Elzbieta e i suoi compagni

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Elzbieta e i suoi compagni

RezzatoBs

Elzbieta e i suoi compagni

FondazionE

Ritratti e autoritratti delle bambine e dei bambini del mondo nelle opere della collezione PInAC


Quaderno-catalogo n. 25 anno XIV Collana della Fondazione PInAC GLI OCCHI LE MANI A cura di Elena Pasetti e Massimiliano Vitali

Testi Mariella Foresti, presidente Fondazione PInAC Francesco Caggio, pedagogista Massimiliano Fabbri, artista curatore Selvatico 3 Elena Pasetti, direttrice PInAC

In collaborazione con

Direzione generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione, la comunicazione

Traduzioni Rubina Valli Grafica Luisa Goglio Segreteria e web editing Massimiliano Vitali Accoglienza Laura Attanasi, Anna Racheli, Luca Reboldi, Benedetta Salvi Comunicazione Silvia Palermo Digitalizzazione opere Carla Cinelli, Claudio Garda, Saverio Dottor

Con il sostegno di

Con il patrocinio di


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Ritratti e autoritratti delle bambine e dei bambini del mondo nelle opere della collezione PInAC

Fondazione

Elzbieta e i suoi compagni


Ritratto (di Paese) con PInAC

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cco, arriva la mostra sul ritratto e l’autoritratto infantile nella collezione di Fondazione PInAC. Certo tutte le mostre PInAC sono un pezzetto della sua anima: la carta d’identità colorata, il passaporto per l’altrove che restituisce corniciato al mondo parte del tesoro che, in oltre sessant’anni di attenzione all’espressività infantile, dal mondo è arrivato a Rezzato per accucciarsi nei cassetti di via Disciplina. Forse però nessuna mostra come Elzbieta e i suoi compagni è insieme biglietto da visita, dichiarazione d’amore e impegno programmatico della Fondazione: la mostra sul ritratto è anch’essa un ritratto. Dice cosa è la casa dei disegni e dei diritti dei bambini del mondo: uno spazio di voluta attenzione al mondo interiore, allo sguardo e alla voce dei piccoli dell’umanità. Chiarisce cosa interessa a PInAC: tutti i bambini, ciascuno nella sua individualità e diversità, da aiutare con competenza artistica e pedagogica a crescere sviluppando attenzione, capacità espressive, responsabilità. Parla anche del contesto di comunità che ha visto nascere PInAC e degli amici che ci aiutano a mantenerla viva e attiva: è la cifra, la lettera scarlatta del loro amorevole impegno per l’infanzia e per la pace. Sfilano sul tavolo della Direzione le opere scelte, portando con sé le domande stupite e senza risposta di sempre: cosa è stato di quel bambino o bambina che si affaccia al mondo dai bordi del foglio? Che strada ha preso la sua individualità, quando e perché? Che adulto è oggi?


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Nella memoria passano i volti di tanti giovani cittadini che negli anni hanno varcato le porte della Fondazione. Li abbiamo visti osservare attenti le opere, partecipare vocianti o assorti ai laboratori giornalieri e ai percorsi più articolati. Non sappiamo esattamente come, ma abbiamo la certezza che tutti portano dentro il lascito delle esperienze vissute con noi: per gli spazi e i tempi finalizzati alla concentrazione e alla condivisione, per la qualità dei percorsi e dei metodi, per la costante valorizzazione dello sforzo di ciascuno di esprimersi e comprendere gli altri. Non possiamo, nessuno che la conosca può, immaginare un ritratto di Paese senza Fondazione PinAC attiva. In questi tempi difficili aiutiamoci tutti con intelligente solidarietà. mariella foresti Presidente Fondazione PInAC

