Milkcoop magazine n.5 2019

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Milkcoop magazine - Il mensile delle filiere cooperative lattiero-casearie n.5_2019_ giugno

Il mensile delle filiere cooperative lattiero casearie

CAMBIAMENTO CLIMATICO una sfida per tutti


SOMMARIO 5

EDITORIALE di Fabio Perini

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GRANA PADANO INSIEME a cura del Consorzio Grana Padano

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CAMBIAMENTO CLIMATICO una sfida per tutti

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NUOVA PAC POST 2020

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FINANZA SOSTENIBILE

sempre più orientata al clima pubblicate le guideline della Commissione

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I ROBOT ENTRANO IN STALLA Il sistema robotizzato di mungitura è sempre più diffuso, pure oltre oceano. Un’espansione che continuerà anche in futuro. Ecco quali sono i vantaggi e perché tante aziende hanno già puntato su questa scelta.

COOPERATIVE E SOCI 20

FATTORIE CREMONA-PLAC

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AZIENDA OLIVIERI GIUSEPPE

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AZIENDA ACCARINI GIORGIO

si racconta

obiettivo: benessere animale

innovazioni digitali in campo

BRAINSTORMING DI FILIERA 32

I PRODUTTORI DI FORMAGGI STATUNITENSI CHIEDONO A TRUMP MISURE RESTRITTIVE NEI CONFRONTI DELL’IMPORT EUROPEO a cura di Ermanno Comegna


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INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Arla Foods lancia uno strumento per predire la produzione di latte, orientare i processi produttivi e analizzare i dati

PRIMO PIANO 35

DIREZIONE ECONOMIA CIRCOLARE

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UE, TERMINATE LE SCORTE DI LATTE

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BARRIERE COMMERCIALI

la Commissione, a giugno, annuncia lo svuotamento dei magazzini pubblicato il report della Commissione europea sul livello di barriere commerciali nei paesi terzi: nel 2018, 37 ostacoli in più

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GLI ITALIANI ATTENTI AL CIBO

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PROGETTO NET ZERO

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TRASPORTI SOSTENIBILI

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FILIERA SOSTENIBILE IN UK

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QR CODE USO NON SEMPRE FACILE

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EFSA ha condotto uno studio sui consumatori europei per vedere cosa si aspettano dal cibo che acquistano le cooperative statunitensi insieme per lavorare sulla sostenibilità

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ITALIA: INNOVATORE MODERATO

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CASEIFICIO TORRE PALLAVICINA

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EMMI SBARCA IN BRASILE

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LATTE UHT

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QUATAR, VERSO L’AUTOSUFFICIENZA

lo rivela uno studio USA

BLOCKCHAIN PER I FORMAGGI DOP in arrivo le prime forme di Asiago tracciate con la blockchain

ottenuta certificazione CRENBA sul benessere animale

il leader svizzero del latte acquisisce il 40% dell’industria brasiliana Porto Alegre i tedeschi ne consumano almeno 1 litro a settimana

FOCUS EXPORT 54

MERCATO PORTOGHESE

nuovi trend incrementano gli spazi per i formaggi stranieri, soprattutto nel comparto dei non lavorati a pasta dura

Friesland Campina insieme a Mette Maersk per testare biocarburanti a base di olio da cucina

QR CODE, uso non sempre facile

pubblicato il Quadro dell’Innovazione 2019: aumenta progressivamente la capacità di innovare dell’UE e delle sue Regioni

MERCATI 56

I TREND DI MERCATO

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I TREND DI MERCATO

cereal & oilseed latte e derivati

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COMUNICAZIONE DIGITALE

anche le aziende del food scommettono su questo canale

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L’EDITORIALE AMBIENTE E AGRICOLTURA: una sfida da cogliere di Fabio Perini

Tante le sfide che si affrontano anche in questo numero di Milkcoop. Il caldo anomalo di questi giorni, oltre a farci sudare ci fa riflettere, in primis al tema del cambiamento climatico. E’ vero che il connubio tra attività agricole, clima e ambiente non sempre lo vediamo di buon occhio. Tuttavia, è importante cominciare a riflettere seriamente, in modo strutturato e strategico su come affrontare questa sfida nei nostri territori e nelle nostre imprese. Sicuramente la nuova PAC, almeno quanto proposto finora, avrà un orientamento molto forte su questi temi; ma, oltre a questo, dobbiamo essere sempre più consapevoli che il tema della sostenibilità ambientale, cambiamento climatico, inquinamento e depauperamento delle risorse è sempre più una priorità per politica, governi, cittadini, popolazione e imprese. Dobbiamo essere capaci di cambiare il nostro punto di vista e renderci conto che rendere le nostre attività sostenibili non significa per forza avere una riduzione della redditività e competitività. Anzi, avere un comportamento virtuoso che integra efficienza produttiva, qualità e sostenibilità, può generare, se opportunamente gestito e comunicato, un ulteriore valore aggiunto alle nostre produzioni. Non dimentichiamoci poi che una gestione ottimale delle nostre risorse ci permette anche di preservarle più a lungo, riducendo così anche l’acquisto di input e servizi esterni. Sono molteplici gli spunti all’interno del magazine che ci fanno riflettere su questi temi, e su tanti altri. Buona lettura.

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GRANA PADANO DOP In economia si chiama filiera ed identifica una catena produttiva dal primo all’ultimo passaggio, da chi compie il gesto iniziale sino a chi vende il prodotto finito al consumatore o all’utente, definito finale, appunto. Negli incontri con gli addetti ai lavori e nelle comunicazioni ufficiali anche gli imprenditori ed i rappresentanti istituzionali del Grana Padano DOP e del suo Consorzio di Tutela usano questo termine. Ma credo che quello più adatto sia famiglia. E’ decisamente numerosa, con 40mila persone coinvolte, circa 4.000 allevamenti che conferiscono ogni giorno il latte a 127 caseifici, con 149 stagionatori che con cura accompagnano il formaggio sino alla maturazione scelta e 205 confezionatori che lo propongono ai consumatori nei packaging più adatti. Una catena che lavora 365 giorni all’anno. Come in tutte le famiglie, talvolta si discute anche animatamente, ma davanti alla difficoltà si fa fronte comune. Lo abbiamo dimostrato con grande orgoglio nel 2012 dopo il terremoto che devastò alcuni caseifici, mettendoci tutti a disposizione perché si risollevassero al più presto, come hanno puntualmente fatto. Lo facciamo usando i social e negli appuntamenti istituzionali, su tutte l’assemblea generale che da alcuni anni teniamo a primavera e in autunno, per discutere del presente e decidere sul futuro delle aziende del Grana Padano, di tutta la filiera o famiglia, appunto. Un’assemblea è dedicata al Piano Produttivo, quella guida che proprio noi per primi tanti anni fa, in una durissima situazione di mercato, adottammo per sceglierci un percorso che tra mille paletti e difficoltà ci consentisse di produrre nel 6

modo più adatto alle nostre caratteristiche e a quelle del mercato. Quella strada è stata poi percorsa da altri e oggi è il cammino indicato a tutti i consorzi dalla normativa per garantire la libertà di produrre, ma con un’attenzione precisa alle quantità e alla giusta remunerazione del prodotto. Ci sono voluti tempo e discussioni anche accese per convincere la stragrande maggioranza che quella scelta era vincente. Nel 2018 ne abbiamo avuto l’ultimo nitido esempio, con i prezzi che agli inizi dell’estate hanno ripreso a salire e la produzione sostanzialmente stabile, con consumi interni in crescita e l’export che ha staccato un nuovo primato, cresciuto in 20 anni quasi di cinque volte. Ci siamo riusciti anche puntando sul Riserva e sul grattugiato, investendo in promozione in Italia e all’estero, andando a cercare nuovi mercati e ribadendo il nostro “no” a dazi ed embarghi. Ma sappiamo che abbiamo ancora altre richieste da vedere soddisfatte per tutelare e far crescere il prodotto DOP più consumato al mondo, per fare impresa e mettere al sicuro il lavoro quotidiano di migliaia di persone e delle loro famiglie. Vogliamo che la tracciabilità della materia prima sia chiara ed evidente in tutta Europa, per rispetto del consumatore. Insistiamo perché il valore della DOP, patrimonio italiano ed europeo, sia riconosciuta sui mercati mondiali attraverso gli accordi bilaterali, a patto che sia effettiva e non diventi al contrario uno strumento per lasciare campo libero alle imitazioni oscure dell’italian sounding che inganna innanzitutto il consumatore. Siamo consapevoli che dobbiamo fare anche noi, tutti, di più per migliorare il nostro lavoro e il formag-

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gio che produciamo, offrendo così ancora più garanzie ai consumatori. Nell’ultima assemblea abbiamo preso decisioni importanti e inderogabili sul benessere animale, sulla sostenibilità ambientale e sul potenziamento dei controlli, perché siamo convinti che più la vacca sta bene, migliore è il suo latte e quindi migliore è il nostro formaggio. Ecco perché vogliamo stalle più accoglienti e la verifica organolettica sulle forme. E’ tanta dunque la strada che percorriamo, tutti i giorni, in tante tappe. Raccogliamo pareri, critiche, indicazioni, ma anche storie di impresa quotidiana che si scrivono nelle stalle, il primo anello della catena, il punto di partenza della filiera. Il Consorzio e i suoi operatori portano il Grana Padano Dop nel mondo, dove vanno anche i caseifici produttori raccogliendo successi e riconoscimenti. Dalla rete delle informazioni e dei social, dribblando le fake news, arrivano idee e domande in attesa di risposte. E’ questa dunque tutta la vita della famiglia del Grana Padano Dop che però va condivisa di più. Da oggi, con questa pubblicazione periodica, la renderemo pagina dopo pagina una storia di tutti. “Grana Padano Insieme – Valore Italiano” non è solo un titolo. E’ un impegno ed è una consapevolezza: ricordare a noi stessi, tutti, dall’allevatore al casaro, dallo stagionatore al venditore, che siamo una grande forza capace ogni giorno di produrre e portare nel mondo un grande patrimonio italiano di qualità, di storia, di lavoro. E con questa forza insieme, tutti, sapremo allargare sempre più la famiglia del Grana Padano ai consumatori di tutti i continenti.


Grana Padano Insieme

1.19

VALORE ITALIANO

GENNAIO/MARZO 2019 PERIODICO TRIMESTRALE DEL CONSORZIO GRANA PADANO

LE STALLE E LE STELLE

Rum ium eum ex eos ande con consequias ipisque derum quamet, que arum volorum, cum eat autatur aut eiciis eosant volum.

IN CASEIFICIO

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LA BORSA DEL LATTE

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GRANA PADANO PRIDE

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CAMBIAMENTO CLIMATICO una sfida per tutti

Il cambiamento climatico è un fenomeno che è sempre più pervasivo e interessa tutti noi, guida le scelte politiche, ma anche le strategie imprenditoriali e i comportamenti dei consumatori. Senza azioni concrete, si stima che la temperatura superficiale media mondiale supererà i 3 gradi centigradi entro la fine di questo secolo. Ovviamente in questo contesto, le persone più povere e vulnerabili sono quelle anche maggiormente colpite. Il cambiamento climatico è quindi

una sfida globale che non rispetta i confini nazionali: richiede soluzioni che devono essere coordinate a livello internazionale. Rientra in tal senso l’Accordo di Parigi alla COP21, entrato in vigore nel novembre del 2016, secondo il quale i paesi hanno concordato di lavorare nella direzione di attuare strategie e misure di riduzione e mitigazione degli effetti del cambiamento climatico globale con lo scopo di limitare l’innalzamento della temperatura ai 2 gradi centigradi.

THE POST-2020 COMMON AGRICULTURAL POLICY: ENVIRONMENTAL BENEFITS AND SIMPLIFICATION 8

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AGRICOLTURA E CAMBIAMENTO CLIMATICO Data la stretta dipendenza con le condizioni climatiche, l’agricoltura risulta essere uno tra i settori economici più vulnerabili ai cambiamenti climatici. Sono molteplici gli impatti del cambiamento climatico sulle attività agricole (come si vede dalla figura a lato), che tra le altre cose includono i seguenti aspetti: - l’aumento della durata della stagione di crescita termica porterà all’espansione verso nord delle aree in cui possono essere coltivate determinate colture (ad esempio, aree favorevoli a pascoli, grano e orzo dovrebbero espandersi nella zona boreale - Finlandia, Svezia, Lituania, Estonia, Lettonia). In alcune parti dell’Europa meridionale (ad esempio in Spagna), in alcuni casi le condizioni climatiche più calde consentiranno di spostare la coltivazione estiva in inverno; - sono stati osservati cambiamenti nella fenologia delle colture che continueranno a comportare una riduzione della durata della fase di riempimento di cereali e semi oleosi, anche se con effetti negativi sulla resa; - si prevede che l’aumento della temperatura aumenti l’incidenza di parassiti delle colture e di malattie degli animali; - un aumento del verificarsi di eventi estremi (ondate di calore, siccità e inondazioni), che sta già accadendo, dovrebbe aumentare il rischio di perdite di raccolto e danni alla produzione di bestiame, specialmente nell’Europa centrale e


Figure 1: Key past and projected impacts of climate change for the biogeographical reg

PRINCIPALI of Europe IMPATTI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO NELLE DIVERSE REGIONI EUROPEE

Source: EEA (2017) meridionale; Il successo dell’adattamento ai cam- La Commissione europea ha pub- si prevede un aumento della do- biamenti climatici richiederà molte- blicato a Giugno 2019 uno studio manda di irrigazione, in particolare plici azioni e interventi e richiederà esterno in cui viene fatta un’anali1.2.2 dove POLICY CONTEXT FOR CLIMATE ADAPTATION IN THE EU nell’Europa meridionale, esi- sistemi di governance nuovi (pianisi sul ruolo della PAC a favore delle ste già una notevole concorrenza ficazione delle emergenze, gestio- azioni per il clima, in termini di rileThe EU Strategy on Adaptation adopted by the Commission in 2013, aims to contribute to a tra i diversi utilizzatori d’acqua. ne del rischio, diversificazione dei vanza, efficacia, efficienza, coerenza climate-resilient Europe and enhance its preparedness and capacity to respond to the impacts of cl sistemi agricoli e delle attività ecoe valore aggiunto. Una sfidaat chiave per il futuro sarà national nomiche,and nonché azioni mirate per2017). The Paris Agreement has reinf change the local, regional, EU levels (COWI, In estrema sintesi, lo studio dimogestire la sempre maggiore adaptive impre- limitare gli impatti climatici e resilience allo the goal of 'enhancing capacity, strengthening andgrazie reducing vulnerability stra che al sostegno della to cl vedibilità delle condizioni meteo. stesso tempo il saper cogliere nuoPAC, il settore agricolo ha migliochange' Ma allo .stesso tempo non biso- ve opportunità). gna sottovalutare altri aspetti del La politica agricola comune (PAC) rato le sue performance nel temcambiamento climatico, come ad ha quindi un ruolo chiave da svol- po con la diffusione e adozione di pratiche benefiche perby il clima, pur Stat The objectives the EU’s diClimate Adaptation Strategy are to promote action Member esempio l’aumentoofdell’umidità gere nella promozione di azioni per mantenendo le specificità e caratalcune aree o lathem maggiore proba- combattere cambiamentowhich clima- are relevant to their context; to pro encouraging to develop adaptationil strategies dei territori e e delle probilità e gravità degli eventi meteotico e nella mitigazione dei suoi ef- teristicheand better-informed decision making by addressing gaps in knowledge; to promote adaptation i duzioni locali. rologici futuri (EEA, 2017c). fetti.

vulnerable sectors (of which agriculture is considered to be one) by mainstreaming adaptation a into policies such as those for cohesion, fisheries and agriculture. Confcooperative Lombardia - Milkcoop magazine n.5_2019_giugno 9


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NUOVA PAC POST 2020 sempre più orientata al clima Nella nuova PAC post 2020, la Commissione intende dare sempre più importanza ai temi ambientali, prevedendo misure specifiche, sempre più ambiziose, che premino gli sforzi degli agricoltori nelle azioni a favore del clima e dell’ambiente, in particolare: - impostare traguardi sempre più ambiziosi sui temi ambientali e climatici, con lo sviluppo di una nuova “architettura verde” anche più semplificata; - prevedere piani strategici nazionali e regionali orientati agli obiettivi ambientali; - aumentare il bilancio per ricerca e innovazione destinato ad azioni per lo sviluppo delle filiere agro-alimentari e del territorio rurale orientate alla riduzione delle emissioni agricole e dell’impatto ambientale. L’obiettivo è quindi quello di dare una maggiore spinta all’attenzione all’ambiente da parte degli agricoltori, incentivare lo sviluppo di soluzioni innovative - basate anche sull’uso della tecnologia e di applicazioni digitali - e sviluppare strumenti normativi e operativi più semplificati. Nel corso degli anni, la politica agricola comune (PAC) ha sempre più affinato la propria attenzione e orientamento verso l'ambiente e il cambiamento climatico. Tra le altre cose, le emissioni di gas a effetto serra (GHG) provenienti dal settore agricolo dell'UE sono scese del 21% nel periodo 19902014. Tuttavia, ci sono ancora sfide ambientali molto importanti. L'UE, nel prossimo periodo di programmazione, continuerà il suo impegno per ridurre ulteriormente le emissioni di gas a effetto serra; ma allo stesso tempo a tutelare proteggere le principali risorse naturali (suolo, aria e acqua) che sono ancora sotto pressione in molte aree.

