Ottobre novembre 2017

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ANNO XVI

Numero 6

DICEMBRE 2017

BIMENSILE DELLE RESIDENZE GIUBILEO

L’occhiale “Si educa con ciò che si dice, più ancor con ciò che si fa e ancor di più con ciò che si è. ” Sant’Ignazio di Antiochia


Sommario Informazioni Utili Orari

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Buon Compleanno Festeggiati di ottobre - novembre

Pag. 4/5

Attività del servizio socio educativo Uscita presso Casa Marina Uscita al Pedrocchi

Pag. 6 pag. 7

Eventi Chef all’opera Intitolazione ad Angelo Ferro della Civitas Vitae

Pag. 12 pag. 14

Una bella cosa Maratona di lettura Festa di San Martino Memorial messa

pag. 15 pag. 16 pag. 17

L’angolo letterario “Il giorno dei morti”

Pag. 18

Il mestolo d’argento Frittelle di castagne

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Informazioni Utili ORARI BAR: tutti i giorni Mattino dalle ore 9.30 alle ore 11.45 Pomeriggio dalle ore 15.30 alle ore 18.15 PARRUCCHIERE E BARBIERE Martedì, mercoledì, giovedì e venerdì Dalle ore 13.30 alle ore 18.00 PEDICURE Mercoledì dalle ore 9.00 – 12:00 e dalle ore 13.00 – 17:00

MEDICI Dr. Crea

Lunedì Mar/Mer. /Ven. Giov. /Sab.

9.30-12.3 0 14.30-17.30 10.00- 13.00

N.B. Al fine di evitare inutili e spiacevoli attese, si invitano i sigg. parenti che volessero contattare il medico del proprio congiunto , a compilare l’apposito modulo presso il centralino. Ciò garantirà un celere e sicuro contatto con il medico . Dott. crea

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Dr. Malatesta

Lunedì Mart./Merc./ Giov. / Ven Sabato

08.00 -12.00 08.00 - 11.00 08.00 -10.00

N.B. Al fine di evitare inutili e spiacevoli attese, si invitano i sigg. parenti che volessero contattare il medico del proprio congiunto, a compilare l’apposito modulo presso il centralino. Ciò garantirà un celere e sicuro contatto con il medico. Dott. Malatesta

Dr. Maraglino

lunedì Mart./ Merc./Ven. Giovedì Sabato

15.00 -18.00 11.00 - 14.30 15.00 - 17.30 08.00 -10.00

PSICOLOGA: D.ssa Minervini

dal lunedì al venerdì dalle ore 9.30 alle ore 12.00

S. MESSE Tutti i giorni Santa Messa:

17:00

Domenica Santa Messa:

10:30 /17:30

Adorazione : ( merc/ ven/dom)

16:00

Santa messa al Giubileo (solo venerdì) 10:30 Indirizzo del sito della Fondazione Opera Immacolata Concezione:

Buon compleanno a…

http://www.oiconlus.it

oppure

http://community.oiconlus.it

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COMPLEANNI DEL MESE DI

OTTOBRE

Burlon Maria Gambarato Ermida Leggieri Maria Parladori Arnaldo Righetto Gino 25 Rosa Francesca Scorti Rosa Anna 13

