttamente dalla Apple

sua maturità ciclica, come peraltro è già avvenuto e avviene in un qualsiasi altro comparto industriale. Il problema è che il mercato, negli anni passati, ci ha abituato a crescite a ritmi da guinness dei primati e ora che viaggia su livelli, per così dire, più normali, pare che venga a mancare la terra sotto ai piedi. Gli errori che alle volte avverto sono proprio derivati dal fatto che si continua a pensare a quote di mercato e a crescite avute negli anni Ottanta e Novanta. Questo forvia tutti i parametri di budget e di valutazione. Ritengo perciò che ci sarà una nuova ripresa, in questo settore, quando saranno finalmente realizzati e implementati i Pervasive and Ubiquitous Computing. In questo caso rivedremo una nuova crescita, pari forse, a quella già avvenuta ai tempi di Bill Gates e Steve Jobs». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 69


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L’innovazione che parte dal calore Presente in 60 paesi nel mondo, il gruppo Emmeti ha oggi un volto sempre più internazionale. E ora si prepara alla ripresa puntando sull’innovazione energetica. A parlarne è Mario Martin Andrea Moscariello

el 2008, con l’ingresso nella struttura societaria del fondo di investimento PM &Partners, il gruppo Emmeti ha confermato la sua volontà di crescere, aprendosi ulteriormente ai mercati internazionali e managerializzando sempre più la sua gestione. La società friulana, leader nella produzione e commercializzazione di prodotti idrotermosanitari e della climatizzazione, è ancora guidata saldamente da uno dei suoi due storici fondatori, Mario Martin, certamente scrupoloso nel dare al gruppo un carattere marcatamente innovativo. «Credo si possa parlare, nel mondo, di un vero e proprio made in Italy della tecnologia, a partire proprio dal nostro settore – dichiara Mario Martin -. Nel comparto delle valvole per il riscaldamento, i distretti industriali di Brescia e di Novara, dove si lavora l’ottone, sono i migliori al mondo». Non teme, quindi, la “minaccia cinese”? «No, assolutamente. I cinesi, in questo ambito, vantano un livello tecnologico molto più basso del nostro». Parlando di riscaldamento per abitazioni, le

N Mario Martin, fondatore di Emmeti Spa. Nella pagina a fianco, un interno dello stabilimento di Le Forcate Fontanafredda (Pn) info@emmeti.com www.emmeti.com

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cose sono profondamente mutate rispetto agli anni Settanta, quando avete cominciato. «L’innovazione ci permette di puntare a un vero e proprio sistema, noi amiamo definirlo sistema casa Emmeti, in cui rientrano tutta una serie di componenti che vanno a costituire un’abitazione ideale». Ideale sotto quali punti di vista? «Del risparmio energetico e dell’impatto ambientale. Si tratta di un presupposto molto importante e, fortunatamente, compreso da tutti. Oggi un’abitazione media, di circa 100 metri quadri, consuma meno della metà rispetto a quanto consumava alla fine degli anni novanta. Questo perché è cambiata radicalmente la normativa relativa all’isolamento degli edifici. Ora come ora vi è un minor fabbisogno di energia termica per riscaldare gli ambienti. E, al tempo stesso, sono migliorate le fonti di produzione delle energie. La casa, da soggetto passivo, diventa attivo». Dunque una casa che, anziché consumare energia, la produce. «Esatto. Oggi moltissime case vengono realiz-


Mario Martin

zate senza la caldaia. Con Emmeti siamo sempre più impegnati in prodotti e tecnologie che utilizzano energia solare. Le pompe di calore possono essere alimentate da impianti fotovoltaici. Questi sono i risultati che arrivano investendo in ricerca e innovazione. Le tecnologie collegate alla distribuzione del calore, al controllo, alla produzione di acqua calda, all’isolamento, al miglioramento dell’efficienza complessiva, rappresentano una grande opportunità, che noi stiamo perseguendo continuamente. All’interno di questa azienda si è sempre investito in tal senso. Anzi, devo osservare che in Italia buona parte delle innovazioni derivano proprio dall’impegno delle singole aziende». Arriva poco dal settore pubblico? «La crisi si fa sentire anche lì. Il Friuli ha sempre avuto a disposizione fondi per la ricerca industriale. Ma ora le risorse sono quasi esaurite. La Pubblica amministrazione ha raggiunto un livello di costo e di inefficienza che si riflette sulle opportunità di sviluppo delle imprese». A proposito di crisi, quanto ne ha risentito il gruppo Emmeti? «Il 2009, per tutto il settore, è stato l’anno peggiore. Noi avevamo registrato un calo del 18% rispetto al 2008. Nel 2010, però, è iniziata un’inversione di tendenza, e oggi siamo di nuovo in crescita del 7,5%. Nel 2011 prevediamo di proseguire il recupero, attestandoci sull’obiettivo

Le tecnologie collegate alla distribuzione del calore, al controllo, all’isolamento, al miglioramento dell’efficienza complessiva, rappresentano una grande opportunità

dell’11% di aumento di fatturato». Quali sono i vostri principali mercati di riferimento? «Per noi l’Italia rimane il mercato principale, oggi la sua quota è attorno al 65%. Devo però ammettere che la crescita più interessante, più forte, la raccogliamo attorno ai mercati internazionali. Abbiamo aperto filiali in Spagna, Francia, Inghilterra, Brasile e Usa. Di recente abbiamo inaugurato anche un ufficio di rappresentanza in Cina». Per il 2011 su quali società del gruppo si concentreranno gli sforzi maggiori? «Puntiamo molto sulla Fiv, Fabbrica Italiana Valvole, una nostra azienda collocata in provincia di Brescia. Fiv rappresenta, per Emmeti, il cuore produttivo dell’ottone. Si tratta di un asset importantissimo per la nostra produzione su cui riponiamo grandi aspettative». Mentre quali aspettative ripone sul suo territorio? «Il Triveneto, nonostante la crisi, continuerà a essere un grandissimo motore di sviluppo e una fucina di innovazione per l’economia nazionale».

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Oltre la crisi dell’automotive Un’assidua ricerca di tecnologie innovative permette all’automotive di non fermarsi. È questa la strategia anti crisi adottata dalla C.M.O., leader del settore, in Italia e all’estero. Come raccontano Giuseppe Coral e Renzo Pavan Luca Righi

a crisi economica ha segnato profondamente, a livello mondiale, diversi settori, soprattutto quello dell’automotive. Anche mercati ad esso direttamente connessi risentono di una certa contrazione. «La situazione, in certi casi, viene peggiorata dal fatto che c’è la tendenza, da parte di alcuni clienti, a confluire in grossi gruppi – afferma Giuseppe Coral, titolare insieme a Renzo Pavan dell’azienda CMO di Pravisdomini, realtà leader del settore automotive che progetta e realizza stampi per pressofusione –, sono cambiate le modalità di relazionarsi con i clienti tanto che la competenza, la qualità del servizio offerto, le referenze non bastano più». Le armi messe in

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I titolari della CMO, Giuseppe Coral e Renzo Pavan. Nella pagina accanto, uno stampo prodotto dall’azienda www.cmostampi.it

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gioco da CMO per resistere a un quadro difficile come quello attuale sono innanzitutto l’impegno costante nell’ambito della ricerca e dello sviluppo di innovazioni tecnologiche e nel miglioramento continuo dei propri processi. «Non smettiamo di credere nelle potenzialità della nostra realtà e del nostro operato – aggiunge Coral -. La continuità dell’azienda è garantita anche dall’inserimento dei miei figli, Cristina e Michele Coral e del figlio del mio socio, Luca Pavan. Cristina si occupa della parte amministrativa e della gestione del personale già dall’87, Michele si occupa della parte tecnica e commerciale già dal ‘95, mentre Luca è entrato lo scorso anno nel reparto produttivo». CMO, costituita negli anni ’80, si è presto affermata nel settore degli stampi a livello nazionale e internazionale. RENZO PAVAN «Inizialmente CMO ha operato nell’ambito nazionale ma, già dal ‘90 ha sentito l’esigenza di spingersi verso mercati internazionali riuscendo ad ottenere ottimi risultati». Quali tipologie di stampi siete in grado di effettuare in particolare? GIUSEPPE CORAL «L’azienda è strutturata per realizzare stampi di medie e grandi dimensioni da montare su presse fino a 3500 Ton. Gli stampi prodotti sono impiegati per la produzione di particolari pressofusi in alluminio per le principali case automobilistiche come:


Giuseppe Coral e Renzo Pavan

Gli stampi prodotti dall’azienda sono impiegati per la produzione di particolari pressofusi in alluminio per le principali case automobilistiche

Mercedes, BMW, Audi, Wolkswagen, Ford, Fiat Iveco, Renault, SAAB, Bosch, Z.F., Aprilia, Magneti Marelli, Elettrolux». CMO da sempre punta sulla ricerca di tecnologie all’avanguardia. In questo senso, quali sono le principali innovazioni impiegate attualmente in azienda? R.P. «Grazie a una struttura molto dinamica, già a metà degli anni 80, l’azienda ha iniziato a investire su macchinari a controllo numerico e su stazioni Cad Cam per la progettazione e la programmazione delle lavorazioni. Oggi CMO dispone di uffici tecnici dotati dei migliori sistemi informatici Cad-Cam: Proe e Catia per la progettazione, Work-Nc e Master Cam per la programmazione dei macchinari sempre in continuo aggiornamento e di uno staff di collaboratori ben preparati e attenti alle esigenze dei clienti. Il reparto produzione è attrezzato con centri di lavoro di ultima generazione ad alto contenuto tecnologico con cambio palet, cambio utensili, 4-5 asse in continuo, alta velocità da 12.000 fino a 42.000 giri al mandrino, forature profonde, erosioni a filo e a tuffo. Nel 99 abbiamo ottenuto la certifi-

cazione Iso 9001 del sistema qualità. In questo modo l’azienda può controllare e documentare tutte le fasi di esecuzione dei vari processi e ottenere un prodotto di elevata tecnologia e qualità in perfetta rispondenza con le specifiche del cliente». Come gestite il rapporto con clienti e fornitori? G.C. «L’ingegnerizzazione dello stampo avviene sempre in stretta collaborazione con il cliente e tutte le informazioni vengono gestite con la massima riservatezza mediante l’utilizzo di speciali protocolli di trasferimento (Odette, Ftp) o, in alternativa, internet e posta elettronica. I materiali utilizzati per la realizzazione degli stampi sono acquistati presso le migliori acciaierie europee e sono sempre corredati di certificati di origine per poter fornire al cliente la massima trasparenza e rintracciabilità del prodotto. Alcune lavorazioni in out-sourcing come il trattamento termico vengono affidate a fornitori specializzati e certificati che rilasciano sempre documenti tecnici che attestano la corretta esecuzione del trattamento». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 73


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Nuove sinergie per il gruppo Fama Per il 2012, Gustavo Bomben prevede di raddoppiare il volume d’affari del Gruppo Fama. Un obiettivo ambizioso che però non stupisce chi ha conosciuto questo “imprenditore della gomma”, che per il nuovo anno punta a sinergie, nell’ottica di un ampliamento dei settori su cui investire Luca Moretti

Gustavo Bomben, fondatore di Fama Srl. In alto, foto di una prova di caratterizzazione di un prodotto condotta in un istituto tecnico fama@famatim.it

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on ha certo bisogno di dimostrare la sua capacità di adattamento alle crisi il gruppo Fama. La realtà guidata dal suo carismatico fondatore, Gustavo Bomben, rappresenta una di quelle società che ha saputo reinventarsi affermandosi sul mercato più e più volte, nonostante ostacoli come la delocalizzazione dei propri committenti verso l’Est europeo, la congiuntura negativa, la concorrenza agguerrita. Tra i volti simbolo del mercato italiano della gomma e dei termoplastici, Bomben inizia la sua storia imprenditoriale grazie a un’intuizione. Si muove infatti sul desiderio di cogliere le opportunità derivanti da un cambio di rotta dell’economia di riferimento. «L’obiettivo era quello di intercettare il decentramento produttivo avviato dal sistema industriale locale alla fine degli anni ’90 – racconta Bomben -. Vi era l’esigenza di recuperare competitività e flessibilità in un sistema ingessato da relazioni sindacali alquanto rigide. Inoltre, compresi subito la crescente valorizzazione del principio di specializzazione all’interno dei processi produttivi». Una formula che ha portato fortuna all’imprenditore di Zoppola. In particolare, nel periodo tra il 2002 e il 2007, tra Fama e una primaria azienda del settore s’instaura un rapporto strategico consistente nello sviluppo di guarnizioni di gomma in stretta integrazione, destinate prevalentemente al settore automobilistico. «In questo periodo i prodotti con questa tipologia decuplicano il loro peso nell’attività aziendale e raggiungono il 40 % del fatturato – ricorda Gustavo Bomben -. Viene così riassorbita la forte caduta della domanda di guarnizioni in gomma destinate al settore elettrodomestico, causata dal fenomeno della delocalizzazione produttiva». Così, mentre il 40% dell’output produttivo veniva assorbito dal settore auto, il restante 60 % si distribuiva attraverso lavorazioni proprie destinate prevalentemente al settore edile. «Nel 2007 potevamo così vantare di tre aziende, ognuna con proprie specializzazioni».

N


Gustavo Bomben

L’inserimento di nuovi impianti non avrebbe avuto senso se non all’interno di un progetto innovativo per l’accreditamento aziendale

Fama nel settore delle guarnizioni in gomma, Famamec in quello lavorazioni plastiche e Fama Ms quale centro di progettazione tecnico-produttiva per ambedue le aziende operative. E questa compagine ha retto anche la più recente crisi economica globale. «Nel 2009 le tre aziende hanno fatturato meglio del 2008. Quest’anno il valore del fatturato è del trenta percento superiore, con un andamento crescente che conferma la proiezione del raddoppio al 2012 – dichiara il fondatore del gruppo -. Prodotti nuovi e innovativi, frutto di ricerca indirizzata a risolvere problematiche nel loro settore d’impiego, sono i protagonisti di questa espansione sia in modo diretto che indiretto». Questa policy permette all’azienda di essere percepita dal mercato con una maggiore credibilità, influenzando positivamente anche i settori tradizionali che hanno ripreso a crescere. «Sono gli investimenti immateriali sui nuovi progetti che oggi danno i maggiori frutti. L’inserimento di nuovi impianti per la produzione di semilavorati non avrebbe avuto senso se non all’interno di un progetto innovativo dei prodotti e dell’accreditamento aziendale». Lo sviluppo dei nuovi progetti è stato possibile anche gra-

30% FATTURATO IN AUMENTO

È evidente la crescita del Gruppo Fama che, per il 2012, prevede di raddoppiare l’attuale fatturato

zie al sostegno operativo dei diversi enti presenti sul territorio, che completano la dotazione tecnica dell’azienda in settori nevralgici. «Una parte considerevole delle piccole aziende del Nord Est ha una tradizione nella subfornitura che è un sistema di rete e, quindi, ha diffuso la cultura di operare in sinergia – spiega Bomben -. I rapporti fra le aziende godono di questa cultura che permette di lavorare naturalmente in un clima di collaborazione e di sinergia positive. Le aziende sono, molte volte, contemporaneamente fornitrici e acquisitrici fra di loro». E, a testimonianza di questo, Fama continua a sviluppare partnership, anche nel settore delle grandi opere, assumendo in proprio lo sviluppo, la validazione e la produzione di nuovi prodotti. «I partner intercettano i bisogni del settore e veicolano commercialmente i prodotti nel mercato internazionale – conclude Bomben . Il vantaggio per Fama consta nel fatto che tutto ciò avviene con un marchio comune che, in definitiva, porterà ad accreditare il gruppo sui mercati internazionali. Con questa stessa strategia abbiamo l’intenzione di aprirci a nuovi settori, incluso quello relativo all’industrializzazione dell’edilizia». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 75


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’innovazione chiama, l’industria risponde L’industria italiana attraversa un momento di profondo mutamento. Innovazione e sviluppo sono al centro delle politiche aziendali delle imprese che vogliono imporsi sul mercato per giocare un ruolo da protagonisti. Lo sa bene Andrea Lazzarini, della Ralc Italia Erika Facciolla

oluzioni d’avanguardia, ricerca e innovazione dei prodotti, utilizzo delle nuove tecnologie per diversificare l’attività produttiva e rendere più competitiva l’azienda: sono queste le sfide che l’industria moderna deve affrontare. In Italia come in Europa, l’andamento altalenante dei mercati e la recente crisi economica globale non hanno reso di certo il compito facile, considerando la notevole esposizione finanziaria che le imprese devono affrontare per cavalcare i nuovi trend produttivi dettati dal progresso tecnologico degli ultimi decenni. Nonostante le difficoltà, il comparto industriale italiano sta mostrando segnali confortanti, con aziende che – forti di un’esperienza consolidata nel proprio settore e di un team di collaboratori altamente specializzato – non solo hanno superato brillantemente la crisi, ma hanno compiuto quel salto di qualità necessario a raggiungere una certa concorrenzialità rispetto a mercati sempre più esigenti. Una di queste aziende è senza dubbio la Ralc Italia srl, fondata nel 1996 a San Giorgio di Nogaro. L’impresa è specializzata nel campo della progettazione, realizzazione e montaggio di macchine industriali automatiche ad elevato conte-

S

Andrea Lazzarini, titolare della Ralc Italia. L’imprenditore negli ultimi anni ha incrementato i viaggi, quindi il lavoro a livello internazionale, grazie anche al fatto che il fratello Fabio, suo socio, gestisce la produzione www.ralcitalia.com

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nuto tecnologico. Andrea Lazzarini, titolare insieme al fratello Fabio dell’azienda, ci illustra la sua esperienza. Quali sono le aree produttive che presidiate attualmente? «Siamo specializzati nella lavorazione del tubo, della lamiera e del filo, realizzando per il primo punzonatrici dall’interno, linee di taglio, curvatubi e macchine per la realizzazione delle serpentine, per il secondo sbordatrici per convogliatori mentre per il terzo settore realizziamo impianti per la tornitura e la rullatura di tondini ad alto contenuto di carbonio e macchine per la legatura dei rotoli». Esperienza e innovazione sono due punti di forza della Ralc. Quali risultati sono stati raggiunti grazie a queste risorse? «In questi anni l’azienda ha fatto passi da gigante nel campo della progettazione, realizzazione e montaggio di macchine industriali automatiche ad elevato contenuto tecnologico. In particolare si è perfezionata la lavorazione del tubo con punzonatrici per interni, linee di taglio a una, due e tre piste, foratrici per asportazione del truciolo, transfer per la realizzazione delle serpentine, curvatubi e centri di lavoro. Sono state realizzate delle linee speciali per la lavorazione di tubi destinati alla produzione di radiatori di calore, pannelli solari, letti prendisole, tubi deformati e curvati per la climatizzazione e per il settore automotive». Quali sono le applicazioni che i vostri pro-


Andrea Lazzarini

Il software di gestione è stato progettato in maniera tale da rendere possibile il versionamento dell'impianto al cambio della produzione

dotti hanno trovato finora? «La nostra sbordatrice a controllo numerico, frutto di un progetto per il quale siamo stati premiati a Start Cup, ci permette di produrre per deformazione plastica dei convogliatori d'aria con un’efficienza molto elevata e con una rumorosità inferiore a quelli presenti sul mercato. I tondini d’acciaio realizzati con i nostri macchinari, inoltre, vengono utilizzati nella realizzazione delle rotaie per linee ferroviarie ad alta velocità in tutta Europa». Quali sono le prerogative del vostro impianto di produzione? «Il software di gestione è stato progettato in maniera tale da rendere possibile il versionamento dell'impianto al cambio della produzione tramite un apposito pannello operatore dal quale è possibile impostare i parametri di tutte le operazioni, e dove viene visualizzata l'autodiagnostica, la segnalazione di eventuali errori e la rappresentazione grafica delle fasi di lavoro. Inoltre permette, mediante una diagnostica supportata da disegni interattivi, di guidare l’operatore nel il guasto, risolverlo e quindi far ripartire l’impianto nel più breve tempo possibile». La ricerca di soluzioni innovative ha prodotto i risultati sperati, dunque? «L’innovazione è il punto di forza e di valore

80% EXPORT

Ralc Italia negli ultimi anni ha rafforzato la propria presenza nei mercati austriaco, olandese, spagnolo e francese

di un’impresa quando si muove nell’ottica del dinamismo dei mercati e dell’evoluzione delle idee: è questo quello che ha permesso a Ralc Italia, grazie alla tecnologia di processo applicata ai macchinari forniti ai clienti, di ridurre i fermi impianto da quattro ore a venti minuti». Un servizio che sembra essere studiato sulle esigenze del cliente. «La nostra azienda si distingue proprio per la capacità di individuare le soluzioni più adeguate ai problemi produttivi dei clienti e di occuparsi internamente della progettazione tecnica ed esecutiva, compresa la parte pneumatica ed elettronica. Il tutto nel rispetto dei parametri di massima convenienza economica». Questo ha comportato un salto di qualità anche nei confronti dei mercati stranieri? «Negli ultimi anni abbiamo rafforzato la nostra presenza nei mercati di paesi come l’Austria, l’Olanda, la Spagna e la Francia e abbiamo installato nuovi impianti in Inghilterra, Polonia, Cina ,Stati Uniti d’America, Ungheria, Svezia, Norvegia, Russia e Brasile. A testimonianza di come la costante ricerca di innovazione permetta di raggiungere, giorno dopo giorno, nuovi traguardi e progetti da esportare oltre i confini nazionali». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 77


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Strettamente legati all’avanguardia tecnologica

ei mercati di nicchia fondati sull’avanguardia tecnologica, costante ricerca innovativa e sviluppo di tecnologie di eccellenza sembrano essere le caratteristiche fondamentali su cui investire. È il caso ad esempio del mercato di Aeroel, azienda di Pradamano che produce micrometri e calibri laser ad alta precisione per uso industriale. «La nostra produzione si rivolge a La produzione di micrometri e calibri laser mercati di nicchia dove le grandi multinazionali nostre concorrenti non possono arrivare per ad alta precisione per uso industriale mancanza di tornaconto sotto il profilo costi/be- richiede una costante ricerca e lo sviluppo nefici» afferma Antonio Spizzamiglio, presidente della società. «L’assoluta necessità di garantire di tecnologie sempre più evolute. l’eccellenza delle prestazioni ci consente di ri- Antonio Spizzamiglio fa il punto su un volgerci a un mercato di target elevato, cioè aziende dotate di macchine che richiedono as- mercato di nicchia e su strumenti pensati soluta e costante precisione nelle lavorazioni, per ottimizzare le lavorazioni industriali ma al tempo stesso ci impone di circoscrivere la nostra presenza alle aree geografiche nelle quali Eugenia Campo di Costa possiamo garantire assistenza qualificata e supporto continuo: Europa e Usa». Dunque vi rivolgete sia a mercati nazionali che internazionali. Quali sono i settori che offrono oggi più opportunità? «Naturalmente i riscontri maggiori si hanno nei mercati dove sono ubicate le industrie a più elevato contenuto tecnologico. Come il settore della produzione automobilistica di alta gamma, per il quale i nostri sensori sono i più adatti. Nei mercati dell’Europa e degli Usa, l’esigenza di soluzioni di massima qualità, inoltre, è più diffusa e avAntonio Spizzamiglio, vertita rispetto, per esempio, ai mercati asiatici presidente della Aeroel emergenti». di Pradamano In che cosa consiste, nello specifico, la voe, nella pagina accanto, alcune applicazioni stra attività? di calibri laser «Studiamo, progettiamo e costruiamo miwww.aeroel.it crometri e calibri a luce laser destinati a tutti i settori industriali in cui sono richieste misurazioni di alta precisione, senza contatto fisico, su componenti meccanici in movimento: aste di ammortizzatori, spinotti, alberi motore, fili metallici o in gomma, di qualsiasi diametro compreso all’interno dei fasci laser. Intervenendo durante il processo è possibile elimi-

N

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Antonio Spizzamiglio

La nostra produzione si rivolge a mercati di nicchia dove le grandi multinazionali nostre concorrenti non possono arrivare

nare la formazione di scarti di lavorazione e garantire che il 100% del prodotto finito rispetti le tolleranze programmate e i parametri di qualità assegnati». Quali sono le applicazioni più usuali dei calibri a luce laser? «Trovano applicazione nell’industria meccanica, specialmente nell’indotto dell’auto e degli elettrodomestici. Nella fabbricazione di conduttori elettrici, un calibro laser controlla il diametro

esterno del cavo e regola l’estrusore per mantenere il prodotto in tolleranza e per consentire notevoli risparmi di costoso materiale isolante. Il filo di acciaio o di rame trafilato è un altro prodotto che viene normalmente controllato da calibri laser, allo scopo di fermare la trafila quando l’usura della filiera causa un aumento di diametro oltre il limite di tolleranza. I calibri laser trovano inoltre applicazione durante l’estrusione di tubi di plastica o di vetro, nella produzione di fili smaltati per avvolgimenti elettromagnetici, infine, si sono rivelati efficaci e vantaggiosi anche in applicazioni fuori linea, per la misura a campione e il controllo statistico di processo». Tra i vostri clienti annoverate anche nomi molto noti, come Pirelli, Peugeot, Fiat. «Sì, e ancora i Gruppi Michelin, Good Year, Bosch, General Electric. Anche il Cern di Ginevra ci ha sottoposto la soluzione di un problema di misurazione laser di cui non conoscevamo le finalità. Abbiamo fornito lo strumento dotato di software specifico, quindi abbiamo scoperto che è stato poi impiegato nel nuovo acceleratore di particelle per simulare il Big Bang». Quali sono le ultime innovazioni tecnologiche firmate Aeroel? «La tecnologia No-Var (No-Variation) sviluppata per i micrometri laser Aeroel. Questa innovazione tecnologica permette di effettuare perfette misure di diametro anche in condizioni ambientali non controllate, quando la temperatura si discosta sensibilmente da quella di riferimento (20°C). Grazie a questa nuova tecnologia è possibile raggiungere in officina o in linea gli stessi risultati ottenibili in una sala metrologica a temperatura controllata, misurando qualsiasi materiale e anche quando la temperatura ambientale varia entro un massimo di qualche grado all’ora». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 79


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Lavorazioni galvaniche traguardi N e prospettive Studiare sempre nuove lavorazioni. Per ottenere risultati perfetti. La Zinco – Cromatura investe sulla diversificazione dei servizi per offrire un valore aggiunto. Con particolare attenzione all’ambiente. L’esperienza di Oscar Gobbo Eugenia Campo di Costa

