Il sorpasso 1962-2012. I filobus sono pieni di gente onesta

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Oreste de fornari

IL SORPASSO

19622012 l

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1962 2012

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a cura di

Oreste de fornari l

IL SORPASSO

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I filobus sono pieni di gente onesta

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a cura di

Oreste de fornari l

IL SORPASSO

www.falsopiano.com/ilsorpasso.htm

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I filobus sono pieni di gente onesta

I filobus sono pieni di gente onesta

introduzione di aldo vigano’

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con il soggetto originale di dino risi, ruggero maccari, ettore scola. racconti inediti di ANONIMA veneziana, alberto bevilacqua, patrizia carrano, claudio g. fava, giampiero mughini, lidia ravera, vieri razzini. disegni di giorgio carpinteri e guido crepax.

19622012

Sono passati cinquant’anni da quel ferragosto in cui l’aurelia Sport supercompressa imboccava la via del mare col suo carico di euforia, illusioni, presagi, e giA’ Il sorpasso di dino risi somiglia a un itinerario archeologico nell’italia del boom. un po’ meno archeologica la morale, ad alta velocita’ e incurante di segnaletiche, di cui continuiamo a raccogliere i frutti. da qui l’idea di questo libro-specchio dove si scontrano emozioni e angolazioni, riflessi del background storico, reliquie del testo (trattamento e sceneggiatura di un episodio), echi del futuro, come i racconti e i disegni ispirati al film. Non saggio, dissertazione o dissezione, ma piu’ modestamente gioco dell’oca e pic nic nella memoria in un luogo cult del cinema italiano.

€ 20,00

ISBN 978-88-89782-89-7

EDIZIONI EDIZIONI FALSOPIANO

FALSOPIANO


VIAGGIO

IN ITALIA

una collana diretta da Fabio Francione


Bruno: Lei fa tutto facile. Io invece ho avuto una vita difficile, sa: prima la guerra poi il matrimonio m’hanno rubato gli anni migliori. Nel ’56 ho avuto un’annataccia. È dura sa a trentasei anni andare in giro in filobus. Bibì: Non c’è mica da vergognarsi quando si è onesti. Bruno: Eh, i filobus sono pieni di gente onesta.



EDIZIONI

FALSOPIANO

IL SORPASSO

1962 2012 l

a cura di

Oreste l de l fornari

I filobus sono pieni di gente onesta


Š Edizioni Falsopiano - 2012 via Bobbio, 14/b 15100 - ALESSANDRIA http://www.falsopiano.com Per le immagini, copyright dei relativi detentori Progetto grafico e impaginazione: Daniele Allegri - Roberto Dagostini Stampa: Arti Grafiche Atena - Vicenza Prima edizione - Carte Segrete 1992 Seconda edizione - Giugno 2012


INDICE Fenomenologia di un “classico” Aldo Viganò

p. 11

Alfabeto del boom Oreste De Fornari

p. 15

Andreotti Antonioni Arbasino Aurelia (Sport) Aurelia (via) Autore Boom Burino Calvino Camerini Cecchi Gori (Mario) Centro Sinistra Commedia all’italiana Cult Movie Don Giovanni Edipo Eredi Etruschi Fellini Gassman Happy Ending Io Kennedy Kruscev Lane (John Francis) Lolita


Lucignolo Maccari Nouvelle Vague Occhio Fino Preti (tedeschi) Quarantesimo (anno) Recensioni Risi (Dino) (autoritratto cechoviano) Risi (Dino) (storia dell’occhio) Risi (Dino) (trame al telegrafo) Road Movie Scola Sequel Supercortemaggiore Televisione Tetti (e tette) Uno per uno e ottantacinque Vecchio Frac Viareggio Vietato Anni 14 Wilder Zapponi Zavattini Zeitgeist (1992) Zeitgeist (2012) Il soggetto originale e la sceneggiatura di un episodio Ruggero Maccari Dino Risi Ettore Scola