Ci si trova in una situazione in cui da una parte, cittadini, governi e società si aspettano una PAC sempre più ambiziosa in materia ambientale e dall’altra parte c’è una elevata complessità e diversità degli strumenti attualmente previsti. La nuova PAC vuole quindi andare incontro a quelle che sono le esigenze della società da una parte e rendere gli strumenti normativi più snelli dall’altra. Di seguito si riportano i principali aspetti che evidenziano come la prossima PAC intende dare risposta a queste sfide ambientali. Approccio globale della PAC Nella nuova PAC, post 2020, è pre-

visto che ciascuno Stato membro elabori un “piano strategico della PAC”. Nel suo piano, ogni Stato membro analizzerà la situazione sul suo territorio in termini di punti di forza, punti di debolezza, opportunità e minacce (SWOT) - e le sue esigenze correlate - rispetto ai macro obiettivi. Saranno fissati obiettivi, con indicatori quantificati, e gli specifici interventi per raggiungerli. Tra gli obiettivi della PAC che devono essere presi in considerazione all’interno dei piani strategici nazionali, rientrano anche quelli di tipo ambientale: emissioni, energia, uso di pesticidi, ecc. Nei piani strategici nazionali saranno definite specifiche condizioni riguardanti la condi-

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LA NUOVA ARCHITETTURA VERDE LA NUOVA "ARCHITETTURA VERDE" Servizi di consulenza aziendale

Trasferimento di conoscenze

Obbligatorio per gli agricoltori

Regimi Ecologici del I Pilastro

+

Misure per il Clima/Ambiente del II Pilastro

(Misure agroambientali, forestali, investimenti… )

(Misure agroambientali, forestali, investimenti… )

Greening

(3 obblighi dettagliati sulla diversificazione delle colture, prati permanenti e aree di interesse ecologico)

Condizionalità

(su clima/ambiente, 7 standard BCAA (acqua,suolo, stock di carbonio, paesaggio) e requisiti delle Direttive sui Nitrati e Natura 2000)

zionalità e altri interventi specifici per l’ambiente che vedranno poi la loro applicazione sia attraverso il I che II pilastro. La novità e l’ambizione è che le azioni e interventi specifici saranno pianificati congiuntamente nei piani strategici nazionali e quindi saranno ben coordinati. Una nuova condizionalità Il nuovo meccanismo previsto nella PAC post 2020 sarà più ambizioso e unirà e migliorerà gli aspetti dell’attuale condizionalità e del greening. La condizionalità è un meccanismo che vincola i pagamenti PAC per superficie e animali (I o II pilastro) ad una serie di obblighi ambientali che gli agricoltori sono tenuti a rispettare. Quando i beneficiari di questi pagamenti non rispettano gli obblighi, i pagamenti possono essere ridotti. Il greening è un sistema di paga12

Nuova architettura

Nuova condizionalità rafforzata

(sul Clima/Ambiente, 14 pratiche basate su criteri minimi europei (cambiamenti climatici, acqua, suolo, biodiversità e paesaggio) e requisiti della Direttiva Nitrati, Direttiva Quadro Acqua, Direttiva Natura 2000)

mento previsto nel I pilastro che prevede il rispetto di alcune pratiche benefiche per il clima e l’ambiente, a fronte del quale si riceve il pagamento verde. Echo scheme - Regimi ecologici Si tratta di schemi di pagamento previsti nel I pilastro della PAC che vengono erogati all’agricoltore per impegni ambientali aggiuntivi. In particolare, gli eco-schemi offrono la possibilità di concedere pagamenti diretti e incentivi agli agricoltori che adottano misure a favore dell’ambiente (valutati oltre i costi sostenuti o il mancato guadagno dovuto all’adozione di queste pratiche). Misure ambientali nel II pilastro Il “secondo pilastro” della PAC - il sostegno allo sviluppo rurale - continuerà a offrire una vasta gamma di strumenti a favore dell’ambiente

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Obbligatorio per gli agricoltori

Obbligatorio per gli agricoltori

Misure per il Clima/Ambiente del II Pilastro

Requisiti richiesti

Cooperazione

Volontario per gli agricoltori

Volonario per gli agricoltori

Architettura attuale

Innovazione

e del clima. Saranno innanzitutto mantenuti gli aiuti a superficie (per ettaro o animale). Un’altra parte importante sarà costituita dai pagamenti per impegni in materia di ambiente, clima e altri impegni di gestione, che comprendono quelli che sono attualmente noti come “impegni agroambientali” (e la conversione o il mantenimento di un’agricoltura biologica). Altri tipi di pagamento previsti nel secondo pilastro della PAC, a favore di clima e ambiente, includono il supporto alla formazione e consulenza agli agricoltori; investimenti specifici per ridurre l’uso delle risorse e efficientare i processi; progetti innovativi; e azioni di cooperazione tra diverse imprese e altri soggetti.


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FINANZA SOSTENIBILE

pubblicate le guideline della Commissione

FINANCING

SUSTAINABLE

GROWTH

FINANCING

#SustainableFinanceEU

La Commissione europea ha pub- e adattamento al cambiamento cli- ro, l’ICT e il settore abitativo. blicato le guideline di riferimento - matico. La seconda pubblicazione riguarda nell’ambito del Sustainable Finance Nel primo, viene fattaFINANCE una classifica- i criteri con cui investire in attività SUSTAINABLE Action Plan - che fornisce indicazio- zione delle diverse attività economi- green (EU Green Bond Standard), ni sulle modalità di comunicazione che ininvestments base all’impatto ambientale Major private and public are needed to transformindividuando the EU economyquali to deliver on le attività sono dell’impatto climaticoclimate, delle attività che possono generare. L’obiettivo è ambientalmente environmental and social sustainability goals, including the Paris Agreementsostenibili and the per indi business delle imprese. fornire una guida pratica ai decisoUN Sustainable Development Goals (SDGs). centivare gli investimenti in questa #SustainableFinanceEU Sono altresì stati pubblicati 3 re- ri politici, alle industrie e investitori direzione. port tecnici, elaborati Sustainable dal gruppofinance di sumakes qualisustainability attività economiche vanno considerations part of financial decision-making. l’ultimo report This riporta diveresperti on sustainablemeans finance, nella direzione so-andInfine, moreche climate neutral, energy- di andun’economia resource-efficient circular projects. Sustainable si indici e indicatori che gli investiSUSTAINABLE includono anche specifiche Sono state FINANCE analizzate finance isracconeeded tostenibile. implement the Commission’s strategyattowards achieving the SDGs. mandazioni sulla tipologia di attivi- tività di tutti gli ambiti e settori che tori possono usare per fare le loro scelte, in economy un’otticatodideliver investimenti tà economiche cheMajor possono fornire spaziano dall’energia, ai trasporti, private and public investments are will needed to transform thenatural EU Integrating sustainability considerations mitigate the impact of disasters as well on un reale contributoclimate, alla all’agricoltura, fino alissues manifatturiesostenibili. as mitigazione environmental and social sustainability that can affect the and financial environmental and social sustainability goals, including theeconomy Paris Agreement and the

SUSTAINABLE

GROWTH

markets. UN Sustainable Development Goals (SDGs).

Valdis Dombrovskis, Vice-Presidente responsabile della Stabilità Finanziaria, Servizi Finanziari e Mercato Unico dell’Unione, ha affermato: “L’emergenza climatica Sustainable finance makes sustainability considerations part of financial decision-making. This Less economic harm caused bydirezione di un climanon ci lasciameans più nessuna scelta, seenergynon quella di andare nella more climate neutral, and resource-efficient and circular projects. Sustainable increased weather-related damage finance is needed to implement the Commission’s strategy towards achieving thesono SDGs. un imte-neutral economy model. Le guideline pubblicate dalla Commissione portante strumento a disposizione delle imprese che le può supportare nell’implesustainability considerations will mitigate impact of natural well mentazione Integrating di strategie che renda il loro business piùthe sostenibile e alodisasters stessoas tempo as environmental and social sustainability issues that can affect the economy and financial guidi gli investitori nella scelta delle attività sui cui investire.” markets. INVESTORS

CAPITAL

SUSTAINABLE INVESTMENTS

HEALTHY PLANET

Greater consideration of investors’ sustainability preferences Less economic harm caused by

increased weather-related damage

INVESTORS

“To meet our Paris targets, Europe needs between €175 to €290 billion in additional yearly investment in the next decades. We want a quarter of the EU budget to contribute to climate action as of 2021. Yet, public money will not be enough. This is why the EU has proposed hard law to incentivise private capital to flow to green projects. leadershipINVESTMENTS will inspire others to walk nextHEALTHY to us. WePLANET CAPITALWe hope that Europe's SUSTAINABLE are at two minutes to midnight. It is our last chance to join forces.”

Greater consideration of investors’ sustainability preferences

14

VALDIS DOMBROVSKIS Vice-President in charge of Financial Stability, Financial Services and Capital Markets Union

Confcooperative Lombardia - Milkcoop magazine “To meet our Paris targets, Europen.5_2019_giugno needs between €175 to €290 billion in additional



I ROBOT ENTRANO IN STALLA Il sistema robotizzato di mungitura è sempre più diffuso, pure oltre oceano. Un’espansione che continuerà anche in futuro. Ecco quali sono i vantaggi e perché tante aziende hanno già puntato su questa scelta

Avere una mano in più in stalla o nei campi, accelerare i tempi di raccolta e mungitura, risparmiando fatica e consumi e in un’ottica di sostenibilità ambientale: le tecnologie in agricoltura hanno anche questi scopi. Nelle aziende il loro utilizzo è sempre più diffuso e pervasivo in tutti gli ambiti: vengono usate per gestire l’alimentazione degli animali, per controllare il loro stato di salute, per gestire i campi coltivati, per raccogliere dati e informazioni, ecc. Le tecnologie permettono quindi di effcientare e migliorare i processi interni all’azienda, ma allo stesso tempo ottimizzare la gestione dell’intera filiera. Possono essere 16

usate anche come leva e strumento di marketing e comunicazione verso l’esterno. Un’applicazione molto diffusa e fortemente impattante delle tecnologie in azienda riguarda i sistemi autommatizzati per la mungitura.

Come funziona il robot

Una delle differenze fondamentali fra la classica sala di mungitura e il robot è che mentre la prima è gestita e organizzata dall’uomo, il secondo lascia alla vacca la libertà di scegliere quando e quante volte essere munta. Quando gli animali entrano nel robot sono riconosciute grazie a un collare che contiene un sensore.

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Il sistema robotizzato di mungitura, oltre al riconoscimento degli animali, si caratterizza per la presenza di un box di contenimento. Spesso presente anche un’area sosta: in pratica se la vacca trova il robot già occupato, aspetta il suo turno in uno spazio riservato. La macchina è dotata di un braccio robotizzato; un sistema di individuazione della posizione dei capezzoli e un altro di lavaggio della mammella. Presente anche un sistema di attacco automatico del gruppo di mungitura. Il robot per ogni singolo animale rileva tutta una serie di parametri, che variano in base alla tipologia prescelta: il numero di mungiture, la ruminazione, il calore, la conducibilità elettrica e la quantità di cellule somatiche nel latte. Tutti i dati sono poi canalizzati grazie a un software sul pc o lo smartphone del titolare dell’azienda, che può così avere informazioni sul singolo animale e intervenire preventivamente in caso di anomalie. I vantaggi? Gli animali stanno meglio e la produzione del latte è maggiore, hanno testimoniato diversi agricoltori che già usufruiscono di questo sistema. La possibilità di introdurre sistemi computerizzati di gestione della


mandria e di automatizzare varie operazioni di stalla costituisce un importante progresso tecnologico nella conduzione bovina. Lo aveva già messo in luce il Crpa (Centro ricerche produzioni animali spa), in un’indagine che risale a una decina di anni fa, svolta in collaborazione con l’Università di Bologna, dal titolo “Studio di fattibilità sull’automazione integrale delle sale di mungitura tradizionali”. Secondo l’indagine, quasi l’85% degli intervistati aveva dato un giudizio positivo o parzialmente positivo riguardo i sistemi computerizzati di identificazione e gestione della mandria.

La diffusione

Nel tempo il robot di mungitura ha accolto sempre più consensi, diffondendosi in molti territori, come dimostrano alcuni report effettuati in Europa e oltreoceano. Nel corso degli anni i sistemi di mungitura robotica o automatica (AMS) sono cresciuti costantemen-

te, sia in termini numerici che di consensi, in tutto il settore lattiero caseario, sin dall’installazione della prima unità commerciale nel 1992 nei Paesi Bassi. Nel 2015, secondo un report messo in campo da alcuni specialisti del settore, con il coinvolgimento dell’Università del Nebraska-Lincoln, il numero di unità AMS installate era superiore a 25mila in tutto il mondo: “I robot sono stati visti come il modo migliore e più all’avanguardia per la mungitura perché permettono di ridurre il carico di lavoro e allo stesso tempo consentono ai produttori di dedicare più tempo alla cura degli animali”. Da un sondaggio su 10 caseifici degli Stati Uniti e 15 caseifici canadesi che avevano installato un robot, è stato messo in luce che il 70% delle aziende agricole ha registrato una diminuzione dei costi salariati del lavoro. Ma sono anche altri i vantaggi che ne possono derivare: a cominciare dalle informazioni che

la macchina fornisce all’agricoltore, tra cui la quantità di produzione di ogni animale, la frequenza di mungitura, l’attività di ruminazione e movimento, con una sorta di preallarme per quanto riguarda le malattie. Queste informazioni possono a loro volta aiutare l’azienda a prendere decisioni più informate sulla gestione delle mandrie. Anche dall’altra parte dell’oceano, in Nuova Zelanda, sono stati condotti studi e ricerche, partendo da una domanda: il sistema dei robot di mungitura può funzionare anche per le vacche allevate nei pascoli neozelandesi? Per rispondere è stato messo in piedi nel 2001 il progetto Greenfield, in cui è stato coinvolto anche DairyNz, portale web neozelandese dedicato all’allevamento delle vacche da latte e attuato a Hamilton proprio per verificare se la mungitura automatica potesse funzionare in un sistema basato sul pascolo e se potesse es-

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sere vantaggioso economicamente per le aziende della Nuova Zelanda, come spiegato dal Scienze Learning Hub. Il Greenfield Project ha visto la collaborazione anche degli scienziati di DairyNZ e degli agricoltori che lavorano con gli ingegneri di Sensortec Ltd., l’Università di Waikato e il Waikato Automatic Milking Farmer Group. Una decina d’anni dopo l’avvio del progetto, molte aziende avevano scelto di adottare il robot di mungitura. Segno che quel sistema può essere usato anche in contesti diversi. I Paesi Bassi sono stati i primi a vedere entrare nelle stalle un robot di mungitura. Da allora la loro presenza nelle aziende è lievitata sempre più. Secondo la fondazione olandese KOM (per la manutenzione e l’assistenza), oggi ci sono quasi 4mila sistemi di mungitura automatizzati, per un totale di 17.667 impianti di mungitura. Ciò significa che oltre il 22% degli agricoltori olandesi possiede un robot.

