La Filarmonica è... Nr 70 - Novembre 2022 - Montagne sinfoniche

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Montagne sinfoniche

Il 2022 che si sta per chiudere è stato proclamato dall’ONU, con voto una nime, “Anno internazionale dello sviluppo sostenibile delle montagne”. L’o biettivo dichiarato è quello di aumentare la consapevolezza dell’importan za di proteggere e conservare questi preziosi ecosistemi, indispensabili per il futuro dell’umanità.

Per capire quanto siano indispensabili, tanto per cominciare, alla consape volezza dello splendore del creato basterebbe pensare a cosa sarebbe la vista della nostra pianura, in coda in auto assieme a tanti nostri simili sulla via per Robecco, la mattina, senza la vista splendida della parete Est del Monte Rosa davanti a noi. Per paradosso della nostra percezione limitata, forse, è (anche) quella magnifica concrezione della crosta terrestre fatta di granito, rocce, nevi perenni a definire il nostro essere di pianura; in poche parole, senza una montagna a definirci, senza un lassù, non avremmo co scienza di essere quaggiù

Dal parabrezza incrostato di smog e del ricordo di nebbie d’altri tempi (rigorosamente con la ‘e’ aperta) possiamo ogni mattina percorrere con gli occhi una linea immaginaria che, con buona pace della curvatura terrestre, ci congiunge con un altro universo. Il nostro sguardo assonnato si può posa re su quelle sottili lineo di rosa-bianco splendide, dove vigono altre regole, altre estetiche, altre etiche. Una linea diretta con un mondo altro, un filo in grado di raggiungere altre dimensioni.

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Sinfoniche

Novembre 2022 CONCERTO DI NOVEMBRE Abbiategrasso - Teatro Fiera - Via Ticino, 72 Sabato 19 novembre 2022 - ore 21 N° 70 Ingresso libero LA FILARMONICA È... Informatore musicale del COMPLESSO BANDISTICO LA FILARMONICA LaFilarmonica Abbiategrasso|1846 Concerto di Novembre 2022 Montagne
Anno internazionale dello sviluppo sostenibile della montagna
anniversario di fondazione del Corpo degli Alpini
150°

Questo appuntamento con il tradizionale Concerto di Novembre de La Filarmoni ca rappresenta un po’ la conferma della volontà di voler riprendere una consue tudine che negli ultimi anni le note e tra giche vicende connesse alla crisi sanita ria avevano messo in discussione.

Quanto accaduto in questi anni ha raf forzato, qualora ce ne fosse bisogno, la convinzione della necessità di rinsal dare i rapporti e il legame delle singole realtà presenti sul territorio con la città e con le altre associazioni, condividendo esperienze e sperimentando nuovi modi di fare rete.

Le esperienze vissute e le difficoltà con le quali ci siamo dovuti confrontare quoti dianamente ci hanno obbligato a riflettere sulla necessità di guardare oltre i con fini entro i quali, per comodità, pigrizia e timore, eravamo abituati a muoverci.

Per quanto riguarda La Filarmonica, devo riconoscere che il profondo spirito di appartenenza che da sempre caratte rizza il rapporto dei nostri bandisti con l’associazione, il lavoro encomiabile por tato avanti, pur tra molteplici difficoltà, dal maestro Dario Garegnani e dai suoi più diretti collaboratori, l’impegno co stante di tutti gli associati nei vari ambiti (banda, Junior Band, Big Band, scuola C. Abriani, gestione dell’informazione sia verso l’interno che verso l’esterno) ci hanno consentito di superare questa situazione limitando i danni.

Questo però non ci basta: sappiamo di avere la responsabilità di mantenere alto il nome della Filarmonica, sappiamo di dover sempre cercare di dare il massimo delle nostre possibilità e capacità e siamo orgogliosi di questo; il nostro obiet

tivo è di offrire sempre un prodotto di qualità, frutto della nostra passione per la musica suonata insieme.

Un altro campo direttamente collegato al precedente è rappresentato dalla no stra scuola di musica Corrado Abriani, sulla cui organizzazione siamo interve nuti individuando nelle persone dei ma estri Luca Ragona e Roberto Ramaioli i responsabili dell’attività didattica, rive dendo parzialmente i percorsi didattici e individuando momenti di presentazione dell’attività alla cittadinanza.

In quest’ottica, nello scorso mese di ot tobre, abbiamo organizzato una giornata di scuola aperta in Piazza Marconi du rante la quale alcuni insegnanti hanno svolto delle lezioni in pubblico, alternando poi esibizioni di gruppi di insegnanti, allievi e bandisti, e hanno fornito spiega zioni e risposto alle numerose richieste di informazioni dei passanti.

Momenti di condivisione con la città dei progetti e delle attività che, a mio avvi so, dovrebbero diventare una costante proprio perché l’attività della Filarmonica continui a essere e diventi sempre più patrimonio comune.

Anche se può sembrare utopistico, La Filarmonica c’è, ci crede e, per quanto le compete, si impegna e si impegnerà per realizzarlo. Aspettiamo segnali di di sponibilità da altri che vorranno essere protagonisti insieme a noi..

Filarmonica” di Abbiategrasso

Filarmonica
dal 1846
Un legame fondamentale e in costante evoluzione con la città
La
e Abbiategrasso,
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STAGIONATURA E COMMERCIO FORMAGGI

Alpina Fanfare Franco Cesarini

Appalachian Overture James Barnes

LA FILARMONICA È...

Informatore musicale del Complesso Bandistico La Filarmonica

REDAZIONE

Chiara Magistrelli, Paola Magnaghi, Paolo Bassi, Andrea Capelli, Sara Carnaghi, Giuseppe Comincini, Edoardo Grittini, Damiano Lazzarin, Gianni Milanese, Gianni Rainoldi

EDITING E IMPAGINAZIONE

Andrea Capelli

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

Alessandro Bagnaschi, Dario Garegnani

CONTATTI REDAZIONE E PUBBLICITÀ

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Il programma Concerto di Novembre 2022 - Montagne Sinfoniche - 3 -
delle Cime Bepi De
(elaborazione sinfonica
n. 5 - Adagietto
Peer Gynt - Suite n. 1 Il mattino Nell’antro del Re della Montagna Edward Grieg Direttore: Dario Garegnani
Signore
Marzi
Creux) The Wilderness Rossano Galante Sinfonia
Gustav Mahler Man in the Ice Otto Schwarz

Alpina Fanfare

Franco Cesarini

Di Franco Cesarini, compositore svizzero contemporaneo (è nato a Bellinzona nel 1961), abbiamo imparato ad apprezzare la pulizia e la chiarezza compositiva. Questo brano, che si adatta perfettamente all’apertura o alla chiusura di un concerto, è stato composto per il famoso diret tore Kurt Brogli e la sua Swiss Los Band. A un inizio e una fine incentrati su suoni che ricordano i corni svizzeri fa da contrasto una sezione centrale più solenne e serena.

A cura di Paola Magnaghi

Appalachian Overture

James Barnes

Lasciamo che a presentare questo brano sia l’autore stesso. «Nel 1983 il compositore/direttore Claude Smith mi invitò a scri vere un pezzo per celebrare il 25° anniversario della Wingert and Jones Music Co. di Kansas City, ovvero l’editore dei suoi primi lavori, nonché uno dei più grandi degli Stati Uniti centrali. Declinai, inizialmente, perché non riuscivo a inserire altri impe gni nel mio calendario, ma concordammo di prendere uno dei lavori che stavo scrivendo per la banda di una high school del North Carolina. Il risultato fu Appalachian Overture L’ouverture, che segue la forma A-B-A, è basata principalmen te su materiale originale, mentre la melodia centrale è una reminiscenza di melodie tipiche del Sud Est degli Stati Uniti, dove si trovano i monti Appalachi. È un lavoro che esprime pro fonda eccitazione e grande energia, con la sezione centrale più lenta che consente all’ascoltatore un momento di calma prima della ripresa e della coda drammatica, in cui il primo e il secon do tema si sovrappongono in contrappunto. Il finale si chiude in un lampo di suono brillante e colore strumentale.»

Signore delle cime

Bepi De Marzi (elaborazione sinfonica di Fulvio Creux)

Brano notissimo che non ha bisogno di presentazione, Signore è un canto e una preghiera composto dal vicentino Bepi De Marzi nel 1958 in memoria di un amico vittima di una slavina durante una scalata in montagna.

Signore delle cime

Un nostro amico hai chiesto alla montagna

Ma ti preghiamo

Ma ti preghiamo

Su nel paradiso

Su nel paradiso

Lascialo andare

Per le tue montagne

Santa Maria Signora della neve Coprì col bianco soffice mantello

Il nostro amico, nostro fratello Su nel paradiso Su nel paradiso Lascialo andare Per le tue montagne

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Concerto di Novembre 2022 - Guida all’ascolto
Un quartetto di corno alpino, anche noto come corno svizzero (CC BY-SA 4.0) Il verdeggiante paesaggio dei Monti Appalachi (CC BY 2.0 - Nicholas A. Tonelli)

The Wilderness

Rossano Galante

Rossano Galante, no nostante il nome italia nissimo, è nato a Buf falo (New York, USA) nel 1967. Dopo gli studi di tromba si è dedicato all’apprendimento delle tecniche di musiche per film, studiando con Jerry Goldsmith. Trasferitosi in California, ha cominciato a esercitare come compositore per l’industria cinematografica, lavorando come orchestratore per film come Die Hard, Final Destination, Wolverine e molti altri. The Wilderness (vedi articolo a pag. 10), il cui titolo sta a indica re la natura selvaggia, è un viaggio musicale in un certo senso oscuro, che cattura e illustra la bellezza, ma anche le asperità, di una fredda foresta di montagna coperta di neve. Il tema prin cipale, illustrato dai fiati, riporta alla mente la sensazione di solitudine data dalla vastità del paesaggio. Questo tema è interrot to dal ritmo ostinato e dissonante degli ottoni, molto impressivo. Dopo che l’orchestra ha ripreso e ripetuto il tema principale, si passa a uno più lirico e melanconico che rappresenta la foresta di notte, quando diventa ancora più scura e solitaria. Il brano continua con un veloce e drammatico tema che restituisce un senso di pericolo, e il pezzo si chiude con l’organico al comple to che riprende il materiale del tema di apertura.

