La magdeleine il futuro ha un cuore antico

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La Magdeleine

il futuro ha un cuore antico


© 2011 Hever Edizioni via San Nazario, 42 • 10015 Ivrea (To) I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento (fotografie e microfilm compresi) totale o parziale e con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi

Finito di stampare nel mese di giugno 2011 presso Musumeci SpA • Quart (Valle d’Aosta) Progetto e ideazione © Poetica del Territorio Centro Studi • Châtillon (Ao) Realizzazione grafica e impianti stampa Arti Grafiche Martinetto • Romano Canavese (To) Collana: Monografie - numero 2 Traduzione francese Cecilia Tudor Traduzione inglese Richard Pierce Realizzazione editoriale HEVER Co

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Assessorat de l’Education Assessorat de l’Education et de la Culture

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Assessorato Istruzione e Cultura


La Magdeleine

il futuro ha un cuore antico

Testi e ricerche di Maria Vassallo FotograďŹ e di Enrico Formica

Collana MonograďŹ e

2


Indice

Prefazioni

pag.

5

Ringraziamenti

10

Introduzione

11

Il territorio e le sue risorse Une combe superbe et ravissante Village d’agriculteurs Vie d’acqua e di terra

17 17 39 49

I villaggi e le famiglie L’organizzazione urbanistica Le strutture di villaggio La comunitĂ

61 61 75 95

Tra storia e memoria Il ReparĂŠ del Monte TantanĂŠ La comunitĂ del Mont de Vieu Il Comune di La Magdeleine Il lungo Novecento

113 113 127 143 159

La vie d’antan

175

Il futuro

197

BibliograďŹ a

207


Prefazioni

È

con grande orgoglio che introduco il lettore a quest’opera frutto della meticolosa ricerca d’archivio della dottoressa Maria Vassallo e della sensibilità fotografica di Enrico Formica. L’Amministrazione comunale di La Magdeleine meditava da parecchi anni di pubblicare un libro che desse un seguito a quella che è ormai diventata una tradizione per la nostra comunità. Diversi testi infatti sono stati pubblicati fino ad oggi su La Magdeleine, ciascuno con un taglio diverso a testimoniare le diverse sensibilità incarnate, ma ciascuno incentrato sul nostro Paese. Come non ricordare, ad esempio, il testo fondamentale del nostro Parroco Ernesto Challancin, pubblicato una prima volta nel 1990 e poi ristampato nel 2004, oppure quella splendida carrellata di ritratti contenuta nella pubblicazione voluta da Aldo Brunetti e presentato ai lettori nel 1992.

Il libro che possiamo prendere in mano oggi si inserisce dunque in una tradizione consolidata di riflessione della comunità su se stessa, una riflessione resa oggi possibile però dal particolare impegno profuso dall’Autrice per reperire dati inediti e notizie curiose negli archivi ancora esistenti. La Magdeleine apparirà allora al lettore sospesa tra un passato ed un futuro legati dall’amore degli abitanti per la propria terra plasmata dal lavoro di tante generazioni, e dall’attaccamento al proprio particolarismo organizzativo che ha consentito alla comunità di erigersi in Comune dopo lunghe e difficili prove. Oggi siamo ormai abituati alla nostra autonomia istituzionale, o più semplicemente alla nostra autonomia politica. Siamo abituati a sentirci soprattutto cittadini del Comune di La Magdeleine per poi confrontarci con il più ampio contesto della comunità valdostana. Ma non è sempre stato così, a dispetto dell’evidente linea di confine che separa i Madeleins dagli altri abitanti della Valtournenche, linea di confine che esalta le differenze socio-economiche emerse durante i lunghi secoli contraddistinti dell’autarchia e dalle diverse vocazioni affiorate nel corso dell’epoca moderna. Così oggi non è il caso di considerare lo stato attuale come sicuro ed immutabile. A dispetto infatti dei traguardi raggiunti, alcune ombre si stagliano sul futuro del Comune. Infatti siamo rimasti in poco più di un centinaio di anime, mentre al momento della nascita del comune autonomo i Madeleins erano almeno il triplo; l’economia poi, che in quei tempi lontani ruotava intorno a dinamiche essenzialmente di sussistenza fondate sul territorio, oggi vede invece crescenti fette del reddito pro-capite dei residenti prodotto al di fuori dei nostri confini; così anche il baricentro di tanti interessi tende a spostarsi verso l’esterno, determinando sul lungo periodo l’allontanamento progressivo di tante famiglie che fecero la storia del nostro Paese.


Se a questo aggiungiamo che le incombenti strette ai bilanci pubblici sembrano spingere al progressivo accorpamento, o almeno allo svuotamento funzionale, degli enti locali minori, ci si può porre legittimamente la domanda se in occasione della pubblicazione di un futuro e prossimo libro su La Magdeleine esisterà ancora il Comune così come lo conosciamo oggi. Ma forse appunto è anche per questo motivo importante leggere con attenzione le pagine sapientemente scritte dalla dottoressa Maria Vassallo: conoscere il nostro passato, alla luce del presente e delle idee che ancora stiamo elaborando per il nostro futuro, potrà probabilmente consentirci di inventare una soluzione se e quando la storia, bussando alla porta, ci dirà che potrebbe veramente finire il tempo dell’autonomia istituzionale e culturale della nostra comunità, perché siamo stati completamente assorbiti nel mondo globale. Edi Emilio Dujany Sindaco di La Magdeleine


L

a prima impressione che ho colto nel leggere questo libro, sin dalle sue pagine iniziali, è stata quella di imbattermi nell’arte di autori che, aperto uno scrigno, hanno prelevato, con l’intento di meglio esaltarne la bellezza, alcune pietre preziose. Fra queste, quella che rappresenta La Magdeleine assurge a prediletta.

E come sempre avviene quando con le nostre dita, con presa delicata, teniamo una pietra preziosa, è inevitabile esplorarne l’interno con l’aiuto della luce più intensa. Ed ecco apparire i riflessi che propongono la storia di questo paese e prima ancora la sua orogenesi, il profilo delle genti che l’hanno popolata e ne hanno addolcito il territorio. Ha qualcosa di abbagliante l’operosità attraverso la quale le risorse naturali, benché modeste, sono state oggetto di valorizzazione e, da un uso quasi marginale, sono diventate elementi di sussistenza, e poi di ricchezze generatrici di benessere economico. Certo le paleofrane che hanno originato la successione di pianori che via via con il salire di quota hanno consentito di ospitare colture diverse rappresentano il presupposto per una agricoltura diversificata; tanto più che La Magdeleine beneficia di una insolazione a tutto tondo. Un capitolo significativo che evidenzia una caratteristica importante di questo paese è quello relativo all’acqua, elemento vitale, ricco in quantità superficiali e sotterranee. Attorno ad essa nascono paesaggi ed ecosistemi e poi un’architettura rurale e artigianale. Si caratterizzano produzioni come quella della canapa; tessuto di largo consumo per il quotidiano. Ma le donne de La Magdeleine, nel corredo nuziale, lasciano generosi spazi per i più morbidi abiti di lino espressamente coltivato per questo scopo sui vari pianori. Gli autori, nel tracciare il percorso storico de La Magdeleine, non possono certo ignorare quello più generale che interessa l’intera Valle d’Aosta. Tuttavia il legame di questo paese con la dinastia dei Cly è oggetto di approfondimento, e questi nobili marcano alcune vicende de La Magdeleine, quasi per sempre. Per una complessa serie di vie che si incrociano, questo paese, in apparenza emarginato sulla montagna, è una sorta di crocevia, basti pensare al Col Portola, al Col di Nana, al sentiero che da Barmasc conduce allo Zerbion, per passare alla parte bassa, ovvero la strada di Promiod che porta a Châtillon, quella di Antey o ancora quelle provenienti da Chamois e Valtournenche. Forse questo sentirsi carrefourr ha contribuito ulteriormente a sviluppare negli abitanti de La Magdeleine il desiderio di smarcarsi da Antey, con il quale, con il passare del tempo, i contrasti si fecero sempre più difficili. Non è superfluo sottolineare come ci si trovi di fronte, fatto non sempre così comune, ad una realtà di montagna che si vuole sottrarre al dominio “di quella di pianura”, quasi a rimarcare la propria identità montana: ci riuscirà pagando prezzi enormi e rinunciando a diritti e rendite. Ci insegnano che la libertà e la dignità non hanno prezzo. E oggi questo paese ha tutte le carte in regole per vincere le sfide del futuro.


Nel leggere il libro non si faccia l’errore di farsi accattivare solamente dalle fotografie, in quanto i contenuti degli scritti non sono meno affascinanti e stimolanti per conoscere la nostra regione. Mi piace concludere con una parentesi storica. A La Magdeleine trovarono rifugio, nel 1690, le donne e i figli di casa Challant, in occasione dell’occupazione francese. Analogamente nel periodo fascista La Magdeleine ospitò i componenti della famiglia di Alessandro Passerin d’Entrèves. Fu ancora questo paese che dette rifugio ad una delle più efficienti bande partigiane. Oltre che essere un crogiolo di passioni e di ideali per la lotta di liberazione e che il libro ricorda, si rammentano episodi che hanno visto i partigiani protagonisti di azioni di straordinaria generosità. Concludo questa presentazione ricordando come in questo comune, nel quale sono così tanti i luoghi carichi di fascino e di mistero, echeggerà per sempre l’eco della voce di Joseph Bréan, Vincent Trèves e del Capitano Giuseppe Lamberti, a ricordarci che qui spaziano ideali di libertà, giustizia, dignità, amore per la montagna e per le genti che la rispettano. Alberto Cerise Presidente del Consiglio regionale della Valle d’Aosta


A

vec ce livre, une étude complète sur La Magdeleine, l’histoire du territoire et celle de ses habitants se mettent au service des hommes d’aujourd’hui. La Magdeleine. Il futuro ha un cuore antico offre une abondance d’éléments qui s’articulent autour de plusieurs thèmes, tels que le milieu naturel, ensoleillé, et le climat doux et reposant qui permet de vivre au grand air, été comme hiver. Le mont Tantané, qui domine le pays, le protège en l’insérant dans sa couronne de forêts verdoyantes. Et s’il est bien vrai que les montagnes rapprochent toujours les hommes, pour La Magdeleine, ce n’est pas qu’une façon de s’exprimer. L’homme contemporain est sensible aux évocations du passé. En effet, les moulins et les fours, qui sont nombreux dans la commune, tissent un réseau qui reflète un peu la carte géographique du passé et du présent. Par ailleurs, le site archéologique du mont Tantané démontre bien qu’aussi loin qu’on remonte, les habitants de La Magdeleine ont toujours été des gens avisés et de bon goût. Comme c’est souvent le cas des villages de haute montagne en Vallée d’Aoste, La Magdeleine a un passé riche, dont les habitants sont orgueilleux, puisque, depuis la nuit des temps, ils ont réussi à exploiter les forces de la nature pour survivre et se construire une vie agréable. Les XVIIe et XVIIIe siècles ont constitué une période glorieuse et prospère: La Magdeleine n’était alors pas encore une commune autonome et dépendait d’Antey-Saint-André. Puis, peu à peu, les Magdeleins se forgèrent une identité bien à eux, qui est perceptible aujourd’hui encore, dans la mesure où ils constituent une communauté dans tous les sens du terme. La plupart des paysages présentés dans cet ouvrage nous invitent à l’explorer d’un œil bienveillant et suscitent à la fois une certaine allégresse et une envie de venir vivre ici: les illustrations photographiques mettent en effet en relief les douces pentes du territoire, la succession des hameaux et l’alternance des champs ouverts et des forêts touffues. L’Assessorat de l’éducation et de la culture soutient ces initiatives de recherche sur les petites réalités de la Vallée d’Aoste, dans le souci d’en cueillir l’âme et de retrouver l’esprit des temps lointains, non pas avec le regard nostalgique du passéiste, mais bien dans le but de les actualiser et de les faire revivre, grâce à la «restitution» de leur patrimoine immatériel, l’un des points fort d’une politique culturelle désormais bien affermie. Mais le véritable art d’écrire consiste à savoir s’arrêter... Je vous invite donc à lire ce livre, pour plonger dans ce temps qui fut et qui, malgré tout, perdure. Laurent Viérin Assesseur à l’éducation et à la culture de la Région autonome Vallée d’Aoste


Ringraziamenti

Un’opera che affondi le proprie radici nella storia di un territorio deve ricorrere alla memoria e ai documenti di molte persone. Autori ed Editore esprimono la loro riconoscenza a quanti hanno messo a disposizione tempo, materiale e competenze, e qui vivamente si ringraziano:

Alido Artaz Dario Artaz Renato Artaz Roberto Artaz Susanna Belley Franco Berruquier Gwenael Bertocco Giovanni Blandi Rita e Rinaldo Brunod Roberto Brunod Palmira Carlon Mario Castelli Daniela Chatillard Anna Chiaraviglio Daria Covolo Cesare Dujany Irma Dujany Riccardo Gallo Pecca Cristina Griva Alessandro Guida Patrizia Job Anna Joyeusaz Don Andrea Marcoz Franco Mezzena Barbara Moris Letizia Noly Sara Noro

Sigle, abbreviazioni e simboli: ACA – Archivio Comunale Antey ACLM – Archivio Comunale La Magdeleine ADA – Archivio Diocesano Aosta AHR – Archives Historiques Régionales

Silvana Presa Francesco Prinetti Ines Roveyaz Viviana Rubbo Valeria Seris Franco Tognetti Cecilia Tudor Nicola Vassallo Ada e Gildo Vittaz Albertina Vittaz Albino Vittaz Lidia Vittaz Maddalena Vittaz Marina e Efisio Vittaz Marzia Vittaz Moreno Vittaz Archivio BREL Archivio di Stato di Torino Archives Historiques Régionales di Aosta Archivio Storico Diocesano di Aosta Biblioteca del Seminario Maggiore di Aosta Biblioteca di La Magdeleine Comune di Antey-Saint-André Comune di La Magdeleine Parrocchia di Antey-Saint-André Prevostura di Saint-Gilles

APA – Archivio Parrocchiale Antey AST – Archivio di Stato di Torino – angolo di ripresa fotografica (da 90° a 400°: l’ampiezza dell’immagine varia a seconda del tipo di obiettivo utilizzato)


Introduzione

Una quindicina d’anni fa l’Amministrazione comunale di La Magdeleine mi diede l’incarico di condurre una ricerca storica sulla vita del Comune, che venne realizzata in gran parte attraverso la lettura di documenti d’archivio. Ne scaturì un discreto repertorio di informazioni, anche inedite, che vennero raccolte e rese fruibili attraverso la mostra documentaria La Magdeleine nei documenti d’archivio. Frammenti di Storia dal XIII al XIX secolo e con la pubblicazione di un catalogo. Già in quella fase della ricerca fu evidente la necessità di completare l’indagine per dare maggiore respiro alle vicende che hanno caratterizzato il lungo cammino di una comunità come quella di La Magdeleine, con una cospicua storia alle spalle su cui fare luce e da cui partire se si vogliono compiere scelte coerenti e durature nel tempo. Guido Gentile, allora Soprintendente per i beni archivistici del Piemonte e della Valle d’Aosta, scrisse nella prefazione al catalogo che «…ciascuno di noi non solo vive nella storia, non solo contribuisce a farla, giorno per giorno, ma è altresì responsabile, per la propria parte, della memoria di questa storia, del trasfondersi di ciò che passa in ciò che viene: e nella misura in cui sappiamo salvare i documenti che ci troviamo a conservare, nell’ambito privato come in quello pubblico, viviamo e facciamo vivere la storia, come messaggio, come condizione e traccia e proiezione del nostro esistere, e dell’esistenza di chi ci ha preceduto, e perché no, anche se lo slogan è abusato, come memoria di chi ci seguirà». Proprio sulla base di queste argomentazioni, considero il lavoro di ricerca un’attività non

individuale ma collettiva, in cui la popolazione del Comune ha parte attiva e fondamentale, poiché può fornire con la propria spontanea collaborazione importanti spunti di indagine e materiali documentari inediti che possono riportare alla luce fatti e situazioni altrimenti inconoscibili. La popolazione di La Magdeleine ha un grande rispetto per la storia e un’alta considerazione dei documenti che la raccontano. Les savants – così erano chiamati dagli abitanti dei Comuni vicini – hanno avuto già altri cantori del loro passato: in particolare don Ernesto Challancin ha dedicato un’opera di ricostruzione storica molto importante soprattutto per quanto concerne la vita della parrocchia. Una ventina d’anni fa venne pubblicato un libro molto originale sui magdeleins: una carrellata di ritratti realizzati dal pittore Aldo Brunetti accompagnati dalle biografie dei

La Magdeleine, capoluogo Brengon (s.d.). Collezione La Beurta Teta.


personaggi. Con molta naturalezza i racconti dei magdeleins a loro volta hanno tratteggiato la vita del paese nel secolo XX, mettendone in evidenza i grandi cambiamenti e le vie di sviluppo.

Coupe Tantané. Relais nordique. 1955. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.

Il secondo Millennio si è aperto con nuove prospettive; il progressivo calo demografico che aveva caratterizzato il secolo precedente si è fermato, attestandosi la popolazione residente intorno alle cento unità. È uno dei più piccoli Comuni della Valle d’Aosta, ma con sue peculiarità geografiche, paesaggistiche e storiche, tali che ne hanno fatto in duemila anni un accogliente e gradevole “balcone sul mondo”. Da qui si può guardare verso il basso e scoprire il nuovo che avanza, ma anche verso l’alto per interrogarsi sul passato e sul futuro: nella direzione del monte Tantané per scrutare insondabili indizi di presenze ataviche risalenti a più di duemila anni fa e immaginare a quali risultati approderanno gli studi archeologici in corso. Quale futuro si prospetta per le nuove generazioni che vivranno a La Magdeleine? Davvero si svilupperà un centro di richiamo culturale di portata internazionale? Nell’attesa di vedere i risvolti, anche economici, di questa interessantissima ricerca, il

Comune ha messo a punto nell’ultimo decennio un programma di attività turistiche che già hanno portato in più riprese La Magdeleine all’attenzione del grande pubblico. Oltre allo sci, che a La Magdeleine ha una lunga storia alle spalle, e alle attrezzature sportive e ricreative sempre più frequentate da famiglie con bambini, che trovano spazi adeguati e giochi divertenti e sicuri, la sistemazione del Sentiero dei mulini, museo all’aperto della società rurale, la Veillà della festa patronale in luglio, e la Festa del pane che si tiene ogni anno la prima domenica di ottobre richiamano centinaia di turisti che spesso scoprono in queste occasioni le bellezze e la pace di La Magdeleine, se ne invaghiscono, e in qualche caso lo scelgono come luogo di villeggiatura. A fronte della penuria di abitanti stabili, il mercato delle abitazioni, intese come case di vacanza, è abbastanza florido e soddisfa molte esigenze. Purtroppo le case dei villeggianti rimangono chiuse per troppi mesi all’anno e i loro proprietari non contribuiscono alla vita sociale del paese, se non per brevissimi periodi. Il più recente centro residenziale è addirittura un vero e proprio villaggio che si aggiunge ai cinque hameaux storici di La Magdeleine. Gli è stato attribuito il nome del Tantané, monte che sovrasta il paese e che conserva nelle sue viscere tutto il senso del passato, con i suoi misteri, l’attrazione magica e, non ultimo per importanza, le risposte alle domande sul futuro di questa piccola comunità. Tra nuovo e antico il cerchio si completa e si chiude sulle prospettive del domani. La Magdeleine conta duemila anni di storia dei quali solo gli ultimi duecento vissuti come Comune autonomo. La vita dei magdeleins, soprattutto sul piano istituzionale, è sempre stata legata alle vicende del Comune di Antey-Saint-André dal quale dipendeva sul piano amministrativo. La complementarietà tra plainee e montagne


trovava la sua ragione profonda nella esigenza di legname e di prati d’alpeggio d’alta quota. Entrambe queste risorse erano appannaggio naturale del cantone di La Magdeleine e divennero nel tempo la causa di dissapori, contrasti e processi tra i due Comuni, che si trascinarono per lunghissimo tempo, con un costo economico impressionante. La dipendenza da Antey terminò nel 1798, ma solo un secolo più tardi, con la cancellazione della parola Antey, il nuovo Comune poté definitivamente assumere la sua denominazione attuale. Nel corso della storia, il paese ha avuto nomi diversi, in relazione alla organizzazione sociale e politica dei vari periodi. Ritornando al sito archeologico, il villaggio di capanne abitato da genti salasse venne successivamente denominato Reparé del Monte Tantané, come viene riportato nella cartografia ottocentesca. In epoca medievale, tutti i villaggi che popolavano la montagna di Antey erano compresi nel Mont de Vieu, nome del crinale che degrada dal monte Tantané verso il col Pilaz. La denominazione La Magdeleine della montagna di Antey risale alla fondazione della cappella omonima nel capoluogo Brengon. E infine si giunse alla cancellazione della parola Antey dal nome del Comune che per quasi cento anni era stato chiamato Antey La Magdelainee o La Madelaine, a seconda dei periodi.

spodestato nel 1376 i signori di Cly per mancato atto di fedeltà, e aveva quindi acquisito i territori del feudo di Cly sotto la propria giurisdizione. È proprio in questo periodo che la comunità del Mont de Vieu gode della maggiore autonomia. Dal 1304 si hanno notizie documentarie di questa comunità, allorché venne redatto un atto di vendita di diritti su villaggi e pertinenze del feudo di Cly; tra i possedimenti compare unam villam cum apertinenciis que dicitur mons de Viu. La storia finora emersa su La Magdeleine abbraccia un arco di tempo vastissimo di cui restano tracce significative nell’Archivio di Stato di Torino, per il periodo della signoria Cly e di Casa Savoia, nell’Archivio Diocesano e nella Biblioteca del Seminario Maggiore di Aosta, nell’Archivio Parrocchiale di Antey per le infeudazioni concesse nel corso del XV secolo sui fondi rurali di Veuillen, e nell’Archivio storico dello stesso Comune per il periodo antecedente il 1798; ma soprattutto sono abbondanti e preziose le fonti conservate nell’Archivio storico di La Magdeleine, risorsa unica e ricchissima di testimonianze sulla vita della comunità, di cui si dà conto nelle pagine del libro.

Quindi, andando a ritroso nel tempo e ripercorrendo le vicende istituzionali della comunità, emerge una certa complessità nella sua organizzazione politico-amministrativa. In epoca di Ancien Régimee i cantoni di AnteySaint-André erano compresi nella castellania di Cly insieme agli altri Comuni della Valtournenche ed altri della Valle principale, ad eccezione di Chamois. Ancora precedentemente, lo stesso territorio faceva parte dei domini diretti di Casa Savoia che esercitava il proprio potere attraverso i balivi e i castellani. Il conte di Savoia aveva

Cartolina di La Magdeleine (s.d.). I campi coltivati occupano tutta l’area esposta a mezzogiorno. Collezione La Beurta Teta.


La carrellata può proseguire con le carte conservate dai privati che restituiscono frammenti di vita familiare sovente intrecciati con la storia generale, con i fatti di guerra e con le trasformazioni economiche e politiche della Valle d’Aosta e del territorio nazionale. Il mulo ha rappresentato ďŹ no agli anni Sessanta l’unico mezzo di trasporto per la comunitĂ (s.d.). Collezione La Beurta Teta.

Le guerre risorgimentali coinvolsero numerosi giovani magdeleins, arruolati malgrado la loro condizione di indispensabile sostegno alla famiglia, di cui restano gli atti di congedo

militare a raccontarci le loro “impreseâ€?. Vittaz Paolo Giuseppe, della leva anno 1844, chiamato sotto le armi a far parte dell’armata d’Italia nel marzo 1848 per l’Indipendenza d’Italia, fece la campagna di guerra dell’anno 1849 contro gli Austriaci; fu ferito il 6 maggio 1848 durante la battaglia di Santa Lucia alla guancia sinistra da un pezzo di granata. Contadino, alto 1,73, castano, vaiuolato, sa leggere e scrivere. Vittaz Alessio Alessandro, della leva 1838, venne chiamato alle armi nell’agosto 1860 e congedato due mesi dopo per essere affetto da “aggorgiamentoâ€? notevole della gamba sinistra e conseguente claudicazione. Contadino, alto 1,66, castano, due cicatrici in fronte, sa leggere e scrivere. Anche le prime delibere comunali del 1815 furono dedicate al reclutamento dei soldati: con il pretesto che le famiglie di La Magdeleine avevano quasi tutte delle proprietĂ anche a Châtillon, il Consiglio comunale di quest’ultimo paese arruolava i giovani magdeleins, come nel caso di Charles de vivant autre Charles Vittaz, con conseguente protesta del Sindaco Roveyaz. Nella primavera del 1815, in soli tre mesi, vennero arruolati (l’individuazione dei giovani veniva fatta dal Consiglio comunale) altri nove soldati, generalmente scelti tra le famiglie piĂš numerose del Comune. Non solo la guerra allontanava i magdeleins dalla loro montagna. A partire dalla seconda metĂ dell’Ottocento e ancor piĂš nel corso del Novecento, intere famiglie presero la via dell’emigrazione, spinte dalla povertĂ diffusa e dal miraggio di trovare fortuna in un paese straniero. Il Sindaco rilasciava certiďŹ cati di buona condotta ad uso espatrio a scopo di lavoro. Alcuni fecero ritorno, ma ritrovarono un paese immobile e arretrato, a fronte dei progressi e dell’innovazione che avevano visto nelle aziende agricole francesi, presso le quali sovente avevano lavorato come fermiers.


Fu quindi un ritorno amaro e, nella maggioranza dei casi, una soluzione transitoria che sarebbe evoluta nell’arco di pochi decenni in trasferimento definitivo verso le aree industriali del fondovalle e del vicino Piemonte. Neanche la determinazione del Sindaco Vincent Trèves riuscì ad arrestare il fenomeno dell’abbandono e a riportare i magdeleins a casa: tempi troppo mutati e condizioni economiche svantaggiate favorirono la discesa verso il piano, dove la vita scorreva al ritmo delle fabbriche e il tempo era scandito dal suono delle sirene. L’arrivo della strada segnò quindi il discrimine tra passato e futuro, aprendo la via al nuovo, alla modernità, al turismo, alla ricerca di una nuova identità nel panorama della Valle d’Aosta. Come per molti altri centri montani, La Magdeleine, con i suoi 1650 metri di altitudine e una storia rurale alle spalle, ha dovuto reinventarsi un futuro e creare una serie di strutture turistico-sportive che potessero in qualche modo sostituire le entrate economiche dell’agricoltura e dell’allevamento, su cui presumibilmente per duemila anni i magdeleins avevano basato la loro esistenza. L’ultimo scorcio del secolo appena trascorso ha visto lo sviluppo di nuove tendenze nel campo della promozione turistica: accanto alle attività tradizionali, dove sci e sport invernali si alternavano alle escursioni e passeggiate in montagna, si sono aggiunte diverse proposte enogastronomiche per la valorizzazione dei prodotti tipici, e infine la cultura, intesa come restituzione di un passato neanche troppo lontano nel tempo, nel quale i magdeleins ritrovano la loro effettiva identità e i valori su cui hanno fondato il vivere comunitario. La ricerca storica non ha preso in considerazione solo le carte e la documentazione d’archivio. Il lungo periodo entro il quale si è sviluppata ha permesso di realizzare inter-

viste, incontri, scambi di opinioni, raccolta di informazioni direttamente in loco e con i testimoni dei fatti accaduti in tempi recenti. La consuetudine a ricordare e a raccontare è ancora molto viva e costituisce da sola una risorsa culturale unica e insostituibile, da sostenere e proteggere per l’avvenire. Sarebbe auspicabile a questo proposito una raccolta sistematica e coerente delle testimonianze ancora possibili per il Novecento. Il materiale fotografico concernente La Magdeleine è composto in parte da un repertorio di immagini prodotte nel corso del Novecento, di grande fascino per il risultato tecnico ed estetico e per la storia del paese che vi viene illustrata: si possono ricostruire vari passaggi delle trasformazioni cui è andato incontro nell’arco di una cinquantina d’anni. Sono fotografie dei fondi Domaine, Willien e Bérard conservati presso gli Archivi dell’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione Autonoma Valle d’Aosta; altre immagini sono state gentilmente messe a disposizione da privati. Ma non può passare inosservato l’aspetto iconografico moderno, studiato e realizzato da Enrico Formica appositamente per questo volume. Le fotografie sono state realizzate in grande formato (banco ottico, panoramiche, orbicolari) con macchine speciali, per rappresentare il territorio in tutte le sue caratteristiche. Nelle immagini ogni dettaglio contribuisce a comporre la scena complessiva; la bellezza dei colori enfatizza la grazia e l’armonia del paesaggio, ne restituisce la freschezza, tanto che in taluni casi può sembrare di sentire il profumo dell’erba e il suono ritmico dei campanacci. La documentazione fotografica svolge quindi la duplice funzione di visualizzare gli oggetti del discorso scritto e invitare alla lettura, sapendo che poi, dopo qualche pagina, si può tornare e ritornare a rivedere le immagini e immergervisi.


Autunno a La Magdeleine

Limpido è il ciel azzurro, cristallino nell’aria già pungente la sera e il mattino. Dal fondo della valle, all’alba, un mar di nebbia bianca come spuma lento sal. Deborda oltre i colli, oltre ogni cima. Si sperde in bruma col calor del sol montante. Una tela immensa, variegata ricopre allora la montagna per tutta la giornata con colori dolci d’acquarello ammantata misti a carichi pastelli diluiti, stemperati, a tinte smaglianti come smeraldo azzurre oppur verde sfumate, gialle cangianti o di caldo arancion pesanti. Nel rosseggiar dei lariceti già spogli son di foglie gli aceri, vivo invece ancor il verde cupo dei pini, dei frassini e degl’abeti. Come vichinghe altere alla brezza sciolgon le betulle le lor chiome d’or leggere sui tronchi bianchi, austere, chiazzati a placche nere. Per l’inno estremo alla vita, alla Natura, a ricordar per breve ancor l’opulenta estate e la festa floreal dei prati in primavera prima che scenda il grigiore dell’inverno, il freddo acuto, il gelo nel biancore della neve. […] Giuseppe Lamberti, novembre 1987


Il territorio e le sue risorse

Une combe superbe et ravissante Une combe superbe et ravissante... – così si esprimeva don Ernesto Challancin nel 1992 – par son charme et ses beautés; structurée en amphithéâtre et disposée en une douce pente magnifiquement encadrée par des forêts verdoyantes, au milieu desquelles émerge, en haut vers la direction nord-est, imposant comme une tour solide, le Mont Tantané [...]1. Combee protetta dai venti, illuminata dal sole fino alle ultime ore del giorno, dolcemente degradante verso il fondovalle, sempre accogliente e rasserenante con i suoi villaggi che risalgono la china e si riparano all’ombra del Tantané. La Magdeleine ha la forma di cuore, la cui cuspide profonda si incunea nel territorio comunale di Antey; sul lato orientale volta le spalle al vallone di Promiod e alla Valle d’Ayas; sul lato opposto si affaccia sui boschi e prati di Torgnon; a settentrione guarda con ammirazione il monte Cervino e le Grandes Murailles. Le sue alture, e in particolare, le morene del Tantané e il piano di Champlong hanno visto transitare innumerevoli mandrie al pascolo o in transumanza verso gli alpeggi, con gli uomini che le governavano o che percorrevano le alte vie di questo settore alpino per raggiungere località oggi raggiungibili solo con ampi percorsi intorno alle montagne sulle strade che attraversano la Valle d’Aosta e si dirigono verso il Vallese. Uno sguardo ampio verso la valle principale svela la presenza di splendide montagne, quali il Barbeston, la Cima Nera e la Tersiva, il Monte Emilius, la Becca di Nona, il Gran

Paradiso, il Ruithor e la Becca d’Avers; fronte e frontiera con il Canavese. Aspetti geomorfologici La formazione geologica di questo territorio risale – come per tutto l’arco alpino – a milioni di anni or sono, periodo lunghissimo durante il quale immense forze tettoniche, associate all’azione erosiva dell’acqua e dei ghiacciai, hanno modellato rocce che tuttora sono in lenta ma perenne trasformazione. Valanghe e slavine, anche in tempi storici recenti, hanno ulteriormente cambiato

1. AA.VV., La Magdeleine. Storia Cronache Personaggi, Aosta 1992, traduzione francese di Christiane Dounoyer.

I villaggi di La Magdeleine tra campi e boschi, 1975. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Willien.


Veduta panoramica della Valtournenche. 160°

2. Luca Mercalli, Daniele Cat Berro, Sofia Montuschi, Atlante climatico della Valle d’Aosta, Torino, 2003, p. 323. 3. Francesco Prinetti, Andar per sassi, Musumeci Editore, Aosta, 2010.

l’aspetto del paesaggio, oltre a sconvolgere la quiete dei montanari, come dovette accadere in quella data imprecisata del XVII secolo, quando si formò una grossa valanga che finì per rotolare e seminare panico fino a Messelod. Di questo evento rimane traccia nella memoria collettiva dei magdeleins e in alcuni ritrovamenti lignei di larice tornati alla luce durante i lavori di ripristino e valorizzazione dei mulini storici. La stessa area è diventata comprensorio sciistico; per la sicurezza degli impianti e degli sciatori, nel 1976 venne posizionata una serie di ponti da neve nella zona di distacco del canalino. Il territorio non è a rischio di frane, se non a monte e a valle dei confini comunali. Risale tuttavia al 18 giugno 1899 la notizia di un’improvvisa frana caduta sulla sponda sinistra del torrente La Magdeleine che causò la morte di un giovane che si trovava nei paraggi2. Il territorio comunale trova la sua collocazione tra le terrazze panoramiche che si susseguono

a gradoni sul crinale fra la Valtournenche e la Val d’Ayas, dai 1500 m di Promiod agli oltre 2200 m della Salette, attraversando appunto La Magdeleine e Chamois. Geologicamente, tali terrazze si impostano al limite fra la falda oceanica profonda detta di Zermatt-Saas (rocce di origine magmatica a ferro e magnesio) e la sovrastante falda oceanica superiore detta del Combin (rocce di origine sedimentaria a marmo e silicati). Il contatto fra queste due unità oceaniche corre quasi orizzontalmente, sottolineato dalla sottile fascia calcareo-dolomitica delle Cime Bianche che affiora ancora in un piccolo lembo sul crinale boscoso al limite con il territorio di Promiod, dove un antico forno da calce sul sentiero per il Tantané rivela la sua presenza e testimonia che le risorse tradizionali del territorio non venivano mai sprecate3. La struttura imponente del monte Tantané, con i suoi 2733 m di altitudine, domina il paesaggio; la balza morenica su cui poggia il territorio di La Magdeleine occupa il versante sinistro della Valtournenche in prossimità della sua apertura verso la conca di Châtillon,


dove il torrente Marmore getta le sue acque nella Dora Baltea. Piccoli laghi alpini (Lac de Croux, Lac de Borget, Lac de Charey, Lac de Champlong) si alternano alle zone umide di Valery e Pilaz, dove, nelle stagioni più piovose, si raccolgono le acque piovane, dando luogo a piccole piscine naturali, preziosissima risorsa per la vita in montagna. La presenza dell’acqua è inscindibilmente legata ai fenomeni geomorfologici che caratterizzano il territorio: le coperture superficiali sono costituite infatti da un’abbondante coltre quaternaria rappresentata da potenti depositi morenici molto permeabili; lo zoccolo roccioso sottostante si compone prevalentemente di rocce calcaree profondamente fessurate, i calcescisti, per cui una notevole parte delle acque meteoriche si infiltra nel terreno dando origine ad una circolazione sotterranea. Le acque profonde defluiscono da monte a valle e quando incontrano strati di roccia meno permeabili, in corrispondenza di conche, danno luogo alle zone umide e ai laghi.