p. 93

TrenT’anni dopo

p. 155

Surmenage Anonima veneziana

p. 157


Sorpasso misogino di due amici nottambuli Alberto Bevilacqua

p. 161

Alto mare Patrizia Carrano

p. 167

Lo sguardo di Tommy Udo Claudio G. Fava

p. 181

Rigori Maledetti Giampiero Mughini

p. 187

Guida tu Livia Ravera

p. 195

Gioco di scarto Vieri Razzini

p. 207

Il secondo Sorpasso Bernardino Zapponi

p. 217

Ringraziamenti

p. 221

Il cast del Sorpasso

p. 223

Nota editoriale di Fabio Francione

p. 224



FENOMENOLOGIA DI UN “CLASSICO” di Aldo Viganò

Tutto nel film di Dino Risi, di cui parla il libro di Oreste De Fornari, sembra rinviare a un’epoca inesorabilmente passata: la Lancia sport e la Roma deserta a Ferragosto; la fotografia in bianco e nero e le citazioni musicali di Riz Ortolani; i sogni alimentati dal boom economico, le trattorie e la discoteca, il contrasto tra la campagna e la città, gli abiti che indossano i personaggi e la stessa fisiologia antropologica dei loro interpreti. Se è vero come sostiene giustamente De Fornari che Il sorpasso sa catturare lo spirito del tempo (lo “zeitgeist” è significativamente il titolo dell’ultima voce del repertorio in cui egli scompone l’analisi del film), sembrerebbe che si tratti comunque di un’opera coniugata inesorabilmente al passato, anche se prossimo. Ma il fatto è che la visione, o la revisione del film, non consegna mai allo spettatore la sensazione di essere in un museo, pur di modernariato. Cinquant’anni dopo, come già era stato vent’anni fa quando questo libro andò in tipografia la prima volta, Il sorpasso continua infatti a essere un’opera cinematografica capace di parlare anche a chi nel 1962 non era ancora nato. Parlare nel senso più autentico della parola, come accade solo tra contemporanei. È questa relazione comunicativa, a ben vedere, che contraddistingue in tutte le arti quelli che si sogliono definire “i classici”, che sono tali proprio perché, trascendendo la propria contemporaneità, sanno parlare anche alle generazioni future, anzi qualcuno potrebbe dire che 11



sembrano provenire proprio dal futuro. Che cosa sottrae questi “classici” al condizionamento del tempo e all’apparente condanna a diventare oggetti di museo? Ecco, il tentativo di rispondere a questa domanda mi pare essere il filo invisibile che attraversa e tiene insieme questo bel libro giunto ormai alla sua seconda edizione: 1992 (trent’anni dopo) e 2012 (cinquant’anni dopo). Con il suo stile sinuoso e la sua scrittura sempre brillante, Oreste De Fornari mescola continuamente lo sguardo del critico cinematografico con le annotazioni del cronista d’epoca, passa con molta libertà dalla prima persona (“mi avvia al Sorpasso non ancora tredicenne o appena tredicenne”) alla citazione di aneddoti (molto bello quello attribuito a Dino Risi: “Ho conosciuto Cechov, proprio come una persona, non come uno scrittore”), mescolando battute del film con considerazioni più generali sul senso della vita; ma poi, alla fine, il discorso torna inesorabilmente sempre lì: che cosa fa di questa commedia dal finale tragico, di questo film così inesorabilmente legato al proprio tempo, un “classico”? In primo piano, nel Sorpasso non ci sono gli archetipi cari alla classicità: gli dei e i demoni, gli eroi come prototipi dell’umanità tutta. Anche la possibile interpretazione psicanalitica, pur sfiorata da De Fornari (si legga la voce “Edipo”), risulta in fin dei conti abbastanza marginale. Eppure noi che lo abbiamo conosciuto al suo nascere, alla vigilia di quel Natale 1962, continuiamo a vedere e a rivedere Il sorpasso con l’emozione e la sorpresa che solo la mediazione del trascorrere del tempo sa far risplendere nel nostro vivere presente; mentre qualcosa di simile (ma probabilmente anche di diverso) sembra accadere in chi oggi il contagioso vitalismo del Sorpasso incontra per la prima volta. Cos’è? Una storia abitata da esseri viventi capaci, però, di suggerire la possibilità che siano interpretati come metafora di una condizione umana senza tempo? Uno stile narrativo, quello di Dino Risi, che pur rimanendo costantemente a ridosso dei propri personaggi, della loro fisicità comportamentale, sa dar loro uno spessore universale proprio perché sembra fare di tutto per nasconderne le eventuali interpretazioni metaforiche? Il saggio di De Fornari sfiora continuamente la risposta a queste 13


