Milkcoop magazine n.4 2019

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Milkcoop magazine - Il mensile delle filiere cooperative lattiero-casearie n.4_2019_maggio

Il mensile delle filiere cooperative lattiero casearie

Dossier latte

Luci e ombre del settore: ecco quali sono le ultime tendenze di mercato e le novitĂ di filiera


SOMMARIO 5

EDITORIALE di Fabio Perini

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GRANA PADANO DOP SPERIMENTA LA BLOCKCHAIN SULLA FILIERA a cura del Consorzio Grana Padano

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SMART CONTRACT

una possibile applicazione della blockchain

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USA - TRACCIABILITÀ DEL BESTIAME

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LE IMPRESE ITALIANE DEL FOOD

dal 2023 diventa obbligatorio l’uso della tecnologia RFID per il controllo degli animali

I risultati del Rapporto 2019 di Largo Consumo

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DOSSIER LATTE Pubblicati i dati Nielsen 2018

20 APPROFONDIMENTO

A TUTTO BIOGAS

L’Italia è il quarto paese al mondo per numero di impianti biogas: ecco quali sono le norme che regolano gli incentivi per le nuove costruzioni e alcune aziende che rappresentano un’eccellenza in tutta Italia


COOPERATIVE E SOCI 26

LATTERIA SOCIALE CALVENZANO

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AZIENDA LE GAZZE

impatto energetico pari a zero

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ASIAGO DOP, TREND DI CRESCITA

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GRANDI MANOVRE PER LACTALIS

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MEDIO ORIENTE, CRESCE IL DAIRY

50

L’EVOLUZIONE DEL PACKAGING

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ARLA PUNTA AL PACK GREEN

LA VIRTÙ DELL’AGGREGAZIONE a cura di Ermanno Comegna

PRIMO PIANO 37

VERTICE UE A SIBIU

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PREVISIONI CRESCITA ECONOMICA

impegno dei leader per il futuro dell’Europa in Europa continua la crescita trainata dal dinamismo interno

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FILIERA TRASPARENTE

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FINANZIAMENTI PER I GIOVANI

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PRODOTTI UE SOTTO ATTACCO

38

lo stagionato traina le vendite

acquisizioni in India ... ma anche in Italia si sta muovendo

Almarai, il big player dell’Arabia Saudita investe all’insegna del green

FOCUS EXPORT 52

MERCATO SAUDITA

la mozzarella sempre più popolare. I consumatori guardano con interesse anche ai formaggi a basso contenuto di grassi e biologici.

dopo il controllo sulle pratiche sleali, la EU punta alla trasparenza nei prezzi delle filiere BEI e UE mettono a disposizione risorse per 1 miliardo di euro

PARTNERSHIP IRLANDA-CINA

al via i lavori per lo sviluppo del China-Ireland Sustainable Dairy Development Centre

taleggio ma non solo

BRAINSTORMING DI FILIERA 34

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MERCATI 54

I TREND DI MERCATO

Rabobank denuncia il pericolo di nuove tariffe che l’USA intende mettere su prodotti dairy importati dall’UE

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I TREND DI MERCATO

USA - CINA, CONTINUA LO SCONTRO

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Trump protegge gli agricoltori USA con aiuti diretti per un valore di 16 miliardi di dollari

cereal & oilseed latte e derivati

E-COMMERCE, TANTE OPPORTUNITA’ ampi margini di crescita per il Food, ancor più se i prodotti sono green

Gli agricoltori americani sempre più preoccupati, guardano altrove

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L’EDITORIALE LA FORZA DELL’AGGREGAZIONE di Fabio Perini

Il comparto lattiero-caseario come ben sappiamo è dominato da luci e ombre. Questi dati emergono chiaramente anche da diversi articoli presenti all’interno del magazine in cui vengono delineati i dati di mercato del comparto, l’andamento dei consumi e le nuove tendenze. Siamo di fronte ad un mercato estremamente volatile, incerto e che cambia improvvisamente (vedi l’ultimo caso di acquisizione di Nuova Castelli), un consumatore sempre più attento e esigente e una comunicazione pervasiva e poco controllata. Ma oltre a ciò ci sono prospettive molto positive per chi sa fare prodotti di qualità e ad alto valore aggiunto, che sappiano raccontare le filiere produttive e l’attenzione all’ambiente (ma non solo); si stanno poi affermando sempre più innovative modalità di comunicare e di vendere i prodotti (basti pensare al tema della blockchain o al boom delle vendite online) fino ad arrivare alle opportunità sui mercati esteri. La cooperazione può essere al centro di questo mondo che cambia, mettendo in atto strategie di filiera, in stretta connessione soci-cooperativa, per poter valorizzare i territori, offrire prodotti di qualità eccelsa ai consumatori e restituire il valore alle comunità. Prendiamo avvio da un buon punto di partenza, ma dobbiamo essere pronti a guardarci intorno per cogliere tutte le opportunità. Nel magazine c’è anche un approfondimento sul tema del biogas, altro elemento strategico di sviluppo delle filiere, in un’ottica di sostenibilità ed economia circolare. Continua poi l’attività di Milkcoop nel raccogliere e raccontare le storie delle nostre imprese. In questo numero si parla della Latteria sociale di Calvenzano.

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Grana Padano Dop GRANA PADANO DOP SPERIMENTA LA BLOCKCHAIN SULLA FILIERA

Un percorso che oggi rappresenta la vera innovazione per implementare in maniera ancor più efficace tracciabilità, rintracciabilità, anti -contraffazione e controllo delle frodi “Abbiamo deciso di sperimentate la blockchain per la filiera del Grana Padano perché vogliamo garantire ai consumatori, con lo strumento più evoluto, la massima qualità che i “copioni” di ogni genere non possono offrire e condividere queste tute-

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le con tutti i soggetti della filiera in ogni passaggio. La produzione 4.0 è un’asticella ancora più alta nel livello dei controlli che il sistema del Grana Padano è assolutamente in grado di superare confermandosi il prodotto DOP più consumato nel mon-

do. Così il Direttore Generale del Consorzio Tutela Grana Padano, Stefano Berni, ha riassunto l’impegno nella sperimentazione della nuova procedura informatica nella filiera del Grana Padano grattugiato intervenendo alla “Blockchain

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Plaza Case History”, la tavola rotonda riservata alle prime 4 realtà agroalimentari italiane ad averla sperimentata nell’ambito del nuovo progetto ideato da CSQA – Ente di Certificazione leader in Europa per il settore agroalimentare – ed Euranet – Società di consulenza e tecnologie per la compliance – per condividere esperienze, idee e proposte sulle tematiche della blockchain per il settore agroalimentare. La blockchain punta a garantire in modo immodificabile e completo tutte le informazioni che riguardano la filiera produttiva e offre uno strumento di garanzia a tutti gli interlocutori, da quelli commerciali fino ai consumatori. Per il Consorzio Grana Padano, che nel 2018 ha confermato la propria leadership mondiale tra le DOP con 4.932.996 forme prodotte ed un export salito

a 1.938.328 forme, aumenterebbe quindi il livello di trasparenza attraverso l’immodificabilità dei dati inseriti da: allevatore, trasportatore del latte, trasformatore, stagionatore e grattugiatore per ogni confezione, con maggior garanzia e tutela sia al consumatore rispetto a prodotti similari, il similar sounding, sia ai soci del Consorzio di Tutela coinvolti nella filiera. Inoltre faciliterebbe i controlli periodici attraverso i virtual audit, consentirebbe agli operatori della filiera di inserire i dati direttamente in blockchain, rendendo possibile operare in modo completo sui flussi dei dati e sui sistemi informatici con la supervisione del sistema da parte di ChoralTrust di CSQA, da anni l’ente certificatore della produzione di Grana Padano. Con la sperimentazione la

blockchain si è rivelata utile per la produzione del Grana Padano, che, fedele alla propria storia, segue l’evoluzione del gusto. “Nel rispetto della tradizione – continua Stefano Berni – il Grana Padano diventerà via via un prodotto più moderno, perché più magro e saporito ma meno salato, benefico per la pressione arteriosa e per l’assimilazione del calcio, sempre più digeribile, adatto ai vegetariani, rigorosamente legato al suo territorio e ai suoi foraggi e senza conservanti. Lo strumento per misurare e garantire queste performances sarà la blockchain e il puntiglioso controllo e giudizio dei consumatori, effetto garantito dallo stesso modello blockchain. Il Consorzio la sua parte la sta facendo e la farà. Tutto ciò aiuterà a distinguerci dai copioni”.

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SMART CONTRACT

una possibile applicazione della blockchain Il mondo sta cambiando radicalmente e strutturalmente sotto tanti punti di vista: dai bisogni della società e delle persone, nelle modalità di comunicazione e di relazione reciproca, nei business model e modo di fare impresa, nella struttura di domanda/offerta produttiva, nelle

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dinamiche economico-commerciali, nelle priorità della politica, ecc. Uno dei principali fattori trainanti e abilitanti di questa evoluzione è la tecnologia. Oggi siamo in un mondo pervaso dalla tecnologia in tutti i sensi e modi e questa porta spesso ad alterare le visioni tradizionali.

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Tant’è che oggi le imprese parlano sempre più di digital business strategy, cioè come pensare ad una strategia di business che prenda in considerazione e sfrutti la tecnologia sia per migliorare l’efficienza interna ma anche per sviluppare innovativi prodotti e servizi da offrire. La


tecnologia è quindi un driver molto rilevante che impatta le scelte strategiche delle aziende a tutti i livelli e deve quindi essere ben conosciuta e gestita. Il cuore di questa trasformazione digitale del mondo si basa sulla possibilità di valorizzare tutta una serie di dati e informazioni che possono essere raccolti attraverso diversi strumenti (device wearables, sensori industriali ed ambientali, smartphone, ecc.). In questo contesto un ambito di sviluppo su cui molte imprese e filiere agroalimentari stanno investendo è la blockchain. Quello che rende differente la blockchain dagli altri sistemi, è che la tecnologia permette a due entità di eseguire operazioni sicure, immutabili e trasparenti senza il bisogno di un ente certificatore centrale. La blockchain applicata al Food offre sicuramente enormi opportunità. Si parte in primis dalla considerazione che i consumatori sono conti-

nuamente alla ricerca di un numero sempre maggiore e diversificato di informazioni sui prodotti che acquistano. E le aziende fanno sempre più fatica a creare fiducia nei confronti dei consumatori. In questo senso la blockchain può essere un valido aiuto potendo certificare in modo oggettivo e trasparente tutto quello che c’è dietro un prodotto: dall’origine delle materie prime, agli attori della filiera, ai processi produttivi, alla qualità del prodotti, ecc. E un QR code applicato sui prodotti può permettere di trasmettere in modo diretto tutte queste informazioni al consumatore. I vantaggi quindi sono enormi sia in termini di fidelizzazione dei consumatori al marchio, ma anche come nuove modalità di comunicazione e nuovi sistemi di creare valore ai prodotti. Quando si parla di blockchain, applicata al settore agroalimentare, spesso si fa riferimento solo alle opportunità di comunicazione finale e valorizzazione dei prodotti.

In realtà ci sono molti altri aspetti da prendere in considerazione che possono generare impatti positivi sulla governance dell’intera filiera, sull’efficienza e sugli strumenti di coordinamento interno. Questo è il caso degli smart contract. Uno smart contract è generalmente definito come “un codice informatico che, al momento dell’avverarsi di una determinata condizioni (o insieme di condizioni), è capace di avviarsi in modo automatico sulla base di impostazioni pre-concordate tra le parti.” Gli smart contract, si basano quindi sui seguenti principi: - CERTEZZA (dell’esecuzione degli obblighi contrattuali) - TRASPARENZA (delle specifiche contrattuali e delle modalità di risoluzioni di eventuali conflitti) - IMMUTABILITA’ (delle transazioni) - SEMPLIFICAZIONE (automazione di processi amministrativo-burocratici).

Come funzionano gli smart contract? L’elemento base degli smart contract è rappresentato dai token. Si tratta di asset digitali - basati sulla tecnologia blockchain - che vengono scambiati tra due soggetti senza bisogno di nessun intermediario. Rappresentano un insieme di informazioni digitali che possono conferire un diritto di proprietà ad un soggetto in base ad una serie di informazioni registrate nella blockchain e che, con uno specifico protocollo, possono essere trasferite. In altre parole, lo Smart Contract, controlla sia le clausole che sono

state concordate sia la condizioni operative nelle quali devono verificarsi le condizioni concordate e si “autoesegue” automaticamente nel momento in cui i dati riferiti alle situazioni reali corrispondono ai dati riferiti alle condizioni e alle clausole concordate. L’aspetto innovativo è ovviamente la totale assenza di un intervento umano. Per questo lo Smart Contract deve essere basato su dati estremamente precisi. Deve essere in grado di “decifrare” tutte le circostanze, le condizioni e le situazioni

possibili. La sua qualità è fondamentale. Un esempio nell’Industria 4.0, nella Smart Agrifood, si ritrova nel caso di progetti di Smart Logistics: il controllo sul conferimento di determinate materie prime, sulla loro qualità e quantità viene già oggi gestito con Smart Contracts che hanno anche il compito di attuare, in automatico, nel rispetto delle logiche Industry 4.0, delle azioni corrispondenti.

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LA REIDRATAZIONE NON E’ SOLO UNA QUESTIONE DI LIQUIDI

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USA, TRACCIABILITA’ DEL BESTIAME dal 2023 diventa obbligatorio l’uso della tecnologia RFID per il controllo degli animale

Tracciabilità e blockchain sono temi all’ordine del giorno non solo in Italia e UE, ma in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, l’USDA ha recentemente pubblicato un piano operativo per implementare e rafforzare il proprio programma di tracciabilità per monitorare lo stato di salute di tutti gli animali: entro i prossimi quattro anni, gli unici tag che l'USDA rico-

noscerà come ID ufficiale saranno i tag RFID approvati (sistema di identificazione a radiofrequenza). I tag "brite" di metallo attualmente forniti dall'USDA non saranno più disponibili. Secondo questo piano, tutti gli adulti che riproducono animali da carne e da latte di qualsiasi età dovranno essere provvisti di marchi

auricolari RFID riconosciuti. Una delle principali preoccupazioni per questa iniziativa da parte dei produttori è la spesa per l’acquisto di tag RFID. L’USDA sta attualmente elaborando un programma di condivisione dei costi per aiutare i produttori a mettere in atto il piano.

