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CASU MARZU
L’amore proibito dei sardi di MANUELA PIERRO
N
onostante il casu marzu si sia aggiudi cato nel 2009 il pri mato come formaggio più pericoloso al mondo, i sardi sembrano beffeggiarsi del ti tolo e continuano ad amarlo e a tutelarlo come uno dei marchi più prestigiosi e tra dizionali della Sardegna. Viene prodotto “clandestinamente” su tutta l’isola e trovarlo è sempre più difficile: il numero di estimatori cresce anche tra i “forestieri” che ne ricono scono il valore storico oltre
che apprezzarlo per le sue particolari caratteristiche ga stronomiche. Proprio a proposito delle sue radici, anticamente i pastori sardi credevano che il casu marzu fosse il risultato di eventi soprannaturali e magici; in realtà il processo che tra sforma un comune formaggio pecorino, caprino o vaccino in casu marzu, ossia formaggio marcio, è del tutto naturale: merito della Piophila casei, meglio conosciuta come mo sca casearia, che, attirata dal l’odore del formaggio con il primo caldo, depone le uova
all’interno della forma. Le lar ve che ne nascono si nutrono della pasta, creando una cre ma morbidissima, pungente e piccantina. Verosimilmente questo for maggio è nato per errore, la sciato alla mercé delle mosche da un pastore distratto o trop po impegnato, ma i sardi pro teggono con impegno e so lennità tutto ciò che li riguarda e, per facilitare questo pro cesso, negli anni hanno creato dei trucchi che ne favorissero la produzione: oltre ad ac corciare i tempi destinati alla salamoia, si scavano dei buchi
sulla calotta della forma di formaggio, all’interno dei quali viene versato olio in modo che la crosta si ammorbidisca e attiri gli insetti più veloce mente. Quando il formaggio ha raggiunto il giusto stadio di fermentazione, la forma viene aperta togliendo la parte superiore, altrimenti chiamata su tappu. In contrasto con la campagna denigratoria a livello mondiale, la Regione Sardegna ha ri chiesto il marchio DOP al l’Unione Europea e lo ha in serito nell’elenco regionale dei prodotti tradizionali agroa limentari. Schierati con il casu marzu vi sono anche numerosi docenti e studiosi, che negano nel modo più assoluto un reale rischio per la salute, visto che le larve della mosca casearia muoiono durante la digestione a opera dei succhi gastrici. A rafforzare questa tesi, va detto che in tutta Italia si con sumano formaggi con queste caratteristiche: in Abruzzo tro viamo per esempio il pecorino marcetto; in Calabria il casu du quaggiu, in Puglia e in Molise troviamo il casu puntu (ossia punto dalla mosca). De cisamente più goliardico il lin guaggio in Piemonte e Liguria, dove le larve che attaccano i formaggi vengono definite grilli o vermi che saltano. Per concludere, mi sembra doveroso fare un’osservazio ne: come può una secolare tradizione culinaria essere an che lontanamente scalfita da chi si limita a dare giudizi sen za conoscerne lo spirito? Non può, soprattutto se il popolo soggetto al giudizio è il popolo sardo!