Oscar Gobbo, titolare della Zinco-Cromatura. Nella pagina accanto, un esempio di zincatura elettrolitica a telaio www.zinco-cromatura.it

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on fermarsi mai. Investendo in ricerca e sviluppo. È questa la linea guida dell’azienda Zinco - Cromatura di Fiume Veneto, che ha svoltato il periodo di crisi registrato nel 2009 grazie a una diversificazione innovativa dei servizi, proponendo sempre soluzioni all’avanguardia, in grado di dare valore aggiunto alla tradizionale lavorazione galvanica. Sempre con un’attenzione particolare all’impatto ambientale. Nata nel 1963, la Zinco – Cromatura fornisce servizi e prestazioni di alta tecnologia e qualità nelle lavorazioni galvaniche di metalli, in particolare nella zincatura elettrolitica alcalina di tipo statico e rotobarile, nella brunitura chimica e nell’autophoresi. Attualmente conta più di 700 clienti in diverse zone d’Italia. «Le lavorazioni sono garantite per qualità e ripetibilità grazie all’utilizzo di impianti computerizzati, in grado di ottimizzare le varie fasi della lavorazione» afferma il titolare Oscar Gobbo. «Anche se al momento non possediamo una certificazione, sono i clienti stessi a omologare la nostra produzione». In che senso? «Con i nostri maggiori committenti, lavoriamo in condizioni di free-pass. Vale a dire che i nostri materiali, nel momento in cui entrano nelle aziende, non vanno al collaudo, ma direttamente al montaggio. Questo permette all’azienda, che evidentemente ha piena fiducia nel nostro operato, di saltare le fasi di collaudo e magazzino, risparmiando così tempo e risorse». In quali settori intervenite principalmente? «Le nostre lavorazioni si estendono su tantissimi settori delle produzioni industriali, artigianali, artistiche e hobbistiche. Quindi i nostri mercati di riferimento spaziano dal tessile, all’agricoltura, dal navale, al giardinaggio, al motoristico in senso lato. Ad esempio, tra i nostri clienti abbiamo un’azienda che fa installazioni per segnalazione tracciati per gli elicotteri, siamo omologati con i cantieri navali di Monfalcone e quindi con tutti i cantieri d’Italia cui Monfalcone fa capo. A Lucca serviamo un’azienda che fa impianti per le piattaforme petrolifere e usa il nostro rivestimento autophoretico per garantire più resistenza all’erosione del mare». In che cosa consiste il rivestimento auto-


Oscar Gobbo

Un’azienda solida Nata nel 1963, l’azienda Zinco - Cromatura deriva dalla precedente azienda artigiana Ceschin Luigi, fondata dallo zio dell’attuale titolare e già impegnata nell’ambito delle lavorazioni galvaniche. Oscar Gobbo ha quindi deciso di procedere su questa strada, specializzandosi sempre di più e ricercando incessantemente nuove soluzioni per lavorazioni sempre migliori. Attualmente l’azienda, sempre rimasta a conduzione familiare, è di medie dimensioni. Conta circa 15 dipendenti. Circa l’80% dei dipendenti, è nell’azienda da anni e conosce alla perfezione tutte le lavorazioni, i clienti e i fornitori. Situata alla periferia di Pordenone, Zinco – Cromatura sorge oggi su una superficie di 22 mila mq. L’Azienda effettua principalmente lavori di zincatura, autophoresi, brunitura, trovando applicazione nei settori più disparati. Collabora con progettisti e designer per ottenere il miglior risultato possibile.

phoretico? «È una lavorazione ancora poco conosciuta in Italia, ma che permette di ottenere risultati ottimali. La nostra azienda dispone dal dicembre 2000 del primo impianto galvanico di rivestimento ACC 866 presente in Italia. L’ACC 866 è un rivestimento ad alta protezione antiruggine, applicabile anche su superfici di difficile accesso con i noti sistemi galvanici. Il deposito è basato sulla reazione chimica tra il bagno galvanico e le superfici ferrose immerse in esso, le quali si ricoprono uniformemente e indipendentemente dalla loro conformazione geometria. Il rivestimento autophoretico è un polimero, pertanto assolutamente ecologico. La Zinco-cromatura ha anche messo a punto una tecnica per porre sopra il rivestimento una qualsiasi tinta. Questa metodologia resta una peculiarità della nostra azienda, e pertanto segreta: nessuno sa come colorare i rivestimenti dopo l’autophoresi». Quali altre lavorazioni effettuate? «La zincatura elettrolitica sia a telaio, con i pezzi appesi su appositi telai, che a rotobarile. In questo caso la merce viene immersa in massa nei liquidi all’interno del rotobarile. La zincatura può essere sia bianca (azzurro brillante) che gialla iridescente. Consiste fondamentalmente nei bagni alcalini che danno maggiore protezione perché hanno un potere penetrante eccezionale. Un’altra lavorazione è la brunitura chimica, effettuata sia su ferro e acciaio che sulla ghisa. Per brunitura chimica si intende la coloritura di questi materiali mediante speciali soluzioni chimiche. La tonalità del colore varia dal rosso mattone al nero testa di moro a seconda della composizione chimica del materiale. La ghisa, ad esempio, prende una tonalità diversa a seconda della lega di cui si compone perché se è molto sferoidale, quindi simile all’acciaio, è più scura, se contiene tanto carbonio, è più chiara, anche color mattone. L’oliatura conferisce al trattamento un aspetto ›› FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 81


IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› brillante». Si può effettuare brunitura anche su acciaio inox? «Di recente abbiamo incluso anche la brunitura dell’acciaio inossidabile 316. Questa lavorazione serve soprattutto alle aziende che devono eliminare i riflessi del materiale, essendo costrette per la specifica dell’articolo che producono, a utilizzare l’acciaio 316, che è il massimo quanto a resistenza e antiruggine. Il problema è che l’acciaio è molto lucido, allora la brunitura, per evitare riflessi potenzialmente pericolosi, è fondamentale soprattutto nel caso di elicotteri o aerei». Un’altra lavorazione simile è la fosfatazione allo zinco spessore, giusto? «La fosfatazione allo zinco spessore ha una resistenza alla ruggine un po’ inferiore alla zincatura elettrolitica ma superiore rispetto alla brunitura. Il vantaggio è che sopra un trattamento di fosfatazione allo zinco spessore si può effettuare una verniciatura di qualsiasi tipo, e aggiungere colle per incollare altri materiali, quale gomma o plastica. Grazie alla fo82 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

Vogliamo ampliare la gamma dei servizi e stiamo facendo delle prove con aziende importanti a livello nazionale e internazionale, per rivestimenti diversi ed ecologici

sfatazione allo zinco spessore, ad esempio, abbiamo risolto un grosso problema a un’azienda che realizza pompe e che aveva problemi di incollaggio. Gli incollaggi che eseguiva direttamente su metallo non erano abbastanza vincolanti. Attraverso la fosfatazione allo zinco, abbiamo potuto eliminare il contatto del metallo base, la colla è andata a impregnare i fosfati di zinco che, essendo un po’ grezzi, hanno fatto sì che l’incollaggio avesse maggior aderenza e maggior durata». Qual è la lavorazione più utilizzata nel settore navale? «Nei cantieri navali utilizziamo principalmente il decapaggio che permette di pulire all’interno i tubi dei motori delle navi, quindi tubi per


Oscar Gobbo

Alcuni esempi di lavorazione della Zinco – Cromatura e, a destra, una fase di lavorazione con l’utilizzo del computer

nafta, olio e acqua del motore. In questo modo si eliminano corpi estranei che possono portare il motore in avaria». Quali pensa siano le tendenze del settore delle lavorazioni galvaniche? «Credo che la galvanica tradizionale andrà gradualmente sparendo, sia per l’introduzione di tecniche innovative che per la crescente attenzione all’impatto ambientale. Non si troveranno più in commercio certi prodotti perché le aziende saranno costrette a non produrli, com’è stato fatto due anni fa con il cromo esavalente, oggi fuori mercato, sostituito da quello trivalente. Penso che sia necessario essere pronti a questi cambiamenti, saperli prevedere. Ecco perché la nostra azienda punta tantissimo sulla ricerca e lo sviluppo». Ad esempio? «Abbiamo in programma di ampliare la gamma dei servizi da inserire all’interno della nostra offerta e stiamo facendo delle prove con aziende importanti a livello nazionale e internazionale, per rivestimenti diversi ed ecologici. D’altronde anche dalla crisi del 2009 ci siamo risollevati proprio ampliando le lavorazioni e siamo ancora su quella strada. Credo che la diversificazione sia la carta vincente. La Zinco - Cromatura, inoltre, non teme la concorrenza: evito di copiare le attività di chi presta già un certo servizio nel mio ramo nell’arco di 20/30 Km. Voglio poter offrire ai clienti qualcosa che da altri non possono trovare, un certo valore aggiunto. E la merce che esce dall’azienda deve essere perfetta. A questo scopo collaboriamo spesso anche con progettisti e designer. Dico sempre ai miei dipendenti che, siccome realizziamo

pezzi nuovi, li devono fare come se dovessero essere messi in vetrina. La merce dalla Zinco Cromatura deve uscire perfetta. Quando riceviamo una commessa guardiamo la merce, e capiamo subito se con le nostre lavorazioni si può ottenere un buon lavoro o meno, talvolta andando anche oltre il nostro interesse». Quali sono le principali innovazioni tecnologiche cui state lavorando? «Stiamo studiando e testando un trattamento particolare, che permette di ottenere tutte le colorazioni su di un rivestimento che diventa rigido. Inoltre stiamo sperimentando una nuova brunitura, non oleata ma asciutta, al fine di ottenere un trattamento che duri nel tempo e possa essere utile anche per oggetti e soprammobili. Il procedimento è un po’ più lungo, consiste nella brunitura e nel passare poi il materiale in altre sostanze. I risultati sembrano però positivi e soprattutto rispettosi dell’ambiente. Le prospettive di sviluppo dell’azienda sono notevoli, enormi le potenzialità. L’obiettivo è creare sempre nuove lavorazioni con un occhio attento all’impatto ambientale». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 83


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Verso la diversificazione produttiva Sono tante le aziende del Nord Est italiano operanti nel settore della carpenteria leggera. Solo poche di queste hanno saputo diversificare l’attività produttiva alla luce dell’evoluzione tecnologica. Lo sa bene Gianfranco Ros Erika Facciolla

Gianfranco Ros, titolare dell’omonima azienda di Azzano Decimo (PN). Nelle altre immagini, alcune fasi di lavorazione www.rosrg.com

li anni Ottanta hanno visto la fioritura di molte aziende di medie e piccole dimensioni a vocazione prevalentemente artigiana, specializzate nella produzione di lavorazioni metalliche e carpenteria leggera. Nel corso dei decenni successivi, lo sviluppo tecnologico e l’evoluzione dei mercati hanno indotto le aziende a differenziare e ampliare la propria offerta produttiva, riservando un’attenzione maggiore alla qualità del servizio e alla capacità di realizzare un prodotto ‘chiavi in mano’, ritagliato sulle esigenze del cliente. Un’evoluzione che ha interessato un comparto concentrato per lo più nel nord-est d’Italia, con profonde implicazioni nel tessuto industriale dell’intero sistema-

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paese. Nuovi settori merceologici da soddisfare, richiesta di soluzioni sempre più all’avanguardia, forte concorrenza dalle industrie straniere avvantaggiate dalla disponibilità di manodopera a basso costo. Questi fattori hanno spinto le aziende più virtuose a dare impulso alla ricerca e allo sviluppo del prodotto, con un occhio sempre attento ai repentini mutamenti del mercato. Una di queste è la Ros, azienda friulana nota per il servizio di fornitura di lavorazioni per conto terzi di laminati metallici come acciaio, inox, ferro zincato e alluminio. Gradualmente, la Ros ha potuto diversificare l’attività produttiva specializzandosi in lavori di carpenteria leggera. Gianfranco Ros, titolare dell’azienda, racconta la sua esperienza. Qual è la prerogativa della Ros? «Uno dei punti fermi dell’azienda è senza dubbio l’innovazione tecnologica. L’essere sempre all’avanguardia, affrontare investimenti anche nei momenti di crisi economica per avvantaggiarsi sulla concorrenza nel momento della ripresa». Può fare un esempio concreto? «All’inizio del 2010, nel pieno della crisi, è stato effettuato un investimento considerevole, l’acquisto di una punzonatrice elettrica combinata al


Gianfranco Ros

L’azienda è presente in molti settori merceologici, dal navale all’ecologia, dal meccanotessile all’elettrodomestico

taglio laser, macchinario che offre l’opportunità di unificare alcuni tipi di lavorazioni ottenendo più precisione e una sensibile diminuzione di tempi e costi di produzione». Una scelta coraggiosa ma anche un bel passo avanti rispetto agli inizi. «Decisamente, soprattutto se pensiamo che in principio l’azienda disponeva di un laboratorio di settantacinque metri quadrati, una cesoia da due metri e una punzonatrice monopunzone. Dal 1989 l’area lavorativa si è ampliata raggiungendo gli oltre seimila metri quadri attuali e il ‘salto tecnologico’ ci spinge continuamente all’inserimento di macchinari sempre più innovativi». In quali settori è presente oggi l’azienda? «L’azienda è presente in molti settori merceologici, dal navale all’ecologia, dal meccano-tessile all’elettrodomestico, passando per le telecomunicazioni e il metalmeccanico in generale». Un impegno notevole considerando lo sforzo produttivo e logistico. «La nostra risorsa principale è la disponibilità dei collaboratori che permette all’azienda di essere sempre flessibile nella gestione della produzione. L’ufficio tecnico, inoltre, è in grado di seguire il cliente in fase di progettazione e di svi-

luppo dei prodotti, al fine di ottimizzare i tempi di consegna e di indicare la tecnologia produttiva adeguata». Ultimamente le aziende del settore devono conformarsi a normative sempre più severe in fatto di sicurezza sul lavoro. Cosa avete fatto in tal senso? «In primo luogo effettuiamo verifiche periodiche tramite un consulente medico. Abbiamo già provveduto all’installazione di impianti a norma per l’aspirazione dei fumi nelle postazioni di saldatura e di taglio laser. In generale, l’area di produzione è suddivisa nei vari reparti di lavorazione e rispetta tutte le normative vigenti per la tutela della salute nell’ambiente di lavoro». E per quanto riguarda il controllo qualità? «Da oltre dieci anni l’azienda ha ottenuto la certificazione del processo produttivo secondo le norme Uni En Iso per la produzione e l’assemblaggio di prodotti in lamiera. L’introduzione del sistema di gestione della qualità ha comportato l’inserimento di una figura professionale dedicata, che funge da supervisore ai controlli effettuati dagli operatori e che è responsabile del controllo finale degli articoli prima della spedizione al cliente».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

La crisi si supera con ricerca e investimenti Nel pordenonese, il comparto del mobile vive la storica produttività della Durante & Vivan. Affermata nel mercato nazionale, oggi più che mai segue la rotta dell’internazionalizzazione. A rinvigorire l’operatività aziendale, non mancano le partnership e i dislocamenti esteri Adriana Zuccaro

In alto, da destra, Tarcisio e Luigi Durante, rispettivamente presidente della Durante & Vivan e presidente della Sirca. Sotto, sede della Durante & Vivan a Ghirano di Prata (PN) www.durante-vivan.com

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e mutevoli tendenze di mercato riflettono sempre i livelli di soddisfazione del fruitore finale di un dato prodotto o servizio. L’affermazione progressiva di un player industriale è quindi sottesa al valore qualitativo della produzione e alle capacità manageriali di chi non si ferma neanche dinnanzi alla crisi economica ma, al contrario, forte di una realtà imprenditoriale priva di stalli, la utilizza come trampolino di lancio verso nuove mete espansionistiche. In tal senso risulta esemplare l’attività perseguita da Tarcisio e Luigi Durante, imprenditori al comando della Durante & Vivan, società operante da circa 50 anni nella produzione di adesivi industriali per il settore del mobile e arredo, artefici di un’importante realtà industriale che si collega anche ad altre società attive con altri prodotti, nel comparto del mobile e nel settore agricolo-immobiliare. «All’affermazione nel mercato nazionale è seguita la rotta dell’internazionalizzazione che perseguiamo senza sosta, in una costante che non ha riscontrato interruzione nemmeno in questi anni di crisi del settore – spiega il cavaliere Tarcisio Durante, presidente della Durante e Vivan –. Sul piano commerciale infatti, la società ha una ramificata rete di vendita in Italia e all’estero, oltre che una sede commerciale ad Istanbul attraverso la quale opera nel mercato turco e nei paesi limitrofi». Da alcuni anni poi, in una prospettiva di maggior respiro, la D&V è presente anche nel mercato cinese con uno stabilimento produttivo a Shanghai, la Durante e Dynea, nato dalla joint venture con il gruppo chimico multinazionale Dynea. «Questa unità, espressione

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Tarcisio e Luigi Durante

Sinergie in partnership Fra poco più di un anno la Durante & Vivan festeggerà l’importante traguardo di 50 anni di attività. Un lungo cammino di successi ma anche di sfide, e di cambiamenti organizzativi e tecnologici che hanno condotto all’acquisizione di un secondo stabilimento e consentito di adeguare costantemente l’azienda al mutamento dei tempi. Tra le varie attività, infatti, la famiglia Durante detiene la quota di maggioranza della società Sirca, uno dei maggiori player a livello Europeo nella produzione di vernici per legno. In un quadro sinergico, Sirca e D&V lavorano in collaborazione soprattutto nel processo di internazionalizzazione di entrambe le società, utilizzando talvolta gli stessi canali di vendita e offrendo alla clientela un pacchetto completo di prodotti per il legno.

della tecnologia D&V, è stata concepita per fornire il mercato asiatico che, per caratteristiche applicative e culturali, predilige fornitori locali» precisa Luigi Durante. In termini di produttività, la società è negli anni giunta a una sempre più affinata specializzazione nello sviluppo e produzione di adesivi per il legno destinati a molteplici utilizzi come rivestimenti, bordatura e laminazione a servizio di tutte le aziende di componentistica e semilavorati per mobili. Infatti, «il punto di forza di tutte le nostre attività risiede nel fatto che sono ormai ben radicate nel territorio pordenonese di PrataBrugnera, epicentro della produzione del mobile ma anche terra di tradizioni e valori etici imprenditoriali, in cui operiamo puntando alla ricerca costante della qualità e dello sviluppo tecnologico, e reinvestendo in azienda i risultati economici conseguiti – sostiene il presidente –. Questo ha consentito di raggiungere una consolidata dimensione che genera un fatturato di 40 milioni di euro». La struttura operativa delAlla crisi l’azienda comprende uno starispondiamo con bilimento produttivo, laboraobiettivi sempre tori di ricerca e applicativi, più ambiziosi, uffici amministrativi e commerciali, nella quale sono ocincentrati cupati 70 dipendenti. «Siamo sulla ricerca, convinti che il fattore più iml’innovazione e portante per l’affermazione nuovi investimenti aziendale sia il capitale umano – afferma Luigi –. Puntiamo

molto sulla formazione del personale per creare un team di eccellenza che guidi la società nelle sfide future». Sono molte le dinamiche operative che legano la crescita di D&V a quella dei suoi clienti. Un esempio fra tutti è rappresentato dalla fornitura di adesivi per la produzione dei componenti e semilavorati per il mobile che la D&V procura ai più importanti toll-producers del colosso svedese Ikea, localizzati proprio nel territorio pordenonese. «In un certo senso è stata creata una filiera integrata, fatta di strutture snelle, costi bassi e alta produttività, soddisfacendo le richieste del cliente finale – racconta Tarcisio Durante –. Non solo Ikea, ma in generale il mercato diventa sempre più competitivo: la globalizzazione, il ristagno economico di alcune aree, i repentini mutamenti normativi aumentano la complessità e tendono a comprimere i margini di contribuzione. Noi rispondiamo con obiettivi sempre più ambiziosi, incentrati sulla ricerca, l’innovazione tecnologica e di prodotto, e ancora nuovi investimenti». Anche la qualità è un punto fondamentale della filosofia Durante & Vivan, un concetto inteso non solo come livello di performance dei prodotti, ma anche come responsabilità nei confronti dell’ambiente e del mercato. FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 95


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Puntualità e precisione di origine controllata In 30 anni di attività i prodotti della Penta di Monfalcone conquistano Europa e America, e puntano dritti all’Asia. Grazie all’innovazione ideata e immessa nel mercato da Doriano Forza, su un binario di design accattivante e competitività Valeria De Meo

orologio. Gioiello prezioso da esibire, ma anche strumento necessario per orientarsi nel tempo. Da parete, da polso, da tasca; orologi a pendolo, a cucù, analogici, digitali, a corda, a batteria. Ce n’è per tutti i gusti, vizi, misure e portafogli. L’Italia in materia di orologeria non ha niente da invidiare alla Svizzera, può vantare una ricca tradizione artigiana che risale al 1200. Oggi le botteghe dei mastri artigiani sono state sostituite da complessi industriali, ma cambiando l’ordine dei fattori il risultato non è cambiato: il prodotto è di qualità, un made in Italy pratico, preciso e innovativo. Come il prodotto della Penta, azienda che distribuisce quattro marchi di orologi e che deve la sua esistenza all’esperienza trentennale del titolare, il dottor Doriano Forza. La fortuna dell’azienda è sì legata alla buona posizione geo-

L’

Doriano Forza è il fondatore dell’azienda Penta. Nelle altre immagini, alcuni modelli di orologi dei marchi Zzero e Smarty e una fase di lavorazione www.zzero.com

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grafica, l’azienda è a Monfalcone, in provincia di Gorizia vicina all’aeroporto internazionale e al maggior porto commerciale dell’Adriatico, ma deve quasi tutto alle capacità del suo fondatore, che ha adottato una strategia aziendale basata su qualità, e quindi garanzia del prodotto, design accattivante, e soprattutto prezzi competitivi. «Tutte le proposte Penta hanno sempre avuto come comune denominatore un alto rapporto tra qualità intrinseca del prodotto e prezzo riservato al pubblico: nelle nostre collezioni non si troveranno mai orologi sopravvalutati da un punto di vista tecnico». Oggi la Penta distribuisce quattro marchi: ZZero, Smarty, Lotto e Thierry Mugler, tutti accumunati dall’intento di assecondare le fluttuazioni di gusto e le tendenze del mercato. «ZZero nasce circa 22 anni fa – ci dice il dottor Forza- ma lo presenteremo solo quest’anno anche in termini di storia. Il brand richiama ad un numero, lo zero, scelto per contraddistinguere un’azione ben precisa: quella di individuare, attraverso un prodotto, un segnale di cambiamento. Nell’89 lavoravo bene – rivela – ma sentivo l’esigenza di cambiare. Quello per


Doriano Forza

I marchi ZZero, Smarty, Lotto e Thierry Mugler, sono tutti accumunati dall’intento di assecondare le fluttuazioni di gusto e le tendenze del mercato

me è stato il momento zero e cosa, meglio di un orologio, può rappresentare questo?». Per il brand Smarty è tutta un’altra storia, fatta di rivincite. «Il biennio 2008-2009 per noi è stato di calo, a causa di scelte sbagliate o non fatte – afferma il titolare della Penta – ma ci siamo ripresi nel 2010, quando abbiamo registrato un record di vendite. Io ho una concezione: non esiste crisi e non esiste successo. Basta trovare – puntualizza Forza - quello che funziona all’interno di un mercato e cavalcare l’onda. Noi l’abbiamo fatto con Smarty, che ci ha permesso di raddoppiare i fatturati e creare 1200 punti vendita in Italia in 8 mesi, cavalcando l’onda del fenomeno degli orologi in silicone, colorati, e creando la variante analogica a quella digitale già esistente». Il prezzo molto basso di un orologio comunque di qualità, ha soddisfatto l’esigenza di acquisto delle persone, conquistando clienti in tutta Italia. «Smarty si vende

al prezzo di 25 euro. Questo ha fatto sì che l’orologio di moda ma sempre di qualità, fatto di silicone resistente all’acqua, potesse essere acquistato da tutti, senza sobbarcarsi grandi spese. Il punto è che, nonostante la crisi economica – prosegue Forza - la gente è comunque costretta a comprare perché così ci hanno educato negli ultimi venti anni». Ma il 2010 è stato per la Penta un anno anche di apertura al mercato straniero, europeo, americano e asiatico. «Con Smarty – spiega l’imprenditore – abbiamo distribuito prodotti in tutto il vecchio continente, e abbiamo raggiunto il mercato di Russia, Stati Uniti e Messico. Poi noi esponiamo alla fiera di Hong Kong – sottolinea – e lì abbiamo preso contatto sia per il mercato giapponese che coreano, che richiedono tempi di affermazione più lunghi». E i numeri alla Penta non mancano, sia sul quadrante degli orologi che per quelli che ruotano attorno: dieci dipendenti interni, circa settanta agenti che operano in tutta Italia, 250.000 pezzi venduti quest’anno, per un fatturato che si avvicina a 3 milioni euro. FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 97




EXPORT

Esportazioni in recupero ma la concorrenza aumenta Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, vede nella ripresa delle economie europee il fattore alla base della crescita del commercio estero Riccardo Casini

a una parte il calo della produzione industriale (-0,1% a ottobre nei confronti del mese precedente), dall’altra l’aumento delle esportazioni (+17,6% a ottobre rispetto a un anno prima). È uno scenario a due volti quello disegnato dagli ultimi rilevamenti Istat: l’ultimo rapporto sul commercio estero, in particolare, registra incrementi più sostenuti sul mercato extracomunitario (+21,9%) rispetto a quello interno all’Unione europea (+14,5%), con le importazioni che mostrano un incremento ancora superiore (22,5%). A ottobre il disavanzo commerciale risultava quindi pari a 2 miliardi di euro, un valore più che triplo rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Secondo Enrico Giovannini, presidente Istat, «nel corso della crisi le esportazioni hanno subito un calo eccezionalmente ampio, nell’ordine del 34% tra l’aprile 2008 e l’agosto 2009, al netto dei fattori stagionali. Successivamente le esportazioni verso i mercati extra Ue hanno mostrato un dinamismo maggiore. Il risultato intra-Ue di settembre è stato influenzato dall’esportazione di una nave da crociera verso il Regno Unito. D’altro canto, la ripresa delle economie europee, pur se iniziata con ritardo, è di particolare rilievo per il nostro Paese, conside-

D Sopra, Enrico Giovannini, presidente dell’Istat

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rando che il mercato comunitario assorbe poco meno del 60% delle nostre esportazioni». Quali sono i mercati più ricettivi nei confronti dei prodotti italiani? «I due principali mercati di sbocco sono la Germania e la Francia, con quote rispettivamente pari al 12,7 e all’11,6% del nostro export totale di beni. Seguono a grande distanza, con quote del 5-6%, gli Stati Uniti, la Spagna e l’aggregato dei Paesi Opec. In termini di dinamismo, si segnalano, invece, i mercati emergenti di Turchia, Cina e America Latina, sui quali nei primi nove mesi dell’anno le esportazioni italiane hanno segnato progressi compresi tra il 30 e il 50%». Quale situazione è lecito ipotizzare per il 2011? La crescita dell'export troverà continuità? «L’andamento attuale delle esportazioni è particolarmente vivace, ma le previsioni del Fmi dell’ottobre scorso indicano una tendenza alla moderazione dei ritmi degli scambi internazionali per il 2011. Ricordo, d’altro canto, che il dinamismo attuale dell’export corrisponde a una fase di recupero, non di vera e propria espansione: il valore di settembre, infatti, è simile a quello dell’ottobre del 2006 e di oltre il 15% inferiore rispetto al massimo raggiunto nella primavera 2008». Quali sono i settori produttivi che trainano le esportazioni? «Nel corso dei primi nove mesi dell’anno, i maggiori contributi alla crescita delle esporta-


Enrico Giovannini

zioni in valore sono venuti dai settori della metallurgia e dei prodotti in metallo (+19,3%) e della raffinazione petrolifera (+56,6%), grazie anche al recupero dei corsi dell’energia, dal settore chimico (+28,2%) e da quello dei mezzi di trasporto (+16,5%). Positiva, ma meno brillante, è stata invece la performance nei due poli di specializzazione per eccellenza, rappresentati dall’industria dei beni capitali e dalla filiera del tessile-abbigliamentocalzature». Quali sono invece le regioni più dinamiche? «Nella prima parte dell’anno si segnalano quelle insulari (+49,2%), dove l’export è stato trainato dalle produzioni energetiche, seguite da Puglia, Lazio, Trentino, Campania e Abruzzo, con variazioni prossime o superiori al 20% su base annua. Nel commentare le dinamiche territoriali, va però considerato che oltre il 60% delle esportazioni origina da sole quattro regioni, ovvero Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte, nessuna delle quali (a eccezione del Piemonte) ha segnato tassi di crescita superiori alla media nazionale». Quali Paesi rappresentano invece il pericolo maggiore in termini di concorrenza sui mercati? Le realtà emergenti come l’India possono rappresentare anche nel prossimo futuro una reale insidia?