La presenza della spessa coltre quaternaria garantisce, anche nei periodi estivi, una costante alimentazione del torrente Antey-St. André, dalle pendici del monte Tantané alla confluenza nel Marmore, dove giunge arricchito dall’apporto di due modesti affluenti laterali, uno in sponda destra orografica, proveniente dalla conca di Vieu, l’altro in sinistra orografica che drena l’impluvio dell’Alpe Lantaney. Da ogni parte del territorio si gode la vista di panorami grandiosi, resi ancora più suggestivi sia dalla maestosità delle formazioni montuose – dal limite territoriale nordoccidentale si può scorgere la cima del Cervino – sia per la limpidezza dell’atmosfera. Gli hameauxx che formano il centro abitato di La Magdeleine sono disposti in diverse zone altimetriche: il capoluogo, Brengon, si trova a m 1644; Messelod, il villaggio posto nella fascia altimetrica più bassa, a m 1602, segna insieme a Brengon anche il limite meridionale del Comune; Clou a m 1630 ospita il Munici


NEV Inverno all’Alpe Valery. 150°

4. Regione Autonoma Valle d’Aosta, Società Meteorologica Subalpina, Cambiamenti climatici in Valle d’Aosta, Torino, 2006.

pio, le attività sportive e ricreative, gli impianti di risalita per lo sci, la pista di pattinaggio, il campo sportivo durante la bella stagione; a monte di quest’ultimo villaggio sta per nascere un nuovo agglomerato urbano, a cui è stato dato il nome del monte Tantané; a m 1676 su un promontorio piuttosto ripido si affaccia Vieu, con il suo caratteristico impianto urbanistico, sviluppatosi su quattro terrazze principali disposte parallelamente tra loro; infine il villaggio più alto, a m 1715, Artaz, da cui si raggiungono per sentieri e strade consortili le aree più elevate del territorio comunale, il colle Pilaz, il vallone di Champlong, il colle Pillonet, il monte Tantané e, sconfinando nel territorio di Châtillon, il monte Zerbion.

Clima La colonizzazione umana delle valli alpine ebbe inizio con l’Olocene, l’epoca geologica in cui oggi viviamo, quando i ghiacciai si ritirarono ad alta quota e il clima si stabilizzò sui parametri attuali. Si verificarono tuttavia episodi neoglaciali tra 3000 e 2500 anni fa e una Piccola Età Glaciale tra il 1300 e il 1850 dopo Cristo, entrambi caratterizzati da fluttuazioni di temperatura contenute entro 2 gradi e mezzo4. Gli ultimi anni, in particolare gli anni Novanta, sono stati i più caldi del millennio, e probabilmente anche degli ultimi duemila anni. Il 1998 ha segnato il picco di rialzo delle temperature, almeno dal 1856, a livello pla-


Nella pagina precedente: Verso l’Alpe Champcellier. Nella pagina a fianco: Prati e boschi a Pra Villard.

Stagioni invernali particolarmente rigide si sono verificate tra la fine degli anni Venti e gli anni Sessanta, con un picco di freddo glaciale nell’inverno ‘62-63. Le primavere sono diventate via via più tiepide con gelate meno frequenti; le estati sono diventate roventi tra il 2003 e il 2005 (più 6° rispetto alla norma). L’estate del 2003 è stata la più calda degli ultimi 500 anni. Le precipitazioni in generale sono andate diminuendo dalla metà del 1800 al 1940 circa. La seconda parte del ‘900 ha visto la ripresa della piovosità fino all’autunno del 2000 quando si verificarono eccezionali precipitazioni nel mese di ottobre, epoca della furiosa alluvione che colpì la Regione. I meteorologi prevedono un incremento della siccità estiva in Valle d’Aosta per il prossimo futuro. Il clima di La Magdeleine ha particolarità interessanti rispetto al panorama delle località montane: in estate e in inverno la temperatura è ottimale, poiché risulta fresca nei periodi di maggiore calore e il gelo invernale è attenuato dalle numerose ore di insolazione. La neve ricopre il terreno per quattro/cinque mesi all’anno, ma si scioglie rapidamente nei primi mesi primaverili grazie all’eccezionale esposizione del territorio. Le primavere sono brevi, le temperature estive salgono anche a 25/30º con notevole riduzione nella notte. Il clima generalmente secco, dolce e riposante, è molto apprezzato da residenti e villeggianti, mentre le piogge sono appena sufficienti per garantire l’approvvigionamento idrico alle colture, a prati e pascoli.

6. Stefano Unterthiner, Boschi e Camosci, Fiori Rossi e Ghiacciai, Musumeci Editore, Aosta, 2000.

Boschi Gran parte del paesaggio presenta estese foreste di larici che fanno corona a zone di pascolo e a sempre più ampi prati che ormai hanno sostituito completamente le aree coltivate. I boschi forniscono legname adatto alle costruzioni: pino cembro, acero montano, betulla, pioppo nero, pioppo tremulo, olmo

montano, frassino comune, sorbo degli uccellatori e maggiociondolo. La vita delle piante diventa difficile oltre la quota di 1400-1600 metri. Le latifoglie lasciano il posto alle conifere che non sempre si adattano alle basse temperature e all’aridità del suolo. Così l’abete è sostituito dal larice, dal cembro e dal pino montano che resistono meglio alla siccità. La caduta degli aghi del larice risponde ad un meccanismo regolato dalla temperatura e dalla durata dell’esposizione alla luce: la pianta riduce il rischio di congelamento e la perdita di acqua che di solito traspira dalle foglie6. Tale adattamento permette al larice di crescere in condizioni quasi impossibili, come pianta pioniera che colonizza ghiaioni, morene, piccole cenge e pendii scoscesi. Anche l’abete rosso e il cembro resistono a temperature molto rigide, fino a 40 gradi sotto zero, grazie allo spessore della corteccia, al colore scuro degli aghi che favorisce l’assorbimento di calore e alla scarsità di linfa, riducendo quindi il rischio di congelamento dei tessuti vegetali. Le gemme sono rivestite da resine e da un tessuto isolante, mentre le cellule più esterne producono una sorta di “antigelo” che permette ai germogli di sopportare temperature molto basse, fino a 20 gradi sotto zero. La mancanza d’acqua (nella stagione invernale l’acqua è inaccessibile perché è neve o ghiaccio) è il grande ostacolo alla proliferazione delle piante. Il bosco poi costituisce una sorta di “superorganismo” che si è adattato alle condizioni sfavorevoli producendo una serie di vantaggi e protezioni reciproche tra le piante. Intanto, all’interno del bosco, il suolo mantiene il calore più a lungo e anche nella notte la temperatura è più mite; viceversa nelle stagioni estive trattiene il fresco. Inoltre gli alberi agiscono come “frangivento”, rallentando note-

netario. Gli anni a cavallo della metà dell’Ottocento furono particolarmente disastrosi dal punto di vista climatico: le piogge insistenti provocarono il crollo dei ponti, che in gran parte erano costruiti in legno, e inondazioni dei campi e dei villaggi. Se ne trova traccia negli atti deliberativi, allorché ai Consigli comunali veniva richiesto di far fronte alle spese di ripristino delle strade, anche quando queste non riguardavano strettamente il territorio comunale. Nel caso del settembre 1860, la Valtournenche venne interessata da un’alluvione che provocò ingenti danni, tanto che l’Intendenza chiese ai rappresentanti dei Comuni della Valle di destinare una somma agli aiuti per gli inon-

dati. Il Consiglio di La Magdeleine dispose a loro favore la somma di 20 lire5. Analisi statistiche compiute nella Valle d’Aosta permettono di calcolare gli indici di anomalia standardizzata a livello regionale per il periodo dal 1818 al 2005: una lunga fase fredda caratterizza la regione dal 1818 al 1920. Successivamente la temperatura sale fino all’eccesso termico del periodo 1943-1950 con picco positivo nel 1949. Fa seguito una fase più fresca dal 1968 al 1980, poi dalla metà degli anni Ottanta ha inizio una marcata tendenza al riscaldamento, tuttora in corso, la più importante nel periodo considerato, facendo del 2003 l’anno complessivamente più caldo nella Regione.

Nella pagina seguente: Pascolo all’Alpe Nevole. Nelle quattro pagine centrali: Lago Charey. 340°

5. ACLM, III Sezione, 26, Deliberazione Comunale del 24 settembre 1860.




Dal Colle Pilaz verso Champlong. 400°

volmente la velocità del vento, e assicurando quindi una sorta di rifugio alle specie vegetali più sensibili. Anche le piante di sottobosco sviluppano la capacità di resistere in condizioni difficili: l’acetosella cresce nei boschi di conifere dove la luce penetra pochissimo; altri, come il dente di cane, accelerano il processo di fioritura e di maturazione per anticipare il rinverdimento estivo delle foglie. Il bosco ha bisogno anche della presenza di altre creature animali e vegetali: l’azione di piccoli organismi per esempio è alla base della decomposizione delle sostanze organiche e quindi della riproduzione stessa della vita vegetale. Funghi e conifere stabiliscono tra loro un rapporto “mutualistico”: il fungo aumenta le capacità di assorbimento della pianta attraverso una fitta rete di peli radicali; nel contempo ricava dalla pianta zuccheri e altre sostanze che non sarebbe in grado di sintetizzare poiché non possiede clorofilla. I muschi si comportano invece come una spugna, assorbono e trattengono acqua che rilasciano lentamente mantenendo umido il terreno.

Le formiche poi assolvono diversi compiti, risultando tra gli insetti più utili al bosco: partecipano alla demolizione della sostanza organica e alla formazione dell’humus, contribuiscono al controllo di alcuni insetti dannosi alle piante, come la processionaria del pino che in pochissimo tempo riesce a spogliare i pini. La formica rossa, vorace predatrice di larve, riesce a fermare l’aggressione dei bruchi di processionaria. Il pino cembro si avvantaggia della presenza della nocciolaia, un uccello che raccoglie i suoi semi e li nasconde in piccole, ma numerosissime buche (fino a ventimila), come scorta di cibo per l’inverno. Di queste riesce a trovarne circa l’ottanta per cento, lasciando quindi una discreta quantità di semi per la germinazione del cembro. Nel bosco ogni essere vivente si pone in relazione – talvolta in cooperazione, tal altra in antagonismo – con gli altri organismi; e in questo ecosistema l’uomo da sempre è entrato per soddisfare i suoi bisogni, trovando risorse fondamentali per la sua esistenza.


Uomini e boschi I boschi hanno sempre costituito una fonte economica di grande rilievo nelle economie montane. Il legname serviva per il riscaldamento e per la costruzione delle case, dei greniers e di tutti gli edifici, associato in modo naturale e costante alla pietra di provenienza locale. I boschi fornivano anche pece, resina e trementina, in gran parte diretta ai mercati piemontesi e svizzeri. L’estrazione della trementina è documentata anche a La Magdeleine, dove nel 1816 viene concesso a Guillaume François Gervason, nato e residente a Châtillon, di estrarre per nove anni consecutivi la trementina dalle piante esistenti nelle foreste del Comune di La Magdeleine, ad eccezione del bosco Les pares7. Il concessionario pagherà la somma di 520 franchi in tre rate alla festa di San Michele. Nel 1823 la concessione viene rinnovata alle stesse condizioni e così ancora nel 1828: per 80 lire pour chaque percée à charge au locataire de payer le montant qui resultera des enchères à la St-Michel de l’année de chaque percée; de payer tous les frais

des acts ainsi que ceux d’inscription, de donner une bonne caution, et de se comporter en bon locataire et bon père de famille; et avec la faculté de couper, moyennant la due autorisation, quinze plants de sapin pour faire de l’écorce les recipians necessaires pour la térébenthine. Nel 1829 si presentarono all’asta pubblica Vuillermoz Laurent feu Jean Baptiste di Châtillon e Betemp Maurice feu Baptiste di Chambave. Il primo offrì 136 lire nuove contro le 135 dell’altro, e naturalmente vinse la gara d’appalto con un contratto firmato dal Sindaco Charles Joseph Noussan. In un’epoca di grande interesse per le estrazioni di minerali, anche a La Magdeleine vennero fatti alcuni tentativi di ricerca: Monsieur Elzéard Gachet de la Cité d’Aoste, Président de la Court d’Appel en retraite, chiese all’Amministrazione Comunale il permesso di pratiquer les fouilles et recherches nécessaires pour la découverte de mineraux sur la forêt dite Borget, au lieu dit Fontaine de Saint Martin, non essendo a conoscenza di scavi effettuati nelle zone adiacenti. I confini dell’area interessata

7. ACLM, III Sezione, 23, Délibérations consulaires, 1816, 1823, 1828, 1829.


Prati in fiore all’Alpe Borget. 180°

8. ACLM, III Sezione, 30, Verbali del Consiglio comunale, 1858. 9. ACLM, III Sezione, 23, Délibérations consulaires, 1819. 10. ACLM, IV Sezione, 794, Attivazione di un forno da calce, 1896, 1903.

agli scavi erano: a levante la montagne de la Commune, à midi les propriétés particulières, couchant le chemin tendant à Chamois, nord le Bois commun de Chamois8. Nell’interesse della popolazione di La Magdeleine il Consiglio pretese, in caso di effettiva estrazione, il diritto esclusivo sul trasporto del minerale, pour autant qu’il y aurait de bras aptes dans cette Commune. Non si conoscono gli esiti della ricerca che testimonia invece la frenesia con cui molti piccoli e grandi imprenditori minerari si avvicinarono alla montagna nella speranza di trovarvi miniere da sfruttare. L’importanza del bosco nella conduzione economica familiare e collettiva spinse le amministrazioni comunali a organizzare forme di controllo più efficaci: per queste ragioni, tra i primi provvedimenti del Consiglio comunale di La Magdeleine, il 7 giugno 1819 venne attribuito l’incarico di guardia forestale e campestre a Dujani Louis de feu André Joseph con il trattamento economico di venti lire nuove di Piemonte9.

Nel tardo Ottocento il Comune si trovò a deliberare la costruzione di un forno da calce lungo la strada che conduce all’Alpe Champcellier. Il Sindaco Pietro Dujany riunisce l’assemblea degli amministratori, dopo aver ottenuto l’approvazione della Prefettura di Torino in data 23 gennaio 1896, e l’approvazione dell’Ispezione forestale10. Qualche anno dopo, l’argomento viene ripreso e nella lettera al Sottoprefetto di Aosta del 2 luglio 1903 si precisa che il forno occuperebbe un vecchio spiasso già precedentemente utilizzato per la cottura della calce, e si trova in una zona rocciosa, priva quindi di rischi. La Sottoprefettura autorizza il taglio di 15 piante. Bisognerà arrivare al maggio del 1903 per la definitiva deliberazione comunale riguardante l’attivazione del forno da calce. In questa occasione vengono evidenziati alcuni dati su questa attività produttiva: Premesso che in questi paragi, il solo Comune è proprietario di cave da calce e forni relativi; seguendo un’antica consuetudine il Comune provvede ad intervalli all’attivazione di forni da calce, met-


tendo poi questi in vendita a un determinato prezzo, il cui provvento si stanzierà nel bilancio del prossimo esercizio; all’attività del medesimo suolsi destinare piante vecchie e deperienti, calcolate in numero di 15, rami, cespugli e tronchi d’alberi; per riparare il muro di cinta del Cimitero. Il Comune delibera quindi di chiedere la necessaria autorizzazione di poter attivare ad economia nella foresta Balmettes, di proprietà del Comune, il forno da calce esistente e soprastante alla strada che da questo Comune tende alle montagne di Promiod. Praterie e brughiere La fine del bosco, laddove i lariceti lasciano il posto alle brughiere e praterie, viene considerata dai naturalisti una vera e propria “frontiera biologica”: vi vivono alcune piante che hanno trasformato il loro ciclo biologico per sopravvivere ai rigori dell’inverno e alle condizioni estreme di alta quota. Nelle conche più riparate, dove la neve ricopre e protegge le piante dal vento e dalla traspirazione dell’acqua, il rododendro può

crescere anche ad alcune centinaia di metri di quota oltre il limite superiore del bosco. Il mirtillo è meno esposto al rischio di siccità, dal momento che perde le foglie d’autunno e spesso cresce al riparo delle piante di rododendro. Alle falde del monte Tantané, sul versante più riparato dal vento, riesce a colonizzare aree aperte fino a quote piuttosto elevate. Se nelle brughiere le piante hanno circa tre mesi di ciclo vegetativo, nelle praterie alpine il periodo si riduce a meno di due mesi. Alcune piante mettono in atto strategie di adattamento come il nanismo, vale a dire che le dimensioni del fusto e delle foglie si riducono drasticamente, grazie al fatto che l’ormone della crescita viene inibito dalla forte intensità della luce. Viceversa l’apparato radicale si sviluppa quasi del doppio per aumentare la capacità di assorbimento e per consentire alla pianta di rimanere aggrappata al terreno, spesso franoso e soggetto a forti raffiche di vento. L’aspetto esterno della pianta nana assume la forma del “cuscinetto”, adattamento estremo al freddo e alla siccità11.

Nella pagina seguente: Rosa canina sull’antica mulattiera per Veuillen.

11. Stefano Unterthiner, op. cit. 12. Ernesto Challancin, La Magdeleine, Le Château Edizioni, Aosta, 2004, p. 229.


Erboristeria a La Magdeleine L’altitudine del territorio permette la sopravvivenza delle piante ortofrutticole solo ďŹ no al primo autunno. PoichĂŠ le gelate e le nevicate invernali impediscono la produzione di qualsiasi ortaggio, i magdeleins da tempo si sono adattati alla raccolta delle erbe spontanee primaverili e alla loro conservazione anche durante i periodi piĂš freddi – cosĂŹ osservano Cristina Griva nella sua “Ricerca etno-botanica sul territorio comunale di La Magdeleineâ€? del 2009 e Albertina Vittaz, intervistata sull’argomento. Il consumo delle erbe e dei frutti freschi è legato alla stagionalitĂ delle specie; ma, sopratutto per le erbe curative, le parti utilizzate vengono raccolte e fatte seccare per farne tisane e decotti, oppure trasformate immediatamente in marmellate. Il costume montanaro vuole un uso parsimonioso delle risorse e in sintonia con i tempi della natura: alcune erbe spontanee sono indicate per minestre, zuppe o per farcire le paste fresche (ravioli). Nel panorama delle erbe ad uso alimentare note ed usate nella cucina dei magdeleins si contano 58 specie tra erbe spontanee, arbusti ed alberi. Comunemente se ne utilizzano le parti aeree, piĂš raramente le radici. Ma di alcune specie non viene trascurato quasi nulla: per esempio la Primula veris viene usata integralmente (ďŹ ore, stelo e foglie) cucinata nelle minestre, le foglie vengono aggiunte nelle frittate e inďŹ ne con i ďŹ ori messi a seccare si preparano decotti per le malattie dei bronchi. Della rosa canina, cosĂŹ diffusa lungo le bordure delle strade e dei sentieri o ancora nelle siepi che bordeggiano i fondi terrazzati, si utilizzano i ďŹ ori in fusione per farne collirio, mentre le bacche trasformate in marmellata diventano buoni ricostituenti. Alcune piante vengono raccolte prima della ďŹ oritura: le foglie tenere del Rillon vengono aggiunte alle minestre di stagione; le foglie di borragine sono ottime in pastella, in frittata, nei risotti e ancora nelle minestre. Numerosi frutti, ma anche bacche e falsi frutti, sono particolarmente adatti alla preparazione di marmellate: il mirtillo, la fragolina di bosco, il lampone, la rosa canina e il sambuco. Con la menta piperita e con il genepi si possono ricavare liquori. Non si possono dimenticare le piante “domesticheâ€?, come basilico, rosmarino e salvia, molto diffuse nella cucina per aromatizzare arrosti, pietanze, ma anche per insaporire dolci e frittelle, come le foglie di salvia in pastella o la limonina in diversi preparati. Anche le piante forniscono elementi utilizzabili nell’erboristeria, come il tiglio e la betulla, per le loro caratteristiche disintossicanti e calmanti. La cucina e la cura delle persone non si discosta troppo dalle attenzioni per la salute degli animali, specie quando questi rappresentano il bene economico fondamentale. CosĂŹ, il sedano selvatico, oltre ad aromatizzare minestre e insalate, può servire ad allontanare le mosche dalle stalle; le ortiche, le cui punte tenere vengono aggiunte alle minestre e alle frittate, sono anche utili all’alimentazione delle galline.

Proprio la presenza di boschi e prati permette la crescita e la proliferazione di numerose piante, spontanee e “addomesticateâ€?, molte delle quali hanno proprietĂ terapeutiche, altre invece sono commestibili e costituiscono gli ingredienti principali per minestre, frittate, pietanze, liquori, marmellate. Il sottobosco di larici e abeti, soprattutto a quote elevate, presenta grandi cespugli di rododendri, intorno ai quali sono ďŹ orite belle e interessanti leggende. Una di queste, raccontata da Vincent Trèves, vuole che il rododendro, detto anche ďŹ ore di San Giovanni, abbia poteri magici, particolarmente efďŹ caci contro le persone, gli animali e gli spiriti maligni. Per queste sue proprietĂ ai bambini veniva chiesto di usarli per riempire le fessure dei muri a secco delle case. Nei prati della tarda primavera abbondano ďŹ ori di varie specie, dai mille colori e dalle forme eleganti. Il pascolo delle mandrie è ricchissimo e il latte ne mantiene le profumazioni e le proprietĂ . Molti anziani ricordano come il gusto delle fontine differisca da una stagione all’altra e da un alpeggio all’altro. Genziane, acaulis, verna, rubre, lutee, genzianelle, viole biore, montane, calcarate, tricolor, aquilegie, tallitri aquilegifogli, trolli, primule diverse, soldanelle, nigritelle, anemoni vari, ranuncoli, achillee, aconiti, orchis, sambicine, potentille, sassifraghe, centauree, saponarie, dianthus, campanule varie, aster, varie specie di lilliacee (martagon, lilliastrum, giglio rosso alpino), asfodeli sono le varietĂ piĂš diffuse12. La ricchezza della ora si accompagna a un patrimonio faunistico in netta ripresa negli ultimi anni: gallo cedrone, fagiano, lepre e marmotta, scoiattolo, tasso, volpe, pernice e coturnice, oltre agli ungulati e ai rapaci che stanno ripopolando il territorio di La Magdeleine.



Le territoire et ses ressources Une combe superbe et ravissante Le territoire de La Magdeleine se présente sous de douces pentes en amphithéâtre, entouré de forêts d’où pointe, imposante comme une tour solide, le mont Tantané à 2733 m d’altitude. La Magdeleine a la forme d’un cœur dont la partie étroite et profonde s’enfonce dans le territoire communal d’Antey. A l’Est, elle tourne le dos au vallon de Promiod et au Val d’Ayas; à l’Ouest, elle donne sur les bois et les prés de Torgnon; au Nord, elle se pose en admiratrice du mont Cervin et des Grandes Murailles. Un regard ample vers la vallée principale dévoile la présence de splendides montagnes: le Barbeston, la Cime Noire et la Tersiva, le Mont Emilius, la Becca di Nona, le Grand-Paradis, le Ruitor et la Becca d’Avers, à la frontière du Canavais. De petits lacs de montagne (Lac de Croux, Lac de Borget, Lac de Charey, Lac de Champlong) alternent avec les zones humides de Valery et de Pilaz là où, pendant les périodes de pluie, de petites piscines naturelles recueillent les eaux de pluie qui les ont formées, une ressource sans pareille pour la vie en montagne. Les hameaux qui forment le centre habité de La Magdeleine se trouvent à des altitudes différentes: le chef-lieu, Brengon, est à 1644 m; Messelod, à 1602 m, marque avec Brengon la limite sud de la Commune; Clou, à 1630 m, abrite la Maison Communale, les terrains de jeu en plein air, les installations de remontées mécaniques, la patinoire, le terrain de sport à la belle saison; au-dessus de ce village, de nouvelles maisons sont en cours de construction et l’agglomérat s’appellera le mont Tantané; à 1676 m le village de Vieu est installé sur un promontoire assez raide; enfin le village le plus élevé, à 1715 m, Artaz, grâce à des sentiers et des chemins forestiers permet d’arriver aux zones les plus élevées du territoire communal, au col Pilaz, au vallon de Champlong, au col Pillonet, au Mont Tantané et, sur le territoire de Châtillon, au mont Zerbion. Le climat de La Magdeleine a des aspects intéressants par rapport aux autres localités de montagne. En été et en hiver la température est très bonne: fraîche en été malgré les fortes chaleurs environnantes, tandis que le gel en hiver est atténué par les nombreuses heures de soleil battant. Une grande partie du paysage présente une étendue de forêts de mélèzes qui couronnent les zones de pâturage et les grands prés qui ont désormais pris la place des zones cultivées. C’est la présence des bois et des prés qui permet la pousse et la prolifération de nombreuses plantes spontanées dont beaucoup ont des propriétés thérapeutiques, d’autres sont comestibles et constituent les ingrédients principaux des soupes, des omelettes, des mets particuliers, des liqueurs ou des confitures. L’altitude du territoire permet la cueillette des fruits et des légumes jusqu’aux premiers jours de l’automne. Puisque le gel et la neige empêchent la production de légumes, les Magdeleins depuis longtemps récoltent des herbes sauvages au printemps et les conservent pendant les périodes les plus froides. Les herbes et les fruits frais sont consommés suivant la saison mais, surtout pour les herbes aux vertus curatives, les parties utilisées sont recueillies et séchées pour en faire des tisanes, des décoctions ou sont immédiatement transformées en confiture.


The Land and Its Resources A Magnificent Combe The configuration of the La Magdeleine area is like a slightly inclined amphitheatre that is surrounded by magnificent forests dominated by Mt. Tantané, which emerges majestically like a solid tower 2733 metres above sea level. La Magdeleine is in the shape of a heart, whose deep cusp penetrates into the municipal territory of Antey. Its eastern side faces the Promiod gorge and the Valle d’Ayas; the opposite side overlooks the woods and meadows of Torgnon; to the north it admires the Matterhorn and the Grandes Murailles. A broad view of the main valley reveals the presence of splendid mountains such as Barbeston, the Cima Nera and Tersiva peaks, Monte Emilius, the Becca di Nona, Gran Paradiso, Ruithor and Becca d’Avers; both frontage and the border with the Canavese region. Small Alpine lakes (Lac de Croux, Lac de Borget, Lac de Charey, Lac de Champlong) alternate with the wetlands of Valery and Pilaz, where the rainwater collects during the rainy seasons, creating small natural pools that are an invaluable resource for mountain life. The hameaux or hamlets that constitute the inhabited centre of La Magdeleine are situated at different altitudes: the main one, Brengon, lies at 1644 metres; Messelod is 1602 m a.s.l. and, together with Brengon, also marks the southern border of the municipality. Clou (1630 m) hosts the City Hall, sport and recreational activities, ski lift facilities, the skating rink and the sports ground in spring and summer. A new urban area is about to be built above Clou and has already been named after Mt. Tantané; Vieu stands on a rather steep promontory, at an altitude of 1676 m. Lastly is the highest hamlet, Artaz (1715 m), from where paths and privately built roads lead to the most elevated zones of the municipal territory: the Pilaz col, the Champlong valley, the Pillonet pass, Mt. Tantané and, crossing over into the territory of Châtillon, Mt. Zerbion. The climate of La Magdeleine has very interesting features compared to the gamut of mountain localities: in summer and winter the temperature is ideal, because it is cool in the hottest periods and the winter cold is attenuated by the many hours of sunlight. Most of the natural surroundings have large extensions of larch forests that crown the pastures and the meadows that are becoming larger and larger and have totally replaced the cultivated land. The presence of woods and meadows allows for the growth and proliferation of numerous plants, both spontaneous and cultivated, many of which have therapeutic properties, while others are edible, serving as the main ingredients for soups, omelettes, main courses, liqueurs and marmalade. The high altitude of this area means that fruit and vegetables can grow only up to early autumn. Since the winter frost and snow prevent the production of any kind of vegetable in that period, it is customary for the local population to gather wild plants and herbs that grow in the spring and preserve a part of the yield for the cold season. Naturally, the consumption of herbs and fresh fruit depends on the season of the various species; but especially as regards medicinal herbs, the utilized parts of the plant are gathered and dried to be used for tisanes and decoctions, or are immediately made into marmalade.



Village d’agriculteurs I grandi cambiamenti del XX secolo La vita economica di La Magdeleine, come per tutti i Comuni disposti a media e alta quota, si è sempre basata principalmente sull’attività agricola e sull’allevamento. Solo a partire dagli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso il turismo ha assunto un ruolo determinante e ha radicalmente modificato il rapporto tra comunità residente e risorse della terra. I villaggi venivano costruiti in aree non adatte all’agricoltura per non occupare spazi fertili e per difendersi dalle valanghe; attualmente l’uso del suolo, in un contesto fortemente mutato, privilegia le aree naturali che occupano il 54%, i boschi il 27%, i pascoli il 9%, mentre il rimanente 10% è costituito da aree edificate13. La morfologia del terreno non ha permesso nel tempo, né oggi si vedono cambiamenti, di adottare tecniche di lavorazione più rispondenti alle tecnologie e alle esigenze degli agricoltori. L’attività agricola montana qui ha assunto fino agli anni Settanta aspetti arcaici che ricalcano metodi tradizionali e antichissimi. Ciò non ha impedito che si innescassero processi di degradazione e di abbandono delle colture. Lo spopolamento, iniziato a fine XIX secolo, è aumentato dopo la seconda guerra mondiale, portando con sé inevitabili e drammatici fenomeni di invecchiamento della popolazione, diminuzione della produttività del lavoro agricolo, disaggregazione delle proprietà. La coltivazione del suolo oggi si confonde con l’allevamento che costituisce la maggiore entrata in agricoltura; erba e foraggi sono le colture preminenti e permettono un solo taglio a metà luglio. Se pure in funzione complementare all’attività agricola, l’allevamento dei bovini ha rappresentato per lunghissimo tempo la principale attività economica; al piccolo bestiame, invece, a partire dalla fine del XVIII

secolo, è stato riservato un ruolo marginale. I numerosi alpeggi, distribuiti nelle aree più elevate del territorio, sono in parte abbandonati e quelli ancora utilizzati restano attivi per 90/100 giorni, da giugno a settembre. Un tempo si lavorava il latte per ottenerne burro e fontina di ottima qualità per la varietà e pregio delle specie botaniche nei pascoli in piccoli caseifici a carattere familiare. L’azienda agricola del passato non era considerata solo un bene economico, ma anche simbolo di unità e coesione familiare. La proprietà fondiaria comprendeva beni situati à la montagne e à la plaine, nel territorio di Châtillon, producendo un movimento di migrazioni interne dovute a ragioni economiche e climatiche, regolate da un preciso calendario agricolo14. Nel XVII secolo... Si può pensare ai secoli del tardo Medioevo (XIV e XV secolo) come a una sorta di piccola età dell’oro nel mondo alpino. A quel tempo risale gran parte delle infrastrutture che hanno reso la vita degli alpigiani meno gravosa: la rete di strade e sentieri che collegavano i villaggi tra loro, con i passi alpini che conducevano oltralpe, e con le comunità di fondovalle; il sistema di torri, caseforti e castelli,

13. Analisi iniziale degli aspetti ambientali del Comune di La Magdeleine. Revisione n. 1 del 15.3.2010. 14. Nei racconti dei magdeleins i trasferimenti da La Magdeleine a Châtillon e viceversa sono sempre presenti. A questo proposito si veda il paragrafo I lavori agricoli a pag. 181.

Nella pagina di sinistra: Primavera al Colle Pilaz. Cartolina di La Magdeleine (s.d.). In sovrapposizione, il disegno della strada, del Municipio e dei nuovi alberghi. Collezione Gildo Vittaz.



simboli di potere e luoghi di reale funzionamento amministrativo e ďŹ scale; l’ospitalitĂ garantita dalla presenza di locande disposte lungo le vie di maggior trafďŹ co intervallivo e transalpino; inďŹ ne la costruzione di grandi e ardite opere di ingegneria idraulica per assicurare l’approvvigionamento d’acqua alle innumerevoli comunitĂ che popolavano la montagna. Ma la breve stagione di benessere terminò nella prima metĂ del Cinquecento, quando tutto l’arco alpino occidentale si trovò isolato dai grandi centri commerciali europei, e si diffusero miseria e paura nelle valli e sui monti. L’affermazione delle vie marittime nel commercio internazionale, le guerre horrende de Italia, la dissoluzione degli stati sabaudi, la perdita di Ginevra e la chiusura del Gran San Bernardo per impedire la diffusione del protestantesimo furono i fattori principali della crisi e della decadenza della Valle d’Aosta. Oltre a ciò sull’area alpina si veriďŹ cò una terribile rivoluzione climatica. La “piccola etĂ glacialeâ€? modiďŹ cò sostanzialmente le condizioni di vita del montanaro: l’espansione dei ghiacciai, la progressiva diminuzione della temperatura determinarono la riduzione drastica delle aree coltivabili, soprattutto in alta quota; fecero scendere a livelli preoccupanti il rendimento delle terre, resero invalicabili i passi di alta montagna. Molti alpeggi vennero abbandonati, cosĂŹ i villaggi posti in zone pericolose soggette a inondazioni, frane e valanghe. E poi ancora, dopo qualche decennio, la peste raggiunse anche le Alpi; nella Valle d’Aosta la popolazione diminuĂŹ drasticamente – si stima che due terzi dei centomila abitanti siano rimasti vittime dell’epidemia, sďŹ ancati dalla miseria, dalle guerre, dai disastri naturali. La chiusura dei conďŹ ni costrinse i montanari a organizzarsi secondo i criteri della sussistenza, sviluppando quella tipica economia di montagna che caratterizzerĂ per due lunghi secoli la societĂ valdostana.

