Finestra Aperta n. 2/ 2016

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Quadrimestrale di informazione a carattere socioculturale della UILDM LAZIO onlus. Numero 2, anno XXV, luglio 2016. Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2 e 3, Roma 2009.

Numero 2 Anno XXV

Finestra Aperta La rivista della UILDM LAZIO onlus

Chef Rubio, in partenza per le Paralimpiadi di Rio, è venuto a trovarci. Ecco cosa ci ha raccontato

La mia cucina non ha barriere

Uildm: Una pergamena diversa per un giorno speciale Salute: In aumento gli italiani che rinunciano a curarsi


Finestra Aperta - Luglio 2016

Numero 2 Anno XXV Luglio 2016

Sommario

Finestra Aperta, quadrimestrale a carattere socioculturale a cura della UILDM – UNIONE ITALIANA LOTTA ALLA DISTROFIA MUSCOLARE - SEZIONE LAZIALE onlus, acronimo “UILDM LAZIO onlus” Via Prospero Santacroce, 5 00167 Roma.

Pagina 3 Editoriale

Per sostenere Finestra Aperta si può effettuare un versamento sul conto corrente postale 37289006, intestato a “Uildm Lazio onlus - Via Prospero Santacroce, 5 - 00167 Roma”, indicando come causale “Contributo Finestra Aperta”.

Pagina 10 Il personaggio

Direttore responsabile: Serena Malta. Grafica e impaginazione: Manuel Tartaglia. Redazione: Mara Di Gregorio, Elena Kryvunda. Hanno collaborato: Francesca Bottazzin. Stampa: Cristiano Edizioni Srl, via Alfredo Fusco, 113 - 00136 Roma.

A me gli occhi M. Burattini

Finito di stampare luglio 2016. Copie 1500. Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2 e 3, Roma 2009. Iscrizione numero 721/12-’91 Tribunale di Roma.

Vaccini: da che parte state? S. Malta Pagina 4 Approfondimento Cinquantacinque anni di Uildm M. Tartaglia Mangia bene, vivi meglio G. Franchina Integrazione in campo A. A. Vegliante A scuola di fundraising Se è difficile dire addio R. Latella In cucina nessuna barriera A. Desideri Pagina 12 L’Intrufolone Eataly, il gusto è accessibile Fiera di Roma: il nostro sopralluogo M. Tartaglia Pagina 14 Società Emofilia, questa sconosciuta M. Tartaglia Fisco più facile con la guida M. Tartaglia Curarsi, privilegio per pochi I. Tartaglia Roma, sei pronta per le Olimpiadi? A. A. Vegliante Pagina 20 Cultura Conoscete l’Arte Irregolare? S. Lazzarino Campioni e successi Manrico, questa è la realtà A. A. Vegliante La forza delle emozioni A. Desideri Oggi sono Giulio, domani chissà... A. A. Vegliante Pagina 26 Uildm Insieme a noi, a scuola di inclusione I. Alferova, V. Palcic Nella città di Pulcinella M. Adamo Pergamene solidali A. Del Picchia Pagina 30 Appunti Sapete davvero cos’è la Vita Indipendente? Pagina 31 Come trovarci, come sostenerci

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Editoriale Di Serena Malta

Vaccini: voi da che parte state?

E’

arrivata dall’Emilia Romagna la stretta sulle vaccinazioni obbligatorie con buona pace del movimento anti vaccini. Infatti l’Emilia ha imposto la vaccinazione obbligatoria per l’iscrizione all’asilo nido dei bambini, dopo che l’osservatorio epidemiologico dell’Istituto superiore di sanità (Iss) aveva reso noto che la regione Emilia si classificava al terzo posto per numero di casi di morbillo in Italia con 52 contagi, preceduta dalla Lombardia con 87 casi e la Campania con il 72, mentre il Lazio con 37 si posiziona quarto in questa preoccupante classifica, se si considera che i dati riguardano il periodo che va dal 1 gennaio al 31 marzo 2016. La scelta è stata motivata dall’assessore regionale alla salute, per difendere i soggetti più deboli e si inserisce nell’ambito della discussione parlamentare su una futura legge per reintrodurre in Italia l’ob-

bligo delle vaccinazioni abolito nel 1999, quando venne considerato in contraddizione con il diritto alla pubblica istruzione. La posizione dell’Emilia Romagna trova sponda con la sentenza della suprema Corte di Giustizia che, confermando la sentenza della Corte di Appello dell’Aquila, ha respinto la richiesta di concedere il risarcimento avanzato, nei confronti del ministero della salute, dalla madre di un ragazzo autistico, la quale sosteneva che la salute del figlio era stata danneggiata per effetto della vaccinazione contro morbillo, rosolia e parotite. La corte ha così escluso il nesso tra autismo e vaccinazione. Sentenza tombale che più che rispecchiare la posizione della magistratura trova le sue ragioni nelle posizioni del mondo medico e scientifico che si è espresso, nella quasi totalità, a favore delle vaccinazioni e che

da anni a tutti i livelli ha impostato una vera campagna di controinformazione per meglio far comprendere alla cittadinanza l’importanza delle vaccinazioni per la salute pubblica. Il mondo medico però si trova a fare i conti con internet, il medico oggi non è più il riferimento indiscusso di intere comunità, con l’universo di notizie tra petizioni, forum ed esperti che snocciolano le proprie opinioni per orientare da una parte o dall’altra i comportamenti delle persone. In Italia quindi resiste un fronte del no vaccini mentre la Svezia registra il 100% dei bambini vaccinati, tutte le mamme e tutti i papà svedesi sottopongono i neonati alla profilassi stabilita a livello nazionale per 10 malattie tra cui, per esempio, la difterite, la poliomielite, il morbillo, la parotite. Il governo italiano è chiamato dunque a esprimersi per confezionare una legge che tenga presente la libertà di scelta dei genitori, istruzione pubblica e la salvaguardia della salute per dare una risposta omogenea sul piano nazionale ed evitare così che le regioni, lavorando in autonomia, possano operare in maniera discordante le une dalle altre creando così un’ulteriore spaccatura del Paese su una materia fondamentale come la salute.FA

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Cinquantacinque anni di La tre giorni di Lignano Sabbiadoro è stata l’occasione per Di Manuel Tartaglia

C

ome vuole la tradizione, la primavera ci porta, tra le tante cose, le Manifestazioni Nazionali Uildm, l’incontro più importante dell’anno per l’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. L’edizione del 2016 ha avuto luogo a Lignano Sabbiadoro (Udine), presso il Centro Ge.Tur., meta ormai consolidata per questo evento. Due i motivi che rendono speciale quest’edizione delle Manifestazioni Nazionali. Il primo è che la Uildm compie cinquantacinque anni di storia, anniversario che va adeguatamente celebrato; il secondo è che durante l’Assemblea dei Delegati, si svolge l’elezione della nuova Direzione Nazionale. La tre giorni vede la presenza dei delegati delle sessantanove Sezioni locali, i soci, i familiari, gli amici della Uildm, i medici e, con orgoglio di chi scrive, lo staff di Radio FinestrAperta in un continuo flusso radiofonico proveniente dallo studio appositamente ricostruito all’interno del Centro Ge.Tur.. PRIMO GIORNO SOTTO L’ACQUA Partite sotto una pioggia incessante, le manifestazioni entrano nel vivo con un corso legato ad un tema fondamentale per ogni Onlus che si rispetti, ovvero la raccolta fondi o, come

Un momento delle celebrazioni del 2016 © Francesca Bottazzin

lo definiscono gli operatori del settore, il fundraising. A curare l’incontro c’è un’esperta di indubbio valore, Elena Zanella, Consulente Uildm per il Fundraising e la Comunicazione. Nel frattempo la Struttura di Gestione di Servizio Civile Uildm, capitanata da Massimo Guitarrini, conduce un seminario e un corso: il primo è legato al Servizio Civile in Uildm, mentre il secondo è rivolto agli OLP, ovvero gli Operatori Locali di Progetto, cioè i responsabili del buon andamento dei giovani volontari impiegati nelle attività associative. Sempre durante la mattinata, per poi proseguire nel pomeriggio, si tiene un interessante incontro con le Sezioni. In questa sede vengono presentati i risultati del monitoraggio e delle nuove sedi di attuazione. Un altro corso di formazione

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anima la mattinata del giovedì, si tratta di quello incentrato sul tema della contabilità e dei bilanci, a cura di Antonella Vigna (Tesoriere Nazionale), Cristiana Noventa (Ufficio Ragioneria Direzione Nazionale) e Silvia Maran (Consulente). Per quanto riguarda il pomeriggio, il tema dei diritti ha un posto di rilievo. Carlo Giacobini, infatti, forte della sua esperienza nel campo, illustra tutto ciò che lo Stato e la normativa mettono a disposizione delle persone con disabilità per l’ottenimento di una vera e propria Vita Indipendente. Parallelamente, il delicato tema del lutto viene trattato nell’incontro dal titolo “La cura delle perdite significative”, a cura di Anna Milone e Daniele Ghezzo, esperti nel campo della psicologia. Chiude questa ricca giornata


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Uildm celebrare un importante anniversario il concerto dei Demeagua Sextet, complesso jazz che anima la serata dei delegati Uildm. SECONDO GIORNO ALL’INSEGNA DELLA PARTECIPAZIONE La seconda giornata comincia con incontri e aggiornamenti riguardanti gli aspetti nutrizionali per le persone affette da malattie neuromuscolari, a cura della Commissione MedicoScientifica Uildm, organo formato da esperti medici nei vari aspetti che influenzano la vita delle persone con distrofia muscolare e altre patologie. Altro tema di rilievo è il Digital Fundraising, curato tra i tanti da Mattia Dell’Era (Digital Manager di Selltek). L’incontro ruota attorno all’importanza delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione legate alla raccolta fondi. A concludere gli eventi del venerdì troviamo la grande caccia al tesoro, momento ludico dedicato a grandi e piccini in carrozzina, e “La Uildm si racconta”, appuntamento celebrativo in cui personaggi di rilievo della storia della nostra Associazione ne ripercorrono le fasi storiche che l’hanno resa grande. Altro momento importante per il confronto è l’incontro “Le Sezioni Uildm si raccontano”. Ultimo appuntamento istituzionale, la lettura della relazione

del Presidente Nazionale uscente Luigi Querini, che fa il punto sullo stato di salute della Uildm. TERZO GIORNO PER CONCLUDERE IN ALLEGRIA Arriviamo infine alla terza ed ultima giornata delle Manifestazioni Nazionali Uildm 2016, momento di bilanci e rinnovo delle cariche istituzionali. Si parte con i saluti delle autorità e dei partner della associazione, dopo di che si entra subito nel vivo: parte l’Assemblea Nazionale dei Delegati, in cui i soci sono chiamati ad esprimersi su chi guiderà la nuova Direzione Nazionale ed il Collegio dei Probiviri. Nel frattempo, il Quadrangolare di Wheelchair Hockey anima il palazzetto dello sport. A chiudere la giornata, nonché tutte le Manifestazioni, partono le celebrazioni: la Uildm festeggia i propri cinquantacinque anni di vita con musica, balli e una gigantesca torta di panna e fragole. Ci si scambiano auguri, suggerimenti e buone prassi. Il giorno seguente si torna a casa con un bagaglio in più di esperienze, con progetti da sviluppare, ma soprattutto con l’orgoglio di essere parte di una grande comunità nota come Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. Al prossimo anno! FA

Nuovo Consiglio Direttivo Uildm, ecco i nomi e le cariche degli eletti

D

urante l’Assemblea dei Delegati, avvenuta il 14 maggio

2016, i partecipanti accorsi dalle varie Sezioni Uildm d’Italia sono stati chiamati a votare per il rinnovo del Consiglio Direttivo Nazionale. Il popolo Uildm si è espresso, decretando la rosa dei nove consiglieri a capo dell’organo più importante per l’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. L’11 giugno i nove membri del Consiglio Direttivo si sono insediati, rendendo note le cariche istituzionali loro assegnate. Il nuovo Presidente è Marco Rasconi, trentasette anni, milanese, attivista storico della Uildm, già presidente della Sezione di Milano. La carica di Vicepresidente

spetta

a

Luigi

Querini, che ha ricoperto il mandato di Rasconi negli ultimi anni. Torna Alberto Fontana, anche lui con un passato da presidente, stavolta in qualità di Segretario. Antonella

Vigna

è

confermata

Tesoriere. Completano la formazione i Consiglieri Nazionali Leonardo Baldinu, Mannara,

Matteo Enzo

Falvo,

Anna

Marcheschi

e

Stefania Pedroni, tra i quali saranno divise varie deleghe inerenti le differenti aree di interesse della Uildm. Commentando a caldo il risultato, il nuovo Presidente Marco Rasconi si è dichiarato entusiasta e pronto ad impegnarsi per una proficua collaborazione tra e con le Sezioni locali.