Le guide ad hoc

Con il diffondersi dei robot di mungitura si sono anche diffusi report e linee guida che forniscono informazioni tecniche agli agricoltori che li supporti nel processo decisionale di scegliere se o come utilizzare i 18

robot. Il passaggio alla tecnologia robotica richiede un’attenta valutazione basata su diversi fattori, costo, costi di esercizio annuali, capacità, affidabilità e opzioni di servizio, per citarne alcuni: lo sottolinea AHDB Dairy, organizzazione no-profit in UK, che ha stilato una guida proprio sui robot di mungitura. Nel documento viene messo in chiaro che come decisione preliminare occorre verificare cosa ci si aspetta dalla tecnologia di mungitura robotizzata, al fine di valutare i diversi sistemi disponibili. I motivi che spingono verso il robot variano da agricoltore a agricoltore, ma alcuni dei più citati includono: la maggiore flessibilità, il miglioramento del benessere degli animali, il maggior coinvolgimento in azienda delle persone più giovani, la prospettiva di aumentare la redditività. Nella guida si forniscono anche indicazioni in merito agli aspetti economici, per valutare se questo tipo di investimento è il più adatto per la propria azienda agricola. E poi ancora spunti per quanto riguarda i razionamenti necessari. Si dissolvono inoltre alcuni dubbi sugli animali: “Le vacche si sono abituate al nuovo sistema molto più velocemente di noi” hanno raccontato alcuni agricoltori passati a questo sistema. In genere, quando gli animali passano alla mungitura robotizzata, sono necessarie 3-4 settimane per assestarsi. “Incoraggiando quotidianamente il maggior numero di vacche possibile a entrare nel robot, entro tre mesi, quasi tutte usano il nuovo sistema”, è spiegato nel report.

E in futuro?

Tra il 2013 e il 2018, il mercato delle macchine per mungitura ha registrato una crescita impressionante, pari a circa il 600%, attribuibile principalmente alla rapida penetrazione dell’automazione nel settore lattiero-caseario. Ed è stimata una crescita altrettanto consistente fino

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al 2027, secondo quanto rileva uno studio di ricerca Fact.MR su queste macchine, per le quali l’Europa rimane il principale mercato, con un fatturato di oltre il 30%. Mentre l’Asia dovrebbe essere il mercato più in crescita, anche per la forte evoluzione del settore lattiero caseario in tutto quell’area. Diversi i fattori che stanno portando e porteranno anche in futuro a un utilizzo sempre più diffuso delle macchine di mungitura. Uno di questi riguarda il ruolo stesso delle attrezzature avanzate e tecnologiche per il settore lattiero-caseario: fino a poco tempo fa era limitato alle scelte individuali delle aziende, oggi invece questi strumenti stanno diventando parte integrante del processo di produzione di piccole e medie imprese di tutto il settore. L’adozione di macchine per la mungitura sta inoltre aumentando con l’esigenza dei produttori di latte di ottenere una migliore gestione della mandria e al contempo una produzione di latte di alta qualità per soddisfare la crescente domanda al riguardo da parte dei consumatori. Vanno in questa direzione tutti i processi tecnologici che permettono agli operatori di effettuare controlli più facilmente e in maniera più efficace sullo stato di salute degli animali. Il benessere degli animali è un parametro ormai imprescindibile per chi gestisce un’azienda agricola, di piccole o grandi dimensioni. E i robot o più in generale le macchine automatizzate per la mungitura sono in grado di offrire alle vacche il massimo comfort e libertà di movimento. Se gli animali stanno bene anche la produzione di latte è migliore.


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COOPERATIVE E SOCI

FATTORIE CREMONA – PLAC SI RACCONTA

La cooperativa, che produce Grana Padano Dop e Provolone, fondata nel 1933 ha da poco cambiato marchio. Un cambiamento che è parte di una strategia che guarda al futuro. Ecco quali sono le sfide di oggi e domani, che è pronta ad affrontare

Le macchine sono al lavoro nella casara, la sala dove inizia la trasformazione del latte che poi diventerà Grana Padano Dop. Sono le 16 di un pomeriggio infrasettimanale di primavera: fuori il sole, dentro la sala il rumore delle attrezzature in funzione e del lavoro dei dipendenti. Due squadre all’opera, si alternano con altre due nell’arco delle 24 ore, 20

per 365 giorni all’anno. In tutto una quarantina le persone impiegate. Il dietro le quinte del Grana Padano Dop prodotto da Fattorie Cremona – Plac, nel caseificio di Persico Dosimo, inizia qui, in questa casara, dove arriva il latte, che poi viene raccolto nelle vasche. La cooperativa, guidata da Cesare Baldrighi, raccoglie 150mila tonnel-

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late di latte all’anno, con cui produce 200mila forme di Grana Padano (75% del latte conferito). Produce anche Provolone Valpadana Dop e Provolone Fattorie Cremona, formaggio che assorbe il 15% della raccolta. Per entrambi i formaggi c’è anche la linea bio. Il restante 10% di latte viene venduto. Oggi i soci sono 87. La storia di Fattorie


IL NUOVO MARCHIO

Da Plac a Fattorie Cremona: il percorso di cambiamento del marchio commerciale ha avuto step intermedi, ma con una precisa strategia finale. Il primo passaggio è stato quello di puntare a dare alla parola “Cremona”, un peso rilevante e dominante. “L’indicazione geografica per i prodotti alimentari è fondamentale, perché in Italia le aziende alimentari hanno due categorie di nomi o il nome della famiglia o il nome del paese d’origine. Noi essendo una cooperativa abbiamo deciso di esaltare quest’ultimo aspetto”, spiega Guarneri. Questa indicazione è stata fondamentale, ma non sufficiente. Il vero cambio di pelle è stato quello di affiancare a una definizione geografica chiara anche un inquadramento di contenuti e di valore che emergesse in modo palese: hanno puntato quindi sulla parola “Fattorie”, (“dice in maniera chiara descrive che siamo agricoltori e legati al territorio”). E poi è stata messa al centro la data di fondazione, 1933, che serve a trasmettere storia, profondità e solidità. Inserita anche la bandiera italiana stilizzata che fuga ogni dubbio sull’origine, anche in un contesto internazionale. A totale completamente del marchio hanno deciso di inserire pure una rappresentanza grafica, il disegno di una vacca e un agricoltore, che fa parte a tutti gli effetti del marchio.

Cremona - Plac parte da lontano, negli anni si è ampliata, anche territorialmente. Oggi la cooperativa sta affrontando le sfide che arrivano dall’evolversi del mercato, con un occhio alle trasformazioni connesse al digitale e un altro rivolto alle certificazioni, dal benessere degli animali, alla sostenibilità, senza dimenticare, anzi mettendo in risal-

to, anche con il nuovo marchio, la tradizione e la sua storia. Da poco hanno aperto una nuova Bottega, a Persico Dosimo, che riunisce in uno stesso spazio, ampio 400 metri quadrati, un percorso didattico e divulgativo e un punto vendita.

La storia

La Plac (Produttore di Latte Asso-

ciati Cremona) è stata fondata nel 1933 da 19 agricoltori. “La motivazione che allora li spinse a unirsi è stata quella di poter gestire e vendere il proprio latte e trasformalo in formaggio, per poter meglio difendersi dalle crisi di mercato, che colpivano frequentemente il settore già in quegli anni – racconta Giovanni Guarneri, consigliere d’am-

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mercato, anche nel caso del Parmigiano Reggiano, con una parte importante della catena del valore come integrati, completi e affidabili”, sottolinea Guarneri.

I mercati e le ombre commerciali

ministrazione della cooperativa - Le crisi sono cicliche ma in passato gli agricoltori rischiavano di chiudere da un anno con l’altro. E c’era molto conflitto con i compratori di latte. Quindi è nata l’idea della cooperativa”. La prima sede è a San Pietro, sempre in provincia di Cremona dove è preso in affitto il primo caseificio, già nel 1938 si arriva a Persico Dosimo. Il numero di allevatori negli anni cresce in maniera esponenziale. Negli Anni Cinquanta/Sessanta si arriva a quasi 600 soci. La prima produzione casearia importante della Plac è il provolone, che in determinati momenti storici assorbe il 60% della raccolta di latte. Negli anni Cinquanta si affianca la produzione di Grana Padano DOP, che poi diventerà quella più rilevante. Una decina d’anni dopo inizia una fase di ristrutturazione e l’attività della cooperativa si focalizza solo nella trasformazione del latte. Negli anni Ottanta, la raccolta del latte era di 60mila tonnellate all’anno, pian piano aumenta. Viene quindi ricostruita la casara del Grana Padano negli Anni Novanta, i magazzini di stagionatura sia del Grana Padano, sia del Provolone. “Con l’aumento della raccolta aumentano le strutture per gestire il formaggio e cala il numero dei soci – sottolinea Guarneri - perché 22

nel frattempo finisce il processo di crescita numerica delle stalle iniziato nel dopoguerra e inizia una fase di ristrutturazione del settore zootecnico cremonese e lombardo e anche nazionale. Inizia una crisi di mercato molto profonda, che porta non solo a una perdita di soci, ma anche a delle fuoriuscite, momenti difficili che sono stati superati anche con l’impegno finanziario degli stessi soci, ci sono stati dei momenti in cui hanno garantito loro per i magazzini della cooperativa e anche per il suo capitale circolante”. Gli 87 soci sono distribuiti fra la provincia di Cremona (quota principale), nella zona limitrofa con Brescia e una parte, dal 2010, anche a Mantova. Persico Dosimo è la sede della cooperativa, ma ci sono altre tre unità operative: dal 2010 è stato fuso per incorporazione il caseificio cooperativo Latteria Italia che produce Grana Padano a Mantova, due anni dopo a Cremona è stato acquisito un centro di confezionamento per Grana e Provolone e dallo scorso anno è stato acquistato anche un centro di confezionamento nella zona di produzione del Parmigiano Reggiano, a Fornovo di Taro, provincia di Parma. “La decisione di attivare un centro di confezionamento in questa zona è legata anche al fatto di riuscire a presentarsi sul

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L’Italia resta per Fattorie Cremona – Plac il mercato principale. Inizialmente operavano attraverso una rete di vendita diretta con 40 agenti. “Poi le cose si sono evolute – puntualizza Guarneri - abbiamo cominciato a presidiare anche la grande distribuzione. Ora sviluppiamo in Italia il 90% del nostro fatturato. L’altro 10% in costante crescita è legato ai mercati esteri, quelli più importanti sono Spagna, Grecia, Germania, Corea e gli Usa. Fra gli emergenti il Middle East. Un quadro in continua evoluzione, quello estero, che non può non tenere conto anche delle politiche adottate nei singoli Stati. Lo spiega Guarneri: “Speriamo che le politiche protezionistiche di Trump non abbiano il sopravvento. E ci preoccupa anche quello che sta succedendo in Inghilterra, per noi l’Inghilterra è un mercato importante. L’hard brexit per il settore lattiero caseario vorrebbe dire uno shock analogo al bando russo, che fra l’altro in Ita-


lia ha colpito gravemente ma indirettamente, mentre nel caso della brexit ci colpisce gravemente e direttamente. Queste sono le ombre commerciali con cui abbiamo a che fare in questo momento storico”.

La distribuzione

Dal punto di vista commerciale un anno fa la cooperativa ha presentato un nuovo marchio, ora è Fattorie Cremona (per dettagli vedi box). “Il marchio Plac ha sempre e

da sempre avuto un significato per i distributori e ha una valenza corporate. Con la creazione del marchio Fattorie Cremona abbiamo cercato di indirizzarci in modo diretto ai consumatori”, dice Guarneri, che aggiunge: “Questo marchio è fondamentale per noi in Italia e importante all’estero. All’estero ci accompagna il marchio Grana Padano DOP che ha una notorietà dominante su tutti i marchi aziendali.”. Per quanto riguarda l’estero, i rap-

porti commerciali variano da singoli paesi: “Dove possiamo cerchiamo di arrivare con il nostro marchio, quindi vendiamo il prodotto attraverso l’agente diretto o tramite l’importatore. Ci sono situazioni in cui i passaggi commerciali aumentano e l’utilizzo del marchio rischia di perdere valore”. E per quanto riguarda l’Italia? “Qui per poter lavorare bisogna comunque fare i conti con la grande distribuzione e i marchi commerciali dei distributori,

LA NUOVA BOTTEGA

Alle spalle i campi, davanti una scalinata che conduce all’ingresso della nuova Bottega di Fattorie Cremona, inaugurata lo scorso anno e realizzata in un edificio storico degli anni Venti, una volta utilizzato come magazzino del grano, ora rimesso a nuovo. La ristrutturazione ha permesso di esaltarne tutte le caratteristiche architettoniche: appena si entra si trova davanti l’area vendita. Sulla sinistra si snoda un percorso divulgativo e didattico multimediale. Perché la nuova Bottega di Fattorie Cremona, di fianco allo stabilimento di produzione, a Persico Dosimo, riunisce questi due diversi aspetti. L’obiettivo è stato quello di combinare l’esperienza di acquisto con quello che la cooperativa e la sua filiera rappresentano. Un lungo pannello, con immagini dei soci, ripercorre la sua storia e in cui lo storytelling prende forma. Un’altra area, con schermi touch, spiega come avviene la produzione di formaggio in tutte le sue fasi. In un altro schermo tutte le informazioni nutrizionali dei prodotti. E poi ancora la possibilità di avere ricette a portata di pc. Fra gli scaffali de La Bottega si possono trovare i prodotti dell’azienda, Grana Padano e Provolone in primis, e quelli tipici della zona, dalla pasta secca ai salumi, passando per i prodotti da forno. “Questa Bottega è di fatto il nostro biglietto da visita non solo verso i consumatori, ma anche verso i distributori – dice Guarneri - Svolge una funzione non solo di fatturato e di vendita, che chiaramente c’è e fa parte degli obiettivi, ma anche di rappresentazione dell’idea di Fattorie Cremona – Plac”. Confcooperative Lombardia - Milkcoop magazine n.5_2019_giugno

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le cosiddette private label, che comunque hanno una quota di mercato molto alta, in tutte le categorie merceologiche, anche dei formaggi. Quindi un operatore sul mercato non può esimersi dal fare private label e anche noi in portafoglio abbiamo alcuni marchi di distributori. Inoltre una parte delle vendite del Grana Padano viene ceduto a stagionatori. A proposito di marchio, ora il Provolone non raccoglie più la maggior parte del latte, ma resta per Fattorie Cremona - Plac un prodotto importante: per sostenerlo commercialmente e per essere presenti sul mercato con un prodotto riconoscibile, hanno sviluppato una linea dedicata di prodotto selezionato, stagionato a lungo che è diventato il provolone Sigillo Rosso. “Prodotto che ci distingue e ci caratterizza e ci permette di coltivare anche agli occhi del consumatore l’immagine di azienda specializzata”.

Nuovi progetti digitali e non Avendo più unità produttive il po-

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tenziamento e lo sviluppo di una parte logistica per la consegna delle merci è diventato fondamentale ed è oggetto di un piano di investimenti più ampio, che prevede più interventi, partito qualche mese fa e che impegnerà la cooperativa per un paio d’anni. L’investimento è di 10 milioni di euro. La cooperativa sta lavorando anche sul fronte delle innovazioni tecnologiche. “Stiamo facendo al riguardo riflessioni interne”, sottolinea Guarneri. Intanto ha preso corpo l’integrazione a valle delle vendite: i flussi del ricevimento ordine e dei rapporti con i clienti sono già in parte digitalizzati. Lavori in corso, invece, per la digitalizzazione dei rapporti coi soci, per la quale si sta già facendo la raccolta dati. Stanno lavorando su due piani diversi: da un lato la digitalizzazione delle comunicazioni dalla cooperativa verso i soci, sia informazioni di tipo tecnico, sia di vita della cooperativa. Dall’altro lato ci sono tutte le informazioni che alimentano la certificazione di filiera, dai mangimifici che forniscono le stalle e poi dalle stalle arrivano a cascata alla cooperativa e poi da qui verso il cliente.