Sinfonia n. 5 - Adagietto

Conosciuto nella sua epoca più come direttore d’orchestra che come compositore, Gustav Mahler era figlio di un modesto commerciante ebreo e, nonostante le ristrettezze dell’infanzia (che lasciarono un segno visibile nel suo carattere), si avvicinò presto agli studi musicali, che portò a termine nel 1878 pres so il conservatorio di Vienna. Nel 1880 iniziò la carriera come direttore d’orchestra al teatro d’opera di Bad Hall e nel 1897 venne nominato direttore dell’Opera di Vienna, ove rimase per dieci anni portando il teatro a uno splendore sconosciuto prima di allora, sia per la qualità delle esecuzioni che per le scelte coraggiose e innovative dei programmi. Il periodo viennese di Mahler, in cui ebbe l’importanza che negli

stessi anni Arturo Toscanini aveva in Italia, registrò anche il suo matrimonio, nel 1902, con la giovanissima Alma Schindler. Infastidito dai contrasti sorti nell’Opera di Vienna e con la stam pa, nel 1907 accettò un invito dal Metropolitan di New York dove assunse anche la direzione della Philarmonic Society. Rientrato in Europa nel 1911, morì a Vienna il 18 maggio a cau sa di un male incurabile. La Sinfonia n. 5 risale proprio al periodo viennese; in essa Mah ler decise di tagliare i suoi legami con il mondo liederistico e con la voce umana, fino a quel momento quasi sempre pre sente nelle sue composizioni, per concentrarsi su una musica puramente orchestrale. La sua genesi è interessante: nel 1901, reduce da una grave e dolorosa emorragia interna, Mahler ac quistò una villa a Maiernigg sulle rive del Wörthersee nella quale trascorse l’estate. In quell’ambiente nacquero alcuni lavori che celebravano il trionfo dell’uomo sul dolore e sulla morte e in particolare il primo movimento della Quinta, che con il suo carattere funebre risente chiaramente dell’angoscia provata da Mahler per aver sfiorato la morte.

casa di Mahler a Maiernigg am Wörthersee

La Quinta si rivelò la sua creazione più difficile e l’evoluzio ne della sua tecnica di orchestrazione, oltre al suo bisogno di esprimere chiarezza, lo portarono a ritoccarla per tutto il resto della vita presentando l’ultima revisione nel 1910. L’organico strumentale della sinfonia, della durata superiore a un’ora, è decisamente corposo; anche per questo, oltre che per la varietà e la ricchezza di idee musicali, la Quinta è un’opera imponente che si inserisce, potenziandone la struttura e il di scorso orchestrale, nella grande tradizione sinfonica tedesca. Essa è divisa in tre parti: la prima è costituita dai primi due movimenti, la seconda dallo Scherzo, la terza dagli ultimi due

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La

movimenti. Il tema scandito in modo persistente dalla tromba, che funge da leitmotiv, descrive il tono cupo e drammatico del la marcia funebre. La frase della tromba è di sicuro una remi niscenza delle musiche militari ascoltate da bambino, quando viveva in una cittadina di frontiera in Moravia. La musica sale di tensione, fino a toccare punte drammatiche; l’orchestra aumenta nel suo fitto gioco strumentale, che sfocia in un corale de gli ottoni maestoso e luminoso, che verrà rielaborato nel Ron dò conclusivo. Qui la disperazione, in un certo senso, si placa e va a scemare in sonorità più delicate, fino a che un colpo quasi impercettibile dei timpani pone fine all’Allegro Lo Scherzo presenta la ritmica di un tipico Ländler austriaco, cui fa seguito un agile contrappunto tra la cornetta e i primi vio lini. Il Trio centrale è caratterizzato da un nostalgico assolo di corno sul cui tema si innesta un elegante e spigliato motivo di valzer, prima di ritornare al clima festoso iniziale, concepito in forma di variazione su un’intelaiatura sinfonica densa e succo sa, espressione del tormento compositivo del musicista. L’Adagietto, proposto durante questo concerto, rappresenta un momento distensivo e contemplativo della sinfonia, grazie alla grande sensibilità di Mahler. È una celebre pagina in forma di Lied (A-B-A), il cui seme melodico troverà ancora risonanza nei Kindertotenlieder. Un romanticismo struggente si esprime tramite un interessante passaggio di modulazioni con accor di e impasti armonici che ricordano il rivoluzionario Tristano di Wagner. Il Rondò immediatamente successivo fa da contrasto, con la sua brillantezza, alla velleità introspettiva dell’Adagietto Lo sviluppo del Rondò è contrassegnato da una fuga molto animata e vivace, di impronta classicheggiante: più volte Mahler rievoca in forma di variazione il tema cantabile dell’Adagietto e termina la sinfonia con un taglio contrappuntistico e corale di possente respiro.

Secondo alcuni musicologi in questo finale si riconoscono varie presenze: da Haydn a Mozart, fino a Beethoven e ai Maestri cantori di Wagner. Ciò nonostante, si tratta di un’opera pienamente mahleriana. Come ha scritto Bruno Walter, infatti, la Sinfonia n. 5 «è fatta di musica appassionata, selvaggia, piena di pathos, briosa, solenne, delicata e piena di tutte le sensazioni dell’anima umana». Non per niente essa è stata paragonata al romanzo-fiume di stile proustiano, dove realtà e immaginazione si fondono in un modello sintattico ed estetico in un continuo sviluppo e cambiamento di situazioni psicologiche. Il rapporto di Mahler con la montagna era molto intimo: frequenti furono le sue frequentazioni a Dobbiaco, in Italia, dove si recò per la prima volta nel 1897, e dove tornò poi anche per ristorare

l’animo dalle tragedie che occorsero durante la sua vita, come la morte della figlia Maria a soli 4 anni. Intraprese lunghe passeggiate nel centro del paese e a Santa Maria, fece gite nei dintorni e accolse numerosi ospiti, tra cui Richard Strauss e consorte con i quali cenò al Grand Hotel.

Amante delle passeggiate nella natura, ma anche nei paesi vicini, nella sua casetta in legno in mezzo al bosco compose alcuni dei suoi ultimi capolavori, come Das Lied von der Erde (Il canto della Terra, 1908), la Sinfonia n. 9 (1909) e l’incompiuta Sinfonia n. 10 (1910).

Man in the Ice Otto Schwarz

Nato a Neunkirchen nel 1967, Schwarz compie i suoi studi di tromba a Vienna, dove incomincia anche a comporre. Autore di una sterminata produzione di musica per fiati, jingle pubblicitari e co lonne sonore per la televisione austria ca, ha anche fondato un proprio studio di registrazione nel 1992.

Man in the Ice, una delle sue composi zioni più celebri, è un esempio di musi ca programmatica; è stata infatti com posta per fare da accompagnamento musicale a un documentario di Kurt Mündel, documentarista austriaco, prodotto e diffuso per raccontare la vita dell’uomo di Similaun, Come è noto, infatti, nel settembre del 1991 fu ri trovato sul ghiacciaio del Similaun il corpo mummificato e ben conservato di un uomo vissuto circa 5300 anni prima, chiamato familiarmente Ötzi. Accompagnati dalle note di Schwarz, esattamente come da una colonna sonora, seguiamo Ötzi e gettia mo uno sguardo sulla sua vita.

Ötzi in una ricostruzione (Melotzi, CC BY-SA 4.0)

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Il Grand Hotel Dobbiaco dopo il restauro degli anni 2000 (Llorenzi, CC BY-SA 3.0)

Peer Gynt

Il mattino - Nell’antro del Re della Montagna

Edvard Grieg

Peer Gynt è l’opera teatrale più famosa del commediografo norvegese Henrik Ibsen. Su richiesta dello stesso scrittore, Edvard Grieg ne trasse nel 1876 una suite di musiche di scena. L’opera narra le avventure di un giovane scapestrato, Peer Gynt appunto, che trascura famiglia e affetti per vivere continuamente nuove emozioni e nuove esperienze, macchiandosi inoltre di colpe che lo portano sempre più lontano dagli altri e da sé stesso. In un monologo, il protagonista paragona la vita a una ci polla: come essa è fatta di tanti strati che non racchiudono nulla, e proprio per questo rappresentano l’essenza della cipolla stessa, così la vita altro non è che l’insieme di quei momenti, mai veramente vissuti e subito dimenticati, che in realtà danno senso all’esistenza intera.

Il mattino

In uno dei tanti viaggi, Peer Gynt si ritrova in Marocco, ove assiste all’alba africana e al risveglio prepotente della natura. Musicalmente Grieg rende questo fenomeno na turale con un delicato ma deciso crescendo, mentre i legni descrivono colori e suoni dell’ambiente africano.

Nell’antro del Re della Montagna

Peer Gynt si trova in Norvegia e la notte è vicina: si addentra in una caverna dalla quale si inoltra nelle profondità della terra, ove scorge una bellissima fanciulla, la figlia del Re della Montagna, scortata da due mostruose creature. Colpito e innamorato, la segue fino alle caverne dei Troll, che lo conducono dal loro re, al quale chiede la mano della fanciulla. Questo scatena l’ira dei Troll, che vorrebbero distruggerlo. A salvarlo saranno le campane, il cui eco disperde i Troll.

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Peer Gynt incontra il Re della Montagna al lago Gålåvatnet (Arne Hærnes, Peer Gynt AS, CC BY 2.5)

Montagne sinfoniche

Editoriale del Maestro Dario Garegnani

Il 2022 che si sta per chiudere è stato proclamato dall’ONU, con voto unanime, “Anno internazionale dello sviluppo so stenibile delle montagne”. L’obiettivo di chiarato è quello di aumentare la consa pevolezza dell’importanza di proteggere e conservare questi preziosi ecosistemi, indispensabili per il futuro dell’umanità. Per capire quanto siano indispensabili, tanto per cominciare, alla consapevolez za dello splendore del creato basterebbe pensare a cosa sarebbe la vista della no stra pianura, in coda in auto assieme a tanti nostri simili sulla via per Robecco, la mattina, senza la vista splendida della parete Est del Monte Rosa davanti a noi. Per paradosso della nostra percezione li mitata, forse, è (anche) quella magnifica concrezione della crosta terrestre fatta di granito, rocce, nevi perenni a definire il nostro essere di pianura; in poche parole, senza una mon tagna a definirci, senza un lassù, non avremmo co scienza di essere quaggiù Dal parabrez za incrostato di smog e del ri cordo di nebbie d’altri tempi (ri gorosamente con la ‘e’ aperta) pos siamo ogni mattina percorrere con gli occhi una linea immaginaria che, con buona pace della curvatura terrestre, ci congiunge con un altro universo. Il no stro sguardo assonnato si può posare su quelle sottili lineo di rosa-bianco splendide, dove vigono altre regole, altre esteti che, altre etiche. Una linea diretta con un mondo altro, un filo in grado di raggiun gere altre dimensioni.

