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Enti Pubblici Economici
Dalla responsabilità 231 agli obblighi antiriciclaggio
Avv. Maurizio Riverditi
Professore di Diritto Penale, Università di Torino; Avvocato penalista
Triplice cornice regolatoria applicabile agli EPE
Gli Enti Pubblici Economici (EPE) si trovano al crocevia di tre livelli normativi in materia di prevenzione degli illeciti: la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/2001), la normativa antiriciclaggio (D.Lgs. 231/2007) e le misure di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione introdotte dalla legge 190/2012.
Da un lato, gli EPE rientrano tra i destinatari del D.Lgs. 231/2001, che prevede, tra l’altro, l’adozione di modelli di organizzazione e gestione (MOG) idonei a prevenire determinati reati-presupposto (ad esempio la corruzione) commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente. Dall’altro lato, essi devono ottemperare agli obblighi antiriciclaggio previsti dal D.Lgs. 231/2007, sebbene non sempre in qualità di “soggetti obbligati” ai sensi dell’art. 3 di tale decreto. In linea generale, infatti, solo se l’EPE svolge attività incluse nell’elenco contemplato da quest’ultima disposizione (ad esempio operazioni finanziarie riservate a intermediari, evenienza piuttosto rara) ricade in quegli obblighi; diversamente, più comunemente, l’EPE dovrà comunque rispettare le previsioni introdotte dall’art. 10 per gli enti pubblici.
In particolare, l’art. 10 del D.Lgs. 231/2007 impone alle Pubbliche Amministrazioni di monitorare e segnalare le operazioni sospette di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo che emergano, ad esempio, durante procedimenti di autorizzazione o concessione, negli affidamenti di appalti, o nell’erogazione di sovvenzioni, contributi e altri vantaggi economici. Garantire l’effettiva applicazione di questi obblighi antiriciclaggio è ormai un elemento indispensabile del sistema di risk management che gli enti pubblici devono adottare, implementando presìdi idonei a intercettare possibili fenomeni di riciclaggio nei propri procedimenti, a tutela sia dell’ente sia della collettività.

Inoltre, come terzo pilastro di questa cornice normativa, gli EPE – in quanto enti pubblici – sono sog- getti alle misure di prevenzione e repressione della corruzione introdotte dalla legge 190/2012 (c.d. Legge Severino). Questa normativa impone, tra l’altro, l’adozione di un Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (PTPCT) e la designazione di un Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT), secondo le indicazioni del Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) emanato dall’ANAC.
Questi presìdi, se coordinati con i modelli organizzativi “231” e con gli adempimenti antiriciclaggio, contribuiscono a comporre un sistema integrato di tutela della legalità all’interno dell’ente.
Sinergie tra prevenzione della corruzione e del riciclaggio
La sovrapposizione tra la compliance al D.Lgs . 231/2001 e gli obblighi antiriciclaggio sanciti dal D.Lgs. 231/2007 non va vista come una duplicazione burocratica, bensì come un’opportunità di sinergia. Spesso, infatti, corruzione e riciclaggio si alimentano a vicenda e intercettarne gli snodi significa contrastarne efficacemente la possibilità d’infiltrazione nei gangli vitali dell’economia. Per questo, le misure di contrasto ai due fenomeni si integrano reciprocamente. La normativa anticorruzione delle P.A. (legge 190/2012 e PTPCT predisposti su indicazione dell’ANAC) e i MOG 231 possono essere interconnessi e influenzarsi reciprocamente; simmetricamente, le procedure anti- riciclaggio dovrebbero tenere conto dei rischi corruttivi associati.
Non a caso, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha riconosciuto – già nel Piano Nazionale Anticorruzione 2016 – “una logica di continuità fra i presìdi anticorruzione e antiriciclaggio” e l’utilità delle misure antiriciclaggio ai fini del contrasto della corruzione. Anche la disciplina attuativa ha favorito questa convergenza: il Provvedimento della UIF (Unità di Informazione Finanziaria) del 23 aprile 2018 ha stabilito che ogni Pubblica Amministrazione individui formalmente un “gestore” per le segnalazioni di operazioni sospette ed ha esplicitato la possibilità di affidare tale ruolo al RPCT, data la stretta correlazione tra i due ambiti di controllo. In pratica, l’ente può canalizzare le segnalazioni antiriciclaggio attraverso lo stesso ufficio che già presidia l’integrità e la trasparenza, creando un circuito virtuoso di informazioni.