FA

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Mangia bene, vivi meglio L’importanza della nutrizione spiegata dai medici Uildm Di Giuseppe Franchina

Q

uest’anno la parte medica delle Manifestazioni Nazionali Uildm ha avuto come tema principale l’alimentazione in tutti i suoi aspetti. Proprio intorno a questo argomento si è pronunciata la Commissione Medico-Scientifica della Uildm. Ha aperto i lavori la presidente Luisa Politano introducendo i vari relatori che, attraverso le loro specifiche competenze, hanno illustrato quanto sia importante l’alimentazione nelle patologie neuromuscolari. La giornata è stata illustrata dalla dottoressa Angela Berardinelli (vicepresidente della Commissione Medico-Scientifica) che, insieme alla dottoressa Anna Ambrosini (direzione scientifica Telethon), ha introdotto i suoi colleghi nei singoli interventi. Considerando che la nutrizione è un lungo e complesso meccanismo che coinvolge prima l’apparato masticatorio e la deglutizione, il primo intervento è stato della dottoressa Tiziana Mongini, che ha parlato delle complicanze gastrointestinali nelle persone affette da patologie neuromuscolari, con un occhio di riguardo alla disfagia, che è spesso una delle cause maggiori di bronchiti e polmoniti da ab ingestis. Anche il resto del percorso del cibo ha una sua particola-

rità nelle patologie neuromuscolari. Infatti la postura, l’immobilità ed il variato metabolismo, rendono più complesso ed articolato il meccanismo di assimilazione dei nutrienti. Altra importante sessione è stata quella dedicata al metabolismo osseo, legato alla nutrizione, redatta dal dottor Leonardo Sartori, che ha spiegato l’importanza delle proteine e del calcio nel mantenimento di una struttura ossea soddisfacente, struttura che è spesso inficiata dall’immobilità. Un elemento cardine per un’adeguata densità ossea è sicuramente il latte che, nonostante sia oggetto di molti odierni dibattimenti sulla propria utilità nutrizionale, riesce, con le sue proteine, a fissare in maniera considerevole il calcio sulle ossa.

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A seguire, la dottoressa Patrizia Landi ha esposto, quando la disfagia assume un carattere incontrollabile, come sia necessario ricorrere alla Peg (gastrostomia endoscopica percutanea) o alla Rig (gastrostomia percutanea radiologica). Per quanto questa pratica sia “mal digerita” dai pazienti, spesso essa è risolutiva per molte situazioni di denutrizione a seguito di scarsa funzionalità della deglutizione. In conclusione è emersa la rilevanza di una corretta alimentazione. Questa prerogativa, importante per tutte le persone, lo diventa ancor di più nel caso di quelle affette da malattie neuromuscolari che, considerati i diversi percorsi patologici, risentono di un metabolismo variabile e complesso. FA La redazione intervista gli esperti © Francesca Bottazzin


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Integrazione in campo Lignano Sabbiadoro diventa la location per una sfida tra campioni Di Angelo Andrea Vegliante

C

hi conosce le Manifestazioni Nazionali Uildm, è consapevole dell’importanza di entrare in contatto con la diversità. Non tanto per la disabilità in sé, quanto per le diverse storie e testimonianze concentrate nella tre giorni di Lignano Sabbiadoro. Politica, società, cronaca, medicina, istruzione: sono innumerevoli gli ambiti che vengono discussi durante l’Assemblea, molteplici le parole utilizzate per approfondire i temi dell’integrazione e dell’inclusione sociale. Tra i tanti aspetti della vita delle persone con disabilità, non meno importante di altri è quello dello sport, con tutto il carico di valori che reca con sé. La Uildm lo sa bene, tant’è che da molti anni sostiene la sua importanza. Proprio con tali premesse, sabato 14 maggio 2016 è andata in scena al palazzetto dello sport all’interno del Villaggio Ge.Tur (Udine) la seconda edizione del quadrangolare di Wheelchair Hockey Uildm, dove si sono sfidate la Coco Loco Padova (gli attuali campioni d’Italia), la Madracs Udine, i Treviso Bulls e i Black Lions Venezia. L’evento - lo scorso anno vinto da Padova -, ha visto trionfare Venezia, proprio contro i campioni d’Italia; nel

© Angelo Andrea Vegliante

primo turno nulla hanno potuto fare Treviso (la terza classificata) e Udine (la quarta), quest’ultima in grado comunque di dare visibilità non solo ad un gioco spettacolare, ma anche a Masoli, giovanissimo numero 10 spiccato in campo per personalità e doti tecniche. Perché è così importante parlare del Wheelchair Hockey? Questa disciplina raggiunge l’obiettivo dell’integrazione sociale con grande chiarezza e lucidità. Basti pensare ad alcune regole basilari. Ogni squadra può avere al suo interno persone con diverse distrofie muscolari, o semplicemente sedute in carrozzina, con tutte le esigenze del caso: indispensabile è che, in entrambe le squadre, ci sia un equilibrio di forze. Possiamo trovare adulti, bambini e

ragazze che si sfidano tra loro come leoni, senza guardare in faccia all’età dell’avversario. E poi, i diversi ruoli dei giocatori: c’è la mazza, per chi ancora riesce ad avere sufficiente forza nelle braccia per poterla utilizzare; c’è lo stick, che permette di partecipare alle diverse azioni con decisione ed impegno significativo, anche se affetti da gravi limitazioni agli arti. Infine, una norma prevede di non alzare la palla da terra, proprio perché sarebbe impossibile per gli stick essere determinanti se la sfera fosse in aria. Insomma, la storia del Wheelchair Hockey è l’esempio lungimirante del messaggio inclusivo dello sport. Perché non se ne parli è ancora un mistero, visto che ha tanto da insegnarci. FA

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A scuola di fundraising L

La raccolta fondi deve essere efficace e al passo coi tempi

Di Roberta Latella

e Manifestazioni Nazionali 2016, svoltesi anche quest’anno a Lignano Sabbiadoro, sono l’evento culmine per la vita associativa dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, poiché momento di confronto e approfondimento sulle tematiche più rilevanti e significative per l’associazione. Quest’anno il programma si è arricchito di una novità: il “Corso di principi e pratiche di fundraising”, rivolto a persone provenienti dalle varie Sezioni per favorire questo tipo di attività all’interno della propria Sezione Uildm. Il corso è stato curato da Elena Zanella, consulente Uildm per il fundraising e la comunicazione, insieme alla partecipazione, in qualità di formatori, di Mattia Dell’Era e di Antonio Bonetti, fundraiser noti a livello nazionale. Strutturato in più lezioni, il corso si è sviluppato in tre momenti differenti in cui i docenti hanno messo a disposizione del proprio uditorio nozioni utili allo sviluppo e al raggiungimento di uno status ottimale dell’attività di fundraising da mettere in pratica nella propria Sezione. Ad aprire il corso la relatrice Elena Zanella che, introducendo l’argomento cardine, si è soffermata sull’importanza di

intendere l’attività di fundraising non solo come mera raccolta fondi, ma soprattutto come attività garante per la crescita dei fondi, e quindi che permette di raggiungere importanti obiettivi sociali; motivo per cui un fundraiser strategico deve essere una persona creativa che conosce bene l’organizzazione, che è intuitiva nel capire come suscitare il donatore nella propria offerta, e soprattutto un ottimo comunicatore nel creare un rapporto “face to face” con il donatore. Nella seconda giornata, Mattia Dell’Era, digital manager, ha proposto le dinamiche inerenti il Digital Fundraising legato al mondo del web, quindi l’importanza del linguaggio come strumento qualitativo per

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invogliare a donare, e inoltre comunicare e rendicontare i progetti, e incrementare la percentuale di donatori online che, stando alle statistiche, è fermo al 20% del popolo web. A concludere il corso il docente Antonio Bonetti, che si è occupato di illustrare gli strumenti e le strategie che stanno alla base delle politiche e finanziamenti pubblici europei. I tre docenti che hanno esposto con puntualità, specificazioni e approfondimenti la tematica della raccolta fondi. Si sono resi disponibili nel chiarire i singoli dubbi dei frequentanti, corredando il loro bagaglio con diapositive e illustrazioni varie. Il corso ha registrato una frequenza elevata e si è rivelato soddisfacente per il popolo Uildm. FA Elena Zanella (a sinistra) con la redazione di FinestrAperta © Fredy Correa


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Se e’ difficile dire addio

Gestione del lutto: gli esperti spiegano come superare uno dei momenti più duri della vita

I

n occasione della trasferta per le Manifestazioni Nazionali Uildm 2016 ai microfoni di Radio FinestrAperta è intervenuta, tra gli altri, Anna Milone, psicologa e psicoterapeuta specializzata presso l’Aspic (Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Individuo e della Comunità) per presentare il suo libro Terapia del Lutto, scritto con Edoardo Giusti, presidente dell’Aspic. La Dottoressa Milone ha esposto argomentazioni sul concetto di lutto, inteso sia come perdita fisica di un caro ma anche come allontanamento o distacco definitivo da una persona significativa nella nostra vita.

Durante l’intervista abbiamo avuto modo di constatare come nella lingua italiana manchi un termine linguistico per designare una madre che subisce la perdita di un figlio, laddove esiste “vedova/o” o “orfana/o” per designare la perdita rispettivamente di un coniuge o di un genitore; una perdita questa che va contro la legge della natura tanto da non trovare un corrispettivo sul vocabolario per descriverne la situazione di malessere. Non è un dato da sottovalutare - spiega la psicologa perché in alcuni casi si può sfociare in una vera e propria patologia, da qui ne deriva la necessità di elaborare la perLa Dottoressa Anna Milone intervistata da Radio FinestrAperta © Fredy Correa

dita e la mancanza affrontando una ristrutturazione della persona e condividendo il dolore per recuperare le risorse utili alla stessa. Tutto ciò permetterà di evitare di morire insieme a ciò che muore e trasformare ciò che rimane in una nuova esistenza. Esistono situazioni della vita dove il dolore momentaneo può mutare in una costante, dove quello che resta di una persona è solo brandelli di anima. Ci insegnano che chi nasconde il disagio è forte da solo, ma raramente ci insegnano a leggere negli occhi degli altri il silenzioso bisogno di aiuto. E su questo insiste la Dottoressa Milone: la condivisione come momento per conoscere se stessi e ristrutturare la propria persona. Nel libro, Giusti e Milone traggono delle conclusioni: “Essere reinseriti dopo un lutto in un ambiente, sia esso familiare o sociale, positivo o meglio propositivo, che favorisca la libera espressione delle emozioni, permette alla persona che ha subìto la perdita di sentirsi ascoltato e libero di avere il suo tempo per ritornare ad una quotidianità, rielaborata”. Perché l’unione è forza e la condivisione ci permette di scoprire il mondo come nostro e di ognuno. R. L.