Povere erano le possibilitĂ offerte dalla natura. Circa un quinto del territorio della Valle d’Aosta era assolutamente sterile, coperto soltanto di rocce e di ghiacci e tre quinti erano adatti esclusivamente a coltivazioni estensive, quali pascoli e boschi. Buona parte del terreno rimanente, utile allo sfruttamento intensivo dell’agricoltura, richiedeva una lotta quotidiana contro la natura per rimodellare con le terrazze i ďŹ anchi delle montagne, scavare ruscelli per l’irrigazione, riportare in alto la terra scesa a valle, ripulire il terreno dalle grandi quantitĂ di materiali rocciosi, utilizzato per i terrazzamenti, per i supporti delle vigne e per delimitare i conďŹ ni delle proprietĂ 15.

Nella pagina di sinistra: Il campanile di La Magdeleine emerge dal ďŹ tto dei boschi.

La resa delle coltivazioni era molto bassa; il lavoro era svolto a forza di braccia, con l’utilizzo di qualche mulo. In montagna la situazione era particolarmente difďŹ cile: si seminava generalmente con rotazione biennale la segala ďŹ no ai duemila metri, poco piĂš in basso l’orzo e il frumento, ma con esiti appena sufďŹ cienti per l’autoconsumo. L’utilizzo del suolo nel XVII secolo L’utilizzo del suolo nelle varie epoche testimonia il grado di benessere, l’organizzazione delle proprietĂ fondiarie, le abitudini alimentari, le relazioni tra le famiglie proprietarie, la qualitĂ e le caratteristiche dei terreni coltivabili. I consegnamenti delle proprietĂ fondiarie e immobiliari hanno costituito nel tempo un’ottima fonte di dati quantitativi per la conoscenza del territorio e delle economie del passato. Attraverso questo tipo di documento è possibile ricostruire buona parte della storia di localitĂ anche estremamente piccole e lontane dai centri istituzionali. Le Reconnaissances sono organizzate generalmente per villaggio, per proprietari di beni e in rapporto alla consistenza economica del patrimonio fondiario16. Si vengono cosĂŹ a conoscere i nomi dei capi

15. Marco Cuaz, Fra stati sabaudi e Regno d’Italia, in Storia d’Italia. La Valle d’Aosta, Einaudi, Torino, 1995, p. 270. 16. ACLM, I Sezione, 2, Premier Livre d’Anthey, 1649-1651. Consegnamenti in favore del barone di Cly Pierre Philibert Roncas di beni situati nel Comune di Antey che in questo periodo comprendeva ancora il quartier de la montagne, resosi autonomo nel 1798. Si tratta di un registro rilegato in cuoio consegnato al Comune di La Magdeleine nel 1758, in seguito all’affrancamento dei censi feudali. Sull’argomento Reconnaissance si veda anche il box di pag. 134.


La distribuzione delle proprietà di Michel du Jany notaire (Reconnaissance del 1651)

Brit de Fond

Arthad Vieu

Clou Messelod

Brengon T.te di An te

y S a n t ’ A ndré

T.te Prè Dur an

d

rod be T.t e Rom


Ricostruzione storica del “catasto secentesco” limitatamente ai beni dichiarati dal notaio Michel du Jany. Si contano 101 beni distribuiti su tutto il territorio comunale: 41 prati di cui 7 misti (champ, vacolle, leschiri); 39 campi; 2 leschiri (zone umide). Gli edifici (19) sono situati all’Alpe Borget, e nei villaggi di Brengon, Vieu e Messelod. Elaborazione grafica di Alessandro Guida.

legenda Campi Prati Misti Confine comunale


famiglia, il loro numero complessivo, il luogo di nascita, il nome del padre e talvolta del nonno paterno, la tipologia e quantitĂ , oltre che la distribuzione dei fondi. Questi sono generalmente descritti con una serie di vocaboli francesi convenzionali, oppure sono trascrizioni del patois in cui la francesizzazione del termine è abbastanza marcata. Per esempio, le zone acquitrinose sono deďŹ nite leschiri, termine molto comune a La Magdeleine per indicare le terre destinate alla produzione di canapa o alla formazione di vasche di raccolta delle acque. Il fondo viene deďŹ nito per la sua estensione in emine (22,4 litri), sestieri, quartanate (11,2 litri), quarteron (2 litri), tese; il tributo corrispondente è espresso in ďŹ orini. La posizione geograďŹ ca nel territorio viene indicata con toponimi, anch’essi espressi in francese o in una forma francesizzata del patois; il riconoscimento dei luoghi non sempre risulta agevole, specie quando sullo stesso fondo si sono sovrapposte varie colture e si sono avvicendati diversi proprietari. Per ricostruire la mappa delle proprietĂ di Michel du Jany (riprodotta nelle pagine precedenti) è stato utilizzato, come termine di confronto, il risultato dell’inchiesta toponomastica realizzata da Marzia Vittaz per il BREL (Bureau RĂŠgional Etno-Linguistique) nel periodo 2001/2003. L’inchiesta sui toponimi si è conclusa con una rappresentazione cartograďŹ ca alla quale si è fatto riferimento per collocare sul territorio i fondi elencati dal notaio du Jany nel 1651. I toponimi secenteschi non sempre coincidono con quelli evidenziati dall’inchiesta, ma con l’aiuto dei magdeleins è stato possibile individuare la localizzazione di un gran numero di appezzamenti fondiari. La frammentazione delle proprietĂ moltiplica il numero di fondi di ciascun dichiarante; la ridotta estensione di ciascun appezzamento, il numero esiguo dei capifamiglia residenti a La Magdeleine danno un’immagine alquanto distorta della realtĂ economica del paese. Ad

un primo sguardo, la lunga sequenza di beni nella dichiarazione potrebbe far pensare a una ricchezza diffusa, ma che rientra nei canoni dell’agricoltura alpina, non appena ci si soffermi sull’entitĂ del tributo corrispondente. Il caso del notaio Michel du Jany, le cui proprietĂ sono rappresentate nella mappa della pagina precedente, è esempliďŹ cativo del fenomeno di parcellizzazione estrema dei fondi agricoli. Tra i magdeleins è il piĂš abbiente: possiede 101 beni, in gran parte appezzamenti di terra, tra coltivi e prati per ďŹ eno, oltre a un discreto numero di ediďŹ ci ad uso abitativo e rurale in diverse localitĂ del Comune. Le proprietĂ del notaio du Jany sono distribuite su quasi tutto il territorio comunale, nelle aree adatte alla coltivazione e alla produzione di foraggio. In generale, nella distribuzione delle proprietĂ , si riconoscono criteri riconducibili all’autonomia e all’autosufďŹ cienza: un numero congruo di prati e pascoli si aggiunge ai campi coltivati, alle aree boschive e alle canapaie. Lo stesso vale per le abitazioni e gli ediďŹ ci annessi. Anche in questo caso, la distribuzione risponde a criteri di vicinanza ai terreni coltivati e alla necessitĂ di provvedere al rimessaggio delle derrate e degli attrezzi agricoli. Un discorso analogo si può fare con i dati reperiti nel Catasto napoleonico datato 1801. La seconda sezione dell’Archivio Storico di La Magdeleine comprende i documenti redatti dall’amministrazione francese nel periodo 1798-1814. Il Comune autonomo di AnteyLa Magdeleine venne a far parte, insieme agli altri Comuni della Valle e a tutti i territori dell’ex Regno di Sardegna, della Repubblica, in seguito Impero di Francia, ďŹ no all’aprile 1814, quando i Savoia vennero reintegrati nelle loro funzioni. Oltre alle pratiche di separazione e di istituzione del nuovo Comune, il primo Catasto parcellare di etĂ napoleonica getta luce sulla distribuzione delle proprietĂ e sull’uso dei fondi agricoli.


L’an dix de la Republique Française et le jour vingt Brumaire correspondant au onze Novembre mille huit cents et un je soussignĂŠ François Billet... arpenteur PatentĂŠ de la Royale UniversitĂŠ de Turin, Liquidateur Public approuvĂŠ et commis pour la formation du Nouveau Cadastre de la Commune d’Anthey La Madelaine par DĂŠcret du Commissariat du Gouvernement... – cosĂŹ si legge nel verbale di chiusura del Primo Livre Territorial de la Madelaine d’Anthey, estratto dal Catasto di Antey. Il Billet si era recato sul posto in compagnia dei consiglieri di Anthey La Madelaine, Jean Pierre Roveyaz e Charles Joseph Noussan, e dei consiglieri di Anthey-St-AndrĂŠ, George Philippe Aymonod e Jean Antoine Noussan, al ďŹ ne di veriďŹ care i numeri appartenenti e situati nel territorio del nascente Comune. Infatti, nel Catasto di

La Magdeleine, il mesureurr riporta sia l’antica numerazione che quella nuova, avvertendo che quest’ultima parte dal numero 4110 del Catasto di Antey17. Colpisce nella serie di dati catastali l’abbondanza di campi coltivati, di gran lunga piĂš numerosi dei prati e dei pascoli. Purtroppo non ci sono indicazioni di tipologia di coltivo, ma si può ipotizzare la presenza dei prodotti cerealicoli comuni alle aree di alta montagna. Oggi si contano solo piĂš quattro aziende agricole, tutte dedite all’allevamento; tuttavia gli alpeggi e i mayens (Veuillen, Valery, Croux, Lantaney, Charey e Champlong) vengono utilizzati da allevatori dei Comuni vicini per la monticazione estiva, e la montagna continua a vivere la sua stagione migliore.

Registri di Reconnaissances.

17. ACLM, II Sezione, 19, Livre Territorial de la parroisse de la Madelaine d’Anthey, 1801.


Villages d’agriculteurs Comme toutes les communes de moyenne et de haute montagne, La Magdeleine a une ĂŠconomie depuis toujours basĂŠe sur l’activitĂŠ agricole et sur l’Êlevage. Ce n’est qu’à partir des annĂŠes 60 et 70 du siècle dernier que le tourisme a eu un rĂ´le important qui a profondĂŠment modiďŹ ĂŠ les activitĂŠs des rĂŠsidents. A la ďŹ n du XIX Xe siècle, le dĂŠpeuplement a commencĂŠ Ă se faire sentir et il a fortement augmentĂŠ après la seconde Guerre mondiale. Cela a eu comme consĂŠquences un vieillissement de la population et ses manifestations dramatiques comme la diminution de la production du travail agricole et la dĂŠsintĂŠgration des propriĂŠtĂŠs. Aujourd’hui, la culture du sol se confond avec l’Êlevage qui constitue le plus grand revenu agricole. L’herbe et les autres cultures fourragères sont dominantes et permettent une seule coupe Ă la mi-juillet. Par le passĂŠ, la propriĂŠtĂŠ foncière se rĂŠpartissait entre la montagne et la plaine sur le territoire de Châtillon, en entraĂŽnant un mouvement de migrations internes dues Ă des raisons ĂŠconomiques et climatiques, rĂŠglĂŠes selon un calendrier agricole prĂŠcis. Le rendement des cultures ĂŠtait très bas; le travail se faisait Ă la force des bras et Ă l’aide de quelques mulets. En montagne, la situation ĂŠtait particulièrement difďŹ cile: gĂŠnĂŠralement on semait le seigle tous les deux ans jusqu’à deux mille mètres d’altitude, plus bas l’orge et le froment mais ces derniers avaient un rendement tout juste sufďŹ sant pour la consommation de la famille. Les registres des Reconnaissances des propriĂŠtĂŠs foncières et immobilières ont constituĂŠ dans le temps une excellente source de donnĂŠes pour connaĂŽtre le territoire et l’Êconomie du passĂŠ. A travers ce type de document, il est possible de reconstruire une bonne partie de l’histoire de villages extrĂŞmement petits et ĂŠloignĂŠs des centres administratifs. Les Reconnaissances sont gĂŠnĂŠralement organisĂŠes par village, par propriĂŠtaires de biens et en rapport avec la consistance ĂŠconomique du patrimoine foncier. On connaĂŽt dĂŠsormais les noms des chefs de famille, leur nombre total, leur lieu de naissance, le nom du père et parfois celui du grand-père paternel, la typologie, la quantitĂŠ et la distribution des fonds. La fragmentation des propriĂŠtĂŠs multiplie le nombre de fonds de chaque dĂŠclarant; un nombre important de prĂŠs et de pâturages s’ajoute aux champs cultivĂŠs, aux bois et aux chènevières. C’est la mĂŞme chose pour les habitations et les constructions annexes. Dans ce cas, la distribution rĂŠpond Ă des critères de voisinage par rapport aux terrains cultivĂŠs et Ă la nĂŠcessitĂŠ de prendre des mesures pour mettre Ă l’abri les denrĂŠes alimentaires et les outils agricoles. Ce qui frappe dans la sĂŠrie des donnĂŠes du cadastre, c’est l’abondance de champs cultivĂŠs, bien plus nombreux que les prĂŠs et les pâturages. HĂŠlas on ne trouve pas d’indications de typologie de culture mais on peut toujours faire l’hypothèse de la prĂŠsence des produits cĂŠrĂŠaliers communs aux zones de haute montagne.


A Farmers’ Village The economic life of La Magdeleine, as is the case with all towns situated at medium or high altitudes, has always been based mainly on agriculture and animal husbandry. Only in the 1960s and 1970s did tourism begin to be a major factor that radically changed the relationship between the community and its natural resources. Depopulation, which began at the end of the nineteenth century, increased after World War Two, leading to an inevitable and dramatic aging of the population, a decrease in agricultural productivity, and the parcelling out of property. Today the cultivation of the land is merged with animal husbandry, which is the largest source of income in agriculture; grass and fodder are the most important crops and can be reaped only once, in mid-July. In the past, agricultural property included land situated both in the mountains and in the plains in the territory of Châtillon. This led to the development of internal migration due to economic and climatic reasons based on a precise agricultural calendar. The yield was quite low. The work was done by hand, with the aid of a few mules. In the mountains the situation was particularly difďŹ cult: in general the sowing took place on a biennial rotation basis – rye up to 2000 metres, barley and wheat at a little lower altitude – but the yield was hardly enough for self-consumption, that is, without any surplus to be sold. The cadastral registers of consignation of agricultural property and real estate have always been an excellent source of quantitative data that provide an overall picture of the territory and economy of the past. Indeed, this type of document allows one to reconstruct much of the history of the villages, even the very small ones situated quite a distance from institutional centres. The surveys are generally organized by village, by landowners and in relation to the economic value of the agricultural patrimony. Thus one can ďŹ nd the names of the family heads, their overall number and place of birth, the name of the father and sometimes even of the paternal grandfather, and the type, quality and distribution of the plots of land. The fragmentation of property increases the number of plots owned by each person declaring ownership; a large number of meadows and pastures are added to that of the cultivated ďŹ elds, the wooded areas and the hemp ďŹ elds. The same is true of the homes and their annexes. In this case as well the distribution is based on the distance from the cultivated land and the need to store the produce and the agricultural implements. What strikes one in the series of cadastral data is the abundance of cultivated ďŹ elds, which are much more numerous than the meadows and pastures. Unfortunately, there are no indications of the type of crops, but one can assume they were cereals typical of high altitude areas.



Vie d’acqua e di terra Le acque. Ru e piscine Un costone ripido e assolato, apparentemente arido, alla mercĂŠ delle stagioni piĂš o meno piovose, si rivela invece assai promettente ai primi abitatori del Mont de Vieu, antica denominazione del territorio di La Magdeleine, che rilevano presto l’abbondanza di acqua che sgorga dalle sorgenti e percorre il territorio nascosta nelle viscere della terra. RiafďŹ ora nei piccoli spazi pianeggianti sotto forma di acquitrino, luogo ideale per la coltivazione della canapa. Raccolta e incanalata nei ru e nelle piscine, nelle fontane dei cortili, diventa risorsa preziosa e insostituibile per la vita quotidiana, per l’irrigazione di campi e prati, per il funzionamento dei mulini. Tale bene, cosĂŹ importante per la comunitĂ , era stato acquisito tra i diritti feudali della Baronia di Cly che ne dispensava l’uso sotto forma di concessione soggetta al pagamento in natura o in denaro di un canone annuo. Dalla lettura dei registri di consegnamento emerge un mondo popolato da uomini e donne attivi e orgogliosi, dediti a un lavoro duro e continuo, legato inscindibilmente alla presenza dell’acqua.

L’utilizzo dell’acqua era regolamentato da norme consuetudinarie riconosciute in tutta la giurisdizione e, come bene concesso secondo il diritto feudale, soggetto a consegnamento da parte dei beneďŹ ciari. CosĂŹ nella dichiarazione di Antoine d’Andrè Vittaz et des aultres ses consorts dans nommès, gli stessi hanno diritto a prelevare l’acqua del ru Pila, laigue de la Pillaz descendant du Collombier et de Brusanchy, il giovedĂŹ di ogni settimana, compresa la notte. Invece, ogni quindici giorni, la domenica, ne hanno diritto gli eredi e causayants de Pierre de Pierre d’autre Pierre d’Aymonet Messellod, de Pierre et ses freres de Panthaleon Messellod et les hoirs de Jacques Messellod18. Per questi ed altri beni ottenuti in concessione i beneďŹ ciari devono un sestier de seigle et

Tra le citazioni reperite nelle Reconnaissances del 1651, relative ai villaggi che costituiscono il territorio di La Magdeleine, si riconoscono alcuni ru ancora attualmente in uso ed altri probabilmente dismessi o dimenticati: ru Pillaz, ru Herbal, ru des moulins, ru tendant Trois Villes. Di quest’ultimo si conosce anche il nome (trascritto come si presenta nel testo delle Reconnaissances) di alcune località attraversate: Devies, Les Tables, Vernasson, Le Ronc, Valliarie. Il ru Herbal tendant aux Croux attraversava la località Praly lieudict Le Novie, mentre il ru La Pillaz scorre dessous Rivaz Vuillye e passa per Les RivÊes, nuova denominazione di Cleves du Vuyl.

18. I dati sono tratti dal Premier Livre d’Antey sopra citato.

Nella pagina di sinistra: Il torrente Pra Durand. Tronchi di larice scavati trasportano l’acqua da un mulino all’altro, 1961. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo BÊrard.


Lo stagno dell’Alpe Valery. 150°

sept sestier d’avoine belle et recepuable de rente annuelle payable en chascune feste Saint Michel e un soldo e sei denari di servizio payable tous les ans perpetuellement en chascune feste Saincte Etienne avec le plaict quand’il eschieraz a la maniere de la terre de Cly. Seguono altre forme di tributo, e infine il riferimento ad un atto molto più antico, del 1387, l’Instrument receu par Bernard de Masueria notaire en l’année mil trois cent huictante sept et jour en icelluy contenu... e a quello ricevuto da Jean Malliet notaire nel 1407 et le jour cinquieme du mois de fevrier. Panthaleon, Jean et Jeanjacques freres du feu Barthellemy Rivet hanno in concessione tra l’altro una giornata d’acqua del Ruz de La Pillaz ogni settimana il venerdì all’alba fino alla medesima ora del sabato. Questo diritto è condiviso per metà tra les dicts Rivets et leurs consorts et lesdicts Carlon l’autre moitiè... In più i consorti Rivet possono prelevare l’acqua del ru durante la notte della domenica ogni quindici giorni.

Tali dichiarazioni fanno riferimento ad un atto di albergamento fatto a feu Martin Rivet par noble Antoine de Spina all’epoca castellano di Cly ricevuto da Girard de Pleo notaire il 20 aprile 1388 e all’atto di albergamento del 1345, e alla infeudazione fatta dal nobile Bonifacio allora signore di Cly a Pieronnet figlio di Andrè de Villien predecessore desdicts confessants ricevuto da Henri Sermody notaire il 29 novembre del 1329. Le Reconnaissances sopra citate rimandano quindi ad un tempo molto più antico di quello nel quale vennero redatti i registri di consegnamento, dimostrando quanto fosse duraturo e costante il rapporto stabilito con l’atto di investitura, travalicando persino i cambiamenti intervenuti nella signoria. Oltre ai ru, il territorio era ed è tuttora costellato da vasche di raccolta, le cosiddette pissines (la pissine de Brengon, pissine d’Arthad), e da acquitrini o zone umide (les lescheres, les lesches soit brenvey de la grand pissine). Se i ru rappresentano i “luoghi della memoria” per i valdostani, luoghi di identificazione


degli individui e della collettività, per i magdeleins sono la presenza più significativa e fondamentale della comunità che, oggi più che mai, investe e s’immedesima in quel sistema idrico, fonte di vita presente, passata e futura. Tuttavia, la storia delle acque e del loro uso non è mai stata lineare e pacifica, ha sempre suscitato contese, liti e diatribe, se non processi e atti giudiziari. Una disputa particolarmente concitata si verificò tra il 1863 e il 1877, periodo al quale si riferisce la pratica concernente la ripartizione fatta dal geometra Charbonnier con esiti contestati da molti proprietari19. Periodicamente, a partire dalla formazione del Comune autonomo, l’Assemblea consiliare dovette affrontare le questioni che via via scaturivano dall’uso collettivo delle acque e che riguardavano la ripartizione delle acque situate sul territorio comunale. Un carteggio importante riporta le discussioni, le scelte degli amministratori, le contestazioni dei pro-

prietari, il punto di vista dell’esperto, le considerazioni degli organi preposti alla supervisione e al controllo delle attività amministrative dei Comuni. Nel periodo 1863-1866 un grande affaire ebbe per attori numerosi magdeleins che si sentirono penalizzati nella divisione delle ore d’acqua spettanti a ciascun proprietario di fondi irrigabili. Il Sindaco Charles Artaz si trova a dirigere le operazioni di modifica della ripartizione delle acque del territorio comunale. Ottenuta la indispensabile autorizzazione dell’autorità sottoprefettizia di Aosta, avvia i lavori in una seduta straordinaria, avvenuta a Châtillon, nello studio del segretario Rigollet, il 29 marzo 1863. Sono contemplate le acque dei ru, escludendo quelle del Ruisseau de Vuillen che veniva amministrato direttamente dal Comune. In questo caso il Consiglio adotta l’égance del 1808 come base della divisione delle ore, ma per ciascuna fonte idrica vengono previste alcune operazioni che mirano a pacificare gli animi e a garantire una più giusta ripartizione20.

19. ACLM, III Sezione, 173, Ripartizione delle acque situate sul territorio comunale, 1863-1877. 20. ACLM, II Sezione, 22, Division de l’eau du canal de Patana, commune d’Antey La Magdeleine, 1808.


La posa d’acqua Restano nell’Archivio Storico numerosi documenti relativi alla ripartizione delle acque. Il materiale più cospicuo riguarda il ru Patana, del quale si ha l’égance del 1808. I proprietari di beni irrigabili, a partire dal Sindaco Jean Baptiste Artaz feu Jean Baptiste, riuniti in assemblea, decidono di rifare la divisione dell’acqua che era stata stata compiuta appena un anno prima dall’esperto Jean Grat Meynet, il 2 giugno 1807. I convenuti ritengono di dover aggiungere alcune proprietà del villaggio di Messelod, irrigabili con l’acqua del Canale Patana, e quelle della montagna gestita in consorteria chiamata Charré. I proprietari desiderano che la ripartizione venga fatta secondo nuove regole: le pose d’acqua saranno fissate per quindici giorni, ricominciando i turni nello stesso giorno e alla stessa ora della prima volta. La prima posa si farà a Messelod e Viu, successivamente a Landasse, Fioc, e quindi a Leyes e alle pertinenze di Artaz, mentre l’ultima domenica della quindicina l’acqua sarà usata per bagnare la montagna in consorteria di Charré. L’irrigazione si farà di giorno, e fino alla festa di Saint Pierre. Se l’acqua del canale è molto abbondante, metà verrà incanalata dal lato di Viu e Messelod, e l’altra metà divisa tra le proprietà dell’area di Landasse, Fioc, Leyes e Artaz, rispettivamente otto giorni consecutivi a Artaz e cinque a Landasse. Durante la notte l’acqua sarà comune, ma coloro che provocheranno danni utilizzandola dovranno subire le pene previste dalla legge. La prima posa comincerà il primo lunedì di maggio alle quattro del mattino, e così per tutto il periodo fino alle otto di sera. Quindi contemporaneamente i proprietari irrigheranno i fondi di Vieu e Messelod, quelli di Landasse di seguito, come quelli del villaggio di Artaz. Dopo la festa di Saint Pierre, poiché l’acqua del canale diminuisce, questa verrà incanalata tutta dal lato di Vieu e Messelod dalle cinque del mattino di ogni giorno della quinzaine, fino alle otto di sera; e da quest’ora alle cinque del mattino successivo, l’acqua verrà riportata alla grande pissine de la Pila, per irrigare le proprietà di Landasse e del villaggio di Artaz, otto notti per Artaz e cinque per Landasse; la distribuzione si farà di giorno, dalle cinque del mattino alle due del pomeriggio. L’esperto ripartirà l’acqua dans les endroits où il verra des ruisseaux cultivés et ouverts et sur les proprietés les plus suceptibles d’arrosement plus ou moins arides ou moins éloignés de l’embouchure et tout à sa “connoissance”. Gli stessi proprietari avranno cura di provvedere annualmente alle riparazioni che si renderanno necessarie ai canali et de creuser les fontaines qui peuvent donner de l’eau. Seguono i nomi dei proprietari, il giorno, la superficie da irrigare, l’ora d’inizio e la durata della posa. A titolo di esempio, Vitta Charles feu Antoine depuis quatre heures du matin le premier lundi de may, jusqu’à cinq heures du matin le même lundi pour toises 169, aux près dits La Vernay. Pause heure une.

Il Réglement pour l’irrigation des propriétés cultivées d’Antey La Magdeleine del 14 novembre 1866 si articola in undici punti che regolamentano l’uso dell’acqua. Per gli utenti del Canal de Patana le pose d’acqua inizieranno nelle pertinenze del villaggio di Messelod, Vieu e quindi a Landasse e Fioc e in seguito alle Leyes e pertinenze di Artaz, per finire l’ultima domenica della quindicina con la montagna comunale di Charrey. A differenza di quanto previsto nell’égance del 1808, e cioè l’uso indifferenziato dell’acqua nelle ore notturne, con questo nuovo regolamento l’acqua verrà convogliata interamente nella piscina di Borget. Da qui, prima della festa di Saint Pierre, l’acqua verrà divisa a metà tra i due rami del ru Patana, mentre dopo quella data andrà interamente per otto giorni a Croux, Les Leyes e Pravillard, e per cinque giorni a Borget, Valery e Séné. Non si terrà conto della distanza dalla presa d’acqua, ma verrà stabilità una media uguale per tutti. L’irrigazione è prevista solo per i coltivi già serviti precedentemente; ainsi les incultes n’auront aucun droit à l’eau. Ai punti 8 e 9 del Regolamento vengono prese in considerazione le fontane di Crétamené e di Chenoletta. 8. Pendant les deux jours où l’eau sera levée au ruisseau du Valarey, la Fontaine de Crétamené remplacera le ruisseau qui est destiné à arroser les prés d’Arma. 9. Cette fontaine sera conduite au maître ruisseau, sauf le jour où les usagers auront l’heure au ruisseau. All’articolo 10 si regolamenta l’uso delle acque del ru di Valarey, della piscina di Brengon e della sorgente di Romberot: per quest’ultima si osserveranno le condizioni stabilite nel Regolamento di Charbonnier, mentre per il canale di Valarey l’on fera un dégré pour les usagers qui arroseront depuis la murgère de Valgermana au dessus du village de Messelod jusqu’à la fin du cannal. Complessivamente la superficie irrigabile


rimane uguale a quella già determinata da Charbonnier, salvo per coloro che si sentono lesi dalla misurazione precedente, e in questo caso possono richiedere un ricalcolo; se l’errore riscontrato supera il 10% della superficie reale l’ammistrazione comunale pagherà le spese; in caso contrario, queste saranno a carico dei richiedenti. Infine saranno verificate le superfici dei terreni i cui proprietari erano membri della commissione o che comunque sono considerati favoriti dalla ripartizione precedente.

vano nomi diversi a seconda dell’importanza: chemin public, chemin, charrière, vy, trappace/ trappas, scioz/lescioz. Le chemin percorreva ampi tratti del ripido versante esposto a mezzogiorno; muri a secco alti e robusti proteggevano la strada da

Sentieri e strade Per raggiungere La Magdeleine oggi si percorre una comoda strada che parte da Antey e in pochi minuti sale in paese e prosegue in direzione del colle di Pila; diventa quindi sterrata e ridiscende verso Chamois. Non vi sono altre strade carrozzabili, ma solo sentieri, gli antichi chemins di collegamento interno ed esterno al villaggio. La disposizione dei villaggi sul costone della montagna e la distribuzione di numerosi agglomerati su tutto il territorio, escludendo le porzioni coperte da boschi, rese indispensabile sin dai tempi più remoti la costruzione di strade e sentieri che garantissero un comodo collegamento interno al paese e con i centri abitati confinanti. Ricostruendo la mappa delle strade esistenti nel XVII secolo, si evidenzia una rete molto fitta di vie con accentuata densità tra i cinque villaggi principali e una lunga sequenza di vie parallele sul ripido costone che separa Messelod e Vieu da Veuillen. La necessità di risalire rapidamente la montagna da Antey, dove si svolgevano i traffici, le incombenze burocratiche, i commerci, la vita religiosa e sociale più vivace del fondovalle, aveva imposto un sistema viario assai articolato, nel quale la montagna di Antey era percorsa da un reticolo di strade, sentieri di varia tipologia che raggiungevano ogni zona abitata. Sui documenti del XVII secolo, le strade ave

Ru des Moulins.


Le strade e le acque nel XVII secolo

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Ricostruzione storica dei corsi d’acqua e delle strade, realizzata sulla base delle informazioni tratte dal Livre de Reconnaissance del 1651 e dal Livre terroirr del 1677. Elaborazione grafica di Alessandro Guida.

legenda [C.] Chemin [Ch.] Charrière Chemin ipotizzato sulla base dei documenti d’archivio Reconnaissance 1651 Charrière ipotizzata sulla base dei documenti d’archivio Reconnaissance 1651 Trappace Lescioz Confine comunale Torrent Ru Pissine


Nella pagina a fianco: L’antica mulattiera che collega La Magdeleine a Antey-Saint-André.

21. Sull’argomento sono state intervistate Irma Dujany, Letizia Noly e Albertina Vittaz. 22. ACLM, III Sezione, 23, Délibérations consulaires, 18141838.

smottamenti e piccole frane, lastre di pietra appoggiate sul pavimento a stradale rendevano più sicuri i piccoli guadi dei torrenti che solcavano la montagna. Sono ancora numerosi i magdeleins che ricordano con commozione le lunghe risalite a piedi o nei casi fortunati f con il mulo su per i pendii scoscesi che separavano Antey da La Magdeleine21. Solo la parte alta del territorio comunale rimaneva sprovvista di strade. Da Beur de fond e da Leyes non ci sono tracce, nei documenti secenteschi, di collegamento viario con Pila, Champlong e Champcellier. Più tardi, in pieno Ottocento, le mappe fatte realizzare dagli esperti mesureurs per conto delle municipalità di Antey e di La Magdeleine, in contrasto tra loro per la definizione dei confini reciproci, riportano un reticolo di strade anche in quell’area, particolarmente tra Pilaz e gli alpeggi di mezza costa (Borget, lago di Croux, Artaz) e con le chemin de La Magdelaine à Ayas. Le altre vie ripercorrono tendenzialmente gli stessi tracciati dei secoli precedenti. Il Consiglio comunale dovette affrontare in più occasioni il problema delle strade: intanto, era indispensabile determinare quali f fossero effettivamente le Routes communales, come era previsto nell’art. 8 del Réglement des Ponts et Routes del 29 maggio 1817: P 1. le chemin tendant du village de Brengon à Châtillon, au village d’Artaz, à celui de Vieu, et à Chamois. 2. le chemin qui tend dudit village de Brengon à celui du Clou, à celui de Messelod, et à Antey St-André. Le strade comunali sono quindi quelle che congiungono il capoluogo Brengon agli altri quattro villaggi, ma poi proseguono l’una per Chamois, l’altra per Antey St-André; la strada per Châtillon non passa per Antey, ma raggiunge Promiod, e da qui scende verso il capoluogo del Mandamento amministrativo. Il Consiglio comunale delibera alcuni inter

venti per apportare migliorie alla viabilità: le chemin de Vieu, au lieu dit Champ Maon et une petite partie dudit chemin du Clou à Messelod dans l’endroit où il est si raboteux qu’il est presque impraticable, et de refaire les deux ponts dudit chemins tendant de Brengon à Châtillon22. I consiglieri ritengono poi di dover dividere la spesa delle riparazioni alle strade tra i due Comuni che se ne servono per andare a Châtillon. In altra occasione è il Comune di Antey a chiedere il contributo di La Magdeleine per sostenere le spese relative alle riparazioni da fare sulla strada comunale di Antey qui tend le long de la vallé, de Châtillon à Valtournenche. A La Magdeleine i consiglieri sono nettamente contrari sostenendo che ce chemin n’est pas utile aux habitants de la Commune de La Magdeleine d’Antey, qui journaillement pratiquent le chemin dénominé de Promiod, qui tend directement à Châtillon. Bisognerà attendere la seconda metà del Novecento per vedere realizzato il collegamento viario tra i due Comuni e quindi “la strada” per i magdeleins!