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LE IMPRESE ITALIANE DEL FOOD

I risultati del Rapporto 2019 di Largo Consumo

In occasione di Tuttofood, Largo Consumo ha presentato il suo report MERCATO ITALIA AGROALIMENTARE RAPPORTO SULLO STATO DELLE IMPRESE -2019, dal quale emergono interessanti aspetti per descrivere il food italiano. “Quello agroalimentare rappresenta uno dei principali settori dell’economia italiana. Considerato nella sua accezione più ampia di filiera (dal campo alla tavola) arriva a concentrare un quarto di tutte le imprese italiane, a occupare oltre 3,2 milioni di addetti e a produrre quasi il 10% del PIL nazionale. Un contributo all’economia italiana deriva anche dalle esportazioni, aumentate in maniera significativa con la crisi

del 2008. Nondimeno, non va certamente trascurato, il mercato domestico, anche perché, pur a fronte di una crescita pari al 57% delle vendite oltre frontiera di prodotti alimentari intervenuta nell’ultimo decennio, la propensione all’export delle nostre imprese resta ancora sotto il 25%.” si legge nel report.

scomporre tale dinamica, si evince che questo gap è addirittura doppio (-10%) nel caso dei consumi at home, che pesano sul valore complessivo degli acquisti alimentari per circa 2/3. La ripresa dei consumi “fuori casa” che, in particolare dal 2013 hanno ricominciato a salire, è stato un elemento di forte sostegno per l’intera domanda domestica. I consumi domestici Le ragioni di questi trend, non sono I consumi interni sono ancora mol- quindi certo dovuti alla sola queto importanti per le imprese, che stione di riduzione della capacità di destinano circa il 75% della loro spesa degli italiani, ma deriva da produzione. Tuttavia, non sono un cambio strutturale del modo di particolarmente dinamici: nel 2018 consumare: accanto a una magil livello dei consumi risulta essere gior attenzione al prezzo, si sono ancora inferiore di quasi 5 punti per- aggiunti altri criteri che fino a dieci centuali rispetto a quello del 2007, anni fa non figuravano tra le princiultimo anno pre-crisi. Andando a pali motivazioni di acquisto. Secondo una recente indagine condotta da Nomisma, su un camGli attributi più ricercati dagli italiani o Giappone. Allargando lo sguardo pione di circa 1.000 consumatori, ai principali mercati mondiali di emerge che gli aspetti che vengono nell’acquisto di prodotti alimentari (2017, in %) importazione si evincono tassi di maggiormente ricercati oggi sono: crescita superiori al 40% nello stesso 26 prodotti 100% italiani o tradizionaPrima risposta per importanza periodo di tempo per Paesi come li (che insieme assommano il 42% 22 100% italiano Stati Uniti e Cina, i primi 2 Paesi delle preferenze), prodotti che si al Tutela dell’ambiente (bio, eco-sostenibile,…) mondo per richiamano allaimport tutelaagroalimentare. ambientale Tipicità/tradizione Ma se contestualmente guardiamo (biologici, eco-sostenibili, eccetera), 16 15 Salute (free from, super food, funzionale…) nostra crescitabenefici in questi due 14 cibi la che apportano alla saConvenienza/low cost mercati notiamo andamenti lute (free from, super food, funziodifferenti, posizionamenti in nali…). Oltre acon questi elementi bisodi quota praticamente gnatermini poi considerare il progressivoagli antipodi. Si tratta di due contesti invecchiamento della popolazione Fonte: Consumer survey Nomisma Agrifood dove la crescita economica (ulteriore fattore di riduzione èdei Monitor 2019 rilevante e la capacità di spesa dei consumi). consumatori (o di fasce di questi, come nel caso cinese) è altrettanto Confcooperative Lombardia - Milkcoop magazine n.4_2019_maggio 12 significativa, pur tuttavia la nostra


in questo ultimo decennio è radicalmente cambiato il paradigma alla base dei consumi alimentari: Le accanto impresea puntano all’export una maggior attenzione La al strategia delle imprese è quindi prezzo (retaggio della crisi) si quella cercarealtri di criteri orientare parte sonodiaggiunti che fino a dieci anni fa non figuravano tra le della loro produzione allo sviluppo motivazioni acquisto.in di principali linee di prodotti chedi vadano Una recente indagine realizzata questa direzione, per rispondere ai da Nomisma su un campione fabbisogni del consumatore domedi circa 1.000 consumatori ha stico, e dall’altra parte incrementare infatti evidenziato come, oltre alle le esportazioni. preferenze verso prodotti 100% Nelitaliani 2018 oè tradizionali stata superata la soglia (che insieme deiassommano 41 miliardiil 42% di euro di valore delle preferenze), all’export a livello aggregato. il 22% degli italiani quando fa Andando analizzare mercati di la spesaad cerca prodotti iche si richiamano alla tutela agroalimenambientale riferimento dell’export eccetera) tare(biologici, italianoeco-sostenibili, si evidenzia che circa

i 2/3 dei prodotti sono destinati ai Paesi UE,strada una minima quota va fuoExport, obbligata ri dall’Europa. Ciò è dovuto princiSe a questi mutamenti neistrutturali palmente alle condizioni modelli di consumo degli delle imprese italiane: oltre il 90% aggiunge il progressivo haitaliani menosi di 9 addetti o visto da un invecchiamento della popolazione altro lato, meno del 2% ha più di 50 (ulteriore fattore di riduzione dei addetti. Vengono quindi a mancare consumi) ecco allora che risulta solide leve per la competitività delle più facile comprendere come la via imprese (capitale umano alimentari specializdell’export per le imprese zato, dotazioni tecnologiche e comitaliane non sia più un’opzione merciali, risorse economiche, quanto un obbligo per garantirsiecc.). Oltre alla dimensione imprese, una continuità futura. delle Una conditio sine quapoi nonconsiderare che molte aziende bisogna anche altri hanno giàcome compreso perbarriere la elementi tutteele di

della popolazione), se si mette a confronto l’export agroalimentare italiano con quello di altri Paesi mercato, tariffarie non, o i fattori europei si evince unaedifferenza specifici che per finisce ogni paese di esportasensibile con il relegare l’Italia in coda alla classifica. zione, come il contesto socio- culTralasciando il caso deialimentari, Paesi Bassi ecc. turale, le preferenze (i più forti trader del pianeta), Questo giustifica, ad esempio, il l’export della Germania o della successo del made in Italy agroaliFrancia di prodotti agroalimentari mentare in Nord America; risulta rispettivamente più alto mentre del 72% e 51%che rispetto al nostro. nei le difficoltà si riscontrano Anche la Spagna ci supera, con un mercati asiatici. valore vicino ai 49 miliardi di euro. Infine, in un’ottica di esportazioni, E tutto ciò a fronte di una crescita va presa considerazione la con(del nostroin export) che nell’ultimo dizione di sviluppo del paese, che quinquennio ha registrato tassi influisce sulla di quelli spesa dei di variazione tracapacità i più alti fra registrati dai diretti competitor. consumatori.

41 mld

L’export 2018 supera i : è record, ma siamo ancora distanti dai top exporter mondiali ed europei.

prioritariamente attenzione a cibi che apportano benefici alla salute (free from, super food, funzionali…).

4 - MERCATO ITALIA/AGROALIMENTARE - EDIZIONE 2019

Export agroalimentare italiano a valore per principali prodotti: 2018 (in mln di € e var %)

Export 2018 (Mln €) 8.695 Bevande 6.205 di cui Vini Prodotti agricoli 6.764 Pasta e prodotti da forno 3.882 di cui Pasta 1.819 3.516 Conserve vegetali 3.385 Prodotti lattiero-caseari Carne e derivati 3.250 Cacao e cioccolata 2.026 1.492 Caffè e the 1.476 Olio di oliva Totale Export Agroalimentare 41.179 Prodotti

% su totale 21,1 15,1 16,4 9,4 4,4 8,5 8,2 7,9 4,9 3,6 3,6 100,0

Var % 2018 vs 2013(%) 29,4 23,1 13,1 19,6 5,1 13,9 30,2 11,9 39,1 39,7 7,3 23,0

Fonte: Nomisma Agrifood Monitor su dati Istat Confcooperative dal 2008 al 2013). La veritàLombardia è che -

Milkcoop magazine mentre unn.4_2019_maggio altro 15% presta

quale hanno già av percorsi di internaz che hanno condot superare la soglia d di euro di valore al aggregato. Si tratta per il nostro Paese se messo a confron exporter mondiali agroalimentare, ci ancora siamo lonta concorrenti. Senza scomodare del calibro di Stati o Cina le cui espor fondamentalment agricole (cereali, ca quindi maggiorme a soddisfare una d alimentare globale 13 crescita (a fronte d


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UNO SGUARDO AI CONSUMI DI LATTE pubblicati i dati Nielsen sul 2018

DIMENSIONI E TREND DI MERCATO: latte fresco + uht (Dati Nielsen, gen 18 - gen 19)

VENDITE A VALORE: -0,7% (1.863.113.730 euro) VENDITA A VOLUME: -1,1% (1773.591.117 litri) PREZZO MEDIO: 0,0% (1,05 euro/litro) Confcooperative Lombardia - Milkcoop magazine n.4_2019_maggio

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01-APR-2019 Secondo una rilevazione Nielsen, su dati gen 2018 - gen 2019, pubblicati in uno speciale sul latte della da pag. 122 rivista Food, emerge che i consumi di latte stentano a decollare, anche se non è vero per tutti i prodotti. Dir. Resp.: Maria Cristina Alfieri foglio 2 / 13

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Luci e ombre si rincorrono nel settore lattiero caseario. Il calo di vendite del latte è generalizzato, in Italia e in Europa, anche a causa delle fake news che contribuiscono a spostare i consumi verso altre tipologie di prodotti alternativi. Anche se bisogna precisare che in alcuni segmenti comunque esiste e resiste il dato positivo, con una crescita rispetto al passato. E le aziende, che provano a rispondere alle esigenze, in continua evoluzione, dei consumatori, stanno diversificando la loro offerta. I dati di mercato del 2018 Il latte fresco, con una quota in volume pari al 28,3%, è quello che ha subito un maggior calo (-1,8%); quello uht, che copre circa il 71,3% del mercato italiano, ha visto un calo del -0,7%. In totale si è registrato un calo del giro d’affari per un valore di

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1,9 miliardi di euro (-.0,7%). I trend positivi Dai dati Nielsen emergono chiaramente quali sono i prodotti in calo e quali con opportunità di crescita. In primis, il biologico, che conquista ogni anno nuove fette di mercato; ma ancor più piacciono le soluzioni Esl (Extendend Shelf life) - con una maggior durata del prodotto - e il delattosato che crescono ad un tasso del 17,9% (a volume). Un altro dato interessante è che rallentano le vendite di prodotti arricchiti “con”, a vantaggio di quelli “senza”. Entrando nel dettaglio dei diversi segmenti, per quanto riguarda il latte fresco, calano le vendite a valore sia del parzialmente scremato che dell’alta qualità (rispettivamente del 3,4% e del 3,3%), mentre crescono, a doppia cifra, quelle del

Superficie: 982 %

microfiltrato Esl ad alta digeribilità (+18.8%) e anche il latte fresco scremato (+9,8%). Il parzialmente scremato piace sempre meno anche quando è a lunga conservazione (-4,5%). Sul fronte Uht, i prodotti per i quali si registra il segno positivo sono quelli ad alta digeribilità/ delattosato e il latte intero. Altri trend positivi e ricercati dal consumatore sono il concetto di filiera corta (forte incremento della domanda di prodotti locali e del territorio). Inoltre, il tema del rispetto del benessere animale diventa prioritario: i produttori si dichiarano attenti a questa questione, anche se una forte criticità è rappresentata dal quadro normativo poco chiaro e assenza di certificazioni univoche riconosciute (quindi si ingenera ulteriore confusione nel consumatore).

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Il packaging diventa strategico Sempre più alta l’attenzione delle aziende anche verso il packaging. Non è più considerato solo un elemento accessorio, ma parte integrante e fondamentale del prodotto e quindi inserito nelle strategie di marketing e comunicazione, che non possono non tenere conto dell’evoluzione del mercato e delle esigenze dei consumatori, sempre più attenti anche al fronte sostenibilità ambientale. Ecco allora che

crescono gli imballaggi derivati da fonti rinnovabili, in cui la parte cartacea dell’imballo può provenire da foreste certificate Fsc, mentre le parti in plastica non derivano da materie prime fossili, ma dalla fermentazione della canna da zucchero. La plastica riciclata per uso alimentare comincia a essere prodotta nella produzione delle bottiglie, con una quota massima che per legge può raggiungere oggi il 50%. Fra gli scaffali del supermer-

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da pag. 122 foglio 3 / 13 Superficie: 982 %

cato torna a riaffacciarsi anche la tradizionale bottiglia di vetro, pulita e riciclabile infinite volte. Ma con due limiti: il peso e la difficoltà a essere impilata, che rende onerosa è più difficoltosa la fase logistica. In alcune aziende è in corso anche un nuovo tipo di formato, da 200 ml nel segmento ad alta digeribilità, che ha l’obiettivo di ampliare le occasioni di consumo anche oltre la tradizionale colazione fatta in casa.

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La risposta delle aziende Le imprese lattiero casearie ormai da tempo sono corse ai ripari per far fronte al calo generalizzato delle vendite, puntando sulla qualitĂ e scommettendo sulla filiera. Food ha raccontato la storia di alcune di loro.

La cooperativa Arborea, ad esempio, punta sulla filiera corta. L’80% del latte conferito, hanno spiegato dal gruppo, si trova a circa 30 minuti dallo stabilimento principale. Da anni sono inoltre impegnati sul versante del benessere animale e su progetti che mirano a valorizzare il produttore e il suo latte.

Scommette sulla filiera e su prodotti ad alto valore aggiunto anche Mila, pronta a lanciare in tutta Italia il suo Latte Fieno, fino ad ora distribuito solo in Trentino Alto Adige.

Granarolo sta investendo molto sulla comunicazione: ha lanciato una nuova campagna alla fine dello scorso anno, che punta alla valorizzazione dell'intera filiera del gruppo. Vuole raccontare la filiera, attraverso la voce dei soci. Accanto allo spot nei primi tre mesi dell'anno sono state anche realizzate 750 giornate in store a tema, mentre in alcune gallerie sono state allestite isole personalizzate, nelle quali campeggiava la loro vacca simbolo in versione interattiva e a grandezza naturale.

Cooperlat, da tempo ha deciso di puntare su una filiera a basso impatto ambientale, tracciabile ad ogni passaggio e ora punta ad allargare la gamma dei prodotti ad alta digeribilitĂ .

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A TUTTO BIOGAS

L’Italia è il quarto paese al mondo per numero di impianti biogas: ecco quali sono le norme che regolano gli incentivi per le nuove costruzioni e alcune aziende che rappresentano un’eccellenza in tutta Italia

Il biogas è una fonte alternativa utilizzata per la produzione di energia rinnovabile. Quando si parla di biogas non si può prescindere dalla definizione di tipo tecnico: con questo termine si indica infatti una miscela di vari tipi di gas, composti principalmente da metano, prodotti 20

dalla fermentazione batterica in assenza di ossigeno dei residui organici che hanno diverse origini: scarti dell'agroindustria (trinciato di mais, sorgo o altre colture), dell'industria alimentare (farine di scarto o prodotti scaduti), dell'industria zootecnica (reflui degli animali). Entrando

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nel dettaglio, nel fermentatore, in assenza di ossigeno e a temperatura controllata, un grande numero di batteri degrada la sostanza organica. Il risultato di questa degradazione è triplice: biogas, calore e digestato, che è un materiale liquido, usato dalle aziende come fer-


tilizzante naturale, completamente inodore che ha caratteristiche qualitative migliori rispetto al materiale di partenza. Il biogas può essere appunto convertito in elettricità e calore ed è indicato dall'UE tra le fonti energetiche rinnovabili non fossili che possono garantire non solo autonomia energetica, ma anche la riduzione graduale dell'attuale stato di inquinamento dell'aria e quindi dell'effetto serra. In altre parole, gli impianti biogas sono un sistema complesso, formato da diverse componenti, che portano a un minor impatto ambientale, ma anche a una riduzione, in alcuni casi totale, dell'impatto energetico. Come dimostra anche il reportage in un'azienda agricola che trovate in questo magazine e che non è certo un caso isolato. Secondo i dati forniti dal Cib (Consorzio

italiano Biogas), l'Italia è il quarto paese al mondo per numero di impianti biogas, sono in totale più di 1500 e negli ultimi cinque anni gli investimenti al riguardo hanno raggiunto la cifra di 4 miliardi di euro, con 12mila posti di lavoro creati nel settore. La normativa UE sulle energie e la produzione di biogas In UE, si è iniziato a parlare di energie rinnovabili nel 1997, con la pubblicazione del Libro bianco ”Community Strategy and Action Plan”. In questo periodo la quota di energia rinnovabile rappresentava il 6% del consumo interno lordo di energia. Nel 2007, la Commissione europea ha proposto un Energy and Climate Change package finalizzato a ridurre di almeno il 20% le emissioni di gas serra entro il 2020

(con base dati i livelli del 1990). Nel 2009 viene adottata la direttiva sulle energie rinnovabili (RED) 2009/28/CE, in cui si chiede agli Stati membri di aumentare la quota di energia rinnovabile al 20% sul consumo totale di energia. Nel lungo termine, l’Unione europea, si è posta l’ambizioso obiettivo di costruire un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio entro il 2050, ottenendo una riduzione tra l’80% e il 95% di riduzione delle emissioni di gas serra (COM (2011) 112 definitivo). La strategia di bioeconomia (COM (2012) 60) è destinata a sviluppare “Una società innovativa, efficiente in termini di risorse e competitiva che riconcilia sicurezza alimentare con l’uso sostenibile delle risorse rinnovabili per scopi industriali“. L’UE ha poi adottato anche un programma quadro per l’energia e il


462

N. Scarlat et al. / Renewable Energy 129 (2018) 457e472

Table 1 Biogas production in Europe in 2015.