domande cruciali, ma poi evita accuratamente di cadere nel tranello di sposare una sola di queste ipotesi. Anzi, sembra suggerirne continuamente anche altre, finendo così con il coniugare nella scrittura quella che è una delle caratteristiche fondamentali del Sorpasso, e più in generale della migliore stagione della commedia all’italiana. La vita innanzitutto, cioè. Raccontare gli esseri umani, le loro relazioni con l’ambiente, con gli altri e con se stessi, in base al loro agire sullo schermo, autenticamente. I personaggi come centro dell’arte intesa come un fare, il risultato di un’attività artigianale, e mai come funzione, o realizzazione, di un’ideologia o idea precostituita. In fin dei conti, era stata proprio questa la grande lezione che il cinema hollywoodiano aveva consegnato a Dino Risi (si legga la voce “Wilder”). E credo di non forzarne il pensiero dicendo che questa lezione anche Oreste De Fornari finisce col farla propria in questo libro, il cui senso autenticamente critico non viene mai esplicitamente enunciato, ma va trovato in tutta la sua complessità nell’insieme sempre molto concreto di ciò che descrive ed evoca. Al lettore si chiede soprattutto di non essere impaziente, ma di seguire passo dopo passo un cammino parallelo, e sovente addirittura coincidente, a quello del film analizzato: solo così potrà forse trovare in questo viaggio cadenzato per voci disposte in ordine alfabetico intorno all’analisi concentrica del Sorpasso le risposte di cui ha bisogno per avvalorare il ricorrente piacere che suscita la visione del film.

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aLFaBeTo deL BooM Oreste De Fornari

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ANDREOTTI Sulla spiaggia di Castiglioncello una ragazza chiede a Trintignant, che se ne sta in disparte pensieroso, di firmarle la gamba ingessata, dove ci sono già gli autografi di Peppino di Capri, del calciatore Lojacono e dell’onorevole Andreotti. Una gamba palinsesto dell’Italia del boom. Era in quel periodo Andreotti ministro della Difesa e si occupava saltuariamente di cinema. Non più da censore un po’ arcigno, come quando attaccava i film neorealisti sostenendo che «i panni sporchi si lavano in casa» (motto paesano e in fondo illogico: quali panni si portavano al lavatoio, quelli puliti?), ma da protettore occasionale, capace di sottigliezze. Grazie a lui fu possibile girare La grande guerra. Intuì, leggendo la sceneggiatura, che a volte il tono è tutto (pensava al cappellano che indica ai due soldati la casa della prostituta, scena che Monicelli avrebbe svolto appunto su un tono misurato, senza ammiccamenti). Dopo trent’anni è ormai un totem dell’Italia in commedia: omaggi all’arte di arrangiarsi («In Italia tutto si aggiusta»), ironia piuttosto cinica, modi curiali, indulgenza verso la satira. Tollerò anche quell’episodio dei Mostri sulla giornata di un ministro insabbiatore, ospite d’estate di un convento di frati (lui invece andava in montagna dalle monache). E lo avrà forse divertito quella sua controfigura che alla fine del Commissario Lo Gatto promuove vicequestore Lino Banfi, il quale, scoprendo uno scandalo balneare, ha fatto cadere il governo Craxi. Ma qui il tono è già da Bagaglino. ANTONIONI «L’hai vista L’eclisse? Io ci ho dormito, una bella pennichella. Bel regista Antonioni, c’ha una Flaminia Zagato. Una volta sulla fettuccia 17


