


Con la SS26 la preppy girl esce dal campus e si fa chic. Intanto i trend di stagione, secondo l’AI, decretano la rivincita delle stampe sulle monocromie e l’accelerazione di tonalità come il marrone, il rosa e il giallo. È quanto emerge dal nostro primo Fashion Insight digital only, che include la visione di noti buyer italiani e showroom, gli appuntamenti fieristici irrinunciabili e un focus su accessori chiave come il gioiello e il cappello. Aspettando le fashion week di settembre.
A.D. Markus Gotta markus.gotta@dfv.de
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L’EDITORIALE
L’ESSERE UMANO E LA MACCHINA
PAGINA 3
I NEGOZI
SI PUÒ STARE SENZA MEGA-BRAND? SÌ, MA SERVONO PIANIFICAZIONE E INTELLIGENZA
PAGINA 4
LE SHOWROOM
SUPERANO LA PROVA
I MARCHI SOLIDI E AFFIDABILI
PAGINA 8
I SALONI
ON THE ROAD AGAIN: OGNI FIERA È UN’AVVENTURA
PAGINA 12
DO’S AND DON’TS
ADDIO STUDENTESSA MIU MIU
PAGINA 16
WOMEN’S PREVIEW SS26 COSA ANDRÀ TRA UN ANNO?
L’AI HA GIÀ LA RISPOSTA
PAGINA 17
I GIOIELLI
UNICITÀ E MADE IN ITALY
TRAINANO I DESIGNER NEW GEN PAGINA 20
IN DIRETTA DA NEW YORK GLAMOUR E PERSONALITÀ: IL POTERE DEL CAPPELLO
PAGINA 24
GRAFICA E DESIGN
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Èun’esperienza bizzarra. Chi vuole sapere come l’Intelligenza Artificiale stia cambiando il mondo del lavoro può chiederlo direttamente all’Intelligenza Artificiale stessa. «Fondamentale è acquisire nuove competenze per stare al passo con i cambiamenti», mi ha risposto quando l’ho interrogata. Si può liquidare una simile affermazione come banale. Oppure si può prendere a cuore. Noi di Fashion Magazine siamo convinti che dobbiamo continuare a evolvere, per supportare la nostra community in un momento così sfidante. Per questo vediamo l’AI non come minaccia, ma come un’alleata che migliora il nostro giornalismo. Poco prima della pausa estiva, presentiamo un nuovo prodotto che abbiamo battezzato “Fashion Insight”. Si tratta di un “deep dive” monotematico e analitico. È un formato puramente digitale, che utilizzeremo in modo flessibile durante tutto l’anno. È un mix di interviste e
Tobias Bayer analisi dei dati attraverso l’AI. Con Fashion Insight ci dedichiamo all’andamento del mercato, a singole categorie di prodotto, ai distretti, ma anche agli sviluppi tecnologici. La prima edizione è una preview della stagione PE26 dell’abbigliamento femminile. Abbiamo chiesto a buyer e showroom, la loro visione del mercato e su quali temi puntano. L’attenzione è rivolta all’abbigliamento, alle calzature e
alle borse ma anche alle gamme complementari. Presentiamo marchi di gioielli emergenti e parliamo con la designer di cappelli newyorkese Eugenia Kim, che annovera tra le sue clienti la Signora Bezos, Lauren Sánchez. Inoltre, forniamo una panoramica delle prossime fiere più interessanti. Il nostro obiettivo è quello di supportare sempre di più la nostra copertura con dati concreti. Per questo motivo abbiamo stretto una collaborazione con Livetrend. La start-up parigina analizza un’enorme quantità di immagini - provenienti dai social, da fashion e-commerce e da look di stagione -, scattate durante le settimane della moda e le sintetizza in tendenze, grazie all’AI
In Fashion Insight combiniamo l’esperienza, l’intuizione e la creatività umane con la velocità e la potenza analitica dell’intelligenza artificiale. Alla domanda su come l’AI possa aiutare noi esseri umani, mi ha risposto: «Aiuta l’uomo in molti modi!». Allora prendiamola in parola!
Dalla Lombardia alla Sicilia, passando per le piazze più dinamiche d’Italia, un viaggio tra i retailer multimarca per capire come cambia il mercato alla luce dei risultati della Spring-Summer 2025 e delle scelte per la Spring-Summer 2026. L’obiettivo: affrontare criticità sempre più complesse, a partire dalle pressioni dei big brand su margini e pagamenti anticipati. Il buying oggi somiglia a una partita di scacchi: per azzeccare la mossa giusta - anche quella più audace, come mantenere alto il sellthrough puntando su marchi emergenti e meno noti, ma con un prezzo correttoservono flessibilità, progetti mirati, pianificazione intelligente e finestre di consegna sostenibili. La metafora scacchistica vale anche per i brand, soprattutto nell’alto di gamma: secondo i dettaglianti, se non inventano mosse nuove e non comunicano un valore autentico, il rischio di scacco matto è dietro l’angolo.
di ANDREA BIGOZZI E ALESSANDRA BIGOTTA
GIUSEPPE
D’AMATO
RINASCENTE
«La stagione SS25 è andata bene, con performance positive soprattutto sugli abiti: vediamo clienti che non acquistano solo un capo, ma il look completo, tornando per costruire il loro guardaroba. Questo ha spinto l’introduzione di servizi come personal shopper e lounge dedicate. Il successo è stato sostenuto da una strategia di acquisto più intelligente, che integra progetti mirati e una forte attenzione alla temporalità. Ci siamo concentrati sul concetto di transseasonal, fondamentale per intercettare le esigenze di un cliente che vuole capi versatili, e spinto categorie chiave come beachwear, lino e calzature. Inoltre, è stato riorganizzato il buying in funzione degli eventi e delle grandi operazioni di comunicazione, mantenendo un approccio coerente con la nostra visione di media company. Un altro elemento strategico è la razionalizzazione del portafoglio marchi,, che portiamo avanti da tre stagioni con il progetto House of Brands Questo significa ridurre le aree multibrand a favore di spazi più distintivi, come shop-inshop e soft corner, per valorizzare l’identità dei marchi e ampliare la profondità di assortimento. Per la campagna vendita SS26 il focus è su categorie chiave: scarpe, abbigliamento categorizzato per funzione e occasione (cerimonia, daywear) e abbiamo lavorato molto bene con il denim e la pelle. Nelle borse il segmento lusso mostra segnali di sofferenza, mentre l’accessibile cresce. Settembreottobre sarà un periodo cruciale, visti i molti cambiamenti in arrivo tra i designer».
«La stagione SS25 è andata bene per noi: abbiamo lavorato con attenzione sui continuativi e sulla selezione prodotto, puntando tutto sulla marginalità. Un carryover ben gestito, come una borsa continuativa di Gucci ti permette di non svendere e mantenere valore anche nella stagione successiva. Ma la criticità più grande quest’anno è stata la questione dei pagamenti. A causa della riduzione delle coperture assicurative sul credito, molti brand - soprattutto i più grandi - hanno richiesto pagamenti anticipati o garanzie molto rigide. Questo ha creato tensioni, trattative e ritardi nelle consegne, che però, fortunatamente, non hanno compromesso la vendita. Stiamo vivendo lo stesso problema anche con la Fall-Winter: la merce sta arrivando tardi, e questo compromette le vendite di giugno e luglio, che di solito sono le più redditizie. Tuttavia, se i ritardi colpiscono tutti, il mercato si riequilibra e il prodotto si vende comunque.
Guardando alla SS26, ho trovato collezioni interessanti, con una maggiore leggerezza. Molti brand hanno lavorato sui prezzi e anche noi stiamo cercando un bilanciamento fra nomi al top e realtà con una maggiore marginalità. Per questo abbiamo creato un team dedicato ai riassortimenti: il mercato è molto veloce e bisogna essere pronti a rifornire ciò che vende subito. Le calzature stanno andando fortissimo, mentre le borse soffrono per via dei prezzi elevati. Tra i brand, puntiamo su chi offre servizio e sostenibilità commerciale. Brunello Cucinelli per esempio è un partner ideale, trasparente e reattivo. Lavoriamo bene anche con Missoni Pucci e nel contemporary con nomi come Fear of God o Adidas, forti soprattutto nell’uomo Crediamo molto nei multibrand: il cliente locale vuole vedere e rivedere il prodotto in negozio e se scompare, se ne dimentica. Lavoriamo anche su nuovi progetti: il 17 settembre apriamo un nuovo store e nel 2026 arriverà anche quello di Milano Marittima, con un evento speciale. Continuiamo a investire, anche nella cultura».