Voies d’eau et de terre Une arête saillante en plein soleil, que l’on devine aride, à la merci des saisons plus ou moins pluvieuses, se révèle très prometteuse aux premiers habitants des villages du Mont de Vieu, vieille appellation du territoire de La Magdeleine. Ils remarquent bien vite l’abondance d’eau qui jaillit des sources et qui traverse ce territoire, souvent cachée dans les viscères de la terre. Cette eau remonte à la surface dans des petits espaces plats sous forme de marécage, lieu idéal pour la culture du chanvre. Recueillie et canalisée dans les rus et dans les piscines, dans les fontaines des villages, elle devient une ressource précieuse et irremplaçable pour la vie quotidienne, pour l’irrigation des champs et des prés, pour le fonctionnement des moulins. Ce bien, si important pour la communauté, avait été acquis dans le cadre des droits féodaux de la Baronnie de Cly, qui en dispensait l’usage sous forme de concession sujette au paiement d’une redevance annuelle en nature ou en argent. Les Reconnaissances renvoient à une époque plus lointaine que celle où furent rédigés les registres de reconnaissance, démontrant par là combien était durable et constant le rapport établi avec l’acte d’investiture, exagérant même les changements intervenus dans la seigneurie. Si les rus représentent les “lieux de mémoire” pour les Valdôtains, lieux d’identification des individus et de la collectivité, pour les Magdeleins, ils sont la présence la plus significative et fondamentale de la communauté qui, aujourd’hui plus que jamais, investit et s’identifie dans ce système hydrique, source de vie présente, passée et future. Toutefois, l’histoire des eaux et de leur usage n’a jamais été linéaire et pacifique, elle a toujours suscité des querelles et des diatribes, des procès et des actes de justice. Périodiquement, à partir de la formation de la Commune autonome, l’Assemblée du conseil dut affronter les questions qui peu à peu naissaient de l’usage collectif des eaux et qui concernaient leur répartition sur le territoire communal. Aujourd’hui, on arrive à La Magdeleine par une belle route provenant d’Antey et qui en quelques minutes monte au village et va vers le col de Pila; ensuite elle devient une route de terre battue qui redescend vers Chamois. Il n’y a pas d’autres routes carrossables mais seulement des sentiers, les vieux chemins de liaison interne et externe au village. La disposition des villages sur l’arête de la montagne et la distribution de nombreux hameaux sur tout le territoire, en excluant les zones couvertes de bois, rendit indispensable depuis la nuit des temps, la construction de routes et de sentiers garantissant une liaison facile du village avec les petits centres habités limitrophes. En reconstituant la carte des routes existantes au XVIIe siècle, on découvre un réseau de routes dont la densité s’accentue entre les cinq villages principaux et une longue séquence de voies parallèles sur l’arête pentue qui sépare Messelod et Vieu de Vuillen. Le chemin parcourait d’amples portions du versant exposé au midi; des murs de pierre sèche hauts et épais protégeaient la route des éboulements et des glissements de terrain; des dalles de pierre posées sur le fond de la route rendaient plus sûrs les gués des torrents qui sillonnaient la montagne. Beaucoup de Magdeleins se rappellent avec un certain émoi les longues remontées à pied ou dans le meilleur des cas, les remontées avec le mulet, le long des pentes raides qui séparaient Antey de La Magdeleine.


Watercourses and Overland Routes A steep, sunny and apparently arid ridge at the mercy of the more or less rainy seasons proved to be rather promising to the first inhabitants of Mont de Vieu (the old name of the La Magdeleine territory), who were quick to note the abundance of water that issues from the springs and runs unseen through the territory in the bowels of the earth. It emerges in the small, flat areas in the form of marshland, the ideal site for cultivating hemp. Collected and channelled in the watercourses and pools, and in the courtyard fountains, water was an indispensable resource for daily life, for irrigating the cultivated fields and the meadows, and for activating the water mills. This resource, so valuable for the community, had been acquired as one of the feudal rights of the Barony of Cly, which granted its consumption in the form of a concession subject to payment of annual rent either in kind or in money. The Reconnaissances or declarations of concessions go back to a period much earlier than that of the cadastral consignation registers, revealing how long-lasting and constant was the relationship established with the act of investiture, even transcending the changes that took place in the feudal lordship. While for the inhabitants of the Valle d’Aosta the watercourses represent the “places of memory”, the “sites of identity” of both the individuals and the community at large, for the inhabitants of the Magdeleine region they are the most meaningful and fundamental presence in the community which, today more than ever, influence and become part and parcel of that water system, which is the source of life, present, past and future. However, the history of water and its use has never been linear and smooth; on the contrary, it has always triggered strong criticism, disputes and diatribe, as well as trials and judiciary acts. Periodically, beginning with the establishment of the autonomous municipality, the Town Council had to face the problems that emerged from the collective use of the water and that concerned the division of the water on municipal territory. Nowadays one can get to La Magdeleine in a few minutes on the road that goes from Antey to the village and then proceeds in the direction of the Pilaz col, after which it becomes a dirt road that descends toward Chamois. There are no other practicable roads, only paths (the ancient chemins) that serve as external and internal links. Since ancient times the configuration of the villages on the mountain ridge and the distribution of the many hamlets over the entire territory – except for the areas covered with woods – have obliged the inhabitants to lay out roads and paths that would guarantee convenient connections within the village and with the neighbouring villages. A reconstruction of the road maps that existed in the seventeenth century shows there was a dense road network that became even more closely knit among the five main villages, as well as a long series of parallel roads on the steep ridge that separates Messelod and Vieu da Vuillen. The chemins went over large stretches of the steep slope facing south: tall and robust dry-stone walls protected the road from rockslides and minor landslides, and stone slabs placed on the small fords of the torrents that ran down the mountain ensured safer conditions. Many inhabitants of La Magdeleine still remember with strong feeling the long ascents on foot or, if one was fortunate, on mule-back, along the steep slopes that separated Antey from their village.



I villaggi e le famiglie

L’organizzazione urbanistica Il piccolo Comune di La Magdeleine, pur non potendo contare sulla presenza di castelli, attività artigianali, impianti sportivi di forte richiamo turistico – come accade in gran parte della Regione – ha una sua specificità estremamente interessante nel panorama valdostano, che risiede nella organizzazione urbanistica dei cinque villaggi (un sesto è in costruzione attualmente), adagiati sul versante volto a mezzogiorno e collegati tra loro dalla strada comunale che attraversa tutto il paese. Tale struttura urbanistica implica un’organizzazione comunitaria abbastanza rigida ma funzionale alla vita di chi viveva in montagna, almeno fino alla scoperta del turismo e della villeggiatura in alta quota. Lo stile architettonico delle abitazioni e delle strutture annesse, la forma e le dimensioni, lo spazio occupato e le funzioni che esse svolgevano nel passato giocano un ruolo preciso nella ricostruzione della storia di La Magdeleine. Per molto tempo l’architettura rurale è stata dimenticata – sosteneva negli anni Ottanta Claudine Remacle – cedendo così il passo alle nuove costruzioni, alle ristrutturazioni improvvisate, alla speculazione edilizia negli anni del boom della seconda casa. I villaggi montani hanno perso via via la loro fisionomia arcaica, assumendo piuttosto le sembianze alquanto anonime e inquietanti di molti centri residenziali sviluppatisi intorno al turismo di montagna. Une profonde mutation transforme les paysages et, banalisé par l’application systématique de nos techniques nouvelles en matière

de construction, notre environnement quotidien, en quelque dix années, semble avoir perdu son âme1. Le qualità intrinseche delle costruzioni rurali, il loro valore storico ed economico, le loro caratteristiche funzionali e soprattutto le capacità tecniche degli artigiani d’autrefois costituiscono gli aspetti utili alla sensibilizzazione e alla rivalorizzazione di questi edifici, umili e spesso dimenticati anche dagli stessi legittimi proprietari o da chi ne vanta diritti d’uso.

1. Claudine Remacle, Architecture rurale, Quaderni della Soprintendenza per i Beni Culturali della Valle d’Aosta, L’Erma di Bretschneider, Roma, 1986, p. 13.

Nella pagina di sinistra: La Magdeleine sotto la neve. Villaggio di Artaz, 1964. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.


Primavera nei prati di Clou. 150°

Il Piano regolatore di La Magdeleine La Magdeleine può vantare un Piano regolatore estremamente attento alle caratteristiche degli antichi villaggi montani e alle esigenze della modernità che incalza, voluto e realizzato dall’Amministrazione comunale diretta da Vincent Trèves nei primi anni ‘70 del Novecento. Un primo studio, condotto da un gruppo di studenti di Geologia dell’Università di Torino, confermò la pericolosità di alcune zone la cui inclinazione superava il 30% e che erano soggette a frane e smottamenti, sempre più frequenti a causa dell’abbandono delle pratiche agricole, a partire dagli anni ‘60. Quanto al piano urbanistico furono identi

ficate le zone A, i centri storici, che necessitavano di maggiore attenzione riguardo alle eventuali ristrutturazioni. Di ciascun villaggio venne definito il concentrico e vennero fissate le norme edilizie che prevedevano il modello architettonico articolato su due piani con mansarda abitabile. I materiali costruttivi osservabili nei centri storici erano la pietra e il legno; gli stessi vennero imposti per tutte le nuove costruzioni e per le ristrutturazioni. La pietra doveva essere utilizzata per l’innalzamento dei muri e non solo come rivestimento di strutture in mattoni o cemento; le lose erano l’unico materiale di copertura dei tetti, che si presentavano a due spioventi a debole pendenza, disposti tangenzialmente all’asse


solare, quindi uno a est e l’altro a ovest. Anche i muri di contenimento avevano le caratteristiche dei muri delle case, non potevano superare i due metri di altezza, salvo casi estremi dove tenuta del terreno e pendenza richiedessero un contenimento diverso. Le innumerevoli riunioni dei membri della Giunta e del Consiglio si tennero sovente a Torino negli uffici dei professionisti che seguivano le procedure, in particolare il professor Zini Lamberti e l’architetto Edda Follis. Quando il Piano regolatore era già stato approvato dal Consiglio comunale e dall’Ufficio urbanistico della Regione si dovette attendere ancora due anni per le prime concessioni edilizie. Infatti la rete idrica risultava insuffi-

ciente a garantire l’approvvigionamento per le nuove esigenze che si sarebbero venute a creare. La Magdeleine si adoperò per la creazione di un consorzio dell’acquedotto intercomunale con Antey e Chamois. Per il piano di risanamento dei centri storici si rivelò decisivo l’apporto delle testimonianze degli anziani del paese, depositari dei valori e della cultura di quella civiltà contadina che da sempre si tramandava oralmente di generazione in generazione2. Le testimonianze vennero poi integrate dai dati catastali. Tutta la cittadinanza partecipò ad un’assemblea per la nomina dei Comité de village che avevano il compito di affiancare i tecnici nelle varie fasi di lavoro.

2. AA.VV., La Magdeleine. Storia Cronache Personaggi, Aosta, 1992, p. 50-51-52.


Il villaggio di Vieu 360°

CosĂŹ si procedette al rilevamento di tutte le antiche costruzioni, dalla casupola alle abitazioni ben conservate, e all’analisi dei materiali. Fra tutti i legnami a disposizione, a La Magdeleine era stato utilizzato principalmente il larice per la costruzione dei rascards, dove venivano riparati ďŹ eno, paglia e vi si batteva il grano, e dei greniers, destinati alla conservazione del grano e del pane. Gli anziani descrissero le antiche tecniche di taglio e essiccazione dei tronchi: le fasi lunari determinavano il periodo del taglio; i tronchi venivano quindi immersi nell’acqua e, per particolari funzioni, venivano invece immersi nel letame, operazione che garantiva al legno una maggiore resistenza. La calce era prodotta nella fornace di Barmette e nei luoghi ricchi di roccia calcarea sui ďŹ anchi del monte TantanĂŠ. Malgrado lo stato di abbandono in cui versavano i cinque villaggi si riusciva ugualmente ad apprezzare l’armonia del disegno urbanistico che vi era sotteso e l’intelligenza co

struttiva degli antichi magdeleins: il sapiente sistema di sporgenze e incavi che favorivano l’esposizione al sole, l’inclinazione delle falde dei tetti studiata per far scivolare l’acqua e trattenere invece la neve, isolante naturale durante gli inverni piĂš rigidi. In seguito l’analisi strutturale delle abitazioni si addentrò negli spazi interni, nelle stalle dove si svolgeva perlopiĂš la vita delle famiglie nel periodo invernale, in una sorta di simbiosi con gli animali che garantivano la sopravvivenza, in fatto di alimentazione e di riscaldamento. Ricordo – sottolinea Vincent Trèves – il senso di protezione e sicurezza che ci infondeva il tepore degli animali quando, da bambini, rientravamo con naso, gote e orecchie arrossate dopo lunghe scorribande nella neve. Durante l’estate, quando il bestiame andava all’alpeggio, la famiglia o chi rimaneva in paese si trasferiva ne lo pĂŤio; al fresco della crotta si conservava il formaggio e si scremava il latte; al suo centro vi era un buco per mettervi le patate.


Il cuore di ogni villaggio, il centro urbanistico e sociale immancabile nelle comunità d’antan, era la piccola piazza dove era collocata la fontana: le più antiche erano scavate in grossi tronchi di larice. Vi si abbeveravano al primo mattino gli animali e poi durante la giornata vi si recavano le donne e i bambini per l’approvvigionamento di tutta la famiglia. La fontana – aggiunge Vincent Trèves – era da sempre il fulcro del villaggio; l’andirivieni di chi attingeva acqua per i più svariati usi, l’avvicendarsi di gruppetti di massaie chine sui loro bucati, i giochi dei bambini, avveniva in un turbinio di chiacchiere, di pettegolezzi, lì si componeva spontaneamente una sorta di giornalino orale, lì si veniva a sapere tutto di tutti. La fontana era il luogo da cui osservare e riflettere sui ritmi della vita in montagna, sui comportamenti dettati dal bisogno di unità e solidarietà, di aiuto reciproco che avevano caratterizzato l’esistenza dei magdeleins sin dai tempi più remoti. Era anche, insieme ai forni, alla latteria e alle stalle, il luogo naturale e spontaneo degli incontri e dello scambio.

Un elemento architettonico che può diventare allo stesso tempo paesaggistico, in quanto disegna e caratterizza i centri storici dei cinque villaggi, è senz’altro il camino dei tetti più antichi. Alla base presenta delle pietre aggettanti che hanno la funzione di compensazione termica; nella parte superiore, in corrispondenza dell’uscita del fumo, c’è un beau cadre che serve a proteggere il muro sul quale si appoggia il camino e a sostenere le colonnine che terminano con un capitello sommitale. Anche questo elemento era costruito a due spioventi e con la stessa inclinazione delle falde del tetto, costituendo quindi un insieme armonioso. Nel piano regolatore vennero inserite le servitù, gli obblighi e i diritti trasmessi dagli usi e i costumi, i regolamenti consortili concernenti gli usi civici dei beni comuni. L’abitazione La casa rurale ha una struttura semplice e la scelta del luogo in cui costruirla dipende dai fenomeni esterni (sicurezza del suolo rispetto alle valanghe, esposizione, utilizzo di terreni


Le Réglement de police urbaine Il Regolamento di polizia urbana venne approvato dal Conseil Communal d’Antey La Magdeleine il 22 maggio 1864, presieduto dal Sindaco Charles Artaz. Il primo capitolo è dedicato alla pulizia e all’igiene: si fa divieto di intorbidire, sporcare o infettare l’acqua potabile ad uso pubblico. Il secondo capitolo si occupa delle precauzioni contro l’incendio. Per costruire forni all’interno dei villaggi bisogna ottenere preventivamente il permesso della Giunta, la quale potrà prescrivere le costruzioni e le riparazioni che riterrà convenables. Inoltre è vietato tenere fieno, paglia, canapa e altri materiali infiammabili vicino ai forni, des poëles et des leurs tuyaux. È vietato anche accendere fuochi nelle cours, allées et ruelles e di trasportare fuoco in recipienti che non garantiscano dal pericolo d’incendio. È proibito entrare nelle grange, nei fienili, greniers, bûchers e altri siti contenenti dei combustibili con fuoco o lumi non chiusi nelle lanterne e di fumare. È anche proibito chiudere le ceneri calde in vasi di legno o di depositarli nei greniers, galetas, bûchers e altri luoghi ove si trovino materiali combustibili. Les tuyaux des cheminées devront être construits en bonne maçonnerie et dépasser la surface du toit d’un mètre au moins. Personne ne pourra sans une permission spéciale du sindic faire passer ailleurs que dans les canaux des cheminées la fumée des tuyaux en fer ou autres fournaux, ni établir des tuyaux de cheminée ou poële dans aucun lieu ou la fumée pourroit être incommode ou dangereuse aux voisins. Tutti i camini da costruire dovranno rispettare le regole e avere un vide à pouvoir être facilement ramassé. Nelle case gli abitanti sono invitati a tenere soprattutto di notte un vaso pieno di acqua. I camini devono essere tenuti puliti e ramassées au moins une fois pour an. I contravventori verranno puniti con una ammenda da due a cinque lire e doppia se recidivi. Les agents salariés par la Commune seront tenus de surveiller l’execution du present Réglement et de dresser les procès verbaux de contravention.

3. Il Coutumier, pubblicato nel 1588, è una imponente raccolta delle consuetudini valdostane.

incolti o poco fertili); i criteri di edificazione rispondono sempre ad esigenze di economicità ed efficacia. Il modello più frequente, en hauteur, adattandosi alla morfologia del territorio e al clima alpino, prevede la sovrapposizione di locali in base alle loro funzioni, l’orientamento della facciata a sud con spazi coperti per l’essiccazione, tetti con pendenza uniforme (22-30º) per la copertura in lose. Ogni piano della casa è accessibile dall’esterno e anche i passaggi tra l’abitazione, la stalla e il fienile sono luoghi di pubblico utilizzo come i cortili e le piazze, le strade e le charrières, quasi a sottolineare l’abitudine al lavoro condiviso e all’aiuto reciproco all’interno dei rapporti di vicinato. La casa rurale deve garantire l’autosufficienza nei mesi invernali, contenere quindi le riserve alimentari per uomini e animali: la cantina, il magazzino, il granaio e il fienile sono strutture indispensabili che si associano all’abitazione e alla stalla. La vita in alta montagna segue i ritmi stagionali del lavoro agricolo: le case vengono utilizzate per pochi mesi all’anno, in corrispondenza dell’attività del momento. Durante l’estate si verifica il più intenso movimento, allorché i lavori fervono a tutte le quote. Praticità ed economia dei materiali dettano le caratteristiche della struttura architettonica che dev’essere semplice, elementare. L’architettura rurale di montagna adopera due soli materiali sui quali si basa la dualità fondamentale dell’abitare in quota: legno e pietra, ovvero isolamento e forte conducibilità termica, infiammabilità e durezza, leggerezza e peso. La pietra (perlopiù granito, gneiss, scisti) serve per la base della costruzione; il legno (larice, pino, castagno) per l’elevato, porte e finestre. Riguardo alla sicurezza e alla prevenzione degli incendi, i consigli di comunità furono tenuti alla redazione di norme a partire dal XIX secolo. Precedentemente il Coutumierr3, risalente al 1588, e i Regolamenti del XVIII secolo si erano preoccupati esclusivamente dell’or-


ganizzazione dei soccorsi e delle punizioni da infliggere ai colpevoli. La preoccupazione per lo sviluppo di incendi era costante; il Comune, in conformità all’articolo 132 della legge comunale 23 ottobre 1859, emanò un Regolamento di polizia urbana e rurale che, pur basandosi su quello generale, fu adattato alla realtà del paese e delle sue esigenze4. La semplicità strutturale non esclude la ricerca del bello e quindi delle decorazioni che all’esterno si materializzano nelle rifiniture di pregio di architravi, mensole e serrature. Gli elementi architettonici riflettono un utilizzo naturale dei materiali. Le loro dimensioni e le loro forme sono dettate dal saper fare dell’artigiano costruttore, il quale a sua volta si è adeguato alle molteplici esigenze della

vita quotidiana del montanaro e della sua famiglia. Le volte coprono il seminterrato, cantina o stalla. La frescura della pietra permette la conservazione dei formaggi e delle vivande nel cellier5. Nelle abitazioni, porte e finestre si adattano alla vita quotidiana e alla fisionomia, oltre che alle attività, dell’uomo. Le finestre sono scarse e di piccole dimensioni per proteggersi dai rigori del clima, e in alcuni periodi, anche dai prelievi fiscali, come accadeva con le Contributions des portes et fenestres (XIX secolo)6. La porta superiore del fienile o paillë ha dimensioni maggiori rispetto a quella della stalla e se il fienile serve anche come grangia, vi si trova l’aire de battage et de séchage des gerbes de blé. La porta inferiore del fienile conduce direttamente alla stalla e, d’inverno,

Case di Brengon.

4. ACLM, III Sezione, 26, Délibérations du conseil communal, 1864. 5. Si hanno descrizioni particolareggiate del cellier dell’alpeggio comunale in ACLM, III Sezione, 23, Délibérations consulaires, 1837. 6. Nel territorio della Repubblica francese e in quelli annessi in epoca napoleonica, la legge del 24 novembre 1798 prevedeva una tassa sulle porte e finestre aperte sulle strade, cortili e giardini di edifici abitativi e laboratori artigianali.


Le cellier de la montagne commune Un cellier di cui si parla sovente negli atti di deliberazione del primo Ottocento a La Magdeleine è quello della montagne commune a Champlong; venne più volte rifatto e, nel 1836, ricostruito su un terreno più sicuro sulla base di un progetto di Jean Martin Gal. Un anno più tardi, nel giugno del 1837, il Comune affidò i lavori a Jean Pierre Boggero e a Victor Rosazza, del Comune di Piedecavallo, che esercitavano il loro mestiere nel mandamento di Châtillon. Il materiale di costruzione, legno per il tetto e le porte, et les tables du frommage et gruyère, venne fornito dal Comune; il taglio delle piante (45 melèzes) da farsi nella foresta dello stesso Comune era a carico degli impresari. Successivamente il cellier dovette essere riparato ancora molte volte e nel 1860 era talmente mal ridotto che il fermier non poteva tenervi il bestiame. In realtà, les chalets de la montagne sono due, uno situato superiormente all’altro. Quello più in alto manca di porte, il tetto è da rifare, sia la parte che copre la cucina sia quella della vacherie; anche i muri laterali sono da ricostruire, così come le foyer de la cuisine. L’ardesia per la copertura dei tetti è a carico degli impresari che possono estrarla nelle vicinanze. Si calcola che occorrano otto dozzine di tavole di larice, delle quali due servono per le magasin à gruyère et le simple. Nei documenti ottocenteschi del Comune non si parla di fontina, a proposito dei prodotti caseari della montagna, mentre si ripete più volte l’accenno alla gruyère.

Magasin de fontines,s 1953. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.

permette di trasportare facilmente la razione di fieno per il bestiame. Il grenier era quasi sempre un bene condiviso tra vari proprietari. Sovente sorgeva isolato, si sviluppava su due piani e ogni piano era suddiviso in diversi scomparti. Il granaio in legno era quasi una sorta di mobile ermetico

per l’agricoltore che vi riponeva il raccolto. Talvolta era installato in un angolo del fienile (tsambron). Le pareti in tronchi di larice, lavorati a sezione rettangolare e sovrapposti di taglio, dello spessore di dieci, dodici centimetri, offrono un buon isolamento termico e nel contempo permettono la traspirazione, garantendo quindi la secchezza necessaria alla conservazione delle granaglie, del pane e degli alimenti che temono l’umidità. Il grenier isolato si compone di due piani poggianti su una struttura in muratura, destinata ad ospitare la cantina o il deposito degli attrezzi. A sostenere l’alzato in legno di larice vi sono i cosiddetti “funghi” in pietra. Le aperture dei greniers sono piccole, le porte sono tante quanti sono i proprietari. Quando il grenier si appoggia all’abitazione o a un altro edificio, la sua struttura, costituita da assi di legno disposte verticalmente, non lascia alcuna fessura. Il rascard appartiene in genere a diversi proprietari; la sua costruzione richiede il lavoro collaborativo di più persone. La preparazione del legname richiede scelte adeguate e tempi lunghi: i tronchi di larice devono avere la lunghezza della parete del rascard, ma soprattutto devono essere ben stagionati onde evitare danni alla struttura stessa dell’edificio. I tronchi vengono sovrapposti e incastrati agli angoli per formare una struttura portante che poggia su pilastrini a forma di fungo, i quali collegano la parte in legno con la base in muratura. Questa generalmente ospita locali di deposito o ricoveri per capre e pecore. I locali ottenuti nella parte in legno svolgono funzioni diversificate: un’aia comune a cui si accede direttamente dalla porta a doppia anta dove generalmente si procede alla trebbiatura delle spighe; ai lati di questo spazio aperto si trovano i pagliai (talvolta anche più di quattro) dove vengono conservati i covoni prima della trebbiatura, la paglia e il fieno.


La distribuzione del costruito nel territorio Se la formazione dei villaggi risale a tempi molto lontani, la concentrazione degli edifici annessi all’abitazione (stalla, fienile, granaio e stanze sotto lo stesso tetto) sarebbe invece un fenomeno più recente. La Valle d’Aosta è una regione di piccoli proprietari terrieri, agricoltori che gestiscono il proprio patrimonio in forma diretta. Accanto a questo fenomeno di parcellizzazione estrema dei fondi, si trova anche una forma di proprietà collettiva: la consorteria, relativamente a pascoli, alpeggi e boschi la cui fruizione è subordinata alla residenza o al possesso di un bene in uno o più hameaux. In effetti la proprietà comunitaria ha permesso ai più poveri di sopravvivere, al loro bestiame di piccola taglia di brucare l’erba dei pa-

scoli comuni, nel sottobosco di larici. Inoltre, l’inalienabilità di questi fondi fu un freno alla formazione delle grandi proprietà terriere. Il Coutumier dedica numerosi articoli all’ereditarietà dei beni e dei regolamenti delle servitù tra le proprietà. La grande trasformazione dei villaggi risale all’epoca della forte crescita demografica che seguì alle tristi vicende del XVII secolo che videro lo spopolamento e l’abbandono di molti centri rurali. Per far fronte allo spostamento di popolazione verso i luoghi più fertili, vennero costruiti nuovi edifici, addossati gli uni agli altri per risparmiare terreni coltivabili, in un’epoca in cui la terra nutriva e sostentava chi la lavorava e viveva nei pressi. In quest’ottica, ogni spazio vacante venne occupato all’interno dei villaggi, chiudendo gli spazi

Grenierr a Brengon.


Villaggio di Artaz. 360°

7. ACLM, I Sezione, 5, Livre Terroir. Primo registro catastale del Comune di Antey in cui le proprietà sono raggruppate per villaggi della montagna (Brengon, Le Cloux, Arthad, Vieu, Messellod, Herin), 1677.

aperti, restringendo e coprendo i passaggi tra una casa e l’altra. Altra evoluzione ebbero le case delle famiglie abbienti. Già nel XVI secolo stili diversi di vita caratterizzano nettamente l’organizzazione spaziale delle abitazioni rispecchiando il livello sociale e le capacità economiche dei proprietari. Le famiglie notabili costruiscono già sovrapponendo il loro logis alla stalla, o separando decisamente le due strutture. Dal XVII secolo, nell’abitazione dei benestanti, esistono due spazi scaldati: la cucina o meison e il poêle o pëillo. Le grandi case concentrate, più numerose a partire dalla seconda metà del XVIII secolo e poi ancora con l’affrancamento dei censi (editto del 1784), testimoniano la volontà delle famiglie agiate di stabilirsi nel villaggio e di acquistare un certo comfort. Al contrario, la distribuzione nel territorio e la quantità di domicili e annessi non sono segno di ricchezza, ma necessità logistica per il lavoro dei campi e per lo sfruttamento agricolo. In relazione alla risalita verso i villaggi

più alti, generalmente nel mese di maggio, venivano utilizzati i mayens, anch’essi abitati per pochi mesi all’anno. Si può ricostruire, almeno sommariamente, la forma e la densità dei villaggi che costituivano il cantone di La Magdeleine verso la metà del XVII secolo, attraverso la lettura dei Registri di consegnamento e i relativi Repertori, nei quali per ciascun villaggio venivano riportati i nomi dei capifamiglia e le relative proprietà7. Le strutture abitative che componevano i villaggi erano denunciate dai proprietari come beni immobili soggetti a tassazione; accanto agli edifici anche le aie, i cortili aperti e chiusi venivano elencati nel Repertoire di ciascun villaggio. Purtroppo non si conosce la divisione interna delle case, essendo queste citate genericamente con il termine domicilles, e identificate esclusivamente con l’elenco dei confinanti. Per esempio, François de Michel Dujany, che paga complessivamente per tutti i suoi beni 834 fiorini, possiede un cortil au lieu dict Cortil du Mollin au dessoubs et joinct au chemin public, la quarta parte di un mulino au lieu dict Le Mollinot


soit mollin damon e domicilles et places audict village de Brengon plain de four, e infine quattro parcelles et une parcelle qui est une chambre sur terre. Le costruzioni di sua proprietà sono quindi dislocate tra Brengon e Clou. Nel caso invece di Jean de Pierre Du Jany dict Patron che paga 436 fiorini, le unità denunciate sono distribuite nelle pertinenze di diversi villaggi: cellier, courtil, domicilles et places a Clou, domicille soit chesal a Borget, e infine un terzo di artifice de moullin avec son siz et couvert (Mollin dessoubs de Messellod). Andrè fils a feu Jeanandrè Du Jany risulta proprietario di numerose abitazioni situate in zone diverse del territorio comunale: una casa e corte alla Montagne de Borget, t una casa, un rascard, court et places Bri de fond, chesal Bri de fond et Plan de Valleri, domicille court village de Cloux, domicille chambre petit cellier dessous le four au devant d’iceux village de Cloux. Michel du Jany notaire, di cui si sono viste le proprietà fondiarie nella mappa della distribuzione dei beni sul territorio comunale, vive nel villaggio di Brengon, ma risulta pro-

prietario di numerosi edifici situati principalmente a Borget, Brengon, Vieu e Messelod: a Borget, domicilles place court pré herbage et leschiri; dessoubs Brengon, la metà d’un artifice du moullin. L’elenco dei beni prosegue con les domicilles de Martinet: estable, pallier dessus place et cortil; cellier et maison dessus avec la place alendoil dudict cellier. Nei pressi di Brengon, metà di una stalla e rascard; a Brengon, estable place et buatton con una stanza davanti a detta stalla; domicille et chesal dy Juillioz, domicille cour et lites cortil chesal et grenier. A La Cresta di Vieu, stalla, prato, campo, rascard e stanza, ((joinct le chemin tendant aux Cleves); nello stesso luogo, chesal, places, du mijour et couchant d’icelluy aboutissant et dessoubs le dict chemin. Nel villaggio di Messelod, domicille cellier places et cortil. Dagli esempi sopra riportati si evidenzia il fenomeno, assai generalizzato per la verità in tutta la Valle d’Aosta, della distribuzione quasi capillare di edifici con varie destinazioni su tutto il territorio, fatte salve le aree boschive e quelle coltivabili, oltre naturalmente ai costoni rocciosi.


Les villages et les familles L’organisation du village La petite Commune de La Magdeleine ne peut pas compter sur la présence d’un château, sur des activités artisanales, sur des installations sportives qui plairaient aux touristes comme cela est souvent le cas ailleurs dans la Région. En revanche, La Magdeleine a des caractéristiques intéressantes dans le panorama valdôtain: c’est l’organisation de ses cinq villages (un sixième est en construction) qui s’étendent sur le versant exposé au midi et qui sont reliés entre eux par la route communale. Ce genre de structure implique une organisation communautaire assez rigide mais qui était fonctionnelle pour ceux qui vivaient en montagne, du moins jusqu’à l’arrivée des touristes et de la villégiature en altitude. Le style d’architecture des habitations et des structures attenantes, la forme et les dimensions, l’espace occupé et les fonctions qu’elles avaient dans le passé jouent un rôle précis dans la reconstruction de l’histoire de La Magdeleine. La Magdeleine peut revendiquer un Plan d’urbanisme très attentif aux caractéristiques des villages de montagne d’autrefois et aux exigences de la modernité qu’elle talonne, Plan voulu et réalisé par l’administration communale dirigée par Vincent Trèves au début des années 70. La maison rurale a une structure toute simple et le lieu où elle est érigée dépend de phénomènes externes (sécurité du sol en pensant aux probables avalanches, exposition au soleil, utilisation des terrains incultes ou peu fertiles); les critères de construction répondent toujours aux exigences d’économie et d’efficacité. De plus, ces critères doivent garantir l’autosuffisance dans les mois d’hiver, donc contenir les réserves alimentaires pour les hommes et pour les animaux: la cave, l’entrepôt, la grange et le fenil sont des structures indispensables qui voisinent la maison et l’étable. L’architecture rurale de montagne utilise deux seuls matériaux sur lesquels se base la dualité fondamentale de habitation en altitude: le bois et la pierre, c’est-à-dire l’isolation et la forte conductibilité thermique, l’inflammabilité et la dureté, la légèreté et le poids. La Vallée d’Aoste est une région de petits propriétaires terriens, d’agriculteurs qui gèrent directement leur patrimoine. A côté de ce phénomène de parcellisation extrême des fonds, on trouve aussi une forme de propriété collective: le consortium, pour les pâturages, les alpages et les bois dont la jouissance est subordonnée à la résidence ou à la possession d’un bien dans un ou plusieurs hameaux. C’est justement la propriété communautaire qui a permis aux plus démunis de survivre, à leur troupeau de petite taille de brouter l’herbe des pâturages communs, dans les sous-bois de mélèzes. De plus, l’inaliénabilité de ces fonds a été un frein à la formation des grandes propriétés terriennes. La distribution sur le territoire et la quantité de domiciles et d’annexes ne sont pas un signe de richesse mais c’est une nécessité logistique pour les travaux des champs et pour l’exploitation agricole. Dans la perspective de la montée vers les villages d’altitude, généralement au mois de mai, on se déplaçait et on vivait dans les mayens quelques mois par an.