Un protettore del cinema italiano (Anna Magnani e Giulio Andreotti all’Hotel Europa di Venezia)

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di Terracina m’ha fatto allungà il collo». Strano ma vero. Il dio a quattro ruote aveva adoratori insospettabili. Possedeva Antonioni una delle prime Flaminia Zagato, e faceva le corse con Francesco Maselli: «Era specialista - ricorda quest’ultimo nell’approfittare delle distrazioni del vigile per passare col rosso». Anche Risi guidava in quegli anni una Flaminia Zagato. Insomma, erano due “lancisti”. In questo almeno figli del boom, anche se lo raccontavano in modo diverso. Uno come imprendibile miraggio estivo, l’altro come grigia inumana realtà; uno stupendosi o fingendo di stupirsi, l’altro ostentando un’indifferenza piuttosto blasé. Chi resiste meglio all’usura del tempo? L’amor vacui di Antonioni che sembra non credere nelle parole (ma che silenzi verbosi, in compenso) o l’horror vacui di Risi, che affolla il racconto di battute, macchiette, canzoni? La noia inflitta deliberatamente come fotocopia dell’angoscia, o il sorriso suscitato e magari sollecitato un po’ ansiosamente? Il gusto documentaristico-informale per i paesaggi con figure (e anche senza) o il gusto comico-realistico per i personaggi con sfumature (e anche senza)? Siamo seri. Come allegoria del “miracolo” l’incidente del camion coi frigoriferi nel Sorpasso non vale quella Giulietta spider dell’Eclisse che la gru ripesca nel laghetto dell’Eur con il corpo di un ubriaco al volante (morte senza peso, senza nome, senza lutto, morte irrilevante). D’altronde Gassman che alla vista del cadavere sull’asfalto smette per un attimo di fare lo sbruffone forse è meno stereotipato di Alain Delon che si preoccupa solo della sua Giulietta. Comunque per i tifosi del moderno (a proposito, nel ’62 usciva Opera Aperta di Umberto Eco) i difetti di Antonioni saranno sempre più interessanti delle qualità di Risi. Ma lui non se ne affligge: «Antonioni non è tra i registi che amo, anzi credo che abbia fatto del male a molti giovani cineasti. Hanno creduto che si potesse fare il cinema fotografando un lampione o il muro di una casa». ARBASINO Appariva in libreria, pochi mesi dopo l’uscita del Sorpasso, Fratelli 19


Un party geometrico (Marcello Mastroianni nella Notte di Michelangelo Antonioni)

Ragazza manager con spider (Stefania Sandrelli nella Bella di Lodi di Mario Missiroli)

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d’Italia, romanzo cult degli anni Sessanta; erratico (Roma, Capri, Urbino, Spoleto, ecc.), edonista, qua e là tragico, come il film di Risi, ma con eroi molto più colti e gay. Altro omaggio al boom, La bella di Lodi, a tema erotico-automobilistico (lui un meccanico un po’ ladro che sogna un garage, lei figlia di industriali che fa l’amore leggendo il listino di borsa), ma secondo un’ottica più scopertamente lombarda e altoborghese di quanto non dia a vedere Risi. Missiroli ne fece un film veloce e stridente, con Stefania Sandrelli doppiata da Adriana Asti. AURELIA (Sport) Modello del 1958, carrozzata Pininfarina; discende in linea diretta dall’ Aurelia GT del 1951, “la sportiva in abito da sera”. Ma come l’avrà pagata Gassman, che mestiere fa? Una di quelle persone di cui non si capisce mai di cosa si occupano. («Non so, domani vanno bene i mobili antichi e io mi metto a battere le campagne e ti scopro la cassapanca del Settecento, va forte la pittura e io ti aggancio Guttuso...»). La spider gli somiglia: con la portiera un po’ malconcia, comprata forse di seconda mano, ruggente e provvisoria come lui. Forse è anche un surrogato di potenza sessuale, un modo per sentirsi più giovane e per sembrare più ricco: ma i ricchi veri hanno già lo yacht; l’elicottero invece per il momento ce l’ha solo la polizia stradale. Fin troppo tipico il modo che ha Gassman di guidarla la sua Aurelia. Scriveva Giorgio Bocca dell’automobilista 1962: «Il suo rapporto con l’automobile ricorda ancora quello del cavaliere-cavallo: un rapporto tra creature vive, un sodalizio fatto per l’avventura e per la battaglia, quasi un rapporto di amorosi sensi». Eppure incitare la macchina «Corri Cavallina!» o appendere il corno al cruscotto, nel 1962 doveva già essere un tantino out. Invece mettere sul parabrezza un cartello “Camera Deputati” per non pagare le multe, probabilmente è di moda ancora adesso.