BEPPE NUGNES
NUGNES1920
«Quella appena finita è stata una stagione complessa, ma anche rivelatrice. Ancora una volta, il consumatore ha espresso il bisogno di prodotti che coniughino riconoscibilità stilistica, qualità concreta e una cultura del prodotto autentica. Notiamo sempre più che il prezzo in sé non è l’elemento centrale: è il valore percepito a fare la differenza Il cliente cerca un equilibrio tra contenuto, estetica, utilità e identità. Cresce l’attenzione verso ciò che un prodotto rappresenta, il suo linguaggio e la sua coerenza con uno stile di vita che si fa più fluido. Non si tratta più solo di acquistare un capo, ma di vivere un’esperienza, simile a quella che si ricerca in un buon viaggio o in un piatto memorabile. Aumenta l’impegno nel rendere le nostre boutique luoghi capaci di evocare emozioni. Siamo di fronte a un consumatore più maturo, che anche in un contesto di maggiore attenzione alla spesa investe in esperienze e beni che portino con sé significato e bellezza. Questo non implica per forza la rottura con i grandi marchi: si può e si deve trovare qualità e autenticità anche all’interno delle griffe, a patto che rispondano a questi nuovi bisogni. In termini di proposta, privilegiamo prodotti capaci di accompagnare la vita reale del cliente, dal lavoro al tempo libero, senza più rigide suddivisioni.
È il quotidiano ad aver cambiato ritmo e la moda deve stare al passo. Va detto, però, che oggi non tutti i brand sembrano pronti ad abbracciare questo cambiamento. C’è ancora una certa rigidità, un blocco dettato più dalla paura del mercato che da una reale incapacità creativa. Mancano spesso coraggio e visione.
Sul fronte delle campagne vendita, per quanto ci riguarda, veniamo da un momento di trasformazione importante, con l’acquisizione dello store di Bari. È una nuova sfida che ci richiede uno studio attento del territorio, delle sue dinamiche e del suo pubblico. Il budget, ovviamente, è in aumento per sostenere questo sviluppo, mentre su Trani restiamo su un equilibrio stabile, in linea con la stagione precedente».
Il mercato impone cautela, ma un’offerta troppo ripetitiva e “istituzionale” blocca il sell out. Tra i brand indie segnalati dai retailer spiccano gli accessori di marchi come Helen Kaminski (non una novità in assoluto, ma ancora poco noto in Italia) e Ibeliv, entrambi originali, creativi, tracciabili e con un impegno responsabile alle spalle. Anche lo stile nordico di Our Legacy, brand fondato a Stoccolma nel 2005, viene apprezzato sia nella donna che nell’uomo.
Tanto quiet luxury, a volte troppo. Soprattutto nell’abbigliamento femminile si va a volte alla ricerca di un capo o di un accessorio che sappia comunicare freschezza e inventiva. Sarà per questo che tra i nomi citati dai buyer si ritrovano marchi storici come Missoni e Pucci, che con nuove direzioni creative ravvivano un heritage improntato alla stampa e al colore, insieme a un brand decisamente più giovane, Jacquemus. Quest’ultimo è famoso ma non troppo inflazionato: al momento evita ancora l’effetto déjà vu.
Il prezzo è sempre e comunque un problema? Pare che la questione non sia esattamente in questi termini. La clientela avverte il valore di quello che compra e, se il prodotto giustifica quello che si spende, è ancora disposta a comprare. Una tendenza che favorisce griffe come Brunello Cucinelli, Dolce&Gabbana (in grado tra l’altro di vestire anche taglie non ultra-slim) e Giorgio Armani, un nome che è una garanzia.
MARCO CATENI
«Nella Spring-Summer 2025 a rallentare sono stati i mercati esteri e di conseguenza l’online, che per quanto ci riguarda ha registrato cali a doppia cifra alta, con l’invenduto che ha dovuto confluire nei negozi fisici che hanno sì retto meglio, ma con merce in più da smaltire. Il fenomeno più evidente è ancora la disaffezione verso le prime linee. Hanno avuto un buon sell out marchi come The Attico Jacquemus e Victoria Beckham, non troppo “inflazionati” e con prezzi ancora tutto sommato accettabili.
Gli abiti femminili hanno venduto bene, ma nell’ottica “meglio tre vestiti carini che uno importante”. Tra le scarpe continua la crisi del tacco 12: sono in poche a voler comprare una calzatura da 800 euro da indossare poche volte. La campagna vendite della SS26 è partita a maggio con le precollezioni e l’uomo e finirà a ottobre, quando il mondo sarà già cambiato. Abbiamo tagliato le proposte più costose e direi superflue e puntato di più sulla ricerca, ma anche sull’elegante con personalità. Penso a Dolce&Gabbana, che ha belle proposte adatte anche alle taglie 46/48, Max Mara Sportmax e Zimmermann Inoltre pezzi portabili e sportivi, in primis la collezione Polo Ralph Lauren che è una garanzia. Tra le borse, premesso che oltre i 2.500 euro scatta il rifiuto da parte di molte clienti, crediamo in Jacquemus, ma anche in Zanellato. Il problema è che c’è troppo prodotto in giro. Il lusso è ciò che non si riesce ad avere facilmente: se non si accende il desiderio, non scatta l’acquisto».
«Per la SS25 abbiamo riscontrato un buon inizio di stagione, ma con un rallentamento generalizzato fra tutti i tipi di posizionamento di prodotto nella fase saldi e pre-saldi, dovuto alla guerriglia che si è innescata con le piattaforme online che propongono capi in promozione da mesi, con il risultato che il consumatore non capisce più il senso della stagione de saldi. In generale, il cliente oggi è sempre più attento, selettivo e orientato al valore reale del prodotto: cerca novità, qualità e un’estetica coerente, ma è meno interessato al logo o al brand storico. I nostri preferiscono marchi magari ancora poco noti, ma con un bel punto prezzo e con un’identità chiara, anche sui social, che rassicura l’acquirente.. Soprattutto nella donna, abbiamo notato una forte risposta verso brand nordici e accessori dal gusto fresco, ironico ma con prezzo corretto, come le borse in rafia di Ibeliv o le proposte leggere e ben tagliate di Drhope, il marchio greco Volantis e anche Helen Kaminski ha ottenuti ottimi sell out. Si vendono bene le borse divertenti, i kaftani (molto colorati), i sandali “doppio acquisto”, ovvero quei prodotti che hanno un prezzo accessibile e che permettono alla cliente di prenderne due, anziché uno. Nell’uomo ha funzionato Our Legacy Sul fronte degli acquisti SS26, adottiamo un approccio più conservativo ma mirato. Premiati i marchi che capiscono il valore del multibrand e lavorano in modo costruttivo: buona marginalità, finestre di consegna sostenibili (non oltre marzo per l’estivo), logistica gestita dall’Italia (senza dogane) e termini di pagamento posticipati. Fare da banca ai brand non è più accettabile: il multimarca ha bisogno di stabilità per pianificare. Abbiamo ridotto i budget sulle griffe e sui nomi che non danno ritorno concreto o compatibilità con i nostri tempi di vendita. Nel prodotto notiamo un eccesso di stratificazioni e pesi invernali fuori contesto. Noi puntiamo su capi sviluppati bene, leggeri e coerenti con la stagione, come popeline, lino e cotoni freschi. La base resta il Made in Italy di qualità, ma la differenza oggi la fa chi sa proporre ricerca vera, con un pricing credibile e un’identità chiara».
GIGLIO
GIGLIO.COM
«Viviamo tempi in cui la corsa ai beni voluttuari ha registrato una brusca frenata e le persone, che dovrebbero comprare a prezzo pieno, sono ormai abituate ai saldi perenni. Un aiuto potrebbe arrivare proprio dalle aziende del lusso che, contando su una distribuzione più rarefatta, dovrebbero mettersi d’accordo con la forza vendita per arginare insieme questo fenomeno. In un contesto difficile, forse il più complicato nei 35 anni che faccio questo mestiere, alcuni marchi dell’alto di gamma vengono comunqe ancora percepiti come investimenti di valore, come si è già visto nella Spring-Summer 2025 e anche nella nuova campagna vendite per la Spring-Summer 2026: penso a Fendi, alle borse di Bottega Veneta, a Saint Laurent e, per l’abbigliamento, a Cucinelli e Armani
Non è il momento di puntare su un’eccessiva sperimentazione: i prodotti sono cari, la bolla dei prezzi resta e chi spende molto vuole avere la certezza di un marchio riconosciuto. Di conseguenza, la nuova stagione per noi è all’insegna di acquisti attenti e ragionati, aspettando anche cosa accadrà a tutte quelle griffe che stanno puntando su una nuova direzione creativa. I cambiamenti a volte sono necessari, ma riscrivere la storia di un brand comporta obiettivamente dei rischi. Quanto alle fashion week, quella maschile di giugno è stata definita in tono minore e ora attendiamo settembre, con molte co-ed e debutti. Devo però dire una cosa: Parigi sarà più avanti nello scoprire talenti, ma i soldi si spendono a Milano».