Lassù non vale granché il nostro crear ci problemi; a ben vedere, nemmeno la nostra vita lassù vale qualcosa, perché il mondo delle montagne è fatto di eternità e allo stesso tempo di eterno ricambio. Il nostro programma di questa sera vuo le essere un omaggio sinfonico a questo mondo diverso, attraverso alcune pagine di autori che hanno avuto rapporto privi

legiato, biografico o semplicemente un debito di ispirazione con la montagna. Sentiremo risuonare fanfare gloriose, adatte allo splendore solenne delle Alpi, nelle pagine di Cesarini; ne troveremo il riverbero in quelle di Barnes, a descrive re gli spazi estesi degli Appalachi ame ricani, nel suono tutto nordamericano della sua ouverture. Rivivremo insieme lo sciogliersi di nevi perenni nel racconto cinematografico del ritrovamento di Ötzi, il nostro antenato cacciatore rinvenuto negli anni Novanta tra i ghiacci al confine tra Austria e Italia, nel racconto musicale di Schwartz. Con The Wilderness dell’i talo-americano Rossano Galante rende remo omaggio alla forza primordiale di questo universo.

Al centro del nostro programma, ambi ziosamente, l’Adagietto della V sinfonia di Gustav Mahler. Nello splendore incontaminato della sua musica si trova, spes so, il suo sguar do rivolto verso le montagne di Dobbiaco; nella piccola casetta di legno che Mahler aveva voluto per sé e il suo lavoro solitario sono sta te scritte le pagi ne più potenti, in time e vere che la musica dell’Occi dente abbia ricevuto in dono. L’Adagietto è una di queste. Quelle di Grieg saranno invece montagne sospese tra le luci del mattino e le ombre fantastiche dell’antro del Re della Montagna

Ci perdoneranno, le montagne, se non possiamo descriverne, coi nostri mezzi, l’aspetto migliore e più extraterrestre tra tutto ciò che le caratterizza: per raggiun gere il loro magnifico silenzio, inizio e fine di ogni avventura, grembo accogliente e termine medicamentoso di ogni disagio e ogni cattivo pensiero, dovremo accon tentarci della nostra fatica, del nostro fia to spezzato e dei nostri piedi stanchi.

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La musica popolare di montagna

La musica popolare è generalmente mu sica che nei secoli si è trasmessa oral mente, non attraverso la notazione scritta ma utilizzando l’esecuzione, a orecchio. È la musica del la popolazione meno colta, che viveva in ambien ti rurali, spesso appunto di mon tagna, e accom pagnava uomini e donne nel ciclo delle stagioni e nella vita quoti diana: il lavoro, i mestieri agricoli, l’emigrazione, la guerra. Rappre sentava anche i sentimenti, le gioie, i dolori, gli amori e la speranza di una vita migliore. Infatti, quando si can tava nelle osterie, nei maggenghi, nelle contrade, il cuore si scaldava e si poteva finalmente sognare.

Ma la musica in montagna era anche ap partenenza culturale, da tramandare alle prossime generazioni: ogni valle aveva una propria identità, distinta da quelle vicine, riconoscibile anche da sfumature dialettali e di abbigliamento.

Nella nostra attuale civiltà tutto questo è ormai sparito, ma se pensiamo che per secoli il canto popolare è stato un mera viglioso sistema di comunicazione di va lori, di idee, di educazione, dobbiamo dedurre che i nostri avi erano riusciti a dare vita ad una sorta di internet ante litteram. Il canto popolare era infatti anche una sorta di sistema di educazione: molti temi

erano ricorrenti. Si parlava per esempio di lupi e animali feroci, di pastorelle, stra nieri, ecc. In questo modo si insegnava alle ragazze a diffidare degli sconosciuti

profittare delle situazioni, a comportarsi con galanteria, a essere fedeli negli affet ti e alla famiglia.

Le canzoni popolari alpine assorbono molto dall’ambiente che le circonda. La linea melodica delle canzoni popolari aderisce agli aspetti e al profilo del pae saggio. Una stessa canzone può mutare per impercettibili sfumature da un luogo a un altro, come avviene per gli accenti e i dialetti d’ogni paese.

e a stare in guardia con gli animali feroci (la pastorizia era molto diffusa), mentre ai ragazzi si insegnava a prestare aiuto agli altri in caso di necessità, a non ap

Le note lunghe esprimono l’ampiezza delle valli, il desiderio di vivere in questi grandi spazi. Le note acute, gutturali, dei gridi dei montanari ci riportano alla men te le alte cime, le guglie rocciose. Infine, non possiamo non cogliere in tutti i canti una specie di velo malinconico, che rappresenta la solitudine della montagna e la consapevolezza di una vita dura, con pause prolungate dove ci sembra di poter sentire il silenzio, l’armo nia della natura, alternate a mo menti di sonorità impetuosa, che ci ricordano il ru more dei ruscelli e delle cascate, il vento che fa stor mire le fronde de gli alberi, tramon ti spettacolari. In ogni caso, e per fortuna, ancora oggi questi canti riescono a com muoverci toccando le nostre più profon de corde del cuore, eredità atavica di chi ci ha preceduto.

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Gianni Milanese

I padri pellegrini, dopo essere sbarcati a Cape Cod l’11 novembre 1620, non tro varono un posto ospitale, bensì vennero catapultati in una natura selvaggia, ovve ro la wilderness, inesplorata, sconosciuta e inospitale.

L’America precolombiana veniva descrit ta dagli studiosi del XIX secolo come un Eden, scarsamente popolato da nativi che vivevano a contatto con la natura, quasi come se facessero parte di essa. Questo mito della natura incontaminata pervade molta della letteratura statu nitense dell’Ottocento, basti pensare a

qualsiasi scritto di Henry David Thoreau, il quale in Walden descrive la natura come selvaggia e sconfinata. L’intento di questo autore, come del resto quello degli autori americani e canadesi del me desimo periodo, era quello di spiegare lo scambio tra inner e outer landscape, ovvero la relazione tra il “panorama emo zionale” dell’essere umano e la natura con cui andava a scontrarsi. Questa corrente letteraria fu inevitabil mente influenzata dalla nuova teoria del sublime esposta nel 1757 dal britannico Edmund Burke, il quale affermava che lo stupore, causato in natura dalla vista del grande e del sublime, è lo “stato dell’ani ma in cui tutti i movimenti sono sospesi e in cui la mente è talmente piena da ciò a cui sta assistendo da non poter apprezzare nient’altro e nemmeno ragionare su

ciò che sta vedendo”. Burke per sublime intendeva proprio “ciò che c’è al limite”, o più letteralmente “ciò che c’è sotto la soglia più alta”, poiché questo termine deriva dalla parola latina sublimis, composta da sub- e limen, ri spettivamente “sotto” e “soglia”. Provia mo il sentimento del sublime quando ci troviamo di fronte a quegli elementi della natura che sono esponenzialmente più grandi di noi uomini, come per esempio le montagne, i ghiacciai o i vulcani, che producono un senso di fascinazione ten dente al timore e alla paura nell’osserva tore, tant’è che esso si sente tanto rapito e impaurito dalla visione di questi scenari naturali da non essere più in grado di ap prezzare altro. Possiamo ipotizzare che sia stato proprio il sublime il sentimento che provarono i padri pellegrini appena

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Sara Carnaghi
La wilderness americana
Il mito della natura selvaggia nell’America dell’Ottocento Il dipinto Twilight in the Wilderness (Crepuscolo nella natura selvaggia) di Frederic Edwin Church (1860) La copertina di Walden di Henry David Thoreau

sbarcati a Plymouth nel vedere questo paesaggio del tutto nuovo.

In America il pensiero di Burke si diffuse assieme al pensiero del filosofo Ralph Waldo Emerson, il quale teorizzò una visione religiosa della natura in cui l’impronta divina era visibile in tutte le cose, ma ciò poteva essere colto solo dall’os servatore attento. Emerson considerava i paesaggi americani come il luogo pri vilegiato in cui scorgere il divino in terra. Così l’America, appena uscita dalla guer ra di secessione, trovò nella wilderness un motivo di identità nazionale che venne presto rappresentato in arte, in letteratu ra e in musica.

Un esempio di wilderness in musica è il brano di Rossano Galante intitolato pro prio The Wilderness, presente nel pro gramma di questo Concerto di Novembre. Questo brano è un viaggio che cattura la bellezza e l’asprezza di una fredda fo

resta innevata tra le montagne. Il tema principale, suonato dai legni, tramanda la vastità del paesaggio, che presto viene interrotta dalla dissonanza degli ottoni. In seguito il brano passa a un tema lirico e malinconico, che sta a rappresentare la wilderness di notte, quando tutto è buio e solitario. Si prosegue quindi con un tema veloce e drammatico che cattura il senso di pericolo creato dagli abitanti della foresta. Il brano, infine, si conclude con una totale ripresa del tema principale di apertura.

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Il quadro Rocky Mountain Landscape (Paesaggio delle Montagne Rocciose) di Albert Bierstadt (1870)

Montagne di musica

Non deve stupire che mare e montagna siano i due ambienti naturali che più han no suggestionato la fantasia e stimolato l’estro dei compositori, intesi come quelli di musica classica, anche se nel corso dell’articolo verrà spontaneo riferire di espressioni tradizionali e canti alpini po polari che nulla hanno da invidiare alla musica cosiddetta “colta”.

Le prime espressioni musicali riferibili all’ambiente montano possono essere datate intorno al XVI/XVII secolo, pre cisamente con le suggestive melodie prodotte dall’alphorn (il lungo corno di legno, sino a quattro metri, con il quale pasto ri e valligiani lanciavano sem plici richiami alpestri), le prime composizioni non scritte riso nanti, fra densi echi, nelle ampie vallate montane.

Altra manifestazione popolare assai antica è lo jodel, una tipi ca espressione canora, partico larmente praticata dalle popola zioni di lingua tedesca, ancora oggi in voga nelle feste e nelle sagre paesane, accompagnata dal ritmato batter dei piedi sul tavolato. Nel ‘700 e più ancora nell’800 si afferma il lied, la poesia in musica, composizione classica in genere per voce maschile o femminile e accompagnamento di piano forte. Il genere ha un gradimento esplosi vo e in breve la letteratura diviene assai ponderosa: poeti, uomini di lettere e mu sicisti si trovano riuniti in una produzione che trova ben presto nel mondo alpestre stimoli di grande suggestione espres siva. Tanto per fare qualche nome, fra i “parolieri” di possono citare Goethe, Sch

legel, Scribe, Kerner, Lenau, mentre fra i musicisti c’è l’imbarazzo della scelta: Richard Strauss, Mahler, Dvorak, Scho eck (autore di oltre quattrocento brani), Schubert… il gotha dell’armonia risulta ben rappresentato insieme a tanti altri. L’ambiente montano suggerisce spesso momenti di grande delicatezza o di inten sa partecipazione, sottolineati dal lirismo del verso e dall’impareggiabile sugge stione sonora cui la voce, il più perfet to degli strumenti, dà intensa passione.

mente impressi nel suo cuore visionario. Mendelssohn fu poi il primo vero “mon tanaro” che scrisse della montagna, in particolare nelle sinfonie giovanili per ar chi, in cui accennava richiami forse uditi nel corso dei numerosi viaggi in Svizze ra, e nel Coro Maschile Op. 59 in cui si celebra la “Valle della Quiete”, un deside rio agognato forse mai realizzato.

