WALKABOUT #03 - PASSO MOBILE, Kunsthalle West, Lana (BZ)

Page 1

WALKABOUT #03 PASSO MOBILE KUNSTHALLE WEST, LANA

la centrale edizioni


Walkabout #03–Passo mobile KUNSTHALLE WEST, Lana (BZ) 25.05 – 09.06.2019

cover: ph. Luca Scarabelli


Walkabout #03–Passo mobile Antonio Catelani, Umberto Cavenago, Ermanno Cristini, Gianluca Codeghini, Pierluigi Fresia, Giancarlo Norese, Luca Scarabelli, Roberta Segata testimone: Marcel Zischg da un’idea di Ermanno Cristini e Luca Scarabelli

Kunsthalle West, Lana (BZ)


Passo mobile Passo mobile ist die dritte Ausgabe der Ausstellungsreihe des Projekts Walkabout und ist das Überschreiten einer Grenze. Überschritten wird der, uns rhythmisch definierende Zeitraum, welcher Tag und Nacht teilt. Es handelt sich um einen unsichern Orte, der aus dem unfassbaren Moment besteht, in welcher die Zeit in ihrem kontinuierlichen Fluss, an den Übergang kommt wo sich jenes was war und jenes was sein wird überschneiden. Es ist ein Grenzgebiet, eine Art dritte, verlangsamte Zeit, die sich der heutigen Jagd nach Beschleunigung entgegensetzt. Passo mobile ist eine Ausstellung, die sich an der Schwelle zwischen Licht und Dunkelheit verändert. Im zeitlichen Wandel des Übergang von hell zu dunkel entstehen und verschwinden die Werke. Sie verändern ihr Aussehen und fordern einen zweiten Blick, auf jenes was vorher vielleicht nicht gesehen wurde bzw. nicht gesehen werden konnte.


5

Passo mobile Passo mobile è il terzo episodio della serie di mostre del progetto Walkabout. Passo mobile è l’attraversamento di un confine, lo spazio di tempo che articola la nostra giornata scandendola entro il rincorrersi ritmico del giorno e della notte. Si tratta di un luogo incerto fatto degli istanti impalpabili in cui il tempo ricompone il proprio flusso tramite l’attraversamento continuo del bordo sfrangiato dove ciò che è già stato si sovrappone a ciò che è e che sarà. Un territorio di frontiera, una sorta di terzo tempo, che si oppone al tempo dell’ebbrezza rincorso dall’accelerazione contemporanea. Passo mobile, collocandosi in un istante dilatato, è una mostra che si trasforma ricalcando una soglia, quella in cui la luce diventa buio. Nel cambiamento temporale le opere affiorano e spariscono mutando di fisionomia e orientando lo sguardo a un’attesa meravigliata, alimentata dalle sfumature e dalla forza di ciò che per essere visto chiede di essere visto due volte.


Walkabout Un canto, disse, faceva contemporaneamente da mappa e da antenna (Bruce Chatwin, Le vie dei Canti)

Walkabout è una serie di mostre, ognuna su argomenti specifici, che durano da un giorno a un mese e che possono trasformarsi durante il loro svolgersi. Ad ogni appuntamento alcuni degli artisti invitati ricorrono altri cambiano; uno di questi agisce da testimone ed è nel suo racconto, orale, scritto, musicale, visivo, filmico, ecc. che la mostra continua a vivere. Il racconto fa da filo conduttore per la mostra successiva di cui è elemento essenziale. Walkabout è un progetto che percorre le trasformazioni attuali dello statuto dell’opera d’arte osservandola come fuga di testimonianze. Oggi il destino dell’opera d’arte è caratterizzato da un inevitabile “rotolamento” attraverso i media e i formati, dando luogo ad un processo di continua codifica e transcodifica, o di traduzione.