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In cucina nessuna Amato in tv e vicino al sociale, questo Di Andrea Desideri

C Un simpatico fuori programma: Chef Rubio offre alla redazione fichi freschi di stagione © Roberta Latella

hef Rubio, al secolo Gabriele Rubini. Un ragazzo che è diventato popolarissimo grazie alla cucina in televisione, fin qui nulla di strano, anzi come da copione, visto che ormai l’arte culinaria in tivù sembra essere un must. Ognuno di noi aspetta questa o quella ricetta, detta dal cuoco di turno all’ora prestabilita. Siamo tutti figli - mediaticamente parlando della Clerici, ma Rubio, a differenza di suoi colleghi, non ha aperto le porte della cucina nel tubo catodico, ha spostato la cucina in strada venendo ripreso (e non nel senso di redarguito). Ha portato in auge quella tendenza che gli anglosassoni definiscono “street food”. Morale: gira l’Italia e il mondo alla ricerca di sapori, vizi e virtù culinarie, con quella genuinità frascatana che l’ha reso anche un sex symbol. Infatti, il buon Rubio, col suo Unti e Bisunti, si è guadagnato la compiacenza del pubblico femminile d’ogni età: beniamino delle ragazze, cocco delle nonne ed esempio da seguire per i ragazzi. In tutto ciò, anche tanto impegno sociale: si batte per evitare lo spreco alimentare ed è attento alle tematiche del Terzo Settore (disabilità, integrazione sociale, situazione carceraria e tanto altro). Proprio per questa sensibilità, oltre che per indubbie competenze, è stato nomina-

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to Chef Ufficiale di Casa Italia alle Paralimpiadi di Rio 2016 (che si terranno dal 6 al 17 settembre). Grande sostenitore di FinestrAperta, si è prestato alle nostre domande con simpatia e disponibilità.

Sei lo chef di Casa Italia alle Paralimpiadi di Rio. Come ti stai preparando e cosa preparerai? “Mi sto preparando mangiando bene e cercando di stressarmi il meno possibile a lavoro nonostante i diversi progetti che ho in ballo. Ho qualche idea ma non ho nulla di certo in mente. Al momento siamo in fase di pianificazione logistica e strutturale perché la cucina è in costruzione nella Rochina e gli spazi adibiti si devono adattare alla struttura, che è di piccole dimensioni. Con il supporto di Fernanda, una cuoca di Sao Paolo e Eddy Edgardo Fontana, mio amico miscelatore, so che faremo un buon lavoro e faremo passare belle serate a ospiti e atleti”.

Hai un rapporto col cibo particolare: intendi la buona cucina come nutrimento per il bene di tutti, ci fai capire meglio la tua prospettiva? “Il cibo, quello buono, deve esser accessibile a tutti. È la prerogativa del bisogno primario di nutrirsi e del convivio. Quindi


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barriera è Chef Rubio con me non ci sono barriere culturali e vorrei che fosse così con tutti. Auspico che i principi primi per cui una persona vocata alla cucina, ossia quelli di servire sollazzare ed emozionare, possano arrivare a tutti”.

Come va con la Lis? “Ora ho interrotto le lezioni perché sono sommerso di lavoro. Appena finisco, torno a far lezioni con la mia coach Deborah Donadio. Un mondo incredibile che racconta le cose e le persone in maniera vera e intima”.

A Parma hai lanciato la prima Street Food Academy, come è nata questa collaborazione e cosa devono avere gli aspiranti chef per sfondare? “Nasce dalla volontà di dare la possibilità concreta a persone giovani e meno giovani di reinventarsi e riscattarsi in un mondo che non offre molte chance. Non è detto che sfonderanno ma costruiranno un percorso di vita e umano che li porterà sicuramente a eccellere nella cosa che più amano”.

È uscito un video in cui interpreti la parodia del film Lo Chiamavano Jeeg Robot e prendi in giro chi fotografa ciò che mangia per metterlo in rete. Secondo te, l’esposizione media-

© Roberta Latella

tica quanto danneggia o favorisce le competenze culinarie? Non c’è il rischio di venir sottovalutati? “Ah ah ah! Ma va! So quanto valgo e cosa posso dare e dire. Quel video per me è stato oltre che un piacere e un onore visti i risultati, un modo per esprimere un messaggio di scetticismo verso l’ossessione social del food e lo svilimento del cibo. L’idea è nata con Lorenzo e Leo, gli Actual, a San Lorenzo per caso in un negozio di un amico comune. Ci siamo divertiti, lanciato un messaggio e celebrato un ottimo prodotto del cinema italiano”.

Unti e Bisunti sarà un film, credi che possa accattivare il pubblico cinematografico? “Più che di un film si tratta di un puntatone speciale che acquisisce più i toni della magia e della fiaba. Tutto ciò che viene raccontato con passione e competenza guadagna consensi, quindi posso dirti che i fedelissimi rimarranno soddisfatti e i nuovi sorpresi”.

Adesso hai anche il sito nuovo, ti vediamo molto

attivo sul Web, come convivi col disagio di alcuni fan troppo invadenti? “Li ignoro quando posso, quando mi si parano di fronte in maniera educata faccio valere le mie ragioni, ma quando esagerano e sono irrispettosi nell’invadenza allora o li elimino dai contatti oppure gli rispondo per le rime”.

Ti batti molto per evitare lo spreco alimentare: dicci un piatto riciclabile per eccellenza. “La pasta. Se avanza, ci fai la pasta ripassata in padella. Nella malaugurata ipotesi dovesse avanzare ancora, diventa frittata”.

Come procederai alla preparazione dei piatti per gli atleti? “Io faccio sempre e solamente ciò che piace a me e mi diverte condividerlo, donarlo. Farò lo stesso con loro, e quando li avrò conosciuti asseconderò molto volentieri le loro richieste”.

Dove ti vedremo settembre?

da

In TV ancora per un anno, poi chissà... Cucina? Teatro? Cinema? Vedremo. FA

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Eataly, il gusto e’ accessibile P

Nessuna barriera nel punto romano della catena del cibo “made in Italy”

Di Manuel Tartaglia

er i nostri lettori “affamati” di consigli sui luoghi da visitare, proponiamo il nostro sopralluogo nel regno del gusto e della tutela del patrimonio agroalimentare nostrano. LA SEDE PIU’ GRANDE Eataly è una catena di vendita e consumo di prodotti alimentari con diversi punti in varie zone d’Italia, nonché del mondo, dal Brasile al Giappone, passando per gli Usa. La più grande sede italiana si trova a Roma ed è stata ricavata ristrutturando la dismessa stazione Air Terminal Ostiense. Si tratta di un edificio di quattro piani, per un’estensione di oltre 16mila metri quadrati, inaugurato nel 2012. MANOVRE DI AVVICINAMENTO Ci rechiamo nel quartiere Ostiense, più precisamente in piazzale XII Ottobre 1942, dove si trova il palazzo a vetri di Eataly Roma. Prima di tutto, però, pensiamo al parcheggio: niente di più facile, visto che ce n’è uno piuttosto ampio di fronte all’entrata, con accesso controllato. La buona notizia è che, per le persone con disabilità, non è previsto il pagamento. Qualora si trovasse il parcheggio principale pieno, ve ne è un secondo sul lato destro dell’edificio, guardando l’entrata.

DENTRO L’EDIFICIO Usciamo dal parcheggio, attraversiamo la strada e raggiungiamo in un attimo l’entrata. Nessun problema per gli avventori in carrozzina, grazie a scivoli ben curati. La porta automatica si apre al nostro passaggio e siamo dentro. A questo punto c’è da decidere cosa fare e dove recarsi: un’ampia area è dedicata agli acquisti, mentre un’altra è per sedersi e consumare direttamente nei ristoranti in loco. I prodotti in vendita rappresentano l’eccellenza nei campi del mangiare e del bere italiani, con vini di prestigio, frutta da coltivazioni biologiche, carni da allevamenti pregiati o dolci di raffinate pasticcerie.

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Non meno interessanti le proposte alimentari da gustare sul momento. L’edificio è diviso in aree tematiche (pasta, pesce, frittura eccetera), ognuna delle quali ha un ristorante. I tavoli sono comodi, con una sola gamba centrale e ad una distanza ragionevole tra loro, quindi muoversi non è difficile. La raccomandazione è, però, di prediligere orari infrasettimanali, meno affollati dei weekend, quando l’accesso degli avventori pregiudica la comodità e allunga i tempi d’attesa. ZERO BARRIERE Fa piacere constatarlo, a Eataly Roma riscontriamo l’assenza di barriere architettoniche. Non ci sono gradini, ma tapis roulant per accedere ai quattro piani (piano terra più altri tre) dell’edificio o, ancor meglio, quattro efficienti ascensori che fanno continuamente su e giù, decisamente spaziosi. I servizi igienici, presenti in ogni piano, presentano sempre uno spazio destinato alle persone con disabilità. Una delle casse all’uscita, inoltre, ha un grande spazio che permette a chiunque di pagare serenamente la propria spesa. Infine, gli inservienti sono disponibili a venire incontro al pubblico con necessità speciali. FA


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Fiera di Roma: il nostro sopralluogo C irca vent’anni fa su queste pagine impazzava L’Intrufolone, rubrica che prevedeva sopralluoghi su sedia a ruote per verificare l’accessibilità dei luoghi pubblici. Gli anni sono passati, la situazione è senz’altro migliorata, anche se alcune criticità non sono state totalmente risolte, dunque riteniamo ancora utile una rubrica di servizio per segnalare tanto i problemi legati alle barriere architettoniche, quanto gli esempi virtuosi di accessibilità da consigliare. Meta del nostro nuovo sopralluogo è la Fiera di Roma, teatro di quasi ogni grande evento che si tenga nella Capitale. Il polo fieristico ha dimensioni tali (circa 40 chilometri quadrati) da poter sostenere incontri di ampio respiro e ospitare migliaia di avventori. Scopriamo se ha tenuto conto delle esigenze di quelli con disabilità. La Fiera di Roma è facilmente raggiungibile attraverso l’autostrada A-91 Roma-Fiumicino (uscita 30 del Grande Raccordo Anulare in direzione Fiumicino). Il polo espositivo vanta ben dieci padiglioni, tutti enormi. Ce ne accorgiamo subito, costeggiando il quartiere fieristico, per circumnavigare il quale occorrono parecchi minuti d’auto. Ciò che colpisce durante questo

primo approccio, oltre alle suddette dimensioni della struttura, è una certa aria di abbandono che si respira guardandosi intorno: qui la natura si sta riappropriando del territorio, i cespugli e le sterpaglie stanno infestando i marciapiedi e non c’è traccia di manutenzione da parecchio tempo. Al nostro arrivo troviamo una vasta area dedicata ai parcheggi, qui è possibile lasciare il proprio veicolo per poi recarsi ad uno degli ingressi, cosa che noi non faremo: alle persone con disabilità che espongono il proprio tagliando è consentito l’accesso direttamente in fiera a bordo del proprio mezzo di locomozione. Lasciamo l’auto in uno dei numerosi posti coperti a disposizione ed iniziamo il nostro sopralluogo a piedi. Questo spazio, creato dieci anni fa dall’Architetto Tommaso Valle, è stato inaugurato nel 2006, si tratta di una struttura ancora giovane, eppure i segni di cedimento della stessa sono piuttosto evidenti: buche, dossi, mattonelle divelte rendono il transito su sedia a ruote poco agevole. Va evidenziato che non siamo in presenza di barriere architettoniche causate da una mala progettazione, tutt’altro. Il problema sembra essere legato più ad una realizzazione superficiale dei lavori e alla

Torna L’Intrufolone, la rubrica sull’accessibilità fatta sul campo incuria. La sensazione è che questi spazi siano stati lasciati al proprio destino da anni, senza una efficace manutenzione. Visitiamo l’interno dei padiglioni, all’interno dei quali si trovano gli stand degli espositori. Nonostante ve ne siano molti, non è difficile muoversi agevolmente fra l’uno e l’altro, data la grande ariosità dell’ambiente, nonché la collocazione appropriata degli stand. Certo, nei giorni “di punta” saremo costretti a sgomitare fra gli avventori, ma si tratta comunque di un ambiente adatto a recipire afflussi elevati di visitatori. Ad ogni modo, se ci si stanca della ressa, è possibile fare una pausa. Ci rechiamo al punto ristoro più vicino (ce n’è uno in ogni padiglione), dove troviamo un discreto assortimento di bibite, panini, gelati e altri snack. Nessun problema anche per quanto concerne i servizi igienici, dove riscontriamo la presenza di bagni per persone disabili, discretamente puliti. Nel complesso valutiamo la Fiera di Roma accogliente e ben organizzata. Spiace notare l’aria di trascuratezza che getta un’ombra su una struttura che avrebbe tutte le carte in regola per essere un fiore all’occhiello dell’accoglienza nella Capitale. M. T.