05 15 22 26

05

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Compleanni del mese di

NOVEMBRE

Basso Agnese

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Bertocco Santina

01

Carraro Pietro

02

De Rossi Franca

12

Martinoli Ferruccio

21

Negrin Tosca

09

Nicosia Marina

11

Ortolani Santina

19

Pagnutti Adina

10

Sottocasa Patrizio

06

Targa Antonietta

03

Verzegnassi Santina

10 5


Zanon Teresa

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Attività del servizio socioeducativo Uscita presso Casa Marina Mercoledì 25 ottobre un gruppo di ospiti accompagnati dagli Educatori, dal coordinatore di struttura Andrea e dalla collega, operatrice del nucleo E Rosita, si è recato a Casa Marina, una struttura che sorge nel comune di Galzignano Terme, sul Monte Venda, a 300 metri di quota; immersa nei boschi del Parco Regionale dei colli Euganei di proprietà della Regione Veneto. Approfittando di un clima ancora temperato abbiamo raggiunto questa incantevole località. Siamo stati accolti dalla nostra guida naturalistica Francesca ci siamo incamminati per il piccolo, ma ricco, percorso botanico che raccoglie le specie e le associazioni vegetali dei principali ambienti che è possibile osservare nel Parco. Qui si trovano oltre 1400 differenti entità vegetali, un numero davvero notevole se rapportato alle dimensioni del territorio. Questa caratteristica unica è dovuta alla presenza di fattori ambientali estremamente vari quali: le più svariate pendenze dei versanti, la presenza di suoli diversi tra loro in virtù delle loro differenti matrici sedimentarie e/o vulcaniche, l’incredibile susseguirsi di esposizioni che possano essere concentrate anche in un singolo colle. Abbiamo potuto apprezzare e conoscere meglio anche i versi degli uccelli ed osservare la collezione di animali imbalsamati che rappresentano la fauna del territorio. Concluso la parte “didattica” ci siamo dedicati al 6


conviviale e ristoratore pranzo al sacco, consumato all’aria aperta godendo della privilegiata posizione panoramica, facendo un po’ di fatica, dopo il caffè e i piacevoli momenti di relax, ad incamminarci verso la nostra Residenza. E’ stata una bella giornata da ripetere senza dubbio!!

Uscita al Pedrocchi In una fresca mattinata d’autunno inoltrato, ospiti, famigliari, educatori e volontari, si sono dati appuntamento in un luogo speciale: il Caffè Pedrocchi: famoso locale per i patavini ed affascinante meta per i turisti che accorrono numerosi ogni giorno. Una volta entrati, abbiamo da subito respirato ed assaporato l’atmosfera pregna di storia. Giunti nella radiosa sala rossa siamo stati avvolti dall’eleganza e dallo stile curato degli arredi. Abbiamo consumato e degustato un’ottima colazione in questo luogo speciale, unico e tra chiacchiere, ricordi e fotografie il tempo è sembrato correre in fretta. Difficile non lasciarsi catturare dall’atmosfera del tutto particolare di questo luogo eclettico

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Vorrei ora proporre un po’ di storia, per chi non ricordasse le origini e le vicende di questa “istituzione” patavina, per rendervi partecipi della bella esperienza che abbiamo vissuto durante la nostra gita e per condurvi a braccetto a condividere la visita che è terminata con la meravigliosa destinazione del “Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea”.

ll Caffè Pedrocchi è un caffè storico di fama internazionale, situato nel pieno centro di Padova, in via VIII Febbraio nº 15. Aperto giorno e notte dal 1916 e perciò noto anche come il "Caffè senza porte", per oltre un secolo è stato un prestigioso punto d'incontro frequentato da intellettuali, studenti, accademici e uomini politici. L'8 febbraio 1848, il ferimento al suo interno di uno studente universitario diede il via ad alcuni dei moti caratterizzanti il Risorgimento italiano e che sono ancora oggi ricordati nell'inno ufficiale universitario, Di canti di gioia. Tra Settecento e Ottocento il consumo del caffè si è diffuso anche in Italia e si è andata così affermando la tradizione del caffè come circolo borghese e come punto d'incontro aperto, in contrapposizione alla dimensione privata dei salotti nobili. A Padova la presenza aggiuntiva di oltre tremila persone tra studenti, commercianti e militari fece sì che, più che in altri centri cittadini, si sviluppasse questo tipo di attività. In questo contesto, nel 1772 il bergamasco Francesco Pedrocchi apre una fortunata "bottega del caffè" in un punto strategico di Padova, a poca distanza dall'Università, dal Municipio, dai mercati, dal teatro e dalla piazza dei Noli (oggi Piazza Garibaldi), da cui partivano diligenze per le città vicine, e dall'Ufficio delle Poste (oggi sede di una banca). Il figlio Antonio, ereditata la fiorente attività paterna nel 1800, dimostra subito capacità imprenditoriali decidendo di investire i guadagni nell'acquisto dei locali contigui al suo e, nel giro di circa 20 anni, si ritrova proprietario dell'intero isolato, un'area pressappoco triangolare delimitata a est dalla via 8