«L’Italia ha subito più di altre economie europee la concorrenza dei Paesi emergenti sui propri mercati di sbocco, in ragione di una specializzazione commerciale nei settori “tradizionali” a tecnologia medio - bassa. Questa tendenza è destinata a proseguire e rafforzarsi negli anni futuri, estendendosi anche ad altre produzioni. La risposta più efficace è la ricollocazione verso aree di mercato dove la concorrenza di prezzo sia meno rilevante. In Italia si è determinata una sensibile perdita di quote e una drastica selezione delle imprese industriali in questi settori; il sistema ha risposto con una strategia molto accentuata di collocamento nelle fasce più alte di mercato e la parallela delocalizzazione delle attività a maggior intensità di lavoro». Quali conseguenze implica quest’ultimo fenomeno? «La delocalizzazione, naturalmente, sta portando i flussi che originano da imprese a controllo italiano al di fuori delle statistiche sul commercio estero: basti pensare che nella sola filiera del tessile-abbigliamento-calzature gli addetti esteri sono oltre 150mila. Con maggior lentezza è emerso anche un mutamento strutturale delle esportazioni, segnato dalla capacità di intercettare la domanda emergente in alcuni ambiti di specializzazione, quali le produzioni alimentari, le cui esportazioni non hanno risentito della crisi». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 109




EXPORT

L’inossidabile fascino dei prodotti italiani econdo gli ultimi dati Istat, a ottobre 2010 le esportazioni italiane sono aumentate del 17,6% rispetto allo stesso mese del 2009. Nei primi dieci mesi dell’anno, rispetto al corrispondente periodo del 2009, l’aumento è invece del 14,7%, con una dinamica più vivace per i paesi extra Ue (+15,9%) rispetto a quelli comunitari (+13,8%). Un aumento che, confrontato con lo stesso periodo del 2009, è determinato più da una crescita dei volumi (+8,6%) che non dei valori medi unitari (+5,6%). Nel complesso si tratta indubbiamente di dati positivi, che vanno però letti con tutte le precauzioni del caso, come precisa l’ambasciatore Umberto Vattani, presidente dell’Istituto nazionale per il commercio estero. «Le esportazioni italiane – spiega – mostrano

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112 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

Per Umberto Vattani, presidente dell’Ice, è necessario «agganciare le economie emergenti puntando a consolidare l’immagine del Paese nelle culture più lontane» Riccardo Casini

chiari segni di ripresa. Certo, stiamo recuperando dopo una difficilissima fase congiunturale. Ma tutti i numeri a nostra disposizione ci confortano sulla capacità delle nostre imprese di rafforzare le loro posizioni sui mercati internazionali. La flessione delle vendite nel 2009 ha colpito le imprese più grandi con maggiori capacità esportative, ma già ora assistiamo a un miglioramento che tende nuovamente a premiare le imprese di maggiore dimensione, con una presenza più radicata sui mercati esteri». Qual è il profilo medio delle aziende esportatrici? «Un ruolo particolarmente importante lo stanno svolgendo le medie imprese, ovvero quel “quarto capitalismo” industriale che ha accresciuto il suo contributo alle esportazioni totali lungo tutto l’ultimo decennio. Quanto alle imprese di minori dimensioni che caratterizzano da sempre il tessuto industriale italiano emergono ancora problemi di competitività su cui è necessario intervenire nei prossimi anni». Quali settori produttivi prevalgono? «La meccanica, i beni del sistema moda, quelli dell’agroalimentare e del sistema casa rappresentano le “4 A” del made in Italy. Il 50% delle esportazioni italiane all’estero continua a essere rappresentato da questi settori fondamentali. Tra questi, la meccanica costituisce l’industria più importante in termini di peso, con una quota del

Umberto Vattani, president dell’Istituto nazionale per il commercio estero


Umberto Vattani

Nell’ultimo decennio è arrivato un contributo sempre maggiore alle esportazioni da parte delle medie imprese

20% sull’export complessivo delle vendite nazionali». Quali sono in questo particolare momento le principali esigenze delle nuove pmi che si affacciano sul mercato estero? «In questo frangente di grande discontinuità rispetto al passato, le Pmi vanno accompagnate alla scoperta di nuovi mercati come quello cinese, russo e indiano, oltre a quelli dell’America Latina. Sono mercati più distanti, difficili da interpretare, comportano rischi maggiori, richiedono grande continuità d’intervento. Compito dell’Ice è quello di spiegare agli imprenditori le opportunità che si presentano in queste nuove aree di sviluppo, di allacciare relazioni con gli operatori sul posto, costruire appoggi presso le autorità locali e fornire un chiaro sostegno alle aziende nella ricerca di canali distributivi». Quali tra i servizi offerti dall’Istituto per il commercio estero sono maggiormente ri-

chiesti? «I funzionari dell’Istituto hanno una profonda conoscenza dei mercati internazionali. In anni di lavoro sul campo hanno accumulato competenze nei principali settori di riferimento, conoscono gli operatori più importanti e sanno valutare le opportunità offerte dal mercato. L’Ice fornisce ogni anno circa 22mila servizi di consulenza a oltre 15mila imprese. Tra i servizi più richiesti la “Ricerca clienti e partner esteri” che permette di individuare dei partner commerciali locali interessati a rappresentare o distribuire il prodotto o il servizio italiano. Sono anche frequenti le richieste per l’organizzazione di eventi promozionali e fiere, per incontri di affari e nominativi d’importatori». Il made in Italy gode comunque di grandissima fama all’estero. Quali paesi si dimostrano più ricettivi? Su quali occorrerebbe invece puntare maggiormente? «Il richiamo del prodotto italiano rimane molto forte perché evoca la lunga tradizione artigianale e industriale italiana. È sinonimo di cura dei dettagli e di qualità: dobbiamo preservare quest’immagine difendendo l’autenticità dei nostri prodotti. Per quanto riguarda i paesi più ricettivi, le nostre esportazioni continuano a essere orientate principalmente verso i paesi Ue e quelli FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 113


EXPORT

dell’Europa orientale. Per ora, ai primi posti della graduatoria compaiono Germania, Francia e Stati Uniti; per incontrare il principale paese emergente, la Cina, bisogna scendere fino all’ottava posizione». Come si spiega questo dato? «È naturale che i mercati più vicini e sicuri continuino a essere la meta preferita delle nostre imprese, questo discorso vale anche quando si esaminano gli investimenti diretti esteri. Ma, come mette in evidenza il Rapporto dell’Ice presentato nel luglio scorso, entro il 2015 è proprio nei mercati emergenti che saranno principalmente concentrati i consumatori che raggiungeranno, per la prima volta, un reddito superiore ai 30mila dollari. Si tratta soprattutto di Cina, India, Brasile e Messico, paesi in cui la crescita di un’ampia classe media rappresenterà nuove e importanti opportunità per le nostre imprese». Quali politiche dovrebbe seguire l’Italia? Quale dovrà essere in futuro il ruolo dei dazi? «In generale i paesi del G20 non hanno ceduto alle pressioni protezionistiche che ogni crisi porta con sé. Al contrario abbiamo registrato un 114 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

aumento delle misure volte a rilanciare il commercio. L’Italia deve assolutamente agganciare le economie emergenti, puntando a consolidare l’immagine del Paese in queste culture lontane, a rafforzare le collaborazioni industriali e a individuare i canali di distribuzione più promettenti». Quanto può influire sulla tutela dei nostri prodotti l’approvazione di un brevetto europeo in tre lingue, da cui verrebbe escluso l’italiano? Si tratta di una questione esclusivamente politica o sono realmente ipotizzabili danni economici per le imprese italiane? «Non possiamo essere contenti del fatto che l’italiano non consenta - come tale - di brevettare innovazioni tecnologiche a livello europeo. Anche perché l’utilizzo forzato di altre lingue impone alle aziende costi supplementari e rende più difficile la conoscenza di quanto accade nel campo dell’innovazione tecnologica e della proprietà intellettuale. Rimane tuttavia il fatto che il brevetto europeo costituisce un traguardo positivo che rafforzerà la nostra competitività, la nostra capacità di difendere il know how italiano nel mondo».



FORMAZIONE

La formula vincente della formazione “su misura” «Partire dalla domanda espressa da lavoratori ed aziende». È Il corretto approccio formativo per il presidente di Formindustria Giuseppe Morandini Renata Gualtieri Italia si colloca, come è noto, nella seconda metà della classifica dei Paesi europei in cui la formazione viene utilizzata come strumento di miglioramento della competitività aziendale. Sicuramente non c’è possibilità di confronto con quanto si fa nei paesi scandinavi, ma anche in Germania, Francia, Gran Bretagna. Anche Spagna e Irlanda sono più avanti dell’Italia. «Ad ogni modo la crescita nella formazione c’è anche da noi – assicura il presidente di Formindustria Giuseppe Morandini – e si vede soprattutto da quando sono stati creati i fondi interprofessionali». Quali nel dettaglio le esigenze formative

L’

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espresse dalle imprese del territorio? «Scorrendo le attività formative condotte dal nostro Consorzio Formindustria nell’ultimo triennio, si ricava un quadro da cui emerge che la grande maggioranza delle azioni formative ha riguardato lo sviluppo di competenze tecnico/professionali (60%), seguita, a grande distanza dalle azioni formative nell’area della competenze gestionali e di processo (17%). Frequenti e numerose sono state le richieste, e quindi gli interventi, nelle aree ambiente e sicurezza sul lavoro, e non solo per la frequenza ai corsi obbligatori ma soprattutto con attività di formazione integrativa. Anche l’area dell’internazionalizzazione ha visto numerose richieste, come pure restano costanti le esigenze formative espresse nell’aggiornamento delle competenze informatiche. Più in generale possiamo senz’altro affermare che, con le notevoli facilitazioni introdotte dal Fondo interprofessionale per la formazione costituito da Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, nelle opportunità di finanziamento dei piani formativi, molte aziende anche medio piccole si sono avvicinate alla formazione e hanno contribuito ad allargare la platea dei lavoratori che hanno potuto beneficiare di interventi formativi». Quali sono i settori che puntano maggiormente sulla formazione? «Nel nostro territorio la grande prevalenza di aziende del metalmeccanico e del legno fa sì che questi due settori siano anche quelli mag-

A fianco, Giuseppe Morandini, presidente di Formindustria


Giuseppe Morandini

giormente rappresentati nei piani formativi. Ormai, però, la formazione non è una questione di settori né di dimensioni aziendali, anche se continua parzialmente a prevalere, ma meno che in passato, la formazione nelle imprese di medio-grandi dimensioni». Il capitale umano è una leva strategica di crescita e di sviluppo della competitività delle imprese. Quali i piani formativi per la valorizzazione di questa importante risorsa? «Bisogna sempre rispondere guardando all’impegno nella formazione del consorzio di Confindustria Friuli Venezia Giulia: le opportunità offerte sono numerosissime e riguardano sia piani formativi di tipo territoriale e settoriale, principalmente rivolti ad aziende di dimensioni medie e piccole le cui esigenze formative vengono aggregate in azioni interaziendali o anche in micro interventi formativi su misura. Accanto a questa attività, finanziata dal conto di sistema di Fondimpresa, grande crescita si è registrata con i piani formativi aziendali (+150%), finanziati sempre da Fondimpresa con il conto formazione, ossia le risorse proprie dell’azienda che le versa, per effetto dell’obbligo dello 0,30, in un proprio conto a cui può at-

La prevalenza sul territorio di aziende del metalmeccanico e del legno fa sì che questi siano i settori più rappresentati nei piani formativi

tingere in qualsiasi momento per coprire gli investimenti nella formazione dei propri dipendenti». Quale l’approccio formativo che risulta vincente per la crescita delle risorse umane e delle aziende? «Lo sforzo che porta a migliori risultati è quello che parte dalla domanda espressa da lavoratori ed aziende e costruisce quindi gli interventi formativi “su misura”, valorizzando le competenze esistenti, fornendo strumenti di miglioramento e di superamento delle criticità, adattandosi ai tempi organizzativi e produttivi senza creare impegni eccessivi e proponendo frequenti occasioni di confronto con l’utilizzo di metodologie formative che privilegiano lo scambio di esperienze e l’esercitazione in role-playing come elementi di significativo peso rispetto alla docenza frontale». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 117



ADRIANO LUCI Presidente di Confindustria Udine MAURIZIO CINI Presidente di Confindustria Pordenone


L’economia al servizio dell’uomo «Occorre concentrare i nostri sforzi per arricchire le competenze e le eccellenze che già abbiamo». Il presidente degli industriali di Udine, Adriano Luci, individua le strategie necessarie per elevare l’elemento qualitativo delle imprese friulane Renata Gualtieri

Qui sotto, il presidente di Confindustria Udine Adriano Luci (foto Buldrin); in apertura, Palazzo Torriani, sede di Confindustria Udine (foto Gasperi); nella pagina a fianco, l’iniziativa “Fabbriche Aperte”

n’alta incidenza d’imprese radicate nel territorio, che rappresentano il tessuto del nord e del nord est d’Italia. In un contesto generale che presenta serie

U

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difficoltà, le stesse che stanno vivendo gli altri Paesi europei, i punti di forza dell’economia della zona sono legati ai settori delle meccaniche e del siderurgico che fanno da traino. «Per intervenire sulle aree cosiddette Bric, dove c’è un dinamismo fuori misura rispetto ai nostri numeri, c’è bisogno però di avere una dimensione aziendale che consenta di affrontare e competere su certi tipi di mercati e avere il prodotto e le dimensioni adatte». Il sistema di Confindustria Udine insiste molto su questo aspetto in modo da stimolare le imprese a raggiungere una dimensione diversa, magari costituendo dei consorzi per

filiera e cercando di trovare dei motivi per unire le aziende. Il presidente di Adriano Luci rivela quale è la forza e il ruolo dell’imprenditoria friulana e su quali nuovi obiettivi è necessario concentrare il lavoro degli industriali. Durante l’incontro “Più industria, più lavoro” ha evidenziato come il picco negativo dell’economia sia oramai alle spalle, ma restino ancora elementi di incertezza e di discontinuità. Quali i settori dell’economia che hanno meglio tenuto alla crisi e quali quelli che hanno le maggiori possibilità di crescita? «Più che di settori parlerei di


Adriano Luci

aziende che sono quelle che nel tempo hanno investito nei prodotti nuovi, nella ricerca di nuovi mercati e hanno allargato i loro orizzonti. Oggi chi è in grado di esportare su più paesi è in grado di riequilibrare la sua produzione e i suoi volumi, chi invece è limitato alla vendita territoriale o comunque nazionale, sapendo che il mercato Italia è assolutamente arrugginito, è evidente che risenta di più della crisi». Si è anche soffermato sul capitale umano come asset sempre più decisivo. Quali le conoscenze e le competenze necessarie per aumentare la produttività dalla scuola all’azienda? «Se non torniamo a occuparci del capitale umano in maniera preponderante credo che correremo dei grossi pericoli. Non possiamo pensare che l’uomo sia al servizio dell’economia, ma è l’economia a essere al servizio dell’uomo che, quindi, rimane il punto di partenza sul quale concentrare i nostri sforzi per arricchire le competenze e le eccellenze che noi abbiamo. C’è bisogno senza dubbio di elevare l’elemento qualitativo». La scuola come può entrare in contatto con i valori della cultura d’impresa? «È fondamentale che la scuola dia sempre più risposte a quelle che sono le esigenze del sistema Paese e quindi del mondo del lavoro. È per questo motivo che da diversi anni adottiamo il sistema di entrare nelle scuole, ma soprattutto aprire le porte delle fabbriche ai giovani. L’ultima iniziativa al riguardo ha

Mille giovani hanno potuto sentire il “profumo” del manifatturiero per capire qualcosa di più sul loro futuro lavorativo

coinvolto 24 aziende, 14 istituti, con una partecipazione di oltre 1.000 giovani che hanno potuto sentire il “profumo” del manifatturiero, un’esperienza fondamentale per capire qualcosa di più sul loro futuro lavorativo». Quale il successo riscosso da “Fabbriche Aperte”, iniziativa promossa da Confindustria Udine per avvicinare i giovani alla conoscenza del mondo del lavoro? «Questa esperienza ha consentito ai giovani di capire cos’è il manifatturiero e permette a noi di rispondere alle loro domande partendo dalle loro perplessità, dubbi e di conoscere le loro aspirazioni. È importare creare un dialogo tra questi due mondi affinché ci sia un avvicinamento dei giovani. Oggi il bagaglio culturale che un giovane deve avere deve essere

sempre più allargato e soprattutto utile per avere una flessibilità di mestieri che consenta loro diverse esperienze». In tema di semplificazione quali sono le azioni necessarie? «Attualmente subiamo un numero di passaggi di carte che non ha paragoni, in ogni passaggio c’è una perdita di tempo e un aggiunta di costi. Bisogna essere più snelli ed efficienti nell’iter delle autorizzazioni per le nostre imprese altrimenti corriamo il rischio di realizzare delle cose che quando sarà il momento “di mettere il primo mattone” saranno già obsolete. C’è bisogno di rispondere con tempi certi e metodi chiari che non portino a una sommatoria di costi che poi ricadranno sul prezzo dei prodotti, rendendo le nostre imprese meno competitive». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 121




INNOVAZIONE

Un modello di ricerca da esportare «Vogliamo essere un riferimento internazionale per il trasferimento tecnologico e l’innovazione organizzativa per la gestione, strategica e operativa, di ricerca e impresa». Queste le ambizioni di Giancarlo Michellone, presidente di Area Science Park Michela Evangelisti l consorzio per l’area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste è stato riconosciuto nel 2005 dal Miur come ente pubblico nazionale di ricerca di primo livello e punto di riferimento in Italia per il trasferimento tecnologico. Area, in questi ultimi anni, in coerenza con quanto già sviluppato nel passato, ha acquisito competenze distintive rare, se non uniche in Italia, relative al trasferimento tecnologico, alla gestione strategica e operativa di ricerca e impresa e allo sviluppo delle pmi mediante l’innovazione tecnologica e organizzativa. «La nostra mission è accrescere la competitività e l’attrattività dei territori di riferimento, mediante la valorizzazione di ricerca e impresa, la formazione per lo sviluppo d’impresa e per la gestione di ricerca e innovazione, la promozione di reti di eccellenza scientifiche e imprenditoriali – riassume il presidente di Area Science Park, Giancarlo Michellone –. Sono tre le linee sulle quali opereremo maggiormente: sviluppo di Area nel Mezzogiorno, valorizzazione delle innovazioni nel campo dell’energia e

I

Giancarlo Michellone, presidente di Area Science Park

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del risparmio energetico, accrescimento delle nostre competenze distintive». Il consorzio gestisce uno dei principali parchi scientifici e tecnologici multisettoriali a livello internazionale. Tra i prodotti e i servizi, le dotazioni strumentali e i progetti di ricerca e sviluppo dell'Area Science Park, quali sono quelli maggiormente interessanti da rendere noti? «Sono numerosi i risultati delle imprese e dei laboratori attivi in Area Science Park che si sono fatti spazio nella competizione internazionale o sono in procinto di affrontare la sfida della commercializzazione. Ciò è il frutto di attività di ricerca e sviluppo, talvolta lunghe e complesse, finalizzate a innovazioni tangibili, in grado di migliorare il nostro lavoro e la nostra vita nei settori più diversi: medicina, telecomunicazioni, nanotecnologie, energia. Per promuovere potenziale e riconoscibilità di questo patrimonio di idee e risultati abbiamo anche ideato il premio Innovazione 3L 3T. Quest’anno una giu-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giancarlo Michellone

ria esterna di esperti ha selezionato 35 tecnologie e prodotti innovativi suddivisi in tre categorie, secondo il loro grado di prossimità al mercato: innovazione potenziale “early bird”, innovazione potenziale “to be”, innovazione reale “in the market”. Si va dalle resine ecologiche derivate dal guscio del seme dell’anacardo a un sistema innovativo per reti mobili private a larga banda, dal robot per il dosaggio automatizzato di farmaci antitumorali a un sistema per il set up e il controllo dei vetri riscaldanti. Alla fine i premiati saranno una decina, ma è la vitalità dell’insieme quello che conta. Voglio citare infine anche Enerplan, il piano nato per selezionare idee e imprese innovative nel settore delle energie rinnovabili e del risparmio energetico, da valorizzare con la realizzazione di laboratori e impianti dimostrativi». Ricerca e internazionalizzazione sono state individuate in regione come leva strategica per la competitività delle Pmi. Quanto e in che modo Area favorisce in

questo senso il territorio? «Area è capofila del coordinamento degli enti di ricerca con sede in Friuli Venezia Giulia. In tale ambito, per fare sistema a vantaggio del territorio, abbiamo promosso l’adozione di due strumenti di analisi: il Bilancio del capitale intellettuale e il Profilo dinamico delle attività. Il primo offre un quadro delle potenzialità future e della capacità di competere sul mercato; il secondo consente, invece, di tracciare il profilo di un’organizzazione attiva in ricerca, formazione e trasferimento tecnologico, evidenziando gli ambiti verso i quali orientare le attività. Questi strumenti ci permetteranno di agire con maggiore consapevolezza e incisività a sostegno della crescita economica e sociale del territorio». E per quanto riguarda più strettamente gli obiettivi di Area? «La sua azione dovrà essere sempre più “glocal”: piedi e cuore nel Friuli Venezia Giulia, testa e business nel mondo. Abbiamo da tempo avviato progetti e azioni finalizzati all’incremento della competitività d’impresa e allo sviluppo di sistemi cooperativi di carattere tecno-industriale nell’Europa centro orientale, balcanica e adriatica. Vogliamo accrescere opportunità di business nel campo del capacity building, ovvero nello sviluppo di tecnoparchi, incubatori e poli tecnologici e, al tempo stesso, aprire alle nostre imprese spazi di mercato e collaborazione all’estero. Abbiamo, inoltre, importanti accordi in atto con il Mit di Boston e con la Ohio Case University. Infine, grazie a una convenzione con FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 133


INNOVAZIONE

L’azione di Area dovrà essere sempre più “glocal”: piedi e cuore nel Friuli Venezia Giulia, testa e business nel mondo

lo Strategic Business Insights di Stanford,

diamo alle pmi accesso alle informazioni di Explorer, uno strumento di business intelligence con informazioni sui trend di oltre 30 settori tecnologici». Per consolidare l’eccellenza, il consorzio ha avviato un percorso di riorganizzazione e valutazione delle competenze interne, tale da poter essere considerato un modello innovativo nel panorama italiano. Quali sono le best practice che anche le altre realtà analoghe a livello nazionale dovrebbero seguire? «L’Unione europea un paio di anni fa ci ha riconosciuto due best practice: una, Sister, nella valorizzazione di risultati della ricerca pubblica, l’altra, Innovation network, per la creazione di un sistema di centri di competenza settoriali, finalizzato a diffondere innovazione e trasferire tecnologie sul territorio. Stiamo ora “esportando” le nostre competenze distintive nel trasferimento tecnologico, acquisite in circa quindici anni di attività in Friuli Venezia Giulia, replicando in altre regioni un modello che sta già avendo successo in Basilicata, con l’ente Basilicata Innovazione. Con134 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

tiamo, così, di conseguire ritorni economici e occupazionali per Area e per il sistema della ricerca nazionale. Inoltre, puntiamo sempre più a selezionare imprese e start up con idee innovative e a promuovere un approccio integrato che, in tempo di crisi, aiuti imprese e università ad accrescere competitività e opportunità, facendo leva su ricerca e innovazione». Tra le attività del parco figurano anche la formazione e la gestione della formazione per la competitività. Quali sono a questo proposito le principali novità e i progetti in cantiere? «Insieme al trasferimento tecnologico alle imprese, una delle attività principali di Area è la gestione strategica e operativa della formazione, con particolare focus sulla formazione imprenditoriale. Un bell’esempio è quello del progetto Lucania Futura, che intende avviare un processo di empowerment delle conoscenze e delle competenze specialistiche di trecento promettenti laureati e diplomati della regione Basilicata, nei settori ad alta intensità di tecnologia e know how, per favorire lo sviluppo di nuova imprenditorialità locale, l’attrazione di nuovi investimenti e insediamenti produttivi e la permanenza dei giovani laureati e diplomati lucani sul territorio».