7

La traduzione, implicando il passaggio da un linguaggio all’altro, si misura sempre con l’intraducibile, ovvero si esercita nella forma di un passaggio di “frontiera”, un luogo in cui si fanno fronte due diversità. Per questo ogni traduzione è un’interpretazione, e lo è nel momento in cui fallisce come semplice atto di transcodifica e si nutre del “malinteso” che necessariamente si genera nel confronto tra le diversità. La traduzione che ha consapevolezza del proprio fallimento diventa testimonianza, laddove sa di misurarsi deliberatamente con l’indicibile. Mappa e antenna, il “canto” nel Walkabout degli aborigeni australiani esprime una volontà di orientamento. Oggi, entro la catastrofe dei linguaggi, è una risposta che guarda al frammento “tirando dei fili”, i fili del significato. Ermanno Cristini



9


Marcel Zischg: testimone

Marcel Zischg, Ăœbergang (Transizione), 2019 poesia


11

Übergang Ich sehe den Menschen auf mich zukommen. Sehe, wie er aussieht und gekleidet ist. Sehe sein freundliches Lächeln. Blicke auf den sonnenbeschienenen Berg hinter ihm. In der Dämmerung denke ich an den Menschen, dem ich am Tag begegnet bin. Als meine Augen zufallen, da wird er zu einem Schatten. Ich sehe seinen Schatten auf mich zukommen. Nun sehe ich nicht mehr, wie er gekleidet ist – vielleicht ist er nackt. Ich vergesse, wer er gewesen ist. Sicher war er jemand, dem zu begegnen ich mir schon lange wünsche. Ich blicke auf den Berg hinter ihm – ein riesiger schwarzer Schatten. Der Schattenberg setzt sich in Bewegung und lächelt. Ich grüße den Berg und strecke meine Hand aus. Er streckt seine riesengroße schwarze Hand aus. Wir berühren einander – warm und wohlig. Er führt mich an der Hand hinfort. Als er mich loslässt, verschwinden die schwarzen Schatten vor dem dunkelblauen Himmel. Ich begegne dem Menschen, dem zu begegnen mir schon lange wünsche. Er ist tatsächlich nackt. Und er ist kein Schatten mehr.



13

Transizione (traduzione di Mauro Sperandio) Io guardo l’uomo che a me s’avvicina. Guardo il suo aspetto e i suoi abiti. Guardo il suo sorriso amichevole. Scorgo la montagna illuminata dal sole stagliarsi alle sue spalle. Al tramonto, penso all’uomo che ho incontrato durante il giorno. Al chiudersi dei miei occhi, egli diventa un’ombra. Ed io guardo la sua ombra farmisi incontro. Non riesco più a vedere come è vestito, forse è nudo. Ho dimenticato chi fosse. Sicuramente era qualcuno che desideravo incontrare da lungo tempo. Scorgo la montagna dietro di lui: un’enorme ombra nera. La montagna d’ombra inizia a muoversi e sorride. Saluto la montagna e allungo la mano. Lei allunga la sua enorme mano nera verso di me. Il nostro sfiorarci è caldo e piacevole. Per mano, lei mi conduce con sé. Nel momento in cui mi lascia, le ombre nere scompaiono nello scuro blu del cielo. Incontro l’uomo che desideravo incontrare. È davvero nudo e non è più un’ombra.