Berlioz, nel suo Aroldo in Italia, tratteg gia in più episodi il protagonista byronia no che compie un viaggio in Abruzzo. Lo vediamo in azione tra le mon tagne, al tempo praticamente sconosciute, poi lo vediamo in crociare una colonna di pelle grini, probabilmente in marcia verso qualche santuario, quindi assiste ad una Serenata di un montanaro abruzzese alla sua innamorata; avventura, misticismo, tradizione, le componenti del più genuino Romanticismo ci sono tutte e il maestro france se, con la sua tavolozza di suo ni rutilanti, ne è indubbiamente uno dei profeti.

Ma qualcosa di più impetuoso ruggiva nei petti investiti dall’ondata travolgente di Romanticismo: neppure Beethoven, così allergico ai richiami della moda, ne rimase esente; la sua Sinfonia n° 6 Op. 68, detta Pastorale, più che alla monta gna, è un’ode alla natura, ma è talmen te pregna di richiami agresti che risulta impossibile non citarla, anche perché l’autore, nelle sue passeggiate solitarie, alzava sovente gli occhi e accarezzava con lo sguardo quei monti che non avrebbe mai calcato, ma che erano profonda

Ancora Byron, con il Manfred, offre a Čajkovskij l’ispirazione per un poema sinfonico (Sinfonia Manfred in si minore, Op. 58) che, nei suoi quadri, è un continuo richiamo all’atmosfera mon tana. Il musicista russo, memore an ch’esso dei trascorsi svizzeri, all’epoca tanto di moda, disegna un percorso di dascalico che trova puntuale riferimento nei titoli della partitura: Vagabondaggio inquieto nella Alpi, Vita semplice, libera e pacifica dei montanari, Manfred e la fata delle Alpi, un racconto che, arricchito da grande saggezza orchestrale, richiama

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Gianni Rainoldi

in modo seducente motivi alpini. L’800, il secolo dei grandi amori e delle grandi passioni, è stato indubbiamente quello che ha portato tormentosamente il maggior contributo al connubio musica montagna; i quadri forti, la libertà degli spazi, i silenzi e +le tempeste selvagge, le albe gelide e i tramonti folgoranti, il sole cocente e la soffice, candida neve, i furiosi torrenti e lo scorrere dolce dei ru scelli, la violenza delle valanghe: questi gli ingredienti principali e l’uomo, lanciato alla scoperta di nuovi scenari e temerarie avventure, ne risulta più che mai attratto. E così Liszt, uno dei geni della musica descrittiva, in particolare nei brani piani stici più che in quelli sinfonici, porta anch’egli il proprio con tributo; nel primo degli Annèes de Pèlerinage “Suisse” (di nuo vo troviamo la Svizzera come musa ispiratrice) ci offre una serie di immagini delicate, all’in terno delle quali l’espressività del pianoforte, utilizzato da una mano talentuosa, scava come un bulino sino a formare modelli talvolta più incantevoli di quelli reali. Il musicista è un escursio nista attento, non un cammina tore frettoloso, si ferma, ascolta, contempla, schizza, annota e poi, seduto alla tastiera del suo magico strumento, di sette note fa una tavolozza caleidoscopica dalla quale emergono a sbalzo laghi, gole, brillar di pleniluni, gor gogliar d’acque, attoniti silenzi; mai nes suno era arrivato a tanto.

Il belga Franck nel 1846 scrisse Ce qu’on entend sur la montagne, un poe ma sinfonico poco noto e poco eseguito ma importante ai fini di questa rassegna. L’autore, infatti, si pone nei panni di uno di noi che vive, con la sua sensibilità, la sua giornata negli spazi montani, cercan

do di riportarne sensazioni non superfi ciali. Dello stesso musicista ricordiamo il superbo Oratorio Les Bèatitudes che ha per filo conduttore “Il discorso della Mon tagna” a conferma che altitudine e Divini tà coesistono da sempre nell’immaginario collettivo.

I tedeschi Brahms e Wagner e gli au striaci Bruckner e Mahler formano un blocco che trae grandi ispirazioni dall’am biente naturale in generale, con preziosi accenti per quanto attiene le meraviglie montane: per Brahms si pensi al Trio Op. 40 in cui il corno gioca un ruolo d’eccel lenza, per Wagner al Mormorio della fo resta, per Bruckner al Trio della Quinta e

Debussy terminava il celeberrimo poe ma sinfonico La mer, a conferma di come mare e montagna appaiano ambienti d’e lezione.

dell’Ottava sinfonia, per Mahler – appas sionato frequentatore di montagna, che amava soggiornare a Dobbiaco – valga quella summa espressiva che è la mo numentale Terza sinfonia, una grande epopea dell’ambiente che più aveva sug gestionato il musicista.

Vincent D’Indy scrisse nel 1905 un gran de lavoro in tre tempi intitolato Jour d’etè a la montagne, una composizione im pressionista che prende in prestito, come spesso avviene nei lavori a programma, temi popolari; proprio nello stesso anno

Eine Alpen Sinfonie Op. 64 di Richard Strauss (vedi articolo a pag 14), il più sublime poema sinfonico dedicato alla montagna, chiude questa breve rasse gna che si propone di suscitare interesse nelle persone che della montagna hanno fatto la passione di una vita. La Sinfonia delle Alpi è, come la Divina Commedia, espressione massima del suo genere, sia da un punto di vista espressivo, sia per la capacità tecnica di rendere udibili le sensazioni che l’autore racchiude nella mente e nel cuore. Poco apprez zata dalla critica e stranamente snobbata dallo stesso Strauss, la composizione realizza inve ce tutto quanto si prefigge al massimo grado; dalle montagne hanno tratto impressioni i pittori, gli scrittori, i poeti, questa è la ri sposta che la musica consegna alla sensibilità umana. Pur non mancando i momenti di prezio so intimismo, sono i grandi scenari a prevalere e, fra tutti, quel temporale che richiama accenti biblici di inaudita violenza, l’autentico scatenarsi della natura, come ben conosce chi abbia vissuto, sperando al riparo, la virulenza degli ele menti e contemporaneamente lo stridore del vento che si espande nei solchi val livi.

In conclusione, non si può non accen nare ai cori, alpini e non, che cantano la montagna nelle forme più varie con gran de passione emotiva, raccogliendo ovun que reale coinvolgimento e nobilitando la musica popolare.

Fonte: “Quadri di un’esposizione, la montagna in musi ca” di Giuliano Pierallini

- 13Via Carlo Cattaneo, 32 - Abbiategrasso Aperti dalle 20.00 alle 2.00 Chiusi mercoledì Abbiategrasso Viale Mazzini, 46 Tel: 02 94 966539 Produzione propria di prodotti da forno dal 1965 Chiusi il lunedì pomeriggio

La Sinfonia delle Alpi di Richard Strauss

Nonostante la Sinfonia delle Alpi (Al pensinfonie, composta tra il 1911 e il 1915, a circa otto, nove anni di distanza dall’ultimo dei suoi nove poemi sinfonici: da Aus Italien del 1887 alla Symphonia Domestica del 1904) sia una delle più belle composizioni musicali in generale e di Richard Strauss in particolare, risulta in realtà poco conosciuta. Strauss non sarà stato un grande innovatore nella scrittura musicale (anche se quest’affermazione non gli rende giustizia) e rimase sempre legato all’armonia, ma è stata forse una fortuna visto che ne sono scaturiti lavori come quello qui trattato. Inizialmente il suo stile era molto vicino a quello roman tico di Brahms e Schumann, ma in segui to Strauss sviluppò il suo inconfondibile linguaggio e questa sinfonia è rappre sentativa di quest’ultimo periodo.

L’amore per la montagna è un tratto distintivo di tutta l’esistenza di Strauss, il quale sin dalla giovane età rimase pro fondamente affascinato e ispirato dalla diversità della flora e fauna delle monta gne, dalle loro maestose dimensioni e dai panorami che gli offrivano; è forse proprio qui che è possibile ritrovare l’influenza e la chiave del successo del mondo alpino all’interno della sua musica; inoltre, vale la pena di ricordarlo, trascorse i suoi ulti mi anni di vita proprio sulle Alpi, a Garmi sch-Partenkirchen.

L’opera, definita poema sinfonico piutto sto che sinfonia, è molto descrittiva; rac conta un’intera escursione in montagna dall’alba al tramonto, soffermandosi su tutti i momenti più importanti. Questa indi cazione è sorprendentemente superflua: la capacità descrittiva della sinfonia è tale che ci si accorge facilmente di “dove

si sta passando”. Per raggiungere questo risultato Strauss è ricorso a un organico di più di centoventi musicisti: la Sinfonia delle Alpi richiede l’orchestra più grande rispetto a ogni altro suo lavoro, con so stanziali raddoppi come gli otto corni (di cui quattro sono tube wagneriane), due arpe, un organo da concerto e la celesta. Vi sono inoltre dodici corni, due trombe e due tromboni (fuori campo) e una sezio ne di percussioni arricchita da una mac china del tuono, una macchina del vento (detta anche eolifono), piatti, triangolo, timpani, campanacci da mucca, glocken spiel, tam-tam, gran cassa e rullante, per realizzare la scena della tempesta e al tri effetti speciali. L’organo riveste spes so un ruolo di sostegno, ma in alcuni casi, come nel temporale (19), emerge nettamente ed è forse l’unico strumento in grado rappresentare le dimensioni in gioco, che sono quelle proprie della na tura; in un’escursione di questo tipo tutto è più grande dell’uomo, dalle stesse Alpi, immense, fino all’oscurità dei boschi o al sole che più avanti accompagna la salita. Per meglio comprendere la struttura di quest’opera vediamo come Strauss l’ha immaginata: la Sinfonia delle Alpi ha una durata di circa cinquanta minuti ed è in un unico movimento. Strauss dà alle sin gole sezioni del lavoro un totale di ven tidue titoli programmatici, corrispondenti alle diverse fasi di una scalata di un gior no in montagna (vedi colonna a destra). La Sinfonia non costituisce un banale iti nerario di viaggio, bensì una traversata durante la quale l’ascoltatore è esposto alla diversità geografica e alle meravi glie che la natura ha da offrire. Un’opera dotata di enorme forza ma anche di una

Gianni Rainoldi

Sinfonia delle Alpi

Le 22 sezioni

1) Nacht (Notte)