DIGITALIZZAZIONE

Una regione all’avanguardia Conoscenza, competitività dell’impresa e sviluppo del territorio. Sono queste le finalità della ricerca, settore nel quale la regione Friuli Venezia Giulia rappresenta un faro a livello nazionale. Il punto dell’assessore Roberto Molinaro Michela Evangelisti

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l Friuli Venezia Giulia può vantare ben 52 istituzioni che operano nel mondo della ricerca e un indice di risorse umane impegnate nel settore pari all’8,8 per mille, un dato nettamente superiore a quello nazionale (2,9 per mille) ed europeo (5,7 per mille), migliore perfino di quello statunitense (8,1 per mille). Un ruolo di riferimento sul panorama italiano che la Regione cerca di sostenere e rafforzare con strumenti orientati, da un lato, a intensificare i collegamenti tra istituzioni scientifiche e mondo produttivo e, dall’altro, a garantire servizi a favore della mobilità internazionale delle risorse umane. «Un terzo degli oltre 8.000 ricercatori presenti in

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regione proviene dall’estero – spiega l’assessore regionale all’Istruzione, Roberto Molinaro –. Punto di forza di questa capacità attrattiva è un network scientifico altamente avanzato, con competenze e know how in ambiti che vanno dalla fisica alla scienza dei materiali, dalla farmacologia alla chimica, dalle nanotecnologie alla bioinformatica. Per rafforzare ulteriormente le potenzialità del sistema è attivo il Coordinamento degli enti di ricerca, che ha il compito di sostenere scienza e tecnologia e di favorire tutte le collaborazioni in grado di determinare impatti positivi sul tessuto economico e sociale». In regione si contano attualmente quattro parchi scientifici e tecnologici. Quali vantaggi portano al tessuto regionale e come la Regione li sostiene? «La presenza di quattro parchi scientifici costituisce certamente un punto di forza del territorio. Si tratta di un presidio geografico che tuttavia non garantisce in modo automatico il successo in termini di strategie di sviluppo. Da qui l’impegno regionale per fornire alcuni input agli stessi parchi scientifici, affinché realizzino tra loro tutte le possibili sinergie, consolidando la collaborazione anche con il mondo economico. Nel 2010 è stato approvato uno specifico bando a favore delle attività di ricerca e trasferimento tecnologico dei parchi scientifici, con uno stanziamento di 1,65 milioni di euro, che saranno utilizzati a partire dal prossimo anno. Si tratta di finanziamenti che puntano a realizzare progetti di rile-

Roberto Molinaro, assessore regionale all’Istruzione, università, ricerca, famiglia, associazionismo e cooperazione


Roberto Molinaro

vante impatto sistemico per il settore produttivo, per il welfare e per la pubblica amministrazione. Sempre nel 2010 è stata destinata una quota di fondi Fesr allo sviluppo di reti tra imprese e mondo scientifico, e il relativo bando ha previsto la presenza obbligatoria dei parchi scientifici regionali, in ragione del ruolo che essi svolgono nel collegare tessuto produttivo e sistema di ricerca attraverso il trasferimento tecnologico». All’Area Science Park di Trieste si è da poco tenuta la nona conferenza annuale del coordinamento degli enti di ricerca del Friuli Venezia Giulia. Quali punti di forza e quali criticità sono emersi? «La mappatura del capitale intangibile presentata lo scorso 30 novembre nell’ambito della conferenza annuale del Cer ha tratteggiato un’interessante fotografia del potenziale scientifico-economico-cognitivo presente sul territorio regionale. I risultati dell’analisi condotta su 34 enti di ricerca, in pratica il 70% di quelli complessivamente presenti, ha evidenziato che il sistema costituito da enti pubblici di ricerca, parchi

In Friuli Venezia Giulia sono presenti più di 8.000 ricercatori, un terzo dei quali proviene dall’estero. Punto di forza di questa capacità attrattiva è un network scientifico altamente avanzato scientifici e università conta 8.815 addetti, il 53,7% dei quali ha un contratto a tempo indeterminato. La mappatura ha evidenziato inoltre quattro missioni base per centri di ricerca e università: la formazione, la ricerca per la conoscenza, la ricerca per la competitività dell’industria, la ricerca per la competitività del territorio. Oltre ai dati assume significativo rilievo l’analisi del profilo dinamico delle attività, uno strumento innovativo sviluppato da Area per collegare ricerca, risorse e risultati, con l’obiettivo di rendere trasparente l’utilizzo delle risorse umane ed economiche, definire strategie di equilibrio tra risorse umane e finanziamenti, correlare risorse e risultati. Un’impostazione di rigore che ha segnalato un’unica criticità: per una regione piccola come il Friuli Venezia Giulia 52 istituzioni che operano nel mondo della ricerca costituiscono un numero decisamente elevato. Si tratta, tuttavia, di una criticità efficacemente arginata dal coordinamento espresso dal Cer, FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 137


DIGITALIZZAZIONE

che evita la possibilità di doppioni o so- consentirà inoltre di acquisire un quadro puntuale delle esivrapposizioni di attività». Quanto il ricco patrimonio regionale di ricerca e innovazione influisce sullo sviluppo e la vitalità delle imprese del territorio? «Quello delle ricadute che il sistema di ricerca determina sul territorio e le imprese è un fenomeno che la Regione sta studiando e valutando in maniera approfondita ed è uno degli obiettivi che si propone il Libro bianco sulla ricerca, a cui stiamo lavorando. Si tratta di un progetto che intende valorizzare la ricerca attraverso i suoi protagonisti, vale a dire gli istituti scientifici, gli atenei, le imprese e il capitale umano, per definire una proposta di programma, di medio-lungo termine, in grado di orientare l’impiego dei finanziamenti pubblici nel modo più efficace. A questo fine sono previsti vari filoni d’indagine, tra i quali rientra l’esame dei collegamenti tra impresa e ricerca, che costituiranno un’importante fonte di conoscenza per indirizzare le politiche regionali di settore. Il report finale

Nel 2010 è stato approvato un bando a favore delle attività di ricerca e trasferimento tecnologico, con uno stanziamento di 1,65 milioni di euro

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genze espresse dal tessuto economico e delle risposte che il sistema scientifico è in grado di assicurare, delineando anche il profilo delle migliori imprese spin off avviate in Friuli Venezia Giulia». Recentemente a Udine si è svolta una serata dibattito sul futuro dell’università per mettere a confronto le anime regionali dell’alta formazione e della ricerca, tra incertezza e mancanza di risorse. Quali scenari si sono delineati e quali interventi regionali sono previsti nel settore? «La riforma nazionale del sistema universitario, pur po-

Una comunità dinamica, al passo con i tempi «L’innovazione tecnologica promossa dalla nostra società punta a fare da volano per lo sviluppo e la competitività dell’intera regione». Non ha dubbi sul ruolo chiave della digitalizzazione il presidente di Insiel, Valter Santarossa server attivi sono 1492, 17mila i posti di lavoro gestiti in rete, 1.200 le linee di trasmissione dati e 43mila i chilometri di fibra ottica già posati. Sono alcuni dei numeri di Insiel Spa, la società di informatica per il sistema degli enti locali di proprietà della Regione Friuli Venezia Giulia. Tutte le soluzioni che elabora sono pensate per ridurre i tempi e i costi della macchina burocratica, avvicinando le amministrazioni al cittadino. «I nostri ultimi progetti si orientano sempre di più verso l’innovazione di processo volta a realizzare servizi “sartoriali” – spiega il presidente, Valter Santarossa – cioè tagliati su misura rispetto alle esigenze del cliente». Quali sono le ultime e più innovative risposte elaborate per la Regione Friuli Venezia Giulia sul fronte della semplificazione amministrativa e dei servizi personalizzati?

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«Ad esempio il progetto complessivo del nuovo pronto soccorso, un sistema per l’emergenza intraospedaliera, che ha saputo individuare e tradurre in funzioni le necessità del personale di pronto soccorso. Inoltre abbiamo recentemente progettato il sistema di dematerializzazione del fascicolo del dipendente e la carta regionale dei servizi. Il primo è uno dei tasselli per


Roberto Molinaro

nendosi l’obiettivo di potenziarne l’efficacia e l’efficienza, si è accompagnata con tagli finanziari di non trascurabile spessore. Una situazione che ha posto l’amministrazione regionale di fronte all’esigenza di creare un nuovo rapporto con le università del Friuli Venezia Giulia, fondato su tre parole chiave, ovvero programmazione, valutazione e valorizzazione dei risultati che producono un impatto sul territorio. In questa direzione il disegno di legge che a gennaio andrà in aula e che si intitola “Fi-

Valter Santarossa, presidente di Insiel Spa

rinnovare il sistema informativo amministrativo della Regione, che prevede l’eliminazione dei documenti cartacei a favore dei documenti informatici, con conseguenti risparmi di costi e tempi. Il secondo, attraverso la smart card e l’identificazione on line, abilita una serie di servizi personalizzati che semplificano la vita ai cittadini e che spaziano in vari ambiti: dalla salute, al lavoro, all’istruzione e al tempo libero». Quali sono gli obiettivi e linee guida che seguite nella progettazione dei vostri servizi? «Puntiamo a introdurre elementi d’innovazione volti al miglioramento nei tempi di risposta e nella qualità del servizio offerto. Progettiamo e realizziamo soluzioni informatiche per semplificare il lavoro e la vita ai cittadini, fornendo alle amministrazioni pubbliche sistemi innovativi e conoscenza. Le soluzioni sono orientate all’integrazione, all’interoperabilità e alla cooperazione applicativa, garantendo compatibilità e interazione con le maggiori piattaforme tecnologiche di mercato e i sistemi open source». A che punto è arrivata la digitalizzazione in regione? Quali sono i principali traguardi raggiunti e

nanziamenti al sistema universitario regionale” prevede di sostenerne l’eccellenza e la competitività attraverso tre fondamentali tipologie di intervento, volte a stimolare e incentivare forme di collaborazione e integrazione tra gli atenei, favorire le condizioni perché gli stessi atenei e le imprese operino in partnership nella filiera della conoscenza, creare le migliori condizioni per garantire il diritto allo studio ai giovani capaci e meritevoli, privi di mezzi. È un’impostazione condivisa dal sistema universitario regionale, fortemente motivato ad aumentare la propria competitività e a caratterizzare l’esercizio della propria autonomia mediante il ricorso a tutte le sinergie che garantiscono un’offerta formativa d’assoluta qualità ed eccellenza».

le criticità? «Con il progetto Ermes, inserito nei programmi regionali e gestito interamente da Insiel, si punta a completare la posa della fibra ottica e successivamente a collegare in fibra 800 siti della pubblica amministrazione, fra cui le 218 sedi municipali del territorio regionale oltre alle sedi ospedaliere. Poi sarà la volta di consorzi e distretti industriali, ma è bene precisare che questi ultimi non verranno attivati direttamente dalla Regione: l’ente realizzerà i collegamenti in fibra ottica, ma spetterà poi agli operatori di telecomunicazioni attivare il servizio. In termini territoriali circa il 50% della superficie della regione soffre il digital divide infrastrutturale. Il progetto Ermes punta a superare questa criticità e la Regione ha previsto un investimento complessivo di 120milioni di euro per realizzare 1570 km di infrastruttura di dorsale; ad oggi ne sono stati realizzati 430, vale a dire 43mila km di fibra posati, mentre si prevedono per le zone industriali (in aggiunta all’infrastruttura di dorsale) ulteriori 550 km». Insiel elabora anche soluzioni per la sanità. A che livello d’integrazione tra sistemi informativi di strutture

diverse si è arrivati in Friuli? «Fondamentale per la condivisione dei dati è l’anagrafe unica regionale, predisposta da Insiel, che consente di attribuire correttamente gli episodi clinici e sanitari all’assistito. Il percorso è partito dalla metà degli anni 70 con la creazione dell’anagrafe unica regionale degli assistibili. Dagli anni 80, poi, è stata avviata una serie di sistemi clinici dipartimentali e, in seguito, di sistemi clinici ambulatoriali e di reparto. Per i medici di medicina generale, i cittadini e le farmacie Insiel ha creato, inoltre, dei portali per usufruire delle informazioni mediante la carta regionale dei servizi. I sistemi sono integrati sia dal punto di vista della descrizione aziendale che dal punto di vista dei cataloghi clinico-sanitari e condividono le politiche di accesso ai servizi sanitari. Le informazioni raccolte consentono di creare la storia clinica del paziente, fruibile sia all’interno delle strutture sanitarie che sul territorio e direttamente anche dal paziente, nel rispetto della privacy». Aeroporto Valerio Catullo, Consorzio Verona Tuttintorno, insieme al Comune di Verona e al Consorzio Lago di Garda, ed abbia visto un importante contributo da parte della Provincia di Verona».

FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 139




Il settore primario al centro dell’economia «Quello su cui dobbiamo puntare è la qualità, l’eccellenza, l’originalità, l’essere e lo scegliere “friulano”, che significa far vivere le nostre aziende». Il futuro dell’agricoltura in Regione per l’assessore Claudio Violino Renata Gualtieri

L’assessore regionale alle Risorse rurali, agroalimentari e forestali, Claudio Violino

a Regione è stata e continua a essere vicina agli agricoltori con vari strumenti: primi fra tutti il fondo di rotazione in agricoltura - che permette alle aziende l’accesso

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al credito a condizioni agevolate - e il piano di sviluppo rurale, che viene sovvenzionato da fondi europei. Queste sono due forme di finanziamento che hanno ottenuto quest’anno degli ottimi risultati, 80 milioni di euro investiti nel fondo e il finanziamento di buona parte dei progetti presentati nel contesto del Psr. La vera sfida per l’agricoltura friulana però è «quella di recuperare produzioni locali legate al territorio, recuperare i concetti di filiera corta e puntare sulle produzioni di qualità». L’assessore regionale, Claudio Violino, rivela le strategie per promuove il settore agroalimentare. Il Friuli Venezia Giulia è

una delle prime tre regioni italiane conosciuta per i suoi vini di qualità specie bianchi. Con quali nuove idee si presenta il mondo vitivinicolo al grande pubblico? «Sicuramente il mondo vitivinivcolo friulano è una realtà significativa: non tanto in termini di quantità – la nostra produzione si attesta su cifre pari al 2,4% sul totale nazionale – ma è certamente competitivo per qualità. I nostri vini bianchi sono una vera eccellenza, a partire dal Friulano, ma tenendo in considerazione anche altre realtà significative come il Verduzzo, la Ribolla Gialla, il Ramandolo, il Picolit. Senza dimenticare i nostri rossi


Claudio Violino

come il Refosco, il Terran o lo Schioppettino, forse sono meno conosciuti ma ugualmente di qualità. Quello che ci proponiamo è di valorizzare ancor di più un settore che già sta dando segnali positivi di ripresa e che vorremmo sviluppare ancora di più anche grazie al marchio regionale “Tipicamente Friulano”». Quanto è importante l’accordo siglato a Vinitaly nell’aprile scorso per la Doc Prosecco? «L’accordo interregionale per la Doc Prosecco mi sembra importante e significativo. Nello scorso aprile, proprio in occasione del Vinitaly, è stato firmato con Luca Zaia (allora Ministro delle politiche agricole) un accordo per la creazione della Doc Interregionale Prosecco, dando così risalto a un territorio - quello di Prosecco, nel Carso - che detiene il nome di uno dei vini più noti al mondo. Questo protocollo d’intesa che lega un prodotto a un nome geografico, non solo tutela una zona, come quella carsolina, ma anche le zone produttive del vicino Veneto: e a caduta i vantaggi saranno sensibili anche per i produttori friulani di Prosecco». Che indotto occupazionale c’è in regione? «L’occupazione nel settore primario rappresenta circa il 2,2% del totale degli occupati, un dato molto basso, se si pensa che la nostra regione fino a cinquant’anni fa viveva principalmente di agricoltura. Il numero sale di poco se consideriamo gli addetti al settore agroalimen-

tare (circa il 6,3%)». Attraverso quali strategie si promuove il settore agroalimentare anche a livello internazionale? «La delega alla promozione agroalimentare è recente per questo assessorato. Tuttavia, già da diversi mesi, stiamo lavorando con l’Agenzia per lo sviluppo in agricoltura sulla linea del marchio “Tipicamente Friulano”, nato inizialmente per far conoscere il nuovo nome del Tocai, e poi diventato un marchio che vuole comprendere l’intero panorama agroalimentare regionale. Il marchio ha un duplice scopo: innanzitutto vuole far capire ai produttori la necessità di questo legame, per rendere il prodotto riconoscibile, “griffato”, unico e originale. L’altro è quello di far conoscere al consumatore il prodotto locale, per farlo intendere come “vicino”: questa consapevolezza deve essere prima di tutto radicata nel consumatore locale, per poi riuscire a promuovere l’intero settore fuori dai confini regionali e nazionali».

Quale sarà in futuro il ruolo della regione per far uscire dalla crisi le piccole e medie imprese agricole e renderle competitive su nuovi mercati? «Non dobbiamo cercare di semplificare la nostra agricoltura, allineandoci alle grandi produzioni mondiali, perché se fosse così, avremmo perso già in partenza. Il nostro territorio non ci permette di competere con le grandi potenze, soprattutto in termini di quantità delle produzioni. Quello su cui dobbiamo puntare è la qualità, l’eccellenza, l’originalità, l’essere e lo scegliere “friulano”. E scegliere “friulano” significa scegliere di far vivere le nostre aziende: se i consumatori sceglieranno i prodotti friulani, quelli del territorio, quelli vicini a noi, allora il comparto agricolo e agroalimentare riuscirà non solo a sopravvivere ma a vivere bene, riportando il settore primario al centro. Solo in questo modo si potrà realizzare quello che io chiamo rural new deal, il rinascimento rurale della nostra agricoltura». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 143




STRADE DEL VINO

Il vino che unisce terra e mare La promozione di un territorio spesso parte dall’esaltazione dei frutti di quella terra. Si tratta di un processo in cui le parole d’ordine sono la qualità e il legame con la zona di appartenenza. In Friuli Venezia Giulia ci sono più di 18.000 ettari di vite e se si sommano i vini a denominazione di origine a quelli a indicazione geografica tipica il numero di aziende vitivinicole interessate raggiunge le 9.000 unità. All’interno di questo variegato universo di vitigni rossi e bianchi, di cui fanno parte alcuni tra i più conosciuti e apprezzati vini italiani, ci sono quelli della zona Doc Friuli Aquileia. Qui nascono, tra gli altri, i bianchi Malvasia istriana, Verduzzo friulano, Pinot e i rossi Merlot, Cabernet e Refosco dal peduncolo rosso, «il più importante degli au-

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Raffaella Nardini, sommelier e profonda conoscitrice dei vini del Basso Friuli, apre le porte della strada del vino di Aquileia. Svelando colori e profumi dei grandi vitigni della zona Camilla F. Gargano

toctoni della nostra zona», tiene a precisare la sommelier Raffaella Nardini, delegata dall’Associazione sommelier italiani per il Basso Friuli. Ci sono altri vini da aggiungere? «La strada di Aquileia collega il mare all’entroterra per questo motivo vi si trovano sia bianchi che rossi, sia vini autoctoni che vitigni internazionali. Tra i bianchi, spiccano il Friulano, da uve Tocai Friulano produciamo soprattutto vitigni internazionali quali Chardonnay, Müller Thurgau, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Riesling, Sauvignon e Traminer in particolare; per quanto riguarda i vini rossi abbiamo la produzione di Cabernet, inteso come uvaggio di Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon; poi abbiamo il Cabernet Franc in purezza e il Cabernet Sauvignon in purezza; il Merlot e, importantissimo, il Refosco dal peduncolo rosso, il più importante degli autoctoni della nostra zona: un vitigno che ha trovato il suo habitat naturale nella zona di Aquileia». Quali sono i numeri della zona? «La maggior parte dei vini della strada di Aquileia sono a denominazione di origine controllata. Non vi sono Docg e una percentuale limitatissima, il 5%, può fregiarsi del marchio Igt. Dal punto di vista quantitativo la produ-

A fianco, la sommelier Raffaella Nardini


Raffaella Nardini

La strada di Aquileia collega il mare all’entroterra per questo motivo vi si trovano sia bianchi che rossi, sia vini autoctoni che vitigni internazionali

zione di vini bianchi è leggermente superiore a quella dei rossi, di cui il Refosco dal peduncolo rosso rappresenta una buona percentuale. Queste zone potrebbero produrre molto di più di quanto in realtà fanno: il disciplinare prevede una resa di 120-130 quintali per ettaro; chiaramente maggiore è la produzione minore è la qualità, quindi noi tendiamo a ridurre la produzione a favore della qualità. Oggi i consumi sono diminuiti, ma chi ama il vino preferisce bere meno e meglio». Dal punto di vista organolettico quali sono le loro caratteristiche? «I bianchi di questa zona sono soprattutto vini dai profumi intensi, fruttati e floreali; i Sauvignon e i Traminer hanno un corredo aromatico decisamente superiore, derivante non solo dalla fermentazione, ma dai profumi dell’uva stessa e per questo si chiamano

aromatici. I nostri vini sono freschi, intendendo con freschezza il contenuto di acidità che li rende molto piacevoli alla beva. Caratteristica importantissima dei nostri vini bianchi è la sapidità, sono vini “saporiti” per usare un termine più facile da intendere, e questo è dovuto alla vicinanza con il mare. Anche i vini rossi si impongono all’attenzione per i loro meravigliosi colori, piuttosto intensi, che vanno dal porpora al rubino, per passare poi a colori più granati quando si parla di vini maturati in legno. Sono fruttati, profumati, hanno un discreto contenuto di tannini, tanto FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 151


STRADE DEL VINO

da renderli adatti a periodi di maturazione in altro. Ad esempio, il 2003 è stato l’anno del legno». In una sorta di classifica ideale, quali i vini “eccellenti” per peculiarità, annata e vitigno? «Un posto importante merita il Friulano per il quale l’annata 2009 è stata ottimale; il 2010 sarà sicuramente ideale per i vitigni aromatici perché abbiamo avuto grandi escursioni termiche dal giorno alla notte che aiutano la preparazione dei profumi. Per il Refosco, il nostro vino rosso più importante, l’ideale sarebbe avere autunni caldi perché il Refosco è un vino tardivo, quindi ha bisogno di parecchio tempo per maturare. C’è anche da dire che avendo in questa zona varie tipologie sia di vini autoctoni sia internazionali, sia vitigni precoci che tardivi, può accadere che un’annata ottima per un vino, lo è di meno per un

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grande caldo che ha avuto delle rese molto basse, invece il 2004 è stato l’anno dell’abbondanza; qualitativamente possiamo dire che il 2003 è stato migliore del 2004, però nel 2003 hanno sofferto molto i vini bianchi, perché il grande caldo non ha permesso la produzione di profumi; è stata invece un’annata ottima per i rossi. Detto questo, segnalerei il Refosco del 2003, del 2006 e anche del 2009, soprattutto quello che sta ancora maturando in legno. Tra i bianchi, segnalo il Friulano e i vini aromatici, quindi il Sauvignon e il Traminer aromatico, senza distinzione di annata». C’è un vitigno che esprime al meglio l’anima della zona? «Anche se viene prodotto con percentuali non elevate, il simbolo di questa zona è il Refosco dal peduncolo rosso. È un vino che si presenta


Raffaella Nardini

strutturato, dai colori che vanno dal rubino intenso con riflessi violacei fino ad arrivare al granato molto profondo quando è stato affinato; ha un bel contenuto tannico e, quando è giovane, si presenta fresco, fruttato, molto piacevole, con un tannino ancora un po’ crudo; mentre quando è più maturo si presenta con un bouquet molto più complesso, ampio, con sentori speziati, più morbido ed equilibrato, quindi facile da degustare. È un vino che si esprime molto bene in abbinamento con la cucina locale». Qual è quindi il connubio perfetto? «Con il Refosco giovane, un abbinamento interessante è quello con un nostro piatto tipico locale che in friulano è brovade e muset, cotechino, quindi un insaccato di maiale cotto, con la brovade, rape che vengono lasciate per lungo tempo sotto le vinacce e poi cotte e pro-

poste con questo insaccato di maiale; mentre per un Refosco affinato in legno e un bouquet più complesso, l’abbinamento giusto è con carne stufata, magari cucinata con il Refosco stesso, che poi viene bevuto oppure anche con la selvaggina, in particolare con la lepre in salmì». Dovendo fare qualche nome, quali etichette segnalerebbe? «In questa zona abbiamo una realtà molto varia, fatta di aziende estremamente piccole a gestione familiare e aziende più grandi che si propongono a un mercato molto più ampio. Entrambe le tipologie hanno i loro prodotti di punta, inserite nelle guide più importanti di Italia. Fare dei nomi sarebbe limitativo e sarebbe un peccato lasciare fuori qualcuno. Le eccellenze riguardano soprattutto la tipologia del prodotto più che le singole aziende». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 153




INFRASTRUTTURE

Trieste, un ponte verso l’Europa L’apertura dell’area portuale di Trieste è un passaggio fondamentale per innescare il rilancio dell’economia cittadina e fornire nuovi stimoli alla comunità. A commentare le prospettive future del capoluogo è il sindaco Roberto Dipiazza Francesca Druidi a concessione per la riqualificazione del porto vecchio di Trieste, sottoscritta tra l’Autorità portuale della città e una cordata formata da diversi soggetti, confluiti nella società Portocittà, identifica il risultato di un gioco di squadra virtuoso ed efficace tra le istituzioni. Viene a sbloccarsi dopo anni di stallo una situazione critica per il capoluogo di regione, assicurando un nuovo profilo sia per quanto riguarda lo sviluppo urbanistico e architettonico che dal punto di vista della rivitalizzazione del comprensorio. Per questi motivi il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, non ha esitato a definire l’ini-

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Roberto Dipiazza, sindaco di Trieste

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ziativa come un passo fondamentale per il vero e concreto rilancio della città. Un passo giudicato addirittura “storico”, considerando le ripercussioni economiche e occupazionali che potrà innescare nel tessuto triestino. L’area del porto vecchio presenta, infatti, un elevato potenziale di crescita e, come sottolinea il primo cittadino, il rilancio di questa zona potrà costituire un volano decisivo per un’espansione coerente e organica della città e di tutta la regione. Cercando di mantenere sempre quel ruolo baricentrico che Trieste assolve, grazie al continuo processo di allargamento e integrazione dell’Ue. Cosa significa per Trieste la svolta rappresentata dalla concessione del porto vecchio? «Nel 2004, dopo ben cinquant’anni, è stata realizzata la variante al piano regolatore relativa al porto vecchio. Oggi, con la concessione demaniale alla cordata Maltauro-Rizzani De Eccher-

Sinloc-Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo, si apre un capitolo importante per lo sviluppo della città. Si parla, infatti, di un’area di 70 ettari che nessun altro territorio del Mediterraneo possiede. Ciò rientra nel più ampio progetto che riguarda lo scalo: da una parte, l’area del porto vecchio sarà dedicata alla nautica da diporto e alla costruzione di centri dirigenziali, alberghi e locali commerciali; dall’altra, si prevede un’ulteriore crescita del porto nuovo, soggetto anch’esso a una variante del piano regolatore. Del resto, basti pensare che il porto triestino è uno dei maggiori terminal petroliferi con 37 milioni di tonnellate di petrolio scaricati all’anno. A ogni modo, prende il via una grande avventura che assicurerà mille posti barca, la fornitura di servizi essenziali per la nautica e tutto quanto sarà necessario per il rilancio futuro della città». Qual è oggi lo stato dell’arte del corridoio V?