Belgium Bulgaria Czech Republic Denmark Germany Estonia Ireland Greece Spain France Croatia Italy Cyprus Latvia Lithuania Luxembourg Hungary Malta Netherlands Austria Poland Portugal Romania Slovenia Slovakia Finland Sweden UK Switzerland Iceland Norway FYROM Serbia Moldova Ukraine EU Europe

Biogas production

Biogas production

Natural gas use

Biogas share in natural gas use

TJ

mil m3

mil m3

%

9492 820 25,681 6347 328,840 550 2287 3826 10,954 22,549 1507 78,355 471 3674 981 739 3335 69 13,693 12,563 9581 3457 767 1242 6223 4321 7009 94,303 4591 69 1866 206 242 401 600 653,636 661,611

264 23 715 177 9160 15 64 107 305 628 42 2183 13 102 27 21 93 2 381 350 267 96 21 35 173 120 195 2627 128 2 52 6 7 11 17 18,207 18,429

16,244 3018 7539 3317 75,775 454 4364 3113 28,538 40,759 2421 64,316 0 1277 2404 900 8712 0 33,932 7998 16,021 4738 10,380 773 4512 2608 842 71,268 3341 0 6268 130 2036 855 30,311 416,223 459,195

1.6 0.8 9.5 5.3 12.1 3.4 1.5 3.4 1.1 1.5 1.7 3.4 N/A 8.0 1.1 2.3 1.1 N/A 1.1 4.4 1.7 2.0 0.2 4.5 3.8 4.6 23.2 3.7 3.8 N/A 0.8 4.4 0.3 1.3 0.1 4.4 4.0

Source [20].

clima al 2030 (COM (2014) 15 final): (2014). L’uso di energia rinnovabi- anni in Europa, principalmente guiriduzione del 40% delle emissioni le è aumentato significativamente dato dai regimi di sostegno favoto the national natural gas consumption is very diverse, at about 4% 3.3. Biogas upgrading and biomethane market di gas serra rispetto a ai livelli del nell’Unione europea dall’8,5% nel revoli messi in pista in diversi Stati on average, but it reached 12% in Germany, acountry with a very 1990, raggiungimento 2005ina the quasi il 17% nel 2015. membri dell’Unione europea (vedi large natural gas consumption.di Thealmeno leading countries biogas A combination of factors, including the advancement of biogas una quotaindel consumo di Czech Di questi, riguarda il poor grafico, AD, anaerobic production the 27% EU aredel Germany, UK, Italy, Republicper and quanto upgrading technology, economics of electricity digestion). biogas plants France. Germany is the European leader with a biogas production of and the new for the use parte in the transport sector, has energia proveniente da fonti rinnobiogas, la maggior parte dellaopportunities pro- La maggior del biogas nell’UE 329 PJ and a share ofil 50% total biogas production in the EU in negli resulted in a Uniti shift from and heat production to upgrading vabile e almeno 27%of di risparmio duzione avviene Stati e electricity viene utilizzato come combustibile 2015. biogas to biomethane. This has created new opportunities and energetico. L’obiettivo del 27% fis- in Europa. La produzione mondiale per la produzione di energia. Looking at the sources of biogas (landfill gas, sewage sludge, opened the competition as well between various biogas uses. sato per il 2030 è un importante di biogas è passata da 0,28 EJ nel Il contributi delhas biogas al quality consumo anaerobic digestion or thermochemical processes), Fig. 3 shows a Biogas upgraded into biomethane, which a similar to milestone, funzionale al raggiungi2000 comes a 1,28from EJ nel 2014, un respect vo- nazionale complex situation. The highest amount of biogas naturalcon gas with to methane, trace gases naturale content, etc.,ècould di gas molanaerobic digestion in Germany, Italy, Czech Republic and France, used as di fuelm3 in Natural Vehicles (NGVs) or injected mento degli obiettivi al 2050. lume globale di 59 be miliardi di toGas-powered varia, circa il 4% in media, ma followed by biogas from landfill gas recovery in UK, Italy, France into the natural gas grid as a substitute for natural gas to supply Alla fine del 2016, la Commissione biogas (35 miliardi di m3 equivalen- ha raggiunto il 12% in Germania. I and Spain. The biogas from anaerobic digesters predominates in traditional end-users (power plants, industries and households). europea ha pubblicato la Republic propo- and ti metano). paesitoproduttori di biogas Germany, Italy, Denmark, Czech Austria. Landfill Grid injection enablesprincipali the biomethane be stored at lower cost sta di also revisione della Direttiva Nell’Unione europea, produzione UE sono Unito, biogas dominates the market in thesulPortugal, Estonia, Ireland andla allows its use at theinplaces whereGermania, it is needed. Regno Grid injection or Greece andrinnovabili UK, while biogas from wastewater treatment prevails requires the di biogas be sited close to a low-pressure le energie (COM (2016) di energia dalla produzione bio-facility Italia, Repubblica Ceca e natural Francia. in few countries, such as Sweden, Poland and Lithuania [20]. gas grid. In comparison with the biogas produced, relatively 767 final / 2) con l’obiettivo di ren- gas è aumentata nell’ultimo decen- Guardando alle fonti usate, small, la più There were more than 17,400 biogas plants in Europe in 2015 but increasing quantities of biomethane are being used to fuel vedere l’UE un leader mondiale nelnio da 167 PJ nel 2005 a 654 PJ nel alta quantità di biogas viene da di[25] of different types and sizes, ranging from small anaerobic dihicles. The biomethane injected into the grid has to meet national le energie rinnovabili, e assicurare 2015, con un volume di biogas in gestione anaerobica in Germania, gesters on farms to large co-digestion plants (Fig. 4). There were quality standards. The European Committee for Standardisation che l’obiettivo delin27% perwith la quota aumento da ca2,5 miliardi di set m3 up nelin 2014 16,606 biogas plants the EU total electricity installed (CEN) has Committee to Italia,a Technical Repubblica Ceca (TC408) e Francia, pacity surpassing 10,100 MW in the EU in 2015 [20]. Most of the formulate harmonised standards for the use of biomethane di energia rinnovabile consumato 2000 a 18 miliardi m3 equivalente seguito da biogas da recuperoindi biogas plants are in the size range 100e500 kW (electrical output). and for injection in the natural gas grid to support the nell’UE nel 2030 venga raggiunto. metano nel 2015, transport che rappresenta gas di discarica nel Regno Unito, A small part of the biogas is being used in boilers to produce heat development of the use of biomethane. The Committee published L’uso di energie rinnovabili ha rela metà del dato globale. Italia, Francia e la Il biogas only for farm use or in industrial applications for steam generation. the standard EN 16723e1:2016 - Part 1: Spagna. Specifications for gistrato una significativa crescidei digestori anaerobici predomina ta in tutto il mondo, arrivando ad La produzione di biogas ha visto in Germania, Italia, Danimarca, Reuna quota complessiva del 19,2% una crescita significativa negli ultimi pubblica Ceca e Austria. 22

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different countries, both in terms of the biogas production (Ta and the source of biogas (landfill gas, sewage sludge, ana digestion or thermochemical processes). The contribution of b

700

35

600

30 25

500

15 300

10

200

5

100

LFG

Sewage gas

AD

Thermal processes

2015

2014

2013

2012

2011

2010

2009

2008

2007

2006

2005

2004

2003

2002

2001

2000

1999

1998

1997

1996

1995

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1993

1992

0

0

Annual growth [%]

20

400

1991

Primary energy production [PJ]

bution of landfill gas recovery to biogas production has been t constant over the last decade, the major contribution to this h came from Anaerobic Digestion (AD) plants and to lower

-5

Annual increase

Fig. 2. Evolution of primary energy biogas production in the EU [20].

La normativa in Italia All’inizio degli anni Novanta viene emanata una delibera del Comitato interministeriale dei prezzi (CIP/6) con cui sono stabiliti prezzi incentivati per l’energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e “assimilate”. Per la prima volta quindi il biogas entra in un perimetro legislativo, ma bisognerà aspettare ancora alcuni anni per arrivare a quelli che sono veri e propri incentivi. Dieci anni dopo, nel 2001 è introdotto il meccanismo dei certificati verdi (CV) che costituisce una forma di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e si basa sull’obbligo, posto dalla normativa a carico dei produttori e degli importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere annualmente nel sistema elettrico nazionale una quota di elettricità prodotta da impianti alimentati da

fonti rinnovabili. Nel 2008 un nuovo decreto ministeriale introduce la cosiddetta tariffa onnicomprensiva per impianti fino a 1 MW, prevista anche la possibilità di effettuare il potenziamento di impianti già esistenti e di ridurre la potenza per poter accedere alla tariffa onnicomprensiva in sostituzione dei certificati verdi. Quattro anni dopo, nel 2012 entra in vigore un nuovo decreto ministeriale, che introduce i meccanismi di incentivazione poi ripresi dal decreto ministeriale del 2016, in sostituzione dei Certificati Verdi e delle Tariffe Onnicomprensive del provvedimento del 2008. Rappresenta quindi una svolta nel meccanismo dei finanziamenti per la costruzione di impianti biogas e ancora oggi una pietra miliare dal punto di vista legislativo. Ai meccanismi allora introdotti potevano accedere tutti gli impianti di produzione di energia

elettrica da fonti rinnovabili diverse da quella solare (fra cui appunto quelli a biogas) di piccola, media e grande taglia, entrati in esercizio a partire dal 1 gennaio 2013. Fra le novità, la possibilità di aumentare la potenza anche per impianti che accedono ai vecchi finanziamenti, l’introduzione di un nuovo sistema incentivante per impianti che percepiscono i Certificati verdi e di un nuovo criterio per la valutazione della potenza dell’impianto. Si arriva così al 2019. La legge di bilancio 2019 ha esteso la possibilità di accesso agli incentivi, secondo le procedure, le modalità e le tariffe del Decreto del 2016, agli “impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas, con potenza elettrica non superiore a 300 kW e facenti parte del ciclo produttivo di una impresa agricola, di allevamento, realizzati da imprenditori agricoli anche in forma consortile e la

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cui alimentazione deriva per almeno l’80 per cento da reflui e materie derivanti dalle aziende agricole realizzatrici e per il restante 20 per cento da loro colture di secondo raccolto”, è spiegato sul sito del Gse (Gestore servizi energetici) che si occupa della gestione attuativa del decreto e anche della pubblicazione delle graduatorie per il finanziamento, che dovrebbero uscire a luglio. L’accesso agli incentivi, inoltre, “è condizionato all’autoconsumo in sito dell’energia”. L’ammissione al finanziamento potrà avvenire tramite accesso diretto oppure tramite registro, nel limite di un costo annuo di 25 milioni di euro. Le aziende

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DAL SUD Una delle aziende che rappresenta un’eccellenza nel panorama italiano è la cooperativa Fattoria della Piana, nella Piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria), che ha di fatto adottato un sistema di economia circolare e si è dotata di un impianto biogas, che consente di produrre energia in modo totalmente eco-sostenibile e, con una potenza elettrica di 998 kW, è una delle più grandi centrali agro-energetiche del Centro e Sud Italia, si legge sul loro sito, in cui spiegano: “Abbiamo creato un vero e proprio ecosistema autosufficiente, capace di produrre energia dagli scarti dell’industria agroalimentare e zootecnica: letame e liquami

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delle stalle, più tutto il siero residuo dalle lavorazioni del caseificio vengono raccolti in due fermentatori”. Spiegano nel dettaglio il funzionamento: “Il letame e il liquame provenienti dalle nostre stalle, unitamente al siero che rimane come residuo dalle lavorazioni del caseificio, vengono raccolti in due fermentatori, all’interno dei quali, grazie alla tecnologia di miscelazione e riscaldamento, avviene un processo di fermentazione anaerobica che produce biogas, un gas biologico che contiene una percentuale del 55% di metano”. Il biogas così prodotto viene bruciato in un cogeneratore, un motore che produce energia elettrica ed energia termica. L’energia elettrica prodotta è in


grado di soddisfare il fabbisogno di 2680 famiglie, e l’energia termica viene utilizzata per i processi produttivi del caseificio, consentendo di risparmiare combustibili fossili. …AL NORD Più al nord, in Emilia Romagna, si stanno sperimentando anche nuovi sistemi all’avanguardia. A Soliera (Modena) lo scorso anno è stato realizzato il primo impianto a biogas bi-stadio europeo che sfrutta la digestione anaerobica per produrre energia. Lo ha costruito Biogas Italia grazie all’impiego di una tecnologia brevettata da Enea e Crea, che consente di produrre il 20% in più di energia rispetto alle strutture “tradizionali”. “Nell’impianto bi-stadio, le prime fasi del processo (idrolisi e acidogenesi) vengono separate dalle restanti (acetogenesi e metanogenesi) in reattori distinti, dove

agiscono ceppi batterici che operano in modo ottimale con tempi e valori di pH diversi”, ha spiegato Vito Pignatelli, responsabile del laboratorio Biomasse e Biotecnologie per l’Energia dell’ENEA. In pratica, durante la prima fase si tratta il substrato organico in modo che, parallelamente alla sua decomposizione in acidi organici, venga prodotto idrogeno. Nella seconda fase, invece, gli acidi organici vengono trasformati in una miscela di metano e anidride carbonica, che può a sua volta reagire con l’idrogeno proveniente dalla prima fase per dare altro metano. “In questo modo si facilita il successivo processo di upgrading del biogas a biometano. Inoltre si ottiene una più veloce degradazione della biomassa, proprio perché i diversi microrganismi lavorano in condizioni ottimali”, ha aggiunto Pignatelli.

Grazie a tempi più rapidi di digestione della biomassa, la tecnologia bi-stadio consente di realizzare impianti a biogas più piccoli ed economici rispetto a quelli tradizionali, in quanto impiega fino al 15% in meno di materia prima, a parità di energia prodotta. “Dimensioni, efficienza e costi ridotti sono i tre elementi con i quali questa tecnologia potrà contribuire all’ulteriore diffusione in Italia del biogas, una risorsa fondamentale per il processo di decarbonizzazione del sistema energetico nazionale”, ha concluso il responsabile del laboratorio Biomasse e Biotecnologie per l’Energia dell’Enea.

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COOPERATIVE E SOCI

LATTERIA SOCIALE CALVENZANO taleggio ma non solo

Lavoratori vestiti a festa, con una camicia bianca indossata per l’occasione. In posa sulle due scale in mezzo a quello che è ancora un cantiere, affacciati al piano superiore e in piedi al piano terra, con badili e altri attrezzi in mano: sono i soci della Latteria sociale di Calvenzano, ritratti nel 1922, mentre lavorano per costruire la sede della cooperativa. La foto in bianco e nero che ha fissato e reso immortale questo storico momento campeggia nella sede della Latteria sociale Calvenzano, nell’omonimo paese in provincia di Bergamo, che si occupa della produzione di formaggi molli, in particolare taleggio. La 26

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loro storia parte da lì. “In questa foto c’è anche l’essenza della cooperazione – spiega Mario Fugazzola, l’ex direttore della cooperativa, che ancora dà una mano da queste parti - I soci non avevano i soldi per fornire un apporto economico alla costruzione della sede e così hanno deciso di mettere gratuitamente a disposizione le loro braccia, il loro lavoro”. La cooperativa ha 21 soci, circa 5milioni il fatturato annuo. E raccoglie ogni anno 70mila quintali di latte, di cui il 95% viene trasformato in taleggio, quartirolo e altri formaggi molli. Oggi appena si varcano i cancelli della Latteria, il cui presidente è Ernestino Gusmini, si accede allo spaccio sociale, aperto da più di 50 anni e recentemente ristrutturato e ampliato: qui vendono carni suine, salumi e formaggi di loro produzio-

ne e anche prodotti di altre cooperative. Tutto intorno si sviluppano le sale dedicate alla produzione dei formaggi molli. Il taleggio Dop è il fiore all’occhiello di questa cooperativa: “Qui produciamo il 10% di tutto il taleggio venduto a livello nazionale”, spiega il direttore marketing Alberto Cangelli.

Le criticità

Un prodotto però, che come altri del settore lattiero caseario, fa registrare un calo delle vendite a livello nazionale. Dall’azienda spiegano le criticità dell’attuale momento storico: “Il taleggio è un prodotto locale, si produce essenzialmente in Lombardia e si consuma in questa regione o nelle zone limitrofe. Inoltre è difficile da trattare, perché è un prodotto antico, che fa un po’ puzzare il frigo, anche se su questo

stiamo da tempo lavorando”. In calo dei consumi in Italia è però bilanciato dall’export: “Sull’onda dell’Italian food si sta avvantaggiando anche il taleggio, che ha una sua fetta di esportazione. Dai certificati sanitari che ci richiedono i nostri clienti, sappiamo che il nostro taleggio va in tutto il mondo, dal Giappone all’Australia, passando per la Cina, l’Arabia, il Brasile, tutta l’America latina, fino agli Usa”. La cooperativa, dal canto suo, ha deciso di non subire passivamente le dinamiche di mercato e anche per far fronte al calo delle vendite a livello nazionale, sta puntando sulla riconoscibilità del proprio marchio.