Portrait (of a Country) with PinAC Here comes the exhibition on child portrait and self-portrait within the collection of PInAC Foundation. Certainly all of PInAC exhibitions have a piece of its soul: the colored identity card, the passport to elsewhere that has returned part of its treasures, framed, in over sixty years of love for child expressiveness, the world has arrived in Rezzato to nestle in the drawers of Disciplina street. Perhaps no other


previous exhibition like Elzbieta and her companions stands for business card, declaration of love and commitment program of the Foundation: the exhibition on portrait is also a portrait in itself. It says what the home of the drawings and the rights of children in the world is: a place of deliberate attention to the inner world, the eyes and the voice of the littlest humanity. It clarifies what interests PInAC: to help all children, each in his/ her individuality and diversity, with the artistic and pedagogical expertise to grow by developing attention, expressive skills, responsibility. It also speaks about the community context that saw PinAC’s birth and about the friends who help us keep it alive and active: it is the figure, the scarlet letter of their loving commitment for children and for peace. Displayed on the Committee table are the works chosen for the exhibition, bringing with them the astonished and unanswered questions of all times: what happened to that little boy or girl who looks at the world from the edges of the paper? What road took their individuality, when and why? What kind of adult are they today? Mariella Foresti President of PInAC Foundation

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Certo che ci sono!

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erto che ci sono!” sembrano dirci le bambine e i bambini che paiono venire fuori, a volte, dal riquadro del foglio per la felice e vitale sorpresa che li coglie per essere presenti a se stessi e a noi che li guardiamo e agli altri che sanno, ormai compiutamente, che ci sono. Ma gli altri sanno che ci sono perché non solo li hanno visti ma anche perché essi ed esse si sono fatti vedere, si sono esposti ed espressi parlando di sé, affermando così la presenza di un Io e di un Sé che dicono della loro emergenza dallo sfondo, dall’indifferenziato. Ogni ritratto o ogni autoritratto è l’affermazione del fatto che qualcuno si osserva ed è osservato, che è oggetto e soggetto insieme di attenzione, di discorsi, di proiezioni e di aspettative. E ancora che qualcuno, non più uno qualsiasi, risponde a una chiamata: alla propria chiamata davanti allo specchio, alla chiamata degli occhi delle persone care, alla chiamata della meraviglia e dello stupore di abitare un mondo tutto da scoprire. Ma anche alla consapevolezza di aver un mondo interno che si manifesta proprio nella capacità di rappresentarsi e di affermarsi come individuo. E pure questo mondo interno, come quello che si apre davanti ai loro occhi mobili o assorti, è tutto da scoprire! Forse ritrarsi o farsi ritrarre è un modo per andare oltre la superficie. Cosa c’è oltre gli occhi di ognuno di questi bambini? Cosa c’è dentro le loro testoline arruffate, ordinate, ventose o composte? E cosa vedono? Cosa stanno guardando di sé e degli altri a cui si offrono mantenendo aperto con se stessi e con gli altri quel serrato dialogo che li terrà vivi e vitali lungo il corso della loro appena iniziata vita?


Eccoli! Vispi, estroversi, timidi e ritirati, dati con generosità o con prudenza: sono proprio così o vorrebbero essere visti così? Sono proprio così o desiderano essere così come si ritraggono? O si ritraggono per come sanno fare, per gli strumenti che hanno a disposizione che usano comunque al servizio del loro Io? A che gioco giocano esponendosi nello specchio opaco ma vitalizzato del foglio? Si nascondono o si dichiarano? Non ci resta che soffermarci sui bordi dei fogli/finestra e dire: “Certo che ci sono!”. E allora non resta che prenderli per come sono. Ognuno diverso, ognuno per sé e infine in dialogo e pur già individui consapevoli di occupare un posto nel mondo, a partire dalla superficie del foglio. Francesco Caggio Pedagogista

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Of course I’m here! “Of course I’m here!”, girls and boys seem to say as they appear to pop out, at times, of the frame of their drawings, seized by a happy and vital feeling of surprise at being there to themselves and to us looking at them and to their mates who now know, fully, they are there. But the others know those girls and boys are there not only because they have seen them, but because the girls and the boys made themselves visible, exposed and expressed themselves, thus affirming the presence of an Ego and a Self telling about their emergence from the background, from the undifferentiated. Each portrait or self-portrait is the affirmation of the fact that someone is observing themselves and being observed, at the same time object and subject of attention, thoughts, projections and expectations. And also that someone – not anyone – is answering a call: one’s own call in front of the mirror, the call from the eyes of our loved ones, the call of wonder and amazement at living in a world to discover. But even the awareness of an inner world showing itself right through the ability of expressing and showing one’s own individuality. Yet this inner world, just like the one opening before their eyes, at times sharp, at times thoughtful, is all there to discover.