Roberto Dipiazza

«Credo che il corridoio V sia un progetto di cui godranno le generazioni future. La ritengo senz’altro un’opera strategica, ma su questa incide in maniera inevitabile la lentezza della politica italiana ed europea. Ci vorranno ancora molti anni per vederne la realizzazione: siamo nella fase in cui abbiamo completato i sondaggi sul terreno che devono valutare la fattibilità del percorso per il tratto Trieste-Divaccia nell’ottica della definizione del progetto. Da valutare è, inoltre, la presenza delle risorse necessarie a completarlo. Per questo resto scettico: senz’altro il Corridoio si farà, ma i tempi si presentano dilatati. Abbiamo davanti decenni e non anni».

Mentre per quanto riguarda le altre infrastrutture per il territorio? «Abbiamo terminato da un paio di anni la grande viabilità, per la quale sono stati spesi 400 milioni di euro in sei anni. Oggi Trieste è super collegata via autostrada con l’Austria e con la Slovenia. Il presidente Tondo, inoltre, sta attualmente portando avanti la terza corsia dell’A4 che risolverà il problema del collegamento con Venezia». Come il capoluogo sta vivendo la dimensione offerta dai rapporti internazionali, soprattutto con i paesi maggiormente prossimi in termini di distanza fisica e di relazioni? «Trieste conferma il suo ruolo di ponte con l’Europa.

Emblematico è stato il concerto in piazza Unità d’Italia del 13 luglio scorso, diretto da Riccardo Muti, al quale hanno partecipato il presidente Napolitano, Türk e Josipovic, ossia i presidenti di Slovenia e Croazia, che ha spianato la strada all’emergere di Trieste dalla gabbia creatasi nel secolo scorso con i drammi della seconda guerra mondiale. È stato un evento che ha assurto definitivamente Trieste a rango di città europea. Oggi noi siamo protesi con il nostro porto a servire tutto il sud dell’Europa. I nostri “nemici”, commercialmente parlando, sono scali importanti come quelli di Rotterdam e Amburgo. Io credo che nei prossimi anni concepiremo Capodistria, Fiume, Trieste, Monfalcone, fino a Venezia, alla stregua di un’unica autorità portuale in grado di accrescere il proprio potenziale competitivo sullo scenario europeo».

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Claudio Boniciolli

Le traiettorie di sviluppo del porto di Trieste La concessione del porto vecchio introduce un nuovo modello di integrazione tra porto e città, con attività qualificate di portualità allargata a nautica, turismo e commercio. Lo illustra Claudio Boniciolli, presidente dell’Autorità portuale di Trieste Francesca Druidi

ei primi sei mesi del 2010, si è registrata una significativa ripresa dei traffici dell’area portuale triestina rispetto al 2009: la movimentazione delle merci ha mostrato, infatti, un aumento del 6,84%, con quasi un milione e mezzo di tonnellate di merce in più (22.528.732 tonnellate di merce contro 21.086.906 del 2009). «I traffici in tutti i comparti stanno segnando una ripresa, tranne nel settore dei contenitori ancora in sofferenza, dove la ripresa è piuttosto debole», conferma il presidente dell’Autorità portuale di Trieste, Claudio Boniciolli. Positivi i risultati nella movimentazione delle rinfuse solide (+ 60%) e della merce varia in colli (+36,4%). Prosegue dall’inizio dell’anno la crescita del settore roro/ferry, con un notevole incremento sia dei mezzi imbarcati-sbarcati (+22,9% rispetto al 2009) che delle

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tonnellate trasportate sui tir (+26% nello stesso periodo del 2010). Incoraggiante anche il bilancio del movimento passeggeri (+14,4%), che vede un rialzo sia della quota dei crocieristi in transito pari a +56,98% che del movimento navi, che segna un considerevole +65,2%. Dati che confermano la capacità di reazione del Porto di Trieste alla crisi economica iniziata nella seconda metà del 2008 e tuttora in corso. «Le prospettive sono positivamente evolutive – afferma il presidente – anche perché le azioni fin qui compiute tracciano una cornice di chiarezza che prima non esisteva. Il piano regolatore del porto, approvato dal Consiglio superiore lavori pubblici, permette all’imprenditore di avere una visione completa delle strategie future del porto di Trieste». Quali sono le potenzialità dello scalo, anche in virtù del piano regolatore? «Le potenzialità dello scalo

restano quelle già note, in qualche modo dipendenti dall’assetto politico internazionale. L’allargamento dell’Unione europea, l’aper- Claudio Boniciolli, dell’Autorità tura a un sempre maggior presidente portuale di Trieste numero di paesi del centroest Europa, rendono la posizione del porto di Trieste particolarmente strategica: una collocazione che si pone all’origine delle sue fortune e alla base anche delle sue pro-

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SISTEMA PORTUALE

spettive future. Una chiave niale del porto vecchio alla l’area del porto vecchio. Vifondamentale per il rilancio del porto sarà rappresentata dai collegamenti ferroviari, sia nazionali che internazionali, verso quello che è il nostro bacino di riferimento: tutti i paesi del centro-est Europa, partendo dall’Austria e proseguendo verso est. Le Ferrovie dello Stato devono decidersi a liberalizzare la rete e permettere, quindi, agli operatori ferroviari del resto d’Europa, in particolare austriaci e tedeschi, d’iniziare a predisporre attività di collegamento tra il porto di Trieste e il proprio territorio». Un’altra leva strategica per il porto è identificata dalla concessione dema170 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

società Portocittà per una durata di 70 anni, fino al 2080. «Sì, dopo decenni di chiacchere, è stata assegnata la concessione alla società costituita da Impresa di Costruzioni Giuseppe Maltauro, Sistema Iniziative Locali, Impresa Generale di Costruzioni Rizzani De Eccher e Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo: un assetto di costruttori, finanzieri e banchieri che potrà garantire all’area un’attività continua, fino a quando non saranno resi concreti quelli che, allo stato attuale, sono soltanto progetti. Fra sei mesi è prevista l’installazione dei primi cantieri nel-

viamo, quindi, un momento di profonda fiducia». Quali ricadute avrà questo progetto sul porto e sulla città nel suo complesso? «La concessione è stata effettuata nella visione di una portualità allargata. Nel porto vecchio continua a operare, fino a quando non sarà trovata una sistemazione più consona, la Genoa Metal Terminal, uno dei terminalisti più importanti che lavora nel campo dei metalli. Ciò potrà convivere benissimo con l’assetto previsto e studiato dall’Autorità Portuale insieme agli attuali concessionari, sviluppandosi ac-


Claudio Boniciolli

c

Va segnalato il potenziamento di tutti i sistemi di sollevamento e di traslazione dei contenitori del molo VII

d

canto alle iniziative relative al diportismo nautico nei due bacini del Porto Vecchio. Il diportismo assumerà un ruolo sempre più importante, data la collocazione dell’area e i collegamenti con l’aeroporto di Venezia, con l’aeroporto regionale e con lo scalo aereo di Lubiana. In funzione della nautica da diporto va considerata soprattutto la favorevole posizione del porto vecchio, vicino alla costa dell’Istria e della Dalmazia, da una parte, e a Venezia e a tutta la costa adriatica dall’altra. Questo settore è destinato ad avere rilevanza anche dal punto di vista dell’occupazione che genererà. Ogni posto barca

viene, infatti, ritenuto capace di creare due posti e mezzo di lavoro». Ci sono altri progetti salienti che riguardano lo sviluppo del porto? «Va segnalato il potenziamento di tutti i sistemi di sollevamento e di traslazione dei contenitori del molo VII, realizzato con notevoli investimenti sia privati che pubblici. C’è poi il potenziamento della stazione marittima per quanto concerne l’attività crocieristica, ma anche l’attività turistica in senso ampio, convegnistica e di ristorazione, nel cuore della città. Si evidenzia, inoltre, l’investimento nella manutenzione di vari terminali triestini,

consentito dal fatto che questa Autorità Portuale ha chiuso gli ultimi bilanci con un considerevole attivo o avanzo di gestione che si aggira attorno ai 10-12 milioni di euro annui. Il che permette di rivolgerci anche al sistema bancario per ottenere finanziamenti da destinare a ulteriori interventi nel porto. A questo si aggiunga l’impresa che sta conducendo la Francesco Parisi Casa di Spedizioni sui moli V e VI che saranno congiunti per creare una grande area predisposta ai traffici moderni. Da ciò si comprende come le prospettive per lo scalo di Trieste possano definirsi molto importanti». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 171




PORDENONE

Una porta aperta ai mercati dell’Est «Occorre investire sulla rete infrastrutturale, fisica e tangibile, con strade e alta velocità, e la rete immateriale, con la banda larga e il wi-fi». Sono le misure necessarie per lo sviluppo della città per il sindaco Sergio Bolzonello Renata Gualtieri

egli ultimi dieci anni sono stati finanziati circa 270 milioni di euro d’investimenti che hanno interessato molte infrastrutture - in particolare quelle culturali, sportive e stradali - che hanno inciso sullo sviluppo del tessuto urbano. La città è quindi profondamente cambiata soprattutto dal punto di vista dell’offerta culturale perché «un’area che ha una grande vocazione industriale deve essere anche un centro di grande attrattiva dal punto di vista culturale» perché un tessuto produttivo innovativo ha bisogno di un tessuto sociale molto forte. «Un territorio dove c’è un humus culturale così elevato non può essere assolutamente slegato però dal settore dell’innovazione e della ricerca». Il sindaco di

N Qui sotto, il sindaco di Pordenone, Sergio Bolzonello

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Pordenone, Sergio Bolzonello, indica come è mutato il volto della città dal suo insediamento, quali sono i progetti su cui lavorare e quali saranno gli interventi strutturali che potranno proiettare Pordenone e il Friuli Venezia Giulia verso l’Europa e i grandi mercati. Dalle dichiarazioni del presidente della Regione si apprende che la rete in fibra ottica coprirà tutto il Friuli Venezia Giulia entro il primo semestre 2013. Si supererà così il digital divide, ma a che punto è il progetto messo in campo dal Comune di Pordenone alcuni anni fa? «Questo progetto di copertura di tutta la regione entro il primo semestre del 2013 mi pare un po’ ambizioso poiché, a oggi, poco è stato fatto. Mi auguro che venga attuato al più presto, a partire dai territori più industrializzati come Pordenone, anche se dalle notizie che mi sono giunte si prevede di par-

tire da altri. Dico questo con grande amarezza perchè proprio il progetto che avevamo messo in campo, unico in Italia nel 2007, è stato stoppato con l’entrata in scena della Giunta Tondo, ignorando il protocollo d’intesa che era stato firmato dal precedente Illy e da me e facendo venir meno un finanziamento di oltre un milione di euro promesso dalla Regione Friuli Venezia Giulia proprio per il progetto su Pordenone. Noi abbiamo rivisto il nostro progetto, che era quello di dare la connettività gratuita a tutta la città, l’abbiamo ritarato e ora in città ci sono otto aree dove c’è il wi-fi. Sono punti legati a luoghi d’interesse culturale, come la biblioteca civica, piazze, parchi, ma siamo ancora lontani da quel progetto innovativo che avevamo presentato originariamente». Quali interventi strutturali potranno proiettare Pordenone e il Friuli Venezia Giulia verso l’Europa e i


Sergio Bolzonello

Attualmente in città ci sono otto aeree dove c’è il wifi. Sono tutti punti legati a luoghi d’interesse culturale, come la biblioteca civica, piazze, parchi, ma siamo ancora lontani dal progetto originario grandi mercati? «Tra gli interventi necessari rientrano capacità di avere una rete infrastrutturale che sia fisica e tangibile, come strade, alta velocità, e una

rete immateriale come la banda larga e wi-fi». Durante l’incontro dei sindaci a San Vito al Tagliamento è emerso un sì condizionato alla Tav da parte di Friuli Venezia Giulia e Veneto. Quali le motivazioni di questa posizione per le due regioni? «Noi non possiamo prescindere da una Tav che passi nei pressi di Portogruaro e, quindi, a Pordenone. Da parte mia c’è una bocciatura totale di una Tav che corra invece a ridosso delle spiagge, bassa rispetto a un tracciato che deve essere il

più possibile vicino a Pordenone». Quanto è sfruttato l’asse ferroviario per il trasporto delle merci? «Purtroppo molto poco, ma questo è un problema che coinvolge tutto il Paese. La vera rivoluzione dell’Italia dovrebbe essere potenziare il trasporto su ferro. Per me sono inconcepibili le ragioni che sottendono alla scelta di non investire sulle ferrovie poiché il trasporto delle merci su ferrovia potrebbe davvero essere uno di quegli assi che servono per vincere una partita a carte».

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RETE AEROPORTUALE

Aeroporti più grandi, efficienti, ben serviti e in rete

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n Italia l’evoluzione del sistema aeroportuale è stata per lungo tempo connessa alle strategie e alle esigenze della compagnia di bandiera. Successivamente, le crescenti difficoltà di Alitalia e gli effetti della liberalizzazione del traffico aereo, realizzata in attuazione della normativa comunitaria, hanno determinato una proliferazione del numero di aeroporti, senza che si individuassero chiaramente le linee programmatiche idonee a ordinare in modo coerente lo sviluppo del sistema. «Basti pensare che la rete aeroportuale italiana è costituita da circa 100 aeroporti, di cui solo 47 registrano traf-

Qui sotto, l’onorevole Mario Valducci, presidente della commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati

«L’Italia non ha bisogno di un maggior numero di aeroporti, ma di scali più grandi, più efficienti e meglio connesse». Le nuove sfide per la rete aeroportuale italiana emergono dall’attenta analisi dell’onorevole Mario Valducci Renata Gualtieri

fico commerciale con voli di linea. I primi 20 aeroporti coprono il 95% del traffico di passeggeri. Ancora più significativo è il fatto che soltanto 7 aeroporti hanno un volume di traffico superiore a 5 milioni di passeggeri l’anno (soglia di rilevanza comunitaria) e i primi 8 aeroporti (i 7 a rilevanza comunitaria più Ciampino) coprono circa il 70% del traffico passeggeri del Paese». L’onorevole Mario Valducci, presidente della commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati indica quale è lo stato del sistema italiano. Quali le prospettive e i dettagli delle linee strategiche su cui lavorerà la Commissione che Lei presiede per lo sviluppo di un comparto così fondamentale per il nostro Paese? «Nei due anni e mezzo della mia presidenza abbiamo innanzitutto lavorato per una positiva soluzione della crisi

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Alitalia con ottimi risultati visto che ormai da due anni il vettore non pesa più sulle tasche degli italiani. Poi abbiamo concluso un’indagine conoscitiva sul settore aeroportuale che ha visto ben 41 audizioni dei soggetti interessati, dalle compagnie aeree alle società di gestione aeroportuali alle istituzioni interessate. Dall’indagine è emerso un quadro frammentato del sistema aeroportuale italiano, che comporta, per un verso, l’utilizzo di ingenti risorse pubbliche per la realizzazione e la gestione di aeroporti con volumi di traffico ridotti e, dall’altro, per effetto della concorrenza tra gli scali, la difficoltà di sviluppare aeroporti su cui concentrare i voli a medio e lungo raggio. Pur avendo una dimensione economica paragonabile a quella di Germania, Francia e Gran Bretagna, l’Italia non ha aeroporti di dimensioni analoghe a quelle di Londra-Heathrow, di Parigi-Charles de


Mario Valducci

Gaulle, di Francoforte o di Madrid-Barajas e AmsterdamSchiphol. Insomma, il sistema aeroportuale italiano, nello stato in cui si trova oggi, non pare in grado di sostenere adeguatamente le future potenzialità di sviluppo del traffico aereo che, secondo stime conservative, ammonterà a circa 250 milioni di passeggeri nel 2030». Occorre una razionalizzazione della rete aeroportuale italiana? «L’interesse generale alla crescita del traffico aereo in Italia induce a individuare come obiettivo prioritario quello di utilizzare le risorse disponibili

non per creare nuovi aeroporti ma per ammodernare, ampliare e potenziare, in modo mirato, gli aeroporti che esistono e che già oggi rappresentano un asset significativo per l’intero Paese. Per raggiungere questo obiettivo è necessario, in primo luogo, ritrovare la capacità di elaborare una programmazione dello sviluppo della rete aeroportuale che risponda a finalità, interessi ed equilibri di carattere generale. Vi è, inoltre la difficoltà che deriva dalla frammentazione delle competenze a livello istituzionale. La competenza sugli aeroporti civili attribuita alle regioni dal titolo

V della Costituzione rende più complessa l’elaborazione di una programmazione a livello nazionale, mentre rischia di indebolire la resistenza alle pressioni “campanilistiche” che provengono dai singoli territori all’interno di ciascuna regione per avere il proprio aeroporto. Quanto agli aeroporti minori, la chiave per il rilancio è quella della specializzazione ad alto valore aggiunto: trasporto merci (approccio già adottato da qualche caso virtuoso nel Nord del Paese), traffico business (ad alto valore aggiunto), ultraleggero ed elicotteristica (volano del turismo locale)». C’è necessità di nuovi scali aeroportuali o occorre potenziare quelli già esistenti? «Il numero degli scali è assolutamente adeguato, tenendo anche conto della particolare conformazione dell’Italia. La vera sfida è di rendere efficienti e attrattivi quelli che già esistono. Dall’indagine conoscitiva che abbiamo concluso in commissione Trasporti è emerso con evidenza che occorre evitare di investire ingenti risorse pubbliche in strutture che non solo non sono in grado di garantire la propria sostenibilità sotto il profilo economico, ma rischiano anche di compromettere le prospettive di crescita degli altri aeroporti già operanti nella medesima area geografica, con l'effetto finale di ridurre la capacità di assorbimento del traffico aereo del Paese. L’Italia non ha bisogno di un maggior numero di aeroporti, ma di FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 177


RETE AEROPORTUALE

Gli aeroporti, “le cattedrali del Terzo Millennio”, sono la vetrina del sistema Italia

scali più grandi, più efficienti e meglio connessi, attraverso collegamenti intermodali con la rete ferroviaria e stradale, al territorio e al bacino di traffico di riferimento». È possibile coniugare la sostenibilità ambientale con la realizzazione delle grandi infrastrutture? «Certo, ma non possiamo dimenticare che sostenibilità ambientale ed economica sono rovesci della stessa medaglia. Dove non ci sono investimenti e sviluppo sostenibili, difficilmente ci sono risorse per tutelare l’ambiente nel tempo. Le tecnologie delle costruzioni (settore in cui l’industria romana è stata storicamente all’avanguardia nel mondo) forniscono oggi soluzioni impensabili solo pochi anni or sono. Certo è che il piano aeroportuale nazionale su cui sta lavorando il Ministero non potrà non tenerne conto nell’individuazione dei siti e la rilocalizzazione di quelli a maggior impatto. Nonché nell’individuazione di forme compensative per i territori che ospitano

gli aeroporti in crescita, che fungono comunque da acceleratore sull’indotto delle economie locali». Esiste un esempio di mobilità efficiente nel sistema aeroportuale italiano? «Ci sono casi positivi che vanno analizzati ed interpretati come best practice, anche se soltanto 6 sono gli aeroporti che hanno un collegamento ferroviario diretto. È il caso dell’alta velocità ferroviaria che, da pochi mesi, arriva direttamente in aeroporto a Milano Malpensa. E la stessa Malpensa si sta riprendendo dopo la scelta di Fiumicino come hub da parte di Alitalia: i recenti dati di traffico del 2010, sebbene parziali, dimostrano un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi due anni. È il caso di Palermo, al cui interno è stata realizzata una fermata ferroviaria interamente con fondi europei, che rende veloce il collegamento tra l’aeroporto, invero piuttosto lontano dalla città, e il centro del capoluogo siciliano. Infine c’è Pisa, l’aeroporto regionale europeo

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con il terminal ferroviario più vicino all’aerostazione, circa 40 metri». Quali sono le criticità da eliminare e i punti di forza su cui puntare per garantire il ruolo dell’Aeroporto di Fiumicino come grande hub per l’Italia? «Intermodalità ferro/gomma/ porti e sviluppo sostenibile sono sfide che attendono Fiumicino e che sono affrontate nel Piano industriale. Occorre sottolineare che gli aeroporti, “le cattedrali del Terzo Millennio”, sono la porta di accesso per l’internazionalizzazione delle nostre piccole medie imprese, ma soprattutto la vetrina del Sistema Italia. Particolare attenzione dovrebbe essere riservata agli aspetti architettonici degli aeroporti in modo che consentano di trasformarli in tante “piccole Expo” in cui chi arriva e parte possa vedere, apprezzare (e quando possibile acquistare) le eccellenze che hanno reso famoso nel mondo lo stile di vita italiano: arte, moda, design ed enogastronomia».



TECNOLOGIE PER IL TERRITORIO

Lo studio del territorio previene L le catastrofi Si definisce “remote sensing” e permette, dall’alto, di rilevare in 3D l’area sottostante. La tecnologia che, come spiega Fausto Schneider di Helica, può aiutarci a prevenire molti dissesti idrogeologici Andrea Moscariello

Fausto Schneider, presidente del Cda di Helica Srl www.helica.it

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a tecnologia di Helica permette di monitorare il territorio, la sua orografia, lo stato idrogeologico, le sue criticità e molto altro. Eppure, in molti casi, i dati raccolti vengono ignorati. In Friuli, fortunatamente, ciò non avviene. A testimoniarlo è il presidente del consiglio di amministrazione di Helica, Fausto Schneider, una società che rappresenta, dal punto di vista dell’innovazione tecnologica, un vero e proprio unicum in Italia. Sono poche, in effetti, le realtà nel mondo in grado di svolgere l’attività del gruppo presieduto da Schneider. «Fino alla fine degli anni Novanta il telerilevamento avveniva solo attraverso la fotogrammetria, realizzando foto aeree che poi, dopo essere state elaborate in scala, venivano trasformate in planimetrie in due dimensioni (2D). Nell’ultimo decennio, si è sviluppata ampiamente una nuova tecnologia per la visualizzazione e calcolo in 3D». Il nuovo metodo di telerilevamento è, in parole povere, la “radiografia del territorio”. I sensori, installati su elicotteri di Helica e collegati a una rete di satelliti, sorvolando un’area acquisiscono tutti gli elementi del territorio, (case, vegetazione e strade) con la massima precisione. In pratica raccogliete dall’alto più dati possibili sul

territorio. «Esattamente. Per farlo utilizziamo la tecnologia laser-scanner, che attraverso l’invio di impulsi laser raccoglie le coordinate del punto battuto a terra. In pratica otteniamo un modello virtuale 3D registrando 4 a 10 punti per metro quadro. L’informazione e l’accuratezza è elevatissima. È necessario quindi affidarsi a computer con ampia capacità di calcolo ed una conoscenza informatica, da parte dell’utilizzatore, adeguata a questa nuova tecnologia. È chiaro che poi, una volta raccolti i dati, si avvia un sensibile lavoro di analisi e filtraggio dei dati. Per ogni ora di volo di dato acquisito occorrono, ai nostri tecnici, almeno 20 o 30 ore di processamento». Il vostro lavoro è fondamentale ai fini della prevenzione, ad esempio, di eventi come le alluvioni ed esondazioni dei fiumi. È sotto gli occhi di tutti il recente disastro del Veneto. Non si poteva prevedere? «Direi di sì. Noi, per esempio, operiamo per la protezione civile Regione Friuli Venezia Giulia, che da tempo utilizza la mappatura di aree del territorio friulano in 3D. Sul caso Veneto, proprio Helica qualche anno fa analizzò con grande accuratezza il fiume Bacchiglione, che ha creato recentemente molti problemi


Fausto Schneider

Lavoriamo per la Protezione Civile del Friuli e il Ministero dell’Ambiente, attraverso la mappatura dettagliata del territorio friulano e di aree a rischio del territorio nazionale

alla città di Vicenza. L’attenta analisi di quei dati poteva far emergere il rischio di quanto poi è avvenuto». Come mai allora non avvengono le azioni di intervento per prevenire questi disastri? «Al di là delle sottovalutazioni che emergono sempre a danno avvenuto, il problema è anzitutto culturale. Basti pensare al fatto che le nuove tecnologie 3D vengono accolte con riluttanza da molte amministrazioni locali. Come ho già detto, questo perché il personale è formato da ingegneri e tecnici non più giovanissimi, dunque abituati a lavorare sul 2D. Detta in parole povere, mancano spesso persone educate all’utilizzo dei nostri dati». Un bel paradosso.