The Villages and Families Town Planning Although it cannot count on the presence of castles, handicrafts activity, and sports facilities, which never fail to attract tourists, the small municipality of La Magdeleine – like most of the Valle d’Aosta region – has its very own, interesting attribute within the context of the regional panorama: the town-planning organization of the five villages (a sixth is now being laid out) lying on the southern slope and connected to one another via the municipal road that passes through the entire village. Such a town-planning structure implies rather rigorous community organization that was also adapted to mountain life, at least up to the rise of tourism and vacations in the mountains. The architectural style of the houses and annexes, their shape and size, the space occupied, and the role they play in the past are of fundamental importance in the reconstruction of the history of La Magdeleine. The La Magdeleine area boasts a town plan that is extremely respectful of the features of the old mountain villages as well of the needs of modern times. The plan was conceived and realized by the municipal administration headed by Vincent Trèves in the early 1970s. The typical rural house has a simple structure, and the choice of the site of its construction depends on external factors (the stability of the land as regards potential landslides, the exposure, utilization of uncultivated or scarcely fertile plots of land). The building criteria always conform to the principles of economy and efficacy and must also guarantee selfsufficiency in the winter, which means having spaces to store food for both humans and animals: the basement, storehouse, granary and hayloft are therefore indispensable structures connected to the house and the barn. Rural mountain architecture makes use of only two materials that are the basis of the fundamental duality of mountain life: wood and stone, that is, insulation and thermal conductivity, flammability and hardness, lightness and weight. The Valle d’Aosta is a region of small landowners, farmers who manage their property directly. Side by side with this phenomenon of extreme parcelling of the land, there also exists a form of collective property: an association related to pastures and woods that can be used only by persons who live in or own a house in one of the hameaux or hamlets. And it was precisely this form of communal property that allowed the poorer people to survive and their small-sized animals to graze in the communal pastures and in the undergrowth of larch trees. Furthermore, the inalienability of these plots of land served to block the formation of large estates. The distribution in the area and the number of homes and annexes are by no means a sign of wealth, but is rather an indication of organizational needs regarding the work in the fields and agricultural production. As regards the migration to the villages at a higher altitude, an operation that generally took place in May, the locals stayed in the mayen (the complex of structures and pastures used for the livestock and inhabited during the summer months).



Le strutture di villaggio I mulini Come accade in molte altre località di montagna, anche a La Magdeleine rascards, greniers, forni e mulini testimoniano ancora oggi la presenza attiva e dinamica di innumerevoli generazioni che hanno praticato l’agricoltura come attività economica principale, almeno fino alla seconda metà del Novecento, quando il turismo e la villeggiatura hanno rivoluzionato l’uso del territorio e indotto i magdeleins a trasformarsi in operatori turistici e albergatori. Negli ultimi decenni prati e boschi hanno preso il sopravvento sui campi coltivati che, sulle terrazze riparate dal vento, anche a quote elevate, davano cereali e ortaggi ad una popolazione di 300-400 unità. Lo spopolamento, iniziato a fine XIX secolo, è aumentato dopo la seconda guerra mondiale, portando con sé inevitabili e drammatici fenomeni di invecchiamento della popolazione, diminuzione della produttività del lavoro agricolo, disaggregazione delle proprietà. La coltivazione del suolo oggi si riduce alla produzione di fieno per l’allevamento che costituisce la maggiore entrata in agricoltura. Fino a qualche decina di anni fa invece la produzione cerealicola era sufficiente per il mantenimento della popolazione e rendeva indispensabile provvedere alla macinatura delle granaglie. Per questo motivo in un tempo molto antico (si può ipotizzare almeno 700 anni fa) i magdeleins costruirono la catena dei mulini sfruttando il corso del ru des Moullins, che ebbe un’importanza fondamentale nella vita della comunità per le attività che vi si svolgevano e per la dislocazione alquanto originale, nel cuore del paese, trait d’union tra i diversi villaggi, collegando Brengon a Clou e Messelod. Lungo il suo corso che iniziava in corrispondenza della grande pissine – vasca di raccolta delle acque sotterranee – e proseguiva lungo il

pendio scosceso che da Clou digrada verso Messelod, i magdeleins, all’ombra della signoria di Cly, decisero di costruire una serie di mulini a poche decine di metri l’uno dall’altro, collegati tra loro dagli immancabili troccoli, tronchi di larice scavati per la conduzione dell’acqua, chiamati tzenò nel dialetto locale. L’utilizzo dell’acqua era regolamentato da norme consuetudinarie riconosciute in tutta la giurisdizione e, come bene concesso secondo il diritto feudale, soggetto a consegnamento da parte dei beneficiari. Lo stesso valeva per forni e mulini. Questi compaiono negli atti di Reconnaissances del 1651 conservati nell’Archivio Storico di La Magdeleine, talvolta in comproprietà con altri, talaltra come bene da costruire, oppure ancora come elemento di confine o più semplicemente come toponimo8. Complessivamente la ricorrenza del termine moullin sul territorio comunale risulta significativa e documenta la presenza di un numero piuttosto elevato di mulini; ma di alcuni di questi non sono rimaste tracce, neanche nella memoria collettiva. I continui riferimenti a località nelle perti-

8. Come per altri dati concernenti La Magdeleine nel XVII secolo, anche per i mulini si possono reperire numerose informazioni nel Registro di Reconnaissances del 1651 conservato presso l’Archivio Storico di La Magdeleine. ACLM, I Sezione, 2, Premier Livre d’Anthey, 1649-1651.

Nella pagina di sinistra: Tutte le generazioni partecipano al lavoro dei campi (s.d.). Collezione La Beurta Teta. Uno dei mulini prima della ristrutturazione, 1961. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.


Il Sentiero dei mulini. 400°

9. ACLM, II Sezione, 17, Verbal de séparation des biens du territoire de la Magdelaine d’Antey d’avec celui de la communauté de Saint André d’Antey, 20 novembre 1799. 10. Intervista a Albertina Artaz del 24 agosto 2010.

nenze di Messelod e a meridione del villaggio stesso fanno ipotizzare la presenza di altri mulini disposti più in basso rispetto a quelli attualmente visibili, abbandonati e distrutti da parecchio tempo, il che spiegherebbe l’oblio a cui sono andati incontro. Un fenomeno analogo ha interessato la località La Molère – toponimo che evoca la presenza di rocce adatte alla costruzione di pietre da mola – ai margini del territorio comunale, al confine con i Comuni di Chamois e Antey. Anche in questo caso i magdeleins non ne hanno memoria; quindi gli indizi di estrazione di pietre da mola sono da rintracciare nell’antica documentazione archivistica, nelle mappe storiche e in alcuni segni rimasti nel paesaggio (mulattiera, muri a secco, terrazzamenti, carrucola)9. Certamente in paese vi erano scalpellini in grado di battere la pietra e renderla più resistente all’azione della molitura, come ricorda Albertina Artaz quando parla del marito Guido, uno dei pochi in grado di svolgere questa operazione10.

Vi si macinava orzo, avena, segale e frumento, secondo le esigenze delle famiglie che vi avevano diritto in quanto appartenenti alla consorteria che gestiva il singolo mulino. Alla fine dell’estate e durante l’autunno, quando ormai il raccolto dei cereali era terminato, si poteva procedere alla molitura; ma generalmente in questa stagione l’acqua scarseggiava, bisognava quindi riempire la vasca di raccolta due volte al giorno e quindi due volte al giorno si mettevano in funzione i mulini. La stessa quantità d’acqua alimentava tutta la catena dei mulini, con un’economia non indifferente per la piccola comunità. Il funzionamento dei mulini, tutti di piccole dimensioni, si basava sul movimento di una ruota idraulica orizzontale, in presa diretta rispetto alle macine, con un dispendio limitato di acqua e con la messa a punto di una tecnologia estremamente semplice. La macina rotante era quella superiore, posizionata orizzontalmente e in asse con quella sottostante; la consistenza della farina era


determinata dalla distanza tra le due macine. L’architettura dei mulini era quella tipica delle costruzioni di montagna: muri in pietra, tetto in losa, pavimento e soffitto in assi di legno. Il larice costituiva la materia prima per la costruzione della tramoggia, caditoia, tutta la struttura di copertura delle mole (castello), le pale a cassonetto (ruota idraulica), la trave di sostegno e di regolazione comunemente chiamato “temperatoia” e la cassapanca per la raccolta del macinato. L’Amministrazione comunale decise il recupero edilizio dei mulini le cui strutture erano ancora riconoscibili con una delibera del 22 luglio 1986; ma si dovette procedere alla definizione delle singole proprietà prima di eseguire gli interventi di ristrutturazione11. Venne infatti incaricato il Sindaco stesso, che all’epoca era Efisio Vittaz, di verificare l’appartenenza dei fabbricati alle consorterie o a privati: ne risultò che degli otto mulini riconosciuti, solo cinque erano stati oggetto di domanda di riconoscimento legale; i restanti,

poiché nessuno ne vantava diritti, vennero acquisiti a demanio. Si poté così dare avvio alle opere di ristrutturazione che riportarono in funzione le macine e restituirono al territorio un bene che gli era sempre appartenuto e che in futuro sarebbe diventato elemento di attrazione turistica e volano per un nuovo sviluppo di La Magdeleine. Più recentemente, infatti, nell’ambito del Progetto Regionale Leader Plus 2000-2006, il Sentiero dei mulini ha ritrovato la sua identità e la sua collocazione in un contesto socio-economico profondamente mutato che vede La Magdeleine come meta di turismo culturale oltre che luogo di villeggiatura particolarmente adatto a famiglie e persone alla ricerca di quiete e relax12. Negli anni 2003 e 2004 sono stati quindi realizzati importanti progetti di riqualificazione dell’area entro la quale sorgono i mulini, ad integrazione del precedente intervento strutturale del 1986.

Nelle pagine seguenti: Interno di un mulino. Vi si conservano alcuni attrezzi indispensabili per la produzione del pane. Un mulino ristrutturato.

11. ACLM, Archivio di Deposito, Delibera n. 84 del 10 ottobre 1986. 12. ACLM, Archivio di Deposito, Progetto Regionale Leader Plus 2003-2004.


Interno di un rascardd composto da quattro ambienti e da un’aia comune per la battitura del grano. 360°


determinata dalla distanza tra le due macine. L’architettura dei mulini era quella tipica delle costruzioni di montagna: muri in pietra, tetto in losa, pavimento e soffitto in assi di legno. Il larice costituiva la materia prima per la costruzione della tramoggia, caditoia, tutta la struttura di copertura delle mole (castello), le pale a cassonetto (ruota idraulica), la trave di sostegno e di regolazione comunemente chiamato “temperatoia” e la cassapanca per la raccolta del macinato. L’Amministrazione comunale decise il recupero edilizio dei mulini le cui strutture erano ancora riconoscibili con una delibera del 22 luglio 1986; ma si dovette procedere alla definizione delle singole proprietà prima di eseguire gli interventi di ristrutturazione11. Venne infatti incaricato il Sindaco stesso, che all’epoca era Efisio Vittaz, di verificare l’appartenenza dei fabbricati alle consorterie o a privati: ne risultò che degli otto mulini riconosciuti, solo cinque erano stati oggetto di domanda di riconoscimento legale; i restanti,

poiché nessuno ne vantava diritti, vennero acquisiti a demanio. Si poté così dare avvio alle opere di ristrutturazione che riportarono in funzione le macine e restituirono al territorio un bene che gli era sempre appartenuto e che in futuro sarebbe diventato elemento di attrazione turistica e volano per un nuovo sviluppo di La Magdeleine. Più recentemente, infatti, nell’ambito del Progetto Regionale Leader Plus 2000-2006, il Sentiero dei mulini ha ritrovato la sua identità e la sua collocazione in un contesto socio-economico profondamente mutato che vede La Magdeleine come meta di turismo culturale oltre che luogo di villeggiatura particolarmente adatto a famiglie e persone alla ricerca di quiete e relax12. Negli anni 2003 e 2004 sono stati quindi realizzati importanti progetti di riqualificazione dell’area entro la quale sorgono i mulini, ad integrazione del precedente intervento strutturale del 1986.

Nelle pagine seguenti: Interno di un mulino. Vi si conservano alcuni attrezzi indispensabili per la produzione del pane. Un mulino ristrutturato.

11. ACLM, Archivio di Deposito, Delibera n. 84 del 10 ottobre 1986. 12. ACLM, Archivio di Deposito, Progetto Regionale Leader Plus 2003-2004.


Interno di un rascardd composto da quattro ambienti e da un’aia comune per la battitura del grano. 360°



Nelle pagine precedenti: Interno di un mulino con macchinari e strumenti per la molitura. 90° A fianco, la preparazione del forno. Collezione La Beurta Teta.

I mulini storici Tra le pagine del Registre de Reconnaissances del 1651 conservato nell’Archivio Storico di La Magdeleine sono state individuate diverse citazioni dei mulini. A Brengon, en la leschy du moullin: moulin, digue, rivage, figurano tra le proprietà di Jean Jacques Roveyaz per metà e di Michel di François du Jany e André di Pierre Carlon e fratelli per l’altra metà. Au lieu dict Le Moullin dessous Brengon, André d’Antoine du Jany è proprietario di tre quarti di un artifice du moullin avec son sis et couverture. A Messellod viene citato il Moullin de Vareynes, e un mulino a Brengon lieu dict Mollinet. Talvolta la parola moullin compare tra i nomi di località, come Pra du moullin e Cortil du Moullin, oppure tra gli elementi di confine, le chemin des moullins. I baroni di Cly fecero numerose concessioni per costruire nuovi mulini: - a Pierre de Jean de Pierre Messellod et des aultres ses consorts spetta costruire le siz d’une pille pour piller et battre grain et chenève et un moule avec l’eau pour mouldre en tous les artifices des dictes pilles et moulle et rivages nécessaires dessus le torrent d’Antey, soit dessus lo torrent du Mont de Vieu des le moullin d’Herin jusques a la pissine de Brengon ou mettre le voudront; - a Panthaleon de Barthelemy Rivet un moullin avec son sis et mollière du Mont de Vieu et de Valtournanche pour faire mouller là ou faire le voudront en la Val d’Andonnaz soit pertinences d’Herin avec les rivages et conduits d’icelluy moullin et moullant en icelluy moullin. Anche nel Catasto del 1638 conservato presso l’Archivio Storico di Antey sono elencate tra le proprietà di beni immobili, i mulini di La Magdeleine: - André de Panthaleon Messellod, tra altre proprietà, ha anche la sesta parte del ru, torrente e artifices de mollin situé au lieu dict Le Mollin dessous Messellod dessous Lesches. - Anche Panthaleon figlio di Pierre d’Aymonet Messellod tiene la sixième part du ru, torrent et artifices de mollin lieu dict Mollin dessous de Messellod dessous Leschey. - Gli eredi di George Messellod posseggono le Mollin contre et dessus le chemin tendant de Messellod a Lelery. - Nel villaggio Le Cloz, Andréé figlio di Jean Noczan possiede domicilles, court, places et mollin, racard, courthil et pré rière le village de Brengon et du Cloz et un artifice de moullin.

Innanzi tutto è stato ricostruito il ru des Moulins, le sue sponde e l’alveo, e per diminuire la velocità dell’acqua che nel pendio piuttosto scosceso tende a diventare troppo elevata, sono stati realizzati salti di fondo di altezza variabile. Si è quindi proceduto alla definizione di un percorso museale che intende creare e valorizzare il rapporto tra il mondo agricolo del passato e le esigenze del turismo contemporaneo. L’allestimento del percorso ha visto il coinvolgimento della popolazione che, in nome di un legame profondo e duraturo con la propria terra, ha messo a disposizione oltre agli oggetti i saperi antichi e moderni, vero patrimonio identitario della comunità. La notorietà del Sentiero dei mulini ha oltrepassato i confini regionali e nazionali in seguito alla partecipazione del Comune di La Magdeleine al convegno internazionale di Zamora (Spagna) nella primavera del 2010.


I forni L’autonomia del villaggio, nel passato e fino alla modernità, contava sulla presenza di un piccolo edificio, generalmente collocato nel cuore del villaggio, per consentirne un agevole uso a tutta la comunità. La consuetudine all’utilizzo di beni comuni ha trovato nel forno il luogo ideale per consolidare il senso di appartenenza e rafforzare il rispetto delle regole della convivenza. Il forno può anche essere privato; in questo caso, però, viene messo a disposizione di altri dietro pagamento del servizio. La grandezza del forno varia a seconda della popolazione che ne usufruisce. Può contenere nel piano di cottura da 30 a 120 forme di pane. Si tratta di una calotta emisferica che poggia su un piano in pietra, costruiti con

materiale resistente al calore (che non si dilatano). La calotta emisferica distribuisce equamente il suo peso su tutta la circonferenza e restituisce il calore in modo uniforme. La bocca del forno a forma triangolare o semicircolare è ricavata nella facciata; il tetto presenta una sporgenza inusuale per proteggere il fornaio o chi adopera il forno. Accanto in genere vi è un piccolo locale ad uso comune per la lavorazione del pane. Come per i mulini, anche i forni sono attestati in un passato piuttosto lontano. Sovente sono citati tra le proprietà o meglio frazioni di proprietà nelle Reconnaissances del XVII secolo, come nel caso di François de Michel du Jany che dichiarava di avere diritto al plain de fourr di Brengon, dove aveva anche l’abitazione13.

La bocca del forno. Villaggio di Messelod.

13. Il consegnamento dei proprietari fa riferimento a un atto precedente datato 1403. ACLM, I Sezione, 2, Premier Livre d’Anthey, 1649-1651.


Pascolo nei prati di Brengon. 150°

14. AA.VV., La Magdeleine, op. cit.

Il 26 dicembre 1914 gli abitanti di Clou e di Brengon s’impegnarono nella costruzione di un forno per la cottura del pane, con un atto privato registrato a Châtillon14. Le parti interessate versarono una quota a una commissione composta da sei persone che avevano l’incarico di comprare il terreno, i materiali necessari e seguire i lavori. I privati che si associarono in questa impresa potevano concorrere anche con giornate di lavoro di dieci ore; se utilizzavano un mulo la giornata valeva il doppio (da 1,50 a 3 lire al giorno). Solo gli associati avevano il diritto di cuocere il pane; ma nel caso di terzi che richiedessero l’uso del forno, l’importo relativo era fissato

in 50 lire, somma corrispondente alla spesa per la manutenzione. Sottoscrissero questo contratto venticinque famiglie; tra coloro che diedero una forte spinta alla costruzione del forno vi fu l’Abbé Dalle Jean-Baptiste che pagò 128 lire per sé e i suoi successori. Gli uomini che appartenevano alla consorteria erano tenuti a portare la quantità di legna utile al riscaldamento del forno; dopo questa operazione ciascuno poteva infornare. Non vi erano norme rigide per l’uso del forno: gli accordi su turni, orari, pulizie e manutenzione erano affidati al senso di responsabilità e di appartenenza alla comunità.


La latteria turnaria Tra le attività comuni alle famiglie di La Magdeleine non poteva mancare la latteria, come luogo di produzione di un bene di consumo estremamente importante. Il formaggio compare in tutte le testimonianze come alimento costante e indispensabile. La latteria funzionava alla stessa stregua dei mulini e dei forni, come forma di cooperazione tra coloro che producevano una certa quantità di latte e ne volevano ricavare derivati, non solo ad uso familiare, ma anche per la vendita. La costruzione e la manutenzione del locale e delle attrezzature era a carico dei privati che decidevano di associarsi. La quota in denaro

o tradotta in lavoro dipendeva dal numero di vacche: dallo statuto del 1931 risulta che vi aderirono venti famiglie con una o due vacche, tranne un caso che pagò per quattro15. Anche questa testimonianza conferma la povertà diffusa e nel contempo la grande risorsa che derivava dall’aggregazione e dalla capacità di cooperare per il bene di tutti. Il primo sottoscrittore fu l’Abbé Victor Glarey con due vacche: i parroci erano spesso dei veri e propri agricoltori. Nel periodo della seconda guerra mondialee – ricorda Efisio Vittaz – le latterie erano tre: a Brengon, Vieu e Artaz. La latteria costituita nel ‘31 aveva sede a Clou. Vi aderirono oltre al curato: Vittaz Albin feu François, Artaz Aimé

15. Archivio privato di Albino Vittaz, Contrat social et statut de la laiterie, 1931.


Mungitura tradizionale.

feu Pierre, Vittaz Ange feu François, Roveyaz Léonard pour Roveyaz Louis feu Philippe, Roveyaz Eméric feu Joseph, Lettry Victorien feu César, Dujany Antoine feu Jacques, Dujany Flavien feu Jacques, Dujany Emile feu Basile, Dujany Joseph feu Gabriel, Roveyaz Zéphyr feu Joseph, Vittaz Klébert, Dujany Félicien, tous propriétaires et domiciliés à La Magdeleine. All’atto di fondazione venne annesso il regolamento con il quale si precisavano le caratteristiche del latte e le modalità di conferimento, le multe per i casi di contravvenzione, e le mansioni del fruitierr (formaggiaio). Quest’ultimo era incaricato di ricevere il latte, pesarlo, de faire le beurre, le fromage, le séras et de soigner ces denrées dans le magasin a ce destiné

jusqu’à la distribution. Doveva poi tenere il registro della quantità di latte che ogni associato conferiva alla latteria. L’articolo 13 prevedeva che le sociétaire qui a le produit du lait devra, ce jour là, fournir au fruitier le bois nécessaire et l’aider dans ses fonctions. Il pourra faire travailler le lait comme bon lui semblera. Il periodo di funzionamento era compreso tra i primi di ottobre e la fine di giugno. La commissione alla fine dell’anno provvedeva alla ripartizione delle spese in rapporto alla quantità di latte conferito; le spese straordinarie venivano invece ripartite par tête du bétail. Dopo aver proceduto al pagamento delle quote di spesa, i soci potevano ricevere la loro quota di formaggio; a coloro che non


potevano versare nell’immediato la propria quota venivano custodite le forme spettanti loro. Nel caso invece che non potessero in nessun modo provvedere al pagamento, perdevano il diritto alla quota di formaggio che veniva venduto al migliore offerente per far fronte alle spese e il rimanente veniva ceduto al socio inadempiente. Con il nuovo ordinamento delle amministrazioni locali che seguì all’unificazione italiana anche il sistema delle consorterie giunse a una ridefinizione dei compiti e dei regolamenti. Il difficile equilibrio tra i singoli consortisti e tra la consorteria e il Comune venne a incrinarsi quando aumentò la popolazione (negli anni

‘60 dell’Ottocento si verificò il massimo aumento demografico a La Magdeleine) e l’amministrazione si trovò un carico di incombenze a cui non era in grado di fare fronte. Si spiega così il provvedimento del 20 dicembre 1863 che ripartisce l’onere delle riparazioni ai canali, alle strade tra i diversi hameaux, lasciando quindi ai consiglieri che rappresentavano di fatto i singoli villaggi l’incarico di provvedere alla redazione di un rôle de corvées pour servir à toutes les éventualités que chaque village est appelé à supporter16. Viene fissato il controvalore in denaro della giornata di lavoro in una lira e cinquanta centesimi nel caso in cui i consortisti non fossero disponibili ad assicurare il proprio turno di corvées.

Mungitura meccanica.

16. ACLM, III Sezione, 26, Délibérations du conseil communal, 1863.


Les structures de village Comme cela arrive dans beaucoup de localités de montagne, à La Magdeleine aussi, rascards, greniers, fours et moulins sont encore aujourd’hui les témoins d’innombrables générations qui ont pratiqué l’agriculture comme activité économique principale, au moins jusqu’à la seconde moitié du XX Xe siècle, lorsque le tourisme et la villégiature ont révolutionné l’aménagement du territoire et contraint les Magdeleins à se transformer en tour-opérateurs et hôteliers. Ces dernières décennies, les prés et les bois ont petit à petit pris la place des champs cultivés qui, sur les terrassements à l’abri du vent même à des altitudes élevées, donnaient des céréales et des légumes à des centaines d’âmes. Jusqu’à il y a une dizaine d’années la production de céréales était suffisante pour la population et il était indispensable de moudre les grains. Pour cette raison, il y a quelque 700 ans les Magdeleins construisirent la chaîne des moulins en exploitant le cours du ru des Moullins, qui fut fondamentale pour la vie de la communauté, pour les activités qui prenaient leur essor et pour leur répartition originale, en plein village, trait d’union entre les différents hameaux, reliant Brengon à Clou et à Messelod. On moulait de l’orge, de l’avoine, du seigle et du froment, selon les exigences des familles qui y avaient droit en tant qu’adhérant au consortium de gestion du moulin. Le fonctionnement des moulins, tous de petite dimension, se basait sur le mouvement d’une roue hydraulique horizontale, en prise directe par rapport aux meules, avec peu d’eau et la mise en œuvre d’une technologie vraiment simple. La meule qui tournait était la supérieure, placée horizontalement et en axe avec celle du dessous; la consistance de la farine était déterminée par la distance entre les deux meules. L’architecture des moulins est typique des constructions de montagne: les murs en pierre, le toit en lauze, le plancher et le plafond en bois. Le mélèze constituait la matière première pour la construction de la trémie, de l’abée, de toute la structure de couverture des meules, des pales de la roue hydraulique, de la poutre de soutien et de régulation communément appelée trempure et du coffre pour recueillir les grains moulus. Actuellement, les moulins représentent une forte attraction touristique; l’organisation du musée a été possible grâce à la population qui s’est sentie impliquée et qui, au nom d’un lien profond et durable avec sa terre, a mis à sa disposition des objets ainsi que des savoirs antiques et modernes, vrai patrimoine identitaire de la communauté tout entière. L’autonomie du village, dans le passé comme aujourd’hui, comptait sur la présence d’un petit édifice, le four, généralement placé au cœur du village, pour permettre à la population un usage facile. Comme pour les moulins, les fours remontent très loin dans le temps. Ils sont souvent cités parmi les propriétés ou mieux les fractions de propriétés dans les Reconnaissances du XVIIe siècle. Parmi les activités communes aux familles de La Magdeleine, on ne pouvait laisser de côté la laiterie, comme lieu de production d’un bien de consommation essentiel pour la communauté. Dans tous les documents, le fromage est cité comme un aliment constant et indispensable. La laiterie fonctionnait comme fonctionnaient moulins et fours, sous forme d’une coopérative entre producteurs d’une certaine quantité de lait, qui voulaient en tirer des produits dérivés pour un usage familial ou pour la vente.


The Communal Structures of the Village As is the case with many other mountain localities, to this day in La Magdeleine the rascards (old wooden houses), granaries, ovens and mills bear witness to the active and dynamic presence of innumerable generations whose principal economic activity was agriculture. This was true at least up to the second half of the twentieth century, when tourism and vacationing in mountain areas revolutionized the use made of the territory and persuaded the locals to become tourism operators and hoteliers. In the last few decades meadows and woods have replaced the cultivated fields – situated on terracing protected from the wind, even at high altitudes – which provided cereals and vegetables for a population of 300-400 persons. Until a dozen or so years ago the cereal crop production was enough to support the population and made it necessary to mill the grain. This is the reason why, in a distant period (presumably at least 700 years ago), the Magdeleins constructed a series of mills, utilizing the ru des Moullins, a watercourse that played a fundamental role in the life of the community; firstly because of the many activities that took place there, and secondly due to its original position in the heart of the municipality, a link connecting Brengon to Clou and Messelod. Barley, wheat, rye and oats were ground, according to the needs of the families that had a right to use the mill since they belonged to the association that managed it. The operation of the mills, all of which were small, was based on the movement of a horizontal waterwheel that directly activated the millstones, which resulted in a limited waste of water and the adoption of extremely simple technology. The upper millstone, positioned horizontally and on an axis with the bed stone, was the one that rotated; the distance between the two millstones determined the consistency of the flour. The architecture of the mill is that typical of mountain constructions: stone walls, the roof made of stone slabs, and the floor and ceiling of wooden planks. Larch wood was the raw material used for the construction of the hopper, the drain, the entire roof framework of the millstones, the waterwheel paddles, the supporting beam used to regulate the distance between the millstones, and the container for the ground flour. Today the mills are a strong tourist attraction; the mounting of the museum itinerary involved the population, which, in the name of a profound and lasting bond with its land, has made available not only objects, but also ancient and modern knowledge and experience, the true legacy of the community. The autonomy of the village, in the past and up to modern times, relied on the presence of a small building, the bakery, which was usually located in the heart of the village in order to be accessible for the entire community. As is the case with the mills, the bakeries are also documented in a rather distant past. They are often mentioned among the property, or better, the parcels of property, in the seventeenthcentury Reconnaissances. Among the activities the families of La Magdeleine had in common, one must mention the dairy, which produced a consumer good of extreme importance for the community. Cheese appears in all the documents as a staple in the local diet. The dairy operated like the mills and bakeries – a sort of cooperative whose members produced a certain amount of milk, the byproducts of which were not only used for the family but were also sold.


Foto di gruppo davanti al rascard.


La comunità Le famiglie Il ritrovamento di alcune pergamene conservate nell’Archivio parrocchiale di Antey permette di riportare alla luce un quadro della vita che si svolgeva a La Magdeleine nel primo Quattrocento e nel secolo precedente. Il documento più antico risale al 4 marzo 1426 e fu redatto nel claustro della Chiesa di Sant’Andrea di Antey17. Martino figlio di Antonio Coller dou mon de Vyu dichiara di tenere in feudo dal parroco Giacomo Pocardi una serie di appezzamenti fondiari siti nel territorio di La Magdeleine: terreni per coltivi e prati compresi nell’area di Veuillen e Beur de fond. Tra i confinanti sono citati numerosi proprietari che portano il nome di Sibillie de Brengon, Johannis Carlon, Valleti darta, Anthony Calierot, t Martini Rivet, t Ludovici Mistral de Sancto Vicencio, Petri Cortil, illorum de Mecello, Michael Andreveti, Martini Johanneti, Andree Banderet, Andree de Boclerot, t Michael Andreveti, Petri Boverolla, Andree darta, Johannis darta. Non si pongono problemi di interpretazione riguardo al riconoscimento delle antichissime famiglie originarie di La Magdeleine e, in molteplici casi, ancora residenti nel Comune: i Carlon, Messellod, Andruet, Artaz, Banderé. Altre famiglie sono scomparse, talvolta anche dalla memoria collettiva, come i Rivet, i Vallet, i Calierot, i Boclerot, i Boverolla, probabilmente famiglie estinte o trasferitesi in altre località. Nel secondo documento, redatto a Verrecio il 4 ottobre 1485, una ulteriore infeudazione dei beni appartenenti alla Chiesa di Sant’Andrea di Antey venne fatta a favore di Andreas filius quondam Petri filii Anthonii Andree Callierot18. Tra i numerosi confinanti degli appezzamenti infeudati compaiono, oltre a molti nomi presenti nel documento precedente, altri riconducibili in gran parte a famiglie conosciute e ancora presenti a La

Magdeleine: i Dujany, i Roveyaz, i Vittaz. A questi si aggiungono alcuni capifamiglia citati come abitanti di Vieu (Johannes Anthonius de Vyu), i Bosonet, Compere, Curtil, Ayons, abitanti di Lod (Jaquemeti dou lo), Pellichodi, Rigollet, Bleston, Luboz, Fournel, Lettry di Suisse (Chamois), Rappy. Nei documenti successivi sono citate famiglie in base alla loro provenienza; l’esempio più evidente è quello dei borgognoni che vivono nelle pertinenze di Veuillen. Altri elementi nuovi riguardano una località chiamata la Vittaz, ai piedi del villaggio di Vieu, e Beur de fond che nel XVII secolo risulta essere molto popolato19. Il numero dei capifamiglia dichiaranti fa pensare a una popolazione piuttosto numerosa, distribuita in modo ineguale tra i diversi villaggi20. Un censimento più preciso e ordinato si ha solo a partire dal 1787, quindi quasi a ridosso della fondazione della parrocchia di La Magdeleine (1789) e della istituzione del Comune (1798).

17. Archivio Parrocchiale di Antey, I, Infeudazione del 4 marzo 1426. 18. Archivio Parrocchiale di Antey, I, Infeudazione del 4 ottobre 1485. 19. La località Beur de fond ha un grande rilievo nel secolo XVII; sono molto numerose le famiglie che vi possiedono beni (campi, prati, edifici). Attualmente restano pochi ruderi coperti dalla vegetazione. Beur de fond era chiamata anche Brit de fond (potrebbe derivare da abrit, riparo, e quindi rinviare a un insediamento intermedio tra il villaggio protostorico del Tantané e La Magdeleine). 20. Si contano 76 famiglie così distribuite: 20 a Vieu, 13 a Messelod, 13 ad Artaz, 7 a Clou, 23 a Brengon.

A poco più di dieci anni dalla fondazione, il parroco prêtre recteur André Joseph Grange scrisse una relazione sullo stato della parrochia, da cui risulta che vi vivevano 82 famiglie

Matrimonio di Dujany Eugenio Feliciano e Roveyaz Basilia a Jouy-le-Châtel, nella regione Île de France, 6 ottobre 1912. Collezione Irma Dujany.


