Per una bibliografia delle opere musicali di Vito Giuseppe Millico

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L’Italia in questo periodo è frammentata in staterelli, quasi tutti sotto l’influenza dei Borboni o degli Asburgo, fatta eccezione per lo Stato Sabaudo (“alleato” con gli inglesi), lo Stato della Chiesa, la Repubblica di Venezia (chiusa nella sua neutrale decadenza) e quella di Genova (schiacciata tra le mire espansionistiche dei Savoia sul Finale e la scomoda dipendenza in politica estera dalla Francia), sostanzialmente gli Asburgo dopo la pace di Aquisgrana avevano conservato il Milanese (diminuito dei territori al di là del Ticino, ceduti ai Savoia), conservavano la Toscana. I Borboni controllavano i Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, e il Regno delle Due Sicilie. Ora proviamo a descrivere cosa avrebbe potuto vedere il Millico durante i suoi molteplici viaggi nella penisola italiana, tramite l’analisi della situazione politica, sociale e culturale delle città e degli stati in cui soggiornò durante la sua carriera come cantante. Il Regno delle Due Sicilie Partiamo, com’è giusto che sia, dal Regno delle Due Sicilie, regno che gli diede i natali e la cui capitale sviluppò e modellò il talento del nostro musico. All’inizio del secolo il regno contava circa 3.000.000 di abitanti (la Sicilia poco meno di 1.000.000), con una densità inferiore agli altri stati italiani (eccetto la Sardegna). Napoli, la capitale, contava poco meno di 300.000 anime (secondo dati del 1742, 292.196 cittadini, oltre 100.000 forestieri, 12.825 rinchiusi nei monasteri, conservatori, collegi e ospizi; e in più le truppe e gli abitanti dei castelli), praticamente la più grande città della penisola, il cuore e il cervello dello stato: sede di governo, residenza della nobiltà, era anche il centro delle industrie e dei traffici, di quel tanto di industrie e di traffici di cui si poteva parlare nel regno (Bari nella stessa epoca contava circa 30.000 abitanti, invece Terlizzi 18.000). Meno di un sesto della popolazione viveva del suo lavoro, la restante parte conduceva una vita di espedienti, gravitava parassitariamente intorno alle classi ricche e abbienti. Le zone più “ricche” del regno erano, oltre che Napoli e Palermo, le feconde terre di Campania, alcuni tratti della costa pugliese;« ma,

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