15


Antonio Catelani


17


Giancarlo Norese


19


Umberto Cavenago


21


Umberto Cavenago


23



25



27

Umberto Cavenago



29

Luca Scarabelli



31

Ermanno Cristini


Umberto Cavenago


33


Gianluca Codeghini


35



37

Gianluca Codeghini


Roberta Segata


39



41



43

Umberto Cavenago


Luca Scarabelli


45



47

Ermanno Cristini


Ermanno Cristini


49



51

Luca Scarabelli


Luca Scarabelli


53



55


Pierluigi Fresia


57



59

Luca Scarabelli


Luca Scarabelli


61


Umberto Cavenago


63



65

Gianluca Codeghini


Ermanno Cristini


67


pagg. 8-9, ph. Ermanno Cristini pagg. 14-15, ph. Luca Scarabelli pagg. 16-17, Antonio Catelani, Abwesenheiten in Preuβisch Blau, 2018/2019, olio su tela, n. 2 da 31×41 cm, n. 3 da 26×41 cm, n. 1 da 27×41 cm, n. 1 da 21×41 cm, n. 1 da 21×31 cm, ph. Luca Scarabelli pag. 19, Giancarlo Norese, Caffè Bar, Milano 2010, 2019, stampa ink-jet, 70×50 cm, ph. Ermanno Cristini pagg. 20-23, Umberto Cavenago, Fremito creativo (occhi bianchi), 2004, gomma nera, motore elettrico e luci led, 26×15×15 cm, ph. Ulrich Egger, Umberto Cavenago pagg. 24-25, ph. Luca Scarabelli pagg. 26-27, Umberto Cavenago, Tetracaidecaedro irregolare da lancio calibro 50, 2019, stampa 3D in “acido polilattico” (PLA), 5×5×5 cm, ph. Ulrich Egger, Luca Scarabelli pagg. 28-29, Luca Scarabelli, Passi sparsi, 2019, 110 elementi di calze grigie, sacco di plastica trasparente, ph. Ulrich Egger pagg. 30-31, Ermanno Cristini, To be late (Nocturnal), 2019, nastro adesivo, sedia, 40×80×60 cm, ph. Ulrich Egger pagg. 32-33, Umberto Cavenago, Tetracaidecaedro irregolare da lancio calibro 50, 2019, stampa 3D in “acido polilattico” (PLA), 5×5×5 cm, ph. Luca Scarabelli pagg. 34-36, Gianluca Codeghini, Everything begins and ends on the tips of fingers, 2014, vasi di ceramica bianchi colorati con marker cancellabile, dimensioni variabili, ph. Ulrich Egger, Luca Scarabelli pagg. 38-39, Roberta Segata, Oltre la siepe (Everything seems nothing and nothing seems everything, Whispers, The first step out, Black hole, New shapes on old shapes), 2014, serie di 11 foto, archivial pigment print su supporto di alluminio, 40×60 cm, courtesy RBcontemporary gallery, ph. Ulrich Egger pag. 40, ph. Ulrich Egger pagg. 42-43, Umberto Cavenago, Adorabile, 2018/19, spot laser e computer, trasmissione Morse, dimensioni variabili, ph. Umberto Cavenago pagg. 44-45, Luca Scarabelli, Esercizio da cieco, 2019, vernice trasparente su tela, 30×24 cm, ph. Ulrich Egger


69

pagg. 46-49, Ermanno Cristini, Ginnastica Artistica. Ambiguo cardinale in fronte (Lana), 2019, bussole, treppiedi, dimensioni variabili, ph. Ermanno Cristini, Luca Scarabelli pagg. 50-51, 53, Luca Scarabelli, Media diaphana (il profilo delle montagne), 2019, dimensioni variabili, ph. Luca Scarabelli, Ulrich Egger pagg. 54-55, ph. Ulrich Egger pagg. 56-57, Pierluigi Fresia, ὕβφις (hýbris), 2019, gesso su lavagna, 60×90 cm, ph. Ulrich Egger pagg. 58, 60-61, Luca Scarabelli, Silent pattern object, 2019, stringhe di scarpa, lunghezza 105 cm, ph. Ulrich Egger, Luca Scarabelli pagg. 62-63, Umberto Cavenago, Adorabile, 2018/19, spot laser e computer, trasmissione Morse, dimensioni variabili, ph. Luca Scarabelli, Umberto Cavenago pagg. 64-65, Gianluca Codeghini, Non lontano da qui la gente si agita e basta, 2008, video, ph. Luca Scarabelli pag. 67, Ermanno Cristini, Breath (double soft), 2019 stampa su tessuto, 200×140 cm, ph. Ermanno Cristini




Walkabout #02-A Place to Be Accesso Obliquo LATO, Prato 01.03 – 24.05.2019


Walkabout #02–A Place to Be Accesso obliquo Aurelio Andrighetto, Simona Barbera, Tiziano Campi, Umberto Cavenago, Ermanno Cristini, Hannes Egger, Ronny Faber Dahl, Pierluigi Fresia, Armida Gandini, Giancarlo Norese, Luca Scarabelli, Olivia Vighi testimone: Pierluigi Fresia da un’idea di Ermanno Cristini, Matteo Innocenti, Luca Scarabelli

LATO, Prato


Accesso obliquo Accesso Obliquo nasce dall’incontro di due progetti, Walkabout e A Place to Be con un luogo, LATO, a Prato. Il collante è lo spazio, non quale contenitore ma in termini di identità; un tema questo che costituisce l’elemento portante del progetto A Place to Be e che in questa seconda tappa di Walkabout viene affrontato rincorrendo un’aporia, quella dell’esitare. Date le caratteristiche fisiche dello spazio di LATO, qualificato dai volumi netti e dai tagli decisi dell’architettura, l’esitare appare come una sorta di contrappunto potenzialmente eleggibile a chiave di lettura del luogo. Una dimensione sospesa, fatta di discrezione, che corrisponde ad un guardare trattenuto in cui trovare la “verità” dello spazio. Gli artisti partecipanti sono invitati a gesti minimi, per camminare in equilibrio nell’ambiguità di una “soglia in cui ci si trattiene”, fuoco di uno spazio della possibilità fatto di azione e resistenza. Un “non esercizio” che non può non far pensare per esempio, trattandosi di spazio, a una soglia ormai eletta a metafora epistemologica,