della Garzeria (oggi via VIII Febbraio), a ovest da via della Pescheria Vecchia (oggi vicolo Pedrocchi) e a nord dall'Oratorio di San Giobbe (oggi piazzetta Pedrocchi). Il 16 agosto 1826 Antonio Pedrocchi presenta alle autorità comunali il progetto per la costruzione di uno stabilimento, comprendente locali destinati alla torrefazione, alla preparazione del caffè, alla "conserva del ghiaccio" e alla mescita delle bevande. Prima di questo cantiere, Pedrocchi aveva incaricato un altro tecnico, Giuseppe Bisacco, di eseguire i lavori di demolizione dell'intero isolato e di costruire un edificio ma, insoddisfatto del risultato, aveva richiesto a Giuseppe Jappelli, ingegnere e architetto già di fama europea e esponente di spicco della borghesia cittadina che frequentava il caffè, di riprogettare il complesso dandogli un'impronta elegante e unica. Nonostante le difficoltà determinate dal dover disegnare su una pianta irregolare e dal dover coordinare facciate spazialmente diverse, Jappelli fu in grado di progettare un edificio eclettico che trova la sua unità nell'impianto di stile neoclassico. L'illustre veneziano volle trasferire in architettura la sua visione laica e illuminista della società, creando quello che poi diverrà uno degli edifici-simbolo della città di Padova. Il piano terreno fu ultimato nel 1831, mentre nel 1839 venne realizzato il corpo aggiunto in stile neogotico denominato "Pedrocchino", destinato ad accogliere l'offelleria (pasticceria). In occasione del "IV Congresso degli scienziati italiani" (evento dal titolo significativo, visto che Padova si trovava ancora sotto la dominazione asburgica), nel 1842 si inaugurarono le sale del piano superiore che, secondo il gusto storicizzante dell'epoca, erano state decorate in stili diversi, creando un singolare percorso attraverso le civiltà dell'uomo. Per la loro realizzazione Jappelli si avvalse della collaborazione dell'ingegnere veronese Bartolomeo Franceschini e di numerosi decoratori, tra cui il romano Giuseppe Petrelli, al quale si deve la fusione delle balaustre delle terrazze con i grifi, i bellunesi Giovanni De Min, ideatore della sala greca, Ippolito Caffi della sala romana e Pietro Paoletti della sala pompeiana (o "ercolana"), il padovano Vincenzo Gazzotto, pittore del dipinto sul soffitto della sala rinascimentale. Le sale del piano superiore erano destinate a incontri, convegni, feste e spettacoli e il loro utilizzo veniva concesso ad associazioni pubbliche e private che, a vario titolo, potevano organizzare eventi. Antonio Pedrocchi si spense il 22 gennaio 1852. Animato dalla volontà di lasciare la gestione del suo caffè a una persona di fiducia, aveva adottato Domenico Cappellato, il figlio di un suo garzone, che alla morte del padre putativo si impegnò nel dare continuità all'impresa ricevuta in eredità, pur cedendo in gestione le varie sezioni dello stabilimento. Alla morte di Cappellato, avvenuta nel 1891, il caffè passa al Comune di Padova. In un testamento stilato alcuni mesi prima, Cappellato lasciava infatti lo stabilimento ai suoi concittadini:

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«Faccio obbligo solenne e imperituro al Comune di Padova di conservare in perpetuo, oltre la proprietà, l'uso dello Stabilimento come trovasi attualmente, cercando di promuovere e sviluppare tutti quei miglioramenti che verranno portati dal progresso dei tempi mettendolo al livello di questi e nulla tralasciando onde nel suo genere possa mantenere il primato in Italia» (Dal testamento di Domenico Cappellato Pedrocchi)