In un momento di mercato interlocutorio, in cui i negozi multimarca faticano a raggiungere la redditività, anche le showroom registrano cali di tensione nel business, tra ritardi nell’acquisizione degli ordini, una ridotta voglia di rischiare a tutti i livelli e una scarsa apertura alle novità da parte dei buyer. Nell’incertezza generale emergono però dei leader: marchi con una reputazione consolidata, anche in termini di sell out, un prodotto dall’alto valore intrinseco, un servizio ineccepibile e un prezzo giustificato. Niente voli pindarici, è il momento della concretezza.
di ELISABETTA FABBRI e ANGELA TOVAZZI
Un interno della showroom multimarca Sept a Milano
Antonio Longo, sales director della showroom milanese Marcona3 (passata nel 2024 sotto il controllo del gruppo Novastone) parla di una stagione in cui si sono rotti gli equilibri: «In un contesto di mercato difficile e sfidante, contrassegnato da un calo della domanda, i clienti wholesale sono tornati al prodotto. Questo perché i rialzi, spesso ingiustificati, dei prezzi da parte delle griffe li hanno allontanati dal marchio altisonante, a favore di collezioni dove sono garantiti alta qualità e un cartellino corretto». Anche se la campagna vendite della donna per la SS26 non è ancora finita, come informa Longo, è già possibile avere un’idea dei brand capaci di bucare lo schermo: The New Arrivals, lanciato nel 2020 da İlkyaz Özel conferma il suo andamento in crescita, con una distribuzione di alto livello soprattutto negli Usa. Ma all’orizzonte si stanno profilando nuovi attori, con le carte giuste per affermarsi in una congiuntura come l’attuale. Longo fa il nome di Raxxy, «un marchio disegnato da un campione di matematica, che ha portato il suo talento in piumini ad alto tasso creativo, di grandissima qualità, con un prezzo corretto. Un prodotto di lusso, sì, ma fatto bene e con un prezzo giustificato». Una menzione speciale va a Ivana Batakovic designer di Belgrado naturalizzata milanese, che ha saputo interpretare in modo femminile il tailoring con nuovi tagli e volumi. «I tessuti, come testimoniato dall’etichetta interna dei capi, sono di Loro Piana - sottolinea Longo -. Un valore aggiunto, insieme all’innovazione creativa, apprezzato da retailer di primo piano come Antonia Vinicio e DiVincenzo».
RG SHOWROOM
«Da noi la campagna vendite, durata una ventina di giorni, è già finita. Abbiamo registrato tanti ordini ma sono mancate le quantità. Più che di prudenza adesso si deve parlare di paura. Ormai i negozi vendono a saldo tutto l’anno, tra sconti ufficiali e non, a scapito dei margini. Se da un lato i buyer comprano poco, dall’altro i brand non vogliono fare magazzino. Il meccanismo si è inceppato a tutti i livelli, come dimostra anche il recente caso Loro Piana. I soldi ci sono, ma il problema è il consumatore finale, che non ha più voglia di comprare: sta perdendo fiducia, tra prezzi alle stelle e produzioni nel rispetto della legalità finte. Tuttavia voglio essere ottimista, forte anche della reputazione che abbiamo come showroom, della selezione che facciamo e dei target diversificati a cui ci riferiamo, nel mondo dell’high contemporary. Con la SS26 abbiamo venduto bene abiti, ma anche pantaloni e camicie. Tra i brand dinamici cito Giuseppe Di Morabito, Maison Jejia, Farm Rio e The Andamane: hanno tutti una forte identità, una buona vestibilità e prezzi corretti rispetto alla qualità».
CASILE&CASILE FASHION GROUP
Con 216 clienti in Italia (Lombardia, Piemonte, Liguria e Sardegna) e 184 all’estero (soprattutto in Russia, Corea ed Emirati), Francesco Casile ha il polso di come sta andando il trade in un mercato che non regala niente. «Il momento non è facile e lo dimostra il fatto che rileviamo un certo ritardo nell’acquisizione ordini per la SS2026». Motivo? «I buyer tendono a spostare più in là gli acquisti, perché preferiscono vedere come vanno i saldi. Non vogliono sbilanciarsi troppo», spiega l’imprenditore, che gestisce la showroom milanese di via Tortona con la figlia Alessia. Tra i marchi in portafoglio spiccano Kangra, Missoni Accessori Ten Ways To Be (Gruppo Pango) e, ultimo arrivato, Distretto 12 «Nonostante questo spostamento in avanti - aggiunge - tutti i wholesaler che hanno già fatto gli ordini hanno mantenuto i budget o addirittura li hanno aumentati». Non si tratta di un paradosso, come tiene a precisare Casile, ma piuttosto il frutto di scelte oculate, «che vanno a premiare le realtà più serie, quelle che consegnano nei tempi giusti e, in particolare, che offrono un ottimo servizio». Detto in altre parole, «il cambio merce». Entrando nello specifico degli ordini già partiti, si possono già notare trend importanti. «Richiestissimi gli abiti - informa l’imprenditore -. Quando mandiamo un lookbook con una collezione di abiti, tutti vengono a vederla». E poi le polo riviste con nuovi dettagli: «Basta bottoni, arrivano le zip». «Abbiamo venduto bene la maglieria di qualità in cashmere e seta di Kangra - conclude Casile -. Pezzi essenziali, raffinati e soprattutto che vanno bene per ogni stagione».
«È un momento storico difficile per la moda. Abbiamo una trentina di marchi in assortimento e non possiamo generalizzare, ma uno dei mondi che sta funzionando meglio è il performancelifestyle. Il mercato sta un po’ cambiando: le persone investono nelle proposte per lo svago e lo sport, a scapito della moda. Si tratta comunque di consumi nel bello, ma nell’ambito di un progetto legato al tempo libero. La sensazione è che la campagna vendite si stia dilatando. Molti stanno aspettando di vedere come chiude la stagione dei saldi, prima di decidere di investire nella SS26. Sembra che ci sia poca voglia di investire e di rischiare, oltre a una scarsa apertura alle novità. Molto dipenderà dalle zone e dai clienti, ma siamo sicuri di un miglioramento nei nostri risultati. Va considerato inoltre che l’estate è una stagione di passaggio, mentre nell’invernale si lavora in modo più sereno, perché i consumatori in genere hanno più voglia di cambiare il guardaroba. Per la prossima stagione calda vedo positivamente anche le proposte denim dei brand che trattiamo».
GRUPPO ZAPPIERI
«Con le vendite per la PE26 abbiamo iniziato da poche settimane, anche perché alcune collezioni sono uscite in ritardo, dopo un periodo di pre-collezioni che non hanno particolarmente entusiasmato. La situazione è altalenante, diversa da marchio a marchio, ma notiamo che sono favoriti quelli consolidati, che hanno conquistato una propria posizione nei negozi grazie ai sell out buoni Si tratta di brand seri, in termini di vendite al di fuori dei canali tradizionali, non sottoposte a scontistiche penalizzanti, come succede per alcuni venduti con l’e-commerce. Sono marchi con i quali i negozianti si sentono protetti: D. Exterior, per esempio, ha fatto la scelta di non essere mai distribuito online ed è stato molto premiato. Inoltre le collezioni presentano un rapporto qualità/ prezzo corretto nel premium, mentre soffre la fascia molto alta. Noi siamo sostenuti dalla nostra strategia di lungo periodo per i marchi in portafoglio, non “mordi e fuggi”. Per questo sono positiva sulla campagna vendite, la cui chiusura è prevista a metà ottobre. Beneficiamo anche del fatto che il 50% del fatturato è legato ai mercati esteri, incluse aree non scontate come Ucraina, Russia e Medio Oriente. Preoccupa invece l’Italia: diversi multimarca sono in affanno. Chi ha puntato molto sulle vendite online ha giocato una partita rischiosa e si trova bloccato. Cosa andrà per la maggiore la prossima estate? Nulla di basico, solo proposte speciali, made in Italy e in fibre naturali. La domanda sembra particolarmente orientata agli abiti, tra cui quelli di Sara Roka Interdee e Paperlace
WIVIAN’S FACTORY
Il sell out dei negozi multimarca resta deludente e continua a impattare sugli acquisti nelle showroom per la prossima stagione: anche Wivian Bodini, titolare della showroom milanese Wivian’s Factory, non può che registrare il momento critico del wholesale: «Siamo in leggero ritardo con l’acquisizione ordini per la SS26, anche se prevediamo di recuperare nelle prossime settimane - spiega -. I clienti stanno soffrendo, sono molto cauti e oculati nelle scelte, preferendo puntare sui marchi che danno maggiore garanzia e sicurezza, come K-Way The North Face, Timberland e Tommy Hilfiger Difficile che in ambito sportswear introducano qualcosa di nuovo, se questo non offre davvero un valore aggiunto». Sul fronte delle proposte fashion, la crisi della domanda si fa sentire di più: «Ci sono collezioni bellissime, come quella di Alessia Santi, che pur andando bene meriterebbero crescite più sostanziose. Purtroppo anche i saldi ormai non riescono a salvare il business dei negozi, che giocoforza si sbilanciano molto meno rispetto al passato». Wivian’s Factory ha però deciso di giocare in attacco, nonostante il momento down del mercato: da un lato sono stati introdotti marchi come Reebok, Palm Angels e Umbro, dall’altro è stata progressivamente ampliata la sfera di competenza a tutto il Nord Italia e alla Sardegna. «Ci stiamo muovendo in anticipo - conclude Bodini - in vista dei prossimi 10 anni. Non tanto sul fronte dell’offerta, quanto su quello del servizio. Credo che lì si giocherà la vera partita. E la tecnologia potrà dare una mano».
