di P ERIODICO C. C. POSTALE N. 3.13799 ABBONAMENTO ANNUO L. 10 UN
NUMERO CENTESIMI 50
Vita Giovanile
QUINDICINALE
1)1
LETTERATURA
2111111111usi—._
ARTE - POLITICA
Fondato e diretto da ERNESTO TRECCANI e speranze della emigrazione di un popolo opSOMMARIO. — CLAUDIO BELINGARDI: Più in là del Beccarla — Ni COLA LOBIELLo: Realtà Segnalazioni — A. MELI LUPI DI SORAGNA: V.: al piccione — FERRONI: FERRUCCIO Tiro in sedicesimo — Filippiche ERNST: presso — MASULLO: Poesia di Barile — DUILIO MoLibri — RUGGERO JAcoBBI: Confidenza e passione — ROBERTO RERORA: Immagine (lirica) —eG. ROSINI: A proposito di Soffici — GIULIA VERONESI: Armonia e ordine — ALDO BUzzI: Un Incredibile s (versi) — RICCARDO MALIPIERO: COMENCINI: Il monopolio dell'Arte e Ricordo in musica di Venezia — *: Cestino — ANrorao BRUNI: La nuova Piazza Missori? — Luici de! Commercio.
Più in là del Beccarla Uomo famoso, ma assai male noto fu ed è Cesare Beccaria. Nacque egli il 15 marzo 1738 — in Milano, dal marchese Giovanni Saverio e da Maria Visconti di Saliceto —: cioè, d ue secoli fa. Invano, tuttavia, attenderemmo pubbliche commemorazioni. Ed è forse, a dire il vero, meglio così; chè il Beccaria ha da essere riesaminato piuttosto che ricordato. La storiografia dell'Ottocento ci ha dato un Beccaria patriota e precursore. Il Beccaria non fu nè patriota nè precursore: fu unicamente una caratteristica figura di quel Settecento italiano moderatamente illuminista, che rappresentò bensì un preludio al Risorgimento, ma al Risorgimento contribuì più che altro a dare quella piega liberale che assai meglio sarebbe stato non assumesse, distogliendo la nostra coltura da colui che avrebbe potuto essere il grande padre della ripresa nazionale: Giambattista Vico, il quale, antiilluminista e illiberale, sta nella storia del sec. XVIII — così s'espresse Giuseppe Giusti — « come un monte solitario e ronchioso, ove non boschetti d'alloro nè giardini di fiori se vuoi, ma qua e là, una gran quercia e nel grembo vene preziose di solido metallo » (Della vita e delle opere di Giuseppe Panni) in attesa ancora oggi d'essere saggiate e utilizzate. Bene si definì il Beccaria in una curiosa epigrafe. Aristippi sectator — Voluptatem virtuti sociavit — Errores hominum — Luce metaphisices prosecutus — Sibi potius quam posteris — Consulens — Vita miaue ambitiose — Quam — Tranquille visit. A►istippi sectator — ch'è quanto dire naturalista, nell'accezione tecnica che a tale voce hanno conferito i moderni filosofi, (dobbiamo pensare ch'era il tempo in cui l'infatuazione classicheggiante usava chiamare Pietro Metastasio unicamente con l'epiteto di Sofocle novello!) e un po' edonista —, legato per un verso al tradizionalismo — in senso cattivo — dell'Accademia de' Trasformati per l'altro al progressivìsmo dell'Accademia de' Pugni e del Caffè, il Beccaria non deve la sua fama agli scritti vani d'economia e di matematiche, nelle quali pure fu versatissimo, ma al trattatello Dei delitti e delle pene composto a venticinque anni, pare dietro istigazione di Pietro Verri, e pubblicato — per prudenza — in Livorno nel 1764. « Questo libro, benchè di piccola mole, basta per assicurare all'autore gloria immortale. Che filosofia! Che verità! Che logica! Che precisione e al tempo stesso che sentimento e che umanità » sentenziò il d'Alembert direttore dell'EncicloPedia francese, quando lo lesse; e il Malesherbes curò che se ne facesse immediatamente la traduzione in lingua francese affidandone la cura al Morellet; il Beccaria passò in tale modo — si capisce — per un allievo dell'Enciclopedia : un grande allievo dell'Enciclopedia; la diffusione del libro in tutta l'Europa nusci in tale modo rapidissima. « Come per l'addietro il richiamarsi alla tradizione sarebbe bastato per sè solo ad avvalorare un sistema, così nel secolo. del criticismo che tutto voleva spiegare con la ragione, il libro del Beccaria Piacque perche contraddiceva: soprattutto per questo. E piacque anche a chi