2) Sonnenaufgang (Alba)

3) Der Anstieg (L’ascesa)

4) Eintritt in den Wald (Ingresso nel bosco)

5) Wanderung neben dem Bache (Passeggiata lungo il ruscello)

6) Am Wasserfall (Presso la cascata)

7) Erscheinung (Apparizione)

8) Auf blumigen Wiesen (Sui prati fioriti)

9) Auf der Alm (Sul pascolo alpino)

10) Durch Dickicht und Gestrüpp auf Irrwegen (Tra roveti e boscaglia sui sentieri sbagliati)

11) Auf dem Gletscher (Sul ghiacciaio)

12) Gefahrvolle Augenblicke (Momenti pericolosi)

13) Auf dem Gipfel (Sulla vetta)

14) Vision (Visione)

15) Nebel steigen auf (La nebbia sale)

16) Die Sonne verdüstert sich allmählich (Il sole si oscura gradualmente)

17) Elegie (Elegia)

18) Stille vor dem Sturm (Calma prima della tempesta)

19) Gewitter und Sturm, Abstieg (Temporale e tempesta, discesa)

20) Sonnenuntergang (Tramonto)

21) Ausklang (Epilogo)

22) Nacht (Notte)

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grande dose di raffinatezza e sottigliezza. Strauss si compiace della natura e della sua complessità, si crogiola nelle meravi glie che la montagna gli offre, riuscendo a prendere elementi completamente ete rogenei e contraddittori, trasformandoli e rielaborandoli per poi unirli in una forma convincente, coerente e molto efficace. Temi diretti, cellule primarie che nascondono una dualità intrinseca, forme di sviluppo molto complesse e forze orche strali colossali: questi elementi contraddittori sono difatti la for za vitale degli elementi che ali mentano l’intera struttura.

A prima vista la Sinfonia delle Alpi si presenta come un ritratto sonoro di un protagonista igno to (l’ascoltatore?) che domina e conquista con successo l’am biente di montagna, meraviglio so e ostile allo stesso tempo. La Sinfonia no. 6 di Beethoven (la cosiddetta Pastorale) è una musica progenitrice di questo lavoro straussiano. In entrambe è possibile ritrovare un episo dio tempestoso e a seguire un momento di serena calma, op pure episodi che hanno a che fare con corsi d’acqua. Ma ogni analogia finisce qui. Strauss vuole rappresentare la natura nel suono, ma anche mostrare un protagonista umano che la vive. In questo senso, va oltre Beethoven nell’audacia delle sue rappresentazioni. Beethoven, d’altro canto, si focalizza sul viaggio emotivo dell’esperienza del pa esaggio, piuttosto che sulla pittura pae saggistica (si pensi al titolo del primo mo vimento della sesta sinfonia, Risveglio dei sentimenti all’arrivo in campagna). La citata descrittività non è limitata a ciò che si vede o che comunque si percepi

sce coi sensi, ma riguarda anche le sen sazioni; quando, ad esempio, si fa l’in gresso nel bosco (4) non ci sono dubbi: mentre prima si procedeva sotto il sole, adesso è tutto più freddo e oscuro e i timpani seguiti dagli ottoni rappresentano anche lo smarrimento interiore. Anche la meditativa elegia (17) è del tutto scor relata dai cinque sensi e rappresenta quella sensazione che si prova quando, dopo aver raggiunto l’ambito obiettivo, si

c’è più nulla di materiale; è il crepuscolo, l’escursione è finita, di essa non rimane che il ricordo. L’epilogo è una medita zione, l’espressione della soddisfazio ne che imprese di questo tipo regalano. C’è allora una componente malinconica: è tutto finito troppo presto, si vorrebbe continuare, nonostante Strauss cerchi di condurre per gradi alla conclusione. Tale elemento nostalgico è messo in evidenza dal breve assolo di organo all’inizio dell’e pilogo (senza ripieno, solo fon di e niente ance), organo che continua poi ad accompagnare i fiati, in particolare col pedale, fino a quando non attaccheran no gli archi.

percepisce che l’esperienza volge inevi tabilmente al termine; la soddisfazione della vetta (13) inizia a cedere il posto alla malinconia di dover dare l’ultimo sguardo al panorama, di dover prendere gli ultimi freschi respiri prima di iniziare la discesa (19). Ma il momento più alto della Sinfonia è l’epilogo (21): qui la de scrizione è totalmente interiore. Dopo il tramonto non c’è più nulla da vedere, non

Proprio come la musica che svanisce enigmaticamente nell’oscurità della notte, anche questo grande capitolo della musica sinfonica tedesca (quel lo del poema sinfonico) è stato inghiottito dalla storia. La Sinfo nia delle Alpi, pertanto, rimane l’ultima parola del maestro te desco in materia. In definitiva si può approcciare quest’opera in più modi: si può ascoltare il lavoro come un addio a una tra dizione (rovesciata da Strauss stesso), godere dello splendo re sonoro in superficie, oppure ammirare con quanto ingegno Strauss abbia rimodellato la natura in termini musicali. Quello che è certo è che nella natura e nella monta gna Strauss aveva finalmente trovato un oggetto terreno che fosse degno della più grande lode, e in questa conclusione emerge tutta la sua genialità.

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Fonte: Richard Strauss e la Sinfonia delle Alpi di Tiziano de Felice

Il grande concerto della natura

Ispirazione e materie prime per suoni inimitabili

Quale migliore musica si può ascoltare durante una passeggiata in un bosco o su un sentiero di alta montagna? L’ac qua del ruscello che scorre, il canto degli uccelli, il fruscio del vento che pettina un prato, il rumore delle foglie, un ramo che si spezza, sono tutti timbri di strumenti musicali, appartenenti all’incantevole fi larmonica del bosco. Lo stesso silenzio sulla vetta di un monte è musica. E che dire del rombo di un tuono o della pioggia che batte sulla roccia? La natura è una sinfonia che è sintesi di sentimenti di dol cezza e rabbia, irruenza e delicatezza. Del resto, la natura è da sempre stata fonte di ispirazione per la musica, fin dal la notte dei tempi. Non sappiamo come e perché, ma a un certo punto l’uomo sentì l’esigenza di inventare e adottare un lin guaggio nuovo che non parlasse più con parole e gesti, ma con suoni. E, plausibilmente, questi suoni nacquero cercando di imitare le voci della natura.

Secondo Darwin la musica è addirittura una pratica molto più remota dell’uomo, radicata e di stribuita nel mondo vivente. In effetti, se osserviamo gli uccelli che cantano senza possedere il linguaggio, allora è plausibile pensare che anche i progenito ri dell’uomo, prima di acquisire il potere di esprimersi in un lin guaggio articolato, tentassero di affascinarsi con il ritmo e con i suoni. La musica, d’altronde, è iscritta nel nostro DNA e non solo. Il suono stesso è all’origine delle cose. Secondo la mec canica quantistica, la materia non è mai inerte, ma è costantemente in uno stato di moto, di vibrazione continua. Il fisico austriaco Fritjof Capra diceva: “Ciascuna particella canta perennemente la sua canzone”. Tutto ciò che compone la real tà vibra. Anche oggetti inanimati e densi come le pietre, che ci appaiono materia solida, di fatto sono forme di energia che vibra, seppure a frequenze molto lente. Tutto nell’universo è energia in vibrazio ne e quindi suono.

Molti musicisti, in particolare del cosid detto periodo classico (1500-1800 circa), hanno composto brani che si collegano a fenomeni naturali nelle loro più sva riate forme. La musica classica è ed è

sempre stata una musica suonata con strumenti prodotti prevalentemente con materiali naturali, in particolare il legno. Il musicista classico descriveva la natura per ritrovare in essa il proprio mondo in teriore, suscitando forti emozioni nei suoi ascoltatori. Essi, tramite l’ascolto, poten ziavano e arricchivano le loro esperienze passate. Ogni opera, infatti, rifletteva la situazione psicologica, culturale, sociale e l’ambiente in cui era vissuto il compo sitore. La musica veicolava un significato preciso così come avviene con la parola. Essa, che sia scritta o tramandata oral mente, antica o moderna, colta o popola re, ha sempre mostrato una forte predile zione per le rappresentazioni di paesaggi e di eventi atmosferici quali piogge o tempeste, terremoti o temporali fino ad dirittura alla evocazione dell’origine del mondo. Un grande artista in tal senso,

uno strumento elegante e prezioso, il vio lino. Questo legno, dotato di grande ela sticità, ha infatti una grande capacità di trasmissione del suono, grazie ai suoi ca nali linfatici che creano risonanza come minuscole canne d’organo. Per questo gli alberi vengono abbattuti in luna ca lante, tra ottobre e novembre, quando nel tronco c’è una minor quantità di linfa. Quelli migliori si riconoscono per gli anel li di crescita molto sottili e perfettamente concentrici, con fibre diritte e fini e scarsa presenza di nodi.

È qui che i più grandi liutai di Cremona si recavano per raggiungere la perfezione del suono creando strumenti di altissima qualità, molti dei quali sono custoditi an cora oggi nel moderno Museo del violino della città, un vero gioiello da visitare che stupirà anche chi non è appassionato di musica.

appartenente al periodo tardo barocco, è il veneziano Antonio Vivaldi (16781741). Molte sue opere nascono, infatti, dall’osservazione della natura e mirano a imitare gli animali e i suoni dell’ambiente. Un altro esempio illustre di atmosfere naturalistiche nella musica classica è la VI Sinfonia per orchestra di Ludwig van Beethoven (1770-1827), composta tra il 1807 e il 1808. Il compositore, a quell’e poca, passava molto tempo in campagna e ne era affascinato. Diceva infatti: “Chi potrà mai esprimere tutto questo?”

La natura, come già accennato, non ha solo ispirato l’uomo nei componimenti musicali, ma da sempre ha fornito anche i materiali per produrre i suoni. Esiste in Trentino un “bosco che suona”: la foresta di Paneveggio in Val di Fiemme, da sempre conosciuta perché vi crescono gli abeti rossi impiegati per realizzare

E proprio tra queste mille sfuma ture di verde si racconta che si sia “perso” anche Antonio Stradivari, alla ricerca degli abeti rossi più idonei alla costruzione dei suoi violini. Si narra che egli facesse rotolare i tronchi e che ne ascoltasse il suono per sce gliere i migliori. Sarà sicuramen te una leggenda, ma sta di fatto che il suono dei suoi strumenti è ancora oggi considerato inimi tabile nella sua perfezione. C’è chi afferma di aver riscoperto nel violino moderno un suono cristallino e affascinante, ritenuto migliore del famigerato Stradivari, e c’è chi invece lo elogia ancora come il violino migliore al mondo. Quel che è certo è che nessuno è mai riuscito a riprodurre fedelmente uno Stradivari.