La decadenza Un inevitabile degrado dovuto alle difficoltà determinate dalla grande guerra caratterizzerà il caffè negli anni tra il 1915 e il 1924. In quest'ultima data hanno inizio i lavori di restauro del "Pedrocchino", che si protrarranno fino al 1927. Negli anni successivi va purtroppo dispersa gran parte degli arredi originari disegnati dallo stesso Jappelli, che verranno sostituiti via via nell'epoca fascista. Dopo la seconda guerra mondiale, con il progetto dell'architetto Angelo Pisani che si impone contro quello di Carlo Scarpa, mai preso in considerazione dall'amministrazione comunale, si avvia un nuovo restauro che ridefinisce i vani affacciati sul vicolo posteriore, trasforma lo stesso vicolo in una galleria coperta da vetrocemento e ricava alcuni negozi, un posto telefonico pubblico e una fontana in bronzo sventrando parte dell'Offelleria, del Ristoratore e demolendo la Sala del Biliardo. Nonostante le proteste di molti cittadini e le perplessità della Soprintendenza ai monumenti, viene sostituito lo storico bancone in marmo con banchi di foggia moderna, viene installata una fontana luminosa al neon e le carte geografiche della sala centrale, caratterizzate dalla rappresentazione rovesciata delle terre emerse (curiosamente il sud viene rappresentato in alto) vengono sostituite da specchi. Per buona parte degli anni ottanta e novanta il Pedrocchi rimane chiuso per difficoltà tra i titolari della gestione e il Comune; nel 1994 viene finalmente deciso il recupero dei locali e all'architetto Umberto Riva e ai collaboratori M. Macchietto, P. Bovini e M. Manfredi viene affidato il compito di rimediare ai danni provocati dal devastante restauro Pisani degli anni cinquanta e di riportare all'antico splendore i locali dello storico caffè. Dopo l'esecuzione del primo stralcio di lavori, il 22 dicembre 1998 il caffè viene restituito ai cittadini di Padova. Architettura: Il Caffè Pedrocchi si configura come un edificio di pianta approssimativamente triangolare, paragonata a un clavicembalo. La facciata principale si presenta con un alto basamento in bugnato liscio, guarda verso est e si sviluppa lungo la via VIII Febbraio; su di essa si affacciano le tre sale principali del piano terra: la Sala Bianca, la Sala Rossa e 10


la Sala Verde, così chiamate dal colore delle tappezzerie realizzate dopo l'Unità d'Italia nel 1861. La Sala Rossa è quella centrale, divisa in tre spazi, è la più grande e vede attualmente ripristinato il bancone scanalato di marmo così come progettato da Jappelli. La Sala Verde, caratterizzata da un grande specchio posto sopra al camino, era per tradizione destinata a chi voleva accomodarsi e leggere i quotidiani senza obbligo di consumare. È stata pertanto ritrovo preferito degli studenti squattrinati e a Padova si fa risalire a questa consuetudine il modo di dire essere al verde. La Sala Bianca, si affaccia verso il Bo, conserva in una parete il foro di un proiettile sparato nel 1848 dai soldati austroungarici contro gli studenti in rivolta contro la dominazione asburgica. Inoltre, è anche nota come ambientazione scelta da Stendhal per il suo romanzo "La certosa di Parma". Completa il piano terra la Sala Ottagona o della Borsa, dall'arredo non troppo raffinato, destinata in origine alle contrattazioni commerciali. A sud il caffè termina con una loggia sostenuta da colonne doriche e affiancata dal corpo neogotico del cosiddetto "Pedrocchino". Quest'ultimo, è costituito da una torretta a base ottagonale che rappresenta una fonte di luce, grazie alle finestre disposte su ogni lato. Inoltre, al suo interno è presente una scala a chiocciola. Due logge nello stesso stile si trovano dislocate sul lato nord, e davanti a queste si trovano quattro leoni in pietra scolpiti dal Petrelli, che imitano quelli in basalto che ornano la cordonata del Campidoglio a Roma. Tra le due logge del lato nord si trova una terrazza delimitata da colonne corinzie. Il piano superiore o "piano nobile" è articolato in dieci sale, ciascuna decorata con uno stile diverso: 1. Etrusca 2. Greca 3. Romana: caratterizzata da una pianta circolare; 4. Stanzino barocco 5. Rinascimentale 6. Gotica-medievale 7. Ercolana o pompeiana: tipici sono i decori che ricordano le ville romane; 8. Rossini: è la stanza più grande, infatti riproduce la stessa planimetria della sala Rossa del piano terra. In questa stanza, dedicata a Rossini e Napoleone, possiamo osservare degli stucchi a tema musicale che ne rappresentano simbolicamente la destinazione d'uso.