I progetti attuati

Un anno e mezzo fa lo stabilimento è stato ampliato con le sale dedicate alla stagionatura. Un passaggio

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che permette loro, ora, di chiudere il cerchio della produzione. “I nostri mercati di riferimento fino a poco tempo fa erano solo quelli degli stagionatori e degli incartatori di questi prodotti che sono qui in regione, non avendo la possibilità di vendere col nostro marchio. Adesso avendo attivato da un anno la cella di stagionatura abbiamo completato il ciclo produttivo in loco. E possiamo cominciare a guardarci intorno, in modo da avere una nostra clientela, che acquista il prodotto col nostro marchio”. Attualmente gli unici prodotti che escono col marchio della cooperativa sono quelli diretti allo spaccio. Ma la Latteria si sta muovendo per arrivare al consumatore finale, almeno per il 50% dei prodotti entro la fine del prossimo anno.

Lavori in corso

L’obiettivo è proprio creare un mer-

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cato che faccia riferimento al loro marchio, in percentuali significative. “Il taleggio- sottolineano dall’azienda - è legato molto all’incartatore. Noi vorremmo uscire da questa spirale e avere un incarto conosciuto. Abbiamo tutti i numeri anche dal punto di vista etico, storico, per raggiungere questo risultato”. Vanno in questa direzione anche gli incontri già avviati per arrivare alla tracciabilità dell’intera filiera e poi inserire un QrCode sul packaging del prodotto, da cui emergerà che il produttore del taleggio è la Latteria Sociale Calvenzano. Lavori in corso anche per la costruzione di un sito internet, con una sezione ad hoc sarà riservata all’e-commerce e l’attivazione di una pagina Facebook, per arrivare a più persone possibili. Innovazione digitale e comunicazione, insomma, sono le parole chiave della Latteria, per un futuro

che è già presente. Pure il Consorzio Taleggio sta lavorando molto sulla comunicazione, attraverso eventi, in particolare per diffondere l’idea che il prodotto può essere usato benissimo in diverse ricette, non solo come formaggio a sé stante. La cooperativa sta ragionando inoltre sulle certificazioni, in particolare quelle legate al benessere animale e all’antibiotic free, ma la strada non è in discesa: “Dobbiamo valutare bene i costi e tutte le procedure. Dipende anche dal tipo di analisi richieste. Bisogna vedere se questa strada è economicamente sostenibile per le nostre aziende”. E la sostenibilità ambientale? “Per noi è un prerequisito – sottolinea Cangelli - Abbiamo già un impianto fotovoltaico, fatto nel 2011. Il bilancio della Latteria è positivo, produciamo più energia di quella che consumiamo”.

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Come si produce il taleggio

Dall’arrivo del latte al taleggio pronto per essere venduto. Un tecnico della Latteria Sociale Calvenzano spiega tutta la produzione: Il latte viene raccolto nelle diverse aziende agricole e poi arriva al caseificio attraverso dei camion. Quando arriva viene messo nei tank e si effettua un test per verificare la presenza o meno di antibiotici. Una volta dato esito negativo, viene stoccato a temperatura di 3/4 gradi per il giorno successivo quando viene pastorizzato a 72 gradi per qualche secondo. Dopo esser stato pastorizzato il latte viene raffreddato a temperatura di coagulazione che è intorno ai 25/30 gradi, poi messo nelle polivalenti dove vengono aggiunti prima fermenti lattici selezionati, colture da yogurt essenzialmente, come ammesso da disciplinare, e il caglio. Il latte viene poi ferma-

to e inizia la coagulazione: da una consistenza liquida diventa gelatinoso e viene fatto il primo taglio. Da lì comincia l’affinatura vera e propria, cioè la riduzione della cagliata a dimensione di una nocciola. A questo punto la cagliata acquista una consistenza sempre più omogenea e viene scaricata su due tavoli spersori dove ci sono gli stampi. Poi inizia la fase di stufatura. Viene impresso sul taleggio il marchio consortile, nel nostro caso il marchio 22 che indica la Latteria sociale di Calvenzano e vengono fatti i rivoltamenti che hanno due scopi: omogeneizzare la cagliata e fare uscire il siero in eccesso. Durante questa fase vengono fatti ripetutamente controlli cedimetrici, in maniera tale da verificare la curva di acidità della lavorazione e che quindi i fermenti lattici stiano lavorando correttamente. Dopo circa 9/10 ore di stufatura avviene l’incassettatura del taleggio, il formaggio viene preso e messo in casse di legno. Una volta terminata questa fase, che dura un’ora, viene immesso nelle celle di raffreddamento, allo scopo di rassodare la forma e fermare l’attività fermentativa.

Il giorno successivo il taleggio riceve la salatura, quindi viene immesso in vasche di salamoia, di acqua e sale e ci rimane per circa 9 ore. Questa fase serve per dare sapore al formaggio e per eliminare l’umidità in eccesso perché c’è un effetto osmotico. Da qui in poi il taleggio viene diversificato. Una parte venduto fresco e una parte stagionato internamente. Da circa un anno e mezzo abbiamo implementato il caseificio con una stagionatura interna e quindi lo stagioniamo in casa. La stagionatura avviene per circa 35 giorni che è il termine minimo previsto dal disciplinare del taleggio, nel nostro caso andiamo anche a 42/50 giorni per dare ancora più gusto al nostro prodotto e per caratterizzarlo in maniera più evidente. In queste settimane, ogni 3-4 giorni il taleggio viene preso e spazzolato con acqua e sale e ribaltato. Noi usiamo casse di plastica e tele monouso per un discorso igienico sanitario. Abbiamo anche deciso di tenere divisi i lotti che vengono lavorati separatamente, con un’attrezzatura delicata e questo per dare maggiori garanzie microbiologiche al cliente finale.

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AZIENDA LE GAZZE impatto energetico pari a zero L’azienda agricola Le Gazze conferisce il latte alla Latteria sociale Calvenzano per la produzione di taleggio e altri formaggi molli

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Prendi un impianto biogas, aggiungi un viaggio in Usa per vedere - e poi far proprie – le best practice adottate oltreoceano, in tema di benessere animale, ma non solo. Miscela il tutto con un’attenzione costante alle nuove tecnologie, che da queste parti sono di casa da oltre 20 anni. Il mix che si ottiene è un’azienda a impatto energetico zero, a ridotto impatto ambientale, in cui si sta anche lavorando per avere un gruppo di animali antibiotic free, che non hanno quindi mai subito trattamenti di questo tipo. È il ritratto dell’azienda agricola Le Gazze, socia della Latteria sociale Calvenzano, cui conferisce il latte, che poi viene trasformato dalla stessa cooperativa in taleggio e altri formaggi molli, come il quartirolo. Si trova a Calvenzano, in provincia di Bergamo, poco distante dall’autostrada Brebemi.

La storia dell’azienda

Un’azienda storica di famiglia, spiega Ernestino Gusmini, che la guida assieme ai fratelli dagli Anni Ottanta. Sei anni fa c’è stato l’ingresso anche del figlio, fra i soci, che attualmente sono cinque. In totale hanno 850 capi, di cui 400 vacche in mungitura, 150 gli ettari coltivati. “Siamo auto-

sufficienti per i foraggi e pastone di mais e acquistiamo un po’ di mais e i proteici”, sottolinea. L’azienda, che ha aderito al progetto Milkcoop Innovation, promosso da Confcooperative Lombardia, per supportare le cooperative lattiero-casearie e i loro soci in processi di crescita e sviluppo, si struttura su due diverse aree. In una si trova la stalla più vecchia, attorno le abitazioni. La cooperativa è a due passi, dall’altro lato della strada. Poco distante, sull’altra area, è stato costruito l’impianto biogas e recentemente anche una nuova stalla. “Abbiamo sempre avuto una grossa attenzione per l’ambiente, anche se quando abbiamo preso noi in mano l’attività i mezzi per ridurre impatto ambientale non erano certo all’avanguardia. Ci siamo posti una serie di obiettivi negli anni, riguardanti la sostenibilità ambientale, benessere animale, condizioni di lavoro e tutela del consumatore. E abbiamo lavorato per raggiungerli e far sì che diventassero un punto di forza della nostra azienda”. Fin dal 1990 hanno attuato una riduzione dei concimi chimici, poi hanno realizzato una nuova stalla, con ventilazione e raffrescamento e

attivato il podometro: una sorta di cavigliera che permette di rilevare il calore degli animali e il loro stato di salute, attraverso un contapassi. È collegato al pc, dove è stato installato un software che rileva e mostra graficamente il movimento. “Quando aumenta – spiega Gusmini – significa che è iniziato il calore, se invece mostra una riduzione vuol dire che l’animale potrebbe avere problemi di salute”. In particolare il podometro che loro hanno adottato rileva quattro parametri: l’attività, la produzione, la durata della mungitura e la conducibilità elettrica del latte, che indica una variazione nella composizione del latte, la quale può a sua volta essere il segnale di un problema, come la mastite. “Lo strumento è cambiato negli anni – quando lo abbiamo iniziato ad usare, più di 20 anni fa, rilevava il movimento solo all’entrata nella sala di mungitura, quindi due volte al giorno. Oggi, invece, il contapassi è attivo tutta la giornata, quindi sappiamo anche quando ini-

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zia il calore e i risultati riproduttivi sono migliori rispetto al passato”.

L’impianto biogas

L’attenzione costante per l’ambiente passa anche per la costruzione, avvenuta nel 2012, di un impianto biogas. Davanti alla vasca di stoccaggio, Gusmini racconta il funzionamento tecnico di tutto l’impianto: nella vasca di stoccaggio, arriva il liquame o pompato dalla stalla nuova o portato con una botte dalla stalla vecchia. Il liquame viene poi caricato ad orari prestabiliti nel fermentatore. Nella tramoggia carichiamo tutta la parte solida, quindi il letame dei bovini o dei polli. Nel primo fermentatore avviene il grosso della produzione di gas. Giornalmente si travasa l’equivalente del liquido entrato nel secondo fermentatore che fa anche da stoccaggio per il digestato, e in cui c’è una produzione di gas, seppur minima. Nella fase successiva, in uscita il separatore divide liquido e solido. “Quando andremo poi a concimare – continua Gusmini - utilizzeremo la parte solida che comunque è valorizzata soprattutto da aziende orticole della zona. Il liquido, invece, va nell’impianto sbr per abbattere l’azoto. Quindi riduciamo la quantità di azoto nel digestato liquido che successivamente viene usato come concime nei nostri terreni”. “L’intero sistema – sottolinea l’agricoltore - ci permette di produrre più energia elettrica rispetto a quella che consumiamo in tutta l’azienda. Il digestato che esce liquido e solido ci permette poi di concimare i nostri terreni con un utilizzo minimo di concimi chimici, perché il digestato che esce dall’impianto biogas ha un valore fertilizzante ed ammendante superiore a quello del letame fresco”. Insomma, grazie all’impianto biogas e all’intero sistema che vi ruota attorno c’è un doppio valore aggiunto: un impatto energetico 32

zero perché producono più energia rispetto a quella che consumano (“Riusciamo a produrre 2 milioni di kwh all’anno, contro un consumo di 650mila Kwh equivalente”) e un ridotto impatto ambientale, perché hanno diminuito l’uso di concimi chimici e il rischio di dilavamento è inferiore.

Benessere animale

L’innovazione de Le Gazze non si è fermata con la costruzione dell’impianto biogas. Gusmini e il figlio, un paio d’anni dopo, sono partiti per gli Usa per vedere le best practice adottate oltreoceano e farle proprie. “Abbiamo visto che le migliori aziende statunitensi puntano al benessere degli animali e alla tutela del consumatore. In particolare hanno un’attenzione quasi maniacale per i vitelli. E abbiamo capito, per testimonianze dirette, che si può produrre tanto e bene seguendo l’ambiente e rispettando il benessere animale. Sono investimenti che danno risultati che si vedono nel tempo”. Una volta tornati in Italia, il primo passo è stato quello di costruire una vitellaia nuova, con temperatura e umidità controllata. L’obiettivo sot-

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teso a questo nuovo progetto è che fin dalla loro nascita gli animali stiano bene. “E infatti – sottolinea con orgoglio Gusmini - abbiamo avuto animali con meno problemi sanitari. Siamo riusciti ad azzerare la mortalità e anche i trattamenti sanitari. Abbiamo visto che già partendo da lì si potevano avere ottimi risultati.

L’investimento era per il futuro perché se il vitello nasce e cresce bene potrà dare ottimi risultati quando sarà in produzione”. Già negli anni precedenti, Le Gazze avevano seguito questa direzione, con la realizzazione di una stalla per le vacche in pre e post parto su lettiera permanente, una gestione separata delle primipare, con un ampliamento degli spazi a loro dedicati. “L’animale che non è stressato, si ammala meno, ha difese immunitarie migliori. Noi abbiamo avuto anche una migliore produzione e un risparmio di farmaci, visto che gli animali hanno avuto meno problemi di salute. L’ultimo passo è stata la stalla delle manze, inaugurata a ottobre. Tutta la rimonta dai 6 ai 24 mesi è nella nuova stalla, attrezzata con cuccette, tappetti, ventilazione, una cura generale dell’intero ambiente.


I progetti futuri

Ma non si fermano qui. Le Gazze ora punta alla riduzione degli antibiotici: “Stiamo facendo un’asciutta selettiva, quindi non c’è un trattamento a tappeto con antibiotici. L’obiettivo è avere un gruppo di animali che non hanno mai usato antibiotici, perché l’antibiotico resistenza è un problema da affrontare. Per arrivare a produrre un latte antibiotic free, anche per andare incontro alle esigenze dei consumatori. Già in altri settori, nei polli e nei suini ad esempio, non stiamo usando antibiotici”. Mentre parla Gusmini apre un software sul pc, che segnala quanti sono gli animali che

in questo momento sono sotto trattamento antibiotico: “Su 400 vacche in mungitura – dice – una sola è in trattamento”. L’altro progetto da attuare riguarda le certificazioni. “Stiamo lavorando per ottenere delle certificazioni che attestino la riduzione dei concimi chimici, gli interventi fatti per il benessere animale, l’impatto energetico zero, cercando di inserirlo in un contesto di filiera della cooperativa, perché anche la Latteria sociale di Calvenzano ha un impianto fotovoltaico, una parte di energia è prodotta con il sole ed è quella usata per l’impianto di essicazione dei cereali. Cercheremo di dimostrare che

in tutta la nostra filiera, dal campo ai formaggi che vendiamo abbiano un impatto energetico zero e un ridotto impatto ambientale”. Intanto è già stato fatto un contratto di rete, quindi hanno certificato tutta la filiera. E la cooperativa ha dato loro un supporto in questo processo. “E ci darà supporto anche per certificare tutti gli altri ambiti – conclude Gusmini - La nostra esigenza è mettere nero su bianco e dimostrare il lavoro fatto. Vogliamo certificarci anche per la grande distribuzione. Per arrivare sul mercato”.