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“Sarà oggetto di sviluppo – puntualizza il consigliere d’amministrazione - Ci sono alcuni esempi nel settore lattiero caseario e li stiamo valutando. Questo permetterà di avere un controllo totale sulle forniture di tutti gli alimenti, su tutti gli animali in modo che le partite di latte che arrivano alla trasformazione e poi diventano formaggio possano essere verificate a 360 gradi”. Un progetto articolato, che in questa fase non prevede l’utilizzo della blockchain. Però questa tecnologia quasi sicuramente verrà inserita cammin facendo, perché, sottolinea Guarneri, “permette di avere la certezza dei dati, una forte trasparenza e utilizza prevalentemente dati machine su machine. È chiaro che servono device nelle stalle o nei caseifici per raccogliere i dati in modo automatico e quindi dare solidità e credibilità alle informazioni. Questo tipo di informazioni raccolte con sensori e dispositivi nel mondo lattiero caseario non è ancora sviluppato, ma lo sarà e consentirà di gestire molto probabilmente anche le informazioni legate al benessere animale e agli impatti ambientali.


Stiamo ragionando su tutte queste potenzialità”.

Le certificazioni

Fattorie Cremona – Plac è al lavoro anche per la certificazione del benessere degli animali. Tutte le stalle dei soci sono state certificate in tal senso e ora la cooperativa è in procinto di certificare queste credenziali con un organismo terzo. Il passaggio successivo sarà l’utilizzo di un marchio ad hoc, che certifichi il rispetto di questo parametro, sulle confezioni dei prodotti, in modo da informare anche i consumatori. Per quanto riguarda la gestione dell’energia e la riduzione dell’impatto ambientale, è stato fatto un percorso negli anni, con diverse iniziative di carattere tecnologico che hanno portato la cooperativa ad avere un impianto fotovoltaico, un impianto di biogas, che permette di produrre energia elettrica da una delle fasi di depurazione dei reflui del caseificio e dei suini, il cui allevamento è stato dato in gestione. Poi è stato aggiunto anche un impianto aggiuntivo di cogenerazione. Questo sistema permette di avere un impianto ad alto rendimento, che dà accesso a contributi pubblici e anche di avere un acquisto inferiore di metano. “Se la Plac è un netto utilizzatore di Kwh, la filiera della Plac è un netto venditore di kwh, perché i kwh prodotti dagli impianti di biogas dei soci hanno produzio-

ni più alte rispetto all’assorbimento di tutta la filiera – dice Guarneri Quindi considerando tutta la filiera l’energia prodotta è più di quella consumata, siamo di fatto a impatto zero. E su questo stiamo facendo valutazioni per la certificazione”.

La strategia futura

Radici ben salde nel presente, uno sguardo alla storia e alla tradizione, ma un altro, altrettanto impattante, proiettato verso il futuro. Fattorie Cremona – Plac è in movimento e ha intenzione di guardare ancora avanti, con tutti gli strumenti a disposizione e con una precisa strategia. “La nostra visione del futuro è acquisire quote di mercato che siano coerenti con l’aumento della produzione di latte dei soci – sottolinea Guarneri – Non si può sapere se la quantità di latte nazionale aumenterà negli anni, perché c’è in corso un processo di ristrutturazione pesante, però sono certo che nelle aree vocate si manterrà consistente. Quindi noi avremo più latte raccolto dai soci perché siamo in una zona vocata. Se gli allevamenti hanno condizioni di benessere animale, di impatto ambientale controllato e le superfici coltivate adeguate, quindi senza stressare questi parametri, devono avere lo spazio imprenditoriale per aumentare la propria dimensione”. Questa è la scelta fatta dalla cooperativa. La

sfida sarà quella di poter acquisire quote di mercato soddisfacenti per poter trasformare tutto il latte che raccolgono, in modo da non doverlo vendere. “La vendita del latte è una strada commerciale che si deve poter percorrere se ci sono le condizioni commerciali che la rendono profittevole, altrimenti non è la missione di un’azienda di trasformazione”. L’obiettivo è quindi crescere dal punto di vista commerciale. Per farlo occorre prendere le mosse da due analisi diverse, ma parallele, una riguarda il portafoglio dei prodotti, l’altra il territorio. “Dal punto di vista territoriale, abbiamo margini ponderati di crescita perché ci sono aree ancora non coperte in modo adeguato, ma sappiamo anche che il mercato sconta una domanda in calo per tanti motivi e un livello di concorrenza molto alto. Lo sviluppo nei mercati esteri è una sfida e una strada obbligata, stiamo cercando di percorrerla puntando ai mercati più difficili. Difficili per vari motivi perché hanno problemi di carattere logistico o normativo, ma con abitudini alimentari che si stanno evolvendo positivamente, quindi sono i mercati per noi più interessanti. Ci siamo dotati di risorse umane e competenze per poterli avvicinare. Hanno costi di approccio più alti, ma anche maggiori spazi commerciali”. Per quanto riguarda il portafoglio “è necessario avere portafogli completi. La nostra scelta è che se integriamo nel portafoglio un prodotto, puntiamo a integrare l’intera filiera per poterci presentare come specialisti per quel prodotto. E questo comporta avere una profondità di gamma notevole. Quando un cliente si approccia a noi sa che di quel prodotto può avere tutte le varianti possibili e anche la garanzia di una filiera tracciata”. Bisogna inoltre considerare che il Made in Italy nel mondo sta vivendo una fase di grande interesse e “questa fase va coltivata”. In fase ancora embrionale lo sviluppo dell’ecommerce.

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AZIENDA OLIVIERI GIUSEPPE obiettivo: benessere animale

Socia storica di Fattorie Cremona - Plac

Due vecchi trattori nel porticato di ingresso alla casa, fermi da quasi 50 anni, ma, prima di allora, in movimento a lungo: danno il benvenuto a chi entra nell’abitazione di Giuseppe Olivieri, classe 1943, titolare dell’omonima azienda, a Levata di Grontardo (Cremona), che guida assieme alla figlia Chiara. I trattori raccontano in maniera tangibile la storia dell’azienda agricola, socia storica di Fattorie Cremona – Plac, cui conferisce il latte. Una storia che affonda le sue radici nella metà del Novecento e che non si è mai fermata. Con due fili conduttori, strettamente intrecciati: la passione per la terra e gli animali, tramandata di generazione in generazione e il far parte di una cooperativa, che, dice Olivieri, “è come una famiglia”. Il benessere animale, oggi tema all’ordine del giorno, da queste parti è un concetto che si è sempre tenuto presente, una priorità. “Tutto il nostro lavoro è stato fatto per crescere e per fare stare sempre meglio i nostri animali e le no28

stre terre”, racconta Olivieri. La casa è inserita all’interno di una corte, poco distanti le stalle e i campi che coltivano, 250 ettari in totale. Hanno quasi 800 capi, di cui 300 le vacche in mungitura. La produzione è di 33 kg di latte capo/giorno.

La storia dell’azienda

Giuseppe Olivieri è figlio di agricoltori. “Fin da piccolo il mio passatempo era stare con gli animali. Sono in stalla da quando avevo dieci anni”, dice sorridendo. Una passione, la sua, non scalfita dal tempo. Partiti da Marzalengo, nel comune di Castelverde (Cremona), con poca terra e pochi capi, nel 1963 la sua famiglia si trasferisce dove c’è ora l’azienda agricola che porta il suo nome, rilevando quella che già c’era, con una quarantina di vacche e altrettanti vitelli, tutti legati. Trenta gli ettari coltivati allora. All’inizio degli anni Settanta, la prima stalla all’aperto, con una sala di mungitura. Una decina di anni dopo acquistano altra terra. “Siamo sempre

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cresciuti, grazie alle vacche e alla cooperativa. Noi siamo soci Plac dal 1963 e l’azienda cui siamo subentrati era già socia storica della stessa cooperativa, che per noi è una famiglia”. Negli stessi anni, Olivieri vola negli Usa, per scegliere i tori da importare, visitando molte aziende agricole. “Quello che mi colpisce subito del primo viaggio è la decisione di quasi tutte le aziende viste di puntare solo sulla produzione del latte. E poi le gabbiette per i vitelli che da noi non erano ancora diffuse. La prima cosa che faccio al mio rientro è di costruirle anche nella nostra azienda”, spiega l’allevatore. Negli anni 90 raddoppiano la stalla, realizzano una vasca per i liquami di 5mila metri cubi, più le trincee per circa 60mila quintali di trinciato e 10mila di farina. Anche il numero di capi cresce nel tempo. Intanto, Regione Lombardia decide di dargli un premio come “agricoltore storico per la provincia di Cremona”. Nel 2012 è realizzata una nuova stalla, con il tetto a falde. “Abbiamo fatto questa scelta perché è molto più fresca, ci sono di media due gradi in meno rispetto all’altra e normalmente filtra sempre un po’ di venticello. Abbiamo da subito notato miglioramenti per il benessere animale”. Le vacche sono suddivise in parte nella vecchia stalla in parte in quella nuova. Hanno un unico gruppo. Nella vecchia c’è la sala di mungitura. “Siamo stati i primi nella provincia di Cremona ad adottare la mungitura in parallela. Allora non c’erano le tecnologie che ci sono oggi, ma quello era già un impianto all’avanguardia”.


anche il lavoro in stalla. “Se non ci fosse lei al mio fianco avrei già smesso – dice Giuseppe - La parte burocratica è difficile per una persona della mia età, il futuro è per i giovani, io fino a che posso do una mano e la passione mi spinge a stare ancora in mezzo agli animali, poi vedremo”. La stessa passione che lo ha portato anche per un periodo a produrre un formaggio casalingo. “L’idea è nata perché volevo capire di più sul latte e sulla produzione e ho verificato con mano che quando si produce tanto, la qualità può risentirne. Noi non siamo un’azienda altamente produttiva, ma abbiamo deciso di non forzare mai la mano”.

I nuovi progetti Gli animali e la terra

Il benessere animale da queste parti è da sempre una priorità. “Negli anni ho progredito economicamente, sempre grazie agli animali, che ho curato in maniera totale, migliorando anche l’ambiente intorno. Per me è fondamentale che gli animali siano a loro agio, che stiano bene e che abbiano un rapporto particolare con l’uomo. Io ho sempre fecondato e fecondo anche adesso, tenendo quasi sempre gli animali liberi, che è raro. Basta che sono da solo, loro sono abituati a vedermi. Il rispetto per gli animali è imprescindibile, hanno il loro modo di vivere, non vogliono essere costretti e noi dobbiamo assecondarli”. Per quanto riguarda la produzione sono autosufficienti. Anzi, riescono a vendere anche del mais. Fanno da tempo la minima lavorazione. “An-

che la terra è come l’animale, è viva e bisogna trattarla bene se vuoi che produca – sottolinea Olivieri - Come alimentazione per le vacche usiamo 5 kg di nucleo e 6/7 kg di farina, una parte come pastone e un’altra come farina secca, della medica che produciamo noi e poi usiamo 20 kg di media di trinciato di mais. Negli ultimi due anni abbiamo inserito anche il trinciato di frumento. Con questo tipo di alimentazione gli animali producono un po’ di più”. Per spargere il liquame utilizzano un sistema interrato, che lo rilascia automaticamente, per cui non serve la distribuzione fatta col trattore e la botte. Usano questo metodo per la concimazione di circa 60 ettari. Risparmiando gasolio e fatica. Accanto a lui mentre parla c’è la figlia Chiara, che segue non solo la parte burocratica e gestionale, ma

L’azienda sta valutando se procedere con l’acquisto di un robot di mungitura. “Decideremo il da farsi nel giro di un paio d’anni”, puntualizza Olivieri. Inoltre è già stato inserito in tutte le vacche un microchip, che servirà per il riconoscimento quando entreranno nella sala di mungitura. Il sistema, per essere completo, dovrà essere dotato di antenne in stalla, passaggio che intendono attuare entro breve. “Grazie a quei sensori potremo avere maggiori informazioni sul latte, qualità e quantità, prodotto da ogni singolo animale”, dice Chiara Olivieri. Il padre al suo fianco puntualizza: “La tecnologia ha fatto passi da gigante anche per la rilevazione del calore, ben venga, ma l’esperienza rimane comunque fondamentale, così come il contatto fra animale e uomo”.

IL RUOLO DELLA COOPERAZIONE

Giuseppe Olivieri, che guida l’azienda omonima, socia storia di Fattorie Cremona – Plac racconta: “Se non fossi stato socio della cooperativa, non so se sarei riuscito a crescere così tanto come azienda. Quando ero piccolo mio padre inizialmente era nel mercato libero e ha sempre avuto problemi. Per questo una volta deciso di entrare nella cooperativa, ha sempre mantenuto questa scelta, anche quando la cooperativa è stata in difficoltà. E la cooperativa ci ha sempre premiato. Per noi è un po’ la famiglia. Se qualcosa non va bene, ti richiama, ti telefonano. Dà supporto sempre. È fondamentale. Noi siamo cresciuti tanto come produzione e la cooperativa non ha mai ostacolato l’aumento, anzi. È di supporto quindi non solo dal punto di vista economico, ma anche pratico”. Confcooperative Lombardia - Milkcoop magazine n.5_2019_giugno

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AZIENDA ACCARINI GIORGIO innovazioni digitali in campo

Socia sdi Fattorie Cremona - Plac

Anche in agricoltura raramente si inventa da zero qualcosa. È più facile prendere esempio: si può ascoltare chi ha adottato innovazioni tecnologiche e best practice, che siano i vicini o altre realtà più o meno lontane. E trarre le conseguenze per la propria azienda. Così ha fatto Michele Accarini, che lavora nell’azienda agricola a conduzione familiare Accarini Giorgio, a Casalbuttano (Cremona) ed è socia di Fattorie Cremona - Plac, cui conferisce il latte. “Alcune persone hanno cominciato a parlarci dei robot di mungitura – racconta Michele - Poi siamo stati invitati a una giornata dimostrativa, in cui abbiamo visto la macchina all’opera. Siamo andati anche da diversi soci Plac – aggiunge – Far parte di una cooperativa ci ha aiutato anche in questo 30

caso, così come avviene sempre. Se c’è un problema la cooperativa ci sostiene, ci sentiamo in qualche modo protetti. E sul lato economico ci permette di avere un’entrata certa, cosa che non avverrebbe se fossimo nel mercato libero”. Da quelle giornate e quegli incontri, hanno colto dei vantaggi. Scoprendo che “la spesa per il robot di mungitura, pur impegnativa, era per noi fattibile”, dice Michele. Da pochi mesi anche nella loro azienda è entrata questa macchina. Benefici? “Abbiamo mantenuto la stessa qualità e aumentato di un 10% la produzione, che oggi varia dai 33 ai 34 kg a capo/giorno. Annualmente produciamo 6.500 quintali di latte”.

La storia dell’azienda

Giorgio Accarini è il padre, titolare

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dell’azienda assieme ai figli, Michele e Nicola. È Michele a fare da guida dentro la loro struttura. Tutti campi attorno. Sono al confine con il territorio bresciano. Attualmente hanno 140 capi, di cui 60 vacche in mungitura. “Io lavoro in azienda da una decina d’anni – spiega - È stato mio nonno, arrivato dalla provincia di Piacenza, ad avviare l’attività, qui all’inizio degli anni Sessanta. La cascina si è poi pian piano ampliata”. Oggi lavorano 40 ettari e sono quasi autosufficienti nella produzione. “Abbiamo preso un po’ di terreno in affitto, cogliendo l’occasione da un’azienda dismessa. Prima non eravamo autosufficienti e ci serviva della terra anche per gli smaltimenti, alla luce della direttiva nitrati”. Sul fronte mungitura, era il padre


ad occuparsi di quel compito. Ma con l’andare del tempo, l’impegno era sempre più gravoso, per la fatica fisica ma anche per il tempo necessario a portare a termine il lavoro. È stato allora che Michele e suo fratello hanno cominciato a guardarsi attorno, ascoltando anche chi il robot lo aveva già portato in azienda, per capire se poteva fare al caso loro.