Le famiglie nei cinque villaggi (Reconnaissance del 1651)

· Pierre fils à feu Amé Pierre de Jacques Carlon ............................................................................................................................................................................................. 755 fiorini · Panthaleon fils à feu Pierre de Jacques Carlon ............................................................................................................................................................................................ 732 fiorini · Jean fils à feu Bartholomy Rivet .................................................................................................................................................................................................................................. 596 fiorini · Jeanandré fils à feu discret André de Jeannaz et Catherine sa femme fille à feu Louys d'Anthoine Carlon ...................................... 563 fiorini · André de Pierre Carlon ........................................................................................................................................................................................................................................................ 459 fiorini · Panthaleon fils à feu Bartholomy Rivet.................................................................................................................................................................................................................. 436 fiorini · Jacquemoz fils à feu André de Jean d'Aymonod de la Vittaz ......................................................................................................................................................... 433 fiorini · Anthoine de Anthoine Vittaz............................................................................................................................................................................................................................................ 426 fiorini · Discret Anthoine fils à feu Pierre d'André Carlon......................................................................................................................................................................................... 420 fiorini · Jeaniacques de Bartholomy de Claude Rivet .............................................................................................................................................................................................. 414 fiorini · Panthaleon et Laurent frères fils à feu André d'Anthoine d'André Vittaz ............................................................................................................................... 410 fiorini · Jean d'Anthoine d'André Vittaz ................................................................................................................................................................................................................................... 386 fiorini · Jaquema et Annemarie soers filles pupilles de Pierre d'André Carlon .................................................................................................................................... 350 fiorini · Jeaniacques fils à feu Jean d'André du Jany ................................................................................................................................................................................................. 319 fiorini · Anthoine Vittaz et Catherine sa femme fille d'André Collier ........................................................................................................................................................... 286 fiorini · Jean fils adoptif de Claude Rivet et Marie sa femme fille à feu Panthaleon Carlon .................................................................................................... 147 fiorini · Jacques d'Anthoine Noussan et Claudaz sa femme .............................................................................................................................................................................. 142 fiorini · André fils à feu Michiel d'André du Jany ............................................................................................................................................................................................................. 131 fiorini · Anthoine fils à feu Michiel d'André du Jany...................................................................................................................................................................................................... 119 fiorini · Jacques fils à feu Michiel d'André du Jany ......................................................................................................................................................................................................... 82 fiorini

Vieu

Messelod

· Michiel de François de Pierre Messellod ........................................................................................................................................................................................................ 658 fiorini · Louys fils à feu Martin d'André Vittaz ................................................................................................................................................................................................................. 429 fiorini · André de Jaquemoz Roveaz...................................................................................................................................................................................................................................... 404 fiorini · Panthaleon de Pierre fils à feu Anthoine de Pierre d'Aymonet Messellod ....................................................................................................................... 380 fiorini · François fils à feu Jeanandré de Panthaleon Messellod .................................................................................................................................................................. 298 fiorini · Anthoine fils à feu Jeanandré de Panthaleon Messellod ............................................................................................................................................................... 262 fiorini · Pierre fils à feu Jeanandré de Panthaleon Messellod ......................................................................................................................................................................... 257 fiorini · Jean fils à feu Pierre de Panthaleon Messellod ........................................................................................................................................................................................ 229 fiorini · Jean fils à feu Panthaleon de Pierre d'Aymonet Messellod .......................................................................................................................................................... 217 fiorini · Bartholomy fils à feu Martin d'André Vittaz ................................................................................................................................................................................................... 190 fiorini · Jeanandré fils à feu Pierre de Claude Carlon .............................................................................................................................................................................................. 131 fiorini · Gabriel fils à feu Pierre de Claude Carlon ....................................................................................................................................................................................................... 121 fiorini · Pierre de Jean Messellod ................................................................................................................................................................................................................................................ 64 fiorini

confini comunali


· Anthoine et Laurent frères fils à feu Jean d'Arthad ............................................................................................................. 1232 fiorini · Anthoine fils à feu André de Michiel Favre ........................................................................................................................................ 703 fiorini · André fils à feu Pierre d'André d'Arthad ............................................................................................................................................. 621 fiorini · Anthoine d'André d'Arthad............................................................................................................................................................................. 620 fiorini · Denis d'André d'Arthad ..................................................................................................................................................................................... 612 fiorini · Panthaleon fils à feu Jean d'André d'Arthad ................................................................................................................................ 611 fiorini · Jeaniacques fils à feu André de Michiel Favre .............................................................................................................................. 610 fiorini · Grat Jean Pierre et Pierre freres fils à feu Panthaleon de Jean d'Arthad ............................................................. 509 fiorini · Jean de Jean de Claude d'Arthad ........................................................................................................................................................... 222 fiorini · Claude de Jean d'Arthad ................................................................................................................................................................................. 192 fiorini · Denis fils à feu Jeananthoine de Michiel Roveaz ........................................................................................................................ 110 fiorini · André fils à feu Jeananthoine de Michiel Roveaz .......................................................................................................................... 95 fiorini · Jean fils à feu Jeananthoine de Michiel Roveaz ...................................................................................................................................................

Arthad

· André fils à feu Maitre Jean Noussan .............................................................................................................................................. 1277 fiorini · Anthoine fils pupil d'Antoine du Cloux ................................................................................................................................................ 877 fiorini · Mathieu André du Cloux ................................................................................................................................................................................ ..843 fiorini · Panthaleon de Pierre Du Jany .................................................................................................................................................................... 325 fiorini · Discret Anthoine et François frères fils à feu Antoine de Jacques du Jany....................................................... 307 fiorini · André d'André d'Andruet................................................................................................................................................................................ 252 fiorini · Pierre d'Anthoine Du Jany.............................................................................................................................................................................. 115 fiorini

Clou

Brengon · Michel du Jany notaire ...................................................................................................................................................................................... 1835 fiorini · Discret Jeanandrè et Panthaleon frères et fils a feu Egrege Jeanjacques Roveaz .................................... 1455 fiorini · Discret François fils a feu Andrè du Jany ........................................................................................................................................ 1219 fiorini · Andrè de Panthaleon Roveaz........................................................................................................................................................................ 990 fiorini · Jean de Jacques du Jany ................................................................................................................................................................................ 848 fiorini · Andrée d'André de Jean Pierre Roveaz .............................................................................................................................................. 848 fiorini · François de Michel Dujany ............................................................................................................................................................................... 834 fiorini · Jean d'Andrè du Jany dict Andrigod (o Andriyod) Dryot...................................................................................................... 739 fiorini · Jean d'Andrè du Jany dict Tarod ............................................................................................................................................................... 722 fiorini · Bernetta Relaissée de feu Panthaleon de Pierre Roveaz ..................................................................................................... 652 fiorini · Discret André de Jacques d'Anthoine Roveaz.............................................................................................................................. 522 fiorini · Michiel d'Andrè du Jany dict Tarod.......................................................................................................................................................... 463 fiorini · Jean de Pierre Du Jany dict Patron ......................................................................................................................................................... 436 fiorini · Andrè fils a feu Jeanandrè Du Jany ............................................................................................................................................. (ca) 400 fiorini · Anthoine de Jacques Roveaz ....................................................................................................................................................................... 390 fiorini · Jean de Pierre du Jany........................................................................................................................................................................................ 379 fiorini · Jeanjacques fils a feu Jeanandrè d'Andrè Du Jany .................................................................................................................. 301 fiorini · Jeanne fille à feu André Roveaz .................................................................................................................................................................. 109 fiorini · Andrè Du Jany et Andrèe sa femme fille d'Andrè de Jean Pierre Roveaz ...............................................................76 fiorini · Discret Andrè d'Antoine du Jany ........................................................................................................................................................................................ · George et Jean frères fils a feu Anthoine de Michel Roveaz ..................................................................................................................... · Anthoine et Laurent frères fils à feu Panthaleon de Pierre Roveaz ..................................................................................................... · Maurice fils à feu Jeananthoine de Michel Roveaz ...........................................................................................................................................

Ricostruzione storica della distribuzione delle famiglie nei villaggi di La Magdeleine, realizzata sulla base delle informazioni tratte dal Livre de Reconnaissance del 1651 e dal Livre terroirr del 1677. Elaborazione grafica di Alessandro Guida.


tutte dedite all’agricoltura, e che non vi erano maisons de pieté. Il registro di matrimonio comincia il 22 novembre 1790 (Andruet Carlo Emanuele e Dujany Maria Giuseppa), di battesimo il 12 novembre 1789 (Paolo Giuseppe Valet) e quello di sepoltura il 25 novembre 1789 (Valet Caterina). Qualche anno dopo, nel 1809, il parroco compilò il Quadro della popolazione per villaggi. Complessivamente si contano 387 abitanti; Brengon e Vieu risultano i villaggi più popolosi.

Villaggio Vieu Brengon g Artaz Messelod Clou

21. Si veda il capitolo La vie d’antan, p. 175. 22. Sulla storia della Parrocchia si veda Ernesto Challancin, La Magdeleine, op. cit.

Famiglie 20 18 11 12 9

Anime 125 105 57 50 50

Vent’anni più tardi, la popolazione scende a 364, di cui 165 uomini e 199 donne. L’andamento della popolazione che risulta in quantità costante per tutto l’Ottocento, e si può supporre che lo fosse da lunghissimo tempo, subisce flessioni significative nel primo Novecento, soprattutto in corrispondenza dei flussi migratori che s’intensificano nel 1901, nel 1921, nel 1936 e nel 1951. Come raccontano i magdeleins21, la scelta dell’emigrazione di intere famiglie fu sempre dettata dalla necessità di sfuggire a situazioni economiche molto problematiche, ai limiti della sopravvivenza. Alle calamità naturali e alle annate di raccolti magri, nel secondo dopoguerra si aggiunse il richiamo dell’industria che nel fondovalle dava lavoro, salario e dignità a uomini e donne intraprendenti e aperti alle novità. La seconda metà del ‘900 ha visto la cristallizzazione del dato demografico, con un andamento pressoché costante, salvo lievi oscillazioni che variano tra i 91 abitanti che si contano nel 1953, nel 1981 e nel 2001 e i 113 di oggi.

Anni 1797 1821 1838 1848 1861 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1953 1961 1971 1981 1991 2001 2011

Abitanti 343 345 362 379 386 362 315 312 288 204 155 105 91 94 119 91 105 91 113

La Parrocchia Chiese e campanili hanno da secoli, talvolta millenni, segnato il paesaggio, identificato le località, creato e rafforzato sentimenti di appartenenza e coesione all’interno dei villaggi. Sicuramente la costruzione nel 1482 della chiesa intitolata a Santa Maria Maddalena ebbe l’effetto di definire anche visivamente la comunità di uomini e donne che popolavano la montagna di Antey e che nello spazio di tre secoli avrebbe dato luogo ad un Comune autonomo. La festa patronale che ricorre ogni anno in piena estate si deve a Martino di Giacomo Artaz che il 2 agosto 1483 nel suo testamento legò una somma per la celebrazione della messa il 22 luglio, giorno dedicato a Santa Maria Maddalena22. Non si hanno notizie sulla vita religiosa di La Magdeleine relativamente al periodo che precede l’istituzione della parrocchia; i primi accenni alla cappella di Brengon sono rintracciabili nelle relazioni che i vescovi redigevano


in seguito alle visite pastorali. La più antica risale al 152823. Dalle stesse fonti si traggono informazioni sulle altre cappelle di La Magdeleine: la cappella di San Rocco a Messelod e la cappella dedicata a Nostra Signora delle Nevi nel villaggio di Vieu. La cappella di Messelod venne costruita nel 1672 dai consorts del villaggio e Michel de François Messelod creò una rendita di sept quarterons de bled seigle belle et recevablee per la celebrazione di una messa cantata il 16 agosto di ogni anno. La rendita è su une seterée de terre en champ size aux pertinences du lieu de Villen appellée Les Leches de Villien. Successivamente si aggiunsero altre rendite per il mantenimento della chiesa e delle funzioni che vi si svolgevano; tra queste, il 2 gen-

naio 1792, Jean André Vallet fondò una rendita di 12 soldi e 6 denari moneta di Piemonte su une pièce de terre en champ située aux pertinences du village de Messelod, Mas des Tumés. La cappella di Vieu risale invece al 1739 e ebbe come fondatori Anna Maria, figlia di Andrea Vittaz, e Pantaleone di Pantaleone Dujany. Il desiderio e la necessità di fondare una parrocchia vennero espressi dagli abitanti della montagna di Antey a monsignor De Sales nel gennaio 1748. Il vescovo incaricò il reverendo Giuseppe Raymond, suo vicario generale, di studiare il caso. Per alcuni anni non ci furono risposte alla richiesta dei magdeleins; bisognò attendere la visita pastorale del 1754 per riproporre la questione della separazione della chiesa di Santa Maddalena dalla parrocchia di Antey. Le motivazioni erano molteplici e tut-

La chiesa parrocchiale prima degli interventi sulla facciata (s.d.). Collezione La Beurta Teta.

23. Archivio Diocesano Aosta, Parrocchia La Magdeleine, I, 1528.


Il vecchio cimitero di La Magdeleine. 280°

te di ordine pratico: occorreva un’ora di cammino per raggiungere la chiesa parrocchiale, e per gli abitanti dei villaggi più alti anche un’ora e mezza. Le strade versavano perlopiù in cattive condizioni che peggioravano visibilmente nella stagione invernale, a causa delle abbondanti nevicate e del ghiaccio che rendeva particolarmente pericoloso il transito di persone anziane e dei bambini. Inoltre talvolta si verificavano cadute di valanghe in alcuni punti del tragitto, mettendo a repentaglio la vita di uomini e animali. In questa situazione era impensabile ricorrere alle cure spirituali nei casi di malattia grave e molti finivano per morire senza il conforto della confessione. Di fronte a tali motivazioni la commissione che s’interessò alla vicenda espresse parere favorevole all’erezione della parrocchia, e nell’attesa di espletare tutte le pratiche necessarie si dichiarò disponibile a inviare un prete per lo svolgimento delle funzioni pastorali, sempre sotto la direzione del parroco di Antey, ma con l’obbligo per i magdeleins di versare la somma di lire 200 al sacerdote.

Venne quindi riconosciuta dalle gerarchie ecclesiastiche la necessità di provvedere alla cura delle anime in forma ravvicinata e in loco, andando incontro alle esigenze e alle aspettative dei fedeli. L’atto successivo infatti vide l’istituzione della Rettoria nel 1768, che venne affidata al sacerdote Giovanni Battista Gorret. Tale provvedimento innescò un processo virtuoso che portò alcuni benefattori a costituire un piccolo capitale per il mantenimento della chiesa e delle funzioni religiose. La cappella venne ampliata e trasformata tra il 1774 e il 1776, come ricorda l’iscrizione sulla pietra che sovrasta il portale d’ingresso. Ma la battaglia per la separazione dalla parrocchia di Antey non era ancora vinta! Seguirono altre richieste. Una di queste, datata 1780, metteva in evidenza gli sforzi dei parrocchiani per dimostrare la determinazione nel conseguimento del loro obiettivo: era stato costruito un edificio, la casa parrocchiale, di grandi dimensioni (comprendeva camere, cucina, cantina, fienile, stalla, giardino e piccolo servizio), purtroppo in un’area poco


adatta all’edificazione, trattandosi di terreno paludoso; tanto che quarant’anni più tardi ne verrà costruito uno nuovo. La pratica venne ripresa alla salita al seggio episcopale di monsignor Paolo Giuseppe Solar. Un suo delegato si recò in visita a La Magdeleine e redasse un verbale nel quale descriveva il territorio della istituenda parrocchia e sottolineava la precarietà in cui versava la montagna di Antey. La mancanza di acqua e conseguentemente la povertà delle colture e del foraggio per il sostentamento di uomini e animali, la piccola superficie del territorio non garantivano la sostenibilità del funzionamento di una parrocchia, non possedendo che 500 giornate di terreno e una popolazione di 70 famiglie, la maggioranza delle quali povere. Suggeriva poi di rimediare al cattivo stato delle strade con lavori di manutenzione e riparazione dei danni. Concludeva sostenendo che il capitolo di Saint Gilles non avrebbe mai acconsentito alla scissione della parrocchia, tranne nel caso di mantenere i diritti sulla nuova istituzione,

e comunque non avrebbe contribuito alla congrua. Un decreto della delegazione reale del 19 luglio 1781 rinnovò l’obbligo di intrattenimento della cappella di Brengon a spese della parrocchia di Antey, e quindi la congrua del rettore; ribadì il diritto della comunità di nominare il procuratore con beneplacito del parroco. Per conoscere lo stato delle parrocchie comprese nella Diocesi di Aosta nel 1787 venne predisposto un questionario dal quale risultava che il quartiere di La Magdeleine contava 64 famiglie e 343 abitanti, così distribuiti:

Villaggio Clou Brengon g Vieu Artaz Messelod

Famiglie 6 18 19 11 10

Abitanti 29 73 119 66 56

La presenza significativa di famiglie e di numerosi bambini spinsero infine il vescovo a


La Prevostura di Saint Gilles Dal punto di vista religioso, la popolazione di Antey faceva riferimento alla chiesa parrocchiale di Saint André, la quale a sua volta dipendeva da un’antichissima istituzione religiosa, la Prevostura di Saint Gilles di Verrès. Mancano dati certi sulla nascita della Prevostura, ma si può supporre sulla base di donazioni risalenti all’XI secolo che la comunità di Saint Gilles abbia avuto origine intorno all’anno Mille. La Prevostura ha goduto sempre di notevole indipendenza e, nell’osservanza della regola di Sant’Agostino, ha mantenuto a lungo la sua autonomia basata su proprie costituzioni, con qualche integrazione pontificia. L’istituzione ebbe grande fortuna; numerose e cospicue donazioni assicurarono la forza economica della Prevostura che godeva di un indiscutibile carisma spirituale. I rapporti con la Valtournanche ebbero inizio nel 1248, quando la chiesa di Antey, insieme a quella di Saint Martin de Corléans, venne annoverata tra i possedimenti della Prevostura, con lo scambio della parrocchia di Charvensod che venne attribuita al vescovo di Aosta. I canonici di Saint Gilles esercitavano diritti feudali su estesi territori della Valle, riscuotevano decime e proventi in natura e in denaro provenienti dalle concessioni in feudo di terre a privati, e infine raccoglievano ingenti fortune tramite le generose donazioni di nobili e famiglie abbienti. Il canonico Bono nella sua pubblicazione del 1912, Les dix siècles de la Prévôté de Saint Gilles à Verrès, riferisce che nei primi tre secoli di vita la Prevostura ricevette quarantasette benefici comprese le cappelle e ottanta donazioni in beni di diversa natura. I canonici provvedevano alla cura delle parrocchie da essi stessi amministrate e godevano quindi dei loro benefici acquisiti nel tempo; formavano i novizi e assicuravano l’istruzione dei giovani benestanti, organizzavano l’accoglienza dei pellegrini e dei viandanti negli ospizi situati lungo le strade di maggiore interesse per il transito di merci e persone. Con le inevitabili vicissitudini delle congregazioni religiose che si confrontano con i passaggi epocali della storia e con le vicende locali, la Prevostura ha raggiunto tuttavia il suo millennio di vita, mantenendo saldo il legame con il territorio di Verrès e delle parrocchie da essa dipendenti. Dal 1911 la Prevostura venne unita all’Ordine dei Canonici regolari Lateranensi ed ancora attualmente risiede nell’antichissima e suggestiva sede di Verrès. Qui, nella prestigiosa Biblioteca della Prevostura, si conservano le pregevoli pergamene che ne documentano la storia millenaria, e le carte che confermano via via l’acquisizione di diritti e potere sulle terre e sugli uomini di una vasta area della Valle.

optare per la soluzione da tempo voluta dai magdeleins: il 3 giugno 1789 venne emanato il decreto di erezione della parrocchia di Santa Maria Maddalena, autonoma e indipendente dai Reverendi parroci di Saint André di Antey, ai quali – recita il provvedimento del vescovo Paolo Giuseppe Solar – riserviamo il diritto onorifico di cantare la messa nel giorno del patrono. Tra i doveri e le incombenze della nuova parrocchia vi fu anche la costruzione di un cimitero. Venne individuata l’area a settentrione della chiesa, che nel giro di pochi anni risultò del tutto inadeguata, visto che nelle vicinanze vi erano sorgenti d’acqua. Si provvide infatti dopo soli nove anni alla costruzione di un nuovo cimitero, sempre attiguo alla chiesa, ma posto a sud, dove il terreno si presentava secco e già recintato da muri. Nel 1864 venne costruito un altro cimitero, questa volta fuori dal centro abitato, lungo la strada che conduce a Promiod. Ma la denominazione di parrocchia di La Magdeleine si ebbe ufficialmente solo nel 1879, quando perse il nome iniziale di Antey. Il vescovo Solar accordò nel febbraio 1798 ai parrocchiani di La Magdeleine l’autorizzazione ad erigere la Confrerie de Notre Dame du Rosaire. Un’altra Confraternita era attiva a La Magdeleine sin dal 1790, la Confraternita del SS. Sacramento, istituita subito dopo l’erezione della parrocchia, per facilitare la partecipazione di tanti fedeli che ne erano impediti dalla lontananza della chiesa di Antey. Nel 1795 il parroco André Joseph Grange originario di Antey iniziò il suo servizio sacerdotale a La Magdeleine. Durante la sua permanenza portò all’attenzione degli amministratori locali e della Curia vescovile i problemi strutturali della chiesa, che sorgeva su un terreno molto acquitrinoso e risultava quindi impossibile rimediare al freddo e all’umidità, soprattutto nei mesi invernali. Il parroco intervenne anche direttamente


con piccoli restauri, e si spinse a ipotizzare la costruzione di una nuova chiesa in un’area compresa tra Messelod e Vieu. L’Amministrazione comunale si oppose fermamente a tale ipotesi prospettando un quadro assai cupo delle conseguenze a cui si sarebbe andati incontro con lo spostamento della chiesa... tous les habitans des villages de la paroisse de La Magdeleine (sauf ceux du hameau de Messelod) dont cette administration est l’écho s’opposent formellement à la construction d’une autre église, clocher, et cure au hameau de Messelod, né altrove poiché la chiesa non sarebbe più alla loro portata. Correrebbe oltretutto il rischio, in seguito alle piogge abbondanti, di essere sommersa dai detriti che provengono dal villaggio di Vieu e dal pendio sopra Messelod, danger qui a été

bien éminent il y a quelque tems lors que les habitans furent obligés de sortir des domiciles dans la crainte d’être écrasés sur leur ruine, et conduits par l’éboulement sur les habitans du hameau de Messelod. Gli abitanti si oppongono alla costruzione di una nuova chiesa, del campanile e della casa parrocchiale. L’Amministrazione comunale si impegna a mettere in condizione adeguata la chiesa e supplica l’autorità competente di prendere in considerazione le motivazioni addotte e l’impossibilità della popolazione di sostenere le spese di un nuovo edificio. Infine il Consiglio incarica il Sindaco Charles Joseph Noussan di provvedere agli atti e ai passi opportuni davanti al tribunale competente al fine di mantenere la situazione attuale. Et verbal dressé, le conseil signe, lecture claire ouie, en priant M. le Curé

Cappella di San Rocco nel villaggio di Messelod. 90°



de cette paroisse de plutôt rester de la desservir, que de la mettre à la misère24. Il parroco effettivamente si trasferì a Pontey, nonostante i ripensamenti del Consiglio comunale che aveva stabilito di aumentare la congrua spettantegli con un supplemento di 157 lire per raggiungere così la somma di 400 lire in moneta del Piemonte. Più tardi, la popolazione di La Magdeleine avrebbe avuto occasione di esprimere gratitudine nei confronti del parroco Grange che, nel suo testamento del 1822, lasciava in proprietà aux Révérendes curés de Saint André et de La Magdeleine d’Antey toute sa montagne, dite Le Borget, située rière La Magdeleine d’Antey pour en être les revenus appliqués au profit et en subside aux frais d’avancement des jeunes gens qui se destineront à l’état ecclésiastique de ces deux communes. Il reddito dell’alpeggio doveva essere ripartito rispettivamente per i tre quarti ad Antey e per un quarto a La Magdeleine. Si conosce la situazione economica e sociale del paese attraverso l’Etat de la paroisse25 da cui emergono anche alcuni dati sulla vita religiosa dei magdeleins. Si contano, nel periodo tra il 1824 e il 1831, 380 anime di cui 200 si comunicano. Il documento passa poi ad esaminare la situazione dei legati testamentari: quelques familles sont tenues d’accomplir certains legs consistants en pain ou en vin, fromage... qui doivent la distribuer à certaines processions (aux Rogations surtout). Queste opere pie in realtà si stanno perdendo – continua il redattore del documento – sia per la negligenza colpevole dei legatari, sia per la vendita, la divisione dei beni assegnati o per la perdita di titoli. Il est presque certain qu’il y a des consciences en mauvais état à cause de ces legs négligés totalement ou en parti – prosegue – e peraltro la distribuzione di pane e vino finisce per distrarre e disturba le celebrazioni. Sarebbe più ragionevole utilizzare questi fondi per soste-

nere gli indigenti o per istituire una scuola per ragazze.

Nella pagina di sinistra: La cappella di Vieu dedicata a Nostra Signora delle Nevi.

I lavori di ampliamento e restauro della chiesa si fecero tra il 1886 e il 1888. Fu prolungata verso est, dove trovò posto il coro e la navata venne ingrandita. Dalla relazione della visita pastorale si apprende che gli abitanti erano 380 e che nel comune erano funzionanti tre scuole, una a Vieu e altre due a Brengon. La prima metà del Novecento vide il paese spopolarsi rapidamente, tanto che gli abitanti si ridussero a meno di un centinaio; anche la parrocchia ne soffrì, a partire dagli edifici religiosi che comprendevano la chiesa parrocchiale e le cappelle di Messelod e Vieu. Fu con la costruzione della strada (1963) e l’anno seguente della nuova casa parrocchiale (quella precedente era stata demolita per far posto alla strada regionale) che si vide una crescita d’interesse nei confronti della parrocchia e un generale miglioramento delle condizioni della chiesa. Gli anni Ottanta e Novanta hanno visto la realizzazione delle opere di restauro delle cappelle, compresa l’edicola dedicata a Notre Dame de Tout Pouvoir, costruita in seguito ai tragici fatti della peste del 1630, sulla mulattiera che da Messelod giungeva a Herin, oltre ai numerosi interventi di manutenzione e riparazioni, e alla costruzione del portico sulla facciata della chiesa parrocchiale. La scuola Nella piccola parrocchia funzionava, anche se solo nei tre mesi invernali, la scuola per ragazzi fondata dal reverendo Sulpizio Bryer, parroco di Antey, con una donazione di 800 lire disposta con testamento del 1761. La scuola è aperta da dicembre a febbraio; il maestro viene nominato dal Sindaco e la sua nomina deve essere approvata dal parroco. Nel 1809, il parroco André Joseph Grange si dichiara rettore e maestro della scuola che ha sede nel villaggio di Brengon e verosimilmente nei lo

24. ACLM, III Sezione, 23, Délibérations consulaires, 28 maggio 1816. 25. Biblioteca del Seminario Maggiore di Aosta, Fondo Gal-Duc, cartone XCIX, 26.


26. ACLM, III Sezione, 23, Délibérations consulaires, 1830, 1833, 1837, 1839. 27. ACLM, III Sezione, 24, Régistre des délibérations, 23 aprile 1853. 28. ACLM, III Sezione, 45, Verbali del Consiglio comunale, 23 aprile 1877. 29. Biblioteca del Seminario Maggiore di Aosta, Fondo Gal-Duc, cartone XCIX, 26.

cali della casa parrocchiale. Nel corso degli anni ‘30 la scuola impegna il Consiglio comunale soprattutto per la copertura della spesa dell’instituteurr26. Il maestro insegna nei tre mesi invernali a scrivere e leggere, le preghiere, il catechismo e l’aritmetica aux garçons de la Commune qui se presenteront à son école. Jean André Noussan ricoprì l’incarico per diversi anni, e nel ‘33 ne ebbe il rinnovo per altri tre anni, in considerazione delle qualità che tutti gli riconoscevano, au gré du public par la patience et sa manière d’enseigner. Inoltre egli è in possesso des patentes de capacité délivrées par le Magistrat de la Reforme. Prenderà il suo posto il nuovo istitutore Paul Joseph de feu André Carlon allo scadere del contratto il 9 novembre 1837. La penuria di fondi per il mantenimento della scuola pubblica costrinse gli amministratori a chiedere il sussidio al Governo come previsto dal Decreto Reale emanato il 4 marzo 1852 con il quale si andava incontro alle necessità dei piccoli Comuni. Venne richiesto un sussidio di 30 lire e l’insegnamento per l’anno 1853 fu affidato a François-Jerôme Vittaz27. Il costo del funzionamento della scuola fu sempre molto alto rispetto alle deboli finanze, e quando il sottoprefetto di Aosta invitò l’amministrazione a mettere a budget la somma di lire 500 per il compenso degli insegnanti, il Consiglio, pur riconoscendo l’importanza della istruzione popolare, dovette deliberare contro tale compenso, adducendo una serie di motivi, a partire dalla condition – toute exceptionnelle – de cette Commune che non permette di prolungare la durata della scuola oltre i quattro mesi, poiché si verifica il fenomeno della mutabilité de la population: quasi tutti gli abitanti nel mese di febbraio si trasferiscono a Châtillon, dove i ragazzi proseguono gli studi, e ritornano a La Magdeleine agli inizi di aprile28. Un altro aspetto che caratterizza i magdeleins è la condition essentiellement agricole des habitants: non appena la primavera inizia,

ognuno si affretta a portare al pascolo son petit troupeau de chèvres ou brebis, unique ressource des habitants des montagnes, et alors les enfants sont, par les parents eux mêmes, retirés des écoles, et employés comme bergers. Infine il Comune, per far fronte all’aumento del compenso agli insegnanti, est obligé de recourir à de nouvelles impositions et mettre ainsi les contribuables dans l’impossibilité de pouvoir les acquitter, vu les lourds impôts qui les écrasent déjà et la misérabilité dans laquelle se trouve cette population. Si era cominciato a pensare alla istruzione delle ragazze nei primi anni del XIX secolo, allorché il vicario economo della Diocesi, Giovanni Pietro Chatrian, redigendo il verbale della visita alla parrocchia di La Magdeleine suggerì di usare le somme disposte dai legati per le rogazioni, che normalmente venivano spese per offrire pane e vino durante le processioni, piuttosto per aiutare gli indigenti oppure per istituire una scuola per le ragazze29. L’argomento verrà ripreso dal vescovo André Jourdain in seguito alla sua prima visita pastorale del 18 maggio 1833: Il n’y a dans cette paroisse qu’une école dans le Chef-lieu pour les garçons, qui est entretenue par des fondations et administrée par la Commune. Nous engageons les fidèles habitants de cette paroisse de viser aux moyens pour en avoir encore une pour les filles. Il 4 febbraio 1837 un gruppo di magdeleins si presenta davanti al notaio Antoine Joseph Grognon per dichiarare che intendono utilizzare le disposizioni testamentarie dei loro avi à former un traitement pour une maîtresse d’école dans le hameau de Vieux, à laquelle on confierait l’instruction morale et religieuse des jeunes filles… Nella relazione vescovile dell’anno seguente si rileva che le scuole a La Magdeleine sono addirittura tre, una per ragazzi e due per le ragazze. La terza scuola fu una scelta di alcune famiglie che vollero stipendiare privatamente una maestra a Brengon.


Proprio per le due scuole femminili istituite da consorzi di famiglie nel 1860 venne richiesto il sussidio governativo, uno per la scuola di Brengon e l’altro per la scuola di Vieu. L’istruzione delle ragazze tornò ad essere oggetto di interesse al momento della unificazione italiana e quindi nell’ambito dei provvedimenti legislativi del nuovo stato. L’ispettore scolastico della provincia di Torino, che esercitava un controllo sul funzionamento delle scuole valdostane, richiamò all’attenzione degli amministratori del Comune di La Magdeleine il mancato provvedimento di istituzione della scuola femminile, ormai obbligatoria come quella maschile e che non dee essere a carico dei padri di famiglia. L’ispettore fa osservare che non sono stati nominati i due insegnanti, ma poi aggiunge che ne basterebbe anche uno solo, maestro o maestra, per non arrecare un soverchio ag-

gravio al bilancio comunale, e sia incaricato di ambedue le scuole una stessa persona come si fa in parecchi altri piccoli Comuni. Il compenso di cento lire non è certamente esagerato, anche in considerazione del periodo d’insegnamento più lungo rispetto al passato: sei mesi, da novembre ad aprile. Il Consiglio comunale, en entendant lecture dudit décret, est saisi de la plus inattendue stupéfaction, puis refléchissant sur le mérite du même décret il exprime son vote manifeste et unanime, e risponde con una delibera nella quale si analizza la situazione della scuola a La Magdeleine e si chiariscono i bisogni della cittadinanza30. Il decreto non può portare alcun vantaggio alla istruzione dei ragazzi dei due sessi, mentre va a ridurre le magre risorse finanziarie del Comune, oltre a generare malcontento nelle famiglie ove vi siano figli in età scolare. È positivo, secondo il Consiglio, che i ragazzi fre-

30. ACLM, III Sezione, 26, Délibérations du conseil communal, 10 dicembre 1861.

La cartella era una piccola cassetta di legno...


31. ACLM, III Sezione, 51, Verbali del Consiglio comunale, 13 maggio 1883. 32. ACLM, III Sezione, 51, Verbali del Consiglio comunale, 15 novembre 1883.