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9. Moresca: molto piccola; 10. Egizia: ai quattro angoli della stanza troviamo dei piedistalli che sorreggono una finta trabeazione, e diversi attributi che ci rimandano alla cultura egiziana. La chiave di lettura di questo apparato decorativo può essere quella romantica di rivisitazione nostalgica degli stili del passato. Non è esclusa però una chiave esoterica o massonica (Jappelli era massone). I simboli egizi precedono la decifrazione della scrittura geroglifica da parte di Champollion e sono piuttosto un omaggio al grande esploratore padovano Giovanni Battista Belzoni, che aveva scoperto numerosi monumenti egizi e di cui Jappelli aveva conoscenza diretta. Presso il piano nobile dello Stabilimento si trova il Museo del Risorgimento e dell'età contemporanea, dove sono conservati tra gli altri i ritratti del fondatore Antonio Pedrocchi e del suo successore Domenico Cappellato Pedrocchi, entrambi opera di Achille Astolfi.

Eventi 12


Chef all’opera Domenica 15 ottobre si è tenuta presso il palasport del Civitas Vitae una gara di cucina denominata “chef all’opera”. La manifestazione alla sua prima edizione, che ha visto la partecipazione di nove chef di altrettanti strutture gestita dalla Fondazione Opera Immacolata Concezione, è stata caratterizzata da una vero e proprio torneo di cucina: ogni cuoco ha preparato per una giuria dei piatti gustosi e fantasiosi che sono stati giudicati per sapore e presentazione. Il primo posto se lo è portato a casa la giovanissima chef della Residenza di Bozzolo, provincia di Mantova, Marika Vittoriani. Unica donna fra tutti i concorrenti nonché la più giovane ha sbaragliato tutti con il suo piatto: trofie

con verza, salsicce e patate. Molto emozionata per il premio ricevuto dopo aver ringraziato tutti ha confessato che la ricetta le è stata suggerita da un ospite della struttura. Presenti alla gara anche gli stand con i prodotti tipici locali e della tradizione; vincitore dello stand più bello e più ricco è stato quello della Residenza di Oderzo. Noi non abbiamo vinto ma conquisteremo il primo posto l’anno prossimo quando parteciperemo con una esposizione ancora più curata... al prossimo anno allora!!!

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Intitolazione ad Angelo Ferro della Civitas Vitae Sabato 19 novembre 2017 la Fondazione OIC ha festeggiato l’intitolazione della Civitas Vitae al professor Angelo Ferro. Grazie a lui il Civitas eè diventato un riferimento esemplare della capacitaè di creare senso di appartenenza valorizzando l’invecchiamento attivo, l’incontro tra le persone, creando relazione, inclusione, coesione sociale. Le realtaè che fanno parte della Civitas Vitae sono coinvolte in rete in modo attivo nel proprio territorio per dare un contributo determinante alla Comunitaè . Cosìè si generano servizi che rispondono ai bisogni della fragilitaè creando fiducia nel futuro. Innovare con queste tipologie di infrastrutture nel campo sociale rappresenta una prospettiva che rafforza la capacitaè di superare le difficoltaè evidenziate dalla crisi che stiamo vivendo da qualche anno. Nella stessa giornata si eè aggiunto un altro importante tassello voluto da Angelo Ferro: un centro di eccellenza dedicato alla riabilitazione integrale di un nuovo stile di vita per tutti e alla valorizzazione della persona con disabilitaè anche grazie allo sport come opportunitaè di acquistare pienezza e qualitaè della vita se pur in condizioni di fragilitaè .