Il passaggio generazionale

“Siamo stati io e mio fratello a indirizzare mio padre verso questa spesa, fino a che si è convinto anche lui. Per la scelta ha contato il fatto che siamo giovani, più pratici per determinate innovazioni, così come conta per la gestione dell’azienda. Nostro padre lascia sempre a noi la decisione, è successo anche per il robot, perché ci dice che poi toccherà solo a noi prendere in mano tutto”, aggiunge Michele. “L’elemento che ci ha convinto

all’acquisto è l’affidabilità della macchina: in altre aziende hanno da anni macchine che mungono e raramente creano problemi. Anzi, hanno aumentato la produzione”. Un altro punto che li ha spinti verso la scelta della mungitura robotizzata riguarda le informazioni che si possono ricavare dalla macchina. E che in qualche modo servono per gli animali. “Non solo si riesce a intervenire preventivamente in caso di anomalia segnata, ma le vacche stanno meglio, abbiamo notato un aumento del loro benessere. Noi usiamo meno farmaci e loro hanno meno problemi, meno mastiti ad esempio”, continua Michele. E anche in termini di ore ci si guadagna. “Il tempo che prima si utilizzava per la mungitura ora può essere usato per fare altro in azienda”.

Come funziona il robot

Il robot è in funzione 24 ore su 24, un’ora è impiegata per i lavaggi. Dopo ogni mungitura la macchina

si disinfetta col vapore e fa un risciacquo del gruppo delle tettarelle. Per ogni mungitura c’è la conta cellulare e l’analisi del latte (grassi, proteine, lattosio). Se dall’analisi emerge qualche anomalia, come ad esempio la presenza di sangue, quel latte viene separato dal resto per evitare che finisca in cisterna. Il tempo di mungitura in media è di 5/6 minuti per capo. “La macchina “stacca” un pistone alla volta, in base al flusso di latte – spiega Michele Accarini - E va avanti a mungere con gli altri tre, così si evitano problemi e si possono svuotare i 4 quarti sulla base del flusso”. I parametri che rileva riguardano la produzione, il numero di mungiture, la qualità e la ruminazione. “Se si accorciano i tempi della ruminazione – sottolinea Michele – è un segnale che l’animale non sta bene. Ad occhio nudo ti accorgi che la vacca sta male solo quando i segni sono evidenti, ad esempio comincia a perdere peso o mangia meno, il che significa che una malattia è già in corso. Grazie al robot invece abbiamo una sorta di preallarme, che ci permette di intervenire in maniera preventiva. Come mi è già successo in alcuni casi”.

Gli altri progetti

In azienda hanno installato anche un’antenna per il calore, che sfruttando il collare messo sulle vacche, riconosce il movimento degli animali e la variazione rispetto allo standard. “Quando sono in calore gli animali si muovono di più. Da quando l’abbiamo adottata è riuscita a rilevarli tutti”, dice con una certa soddisfazione Michele. “Vorrei adottarla anche nelle stalle delle primipare, perché per quel gruppo si fa più fatica a vedere il calore. È un investimento che ho intenzione di fare”. Altri interventi sono in programma: fra questi l’ampliamento della stalla in cui si trova il robot, in modo da dare più spazio agli animali.

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BRAINSTORMING DI FILIERA I PRODUTTORI DI FORMAGGI STATUNITENSI

CHIEDONO A TRUMP MISURE RESTRITTIVE NEI CONFRONTI DELL’IMPORT EUROPEO di Ermanno Comegna

Il consorzio USA per i nomi comuni degli alimenti (Consortium for Common Food Names - CCFN) a metà maggio scorso ha trasmesso una lettera al presidente Donald Trump, per chiedere un sostegno finalizzato a risolvere la madornale iniquità relativa al commercio di formaggi tra Stati Uniti ed Unione Europea. L’appello è firmato dal Chairman del CCFN Errico Auricchio, imprenditore di origine italiana che produce formaggi in America con il noto marchio “Belgioso”. I produttori americani lamentano l’impossibilità di vendere i loro 32

formaggi etichettati con nomi comuni come parmesan ed asiago nell’Unione Europea per effetto delle politiche protezionistiche di quest’ultima in materia di tutela delle indicazioni geografiche. Scrive Auricchio nella sua missiva: “le imprese statunitensi che producono formaggi con nomi generici di asiago, feta, fontina, gorgonzola, grana, muenster, parmesan e romano non possono commercializzare i loro prodotti con questi nomi nel mercato europeo. Quello che è veramente grave è che mentre noi restiamo esclusi dal questo mercato che include alcune delle nazioni con i più elevati consumi di formaggio, gli USA permettono alle nazioni dell’UE di vendere i loro formaggi con questi nomi nel redditizio mercato americano, in competizione con noi, per soddisfare le esigenze dei nostri consumatori”. Il CCFN chiede al presidente Trump di utilizzare tutti gli strumenti disponibili per rimediare alla situazione evidenziata. La lettera si chiude con la seguente inequivocabile richiesta: “permetteteci per lo meno di imporre loro le stesse restrizioni

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che ci vengono imposte in Europa, imponendogli di non vendere formaggi con questi nomi sul nostro mercato, allo stesso modo in cui loro ci tengono fuori dal loro”. L’iniziativa delle imprese casearie statunitense non è da sottovalutare, perché le esportazioni europee verso quel mercato risultano cospicue (1 miliardo di dollari l’anno). Un eventuale blocco delle esportazioni che, allo stato dell’arte, risulta un’ipotesi remota, ma comunque non trascurabile, provocherebbe un impatto destabilizzante sull’intero mercato lattiero-caseario europeo e ancor di più su quello italiano. Il nostro Paese infatti esporta circa 300 milioni di euro l’anno di formaggi, la maggior parte prodotti di qualità, ad alto valore aggiunto e protetti dalla indicazione geografica comunitaria. Da decenni si scontrano due differenti visioni rispetto al tema delle produzioni tipiche di qualità, le cui caratteristiche sono legate essenzialmente alle tradizioni ed alle abilità sviluppatesi nel tempo in un determinato territorio geografico. Da una parte c’è la filosofia europea


che tende a disciplinare la produzione ed il commercio di queste specialità alimentari con il regolamento 1151/2012 relativo ai regimi di qualità. Dall’altra ci sono gli Stati Uniti e molti altri Paesi del nuovo Mondo che non avendo una altrettanto solida tradizione casearia, producono formaggi che si ispirano a quelli storici europei e li commercializzano con nomi evocativi di quelli originari. Siccome questa prassi va avanti da diversi anni, i produttori ritengono che le denominazioni da loro utilizzate siano diventate di uso comune e quindi non debbano ricadere sotto il regime di protezione istituito a livello comunitario. Quest’ultimo all’articolo 13 del citato regolamento 1151/2012 sancisce che i nomi dei prodotti alimentari di qualità registrati sono protetti contro: • Qualsiasi impegno commerciale diretto o indiretto utilizzato per distinguere prodotti che non sono oggetto di registrazione, qualora questi ultimi siano comparabili ai primi. In tal modo la norma comunitaria tende di evitare che la notorietà dei nomi protetti sia sfruttata a fini commerciali. • “Qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione anche se l’origine vera dei prodotti è indicata o se il nome protetto è una traduzione o è accompagnato da espressioni quali stile, tipo etc”. Questa norma sembra fatta apposta per

contrastare la vendita di formaggi con la denominazione, parmesan, reggianito, romano ed altre denominazioni di fantasia utilizzate. • “Qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza all’origine alla natura o alle qualità essenziali del prodotto usato sulla confezione o nella pubblicità”. Questa forma di tutela è ancor più ampia rispetto alle precedenti e può essere utilizzata per contrastare il cosiddetto fenomeno dell’“italian sounding”. • Infine il legislatore comunitario ha introdotto una quarta forma di protezione residuale ad ampio spettro di azione, che si riferisce a “qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto”. Sulla tutela dei prodotti ad indicazione geografica è intervenuta di recente la Corte di Giustizia della UE con una sentenza emessa lo scorso 2 maggio, con la quale ribadisce che l’utilizzo dei segni figurativi che evocano l’area geografica di una denominazione di origine protetta su prodotti che non sono contraddistinti con il marchio UE possono costituire una evocazione illegittima della denominazione tutelata. Il contenzioso si riferisce al formaggio spagnolo da latte di pecora, originario della Regione La Mancia, riconosciuto dall’UE con la DOP Queso Manchego che sul mercato è in concorrenza con prodotti caseari

commercializzati da un’impresa locale, la quale utilizza nelle etichette raffigurazioni e denominazioni che richiamano e si ispirano alla zona d’origine, pur non essendo riconosciuti con la denominazione comunitaria protetta. I produttori di tali formaggi hanno utilizzato simboli della Regione La Mancia che la sentenza ha condannato in quanto evocativa del prodotto tutelato dalle norme comunitarie. Secondo i giudici “il regolamento non prevede alcuna deroga in favore di un produttore stabilito in un’area geografica corrispondente alla DOP ed i cui prodotti, senza essere protetti dalle norme comunitarie, sino simili o comparabili a quelli a quelli protetti da quest’ultima”. La recente sentenza della Corte di Giustizia indica quanto sia incisiva la protezione assicurata dai regolamenti europei sui regimi di qualità che si applica anche ai casi di vicinanza concettuale, sufficientemente diretta ed univoca, tra i segni figurativi utilizzati. Oltre oceano la sensibilità politica verso la tutela delle produzioni alimentari tradizionali, di qualità e legate al territorio, con la protezione commerciale delle relative denominazioni è assente e questo comporta il rischio di generare conflitti tra operatori economici, come quello che si è acceso a seguito dell’iniziativa del CCFN.

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PRIMO PIANO

DIREZIONE ECONOMIA CIRCOLARE Promuovere le politiche per la transizione ecologica e l’economia circolare, gestire i programmi plastic free e rifiuti zero, occuparsi della gestione integrata del ciclo dei rifiuti e dell’implementazione dei criteri ambientali minimi (Cam), di rifiuti radioattivi e Ogm: saranno questi i compiti della nuova Direzione generale per l’economica circolare, all’interno del ministero dell’Ambiente. L’istituzione di questa Direzione, con cui viene dato ampio spazio, anche in termini di risorse, a un tema attualissimo, è una delle novità più rilevanti del nuovo regolamento di organizzazione contenuto in un decreto della presidenza del Consiglio approvato dall’ultimo Cdm,

che a sua volta dà piena attuazione al decreto del 2018, che conteneva disposizioni urgenti per il riordino delle attribuzioni di alcuni ministeri e assegnava al dicastero di via Cristoforo Colombo diverse funzioni, tra cui la competenza sull’economia circolare e il compito di “unico centro di coordinamento e di responsabilità politica per la bonifica dei siti inquinati”. Proprio per questo, è stata istituita con il nuovo regolamento anche la Direzione generale per il risanamento ambientale, che si occuperà della bonifica dei siti inquinati d’interesse nazionale (Sin) e del danno ambientale. La Direzione clima ed energia assume pure le competenze sull'aria, la Direzione per la crescita sostenibile

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e la qualità dello sviluppo le competenze sulle valutazioni d’impatto ambientale e autorizzazioni integrate ambientali (Via, Vas, Aia). Tra le molteplici funzioni affidate al Segretariato generale, anche i procedimenti di riconoscimento delle associazioni ambientaliste, delle quali verrà verificato periodicamente il mantenimento dei requisiti previsti. “Non è una questione di cambio nome - spiega il Ministro dell’Ambiente Costa - ma abbiamo voluto rendere proattiva la mission delle direzioni. Questo sarà valido da ora e per sempre, un imprimatur che lasceremo per il futuro del ministero e dell’ambiente”.

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UE, TERMINATE LE SCORTE DI LATTE La Commissione, a giugno, annuncia lo svuotamento dei magazzini Nei magazzini degli Stati membri non ci sono più scorte pubbliche di latte in polvere: sono state vendute le ultime 162 tonnellate di scorte acquistate e gestite dalla Commissione, per far fronte alla crisi del mercato lattiero caseario, che ha colpito tutto il settore negli anni passati, imponendo ai produttori Ue prezzi più bassi. Per cercare di risolvere questa situazione, tra il 2015 e il 2017 la Commissione aveva acquistato complessivamente 380mila tonnellate di latte scremato in polvere, con l’obiettivo di stabilizzare il mercato e allo stesso tempo sostenere

il reddito degli agricoltori. Dalla fine del 2016, ha iniziato a pubblicare gare di acquisto, prima ogni mese, poi ogni due mesi, per rimettere pian piano il prodotto sul mercato, smaltendo quello ammassato, senza provocare terremoti nello stesso mercato.

Phil Hogan, Commissario per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale, ha sottolineato: "La vendita delle ultime scorte pubbliche di latte scremato in polvere chiude un capitolo. Questa operazione ribadisce la necessità e l'efficacia degli strumenti della politica agricola comune. Gli strumenti giusti si sono rivelati una rete di sicurezza fondamentale in un momento di forte turbativa del mercato e il loro utilizzo adeguato e tempestivo ha contribuito a garantire la redditività di centinaia di migliaia di produttori lattiero-caseari europei".

A due anni e mezzo di distanza dalla prima gara, le scorte pubbliche sono ora esaurite, i magazzini di tutti gli Stati membri sono vuoti, ed il prezzo del latte ha registrato un incremento notevole da 26 centesimi al chilo nell'estate del 2016 a 34 centesimi al chilo nel maggio 2019.

Public SMP Intervention scheme (2018-2019) Buying-in quantity & stocks

400 000 350 000

749

300 000 250 000

150 000 100 477

4 331

100 000 50 000

2 743

1 260

749

0 -50 000 -100 000 -150 000

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Quantities In (2019)

Quantities Out (2019)

Stocks level end of month (2019)

Stocks level end of month (2018)

Quantity offered (2019)

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Quantity in tonnes

200 000


24 JANUARY 2019 LA GESTIONE DLE MERCATO EUROPEO DEL LATTE DAL 2014 AL 2019

MANAGING THE

EU DAIRY MARKET 2014-2019 04

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2014-2016:

04

35

EU MILK CRISIS ‘THE PERFECT STORM’

Global overproduction

04

35

Slowdown in demand

Limited access to the Russian market

TO RESTORE MARKET BALANCE,

the European Commission took decisive action in 2015-2017, implementing measures to stimulate demand, reduce supply and support farmers income.

MILK MARKET MEASURES The Commission took swift and decisive action to support farmers, providing cash-flow relief while maintaining market balance and competitiveness:

PUBLIC INTERVENTION

PRODUCTION REDUCTION

Introduction of a €150 million voluntary milk reduction production scheme, aimed at restoring market balance.

The Commission bought skimmed milk powder (SMP) stocks to remove surpluses from the market and restore market balance.

SUPPORT PACKAGE

PRIVATE STORAGE

Over €1 billion in additional funding mobilised to support farmers hardest hit by the crisis, primarily in the dairy sector.

