Dossier Lombardia 09/2013

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FARMACI

Il rilancio del know how chimico-biotecnologico L’eredità del distretto farmaceutico lombardo, all’avanguardia fino a tutti gli anni Ottanta. A raccoglierla Paolo Lombardi, che sulla base dell’esperienza nell’allora Farmitalia ha fondato Naxospharma. Che oggi fa ricerca sui farmaci oncologici Valerio Germanico

el nostro paese non è mai stata compresa l’importanza strategica di un modello di sviluppo economico e sociale basato sulla scienza e le sue applicazioni». È questa la considerazione di Paolo Lombardi, fondatore della Naxospharma di Novate Milanese, scienziato-imprenditore che ha alle spalle una lunga esperienza in Farmitalia, un tempo società farmaceutica lombarda del gruppo industriale chimico Montedison, che, insieme alla Lepetit, dai primi decenni del dopoguerra agli anni Ottanta, rappresentò una realtà di spessore

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multinazionale nel settore dei farmaci biotecnologici e nella ricerca su farmaci salvavita, come gli antinfettivi e gli antitumorali. «All’epoca la Lombardia era all’avanguardia per la scoperta e commercializzazione di antibiotici antitubercolari come la rifamicina, e antibiotici antitumorali come la doxorubicina, rappresentando una delle locomotive trainanti del nascente comparto industriale delle scienze della vita a livello internazionale». Cosa determinò la fine di questa importante esperienza e il complessivo declino dell’industria lombarda in questo settore? «La lenta ma drastica riduzione degli investimenti. Questa portò a progressivo decadimento della rilevanza mondiale della regione e di conseguenza anche dell’Italia, fino all’annullamento definitivo di un know how che ci vedeva in competizione con i grandi gruppi multinazionali. Naturalmente la riduzione degli investimenti nel settore non fu un processo senza responsabili, che al contrario io individuo nella parallela affermazione di una classe politica inadeguata e ripetente, battitacchista e novantagradista nei confronti dei vincoli di sudditanza che, di volta in volta, venivano pretesi dalla comunità internazionale e che imponevano al nostro paese di perseguire un modello di sviluppo basato sulla scarsità di innovazione e ricerca scientifica e tecnologica, sfortunatamente accettato da una grande fetta dell'opinione pubblica».


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