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Incidente sulla via Aurelia, nel 1961 (da Viaggio in Italia di Filippo Porcelli, Rai Tre)

Il manoscritto della scaletta di Sonego

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AURELIA (via) «Tres viae sunt ad Mutinam... a supero mari Flaminia, ab infero Aurelia...» (Cicerone). Era la grande via di espansione a nord ovest dei romani antichi, è la grande via di evasione vacanziera dei romani moderni. Non diventerà un’autostrada, anche se Gassman ci va a 150. Il vecchio progetto di prolungare l’A 12 da Civitavecchia a Livorno continua ancora oggi a incontrare resistenze fra ambientalisti e capalbiesi. Lungo il percorso sfilano tombe etrusche e stazioni di benzina, contadini ciociari e autostoppiste di colore, chi fa pipì tra gli alberi e chi va nelle toilette Agip, … Uno spaccato dell’Italia in metamorfosi. È la via Aurelia del Sorpasso in parte autentica e in parte apocrifa. Tra i set autentici la trattoria Ernestino al tredicesimo chilometro, il ristorante di Civitavecchia e la curva fatale di Calafuria. Quasi autentico il cimitero tedesco nei pressi di Pomezia (a sud di Roma e quindi fuori dal percorso del film). Inautentiche la villa degli zii nei pressi di Grosseto, in realtà un castello-casale a Rota, nell’alto Lazio, e la stazione di Castiglioncello, che è invece la Stazione di Santa Marinella, truccata. Il night club di Castiglioncello, teatro della rissa tra Gassman e i due automobilisti, è il «Brigadoon» e si trova a Roma, al dodicesimo chilometro dell’Aurelia. Per il film fu ribattezzato «Il cormorano» con allusione alla rapacità del personaggio Gassman. Del tutto autentico, quasi neorealista (perfino iperrealista) è il Ferragosto, visto che le riprese ebbero inizio proprio il 15 agosto 1962, per approfittare delle strade di Roma provvisoriamente deserte. AUTORE C’è un piccolo giallo filologico intorno al soggetto del Sorpasso, a causa di certe dichiarazioni di Alberto Sordi, riportate anche da Walter Veltroni nel Sogno degli anni Sessanta. «Ero andato da Sonego e gli avevo detto: - C’è un diavolo, uno stronzo che ti batte sempre la mano sulla spalla, ecc. Uno che conosci, che ti offre l’aperitivo, che ti condiziona perché ti sta sempre appresso ... Bisognerebbe cercare di rea23