Maybe portraits and self-portraits are means to go beyond the surface. What lies behind the eyes of all these children? What happens inside their fluffy, tidy, windy or ruffled little heads? And what do they see? What are they watching of themselves and of those to whom they offer themselves keeping up that thick dialog that will keep them alive and lively along the path of their newly begun life? Here they are! Lively, extrovert, shy and reserved, generous or careful: is this how they really are or how they wish to be seen? Is this how they really are or do they wish to be like the self-portraits show? Or do they just paint and draw within their possibilities, with the available instruments which, anyway, they use at the service of their Self? What game are they playing as they expose themselves to the dull yet living mirror of the blank sheet? Do they hide or come out? We can’t but linger on the edges of the sheet/windows and say: of course I’m here! And we can’t but take them for what they are. Each of them different, each of them for their own sake and in connection, individuals yet aware of having a place in the world, starting from the sheet surface. francesco caggio Pedagogist


Il buco dentro agli occhi o il punto dietro la testa

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l volto è lo scenario: da qui si parte per inseguire possibilità e modi di vedere che si misurano con quello che è il soggetto per eccellenza, una testa, suo tradimento compreso. Un volto intercettato e impigliato sulla superficie come condensazione e residuo, testimonianza dell’occhio più mano e dell’inevitabile tecnica con cui fare i conti. Memoria e mappa, scrittura del tempo. Luogo familiare e sconosciuto, primo amore, ossessione a cui tornare. Immagine inafferrabile nel suo insieme, e così ci ritroviamo ancora perduti nel dettaglio. Il volto è visione imparentata alla divinità, così potente e accusante per la sua capacità di guardare e vederci: gli occhi delle statue sumere che possono vedere ciò che a noi è interdetto. Disegnare o dipingere un volto è misurarsi con il problema dello sguardo, del guardare e, potenzialmente, dell’essere visti in questo ingaggio. Del volto, l’occhio è il centro che irradia, il doppio punto di fuga, da fuori a dentro e viceversa; da qui, forse, la sfasatura, il fuori fuoco cui tendiamo nostro malgrado. Gli occhi vitrei di certe statue, in altre quasi del tutto assenti, in altre ancora cancellati e distrutti per non essere visti nelle intrusioni, o quelli di certe decorazioni nei crani fatte talvolta con conchiglie. E se l’occhio, dipinto o disegnato che sia, ha sempre a che fare con il vedere e l’essere visti, dobbiamo essere disposti a credere che fare o rifare un volto sia qualcosa di sostanzialmente differente dal misurarsi con altri temi o soggetti, che da questo punto di vista rappresentano, in confronto, una specie di vacanza; il volto ci costringe a una differente tensione, che possiamo chiamare, in maniera 10


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un po’ imprecisa e vaga sempre, somiglianza, anche quando questo volto emerge da una macchia o è distillato da estrema sintesi che sembra astrarlo e ridurlo a geometria. Dagli occhi poi partono e irradiano fili e traiettorie che ci impigliano come in ragnatela, e inspessiscono l’aria collegando punti e gettando continuamente ponti invisibili come i tracciati delle rotte degli aerei sulle carte geografiche. L’insistenza dello sguardo fa anche male e può consumare e da questa cerchiamo di proteggerci. Senza questo tipo di relazione, più o meno dolorosa, o empatica o amorosa, senza l’intrusione sconvolgente dello sguardo – che ci fa vivi e fruga e stana, rilancia l’offerta e chiama a sé – il volto si ridurrebbe a stereotipo e pratica sterile, a genere innocuo e, ritornando dentro alla pittura, risospinto dopo esser stato neutralizzato e codificato, perderebbe molto del suo potere sovversivo che invece, paradossalmente, mantiene proprio per il fatto di essere dipinto. Questa rappresentazione è destinata così a essere ancora la nostra ombra e compagna, la stessa ombra da cui si dice nata la pittura, a sostituire una mancanza. Da questo riflesso e proiezione, da questa testa che guarda e ci inchioda, si parte, alla ricerca della giusta distanza tra noi e l’altro, tra me e il mio doppio. Cos’è che fa in modo che un volto, disegnato o dipinto, non sia clamorosamente inadeguato per il solo fatto di essere un’immagine statica? Il volto è forse l’immagine culturale per eccellenza, contro natura, eppure