Opening, extending and enhancing private storage aid schemes for dairy products including skimmed milk powder and cheese. Agriculture and Rural Development


BARRIERE COMMERCIALI

pubblicato il report della Commissione europea sul livello di barriere commerciali nei paesi terzi: nel 2018, 37 ostacoli in più E’ stata pubblicata la nona edizione della Relazione sugli “ostacoli agli scambi e agli investimenti per le imprese dell'UE nel 2018”, realizzata dalla Commissione europea. PRINCIPALI PUNTI BARRIERE COMMERCIALI Rispetto al 2017, i primi dieci paesi con il più alto numero di barriere sono rimasti gli stessi, anche se in un ordine leggermente diverso. Per lo più, e per la prima volta, la Cina è diventato il paese con il più alto nu-

geria e India). Le nuove barriere registrate in Cina (4) hanno generato un significativo impatto economico sui flussi commerciali interessati (per un valore di 25,7 miliardi di euro). Guardando agli ambiti specifici, il maggior numero di nuove barriere è stato segnalato nel settore dei vini e delle bevande spiritose (9) e in quelli dell’agricoltura e della pesca (8); anche se il peso delle varie barriere è stato più rilevante nel caso di altri comparti (in particolare l’ICT).

mero di barriere, ben 37. Al secondo posto si trova la Russia, con 34 barriere, seguita da India (25), Indonesia (25) e gli Stati Uniti con 23 barriere. Altri paesi terzi con dieci o più barriere commerciali sono la Turchia (20), Brasile (18), Corea del Sud (17), Australia (15), Tailandia (12), Messico (11) e Algeria (10). Nel 2018 si sono originate 45 nuove barriere, in 23 paesi terzi, un numero minore rispetto a quanto rilevato nel 2017, ma con impatti economici molto più alti (principalmente in Al-

DI reported in Figure 6: Sectorial breakdown of trade and NUMERO investment barriers 2018 (number of barriers) NUOVE BARRIERE

COMMERCIALI, While the number of measures identified is an important the analysis of trade PER indicator, SETTORE affected sheds more light on the actual weight of each barrier. As displayed in Figure 7, (2018) industrial sectors accounted for about 97 percent of the trade affected, with barriers in only three sectors (ICT; iron, steel and non-ferrous metals; precious metals) corresponding to 72 percent of all EU28 exports affected by new reported barriers.13

Figure 6: Sectorial breakdown of trade and investment barriers reported in 2018 (number of barriers)

FLUSSI COMMERCIALI While the number of measures identified is an important indicator, the analysis of trade affected sheds more light on the actual weight of each barrier. As displayed in Figure 7, INTERESSATI industrial sectors accounted for about 97 percent of the trade affected, with barriers in DALLE NUOVE only three sectors (ICT; iron, steel and non-ferrous metals; precious metals) corresponding to 72 percent of all EU28 exports affected by new reported barriers. BARRIERE, PER SETTORE (2018) 13

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Figure 7: EU28 trade flows affected by barriers reported in 2018, per sector (percentage of trade flows affected)

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BARRIERE COMMERCIALI PRE-ESISTENTI, PER PAESE (2018)

Number of barriers

Figure 18: Geographical breakdown of trade and investment barriers in the MADB

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BARRIERE COMMERCIALI NUOVE, PER PAESE (2018)

Created with mapchart.net ©.

7

2018 new

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GLI ITALIANI ATTENTI AL CIBO

EFSA ha condotto uno studio sui consumatori europei per vedere cosa si aspettano dal cibo che acquistano

Due europei su cinque s’interessano attivamente alla sicurezza degli alimenti e solo uno su cinque afferma di ritenerla la preoccupazione principale nello scegliere il cibo. Per la maggior parte degli europei è solo uno dei tanti fattori che, insieme al prezzo, al gusto, alla componente nutrizionale e all'origine dell’alimento, influenzano le abitudini e scelte alimentari. Sono queste alcune delle tante informazioni emerse da un nuovo sondaggio Eurobarometro curato dall'EFSA, i cui risultati vengono pubblicati in occasione della prima Giornata mondiale della sicurezza

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alimentare del 7 giugno. “I risultati di questo studio dimostrano che gli europei hanno un alto livello di conoscenze sui temi di sicurezza alimentare e ci tengono a ciò che mangiano. Ciò ci motiva ancora di più a proseguire nella nostra opera di garantire che i nostri elevati standard siano mantenuti e cercare di raggiungere modelli produttivi e di consumo più sostenibili” ha dichiarato Vytenis Andriukaitis, commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare.

punti di vista e garantire un contatto più ravvicinato con i cittadini. Quando la sicurezza alimentare è un dato di fatto, non vi è una singola preoccupazione che predomina in tutti i Paesi dell’UE. Tuttavia vi sono tre questioni che emergono con maggiore frequenza in 20 o più Stati membri dell’UE: l’uso improprio degli antibiotici, ormoni e steroidi negli animali da allevamento (44%), residui di pesticidi negli alimenti (39%) e additivi alimentari (36%).

Il sondaggio del 2019 è stato sviluppato in collaborazione con gli Stati membri dell’UE per recepire nuovi

I consumatori italiani Un primo importante dato che emerge è che gli italiani, in prima analisi, non si preoccupano personalmente di informarsi sui temi di sicurezza alimentare (meno del 20% della popolazione, rispetto alla media europea che supera il 40%). Tuttavia, emerge anche che quando acquistano i prodotti alimentari, sono molto sensibili al tema e si preoccupano se un certo cibo è soggetto o meno qualche rischio di sicurezza alimentare. Altro elemento chiave è l’origine degli alimenti (per più del 60% dei rispondenti, rispetto ad una media europea intorno al 50%). Altri elementi ugualmente importanti

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QD1T

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sono il sapore, i valori nutrizionali e il costo. Non trascurabile infine il driver dell’eticità, cioè, a parità di altre condizioni vengono considerati aspetti legati ai principi sociali e etici, come il tema della sostenibilità, del benessere animale, ecc.) Infine, un altro interessante elemento riguarda gli strumenti maggiormente impiegati dai consumatori, e degni di maggior fiducia, in cui reperire informazioni sul tema

della sicurezza alimentare. Emerge che, coerentemente con la media europea, il canale televisivo rimane predominante. A seguire, per gli italiani, assumono poi uguale attenzione le ricerche fatte su internet, gli articoli letti su giornali e riviste (non specialistiche) e le opinioni di familiari e amici. Questo è un dato molto importante e che fa capire bene tutto il fenomeno delle fake news e della loro diffusione. Gli italiani si fidano molto di fonti che

non sono però scientificamente affidabili e validabili. E’ solo una minima parte (tra il 10% e il 15%) che si affida anche a articoli su riviste di settore o risultati e informazioni di eventi e conferenze specifiche. Da notare che la figura del medico, nutrizionista, dietologo rappresenta una fonte più affidabile in Italia rispetto alla media europea.

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SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE

PROGETTO NET ZERO, MADE IN USA Le cooperative statunitensi insieme per lavorare sulla sostenibilità Il cambiamento climatico è un tema sempre più all’ordine del giorno. E le aziende si stanno attrezzando per affrontare i problemi che ne derivano, proponendo progetti in grado di affrontare le nuove sfide. Così ha fatto anche negli Usa un gruppo di cooperative del settore lattiero caseario: Newtrient LLC, gruppo di cooperative del settore che rappresenta circa il 50% della produzione di latte negli Stati Uniti, assieme alle organizzazioni US Dairy Export Council, Innovation Center for US Dairy, Global Dairy Platform e National Milk Producers Federation, sta guidando una nuova iniziativa, il Progetto Net Zero, per affrontare questo cambiamento, puntando anche a migliorare la qualità dell’acqua e ad assicurare la sicurezza alimentare. L'obiettivo del progetto è triplice: determinare la possibilità di rag-

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giungere un'impronta di carbonio positiva per la produzione di latte negli Stati Uniti; analizzare il potenziale delle latterie per il riciclo; lavorare per minimizzare gli impatti sulla qualità dell'acqua, preservando i mercati e la redditività del caseificio. "Il progetto Net Zero affronterà gli ostacoli - finanziari, tecnici o politici – presenti nel settore lattiero-caseario statunitense per raggiungere questi obiettivi, sfruttando il lavoro di agricoltori, ricercatori e industria. Il settore lattiero-caseario ha una lunga strada da percorrere per raggiungerli, ma questa iniziativa segna un primo passo – ha sottolineato il presidente e CEO della US Dairy Export Council, Tom Vilsack, secondo il quale gli sforzi collettivi di tutti i soggetti coinvolti dimostreranno che la produzione di prodotti lattiero-caseari è parte in-

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tegrante di qualsiasi soluzione che si proponga di affrontare il cambiamento climatico, la qualità dell'acqua e la sicurezza alimentare. Le organizzazioni coinvolte sono da tempo in prima linea per incentivare la sostenibilità ambientale. Negli ultimi anni, Newtrient e l'Innovation Center for US Dairy hanno lavorato per stabilire le conoscenze tecniche scientifiche e pratiche necessarie per ridurre volontariamente l'impatto ambientale delle aziende lattiero casearie. In particolare Newtrient ha sviluppato modelli scientifici ed economici per quantificare i benefici economici e ambientali associati alle tecnologie e alle pratiche selezionate delle aziende casearie. Il progetto Net Zero è ora un ulteriore passo in avanti in questa direzione.


TRASPORTI SOSTENIBILI

Friesland Campina insieme a Mette Maersk per testare biocarburanti a base di olio da cucina Testato in un viaggio marittimo Europa-Cina con l’impiego di un biocarburante sostenibile, sviluppato grazie ad un lavoro congiunto di un pool di aziende olandese, tra queste anche Friesland Campina. Il test è stato effettuato dalla nave portacontainer Mette Maersk, che ha fatto il percorso andata/ritorno Rotterdam- Shanghai. La nave portacontainer Mette Maersk, una delle più grandi navi del mondo, ha viaggiato per la maggior parte del tragitto con l’impiego di un biocarburante (20% a base di olio da cucina usato). Questa è sta-

ta la prima volta che si è fatto una miscela di questo tipo ad alta temperatura. E’ stato misurato che c’è stata una riduzione delle emissioni di CO2 di circa 1.500 tonnellate di zolfo per 20 tonellate. Maersk continuerà a testare e a validare l’uso di biocarburanti per applicazioni marine. Walter Vermeer, responsabile di FrieslandCampina per la gestione logistica, è soddisfatto del risultato del progetto pilota: “FrieslandCampina è il 2° più grande esportatore di container dai Paesi Bassi. Con questo progetto pilota, Frieslan-

dCampina vuole mostrare il suo ruolo guida nel rendere questo tipo di trasporto più sostenibile e a basso impatto ambientale. Non bisogna dimenticare che, sulla base degli studi più approfonditi sul tema, è stato calcolato che le emissioni di CO2 dello shipping rappresentano il 2% - 3% dell’insieme delle emissioni industriali e dei trasporti a livello globale. Questo progetto pilota dimostra che il bio-combustibile può diventare una soluzione di sostenibilità, anche tecnicamente ed economicamente fattibile.”

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FILIERA SOSTENIBILE IN UK

energia verde dal siero grazie ad una partnership tra Wensleydale Creamery e il fondo di investimento Iona Capital

Iona Capital, un importante gestore di fondi di investimento, ha recentemente stretto un accordo con la Wensleydale Creamery, con l’obiettivo di produrre oltre 10.000 MWh di energia all’anno da sottoprodotti di lavorazione del caseificio. Il nuovo accordo, nello specifico, prevede che nello stabilimento Leeming Biogas di Iona del North Yorkshire, saranno prodotti oltre un milione di metri cubi di gas verde. Utilizzando un processo di digestione anaerobica, l’impresa produrrà 10.000 MWh di energia termica, 44

sufficiente a riscaldare 800 case all’anno. La Wensleydale Creamery, produttrice del formaggio Yorkshire Wensleydale, produce 4.000 tonnellate di formaggio ogni anno nel suo caseificio. L’accordo tra Iona e la Wensleydale Creamery è parte dello sviluppo del crescente portafoglio di attività di Iona Capital nel Nord Est. Mike Dunn, co-fondatore di Iona, ha così dichiarato: “Questa partnership con Wensleydale non mostra solo come stiamo trasforman-

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do i prodotti alimentari di scarto in energia utile per case e aziende, ma anche tutto il nostro impegno nei confronti dello Yorkshire.“ L’amministratore delegato di Wensleydale Creamery, David Hartley, ha commentato: “Siamo lieti di avere questo accordo con Iona Capital e siamo orgogliosi di offrire vantaggi ambientali ed economici alla nostra regione. L’intero processo di conversione del latte prodotto localmente in prodotti di alta qualità ci rende molto orgogliosi.”


QR CODE, ISTRUZIONI PER L’USO

QR CODE, USO NON SEMPRE FACILE

lo rivela uno studio USA

Nel mondo del food sempre più aziende si stanno attrezzando per aggiungere sulle confezioni dei prodotti un Qr code che permetta ai consumatori di avere informazioni su tutta la filiera. Ma gli acquirenti sono disposti a spendere qualche minuto del loro tempo per scansionare il codice e avere accesso a quelle informazioni? Sì, se hanno a loro disposizione un dispositivo mobile, diverso dal cellulare, che legga il Qr code. No, se devono utilizzare il loro smartphone. Una risposta che sembra contraddittoria e che invece rileva il valore che hanno anche gli strumenti forniti ai consumatori.

Questa risposta emerge da un’indagine compiuta da Kent Messer, professore di economia applicata all'Università del Delaware, che ha recentemente condotto uno studio sui Qr code sugli imballaggi per alimenti per determinare quali passi i consumatori sono disposti a intraprendere per avere informazioni sui prodotti e se diverse tecnologie di etichettatura producono risposte diverse. La ricerca è stata recentemente pubblicata sul Journal of Agricultural and Resource Economics.

I partecipanti allo studio sono stati suddivisi in gruppi, ognuno dei quali ha avuto accesso a dispositivi diversi per avere informazioni ulteriori sul prodotto: informazioni stampate, un link cliccabile e un Qr code con o senza un dispositivo di scansione. I risultati hanno mostrato che il 20% dei consumatori ha avuto accesso a informazioni aggiuntive quando ha potuto cliccare su un link web. Quando, invece, è stato offerto un Qr code, solo l'1% ha usufruito di questo strumento, usando il proprio smartphone. Tuttavia, questo numero è passato a oltre il 50% quando è stato fornito un dispositivo di scansione Qr code ad hoc. Questa informazione potrebbe rivelarsi di fondamentale importanza, dato che l'industria alimentare Usa si prepara ad adeguarsi alle nuove regole per l’etichettatura degli alimenti contenenti Ogm, emanate dal Dipartimento dell’Agricoltura, che prevedono l’uso della parola “bioengineered”, che però è ancora poco conosciuta dai consumatori. L’indicazione che un alimento contiene ingredienti “bioengineered” dovrà essere apposta sull’etichetta con l’uso della parola o di un apposito marchio. In alternativa, i produttori potranno apporre

in etichetta un codice scansionabile con lo smartphone, che rimanda a un link digitale con le informazioni. "Le nuove regole entreranno in vigore nel gennaio 2020 per tutte le principali aziende", ha affermato Messer, che è anche direttore del Centro per l'economia sperimentale ed applicata di UD. "Le piccole aziende sono esentate per un anno, ma entro il 2021 tutte le aziende sono tenute a etichettare alimenti bioingegnerizzati. A partire da un punto di vista industriale, le aziende devono sapere cosa vogliono i loro consumatori. Sono al vaglio diverse modalità per fornire loro informazioni, oltre una semplice nota sull'etichetta e questo studio dà indicazioni su qual è la strada da percorrere". Sapere che i consumatori possono accedere alle informazioni solo quando è semplice farlo e quando un dispositivo è disponibile potrebbe avere implicazioni anche per i piccoli commercianti. Ad esempio, i negozi potrebbero voler fornire dispositivi QR gratuiti. Gli acquirenti potrebbero scansionare i loro articoli e leggere immediatamente informazioni dettagliate sugli ingredienti o sulla produzione, proprio come le macchine di controllo dei prezzi che già esistono in molte rivendite."I consumatori vogliono sapere cosa c'è nel cibo che acquistano e questo potrebbe essere un modo per offrire loro più informazioni", ha detto Messer. "Ma questo studio suggerisce che, nonostante l'interesse dei consumatori e la richiesta di una nuova legge federale, quando ai consumatori vengono offerte informazioni tramite i Qr code, molti di loro potrebbero non accedervi regolarmente”.