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Emofilia, questa sconosciuta Il Segretario Generale della Federazione delle Associazioni Emofilici, Stefania Farace, fa chiarezza su questo disturbo Di Manuel Tartaglia

L’

emofilia è una patologia tanto diffusa quanto sconosciuta. In Italia ne sono affette oltre 4.300 persone. Per l’emofilia A, che rappresenta la forma più comune, l’incidenza è di 1 caso ogni 10mila maschi. Per l’emofilia B, invece, è di 1 caso ogni 30mila maschi. Cerchiamo di scoprire qualcosa di più su questo disturbo, avvalendoci della consulenza di Stefania Farace, Segretario Generale della Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo), a cui rivolgiamo alcune domande.

Cos’é esattamente l’emofilia? “L’emofilia è un disordine emorragico congenito, ereditario, dovuto alla carenza di un fattore della coagulazione. Se il fattore carente è l’VIII, si parla di emofilia A. In caso di carenza di fattore IX, di emofilia B. Entrambi i difetti sono trasmessi come caratteri recessivi legati al cromosoma sessuale X e comportano una significativa compromissione del processo di coagulazione del sangue. A causa di questo deficit, quindi, gli emofilici subiscono con molta facilità emorragie esterne ed interne, più o meno gravi”.

Come

si

gestiscono

queste patologie? Cosa è in grado di fare la scienza per la qualità della vita degli emofilici? “Queste patologie si gestiscono attraverso una terapia sostitutiva, che consiste nella somministrazione del fattore mancante attraverso un’iniezione endovenosa. I due principali regimi terapeutici sono di trattamento on demand e di profilassi. La qualità della vita dei pazienti emofilici è aumentata notevolmente con l’introduzione della profilassi, che consente loro di condurre una vita pressoché normale. Questo tipo di trattamento richiede circa tre iniezioni di fattore la settimana, ma la scienza sta andando avanti e, specialmente per l’emofilia B, promette di poter ridurre considerevolmente il numero di somministrazioni nel tempo (farmaci long acting). Inoltre l’innovazione tecnologica in questo settore prevede la possibilità di somministrare i farmaci sotto cute, andando a ridurre l’impatto delle iniezioni endovenose, che restano, ad ora, una delle maggiori barriere all’aderenza terapeutica. Infine la frontiera più ricercata nel campo scientifico per

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l’emofilia è la possibilità di garantire una continua presenza dei fattori della coagulazione mancanti senza dover ricorrere alla profilassi. Questa grossa ambizione é stata dimostrata in diversi trial clinici e, nel caso in cui l’efficacia terapeutica e la sicurezza vengano confermati su un maggior numero di pazienti, la terapia genica e quella cellulare rivoluzioneranno il trattamento delle persone con emofilia”.

Cos’é FedEmo? Quali attività svolge? “FedEmo è la Federazione delle Associazioni Emofilici Italiane. Riunisce trentatré Associazioni territoriali e collabora con l’Associazione Italiana dei Centri Emofilia (Aice). Inoltre è membro della World Federation of Hemophilia (WFH) e dell’European Hemophilia Consortium (EHC). Nasce con l’intento di informare, educare, promuovere e coordinare tutte le attività volte al miglioramento dell’assistenza clinica e sociale degli emofilici in Italia; stimolare e sostenere i Centri per l’Emofilia; rappresentare le istanze e i bisogni della comunità dinanzi alle Istituzioni e diffondere la conoscenza della malattia presso l’opinione pubblica”. FA


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A me gli occhi

Non solo vanità: le protesi oculari aiutano a migliorare i rapporti sociali, come scopriremo dai diretti interessati Di Morena Burattini

P

arliamo di protesi oculari, un tipo di ausilio che viene incontro ai problemi estetici delle persone non vedenti. Avere degli occhi dall’aspetto gradevole, come scopriremo, non è solo un desiderio meramente narcisistico, ma un bisogno che ha risvolti psicologici e sociali. Approfondiamo la questione con un medico e una paziente, cominciando con la Dottoressa Alessandra Modugno, dell’Ocularistica Italiana di Roma, oculista che si interessa di pazienti portatori di protesi oculari.

Vuole raccontare qualcosa di Lei per conoscerLa e capire di che cosa si occupa nello specifico? “Sono un’oculista e da sempre mi occupo di protesi oculari, anche per tradizione familiare, in quanto mio nonno ha fondato la prima fabbrica di protesi oculari in Italia. Ho avuto mio padre oculista e mia madre protesista, questo mi dà una caratteristica un po’ diversa rispetto agli altri, perché, pur essendo oculista, ho delle competenze protesiche. Facendo questo lavoro ho scoperto quanto sia importante l’approccio psicologico, sociale dei pazienti anche non vedenti sul lato estetico”.

Per chi non conoscesse

che cosa sono le protesi oculari, vuole spiegarci di che cosa si tratta? “Le protesi oculari sono come delle grandi lenti a contatto, che vengono inserite senza dover fare nessuna anestesia o intervento, al di sopra degli occhi, se sono presenti dei bulbi subatrofici, o nelle cavità se l’occhio è stato asportato per vari motivi. Dopo un periodo di adattamento le protesi vengono mantenute in sede tutto il giorno e dovranno essere rimosse solo per la pulizia una volta a settimana e subito reinserite. Da precisare che con le protesi indossate si può fare qualsiasi tipo di attività”.

Indossare le protesi oculari può danneggiare l’occhio sottostante? Se in futuro ci fosse la possibilità di ritornare a vedere, il portatore di protesi potrà sottoporsi alle nuove tecniche? “Assolutamente. La protesi non provoca nessun danno sul bulbo residuo. Quindi, se un domani dovesse uscire una nuova tecnica che consenta a un paziente di vedere, l’applicazione della protesi non precluderebbe questa possibilità”.

L’applicazione di una protesi oculare ha dei costi per il paziente? “Le protesi oculari vengono erogate dal Sistema Sanitario Nazionale, il paziente non deve affrontare nessuna spesa. Quindi qualsiasi persona può recarsi presso la propria Asl, fare la richiesta e verranno concesse gratuitamente”. Ed ora passiamo la parola a M., una paziente che ha deciso di applicare le protesi, che ci fornisce la propria testimonianza. “Le persone che mi conoscevano da prima hanno notato la notevole differenza, rispetto a quando non le indossavo. Il mio viso si è addolcito, mi dicono, e ha acquistato più luminosità. Quando si perde la vista, l’occhio si atrofizza diventando bianco, quindi a livello visivo risulta antiestetico. Di fatto, molti non vedenti per ovviare al problema, indossano occhiali scuri. L’approccio, invece, con le persone che mi hanno conosciuto dopo l’applicazione delle protesi, è notevolmente migliorato. Si pongono nei miei confronti in modo più tranquillo, senza avere un senso di disagio. Perché mi possono guardare negli occhi senza la barriera che gli occhiali inevitabilmente creano”. FA

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Fisco piu’ facile grazie alla guida L’

Agevolazioni per contribuenti disabili, ecco cosa si può detrarre

Di Manuel Tartaglia

Agenzia delle Entrate ha pubblicato la Guida alle Agevolazioni Fiscali per le Persone con Disabilità, un utile vademecum, aggiornato al 2016, su tutti gli strumenti che il fisco mette a disposizione per sollevare dal punto di vista economico i contribuenti disabili. La guida è gratuita e disponibile in formato elettronico sul sito web www.agenziaentrate.it. Facciamo, in questa sede, una panoramica delle agevolazioni più interessanti. CHI HA DIRITTO ALLE AGEVOLAZIONI? Le agevolazioni fiscali sono riservate ai contribuenti con disabilità fisica, psichica o sensoriale riconosciuta e verbalizzata. Ma non solo, molte volte queste persone non hanno un reddito sufficiente al proprio sostentamento, per cui in questi casi potrà beneficiare delle stesse agevolazioni il familiare che li ha fiscalmente a carico. TRASPORTO PRIVATO Esistono diverse opportunità per abbattere i costi dell’acquisto e dell’allestimento di veicoli destinati al trasporto di persone disabili, a cominciare dalla detrazione dell’Irpef del 19% del costo del nuovo veicolo acquistato. Questa detrazione viene suddivisa in quattro rate, corrispondenti a

quattro dichiarazioni dei redditi. Prevista anche l’Iva ridotta al 4%, sia sull’acquisto della vettura, che sugli allestimenti su essa effettuati, nonché su riparazioni straordinarie. Segnaliamo, inoltre, che al contribuente disabile o al suo familiare presso cui è a carico, non è richiesto il pagamento del bollo e l’imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà. SPESE SANITARIE Sono deducibili le spese mediche, come le visite e l’acquisto di farmaci, l’assistenza infermieristica e riabilitativa, nonché l’assistenza personale alla persona con disabilità. Ovviamente tutto questo è fattibile qualora tali prestazioni siano state pagate dal contribuente di tasca propria; questo non avviene se, invece, il paziente è ricoverato in ospedale o le prestazioni ricevute sono state pagate dalla Asl o dal Municipio di residenza. ALTRE SPESE È possibile detrarre il 19% di molte spese che, abitualmente, le persone con disabilità si ritrovano a sostenere. Tra queste possiamo annoverare ausili e protesi, trasporto in ambulanza, rampe per superare le barriere architettoniche, costruzione di ascensori, ba-

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stoni per non vedenti o servizi di interpretariato per non udenti. È interessante notare che, tra i vari dispositivi detraibili e acquistabili con Iva agevolata, ci siano anche i sussidi tecnici e informatici. Tra questi annoveriamo computer, fax, telefoni o lettori di e-book, a patto che un medico della propria Asl certifichi il loro bisogno in funzione dell’autonomia del paziente. BARRIERE ARCHITETTONICHE Le ristrutturazioni edilizie sono sempre onerose, proprio per questo l’Agenzia delle Entrate prevede un significativo abbattimento dei costi, concedendo il 50% dell’Irpef per lavori effettuati dal 2012 alla fine di quest’anno; del 36% per quelli effettuati dal 2017. Rientrano in questa categoria di agevolazioni i montacarichi, i servoscala, gli scivoli e simili. ASSISTENZA FISCALE A DOMICILIO I contribuenti la cui disabilità rende difficoltoso uscire di casa ma che devono compilare la dichiarazione dei redditi, possono richiedere l’assistenza di un operatore dell’Agenzia delle Entrate presso la propria abitazione. Il numero dei centri di assistenza telefonica è 848 800 444. FA


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Curarsi, privilegio per pochi Gli italiani che rinunciano a curarsi col Servizio Sanitario Nazionale sono in aumento. Una ricerca spiega perché Di Irene Tartaglia