«All’estero, specie nei paesi in via di sviluppo, questo non accade. Con Helica abbiamo girato il pianeta. Per esempio, in Brasile, dove le strutture più avanzate sono piene di giovani professionisti, vi è sicuramente una propensione e volontà più marcata allo studio dei dati generati dalle nuove tecnologie. C’è inoltre una grande confidence verso l’uso di nuovi software». Parlando dell’andamento imprenditoriale di Helica, quale bilancio trae dal 2010? «Certamente positivo; siamo in crescita. Ma le novità più interessanti si svilupperanno nei prossimi anni». A cosa si riferisce? «Intanto, dal momento che si ricomincia a parlare di nucleare, stiamo valutando un

grosso progetto di rilevamento del livello di radiazione naturale all’estero. Nell’eventualità di una fuga di radiazioni da ipotetiche centrali nucleari, potremo fare un confronto per capire di quanto il livello radioattivo si è alzato. A dire il vero non sappiamo ancora molto del caso Chernobyl. Quanto cesio è presente ancora sul territorio in Italia? Ora lo possiamo scoprire». Dunque sempre più investimenti anche sulla ricerca? «Su ricerca e sviluppo investiamo circa il 20% del nostro fatturato. Inoltre collaboriamo con atenei locali, come l’Istituto Geofisico di Trieste e l’Università di Udine. Ma anche con realtà internazionali, dal Brasile all’Australia, fino agli Usa e Israele ed India».

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RECUPERO ARCHITETTONICO

L'architettura della memoria Con la pratica del recupero architettonico le province d'Italia si risvegliano dagli anni bui dell'edilizia: dai moduli in cemento si torna alle facciate in pietra e ai dettagli del legno. A colloquio con Riccardo Del Pup Paola Maruzzi

a “Roma città aperta” a “Miracolo a Milano”, passando per “Ossessione” e per tutti i celebri titoli che hanno reso il cinema italiano riconosciuto in tutto il mondo. Calato il sipario del Ventennio, le pellicole dell'immediato Dopoguerra iniziano a raccontare in bianco e nero l'altra Italia. Ed è grosso modo a quest'altezza temporale che anche l'architettura scopre la sua visione neorealistica: è la prima reazione al “piccone demolitore” del fascismo, quindi una sorta di manifesto implicito a favore della necessità di recuperare le forme e i valori della tradizione. Ma l'effetto non passa su tutto il territorio nazionale. Rimane di nicchia. Ovunque ci sono altre ur-

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genze: bisogna ricucire le ferite della guerra e risanare l'economia. Di lì a qualche anno, quando il salto qualitativo sembrerebbe possibile, inizia a salire la febbre del benessere. Il volto urbanistico si trasforma di conseguenza e, in alcuni casi, irrimediabilmente. Oltre ai weekend fuori porta e alla cultura giovanilistica del divertimento a tutti i costi, per la famiglia media nasce una nuova tipologia dell'abitare: «modulare, quindi seriale, veloce da realizzare e sganciata dal tessuto sociale». Il cemento va così a nascondere il passato agricolo e “arcaico” delle vecchie abitazioni, che risultano quasi imbarazzanti se paragonate al futuro scalpitante e industriale del Paese. Tutto viene fatto brillare di una nuova ottica. «È l'edilizia dell'oblio:

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ci si vuole scollare di dosso gli anni di sacrifici. Molte strategie di costruzione, assieme a tanti materiali e scelte d'arredo, vengono banditi. Alcuni esempi? Pensiamo agli intonaci che ricoprono le pareti con le pietre e sassi, oppure alla scomparsa dei vecchi scuretti in legno che vengono soppiantati dalle tapparelle in pvc: pratiche e colorate». O almeno così si pensava. L'architetto Riccardo Del Pup ha vissuto le trasformazioni dal comune friulano di Cordenons. Qui, oltre ad avere uno studio di architettura a trecentosessanta gradi, che va dalle realizzazioni ex novo alla riqualificazione, ha ricoperto per dieci anni l'incarico di sindaco, prendendo parte attiva nel processo di riqualificazione che ha investito la sua cittadina. Con lui viene

Esempi di riqualificazione urbanistica progettati dall’architetto Riccardo Del Pup (nella pagina a fianco) delpupariccardo@libero.it


Riccardo Del Pup

Con la riqualificazione di vecchi edifici torna in voga il nucleo abitativo della casa natale

quindi naturale soffermarsi e ritornare su alcuni nodi critici del Paese, «cioè sulle speculazioni edilizie, sulle irregolarità, sullo stravolgimento degli equilibri storici dei piccoli e grandi centri urbani» per sperare nei miglioramenti. Infatti, nonostante le ritrosie, pian piano prende piede a livello nazionale una cultura diversa. «Grosso modo possiamo dire che dalla

metà degli anni Ottanta vengono stabiliti i primi Piani regolatori – continua Del Pup – Questi, attraverso misure particolareggiate, miravano a tutelare la ricchezza e la varietà architettonica dei centri storici. In questa prima fase il pensiero urbanistico passa attraverso l'esproprio. Solo più tardi, negli anni Novanta, si raggiunge un compromesso e i Piani attuativi agiscono secondo logiche diverse: si mantiene la proprietà privata ma viene vincolata in base a canoni di ristrutturazione. Ecco dunque l'imprinting della riqualificazione. L'obiettivo è quindi sensibilizzare il recupero, agendo su tre livelli: sul proprietario, sul progettista e sul costruttore. L'idea è tornare alle radici, rivisitare il passato senza tralasciare il comfort. Serve appunto una cultura architettonica forte, perché nei cantieri molte cose

sono lasciate all'improvvisazione». Ma in una città come Cordenons cosa significa praticare il restyling architettonico che fa attenzione ai dettagli? «Innanzitutto vuol dire tornare ai sassi, quindi “svestire” le facciate di quelle sovrastrutture posticce, i rivestimenti esterni, che non le appartengono e che avevano oscurato i paramenti originari. Oggi non c'è più bisogno di ostentare il benessere. Le pietre a vista sono un richiamo importante per la nostra identità territoriale. Dietro ai materiali c'è poi tutta la sapienza nelle tecniche di lavorazione e delle norme costruttive da rispettare». Dopo aver firmato una serie di importanti progetti di recupero, Riccardo Del Pup fa notare che si tratta di «un'inversione di tendenza che sopravvive da dieci anni e che sta dando degli ottimi risultati. Riappropriarsi del “vecchio” ha portato anche a una sorta di ricomposizione sociologica. A tornare in voga, naturalmente rivisitato secondo canoni contemporanei, è il nucleo abitativo della casa natale».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Dalla classicità alla stravaganza Dal modello Luigi XV alla linea Marilyn. La Chairs Modonutti non pone alcun freno alla creatività imprimibile sul più tradizionale degli oggetti d’arredo: la sedia. E ingrana la marcia verso nuove mete del mercato internazionale. Il resoconto del product manager Alex Modonutti Adriana Zuccaro

ccentricità. Tanto eclettica quanto unica. Tinte shock abbinate a tessuti e stili raffinatamente nuovi. Per un’autentica innovazione del più tradizionale degli oggetti d’arredo. La sedia. «L’input progettuale risiede in una costante ricerca estetica, spesso all’insegna della stranezza, dell’eclettismo. Il risultato sconvolge sempre il mondo del gusto e lo eleva verso orizzonti eccentrici e bizzarri che alla fine si tramutano in tendenza». Conosce bene il mondo del design e della moda Alex Modonutti, sa cosa vuol dire arredare un ambiente con classe ed eleganza e quando il suo estro creativo dilaga in stili tendenzialmente

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stravaganti, riconosce quell’essenza della tradizione in cui l’azienda di famiglia, Chairs Modonutti, affonda le proprie radici. Dai primi attori dell’industria italiana, è riconosciuta come realtà d’eccellenza. L’azienda fondata da Giordano Modonutti nel 1967, oggi diretta dalla nuova generazione di cui Alex è rappresentante e product manager, raccoglie sotto l’etichetta “sedia friulana” una forza innovativa che spiazza la concorrenza a colpi di design e inedita creatività. Alla Chairs Modonutti gli alti e bassi del mercato odierno non incutono alcun timore. E i numeri parlano da soli. «Il personale interno all’azienda conta 40 dipendenti ma ri-


Alex Modonutti

Tra i 500 modelli delle sedie Modonutti, una versione dorata ha fatto accomodare anche gli ospiti della Casa Bianca durante l’amministrazione Clinton

chiediamo costantemente la collaborazione di una serie di altre imprese in cui lavorano circa 80 addetti – spiega Alex Modonutti –. Le nostre collezioni non sono naturalmente rivolte al solo mercato italiano perché la rotta verso l’internazionalizzazione è già in marcia». Un terzo del mercato cui la Chairs Modonutti rivolge la propria produzione è statunitense. Ma cresce la domanda in Russia, Francia, Germania, Paesi scandinavi Danimarca inclusa. Più recente è invece l’ingresso del brand friulano in Gran Bretagna dove «a Londra ci è stato affidato l’allestimento di una serie di grandi eventi con il nostro arredo “made

in Friuli” – racconta il giovane imprenditore –, dai ricevimenti istituzionali di alto livello alle sfilate delle grandi firme dell’alta moda». Tra i 500 modelli delle sedie Modonutti, realizzate al 95 per cento con legno di faggio, una versione dorata ha fatto accomodare anche gli ospiti della Casa Bianca durante l’amministrazione Clinton. Le chairs Modonutti hanno fatto sedere i grandi della terra al vertice G8 a San Pietroburgo. Personalità della moda e dello spettacolo come Vivian Westwood hanno preso posto in sedie firmate Modonutti. In Italia, oltre le commesse per il Grand Hotel Villa d’Este a Cernobbio o per il

Four Season della Sheraton di Milano, i migliori capitani dell’industria italiana come Gianni Agnelli o Marco Tronchetti Provera hanno condiviso un incontro seduti in sedie create dall’azienda di Cividale. Fra i modelli che hanno dato espressione alla creatività di Alex Modonutti «la sedia Marilyn, con un imprimitur in stile Warhol, ha lo schienale in pelle ed è dipinta a mano ed è stata creata anche in jeans, tessuto emblema della modernità». Di fatto però, la creazione più importante Chairs Modonutti rimane sempre la sedia Luigi XV Medaglione, a confermare che l’innovazione autentica non può che nascere dal tradizionale.

In queste pagine alcuni modelli delle sedie prodotte dalla Chairs Modonutti di Cividale www.chairsmodonutti.it

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’innovazione a favore dell’ambiente I vertici di A&T 2000 SpA fanno il punto sul nuovo impianto di compostaggio “a biocelle” per il recupero dei rifiuti organici a Codroipo, con produzione di energia elettrica, e su altri progetti innovativi Paolo Lucchi

ono in corso i lavori per la realizzazione dell’impianto di compostaggio a biocelle per recuperare i rifiuti organici dalle raccolte differenziate con produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile a Pannellia di Codroipo (Ud). Il progetto sarà realizzato dalla società A&T 2000 e si svilupperà su un’area di 23mila metri quadrati. La struttura permetterà di sfruttare le migliori tecnologie disponibili (BAT), di contenere ulteriormente i costi di ge-

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Sotto, un render del progetto per il nuovo impianto di compostaggio presso Pannellia di Codroipo (Ud) www.aet2000.it

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stione dei rifiuti trattati e di ridurre l’impatto ambientale del trattamento. Grazie a una potenzialità annua di 25mila tonnellate, oltre alla frazione organica raccolta nei 29 Comuni che costituiscono il bacino di A&T2000, l’impianto potrà trattare rifiuti biodegradabili provenienti da altre realtà della provincia di Udine. Secondo Gianpaolo Stefanutti, presidente di A&T 2000, è significativo il fatto che l’impianto «non sarà realizzato con denaro pubblico, proveniente quindi dalle tasse,

ma con finanziamento privato, e sarà pagato in termini predefiniti sia con il servizio reso ai Comuni soci di A&T 2000, sia con le tariffe di conferimento di altri utenti pubblici e privati». Il termine dei lavori di costruzione è previsto entro la primavera del 2012, con entrata in esercizio nell’estate; dopo il periodo in concessione, l’impianto diventerà di proprietà della A&T 2000. «Il secondo aspetto qualificante è l’elevato contenuto tecnico in materia di tutela ambientale di questo impianto che, unito alla qualità del compost derivante dalla bioconversione dei rifiuti organici e all’economicità della gestione, lo renderà competitivo nell’attuale scenario provinciale» specifica Stefanutti. L’impianto, che prevede un investimento pari a 13 milioni di euro, si basa sulla tecnologia a “Biocelle”, già utilizzata ampiamente nel Nord Europa, a cominciare da Olanda e Germania. Le prime fasi del trattamento, la biode-


A&T2000

La raccolta che funziona A&T 2000 ha introdotto nel territorio gestito la raccolta differenziata spinta attraverso due metodologie. In pianura vige il “porta a porta integrale”, ovvero la raccolta domiciliare, secondo un calendario prestabilito, di carta, imballaggi in plastica e lattine, vetro, organico umido e secco residuo. Nelle zone montane, invece, questi rifiuti vengono raccolti tramite contenitori stradali dotati di chiave o apposite aperture che permettono il controllo dei conferimenti. I due sistemi adottati assicurano non solo di ottenere, in tutti i Comuni interessati, percentuali di raccolta differenziata che vanno ben oltre il 65% (minimo richiesto dalla normativa entro il 2012), con punte vicine all’80%, ma anche un’elevata qualità e purezza dei materiali da avviare a recupero, attraverso le verifiche effettuate su ciascun conferimento. Ciò consente di ricavare maggiori vantaggi economici dal loro riciclo attraverso i consorzi di filiera e, quindi, di contenere l’aumento dei costi a tutto vantaggio dei cittadini fruitori.

gradazione anaerobica e la biossidazione aerobica infatti, avverranno in ambienti confinati, le biocelle appunto, che eviteranno l’emissione di odori nell’ambiente circostante. Nella prima fase “anaerobica con trattamento a secco”, dalla frazione organica trattata sarà ricavato del biogas, che verrà successivamente utilizzato per la produzione di energia elettrica tramite motori ed alternatori. Durante la seconda fase “aerobica” verrà ricavato compost di qualità da immettere successivamente sul mercato. «Ci au-

L’elevato contenuto tecnico e l’economicità della gestione di questo impianto lo renderanno competitivo nell’attuale scenario provinciale

guriamo che questo di Pannellia diventi un punto di forza del sistema impiantistico della Provincia di Udine, che permetterà di ridurre l’impatto ambientale con il contenimento dei costi a carico dell’utenza» aggiunge Stefanutti. Questo impianto, infatti, permette di ridurre l’attuale canone di trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani di circa il 30%. Stefanutti cita anche altri progetti della società nell’ambito della raccolta dei rifiuti. «Oltre ad aver introdotto efficacemente la raccolta differenziata spinta, A&T 2000 svolge il servizio di raccolta dei rifiuti in numerose sagre paesane e manifestazioni che si svolgono nei Comuni soci.» Durante l’estate appena trascorsa le manifestazioni interessate sono state oltre 100. Un evento su tutti, quello per i 50 anni delle Frecce tri-

colori presso l’Aerobase di Rivolto, con oltre 300mila persone presenti, ha permesso di sperimentare con successo un sistema di raccolta innovativo per manifestazioni di questo tipo. Infatti, anziché collocare i contenitori adibiti alla raccolta differenziata e lasciare l’iniziativa del conferimento agli ospiti, sono state allestite delle isole ecologiche per la raccolta differenziata, posizionate in prossimità dei punti di ristoro, opportunamente segnalate in più lingue e, soprattutto, presidiate da operatori che hanno fornito agli ospiti l’assistenza necessaria per separare e conferire correttamente i rifiuti. «La percentuale di raccolta differenziata raggiunta è stata del 67%, un risultato eccezionale se si considera l’elevato numero di presenze e, quindi, la complessità della gestione».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Soluzioni che rispettano l’ambiente

Si orientano sul recupero ambientale gli obiettivi futuri della Geo Nova, società specializzata nel trattamento e smaltimento dei rifiuti. Fornendo al territorio soluzioni sempre più innovative. A illustrarle è il suo amministratore delegato, Luca Coin Carlo Sergi

Nelle immagini, alcune aree su cui la società Geo Nova di Treviso ha effettuato alcuni suoi interventi www.geonova.it

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peratore specializzato nel trattamento, recupero e smaltimento di rifiuti solidi urbani, industriali, pericolosi e non pericolosi, la società Geo Nova, già presente con realtà operative nella provincia di Pordenone, illustra i suoi piani di sviluppo. «La nostra società è nata circa 20 anni fa, grazie all’idea di alcuni imprenditori che, nella provincia di Treviso, si sono consorziati – spiega il dottor Luca Coin, Amministratore delegato di Geo Nova Spa -. Questi attori avevano come obiettivo quello di offrire, tra i primi in Italia, soluzioni di smaltimento sicuro e controllato dei rifiuti industriali, nel rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini». In breve tempo, Geo Nova è diventata leader in Italia nel settore dello smalti-

O

mento dei rifiuti, distinguendosi sempre per la sua trasparenza e apertura alle autorità e agli organi di controllo. «Dal 2001 abbiamo dato vita a una struttura di sviluppo rivolta a nuove iniziative – prosegue Coin -, destinando importanti risorse umane ed economiche, consapevoli che la diversificazione, sia territoriale che settoriale, diventava imprescindibile per un’azienda che volesse conservare un ruolo leader, applicando le migliori tecnologie disponibili. Così, oltre a rinnovare, migliorare, ottimizzare gli originali impianti di smaltimento, si sono sviluppati impianti di selezione e recupero di materia, di produzione energetica da biogas e fotovoltaico, di produzione di combustibile da rifiuti, stoccaggio e miscelazione di rifiuti pericolosi, sia in Italia che in altri paesi europei».


Luca Coin

Attualmente Geo Nova è presente con impianti di trattamento e smaltimento rifiuti anche in Polonia e Repubblica Ceca. Molti altri progetti sono allo studio, nel settore del trattamento rifiuti e recupero energetico, con l’obiettivo di cogliere una molteplicità di risultati. «Dobbiamo ambire a soddisfare esigenze di trattamento e recupero che non trovano, allo stato attuale, risposta a livello locale – spiega l’Amministratore delegato -. Intendiamo produrre energia da fonti rinnovabili, applicare le migliori tecnologie disponibili e garantire interventi profittevoli e sostenibili socialmente e per l’ambiente». Obiettivi ambiziosi, che Geo Nova perseguirà con una filosofia sempre rivolta alla qualità e alla sicurezza. «Abbiamo attivato un sistema di

certificazioni sottoposto al controllo di appositi organi esterni – ci tiene a sottolineare Luca Coin -. A tal proposito, abbiamo ottenuto, nel 2000, la certificazione Iso 9001, che verifica e garantisce la qualità dei servizi offerti. Nel 2001, poi, abbiamo ottenuto la Iso 14001, in continua estensione a tutte le nuove realtà operative, adeguata a tenere sotto controllo gli impatti ambientali delle proprie attività e al costante miglioramento». Anche il tema della sicurezza è centrale. Su questo, Coin afferma che «lo standard della nostra società prevede che tutti gli impianti siano costantemente sorvegliati, attraverso l’intervento di personale specializzato di aziende esterne o l’uso di impianti di videosorveglianza durante le ore notturne o di chiusura. Sono at-

tive procedure standardizzate per gli interventi del personale reperibile in caso di intrusione, guasto, emergenza». Particolare attenzione viene posta, infine, verso il recupero ambientale delle aree adibite allo smaltimento dei rifiuti che, una volta esaurite, vengono gestite per un periodo minimo di trent’anni e, contestualmente, ripristinate a verde nel massimo rispetto delle specie autoctone e dell’impatto paesaggistico. FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 221


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Monitorare l’ambiente rende l’impresa più efficiente Intervenire a favore dell’ambiente e delle industrie che devono sfruttarne le risorse. Così la Geosyntech, monitorando e valutando gli impatti sostenibili, scioglie i vincoli burocratici e dà il via libera alle imprese Paola Maruzzi

oppiamente impegnata su due fronti complementari, la geotecnica e l'ingegneria ambientale, la Geosyntech ha come base logistica Triste, ma è operativa su tutto il territorio nazionale e non solo. «Abbiamo portato la nostra professionalità, certificata con sistemi qua-

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Il geologo Carlo Alberto Masoli della Geosyntech www.geosyntech.it

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lità Iso 9001, dal Sudamerica all'Africa, dalla Cina al Medioriente» spiega Carlo Alberto Masoli. Ogni “missione” ha la sua specificità. È unica e irripetibile perché il sottosuolo e le sue fragilità non sono uniformi. Pensiamo al complesso quadro di dissesti idrogeologici che caratterizza l’Italia. A parte le concause naturali è fondamentale tenere monitorati alcuni siti a rischio. «Per questo è importante censire, fare rilievi e catalogare tutti i fenomeni franosi. Su incarico dell'amministrazione regionale, abbiamo portato a termine questo studio per il Friuli Venezia Giulia, identificando le misure di intervento». Racchiudere per sommi capi il raggio d'azione di un'impresa che lavora in modo trasversale per l'ambiente, non è cosa semplice. Meglio procedere per

“progetti”, scendendo nelle pieghe di un caso specifico. Carlo Alberto Masoli ripercorre così l'impegno della Geosyntech sulle attività di bonifica dell'area triestina ricompresa nel decreto del 2003 nei “siti inquinati di interesse nazionale”. Un racconto che compone un quadro più ampio e che diventa un modo per guardare allo specchio le politiche ambientali e industriali dell'Italia. «Nel nostro Paese sono 54 i siti inquinati. In base al decreto ministeriale si stabilisce un piano di intervento con delle specifiche attività di caratterizzazione. Vale a dire che degli esperti devono portare a termine precise indagini e verifiche per definire il grado di contaminazione. Nel caso di Trieste, si tratta di una superficie di circa 500 ettari a terra e 1.200 ettari di mare. La zona in


Carlo Alberto Masoli

Ogni “missione” ha la sua specificità. È unica e irripetibile perché il sottosuolo e le sue fragilità non sono uniformi

questione interessa l’ambito industriale e portuale cittadino, coinvolgendo 350 aziende. A oggi il vincolo ambientale, istituito dal Ministero dell'Ambiente nel 2003, ha di fatto rallentato lo sviluppo economico e l’insediamento di nuove realtà produttive nel tessuto triestino». In effetti è scontato dedurre che, stando a questi termini, risulta difficile che un imprenditore decida di investire. Per Carlo Albeto Masoli è quindi indispensabile sciogliere le fila, fare chiarezza e, magari, auspicare a una collaborazione tra realtà pubbliche e private. L’intervento della Geosyntech non è casuale. Direttamente coinvolta dal caso di Trieste, nell'ambito dell’ingegneria ambientale ha redatto, e

concluso positivamente, numerosi piani di caratterizzazione ambientale e progetti di bonifica. Tra questi il progetto della Piattaforma Logistica del Porto di Trieste, commissionato dall’Autorità Portuale di Trieste, opera compresa nella Legge Obiettivo e identificata come prioritaria dal Ministero delle Infrastrutture e approvata dal Cipe e dal Ministero dell’Ambiente. È solo un esempio circa la possibilità di realizzare opere importanti anche in presenza di vincoli ambientali. Allargando le prospettive al di là dei confini nazionali, si arriva addirittura nella Repubblica del Congo. Qui, per una committenza che Carlo Alberto Masoli preferisce far rimanere anonima, la Geosyn-

tech sta lavorando nel settore dell'oil & gas. «Questo a riprova del fatto che siamo specializzati anche nel vasto ambito degli studi sull'impatto ambientale: vale a dire che, dati alla mano, vengono identificate tutte le ripercussioni che un determinato progetto può avere nei territori in cui si interviene. E, naturalmente, rientrano in questa macro categoria anche le attività di estrazione o di sfruttamento di risorse naturali. Sotto questo aspetto l'Italia è già stata abbondantemente studiata. Cosa ben diversa sono alcune zone dell'Africa, in cui siamo appunto impegnati per valutare il miglior tipo di sfruttamento delle risorse locali, nel rispetto per l’ambiente». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 223


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Verso un’impiantistica sempre più ecologica Aprirsi ai mercati esteri e investire sul settore ambiente. Ecco il cocktail vincente della Perteco. Ne abbiamo parlato con Simone Nazzi Belinda Pagano

nternazionalizzazione significa «esportare conoscenza e prodotti realizzati in Italia». Ecco come, con semplice ma precisa puntualizzazione, Simone Nazzi socio di Claudio Tomba, co-amministratore e responsabile tecnico-commerciale della Perteco, spiega il significato di uno dei punti forza dell’azienda. Per meglio comprendere le dinamiche che portano all’apertura

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In basso Simone Nazzi, socio e responsabile tecnico-commerciale della Perteco www.perteco.com

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verso mercati esteri, gli abbiamo rivolto alcune domande. In che specifico campo opera l’azienda? «La Perteco è nata nell’ottobre 2006 come partner della Pert, azienda madre e capogruppo di un insieme di tre specifiche realtà: Perteco, TB investments e Gaia group. La nostra azienda si occupa del settore ambientale. Partendo dall’esperienza pregressa della Pert nel campo dell’ingegneria industriale, ci occupiamo della sfera ecologica e impiantistica ambientale. Progettazione e fornitura di impianti per il trattamento delle acque reflue civili e industriali, sistemi di potabilizzazione compatti e tutto quello che riguarda la depolverazione dei fumi industriali passando, infine, attraverso lo studio e la valutazione dell’impatto acustico». I vostri mercati di riferimento attuali sono Nord Africa e Medio Oriente. A cosa è dovuta questa particolare scelta? «In queste zone si ha una notevole possibilità di sviluppo e

anche una richiesta importante da parte del mercato locale. Grazie ai vari impianti realizzati dalla Pert, siamo conosciuti nel nostro settore come azienda italiana che progetta e fornisce equipaggiamenti di alta qualità. Recentemente ci siamo occupati della fornitura dell’ingegneria esecutiva di un progetto di trattamento e recupero dell’acqua di drenaggio in un grosso complesso siderurgico in Egitto. Dapprima abbiamo analizzato il problema posto dal committente e, successivamente, ne abbiamo verificato la fattibilità tecnica. Il risultato in termini di recupero effettuato è eccellente perché prevede uno scarico zero, con riutilizzo per più del 90 per cento dell’acqua trattata. Il 10 per cento rimanente viene utilizzato per raffreddare la scoria prodotta nello stesso complesso. Quello siderurgico, comunque, è il settore su cui abbiamo puntato inizial-


