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«Resale e lusso, il potenziale inesplorato è enorme»

No alla moda usa e getta, sì alla circolarità e al riuso. Quello portato avanti da Maximilian Bittner, ceo di Vestiaire Collective dal 2018, non è solo un business dai numeri in crescita (nel 2022 i ricavi sono cresciuti di oltre il 50%), ma anche una battaglia culturale contro il sovraconsumo e lo spreco, a favore di prodotti pre-loved di alta gamma, rigorosamente autenticati e candidati a una lunga vita.A Fashion racconta gli obiettivi raggiunti e quelli ancora da raggiungere

DI ANGELA TOVAZZI

Da quando è arrivato come ceo cinque anni fa,Vestiaire ha fatto molta strada. Nei prossimi cinque a cosa punta?

Fin dal primo giorno, il mio obiettivo principale è stato migliorare l’esperienza dei clienti. Abbiamo già ottenuto grandi successi, destinando la maggior parte degli investimenti alla tecnologia, tanto che 200 dei nostri impiegati lavorano oggi in questo settore. La nostra app è sempre più centralizzata, coinvolgente e personalizzata e, nonostante questo, il potenziale inesplorato resta enorme. La penetrazione del second hand nel lusso rimane molto bassa. Per noi non è che l’inizio. Nei prossimi cinque anni vogliamo migliorare il nostro prodotto e ambire a diventare una certezza per tutti gli amanti della moda.

Vestiaire Collective è stata la prima azienda second hand a diventare BCorp: il prossimo step?

Con un punteggio di 89.4, abbiamo dimostrato la nostra solida dedizione e il nostro impegno nei confronti delle questioni sociali e ambientali. Ma non vogliamo fermarci qui. Abbiamo creato una strategia di forte impatto, basata su quattro pilastri, per aumentare le prestazioni nel campo della sostenibilità: definire gli standard, perché siamo un’azienda esemplare e ci assicuriamo di mettere in atto le best practice; migliorare l'impronta di carbonio, riducendo le emissioni; responsabilizzare la nostra community, sensibilizzandola e fornendole gli strumenti per guidarla sulla piattaforma (ne sono un esempio i consigli che appaiono quando si clicca sulla fogliolina verde presente sul sito); innescare un cambiamento sistemico, facendoci portavoce della circolarità e della durabilità nella moda e aumentando le possibilità di lavoro delle donne nel settore tecnologico.

In che misura fare shopping su Vestiaire Collective riduce l'impatto ambientale?

Comprare sulla piattaforma ha un impatto del 90% inferiore rispetto all’acquisto di un prodotto nuovo, in quanto evitiamo i danni ambientali legati alla produzione dei capi. Questo riguarda tutti i tipi di impatto (emissioni di gas a effetto serra, biodiversità, spreco, acqua, utilizzo del suolo, ecc.). La nostra ricerca di mercato condotta con PwC mostra che il 70% degli articoli acquistati su Vestiaire Collective rimpiazza un acquisto tradizionale: questo significa che stiamo anche modificando le abitudini dei consumatori, che desiderano sempre meno acquistare prodotti di prima mano.

Quali invece gli obiettivi di business?

Vestiaire si sta avvicinando a un valore commerciale lordo di 1 miliardo di euro. Nel 2022 il nostro fatturato è cresciuto di oltre il

50%. Già nel 2009, quando è stata fondata, l’azienda era all’avanguardia nel settore della rivendita online di articoli moda di lusso. Ma non è che l’inizio. Il nostro business model è molto forte: mette la fiducia e la sostenibilità al centro di tutto quello che facciamo. Siamo decisamente ottimisti per il futuro.

Avete bandito il fast fashion dalla vostra piattaforma. Quali gli effetti?

Il divieto è arrivato nello stesso periodo in cui abbiamo cominciato a collaborare con la Or Foundation, che ci ha aperto gli occhi sugli effetti negativi che il fast fashion ha sulla società e sul pianeta. Il 5% dei nostri annunci era composto da pezzi appartenenti a questa categoria, a cui gli utenti non hanno più avuto accesso a partire dal 22 novembre 2022. Da allora, ogni volta che un venditore prova a creare un annuncio con un brand presente nella “lista nera”, riceve un messaggio educativo da parte del nostro team di autenticazione. Il nostro l'obiettivo è Zero Fast Fashion entro il Black Friday 2024. Questa decisione ha amplificato nei nostri utenti la percezione di Vestiaire Collective quale servizio di fascia alta. Come indicato nel nostro Impact Report del 2022, l'85% degli acquirenti di second hand partecipa alla riduzione del sovraconsumo, in quanto preferisce un numero inferiore di pezzi di alta qualità e di lunga durata ad articoli di fast fashion di qualità inferiore.