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l Servizio Sanitario pubblico italiano è stato per anni il fiore all’occhiello di un welfare state evoluto e strutturato. A volte invidiato e spesso preso come modello da imitare dalle politiche sociali di molti paesi europei, il nostro Servizio Sanitario è arrivato addirittura a farci sgomitare con la Svezia nella contesa del primato di efficienza delle politiche sociali. Tuttavia, a causa della crisi economica e dei tagli alla spesa pubblica ad essa collegati che non hanno risparmiato il settore salute, questo record sembra essere un lontano vessillo. Il rapporto pubblicato lo scorso 8 giugno dal Censis in occasione del Welfare Day, infatti, fotografa una situazione profondamente mutata in tema di ricorso a prestazioni mediche e percezione del servizio sanitario. Secondo lo studio, gli italiani di oggi sarebbero attenti alla propria salute e per questa spenderebbero anche più di prima, toccando la vetta di 34,5 miliardi di euro. Tali spese, però, sono affrontate dai cittadini autonomamente: laddove il servizio pubblico si mostra insufficiente o lento, infatti, sono le strutture private l’alternativa a cui sempre con più frequenza gli italiani si stanno rivolgendo. Non è un

caso che a commissionare l’indagine sia stata la Rbm Assicurazione Salute, una società assicurativa che, per l’appunto, offre polizze a copertura delle spese sanitarie. La principale motivazione di questo cambio di tendenza, secondo la ricerca del Centro Studi Investimenti Sociali, è rappresentata dalla lungaggine dei tempi: il 72,6% degli italiani che si è rivolto a cliniche o strutture private per curarsi lo ha fatto a causa delle lunghe liste di attesa, ed il 30,2% si è rivolto alla sanità privata attratto dall’elasticità di orario offerta dai laboratori, gli ambulatori e gli studi medici privati, aperti anche nel pomeriggio, la sera e nei fine settimana. I costi di queste prestazioni, inoltre, talvolta superano di poco quelli del ticket del Servizio Sanitario Nazionale. Lo sgretolamento progressivo e le conseguenti ridotte garanzie delle prestazioni offerte dal Sistema Sanitario Nazionale hanno però conseguenze più drammatiche quando guardiamo alle fasce più deboli del nostro paese. Di fronte ad un’attenzione ed una spesa media più alta in salute da parte di una grande parte della popolazione italiana, c’è anche un numero crescente di persone che rinuncia a curarsi:

i giovani, che non possono fare affidamento su lavori fissi e che per certi versi nemmeno percepiscono la salute come diritto sempre garantito, e gli anziani. Questi, scoraggiati dalle lunghe attese, e non potendo rivolgersi a strutture private, spesso rinunciano a curarsi. Allo scoramento generale fa da specchio la mutata percezione che i nostri connazionali hanno della qualità del Servizio Sanitario Nazionale. L’indagine del Censis ha, infatti, rilevato che per ben il 45% degli italiani, la qualità del servizio sanitario della propria regione è peggiorata negli ultimi due anni e che il 52% degli italiani considera inadeguato il servizio sanitario della propria regione. La Ministra della Salute Lorenzin, interrogata in merito, mentre constata che il Sistema Sanitario deve fare i conti con la grave crisi economica che le famiglie stanno vivendo, ha ammesso l’evidenza della necessità di difendere l’aumento previsto del Fondo Sanitario per il 2017-2018, concludendo con la sibillina metafora “Deve essere chiaro a tutti che non si possono fare le nozze con i fichi secchi”. Non resta che sperare che questi fondi siano stanziati e proficuamente investiti. FA

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Roma, sei pronta Forse no, come ci spiega Pierpaolo Di Angelo Andrea Vegliante

I

l 17 febbraio 2016 veniva svelato nei minimi dettagli il dossier riguardante la candidatura di Roma alle Olimpiadi e Paralimpiadi del 2024. Durante la presentazione sono stati sottolineati tutti i possibili benefici che la Capitale riceverebbe in vista dei Giochi, così come l’aumento del Pil del Lazio e del suo capoluogo. Lo stesso presidente del Comitato promotore, Luca Cordero di Montezemolo, ha affermato che l’Italia e la città “hanno la forza, la cultura, la tecnologia e la voglia di accettare e di vincere una sfida”. Anche il Commissario straordinario del Comune, Paolo Tronca, ha espresso soddisfazione per il documento. Ma Roma è veramente pronta per accogliere le Olimpiadi? La domanda è d’obbligo, in quanto tutti devono poter godere dei Giochi estivi. Basta però fare un giro all’interno delle stazioni metropolitane per avere la conferma su quanto la Capitale non sia alla portata di tutti, in particolare per le persone con disabilità: percorsi sensibili per non vedenti usurati e mal curati, montacarichi ed ascensori spesso rotti e, quando invece funzionano, non si trova l’addetto adibito a far usufruire del servizio. Allargando lo sfondo, troviamo marciapiedi alti e i caratteristici sampietrini dannosi

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per le ruote di una carrozzina. E poi, molte volte gli autobus non presentano pedane funzionanti per far salire le persone con disabilità. La lista è lunga. Questa domanda l’abbiamo fatta anche a Pierpaolo Capozzi che, con il suo blog dedicato al turismo e all’inclusione sociale nei viaggi per le persone con disabilità, ItaliAccessibile, ha dato una risposta certa.

In base alle testimonianze raccolte, qual è il giudizio generale sull’accessibilità di Roma? “La situazione dell’accessibilità a Roma oggi è drammatica. Non vivendoci, mi sono informato meglio da chi è impegnato in attività di volontariato con persone con disabilità, come il vicepresidente di Abiliatour Onlus, Daniele Postiglioni. Quest’ultimo mi ha parlato di una città con moltissimi problemi strutturali, dove gli autobus urbani pubblici con pedane sono per lo più inutilizzabili. Tale criticità deriva dal malfunzionamento delle stesse, da un problema di allineamento tra questa e la banchina del marciapiede, ma soprattutto da una inadeguata formazione dei conducenti nell’utilizzarle e nell’accoglienza delle persone con disabilità motoria. Poi, non parliamo della metro! Sono pochissime


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per le Olimpiadi? Capozzi di ItaliAccessibile le stazioni con adeguati ascensori funzionanti e sistemi per far entrare una persona con disabilità nelle vetture. Senza parlare della mancanza di assistenza diretta e veloce quando possono esserci problemi dovuti ad ascensori non funzionanti e pulsanti di chiamata non attivi. Altro grattacapo importantissimo è l’assenza di bagni pubblici per persone con disabilità in luoghi di interesse storico-artistico. L’accessibilità, però, non è solo quella motoria, ma deve coinvolgere tutte le disabilità, come quelle visive e uditive. Per questo, ho parlato con la presidente dall’Associazione BlindSight Project, Laura Raffaelli, che da anni si occupa di accessibilità delle persone non vedenti nella Capitale, e mi ha parlato di una notevole arretratezza sui dispositivi che permettono ai disabili visivi di abbattere le barriere. Molte volte, pur di spendere soldi, si acquistano dei congegni costosi che non servono oppure, dove basterebbe un semplice semaforo con segnale acustico, questo non viene installato. Questa assenza è dovuta soprattutto a tecnici che non conoscono le reali esigenze delle persone con disabilità e non ascoltano associazioni che si occupano di questi problemi”.

Secondo Lei, queste condizioni dipendono da una matrice culturale o da altri fattori? “La maggior parte delle volte si tratta di problemi culturali radicati, ma non solo: ad esempio, problemi economici dei comuni, professionisti del settore non informati sull’aspetto dell’accessibilità e su come si potrebbero abbattere le barriere architettoniche con minori costi e maggiore efficacia”.

Roma è una delle candidate per ospitare le Olimpiadi del 2024. A suo giudizio, la Capitale è pronta per accogliere un evento di tale portata? “Ad oggi, credo che Roma non sia pronta ad ospitare le Olimpiadi per i problemi comunali che tutti sappiamo. Però al 2024 mancano ancora otto anni e voglio essere ottimista per il futuro”.

Come vede la candidatura alle Olimpiadi di una città caratterizzata da diverse problematiche strutturali? “Per le Olimpiadi del 2024 è stato presentato un bel progetto, anche rivolto all’accessibilità. Per le strutture esistenti si prevede un ammodernamento, mentre per quelle

da costruire si è pensato all’abbattimento delle barriere architettoniche. Poi anche il Comune deve fare il suo dovere per le strutture urbane ed i mezzi di trasporto locali. Quindi può essere una bella opportunità per far diventare Roma una capitale accessibile e fruibile per tutti. Naturalmente, sarebbe opportuno creare un osservatorio sull’accessibilità coinvolgendo tutte le associazioni che si occupano di queste problematiche ogni giorno”. Anche una parte del mondo politico non è convinta di questa candidatura, tanto da aver fatto partire un referendum popolare basato su diverse motivazioni: oltre ai possibili problemi legati ai costi derivanti da un progetto da miliardi di euro, che andrebbero a gravare il peso delle tasse italiane, l’accento è stato posto sull’insufficiente accessibilità di una città non adatta ad una persona con disabilità, come ha testimoniato pocanzi lo stesso Capozzi. In definitiva, il timore diffuso è il seguente: se una persona con disabilità motoria non riesce a vivere quotidianamente la Capitale, quanto potranno essere accessibili queste Olimpiadi? FA

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Conoscete l’Arte Irregolare?

Pitture suggestive e autori eclettici in una mostra da non perdere

Di Silvana Lazzarino

Uno dei quadri esposti al centro Wurth

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ome la musica o la danza, anche la comunicazione attraverso l’arte può accendere una scintilla di creatività facendo vivere emozioni e stati d’animo in chi per difficoltà psichiche e intellettive non riesce a comunicare come gli altri con il mondo circostante. Ad interessarsi anche alle possibilità comunicative che l’arte offre a quanti convivono con la disabilità, in particolare intellettiva, sono i collezionisti Carmen e Reinhold Wurth, che da tempo hanno individuato co-

me la pratica dell’arte da parte di queste persone con disabilità possa aiutarle ad integrarsi e trovare un modo spontaneo e diretto per comunicare le proprie emozioni a chi è loro vicino e più in generale alla società di cui fanno parte. Le rappresentazioni formate da colori forti e vivaci, da forme allungate e schiacciate, ora armoniose, ora in giochi contrapposti, rivelano un universo leggero e denso di fantasia dove le emozioni si rincorrono in un tempo che sembra sospeso. Presso l’Art Forum Nasi odorano tulipani Wurth di Capena (Roma) è possibile entrare con gli Art Forum Wurth Capena occhi e il cuore in queste Viale della Buona Fortuna, 2 proiezioni emotive che 00060 Capena (Roma) legano il visibile alTel. 06 90103800 l’invisibile e viceversa, il Dal martedì al sabato, 10:00-17:00. detto al non detto atDomenica, lunedì e festivi chiuso. traverso la suggestiva Fino al 21 gennaio 2017. Ingresso libero. Nasi odorano mostra

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tulipani. L’arte irregolare nella Collezione Wurth, aperta fino al 21 gennaio del 2017. I lavori presenti in mostra, provenienti da un ampio nucleo di opere della Collezione, sono stati realizzati da persone con disabilità intellettiva. Sono sperimentate tutte le sfumature dell’immaginario, la varietà degli stili e delle tecniche grazie ai diversi vissuti interiori di ciascun artista. I risultati raggiunti da questi artisti disabili, spesso sanciti dalla partecipazione a diverse mostre in Europa, sono originali sotto il profilo estetico e densi di vitalità sul lato emotivo. Molti di questi artisti operano in “atelier assistiti” in Germania. L’interesse per l’arte irregolare, da tempo affermata a livello internazionale, è stata vista dalla coppia di collezionisti, Carmen e Reinhold Wurth, come stimolo non soltanto per un’integrazione sociale, ma anche per valutare nuovi e originali risultati sul piano artistico. Per “Arte irregolare” si intendono in Italia non solo le produzioni legate alla disabilità intellettiva, ma anche tutte quelle caratterizzate da immediatezza e spontaneità che fioriscono dai circuiti ufficiali di tendenze o movimenti. FA