Simone Nazzi

Sostenere attività di ricerca e sviluppo è di particolare importanza nel nostro settore, principalmente per quanto riguarda il trattamento delle acque reflue

mente e che stiamo consolidando con una ampia gamma di servizi che vanno dalla consulenza alla fornitura degli impianti o parti di essi». E per quanto riguarda il mercato italiano? «Stiamo consolidando la nostra presenza sul mercato nazionale e in particolare su quello localizzato nella nostra regione. Ci siamo occupati, per esempio, della fornitura “chiavi in mano” di un impianto di trattamento acque di prima pioggia presso una grande azienda italiana nel settore della cantieristica, presente in Friuli Venezia Giulia. La nostra forza consiste nel fatto che i fornitori, dalle officine di carpenteria ai vari rivenditori, sono localizzati in tutta Italia e in particolare nel Nord, e nel Nord Est. Questo significa coinvolgere le aziende locali nelle forniture ed esportare un prodotto di qualità riconosciuto in tutto il mondo

come tale. La vicinanza dei fornitori ci permette di essere presenti ogni qualvolta è necessario verificare la conformità tecnica di quanto progettato presso i nostri uffici e instaurare delle collaborazioni costruttive con gli stessi fornitori. Questo è un valore aggiunto non indifferente». Quanto è importante investire sull’innovazione? «Sostenere attività di ricerca e sviluppo è di particolare importanza nel nostro settore, principalmente per quanto riguarda il trattamento delle acque reflue e gli impianti per la potabilizzazione per Paesi in via di sviluppo o aree geografiche con scarse risorse idriche. Abbiamo ad esempio ingegneri chimici che cercano di ottenere dei prodotti studiati ad hoc per queste realtà. Ovviamente non ci si ferma solo a queste figure professionali. All’interno dell’azienda sono presenti inge-

gneri e periti che si occupano di innovazioni nella fase di progettazione». Eppure si parla spesso di fuga dei cervelli. Lei cosa ne pensa? «Ritengo sia molto importante investire su nuove figure professionali e sui giovani. L’età media aziendale, infatti, è molto bassa. Far crescere i giovani significa anche dar loro la possibilità di esprimere il talento di cui sono dotati. Senza dimenticare che il ricambio generazionale dei nostri clienti porta a dover dialogare con interlocutori sempre più giovani e attratti dalle migliori tecnologie disponibili sul mercato». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 225


ENERGIA SOLARE

Avanguardia sostenibile Energia solare, impianti fotovoltaici, riduzione dell’impatto ambientale. Questi i capisaldi dell’azienda friulana Thermics, specializzata nella produzione di impianti solari termici e fotovoltaici e di componenti in alluminio per lo scambio termico Valeria De Meo

In basso, un robot di laser saldatura Metalinox. Nella pagina a fianco, impianti di pannelli solari termici realizzati dalla Thermics www.thermics.it

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ggi si sente sempre più spesso parlare di green economy, e dell’analisi dei danni ambientali che possono essere causati dall’estrazione delle materie prime e da tutto l’iter che riguarda il loro trasporto e la loro trasformazione, inclusa l’eliminazione. Da qui l’introduzione di misure tecnologiche e legislative per ridurre l’inquinamento a favore dell’ecosostenibilità, sfruttando fonti alternative per la produzione di energia. «L’Italia è pronta a cogliere la sfida delle rinnovabili, resa

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ancora più netta dal Conto energia per il triennio 20112013 (il programma di incentivazione della produzione di elettricità da fonte solare mediante impianti fotovoltaici) e le linee guida nazionali che lo accompagnano. Senza dimenticare la continua crescita della domanda interna di energia in generale». A sostenerlo è Giovanni Drigo, amministratore delegato della Thermics a Varmo, azienda che progetta e produce scambiatori di calore in alluminio, collettori e sistemi che sfruttano l’energia solare, pulita e inesauribile, ma soprattutto a costo zero. «Le rinnovabili da sole non bastano. Non rappresentano la soluzione ai problemi energetici se l’Italia non si dota nel tempo di un equilibrato piano di mix energetico che, a mio avviso, dovrebbe comprendere il nucleare, il fossile e il solare nelle giuste proporzioni. Questo è accaduto, per esempio, in alcuni paesi europei, dove si stanno riscontrando segnali positivi. L’Italia, invece, – continua – pur avendo scoperto una vocazione sostenibile, deve assolutamente potenziare i suoi strumenti. Insomma, deve per forza di cose far crescere


Giovanni Drigo

l’industria del solare per portare il comparto delle rinnovabili ai livelli imposti dall’Unione europea». La Thermics, attraverso la sperimentazione e le collaborazioni con gli enti di ricerca, riesce a essere sempre all’avanguardia in un settore destinato a espandersi. In che modo? «I nostri tecnici – chiarisce Giovanni Drigo – partecipano a convegni, fiere e vari corsi. Costituiscono un grande aiuto per il nostro lavoro anche le pubblicazioni e le riviste tecniche del settore di riferimento. Inoltre, con l’aiuto del dipartimento di Energetica e Macchine dell’università di Udine abbiamo intenzione, a breve, di avviare un programma di ricerca per evolvere alcuni dei nostri prodotti di punta avendo individuato negli stessi interessanti potenzialità di miglioramento sia in termini di efficienza che di costi». Nei prossimi anni quello

dell’energia solare sarà un settore sempre più competitivo. Grazie alla continua ricerca, allo studio delle tecnologie, a nuovi campi di applicazione si assisterà a una rivoluzione e sarà necessario che le aziende coinvolte nella green economy siano pronte ad affrontare il mercato. La Thermics vanta un buon punto di partenza per sostenere la concorrenza. «La nostra azienda – l’amministratore delegato della Thermics di Varmo – si distingue per la vasta gamma di impianti, di soluzioni innovative anche in termini di design e per una produzione orgogliosamente made in Italy, per quanto riguarda il solare termico. Per il fotovoltaico – precisa - abbiamo in essere una collaborazione con un partner tedesco e uno asiatico, garantendo così ai committenti un elevato standard di servizio in termini di puntualità nelle

Bisogna potenziare l’industria del solare per portare il comparto delle rinnovabili ai livelli imposti dall’Unione europea

consegne e dell’assistenza post vendita». A quanto pare ci sono tutte le premesse per «guardare al futuro in maniera positiva. I mercati in generale, se pur lentamente, stanno recuperando dinamicità e questo è già un buon segnale. Puntiamo molto sul nuovo anno: per il 2011 vogliamo incrementare il più possibile il volume di affari, anche attraverso nuove collaborazioni in paesi extraeuropei. Nuovi prodotti vengono costantemente studiati e testati al fine di raggiungere migliori prestazioni, ecosostenibilità, maggior durata degli stessi con il minor impatto ambientale».

FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 227


CONTRAFFAZIONE

La minaccia corre sul web e lungo le frontiere attività di contrasto della Guardia di Finanza alla commercializzazione di prodotti con marchi contraffatti, nel Friuli Venezia Giulia come nel resto d’Italia, «è finalizzata non solo a garantire la tutela dei consumatori e della salute pubblica, ma anche a scardinare tutte le pericolose forme di concorrenza sleale all’economia sana del Paese, che invece opera nel rispetto della legalità e della sicurezza», rileva il comandante regionale della Guardia di Finanza, Gianluigi Miglioli. «L’industria del mercato del falso costituisce, infatti, un fenomeno d’aggressione criminale al sistema economico legale e fruttano ogni anno alle organizzazioni malavitose che lo gestiscono ingenti volumi d’affari, provocando anche forti danni allo Stato a causa dei rilevanti mancati introiti fiscali». Il rischio nel quale s’incorre, anche solo nell’acquistare tali prodotti non originali, è «una possibile denuncia all’autorità giudiziaria per ricettazione o per incauto acquisto, nonché l’applicazione di una sanzione amministrativa, che può arrivare sino a 7mila euro nel caso di clienti privati e sino a 1 milione di euro per gli operatori commerciali o gli importatori», spiega il comandante. I settori più colpiti dalla contraffazione sono quelli relativi all’abbigliamento, alle calzature, ai giocattoli e all’elettronica. «Il contrasto alla contraffazione, alla pirateria e alla vendita di prodotti insicuri è tra le priorità operative del Corpo, anche perchè l’industria del falso è strettamente connessa alle organizzazioni criminali che gestiscono le reti dell’immigrazione clandestina e dello

L’

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Combattere la contraffazione, monitorando anche il web. Lo sottolinea il comandante regionale delle Fiamme Gialle, Gianluigi Miglioli, che illustra le iniziative messe in atto per contrastare il fenomeno Nike Giurlani

sfruttamento del lavoro nero e irregolare, inquinando il mercato e sottraendo alla collettività importanti risorse tramite l’evasione fiscale, contributiva e il riciclaggio dei capitali illeciti». L’attività investigativa ha, però, permesso di fare luce sulle nuove modalità d’organizzazione dei traffici, «maggiore varietà nei prodotti contraffatti e insicuri e una sempre maggiore diversificazione delle modalità d’elusione del dispositivo di controllo attuate dai falsari, quali ad esempio l’utilizzo di false identità, la creazione d’imprese di “facciata”, la delocalizzazione all’estero degli stabilimenti di produzione e, soprattutto, l’impiego sempre più massiccio della rete internet». Il web, infatti, è divenuto la nuova frontiera della contraffazione, utilizzato per la gestione dei traffici illeciti, per la commercializzazione on line dei prodotti contraffatti e insicuri e per l’abusiva distribuzione su piattaforme telematiche, spesso create ad


Gianluigi Miglioli

Alcune operazioni svolte dalla Guardia di Finanza Friuli Venezia Giulia

hoc, di supporti e prodotti multimediali protetti dal diritto d’autore. «Le risposte operative – chiarisce Miglioli – si sono tradotte nella predisposizione di un dispositivo di contrasto più dinamico e multidisciplinare, che coniuga il tradizionale approccio derivante dalle attività di controllo economico del territorio al sistematico sviluppo delle indagini in chiave finanziaria e con proiezioni internazionali». Il servizio è quindi finalizzato «non solo a stroncare i traffici illegali e a difendere la sicurezza complessiva dei cittadini e del mercato, ma anche a colpire alla radice queste insidiose forme di “impresa criminale”, procedendo all’aggressione dei profitti e dei patrimoni illecitamente accumulati». Continua anche la lotta contro l’illecita introduzione di tabacchi dall’Est Europa. Recentemente sono stati sequestrati «3 quintali di sigarette di contrabbando e due autovetture» da parte del Gico di Trieste. «Le due auto sono state fermate nell’area di servizio di Gonars dell’A4 – continua il comandante – e la merce era nascosta in una serie di doppifondi, i successivi accertamenti hanno per-

messo di stabilire che un’auto proveniva dal valico di Tarvisio, mentre l’altra era entrata attraverso il valico di Fernetti, al riguardo sono state arrestate 3 persone, 2 di origine ucraina e una proveniente dalla Repubblica Ceca». L’attività di intelligence svolta dalla Guardia di Finanza, ha rilevato che il traffico di tabacchi lavorati esteri risulta provenire dall’Est europeo, in particolar modo dall’Ucraina. «È soprattutto in questi Stati che viene organizzato il traffico, sia per il basso costo locale di un pacchetto di sigarette, un euro, sia per la facilità di approvvigionamento; è possibile, infatti, acquistare il prodotto anche nei supermercati e nei discount, nonché di trasferimento e stoccaggio d’ingenti quantitativi di tabacchi lavorati esteri di provenienza illecita» rende noto il comandante regionale. Per questioni connesse all’economicità dell’attività criminale, «le organizzazioni criminali hanno individuato nel trasporto su ruote il metodo migliore per l’invio di partite di tabacchi lavorati esteri e nel Friuli Venezia Giulia la via più breve per giungere alla rete di distribuzione del mercato italiano». Per quanto riguarda, invece, la vendita abusiva di sigarette e il trasporto in Italia di sigarette extra franchigia, la Guardia di Finanza opera attraverso l’impiego di pattuglie, da una parte «a contrasto delle vendite irregolari di sigarette in esercizi non autorizzati e dall’altra a ridosso dei valichi confinari a FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 243


CONTRAFFAZIONE

Il traffico di tabacchi lavorati esteri risulta provenire dall’Est europeo, in particolar modo dall’Ucraina

contrasto dell’introduzione delle sigarette in quantità eccedente la franchigia consentita». In materia di tabacchi lavorati esteri sussiste attualmente una franchigia massima di quantitativo di prodotto che è possibile introdurre nel territorio nazionale, «corrispondente a 800 pezzi per coloro che provengono da paesi intracomunitari e 200 pezzi per coloro che, invece, entrano in Italia provenienti da Stati extra Ue». La violazione di tali disposizioni normative viene sanzionata con «la reclusione da due a cinque anni e la multa da 5 euro per ogni grammo convenzionale di prodotto sequestrato, nel caso in cui il quantitativo illecitamente trasporto o detenuto sia risultato superiore a 10 chilogrammi se inferiore continua l’esperto - è prevista l’applicazione della sola pena pecuniaria, nei termini sopra indicati, e comunque mai inferiore ai 516 euro». Un altro capitolo riguarda il sequestro di quantitativi di carburante precedentemente acquistato in Slovenia e successivamente trasportato in Italia, con modalità illecite, a bordo di automezzi. «L’immissione in con244 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

sumo sul territorio nazionale, da un paese membro, come la Slovenia, di benzina e gasolio, che sono prodotti sottoposti ad accisa, è consentita per uso privato fino ad un quantitativo massimo di 10 litri, contenuti nell’eventuale tanica di scorta e – spiega – oltre tale limite il carburante s’intende detenuto non più ad uso privato ma ai fini commerciali e vanno osservate ed applicate le specifiche disposizioni in materia per la circolazione di tali prodotti». La sanzione per il mancato rispetto della normativa prevede «la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa non inferiore comunque a 7.746 euro, ed è previsto anche il sequestro del carburante illecitamente importato» sottolinea il comandante. Oltre alle previsioni punitive di natura penale, non è da trascurare che per il trasporto di merci pericolose, quali benzina e gasolio, in misura superiore a determinate soglie, «il codice della strada prevede sanzioni volte a garantire la sicurezza della circolazione durante il trasporto di dette merci e – conclude il comandante Miglioli – si rischia, inoltre, una pesante sanzione amministrativa, il fermo del veicolo e la sospensione della patente e della carta di circolazione dell’autoveicolo per un periodo da 2 a 6 mesi, nonché la perdita di punti sulla patente».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Alessandro Giacchetti

i pari passo con la globalizzazione dell’economia mondiale, il fenomeno della contraffazione ha assunto contorni di carattere planetario, investendo pressoché tutte le economie degli Stati. «Questo fenomeno determina conseguenze negative dal punto di vista economico e finanziario, calo dei fatturati, riduzione delle entrate fiscali, sfruttamento di manodopera e pericolo per la salute dei cittadini», spiega il prefetto di Trieste, Alessandro Giacchetti. Proprio in quest’area «il fenomeno, pur esistente, non ha connotazioni preoccupanti come in altre zone del nostro Paese e le indagini e i controlli svolti in questi ultimi anni nella provincia giuliana dimostrano che l’interesse delittuoso di specie riguarda, sostanzialmente, il settore dell’abbigliamento tessile, degli accessori, della bigiotteria e di alcuni prodotti elettronici». Le segnalazioni sono, in maggioranza, originate da controlli effettuati nell’ambito degli spazi doganali portuali su merci provenienti principalmente dal Medio ed Estremo Oriente; il reato contestato, di solito, è l’introduzione nel territorio nazionale di merci con marchi contraffatti. Non risultano, invece, ipotesi di fabbricazione in territorio nazionale di tali merci. «Nel corso dei controlli periodici presso gli esercizi commerciali della provincia, inoltre, è stata accertata la commercializzazione di piccoli quantitativi di prodotti con marchi contraffatti; si tratta di merce venduta presso negozi gestiti da imprenditori stranieri e da ambulanti abusivi, acquistata presso fornitori non italiani, localizzati in prevalenza nelle provincie di Milano, Firenze e Roma» conclude il prefetto. Negli ultimi anni si

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Le conseguenze della contraffazione Il mercato dei prodotti contraffatti va continuamente monitorato insieme ai prodotti provenienti dall’est europeo e contrabbandati nel nostro Paese. Il punto di vista del prefetto Alessandro Giacchetti Nike Giurlani

è verificato un incremento della commercializzazione di prodotti contraffatti tramite internet. Come viene affrontato questo fenomeno? «Come specchio del mercato reale anche internet riproduce, pertanto, i fenomeni di contraffazione con sviamento della clientela tramite illecite pratiche di concorrenza sleale. Siti di aste e negozi on line possono costituire canali non autorizzati o paralleli per la vendita di prodotti contraffatti con estensione anche transnazionale, con conseguente difficoltà nell’identificazione immediata di operatori commerciali disonesti che si nascondono nelle pieghe offerte dalla rete ai “ciber criminali”. È da evidenziare che, a parte i casi di vere e proprie truffe ai danni dei consumatori, a volte gli acquirenti di prodotti con griffe false credono Il prefetto di Trieste, di fare un affare, senza rendersi Alessandro Giacchetti conto delle responsabilità, anche di natura penale, che incombono anche su chi acquista beni con marchi contraffatti. In tale ottica si cerca di sviluppare in seno alla cittadinanza e all’utenza una vera e propria coscienza dei rischi insiti nel prodotto falso, diffondendo, attraverso apposite campagne di sensibilizzazione, la conoscenza dei rischi che l’utilizzo di tali prodotti arreca alla salute del singolo». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 245


CONTRAFFAZIONE

La contraffazione determina conseguenze negative dal punto di vista economico, finanziario e sociale

Per quanto riguarda, invece, il contrabbando dai paesi dell’Est Europa, quali i prodotti richiesti? «I prodotti provenienti dall’est europeo e contrabbandati nel nostro Paese sono, nella maggioranza dei casi, tabacchi lavorati esteri. In genere, provengono dall’Europa Orientale sia per il basso costo locale di un pacchetto di sigarette che per la facilità di approvvigionamento, di trasferimento e stoccaggio d’ingenti quantitativi dei tabacchi. Le organizzazioni hanno individuato nel trasporto su ruote un metodo proficuo per l’invio di partite di tabacchi lavorati esteri e, in questo quadro, il Friuli Venezia Giulia risulta essere zona di passaggio preferita per giungere alla rete di distribuzione del mercato italiano, anche perché rappresenta la via più breve. In genere, viene scelto l’utilizzo di automezzi appositamente modificati al fine di ostacolare l’intervento degli organi di polizia. La strategia adottata dalle consorterie criminali dell’est europeo, già posta in luce da indagini 246 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

della Guardia di Finanza triestina, è quella di frazionare i carichi di “bionde”, anche per ridurre i rischi economici derivanti da eventuali sequestri, e di predisporre un impiego massiccio di automobili per il loro trasporto». Quanti i casi registrati? «Nel corso dell’anno si è registrata una lieve flessione del fenomeno in termini quantitativi, anche se sembrano sempre più strutturate le organizzazioni transfrontaliere che gestiscono il traffico. Naturalmente, non parliamo solo di sigarette, ma anche di capi di abbigliamento e oggetti di minuteria. Si registra, però, una presa di coscienza da parte dei Paesi geograficamente più vicini, sia comunitari che extracomunitari, e una maggiore sensibilità nel contrastare i fenomeni illeciti. Nel corso del 2010, la Guardia di Finanza di Trieste, il corpo maggiormente impegnato nel contrasto dei fenomeni delittuosi in questione, ha effettuato 24 interventi in esito ai quali sono state contestate 30 violazioni e identificati 36 soggetti. Sono stati complessivamente sequestrati 2.437,28 chilogrammi di tabacchi lavorati esteri e 18 mezzi, di diversa natura, utilizzati per il loro occultamento e trasporto. A fronte di questi sequestri è stata accertata un’evasione di tributi per 383.963 euro».



DIRITTO FALLIMENTARE

La responsabilità della persona giuridica La crisi del principio “societas delinquere non potest”. L’avvocato Carlo Federico Grosso illustra come progressivamente si è evoluta la dottrina penalistica in questo ambito Nike Giurlani esponsabilità delle persone giuridiche: com’è cambiata la dottrina penalistica. «All’inizio, nel 2001, i reati previsti agli effetti della responsabilità delle persone giuridiche erano pochi, ma con successive integrazioni legislative il loro numero è stato molto ampliato», spiega l’avvocato Carlo Federico Grosso. Si va dalla truffa a danno dello Stato ai delitti informatici, dal trattamento illecito dei dati ai delitti di criminalità organizzata, da quelli di concussione e corruzione fino a taluni delitti contro l’industria e il commercio, ai reati societari e numerosi altri. «L’arco della possibile responsabilità delle società è pertanto

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L’avvocato Carlo Federico Grosso in alto, un momento del processo Parmalat

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ampia ed esaustiva» rileva l’avvocato. Tra i processi più noti per quanto concerne la responsabilità delle persone giuridiche, Grosso menziona due casi ai quali ha partecipato personalmente in qualità di difensore di una delle parti: Parmalat e il processo contro alcune banche per truffa al Comune di Milano. Il nostro diritto positivo basato sul principio “societas delinquere non potest” esclude che si possa configurare una responsabilità penale in capo alle persone giuridiche. A cosa è dovuto lo sgretolamento di questo principio? «Il principio “societas delinquere non potest” ha costituito per decenni un pilastro della scienza giuridica penalistica. A partire dagli anni 80 e 90 del Novecento, ha cominciato tuttavia a essere messo in discussione dalla dottrina penalistica, a cominciare da un celebre scritto del professore Franco Bricola. Progressivamente è emerso, come dominante, l’orientamento opposto, e cioè il presupposto che fosse opportuno colpire direttamente, anche sul terreno penale, e ovviamente con sanzioni penali confacenti di natura pecu-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Carlo Federico Grosso

Nell’ordinamento italiano la responsabilità delle persone giuridiche è stata configurata come responsabilità amministrativa da reato

niaria o interdittiva, le condotte illecite societarie riconducibili a carenza di un’adeguata organizzazione di prevenzione dal crimine». Com’è disciplinata la responsabilità delle persone giuridiche nell’ordinamento italiano? Quali sono i presupposti per l’attribuzione della responsabilità? «Nell’ordinamento italiano la responsabilità delle persone giuridiche è stata configurata come “responsabilità amministrativa da reato”, e non come “responsabilità penale”. In ogni caso, competente a giudicare è il giudice penale in un processo che ha le caratteristiche del processo penale (codice di procedura penale, con le modificazioni specificamente previste dal decreto legislativo 231/2001). Presupposto per l’attribuzione di responsabilità amministrativa da reato alle società è che sia stato commesso uno dei reati specificamente previsti dalla legge agli effetti di tale tipo di responsabilità, e che non sia stato adottato, ed efficacemente attuato, un modello d’organizzazione adeguato a prevenire i reati».

Quali sono i reati per i quali le persone giuridiche sono chiamate a rispondere? Quali altri reati andrebbero inseriti? «All’inizio, nel 2001, i reati previsti agli effetti della responsabilità delle persone giuridiche erano pochi, ma con successive integrazioni legislative il loro numero è stato molto ampliato. Oggi le società possono rispondere di truffa in danno dello Stato e reati simili, di delitti informatici e di trattamento illecito di dati, di delitti di criminalità organizzata, di concussione e corruzione, di falsità in monete, di taluni delitti contro l’industria e il commercio, di reati societari, di delitti con finalità di terrorismo o d’eversione, di numerosi delitti contro la personalità individuale, dei cosiddetti abusi di mercato, d’omicidio e di lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro e della tutela della salute. L’arco della possibile responsabilità delle società è pertanto ampia ed esaustiva». Quali sono gli espedienti che possono trovare le aziende al fine di essere esentati dalle responsabilità? «Le società sono comunque esenti da responsabilità se, come ho già accennato, hanno adottato e attuato un modello d’organizzazione, di gestione e di controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi». Quali sono i casi più noti per quanto concerne la responsabilità penale delle persone giuridiche? «Con riferimento a processi ai quali ho partecipato personalmente in qualità di difensore di una delle parti, posso ricordare i processi Parmalat per aggiotaggio celebrati, o in corso di celebrazione, davanti alle sezioni I e II del Tribunale di Milano e il processo contro alcune banche per truffa al Comune di Milano, che è in corso di celebrazione anch’esso davanti alla sezione IV dello stesso tribunale». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 249




ORGANIZZAZIONE SANITARIA

Un nuovo modello di governance per la sanità regionale Prevenzione, integrazione sociosanitaria e continuità assistenziale. Sono alcuni dei punti contenuti nelle linee per la gestione del servizio sanitario regionale. A spiegare le nuove soluzioni organizzative è l’assessore alla Salute del Friuli Venezia Giulia, Vladimir Kosic Francesca Druidi

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l prossimo anno può essere considerato un anno di svolta per la sanità del Friuli Venezia Giulia. «Attraverso le Linee di gestione per il 2011 – spiega l’assessore regionale alla Salute e alle politiche sociali Vladimir Kosic – dovranno, infatti, trovare concreta attuazione, per la prima volta, i principi introdotti con il piano socio-sanitario approvato lo scorso marzo». Come sottolinea Kosic, si tratta di un programma di razionalizzazione sanitaria che mira al recupero di risorse, nel momento in cui esse sono più scarse, da reinvestire nei servizi. «Un’operazione virtuosa che non solo permetterà di garantire maggiore qualità e sicurezza, ma anche maggiore sostenibilità economica del sistema sanitario regionale che, riorganizzando i servizi e facendo emergere le criticità, riuscirà a dare più risposte ai bisogni e a prendersi cura meglio di categorie che oggi sono “s c o p e r t e ” » , come anziani, malati e

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minori. Le fondamenta del piano socio-sanitario, come ha avuto modo di dichiarare, possono essere suddivise «nel merito e nel metodo». Partiamo dal merito. «Le Linee di gestione introducono un nuovo metodo di finanziamento del sistema che, superando le assegnazioni su base storica, evolverà verso criteri di maggiore equità territoriale nelle tre aree vaste su una popolazione pesata per età, sesso e bisogni di salute. Poi maggiore sicurezza e qualità dei servizi; coordinamento della rete ospedaliera in ogni area vasta, che potrà contare non solo sulle proprie risorse professionali e tecnologiche». Per quanto riguarda, invece, il merito? «La centralità della persona, i servizi che si adeguano ai bisogni della gente e non viceversa, trasparenza e condivisione dei dati e delle informazioni. Grazie a una maggiore collaborazione tra professionisti e strutture, la ricerca di una maggiore qualità e sicurezza in ospedale, puntiamo a favorire la continuità assistenziale, rafforzando i servizi extraospedalieri e sul territorio, superando alcune frammentazioni rilevate. Non manca la scelta di destinare più risorse al sociale, tanto agli enti locali quanto alle famiglie in particolare». Con quali strategie? «Attraverso una riorganizzazione e una ra-

Vladimir Kosic, assessore alla Salute, integrazione sociosanitaria e politiche sociali della Regione Friuli Venezia Giulia


