FASHION N 8 2020

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STRATEGIA PURE PLAYER

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tra l’altro in un momento cruciale come quello della pandemia, potrebbe incidere sulla partita? «Attenzione - avverte Carlo Torrani, esperto del digital con un passato da Missoni e ora in forze da Fornasetti -. Amazon non è un mero retailer, ma un gigante dei servizi. Ha così tante energie, risorse e know how in fatto di dati, traffico e customer service che può permettersi anche di uscire dal suo orto». Del resto, un percorso analogo è quello già tracciato in Cina da Alibaba e i suoi T-Mall, che sono ormai diventati la testa di ponte per entrare nel mercato asiatico e tutti gli ecosistemi sono sotto il suo cappello, oppure quello del rivale JD.Com. Anche per Gionata Galdenzi, senior manager e-commerce del gruppo Aeffe, non è il caso di prenderla sotto gamba: «Oltre a essere un colosso tecnologico - spiega - Amazon è un maestro nel servizio, plus che gli ha permesso di crescere negli anni, acquisendo tantissime informazioni sui consumatori. Basti pensare che in Italia conta 27 milioni di account». «Finché i brand del lusso resisteranno - osserva - Bezos sarà fuori dai giochi, ma non appena le prime griffe sdoganeranno questa alleanza, cambieranno le carte in tavola». Certo, il colosso di Seattle, nonostante sia una superpotenza, non troverà la strada spianata: «L’impostazione di Amazon sem22

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bra quella giusta - interviene Luca Solca ma per ora manca la massa critica dei marchi aderenti. In futuro potrà avere un ruolo solo se riuscirà a tranquillizzare i brand sulla sua volontà di lasciare loro le leve del prezzo e della promozione». Anche per l’analista di Bernstein l’esempio del Dragone rappresenta una sorta di paradigma: «In Cina i giganti di Internet - dichiara - hanno un ruolo fondamentale e si erigono a partner di ultima istanza per gli stessi Ynap e Farfetch». Allora, assumendo l’ipotesi che Amazon riesca a

Il futuro si gioca sulla relazione con i clienti e sulla capacità di differenziarsi, per non competere solo sul prezzo espugnare la torre eburnea del lusso, chi potrà mettere i bastoni tra le ruote alla sua avanzata tentacolare? La creatura di José Neves, che aggrega più di 700 boutique indipendenti e oltre 3mila brand, è a detta degli esperti da noi interpellati l’avversario più dinamico. Dopo aver stupito (e all’inizio anche disorientato) il mercato, sborsando 675 milioni di dollari per portarsi in casa i marchi streetwear di Ngg, nell’ultimo trimestre - an-

che se le perdite continuano a lievitare, passando da 95 a 436 milioni di dollari - i ricavi hanno fatto scintille, con un +74% a 365 milioni di dollari e la previsione di tornare alla redditività nel 2021. «Dopo l’acquisizione dell’agosto 2019 Neves fu ricoperto di critiche, ma guardate dove è adesso - commenta Torrani -. Farfetch non è criticabile e dalla sua ha un modello cross-channel vincente, che ha rivoluzionato il mercato». Con altri, importanti punti di forza: è agile e scattante (si è preparato all’avanzata in Cina prima di altri, in tandem con JD.Com e assorbendo la piattaforma di luxury shopping Toplife, come ricorda Torrani) e ha il vantaggio di non avere la «zavorra degli stock, essendo un aggregatore virtuale di una community», evidenzia Galdenzi. Conta inoltre migliaia di inventory point in più di 50 nazioni, con prodotti che vengono spediti ai clienti finali da 190 Paesi, tanto da vantare «un’offerta locale e multiculturale, non standardizzata, altrimenti introvabile per i consumatori», aggiunge Erica Corbellini, docente Sda Bocconi di Management of Fashion Companies. A rinforzare la piattaforma inglese potrebbe essere anche l’annuncio - arrivato mentre stiamo andando in stampa - dell’alleanza fra tre corazzate come Alibaba, Richemont (parent company di Ynap, principale


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