lizzare questo personaggio, perché è un protagonista della vita di oggi in Via Veneto, in tutti questi posti un po’ alla moda - … Mentre stavamo in Svezia ci giunse la notizia che Dino Risi stava realizzando Il diavolo e lo chiamava Il sorpasso... Per noi fu molto grave, soprattutto per Sonego che era, diciamo, quello che aveva concepito la cosa. Volevamo veramente intraprendere un’azione legale perché Risi aveva preso l’idea e l’aveva realizzata senza dircelo». Sonego conferma con qualche variante questa versione dei fatti, precisando che il soggetto, da lui scritto per Sordi e Gérard Blain e intitolato Il diavolo ( «tutto uguale al film, compreso l’itinerario e il finale») fu offerto a De Laurentiis. Ma Sordi riluttava. Così decisero di partire col regista Polidoro per la Svezia, dove Il diavolo divenne il titolo di un film tra il comico e il turistico sulle disavventure di un maschio latino in libera uscita, fra vichinghe disinibite, pastori luterani, premi Nobel, saune miste. In seguito, prosegue Sonego, «Sordi ha protestato con De Laurentiis che gli hanno levato il più bel soggetto della sua vita. - Ti sta bene - gli ha risposto Dino. Per la cessione dei diritti sul soggetto ci siamo messi d’accordo tra di noi, alla buona, come usa in questi casi». Risi dà un resoconto differente. «L’idea è mia. Avevo scritto il soggetto e l’avevo venduto a Marcello Girosi, il quale poi l’ha ceduto a Cecchi Gori. È nato da un viaggio che ho fatto con due personaggi straordinari. Un viaggio da Milano al Lichtenstein e un viaggio da Roma a Maratea con un produttore, Pio Angeletti: un’esperienza disastrosa. Infatti in un primo momento il finale prevedeva che io, cioé il giovane, ammazzassi Sordi. Ma Sordi diceva: - Lo so come andrà a finire, io mi darò un gran daffare e poi tutto il merito andrà a quell’altro - Avendo pensato a Sordi mi ero rivolto a Sonego, che era il suo autore. Con Sonego abbiamo chiacchierato per un paio di giorni, non di più». Poi si optò per Gassman e per il tandem Maccari-Scola. Dal canto suo Cecchi Gori afferma di aver acquistato il soggetto da Girosi, accreditando così la versione Risi, sebbene non sia affatto sicuro che il soggetto fosse stato scritto proprio dal regista. Ettore Scola poi, che ha firmato con Maccari e Risi soggetto e sceneggiatura, fa notare maliziosamente un’analogia fra le rivendicazioni di 24


Sonego sul Sorpasso e quelle più recenti su Mediterraneo, quando lo scrittore si è attribuito l’idea originale del film di Salvatores che ha vinto l’Oscar. Comunque il critico triestino Lorenzo Codelli, filmografo scrupoloso e “risiologo” della prima ora, include anche il nome di Sonego nei credits del Sorpasso. Fermiamoci qui. Le commedie all’italiana hanno sempre molti padri: regista, scrittori, attori, ... senza dimenticare lo spirito del tempo e gli standard professionali. Altrimenti non si spiegherebbe perché gli stessi autori in seguito solo raramente hanno dato qualcosa di altrettanto compiuto, di altrettanto vitale. BOOM È il termine un po’ fumettistico con cui venne battezzato il miracolo economico, che trasformò l’Italia, “grande paesone” contadino, in una società moderna. Aumentarono reddito pro-capite, consumi privati, tenore di vita, mobilità, tempo libero, si moltiplicarono sogni e bisogni individuali, si dimenticarono provvisoriamente quelli collettivi. Tra gli oggetti di desiderio “epocali” scelti da Risi, oltre all’automobile, il frigorifero, che spunta come per sbaglio in una cornice tragica. Sono gli anni in cui Zanussi Ignis Indesit diventano aziende leader europee. Ma c’è già chi lo considera un cavallo di Troia del consumismo made in Usa. Sukarno, in visita a Hollywood, aveva raccomandato di non provocare i popoli del terzo mondo mostrando frigoriferi stracolmi sullo schermo. E di lì a poco l’eroe di Pietà di novembre di Franco Brusati si chiederà angosciato: «Cosa succede se al posto dell’ideale ci metti un frigorifero?». Ma anche il vivere a credito, senza pentimenti, di Gassman, rappresenta bene una stagione che rese popolari le cambiali, o farfalle come si diceva allora (il contadino invece che si fa durare il sigaro per tutto il giorno evidentemente è uomo di altri tempi, anche se gli piace Mina). Affiorano e si confrontano dunque nel film morali e vecchie e nuove, 25


Nel 1962 furono immatricolate 640.000 nuove auto (Ugo Tognazzi sul set dei Mostri di Dino Risi)

