Carlo Naya Il catalogo generale del 1877 Dopo la laurea in giurisprudenza Carlo Naya (Vercelli 1816 - Venezia 1882) con il fratello Giovanni inizia a viaggiare alla ricerca delle origini delle civiltà, attraversando l’Italia, le principali cittò d’Europa, e poi l’Asia e l’Egitto. Presto, alla passione per la culttura si unisce quella per la nascente fotografia conosciuta a Parigi. I due fratelli aprono un’attività fotografica a Costantinopoli e, alla morte del fratello Giovanni, Carlo decide, tra il 1856 e il 1857, di trasferirsi a Venezia. Nella città dove intorno a Carlo Ponti, ticinese, ottico ma anche fotografo, sta nascendo un notevole gruppo di professionisti, Francesco Bonaldi, Antonio Fortunato Perini, Domenico Bresolin, Pietro Bertoja. Aperto un laboratorio in campo san Maurizio, inizia una sorta di sodalizio proprio con Ponti che inizialmente commercializza le sue vedute. Allarga presto la sfera di interessi alle riproduzioni di opere d’arte e l’attenzione verso molte altre città italiane ricche di tesori. Diventando presto famoso a livello europeo. Non a caso nel 1863 Pietro Selvatico Estense (già direttore dell’Accademia di belle arti di Venezia) lo incarica di documentare lo stato degli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova prima, durante e dopo i lavori di restauro del 1867, e che presenterà all’Esposizione di Parigi del 1867. Con la fine della dominazione austriaca anche la burocrazia di stato subisce cambiamenti. Carlo Ponti aveva brevettato il Megaletoscopio, un apparecchio per foto all’albumina retrodipinte, che permetteva la loro visione singola con effetti di giorno-notte quasi tridimensionali. Lo scadere dei brevetti dovuto all’annessione all’Italia, consente a Naya di replicare l’apparecchiatura (chiamata Aletoscopio) malgrado la denuncia di Ponti. Anche per altre questioni
di copyright e commercializzazione di immagini (nel frattempo Naya aveva aperto il suo punto vendita in Piazza San Marco) le vie dei due artigiani-commercianti si dividono drammaticamente. Naya oltre all’Aletoscopio, inventa e commericializza altri strumenti atti a spettacolarizzare le fotografie, come il grafoscopio. E punta su formati sempre più grandi (gli “imperiali”, stampati con estrema perizia, speculando sulla visione romantica della serenissima: i “chiari di luna” son doppie esposizioni su carta precolorata blu, artati da un finto cielo notturno e pittoresco. Nel frattempo Naya denuncia i colleghi per il plagio di altre immagini, soprattutto proprio le riproduzioni di opere d’arte, vince altre cause, valendosi della testimonianza di Tommaso Filippi, direttore del laboratorio ma anche eccellente fotografo (inizierà ad eseguire preziose istantanee bloccando quell’attimo fuggente che pareva impossibile da cogliere) nonchè continuatore della sua opera dopo la di lui morte avvenuta nel 1882. E che si metterà in proprio nel 1895 lasciando quello che forse ad oggi è l’archivio fotografico veneziano più conservato e ricco. Filippi è quindi l’autore dell’ultimo Album fotografico firmato Naya commissionato dal Municipio di Venezia in occasione della Esposizione Nazionale Artistica nel 1887 intitolato Isole della laguna di Venezia. La vedova di Carlo Naya Ida Lessiak di origine ungherese, sposa lo scultore Antonio Dal Zotto. Direttore di fatto del laboratorio Naya sarà Antonio Baccheto, assistente di Carlo Naya. Nel 1918 alla morte di Dal Zotto, l’archivio Naya viene acquistato dall’Editore Ferdinando Ongania, e, infine dal fotografo Osvaldo Böhm, i cui eredi ancora lo conservano speriamo ancora a lungo in città.
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Secondo il Dizionario BiograficoTreccani che cita Italo Zannier,Carlo Naya avrebbe pubblicato nel 1864 un primo Catalogo generale, con vedute e riproduzioni fotografiche di dipinti, proposte nei formati 27 x 35, 14 x 18 e ‘carta da visita’. Alle 200 foto di monumenti, chiese, palazzi (in interni ed esterni) e panorami veneziani («Ciascuna con leggenda storica in quattro lingue», com’è specificato nel catalogo), si affiancavano 272 «vedute stereoscopiche» di Venezia, Padova, Torcello, Malta, Napoli, Roma, Palermo e Firenze; 240 «fotografie dei migliori quadri antichi e moderni» custoditi nei musei delle principali città italiane ed europee; 13 «fotografie tratte dagli originali senza alcun ritocco» degli affreschi di Giotto nella cappella degli Scrovegni, in una sezione a parte, che apre il catalogo. Un’immensa mole di materiali e di lavoro avvenuto mentre dovrebbe ancora valere il suo accordo commediale con Ponti. Sempre Zannier indica poi nel 1882 la data di redazione di un secondo catalogo. Non ci è stat o dato di poter consultare le due opere in oggetto. Mentre qui di seguito riproduciamo le parti essenziali di un catalogo mai citato ma ovviamvente esistente, in lingua francese e datato 1877. Non è stato citato in integrale trattandosi spesso solo della enumerazione dei soggetti appartenenti alle varie offerte di tipologie di merce. Sono stati riprodotti gli inizi di ognuno dei capitoli. Il catalogo con la copertina gialla di carta leggera misura cm. 20,5 x 14, ha 116 pagine più la copertina che nella III indica i corrispondenti esteri. Mentre nella IV in un piccolo riquadro c’è chiaramente indicato Imprimeria C.Naya 1877. L’esemplare riprodotto appartiene all’Archivio Alessandro Mander.