Vladimir Kosic

zionalizzazione interna, che non sta andando a toccare nessuno dei servizi a diretto impatto con i cittadini. In sintesi, meno apparati burocratici e più medici e più infermieri nei reparti, distribuiti sulla base dei volumi di lavoro e delle esigenze emerse, avendo chiare sia la prospettiva epidemiologica, sia le innovazioni tecnologiche e organizzative da sostenere». Quali restano le aree di criticità sulle quali intervenire, pur nel positivo scenario regionale? «Anche in Friuli Venezia Giulia non mancano differenze di accesso, cura ed esiti dovuti a diverse opportunità offerte ai cittadini non legate necessariamente alla qualità dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali. Non solo: nel passaggio tra servizi e sistemi diversi, come ad esempio tra aziende ospedaliere, ospedali di rete, cure primarie e viceversa, tra servizio sanitario e servizi sociali dei Comuni e viceversa, la continuità non è sempre assicurata. È su questo che vogliamo incidere». In che modo? «Potenziando, ad esempio, la quantità delle prestazioni critiche per le quali i tempi di attesa rischiano di compromettere lo stato di salute del paziente, o adottando in modo più

Meno apparati burocratici e più medici e più infermieri nei reparti, distribuiti sulla base dei volumi di lavoro e delle esigenze

generalizzato criteri di priorità per dare precedenza ai problemi più importanti e scoraggiare l’inappropriatezza. In questo contesto rafforzeremo anche il ruolo dei medici di famiglia, aiutandoli finanziariamente ad assumere collaboratori di studio per sollevarli da compiti burocratici diretti». Può indicare i prossimi passaggi del piano? «Abbiamo già cominciato a lavorare per riscrivere il piano oncologico regionale e il piano della prevenzione. Presto rimetteremo mano anche al piano della riabilitazione, al materno infantile, al piano dell’emergenza: in questo caso è prevista una centrale unica a Palmanova, presso la Protezione civile, dal FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 265


ORGANIZZAZIONE SANITARIA

primo gennaio 2012». Lei è stato nominato nuovo presidente del comitato Salute e politiche sociali dell’assemblea Regioni d’Europa. Quanto è importante garantire la presenza del Friuli Venezia Giulia in questo importante organismo internazionale? «Questa designazione, da un lato, offre uno stimolo per stringere nuove relazioni che possano essere proficue tanto per il Friuli Venezia Giulia quanto per le altre regioni d’Italia che ne fanno parte. Dall’altro, può garantire la presenza della Regione in un organismo che si confronta con l’Unione europea e che per questo ha un peso nelle decisioni della stessa Ue. Una partecipazione fondamentale nell’ottica di mantenere per le regioni italiane, i finanziamenti comunitari legati ai fondi di coesione europea per il periodo 2014-2020, da destinare a ricerca e innovazione. Ma c’è un ulteriore risvolto». Quale? «La nomina suggella l’intensa attività sia internazionale che interregionale svolta negli ultimi anni in campo sanitario dal Friuli Venezia Giulia. Un’attività che si pone l’obiettivo di una migliore presenza dei servizi sa266 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

nitari nazionali e regionali nel dibattito europeo sulla salute, partecipando appunto ai processi di formazione e implementazione delle politiche comunitarie. E che nasce dalla volontà di incrementare, grazie al confronto, la qualità dei servizi e l’efficienza gestionale. Insomma, anche in tema di sanità occorre un approccio globale». Può farmi un esempio? «I responsabili della sanità di Lombardia, Sicilia e Veneto hanno recentemente dichiarato l’interesse a entrare a far parte della Fondazione italiana fegato (Fif ), creando i presupposti per la costituzione di un vero e proprio network dell’epatologia gestito dall’Onlus creata nel 2008 a Trieste, un punto di riferimento assoluto per le patologie del fegato, già operativa in una decina di paesi, tra cui Argentina, Messico, Indonesia ed Egitto. Il protocollo di collaborazione sottoscritto con la Lombardia avrà una sua applicazione anche con la Regione Veneto, con la quale si è avviato un confronto in materia di prevenzione. Obiettivo delle tre Regioni è giungere alla definizione di precisi ambiti di collaborazione da sviluppare nei prossimi Piani della Prevenzione, che a fine anno verranno discussi con il Ministero della Salute».



ONCOLOGIA

I farmaci biologici che centrano il bersaglio La ricerca di una cura meno tossica e più selettiva per il cancro ha dato luogo allo sviluppo di farmaci antitumorali intelligenti a bersaglio specifico. Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di oncologia medica del Cro di Aviano, ne illustra criticità e prospettive di Francesca Druidi

n questi ultimi anni si è assistito, in oncologia, a una fase di progressivo avanzamento delle conoscenze relative ai meccanismi biologici delle cellule, assicurando una maggiore comprensione dei processi di insorgenza e progressione dei tumori maligni. Ciò ha favorito lo studio di farmaci che, a differenza di quelli chemioterapici citotossici, sono caratterizzati da una specificità d’azione e aprono la strada a un trattamento più mirato delle neoplasie. Come ricorda Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di oncologia medica del Centro di riferimento oncologico di Aviano, esistono varie famiglie di agenti che rientrano nel novero dei farmaci biologici: inibitori dei fattori crescita, inibitori dei vasi, inibitori di enzimi, anticorpi monoclonali che frenano l’accrescimento del tumore. «Si tratta dell’unico orizzonte che esiste oggi nella terapia medica del cancro – spiega lo specialista – anche se non mancano i limiti». Qual è, in generale, la strategia terapeutica che connota i farmaci antitumorali biologici? «A seguito delle conoscenze sul Dna acquisite negli ultimi decenni, in particolare quelle che riguardano le neoplasie, l’attuale strategia terapeutica risiede nell’identificare le anomalie genetiche che sono alla base dei singoli tu-

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mori e nel trattarli con farmaci che agiscano come missili telecomandati sui meccanismi di regolazione delle cellule neoplastiche, andando a colpire soltanto l’anomalia all’origine del tumore oppure responsabile della sua progressione». La somministrazione dell’anticorpo monoclonale trastuzumab ha dato ottimi risul-

Umberto Tirelli è anche docente e primario della divisione di Oncologia medica del Centro di riferimento oncologico di Aviano


Umberto Tirelli

tati nell’aumento di sopravvivenza nelle donne con tumore al seno. Quali sono nel complesso gli orizzonti maggiormente promettenti per quanto riguarda questi farmaci? «Trastuzumab (Herceptin) è uno dei farmaci principali, tra i più attivi tra quelli biologici o intelligenti usati nella terapia biologica dei tumori. Del resto, non vengono più sviluppati farmaci chemioterapici tradizionali, ma soltanto farmaci biologici intelligenti. Quest’area identifica, quindi, lo scenario del futuro: farmaci con bersagli biologici capaci di agire contro determinati enzimi o proteine che sono alla base della proliferazione tumorale o della proliferazione dei vasi che sottintendono allo svi- tumorale, si riscontrano differenze tra i paluppo dei tumori stessi. Si tratta dell’unico zienti. L’altra complicazione è data dall’esistenza di una forte diversità tra il tumore primitivo e le varie metastasi. Per esempio, il tumore alla mammella primitivo, del collo, del polmone, possiede un’identità biologica genetica ed è su questa base che viene scelto il trattamento del paziente, e anche nel caso di comparsa di metastasi, dopo anni, le terapie vengono attribuite sulla scorta del tessuto tumorale primitivo, anche perché non è facile

Sopra, il Cro di Aviano, in provincia di Pordenone

Il problema dei farmaci antitumorali biologici è rappresentato dai costi elevatissimi

orizzonte che esiste oggi nella terapia medica del cancro, anche se non mancano i limiti». Può indicarli? «Sono insiti nel fatto che questi farmaci agiscono sì su enzimi e proteine alla base della proliferazione del cancro alla mammella, al polmone e del tumore gastroenterico ma poi esaminando nello specifico ogni singola forma

prelevare quello metastatico. Non è detto però che le anomalie presenti nel tumore primitivo siano le stesse riscontrabili nelle metastasi. Si rischia di compiere ragionamenti sbagliati. È possibile che in futuro, se questo ci offrisse dei grandi vantaggi, si proponga al chirurgo di prelevare tutte le metastasi, anche in diverse parti dell’organismo, e di realizzare dei sample, dei prelievi nelle varie lesioni e da questo punto di partenza adottare il trattamento. Oggi non si fa perché è una procedura troppo indaginosa e ancora non abbiamo conseguito risultati sufficientemente estesi, anche se iniziamo a registrarne». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 271


ONCOLOGIA

Qual è l’effettivo rapporto benefici-rischi offerto dai farmaci antitumorali biologici? «Il problema è rappresentato dai costi elevatissimi. Un trattamento può costare dai 2 ai 5 mila euro al mese per paziente e questo può diventare un peso per le possibilità del nostro sistema sanitario. Troppi farmaci, troppe indicazioni per costi eccessivamente elevati e per vantaggi ancora troppo ridotti. Dovremmo arrivare a modificare questo concetto di costo, ancorandolo all’efficacia. Se un farmaco guarisce, come ad esempio il Glivec, agente indicato per il trattamento dei pazienti con leucemia mieloide cronica (LMC), può valere per ipotesi 100, il trastuzumab impiegato nel carcinoma mammario Her2-positivo può costare 50 e così via. In questo modo si stimola l’industria farmaceutica a produrre farmaci sempre più efficaci». Esiste un problema di tossicità per questi farmaci? «Non sono scevri da effetti collaterali, come l’insorgere di rash cutanei, specie di follicoliti piuttosto problematiche tali da indurre a volte a una riduzione del dosaggio; ulcere sulla pelle e problemi gastroenterici. Altri effetti possono essere stanchezza, febbre, ipertensione, tossicità cardiovascolare». Occorre allo stato attuale affiancare alla somministrazione di questi farmaci la chemio o la radioterapia? «Sì, esistono cellule tumorali indifferenziate che non hanno questi bersagli molecolari e contro le quali usiamo le forme tradizionali di cura. A volte somministriamo i farmaci in contemporanea alla chemio, a volte i due passaggi avvengono in successione». La lista di farmaci antitumorali biologici si arricchisce costantemente di nuove acquisizioni. Quali sono le maggiori novità introdotte? «Si segnala un’estensione delle indicazioni: ad esempio l’Avastin, anticorpo monoclonale disegnato in modo specifico per inibire il fattore di crescita di una proteina che svolge un importante ruolo nello sviluppo e nel mantenimento dei vasi sanguigni, è stato approvato come trattamento del tumore del colon-retto 272 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2010

Trattare le anomalie genetiche con farmaci che agiscano come missili telecomandati

ma è stato esteso anche al carcinoma polmonare e mammario in quanto ne è stata dimostrata l’attività, sebbene non in maniera eccezionale. I costi però intanto vanno alle stelle e questo incide sulla sostenibilità della nostra attività. E se i costi sono elevati poi diventa più complesso reperire i finanziamenti per il personale infermieristico, medico e tecnico necessario. Perche, alla fine, in medicina ciò che conta di più sono le risorse umane giuste che ti possono far seguire al meglio le patologie, non soltanto i tumori». In questo scenario come si inserisce lo sviluppo della farmacogenomica? «È un’area di ricerca molto importante, perché studia le basi genetiche delle differenze interindividuali nella risposta ai farmaci. Dallo studio della farmacogenomica possiamo trarre le basi per selezionare i pazienti da sottoporre a un determinato tipo di trattamento e ai dosaggi conseguenti, così da ottimizzare al massimo le percentuali di risposta e diminuire al contempo gli effetti collaterali».



ODONTOIATRIA

La prevenzione alla base della cultura odontoiatrica alute, prevenzione e benessere sono i valori che l’Andi, Associazione nazionale dentisti italiani, pone come fulcro antropocentrico di ogni attività svolta e programmata a sostegno di una quanto più diffusa “cultura del sorriso”. Dal 1946 a oggi l’Andi ha di fatto raggiunto il ruolo di sindacato di categoria più rappresentativo d’Italia. Gli aspetti primari su cui si fonda l’operosità sindacale, culturale e scientifica dell’Associazione sono «la valorizzazione del modello libero-professionale diffuso capillarmente sul territorio e tanto apprezzato dalla popolazione per la qualità delle prestazioni effettuate e il rapporto di fiducia tra odontoiatra e paziente». L’assunto di Gianfranco Prada, presidente dell’associazione, anticipa un resoconto sull’universo dentale attivo in Italia e la spinta migliorativa con cui l’associazione impugna ogni progetto. Quali eccellenze e criticità presenta l’attuale stato dell’odontoiatria italiana? «Il modello fino a oggi vincente dello studio monoprofessionale, costituito cioè da uno o due professionisti con segretaria e assistente alla poltrona, va sicuramente guidato in un’evoluzione imposta della crescente crisi di valori ed economica che costringe il ceto medio, sempre più impoverito, a rivolgersi a realtà professionali diverse come strutture più grosse gestite da capitali, franchising, turismo odontoiatrico, low cost, dimenticando l’importanza della cultura della prevenzione odontoiatrica e del rapporto fiduciario col proprio dentista». L’intero settore odontoiatrico necessita di importanti cambiamenti. Quali i più imminenti? «Sicuramente le istituzioni politiche do-

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Un ventaglio di attività atte a valorizzare il libero professionismo medico, la qualità delle prestazioni e il rapporto con il paziente. Per il presidente, Gianfranco Prada, «occorre un’azione sinergica per sensibilizzare il paziente sull’importanza delle prevenzione e della cura odontoiatrica» di Adriana Zuccaro

vranno dimostrare una maggior attenzione all’odontoiatria. Il Sistema sanitario nazionale copre meno del 10% delle prestazioni odontoiatriche effettuate in Italia e, visto il costo dell’odontoiatria, sempre più cittadini non potranno essere lasciati soli. I fondi sanitari integrativi voluti da entrambi gli schieramenti politici, che preoccupano molti odontoiatri per la possibile ingerenza nella professione, possono costituire solo una minima e parziale risposta a questo problema. Sarà quindi necessaria un’azione sinergica da parte di tutte le componenti del settore dentale: produttori di macchinari, attrezzature e merci, distributori, operatori sanitari e odontotecnici per sensibilizzare il paziente sul-

Gianfranco Prada è il tredicesimo presidente nazionale dell’Andi


Gianfranco Prada

l’importanza delle prevenzione e della cura odontoiatrica e per contenere al massimo i costi comprimibili, purché ciò non vada a scapito della qualità delle prestazioni». Qual è il fulcro promotore delle attività dell’Andi? «Curiamo molto l’aspetto culturale dei nostri soci. Organizziamo sia a livello locale che regionale e nazionale importanti convegni scientifici di aggiornamento su tutte le branche dell’odontoiatria. Primi tra i sindacati medici, abbiamo strutturato un sistema di formazione a distanza che permette l’aggiornamento via internet; con il sistema satellitare vengono trasmessi importanti interventi in diretta sui pazienti». In campo odontoiatrico, quali direzioni intraprende la ricerca medico-scientifica? «La prospettiva più importante per il futuro è quella legata all’utilizzo delle cellule staminali, ma si tratta ancora di una fase di ricerca che non è applicabile alle attuali terapie». Ritiene che i giovani dentisti italiani posseggano un bagaglio formativo adeguato alla pratica professionale? «La cultura trasmessa dall’università è sicura-

La cultura trasmessa dall’università è di eccellenza, manca però, in molte sedi, la pratica sui pazienti

mente di eccellenza, manca però, in molte sedi, la pratica sui pazienti. In tal senso l’università, per dedicare più tempo al tirocinio, ha innalzato a sei gli anni del corso di laurea e sono gli studenti che ci chiedono di aprire i nostri studi professionali affinché possano essere aiutati ad apprendere gli aspetti operativi dell’attività professionale che non vengono insegnati dall’accademia». I servizi medici odontoiatrici gravano sulle tasche degli italiani. Esistono dei programmi “sociali” capaci di ovviare a tale realtà? «Su richiesta del ministero della Salute la nostra associazione ha sottoscritto un accordo per l’odontoiatria sociale, rivolto alle fasce di popolazione con maggiori difficoltà economiche, ma non è certo compito della libera professione colmare le carenze del Servizio sanitario nazionale». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 275




SOCIETÀ COOPERATIVE

Nuovi profili di impresa nel settore sanitario È la prima cooperativa di produzione di dispositivi medici su misura ad uso odontoiatrico del Friuli. Alberto Furlani fa il punto sull’utilità di questa scelta e sugli obiettivi dell’azienda Valeria De Meo

l Friuli Venezia Giulia continua a segnare gol in termini di economia: da terra rurale e povera, come si presentava nella seconda metà del Novecento, oggi le sue province conquistano i primi posti per qualità della vita, con un tasso di disoccupazione bassissimo. Negli ultimi anni ha preso piede una nuova forma di fare impresa, la Scarl: una società cooperativa di produzione, creata per gestire in comune un’impresa e con lo scopo di procurare lavoro alle migliori condizioni possibili per i propri soci. I principi ispiratori di una cooperativa, a prescindere da quale sia la tipologia, sono i concetti di uguaglianza dei soci, di collaborazione sul lavoro e di mutualità: unire sforzi, lavoro e capacità per raggiungere un obiettivo comune che garantisca gli esiti desiderati. Creare una società cooperativa di produzione significa per i soci anche valorizzare capacità individuali e collettive. La Dentalsystem, gestita da Alberto Furlani a Tavagnacco in provincia di Udine, ne è un esempio di successo e anche di più: si tratta infatti di una cooperativa di produzione di dispositivi medici su misura ad uso odontoiatrico, la prima in assoluto in Friuli. «I nostri prodotti nello specifico - spiega

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Furlani – sono protesi dentarie tradizionali e innovative in grado di soddisfare ogni richiesta, poiché ci siamo differenziati per l’eccellenza nelle competenze e nei processi di filiera». La qualità della produzione e un servizio dinamico ed efficiente hanno fatto sì che in pochi anni di attività, la società riuscisse ad imporsi sul mercato italiano. «È un mestiere artigianale complesso – prosegue - che richiede una costante formazione tecnica a causa dell’introduzione della meccanica di precisione automatizzata». La filosofia della Dentalsystem trova il proprio fondamento nel concetto della "qualità totale", che può essere raggiunto con il miglioramento continuo di tutte le funzioni aziendali: ricerca, produzione, distribuzione e assistenza clienti. « Il ciclo è curato nei minimi dettagli – rivela Furlani - con il controllo continuo, severo e attento di ogni passaggio, garantendo così il dispositivo prodotto, accurato nei dettagli e pronto per l'emissione sul mercato. Il gruppo utilizza solo materiali a marchiatura Ce, certificati dai migliori produttori presenti sul mercato italiano ed europeo, perché i nostri fornitori sono di assoluta garanzia». La formula è vincente se le materie prime e i macchinari di

Alberto Furlani www.dentalsystem.org info@dentalsystem.org


Alberto Furlani

nuova generazione sono abbinati a un personale altamente qualificato. La Dentalsystem garantisce due importanti servizi, di grande impegno organizzativo: «Rivolgendoci a professionisti odontoiatri, in primo luogo - spiega Furlani - stiamo creando una rete di distribuzione, fornendo materiali, consulenza, assistenza e garantendo, con il servizio post-vendita tecnica, la migliore cessione del dispositivo. Il secondo servizio offerto – continua - è la prototipazione rapida da tomografia assiale computerizzata, che può servire all'odontoiatra implantologo per interventi di studio pre-implantare e chirurgico. La completa

Il nostro è un mestiere artigianale complesso, che richiede una costante formazione tecnica anche per l’introduzione della meccanica di precisione automatizzata

soddisfazione tecnica per noi oggi – chiarisce - è quella di offrire dispositivi privi di metallo, materiali che entrano in mimesi perfetta con la cavità orale. Ad esempio, è assente quel fastidioso effetto ombra in prossimità delle gengive, dovuto alla presenza del metallo nelle vecchie ceramiche dentali». La crisi economica degli ultimi anni sembra non aver toccato la Dentalsystem. «Le scelte che la nostra società ha compiuto – puntualizza Furlani - sono state individuate all'inizio di questi anni bui, perché i cambiamenti non dovevano coglierci impreparati. La nostra volontà di restare competitivi nell'era della globalizzazione – sottolinea - ha reso necessarie sia un'organizzazione basata sull'aggregazione professionale aperta e senza confini territoriali, che l’adozione di nuove tecnologie abbinate alle migliori competenze». Furlani non ha dubbi circa il futuro, «Vogliamo continuare – afferma deciso - ad essere tra le migliori aziende che forniscono prodotti di qualità a un prezzo accessibile, investendo in formazione e qualificazione del personale e tecnologie avanzate. E in caso emergano esigenze particolari – conclude - l'azienda offre piena collaborazione per trovare soluzioni "su misura" sia nell'ambito della produzione che della distribuzione». FRIULI VENEZIA GIULIA 2010 • DOSSIER • 279


Ricordi triestini C’è la Trieste della Mitteleuropa, dove hanno trovato ispirazione grandi letterati come James Joyce, Italo Svevo e Umberto Saba. C’è la Trieste dei palazzi e dei caffè letterari. E c’è la Trieste che ha influenzato Susanna Tamaro, una delle scrittrici italiane più amate e conosciute al mondo Francesca Druidi

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Nella foto di apertura, la statua di James Joyce sul Ponte Rosso. A destra, la scrittrice Susanna Tamaro

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onostante non risieda più a Trieste, per Susanna Tamaro il capoluogo giuliano resta un luogo che va oltre la connotazione fisica per diventare spazio dell’anima, vero e proprio stato mentale. Una capacità di sondare nei sentimenti umani, rivelandone la complessità, che la scrit-


Susanna Tamaro

trice sente di dovere nel profondo alla sua terra d’origine. «Trieste possiede realtà bellissime, che appartengono a tutti i suoi abitanti», racconta Susanna Tamaro, ripercorrendo le tappe di una sorta di itinerario “del cuore” nella città natale. «Amo camminare a Barcola, la tipica passeggiata dei triestini, che conduce al Castello di Miramare, uno dei simboli della città, ma soprattutto sede di uno splendido parco botanico. Amo perdermi nei suoi vialetti. Girare, salire, scendere, scrutando il mare e ammirando il Carso». Il Parco Tropicale del castello è una delle mete preferite dall’autrice. Nelle serre storiche è stato ricostruito un angolo di Foresta amazzonica con oltre cento specie diverse di piante, fiori e uccelli variopinti. Qui si trova anche il Centro per lo

È sempre uno spettacolo affascinante entrare in queste serre e posare lo sguardo su pappagalli, colibrì e farfalle

studio e la salvaguardia dei Colibrì. «È sempre uno spettacolo affascinante entrare in queste serre e posare lo sguardo su pappagalli, colibrì e farfalle che volano in libertà, come nel loro habitat. E mentre all’esterno, magari, infuria la Bora, dentro si

vive il clima tropicale. Da grande appassionata di scienze naturali, apprezzo particolarmente questo salto climatico, botanico e naturalistico». Trieste è, per Susanna Tamaro, anche una città di immagini contrastanti. Alla bellezza dell’ambiente fa da contraltare la ferriera, «un’area siderurgica che rimanda alle atmosfere di Vladivostok, attraversata dai fumi neri. Uno scenario singolare di cui conservo indelebilmente il ricordo dell’odore dei metalli pesanti». Un altro luogo caro all’autrice di Va’ dove ti porta il cuore è il Borgo Teresiano, impregnato di suggestioni etniche e religiose. Il ricordo va a quando, da bambina, «arrivavano quelli che noi chiamavamo acquirenti d’oltre confine, provenienti dai paesi comunisti per com-

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GENIUS LOCI

prare beni che non trova-

vano in patria. Il sabato riempivano tutto il Borgo, “suk” ricco dei prodotti mito dell’Occidente, e poi ripartivano la sera per rientrare nelle loro terre. I negozi di allora sono stati sostituiti dalle lanterne rosse delle attività cinesi». Questo a conferma di un’identità triestina declinata sul concetto di confine. «La mia letteratura è strettamente legata a Trieste, al suo essere una cerniera tra due mondi, tra l’Est e l’Ovest». Lontana parente di Italo Svevo, Susanna Tamaro riconosce nell’anima letteraria una delle chiavi di lettura più apprezzate della città, che segue le orme di Saba, Joyce e dello stesso Svevo, ed era una frequentatrice del Caffè San Marco: «Ci andavo il sabato con Giorgio Voghera. Si parlava di letteratura, si prendeva il caffè. C’era grande vivacità». E la scrittrice non nasconde la nostalgia per la “sua” Trieste, «quella dal sapore mediorientale, più sporca e “trasandata” di quella attuale, che però oggi corre il rischio di vivere nella memoria diventando un monumento di se stessa». Diplomata al Centro sperimentale di Cinematografia di Roma e anche regista di un lungometraggio, Nel mio amore, l’autrice non ha dubbi sullo scorcio che meglio racchiude l’essenza della sua Trieste: «il Molo Audace, che sembra protendersi verso l’orizzonte ma poi si arresta, dove

Amo girare per gli angoli e le vie della città maggiormente sferzati dalla bora e dirigermi verso il Molo Audace, dove è sempre una festa per gli amanti del vento

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i triestini vanno a passeggiare. I triestini sono grandi camminatori. Anche io e i miei fratelli, da piccoli, andavamo da una parte all’altra della città. E c’è una specie di furore in quest’atto. Non è un camminare mosso dal paesaggio, ma piuttosto da una forza interiore». E poi c’è questo rapporto intenso con la Bora, «un vento pazzo che ogni tanto si abbatte a velocità spaventose, quasi a voler scoperchiare le case. Poi, così come arriva, di colpo smette. Amo girare per gli angoli e le vie della città maggiormente sferzati dalla Bora e dirigermi verso il Molo Audace, dove è sempre una festa per gli amanti del vento». Non è un caso che Susanna Tamaro abbia ambientato il suo film e molti dei suoi romanzi a Trieste e nel mondo del Carso «che, in quanto territorio capace di esprimere solitudine e durezza, conserva un fascino misterioso perché qui tutto fa fatica». Non sarebbe stato lo stesso scrivere le sue opere, compresa l’ultima, Il grande albero, in un altro universo. «Puoi collocare storie dove conosci, dove senti. Dove hai un reale possesso del territorio. Non inserisco mai descrizioni dettagliate, ma è lo spirito della città, così inquietamente di frontiera, a permeare il mio lavoro. È questa la mia Trieste: quella delle inquietudini, dei tormenti, delle solitudini, del vento».





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