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BRAINSTORMING DI FILIERA

LA VIRTU’ DELL’AGGREGAZIONE di Ermanno Comegna

Il livello di organizzazione del settore agricolo in Italia è soddisfacente in alcune aree del territorio (il Nord Italia) e per determinati settori produttivi (il lattiero-caseario e l’ortofrutta) ed è invece inadeguato in altri casi. C’è ancora molto da fare per arrivare ad un grado di aggregazione tra gli agricoltori che sia all’altezza delle sfide da affrontare e che consenta di cogliere tutte le opportunità che l’associazionismo mette a disposizione. Due recenti dimostrazioni dell’impatto virtuoso che la cooperazione tra imprese agricole può generare, per modernizzare il settore e per rafforzare la posizione della componente agricola della filiera, si sono verificati nelle scorse settimane e riguardano entrambi il sistema lattiero-caseario. I casi emblema riguardano il progetto 34

lanciato dall’Alleanza della Cooperative Italiane Agroalimentari per la campagna di comunicazione del latte e dei suoi derivati sul territorio italiano e la polemica che c’è stata in Lombardia dopo la presa di posizione del gruppo francese Italatte, in relazione al prezzo da corrispondere ai conferenti per il mese di aprile 2019. Di seguito si descrive in che modo queste due recenti esperienze rappresentano una testimonianza delle potenzialità dell’aggregazione tra gli agricoltori e dei positivi esiti che essa può generare. La campagna “Verde, Latte, Rosso” Appena dopo la metà del mese di aprile, l’Alleanza delle Cooperative ha presentato a Roma, presso il Mipaaft, una campagna di comunicazione che ha lo scopo di rilanciare il consumo dei prodotti lattiero caseari in Italia, con particolare riferimento al latte per l’alimentazione umana diretta ed i formaggi a denominazione di origine. Per arrivare a definire l’ambizioso progetto che ha visto l’adesione di 21 Cooperative lattiero-casearie italiane, è stato necessario un impegnativo lavoro di persuasione che alla fine ha garantito i frutti auspicati. Realizzare campagne promozionali e di marketing, oltre ad essere un’attività tecnicamente sofisticata, è pure

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un’operazione che richiede un notevole sforzo finanziario, soprattutto quando si coltiva l’ambizione di volere incidere sul mercato ed ottenere un ritorno adeguato in termini di miglioramento dell’immagine e di estensione degli sbocchi di mercato. Consapevoli di questa regola, i promotori del progetto si sono imbarcati nell’avventura ed hanno in primo luogo chiesto alle cooperative aderenti e, quindi agli imprenditori agricoli, di sostenere l’idea e di finanziarla, mettendo a disposizione i fondi necessari. Non sarà stato sicuramente facile convincere gli allevatori e i loro dirigenti nelle cooperative di partecipare finanziariamente, soprattutto in un periodo di difficoltà di mercato. La crisi che c’è stata tra il 2015 ed il 2017 è risultata devastante ed ha creato una situazione di stress finanziario a carico degli allevamenti italiani. Nonostante ciò, alla fine ha vinto lo spirito di collaborazione e i produttori aderenti al sistema della cooperazione lattiero-casearia hanno deciso di costituire un fondo da utilizzare per le attività di comunicazione. Ogni produttore di latte verserà un prelievo di 2 centesimi di euro per ogni 100 litri di materia prima consegnata alla propria cooperativa. In tal modo una azienda agricola delle dimensioni medie delle provincie pa-


evidente tra gli agricoltori.

dane, dove, come noto, la zootecnia da latte è più strutturata, sopporta un costo di circa 200 euro per anno. Il tesoretto così costituito servirà ad avviare le diverse misure che sono state concepite nell’ambito del piano di comunicazione che mette al centro dell’attività la valorizzazione del prodotto italiano, come si evince dallo stesso nome che è stato dato al progetto: “Verde, Latte, Rosso”. Probabilmente è la prima volta che in Italia si chiede agli agricoltori di compartecipare finanziariamente ad un progetto collettivo di così ampie dimensioni ed in un settore che non se l'è vista bene di recente. Si può certamente parlare di buona pratica, da prendere in considerazione come riferimento e replicare in altri contesti geografici e settoriali del sistema agricolo nazionale. L’insegnamento che ne deriva è innanzitutto di avere fiducia e perseveranza, anche quando si promuovono progetti ambiziosi e coraggiosi, assumendosi l’intera responsabilità del progetto. Ciò è accaduto perche evidentemente le idee di base erano valide e convincenti.

A ciò si aggiunge un altro particolare non da poco. L'iniziativa è stata portata avanti senza contare preventivamente sui finanziamenti pubblici. Questi potranno arrivare in un secondo momento, aumentando la massa critica dell'intervento. Il progetto è nato da una esigenza avvertita dalle imprese e non da una disponibilità iniziale di fondi pubblici, pronti per essere spesi. Gli agricoltori ed i dirigenti delle cooperative e delle organizzazioni dei produttori stanno mutando atteggiamento e diventano consapevoli che per risolvere i problemi devono contare di meno sul sostegno della politica agraria e di più sulle loro forze. E' un segno di maturità che inizia a prendere piede in modo sempre più

Lo scontro tra ITALATTE e allevatori lombardi Il 2 maggio scorso, il gruppo ITALATTE, primo acquirente di latte bovino in Italia, ha comunicato ai propri conferenti (singoli allevatori, OP e cooperative) che per il mese di aprile avrebbe corrisposto, in acconto, un prezzo inferiore a quanto risulterebbe dalla mera attuazione dell'accordo contrattuale, in attesa di una revisione dello stesso (40 anziché 41,5 centesimi di euro per litro). La reazione del mondo agricolo non si è fatta attendere, ma con una differenza non da poco. Le OP e le cooperative che raccolgono il latte dai propri aderenti e lo commercializzano ad ITALATTE, hanno fatto sapere che avrebbero ignorato l'avviso e fatturato in base a quanto concordato. I singoli allevatori, invece, si trovano in una condizione di subordinazione, perché è prassi da tempo impiegata nel settore del latte, di concedere al primo acquirente il mandato a fatturare per nome e per conto del fornitore. Insomma, ogni mese, è l'industria di trasformazione che emette una fattura elettronica a se stessa, indicando la quantità di materia prima consegnata dall'allevatore ed il prezzo da pagare. Con un sistema del genere, il produttore agricolo è evidentemente sotto scacco e deve solo chiedere all'acquirente di astenersi dall'attuare l'intenzione formalizzata per lettera. In definitiva, il caso descritto dimostra in modo evidente come il conferimento per il tramite di una organizzazione di produttori comporta qualche vantaggio in termini di potere contrattuale.

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PRIMO PIANO Unione europea

VERTICE UE A SIBIU

i leader UE si impegnano per il futuro dell'Europa

Il 9 maggio 2019 i leader dell’UE si sono riuniti a Sibiu, per discutere della prossima agenda strategica dell’UE per il periodo 2019-2024. Dieci punti, che sono dieci impegni, sono stati sottoscritti dai capi di stato o di governo dell'Ue: si va dal “difendere un'Europa unita al proteggere gli stili di vita, la democrazia e lo Stato di diritto, passando per la salvaguardia del futuro delle prossime generazioni”. I leader si sono concentrati sui piani strategici per l'Unione negli anni a venire e hanno approvato all'unanimità questa serie di punti, che sottintendono la loro convinzione che “uniti, siamo più forti, in questo mondo sempre più instabile e complesso. Riconosciamo che è nostra responsabilità, in quanto leader, rendere questa nostra Unione più forte e il nostro futuro più promettente, riconoscendo al contempo la prospettiva europea di altri Stati europei”, come hanno sottolineato in un comunicato pubblicato dopo

il vertice. Nel dettaglio, i loro impegni, oltre a quelli già citati, sono: il restare uniti, nel bene e nel male. “Daremo prova di reciproca solidarietà nei momenti di bisogno e resteremo sempre compatti. Possiamo parlare con un'unica voce, e lo faremo” spiegano; il cercare sempre soluzioni congiunte, ascoltandosi a vicenda, in uno spirito di comprensione e rispetto. Puntano anche ad ottenere risultati sulle questioni di maggiore importanza: “Sulle questioni che contano, l'Europa continuerà a pensare in grande. Continueremo a prestare orecchio alle preoccupazioni e alle speranze di tutti gli europei, avvicinando l'Unione ai cittadini, e agiremo di conseguenza, con ambizione e determinazione”. E prendendo anche l'impegno di rispettare sempre il principio di equità, che si tratti di mercato del lavoro, assistenza sociale, economia o trasformazione digitale /Ridurremo ulteriormente le disparità esistenti

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tra di noi e aiuteremo sempre i più vulnerabili in Europa, anteponendo le persone alla politica). E poi ancora, si impegnano a dotare l'Unione degli strumenti necessari per realizzare i suoi obiettivi e portare avanti le sue politiche e a proteggere i cittadini europei, garantendo loro la sicurezza, rafforzando il potere di persuasione e di coercizione e collaborando con i partner internazionali. "L'Europa sarà un leader mondiale responsabile - assicurano - Le sfide che siamo chiamati a fronteggiare oggi riguardano tutti noi. Le decisioni che prenderemo saranno fedeli allo spirito e alla lettera di questi 10 impegni. L'Unione di oggi è più forte di quella di ieri e vogliamo che quella di domani lo sia ancora di più. È questo il nostro impegno per le generazioni future. È questo lo spirito di Sibiu e di una nuova Unione a 27 pronta ad affrontare il futuro unita". 37


PREVISIONI CRESCITA ECONOMICA in Europa continua la crescita, trainata dal dinamismo interno

Si prevede che nel 2019 l’economia europea continui a crescere per il settimo anno consecutivo, con un aumento del PIL reale in tutti gli Stati membri dell’UE. La crescita dovrebbe proseguire in tutti gli Stati membri dell'UE e accelerare l'anno prossimo, sostenuta da una forte domanda interna, da un aumento costante dell'occupazione e da costi di finanziamento modesti. Tuttavia, sulle prospettive pesano notevoli rischi. Sul fronte esterno vi è il rischio di un'ulteriore intensificazione dei conflitti commerciali e delle debolezze dei mercati emergenti, in particolare la Cina. In Europa è importante prestare attenzione

all'eventualità di una Brexit senza accordo, all'incertezza sul piano politico e a un possibile ritorno del circolo vizioso tra emittenti sovrani e banche. Oggi il numero dei cittadini europei che hanno un lavoro è il più alto di sempre e, stando alle previsioni, l'occupazione dovrebbe continuare a crescere, anche se a un ritmo più lento. Questo, accompagnato da un aumento dei salari, un'inflazione contenuta, condizioni di finanziamento favorevoli e misure di sti-

molo fiscale in alcuni Stati membri, dovrebbe stimolare la domanda interna. Nel complesso, quest'anno il PIL dovrebbe crescere dell'1,4 % nell'UE e dell'1,2 % nella zona euro. Nel 2020 i fattori interni negativi dovrebbero attenuarsi e l'attività economica al di fuori dell'UE dovrebbe conoscere una ripresa, anche grazie a condizioni finanziarie globali più favorevoli e a politiche di stimolo in alcune economie emergenti. Per il prossimo anno si prevede un leggero rafforzamento della crescita del PIL, che dovrebbe raggiungere l'1,6 % nell'UE e l'1,5 % nella zona euro. L'inflazione nell'UE dovrebbe scendere all'1,6 % quest'anno e quindi risalire all'1,7 % nel 2020. Sulle prospettive continuano a pesare notevoli rischi di revisione al ribasso. Il rischio di misure protezionistiche a livello globale e l'attuale rallentamento della crescita del PIL e del commercio su scala mondiale potrebbero risultare più persistenti del previsto, in particolare se la crescita in Cina risulterà deludente. Per l'Europa i rischi principali sono quelli legati a una Brexit senza accordo. Vi è inoltre il rischio che l'aumento dell'incertezza politica e misure meno favorevoli alla crescita possano tradursi in una riduzione degli investimenti privati. Per quanto riguarda gli aspetti positivi, i consumi e gli investimenti privati nell'UE potrebbero rivelarsi più resilienti del previsto.

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declinedreal from 2.4% to addition, 2.1% of financial markets remain very sensitive to For theheadline year asdeficit a whole, output increase in VAT rates legislated as a safeguard GDP supported in 2018, supported by rising revenues. y 0.9%, by domestic policy changes anypast possible clause, and given repealsrelated and increases government Government spending for the compensation of le net exports weighed on real GDP in sovereign yields could affectimpact sentiment and announcements. The delayed of the new tax employees slightly increased due to a moderate regimes implemented in 2019, higher funds en positive private-sector funding conditions. By contrast, for a increase signs in publicfrom wages,short-term while public investment public investment and additional spending for the conomic activity is setmarkedly. to pick up in better-than-expected external environment could spending declined citizenship income and the early retirement scheme However, still subdued business and imply a stronger export-led rebound. are expected to be only marginally offset by 2019, the general government deficit is expected ntimentIn suggests that output growth strengthened provisions against tax evasion and to increase to 2.5% of GDP, mainly due to the Graph II.12.1: Italy - Real GDP growth and re traction only later in the year. For temporary revenues output from agap new tax amnesty. contributions, slowdown in economic growth. In particular, weak pps. % of pot. GDP whole,labour real GDP growth is expected 4 4 market are expected to L'economia italianadevelopments è scivolata in una The structural balance is expected forecast to deteriorate ggish at 0.1%. In 2020, which hasmetà two lieve contrazione seconda substantially curbnella revenues from direct taxes. The 2 2 orking dello days, GDP is by forecast to impact of from around -2¼% of GDP in 2018 to -3½% of scorso anno, dovuto principallatter arereal also lowered the deferred GDP in 2020. As the result of a lower primary mente al rallentamento deliscommercio pastforecast tax measures. Those developments will be 7%. The scenario based on 0 0 surplus and a positive interest-rate/growth-rate globale che ha offset impattato l'economia only partially by several changes in the tax changedomestica. assumption andmesi does not differential, Italy’s debt-to-GDP ratio is forecast-2to Nei prossimi ci2019 si at-budget,-2 which regime introduced by the he effects of hikes in indirect taxes increase from 132.2% in 2018 to 135.2% in 2020. tende una ripresa molto lieve. Ma, la should provide temporary support for revenues. economica modesta, insie-4 2020 crescita in the government plans. Government spending is set to -4 increase

in Italia, ci si attende una crescita modesta

me all'allentamento fiscale dovrebsignificantly following the introduction -6of the bero incidere sulle finanze pubblicitizenship income and several provisions 11 on con un disavanzo pubblico e unto mand che, and private consumption pensions, a newaumentare early retirement scheme. debito cheincluding dovrebbero urn to growth Some savings are expected from a new spending sensibilmente. L'inflazione dei prezThese dovrebbe also assume a cut in zireview. al consumo omestic demand is projections unlikelydecelerare to lend quest'anno e riprendere dal 2020.

Renewed tensions on sovereign yields constitute a risk to these fiscal projections. Conversely, -6 the 12 13 14 15 16 17 18 19 20 possible activation of the VAT safeguard clause in Output (rhs) potential underspending Imports 2020gapand for the new Exports Inventories measures would lead to a better fiscal outlook. Investment

Public consumption

Real GDP (y-o-y%) t to growth in 2019, as a drop in emand Table will largely II.12.1: offset the positive moderate consumer spending. Capital- ITALY Main features of country forecast Labour market to weaken considerably Annual percentage change expected to bear the brunt of policy 2017 bn EUR Curr. prices % GDP market 99-14 is 2015 2016 to 2017 2018 the 2019 2020 The labour unlikely escape impact oth at the domestic and international 1727.4 100.0 0.3 0.9 1.1 1.7 0.9 0.1 0.7 sluggish economic activity, as indicated by0.8 er, the GDP re-introduction of investment- of Private Consumption 1049.5 60.8 0.2 1.9 1.3 1.6 0.6 0.6 Publicthat Consumption 323.2 18.7 0.7 -0.6 0.1 0.3 0.2 -0.1 0.5 subdued employment expectations. ncentives were cancelled at the firms’ Gross fixed capital formation 303.7 17.6 -0.6 2.1 3.5 4.3 3.4 -0.3 0.9 growth is expected to grind to-0.5a halt0.8 year is oflikely to slow the decline in Employment which: equipment 114.6 6.6 -0.5 4.6 6.7 9.1 5.5 (goods and services) 1.9 4.4 2.1 5.9 1.9 rate is 1.9forecast to3.1 estment.Exports Private consumption growth in538.32019. 31.2The unemployment Imports (goods and services) 488.0 28.3 1.6 6.8 3.6 5.5 2.3 2.2 3.3 close to0.3 11% this year, as1.3 the0.5 new0.7 lped byGNIthe impact of lower climb (GDPpositive deflator) 1735.6 100.5 0.2 2.1 1.9 Contribution to GDPincomes growth: Domesticcitizenship demand 0.2 1.4 1.4 likely 1.7 to induce 1.0 0.3more 0.7 income scheme is real disposable and the Inventories 0.0 0.1 0.0 -0.4 0.0 -0.1 0.0 people to officially register unemployed of the citizenship income. However,Net a exports 0.1 -0.5 -0.3 as 0.3 -0.1 0.0 and 0.0 Employment 0.1 0.7 1.3 0.9 0.8 -0.1 0.5 labour market is set to dampen thus be counted in the labour force. Unemployment rate (a) 8.9 11.9 11.7 11.2 10.6 10.9 11.0 pending, and declining consumer Compensation of employees / f.t.e. 2.4 1.0 0.3 0.3 2.0 0.9 1.0 Unit labour costs whole economy 2.2 0.7 0.5 -0.5 1.9 0.7 0.8 uggests Real thatunitsome of the expected rise labour cost 0.2 inflation -0.2 -0.7 -1.0 1.1 0.1 -0.2 Consumer price remains muted ould be Saving diverted to savings. Assuming rate of households (b) 13.1 10.6 10.5 9.7 9.9 10.0 9.9 GDP deflator 2.0 0.9 1.2 0.5 0.8 0.7 1.0 by 1.2% in1.32018, consumer rowth picks up in the second half of After having risen Harmonised index of consumer prices 2.1 0.1 -0.1 1.2 0.9 1.1 prices are set to-0.5increase by Termsto of trade goods a major growth 4.2 3.6 only -2.3 0.9% -1.6 this -0.5 year, 0.0 s are set become Trade balance (goods) (c) 0.6 3.1 3.4 3.2 2.7 2.6 2.6 energy prices, and2.4by 1.1% in2.5 the forecast period and Italian partly due to lower Current-account balance (c) -0.8 1.3 2.5 2.5 2.5 Net lending or borrowing (-) vis-a-vis ROW (c) -0.7 1.7 2.3 2.4 2.5 at 0.5% in2.6 March 2019, is2.5 e expected to (+)limit their losses in 2020. Core inflation, General government balance (c) -3.2 -2.6 -2.5 -2.4 -2.1 -2.5 forecast to rise above 1% by-1.5the end of-2.12020.-2.3 -3.5 s. Cyclically-adjusted budget balance (d) -3.0 -0.8 -2.1 -3.4 Structural budget balance (d) General government gross debt (c)

Private consumption

-3.6

-0.7

-1.7

-2.1

-2.2

-2.4

-3.6

109.8

131.6

131.4

131.4

132.2

133.7

135.2

(a) as % of total labour force. (b) gross saving divided by adjusted gross disposable income. (c) as a % of GDP. (d) as a % of potential GDP.