Scegliere a quali rassegne di settore partecipare è sempre più complesso. Visitare un evento piuttosto che un altro comporta investimenti e budget che non si possono più spendere a cuor leggero. Trascorrere alcune giornate lontani dalla propria attività, magari in periodi già scelti per le ferie programmate, deve avere un valore reale in termini di ritorni a livello di business, tra cui valide occasioni di networking e scouting di nuovi brand. I saloni devono anche essere fonte di nuova ispirazione e, in generale, offrire possibilità di arricchimento professionale e personale.
di MARIA CRISTINA PAVARINI
Abbiamo chiesto agli organizzatori di alcune manifestazioni internazionali - che presentiamo secondo una roadmap da agosto a settembre - perché è importante visitare le loro fiere focalizzate su abbigliamento, calzature e pelletteria. Ecco le loro risposte.
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Quali saranno le novità della prossima edizione del vostro salone?
Potreste svelarci quale sarà la chicca imperdibile dell’evento?
Considerando che la vostra fiera potrebbe coincidere con le vacanze estive o con un break già programmato, perché un buyer dovrebbe rinunciare a un periodo di riposo per visitarla?
SOFIE DOLVA
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La prossima edizione di Ciff offrirà più spazio ai designer emergenti e alle collaborazioni stimolanti tra moda, arte, design e tecnologia. Ci stiamo focalizzando maggiormente sulla sostenibilità - di prodotti ed esperienze -, dalle installazioni allo storytelling. Aspettatevi nuovi format di networking e integrazione digitale, per migliorare i contatti tra acquirenti e venditori, oltre ad attivazioni immersive che riflettono l’evoluzione in corso.
2 Ci saranno due hot topic: un’atmosfera unica, dove la creatività incontrerà il commercio in un ambiente stimolante, e Cphfw New Talent, un’area dedicata ai talenti scandinavi più interessanti. Installazioni dinamiche, conferenze, spazi di ristoro e aree di networking offriranno un’esperienza che va oltre le aspettative tradizionali verso una fiera commerciale. I visitatori torneranno a casa con nuovi contatti e idee fresche.
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Ciff è l’occasione perfetta per unire lavoro e ispirazione Copenhagen in estate è vivace e la fiera riflette questa atmosfera. Per i professionisti del settore questo è più di un semplice salone: è un’occasione per riconnettersi, scoprire le prossime tendenze in un ambiente stimolante e incontrare i principali attori del mercato in un’atmosfera rilassata, ma professionale. Qui c’è il meglio del design, della cultura e della scena culinaria della città. Sarà un momento clou sia per l’attività che per l’ispirazione personale degli addetti ai lavori.
CLARA LEONE
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La nostra fiera è una piattaforma professionale, ma accogliente. Offre un mix curato dei migliori marchi scandinavi e internazionali di abbigliamento per uomo e donna. La nostra showroom riservata ai buyer offre un ambiente intimo e mirato, dove si fa business in un contesto rilassato e di qualità. In un momento in cui tutto sta diventando generico, preferiamo essere piccoli, curati e specifici, trasmettendo ai nostri buyer un messaggio chiaro e di forte impatto.
2 Copenhagen sta esercitando una crescente influenza sulla scena mondiale del settore. Continueremo a sfruttare la sua atmosfera unica, dove la moda si fonde con arte culinaria design e musica, creando un ambiente dinamico e diverso da qualsiasi altro. Oltre a offrire tre giorni ricchi di eventi e ristorazione gratuiti, il famoso food influencer Mati Pichci di Amator curerà la nostra proposta gastronomica unica con un tocco creativo d’atmosfera. Dopo la cena di apertura, ci sarà un esclusivo afterparty con l’iconico DJ Hell di Berlino, una leggenda all’incrocio tra musica e moda.
3 Comprendiamo che agosto è un periodo di vacanze per molti, ma queste date fanno parte nel calendario di Copenhagen da oltre 20 anni. In un settore in rapida evoluzione, rimanere al passo con i tempi non è più facoltativo. A differenza dei calendari serrati di Parigi o Milano, Copenhagen offre un’esperienza urbana rilassata, perfetta per incontrare marchi rilevanti e vedere il miglior streetstyle al mondo. Oggi essere professionali può significare ritagliarsi qualche giorno di lavoro durante le vacanze.
At Magic
EDWINA KULEGO
MAGIC/PROJECT, LAS VEGAS • 18-20 AGOSTO
1 Il Magic di agosto ospiterà il primo Retail Solutions Center, una sezione a supporto dei retailer che presenterà specialisti nelle soluzioni di pagamento, nei servizi di spedizione, nei sistemi di sicurezza e nelle tecnologie per il retail. La location offre anche uno spazio lounge per incontri one-to-one, happy hour di networking e rinfreschi per tutto il giorno, creando un ambiente ottimale per il business.
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Da segnalare a questa edizione una sfilata dei look più innovativi di chi espone a Magic, informazioni sui nuovi trend e sezioni curate per semplificare la scelta nell’acquisto di abbigliamento, calzature e accessori da donna. Project si svolge contemporaneamente e offre brand di moda, calzature e accessori maschili contemporary. Darà il via all’evento un torneo di golf il giorno prima dell’apertura del salone, domenica 17 agosto, offrendo ai partecipanti opportunità di networking
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Magic e Project Las Vegas sono piattaforme pensate per incontrare e stringere partnership con buyer da tutto il mondo, ampliare la distribuzione e incontrare player a livello internazionale in soli tre giorni. I negozianti, a loro volta, potranno conoscere per primi le tendenze future visitando gli stand di migliaia di marchi, e prenotare il loro campionario stagionale al momento giusto, tutto in un’unica location
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IFCO, ISTANBUL • 20-22 AGOSTO
Ifco (International Fashion Connection) torna per l’ottava edizione, dopo avere ospitato nella scorsa edizione di febbraio oltre 34mila professionisti da 150 Paesi. I visitatori vivranno un’esperienza rinnovata e ampliata grazie a una Trend Area ripensata sfilate di moda d’impatto e seminari su temi chiave come sostenibilità, trasformazione digitale, innovazione nel design e nel branding. Anche la sezione The Core si amplierà, mettendo in primo piano le collezioni premium di marchi turchi di alta gamma. La fiera si evolve e diventa un punto d’incontro strategico per la moda globale, richiamando una comunità internazionale sempre più ampia e diversificata.
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L’highlight sarà l’opportunità di vedere dal vivo il livello d’eccellenza creativa e produttiva della Turchia. Sesto fornitore mondiale di prêt-à-porter e terzo per la UE, il Paese sta diventando punto di riferimento globale per qualità e design. Ifco riunirà buyer internazionali di alto profilo, aprendo le porte a partnership strategiche e alla crescita del business su scala mondiale. Non è una semplice fiera, ma un’occasione unica per incontrare decision maker, esplorare nuove collezioni e scoprire un potenziale di fornitori inesplorato in uno degli ecosistemi della moda più dinamici al mondo.
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Ifco è più di una fiera: è una piattaforma tra commercio, creatività e strategia globale Il salone si svolge a Istanbul, vivace capitale culturale che offre affari e svago, opportunità senza pari nel settore, ma anche un ambiente stimolante per un viaggio estivo. Invece di scegliere tra lavoro e vacanza, Ifco permette di combinare entrambe le cose, facendo networking di giorno ed esplorando la città di sera.
MIPEL, MILANO • 7-9 SETTEMBRE
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L’edizione di settembre di Mipel, con i suoi allestimenti colorati e allegri, ospiterà iniziative come l’Area Trend. The Italian Startup Project. Realizzata con Ice e Maeci, mostrerà alcuni brand italiani promettenti grazie alle loro idee originali e interessanti, per la volontà di incontrare le richieste del mercato. Ritorna Showcase dedicato a brand di moda e design che si distinguono per innovazione, creatività e ricerca. Alcuni live streamer internazionali animeranno delle live shopping session presentando e vendendo prodotti di marchi in fiera dal vivo tramite i loro canali social.