Significativamente, ANAC e UIF hanno anche istituzionalizzato la loro collaborazione attraverso un Protocollo d’intesa siglato il 30 luglio 2014 (rinnovato nel 2019), che impegna le due Autorità a scambiarsi informazioni utili e a sviluppare congiuntamente indicatori, schemi e iniziative formative per rafforzare la capacità di individuare condotte anomale legate a corruzione e riciclaggio. In questa prospettiva, i “red flag” o indicatori di anomalia elaborati dalla UIF possono essere utilmente integrati nelle attività di audit e nei piani anticorruzione dell’ente.
Presìdi su misura e tutela dei vertici apicali
Un elemento centrale, nella filosofia che anima questo quadro normativo, è la necessità di calare presìdi, procedure e protocolli nella realtà concreta dell’organizzazione, evitando l’adozione di modelli meramente formali e standardizzati e, quindi, di sola “facciata”. Gli stessi documenti UIF sottolineano che indicatori e schemi di comportamento anomalo sono strumenti di orientamento importanti, ma non esaustivi né automaticamente decisivi.
Non è possibile, infatti, definire in astratto tutte le operazioni sospette, né basta la mera presenza di un’anomalia per fondare un sospetto: serve una valutazione ponderata del contesto. Ciò significa che ogni ente deve adattare ed eventualmente personalizzare i controlli interni e le soglie di allerta in base alla propria operatività. Ad esempio, un’azienda pubblica che gestisce appalti dovrà prevedere procedure specifiche per scrutinare la documentazione dei concorrenti e i flussi finanziari correlati, distinguendo le situazioni fisiologiche da quelle potenzialmente illecite.
Un MOG 231 o un sistema antiriciclaggio efficace richiedono, dunque, una progettazione ragionata, misurata sul rischio effettivo dell’ente, e poi un aggiornamento costante e una formazione mirata del personale, affinché le regole scritte diventino prassi quotidiana nell’ente. Va infine sottolineato che questi presìdi di legalità generano una tutela “circolare”: proteggono l’ente da responsabilità dirette e, al tempo stesso, rafforzano e tutelano la posizione dei suoi dirigenti e organi apicali. Un ente dotato di un MOG 231 adeguato e di sistemi di prevenzione anticorruzione e antiriciclaggio efficaci può evitare le pesanti sanzioni previste in caso di reati commessi dai propri dipendenti (beneficiando dell’esimente prevista dall’art. 6 del D.Lgs. 231/2001). Analogamente, nel campo antiriciclaggio, un’amministrazione pubblica che segnala tempestivamente operazioni sospette adempie al dovere di collaborazione at- tiva, evitando sanzioni amministrative. Tutto ciò in ultimo, assicura ai soggetti di vertice che abbiano diligentemente predisposto e attuato questi meccanismi di controllo la possibilità di meglio difendersi in caso di eventuali contestazioni, siano esse di natura civile o penale, ovvero in sede di giudizio erariale dinanzi alla Corte dei conti. Infatti, difficilmente potrà essere addebitata loro una “colpa gestionale” se hanno messo in campo tutti gli strumenti preventivi richiesti dalle norme.

In caso contrario, al danno si aggiungerebbe la beffa: l’ente colpito da una sanzione per carenze organizzative potrebbe rivalersi sui propri amministratori per essere manlevato dalle conseguenze subite, trovandosi al contempo esposto all’azione vigile della magistratura contabile.
Investire in compliance, dunque, conviene doppiamente: si tutela l’ente pubblico e si responsabilizzano i suoi amministratori, proteggendoli al tempo stesso. In questo contesto, un ruolo decisivo di promozione, supporto e coordinamento può essere svolto da Federcasa, in linea con i suoi scopi statutari e con la prospettiva di supporto che ne contraddistingue l’operato..