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Una testimonianza forte di come, ad oltre un anno dalla sua scomparsa, la sua Opera ed il suo pensiero continuano a ispirare e a generare innovazione sociale. Grazie professore!

Una bella cosa Maratona di lettura Il 29 settembre è stata una giornata memorabile per il Veneto tutto e nel nostro piccolo anche per noi della Residenza Giubileo che abbiamo partecipato alla Maratona di Lettura. Ma che cos’è una Maratona di Lettura? Nemmeno noi ne avevamo mai sentito parlare. Forse il termine potrebbe apparire un tantino fuorviante perché nessuno in realtà si è messo a correre! L’evento è stato chiamato Il Veneto Legge. In pratica la Regione Veneto, il Miur e l’AIB veneto si sono unite e hanno scelto un

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giorno per promuovere la lettura e sensibilizzare la popolazione sull’importanza dei libri. Moltissimi, il 29 settembre, hanno letto qualcosa: un racconto, una poesia, un libro. L’unico vincolo è stato quello di scegliere autori veneti o scrittori che parlassero della nostra Regione. Ecco che si è letto nelle scuole, nei parchi, sul divano di casa, nei negozi, nelle piazze, in biblioteca e anche nelle residenze per anziani. Il Giubileo ha chiamato a raccolta familiari, bambini, operatori, volontari, ospiti stessi per leggere ad alta voce brani tratti dai volumi del Concorso Letterario Cicitas Vitae. È stato un pomeriggio diverso dal solito, emozionante e coinvolgente. La prossima volta però ci si organizzerà diversamente: è meglio ascoltare una voce sola per volta!

LA FESTA DI SAN MARTINO L' 11 novembre, è la Festa di San Martino, vescovo di Tours nel IV secolo, uno dei santi più celebri fin dal Medioevo perché a lui sono connessi tanti detti, proverbi, riti, usanze e tradizioni gastronomiche in molti luoghi dell'Europa. Era nato nell’anno 316 nell’antica Pannonia – fra l’Ungheria e l’Austria - con il destino già segnato: fare il soldato come suo padre che lo chiamò Martino in onore del dio della guerra Marte. Molto presto, infatti, fu avviato alla carriera militare, durante la quale si verificò uno degli 16


episodi più noti della vita del Santo raffigurato in moltissimi dipinti e sculture. Si racconta che in una notte d’inverno, mentre era di ronda, incontrò un povero viandante che soffriva il freddo, e non avendo denaro da dargli, tagliò a metà il proprio mantello affinché il mendicante avesse qualcosa con cui coprirsi. Perciò san Martino, oltre a essere il protettore dei militari, lo è anche dei pellegrini. Il futuro vescovo passò quasi venti anni nell’esercito e, dopo aver ricevuto il battesimo decise di congedarsi per divenire monaco. Fu poi ordinato diacono e infine prete. Viaggiò a lungo predicando il cristianesimo finché un giorno si fermò in Francia dove fondò un monastero. La sua popolarità crebbe di giorno in giorno sicché Martino venne ordinato vescovo di Tours. Il Santo si spense a Candes, una località francese nella confluenza tra la Vienne e la Loira: lungo questo fiume fu portato il suo corpo fino al cimitero di Tours, dove l’11 novembre ebbe sepoltura in un’umile tomba.

Memorial messa

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Il 29 ottobre, nella chiesa Maria Madre di Dio, si è tenuta la consueta messa in ricordo dei defunti del Civitas Vitae. È stato un momento prezioso e partecipato per famigliari e amici.