continua a essere la forma dell’aspirazione e struggimento, specchio nel quale ci vediamo e riconosciamo, paesaggio infinito. Cosa ancora possiamo scoprire guardando un viso, cosa rinnova il mistero e fa sì che una faccia sia sempre una sorpresa, una testa mai vista, insieme delle parti che attraversa e contiene spazio e tempo, tutti i luoghi e i tempi e le storie? Forse ci vuole coraggio nel dipingere ancora un volto o, più probabilmente, è l’unica cosa che possiamo ancora fare per cercare di evitare la decorazione. E abbandonarlo anche questo volto, e spostare poi l’attenzione un po’ più in là, fuori, dietro, oltre la finestra e le foglie tremanti e trasparenti, foglie con ombre belle, verso l’orizzonte e il cielo finalmente. Massimiliano Fabbri Artista e curatore di Selvatico 3

The hole in the eyes or the point behind the head The face is the scenario: from here we start to chase the possibilities and ways of seeing that measure up to what is the subject par excellence, a head, including its betrayal. A face caught and entangled on the surface as condensation and residue, proof of eye plus hand and the inevitable technique with which to contend. Memory and map, writing of time. Familiar and unknown place, first love, obsession to return to. 12

Elusive image as a whole and so, here we are still lost in the details. The face is a vision related to the gods, so powerful and accusing in its ability to look at and see us: the eyes of the Sumerian statues that can see what is forbidden to us. To draw or paint a face is to tackle the problem of the look, the problem of looking and, potentially, being seen in this engagement.


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In a face, the eye is the center that radiates, double vanishing point, from outside to inside and vice versa; hence, perhaps, the lag, the out of focus where we ten, against our wishes. The glassy eyes of certain statues, almost entirely absent in others, in others still, deleted and destroyed not to be seen by intruders, or those of some decorations in the skulls sometimes made with shells. And if the eye, whether painted or drawn, always has to do with seeing and being seen, we must be willing to believe that to do or redo a face is something essentially different from dealing with other themes or subjects, which from this point of view represent, in comparison, a kind of holiday; painting eyes forces us to face a different tension, a tension we can call, in a somewhat inaccurate and vague way, likeness, even when this face emerges from a blur or is distilled from abstraction and reduced to geometry. From the eyes wires and trajectories start radiating, entangling us like spider webs, and thicken the air by connecting points and continually throwing invisible bridges as paths of flight routes on maps. The insistence of the gaze can even hurt and consume and from this we try to protect ourselves. Without this relationship, more or less painful, at times empathy or love, without the shocking intrusion of the look – that makes us alive and rummages and finds us, attracting us closer – faces would be reduced to stereotypes and sterile exercise, harmless gender and, returning to painting, driven back after being neutralized and marked, they would lose much

of their subversive power that instead, paradoxically, exists just for the fact of being painted. This representation is thus destined to be still our shadow and companion, the same shadow from which, they say, painting itself originated, to replace a deficiency. From this reflection and projection, this head that stare at and nails us, we begin a journey, searching for the right distance between us and the other, between myself and my double. What is it that prevents a face, drawn or painted, to be blatantly inappropriate for the mere fact of being a static image? The face is perhaps the cultural image par excellence, unnatural, and yet it continues to be the form of aspiration and yearning, the mirror in which we see and recognize ourselves, infinite landscape. What can we still find watching a face, what renews the mystery and makes a face always a surprise, a head never seen, union of parts both crossing and containing space and time, all times and places and stories? Perhaps it takes courage to paint a face or even, probably, it is the only thing left to do to try to avoid decoration. And to abandon this face, and then move the focus a little more to the outside, behind, beyond the window and transparent, trembling leaves with beautiful shadows, towards the horizon and the sky, at last. massimiliano fabbri Artist and curator