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La vera chicca sarà Mipel Factory, un progetto che ha esordito a febbraio con grande successo. Questo spazio ricrea un laboratorio di produzione di pelletteria. Qui il pubblico può osservare da vicino alcune fasi della realizzazione di piccoli oggetti in pelle. Protagonisti sono macchinari all’avanguardia dotati di sistemi di visione automatica e AI, capaci di riconoscere i prodotti e programmare autonomamente i percorsi di lavoro. Il progetto mira a valorizzare il know-how del comparto e l’evoluzione delle tecniche produttive, preservando e potenziando l’eccellenza artigianale italiana Networking, dj set e cocktail renderanno quest’area ancora più interessante.
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Mipel svela in anteprima assoluta le nuove collezioni e le tendenze della prossima stagione. Per gli operatori è un appuntamento imprescindibile per scoprire le ultime novità di pelletteria e accessori moda, confrontarsi con i principali brand e designer e costruire relazioni attraverso un networking qualificato.
MICAM MILANO, MILANO • 7-9 SETTEMBRE
1 ll prossimo Micam celebrerà la 100esima edizione. In questo momento storico straordinario per il salone ci sarà, tra le principali iniziative, il nuovo palinsesto Micam Next, con seminari su tematiche quali e-commerce, new tech design della scarpa, AI e molto altro. Tornerà Future of Retail, area dedicata alle soluzioni innovative per il punto vendita, insieme a Trends & Materials, sezione collegata alla Buyer’s Guide, la nostra guida che aiuta i buyer a ottimizzare gli acquisti e ridurre l’invenduto, realizzata in collaborazione con Livetrend Il salone si occupa anche di digitalizzazione, tecnologie avanzate per produttori e retailer, oltre a formazione e designer emergenti.
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Fiore all’occhiello sarà la mostra 100 Steps into the Future dedicata alle 100 edizioni di Micam. Ripercorre l’iter di un evento unico, che ha accompagnato espositori e aziende di pari passo con i cambiamenti del costume e del mercato. I visitatori rivivranno la storia di Micam e della moda della calzatura nell’arco di oltre mezzo secolo secondo le evoluzioni del gusto, dello stile e della tecnologia attraverso immagini iconiche.
3 Micam 100, attraverso le sue 100 edizioni, è riuscito confermare la sua unicità nel settore calzaturiero. A settembre si celebra un doppio anniversario: oltre ai 50 anni di Micam, festeggiamo gli 80 anni di Assocalzaturifici, rendendo questo traguardo ancor più importante. All’inaugurazione parteciperà il Ministro Urso e ci sarà l’annullo del Francobollo Ordinario dedicato a Micam 100. I buyer in visita da oltre 150 Paesi potranno scoprire in anteprima le collezioni di 1.000 brand da tutto il mondo, oltre a quelle provenienti dai distretti manifatturieri italiani Micam 100 offre business, cultura e innovazione e segna l’inizio di un nuovo secolo per il nostro salone.
WHITE, MILANO • 25-28 SETTEMBRE
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White presenterà brand da Cina Colombia Africa ed Europa. Per la prima volta ci saranno alcune proposte di White Resort, già protagonista dell’edizione di giugno. Questo segmento in forte espansione unisce lusso, comfort e praticità, oltre a offrire nuove opportunità al settore. Tornerà Inside White, area dedicata ad accessori e abbigliamento di nuovi talenti e start-up promettenti. Questo mix di novità internazionali insieme ai brand consolidati, garantirà un’esperienza ricca e variegata
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Ospiteremo Clara Pinto, un marchio di Londra che prende il nome dalla designer argentina che l’ha fondato.
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Fin dalle sue prime edizioni White si svolge durante la Fashion Week e attrae un numero importante di buyer internazionali Sono di altissimo livello e provengono dalle migliori boutique e department store mondiali, presenti anche grazie al sostegno di Ice Il nostro team offrirà un supporto altamente personalizzato ai buyer, studiando in anticipo i brand più adatti a ciascuna boutique o department store. Questa attività di matchmaking, già sperimentata in passato, permette al team di White di suggerire le collezioni più in linea con le esigenze di ogni compratore. Grazie a questa visione guidata e su misura White ha contribuito alla finalizzazione di accordi commerciali in maniera reale e offerto un supporto concreto alle aziende espositrici. La fiera offrirà un’esperienza unica, ricca di contenuti freschi e stimolanti, confermandosi una piattaforma in evoluzione costante, studiata per rispondere alle nuove sfide del mercato.
Sarà distribuita in esclusiva dallo Showroom Guffanti la nuova collezione Aleksander Revas all’insegna della sostenibilità che debutterà con la primavera-estate 2026.
«Niente di elegante, bello o alla moda è il risultato di distruzione, ignoranza o sfruttamento»: il credo di Aleksandru Mănescu - direttore creativo di Aleksander Revas - è il motore di ogni collezione, il motto che guida la creatività e la scelta dei materiali, con l’obiettivo di favorire il benessere di chi ne indossa i capi. Non fa eccezione Vespera, la nuova linea di abbigliamento femminile per le occasioni speciali firmata dal brand rumeno guidato da Mănescu insieme a Corina Maneaentrambi psicologi - e acquistabile a partire dalla prossima stagione estiva. Una linea che dal punto di vista estetico ripropone la narrativa dell’incontro degli opposti - lo stile tradizionale e il gusto contemporaneo - per evocare una semplicità
sofisticata, suggerire l’eleganza senza urlarla, proporre outfit senza tempo capaci di valorizzare la silhouette senza costrizioni. Al cuore della collezione, materiali naturali premium come lana impalpabile, shantung e chiffon di seta per un “lusso responsabile” - ogni tessuto proviene da produzioni certificate, allineate ai valori di responsabilità ambientale - dove la sostenibilità non scende a compromessi con la qualità. Distribuita in esclusiva dallo Showroom Guffanti, la collezione Vespera si rivolge a boutique multibrand che desiderino ampliare la propria offerta eveningwear con una proposta di “eleganza sostenibile”. Cosa si intende? Quello che fa l’azienda di Bucarest è un invito: un invito ad
abbracciare un nuovo fashion standard dove bellezza, sartorialità e coscienza ambientale coesistano senza soluzione di continuità. Un lusso responsabile che rispetta l’ambiente e il comfort di chi lo indossa. La proposta del marchio, infatti, è dedicata alle donne che scelgono gli abiti per sentirsi belle e a proprio agio nel corpo. «Per me – spiega Mănescu – il benessere di una donna è più importante di come le stanno i miei capi. Non voglio essere l’artista che ha una visione del mondo radicale e un messaggio da veicolare che non tiene conto delle persone che compreranno i suoi abiti. L’aspetto principale per me è che l’esperienza di indossare le mie creazioni sia piacevole e sensoriale. Tutto comincia sempre da una domanda: come si sentirà quella donna?».
L’onda Miu Miu è stata molto forte, ma sembra ormai in declino. Per il womenswear la SS26 è caratterizzata da sottili cambiamenti nelle proporzioni, nei toni e nella presentazione. «La donna sta “crescendo”», scrive Elena Kirioukhina, esperta di moda che ha lavorato a lungo da Saks Fifth Avenue
Sì, è presto per parlare della stagione donna SS26. La maggior parte degli analisti aspetta le sfilate di settembre per fare un’analisi. Ma credo che valga la pena iniziare la conversazione ora, perché le pre-collezioni sono più importanti che mai. Sono loro a trainare il business. Quello che una volta era un momento tranquillo, dietro le quinte, è diventato la spina dorsale degli acquisti al dettaglio. In alcuni casi, il rapporto tra gli acquisti delle pre-collezioni e quelli delle collezioni presentate in passerella raggiunge un 90%. Ecco perché tutto ruota attorno a: 1. Tempismo Le consegne delle collezioni presentate in passerella spesso arrivano troppo tardi, lasciando ai negozi solo pochi mesi (a volte settimane) per vendere i capi a prezzo normale.
2. Instabilità In un clima imprevedibile per il prêt-à-porter, le pre-collezioni sembrano più concrete, indossabili e immediate.
3. La fine delle “tendenze universali” Viviamo in un’era della moda frammentata. Sono finiti i giorni in cui un singolo capo, come la minigonna, le spalline o i tacchi a spillo, definiva un decennio. Oggi le tendenze non si diffondono dall’alto verso il basso, ma lateralmente. Prima di Internet, la moda era un processo verticale: designer → editori → rivenditori → consumatori. Quella gerarchia non esiste più. Tutti giocano contemporaneamente. I social media hanno riscritto le regole. E le passerelle diventano sempre meno importanti, non per i media di moda, ma per
i clienti reali. Le tendenze non si traducono in vendite, a meno che non siano pratiche e riconoscibili. Molte donne non sono più interessate a “seguire le tendenze”. Anche la Generazione Z, il presunto motore delle tendenze, sta bypassando la moda dei designer per ciò che circola nelle reti dei propri coetanei su TikTok, Instagram e altre micro-piattaforme. E queste “micro-tendenze” possono cambiare ogni settimana.
Cosa significa questo per i marchi? Per prosperare in questo ambiente, i brand devono ripensare tutto il loro ciclo:
- Finestre di vendita più lunghe (la pre-collocazione aiuta).