Nella foresta dei violini, in omaggio alla “madre” del legno degli strumenti, hanno suonato negli anni alcuni dei più grandi violinisti contemporanei, tra cui Salvatore Accardo, Uto Ughi, i Solisti Veneti e il violoncellista Mario Brunello Anche la musica, quindi, come tutti noi, è legata alla natura in un vincolo indis solubile, motivo in più per impegnarsi ad amarla e rispettarla.

Fonti: genova.reteluna.it lifegate.it wikipedia edumus.com

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Paolo
Bassi
Gli abeti rossi della Foresta di Paneveggio, usati da Stradivari per i suoi violini

Concerto di Giugno

Un viaggio musicale nelle Americhe Chiara Magistrelli

La sera di sabato 11 giugno, ancor pri ma delle 21.00, il cortile del quadriporti co della Basilica di Santa Maria Nuova di Abbiategrasso era gremito di pubbli co, accorso numeroso per partecipare al tradizionale Concerto di Giugno della Filarmonica. Il complesso bandistico ha

deve abbracciare il pubblico e l’ambiente. Di carattere nettamente diverso è stata la successiva Suite of Old American Dan ces di Bennett, orchestratore e arrangia tore di Broadway, che ha scritto una suite che raccoglie i ricordi della sua infanzia in un parco giochi con amici, musica e balli e che i bandisti hanno eseguito con dinamicità ed espres sività.

Danza Caribe e El Camino Real di Alfred Reed hanno rappre sentato il cuore della serata; il primo riflet te l’influenza cubana e caraibica all’interno della cultura america na, presentando un

ritmo che, per essere eseguiti a regola d’arte, comportano uno studio minuzioso e capillare delle diverse parti. Il risultato finale è stato raggiunto grazie alla co stanza e all’impegno tanto del direttore Garegnani, che si distingue per precisio ne e cura dei dettagli, quanto dei bandi sti (alcuni musicisti di mestiere ma per la maggior parte semplici volontari appas sionati di musica) che hanno dimostrato sinergia e affiatamento. Elementi, questi, imprescindibili per poter raggiungere i li velli di qualità del suono e di ritmica di mostrati.

presentato un programma dal titolo “Un viaggio al ritmo delle Americhe” che ha musicalmen te analizzato i rapporti NordSud America; lo spunto è stata la nuova versione cinemato grafica di buon successo e di grande qualità di West Side Story di Leonard Bernstein, uscita diversi mesi fa. Quale migliore occasione per intra prendere un viaggio musicale nel suolo delle Americhe?

Il numeroso pubblico, attento e concen trato durante tutta la serata, è stato con dotto e guidato dalla voce del direttore della Filarmonica Dario Garegnani che ha di volta in volta presentato i brani ese guiti.

Ad aprire la serata è stato An American Elegy del compositore americano Ticheli, un pezzo scritto ad hoc in ricordo della strage della Columbine High School del 1999, il tragico episodio che scosse le coscienze di molti, lasciando interrogativi pesanti e profondi sulla società e sull’e ducazione. Il pezzo ha creato un’atmo sfera di raccoglimento e ha trasmesso un messaggio di speranza attraverso una musica colma di simbolismi in cui l’idea di fondo è quella dell’elevazione dal bas so verso l’alto, un brano in cui la musica

morbido e oscillan te sfondo ritmico sul quale una lunga linea melodica si sviluppa prima in assoli, poi in struttura parallela, impreziosita dai toni calmi dell’accompa gnamento. Il secondo brano del composito re è basato invece su progressioni tipiche utilizzate da gene razioni dagli esecutori di flamenco che danno vita a un pezzo tipicamente “spa gnoleggiante”.

Tutti i brani eseguiti nel corso della serata avevano la peculiarità di essere caratte rizzati da repentini e improvvisi cambi di

In chiusura della serata, dopo i dovuti rin graziamenti a don Innocente Binda per l’ospitalità nel suggestivo quadriportico, La Filarmonica ha eseguito due brani dal già citato musical West Side Story, pre cisamente Somewhere, canzone dall’in dole tenera e malinconica, e l’energico, aggressivo e provo catorio Mambo, una danza che affonda le sue origini a Cuba e che ha concluso il viaggio musicale da Nord a Sud delle Americhe.

Gli applausi del pubblico e la richiesta a gran voce di un “bis” sono stati la dimostrazione fat tuale di quanto La Filarmonica sia ormai molto più di una ban da e sia sempre più simile a

“un’orchestra di fiati”. Costanza, studio e impegno sono i segreti per la buona riu scita di ogni concerto e, soprattutto, sono gli elementi imprescindibili per il continuo miglioramento, nell’ottica di sempre nuo ve sperimentazioni musicali.

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Concerto di San Pietro

Domenica 26 giugno si è svolto il Con certo di San Pietro del Complesso Bandi stico “La Filarmonica” di Abbiategrasso, un appuntamento che è tradizione e che denota il profondo legame che ancora oggi lega la banda alla Parrocchia di San Pietro.

Domenica sera, dopo la funzione nella chiesa di San Pietro in occasione della festa parrocchiale, presso l’ex oratorio femminile di Via Curioni si sono esibite sia la Junior Band che La Filarmonica. Ad aprire il concerto è infatti stata la forma zione giovanile diretta dal Maestro Luca Ragona con alcuni brani ormai parte del repertorio quali Fighting Falcon March e un paio di estratti di note colonne sonore composte da John Williams. Alcuni dei ragazzi sono già musicanti nell’organico principale e altri sono allievi che hanno da poco iniziato a fare musica d’insieme e che, quanto prima, entreranno in Filar monica. Segno dell’affinità e del legame tra La Fi larmonica e la Parrocchia è il laboratorio musicale che cinque bandisti hanno te nuto all’interno delle attività dell’oratorio estivo di San Pietro: per un paio di matti ne a settimana, bambini e ragazzi hanno conosciuto e imparato ad approcciarsi a vari strumenti bandistici (dalla famiglia dei legni a quella degli ottoni), scopren done sonorità e particolarità. Un’occa sione, questa, anche per raccontare “la vita in Filarmonica” e raccontarsi, per consentire ai giovani musicanti (per altro quasi tutti diplomati o che stanno portando avanti a un livello accademico lo stu dio del loro strumento) di avvicinare altri giovani alla musica.

La serata è poi proseguita con l’esibizio ne della formazione principale, La Filar monica, diretta dal Maestro Dario Gare gnani, che ha eseguito un programma eclettico nel suo genere, spaziando da brani originali per banda a Somewhere tratto da West Side Story concludendo poi con uno struggente Don’t Cry For Me, Argentina di Andrew Lloyd Webber dedicato a don Leandro, musica che ama particolarmente e che La Filarmonica ha voluto eseguire per augurargli un buon compleanno, festeggiato proprio quel giorno.

Il concerto non poteva terminare senza i ringraziamenti a don Giuseppe, sempre disponibilissimo e gentile nei confronti della famiglia della Filarmonica e che, oltre ad aver ospita to il concerto nell’ex oratorio femminile, ha anche offerto un piacevole rinfresco a conclusione della se rata.

Un ringraziamento, infine, è stato rivolto al caloroso e nume roso pubblico che ha assistito all’esibizione conclusiva della sta gione concertistica estiva della nostra Filarmonica.

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Chiara Magistrelli

Festa della Musica con la Big Band

La sera di lunedì 20 giugno il cortile del Castello Visconteo è stato musicalmente travolto e riempito dei ritmi jazz, blues e swing della Big Band della Filarmonica. L’esibizione, facente parte dei tanti eventi organizzati in occasione della “Festa Eu ropea della Musica”, ha visto sul palco i componenti della formazione satellite del complesso bandistico, che hanno allieta to un pubblico caloroso e partecipe con applausi e con entusiastici “bravi” al ter mine di ogni esecuzione. Tra i brani proposti, Blue Moon di Lorenz Hart e Richard Rodgers, Somebody Lo ves Me di George Gershwin, In the Mood di Joe Garland, My Way e I’ve Got You Under My Skin, queste ultime rese cele berrime dalle esecuzioni di Frank Sinatra e Michael Bublé. Durante la serata, Stefano Borghi ha ricoperto il ruolo tanto di presentatore quanto di cantante, destreggiandosi con versatilità e sfoggian do abilità canore che già in altre occasio ni aveva avuto modo di dimostrare. I componenti della Big Band, per la mag gior parte musicanti della Filarmonica

Festa della Mela

che suonano strumenti quali saxofono contralto e tenore, trombe, tromboni, bat teria e contrabbasso, hanno saputo stu pire ancora una volta con brani di reper torio di non facile interpretazione e con complessità tecniche che denotano uno studio capillare e attento. La serata è così piacevolmente trascorsa in una cornice caratteristica quale il cor tile del Castello Visconteo, riempitosi di

Chiara Magistrelli

La 29a Festa della Mela del Complesso Bandistico “La Filarmonica” si è svolta in una soleggiata e inaspettatamente calda prima domenica del mese di ottobre, con temperature superiori alle medie stagio nali e un’aria che sapeva ancora di esta te. Durante tutta la giornata sono state vendute mele gialle e rosse, torte di mele (sia del Panificio Zuffetti che cucinate da parenti dei bandisti), e gustose zucche presso lo stand in Piazza Marconi; solo per la mattinata, altri due stand erano al lestiti in Piazza San Pietro e presso l’ora torio San Giovanni Bosco.

Nel pomeriggio di domeni ca 2 ottobre i musicanti della Filarmonica hanno suonato marce da pa rata in Piazza Marconi che, complice il bel tempo, era gre mita di gente. Il pomeriggio è piacevolmente trascorso nell’intervallarsi di brani musicali e applausi del numeroso e partecipe pubblico. Per la riuscita del la giornata un ringraziamento particolare va indubbiamente rivolto a tutti i bandi sti, al consiglio direttivo e al Presidente Alessandro Bagnaschi, per aver lavorato con sinergia fin dalle prime luci dell’alba per montare gli stand e predisporli con tutti i prodotti, a tutte le mamme e mogli dei musicanti che nell’arco della giornata si sono rese disponibili a presenziare al banco e, infine, un ringraziamento doveroso va al Panificio Zuffetti per aver pre parato soffici torte di mele e anche gusto se crostate.

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Chiara Magistrelli musica, applausi e della spensieratezza tipica delle serate di inizio estate.