Elzbieta e i suoi compagni

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lzbieta e i suoi compagni è un album di ritratti e autoritratti che abitano il tempo e lo spazio: il tempo in cui sono stati realizzati, dagli anni Sessanta del secolo scorso ai giorni nostri e lo spazio che è il mondo intero. Infatti, se il linguaggio pittorico è matrice comune alle opere esposte, le lingue degli autori rimandano a diverse e lontane parti del mondo: dalla Francia al Perù, dal Giappone all’Australia, al Kenya e alla Polonia; dalla Russia all’Italia e alla Spagna, alla Romania o agli Usa. Come Elzbieta, autrice polacca di 9 anni, nel suo Ritratto della compagna, tutte le bambine e i bambini autori raccontano di sé e dell’emozione di rappresentarsi, ma anche del piacere di mostrare i propri amici visti con gli occhi dell’affetto. Le opere rimandano ad un unico territorio comune – assolutamente privo di coordinate geografiche – una regione che si chiama immaginario infantile alle prese con il desiderio-bisogno di esprimere la propria immagine di sé e del mondo. Un valore aggiunto alle opere storiche in mostra – realizzate con tecniche e pennelli tradizionali – è la presenza della recente raccolta di videoritratti Sguardi in macchina realizzata in PInAC nel laboratorio Pennelli elettronici condotto da Vinz Beschi e Irene Tedeschi, un sorprendente progetto audiovisivo ispirato dalla ricerca di Robert Wilson. Elzbieta e i suoi compagni attraversano con volo leggero mezzo secolo senza pagar dazio al tempo. Sono comunque e sempre sguardi contemporanei, nuovi, come lo sono gli occhi delle bambine e dei bambini di ogni tempo. 14


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Le loro opere parlano a grandi e piccoli. Propongono agli adulti di essere curiosi e di coltivare la dimensione affettiva dello sguardo davanti a un elaborato infantile. Li esortano a entrare in una sorta di sintonia sospesa, rendendosi disponibili a essere colpiti agli occhi e al cuore. Suggeriscono di porsi di fronte a un ritratto infantile come quando ci si guarda allo specchio, alla riscoperta di se stessi bambini nella ritrovata magica capacità di stupirsi. Ricordano a educatori e insegnanti che la ricchezza di stimoli-esperienze e la varietà delle tecniche potenziano la capacità espressiva e liberano la creatività dei bambini. Ai bambini di oggi dimostrano in quanti modi diversi si può vedere e rappresentare se stessi; in quali forme, colori, materiali si può raccontare l’affetto per la mamma, l’amicizia per i compagni, l’emozione di svelarsi in un proprio autoritratto progettato e agito come un prezioso racconto intimo, anche di fronte ad una telecamera-specchio digitale. Elzbieta e i suoi compagni offrono, infine, ad adulti e bambini insieme, l’occasione di provare a immaginarsi come Alice nel paese delle meraviglie che, a volte troppo cresciuta, sente il disagio di non avere le giuste proporzioni del mondo, a volte troppo piccina, teme di non arrivare a padroneggiare le dimensioni “adulte” del reale. Elena Pasetti Direttrice PInAC


Elzbieta and her companions

Elzbieta and her companions is an album of portraits and selfportraits inhabiting time and space: the time when they were made, from the 1960’s up to the present time, and space which is the whole world. In fact, if pictorial language is the common matrix of the works on display, the languages of the authors refer to different and distant parts of the world: from France to Peru, from Japan to Australia, Kenya and Poland; Russia, Italy and Spain, Romania and the US. Like Elzbieta, 9- year-old Polish author, in her portrait of her school mate, all girls and boys write about themselves and the emotion about depicting themselves, but also about the pleasure of showing their friends seen through the eyes of affection. The works refer to a single common territory – totally free of geographical coordinates – a region called child imagery struggling with the desire/need to express their image of themselves and the world. Extra value to the historical works on display – made with technical and traditional brushes – is the presence of the recent collection of video portraits Sguardi in macchina, made in the PInAC laboratory Electronic Brushes led by Vinz Beschi and Irene Tedeschi, a surprising audiovisual project inspired by the research of Robert Wilson. Elzbieta and her companions lightly fly across half a century without paying time any duties. They are still and always