non lo lesse » nota C. A. Vianello in uno studio coscienzioso su La vita e l'opera di Cesare Beccarla (Milano, 1938-XVI). Non mancarono peraltro i giudizi sfavorevoli. II Linguet accusò il Beccaria d'essere un volgare prestanome. Il Fachinei in una violenta del libro tacciò l'autore di confutazione « stupido, fanatico impostore, satirico sfrenato, pieno di velenosa amarezza, di calunniosa mordacità, di perfida dissimulazione, di sofismi e di cavillazioni..., pericoloso ai governi, calunnioso alla Chiesa, seduttore del pubblico..., che mescola sguaiate contraddizioni a perfidi strali, ardite bestemmie e insolenti ironie a scherzi indecenti e s'avvolge d'oscurità per mali zia..., per meglio combattere gli altari ed i troni i,. Il Beccarla si turbò a questi primi attacchi così che pria firma dal decise di togliere la profrontespizio del libro. E ancora più si turbò quando nel 1766 la Congregazione dell'Indice dei libri proibiti condannò la seconda edizione del trattato Dei delitti e delle pene innanzi tutto per essere preceduto da un proemio del Voltaire, eppoi per risentire troppo evidentemente l'influsso delle dottri-
-
ne del Rousseau e del Montesquieu, quantunque l'editore (ah, gli editori!) ne lo consolasse scioccamente: « M'ha detto un ministro di grandissima considerazione che un autore non deve darsi la minima pena se Roma proibisce una di lui opera : primo perchè in Roma si proibisce tutto ciò che non è Bellarmino e simili: secondo perché non è Roma che con le sue proibizioni decida il merito dei libri: è il pubblico che ne decide ». (Si era agli albori della democrazia anticlericale). Oggi anche il pubblico non esalta più il libro del Beccaria; lo giudica assai, assai inferiore alla fama dell'autore e superato, con tutta la scuola giuridica liberale. Un merito però dev'essere riconosciuto al Beccaria: quello d'avere tentato un primo innesto, per così dire, sia pure per vie trave,.se o addirittura errate, dell'etica sul diritto, di « sottoporre i metodi repressivi dei delitti a un'indagine dettata da un commosso senso d'umanità, in cui la personalità del reo non può essere ignorata ». E per ciò che sotto il titolo « Più in là del Beccaria » il Vianello nel suo recente libro, raccogliendo idee abbozzate già quindici anni or sono, auspica la creazione in Italia d'un diritto penale cristiano. Cesare Beccaria, per il quale il diritto è una più alta sistemazione dell'utilità, ha indicato la soluzione umanitaria del problema della commisurazione delle pene ai delitti. E lo Stato individualista, fondato sugli immortali principi dell'89,
ha deliberato l'abolizione della tortura e della condanna a morte. Ora è tempo, pensa il Vianello, che ci si studi di realizzare il principio della medicina dell'anima, alla luce della nuova teorica politica, sul piano della generale trasformazione dello Stato annunciata dal legislatore della Rivoluzione di Mussolini, Alfredo Rocco: « Lo Stato fascista ha la sua morale, la sua religione, la sua missione nel mondo, la sua funzione di giustizia sociale, infine il suo compito economico. Epperò lo Stato fascista deve difendere e diffondere la moralità nel popolo; deve occuparsi dei problemi religiosi e perciò professare e tutelare la morale vera, cioè la religione cattolica ». Non alla diminuzione delle pene si de ve tendere. La pena sia considerata l'extrema ratio nei rapporti tra lo Stato e il cittadino, come la guerra lo è nei rapporti internazionali: cioè la si ritenga lecita, ma vi si ricorra solo dopo avere esaurite tutte le altre possibilità. « L'Eterno Padre ammonì: Chiunque ucciderà Caino sarà punito di sette dop pi. E pose un segno su Caino per tema che alcuno trovandolo non l'uccidesse » (Genesi, IV, 15). Il Cristo avvertì: Avete udito che fu detto occhio per occhio, dente per dente; ma io vi dico: non contrapponete il male al male; se qualcuno vi percoterà la guancia destra, porgetegli l'altra. E : Non vogliate giudicare per non essere giudicati. « Dopo tali parole non è più possibile