- Prodotti mirati e riconoscibili.
- Una comprensione più profonda di come vivono realmente i clienti.
- Una visione più acuta e lungirmirante di ciò che resterà e perché.
Entro settembre, le previsioni sulle tendenze saranno ovunque, ma la maggior parte si concentrerà su mode “passeggere”. Per questo sono più interessata ai segnali reali, ai cambiamenti silenziosi che indicano la direzione della moda. Parliamo dunque della pre-collezione SS26. Innanzitutto, ciò che è molto evidente nel 2025 è che la presentazione visiva delle pre-collection è cambiata. Le pre-collezioni erano strumenti per la vendita all’ingrosso: lookbook puliti, chiari, da showroom. Oggi si sono evolute con campagne completamente stilizzate, complete di scenografia, archi narrativi e finiture editoriali. È fantastico per Instagram, ma solleva domande concrete per gli acquirenti: è una gonna o un paio di pantaloncini? Di che tessuto è fatto? Come appare quando la modella è ferma? I marchi stanno creando coerenza nella narrazione visiva, ma a volte a scapito della chiarezza. Non credo che questa sia la direzione giusta. Tuttavia, questa è la nuova realtà. Cosa cercano di dire queste storie?
Ecco i segnali chiave e i cambiamenti più significativi dalle pre-collezioni SS26: 1. L’onda Miu Miu sta calando: l’atmosfera giocosa da “scolaretta” - calzini, minigonne, maglie corte - sta perdendo terreno. Al suo posto vediamo silhouette strutturate e ma-
ture con radici anni ‘80. La collezione FW25 di Saint Laurent è un chiaro riferimento. Lemaire, Chloé e altri stilisti puntano sulla modellatura delle spalle e sulla definizione della parte superiore del corpo. Il mood sta passando dal “cute” alla sicurezza del “cool”, con un tocco di ironia.
2. I pantaloni a zampa d’elefante stanno guadagnando posizioni: inaspettati, giocosi e dal taglio deciso.
3. Tornano gli abiti a tulipano. Un altro revival anni ‘80: sì ad abiti arrotondati e scultorei, voluminosi e femminili, come evocato dalla nuova Celine. Aggiungete dei collant colorati e il look rétro-moderno è al completo.
4. Le cinture sono tornate alla grande. Da quelle sottili a quelle oversize, si trovano ovunque. Sono funzionali, perché danno forma e struttura, ma anche d’impatto visivo, perché spezzano il volume e incorniciano la silhouette. Zimmermann, Moschino e Khaite stringono tutti la vita in questa stagione.
5. Pantaloni cropped a gamba larga: questa tendenza non proviene dalla moda resort femminile, ma dalla collezione maschile di Dior. I pantaloncini cargo voluminosi che richiamano gli abiti Delft di Dior degli anni ‘40 hanno fatto scalpore. Aspettatevi pantaloni cropped a gamba larga e modelli cargo anche nella moda femminile SS26 (per molti marchi).
6. Decorazioni. Con le collezioni resort ancora fortemente incentrate sul prêt-à-porter, dovremo aspettare settembre per avere un quadro più completo su scarpe e borse. Ma i primi segnali indicano un dettaglio chiave: Ciondoli pesanti ed elementi decorativi sono ovunque, dalle tracolle delle borse ai sandali. Eppure, sotto il rumore massimalista, sta emergendo qualcosa di più raffinato: detto altrimenti, la donna sta “crescendo”. L’orientamento è verso giacche più ampie, pantaloni più “isituzionali”, abiti stratificati e, sì, meno calzini. Un’ultima riflessione. La SS 2026 non sarà definita da una sola tendenza, da un solo marchio o da un solo “momento”. Si preannuncia invece come una stagione di maturità e di auto-editing, in cui sottili cambiamenti nelle proporzioni, nei toni e nella presentazione diranno più di qualsiasi hashtag. Restiamo a guardare. La vera storia sta per iniziare. ■
Facile scoprire quali articoli abbiano venduto bene, difficile prevedere i futuri best seller. Oggi l’intelligenza artificiale ribalta questa regola. Lo dimostra Livetrend, start-up fondata da Barbara Maiocchi e Pierre Bernat, che utilizza l’AI e i Big data per analizzare in tempo reale più di 3 milioni di immagini su Instagram, oltre 100mila prodotti negli e-commerce e 20mila look a stagione presentati durante le settimane della moda. In questo modo riesce a studiare e anticipare le tendenze - come ha fatto per noi di Fashion a proposito della SS26 - fornendo una preziosa bussola a brand e retailer. Le immagini di queste pagine sono state interamente create con l’AI da Livetrend.
I grafici in queste pagine mostrano l’evoluzione delle tendenze di colori e stampe a livello globale negli ultimi due anni e mezzo, calcolate in base alla percentuale di ciascun colore o stampa all’interno dell’intera gamma globale
La Primavera-Estate 2026 evidenzia un desiderio di autenticità e calore, che si traduce in ricche tonalità terrose e in morbide sfumature minerali. Le nuance del marrone occupano il centro della scena, mentre i blu trasmettono un senso di leggerezza e tranquillità. I rosa e i rossi si fanno portavoce di una femminilità audace ma riflessiva. Quanto ai verdi, parlano di una tranquilla vitalità, trovando un punto d’incontro fra il mondo organico e quello moderno. I gialli, luminosi ma sofisticati, irradiano un ottimismo senza eccessi. La tavolozza di questa stagione è dunque tattile e poetica: unisce la nostalgia alla moderazione, il naturalismo al lusso e la leggerezza a un senso di forza.
L’evoluzione delle fantasie
Animalier
A quadri
Floreali
A righe
Dopo diverse stagioni dominate da monocromie e minimalismo, nella Spring-Summer 2026 le stampe sono protagoniste di una rinascita, Si avverte una rinnovata attenzione per le texture d’impatto visivo, con una storia alle spalle, e per le disegnature delicate. Le righe continuano la loro traiettoria ascendente esprimendo una nuova versatilità, frutto di un mix fra nitidezza e naturalezza. Riprendono quota i motivi floreali, superando i cliché stagionali per incarnare un nuovo romanticismo nostalgico, sfumato e che emana serenità. Si evolve il concetto di animalier, traendo ispirazione dal mantello delle mucche ma anche dalla fauna selvatica e amalgamando rusticità e raffinatezza. Da notare inoltre il ritorno delle stampe a quadri, sinonimo di un’energia giocosa, aggiornate grazie a influenze preppy e all’utilizzo di colori pastello. Generalmente piccole ma di carattere, le quadrettature mettono in pausa il rigido minimalismo e aprono le porte del guardaroba a morbidezza, movimento e una nuova personalità.
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In un mercato saturo e scandito dalla volatilità dei prezzi dei metalli, i brand emergenti del gioiello puntano sulla conquista dell’estero e sulle co-lab. Diversificazione e personalizzazione, unicità nel design e nell’esperienza di acquisto, una produzione Made in Italy e la capacità di costruire una community sono i requisiti più forti su cui investire. Fashion magazine ha interpellato quattro brand giovani, ma già affermati nel settore - Lil Milan, Luca Cantarelli jewels, Lag World e 12Pm -, che delineano i progetti di sviluppo e gli obiettivi per la loro crescita futura, nonostante le crescenti difficoltà che si trovano quotidianamente ad affrontare.
di ALICE MERLI
Portare Lil Milan fuori dall’Italia non è solo un sogno per Veronica Varetta. Dopo aver celebrato il decimo anniversario nel 2024, il brand vuole conquistare una nuova fetta di clienti in Europa. «Fin dall’inizio volevo creare gioielli sottili, eleganti, portabili e realizzati solo con un metallo nobile, l’oro - racconta -. Oggi lavoriamo con Germania, Francia, Svizzera e Stati Uniti e la nostra visibilità è aumentata, da quando una delle protagoniste della serie The White Lotus ha indossato alcune nostre creazioni. Stiamo valutando investimenti oltreconfine, pensando a quale Paese possa darci il migliore risultato, soprattutto dopo i pop-up testati su Londra». Lil Milan vende attraverso l’e-commerce lilmilan.com, attivo in tutto il mondo, e la Lil House, situata al 36 di via Donizetti. La manifattura è realizzata per l’80% a Milano, il resto tra Valenza e Vicenza. Quanto conta oggi il fatto che un gioiello sia prodotto in Italia? «Per gli italiani poco, per gli stranieri tanto - risponde la founder e ceo dell’azienda -. La maggiore difficoltà che stiamo riscontrando nell’industria è l’aumento del prezzo dell’oro, che dal Covid e dallo scoppio della guerra in Ucraina continua a crescere». Per ritagliarsi un posto nel mercato serve perseveranza: «Non basta un buon prodotto, che deve invece differenziarsi e trovare una propria voce, anche sui social. Il buyer e il consumatore cercano uno storytelling che stimoli l’acquisto». Lil Milan ha lanciato anche il brand Âgée, che strizza l’occhio alla circolarità, dando nuova vita a gioielli d’epoca e vintage attraverso il restauro.