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contemporary looks, new, as are the eyes of girls and boys of all ages. Their works speak to adults and children alike. They encourage adults to be curious and to cultivate the emotional dimension of the eye in front of a drawing made by a child. They urge them to get into some sort of suspended harmony, their eyes and heart open and receptive. They suggest placing themselves in front of a child’s portrait as when you look in the mirror, rediscovering themselves as children with a newly found magical sense of wonder. They remind educators and teachers that the richness of experiences and stimuli and the variety of techniques enhance the ability of expression and free children’s creativity. They show today’s children in how many different ways you can see and represent yourself; through which shapes, colors, materials they can express their love for mom, their friendship for their teammates, the excitement of revealing their selves through their own self-portrait, meant as a precious intimate story, even in front of a digital camera-mirror. Finally, Elzbieta and her companions have given, to adults and children together, the chance to try to imagine the discomfort Alice in Wonderland may have felt at not having the right proportions to fit the world: at times too big, at times too tiny, fearing of not being able to master the “adult” dimensions of reality.

Elena Pasetti PInAC Director


Questi siete La voce a te dovuta (versi 1246-1252) […] A un tratto guardi lontano. Inchiodi lo sguardo lì, non so a che cosa, e ti si scocca a cercarla l’aguzza anima tua di freccia. Io non guardo dove guardi: ti sto guardando guardare. […] Pedro Salinas

The voice entitled to you (verses 1246-1252) […] Suddenly you look in the distance You nail your gaze there I don’t know on what, and Your arrow-sharp soul Is drawn to look for it. I’m not looking where you look: I’m watching you stare […] Pedro Salinas

voi

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La mia compagna Gheorghita Vasile, 14 anni Bucarest, Romania Tempera, cm 41x30 FA 7081

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21 Ritratto di bambina Rosin Loretta Smith, 5 anni Louisiana, USA 1697 Tempera, cm 44x60 FA 757


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Bambina che piange Sharon Stevens, 7 anni Columbus (Ohio), USA Tempera, cm 55,5x38 FA 752


Ritratto dell’amica Orsola Rossini, 12 anni Verolanuova (Bs), Italia 1968 Collage, cm 31x22,5 FA 748

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Ritratto di Orim Valerio Valseriati,13 anni Brescia, Italia 1961 Tempera, cm 32x23 FA 1664

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Ritratto in costume popolare Artur Stankiewiez, 6 anni Varsavia, Polonia 1973 Tempera, cm 38x41 FA 750


La mia compagna di banco Massimo Ferrando, 8 anni Barcellona, Spagna Matite colorate, cm 48x34 Fa 772

Ritratto Cristina Jamandi, 14 anni Bucarest, Romania Tempera, cm 30x30 FA 7080

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Il maestro Schimizutsu J., 4 anni Tokyo, Giappone 1969 Tempera, cm 54x39 FA 7183

Senza titolo Zakir Saladimov, 12 anni Italia 2003 Matite colorate, cm 29,5x21 FA 4740

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Ritratto Nizute N., 13 anni Kobe, Giappone 1970 Tempera, cm 38x54 FA 761

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Il compagno Nomura, 5 anni Kobe, Giappone 1967 Acquarello, cm 54x38 FA756

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Ritratto Cristina Forni, 7 anni Bellinzona, Svizzera Pastelli, cm 28x21 FA 7077


La mia vicina Miasa Moraru, 9 anni Vulturesti, Romania Tempera, cm 50x35 FA 3108

Il profilo della mia compagna Pennini Olga Brizzola, 12 anni Brescia, Italia 1985 Tempera, cm 34x47 FA 7076

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Ragazze Borana Jane Mbikhi, 11 anni Nairobi, Kenya 1983 Tempera, cm 41x59 FA 760

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Contadina Florinca Abramita, 12 anni Bucarest, Romania 1985 Tempera, cm 20x30 FA 7084

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Pace-guerra Feroz, 12 anni Kabul, Afghanistan 2010 Tecnica mista, cm 34,8x44,4 FA 6012


Ritratto Elena Bianchi, 13 anni Brescia, Italia 1962 Graffito, cm 48x33 FA 1611

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La conoscenza Sveta Alexandrova, 11 anni Tula, Russia 2002 Gessi, cm 43x61 FA 3149