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Campioni e successi

Importanti conferme e sorprendenti novità: quello di 2016 è stato un campionato tutto da gustare Di Angelo Andrea Vegliante

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ignano Sabbiadoro è stata cornice della seconda edizione del Quadrangolare amichevole di Wheelchair Hockey. Non si è trattato però dell’unico appuntamento di questa disciplina sportiva, in quanto tra il 26 ed il 28 maggio il campo friulano ha decretato i vincitori dello Scudetto e della Supercoppa Italiana 2016, oltre a pronunciare i nomi delle formazioni di Serie A2 ammesse in A1. PROMOZIONE Macron Warriors Viadana e Magic Torino sono le neopromosse in Serie A1. Le Fasi Finali del campionato hanno decretato la vittoria dei lombardi e dei piemontesi, arrivati rispettivamente al primo (9 punti) e al secondo posto (6 punti) nella classifica conclusiva. Restano invece nella serie minore Madracs Udine e Aquile Palermo, piazzatesi in terza (3 punti) ed ultima posizione (0 punti). © Facebook Fiwh

SUPERCOPPA ITALIANA Com’è accaduto negli ultimi anni, lo scontro per la vittoria di un titolo ha visto fronteggiare Coco Loco Padova e Thunder Roma, una sfida che oramai sembra infinita. In quest’occasione, sono stati i veneti ad imporsi sui romani con uno strabiliante 5 a 2. Per la squadra padovana si tratta del secondo trofeo stagionale, dopo la conquista della Coppa Italia, ottenuta sempre ai danni della formazione romana. SCUDETTO Non c’è due senza tre, o meglio, Triplete. I Coco Loco Padova si aggiudicano anche lo Scudetto 2016, cucendosi il tricolore sulle maglie dopo aver vinto per 3 a 1 il derby di finale contro i Black Lions Venezia, la squadra rivelazione del campionato. I veneziani escono a testa alta dalla stagione appena conclusa, dopo che nella fase a gironi si erano piazzati in prima posizione, un punto sopra proprio agli attuali Campioni d’Italia. Nella finale per il terzo posto invece, vittoria dei Thunder Roma sullo Sharks Monza ai supplementari per 6 a 5. In semifinale, la

© Facebook Fiwh

compagine della Capitale era stata battuta da Padova per 5 a 1, mentre i lombardi uscivano sconfitti 4 a 2 per mano di Venezia. DICHIARAZIONI Sul sito ufficiale della Federazione Italiana Wheelchair Hockey (www.fiwh.org), il Presidente Federale Antonio Spinelli commenta con grande soddisfazione la stagione appena trascorsa: “Queste fasi finali hanno fatto da cornice ad un’annata particolarmente equilibrata ed intensa fin dal suo inizio”. Qualche parola anche sullo strapotere dei padovani: “Se una formazione domina da tre anni in lungo ed in largo è perché dietro c’è un grande lavoro di squadra che ne costituisce il valore aggiunto”. FA

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Manrico, questa e’ la realta’ C

In un film documentario la vita di un ragazzo distrofico

Di Angelo Andrea Vegliante

he cos’è un Manrico, il film documentario di Antonio Morabito, narra una settimana estiva di Manrico Zedda, un trentenne distrofico romano, e del suo operatore Stefano Romani, che vivono la quotidianità della Capitale, tra marciapiedi invalicabili, buche immense, sampietrini, artisti di strada, lunghe code di macchine e partite di wheelchair hockey. Questo non è solo un racconto su una persona con disabilità, ma anche un richiamo a chi non conosce la disabilità in sé, o chi da sempre è abituato a vederla in un’ottica cinematograficamente montata, orientata troppe volte al pietismo e all’eroismo giustificato nella condizione di presunta debolezza. “Ho conosciuto Manrico qualche anno fa - racconta il regista -, ha una situazione familiare ai limiti del surreale. Nella sceneggiatura di un film a soggetto non sarebbe credibile, qualcuno la definirebbe sicuramente eccessiva, io per primo. Invece è solo realtà. Credo che il tema della disabilità sia solitamente affrontato secondo una serie di cliché, superando raramente un’ídea superficiale che da sempre accompagna l’immagine del disabile nella mente dei cosiddetti sani. Quest’idea è costruita intorno ad una concezione del

disabile come vittima da compatire, eventualmente da aiutare, sicuramente con le migliori intenzioni, ma tenendo ben presente la diversità che rappresenta, quasi fosse costituito da una materia diversa dalla nostra. Ciò è frutto della paura, causata a sua volta dall’ignoranza. E con le paure non si va lontano”. La tecnica di ripresa, questa telecamera che accompagna la quotidianità delle loro vacanze estive come fosse uno smartphone, è l’identikit della realtà in sé. Grazie a queste inquadrature, siamo testimoni di quanto accade in quella settimana, catapultati nella prospettiva di Manrico e Stefano, i quali ci mostrano tutto, dalle gioie della vita alle problematiche strutturali annesse: un familiare che non può assistere alle esigenze del trentenne distrofico in ogni momento, la totale dipendenza da operatori sociali e volontari delle Onlus, il richiamo all’autodeterminazione e all’agire dato dallo sport e tanto altro. Dunque, a non mancare è la crudezza della realtà, racchiusa anche in quei momenti di felicità e amore per la propria vita che, nell’immaginario comune, molto spesso vengono emarginati e parafrasati come momenti pietistici e rari. Un altro spunto di riflessione

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è la scelta di non utilizzare attori per interpretare i due protagonisti. Non è un dato di poco conto, in quanto tale espediente permette di mostrare la realtà vissuta in prima persona da Manrico, senza che venga spiegata da soggetti terzi: siamo semplicemente di fronte alla realtà. “Nell’arco di questi mesi ho visto quanto Manrico sia fatto della stessa materia di cui sono fatto io - commenta ancora Morabito -. Per ogni elemento di diversità dovuto alla malattia, ce ne sono mille di affini dovuti all’esistenza. Da tempo Manrico mi propone di fare un film basato sulla sua vita; ho pensato che un buon modo fosse quello di mostrare direttamente lui, senza facili pietismi o generiche accuse al sistema, ma limitandosi a far vedere semplicemente quella che per lui è la normalità”. Oggi Manrico non c’è più e non potrà vivere la soddisfazione di ascoltare le reazioni del pubblico, ma ci lascia questo prezioso ricordo di sé. Una parte degli incassi del film Che cos’è un Manrico andrà in beneficenza alla Cooperativa Oltre, struttura che ha seguito Manrico per vent’anni. Questi fondi verranno utilizzati per l’acquisto di un mezzo di trasporto attrezzato per le persone con disabilità. FA


Finestra Aperta - Luglio 2016

La forza delle emozioni

Si chiama Nuvole ed è il nuovo album del cantautore calabrese Piefrancesco Madeo Di Andrea Desideri

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etti una mattina, a Lignano Sabbiadoro, tre anni fa, in occasione dell’Assemblea Nazionale Uildm: era il 2013 quando i microfoni di Radio FinestrAperta facevano sentire la voce di Pierfrancesco Madeo per la prima volta. Una giornata come tante, animata da convegni e conferenze su vari temi riguardanti la ricerca scientifica e le malattie rare, dove c’era anche lui. Un tipo solare, per nulla schivo e disponibile a raccontare qualcosa di sé. In quel periodo stava promuovendo il suo album Utopia, nella maniera più semplice e diretta possibile: con un banchetto, dove c’erano le copie del disco e lui stava in fondo, pronto ad accogliere qualsiasi domanda o anche semplicemente un incoraggiamento da parte dei fan. Chi non lo conosce rimane stupito, inizialmente: un cantante con distrofia muscolare che decide di percorrere un sentiero artistico pieno d’insidie e ostacoli. Non è da tutti, proprio per questo viene spontaneo fermarsi a parlare con lui. Per capire, innanzi tutto, quanto è difficile la scelta di fare il cantautore a prescindere dalla propria condizione fisica. Vedere qualcuno che sceglie di fare musica alla vecchia maniera cantautorale - cioè preferendo l’empatia del pubblico al televoto - è strano. Raro, ri-

schioso, bello (a seconda dei gusti musicali), ma sicuramente inconsueto. Un’utopia, proprio come l’album che presentava ormai poco più di mille giorni fa. Da allora ne è passato di tempo, musicalmente parlando l’intervallo che passa dall’uscita del suo nuovo album Nuvole, che va ad aggiungersi a Magma e Utopia quel tanto che basta per capire di avere di fronte un autore completo: un artista capace di emanciparsi ed evolversi partendo da un paesino in provincia di Cosenza, con la partecipazione a concorsi musicali nazionali e internazionali. Madeo vanta un posto da semifinalista al Premio Mia Martini nel 2004, una partecipazione al Festival di Napoli, e nel 2010 ha partecipato alle selezioni del Festival di Sanremo nella categoria Nuove Generazioni (rilasciando anche un’intervista sulla manifestazione, che trovate nella sezione Podcast del nostro sito web), per poi arrivare in semifinale allo Hyundai Music Awards. Non solo in Italia, Madeo approda anche all’estero - precisamente negli Usa prendendo parte al Festival della Canzone Italiana di New York. Armonia tra le Note e il premio Cantautore all’interno del sesto concorso italiano per giovani musicisti sono riconoscimenti dovuti ad un talento in evo-

luzione, che si autofinanzia o ricorre agli ultimi ritrovati social come il crowdfunding per puntare sempre più in alto. Per quanto concerne il suo ultimo lavoro, Nuvole esprime un sentimento di leggerezza che parte da temi seri: i sentimenti e la bellezza della vita, nonostante le avversità. Il singolo Le mie ali, realizzato insieme ad Erica Molinari, è la testimonianza di quanto non sia stato semplice per Pierfrancesco rimettersi in gioco a trentadue anni nell’ambito musicale: un nuovo progetto, che conferma anche un’evoluzione vocale avvenuta grazie all’apprendimento della tecnica respiratoria glossofaringea. Madeo compone un affresco in musica di sette canzoni che guardano all’essenzialità del vissuto, attraverso l’eleganza di sonorità appartenenti all’electronic dance con uno sguardo al rock classico: particolare attenzione al gothice all’heavy metal. Uscito il mese scorso, l’album già è presente nelle playlist di molte radio locali e non solo (compresa Radio FinestrAperta). Nuvole è un’indagine introspettiva nell’anima dell’essere umano. L’opportunità di perdersi dentro ad un acuto o un assolo, per scoprire quanto ancora è possibile offrire al mondo attraverso la manifestazione delle emozioni più nascoste. FA

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Oggi sono Giulio, domani Fenomeni di discriminazione scatenano risposte indignate Di Angelo Andrea Vegliante

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iulio è un ragazzo con autismo di quattordici anni e frequenta la terza media in una scuola di Livorno. Una mattina, il giovane si reca nella sua aula per seguire le lezioni. Però la classe non è presente, in quanto in gita senza di lui ed il suo insegnante di sostegno. La sua storia viene raccontata dall’Associazione Autismo Livorno Onlus che ha pubblicato su Facebook il seguente post: “La mia classe oggi è in gita; io no! Nessuno ha avvertito la mia famiglia, quindi sono andato a scuola e mi sono trovato da solo. Peccato, mi sarebbe piaciuto molto passare una giornata all’aria aperta, mi piace molto il pullman. Ci sono rimasto molto male, ma non potendo esprimermi a parole, sembra che a quel qualcuno non importi. Che faccio, ringrazio qualcuno per avermi risparmiato da una serie di emozioni bellissime che avrei potuto provare, oggi, in gita con i miei compagni all’aria aperta?”. La scuola ha giustificato l’accaduto sottolineando come già in passato Sandra Biasci, la madre di Giulio, avesse concordato assieme all’insegnante di sostegno a quali gite il figlio potesse andare, a seconda delle sue potenzialità, e quindi dando per scontato che quest’ultima non fosse idonea per il ragazzo.