«Riscoprire e sostenere le realtà artigianali locali, che stanno lentamente scomparendo, divorate dalle produzioni su larga scala all’estero, è un dovere e un piacere». Luca Cantarelli, co-founder insieme a Chiara Avezzù di Luca Cantarelli jewels, spiega con queste parole l’importanza del territorio per il suo brand Made in Italy, nato nel 2021, che prende vita tra Valenza e Milano, grazie alla collaborazione con laboratori di medie dimensioni. «Il mercato è un enorme mostro, avere la presunzione di domarlo continuamente credo sia una vera utopia - spiega -. Abbiamo bisogno di curare l’identità e della differenziazione». In questo momento storico «il buyer ha un rapporto compulsivo e veloce con l’acquisto. Siamo tutti un po’ anestetizzati e poco consapevoli di ciò che compriamo: troppo di tutto, poca qualità e poca consapevolezza. Credo che si tornerà a cercare la qualità». Il brand, che unisce codici sportivi, vintage e colore, è realizzato in argento 925, smalti colorati e pietre naturali ed è distribuito su lucacantarellijewels. com. Per il 2026 saranno varati dei co-branding. «Fin dall’inizio - conclude Luca Cantarelli - ho voluto impostare il progetto come marchio di fashion bijoux d’autore, accompagnato da uno storytelling personale. In Italia, e in particolare a Milano, il mondo del gioiello, soprattutto quello dei designer emergenti, non è supportato da alcuna istituzione. Esiste una differenza abissale in termini di occasioni, eventi e opportunità, rispetto a ciò che viene offerto ai giovani talenti della moda».
Milano è la città dove è nato Lag World e dove si trova la sua community più attiva. Per questo il brand ha scelto il capoluogo per aprire, lo scorso giugno al 26 di viale Regina Giovanna, Casa Lag, il suo primo flagship store. «Lavoriamo alla crescita internazionale, perché il mio sogno è espandere Lag World all’estero - spiega il fondatore Luigi Antonio Giaretti -. In Italia siamo in Rinascente e in alcune selezionate boutique». Il brand, nato a fine 2021, propone gioielli minimal, audaci e genderless, realizzati in argento 925, ad eccezione dei pezzi più pesanti. «Vogliamo essere inclusivi - precisa Giaretti - e creare una connessione tramite l’espressione individuale, non attraverso categorie. Chi indossa i nostri gioielli deve sentirsi se stesso». Essere un designer emergente non è semplice: «Ogni giorno nascono nuovi brand. È fondamentale avere qualcosa da dire o, almeno, comunicarlo in modo autentico e originale. Il prodotto da solo non basta: servono una visione chiara e una narrazione coerente. L’utente finale cerca sempre più di sentirsi parte di qualcosa. Vuole acquistare un oggetto, ma anche entrare in una community che rifletta i suoi valori». Lag World produce in Italia e all’estero: «Il Made in Italy per noi ha un grande valore, ma per garantire accessibilità a una fascia più ampia di pubblico ci affidiamo anche a fornitori internazionali, sempre con elevati standard qualitativi».
«In futuro vorrei crescere in Asia e in Giappone. Tokyo è una delle città più magiche e “sognanti”». Per il suo 12Pm Michela Trento ha le idee chiare: potenziare la rete estera, accanto ai clienti già attivi a Boston e a Parigi e al network di dieci store dislocati in Italia. I gioielli sono realizzati a mano dagli artigiani toscani. «Il mercato cerca unicità. Per questo conta produrre in Italia un gioiello fatto a mano - dice -. Se da un lato il cliente vuole un modello personalizzato, dall’altro i negozi mirano ad avere pezzi esclusivi da vendere. È necessario anche offrire un’esperienza attraverso lo storytelling: oltre il prodotto deve scaturire un’emozione». Il marchio nasce durante la pandemia e ruota attorno alla storia di Amina e Karbo, due personaggi che possono incontrarsi solo per 12 ore una volta l’anno alle ore 12. «Volevo usare materiali poveri, come ottone e bronzo, per realizzare un prodotto di prezzo accessibile - spiega Michela Trento -. Utilizzo dei trattamenti con l’oro e il palladio per renderli più opachi e ricreare gioielli antichi. Sono modelli che adornano, come quelli di un tempo». Tra i best seller spiccano la collana Athena, che veste come un accessorio e l’anello Dioniso in bronzo, dalla forma ovale. «Sono anni difficili - conclude - e il mercato è saturo. Io non seguo le mode: avere un brand di nicchia è sicuramente un punto di forza e un’opportunità».
Il gruppo orafo da 280 milioni di euro di ricavi, che celebrerà 100 anni nel 2026, esclude per il momento l’entrata di soci. In apertura a ottobre un maxi stabilimento green ad Arezzo, a fianco dell’attuale sede. «I dazi di Trump e il rally dell’oro pesano sul mercato dei preziosi. Nel nostro mirino la crescita nel Far East», sottolinea la presidente.
di ALICE MERLI
La volontà di rimanere una realtà indipendente, lo sviluppo della capacità produttiva in Italia, la crescita sui mercati asiatici. Unoaerre Industries è pronta a celebrare i 100 anni nel 2026 con obiettivi ambiziosi, forte di una storia di artigianalità e tradizione. Con un fatturato oltre i 280 milioni di euro, l’azienda orafa aretina guidata dalla famiglia Squarcialupi lavora annualmente 13 tonnellate di oro e altrettante di argento, rappresentando una delle realtà più importanti nel mondo gioielliero. Entro l’anno inaugurerà un nuovo stabilimento green che sarà dedicato a Unoglam, divisione della società dedicata ai metalli non preziosi, nata nel 2024 e attiva nei segmenti delle catene di ottone e
dei servizi di prototipazione e produzione di bijoux per moda e pelletteria. Al centro dei piani permane la sostenibilità. Oltre a garantire la tracciabilità dell’oro nella supply chain, l’azienda ha adottato pratiche per minimizzare l’impatto ambientale, come l’uso di fonti energetiche rinnovabili, il riciclo dei materiali e la gestione ottimizzata delle risorse idriche e delle emissioni. Sul fronte espansione, lo sguardo è rivolto verso il Middle e Far East. I progetti e la congiuntura macroeconomica vengono raccontati dalla presidente Maria Cristina Squarcialupi, rappresentante della seconda generazione di famiglia, che è anche numero uno del Club degli Orafi Italia e vicepresidente di Federorafi con delega alla sostenibilità.
Nel 2026 Unoaerre compirà 100 anni. Cosa rappresenta questo traguardo? È un grande orgoglio. Posso dire che di imprese orafe così storiche ce ne sono poche in Italia. L’azienda è stata fondata con lo spirito di arrivare a un prodotto industrializzato fatto da artigiani, con l’obiettivo di rendere accessibile la gioielleria. Un intento che pensiamo di avere raggiunto, se pensiamo che circa il 70% dei matrimoni in Italia vengono celebrati con le nostre fedi. Abbiamo più punti di forza. Siamo totalmente Made in Arezzo, facciamo tutto internamente, dalla fusione del metallo alla finitura, e ci riforniamo da Chimet-Chimica Metallurgica Toscana (che confluisce per il 72% nella holding di famiglia Zeor, insieme al 100% di Unoaerre, ndr), che recupera gli scarti di lavorazione. La produzione della quasi totalità dei prodotti è infatti in oro riciclato. Sempre attraverso Unoaerre forniamo conto terzi i grandi gruppi del lusso e la gdo. In primo piano anche la tracciabilità dei metalli e il nostro impegno green: quest’anno pubblicheremo il quinto bilancio di sostenibilità.
Lei rappresenta la seconda generazione della famiglia. State valutando l’entrata di soci investitori o rimarrete indipendenti?
Le nostre aziende sono sane e non abbiamo bisogno di capitali esterni. L’idea in questo momento non c’è, ma non posso escluderla per il futuro. Sia io che mio fratello abbiamo figli giovani, dipenderà se vorranno intraprendere questa strada.
Amplierete la capacità produttiva?
Sì, da ottobre sarà operativo uno stabilimento di 4.900 metri quadrati, a fianco di quello già esistente e operativo ad Arezzo. Sarà destinato al non prezioso di Unoglam. La-
sceremo più spazio alla produzione di metalli preziosi nella nostra sede attuale. La nuova struttura sarà certificata Leed Gold (riconoscimento che attesta che un edificio è stato progettato e costruito con elevati standard di sostenibilità ed efficienza energetica, ndr).
Come vanno i conti della società e che difficoltà state riscontrando nei mercati?