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Alison e Susan attraverso una bottiglia Jane Fentiman, 11 anni Oxford, Regno Unito 1965 Tempera, cm 75x50 FA 2010

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Ragazza con mandolino Francesca Ambrosini, 11 anni Brescia, Italia 1967 Tempera, cm 34x24 FA 1597


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49 Mia mamma al lavoro è una maestra, io amo mia mamma Martin Chladek, 7 anni Repubblica Ceca 1995 Tempera, cm 30x21 FA 7078


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51 Ritratto della compagna Elzbieta Cyrnaska, 9 anni Beazin, Polonia 1973 Tempera, cm 29,5x41,5 FA 751

Ritratto di mio papĂ Mario Cibaldi quando va al lavoro Michela Cibaldi, 8 anni Brescia, Italia 1981 Tecnica mista, cm 34x24,5 FA 7181


La dottoressa mia è Elsa Lorenzo Pio Bertocchini, 4 anni Latina, Italia 2011 Tecnica mista, cm 21x29,5 FA 6213

La mamma Jennifer Door, 4 anni Utah, USA Tempera, cm 45,5x61 FA 755

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55 Il barbiere Yamamura Chiyo, 10 anni Osaka, Giappone 1966 China, cm 41x28 FA 770


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Sono Mamadi, figlio di Diubaté. Da dove vieni? Dal mio villaggio. E dove vai? All’altro villaggio. Quale altro villaggio? Che importa? Vado dovunque ci siano degli uomini. […]

I’m Mamadi Son of Diubaté. Where are you from? I’m from my village. And where are you going? To the other village. What other village? What does it matter? I’m going wherever people are. […]

Poesia tradizionale africana

African traditional poem


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mi

Ecco


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59 Il mio autoritratto Renate Trajanova, 6 anni Brescia, Italia 2014 Acquarello, cm 50x34,8 FA 5123

Autoritratto Antonji, 6 anni Tanzania Matite colorate, cm 29,5x21 FA 7129


Autoritratto Filippo Marchina, 12 anni Castenedolo (Bs), Italia 2013 Pennarelli, cm 29,7x21 FA 7068

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Autoritratto Soukaina El Horche, 13 anni Bologna, Italia 2013 Tecnica mista, cm 24x33 FA 6625

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Questa sono io Ruth Grove, 5 anni Winchester, Regno Unito, 1963 Tecnica mista, cm 44x28 FA 7083


Pika (Gocce) Autoritratto Tea Pushi, 9 anni Elbasan, Albania 2014 Matite colorate, cm 24x31 FA 7116

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Autoritratto Matteo Papi, 13 anni Sant’Agata Bolognese (Bo), Italia 2013 Matita, cm 33x24 FA 6777


Uova di Pasqua Serzy Kleysk, 12 anni Lublino, Polonia 1973 Tempera, cm 42x29,5 FA771

Autoritratto Jasmin Scagliarini, 13 anni Bologna, Italia 2013 Tecnica mista, cm 33x24 FA 6584

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Senza titolo Heli Olkkola, 8 anni Helsinki, Finlandia 1965 Pastelli, cm 42x29,5 FA 7088

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A spasso col mio cane Maria Antonietta Fiorani, 8 anni, Camporgiano di Lucca (Lu), Italia 1999 Tempera, cm 35x40 FA 3723


Autoritratto Charles Meunier, 5 anni Metz, Francia 1970 Pastelli, cm 59x45 FA 6904

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73 Mi tolgo una scheggia Peter George, 7 anni New South Wales, Australia, 1973 Tempera, cm 47x34 FA 7082


Guardando attraverso le mie gambe Pat Connolly, 6 anni , New South Wales, Australia Tempera, cm 37x50 FA 7182

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Pensando mi canción Martin A. Acuña, 11 anni Lima, Perù, 1985 Tempera, cm 31x47 FA 7085


Io e il mio fratellino Cristina Stucco, 4 anni Torino, Italia 1992 Tempera, cm 23x38 FA 525

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Autoritratto Sylvie Brunet, 9 anni Lione, Francia Pastelli, cm 37x28 Fa 7115


Autoritratto Mansouri Sami, 11 anni Mantova, Italia 2013 Tecnica mista, cm 42x30 Fa 6605

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Sguardi in macchina Lavoro di gruppo bambine e bambini di 9 anni Rezzato (Bs), Italia 2013 Videoritratti sonorizzati Regia Vinz Beschi e Irene Tedeschi Laboratorio Pennelli Elettronici PInAC 2013

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83 C’è il vento che mi spettina Elena, 4 anni Italia Pennarelli, cm 21x29,8 FA 4311


Cos’è la PInAC?