Il Sindaco Rinaldo Brunod inaugura la strada, la casa comunale e la scuola, alla presenza di Severino Caveri, presidente della Giunta regionale, 24 giugno 1964. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.

quentino la scuola nei quattro mesi invernali con un orario di sei ore giornaliere, se non di più, così come la presenza di altre due scuole femminili, sostenute dall’iniziativa di privati, dove anche si insegna per sei ore al giorno. Il decreto prevede invece la riduzione dell’orario di lavoro dei maestri di un’ora al giorno. In più, la possibilità di mandare le ragazze a scuola dai maestri sarebbe sicuramente osteggiata dalle famiglie scrupuleusement morigerées. E tutto ciò con un aggravio della spesa comunale! Peraltro il Consiglio intende trasferire la sede delle scuole femminili nella maison communale; ha messo in previsione la spesa di 340 lire per adattare il pianterreno; ma il decreto di cui si parla impedirebbe al Comune di portare a termine l’opera. Quindi il Consiglio conclude la seduta deliberando di richiedere all’ispettore generale delle scuole elementari della provincia di Torino di mantenere l’insegnamento per i soli alunni maschi e con l’orario habitué depuis un temps immémorial. Vent’anni più tardi si ripresentò la questione in termini leggermente diversi. Il Consiglio comunale aveva rinnovato l’incarico di

instituteur de l’Ecole unique Elementaire des garçons à Artaz Pacifique con il compenso di 135 franchi per cinque mesi di insegnamento, dal 1 novembre alla fine del marzo successivo31. Nella stessa occasione venne riconfermata institutrice la demoiselle Chatrian Ludovinee per la scuola femminile, con il compenso di ottanta franchi per cinque mesi di insegnamento, dal 1 dicembre alla fine di aprile dell’anno successivo e con l’obbligo dell’insegnamento misto durante l’ultimo mese, quando il numero di allievi scendeva drasticamente per l’usuale trasferimento delle famiglie sulla collina di Châtillon. Ma questo provvedimento non trovò l’approvazione del Prefetto che invitò il Comune a riunire le due scuole in una sola mista da affidare ad una maestra munita di patente e con stipendio legale. Il Comune non esita a ribattere che i locali destinati alla scuola sono molto piccoli (m 5,77 per 3,70) e non possono ospitare tanti studenti quanti sarebbero se fossero uniti in un’unica scuola. Inoltre l’insegnante incaricato dal Comune vi opera da 16 anni e con la sua Licence gymnasiale è in grado di conformarsi ai programmi governativi. La delibera termina con la considerazione che, siccome i ragazzi e le ragazze vanno a scuola fino a 15-16 anni di età, la convenance et le décor seuls s’opposeraient à la fusion des écoles en une mixte, car dans ce mélange l’autorité d’une maîtresse ne serait plus suffisante, et l’instruction et l’éducation qui doivent marcher de pair seront bien vite bannés de l’école avec l’ordre et la discipline. Tuttavia, mentre l’incarico di Artaz Pacifique venne riconfermato, al posto della maestra Chatrian Ludovine venne incaricata la demoiselle Lavoyer Euphrasine, maestra patentata, per 130 franchi di compenso32. Solo un anno più tardi, il Consiglio dovette capitolare e deliberare la fusione delle due scuole, affidando la direzione alla stessa maestra Lavoyer Euphrasine, ma con un congruo aumento di stipendio che passò da 130 a 300


franchi. Aumentò anche il periodo scolastico che passò da cinque a sei mesi33. La politica del nuovo Stato tendeva comunque ad uniformare il sistema scolastico e a garantire la qualità dell’insegnamento su tutto il territorio nazionale, senza tener troppo conto delle istanze locali; da queste premesse nacquero i provvedimenti volti a insediare in ciascun Comune una scuola pubblica nella quale potessero prestare il loro servizio insegnanti con un titolo di studio riconosciuto, ai quali veniva corrisposto un compenso adeguato e della stessa entità in tutta la penisola. La resistenza del Consiglio comunale che tendeva a difendere la propria autonomia anche nell’ambito dell’istruzione ebbe un contraccolpo nel momento in cui venne presentato alla Camera dei Deputati un disegno di legge per l’avocazione delle Scuole Elementari allo Stato. Ancora una volta gli amministratori di La Magdeleine, ritenuto che tale progetto è lesivo della libertà e franchigie storiche dei Comuni Italiani, mentre toglie ad essi il diritto di erogare direttamente a vantaggio degli amministrati i denari dei contribuenti, deliberarono di presentare collettivamente, valendosi del diritto statutario che gli compete, una petizione al potere legislativo per domandare che il progetto di cui si tratta sia regettato34. Un anno più tardi, la questione ritornò all’attenzione del Consiglio comunale. L’ispettore scolastico del Circondario di Aosta scrisse al Sindaco Pierre Dujany per sostenere ancora una volta la necessità di unificare le scuole presenti nel Comune e di attribuire l’incarico di insegnamento a una maestra regolarmente patentata, e minacciando anche di proporre una nomina d’ufficio qualora una di queste insegnanti titolate ne avesse fatto richiesta35. Ne scaturì una controversia: l’ispettore sosteneva che l’instituteur e l’institutrice nominati dal Comune fossero decisamente fuori legge e che quindi non potessero vantare alcun diritto; in ogni caso, potevano rimanere al loro posto finché non fossero sopraggiunti mae-

stri patentati. Riguardo poi alla ristrettezza dei locali – concludeva la lettera dell’ispettore – il Comune doveva necessariamente provvedere, ma non ravvisava nei fatti la determinazione degli amministratori nel volere adempiere a questo obbligo. Perorando ancora una volta la causa della maestra patentata, l’ispettore suggeriva di utilizzarla su tre turni, uno per ciascuna scuola, utilizzando sempre la stessa aula. La storia della scuola a La Magdeleine si conclude cento anni dopo, nel 1986: l’Assessore alla Pubblica Istruzione della Regione Valle d’Aosta comunica al Sindaco l’avvenuta soppressione della istituzione scolastica in quanto non ricorrono più le condizioni legali per il suo mantenimento, né sono da prevedere, per gli anni futuri, sostanziali incrementi del numero degli obbligati36. Si prospetta per i bambini e ragazzi del Comune il trasferimento in un’altra scuola (Antey per i più piccoli e Châtillon per la scuola media e superiore); alle famiglie verrà dato un rimborso per le spese di trasporto. L’Amministrazione riuscì a mantenere ancora per due anni la scuola sussidiaria, ma infine dovette capitolare.

33. ACLM, III Sezione, 53, Verbali del Consiglio comunale, 1 giugno 1884. 34. ACLM, III Sezione, 71, Verbali del Consiglio comunale, 29 dicembre 1895. 35. ACLM, III Sezione, 72, Verbali del Consiglio comunale, 1896. 36. ACLM, Archivio di Deposito, Lettera dell’Assessore alla Pubblica Istruzione della Regione Valle d’Aosta, 4 aprile 1986.

Numerose autorità e la cittadinanza si dirigono verso il nuovo Municipio nel giorno dell’inaugurazione, 24 giugno 1964. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.


La communauté A Antey, dans les Archives de la Paroisse, quelques parchemins permettent de mettre en lumière la manière de vivre à La Magdeleine au XIIIe et au XIV Ve siècle. On y trouve les plus anciennes familles originaires de La Magdeleine et, dans certains cas, des noms de famille qui résident encore dans la Commune: Carlon, Messelod, Andruet, Artaz, Banderé, Dujany, Roveyaz, Vittaz. D’autres familles ont disparu, parfois même de la mémoire collective comme les Rivet, les Vallet, les Calierot, les Boclerot, les Boverolla, probablement des familles éteintes ou transférées dans d’autres localités. De la consultation des Registres de Reconnaissance de 1651 et des Répertoires par village, émergent des données suffisantes pour formuler des hypothèses sur la consistance démographique de La Magdeleine au moins pour la période à laquelle remontent ces documents. Le nombre de chefs de famille déclarants fait penser à une population plutôt nombreuse, répartie de manière inégale entre différents villages, attestant la présence d’à peu près 300 habitants, donnée qui restera constante, sauf quelques variations jusqu’à la fin du XIX X e siècle. Le cours de la population subit des variations significatives les premières années du XX Xe siècle, surtout en fonction des flux migratoires qui s’intensifient en 1901, 1921, 1936 et 1951. Et 1953 est l’année du minimum historique du nombre d’habitants: 91 résidents. Comme le racontent les Magdeleins, le choix de l’émigration de familles entières fut toujours dicté par la nécessité de fuir des situations économiques problématiques, à la limite de la survie. Aux calamités naturelles et aux années de maigres récoltes, après la deuxième Guerre mondiale s’ajouta l’appel de l’industrie qui dans le fond de la vallée donnait du travail, un salaire et de la dignité à des hommes et des femmes entreprenants et ouverts aux nouveautés. Les églises et leurs clochers ont, depuis toujours, marqué le passage, identifié les localités, créé et renforcé un sentiment d’appartenance et de cohésion au sein des villages. La construction en 1482 de l’église dédiée à Sainte Marie-Madeleine eut certainement pour effet de démarquer nettement la communauté d’hommes et de femmes qui habitaient la montagne d’Antey. Deux autres chapelles furent construites dans les villages de Messelod (1672) et de Vieu (1739). La présence significative de familles et de nombreux enfants poussa l’évêque à opter pour la solution depuis longtemps désirée par les Magdeleins: le 3 juin 1789 fut décrétée l’autonomie et l’indépendance de la paroisse de Sainte-Marie-Madeleine. Dans la petite paroisse, à partir de 1761, fonctionnait – au début seulement pendant les trois mois d’hiver – l’école pour garçons fondée par le révérend Sulpizio Bryer, curé d’Antey. Successivement furent instituées deux autres écoles pour filles avec des fonds privés. L’histoire de l’école de La Magdeleine arrive à sa fin en 1986: l’Assesseur à l’Instruction Publique de la Région Vallée d’Aoste communique au Syndic «la suppression de l’institution scolaire car les conditions légales de son maintien ne sont plus réunies et parce qu’on ne prévoit pas, dans les années à venir, un nombre suffisant d’élèves».


The Community The discovery of some parchments kept in the Parochial Archive of Antey brought to light an account of life there in the fourteenth and early fifteenth century. Mention is made of the original families of La Magdeleine, which in many cases still reside in the village: Carlon, Messellod, Andruet, Artaz, Banderé, Dujany, Roveyaz, Vittaz. Other families have disappeared, at times even from collective memory: the Rivet, Vallet, Calierot, Boclerot, and Boverolla were probably families that died out or moved to other places. The cadastral registers of consignation of the year 1651 and their indexes by village yield enough data to allow us to formulate hypotheses concerning the number of inhabitants, at least for the period during which such documents were drawn up. The number of officially documented family heads leads one to assume that the population was rather large, distributed unequally amongst the various villages, attesting to the presence of around 300 inhabitants, a number that would remain constant, with only slight fluctuations, to the end of the nineteenth century. The demographic trend suffered considerable decreases in the early twentieth century, above all due to emigration, which was particularly intense in 1901, 1921, 1936 and 1951. And the year 1953 witnessed the all-time low of the population: 91 residents. As the inhabitants themselves relate, the decision on the part of entire families to emigrate was always determined by the need to escape from very difficult economic situations that were virtually a question of survival. Besides natural calamities and the occasional very poor harvest, the post-war period was marked by the attraction of developing industry in the valley, which offered work, a salary and dignity to men and women who were enterprising and receptive to novelty. For centuries, even millennia, churches and campaniles have left their mark on the landscape, identified the localities, and created and strengthened a sense of belonging and cohesion in the villages. Certainly the construction in 1482 of Santa Maria Maddalena Church defined, both physically and visually, the community of men and women who lived on the mountain of Antey. Two more chapels were built in the villages of Messelod and Vieu (in 1672 and 1739 respectively). The presence of so many families and children led the bishop to make a decision that the Magdeleins had desired for quite some time: on 3 June 1789 he issued a decree ordering the institution of the independent parish of Santa Maria Maddalena. In 1761 the boys’ school founded by Reverend Sulpizio Bryer, the parish priest of Antey, was opened in the small parish, albeit only in the three winter months. Later on two girls’ schools were instituted thanks to private funding. The story of the La Magdeleine school ended in 1986: the Councillor for Public Education of the Valle d’Aosta Region informed the mayor of the «suppression of the scholastic institution due to the fact that the legal conditions for its maintenance no longer subsist, nor are any substantial increases in the number of obligors foreseen in the future».



Tra storia e memoria

Duemila anni di storia sono ripercorribili attraverso vari indicatori: certamente le variazioni nella denominazione di un luogo possono costituire un buon punto di partenza per capirne il significato, le ragioni che hanno determinato il cambiamento, la durata dei periodi e quindi i fatti che vi sono sottesi. Gli uomini e le donne che si insediarono stabilmente alle pendici del monte Tantané sono stati, di generazione in generazione, testimoni e protagonisti di una quantità di eventi che, se per un verso erano legati alle vicende esterne al loro territorio, e quindi alle comunità vicine, alle istituzioni di riferimento, inevitabilmente erano anche il risultato delle loro scelte e delle loro azioni. Li ritroviamo perciò nel corso dei secoli con le loro storie personali, nei ruoli istituzionali, a dirimere controversie, a sostenere diritti e ragioni, nel tentativo umano e irrinunciabile di tracciare la propria esistenza su solchi profondi che possano lasciare il segno per lungo tempo.

suo sfruttamento. Da più parti giungono notizie di rinvenimento di manufatti e lingotti d’oro provenienti da questa area, ma nessun elemento è in grado di validare l’esistenza di questo metallo. Un tempo, ai piedi del Tantané, nei pressi di una piccola sorgente, nel giorno di San Giovanni (24 giugno) e durante la Messa solenne, si apriva sotto un grosso cespuglio di rododendri fioriti una caverna. Una scalinata permetteva di ragg giungere un locale sotterraneo nel quale vi era un’arca su cui era adagiato un vitello appena nato. Sotto le spoglie dell’animale si nascondeva niente meno che il demonio. Questi custo-

Il Reparé del Monte Tantané Le prime tracce di insediamento umano sulle alture di La Magdeleine sono attestate alle pendici del monte Tantané, dove era situato il Reparé, il villaggio formato da fondi di capanne risalente all’epoca preromana. A La Magdeleine tutti conoscono la leggenda della miniera d’oro del monte Tantané. Una presenza naturale e magica allo stesso tempo, a cui molti fanno riferimento per alludere alla possibilità di ritrovare i resti di quell’antico filone aurifero che nel passato faceva ipotizzare insediamenti umani ad alta quota per il

Nella pagina di sinistra: Matrimonio di Roveyaz Emerico e Vittaz Melania. Sullo sfondo, la vecchia casa parrocchiale di La Magdeleine. Collezione Irma Dujany. Il monte Tantané, 1964. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Willien.


Autunno al monte Tantané. 300°

Nell’aletta di sinistra: Distesa di mirtilli alle falde del monte Tantané. Nell’aletta di destra: Fondi di capanne nel villaggio protostorico del monte Tantané.



Nella doppia pagina precedente: Veduta complessiva dei villaggi di La Magdeleine.

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Sopra: Alpeggio di Champlong. 150째 Sotto: Dal villaggio salasso verso il Cervino.

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1. Vincent Trèves T è stato Sindaco del Comune di La Magdeleine dal 1952 al 1954 e dal 1970 al 1980. Profondo conoscitore del territorio e delle sue potenzialitĂ , fu promotore di numerose iniziative tra cui lo studio e le ricerche archeologiche sul sito del monte TantanĂŠ. 2. Franco Mezzena, Habitat protohistorique au Mont TantanĂŠ, Bollettino della Soprintendenza per i Beni Culturali, 2003-2004, Regione Autonoma A V Valle d’Aosta; Relazioni della campagna di scavo a 2010.

diva l’oro che il coraggioso avventuriero poteva prendere a patto di limitarne la quantitĂ e di risalire in superďŹ cie prima del termine della celebrazione della messa. A quel punto la cavitĂ si richiudeva e gli incontentabili sarebbero rimasti dentro per il resto dell’anno. 1 CosĂŹ raccontava Vincent V T Trèves a quanti lo interrogavano sul passato di La Magdeleine, con v commossa e con la trepidazione di chi travoce manda la memoria dei luoghi, evocando tutta la magia che li permea, questa bellissima leggenda dove la veritĂ v storica si intreccia con l’incanto della ďŹ aba. La leggenda non trova riscontri nella realtĂ , ma opportune ricerche archeologiche compiute negli ultimi anni hanno restituito alla comunitĂ scientiďŹ ca e alla popolazione di La Magdeleine un tesoro anche piĂš ricco di quanto si potesse immaginare. Nell’estate del 1970, infatti, venne individuato alla base della piramide sommitale del monte TantanĂŠ, T un sito protostorico costituito da un villaggio di capanne risalente al IV-I secolo a.C.2 L L’insediamento si presentava articolato in due agglomerati: uno superiore nominato “Nucleo Morenaâ€? con venticinque capanne adiacenti l’una all’altra, compreso tra due cordoni morenici, a quota m 2440, le cui strutture murarie da tempo immemorabile erano ridotte a ruderi; il complesso inferiore, f l’“Abitatoâ€?, “ si estendeva su un pendio erboso, leggermente piĂš in basso del precedente, coperto da un leggero strato di terra. Le indagini archeologiche condotte tra il 2003 ed il 2010, mediante sei successive campagne di scavo, a hanno interessato entrambi gli agglomerati. Il primo intervento 2003-2005 ha messo in luce le strutture architettoniche delle venticinque capanne del Nucleo Morena, permettendo di analizzarne le strutture murarie, le piante e la pavimentazione a in pietrisco, spesso seminterrata. Scarseggiano indizi di vita quotidiana vissuta internamente alle capanne: tracce di focolari, f residui alimentari,

tessuti, ecc. Sono stati rinvenuti scarsi reperti ceramici di origine locale, di ferro f e bronzo databili al I secolo a. C. Il ciclo successivo di ricerche (2006-2010) è stato indirizzato a deďŹ nire da un lato il periodo di vita dell’insediamento, dalla sua fondaf zione sino al deďŹ nitivo abbandono, e da un altro lato, non meno importante, le attivitĂ che ivi si svolgevano durante l’arco estivo e, in sintesi, la sua funzione nell’economia e nella vita dell’epoca. Gli scavi a sul terrazzo triangolare, piĂš elevato, che conclude a meridione l’abitato inferiore, f hanno portato alla luce ďŹ no ad ora un numero complessivo di tredici capanne, di forma f e misure variabili, che dovevano avere, a evidentemente, funzioni diverse. Le capanne erano collegate da stradine o si affacciavano su piazzole. Nell’area di una di queste piazzole, a pianta triangolare, sono stati raccolti parecchi reperti ceramici e bronzei di notevole interesse, databili circa al 50 a. C. Anche all’interno delle capanne si sono raccolte testimonianze ed oggetti, sempre piuttosto scarsi, che testimoniano comunque la presenza e le attivitĂ dei loro abitanti durante il I secolo a. C. Solo la prosecuzione delle ricerche si spera che possa inďŹ ne consentire di risolvere l’interrogativo storico principale relativo all’abitato del monte TantanĂŠ: T quello cioè della sua funzione, di certo assai rilevante considerato f impiegato nella costruzione di un lo sforzo insediamento di tali proporzioni ed altitudine. Atrettanto A rilevanti si possono valutare l’impegno e l’organizzazione logistica indispensabili per vivere ed operare sul sito durante l’arco estivo. A prescindere dalle indagini archeologiche, e dalle ricostruzioni storiche che esse potranno consentire per epoche ancora assai poco note in Valle V d’Aosta, esistono necessitĂ incombenti e primarie di tutela del sito archeologico, ďŹ nalizzate, in prospettiva, anche alla valorizzazione turistica e culturale di questo antichissimo abitato di alta montagna.


Entre histoire et mémoire

Between History and Memory

Le Reparé du Mont Tantané

The Reparé of Mt. Tantané

On peut retracer deux mille années d’histoire à travers différents indicateurs: les variations dans la dénomination d’un lieu peuvent constituer certainement un bon point de départ pour en comprendre la signification, les raisons qui ont déterminé le changement, la durée des périodes et donc les faits qui s’y sont déroulés. A La Magdeleine tout le monde connaît la légende de la mine d’or du Mont Tantané à laquelle beaucoup de personnes se réfèrent pour faire allusion à la possibilité de retrouver les restes de ce vieux filon d’or qui par le passé laissait supposer l’existence d’une présence humaine à haute altitude pour l’exploiter. La légende ne trouve pas son équivalent dans la réalité mais d’opportunes recherches archéologiques faites ces dernières années ont restitué à la communauté scientifique et à la population de La Magdeleine un trésor encore plus riche que ce qu’on pouvait imaginer. Au cours de l’été de 1970, en effet, fut trouvé à 2440 m d’altitude, à la base de la pyramide du Mont Tantané,un site protohistorique constitué d’un village de cabanes remontant au IV Ve-Ie siècle av. J.-C. connu sous le nom de Reparé du Mont Tantané. L’installation s’articulait en deux villages: l’un, supérieur, que l’on a nommé “Nucleo Morena” avec 25 cabanes les unes à côté des autres, compris entre deux cordons morainiques, à 2440 m d’altitude, et dont les murs étaient en ruine depuis la nuit des temps; le village inférieur, l’“Abitato”, s’étendait sur une pente herbeuse, légèrement plus bas que le village supérieur, couvert d’une légère couche de terre. Des recherches archéologiques ont été faites au cours de cette dernière décennie et n’ont rien éclairci du point de vue de la fondation de ces deux portions de villages situés à une telle altitude.

Two thousand years of history can be retraced by means of various indicators: certainly the variations in the names of a place could be an excellent starting point to understand the meaning and the reasons that determined such a change, the duration of the periods and therefore the events that influenced them. At La Magdeleine everyone knows the legend of the gold mine of Mt. Tantané, which many refer to when hinting at the possibility of finding the remains of that ancient vein of gold that in the past led to the hypothesis that human settlements were laid out there in order to extract the gold. There is no documented historic verification of the legend, but archaeological research carried out in recent years has restored to the scientific community and to the population of La Magdeleine a treasure much richer than one could have imagined. In the summer of 1970, in fact, archaeologists discovered – at an altitude of 2440 m, at the base of a the pyramid-shaped summit of Mt. Tantané – a proto-historic site consisting of a village of huts dating to the fourth-first century BC known as the Reparé of Mt. Tantané. Thissettlementwasdividedintotwocomplexes. The upper one, known as the “Nucleo Morena” (moraine nucleus), has 25 huts placed next to one another and situated between two morainic ridges at 2440 m a.s.l., whose walls had been reduced to rubble from time immemorial. The lower complex, the “Abitato” (residential area), extended over a grassy slope, a bit lower than the preceding one, covered with a thin layer of earth. Archaeological research was carried out here in the last decade, but unfortunately has not succeeded in explaining why such a large village should have been founded at such a high altitude.



partire dal V secolo, gli Ostrogoti, i Longobardi e infine i Franchi. Proprio il dominio Un millennio di storia da scoprire franco segnò un periodo di ripresa econoLa presenza di un insediamento a quote ele- mica della Valle e un miglioramento delle vate e risalente alla tarda Età del Ferro po- condizioni generali della popolazione. Carlo trebbe confermare ancora una volta l’inten- Magno, con l’istituzione della provincia ecsità di flussi commerciali attraverso le Alpi e clesiastica di Tarentaise, il cui vescovo aveva delle migrazioni di popoli, entrambi fenome- giurisdizione sulle diocesi di Sion e Aosta, ni comuni a gran parte della catena alpina. contribuì notevolmente alla creazione di una Il processo di romanizzazione non giunse a omogeneità etno-linguistica tra i due versanqueste quote, interessandosi i Romani piutto- ti delle Alpi, ancor oggi percepibile in alcuni sto alle risorse minerarie sfruttate dai Salassi, ambiti culturali. principalmente ai giacimenti auriferi, e tra- Lo sfruttamento delle miniere e in special scurando il valore strategico dei valichi per il modo dei giacimenti auriferi – i funzionari transito di merci e persone. I Romani si limi- regi, detti monetarii, si recavano nelle zone di tarono a controllare a distanza le popolazioni estrazione e coniavano sul posto le monete – insediate su queste alture, preoccupandosi di si accompagnava alla lavorazione della pietra arginare le scorrerie verso la pianura, motivo ollare (in Val d’Ayas e in Valtournenche) e alla per il quale venne fondata Eporedia. Solo in viticoltura che assicurava prodotti di pregio, seguito alla conquista della Gallia settentrio- segno di un benessere generalizzato. nale, e nella prospettiva di un ampliamento I tre secoli di dominazione franca furono dei confini verso il Reno e il Danubio, i vali- quindi contrassegnati da stabilità demografichi del Piccolo e Gran San Bernardo diven- ca, grazie a un’agricoltura diversificata, possinero luoghi strategicamente importanti per i bile nel fondovalle, e a un’economia polivaconquistatori romani. La stessa città di Augu- lente, basata sull’allevamento e l’estrazione sta Praetoria divenne nodo cruciale allorché mineraria che si praticavano in montagna. I venne a formarsi la rete stradale che collegava valichi vedevano transitare merci e persone le province delle Alpi Graie e Pennine con le dirette alle fiere e ai mercati al di qua e al di valli del Rodano e del Reno3. là delle Alpi. Tale relativa serenità terminò con la disgregazione dell’Impero dei FranTra il periodo dell’insediamento protostorico chi; subentrò un nuovo clima di insicurezza alle pendici del monte Tantané e il tardo Me- e terrore dovuto alle scorrerie degli Ungari dioevo che, nonostante gli otto secoli trascor- e dei Saraceni. Bisognerà attendere il Mille si per arrivare ad oggi, appare vicinissimo per per vedere riattivate le vie di comunicazione una serie consistente di tracce ancora visibili transalpine, strade che permisero successinel territorio, vi è un vuoto storico di un mi- vamente ai conti di Savoia di penetrare nel gliaio di anni, dei quali nessuna informazio- cuore politico della Valle e di mantenerne il ne, né di tipo archeologico, né archivistica, ci controllo per lunghissimo tempo. è pervenuta. D’altra parte, tutta la storia valdostana, per La ricerca archivistica, in merito alla storia di il periodo dal V all’XI secolo, non ha lasciato La Magdeleine, permette di risalire al secolo tracce documentarie. Si possono fare ipotesi XIV. Numerose testimonianze riferibili al tersul passaggio e insediamento di popoli che ritorio comunale e ai periodi più antichi sono anche solo per ragioni geografiche dovettero conservate nei fondi dell’Archivio di Stato di avere un rapporto con la Valle: i Burgundi a Torino e nell’Archivio parrocchiale di Antey

La Comunità del Mont de Vieu

Nella pagina di sinistra: Il lago Croux.

3. Joseph-Gabriel Rivolin, Maria Costa, Appunti di storia della Valle d’Aosta, Région Autonome Vallée d’Aoste, Assessorat de l’Éducation et de la Culture, Aosta, 2010; André Zanotto, Histoire de la Vallée d’Aoste, Editions Musumeci, Aosta, 1980.


I rappresentanti della Comunità del Mont de Vieu e della Valtournenche giurano fedeltà al duca Amedeo di Savoia, 8 ottobre 1430. AST, Duché d’Aoste, XIV, 1.


per motivi che la storia può spiegare ampiamente. Il territorio comunale di La Magdeleine era compreso nei feudi dei primi signori di Châtillon e di Cly. Quando i due rami si separarono, Gotofredo divenne signore di Cly, e da lui discesero i successivi signori che governarono gran parte delle terre situate nella valle del Marmore. Il castello che porta il nome della casata, situato sulle alture di Saint Denis, divenne ben presto il luogo simbolo del potere sulla Valle del Marmore, a cui guardare per chiedere protezione, o più facilmente per riconoscersi sudditi e quindi risorsa da spremere per rimpinguare le casse della signoria4.

tica di acquisizione di feudi posti nelle aree strategiche, lungo le vie di comunicazione con i paesi d’oltralpe. Nelle terre soggette alla giurisdizione dei signori di Cly si costituirono i Comitati, a rappresentare le popolazioni dei villaggi nei confronti della corte sabauda. Sempre più frequentemente i documenti riportano la voce Comunità del Monte di Vieu quando l’atto pubblico vede tra i contraenti gli abitanti della montagna di Antey, riconoscendo quindi un diritto all’autonomia e all’autogestione dei magdeleins.

Tuttavia il riconoscimento dei diritti di pascolo avveniva solo a seguito del giuramento di fedeltà e dell’atto di omaggio al duca Amedeo di Savoia nelle mani del commissario ...unam villam que dicitur mons de Viu Il documento più antico nel quale si fa riferi- ducale. François Guigonard svolgeva quemento al Mons de Viu, antica denominazione sta funzione nell’ottobre del 1430: il giorno del territorio di La Magdeleine, risale al 1304, 8 in Antey i rappresentanti della comunità allorché venne redatto un atto di vendita di del Monte di Vieu e della Valtournenche diritti su villaggi e pertinenze del feudo di gli si presentano per le cerimonie di inveCly. Bonifacio, consignore di Cly, vendette a stitura: ad conficendum recognoscendum et Gotofredo dei signori di Challant e di Mont- manifestandum illustrissimo et excelso domijovet alcuni diritti a lui spettanti per ricavar- no nostro domino Amedeo duci Sabaudie in ne la somma di lire 1.000 di puro argento, manibus discreti viri Francisci Guigonardi denaro che avrebbe utilizzato per far fronte ai commissarii... supra illa parte specialiter deputati videlicet feuda homagia servicia fideligravosi debiti contratti. Tra i possedimenti compare unam villam cum tatem et tributa que debentur prefato domino apertinenciis que dicitur mons de Viu. Gli al- nostro duci Sabaudie per predictum comitatri possedimenti, a partire dall’ultimo tratto tem racione pascuorum... cui sunt aquarium del torrente Marmore e risalendo lungo il et aliorum iurium regalium6. corso dello stesso fino all’alta Valtournenche, Il Comitato del Monte di Vieu e della Valsono Lies, Antey, Nuarsaz, Duerches, Glayr, tournenche comprendeva un cospicuo numeLa Montaz, Goille, Cretaz, Pasquier, Losanche, ro di uomini che rappresentavano le comunità Loz, Cengalu, Corgnollaz, Suys. Lo stesso atto della Valle. Riconoscibili tra loro i rappresenvenne reso in pubblica forma con rogito no- tanti della montagna di Antey: Johannetus de tarile il 10 ottobre 1314 ad Aosta5. macello dou lo (Messelod), Martinus de Letry (Lettry), Petrus Johanni Artaudi (Artaz), In seguito all’allontanamento dalla Valle Johannes Andriveti (Andruet) e altri come d’Aosta dei signori di Cly, si venne a creare Andreonus de Herin, Aymonodus dou lo (Lod), un rapporto diretto tra gli abitanti delle terre Andreas Personeta (Personnettaz), Johannes assoggettate alla signoria e l’amministrazione Fabri (Favre), ecc. sabauda che dal 1376 al 1550 attuò una poli- Due giorni dopo, il 10 ottobre, il duca Ame

4. Maria Vassallo, La Magdeleine nei documenti d’archivio. Frammenti di storia dal XIII al XIX secolo, Biblioteca Comunale di La Magdeleine, Torino, 1994. 5. AHR, Fondo Challant, 103, I, 2. 6. AST, Duché d’Aoste, XIV, 1.


I signori di Cly La famiglia Challant dominava sulla signoria di Cly e Châtillon, quando, sul finire del XIII secolo, da essa si separò il ramo di Cly. Risale al 20 ottobre 1287 l’atto di consegnamento da parte di Rodolfo, Gotofredo e Bonifacio di Cly, con il quale riconoscono pubblicamente di aver ottenuto in feudo dal conte Amedeo di Savoia i beni e i diritti ad essi spettanti nel mandamento di Cly e nella Valle d’Aosta. Il territorio governato dai signori di Cly comprendeva un’area molto ampia: dalle colline di Verrayes, Chambave e Saint Denis a tutta la Valtournenche, ad eccezione di Chamois (dipendeva dalla signoria di Châtillon) e ancora oltr’alpe nel Vallese, Loueche, Zermatt, Anniviers, Viège, Saint Nicolas. I signori di Cly controllavano quindi anche le importanti (per l’epoca) vie di comunicazione transalpine con i due colli di Saint Théodule e di Chavacour. La signoria di Cly ha avuto una storia durata circa cento anni, molto movimentata, in cui i contrasti con l’autorità ducale e con le famiglie rivali si sono spesso accompagnati a notevoli e drammatiche difficoltà finanziarie. Queste ultime portarono i Cly a concedere vantaggi fiscali ai loro vassalli ed accrebbero l’autonomia delle comunità del feudo. Gli ultimi rappresentanti della dinastia passarono alla storia come signori prepotenti e tirannici; furono processati e condannati alla perdita del feudo per vari crimini, dalla rapina all’omicidio. A Pietro di Cly venne chiesto di presentarsi sub pena mille marcharum argenti (mille marchi d’argento) nella località di Evian il 22 novembre 1375 davanti al conte Amedeo di Savoia e di consegnare al commissario del conte i prigionieri che deteneva nel suo castello di Cly. Alla stessa ingiunzione Pietro di Cly rispose che, nella sua qualità di pari non era tenuto a comparire in giudizio in luoghi extra vallem augustam secundum consuetudinem..., come viene riportato nel documento conservato presso l’Archivio di Stato di Torino nel fondo Duché d’Aoste. Reintegrato nel feudo, Pietro II, ultimo erede della famiglia, subì la confisca definitiva di tutti i beni (1376), essendosi rifiutato di consegnare il castello e di prestare giuramento di fedeltà al conte Amedeo di Savoia in occasione delle Udienze Generali. Con una sentenza del 23 luglio 1376, che faceva seguito a numerose e ripetute ingiunzioni, il conte Amedeo di Savoia giunse a confiscare feudi e beni posseduti da Pietro di Cly; qualche anno più tardi, e precisamente il 15 gennaio 1384, si arrivò ad una transazione la quale prevedeva, in cambio dei beni confiscati, l’infeudazione a favore di Pietro del castello, luogo, giurisdizione, mandamento, beni e tributi di Chatel-Saint-Denis, nel cantone di Friburgo in Svizzzera, e un compenso di 14.000 fiorini d’oro. Con quest’ultimo documento terminò giuridicamente l’autonomia della signoria dei Cly e il mandamento omonimo passò sotto la giurisdizione diretta dei conti di Savoia. Infatti, Jean detto Ferrand di Valtournenche il 17 luglio 1389 riconobbe direttamente al conte Amedeo di Savoia (e non più ai signori di Cly) di possedere diversi beni nel mandamento di Cly, in cambio dei quali egli doveva un servizio annuale di 30 fiorini.

deo accordava le investiture ai nobili della Valle d’Aosta; a queste si aggiungevano altre investiture dirette alle comunità del mandamento di Cly. La castellania di Cly Lo Stato sabaudo visse un lungo e problematico periodo di difficoltà nel secondo Quattrocento. Motivi dinastici, dovuti ad una serie impressionante di reggenze e sovrani legittimi ma deboli e incapaci di governare in una fase politica estremamente difficile, si accompagnarono ad una grave crisi economica7. La figura e il prestigio ducale si ridimensionarono, stimolando le rivendicazioni della nobiltà di spada e delle comunità che vi intravvedevano spiragli di autonomia. In questa situazione, le Assemblee degli Stati (clero, nobiltà e Terzo Stato) svilupparono un ruolo consultivo e politico del tutto nuovo. Fu così che, nel momento in cui il duca di Savoia, avendo perso già gran parte dei suoi territori, si trovò costretto a rifugiarsi a Vercelli, incalzato dalle armate francesi di Francesco I – durante il conflitto tra Francesco I, re di Francia, e l’imperatore Carlo V, re di Spagna –, i valdostani si ritrovarono a decidere se mantenersi fedeli al proprio sovrano oppure arrendersi ai Francesi. In questo quadro di storia generale si inserisce l’episodio relativo alla gestione del feudo di Cly. Con un atto del 5 agosto 1550 siglato a Vercelli, il duca Carlo di Savoia concesse il feudo di Cly al capitano spagnolo Cristoforo Morales per 3.500 scudi d’oro d’Italia. Tale concessione restò in vigore soltanto quattro anni, dopo i quali il feudo fu nuovamente incamerato tra i possedimenti ducali, per poi essere rivenduto nel 1562 al segretario di Stato Jean Fabri, quando la signoria di Cly era stata trasformata in baronia. Passò quindi nelle mani di Pierre Philibert Roncas. Il nuovo barone abbandonò il castello sulle alture di Saint Denis e trasferì la sede giurisdizionale del feudo a Chambave8.