Unoaerre Industries ha archiviato il 2024 a 280 milioni di euro di ricavi e saremmo contenti di riuscire a rimanere stabili nell’esercizio in corso. I primi sei mesi del 2025 hanno tenuto, ma ci aspettiamo un calo per il prossimo semestre. Siamo di fronte a una crisi geopolitica e tra le criticità maggiori c’è il prezzo record dell’oro. Per questo facciamo ricerca anche su altri materiali, senza dimenticare Trump, che minaccia nuovi dazi ogni giorno.
Che progetti avete a livello internazionale?
Vendiamo in 40 Paesi e abbiamo sedi commerciali a Tokyo e a Parigi. Anche il mercato americano è importante: gli Usa sono uno dei principali Paesi per l’export di gioielleria italiana. Lavoriamo molto bene in Europa ed Estremo Oriente, presidiamo tutta la zona di Giappone, Vietnam e Corea. L’obiettivo è sempre raggiungere altre nazioni e cerchiamo di farlo con gli strumenti messi a disposizione dal governo insieme a Ice, ad esempio incontrando nuovi buyer di Middle e Far East.
Il gioiello è ancora un bene rifugio?
Lo è diventato ancora di più. I Paesi latini sono sempre stati legati alla cultura dell’oro, fin dall’antichità. C’è un ritorno alla tradizione e il consumatore ricerca marchi che abbiano nel dna valori, principi e una brand reputation.
Quali le maggiori tendenze di prodotto?
Si cerca di realizzare articoli più leggeri e di sperimentare nuove tipologie di materia prima. Sottolineo anche un ritorno al platino, che costa meno.
Quanto siete attivi nella formazione?
Non abbiamo un’Academy interna ma tanti giovani nello stabilimento, che vengono accompagnati in un percorso formativo ad hoc, affiancati dai nostri esperti artigiani. Accogliamo molti ragazzi in stage, collaborando con gli istituti tecnici di Arezzo. C’è una difficoltà di scelta, legata a un mestiere d’arte, e i ragazzi tendono a proseguire gli studi. Dal canto nostro, ci impegniamo a rieducare le famiglie al valore del lavoro artigianale, sostenendo la continuità generazionale e il futuro del comparto orafo in Italia. ■
e distintivo»
Eugenia Kim è una delle stiliste più chic di New York. I suoi cappelli sono diventati un must-have per le donne della città che non dorme mai. I modelli che lei crea - tra cui Mirabel, indossato da Lauren Sánchez Bezos a Venezia - sono diversi dagli altri, come le persone che abitano nella metropoli americana. Alcuni sono pratici e compatti, altri grandi e audaci: ma tutti si connotano come veri statement piece.
di LAUREN LEVESQUE
Tutto è iniziato con un brutto taglio di capelli. Nel 1998, dopo un appuntamento piuttosto traumatico dal parrucchiere, Eugenia Kim ha creato un cappellino a cloche con piume, per coprire un’acconciatura che proprio non le piaceva. Oggi è diventata una delle stiliste più chic di New York. È famosa per i suoi cappelli, in particolare i modelli Mirabel e Sunny. Ma la collezione comprende anche abbigliamento sportivo - tute, gonne e giacche leggere - e accessori, tra cui le borse di paglia. In un’intervista con Fashion spiega cosa ispira le sue collezioni, come New York continua a influenzare le sue idee e perché è interessata al mercato italiano, dove apprezza in particolare Milano, che considera una «favolosa città fashion», di cui le piace seguire le evoluzioni.
sone che la popolano. I newyorkesi tendono a preferire i colori neutri e si respira una cultura distintiva, legata alla vita metropolitana e allo streetwear, che ha un forte impatto su ciò che funziona qui. Dato che molte persone entrano ed escono dalla città, abbiamo disegnato molti cappelli compatti e facili da riporre in valigia o in borsa, adatti a questo stile di vita. Allo stesso tempo i nostri modelli più grandi, come Mirabel e Sunny, sono diventati dei capisaldi, dimostrando che anche in una città, che si potrebbe definire pratica, le persone vogliono comunque un accessorio che non passi inosservato.
Ha lavorato per la rivista “Allure”. Un’esperienza utile?
Sì, ha sicuramente inciso sulle mie collezioni. Come editor che ha contribuito alla parte iniziale della rivista durante la fase finale della tendenza minimalista, ho acquisito una preziosa conoscenza di ciò che le testate cercano quando esaminano le collezioni. Questa prospettiva privilegiata mi ha aiutato molto a plasmare e perfezionare il mio lavoro.
Quali sono alcuni dei suoi stilisti preferiti?
Sono attratta dai capi vintage, in particolare da Schiaparelli e dai primi modelli di Miu Miu. E nel mio periodo da “Allure” inserivo appena potevo commenti sugli abiti sottoveste. Ammiro molto anche The Row e Rudi Gernreich è un altro dei miei stilisti preferiti. Sono costantemente ispirata da come si vestono le persone in giro per le strade di New York. Qui c’è stile ovunque, autentico e istintivo. Adoro incontrare donne provenienti da diverse parti del mondo, perché il modo in cui abbinano i capi mi ispira. Il cappello, poi, è un accessorio molto potente: può trasformare anche l’outfit più semplice.
«IL CAPPELLO È UN ACCESSORIO POTENTE, IN GRADO DI TRASFORMARE ANCHE L’OUTFIT PIÙ SEMPLICE»
Essere una designer indipendente a New York è difficile. Sente di avere acquisito una base solida? Sì. Sono una stilista affermata da 27 anni e ho costruito qualcosa di duraturo proprio qui. Quando lavoravo per “Allure”, era difficile per me avere a che fare con un capo, in quanto sono sempre stata piuttosto indipendente. Quindi è davvero gratificante essere il capo di me stessa. Non sempre è facile, ma mi spinge a rimanere concentrata e a continuare a evolvermi.
Lei voleva diventare medico. È contenta di aver cambiato idea?
Certamente. Da quando ho avuto un incidente con lo slittino ho sviluppato una forte avversione per gli ospedali, quindi la carriera medica ha perso rapidamente il suo fascino. Sono coreana e ciò significa che per cultura sono portata a mettere in discussione tutto (ride), ma onestamente non ho rimpianti. Amo quello che faccio. Sono una perfezionista e ogni giorno vado al lavoro con grande entusiasmo. La moda mi stimola in tutti i suoi aspetti.
Come si è sentita quando ha aperto il suo primo negozio nell’East Village?
Incredibilmente grata ed emozionata. Lavoravo in un loft che condividevo con tre coinquilini. Di giorno disegnavo e vendevo cappelli nella parte anteriore del locale, di notte dormivo in una stanzetta sul retro. Era una vita spartana, ma anche eccezionale. I miei amici, che lavoravano come redattori e stilisti, passavano spesso a prendere dei modelli, alimentando l’energia creativa del posto. Ricordo un giorno indimenticabile: ero appena tornata da Parigi, sono scesa dal taxi e ho incontrato per caso un redattore del New York Times. L’ho letteralmente rincorso e portato in studio: il giorno dopo ha scritto di me. Quel momento è stato il mio primo vero traguardo. E pensare che tutto è iniziato con un brutto taglio di capelli
In che modo la cultura newyorkese ha influenzato le sue scelte di design?
New York ha avuto un’enorme influenza su di me negli ultimi 27 anni: è frenetica, diversificata e in continuo movimento, proprio come le per-
Il background in medicina può avere un influsso sulle sue collezioni, soprattutto estive? Penso, ad esempio, all’inserimento nei tessuti della protezione UV… Mio padre e mia sorella sono oncologi: restituire qualcosa tramite il mio lavoro significa molto per me, solo lo faccio in modo diverso. Ho inserito la protezione UPF nei miei cappelli: un’idea che mi ha suggerito il mio dermatologo e, dato che oggi la cura della pelle è così importante, mi è sembrato un passo naturale e importante. Disegno anche foulard per molte pazienti in chemioterapia, che mi hanno detto quanto si sentono orgogliose indossandoli. Sebbene io sia appassionata di moda, il mio background clinico mi rende anche una designer analitica.
La collezione SS25 era ispirata alla natura. Continuerà su questa strada? Può darci qualche anticipazione sulla collezione SS26?
Progetto le collezioni con un anno di anticipo. Per la SS26 il tema è “il lusso è natura”, con molti colori neutri accanto a stampe floreali astratte in bianco e nero e giallo e blu. Ci sono diversi capi lavorati all’uncinetto, ognuno unico, che uniscono artigianalità e bellezza naturale.
Punta a espandersi nel mercato europeo?
La risposta è sì, anche se ho già solide basi a New York. La città è stata la mia casa creativa per anni e continua a ispirare tutto ciò che faccio.
L’Italia è uno dei Paesi protagonisti del fashion design e della produzione di abbigliamento: le piacerebbe vendere i suoi capi su questo mercato? O partecipare alla Milano Fashion Week? Assolutamente! L’Italia è un punto di riferimento globale per la creazione e la produzione tessile, quindi di sicuro mi interessa. Sono stata a Milano e mi piace seguire le tendenze: è tutto davvero stimolante. ■