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FILIERA TRASPARENTE

dopo il controllo sulle pratiche sleali, la UE punta alla trasparenza dei prezzi nelle filiere

Migliorare la trasparenza nei prezzi nella filiera alimentare: è il nuovo obiettivo che si pone l’Europa, nell’ottica di agevolare l’equità nella stessa filiera. Dopo aver vietato le pratiche commerciali sleali e migliorato la cooperazione fra i produttori, la Commissione Ue ha presentato una proposta che permetterà di rendere disponibili informazioni fondamentali sulle modalità di determinazione dei prezzi dei prodotti agroalimentari nei diversi punti della relativa filiera. “Le differenze tra i prezzi di acquisto e di vendita possono fornire informazioni sui costi intermedi (quali trasporto, assicurazione, magazzinaggio, ecc.) tra venditore e acquirente – ha spiegato la Commissione in una nota - Una maggiore trasparenza può contribuire a migliorare le decisioni delle imprese e la fiducia nella correttezza delle diverse fasi della filiera alimentare. Avere accesso in modo facile e tempestivo a informazioni sull'an40

damento del mercato è inoltre fondamentale per competere efficacemente sui mercati mondiali”. Le misure proposte interessano i settori delle carni, delle uova, lattiero-caseario, degli ortofrutticoli, dei seminativi, dello zucchero e dell'olio di oliva: si basano sugli attuali sistemi e procedure di raccolta dei dati, già in funzione e utilizzati da operatori e Stati membri per comunicare alla Commissione le informazioni sul mercato, ai quali è assegnato ora un ambito di applicazione più ampio. Ogni Stato membro sarà responsabile della rilevazione dei dati sui prezzi e sui mercati e li comunicherà alla Commissione che, a sua volta, li divulgherà tramite il suo portale sui dati agroalimentari e gli osservatori del mercato dell'Ue. La situazione attuale Oggi, in fatto di trasparenza, le criticità non mancano, come ha sottolineato la stessa Ue. Ad esempio, se, da un lato, sono disponibili moltissime informazioni sull'andamento

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dei mercati agricoli (prezzi, volumi di produzione, scorte, ecc.), dall’altro si riscontra una quasi assenza di informazioni su altri mercati fondamentali della filiera agroalimentare, in particolare quelli che operano tra agricoltori e consumatori a livello di trasformazione alimentare e vendita al dettaglio. Altra criticità riguarda il ruolo di svantaggio sul mercato degli agricoltori, a causa dell'asimmetria tra le informazioni in possesso degli stessi agricoltori e di altri operatori della filiera alimentare. Tanto che un sondaggio di opinione a livello europeo pubblicato lo scorso anno ha mostrato che una grande maggioranza dei partecipanti (88%) ritiene importante rafforzare il ruolo degli agricoltori nella filiera alimentare. Riflettori accesi anche sulla mancanza di informazioni sull'andamento del mercato da parte delle aziende di trasformazione e dei rivenditori: quell’assenza di informazioni, puntualizza la Commissione, è stata chiamata la "scatola nera" della filiera agroalimentare. Che ora, attraverso la proposta presentata, l’Ue intende aprire. Per Phil Hogan, Commissario per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale, “una maggiore trasparenza del mercato consentirà di garantire un accesso paritario alle informazioni in materia di prezzi, e una maggiore chiarezza delle stesse, rendendo la nostra filiera alimentare più equa ed equilibrata” La proposta è stata pubblicata per una consultazione pubblica che durerà un mese. Dopo verrà adottata dalla Commissione europea ed entro sei mesi dovrebbe entrare in vigore.


GIOVANI

FINANZIAMENTI PER I GIOVANI

BEI e UE mettono a disposizione risorse per 1 miliardo di euro

Domande di prestiti respinte, quasi una su tre, il 27% nel 2017, tassi molto alti: sono alcune delle difficoltà che incontrano quotidianamente i giovani agricoltori che cercano di avere accesso a un finanziamento. Ora un aiuto arriva dall'Europa. La Commissione europea e la Banca europea per gli investimenti (BEI) hanno annunciato un pacchetto di prestiti per 1 miliardo di euro specificamente destinato ai giovani agricoltori. A livello di Stati membri il programma sarà gestito dalle banche e dalle società di leasing operanti nell'UE. Le banche dovrebbero partecipare con un importo corrispondente a quello della BEI, arrivando quindi potenzialmente ad un totale di 2 miliardi di euro, cui i giovani agricoltori avranno accesso in via prioritaria. Il programma fa parte dell' "iniziativa congiunta giovani agricoltori" tra la Commissione europea e la BEI e punta a combattere molte delle attuali carenze che gravano su di loro. In particolare, è stato previsto

che i tassi d'interesse saranno più bassi, verranno allungati i termini per iniziare a rimborsare il prestito (fino a 5 anni) e anche quelli per il rimborso dell'intero prestito (fino a 15 anni). Aumenterà inoltre la flessibilità per attenuare la volatilità dei prezzi nel settore agricolo e per far sì che gli agricoltori restino in grado di rimborsare nei periodi difficili (ad esempio attraverso un "periodo di grazia" che consenta loro di non pagare le rate dei prestiti per alcuni mesi). Un sistema simile già è in corso di attuazione in Francia, dove sono stati previsti due prestiti pilota per un importo di 275 milioni di euro, specificamente destinati ai giovani agricoltori e alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Per Phil Hogan, Commissario per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale, "l'accesso ai finanziamenti è fondamentale ma troppo spesso anche un ostacolo per i giovani che vogliono iniziare nel mestiere. L'11% degli agricoltori europei ha meno

di 40 anni, quindi il sostegno ai giovani agricoltori è una priorità per la Commissione europea e per la politica agricola comune post 2020. Sono lieto di vedere realizzarsi questa nuova iniziativa congiunta". Il vicepresidente della BEI Andrew McDowell, responsabile per l'agricoltura e la bioeconomia, da parte sua, ha sottolineato: "Il settore agricolo è la spina dorsale dell'economia dell'UE e svolge un ruolo fondamentale non solo nella produzione di alimenti sani, ma anche nella lotta ai cambiamenti climatici e nella salvaguardia dell'ambiente. Con questa nuova iniziativa la BEI guarda al futuro del settore e elimina una grave carenza del mercato, ossia la mancanza di accesso ai finanziamenti per gli agricoltori, in particolare la prossima generazione di agricoltori. Il programma di prestiti sosterrà la crescita e la competitività nel settore agricolo e in quello della bioeconomia, tutelando l'ambiente e creando occupazione nelle regioni rurali e costiere".

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ACCORDI COMMERCIALI

PRODOTTI UE SOTTO ATTACCO

Rabobank denuncia il pericolo di nuove tariffe che l’USA intende mettere su prodotti dairy importati dall’UE Continuano i negoziati e le dispute tra USA e UE riguardo al raggiungimento di un Accordo di Libero Scambio. Nel mese di aprile c’è stato un annuncio dell’USTR (United States Trade Representative) riguardo all’intenzione degli USA di accrescere il

numero di tariffe su 317 codici di prodotto esportati da parte dell’UE, per un valore di circa 21 miliardi di dollari. Questo nuovo annuncio evidenzia una disputa che perdura per più di un decennio tra gli Stati Uniti e l’UE. Tra i prodotti sotto il mirino una

buona parte (44 codici) riguardano il settore lattiero-caseario: burro, yoghurt e formaggi che nel 2018 hanno raggiunto un valore di circa 1 miliaro di dollari. Questo è quanto emerge da un recente report pubblicato da Rabobank.

Figure 1: US selected dairy tariff codes importsUSA, by country, 2018 SELEZIONE DEI PRODOTTI SOGGETTI A TARIFFE 2018 40,000

metric tons

35,000 30,000 25,000 20,000 15,000 10,000 5,000 -

Butter

Cheese

Yogurt

Source: GTIS, Rabobank 2019

In questa guerra commerciale chi i paesi europei che insieme rap- di prezzo. Tuttavia, un aumento del perde maggiormente potrebbe presentano il 65% del totale delle 100% sui prodotti già di fascia alta, essere l’Europa, poiché i livelli di esportazioni: Irlanda (25%), Francia potrebbero portare gli americani a esportazioni maggiori (21%), Italia (12%) e Spagna scegliereUS altri prodotti In the dairysono trade battle, rispetthe EU stands to lose more than the(8%). US because imports of nazionali Europeana to alle importazioni dagli USA. Nel Per quanto riguarda l’Italia, si stima prezzo più contenuto. Bisogna andairygliproducts far importato exceed EUol-imports of US dairy In 2018,che the US imported than 2018, USA hanno che circa il 50% deiproducts. prodotti esporconsiderare che lamore maggior partre 230.000 mTon di prodotti dairy tati sarà soggetto a queste tariffe. te dei prodotti esportati, sono com230,000 metric tons of EU-28 dairy products. In contrast, the EU imported less than 23,000 metric europei; mentre le importazioni mercializzati attraverso distributori tons of US dairy products. In value terms, the EU exports more than USD 1bn of product to the US di prodotti USA sono stati pari a I formaggi esportati in USA sono locali che hanno anche un’ampia market. Conversely, the esporta US dairy generalmente exports to theadEUalto average abovediUSD 100m. 23.000 mTon. In valore l’UE valoreslightly ag- offerta prodotti americani. Quincirca 1 miliardo di dollari e l’USA cir- giunto (DOP) e vengono acquistati di, queste tariffe, ridurrebbero draUSTRdollari. identified 44 dairy tariff that could duties up to Most of the caThe 100.000 daicodes consumatori per laface loro additional qualità e sticamente la 100%. competitività dei Entrando nelloare specifico, sonobut 4 the valore e nonincludes tanto in butter base al and livelloyogurt. prodotti riducendo camtariff codes for cheese, list also Theeuropei, US dairy marketsleare

US Dairy Imports Far Outweigh EU Dairy Imports

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highly regulated, andConfcooperative dairy imports are no exception. imports fall under two categories: Lombardia - Milkcoop magazineDairy n.4_2019_maggio


pagne promozionali dei prodotti europei a favore di quelli locali a più basso costo. In questo contesto, potrebbero trarre vantaggio anche altri big player vicino agli USA, come Australia, Canada, Nuova Zelanda. Il più grande loser sarebbe invece l’Irlanda che ha il maggior numero di esportazioni, 34.500 m Ton. IMPORTAZIONI FORMAGGI EUROPEI, PER CODICI SELEZIONATI SOTTOPOSTI A TARIFFE, 2018

Table 2: US cheese imports under selected HTS codes, 2018 metric tons HTS Code

0406.10

0406.20

0406.30

0406.40

0406.90

Total

Percent

World

10,303

15.4

2,290

420

123,995

137,023

Ireland

-

-

-

-

6,446

6,446

5%

Germany

348

-

4

-

7,002

7,353

5%

France

58

0.3

1,141

-

21,754

22,954

17%

Finland

54

-

-

-

2,646

2,700

2%

United Kingdom

-

-

4

420

7,247

7,670

6%

Denmark

38

-

98

-

6,272

6,408

5%

Italy

1,937

-

40

-

13,986

15,963

12%

Lithuania

168

-

55

-

1,635

1,859

1%

Portugal

-

-

-

-

315

315

0%

Netherlands

55

-

-

-

5,404

5,459

4%

Poland

353

-

176

-

1,089

1,618

1%

Latvia

107

-

-

-

-

107

0%

Greece

13

-

-

-

3,594

3,607

3%

Belgium

-

-

-

-

749

749

1%

Cyprus

3,298

-

20

-

7,838

11,156

8%

Estonia

47

-

-

-

558

604

0%

Hungary

-

-

-

-

369

369

0%

Sweden

-

-

-

-

78

78

0%

Austria

-

-

-

-

40

40

0%

Bulgaria

-

-

-

-

1,211

1,211

1%

Romania

-

-

-

-

3,127

3,127

2%

Croatia

-

-

-

-

414

414

0%

Czech Rep

-

-

-

-

39

39

0%

EU Total

-

-

-

-

9

9

0%

EU as a % of Total

6,476

0.3

1,538

420

91,821

100,255

73%

Source: Trade Data Monitor, Rabobank 2019

Ireland

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USA-CINA, CONTINUA LO SCONTRO

Trump, protegge gli agricoltori USA con aiuti diretti per un valore di 16 mld di dollari L'amministrazione Trump annuncia un programma di aiuti agli agricoltori colpiti dalla guerra commerciale tra USA e CINA per un valore di 16 miliardi di dollari. L’amministrazione Trump ha recentemente annunciato che stanzierà una serie di misure di aiuto, per un valore di 16 miliardi di dollari, a favore degli agricoltori americani che hanno subito gli effetti negativi della guerra commerciale degli Stati Uniti con la Cina. “Il pacchetto di aiuti assicura che gli agricoltori non risentano gli efeftti negativi delle manovre commerciali da parte della Cina o di qualsiasi altra nazione”, ha dichiarato il segretario all’agricoltura Sonny Perdue. Sono previsti, nello specifico, pagamenti diretti per un totale di 14,5 miliardi di dollari ai produttori di diversi comparti agricoli, incluso quello lattiero-caseario. Inoltre, il governo pianifica di acquistare in massa, per un valore di

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circa 1,4 miliardi di dollari, prodotti freschi e altri prodotti alimentari soggetti alle tariffe. Per quanto riguarda l’erogazione del pagamento, l’USDA ha dichiarato che ci saranno “fino a tre tranche”, anche se la seconda e terza tranche sarà “valutata in base alle condizioni del mercato e alle opportunità commerciali”. Ci si aspetta che il primo pagamento sarà emesso tra luglio e agosto. Secondo il capo economista dell’USDA, Rob Johansson, il programma di aiuti diretti da 14,5 miliardi di dollari degli agricoltori è ben al di sopra del piano da 12 miliardi di dollari, annunciato dall’amministrazione lo scorso anno. Ciò è una conseguenza della stima dei danni

commerciali che si sono avuti a seguito delle tariffe poste dalla Cina l’anno scorso. Sono stati presi in considerazione anche precedenti azioni non solo della Cina ma anche di altri partner commerciali che hanno determinato ripercussioni sull’agricoltura americana. Tra tutti, i produttori di soia sono stati tra i più colpiti nella guerra commerciale cinese. Prima della guerra commerciale, la Cina acquistava circa la metà del valore complessivo di esportazioni USA di soia. Questo valore è sceso del 74% nel 2018: da 12,2 miliardi di dollari nel 2017 fino a 3,1 miliardi di dollari nel 2018.

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Gli agricoltori americani sempre più preoccupati, guardano altrove

Le esportazioni di prodotti caseari dagli Stati Uniti al Sud-Est asiatico sono lievitate lo scorso anno, con un aumento del 28%, rispetto al 2017, secondo i dati del governo Usa. E continueranno a crescere man mano che gli esportatori si affacceranno su nuovi segmenti del mercato e useranno l’intera regione come trampolino di lancio per la Cina, mentre infuria la guerra commerciale fra i due paesi. La guerra dei Dazi fra Usa e Cina sta provocando una rivoluzione a livello commerciale, perché molti allevatori statunitensi che prima erano concentrati sulla Cina hanno deciso di esportare i loro prodotti altrove, ma rimanendo in zona, perché comunque uno degli obiettivi è di mantenere alta l'attenzione verso la Cina. Il sud est asiatico, in particolare è ora davanti alla Cina e solo dietro al Messico per numero e valore delle esportazioni Usa dei prodotti lattiero caseari. “A causa della guerra commerciale con la Cina, vediamo sempre più occhi puntati sul sud est asiatico

– ha spiegato Dali Ghazalai, direttore regionale dell’Us Dairy Export Council (Usdec) che ha la sua base a Singapore – Questo è il momento per chi esporta di innovare o incrementare la produzione, pensando anche a nuove linee di prodotto. I trend di mercato si muovono spesso in modo misterioso. La Regione del sud-est asiatico è in rapporti amichevoli con la Cina, per cui sono sicuro che importatori e produttori stanno cercando il modo di lavorare con gli agricoltori statunitensi per penetrare nel mercato cinese”. Entrando nel dettaglio, è cresciuto l’export verso la regione di formaggi e latte in polvere, contestualmente le esportazioni verso la Cina, che fino a metà del 2018 aveva tenuto, nella seconda metà dell’anno hanno subito un forte calo. Per quanto riguarda le bevande, le start up e piccole aziende hanno lanciato sul mercato nuovi prodotti, provocando quindi un crescente interesse per il settore. Vi è poi il settore del latte in formula per bambini, per cui è richiesta sempre più spesso un’alta qualità.

