Alpennino 2011 n 4

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Notiziario trimestrale delle Sezioni del Club Alpino Italiano di Alessandria, Acqui Terme, Casale Monf., Ovada, San Salvatore Monf., Tortona, Valenza Autorizzazione Trib. di Casale n. 155 del 27.2.1985 - Direttore Responsabile Diego Cartasegna - Direzione e Amministr. Via Rivetta, 17 Casale Monferrato Redazione Stampa Tipografia Barberis snc San Salvatore Monferrato “Spedizione in a. p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Alessandria” Anno XXII - Num. 4 - OTTOBRE 2011 __________________________________________________

NEL REGNO DELLA BRENVA

Era il 22 Settembre 2004, avevo poco più che vent’anni e l’estate era scivolata via velocemente. Stavo facendo ritorno da Cogne verso le nostre più tondeggianti colline e nonostante avessimo concluso l’ascensione della cresta sud-ovest della Torre di Lavina in cuor mio ero triste. Infatti, sarei partito da lì a poco per gli Stati Uniti e dunque, almeno per un pò, lontano dalle amate montagne, dalle piacevoli consuetudini e dagli amici cari. In quel momento l’unica cosa che mi rincuorava era un vecchio libro che avevo ricevuto in prestito, ignoravo persino chi fosse l’autore ma parlava di montagna e tanto bastava. Durante il mio soggiorno in America lessi quel libro tre volte. La copertina è davanti ai miei occhi e ancor di più la sua didascalia, che suonava così: “Nel regno della Brenva, scavalcando il Col Moore”. Io non lo sapevo ancora ma in quel momento avevo già deciso…

CAMINANDO JUNTOS A distanza di cinque anni dalla spedizione in Perù del CAI Casale Monferrato con il CAI Tortona, un gruppo di Casalesi è tornato in quella terra a salire altre montagne, assieme agli amici Valentino Subrero ed Erica Casetta del CAI Acqui Terme e Massimo Bottazzi del CAI di Novi Ligure. Il gruppo dei casalesi era formato da Enrico Bruschi, Giorgio Mazzuccato, Marco Moro ed Emanuela Patrucco, Ginetto Pessina, Gianni Scarrone, cui si è aggiunto, per la salita al Piccolo Alpamayo, il frate Cappuccino Angelo Colla, anch’egli socio del CAI Casale, con il nipote Gino, per continuare la tradizione di celebrare i quinquennali di sacerdozio, questo era il 45°, con una messa in quota. Il viaggio, anche questa volta organizzato con Edgar Roca, ormai un vecchio amico, prevedeva un lungo periodo di acclimatamento sull’altipiano con partenza da Arequipa verso il Colca Canyon, il lago Titicaca, La Paz, per traversare da lì verso sud, fino al confine con il Cile l’intero altipiano Peruviano. Quindi il ritorno a La Paz per salire il Pequeño Alpamayo e l’Huayna Potosì, per finire, tornati ad Arequipa, con la salita del vulcano Chachani.

Il viaggio Gli spazi del Sudamerica sono così immensi che spostarsi implica sempre un viaggio lungo e paziente. Ma il viaggio dà modo di apprezzarne appieno gli altopiani infiniti, le visioni a perdita d’occhio, i colori pastello della terra, svariati, che si riflettono nel blu del cielo. Ti perdi davvero, ad ammirarne l’incommensurabilità, la calma

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Ma perché la Brenva? Perché andare a cacciarsi in uno degli ambienti più severi del Monte Bianco e delle intere Alpi? Beh, in realtà ci ho pensato molto anch’io se intraprendere questa salita. Ma alla fine mi risultava più difficile resistere al desiderio febbrile di andare a metterci il naso, di “provarmi” su quella parete, che correre il rischio. La domanda che si faceva largo nei miei pensieri era piuttosto, perché no? E in effetti, l’8 agosto scorso ero lassù, in località Pre de Pascal, con il mio binocolo intento a osservare bene il tratto d’itinerario che più mi dava da pensare, quello dal Col Moore fino a raggiungere il filo inferiore dello sperone. Sapevo che quella sarebbe stata la parte più complessa della salita, per l’individuazione dell’itinerario al buio e per l’eventuale sopraffazione morale che avremmo potuto subire “dall’ambiente” una volta là. La paura, d’altronde, è una delle tante sensazioni sentite dall’al-

In vetta al Chachani

dei nativi che vi camminano, la cadenza sorniona dei lamas e quella più elegante degli alpaca che compaiono tra le pieghe senza fine del paesaggio. I pensieri in Sudamerica hanno un corso lento e costante, cullati, vanno e vengono come le onde dell’oceano. Ti senti così tranquillo, come se tutto avesse un senso, naturale, atavico, e questo non andasse troppo al di là del semplice dormire, mangiare, vivere al ritmo della Madre Terra Pachamama, gioendo di essere vivi in un giorno così semplice, in cui si possa ammirare il sole che si corica dietro a una montagna che già dorme. Perù e Bolivia sono paesi splendidi come le persone che li popolano. Li unisce il Lago Titicaca, la vastità di un lago che sembra un mare, puntellato di isole che ti danno l’impressione di essere nel Mediterraneo, mentre in realtà ti trovi già a 4000 m e sei contornato dalla Cordillera Real che svetta sullo sfondo. La magia di posti come il Salar de Uyuni, 12000 kmq di sale che riflette montagne e isole di cactus millenari come fosse neve, di posti come la Laguna Colorada, nella cui acqua rossa di ferro e minerali si radunano stormi perenni di fenicotteri rosa, o posti come la Colca di Chivay, dove si slanciano gli enormi condores nelle loro spirali che sfruttano le correnti del canyon. L’aria è molto secca, in Sudamerica, ma vicino al Lago profuma di eucalipti e del sapore che sa di menta dell’erba muña. In altopiano il cuore ha il ritmo profondo dell’aria sottile di alta quota; un silenzio e Segue a pag. 3

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Prima sul ghiacciaio, poi sullo sperone


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