alcun dubbio, non è possibile alcuna differente interpretazione: è negato all'uomo il diritto di punire, il diritto di giudicare il suo simile. Si dovrebbe forse allora concludere che la società deve rimanere passiva di fronte a ogni delitto? No, per certo. E la natura, è la finalità dell'intervento legittimo quella che dev'essere mutata... Se al tempo del Beccaria il costume sociale era divenuto più civile, più mite, più umano della legislazione penale che vi presiedeva, tanto che... un lungo cammino ha dovuto compiere la legislazione per cercare d'adeguarvisi, oggi la nostra civiltà è molto più cristiana delle sue leggi per quanto esse si siano evolute. La nostra civiltà è credente. Il suo diritto è ancora agnostico. Il clima spirituale necessario a una grande riforma ci è tuttavia garantito dall'autorità indefettibile dello Stato, eretto in ente etico oltre che giuridico dalla concezione del Duce, motore della storia del nostro secolo, assertore e difensore della nostra civiltà; dalla preparazione rivoluzionaria della nazione, dalla restaurazione della religione nel popolo, dalla difesa del matrimonio, della famiglia, della maternità; dalla disciplina cosciente del paese, organato integralmente nelle istituzioni del regime che accompagnano il cittadino dai primi passi alla virilità e che domani potrebbero costituire organi efficaci di patronato cui affidare i singoli rieducandi per un'amorevole opera di guida e d'aiuto spirituale, animata da un elevato spirito di solidarietà cristiana e sociale. Tutto questo ci fa sicuri che non sarà lontano il tempo in cui l'Italia, prima degli altri paesi, si metterà sulla via d'una revisione sostanziale del giure criminale in cui il diritto di punire sia sostituito dal dovere di redimere, come con fede di cattolici e di italiani noi auspichiamo ». Claudio Beliagardl
Realtà e speranza della emigrazione di un popolo oppresso L'emigrazione russa, tanto dal punto di vista qualificativo che quantitativo, non può essere paragonata a nessun'altra. Essa costituisce un fenomeno storico senza precedenti. Quando l'armata bianca, che ne fu l'elemento principale, prese la via dell'esilio, si sparse per tutto il globo. Dal 1920 essa costituisce una « nazione senza territorio » che possiede le sue organizzazioni molteplici e la sua stampa libera. E giusto che l'emigrazione russa prenda la denominazione di « Russia esistente al di fuori delle frontiere ». La coesione di queste organizzazioni era assicurata dalla sola classe politica che costituisce « la lotta contro il bolscevismo». I servigi resi dall'emigrazione russa all'universo sono immensi: grazie alla sua esistenza ed alla sua attività, molte personalità politiche ed una parte dell'opinione pubblica sono rimaste francamente opposte al regime sovietico; grazie anche ai russi bianchi il pericolo del comunismo internazionale è stato presto compreso; infine, grazie all'emigrazione russa, nello spirito di certi uomini illuminati le idee della risurrezione della Russia nazionale non si sono mai spente. Da vent'anni — vent'anni di privazioni inaudite e di vane aspettative, vent'anni di lavoro sovversivo degli agenti della G.P.U. — un lavoro distruttivo è stato intrapreso. Le forze dei vecchi emigranti indeboliti già dalla grande guerra, dalla rivoluzione e dalla lotta fratricida cominciavano a cedere. La vecchia generazione, stanca e consumata, mancava spesso di senso pratico e, incapace di adattarsi alle nuove esigenze politiche, sparisce a poco a poco cedendo il posto a nuove forze virili. I vecchi partiti, usciti dalla Russia d'anteguerra, e che appartengono ancora alla destra o alla sinistra, hanno serbato uno spirito retrogrado. Si sono trovati per questo senza ascendente sulla gioventù che è cresciuta dalle due parti della frontiera russa. I profondi cambiamenti politici sopravvenuti da vent'anni hanno fatto perdere all'emigrazione russa tutte le relazioni amichevoli ch'essa aveva con la vecchia « elite » europea. Innumerevoli sono i capi stranieri e russi che sono morti dal 1918. Così che i solidi legami che univano i rappresentanti della Russia di ieri con il mondo politico straniero, si sono pericolosamente rilasciati. L'Occidente non tiene conto oggi che di questa caricatura tragica della Russia che ha nome U.R.S.S. L'Occidente ha omesso un fatto: dai russi, come ovunque, il do-