Quest'attenzione verso il mercato del sud est asiatico ha fatto sì che molti esportatori statunitensi decidessero di aprire sedi distaccate proprio in queste aree, in particolare in Indonesia e nelle Filippine. Grazie all’azione dell’USDEC è stato raggiunto anche uno specifico accordo con il Politecnico di Singapore, finalizzato a supportare le aziende nel trovare partner strategici locali e sviluppare soluzioni innovative per immettere nuovi prodotti e servizi sul mercato. Gli allevatori americani cominciano a mostrare preoccupazione per questa continua guerra commerciale con la Cina. Gli ultimi avvenimenti risalgono al 10 meggio, quando il Presidente Trump ha fatto salire le tariffe sui prodotti imporati dalla Cina per un valore di 200 miliardi di dollari (dal 10% al 25%). A sua volta, la Cina ha risposto con ulteriori tariffe sui beni importati dagli USA per un valore di 60 miliardi di dollari. Per questo in occasione dell’ADPI/ ABI Annual Conference che si è tenuata nel mese di maggio a Chicago, sono stati numerosi gli interventi che hanno focalizzato l’attenzione su due principali punti: l’urgenza di rendere operativo l’USMCA (il nuovo trattato di libero scambio del Nord America, che prende il posto del NAFTA) e il rischio che la guerra commerciale di Trump contro la Cina porti a ripercussioni fortemente negative per l’America.

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PARTNERSHIP IRLANDA-CINA

al via i lavori per lo sviluppo del China-Ireland Sustainable Dairy Development Centre

L’UCD (University College Dublin), Teagasc (Irish Agriculture and Food Development Authority) insieme all'Istituto di scienze animali dell'Accademia cinese di Scienze agrarie (CAAS) hanno siglato un Accordo per lo sviluppo del “China-Ireland Sustainable Dairy Development Centre”. Il Centro nasce con l’idea di rafforzare i legami istituzionali tra i due paesi, sostenere la ricerca per generare nuove conoscenze e competenze, impegnarsi nella formazione continua e migliorare lo scambio e la condivisione di buone pratiche per promuovere sistemi di produzione lattiero-casearia sostenibili 46

da applicare in Cina e Irlanda. Tre sono le aree chiave su cui si lavorerà: - Sviluppo tecnologico: riguarderà tutte le possibili applicazioni per migliorare la produzione lattiero-casearia (riduzione dell'impatto ambientale, miglioramento qualitativo, maggiore efficienza, modelli organizzativi delle filiere). CAAS, UCD e Teagasc si impegneranno anche nelle attività di trasferimento delle conoscenze e dell’innovazione direttamente verso le aziende

getti e iniziative di ricerca e innovazione all’avanguardia. - Formazione, istruzione e sviluppo dei talenti: il centro, grazie all’esperienza sviluppata e alle competenze presenti erogherà anche dei percorsi di formazione ad alto livello indirizzati principalmente agli operatori del settore lattiero-caseario.

- Ricerca e Condivisione di buone pratiche: l’obiettivo è massimizzare le interazioni e gli scambi tra CAAS, UCD e Teagasc per sviluppare pro-

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IMPRESE

ASIAGO DOP, TREND IN CRESCITA lo stagionato traina le vendite

Vendite in aumento, ed è soprattutto lo stagionato a trainarle. E anche l’export fa registrare un trend positivo, anche grazie ad accordi commerciali raggiunti con Canada e Giappone: è la fotografia del bilancio 2018, stilato dal Consorzio di tutela del formaggio Asiago Dop. Lo scorso anno sono state prodotte 1,58 milioni di forme ma soprattutto sono risultate in crescita le vendite (dell'1,6% in quantità e dell'1,7% in valore) per la Dop veneto-trentina. L'Asiago Dop Stagionato, prodotto in 241.331 forme (+3,78% dal 2017), ha continuato il trend di cre-

scita che già si era evidenziato l’anno precedente mettendo a segno nel biennio un balzo dell'8,81%. Ottima la performance anche per le quotazioni che per questa tipologia sono risultate in aumento del 4,92. Più contenuti, ma comunque in crescita, i progressi dell'Asiago Dop Fresco, con 1.340.777 forme prodotte (+0,15% rispetto al 2017), che ha registrato un lieve incremento di vendite (+0.21%) e un aumento medio delle quotazioni a vantaggio dei produttori del +1,32%. Per entrambe le principali tipologie di Asiago Dop (fresco e stagionato) è proseguito anche il calo delle scorte giunte ormai ai minimi storici, dato quest'ultimo che conferma l'efficacia del piano di regolamentazione della produzione. Anche per il Prodotto della Montagna, il formaggio realizzato oltre i 600 metri d'altezza, il dato è più che positivo: pur restando ancora una

nicchia all’interno del panorama dell’Asiago Dop, ha incrementato del 7% le forme prodotte, superando le 66mila. Sul fronte del mercato, l'Italia rappresenta il principale sbocco per il formaggio Asiago Dop, che però si sta espandendo anche all’estero: il mercato più importante è quello Usa, seguito da Svizzera e Francia che, nel 2018, ha rappresentato il primo paese dell'Unione Europea superando la Germania. È inoltre in grande aumento l'export in Canada, +33,6% in volume e +23,8% in valore, soprattutto grazie al progetto europeo triennale "Uncommon Flavors of Europe" e all'entrata in vigore degli accordi Ceta. I patti internazionali hanno consentito di raggiungere anche altri importanti traguardi come la tutela garantita all'Asiago Dop in mercati in prospettiva come Messico e Giappone (Jefta).

IL BIO CONTINUA LA SUA ASCESA Le vendite di prodotti bio continuano la loro ascesa: anche lo scorso anno, sulla scia di quanto avvenuto in tutto l’ultimo decennio, hanno fatto registrare un incremento. Nel 2018 il volume totale di vendite di prodotti biologici è stato di 3.562 milioni di euro, l'8% in più rispetto al 2017. I dati sono stati presentati durante la giornata conclusiva di TuttoFood, fiera sull’agroalimentare che si è svolta a Milano a inizio maggio. “L'Italia è il principale Paese trasformatore ed esportatore di prodotti biologici nella Ue, potendo disporre di

quasi due milioni di ettari di superficie già coltivata a biologico e oltre 8mila imprese di trasformazione certificate”, ha sottolineato Paolo Carnemolla, Presidente FederBio, il quale ha anche sottolineato che “il logo nazionale previsto dal progetto di legge già approvato dalla Camera a dicembre scorso, un forte investimento su un'unica piattaforma di tracciabilità e la blockchain, come sta facendo FederBio, sono elementi indispensabili per mantenere e rafforzare questa leadership dell'Italia”.

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GRANDI MANOVRE PER LACTALIS acquisizioni in India ma... Grandi manovre per Lactalis, multinazionale francese che continua ad espandersi e ora guarda al nord dell’India, dopo aver già portato a casa altre acquisizioni nel resto del Paese. Lactalis cinque anni fa ha acquisito Thirumala Milk, azienda del settore lattiero caseario che ha una forte presenza nel sud dell'India, nel 2016 la società Anik e all’inizio di quest’anno anche la società Prabhat Dairy. “Le tre acquisizioni – ha spiegato

Rahul Kumar, amministratore delegato di Lactalis India – hanno permesso alla nostra società di fare affari nell’India centrale e occidentale e anche nel sud del Paese”. Manca però l’area nord: ecco perché ora la multinazionale francese (che ha già diversi stabilimenti caseari in India e gestisce 1,5 milioni di litri di latte al giorno), sta puntando anche su quella parte del territorio.

... anche in Italia si sta muovendo

Le grandi manovre di Lactalis però potrebbero riguardare anche l’Italia e in particolare la Nuova Castelli, società di Reggio Emilia fondata nel 1892 che, con circa 500 milioni di ricavi e leader nella distribuzione dei formaggi Dop italiani, oltre a essere il principale esportatore di Parmigiano reggiano. Da mesi il fondo Charterhouse Capital, entrato nel 2014 nel capitale della società di Reggio Emilia, è alla ricerca di un nuovo socio. E ora spunta proprio il nome di Lactalis, nel processo di ricerca di nuovi investitori, e pare che sia stato raggiunto anche un accordo.


MEDIO ORIENTE, CRESCE IL DAIRY Almarai, il big player dell’Arabia Saudita investe all’insegna del green Nuovi investimenti per Almarai, il più grande produttore lattiero- caseario del Medio Oriente, che ha la sua sede in Arabia Saudita. Per il futuro punta su innovazione e sviluppo: ha appena approvato un piano quinquennale 2020 – 2024, che sarà finanziato con 1,9 miliardi di dollari per spingere verso questa direzione. I fondi verranno utilizzati per la sostituzione di vecchi impianti o macchine già esistenti, il miglioramento delle produzioni, sfruttando le innovazioni, e anche il potenziamento di alcuni prodotti. Uno degli

obiettivi è anche quello di espandersi a livello di mercato. Il tutto all’insegna di un’impronta green. L’azienda ha spiegato che tutte le aree strategiche saranno coinvolte nel nuovo piano e guideranno l’azienda in questo processo di sviluppo e innovazione. La flessione delle vendite del settore lattiero caseario ha colpito anche Almarai, che include il Gruppo Savola dell'Arabia Saudita e il Fondo di investimento pubblico tra i suoi principali azionisti: l’azienda ha re-

gistrato un calo del 2,6% nei guadagni nel primo trimestre, principalmente a causa di un calo degli utili nel settore lattiero-caseario e un aumento delle spese. "Date le persistenti e difficili condizioni economiche in tutta la regione – ha puntualizzato la stessa azienda - l'attenzione sull'efficienza e le misure di ottimizzazione dei costi continueranno per tutta la durata del piano quinquennale”.

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PACKAGING

L’EVOLUZIONE DEL PACKAGING Un occhio al passato, per un effetto vintage e uno al presente, in cui la parola chiave è rispetto per l’ambiente: il packaging si sta evolvendo nelle sue diverse forme, anche per quanto riguarda la grafica. E accanto a imballaggi sempre più tech ecco che spuntano anche confezioni con colori e materiali vintage oppure che strizzano l’occhio alle passerelle delle sfilate di moda. Giovanni Brunazzi, uno dei maestri della grafica italiana, patron della Brunazzi & Associati e docente di packaging design al master in packaging dell’Università degli Studi di Parma, ha spiegato in un articolo uscito su Repubblica.it quali sono le ultime tendenze. Per quanto riguarda il vintage, il ritorno al passato passa per i materiali: ritornati in auge (laddove è possibile) il cartone canettato o il cartoncino. Si aprono finestre per far vedere il prodotto, la forma della finestra stessa diventa elemento centrale per il packaging. Oppure si propongono soluzioni per trasformare il packaging in un gioco, in un oggetto.

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Anche il minimalismo è di moda: pochi colori, uno o due, forme semplici, scatole ed etichette sobri, ai limiti dell’accennato, i caratteri si rimpiccioliscono, evocando lusso e anche un po’ di mistero, escono dai canoni classici della categoria di appartenenza. E poi gli Anni 60. “Confezioni in metallo, sagomate, coloratissime, preziose, con dorature o color argento, trattamenti che spingono a mettere nel carrello il prodotto prima ancora di aver inteso di cosa si tratti” spiega Brunazzi. Il ritorno al packaging che diventa pacchetto regalo, oggetto di per sé, anche da conservare. Anche il packaging abbraccia la formula della portabilità (Ready-to): “Confezioni pronte per essere appese, per essere trasportate come uno shopper o messe in spalla”. Ma anche comode per i retailer per entrare a scaffale comodamente senza bisogno di esser impilate. L’”Edizione limitata” è un altro must: il prodotto magari è lo stesso ma la confezione cambia, si allarga, si colora, cambia forma, si adatta alla stagione o all’evento. Come per

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i prodotti anche per gli imballaggi la natura, intesa in senso ampio, è sempre più al centro delle aziende: ecco quindi che anche per il packaging si opta per materiali grezzi, naturali, rispettosi dell’ambiente, pacchetti che ricordano quelli del mercato rionale, sacchetti di carta, cordini grezzi, materiali riciclati. Rigorosamente plastic free. Nei nuovi imballaggi, inoltre, in molti casi si rispecchiano i colori delle passerelle delle sfilate, il black and white, rigoroso ai limiti del grafico. Il nude con i sui toni del beige, del rosato, acquarello. La moda docet, insomma, anche in questo campo. E dalla Silicon Valley approda il gradiente, l’ombra, la sfumatura, ormai familiare nelle icone dello smart-phone da Instagram a Apple Music, da Airbnb a Spotify diventa perno su cui molti pack designer si ispirano per le merceologie più varie dal medical al food. Si inventa, si sfuma, si gioca anche con le ombre, con un’unica regola per tutti: i colori devono essere vividi.


ARLA PUNTA AL PACK GREEN

Oltre un miliardo di confezioni di prodotti targati Arla saranno più sostenibili entro breve: è l’ultimo (solo in ordine di tempo) passo dell’azienda cooperativa internazionale verso la sostenibilità ambientale. Entro la fine dell’anno arriveranno sul mercato i nuovi packaging per circa 600 milioni di cartoni di latte fresco e 560 milioni di vasetti di yogurt. I nuovi imballaggi permetteranno di ridurre l'emissione di carbonio di oltre 7mila tonnellate. Il nuovo packaging sarà disponibile per i consumatori nei sei principali mercati europei di Arla: Svezia, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Germania e Regno Unito. Il passaggio dalla plastica di origine fossile alla plastica a base biologica derivata dalla canna da zucchero per i 600 milioni di cartoni di latte Arla li rende rinnovabili al 100%. Inoltre, contribuiscono al miglioramento ambientale con il 25% in meno di

anidride carbonica rispetto ai loro predecessori. Per quanto riguarda i vasetti di yogurt, il passaggio alla plastica riciclabile permette il riutilizzo della confezione. "Vogliamo aiutare le persone a vivere una vita più sostenibile dal punto di vista ambientale, a cominciare dai prodotti che hanno nei loro frigoriferi. Il latte e gli yogurt freschi vengono consumati quotidianamente nella maggior parte delle famiglie nei nostri mercati principali e sono fondamentali per i nostri clienti al dettaglio. Ecco perché abbiamo scelto questi prodotti per migliorare la sostenibilità ambientale. La nostra presenza in tutta Europa ci consente fra l’altro di incidere su più mercati contemporaneamente", ha sottolineato Peter Giørtz-Carlsen, responsabile europeo di Arla. Arla ormai da tempo sta puntando sulla sostenibilità ambientale, con una serie di iniziative riguardanti

il packaging che vanno in questa direzione. Ma questa appena annunciata, come ha spiegato anche Giørtz-Carlsen, è “la mossa più imponente di sempre, anche per quanto riguarda il numero di prodotti coinvolti”. Tenuto conto anche delle altre iniziative, anche minori, già avviate, "siamo sicuri che raggiungeremo il nostro obiettivo di riduzione di C02 sul fronte packaging per il 2019”, ha dichiarato il responsabile europeo di Arla. Ma la cooperativa guarda anche più lontano: ha annunciato lo scorso mese il suo nuovo piano, in ottica di sostenibilità ambientale, che prevede una diminuzione del 30% di C02 entro il 2030. E punta a caseifici a zero emissioni di carbonio entro il 2050.