Il fatto ha suscitato enorme scalpore, il mondo del web si è immediatamente scagliato contro l’accaduto: nei vari social network sono apparse foto di persone raffigurate insieme a fogli bianchi con su scritto “Io sono Giulio”, tramutato immediatamente nell’hashtag #IoSonoGiulio. Il caso è diventato mediatico: ad esempio, ad Uno Mattina sono intervenuti alcuni referenti dell’Associazione sopra citata e la madre di Giulio. Come nei casi #IceBucketChallenge e #VorreiPrendereIlTreno, la condivisione diventa un’arma potente di denuncia sociale. #JeSuisCharlie insegna, #IoSonoGiulio diventa il nuovo marchio del giorno. Sì, “marchio” perché c’è una domanda che in tali circostanze aleggia nell’aria: oggi io sono Giulio, ma domani chi sarò? Mi ricorderò di questa tematica oppure la mia coscienza sociale resterà pulita dopo un semplice post sul mio profilo virtuale? Facebook, Twitter e Instragram sono diventati protagonisti per aver portato alla luce casi simili, ed è forse il migliore utilizzo che ne possiamo fare. In questo contesto, però, nel quale ci troviamo dotati di un grande potere - la condivisione che può fare realmente la differenza, decretiamo indignazione quando vogliamo. Pro-

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babilmente è perché la tematica ci interessa in parte, si commenta tra sé e sé, forse non conoscendo realmente l’argomento, in questo caso l’autismo e l’integrazione sociale. E poi basta. Si lascia perdere l’accaduto. Non fa parte della nostra cultura indignarci sempre per questi atti, nonostante siano all’ordine del giorno. O più nello specifico, non siamo interessati ai fatti inerenti al mondo della disabilità. Siamo lì, inermi, pronti forse a parlare di questa situazione semplicemente perché esiste nella sua differenza sporadica, e non la includiamo nel quotidiano, come la scuola che ha dato per scontata la non idoneità di Giulio alla gita. Badate bene: non si vuole denigrare il fenomeno #IoSonoGiulio. È un bene che se ne parli, è un bene che la vicenda trovi condivisione, è un bene che le Associazioni utilizzino i nuovi mezzi consapevolmente. Sarebbe bene però che in questi casi ogni utente del web li utilizzasse consapevolmente, e non per moda. È di qualche settimana fa la notizia di una ragazza tredicenne autistica di Legnano esclusa dalla gita di classe a Mauthausen (Austria) perché nessuno dei suoi compagni voleva dormire in stanza con lei. A riportare il fatto


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chissa’... sul web: coscienza civile o semplice moda? è stata la madre della bambina che, in un’intervista al Corriere.it, ha spiegato come questa discriminazione sia avvenuta alle spalle della figlia, attraverso messaggi privati su WhatsApp, e come i genitori degli altri alunni non abbiano risposto alle sue esortazioni di chiarimento. Risultato? La ministra dell’Istruzione Stefania Giannini ha annullato la gita a tutta la classe della terza media. Ma nessuno si è proclamato contro la vicenda in un particolare hashtag. Più indietro nel tempo, nel 2014, emerse la storia di Sara Bortoletto, al tempo ragazza della quinta superiore del Liceo Artistico Michele Fanoli di Cittadella. Come ogni anno, era arrivato il periodo del viaggio d’istruzione e stavolta la meta scelta era Parigi. Per risparmiare, la classe voleva utilizzare come mezzo di trasporto il pullman, ma per Sara, da cinque anni su una carrozzina, era un problema, non essendo adibito alle sue esigenze. Bisognava cambiare mezzo, ma non tutta la classe era d’accordo. Così, anche in questo caso, cominciarono tra gli alunni conversazioni private tramite WhatsApp alle spalle di Sara. La ragazza intercettò la posizione dei compagni e denunciò il tutto su Facebook. Non nacque però nessun #Io-

SonoSara, lo sdegno del web non si fece trovare. Questi fatti sono tra i più lievi, se confrontati con altri. A Roma, tra il 2009 e il 2010, un bambino autistico di sei anni fu ripetutamente oggetto di violenze fisiche da parte di una maestra, la quale minacciò gli altri allievi di non dire nulla ai genitori. Il 12 giugno 2015 la maestra Mara Felici, fu condannata a due mesi di carcere per abuso di mezzi di correzione. Anche qui nessun fenomeno social di risentimento. Ci indigniamo quando fa comodo, quando è più facile far crescere il dissenso e ottenere una popolarità giornaliera. Non importa se conosciamo o meno l’argomento. “Deve cambiare la cultura”, afferma Claudia Leone, Consigliere con delega rapporti con amministrazione comunale dell’Autismo Livorno Onlus alla Rai. E non ha tutti i torti. Prendiamo ad esempio la ricerca sociologica sull’#IceBucketChallenge pubblicata nel novembre 2015: dai dati emersi, si evince che in pochissimi conoscevano chi avesse promosso quell’hashtag, ancora meno le persone che sapevano il significato dell’acronimo Sla. L’importanza data fu più per la visione della secchiata che alla conoscenza della malattia in sé. A mancare

fu il passo successivo di approfondimento della tematica. Come per il caso di Giulio. La cultura deve cambiare, anche perché chi ci va di mezzo è il nostro futuro, quei bambini che, a livello scolastico, non riceveranno mai un’educazione improntata sull’inclusione sociale. Basti pensare che il Report Istat del 19 dicembre 2014 indicava che gli alunni con disabilità erano aumentati, ma non le ore di sostegno. Dunque, se sappiamo che non è il primo caso di noncuranza nei confronti dell’integrazione, perché oggi siamo Giulio, ma ieri non lo eravamo? E domani? Ci interesseremo ancora alla questione? Approfondiremo mai in un secondo momento queste situazioni? O aspetteremo che un nuovo caso da social network scoppi giusto per parteciparvi? L’ipocrisia da social network non fa bene a nessuno. Giulio non è il primo caso, e non sarà neanche l’ultimo. Cosa c’è che non va nella scuola italiana? Perché ancora oggi non siamo in grado di garantire una piena integrazione alle persone con disabilità? La cultura deve cambiare. Perché se per un giorno si è vicini a queste tematiche, per gli altri 364 vige un’ignobile insofferenza. FA

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Finestra Aperta - Luglio 2016

Insieme a noi, a scuola di Il progetto Punti di Vista raccontato da due nuove vontarie Di Inha Alferova e Varja Palcic*

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iamo Varja dalla Slovenia e Inga dalla Bielorussia, e siamo due nuove volontarie del Servizio Volontario Europeo (Sve) presso la UILDM LAZIO onlus. Lo Sve è un progetto del Programma “Erasmus+: Gioventù” della Commissione Europea. Questo programma si basa sui principi dell’educazione non formale e della partecipazione attiva dei giovani, si concentra sullo sviluppo personale, la conoscenza e l’esperienza necessarie nella vita di oggi. C’è da dire che questo sarà un anno speciale per lo Sve, visto che ricorre il suo ventesimo anniversario. Siamo arrivate in Italia il 1 aprile con altri quattro volontari. Tutti e sei partecipiamo al progetto “Volunteering for Inclusion” (“Volontariato per l’Inclusione”), della durata di un anno

e suddiviso a sua volta in tre progetti diversi (Punti di Vista, Integrazione e Finestra Aperta), tutti incentrati sui temi della disabilità e della diversità. Lo scopo - come si capisce anche dal titolo - è l’inclusione sociale attraverso il volontariato. In questo articolo vi presentiamo il progetto a cui noi due prendiamo parte, “Punti di Vista”. Esso ha lo scopo di educare i bambini della scuola primaria sul tema della diversità e di promuovere l’inclusione sociale. Questa attività è importante per migliorare l’atteggiamento della società sui diritti di ogni persona, proprio nel momento in cui si cominciano a sviluppare le coscienze: già dall’infanzia, infatti, si comincia a capire che noi siamo tutti diversi e che dobbiamo rispettarci gli uni con gli altri.

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Con il nostro intervento nelle scuole, mettiamo a disposizione dei bambini degli strumenti per includere le persone che hanno diverse disabilità o che sono in qualche modo escluse dalla società e dalla vita quotidiana per diversi motivi. Inclusione sociale significa che tutti debbano avere le stesse possibilità per l’istruzione, il lavoro, il tempo libero eccetera. Il solo parlarne è un primo passo per raggiungere questo obiettivo. La conoscenza è fondamentale perché ci siamo accorte che ci sono ancora tanti stereotipi sbagliati, che dobbiamo imparare a cancellare. Tutti noi abbiamo diverse caratteristiche personali che ci definiscono come individui. Abbiamo diverse culture, credenze, religioni, colore della pelle, aspetto e stile, modo di pensare, abitudini, simpatie e antipatie. In ogni paese e cultura c’è diversità tra le persone ed è necessaria per imparare uno dall’altro. Il progetto Punti di Vista è un modo per insegnare, in maniera non formale, nei tipici luoghi dove si insegna in maniera tradizionale, e cioè le scuole. L’inizio del progetto prevede la mostra interattiva: i bambini seduti sulla sedia a ruote con l’aiuto di una guida, attraversano delle barriere architettoniche


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inclusione Sve alla UILDM LAZIO onlus mentre guardano le foto di persone con disabilità in situazioni diverse e inaspettate. In questo modo vengono rotti gli stereotipi e i bambini capiscono che non si devono giudicare le persone a prima vista. Poi seguono quattro incontri nelle classi con attività e discussioni che riguardano temi rilevanti. Il programma degli incontri prevede giochi di ruolo, delle attività dove bisogna lavorare con l’immaginazione, giochi di gruppo e individuali, e alla fine c’è sempre una riflessione su quello che è uscito fuori. Quando arrivammo, lo scorso aprile, Punti di Vista era in corso, Varja e Inha al lavoro © Elena Kryvunda

condotto dalle volontarie italiane del Servizio Civile Nazionale. Siccome il progetto inizia generalmente a settembre e le visite a scuola finiscono a maggio, siamo arrivate proprio alla fine dell’anno scolastico. Quindi, il nostro apprendimento è iniziato con l’osservazione del terzo incontro nelle scuole. Siamo state incluse completamente nel progetto durante il quarto incontro. Le volontarie del Servizio Civile, ci hanno aiutato molto con spiegazioni e consigli. Una delle maggiori difficoltà all’inizio era per noi la lingua poiché, essendo straniere, non parliamo l’italiano perfettamente e avevamo paura di non essere comprese. Spiegare un’attività e parlare spontaneamente in una lingua straniera era difficile per entrambe. Il problema era quello di trovare la parola giusta per i bambini italiani, quando nella nostra mente c’era la stessa parola nella nostra lingua. Durante gli incontri abbiamo notato alcune particolarità che erano diverse rispetto alle scuole nei nostri paesi. Per esempio, i bambini fanno tutte le attività mentre stanno seduti sul pavimento, cosa inimmaginabile in Bielorussia. Però da questa espe-

rienza, abbiamo capito che senza le sedie l’atmosfera in classe diventa più informale, i bambini si rilassano, non sentono la pressione, capiscono che non stanno facendo l’ennesima lezione ma un nuovo tipo di attività. Abbiamo imparato che a volte lavorare in classe non è facile, soprattutto gestire una classe vivace, era una sfida per noi. Alla fine, però, è una soddisfazione ascoltare e vedere che i bambini hanno capito l’importanza di rispettare le opinioni altrui, capire che la diversità è una cosa normale, così come essere autonomi, capaci di avere la responsabilità di decidere da soli o con gli altri, basandosi sulle proprie opinioni e conoscenze. Siccome le lezioni sono finite e i bambini cominciano ad andare in vacanza, noi ci stiamo preparando per l’anno prossimo. Cerchiamo nuove attività per gli incontri e ci scambiamo idee. Uno dei nostri progetti futuri è quello di scrivere un libretto sulle metodologie che usiamo negli incontri nelle classi, così anche gli insegnanti potranno continuare il nostro insegnamento sulla diversità. *Volontarie Sve presso la UILDM LAZIO onlus. Il loro progetto Volunteering for Inclusion è finanziato grazie ai fondi europei del programma Erasmus+

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Finestra Aperta - Luglio 2016

Nella citta’ di Pulcinella

Grazie alla trasferta del Gruppo Giovani della Uildm Lazio, scopriamo la bellezza e le difficoltà di Napoli Di Michele Adamo

T

ra i brani più noti della musica Napoletana vi è A città ‘e Pulcenella, una serenata dolce e amara della città di Napoli che rispecchia in pieno i contrasti di un luogo meraviglioso, troppo spesso bistrattato con pregiudizi fin troppo severi. A solo due ore e mezza di auto e poco meno con il treno da Roma c’è una splendida città che merita di essere conosciuta, visitata, assaporata. Sì, avete capito bene, assaporata, perché Napoli non è solo mare, monumenti, sole, ma è anche sapori talmente intensi che ti fanno dimenticare o almeno digerire il caos e il traffico asfissiante che la invadono. La rubbrica L’Intrufolone non si è fatta scappare quest’occasione e insieme al Gruppo Giovani della UILDM LAZIO onlus ha trascorso due giorni tra Napoli e Caserta.