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Open Day della nostra scuola di musica in piazza Marconi

La scuola di musica “Corrado Abriani” della

8 ottobre ha aperto le proprie porte a tutti i cittadini, per far si conoscere ancora di più sul territorio, promuovendo i propri corsi di strumento e le proprie attività. Presso lo stand in Piazza Marconi per tutto il giorno ci sono state esibizioni di bandisti e di insegnanti professionisti per promuovere i corsi offerti (vedi elenco a fianco, ndr) e far conoscere da vicino gli strumenti coinvolti. L’offerta è ampia e nell’arco degli anni si è sempre più arricchita: a partire da corsi di teoria e solfeggio, ci sono poi cor si di strumenti sia bandistici che non, quali clarinetto, oboe, sas sofono, flauto traverso, tromba, trombone, corno, euphonium,

percussioni, basso elettrico, canto solistico e jazz, chitar ra classica ed elettrica, fisar monica, pianoforte, violino e anche musica d’insieme. Il primo gruppo ad aprire la giornata di Open Day è stato quello composto dai Profes sori D’Agostino, Cortese e Mamone rispettivamente alle percussioni, al basso elet trico e alla chitarra elettrica, che hanno poi tenuto corsi di questi strumenti. Nella tarda mattinata si sono poi esibiti Luca Ragona, Ivan Milane se ed Emanuele Rainoldi. Il pomeriggio si è aperto sulle note di un quartetto di clari netti composto da Fabiana Belloni, Emanuele Rainoldi (entrambi insegnanti di que sto strumento), Sara Car naghi ed Edoardo Grittini, a seguire ci sono state lezioni aperte di flauto e clarinetto. È stata poi la volta di un en semble di sax con Emanuele Parma e Leonardo Castello, un gruppo di ottoni con Da rio Grassi, Roberto Ramaioli, Giorgio Borghi e Raffaele Za nada e, a conclusione della giornata, tutti i bandisti pre senti si sono esibiti in brani corali sotto la bacchetta del Direttore Luca Ragona. L’affluenza è stata notevole per tutto il giorno, complici da una parte il bel tempo che ha invogliato molti a recarsi in centro città, dall’altra la lo devole organizzazione delle attività (dalle esibizioni, alla presentazione dei corsi di musica) che ha tenuto vivo l’interesse dei passanti. Nella stessa giornata è stato anche promosso e presenta to il corso “Musichemozioni” creato nel 2013 e rivolto a bambini di età compresa tra i 4 e i 7 anni con lo scopo, at traverso diverse attività ludi che, di avvicinare i più piccoli alla musica.

Filarmonica sabato
Chiara Magistrelli - 21LaFilarmonica Abbiategrasso|1846 Con p at r o c in o d e C omu n e d Ab b ia eg ass o MUSI
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ZIONI Dal 1846 musica, insieme. www.bandafilarmonica.org PER INFORMAZIONI: segreteria@bandafilarmonica.org Tel: 334 1176537 (lun-ven dalle 15 alle 19.30) CORSO DI PROPEDEUTICA MUSICALE PER BAMBINI DA 4 A 7 ANNI GIOCAEIMPARA SCOPRILA MUSICA A PARTIRE DA OTTOBRE PRESSO LA SEDE DELLA FILARMONICA DI ABBIATEGRASSO, VIA ALFIERI 1 PORTA IL TUO BAMBINO PER UNA LEZIONE DI PROVA GRATUITA!
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La Filarmonica al Festival ProMi di ANBIMA Milano

Con il Corpo Musicale San Lorenzo di Parabiago e la Fanfara dei Bersaglieri

Nei mesi di settembre e ottobre, La Filar monica è stata coinvolta nell’evento “Pro Mi Music Festival”, la prima edizione di una rassegna concertistica di bande mu sicali e cori della provincia di Milano, or ganizzata da ANBIMA provincia di Milano con lo scopo di valorizzare e promuovere il repertorio, lo scambio musicale e l’at tività tra tutte le formazioni del territorio coinvolto.

Il primo appuntamento per La Filarmoni ca si è svolto sabato 17 settembre, quan do i musicanti sono stati ospiti del Cor po Musicale San Lorenzo di Parabiago che ha colto l’occasione per festeggiare i suoi cento anni di attività. Per primo si è esibito il Corpo Musicale San Lorenzo di Parabiago sotto la direzione di Giovanni Savastio, con brani tratti da note colonne

sonore di Morricone e pezzi originali per banda. A seguire, sul podio è salito il di rettore Dario Garegnani ed è stata la vol ta della Filarmonica che ha eseguito brani di repertorio assodati e di grande effetto; tra questi, Field Overture del compositore giapponese contemporaneo Takahashi e le articolante quanto coinvolgenti Quat tro danze cosacche di Franco Cesarini. Al termine, i due gruppi musicali hanno eseguito insieme la marcia Ambrosiana (commissionata da ANBIMA Milano a Lo renzo Pusceddu proprio per la rassegna ProMi), uniti come un unico corpo e gui dati dalla passione per la musica. Il secondo appuntamento del festival ProMi ha visto esibirsi due realtà musi cali di Abbiategrasso: La Filarmonica e la Fanfara dei Bersaglieri “Cav. Gr. Cr. Am

brogio Locatelli” presso il Teatro Fiera, nel pomeriggio di domenica 23 ottobre. I bandisti, sotto la direzione di Garegnani, hanno allietato il pubblico con brani qua li Suite per orchestra di varietà di Dmitrij Sostakovic, caratterizzata da maesto sità ironica e da una tavolozza di colori strumentali tipici del repertorio del com positore, e Commemoration Overture di Robert Sheldon, autore americano di grande spessore e produzione prolifica. Gli applausi del pubblico hanno accom pagnato verso la seconda parte del po meriggio, e agli interventi del presidente della Filarmonica Alessandro Bagnaschi e del presidente della Fanfara dei Ber saglieri Oraziantonio Pavesi, che si sono scambiati i gagliardetti delle rispettive associazioni; c’è stato infine un breve

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Chiara Magistrelli
LaFilarmonica Abbiategrasso|1846
A Parabiago, le due bande eseguono insieme la marcia Ambrosiana composta per il Festival ProMi

intervento della presidente di ANBIMA Milano Anna Meda, contenta degli ottimi risultati del festival e dello scambio musi cale tra le molte realtà del territorio, e del primo cittadino Cesare Nai, orgoglioso dell’attività storica delle due formazioni, ancora oggi fondamentali per la città. I bersaglieri hanno aperto la loro esibizio ne con un’entrata d’effetto, come a loro si confà, correndo sulle note di tipici brani da fanfara. Diretti da Calogero Lanzala co, i ventisette fanfaroni hanno eseguito una carrellata di pezzi della tradizione quali Flik Flok (la Marcia dei Bersaglieri), una versione arrangiata del tipico brano dalle sonorità spagnoleggianti La palomba e la ben nota Ricciolina. Al termine, i musicanti della Filarmonica hanno raggiunto sul palco i bersaglieri e amalgamandosi hanno eseguito la mar cia Ambrosiana sotto la direzione di Da rio Garegnani e, per concludere, l’Inno di Mameli, diretti da Calogero Lanzalaco.

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23 OTTOBRE Ore 15:30 Abbiategrasso Parco dei Bersaglieri Complesso Bandistico LA FILARMONICA di Abbiategrasso diretto dal Maestro Dario Garegnani Fanfara di Abbiategrasso Cav. Gr. Cr. AMBROGIO LOCATELLI diretto dal Capofanfara Calogero Lanzalaco
L’esibizione della Fanfara dei Bersaglieri Cav. Gr. Cr. Ambrogio Locatelli La Filarmonica al Teatro Fiera di Abbiategrasso in occasione del Festival ProMi di ANBIMA Milano
- 24Dopo gli ultimi anni di limitazioni, per le cause che tutti conosciamo, La Filarmo nica è finalmente tornata a partecipare con la sua musica a tutte le feste e le ma nifestazioni, civili e religiose, che fanno parte della nostra tradizione. Ecco una piccola carrellata degli eventi che hanno visto protagonista la nostra banda negli ultimi mesi! La Filarmonica riprende a sfilare Andrea Capelli Tanti appuntamenti in marcia (e non solo) per la nostra banda 11 settembre 2022 Festa Patronale di Fallavecchia 25 settembre 2022 Festa Patronale di Morimondo 18 settembre 2022 Castelletto, Festa della Madonna delle Grazie 12 settembre 2022 Festa della Cappelletta LaFilarmonica Abbiategrasso|1846 Festa della Castagna Dal 1846 musica, insieme. www.bandafilarmonica.org MUSICA, CALDARROSTE, DOLCI, TÈ CALDO E VIN BRULÈ domenica 30 ottobre 2022 dalle 10.00 alle 18.00 sede della filarmonica abbiategrasso, via alfieri ALLE 10, PROVE DELLA BANDA APERTE AL PUBBLICO! 30 settembre 2022 Festa della Castagna 13 ottobre 2022 Processione dell’Addolorata

Su pipiolu

Su pipiolu, o sulittu, è uno zufolo di canna a imboccatura indiretta. È diffuso in tutta la Sardegna, dove viene chiama to in diversi modi a seconda delle zone in cui è comunemente diffuso: pipiolu o pipiriolu in Logudoro, in uso anche nel Campidano di Cagliari; su sulittu in Mar milla, su pipaiolu in Barbagia e su solittu ad Atzara. Ognuno di essi presenta caratteristiche differenti per realizzazio ne, estetica e tonalità.

Lavorazione e decorazione

Per costruire questo strumento è neces sario utilizzare una classica canna comu ne adeguatamente stagionata. Nel caso di raccolta, fatta prevalentemente in in verno quando la pianta è a riposo e non contiene una grossa quantità di acqua, bisogna farla stagionare almeno un paio d’anni. Solitamente si sceglie di tagliare la canna partendo dal basso, dal terzo nodo, in quanto risulta essere la parte più spessa e resistente. Per quanto riguarda la zeppa, nel caso in cui questa sia di le gno, si prevede che sia stagionato, men tre se fatta in sughero è necessario che questo sia ben compatto e della migliore qualità.

La canna viene finemente decorata, in base a quella che è la fantasia dello stes so costruttore, una volta che è stata at tentamente levigata. Si può passare da un semplice intaglio alla pirografia, alla pittura a olio, e in alcuni casi anche al ri

vestimento dello strumento attraverso la pelle di biscia d’acqua.

Su pipiolu o pipiriolu del Logudoro

Il pipiolu del Logudoro è solitamente costruito con un unico pezzo di canna comune con l’estremità superiore taglia ta ad angolo acuto per formare il becco, con una lunghezza che varia da un mi nimo di 15 cm a un massimo di circa 22 cm. Il corpo dello strumento presenta un nodo a circa metà della sua lunghezza e consta di quattro fori per le dita, di cui tre anteriori e uno posteriore collocato al di sopra del nodo con funzione di registro. L’apertura rettangolare è posta invece vicina all’imboccatura, nell’estremità su periore dello strumento. Lo si costruisce in diversi tagli, che prendono il nome dalla tonica dello strumento, che si trova un semitono sopra la nota più grave e produce intervalli diatonici (non sempre precisi) di semitono, tono, tono, semitono (per esempio, in uno strumento in do si avrà la successione si, do, re, mi, fa). Nel Campidano su pipiolu (detto anche sulitu) presenta un diametro maggiore e un’angolatura del becco meno pronun ciata.