75

la porta di Rue Larrey. Qui il riferimento “dentro/fuori” è inversamente incrociato in una condizione di metastabilità, tale per cui ognuna delle due azioni – aprire/chiudere –, contestuali e simultanee, costituiscono reciprocamente l’affermazione e la resistenza all’altra. “Eventi incompossibili” li definisce Vogl, o punti opachi del pensiero. Ritardi che si aprono al dubbio e entro il dubbio cercano la forma di un possibile “spiazzamento” significante.


Pierluigi Fresia: testimone

Pierluigi Fresia, ὕβφις (hýbris), 2019 gesso su lavagna, 60×90 cm, ph. Luca Scarabelli


77



79


Pierluigi Fresia

Umberto Cavenago

Hannes Egger

Hannes Egger

Ermanno Cristini

Ermanno Cristini


81

Olivia Vighi

Armida Gandini

Ronny Faber Dahl

Ermanno Cristini

Ermanno Cristini, Luca Scarabelli

Luca Scarabelli


Luca Scarabelli

Giancarlo Norese

Simona Barbera

Armida Gandini

Aurelio Andrighetto

Aurelio Andrighetto


83

Tiziano Campi

Luca Scarabelli

Aurelio Andrighetto

Aurelio Andrighetto

Armida Gandini

Armida Gandini


pagg. 78-79, ph. Simona Barbera pag. 80, Pierluigi Fresia, Mahabaharata, 2017, stampa fotografica su carta cotone Fine Art, ph. LATO pag. 80, Umberto Cavenago, 12 tetracaidecaedri irregolari da lancio calibro 75, 2019, stampa 3D in “acido polilattico” (PLA), ph. LATO pag. 80, Hannes Egger, I would prefer not to, 2019, cartone, stampa su felpa, acrilico su carta, penna su carta, lettera, buste, fotocopie, penna, ph. LATO pag. 80, Ermanno Cristini, Ginnastica artistica. Seduta cardinale (Prato), 2018, bussole su sedie reperite in loco, ph. Ermanno Cristini, LATO pag. 81, Olivia Vighi, Equivalenza, 2018, stampa su carta cotone, ph. LATO pag. 81, Armida Gandini, Cedi? non cedo, 2003, 4/3 colore sonoro 06.00 minuti, ph. Armida Gandini pag. 81, Ronny Faber Dahl, Line liners shift (Spectral Materials), 2019, png generativo, stampa su tessuto poliestere, ph. LATO pag. 81, Ermanno Cristini, Prière de Toucher in Double Case with Crocodile vanishing, 2016, stampa a getto d’inchiostro, cornice, targhetta in alluminio, ph. LATO pagg. 81-82, Luca Scarabelli, Mi abisso, 2019, lacci di scarpe neri, ph. LATO pag. 82, Giancarlo Norese, Interrobang, 2019, serigrafia su matita (con Paola Pietronave), ph. Giancarlo Norese pag. 82, Simona Barbera, Granular, 2019, audio sintesi, diffusione stereo, 4’40’’ loop (10’ silenzio), ph. Simona Barbera pag. 82, Armida Gandini, Stand up, 2016, fotografia incisa e piegata, ph. LATO pag. 82, Aurelio Andrighetto, Laptop, 2017, plastica con ombre dipinte ad aerografo, ph. LATO pag. 83, Tiziano Campi, Palafritta, 2018, ottone e legno colorato, ph. LATO pag. 83, Luca Scarabelli, Intervallo, 2019, scarpa nera con buco, ph. Luca Scarabelli pag. 83, Aurelio Andrighetto, Disegno fotogenico, 2019, filo di lana teso, ph. LATO, Armida Gandini


85

pag. 83, Armida Gandini, Alice in the mirror’s garden, 2001, box in legno con stampa digitale su carta e vetro, ph. Armida Gandini, LATO



87


Walkabout #01-Foreignness Incantamento FONDAZIONE LA FABBRICA DEL CIOCCOLATO, Torre Blenio, Svizzera 07.04 – 20.05.2018