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BLOCKCHAIN PER I FORMAGGI DOP in arrivo le prime forme di Asiago tracciate con la blockchain

In arrivo sul mercato le prime forme di Asiago tracciate con la blockchain: il Qr code stampato sulle confezioni permetterà ai consumatori di avere tutte le informazioni sulla produzione della singola forma di formaggio, dal latte dell’allevamento alla lavorazione in caseificio, e tutto questo senza possibilità di manomissione dei dati. La tecnologia blockchain è stata adottata dalla startup padovana EZ Lab e messa in pratica per la prima volta in produzione dal Caseificio San Rocco di Tezze sul Brenta (Vicenza). Le prime forme “tracciate” via blockchain sono in produzione in questi giorni. E lo strumento che rende possibile mettere in cassaforte i dati del formaggio tipico dell’Altopiano è Agriopendata, la piattaforma di EZ Lab per la tracciabilità agroalimentare basata appunto sulla nuova tecnologia: tutti i passaggi della filiera sono codificati in un registro pubblico virtuale im46

modificabile, che può essere verificato da tutti gli stakeholder (consumatori compresi) in ogni momento. «Siamo nati nel 1966 e ancor oggi le nostre 20 imprese aderenti raccolgono il latte in un raggio di 20 chilometri, un triangolo compreso fra le province di Padova, Vicenza e Treviso – spiega Francesco Turco, responsabile commerciale del Caseificio San Rocco - Tutti i soci rispettano un rigido disciplinare in termini di qualità, sottoponendosi a controlli serrati e restrittivi e adottando un sistema di rintracciabilità di Filiera certificata, a garanzia dell’origine e del controllo di tutto il sistema, dall’alimentazione degli animali fino alla stagionatura del formaggio. Ora ci siamo aperti anche alla sfida della certificazione blockchain, che rappresenta un elemento ulteriore di valorizzazione del nostro prodotto». I casi di contraffazione ai danni dell’Asiago Fresco Dop sono all’or-

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dine del giorno: le cronache riportano periodicamente le notizie di sequestri di ingenti quantitativi di formaggi prodotti fuori dai confini nazionali e spacciati per Asiago. «Fortunatamente – sottolinea Massimo Morbiato, founder di EZ Lab – fra i consumatori sta crescendo la sensibilità e l’attenzione alla provenienza dei prodotti, come dimostrano tutte le più recenti ricerche sui mutamenti delle abitudini d’acquisto. Quella dei formaggi del Caseificio San Rocco è una storia straordinaria, fatta di passione e cura della qualità: una storia vera, non una “fake news” come quelle che accompagnano la commercializzazione di tanti prodotti proposti come made in Italy e magari realizzati con latte che arriva dalla Romania. Una storia che oggi, per la prima volta a livello mondiale, grazie alla tecnologia blockchain viene certificata e raccontata ai consumatori».


INTELLIGENZA ARTIFICIALE Arla Foods lancia uno strumento per predire la produzione di latte, orientare i processi produttivi e analizzare i mercati Arla Foods ha sviluppato un nuovo strumento che permette di predire la produzione di latte attesa dei suoi soci allevatori. In questo modo gli oltre 200 milioni di Kg di latte raccolto possono essere ancor meglio gestiti e valorizzati, rendendo la filiera più sostenibile. Grazie all’avvento e diffusione di tecnologie digitali, Arla ha messo a sistema un tool, che grazie ad un sistema di intelligenza artificiale (AI) è in grado di svolgere un lavoro che prima richiedeva molto più tempo, era più impreciso e complesso (diversi strumenti basati su file excel). Oggi, ci vogliono solo poche ore e le previsioni risultano più accurate dell'1,4%. "Migliore è la previsione di ciò che faremo, meglio potremo pianificare e ottimizzare la nostra intera catena del valore, il che migliora sia la redditività per i nostri soci sia le perfor-

mance di sostenibilità” ha affermato Michael Bøgh Linde Vinther, direttore di Global Milk Planning ad Arla. L’accesso ad una mole importante di dati e la possibilità di elaborarli in modo strategico permette di ottimizzare e efficientare l’intero processo decisionale Utilizzando la tecnologia AI, Arla è in grado di ottenere informazioni e indicatori chiave, da una base dati molto ampia. “Ora siamo in grado di prendere importanti decisioni strategiche su una base di dati oggettivi e puntuali, che vanno al di là delle singole percezioni o punti di vista personali. I dati sono diventati uno strumento di supporto alle decisioni essenziale.” Ad esempio, è ora possibile fare la distinzione di quanto latte dovrebbe essere raccolto nelle diverse

regioni tedesche con un anticipo di 3-5 mesi. Da qui ne deriva tutto il processo di programmazione produttiva e gestione dei processi di trasformazione e di strategie di marketing. “Questo tipo di conoscenza è molto importante, in quanto rende facile pianificare e regolare il numero di camion Arla che viaggiano in tutto il paese. In questo modo, possiamo ridurre i costi e ridurre le emissioni di CO2 derivanti dal trasporto“conclude Michael. Il nuovo strumento previsionale sarà applicato a tutti i principali mercati europei di Arla, che includono la Danimarca, la Germania, la Svezia, il Regno Unito, il Belgio, il Lussemburgo e i Paesi Bassi.

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NNOVAZIONE

ITALIA: INNOVATORE MODERATO

Pubblicato il Quadro di Valutazione dell'Innovazione 2019: aumenta progressivamente la capacità di innovare dell'UE e delle sue regioni E’ stato pubblicato nel corso del mese di giugno un rapporto sul quadro europeo di valutazione dell'innovazione e il quadro di valutazione dell'innovazione regionale che mostrano i risultati ottenuti dall'UE in materia di innovazione (grazie anche all’implementazione dei programmi quadro di ricerca e innovazione). Emerge che, per la prima volta in assoluto, l'Europa supera gli Stati Uniti in fatto di innovazione. Tuttavia, l'UE continua a perdere terreno rispetto al Giappone e alla Corea del Sud, mentre la Cina sta recuperando rapidamente. Come si vede dal grafico, esiste una certa diversità tra i diversi paesi europei. Sulla base dei loro punteggi, i paesi dell'UE si possono suddividere in quattro gruppi: i leader dell'innovazione, gli innovatori forti, gli innovatori moderati e gli innovatori modesti. La Svezia è il leader dell'innovazione nell'UE nel 2019, seguita da Finlandia, Danimarca e Paesi Bassi. In media il rendimento innovativo dell'UE è aumentato dell'8,8% dal 2011.

L'Europa per raggiungere alti livelli di competitività, sostenibilità e eccellenza deve rafforzare la sua capacità di innovazione. Per questo motivo la Commissione Juncker ha fissato un nuovo livello di ambizione per l'UE e i suoi Stati membri e le 48

sue regioni, e ha lanciato Orizzonte Europa, il più ambizioso programma di ricerca e innovazione di sempre, che segue il successo di Horizon 2020. In questo modo l'UE sarà in prima linea nella ricerca e nell'innovazione a livello mondiale.

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I leader dell'UE per settore specifico di innovazione sono: - Danimarca: risorse umane e ambiente favorevole all'innovazione; - Lussemburgo: sistemi di ricerca attrattivi; - Francia: finanziamenti e sostegno; - Germania: investimenti delle imprese; - Portogallo: innovatori per le PMI; - Austria: collegamenti; - Malta: attività intellettuali; - Irlanda: effetti sull'occupazione ed effetti sulle vendite.


above the EU average. 0CJ?RGTC RM #3 GL

0CJ?RGTC RM #3 GL

/BI>QFSB to EU 2018 in 2018 02** /6 &++,3 1&,+ &+!"5 78.1 Human resources 52.4 New doctorate graduates Population with tertiary education Lifelong learning Attractive research systems International scientific co-publications Most cited publications Foreign doctorate students &KKLS>QFLK COFBKAIV BKSFOLKJBKQ 67.6 Broadband penetration Opportunity-driven entrepreneurship Finance and support R&D expenditure in the public sector Venture capital expenditures Firm investments 71.2 R&D expenditure in the business sector Non-R&D innovation expenditures 83.8 Enterprises providing ICT training Innovators 130.5 SMEs product/process innovations SMEs marketing/organizational innovations SMEs innovating in-house Linkages 47.8 Innovative SMEs collaborating with others Public-private co-publications Private co-funding of public R&D exp. &KQBIIB@QR>I >PPBQP 100.7 PCT patent applications Trademark applications Design applications 135.5 "JMILVJBKQ FJM>@QP 73.3 Employment in knowledge-intensive activities Employment fast-growing enterprises 0>IBP FJM>@QP 82.5 Medium and high-tech product exports Knowledge-intensive services exports Sales of new-to-market/firm innovations &Q>IV

Performance OBI>QFSB QL "2 2011 in 2011 2018 74.1 53.2 64.1 53.1 73.3 101.5 84.5 111.5 53.7 57.8 66.8 84.8 102.1 118.5 46.7 35.1 52.1 71.4 76.5 81.2 85.0 85.5

2FC–AMJMSPQ–QFMU–LMPK?JGQCB–NCPDMPK?LAC–GL– –PCJ?RGTC–RM–RF?R–MD–RFC–#3–GL– –B?PI– EPCCL –?@MTC– ͕ –JGEFR–EPCCL –@CRUCCL– ͕–?LB– ͕ –WCJJMU –@CRUCCL– ͕–?LB– ͕ – MP?LEC –@CJMU– ͕ –,MPK?JGQCB–NCPDMPK?LAC–SQCQ–RFC–B?R?–?ĚCP–?–NMQQG@JC–GKNSR?RGML–MD– KGQQGLE–B?R?–?LB–RP?LQDMPK?RGML–MD–RFC–B?R?

IT

EU

Performance and structure of the economy GDP per capita (PPS) Average annual GDP growth (%) 1.3 2.2 Employment share manufacturing (NACE C) (%) 18.3 15.5 of which High and medium high-tech (%) 33.2 Employment share services (NACE G-N) (%) of which Knowledge-intensive services (%) Turnover share SMEs (%) Turnover share large enterprises (%) Foreign-controlled enterprises – share of value added (%) Business and entrepreneurship Enterprise births (10+ employees) (%) 1.2 1.5 Total Entrepreneurial Activity (TEA) (%) FDI net inflows (% GDP) Top R&D spending enterprises per 10 million population Buyer sophistication (1 to 7 best) $LSBOK>K@B >KA MLIF@V CO>JBTLOH Ease of starting a business (0 to 100 best) Basic-school entrepren. education and training (1 to 5 best) 1.8 Govt. procurement of advanced tech products (1 to 7 best) 3.5 Rule of law (-2.5 to 2.5 best) 1.2 Demography Population size (millions) 511.3 Average annual population growth (%) Population density (inhabitants/km2) EU targets for 2020 Indicator Gross domestic expenditure on R&D (% of GDP) Tertiary educational attainment (% of population aged 30-34)

2014

Latest 1.35

Target1 1.53

–1MSPACQ–?PC–NPMTGBCB–GL–RFC–GLRPMBSARGML–RM–RFC–AMSLRPW–NPMĺJCQ

European Semester country report and country specific recommendations: https://rio.jrc.ec.europa.eu/en/library/research-and-innovation-analysis-europeansemester-2019-country-reports https://rio.jrc.ec.europa.eu/en/library/country-specific-recommendations-2019research-and-innovation-analysis

Il livello di innovazione in Italia La presenza di innovatori, di asset intellettuali e di sistemi di ricerca attrattivi sono importanti leve di innovazione. L’Italia ha raggiunto punteggi alti per quanto riguarda la capacità della PMI di innovare in house; al contrario ha punteggi bassi nel livello di educazione della popolazione, nella spesa privata in ricerca e sviluppo e progetti di collaborazione tra imprese. Sono poi da considerare anche le caratteristiche strutturali del paese: l’Italia ha punteggi bassi in diversi indicatori economici, che includono il tasso di crescita annuo del PIL, il livello di dividendi ridistribuiti dalle grandi imprese, il valore aggiunto distribuito dalle aziende controllate con haedquarter estero, la spesa privata in ricerca e sviluppo, ecc.

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IMPRESE

CASEIFICIO TORRE PALLAVICINA ottenuta certificazione CRENBA sul benessere animale Il Caseificio Torre Pallavicina è il primo produttore di Grana Padano Dop a ottenere la certificazione del Benessere Animale in allevamento in tutte le stalle, valutato secondo lo standard del Centro di Referenza nazionale (CrenBa). E il loro Grana BG 506 è il primo Grana Padano DOP in assoluto a poter vantare questo prestigioso risultato. È stata la stessa cooperativa ad aver reso noto il raggiungimento di questo traguardo attraverso la loro pagina Facebook. La cooperativa di Torre Pallavicina, che si trova nell’omonima località in provincia di Bergamo, viene fonda-

50

ta nel 1936 con l’obiettivo di tutelare gli interessi economici e morali dei soci, che mettevano a disposizione il proprio latte per venderlo o lavorarlo e cedere i prodotti ottenuti. Nel 1964 inizia la costruzione dell’attuale sede e dei relativi locali adibiti alla lavorazione del latte e all'allevamento dei suini. Nella prima fase la Cooperativa si specializza nella produzione di provolone; successivamente dà avvio alla produzione di Grana Padano DOP e nel 1977 edifica il magazzino per la sua stagionatura con una capacità di circa 7.000 forme. Nel 2004, si costruisce un nuovo magazzino

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che contiene 50.000 forme. Ancora oggi la lavorazione viene fatta in modo artigianale, secondo l’antica tradizione casearia del Grana Padano DOP e sotto la sorveglianza del Consorzio di tutela. Per raccontare questa realtà con qualche cifra, nel 2015 il latte raccolto da 16 aziende agricole è stato di oltre 34mila tonnellate di cui più di 28mila destinate alla produzione di Grana Padano Dop, con oltre 51mila forme. Una produzione in crescita, se si considera che 10 anni prima le forme erano poco più della metà.


EMMI SBARCA IN BRASILE

il leader svizzero del latte acquisisce il 40% dell’industria brasiliana Porto Alegre Emmi, leader elvetico nel settore lattiero-caseario, è in procinto di acquisire il 40% del capitale della brasiliana Laticínios Porto Alegre. Con questa operazione, Emmi rafforza la sua presenza in Brasile e porta avanti il ​​suo programma di crescita e espansione internazionale. Il restante 60% dell’azienda, fondata nel 1991, sarà conservato dai fratelli José Afonso e João Lúcio Barreto Carneiro. Quest’ultimo è l’amministratore delegato della società. Il CEO di Emmi, Urs Riedener, ha di-

chiarato: “Laticínios Porto Alegre è un’azienda sana che ha anche svolto un eccellente lavoro negli ultimi anni di difficoltà economica. La sua forte posizione offre a Emmi la possibilità di integrare il proprio portafoglio di prodotti con concetti di prodotto e di marketing innovativi, creando così ulteriori opportunità in un mercato con un grande potenziale a lungo termine. “ Laticínios Porto Alegre è la quinta realtà casearia più grande nel suo mercato principale nello stato

di Minas Gerais, con un posizionamento forte nel segmento dei formaggi tradizionali, mozzarella, requeijão (formaggio fresco), latte UHT e burro.

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LATTE UHT, VINCE IN GERMANIA i tedeschi ne consumano almeno 1 litro a settimana Il latte a lunga conservazione è il prodotto lattiero-caseario più popolare in Germania, dove la maggior parte della popolazione consuma almeno un litro di latte alla settimana. Una delle zone in cui è più diffuso è la Sassonia-Anhalt, in cui il 67% di consumatori sceglie questo prodotto, secondo un recente sondaggio condotto tra 2mila tedeschi dall'istituto di ricerche di mercato YouGov per Weihenstephan Dairy uno dei più antichi marchi tedeschi di prodotti lattiero-caseari. I tedeschi tendenzialmente concordano anche sulla modalità di consumo: nella maggior parte dei casi preferiscono berlo assieme al caffè

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o al cacao. Ad esempio, ad Amburgo la percentuale di chi sceglie di bere il latte in questo modo sfiora quasi il 90%. Secondo il sondaggio, al secondo e terzo posto della classifica sui tipi di latte consumati si posizionano il latte fresco convenzionale e il latte fresco biologico. Per quanto riguarda invece la classifica che tiene conto dei grassi contenuti nel latte, dall’indagine emerge che in Germania i consumatori scelgono il latte intero (3,5 - 4,4% di grassi) o parzialmente scremato. Mentre il latte scremato resta più indietro nella classifica. "Il latte con un alto contenuto di

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grassi come il 3,5% di grassi è particolarmente corposo e universalmente applicabile. Ad esempio, mette in risalto perfettamente i sapori di alcuni tipi di cereali", ha affermato Christopher Guyot, sviluppatore del Weihenstephan Dairy. "Il nostro latte grasso al 1,5%, d'altra parte, è perfetto per le bevande quando si vuole unirlo ad altro, per esempio il caffè, perché è ottimo per produrre una schiuma di latte soffice".