L’angolo letterario "Il giorno dei Morti" raccontato da Andrea Camilleri. Un tempo per i Siciliani il giorno dei morti era un giorno davvero speciale, per i bimbi era ricco di attesa e dolci sorprese! La globalizzazione oramai sta rendendo più onore ad Halloween dimenticando la tradizione che invece ci appartiene e dobbiamo impegnarci a conservare e a tramandare, per questo abbiamo deciso di riportare il testo di Camilleri che racconta la magica atmosfera del giorno dei morti per i siciliani. Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro ( bambino) si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo (lenzuolo) bianco e con lo scrùscio (rumore) di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi. Noi nicareddri ( piccolini), prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio. Eccitati, sudatizzi (sudaticci), faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo 18


all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè (dietro) una porta scoprivo il cesto stracolmo. I giocattoli erano trenini di latta, automobiline di legno, bambole di pezza, cubi di legno che formavano paesaggi. Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lungamente supplicato nelle mie preghiere, mi portò dall’aldilà il mitico Meccano e per la felicità mi scoppiò qualche linea di febbre. I dolci erano quelli rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frutta, “rami di meli” fatti di farina e miele, “mustazzola” di vino cotto e altre delizie come viscotti regina, tetù, carcagnette. Non mancava mai il “pupo di zucchero” che in genere raffigurava un bersagliere e con la tromba in bocca o una coloratissima ballerina in un passo di danza. A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri (bambini) era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». Domanda che non facemmo a Tatuzzo Prestìa, che aveva la nostra età precisa, quel 2 novembre quando lo vedemmo ritto e composto davanti alla tomba di suo padre, scomparso l’anno prima, mentre reggeva il manubrio di uno sparluccicante triciclo. Insomma il 2 di novembre ricambiavamo la visita che i morti ci avevano fatto il giorno avanti: non era un rito, ma un’affettuosa consuetudine. Poi, nel 1943, con i soldati americani arrivò macari l’albero di Natale e lentamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato. Avevamo perduto la possibilità di toccare con mano, materialmente, quel filo che lega la nostra storia personale a quella di chi ci aveva preceduto e “stampato”, come in questi ultimi anni ci hanno spiegato gli scienziati. Mentre oggi quel filo lo si può indovinare solo attraverso un microscopio fantascientifico. E così diventiamo più poveri: Montaigne ha scritto che la meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà, perché chi ha appreso a morire ha disimparato a servire

(da Racconti quotidiani di Andrea Camilleri) 19


Il mestolo d’argento Frittelle di castagne Difficoltà: bassa Preparazione: 15 min Cottura: 5 min Dosi per: 20 pezzi Costo: medio

Le frittelle di castagne sono uno sfizioso dolce invernale molto semplice da preparare. L’ingrediente principale è la farina di castagne che viene insaporita con uvetta e pinoli. Una volta pronto, questo semplice impasto viene fritto; le frittelle ottenute vengono poi insaporite con una spolverata di zucchero a velo. Assaggiate queste deliziose frittelle di castagne accompagnandole con una tazza di profumato tè!

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Ingredienti per 18-20 frittelle Farina di castagne 200 g Acqua calda 250 ml Pinoli 30 g Uva passa 60 g Sale fino 1 pizzico Lievito in polvere per dolci 1 pizzico PER FRIGGERE COSPARGERE Olio di arachide q.b.

PER Zucchero a velo q.b.

Setacciate la farina di castagne in una ciotola insieme al lievito ed aggiungete l’acqua calda in cui avrete disciolto il sale, mescolate fino ad ottenere una crema fluida ma non troppo liquida. Lasciate riposare la crema ottenuta e nel frattempo mettete in ammollo in acqua calda l’uvetta per 10-15 minuti. Scolate l’uvetta, tamponatela con carta da cucina ed unitela alla crema di castagne aggiungete quindi anche i pinoli, quindi amalgamate per bene tutti gli ingredienti. In una padellina (meglio se antiaderente) versate l’olio di arachide, quello che basta per coprirne il fondo: scaldatelo e poi versatevi a cucchiaiate (non troppo piene) l’impasto. Fate friggere a fuoco dolce e quando il primo lato sarà dorato, girate la frittelle sull’altro lato; una volta dorato, prelevate le frittelle e mettetele a scolare su della carta da cucina. Terminate tutto l’impasto e poi spolverizzate le frittelle con dello zucchero a velo 21


appena prima di servirle ancora calde. Le frittelle di castagne saranno ottime anche fredde!

Buon appetito!

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