po guerra ha visto nascere una nuova generazione: sono i giovani che sono fuori delle frontiere russe, sono i giovani nati fra gli emigrati che invece di denazionalizzarsi e di fondersi con la massa che li circonda, hanno saputo trovare in loro le forze necessarie per continuare la lotta. Adesso hanno l'intenzione ferma di tenere la fiaccola nazionale fino al giorno imminente della vittoria sul bolscevismo. Realista, d'un realismo di cui ha dato prova in molte battaglie della vita di ogni giorno, questa giovane generazione è moralmente intatta e sana; possiede molte forze vitali ed ha saputo crearsi un proprio ideale organizzandosi e ispirandosi a metodi e forme nuove. Ma è certo che questi giovani russi bianchi assomigliano molto ai loro fratelli nati sotto il giogo dei Soviet. Questi ultimi si trovano in contatto continuo coi massacri quotidiani del regime sovietico. Ora viziati e adulati, ora malmenati e ingannati, hanno imparato a conoscere il vero viso del comunismo. Induriti dalla lotta per il pane quotidiano, abituati alle atrocità della G.Y.U. si sono impegnati risolutamente e a fondo in una lotta senza pietà contro il regime sanguinario di Stalin. L 'evoluzione di queste due nuove generazioni russe, tanto differenti rispetto all'atmosfera che respirano, è arrivata a risultati identici: i) ha creato il carattere nazionale; 2) ha provocato nelle due parti della frontiera un odio uguale ed intenso contro gli usurpatori del Kremlino; 3) ha deposto in fondo al cuore dei giovani abitanti dell'U.R.S.S., sia dei giovani emigranti, le identiche aspirazioni verso la pace e la libertà sociale, lo stesso desiderio profondo di constatare la fine del giogo rosso sul continente russo. Questi sono i punti similari delle due nuove generazioni russe. Possiamo esaminare ora le divergenze che esistono tra di loro. La gioventù dell'emigrazione, rimasta in contatto con le nobili tradizioni del glorioso passato della Russia, conscia d'altra parte, del movimento nazionale contemporaneo, nelle sue più profonde radici, si è saputa creare una nuova sintesi ideologica. Essa ha adottato tutto quello che ha giudicato essenziale nel passato e l'ha conciliato con tutto ciò che ha trovato di giusto nel mondo presente. Non è la stessa cosa per la gioventù sovietica; essa ignora tutto il grande passato della Russia e vive isolata dagli
Si PUBBLICA IN MILANO A NNO I -
NUMERO
19
30 NOVEMBRE 1938 - A. XVII
Parliamo di conferenzieri, meglio di alcuni oratori del tempo di oggi, intendo dire dei personaggi ufficiosi la cui Parola. viene commentata nei quotidiani pressapoco così: « Documentata rigidamente e spassionatamente, calda d'eloquenza, precisa nell'argomentazione, spoglia di vieti fiori rettorici, la requisitoria ha preso l'uditorio fin dal suo inizio » ecc. ecc. • • s
La « calda documentata precisa antirettorica » orazione — su un tema di reale interesse — si divide al solito in tre parti: vano clamore iniziale, lettura di idee altrui, urlo finale ossia coda buona per qualsiasi tema. s • s Troppo sintetici? s • s Spesso l'oratore incaricato d'ufficio non riesce a dimenticare del tutto la sua precedente attività: di quando il Fascismo era in fase polemica, onde si richiedeva un vocabolario aggressivo e d'effetto. Quel tempo è passato: nessuno di noi sente il bisogno di essere persuaso per la ragione semplice che ci sentiamo ampiamente persuasi: nell'andare ad una conferenza di carattere ufficiale su temi ampi e vasti non chiediamo della requisitoria polemica ad effetto, solo ci aspettiamo delle idee. Perchè, ripeto, l'oratore è nel nostro caso persona che parla a gente della stessa sua fede: tralasciare dunque il « piazzismo »; badare strettamente al tema senza cadere nelle comode generalità e nella facile ironia è segno di serietà — diciamo fascista — che a molti difetta. • • s