Durante il primo Uno scorcio dai giardini della Reggia di Caserta © Michele Adamo giorno nel capoluogo di regione, abbiamo trovato una città piena di cantieri, inghiottita dalle auto ma per fortuna in nostro soccorso sono venuti Salvatore Leonardo e Virginia Lombardi della Uildm G. Nigro di Napoli, che ci hanno accompagnato in un tour per la città. Purtroppo il tempo a nostra diconsigliabile andarci con un sposizione non era molto e accompagnatore e possibilabbiamo fatto i turisti mordi e mente con una carrozzina eletfuggi. trica. Prima tappa, vista panoraLa notte abbiamo pernottato mica della città da via Felice a Caserta all’Hotel dei Cavalieri, Minucio, un ottimo punto dove che dispone di alcune stanze sostare con la macchina e poter accessibili per ospiti disabili e si scendere con la carrozzina e trova a pochi metri da uno degli vedere un panorama del Golfo di ingressi della Reggia. Napoli. L’ingresso alla Reggia di Seconda tappa, siamo scesi Caserta è gratis sia per l’ace andati sul lungomare, che in compagnatore che per il disabile parte è anche pedonalizzato e volendo è possibile entrare © Michele Adamo e poi appuntamento a dentro con l’automobile. L’inpiazza del Plebiscito per terno stupisce per la sua belprenderci un caffè. Per lezza, il giardino e la Reggia soconcludere la giornata, no accessibili ma le distanze siamo andati a cena da sono importanti, quindi mi sento Frijenno Magnanno ad Ardi consigliare di usare sempre zano, un ristorante bello, una carrozzina elettrica. Uniche buono e accessibile. note stonate sono state un Napoli, per quanto ribagno all’interno degli apparguarda l’accessibilità, è tamenti storici non accessibile, una città complicata ma ma ce n’erano altri fruibili. I non impossibile per chi ha giardini, infine, potrebbero problemi di mobilità. È essere curati meglio. FA

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Pergamene solidali Un modo per festeggiare pensando al futuro... di tutti

La ricerca puo’ donare una speranza concreta: Uildm e Telethon di nuovo insieme

Di Annalisa Del Picchia*

D

a qualche anno la UILDM LAZIO onlus offre la possibilità di scegliere un’alternativa alle classiche bomboniere, per celebrare un evento importante, da regalare agli ospiti della propria festa. Perché la solidarietà si può esprimere in tante forme e ogni occasione è giusta per ricordarlo. Per questo si è deciso di creare una pergamena solidale in ricordo di un giorno speciale. Il matrimonio, il battesimo, la comunione, la laurea, sono momenti unici che possono diventare una opportunità di condivisione con i propri cari di un gesto di generosità verso una causa, la propria comunità o una organizzazione non profit. La UILDM LAZIO onlus propone le pergamene della solidarietà: eleganti e semplici pergamene per ricordare un giorno speciale e condividerlo con parenti, amici e coloro che hanno bisogno di sostegno.

Gli ospiti riceveranno una pergamena che spiegherà il gesto di generosità del festeggiato per contribuire alla realizzazione di attività e progetti a favore delle persone con disabilità. La pergamena potrà essere personalizzata secondo i desideri di chi la ordinerà. Sarà successivamente sua cura confezionarla con nastri, confetti e quant’altro. Per occasioni come battesimi e comunioni la pergamena può essere accompagnata anche da una simpatica farfallina di peluche, simbolo della nostra associazione. Per richieste e informazioni è possibile contattare telefonicamente l’Ufficio Fundraising al numero 06 6635757 oppure inviare un’e-mail all’indirizzo fundraising@uildmlazio.org. *Responsabile Ufficio Fundraising UILDM LAZIO onlus

L

a passata campagna di raccolta fondi di primavera Telethon è

stata un successo. Sono state tantissime le scatole distribuite di gustosi biscotti, tradizionali canestrelli a forma di cuore, prodotti in esclusiva

per

la

Fondazione

Telethon. “Io sostengo la ricerca con tutto il cuore”, la frase riportata all’interno della confezione, ricorda l’importanza della generosità e della voglia di donare per sostenere la ricerca scientifica per la cura delle malattie genetiche rare, aiutare i pazienti a superare le difficoltà della loro malattia e per continuare ad avere fiducia nella ricerca. I volontari della UILDM LAZIO onlus si sono prodigati per distribuire le scatole di biscotti tra i dipendenti di diverse aziende di Roma e per informare sull’importanza della ricerca e delle attività che l’associazione offre alle persone con disabilità. Telethon è stato introdotto in Italia nel 1990 grazie al contributo

Un riconoscimento da Telethon per l’impegno della nostra associazione © Annalisa Del Picchia

della Uildm. Da allora, ogni anno, i suoi volontari animano le piazze italiane per sostenere il lavoro di tanti ricercatori Telethon e per informare sul tema delle malattie genetiche rare. I volontari sono già al lavoro per

sostenere

la

Fondazione

Telethon durante la prossima campagna di raccolta fondi di Natale, non mancate! A.D.P.

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Finestra Aperta - Luglio 2016

Appunti SAPETE DAVVERO COS’È LA VITA INDIPENDENTE? “Vita Indipendente” (con la V e la I maiuscole): cos’è? Nel mondo della disabilità, si tratta di un concetto profondo, risultato di ampi dibattiti, base di una filosofia che molte associazioni e tanti attivisti hanno abbracciato. La Vita Indipendente è la piena liberazione della persona disabile, che ha facoltà di disporre della propria esistenza nonostante i limiti imposti dalla condizione fisica. Ma per tanti che sono giunti a questa felice condizione, ce ne sono altrettanti ben lontani dall’ottenerla. Ma c’è di peggio: sono ancora molte le persone disabili, i loro familiari e le istituzioni che se ne occupano, ad avere un’idea distorta di Vita Indipendente o a non averne affatto, con il risultato che queste persone non avranno mai la possibilità di realizzarsi. Proprio per questo motivo è stato prodotto un opuscolo che spiega in maniera semplice e accattivante questo concetto, dal titolo Vita Indipendente - Miti da Sfatare. Trattasi di una raccolta di luoghi comuni sul tema, che vengono puntualmente rappresentati e sfatati, appunto. A cominciare dal primo, per esempio: Mito: “Vivere in modo indipendente significa essere autosufficiente”. Realtà: “Nessuno è autosufficiente, disabili o non disabili, prima o poi tutti nella vita abbiamo bisogno di aiuto da parte degli altri”. Già, perché il concetto di Vita Indipendente non è legato alla capacità fisica di una persona di provvedere a se stessa, bensì al fatto che questa persona venga dotata di tutti gli strumenti - a cominciare dall’assistenza personale - per poter disporre della propria esistenza. In altre parole, non è necessariamente indipendente chi riesce fisicamente a prepararsi la cena, ma lo è chi, grazie ad una cucina accessibile o al proprio assistente personale, è in condizione di decidere cosa mangiare stasera. Sono nove i miti sfatati nell’opuscolo, ognuno rappresentato da una vignetta, una frase che cita lo stereotipo, un’altra frase che lo confuta, e da un piccolo saggio sul tema. Si va dal rapporto con le istituzioni al ruolo delle case di cura, passando per il rapporto con la famiglia. Il tutto è a cura dell’Enil (European Network on Independent Living), rete di associazioni che si batte per l’autodeterminazione delle persone con disabilità in Europa, e tradotto per il nostro paese da Enil Italia. L’opuscolo è gratuito e liberamente distribuibile, perciò non resta che scaricarlo all’indirizzo www.enil.it/wordpress/wp-content/uploads/ 2016/05/Miti-da-Sfatare.pdf e compiere il primo passo verso una piena consapevolezza e autodeterminazione. Manuel Tartaglia

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Come trovarci La Uildm Lazio onlus Ricordiamo a tutti il numero del centralino della Uildm Lazio onlus: 06 6604881. Il sito web è è presente all’indirizzo www.uildmlazio.org.

Come sostenerci

Q

ui di seguito segnaliamo le coordinate utili per chi volesse

Il settore Asis

sostenere le attività della Uildm Lazio onlus:

All’interno dell’Associazione, il settore denominato “Asis” (Area servizi integrazione sociale) è quello che si occupa di tutti quegli aspetti, esclusi quelli sanitari, legati all’autonomia della persona con disabilità. Di seguito trovate i recapiti dei referenti della Sezione. Massimo Guitarrini, responsabile Asis e referente Volontariato e Servizio Civile, risponde al numero 06 66048886 e all’e-mail massimo.guitarrini@uildmlazio.org. Maura Peppoloni, referente Rapporto con le Istituzioni e Qualità della Vita, è reperibile in sede al numero 06 66048870 e all’e-mail maura.peppoloni@uildmlazio.org. Il Segretariato Sociale (telefono 06 66048880), lo sportello di orientamento al lavoro Quelli della 68 (telefono 06 66048868) e lo sportello di consulenza sulla mobilità UILDMobility (06 66048868) rispondono rispettivamente alle e-mail serviziosociale@uildmlazio.org, sportello68@uildmlazio.org e mobilita@uildmlazio.org. Annalisa Del Picchia, referente del settore Fund Raising, risponde all’e-mail fundraising@uildmlazio.org e al numero 06 6635757.

-

Conto

corrente

postale

37289006, intestato a “Unione Italiana

Lotta

alla

Distrofia

Muscolare - Sezione Laziale onlus Via

Prospero

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Spa

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Filiale

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L’ufficio Comunicazione e immagine L’ufficio Comunicazione e Immagine comprende la redazione di Finestra Aperta e l’ufficio stampa della Uildm Lazio onlus. Si trova al terzo piano della sede dell’Associazione ed è raggiungibile tutti i giorni dalle 9,30 alle 17,00. Telefono: 06 6623225 o 06 66048803. E-mail: comunicazione@uildmlazio.org e finestra.aperta@uildmlazio.org. Serena Malta, direttrice di Finestra Aperta, è sempre disponibile al suo indirizzo di posta elettronica serena.malta@uildmlazio.org. Manuel Tartaglia, caporedattore e grafico, è in sede i lunedì, mercoledì e venerdì.

Su Facebook

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otete trovare la nostra Associazione anche sul popolare so-

cial network digitando le parole “Uildm Lazio”.

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