Su sulittu della Marmilla Il sulittu della Marmilla è molto simile al pipiolu del Logudoro; se ne differen zia per avere il foro posteriore al di sot to del nodo e un foro in più nella parete anteriore al di sopra, foro che produce il suono più acuto dello strumento. Ha una lunghezza leggermente differente, da un minimo di 15 cm a un massimo di 30 cm, con un diametro praticamente identico a

su pipiolu

Il foro posteriore, aperto, come si è det to al di sotto del nodo, non ha (come in nessuno dei flauti sardi) la funzione di portavoce, ossia non serve per favorire l’emissione degli armonici superiori, ma è un foro reale che modifica la lunghezza della colonna d’aria vibrante. Il numero totale dei fori è, quindi, di cinque e la to nica, che indica il taglio dello strumento, si ottiene con l’apertura del primo foro. Tagliato in varie tonalità, produce, gene ralmente, la successione degli intervalli diatonici ascendenti di semitono, tono, tono, semitono, tono (per esempio, in uno strumento in do si avrà la successio ne si, do, re, mi, fa, sol). Come tessitura corrisponde in pratica al pipiolu del Lo gudoro con una nota in più verso l’acuto.

Su pipaiolu della Barbagia

Tra i tre flauti, quest’ultimo si differenzia nettamente dagli altri per caratteristiche organologiche: è privo di un foro poste riore; presenta quattro fori praticati nella parte anteriore; il nodo, aperto, è posto nell’estremità inferiore della canna.

La stessa inclinazione del becco risulta essere minore rispetto a su pipiolu e a su sulittu con all’imboccatura una zeppa non di legno ma di sughero.

Partendo dalla nota più grave, la sensibi le (che si ottiene tappando tutti i fori) pos sono essere prodotte tonalità con suc cessione intervallare di semitono, tono, tono e tono e mezzo.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Pipiolu https://www.strumentiemusica.com/notizie/su-sulitu/

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Piffero Sardo del 1800 (CC BY-SA 4.0)
Gianni Milanese Una rubrica dedicata agli antichi strumenti musicali

Molti di noi erano in vacanza quando l’hanno saputo. Chi dalla TV, chi dai so cial. Personalmente sono stata gelata (in spiaggia) da un post sulla pagina Fa cebook del figlio Alberto: “buon viaggio papà”.

Con Piero Angela è scomparsa una fi gura familiare per una buona parte degli italiani. La mia generazione, e non solo la mia, è cresciuta con Quark e con gli al tri programmi di approfondimento via via proposti; grazie a lui, persona intelligente e non egoista della propria visibilità, molti esperti più o meno giovani hanno avuto il proprio spazio per raccontare, ognuno per le proprie competenze, un pezzetto di cultura.

Quello che di lui prima forse sapevano in pochi è stato ultimamente ampiamente raccontato: agli ini zi, non Piero, ma Peter Angela stava muovendo i suoi primi passi profes sionali nel mondo dello spettacolo. Aveva preso fin da piccolo lezioni di pianoforte, svilup pando un interes se profondo per la musica jazz che lo portò, intorno ai vent’anni (alla fine quindi degli anni Quaranta), a esi birsi in varie jam session in quel di Torino col nome appunto di Peter Angela. Notato dall’impresario Sergio Bernardini, suonò alla serata inaugurale della Capannina di Viareggio, per poi formare un trio jazz (il batterista era Franco Mondini mentre i contrabbassisti si alternavano) al quale si aggiungevano spesso solisti quali Nini Rosso, Franco Pisano e Rex Stewart (già collaboratore di Duke Ellington).

La chiamata in RAI nel 1952 ha però fermato la sua carriera musicale, rega landoci al contempo una delle figure più iconiche e rispettate che siano passate a cavallo tra i due millenni, simbolo di una televisione che può fare cultura e amplia re la mente (in contrasto con la becera deriva in atto).

Giornalismo e divulgazione non hanno però fermato il suo amore per la musica, tanto che frequenti sono state le sue esi bizioni al pianoforte in trasmissione, ogni volta che l’argomento toccato lo rendes se pertinente.

Del jazz diceva: «Il jazz è un modo di fare musica che permette a tutti di esprimersi a vari livelli. È un modo di fare musica non solo per eseguirla, ma per esserne autori»

Più volte Angela ha sottolineato l’impor tanza di fare musica perché insegna a capire cosa significa sentirsi liberi. Il jazz per lui era un modo di assaporare il valo re della libertà all’interno di una linea ar monica, perché suonare significa dovere imparare a capire qual è il proprio ruolo in un gruppo, acquisire una profonda au

Paola Magnaghi

quindi un po’ un andare dentro le cose». E sulla musica di Bach: «La cosa cominciò nel 1967 a Bruxelles quando vidi un concerto degli Swingle Singers, che era un gruppo vocale che cantava musica barocca, allora comperai il loro disco ed era così bello che lo usai per un program ma sullo Spazio del 1969 e da allora è diventato il marchio musicale di Quark».

E ancora: «Bach è il mio musicista preferito, l’intreccio delle note è straordi nario. Poi i Swingle Singers seppero dar gli un ritmo jazz senza toccare una nota, e questo prova che Bach era un jazzista. Infine, le sigle allora erano tutte trionfanti mentre io volevo dire: “calma, distende tevi”».

todisciplina e imparare a comunicare con chiarezza e sentimento.

Nonostante la palese predisposizione per il jazz, è un pezzo di musica classica ad aver reso riconoscibile ovunque Quark, il suo programma di punta. A que sto proposito fu lui stesso, durante una puntata (e mentre seduto al pianoforte suonava proprio l’Aria sulla IV corda di Bach), a spiegare la ratio dietro al nome e alla musica scelti per il programma: «Il titolo Quark è un po’ curioso e lo ab biamo preso a prestito dalla fisica, dove molti studi sono in corso su certe ipote tiche particelle subnucleari chiamate ap punto quark, che sarebbero i più piccoli mattoni della materia finora conosciuti. È

Tra i lavori portati a termine nei suoi ultimi mesi, due sono strettamente legati alla musica: uno è la creazione di una nuova etichetta di scografica, la Jazz City Records, nata nel 2021. Il secon do è la pubblicazio ne di un disco jazz, di cui ha parlato nel messaggio di commiato diretto al pubblico: «Sono riuscito a portare a termine tutte le mie trasmissioni e i miei progetti, persino una pic cola soddisfa zione: un disco di jazz al pianoforte. È stata un’avventura straordinaria, vissuta intensamente e resa possibile grazie alla collaborazione di un grande gruppo di autori, collaboratori, tecnici e scienziati. A mia volta, ho cercato di racconta re quello che ho imparato.

Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro dif ficile Paese.

Un grande abbraccio

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Piero Angela»
Piero
Ricordo di
Angela

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Presidenti onorari

Consiglio Direttivo

Alessandro Bagnaschi - Presidente

Paolo Bassi e Giuseppe Comincini - Vice Presidenti Ornella Zattin - Segretaria Mauro Bianchi - Economo e Vice Maestro

Ivan Silvio Bassini

Luigi Belloni Andrea Capelli Sara Carnaghi

Annamaria Cittadinetti Merica Masserini

Lidio Mor Francesco Ragona

Emanuele Rainoldi Roberto Ramaioli Raffaele Zanada

Responsabili Scuola di Musica “Corrado Abriani”

Alessandro Bagnaschi

Annamaria Cittadinetti

Pina Paladino Marnati Teresina Marnati

LUTTO

Domenica 11 Abbiategrasso Musica nei quartieri - “Natale in piazza”

- “Natale in piazza”

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La Filarmonica dà il benvenuto a due nuovi musicanti al loro primo Concerto di Novembre, Agnese Buscone e Andrea Castello, entrambi al flauto traverso!
Le più sentite condoglianze da tutti i membri della Filarmonica al nostro mu sicante Giorgio Borghi e famiglia, per la scomparsa della suocera Maria Madda lena Ferrario, vedova Prandini. I PROSSIMI APPUNTAMENTI CON LA FILARMONICA DICEMBRE Domenica 4 Musica nei quartieri - “Natale in piazza” Abbiategrasso Domenica 18 Abbiategrasso Indirizzo e contatti: Abbiategrasso - Via V. Alfieri, 1 Tel. 334 117 6537 filarmonica@alice.it - www.bandafilarmonica.org filarmonicaabbiategrasso
Domenica 1 Musica nei quartieri - “Capodanno in piazza” Abbiategrasso LA FILARMONICA C’È Seguite il sito, Facebook, Instagram e YouTube, per non perdervi neanche un’iniziativa LaFilarmonica WEB Musica nei quartieri
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CONCERTO DI NOVEMBRE

Montagne sinfoniche

(editoriale del M° Garegnani - segue a pag. 8)

La Filarmonica e Abbiategrasso, dal 1846

Un legame fondamentale e in costante evoluzione con la città (editoriale del Presidente Bagnaschi)

Programma del Concerto di Novembre

Guida all’ascolto

La musica popolare di montagna

La wilderness americana

Il mito della natura selvaggia nell’America dell’Ottocento

Montagne di musica

La Sinfonia delle Alpi di R. Strauss

Il grande concerto della natura Ispirazione e materie prime per suoni inimitabili

CRONACHE DALLA BANDA

Concerto di Giugno

Un viaggio musicale nelle Americhe Concerto di San Pietro

Festa della Musica con la Big Band

Festa della Mela

Open Day della nostra scuola di musica in piazza Marconi

La Filarmonica al Festival ProMi di ANBIMA Milano

Con il Corpo Musicale San Lorenzo di Parabiago e la Fanfara dei Bersaglieri La Filarmonica riprende a sfilare Tanti appuntamenti in marcia (e non solo) per la nostra banda

DENTRO LA FILARMONICA

La Scuola di Musica C. Abriani Musichemozioni

Organigramma, contatti e prossimi appuntamenti

RUBRICHE E APPROFONDIMENTI

Su pipiolu

Una rubrica dedicata agli antichi strumenti musicali Ricordo di Piero Angela

LA FILARMONICA è un’Associazione di Promozione Sociale - Sostienila con il tuo contributo del 5‰ dell’IRPEF - Codice fiscale: 82004210157 LA FILARMONICA È... 1 2 3 4 9 10 12 14 16 25 26 18 19 27 17 18 19 19 21 22 24
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