altri popoli. Nondimeno essa è risoluta ad agire, purtroppo a tastoni, come nell'oscurità. Ora, il fatto di avere un nemico comune, spinge la gioventù russa dalle due parti della frontiera verso una unione ogni giorno più intima. E da questa fusione di forze, l'una rischiarata dai fatti, ma numericamente debole, l'altra importantissima come numero e azione diretta, ma sprovvista di senso poliSenza altri commenti. tico netto, che nascerà il movimento lis s s beratore della rinnovazione russa. Si può facilmente capire che questa Una riproposta o una difesa. Ancounione, che diventa ogni giorno più conra dell'Auditorium milanese. (E si creta e profonda, è di natura tale da impassa in queste Filippiche dalla politipensierire i dirigenti di Mosca. Quando questa fusione sarà avvenuta, ca alla musica, così di volo appena essa porterà certamente un colpo mortafrenati dalla barriera di un asterisco). le al regime sovietico. Non è dunque strano che la G.P.U. spenda somme ingenti Il Corriere credo, L'Ambrosiano ed e spieghi un'attività formidabile ai fini altri, « pro », la Sera — ultimamente di intralciare l'operosità della nuova ge— « contro ». nerazione russa. Stalin non cessa di molNoi siamo decisamente dalla parte tiplicare i provvedimenti più severi a del « sì ». Milano è città musicale, è mezzo della polizia, all'interno. All'estero egli intensifica il lavoro delle spie e anzi « la città musicale d'Italia ». Il della provocazione creando, per esempio, Teatro alla Scala fa tutto il possibile nel seno dell'emigrazione dei gruppi (si per offrire dei concerti-orchestrali, ma direbbe) nazionali, ma, in realtà, interamente comandati da Mosca. Tutto ai So- anche quest'anno, tra primavera ed autunno, si sono ridotti a sei; e il teaviet serve per fermare il flutto della Rivoluzione Nazionale. tro se il concerto è bello — si troGli stranieri, miranti all'equilibrio monva tutto esaurito. Il Conservatorio dal diale, tutti quelli che hanno compreso il suo canto fa stipare una folla troppo pericolo mortale del bolscevismo per il proprio paese, che vanno constatando i fitta per la sua capacità ad ogni buon concerto da camera (e non valga l'edisastri provocati dalla rovina della Russia, non possono rimanere indifferenti dasempio — frutto di un'eccezione — vanti a un'eventualità terribile. Essi deriportato dalla Sera). vono partecipare alla lotta attuale impeMettiamo le due cose insieme: ne gnata fra la nuova generazione e il bolbalzerà fuori il bisogno di un grande, scevismo. Tutti quelli che capiscono come il sopravvenire d'una Russia Naziomolto grande locale adatto, perchè nale possa tagliare per sempre il nodo concerti sinfonici, con orchestra stagordiano nel quale si trova intricata la angosciosa situazione del dopoguerra, de- bile, perchè i solisti Possano soddivono annodarsi alla nobile causa della sfare in maniera degna della nostra gioventù russa. città, le esigenze del grande pubblico. Cosi concepita, la lotta contro il bols s * scevismo non solo gioverà infallibilmenPresunzione: i camerati di Libro e te, ma arriverà a distruggere il centro diabolico che avvelena le Nazioni occiden- Moschetto pretendono Il monopolio tali. Inoltre contribuirà a creare per dodel fascismo e scrivono: a di corrente mani dei legami amichevoli tra il paese, ve ne è una soltanto e la rappresentiache avrà partecipato a questa azione liberatrice, ed il popolo che oggi ancora mo noi ». (Ritmi - Libro e Moschetto, si dibatte sotto il giogo comunista e sarà 12 nov. 1938-XVII). domani un padrone incontestabile d'un territorio che copre la sesta parte della superficie terrestre. E basta con le insinuazioni. Nicola Zoblello Briosi