Walkabout #01 – Foreignness Incantamento Simona Barbera, Sergio Breviario, Umberto Cavenago, Ermanno Cristini, Carlo Dell’Acqua, Hannes Egger, Elena El Asmar, Ronny Faber Dahl, Gabriela Hess, Michele Lombardelli, M+M, Angelo Mosca, Giancarlo Norese, Luca Pancrazzi, Javier Peñafiel, Luca Scarabelli, Ivana Spinelli, Giovanni Termini, Enzo Umbaca, Alejandro Vidal testimoni: Simona Barbera, Ronny Faber Dahl da un’idea di Ermanno Cristini, Al Fadhil, Franco Marinotti, Luca Scarabelli

La Fabbrica del Cioccolato, Torre Blenio, Svizzera


Incantamento Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io fossimo presi per incantamento (Dante Alighieri, Liriche)

Questa avventura nasce dall’incontro di due progetti, Walkabout e Foreignness con un luogo, la Fabbrica del Cioccolato e la Valle di Blenio, due progetti autonomi ma accomunati dall’interesse per la traduzione e il territorio. Oggi il destino dell’opera d’arte è caratterizzato da un inevitabile “rotolamento” attraverso i media e i formati, dando luogo a un processo di continua codifica e transcodifica, o meglio di traduzione. Anche il territorio con la sua storia è soggetto a percorsi di trasformazione culturale, oltre che funzionale-economica, i quali mutandone progressivamente l’identità innescano una successione di atti di traduzione, ovvero di testimonianza. Agire le testimonianze è il timone dell’avventura in questo luogo, la Fabbrica del Cioccolato e la sua valle, un luogo che induce all’incanto.


91

Ad esercitare il rapimento sono il suo sovradimensionamento, la sua storia di transizione lungo usi diversi — da centrale idroelettrica a fabbrica di birra a fabbrica del cioccolato a centro per l’arte contemporanea — e il suo essere in mezzo alle montagne, come un corpo che appare in forma di improvvisa deviazione, imponendosi allo stupore dello sguardo. Le opere, attraverso l’intreccio dei linguaggi, vogliono richiamarsi per suggestione, pungere e condizionare il sentimento, guardando l’ambiente sia per le sue particolarità fisiche che in quanto spazio delle persone dove emergono le tracce di una storia. L’incanto diventa allora la capacità di acuire lo sguardo e di disporsi a vivere la “meraviglia” come forma di estraordinarietà dell’ordinario. Così considerata, una “mostra” non è un semplice allineamento di opere ma una sorta di organismo che cresce quasi naturalmente alla ricerca di un suo equilibrio che, se riesce, corrisponde a una nuova attribuzione di senso al luogo; a un “riuso” orientato a favorire per tutti, e per gli abitanti della valle soprattutto, nuove forme di consapevolezza.


Simona Barbera, Ronny Faber Dahl: testimoni


93

La nostra testimonianza della mostra Walkabout #01-Foreignness si definisce attraverso l’idea di ‘traccia’ come forma poetica astratta. In De la grammatologie Jaques Derrida esplora il concetto di traccia in relazione al segno e alla formazione del significati – le parole nel discorso e nella scrittura, ma anche le immagini. Secondo la pratica decostruttiva di Derrida la traccia non consiste solo nell’inversione del privilegio della presenza sull’assenza; la traccia è ‘la condizione stessa della non presenza del presente.’ Nell’antropologia urbana contemporanea, si potrebbe pensare alla traccia come all’elaborazione di un’immagine distante dalla sua fonte. La nostra testimonianza mette in atto diversi livelli di astrazione: stratificazione di dati digitali, frequenze e onde sinusoidali (audio), sintesi sonora granulare, pixel e tracce materiali di immagini e documentazioni sonore estrapolate dal precedente progetto espositivo Walkabout #01-Foreignness. La stampa a sublimazione su tessuto deriva dai processi di codifica e rendering al computer di una serie di immagini estrapolate dalla documentazione fotografica del progetto Walkabout #01-Foreignness; attraverso un ampio spettro di frequenze audio, la traccia sonora si articola con diversi processi di astrazione e alterazione digitale prendendo come spunto iniziale suoni ambientali dello spazio espositivo della Fondazione Fabbrica del Cioccolato a Blenio.


