VALENZA E LA MONTAGNA. Prima parte. di Giorgio Manfredi Parlar di montagna: c’è la montagna con i richiami delle sue altezze, delle sue cime da scalare con ascensioni fantastiche che scatenano una passione ardente, compagna di fatica ma con il regalo di sublimi appagamenti. C’è anche la montagna delle vacanze da gustare con uno stile sobrio e contenuto della vacanza famigliare, per molto tempo lontana da esaFamiglia Abbiati sperazioni consumistiche. A chi va in montagna, cammina, sale, scavalca colli e cengie, raggiunge rifugi in alta quota, si arrampica sulle cime, con lunghe ore di fatica e sacrificio, si fa spesso la domanda: chi te lo fa fare? Risponde Erri De Luca scrittore e alpinista: “La domanda è molto italiana, suppone un mandante, uno che istiga da dietro. L’alpinismo non ce lo fa fare nessuno. Viene da sé, un formicolio alle dita in vista di una montagna, una parete di roccia, ghiaccio, neve. Scatena attrazione, fa accostare. Si sta in montagna da passanti di superficie senza un lasciapassare, che Giuseppe Abbiati (Pippo). può essere ritirato in ogni punto. Una valanga, un temporale, un vento, una nebbia, sbarrano il passaggio. Nessuno è garantito mentre scala una parete, anzi è esposto, indifeso, minuscolo sul corpo dell’immenso. È una buona lezione circa le proprie misure”. La montagna di lezioni ne dà molte altre che affiorano dai suoi richiami come risposte a bisogni ed esigenze di salvamento. Salvare l’integrità dello sguardo, la dimensione dell’eternità, l’esercizio del pensiero liberato, la semplice esperienza di indugiare con lentezza e profondità 48
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08/10/2013, 16.06