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FOCUS EXPORT

MERCATO SAUDITA

La mozzarella sempre più popolare. I consumatori guardano con interesse anche ai formaggi a basso contenuto di grassi e biologici. Nel settore del formaggio, il mercato saudita evidenzia da qualche anno una crescente consapevolezza in tema di alimentazione sana e sostenibile. Sono soprattutto i giovani a portarla avanti, prestando attenzione all’etichettatura dei prodotti, al loro contenuto in grassi e al biologico. È così che nel paese formaggi a basso contenuto di sale e leggeri, come la Feta bianca e la Mozzarella grattugiata, hanno conquistato una discreta popolarità. La Feta è usata dai consumatori sauditi in svariati modi, ad esempio nella preparazione delle insalate e per farcire i panini. La Mozzarella invece sta diventando un ingrediente basilare in cucina grazie alla diffusione della pizza. Nel complesso, tra 2013 e 2018, i

volumi di vendita del formaggio sono incrementati dell’ordine di un migliaio di tonnellate, da 86,0 a 87,0 (+1,2%). Questi numeri non rispecchiano tuttavia la dinamica dell’intero quinquennio (94,2 migliaia di tonnellate nel 2017), ma dipendono piuttosto dagli andamenti dell’ultimo anno, in cui ha pesato l’introduzione dell’IVA. Tale shock comunque ha inciso fortemente solo sul comparto dei formaggi lavorati, spalmabili e non, che è il comparto più grande in termini assoluti (62,1 migliaia di tonnellate su 87 totali), ma anche l’unico stagnante, con una crisi iniziata almeno nel 2016. Il vero motore del mercato sono stati dunque i formaggi a pasta dura e soprattutto a pasta molle (rispettivamente 9,2 e 15,7 migliaia di tonnellate nel 2018), che bene hanno

retto l’impatto dell’IVA e già da quest’anno possono riprendere il percorso di crescita. Sia pure con meno evidenza rispetto ai volumi, la situazione è la stessa anche sul fronte del valore delle vendite. Si registra infatti nel 2018 una flessione a livello complessivo, dopo il picco del 2017 di poco più di 3 miliardi 859 milioni di Riyal. A livello di sottocategorie di prodotto, poi, sono sempre i formaggi lavorati a contribuire maggiormente, con poco più di 2 miliardi 776 milioni di Riyal. Gli stessi però sono anche qui in calo da 3 anni, venendo trainata la crescita in valore dai pasta dura e pasta molle, che nel 2018 realizzano rispettivamente 403,6 e 571,3 milioni di Riyal.

VARIAZIONE % DI VOLUME E VALORE DELLE VENDITE PER SOTTOCATEGORIA DI FORMAGGIO (2013/2018)

(ELABORAZIONI UFFICIO STUDI E RICERCHE FONDOSVILUPPO SU DATI EUROMONITOR PER L’UFFICIO PER LE POLITICHE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE E MERCATI - CONFCOOPERATIVE)

52

Confcooperative Lombardia - Milkcoop magazine n.4_2019_maggio


Scomponendo ulteriormente il valore delle vendite tra i segmenti interni al formaggio non lavorato, si segnalano per quote sul valore l’Halloumi/Hellim (48,5%), la Feta (20,3%) e il Cheddar (11,4%). Per quanto riguarda la distribuzione, il retail vede la prevalenza dei moderni punti vendita al dettaglio. In particolare hanno avuto crescita rapida i supermercati e gli ipermercati, a cui si riferisce rispettivamente il 46,3% e il 22,9% del valore realizzato nel 2018. Tale centralità è dovuta all’ampia gamma di promozioni e offerte che i due sotto canali riescono a garantire, una capacità che è decisiva soprattutto a fronte dell’introduzione dell’IVA. Il peso

della distribuzione tradizionale, comunque, non è marginale. Sia pure calata di 7,6 punti, la quota valore dei piccoli rivenditori indipendenti è attestata al 29,1%. In rapporto alla posizione competitiva delle maggiori imprese/gruppi di settore, risalta la leadership di Almarai, che realizza il 28,4% del valore prodotto sul retail. Tra gli altri operatori principali, poi, seguono Fromageries Bel (15,1%), Kraft Jacobs Suchard (10,8%), Deemah United Food Industries (9,5%), Danya Foods (6,6%), National Agricultural Development (4%), Halwani Bros (3,7%) e Mondelez (3%). Nel complesso, le quote sono incrementate un po' ovunque tra gli attori più

importanti, a testimonianza di una maggiore concentrazione del mercato. Tra il 2018 e il 2023 si farà più marcato il declino dei lavorati spalmabili e non. Le altre sottocategorie di prodotto invece, pur esprimendo ancora volumi e valore contenuti, daranno nuova linfa al mercato. Superato infatti lo shock legato all’IVA, esse si collocheranno su sentieri di crescita moderata ma costante, con i formaggi a pasta molle sempre trainanti (+17,1% a volumi e +13,3% a valore). Non si dimentichi infine la richiesta di prodotti più sani e biologici, strategica anche e soprattutto in chiave futura.

VARIAZIONE % ATTESA DI VOLUME E VALORE DELLE VENDITE PER SOTTOCATEGORIA DI FORMAGGIO (2018/2023)

(ELABORAZIONI UFFICIO STUDI E RICERCHE FONDO SVILUPPO SU DATI EUROMONITOR PER L’UFFICIO PER LE POLITICHE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE E MERCATI- CONFCOOPERATIVE)

L’analisi è tratta dalla collana “Export & Mercati”, una serie di pubblicazioni realizzate a cadenza mensile dall’Ufficio Studi e Ricerche di Fondosviluppo per l’Ufficio per le Politiche di Internazionalizzazione e Mercati di Confcooperative e scaricabili dal sito www.internazionalizzazione.confcooperative.it. Le cooperative associate potranno richiedere gratuitamente uno o più report personalizzati per Prodotti/Paese, inviando la propria richiesta all’indirizzo internationaloffice@confcooperative.it. Sempre sul sito di Confcooperative dedicato all’internazionalizzazione, le cooperative potranno trovare tutta una serie di altri servizi, strumenti ed iniziative promosse dalla Confederazione e che si ritiene possano essere di supporto nei diversi processi di internazionalizzazione. Twitter: @ConfcoopMercati Confcooperative Lombardia - Milkcoop magazine n.4_2019_maggio

53


MERCATI

I TREND DI MERCATO cereal & oilseed World maize: USDA

mais World wheat: USDA 14

grano

2018/19: World soya (USDA) Mt

150

World Ending Stocks

World Production 320

of which US

125 261

100 221

238

75 212

264

269 261

252

283

57

314 314

331

356

347 339 World Consumption 113

96 78

70 54

302

362 342

355

275

240

60

50

258

349

9

Source: USDA May report

54

soia

240

79 180

62

43

4 2008

300

113

99

120

25

0

360 Mt

4 2009

6

5

2010

2011

4 2012

3 2013

5

5

8

2014

2015

2016

27

26

2018 est.

2019 proj.

12 2017

60

4

Confcooperative Lombardia - Milkcoop magazine n.4_2019_maggio


Maize - imports Weekly volum e (current MY)

1000

800

24

2018/19 21.5Mt

20

17.7

16

2017/18

600

12

400

8

200

4

0

1

4

Total MY - million tonnes

Weekly volume - thousand tonnes

1200

0

7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52

w eek

Source: European Commission – DG TAXUD Page

1000 Weekly volume - thousand tonnes

back to Dashboard

Common wheat & flour - exports

Next

Weekly volum e (current MY)

800

25

2017/18

21.8 20

600

2018/19 18.8Mt 15

400

10

200

5

0

1

4

7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52

Total MY - million tonnes

Previous

0

w eek Source: European Commission – DG TAXUD

Previous

Page

Soybeans Imports (thousand tonnes) Next

1 6 0 00

back to Dashboard Soymeal Imports (thousand tonnes)

2 5 0 00

1 4 0 00

2 0 0 00

1 2 0 00 1 0 0 00

1 5 0 00

8000

1 0 0 00

6000

4000

5000

2000

0

0 1

9

17

25

Weeks

2016/17

33

2017/18

41

49 2018/19

1

9

17

25

33

41

49

Weeks 2016/17

2017/18

2018/19

Source: European Commission Previous

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55


I TREND DI MERCATO latte e derivati

PRODUZIONE DI LATTE E DERIVATI A LIVELLO MONDIALE EU Productions (Jan-Mar 2019 compared to Jan-Mar 2018)

EU - Cows' milk collected

15 000

2016 2017 2018 2019

1000 Tonnes

14 000

+8.7%

+ 10%

\\net1.cec.eu.int\AGRI\C\4\C5 DATA\5. CEREALES\DASHBOARD\Dashboard_Cereals_Blue. + 5% xlsx - 'Dashboard +0.4%(2)'!W64

+ 0%

13 000

- 5%

-0.1%

-1.7%

-2.8%

- 10%

12 000

-0.1% -0.3%

-10.8%

- 15%

Jan-Mar 2019/18 : - 0.1%

-2.3%

Dec

Nov

Previous

Page

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Next

Australian milk production

Source : EUROSTAT back to Dashboard

Next

NZ milk production

U.S. milk production

Jun-Mar 2018/19 compared to 2017/18 : + 3.2% Jul-Mar 2018/19 compared to 2017/18 : - 6.8% 3 500 1 200 in 1000 tonnes

1 100

2 000

8 000

1 500

7 750 7 500

Dec

Oct

Nov

7 000 Sep

Jul

7 250 Aug

Apr

May

Apr

May

Mar

Jan

0

Mar

500

Feb

Dec

Nov

Oct

Sep

Jul

Aug

Jun

Jun

Apr

2016 2017 2018 2019

1 000

Jun

2015/16 2016/17 2017/18 2018/19

500 May

Mar

8 250

900

600 Feb

8 500

in 1000 tonnes

2 500

700

Jan

Dec

Nov

Oct

Sep

Aug

Jul

8 750

1 000

800

2015/16 2016/17 2017/18 2018/19

3 000

Jan

in 1000 tonnes

Jan-Mar 2019 compared to 2018 : + 0.1%

Feb

Previous

Page

Oct

Source : EUROSTAT, Reg. (EC) No 479/2010 Art. 1(a)1

Sep

Aug

Jul

Jun

May

Apr

Mar

Feb

Jan

11 000

PREZZI DI MERCATO A LIVELLO MONDIALE Source : Dairyaustralia, Dcanz, USDA

Compared to the previous 4 weeks

tions

56

Previous

Page

2019

0 2018

- 1.0%

Source : DG AGRI – Reg. 2017/1185 Art. 11 & 12

Next

EU Raw Mil k price

2017

€/100 kg

NZ Mi lk - (Fonterra, adj 4.2% fat & 3.35% prot)

2016

315

CHEDDAR

+ 0.9%

2015

€/100 kg

2014

294

2013

W.M.P.

US Mil k (class III adj 4.2% fat)

2012

+ 4.2%

2011

€/100 kg

2010

204

2009

S.M.P.

2008

- 1.4%

2007

€/100 kg

2006

415

2005

BUTTER

34.4 33.7 30.6 25

2004

(week 20)

2003

EU Prices

EU Prices

back to Dashboard 50

- 1.6%

2002

34.4

€/100 kg

2001

Raw Milk

US, NZ and EU milk prices up to March 2019

Evolution since last month

EUR/100 kg

EU Price

Mar-2019 Next

Jan 01

Previous

Page

Source : : DG AGRI, LTO Nederland Source Next

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COMMERCIO ESTERO MAIN EXPORTING THIRD COUNTRIES BUTTER(OIL)

Jan-Mar 2019 compared to 2018

Qty in ktons

New Zealand

% 2019 /18

CHEESE Qty in ktons

S.M.P.

% 2019 /18

Qty in ktons

W.M.P.

% 2019 /18

Qty in ktons

% 2019 /18

147

+ 29%

90

+ 12%

119

+ 8%

468

+ 23%

41

- 22%

209

+ 2%

262

+ 35%

70

- 26%

9

- 3%

99

+ 11%

165

- 10%

7

- 37%

17

- 4%

58

+ 25%

30

+ 30%

6

- 33%

Australia

6

+ 78%

36

- 10%

45

+ 10%

10

- 42%

Uruguay

4

+ 72%

6

- 24%

5

+ 190%

EU-28 United States Belarus

30

+ 25%

MAIN IMPORTING THIRD COUNTRIES Jan-Mar 2019 compared to 2018

Previous

Page

Qty in ktons

% 2019 /18

CHEESE Qty in ktons

% 2019 /18

S.M.P. Qty in ktons

W.M.P.

% 2019 /18

% 2019 /18

Qty in ktons

China

25

- 21%

28

+ 3%

106

+ 28%

278

+ 29%

Japan

6

+ 175%

71

+ 5%

17

- 12%

0

+++

18

+ 88%

62

+ 83%

16

+ 2%

11

+ 179%

United States

15

+ 53%

39

+ 1%

0

+ 178%

2

+ 40%

Australia

10

- 13%

28

- 12%

3

+ 9%

7

+ 23%

Thailand

4

+ 1%

5

- 2%

13

- 8%

27

+ 35%

Russia

Source : GTA

BUTTER(OIL)

up to Feb

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Next

EU Exports - Top 3 destinations in 2019 Period : January-March

BUTTER 2017 2018

2019

35 261

37 980

32 418

- 15%

Extra-EU

USA

6 136

5 884

7 121

+ 21%

USA

32 074

28 396

30 074

+ 6%

China

2 041

1 844

2 095

+ 14%

Japan

23 054

21 521

27 389

+ 27%

Saudi Arabia

2 442

3 854

1 997

- 48%

Switzerland

14 246

15 009

15 089

+ 1%

in Tonnes

Extra-EU

in Tonnes

S.M.P. 2017 2018

in Tonnes

2019

in Tonnes

Extra-EU

191 299

Indonesia

17 213

11 117

30 070

+ 170%

China

21 186

11 825

28 395

+ 140%

Algeria

26 937

44 145

28 123

- 36%

193 861 261 908

+ 35%

Extra-EU

CHEESE 2017 2018

2019

201 009 204 007 208 950

W.M.P. 2017 2018

+ 2%

2019

107 214

94 640

70 163

- 26%

Oman

11 978

17 188

11 879

- 31%

Kuwait

5 393

4 276

5 162

+ 21%

China

6 374

5 279

3 998

- 24%

Source : EUROSTAT

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E-COMMERCE, TANTE OPPORTUNITA’ ampi margini di crescita per il Food, ancor più se i prodotti sono green Secondo un recente report pubblicato dall’Osservatorio E-commerce B2CNetcomm del Politecnico di Milano, nel corso degli ultimi anni le vendite online sono cresciute a doppia cifra il valore degli acquisiti e-commerce in Italia: si passa da 14.374 milioni di euro nel 2014 a 27.428 milioni di euro nel 2018 (quasi il doppio). I principali comparti interessati sono quelli dell’informatica e elettronica e dell’abbigliamento. Tuttavia si osserva una certa crescita nel 2018 anche per il comparto Food (che arriva ad oltre 1100 milioni di euro, +34% su base annua). Su questo comparto emerge anche un’interessante informazione, che ha un tasso di crescita sopra la media (34% rispetto al 18% dell’Informatica), ma ha ancora un tasso di penetrazione basso

58

(sotto il 5%). Ciò significa che è un comparto con enormi potenzialità di crescita per le vendite online. Un sondaggio realizzato da Idealo, portale internazionale noto in Europa per la comparazione prezzi, evidenzia che circa il 70,3% dei consumatori si dichiara disposto a pagare di più - quando acquista online - se il prodotto è eco-sostenibile e attento all'ambiente. Se si entra nel dettaglio e si guardano le diverse categorie di prodotti acquistati, si trova che: il 50,3% degli intervistati è disposto a spendere di più per prodotti green quando si parla di Cibo & Bevande; seguono poi l’ Elettronica (44,4%), Giocattoli & Gaming (30,7%), Bambini & Neonati (30,6%) e infine Sport & Outdoor (20,1%). Alla domanda, quanto sarebbero

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disposti a spendere in più? Il 31,9% ha dichiarato di poter spendere tra l'11 e il 20% in più. Interessante notare come la percentuale di disponibilità di spesa maggiore per un prodotto eco-sostenibile sia più alta per i giovanissimi tra i 18 e i 24 anni (78,3%) e vada diminuendo con la crescita dell'età. I ragazzi 18-24 dimostrano quindi una propensione del 95,6% maggiore degli over 55, a dimostrazione del fatto che le nuove generazioni, forse spinte dalla mobilitazione di questi ultimi anni, stanno iniziando a dare molta importanza alla tematica. Infine, secondo il sondaggio, le donne possiedono una 'propensione eco-sostenibile" dell'11,4% maggiore rispetto agli uomini.


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CONFCOOPERATIVE LOMBARDIA Via Fabio Filzi 17 20124 MILANO Tel. 02 89054500 Fax. 0289054540 lombardia@confcooperative.it www.lombardia.confcooperative.it

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