Che cosa fa?

Dov’è?

RezzatoBs

Orari: mart.-ven. 9 -12; sab. e dom. 9.30 -12 e 15 -18 Info e prenotazioni 030 2792086 pinacoteca@comune.rezzato.bs.it www.pinac.it

FondazionE

È un prezioso bene di Rezzato, del Raccoglie, studia e cataloga gli elaborati L’edificio, della seconda metà del territorio bresciano e nazionale. Unica espressivi realizzati dai bambini, Quattrocento, si trova nel centro storico nel suo genere anche in Europa è una in collaborazione con scuole, enti e di Rezzato. Dalla piazza Vantini, sede collezione fortemente segnata dal associazioni interessati a diffondere la del Municipio, salendo a sinistra oltre carattere internazionale, un ponte ideale cultura prodotta dall’infanzia e la sua la chiesa del Suffragio, alla sommità con i bambini e i popoli del mondo intero. visione del mondo. della stretta via Disciplina ecco la PInAC. La collezione storica, fondata da Aldo Allestisce, in collaborazione con enti Appare incorniciata sulla sinistra da Cibaldi negli anni Cinquanta, conta oggi pubblici e privati, mostre tematiche ed un sorprendente angolo di macchia 6.000 opere provenienti da 60 Paesi e eventi capaci di valorizzare la collezione mediterranea e affiancata dal vecchio racconta emozioni, sentimenti, pensieri e storica e approfondire la riflessione lavatoio. Nata come chiesetta dei Frati speranze di migliaia di bambini. sull’espressività infantile. Disciplini è stata scuola elementare, È un museo dinamico internazionale che Favorisce l’avvicinamento di bambine abitazione privata, biblioteca, ed è ora raccoglie, cataloga, studia l’espressività e bambini, ragazze e ragazzi all’arte e l’importante sede della PInAC. creativa dei bambini dei diversi paesi all’espressione creativa. La sala espositiva, arricchita da un affresco del mondo; una collezione viva, che si fa Costruisce offerte formative per di pregevole fattura della Madonna con conoscere attraverso mostre, esposizioni insegnanti ed educatori nell’ambito bambino, presenta un soffitto ritmato Finito di stampare nell’agosto 2015 da Colorart, Rodengo Saiano, Bs e promozione di convegni; una concreta dell’educazione estetica e interculturale. dalle piccole vele delle volte. Lo spazio è testimonianza del diritto all’espressione Promuove e organizza incontri e atelier idealmente ripartito da alcune colonne, di creativa e all’arte per tutti i bambini, le per genitori, educatori e adulti curiosi che cui quella centrale è originale e di buona bambine e gli adulti interessati; un centro vogliono coltivare il piacere espressivo a fattura. Al piano superiore si aprono un di studi sul segno infantile che tiene conto tutte le età e avvicinarsi alle diverse forme grande spazio-laboratorio e l’ufficio di anche dei ‘pennelli elettronici’ offerti dell’arte. direzione. dalle nuove tecnologie; un centro per la Un piccolo portico invita ad entrare, creatività, che educa alla conoscenza tra mentre l’antico campanile in pietra viva, i popoli e al rispetto dei diritti di tutti, dall’alto, vigila bonario. ciascuno nella propria diversità artisticoculturale; una struttura integrata nella rete culturale dei servizi del territorio: un centro di sperimentazione che collabora con i diversi ordini di scuola Pinacoteca internazionale dell’età evolutiva aldo Cibaldi nella prospettiva di un sistema formativo Via Disciplina 60, Rezzato (Bs) allargato.


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