QUATAR, VERSO L’AUTOSUFFICIENZA

L’isolamento diplomatico e commerciale, la possibilità di poter contare su un Pil pro capite che è fra i più alti al mondo, la scelta di puntare sull’agricoltura, attraverso gli investimenti di una società qatariota, con l’arrivo di vacche, pecore e capre: è la storia del Qatar, il suo recente passato. Oggi il Paese è riuscito a diventare autosufficiente per i prodotti lattiero caseari, rivela DairyReporter, e ha perfino iniziato a vendere scorte di latte fresco in Afghanistan, Yemen e Oman. Nel 2017, alcuni paesi arabi sunniti hanno deciso di isolare diplomaticamente ed economicamente il Qatar, anch’esso sunnita, accusato di sostenere il terrorismo. Prima dell’isolamento Il Paese, piccolo, ma molto ricco, non aveva bisogno di dedica-

re i suoi aridi terreni all’allevamento di bestiame: comprava i prodotti di cui aveva bisogno, soprattutto latte, dalla più grande Arabia Saudita, l’unico stato con cui confina. Ma dopo che è stato imposto l’isolamento, il Qatar si è trovato senza alcuni alimenti e bevande, fra cui il latte. Si è fatta avanti una società qatariota, la Baladna, inizialmente una piccola società che è poi pian piano cresciuta: ha portato nel paese migliaia di mucche, pecore e capre; ha fatto sì che ci fossero erba e acqua per tenerle in vita e le ha usate per produrre latte, carne, dolci e formaggi. Dal canto suo il Qatar ha deciso di incrementare la produzione agricola, l’obiettivo è di arrivare a 1400 aziende agricole entro il 2022. La mandria iniziale di 4mila capi

portati da Baladna ora è quintuplicata, Gli animali, la maggior parte dei quali sono stati acquistati dagli Usa, vivono in capannoni climatizzati, in allevamenti con strumenti all’avanguardia, ma dove le temperature in estate raggiungono anche i 50 gradi. Oltre al latte, Baladna produce formaggi, yogurt, dolci e laban, un latte fermentato (una via di mezzo tra latte e yogurt) e burro. E produce più del doppio del latte di cui la popolazione (2,7 milioni gli abitanti) ha bisogno. All’inizio del 2019 è iniziata la terza fase di espansione della società, con il lancio della prima linea di produzione UHT. E non hanno intenzione di fermarsi. L’obiettivo è di ampliare ulteriormente il portafoglio di prodotti.

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FOCUS EXPORT

MERCATO PORTOGHESE

nuovi trend incrementano gli spazi per i formaggi stranieri, soprattutto nel comparto dei non lavorati a pasta dura Vi è un tratto dominante nei movimenti che da qualche anno interessano il mercato portoghese dei formaggi. Si tratta della forte spinta alla diversificazione. Complice il miglioramento della situazione economica complessiva e una consapevolezza crescente da parte dei consumatori, essa sta operando in almeno tre direzioni. In primo luogo si rileva maggiore attenzione al packaging, con l’introduzione di nuovi e più convenienti formati che siano funzionali anche a maggiori occasioni di consumo, ad esempio in viaggio. In secondo luogo, le aziende stanno incrementando la varietà dei loro portafogli prodotti,

valorizzando soprattutto i formaggi a basso contenuto di grassi, i formaggi senza lattosio e le numerose specialità regionali che costituiscono uno dei vanti del paese iberico. In terzo luogo, una parte del mercato guarda con particolare interesse ad una sorta di “ritorno alle origini”, ovvero ai sapori delle produzioni artigianali e naturali, che è disposta a riscoprire anche attraverso i formaggi stranieri. Questi trend riguardano molto da vicino la categoria dei formaggi non lavorati, che è di gran lunga la più forte. I formaggi a pasta dura non confezionati guidano infatti la

classifica per volumi di vendita con 55,1 migliaia di tonnellate, seguiti a distanza dai pasta dura confezionati (29,8 migliaia di tonnellate) e dai pasta molle (8,8 migliaia di tonnellate). Poco diffusi sono invece i formaggi lavorati, che tra spalmabili e non si attestano nel 2018 a 3,9 migliaia di tonnellate vendute su complessive 97,5. Dal punto di vista della crescita realizzata, tra il 2013 e il 2018 tutte le sottocategorie hanno incrementato i volumi di vendita, ma con punte anche qui sui formaggi non lavorati (+12,2% per i pasta dura confezionati e +11,0% per i pasta molle).

RIPARTIZIONE % DEI VOLUMI DI VENDITA DEI FORMAGGI IN PORTOGALLO NEL 2018

ELABORAZIONI UFFICIO STUDI E RICERCHE FONDOSVILUPPO SU DATI EUROMONITOR INTERNATIONAL PER L’UFFICIO PER LE POLITICHE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE E MERCATI – CONFCOOPERATIVE * migliaia di tonnellate

FORMAGGI NON LAVORATI - PASTA DURA NON CONFEZIONATI

55,1

FORMAGGI NON LAVORATI - PASTA DURA CONFEZIONATI FORMAGGI NON LAVORATI - PASTA MOLLE

54

29,8

8,8

FORMAGGI LAVORATI - SPALMABILI

2,9

FORMAGGI LAVORATI - ALTRI

1,0

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Una situazione simile si ha sul fronte del valore delle vendite. Nel 2018 i pasta dura non confezionati hanno venduto per 453,9 milioni di euro, seguiti dai pasta dura confezionati (272,1 milioni), dai pasta molle (75,7 milioni) e dal complesso dei lavorati (30,9 milioni). Nuovamente la crescita ha riguardato tutte le sottocategorie, in particolare sempre i pasta dura confezionati e i pasta molle, rispettivamente +9,1% e +8,6% nel quinquennio. Se si entra nel dettaglio delle specifiche tipologie di formaggio non lavorato e delle loro quote sul complessivo valore delle vendite per la categoria, si ha il Flamengo al 50,2%, il Fresco al 16,0%, il Requeijao al 5,1% e l’insieme residuale degli altri formaggi al 28,7%. Per quanto riguarda la distribuzione dei formaggi, in Portogallo essa

avviene prevalentemente e stabilmente nel canale della moderna distribuzione organizzata (quote valore 2018 di 57,0% per i supermercati, 22,7% per gli ipermercati e 6,1% per i discount). La distribuzione tradizionale si attesta invece al 9,2%, tra rivenditori specializzati (3,6%) e altri rivenditori (5,4%). Vi è infine da segnalare un 2,6% del valore realizzato tramite internet, un canale la cui quota è anche cresciuta in misura relativamente significativa (era 1,8% nel 2013). In rapporto alla situazione competitiva del mercato, sono numerose le imprese e gruppi che detengono quote importanti. Per esempio i primi 3 operatori - Fromageries Bel Portugal, Lactogal Produtos Alimentares e Sonae Modelo Continente Hipermercados - controllano rispettivamente il 21,3%, il 16,6% e l’8,3% del mercato a valore.

Si evidenzia inoltre la performance del private label, presente tra i primi 3 brand (con Sonae Modelo Continente Hipermercados e Pingo Doce Distribucao Alimentar) e nel complesso in grado di coprire almeno il 22,7% del valore delle vendite 2018. Tuttavia questa quota è in leggera diminuzione. Ciò è dovuto alla riduzione del gap valoriale tra i marchi del produttore e i marchi del distributore, con i prezzi dei primi che stanno diminuendo per le forti iniziative promozionali e i prezzi dei secondi che stanno invece aumentando per l’introduzione di prodotti a maggiore valore aggiunto. In prospettiva, tra il 2018 e il 2023, non sono attesi particolari cambiamenti. Il mercato continuerà sulla strada tracciata nel quinquennio appena concluso, consolidandone i tassi di crescita.

VARIAZIONE % ATTESA DI VOLUME E VALORE DELLE VENDITE PER SOTTOCATEGORIA DI FORMAGGIO (2018/2023)

ELABORAZIONI UFFICIO STUDI E RICERCHE FONDOSVILUPPO SU DATI EUROMONITOR INTERNATIONAL PER L’UFFICIO PER LE POLITICHE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE E MERCATI- CONFCOOPERATIVE

18,1% 13,4%

21,4% 14,8%

13,8%

15,0%

18,3%

18,4%

10,5%

6,6%

VOLUME

VALORE

LAVORATI SPALMABILI LAVORATI (ALTRI) NON LAVORATI A PASTA DURA E CONFEZIONATI NON LAVORATI A PASTA DURA E NON CONFEZIONATI NON LAVORATI A PASTA MOLLE L’analisi è tratta dalla collana “Export & Mercati”, una serie di pubblicazioni realizzate a cadenza mensile dall’Ufficio Studi e Ricerche di Fondosviluppo per l’Ufficio per le Politiche di Internazionalizzazione e Mercati di Confcooperative e scaricabili dal sito www.internazionalizzazione.confcooperative.it. Le cooperative associate potranno richiedere gratuitamente uno o più report personalizzati per Prodotti/Paese, inviando la propria richiesta all’indirizzo internationaloffice@confcooperative.it. Sempre sul sito di Confcooperative dedicato all’internazionalizzazione, le cooperative potranno trovare tutta una serie di altri servizi, strumenti ed iniziative promosse dalla Confederazione e che si ritiene possano essere di supporto nei diversi processi di internazionalizzazione. Twitter: @ConfcoopMercati Confcooperative Lombardia - Milkcoop magazine n.5_2019_giugno

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MERCATI

I TREND DI MERCATO cereal & oilseed

World maize: USDA

mais

World wheat: USDA 14

grano

9

soia

56

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Common wheat & flour - exports Weekly volum e (current MY)

25

21.8 20

2018/19 20.5Mt 15

400

10

200

5

0

0

1

4

7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52

Maize - imports 1200

w eek Source: European Commission – DG TAXUD

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Barley, malt included - exports 10

2017/18

Weekly volum e (current MY)

400 300

8 6

2018/19 7.1Mt

200

100 0

8.6

4

2

1

4

7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52

Total MY - million tonnes

Weekly volume - thousand tonnes

500

Previous

2018/19 23.3Mt

Weekly volum e (current MY)

1000

800

24 20

17.7

16

2017/18

600

12

400

8

200

4

0

1

4

7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52

Total MY - million tonnes

600

Weekly volume - thousand tonnes

800

2017/18

Total MY - million tonnes

Weekly volume - thousand tonnes

1000

0

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Source: European Commission – DG TAXUD Page

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w eek

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I TREND DI MERCATO latte e derivati

PRODUZIONE DI LATTE E DERIVATI A LIVELLO MONDIALE

PREZZI DI MERCATO A LIVELLO MONDIALE

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COMMERCIO ESTERO MAIN EXPORTING THIRD COUNTRIES Jan-Mar 2019 compared to 2018 New Zealand

BUTTER(OIL) Qty in ktons

% 2019 /18

CHEESE

S.M.P.

% 2019 /18

Qty in ktons

Qty in ktons

W.M.P.

% 2019 /18

Qty in ktons

% 2019 /18

147

+ 29%

90

+ 12%

119

+ 8%

468

+ 23%

41

- 22%

209

+ 2%

262

+ 35%

70

- 26%

9

- 3%

99

+ 11%

165

- 10%

7

- 37%

17

- 4%

58

+ 25%

30

+ 30%

6

- 33%

Australia

6

+ 78%

36

- 10%

45

+ 10%

10

- 42%

Uruguay

4

+ 72%

6

- 24%

5

+ 190%

EU-28 United States Belarus

30

+ 25%

MAIN IMPORTING THIRD COUNTRIES Jan-Mar 2019 compared to 2018

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Qty in ktons

% 2019 /18

CHEESE Qty in ktons

% 2019 /18

S.M.P. Qty in ktons

W.M.P.

% 2019 /18

Qty in ktons

% 2019 /18

China

25

- 21%

28

+ 3%

106

+ 28%

278

+ 29%

Japan

6

+ 175%

71

+ 5%

17

- 12%

0

+++

18

+ 88%

62

+ 83%

16

+ 2%

11

+ 179%

United States

15

+ 53%

39

+ 1%

0

+ 178%

2

+ 40%

Australia

10

- 13%

28

- 12%

3

+ 9%

7

+ 23%

Thailand

4

+ 1%

5

- 2%

13

- 8%

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Confcooperative Lombardia - Milkcoop magazine n.5_2019_giugno

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COMUNICAZIONE DIGITAL

anche le aziende del food scommettono su questo canale

Anche le aziende food iniziano a spingere sull’acceleratore per la comunicazione digitale, affidandosi sempre più spesso a specialisti del settore e investendo una parte del budget, più o meno consistente, in questo campo, per fare conoscere il proprio brand e i singoli prodotti. Un’analisi a tutto campo su quanto e come le aziende del food stiano scommettendo sulla comunicazione online emerge dal sondaggio sviluppato da Soluzione Group che ha coinvolto oltre 150 imprese italiane del settore alimentare (dai latticini e formaggi agli insaccati, arrivando agli snack e al vino) con 10 miliardi di euro di fatturato aggregato. L’indagine è stata presentata durante l’evento “Le ere digitali della comunicazione food” organizzato dalla stessa agenzia di comunicazione in collaborazione con Mark Up e Gdoweek. Secondo i dati raccolti, per la maggior parte delle imprese, l’utilizzo dell’online è frutto di un lavoro strategico continuativo, che quindi li 60

coinvolge quotidianamente, mentre per il 33% degli intervistati è limitato a singole campagne a supporto di prodotti o eventi. Per definire il piano di azione, ci si affida al Responsabile Marketing e sempre più spesso si fa ricorso ad agenzie esterne specializzate in web e social media marketing, segno che si punta sempre più spesso su specialisti del settore per raggiungere il risultato di una maggiore visibilità online. Per quanto riguarda il capitolo investimenti, il 26% delle aziende spende per la comunicazione digitale meno dell’1% del budget annuo, ma una fetta consistente, pari al 15% investe in questo ambito più del 10% del proprio budget. Per quanto riguarda i singoli comparti, le aziende che si occupano di carne e insaccati sono quelle che spendono di più, seguite da pasta e farine e vino. La maggior parte delle imprese del dairy investe fra l’1 e il 3% del proprio budget. Oltre alle attività ormai considera-

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te «must» (sito, social, ads), più aumenta il budget destinato alla comunicazione digitale più l’azienda adotta un approccio «multicanale/ multistrumento». Sul fronte social network, quasi tutte le aziende (il 92%) usano Facebook. Anche Instagram è diffuso (oltre il 70%), Youtube viene sfruttato da un’azienda su due, mentre Linkedin coinvolge il 33% delle imprese. A seguire Twitter. Manca tra i social network attualmente più utilizzati la componente della messaggistica, in particolare WhatsApp Business, che permette di chattare direttamente con il cliente. Durante l’incontro è stato presentato anche il modello “Le ere digitali – l’evoluzione del brand sul pianeta internet”, una timeline degli strumenti e degli obiettivi raggiunti dalle aziende food in ambito digitale, con una suddivisione metaforica che prende spunto dell’evoluzione umana, dai primati al sapiens sapiens. La linea del tempo parte dal 1982, quando è stato creato il


“www” e si evolve fino ad oggi. Le aziende food italiane si posizionano nell’era Neanderthal: anche se stanno puntando sulla comunicazione digitale, non usano ancora gli strumenti più all’avanguardia. Come l’intelligenza artificiale, ad esempio, presente nell'era Sapiens sapiens. Ma alcune aziende food presenti nella tavola rotonda che si è svolta dopo la presentazione del sondaggio, hanno sottolineato che non sempre gli strumenti più innovativi sono davvero utili alle imprese del settore.

PRINCIPALI CANALI/ATTIVITA’ DI COMUNICAZIONE IMPIEGATI DALLE AZIENDE

PRINCIPALI ARGOMENTI OGGETTO DELLA COMUNICAZIONE DIGITALE

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