Simona Barbera, Granular, 2019 audio sintesi, diffusione stereo, 4’40’’ loop (10’ silenzio), nell’immagine: schema grafico

Ronny Faber Dahl, Line liners shift (Spectral Materials), 2019 png generativo, stampa su tessuto poliestere, 100×150 cm, ph. Simona Barbera


95



97


Carlo Dell’Acqua

Ronny Faber Dahl

Ronny Faber Dahl

Ronny Faber Dahl

Ermanno Cristini

Ermanno Cristini


99

Umberto Cavenago

Gianluca Codeghini

Simona Barbera

Luca Scarabelli

Enzo Umbaca

Alejandro Vidal


Umberto Cavenago

Silvana Spinelli

Giancarlo Norese

Giancarlo Norese

Angelo Mosca

Luca Scarabelli


101

Hannes Egger

Hannes Egger

Javier PeĂąafiel

Javier PeĂąafiel

Luca Pancrazzi


Silvana Spinelli

Giovanni Termini

Elena El Asmar

Elena El Asmar

Simona Barbera

Gabriela Hess


103

Silvana Spinelli

Silvana Spinelli

M+M

Luca Scarabelli

Michele Lombardelli

Sergio Breviario


pagg. 78-79, ph. Claudio Tornieri pag. 98, Carlo Dell’Acqua, Ricco, 2017, video, ph. Claudio Tornieri pag. 98, Ronny Faber Dahl, Of brick and plastic, 2018, mattoni, tessuti, ph. Simona Barbera, Walter Carni pag. 98, Ermanno Cristini, Ginnastica artistica. Seduta cardinale (Blenio), 2018, bussole su panche reperite in loco, ph. Walter Carni, Simona Barbera pag. 99, Umberto Cavenago, Ringway, 2015, acciao, alluminio, gomma, ph. Claudio Tornieri pag. 99, Gianluca Codeghini, Cose e affetti senza prove, 2018, video multischermo, ph. Gabriela Hess pag. 99, Simona Barbera, Entanglement, 2018, pelletteria industriale colorata, ph. Simona Barbera pag. 99, Luca Scarabelli, Righe d’improvviso, 2018, bandierine in plastica, ph. Claudio Tornieri pag. 99, Enzo Umbaca, Garida/voce della valle, 2018, traccia audio, altoparlante a tromba, ph. Claudio Tornieri pag. 99, Alejandro Vidal, Only enemies speak the truth, 2011, video, ph. Claudio Tornieri pag. 100, Umberto Cavenago, Wrrrrrr, 2018, motovibratore elettrico, ph. Claudio Tornieri pag. 100, Ivana Spinelli, CCNL traduzioni, 2016, stampa su tela sintetica e alluminio anodizzato, ph. Walter Carni pag. 100, Giancarlo Norese, Bolo Bolo, 2018, foglia del giardino masticata da Luca Scarabelli, ph. Luca Scarabelli pag. 100, Giancarlo Norese, Bolo Bolo (Mida), 1987-2018, contenitore per fotocopie del gruppo Mida, svuotato, ph. Giancarlo Norese pag. 100, Angelo Mosca, Il funerale dell’arte, 2016, olio su tela, ph. Claudio Tornieri pag. 100, Luca Scarabelli, Per aspera ad astra, 2018, bandierine in lana, ph. Walter Carni pag. 101, Hannes Egger, Viva voce, 2018, altoparlante, microfono, leggio, corda, vestiti, stampa su carta, ph. Claudio Tornieri