La spedizione resta uno degli aspetti più impattanti per il vostro tipo di business: come pensate di ridurre le emissioni?

Ci stiamo soprattutto concentrando sulla diminuzione delle distanze di spedizione e sul passaggio al trasporto su ruote. Abbiamo aumentato del 65% il numero di utenti che si spediscono gli articoli direttamente, da un punto A a un punto B. Negli ultimi due anni abbiamo anche ridotto l’utilizzo del trasporto aereo, privilegiando quello su ruote e affidandoci maggiormente a corrieri locali in Europa, Asia e Australia. Con cinque depositi ubicati in tutto il mondo (Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Hong Kong e Corea del Sud), siamo ora in grado di dare la priorità e promuovere la spedizione locale. Abbiamo inoltre ridotto considerevolmente l’impatto del nostro packaging attraverso tre iniziative: la riduzione del suo volume, il suo miglioramento (che lo ha reso riutilizzabile, riciclato, riciclabile e privo di plastica vergine) e la prioritizzazione di fornitori locali.

Le piattaforme di rivendita si stanno moltiplicando. Cosa offre Vestiaire Collective di diverso?

Ciò che rende Vestiaire Collective una piattaforma degna di fiducia è il suo rigoroso processo di autenticazione e controllo qualità. Abbiamo 89 esperti nell’autenticazione digitale e fisica, che provengono da brand di lusso, da rinomate case d’asta, dal mondo della vendita al dettaglio, dal settore della gemmologia e dall’industria dello streetwear. Ogni esperto esamina oltre 40mila articoli ogni anno. Nel 2019, per esempio, il numero totale superava gli 1,5 milioni di pezzi. È grazie a questa cura del dettaglio e alle nostre competenze settoriali (che aggiorniamo continuamente e che ci hanno permesso di raggiungere una percentuale di accuratezza del 99%) che siamo riusciti a guadagnare la fiducia di acquirenti e venditori, come dimostra il nostro recente Trust Report: il 92% degli utenti ci considera affidabili e il 91% ritiene che il nostro processo di autenticazione sia attendibile. Inoltre, offriamo tre milioni di pezzi unici provenienti dagli amanti della moda di tutto il mondo e abbiamo una community di Fashion Activist, come amiamo chiamarli, che conta milioni di utenti in tutto il mondo, impegnati a promuovere e sposare la causa della moda di seconda mano.

Quali sono le vostre strategie dal punto di vista dell'espansione internazionale?

Attualmente operiamo in 80 Paesi e abbiamo cinque centri di autenticazione, strategicamente ubicati in Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Hong Kong e Corea del Sud. Il recente ingresso in questo Paese ha segnato un momento importantissimo per Vestiaire Collective. Nonostante tutto ciò, ci rendiamo conto che la nostra quota di mercato

1. Uno scorcio degli uffici di Vestiaire Collective

2. Un momento della fase di autenticazione

3. Una cliente intenta a fotografare un articolo prima di metterlo in vendita sulla piattaforma

4. Una recente affissione nella città di Milano all’interno del settore della moda è ancora piuttosto bassa, anche nelle aree geografiche in cui siamo presenti da diversi anni. Ecco perché l’obiettivo principale è accrescere la nostra presenza sui mercati già esistenti, invece di cercare di avere accesso a nuovi. Si tratta di una mossa logica, considerato che già operiamo in Europa, negli Stati Uniti e in Asia.

Come vede il mercato del resale nei prossimi anni? Sarà in grado di superare il fast fashion?

Una ricerca congiunta, realizzata da Boston Consulting Group e da Vestiaire Collective, ha mostrato che il valore stimato del mercato della rivendita globale si attesta tra 100 e 120 miliardi di dollari, ossia più di tre volte la sua dimensione nel 2020, e che questa cifra è destinata a subire un incremento annuo intorno al +20-30%. Sebbene attualmente rappresenti il 3-5% del settore complessivo, proiezioni simili dimostrano che il segmento della rivendita ha il potenziale per espandersi fino al 40%. La crescita di questo mercato si evince inoltre dai dati rilevati, secondo i quali il 25% degli armadi degli acquirenti di seconda mano è composto da articoli used, una percentuale prevista in aumento. Inoltre, va considerato che la Gen Z e i Millennial già comprano e vendono attivamente pezzi pre-loved, dimostrando di essere consumatori sempre più interessati a questo modello. Con un’attenzione crescente su convenienza, varietà dell’offerta e sostenibilità, il mercato della rivendita offre senza dubbio un’interessante alternativa, che contribuisce a prolungare la durata di vita degli articoli e a ridurre il consumo eccessivo. E che potrebbe davvero sfidare il settore del fast fashion. 