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diverse tra città e campagna, come tra Roma e il nord. Il cinismo a corto raggio sbandierato da Gassman, che si crede un ribelle perché guida contromano, non somiglia all’efficientismo di Claudio Gora, che fa affari con l’America e si premierà impalmando una ninfetta. Ma il vero omaggio-mimesi al boom è nel casuale srotolarsi delle apparizioni e degli incontri più eterogenei, come se tutte le classi sociali e tutte le occasioni di benessere fossero lì, a portata di clacson. E nel titolo: niente di meglio del Sorpasso per celebrare un miracolo compiuto all’insegna del laissez passer. BURINO Da vignetta, con cappello, mezzo toscano e cestino delle uova. Però fa l’autostop e incita Gassman a andare più forte. Sull’aia altri villici ballano il twist, twist alla burina. L’Arcadia rurale celebrata nei Pane, amore si aggiorna alle mode straniere. E la sosta alla villa degli zii non sarà un’occasione per intenerirsi sulle virtù del buon tempo antico, anzi Gassman non fa che scoprire altarini. Sono riflessi della febbre che in quegli anni svuota le campagne (nel 1961 se ne sono andati in 400.000). Pasolini lamentava la scomparsa delle lucciole («darei l’intera Montedison per una lucciola»), ma bisognerà aspettare L’albero degli zoccoli perché la vita contadina diventi oggetto di nostalgia sugli schermi. Intanto, grazie al cinema, che fa conoscere il romanesco in tutta Italia, “burino” (dal latino buris, il manico dell’aratro) prende il posto di “cafone” nel repertorio degli insulti più diffusi. Qualche snob preferiva dire “polesine” («fa polesine» «un cantante polesine») con cinico riferimento alle zone dell’alluvione. In epoca più recente “burino”, inteso come “andante” o “di cattivo gusto”, è stato sostituito da termini come kitsch e cheap: ma ora anche queste parole rischiano di diventare cheap.

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Un contadino che ama la velocità (Jean-Louis Trintignant e Vittorio Gassman nel Sorpasso di Dino Risi)

Da Calvino a Erica Jong, via Manfredi (Nino Manfredi e Fulvia Franco nell’Amore difficile, episodio L’avventura di un soldato di Nino Manfredi)

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CALVINO Si dichiarò ostile alle commedie all’italiana, le trovava accondiscenti con i vizi che volevano colpire. Il suo calvinismo gli impediva di amarle (amava invece Antonioni per il lato “oasi femminile”). Se però si dovesse giudicare Il sorpasso coi criteri delle Lezioni americane (Leggerezza, Molteplicità, ecc.) forse il responso sarebbe più benevolo. Un romanzo sul boom l’ha scritto anche lui, La speculazione edilizia, dove un intellettuale irresoluto (un tipo Trintignant) si lascia persuadere da un complice volgare a vendere il giardino avito in Versilia per costruirci un condominio (echi cechoviani). Ci rimetterà soldi e giardino. Tutto raccontato dalla parte dell’intellettuale, il suo solo sbaglio è stato di lasciarsi tentare dalle lusinghe del capitale. Da un racconto di Calvino, L’avventura di un soldato, Nino Manfredi ha tratto, come noto, un episodio insieme pudico e boccacesco per il film L’amore difficile, che Erica Jong ha raccontato a sua volta in Paura di volare. CAMERINI Il Risi degli anni Trenta. Gli uomini, che mascalzoni... come protocommedia all’italiana: un po’ on the road (la Milano Laghi), un po’ consumistica (la Fiera di Milano), con una canzone-mito (Parlami d’amore Mariù). Però i ricchi qui non invitano sulle barche e non danno confidenza, l’eroe è solo un autista, la sua bella una commessa e non si intravedono per loro orizzonti di lusso, ma solo un lieto fine da mille lire al mese. C’è ancora il vecchio repertorio della commedia degli equivoci, messo tuttavia tra parentesi, se non polverizzato, dagli sfondi di vita milanese captati con occhio (e orecchio) documentari. CECCHI-GORI (Mario) Non deve essere stato facile trovare un produttore per Il sorpasso. A leg29


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