105

pag. 101, Javier Peùafiel, Perfezionando la morte, 2017, video, performance, ph. Claudio Tornieri, Walter Carni pag. 101, Luca Pancrazzi, Mi disperdo e proseguo lasciandomi indietro un passo dopo l’altro (Milano-Cima Norma), 2018, wall drawing, ph. Claudio Tornieri pag. 102, Silvana Spinelli, Minimum voci, 2017, video, ph. Walter Carni pag. 102, Giovanni Termini, Ora tutto ora nulla, 2018, installazione site specific con materiale reperito in loco, ph. Simona Barbera pag. 102, Elena El Asmar, Senza titolo con improvvisazione, 2018, tecnica mista su parete, ph. Walter Carni, Claudio Tornieri pag. 102, Simona Barbera, Port sediments, 2018, piume, conchiglie marine, tessuti, parti di computer, cemento, ph. Simona Barbera pag. 102, Gabriela Hess, Il lavoro della dolcezza, 2018, inchiostro su carta di riso, ph. Simona Barbera pag. 103, Silvana Spinelli, Cielo cielo cielo, 2018, incisione su vetro e installazione, ph. Simona Barbera, Claudio Tornieri pag. 103, M+M, Euphorie, 2014, video, ph. Claudio Tornieri pag. 103, Luca Scarabelli, Stillstand, 2018, barattolo in vetro, etichetta, ph. Claudio Tornieri pag. 103, Michele Lombardelli, Duemiladiciotto, 2018, xilografia, ph. Claudio Tornieri pag. 103, Sergio Breviario, installazione camera 10: reostato, luci reperite in loco, Senza titolo, 1997, stampa fotografica b.n.; Con maschera di carta, 2018, olio su specchio, olivo, ph. Claudio Tornieri installazione camera 7: reostato, luci reperite in loco, Senza titolo, 1997, stampa fotografica b.n.; Ritratto di uomo con problemi di acne, 2018, olio su specchio, olivo





109

Walkabout, un approfondimento 1) Da Roaming a Walkabout Se il focus di Roaming1 è stato il rapporto tra l’opera d’arte e le modalità della sua circolazione sotto forma di immagine, il punto di arrivo è rappresentato da tre domande: a) Si può pensare che la vertigine di un’oscillazione continua tra opera e sua riproduzione costituisca l’elemento caratterizzante di una nozione “ricca” di immagine in cui il dato fotografico e quello materiale coesistano come elementi di un dispositivo “superiore”, con il quale forse si identifica una nuova nozione di opera d’arte?

1) Roaming, 2008-2014. Roaming, un progetto di Ermanno Cristini curato da Alessandro Castiglioni si è focalizzato su alcuni aspetti relativi al ruolo del curatore, alla trasformazione dello statuto dell’opera e della nozione di “messa in mostra” nel contemporaneo. Roaming è una serie di “mostre” che durano solo il tempo dell’inaugurazione e poi si stabilizzano sul web, attraverso le immagini dei fotografi. Gli artisti cambiano di volta in volta secondo un meccanismo che mette “in scacco” la figura del curatore. In sintesi Roaming si interroga sul rapporto tra produzione di un’opera, la conseguente circolazione e la questione della diffusione della propria immagine. Avviato nel 2008 e concluso nel 2014 Roaming ha coinvolto oltre 100 artisti di diverse nazionalità, ha realizzato 22 mostre in altrettante città europee di cui oltre la metà museografiche. La mostra conclusiva è stata realizzata a Maggia (Svizzera) nella Fabbrica Rosa, l’ex Archivio di Harald Szeemann. Alessandro Castiglioni e Ermanno Cristini (a cura di), ROAMING. Sull’intermittenza dell’opera d’arte, Postmedia Books, 2013.


b) Come si pone allora la questione della formatività nel momento in cui questa attività si misura con una trasformazione della materia che non è più “unica e insostituibile” (Pareyson2)? c) Per diventare corpo dell’opera l’immagine fotografica deve rinunciare alla valenza documentaria per assumere quella di testimonianza? 2) Walkabout. Testimoniare È proprio dalla nozione di testimonianza che prende avvio il progetto Walkabout. Poiché il focus di Roaming è la vita dell’opera fatta immagine, attraverso il suo inevitabile rotolare tra i media e i formati, tale “rotolamento” è un processo di continua codifica e transcodifica o meglio di traduzione. Se si vuole che il “frammento” si riempia di senso e si emancipi da un galleggiamento acritico sulla pelle dei linguaggi occorre che il viaggio dell’opera come condizione del suo farsi si dia esplicitamente come processo di traduzione. La traduzione, implicando il passaggio da un linguaggio all’altro, si misura per definizione, sempre, con l’intraducibile. Ovvero si esercita come passaggio di una frontiera intendendo un luogo dove si “fanno fronte” due diversità. La frontiera, a differenza del confine, presuppone una dimensione fluttuante in cui l’identità si nutre dell’alterità. Il malinteso, che è quel balbettio del linguaggio in cui prende forma l’alterità, è il cuore della frontiera e costituisce un intraducibile, un fallimento della traduzione, che è “(…) un capire con in più il tempo (…) il tempo dell’attraversamento 2) Luigi Pareyson, Estetica. Teoria della formatività, Torino, 1954.


