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alcune suore conversano con l’artista su felicità e spiritualità. Gli artisti da voi rappresentati hanno background differenti e in questo modo riflettono il vostro approccio internazionale. Potreste dire che Hollybush Gardens è anche uno spazio dal respiro europeo? LP: Sicuramente è presente un forte elemento europeo. Abbiamo un pubblico eterogeneo, da giovani studenti d’arte a persone che sono già da tempo in questo mondo. Possiamo dire di fare parte di quella generazione che si è voluta distanziare dall’idea di classe e ricchezza, mostrando di credere fermamente in una struttura sociale che fosse anti-gerarchica. Chiuderci possibilità non ci interessa, al contrario, siamo aperte a sviluppare conversazioni con studenti, così come con persone di tutte le età e nazionalità. Hollybush Gardens partecipa a varie fiere internazionali, da London Frieze Art Fair ad Art Cologne. In che modo la vostra presenza alle fiere contribuisce al miglioramento del lavoro di tutti i giorni? LP: Fin dal principio abbiamo considerato le fiere come piattaforme, siamo consapevoli delle loro potenzialità e pensiamo che siano un veicolo incisivo per comunicare il nostro programma. La crisi cambia il modo in cui le persone vedono le fiere d’arte; si è più selettivi, perché ci si sente a rischio. La domanda ovviamente è se ogni galleria è a rischio, o se esista una sorta di scala per cui alcuni nomi giocano sempre carte sicure. MS: Quando si tratta di partecipare a fiere, è importante applicare determinate strategie, analizzare l’ambiente nello specifico e capire così quale artista prediligere per quel determinato evento. Siamo sempre molto attente nel comunicare con semplicità le pratiche dei nostri artisti, in modo da creare una comprensione orizzontale e quindi reale e motivato interesse. Che cosa pensate dell’approccio italiano all’arte contemporanea? MS: Dal nostro punto di vista, l’approccio italiano è sperimentale e la ragione di ciò è probabilmente da ricercare nel suo spirito e tradizione. In Italia le persone sembrano molto informate, avendo una conoscenza specifica della storia dell’arte. Questo background fa sì che le persone con cui collaboriamo siano molto aperte a un dialogo su idee, concetti e gesti e pronte a mettere in discussione un apparato più tradizionale. Tutte le volte che siamo venute in Italia siamo state accolte calorosamente dai vostri collezionisti e curatori. Crediamo che il programma di Hollybush Gardens possa parlare alla cultura italiana da una posizione privilegiata, condividendo un approccio che non solo riflette le sperimentazioni contemporanee, ma anche un dialogo critico con storia e tradizione. Quasi tutti i nostri artisti collaborano con gallerie e istituzioni di cultura italiane: Krischner + Panos con Nomas Foundation, Benoît

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Maire ha esposto alla Fondazione Giuliani, Reto Pulfer all’Istituto Svizzero e alla Fondazione Panificio Cerere anche queste, come le due precedenti istituzioni, attive nella capitale. Falke Pisano ha da poco partecipato a una collettiva alla Fondazione Merz. E molti altri ancora; Ruth Proctor alle spalle una lunga collaborazione con la galleria Norma Mangione di Torino e, ovviamente, come tu ricordavi, Andrea Büttner alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia, come vincitrice del premio Max Mara nel 2010 e Johanna Billing, che nel 2008 ha partecipato alla rassegna cinematografica Tarantula organizzata dalla Fondazione Trussardi. Mi potete dire perché avete deciso di non menzionare la parola galleria nel vostro nome? Nonostante Hollybush Gardens sia una galleria, avete infatti deciso di non intitolarla tale. Perché? MS: Speriamo sinceramente che le persone che vengono qui e collaborano con noi possano percepire Hollybush Gardens come una sorta di contenitore di idee. Questo spazio vuole essere

un punto di incontro in cui scambiare visioni e pensieri. Un termine come galleria spesso rispecchia un approccio anacronistico, non al passo con i tempi e riesce a comunicare solo l’idea di un negozio in cui le dinamiche commerciali sono le protagoniste. Ci piacerebbe che la gente invece pensasse a Hollybush Gardens come a uno spazio che va al di là del commercio. Il nostro obiettivo è condividere conoscenze con una comunità di persone interessate a prendere parte attivamente a progetti culturali. Il nostro approccio è curatoriale: vogliamo essere ispirate da e ispirare un pubblico che consideri Hollybush Gardens un campo operazionale e non semplicemente un contenitore di oggetti. LP: Al momento attuale, le gallerie di media taglia fanno fatica a sopravvivere; per ciò speriamo di coinvolgere nel nostro programma più persone possibili, in modo che il mondo dell’arte non si dimentichi del valore di questi spazi. Dobbiamo continuare ad affermare la nostra visibilità. Info: www.hollybushgardens.co.uk

Pauline Boudry e Renate Lorenz, Charming for the revolution, da You don’t need a weatherman to know which way the wind blows, video, 2014 Nella pagina a fianco: Aaron Angel, Pauline Boudry e Renate Lorenz, Andrea Buttner, da You don’t need a weatherman to know which way the wind blows, mixed media, 2014

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