111

della frontiera dell’alterità”(La Cecla)3. Per questo ogni traduzione è un interpretazione (secondo quella linea che da Benjamin va a Gadamer ecc.)4 nel momento in cui fallisce come transcodifica. La traduzione che ha consapevolezza del proprio fallimento diventa testimonianza, laddove sa di misurarsi deliberatamente con l’indicibile. “Anche se il mondo precipita nel nulla, vi è un testimone che parla di questo scivolamento, o di questa rovina nel buio” (Rella)5. 3) Walkabout. Randonnée La transcodifica e l’universo dei frammenti di diversi linguaggi, coesistenti in stato di crash e in rapida, incessante sostituzione, rendono la traduzione un passaggio di frontiere in forma di randonnée (Serres)6. Erranza che insegue il rapido mutare di un paesaggio che ha nel suo essere percorso la speranza di un riscatto sul piano del senso. Dal punto di vista dell’opera, che si trova nel vivo di questo errare, il randonnée coincide con la“composizione per tragitto” di cui parla Bourriaud: “(…) la forma–tragitto mette in crisi la linearità iniettando il tempo nello spazio e lo spazio nel tempo”7. Un camminare che assurge a “modo di formare” è sempre ricerca di senso. Attraversamento del Bush, per ritrovare, con la capacità rabdomante del canto, i propri antenati e il proprio essere. 3) Franco La Cecla, Il Malinteso. Antropologia dell’incontro. Bari, 2009. 4) “Ogni traduzione è solo un modo pur sempre provvisorio di fare i conti con l’estraneità delle lingue”. Walter Benjamin, Angelus Novus (1955), Torino, 2006. “Ogni traduzione è un’interpretazione, anzi si può dire che essa è il compimento dell’interpretazione che il traduttore ha dato della parola che si è trovato di fronte” Hans-Georg Gadamer, Verità e metodo (1960), Milano, 2000. 5) Franco Rella, Dall’esilio. La creazione artistica come testimonianza, Milano, 2004. 6) Cfr. Michel Serres, “Metodo e randonnée”, da Les cinq sens, Paris, 1985, e Mario Porro, “Sentieri lenti“, Doppiozero, 29-09-2017. 7) Nicolas Bourriaud, Il radicante (2009), Milano, 2014.


“Un canto fa venir fuori il paese, capo” (Chatwin)8. 4) Walkabout. Questioni implicate Il ruolo intellettuale. Mappa e antenna, il canto nel Walkabout, esprime una volontà di orientamento. È una risposta, entro la catastrofe dei linguaggi, che guarda al frammento “tirando dei fili”, i fili del significato. In questa accezione è attività critica a tutti gli effetti. Nel canto del testimone si esercita il ruolo dell’“intellettuale impossibile”; ovvero il riscatto della funzione intellettuale dalla dimensione mediatica dell’“esperto” per abbracciare quella della “disobbedienza”. L’unica dimensione, questa, in cui il lavoro intellettuale, assumendo spessore critico, può assolvere a un ruolo utopico e progettante. L’autorialità. La ridefinizione dell’autorialità è conseguente. Se essa si è disegnata, attraverso la spettacolarizzazione mediatica, intorno al protagonismo del “personaggio” (in arte il curatore più che l’artista) l’esercizio della funzione critica pone al centro i temi della negoziazione e del dialogo, che sono poi quelli della frontiera. Lungo la frontiera l’autorialità è la funzione della relazione di incontro-scontro che contraddistingue il rapporto identità-alterità. L’autorialità ridefinita nella negoziazione e nel dialogo è il corpo del fallimento che si esprime nella testimonianza. I linguaggi. Quale erranza di frontiera, attraverso i territori disegnati dalla frizione dei linguaggi, il pensiero critico non può più accontentarsi della parola come forma privilegiata. Esso aspira a una pratica di libero movimento tra i linguaggi verbali e non verbali, nella convinzione che 8) Bruce Chatwin, Le vie dei canti, Milano, 1988.


113

essi interagiscono tra loro e tra loro e la realtà in quanto riflesso e fattore di modifica possibile. In questo senso una pratica artistica può diventare esercizio di pensiero critico, nel quale la parola è ancora presente ma con un nuovo assetto. Ermanno Cristini In “walkabout-art.jimdo.com”, 2017




no ISBN printed in Italy

cbnd f www.la-c.tk books@la-c.tk


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.