Ad aggravare la situazione contribuì la controversia religiosa: il protestantesimo entrato in Valle aveva trovato adepti nella piccola nobiltà e presso gli intellettuali; tra questi era nato il desiderio di rendere la Valle d’Aosta indipendente dal ducato sabaudo e di aderire alla Confederazione svizzera dove prevalevano i cantoni protestanti9. Nella seduta degli Stati valdostani del 29 febbraio 1536 il balivo Mathieu de Lostan pose sul tavolo la questione religiosa, la fedeltà al sovrano e la volontà di contribuire finanziariamente alla difesa del paese. Da quella riunione emerse la decisione di rimanere fedeli al duca di Savoia (sostenuto dal vescovo e dal conte René di Challant); i protestanti dovettero emigrare in Svizzera e tra questi alcuni membri delle famiglie nobili valdostane, come i Salluard e i De Tillier. Anche la parrocchia di Antey fu interessata ai movimenti ereticali, tanto che nel 1523 il vescovo di Aosta decise di proibire la celebrazione delle messe e le sepolture, oltre alla somministrazione dei sacramenti10. La debolezza estrema del potere ducale in questo frangente permise ai valdostani di creare un organo di governo interno e autonomo che si mantenne nella pienezza dei poteri fino al 1770, il Conseil des Commis, che già nel 1537 concluse trattati di neutralità con il re di Francia, a cui fecero seguito altri cinque nel corso del secolo e decise di istituire la Milice du Pays, un esercito locale che dipendeva unicamente dal nuovo organo e dall’Assemblea degli Stati. La fine della guerra tra Francia e Spagna (e Impero), sancita dalla pace di Cateau-Cambrésis nel 1559, riportò ai Savoia i territori perduti. Il duca Emanuele Filiberto, artefice della ricomposizione del ducato, si impegnò a riorganizzare lo Stato soprattutto sul piano giuridico e amministrativo, con l’intento di uniformare le istituzioni e la legislazione esistenti nei territori sabaudi. Si trattò di an-

I Savoia Il primo documento istituzionale che venne redatto per regolamentare i rapporti tra i cittadini di Aosta e le autorità religiose (vescovo) e politiche (conte) risale al 1191, quando vennero gettate le basi del potere comitale dei Savoia sulla città di Aosta. La carta di franchigie, così si chiamava il documento, progressivamente venne estesa a tutto il territorio valdostano e rimase in vigore fino al 1770, riferimento costante per tutte le successive istituzioni politico-amministrative della Valle. La carta di franchigie rappresentò il primo passo verso la preminenza territoriale della Casa Sabauda, cui fece seguito un’accorta politica, sostenuta dai visconti di Aosta, signori di Challant, e che si esercitò attraverso azioni militari, acquisti di diritti, fondazioni e la creazione di legami feudali con l’aristocrazia locale. I Savoia per il controllo del territorio si appoggiarono ad una rete di balivati; dai balivi dipendevano le castellanie, unità territoriali comprese nei domini diretti della Casa Sabauda. Balivi e castellani svolgevano funzioni molto precise, ciascuno al proprio livello di competenza: mantenevano l’ordine pubblico, rappresentavano il conte, combattevano i signori locali ribelli, percepivano i tributi e i proventi che derivavano dalla gestione dei beni patrimoniali. Registravano, infine, le entrate e le uscite dei castelli e del balivato. Come funzionari del conte, essi garantivano fedeltà nel servizio. Era il balivo che citava i signori a comparire davanti al Tribunale comitale in occasione delle Udienze Generali. Nel corso del XIV secolo aumentò l’acquisizione dei territori alla diretta autorità del conte; tra gli altri, il territorio della signoria di Cly fu oggetto di permuta nel 1384. Le nuove acquisizioni vennero usate come merce di scambio o per rafforzare legami feudali. Rimasero nelle mani dei Savoia l’estesissima e ricca castellania di Quart e la grande signoria di Cly che comprendeva l’intera Valtournenche e i territori a nord del Cervino. Tutte le dinastie signorili erano comunque legate da vincolo feudale e in posizione subalterna ai conti di Savoia.

7. Joseph-Gabriel Rivolin, Maria Costa, Appunti di storia della Valle d’Aosta, op. cit. 8. AST, Duché d’Aoste, V, 21, 22. 9. Joseph-Gabriel Rivolin, Maria Costa, Appunti di storia della Valle d’Aosta, op. cit. 10. Archivio Diocesano Aosta, Parrocchia La Magdeleine, I, 1523.


Saint Denis. Il castello di Cly. 200°

11. ACLM, I Sezione, 12, 16 maggio 1604.

nullare buona parte delle franchigie e delle libertà che avevano a retto il rapporto tra duca e comunità. Da questo processo di centralizzazione e di modernizzazione dello Stato fu esente la Valle V d’Aosta che, non avendo a mai cessato di appartenere agli stati sabaudi, non a aveva mai cambiato giurisdizione e quindi mantenne il diritto ad usufruire delle antiche franchigie. Di conseguenza, le riforme fiscali non furono introdotte in Valle; V ma nella sostanza il donativo che i valdostani contrattavano con il duca per stabilirne la misura si trasformò via via in una vera e propria taglia legata alle imprese militari che tra Seicento e Settecento furono l’occupazione pressoché continua dei duchi e poi re di Savoia. Nell’ambito delle innovazioni volute dal duca Emanuele Filiberto per rendere più snelle le procedure amministrative e fiscali vi fu l’abolizione del latino nella redazione di documenti pubblici, che invece n dovevano essere scritti nella lingua locale per consentire alle popolazioni di intendere il linguaggio buro

cratico. L’Editto L del 22 settembre 1561 stabilì quindi che in Valle V d’Aosta gli atti venissero redatti in lingua francese. L’Assemblea degli Stati Generali chiese la codificazione del diritto consuetudinario per dirimere le controversie e applicarlo nei giudizi tenuti in Valle V d’Aosta, mentre negli altri territori vigeva la legislazione sabauda. La raccolta di consuetudini, concessa dal duca Emanuele Filiberto, venne promulgata nel 1588 dal successore Carlo Emanuele I con il nome di Coutumier. Nei fatti il diritto, che fino a quel momento risultava suscettibile di cambiamenti per adattarsi all’evoluzione dei tempi, venne “congelato” e soprattutto cambiò il principio di legittimazione, poiché non derivava più dalla tradizione giuridica locale, ma dalla volontà del duca, come piena espressione di potere assoluto. In questo quadro giuridico-amministrativo, come rappresentante dell’autorità baronale, il castellano di Cly amministrava la giustizia, teneva le Udienze sulla piazza antistante la chiesa parrocchiale di Antey11.


A partire da quest’epoca la vita dei magdeleins si svela ai nostri occhi con maggiore immediatezza e continuità: uomini e donne del Mont de Vieu appaiono sulla scena della vita quotidiana con i loro soprannomi, con il patronimico ad indicare la provenienza familiare, con le loro proprietà, con l’appartenenza al villaggio, alla consorteria. Il consegnamento dei boschi comuni veniva eseguito periodicamente, come per le proprietà individuali, con atto pubblico ricevuto dal castellano e dal notaio che registrava il fondo dichiarato, la sua denominazione, estensione e confini. Per quanto concerne i boschi comuni, le dichiarazioni sono rilasciate dal Sindaco, sulla base delle misurazioni e stime compiute dall’esperto architecte et geomettre de profession incaricato di tale operazione. Nel consegnamento datato 7 agosto 1757, il Sindaco della paroisse d’Antey è Charles Emanuel Dujany Roveyaz12. Egli elenca ordinatamente i lotti di bosco a partire dalle aree boschive che si trovano sulla

montagna di Antey, e in particolare dal Bois de Borget et des Barmes, di 4440 quartanées de cent toises l’une, peu garnie de bois de meleses, la plus grande partie des plantes de six à huit poulces de diamettres. Segue il bosco chiamato des places et de Charè, di 1900 quartanées, che contiene piante di larice rade e piccole, de sorte qu’il sera le quart de dix poulces de diamettre et le reste plus petit. Inoltre vi è il bosco di Brengon e di Trois Villes, di 4400 quartanate, perlopiù di larici e sapins, bien garni presque partout e con molte piante giovani. Infine vi è il bosco chiamato Bois de larps comune agli abitanti di La Magdelaine, Brengon, Clos, Vieu, Messelod, Artad, esteso 55 quartanate, di larici radi e piccoli con qualche cespuglio. I contrasti tra la plaine et la montagne Tra i secoli XVII e XVIII si sviluppano dinamiche nuove e complesse nei rapporti tra la plaine et la montagne di Antey, e tra i due fulcri principali della montagne, i can

12. ACLM, I Sezione, 13, 7 agosto 1757.


Livre de Reconnaissance 1651 Il libro dei consegnamenti è una particolarissima fonte documentaria, preziosa e pressochĂŠ unica per quanto concerne le informazioni sugli aspetti demograďŹ ci, sociali ed economici della comunitĂ . Contiene gli atti redatti da un notaio nei quali sono riportate le dichiarazioni dei proprietari di fondi i quali riconoscono (da cui reconnaissance) di tenere quei beni per concessione del barone di Cly. Le dichiarazioni, oltre a elencare proprietĂ e conďŹ ni, rimandano anche a investiture precedenti, talvolta risalenti a uno, due, tre secoli addietro nel tempo. I patrimoni familiari per lunghissimo tempo sono rimasti integri, e hanno perciò mantenuto le caratteristiche originarie, almeno ďŹ no all’affrancamento dal dominio signorile. Il notaio ducale Jacques Bic, tra il 1650 e il 1651, registrò i consegnamenti dei beni che gli uomini della parroisse d’Antey, e talvolta le loro consorti, fecero, dando luogo ad un primo abbozzo di catasto. I consegnatari elencavano i loro beni, i conďŹ ni delle proprietĂ , l’estensione e il tributo ďŹ scale corrispondente. Quest’ultimo doveva essere pagato in occasione della festa di Sainte Etienne. Il destinatario delle reconnaissance era all’epoca il barone di Cly, Pierre Philibert Roncas, che aveva acquistato il feudo nel 1642. Qualche anno piĂš tardi, nel 1677, il barone fece redigere il Repertoire, un registro dove si riportavano i beni soggetti a regime feudale, raggruppati per villaggio e descritti negli elementi essenziali per quantiďŹ carne il carico ďŹ scale. Talvolta le brevi annotazioni dei notai, scritte a margine degli atti, in una graďŹ a minuscola e di difďŹ cile lettura, sono piĂš interessanti del testo ufďŹ ciale. Il Repertoire del 1677 è ricchissimo di note e richiami che registrano i cambiamenti di proprietĂ che si veriďŹ carono successivamente alla redazione del Primo libro di Antey. Il notaio scrisse nell’ultima pagina una annotazione contabile: 64 orins de taux font un seyteur – 60 seyteurs font un focage. Quindi il focage, l’unitĂ territoriale su cui si basava la ripartizione ďŹ scale della baronia, corrispondeva ad una rendita di 3.840 ďŹ orini. Da un documento del 1654 risulta che il mandamento di Cly era composto da 180 focages, di cui 37 nella parrocchia di Antey, comprendendo nel numero anche i 3 focages e 15 seyteurs di Chamois. Una entrata importante e invidiabile!

toni di La Magdeleine e Chamois. Le due comunitĂ ravvisavano entrambe la necessitĂ di separarsi, almeno sul piano ďŹ scale, dalla piana di Antey, per sottrarsi alle ingiustizie e sopraffazioni perpetrate dalle autoritĂ del capoluogo. Il susseguirsi di liti, proteste, inchieste di cui restano tracce nei documenti dell’Archivio comunale, evidenzia il disagio crescente che ormai caratterizzava i rapporti tra le due Antey. Un episodio veriďŹ catosi nella tarda primavera del 1604 sottolinea la conittualitĂ che si era accesa a proposito dell’uso dei boschi. Nei verbali delle Udienze del castellano di Cly del 16 maggio 1604, si legge che di fronte alla chiesa parrocchiale di Antey sono state pubblicate le regole concernenti i boschi di Brengon Artaz, Vieu e Messelod, su richiesta di Jean Noczan notaio, Pierre Messeloz e altri della comunitĂ del Mont de Vieu. Successivamente, il 5 giugno dello stesso anno, lo stesso castellano Jean Jacques Carrel rende noto che è stato nominato guardaboschi e guardiano dei pascoli Pierre de Jean Cottin dai preud’hommes du Mont de Vieu, e in particolare Claude de Jean Messelloz, Andrè de Jean Vitta, Andrè d’Anthoine d’Artaz e Jeanandrè de Roveya. Ma tale decisione non viene accolta dai notabili di Antey e da Andrè de Laurent de Suisse, i quali non riconoscono le regole e i conďŹ ni stabiliti. Non solo, dichiarano di voler sottoporre la questione direttamente al Senato di Torino13. Nel mese di novembre le parti non hanno ancora trovato un accordo. A questo punto gli uomini del Mont de Vieu si appellano agli atti di reconnaissance, secondo i quali les fonds bocaiges et herbaiges apartiennent par le tout aux dicts communairs nommĂŠs au dict acte de regle del maggio appena trascorso: 1. Reconnaissance del 25 dicembre 1460 al duca di Savoia par Jean d’AndrĂŠ Bocelot et aultres consorts entre les mains de Pierre commissaire; 2. AndrĂŠ de Pierre Messellod et aultres consorts


entre les mains du notaire Jean Mallier, anche commissario del mandamento di Cly riconoscono al duca Charles di avere in feudo le suddette proprietà il 9 giugno 1530; 3. Panthaleon d’André Messellod, Claude de Jean Messellod et aultres nommés passano reconnaissance ai signori Louis Pierre et Charles frères Fabry, modernes seigneurs du present mandement tramite François Meynet commissaire il 22 gennaio 1596. Con la forza degli atti pubblici del passato, gli uomini del Mont de Vieu possono rivendicare e ottenere la deposizione del castellano a loro favore. Sembra che la controversia si ricomponga e qualche tempo dopo il castellano della baronia di Cly può portare a termine le égances per tutte le comunità del mandamento. Con un atto del 1637 i Sindaci e gli abitanti delle parrocchie comprese nella baronia avevano concordato unanimement et mutuellement di procedere all’estimo e al censimento generale delle terre, proprietà e beni soggetti a taglia. Il castellano, in un atto successivo del 21 ottobre 1654, rammenta le decisioni prese e lamenta le inadempienze di alcune comunità14. Riporta quindi i confini di ciascuna e il numero di focages, unità territoriale su cui si basava la ripartizione fiscale della baronia. Il mandamento di Cly risulta composto da 180 focages così distribuiti: Anteyy e Valtournenche Verrayes y Torgnon g Saint Denis Chambave

76 38 37,5 18 10,5

Il 7 novembre dello stesso anno i Sindaci delle comunità di Valtournenche e di Antey si accordano sui rispettivi focages. Il castellano Jacques Bic provvede alla definizione dei confini di ciascun Comune e incorpora anche il territorio di Chamois, stimato in 3 focages e 15 seyteurs, nelle pertinenze di An-

tey. Sono presenti e consenzienti: Jean André du Jany, Sindaco della parroisse d’Antey, André d’André d’Arthad, Jean André d’André Dujany, Pierre Michiel Roncas, Jean de Jeanandré Messellod, etc. Vi si aggiunse anche una dichiarazione, formalizzata in un documento notarile, voluta dagli uomini di Chamois. Questi ritenevano più vantaggioso unirsi agli uomini della montagna di Antey per costituire una sola comunità, con la nomina di un Sindaco per la montagna. La richiesta non venne mai accolta. Da sottolineare il fatto che dal punto di vista dell’organizzazione religiosa, Chamois divenne parrocchia indipendente nel 1681, mentre La Magdeleine dovette attendere ancora più di un secolo. Intorno alla redazione di un libro di censi o livre terroir si sviluppò nel 1692 un’aspra contesa tra gli eredi del notaio Jany e il Sindaco di Antey15. Questi aveva affidato nel 1674 al notaio l’incarico di rinnovare il catasto della parrocchia di Antey. Senonché il notaio Jany morì quando aveva redatto solo la prima parte del catasto, quella riguardante la plaine d’Antey. Ne nacque una lite che si protrasse molto a lungo e che vide gli eredi del defunto Jany, sostenuti dagli altri uomini della montagne d’Antey, chiedere con insistenza la separazione dei catasti, e quindi la stesura di un altro livre terroir esclusivo per il loro territorio, e con l’assistenza di una persona non sospetta. L’invasione francese del 1691 La Valle d’Aosta fu oggetto degli interessi del ministro francese Louvois, terra di conquista e sottomissione nel caso di vittoria del conflitto che si era innescato tra la Francia di Luigi XIV e il duca Vittorio Amedeo II di Savoia. Inutili risultarono i tentativi del Conseil des Commis di evitare l’invasione, per cui nell’inverno del 1690 furono approntati i sistemi difensivi

13. ACLM, I Sezione, 12, 5 giugno 1604. 14. ACLM, I Sezione, 4, 21 ottobre 1654. 15. ACLM, I Sezione, 6, 31 ottobre 1692.



e richiesti gli aiuti militari al sovrano. Questi invece furono sottratti alla difesa della Valle e rientrarono in Piemonte proprio alla vigilia dell’attacco francese. Restarono a difesa dei passaggi alpini soltanto ottocento uomini mal equipaggiati, al punto che i difensori di La Thuile fuggirono alla prima comparsa dei Francesi. Cinque battaglioni di fanteria e due reggimenti di dragoni (1600 uomini in tutto) scesero il 19 giugno da La Thuile a Pré-Saint-Didier, a Morgex e a La Salle, incendiando e saccheggiando. Il 22 giugno raggiunsero Aosta dove il comandante La Hoguette chiese agli stati riuniti la somma di 100.000 scudi, pur sapendo che le condizioni in cui versavano i valdostani erano estremamente scoraggianti. La gueuserie est si générale et si entière qu’il n’y a ni argent ni grains à emporter. Le corps de troupe suffira à tout consommer. Tout ce qu’on pourra ajouter à leur désolation est de faire brûler les blés que nous ne consommerons pas16. La sera del 22 giugno cinquecento granatieri scesero verso la bassa valle per far saltare il ponte di Châtillon. La Hoguette si fermò evidentemente un paio di giorni alla base della Valtournenche, disseminando terrore e odio tra le comunità dei dintorni, per poi risalire la Valle principale pochi giorni dopo, portando con sé 924 sacchi di segala, 127 piccoli muli e 138 bovini.

il proprio mulo per i communiers de la montagne, le vacche e altri generi alimentari per quelli della piana. Per gli esiti di questo increscioso provvedimento, a cui tentarono di sottrarsi, i due incaricati furono processati e condannati tre anni dopo al rimborso del valore dei muli sequestrati e al pagamento delle spese processuali. Le deposizioni dei magdeleins chiariscono da varie angolazioni i fatti avvenuti tra la notte del 23 e la mattina del 24 giugno. Il primo teste è André de feu Pantaleon Roveyaz du bourg d’Antey Baronnie de Cly aagé denviron cinquante quattre ans possedant en biens cent livres sauf le plus laboureur d’iceux tesmoin. Egli riferisce che, alla richiesta da parte degli invasori francesi, minaccianti maltraitement et pillages, di contribuire prontamente con quantità di muli, si riunirono in assemblea i consiglieri e communiers di Antey

Risale infatti alla notte della vigilia della festa di San Giovanni l’episodio di pillage che interessò il territorio di Antey, intorno al quale nacquero molte controversie e un lungo processo tra gli abitanti della montagna e i rappresentanti della comunità17. Gli invasori che si addentrarono nella Valtournenche pretesero dai Sindaci e consiglieri delle comunità la requisizione di tutti i muli. Joseph Bic notaire et Jean Navillod sindic de la Commune d’Antey si trovarono nella condizione di dover obbedire agli ordini del nemico e quindi di obbligare i particuliers a cedere

16. André Zanotto, Histoire de la Vallée d’Aoste, Editions Musumeci, Aosta, 1980, p. 136. 17. ACLM, I Sezione, 10, 16931694.

Nella pagina di sinistra: Il costone tra Messelod e Veuillen. Lavoro nei campi (s.d.). Collezione La Beurta Teta.


Le testimonianze dei magdeleins Un altro testimone e demandeur nella causa contro Bic e Navillod è Anthoine de feu André Favre, quarantasei anni di età, possedant en biens mille livres. Si trovava nel villaggio di Artaz, où il a fait sa demeure ordinaire de compagnie de Pierre de Laurent Artaz et d’André de Pierre Artaz, quando vi giunsero i due postulanti da Antey. La mula di Pierre Artaz aveva poil sur le roux et celle dudit André Artaz sur le chastain. Anche questo testimone non sa dire se i muli, che peraltro lui vide partire verso Antey, furono effettivamente consegnati ai Francesi. Sempre ad Artaz si trovava anche André de feu Antoine d’Artaz, di 27 anni, con un patrimonio di duemila lire, laboureur. Egli dichiara di aver assistito alla requisizione della mula di Pierre de Laurent Artaz son voisin et parent en quatriesme degré: une mule qu’il avoit poil sur le roux et qu’il eust à promptement y satisfaire pour empecher un detachement des dits francois nos ennemis dequoy faire le dit Artaz faisoit difficulté et le dit mandier Roveyaz lui a fait commandement de plus fort de contribuer sa dite mule a faute dequoy qu’il lui arriveroit du malheur et sur ce icelluy Artaz ordonna a Marie sa belle soeur de prendre la dite mule et comme elle estoit fort difficile de se laisser mettre la bastiere la dite Marie a prié luy tesmoin de luy aider comme il avoit fait plusieurs autres fois et ayant a ce satisfait la dite Marie vefue Artaz a conduit ensuitte dudit commandement en bas dudit village la dite mule [...] et estant descendu un peu au dessoubs le dit village la dite Marie veufe Artaz est retourné en arriere toute seule et sans la mule [...]. Sur le soleil coucher de la veillie de Saint Jean Baptiste – racconta André de feu Antoine Roveyaz, 32 anni, 2.000 lire in beni – sono giunti al villaggio di Brengon maitre Jaques Bic notaire et le mandier André de Pantaleon Roveyaz, ai quali in questo caso si sono opposti i proprietari dei muli. André d’autres André de Jo: Pierre Roveyaz aveva un mulo in comune con Jo: Jaques de Jo: André du Jany. Entrambi i proprietari rifiutano di consegnare il mulo e decidono di trattenerlo fino all’indomani, giorno di festa, all’ora della messa. Quando Roveyaz torna a Brengon, accompagnato dal notaio Bic, vorrebbe mandare ad Antey il mulo in questione che nel frattempo gli è stato assicurato da Magdelaine, moglie di uno dei proprietari, tramite Claude, fratello del dichiarante. Infine tutti i presenti si mettono in cammino per partecipare alla

per decidere sul da farsi. Questi incaricarono il dichiarante di andare a cercarne in qualità di mandier de la dite Commune e di ordinare ai proprietari di muli di consegnarli per evitare saccheggi e devastazioni. André Roveyaz replicò che non sarebbe andato da solo. A questo punto i consiglieri andarono a cercare Joseph Bic notaire pour leurs sindic de la mesme Commune, ma non lo trovarono e decisero quindi di chiamare il fratello maitre Jaques Bic notaire. Fu così che i due malcapitati si accinsero a svolgere un compito gravosissimo e spinoso: sottrarre alle famiglie della montagna il bene più prezioso, l’animale che alleggeriva il durissimo lavoro nei campi, nel trasporto, nelle faccende quotidiane. Notaio e mandier si diressero a La Magdeleine dove trovarono Jean du Jany, Jean d’André Noussan, Laurent de maitre Michel du Jany, André de Pierre d’Artaz et Pierre de Laurent d’Artaz, i quali possedevano tutti un mulo, e ingiunsero loro di consegnarlo immediatamente. Poi si diressero al villaggio di Vieu, dove fecero lo stesso discorso a Jo:Jaques Rivet. t Il teste André Roveyaz concluse la sua deposizione affermando di non sapere se i muli fossero effettivamente stati ceduti dai magdeleins. Dopo averne ingiunto la consegna si affrettò insieme a Jaques Bic a rientrare ad Antey; sulla strada, in prossimità di Herin, vide i Francesi che salivano e perquisivano il villaggio. Qualche giorno dopo venne a sapere che avevano prelevato diversi muli, ma non seppe dire se erano stati consegnati spontaneamente o requisiti con la forza. Altri testi furono ascoltati dal giudice Verthuy in merito alla requisizione dei muli: tra questi, la controparte, Jaques Bic notaire e il Sindaco Jean Navillod. Il primo riconosce di aver agito sotto la minaccia di saccheggi e devastazioni, e di essere stato fortifié da un padre cappuccino che lo aveva accompagnato nei villaggi di Antey. Lo stesso Bic consegnò


la sua mula a un soldato francese pur di evitare rappresaglie e gesti violenti. Così si dice pronto a risarcire ogni danno e spesa che gli venga addebitata. Di tutt’altro avviso è Jean Navillod, che oppone diverse argomentazioni sull’oggetto della causa in corso. In primo luogo, egli protesta per non aver ricevuto prima di questa udienza comunicazione in merito all’inchiesta; poi sostiene che la causa è del tutto inutile, poiché non gli risulta che les mesmes demandeurs ayent contribué aucunes montures aux francois; infine, se realmente hanno consegnato i loro muli ai Francesi, lo hanno fatto, non per ingiunzione del Comune, que si le mandier André Roveyaz a fait quelque commandement a leurs noms c’est une imprudence et une temerité pour ne pas dire fausseté niant formellement que la dite Commune luy aie donner aucun charge ny pouvoir de ce faire; se poi Pantaleon Carlon, Pantaleon Navillod, Antoine Noussan e Jean Antoine Roveya gli hanno dato questo incarico, il provvedimento sarebbe comunque irrilevante, poiché quattro cittadini non possono agire per e in nome del Comune che è composto da più di centocinquanta capifamiglia, come è quello di Antey. Inoltre gli stessi Bic, Noussan e Roveya non hanno osato dire nella loro deposizione di aver ricevuto incarico alcuno dal Comune, né dal Sindaco stesso; e quest’ultimo non avrebbe potuto farlo senza il consenso e decisione dei suoi consiglieri e communiers. Ed infine il giudice Verthuy, sulla base di una serie infinita di udienze e atti, intimationes et remontrances, giunge alla sentenza finale il 17 giugno 1694 condannando les sindics conseillers et communiers de la parroisse d’Antey a pagare a Antoine Duiany, Pierre d’Artha, André de Pantaleon Roveya, Laurent Duiany, Jean Noussan, Jean Duiany, Jaques Bic, André Artha, et à Jean Jaques Rivet les montures par eux demandées.

messa nella chiesa di Antey, ma nel villaggio di Herin vengono raggiunti da Anthoine Andrevet il quale porta con sé un biglietto da parte del brigadiere dei Francesi. Un certo numero di muli dovevano tornare indietro per andare a caricare dei bagagli a Chamois per conto della baronessa di Châtillon. Il notaio Bic lesse il contenuto del messaggio, ma non ritenne di dargli credito, e costrinse tutti a continuare il cammino verso Antey. Quando furono au sommet du lieu dit Chablet videro salire nella loro direzione una banda di soldati francesi, la qual cosa li costrinse a se posser qui d’un costé qui d’un autre et se coucher parmi les bleds pour secarter dedits ennemis francois. Il teste conclude la sua deposizione sottolineando il clima di tensione e di paura che gli episodi accaduti in quel giorno di festa avevano creato riferendo la conversazione avvenuta tra un consigliere di Antey e André Roveyaz alle prime ore del mattino, quando il mandier era ancora nel suo letto a Brengon. Il a ouy et entendu qu’Anthoine Noussan vint appeller le dit André Roveyaz en ces terms: Compere André levez vous j’ay besoin de vous parler et luy dit: Il ne faut manquer de bailler ordre de contribuer des montures aux francois au nom de dieu car si vous scaviez les violences qu’ils font et comme ils agissent vous y travailleriez après de vos voisins que vous scavez ne manque dont pas car moy je m’en tourne en arriere pour travailler de mon costé [...]. Jean André de feu Pantaleon Rivet de la parroisse d’Antey, aagé de 26 ans possedant en biens mille livres, abitante nel villaggio di Vieu, si trovava nel suo letto, quando environ deux heures après le pardon du soir, sentì bussare alla porta e que l’on appellait Jo:Jaques Rivet son oncle en hurtant fortement a sa porte ce que la occasionné de se mettre a la fenetre de son poil pour voir qui cestoit et a veu par le moyen du serain et cognu maitre Jaques Bic notaire et le mandier Roveyaz du bourg d’Antey qu’il avoit dejà presque cognu a leur langage pendant qu’ils demandoient son mulet a son dit oncle. Riferisce anche il tono e il contenuto della conversazione tra le parti: lo zio si apprestò a rispondere che il suo mulo era rimasto a la montagne appellée Bur de fon; gli altri gli ingiunsero di andarlo a prendere e consegnarlo ai Francesi. Così fece Jo:Jaques Rivet: mandò un altro suo nipote a prelevare il mulo e, il giorno seguente, lui stesso accompagnò il mulo poil noir ad Antey. Il teste non sa cosa accadde a quel punto, ma riferisce di aver sentito più volte lo zio dire che fu maltrattato dai Francesi, dopo che si furono impossessati del mulo.


La communautĂŠ du Mont de Vieu Entre la pĂŠriode de l’installation protohistorique sur les pentes du Mont TantanĂŠ et le Moyen Age ďŹ nissant, il y a un vide historique d’un millier d’annĂŠes: aucune information ne nous est fournie tant par l’archĂŠologie que par les Archives. La recherche Ă travers les Archives, pour ce qui concerne l’histoire de La Magdeleine, permet de remonter au XIV Ve siècle, lorsque le territoire communal de La Magdeleine faisait partie des domaines fĂŠodaux des premiers seigneurs de Châtillon et de Cly; quand les deux branches se sĂŠparèrent, Godefroy devint seigneur de Cly et de lui sont issus les seigneurs qui gouvernèrent une grande partie des terres situĂŠes dans la vallĂŠe du Marmore. Le plus ancien document qui parle de Mons de Viu, vieille appellation du territoire de La Magdeleine, remonte Ă l’annĂŠe 1304, quand fut rĂŠdigĂŠ un acte de vente de droits sur des villages du domaine fĂŠodal de Cly. A la suite de l’Êloignement de la VallĂŠe d’Aoste des seigneurs de Cly, vint Ă se former un rapport direct entre les habitants des terres assujetties Ă la seigneurie et l’administration de la Maison de Savoie qui de 1376 Ă 1550 mit sur pied une politique d’acquisition des domaines fĂŠodaux qui se trouvaient dans les zones stratĂŠgiques, le long des voies de communication avec les pays situĂŠs au-delĂ des Alpes. Dans les terres sujettes Ă la juridiction des seigneurs de Cly se constituèrent les ComitĂŠs, pour reprĂŠsenter les populations des villages par rapport Ă la cour de la Maison de Savoie. De plus en plus frĂŠquemment, les documents mentionnent la ComunitĂ del Monte di Vieu au moment mĂŞme oĂš l’acte public voit parmi ses contractants les habitants de la montagne d’Antey, reconnaissant par lĂ un droit Ă l’autonomie et Ă l’autogestion des Magdeleins. Par un acte du 5 aoĂťt 1550 signĂŠ Ă Verceil, le duc Charles de Savoie concède le ďŹ ef de Cly au capitaine espagnol Cristoforo Morales pour 3500 ĂŠcus d’or d’Italie. Cette concession resta en vigueur quatre ans seulement, après quoi le ďŹ ef fut de nouveau englobĂŠ dans les possessions du duc, pour ensuite ĂŞtre revendu en 1562 au secrĂŠtaire d’Etat Jean Fabri, lorsque la seigneurie de Cly fut transformĂŠe en baronnie. Le ďŹ ef passa ensuite Ă Pierre Philibert Roncas. Le nouveau baron abandonna le château sur les hauteurs de Saint-Denis et transfĂŠra le siège juridictionnel du ďŹ ef Ă Chambave. Entre les XVIIe et XVIIIe siècles, se dĂŠveloppent des dynamiques nouvelles et complexes dans les rapports entre la plaine et la montagne d’Antey, et entre les deux centres principaux de la montagne, les cantons de La Magdeleine et de Chamois. Les deux communautĂŠs estimaient nĂŠcessaire de se sĂŠparer de la plaine d’Antey, au moins sur le plan ďŹ scal, pour se soustraire aux injustices et aux vexations perpĂŠtrĂŠes par les autoritĂŠs du chef-lieu. La succession de litiges, de protestations, d’enquĂŞtes dont il reste des traces dans les documents des Archives Communales, met en ĂŠvidence le malaise croissant qui caractĂŠrisait dĂŠsormais les rapports entre les deux Antey.


The Mont de Vieu Community Between the period of the foundation of the proto-historic settlement on the slopes of Mt. TantanĂŠ and the late Middle Ages there is a historical gap of about one thousand years that has yielded no information at all, be it archaeological or documentary. Archival research concerning the history of La Magdeleine dates back to the fourteenth century, when the communal territory of La Magdeleine belonged to the ďŹ efs of the lords of Châtillon and Cly. When these two branches separated, Gottfried became the feudal lord of Cly, and in turn his descendants became the lords who governed most of the land in the valley formed by the Marmore torrent. The oldest document that makes mention of the Mons de Viu, the former name of the La Magdeleine territory, dates to 1304, when a bill of sale of the rights over the villages and property of the ďŹ ef of Cly was drawn up. After the lords of Cly were forced to leave the Valle d’Aosta a direct relationship grew up between the inhabitants of the land formerly subject to the seigneury and the Savoy administration, which from 1376 to 1550 embarked on a policy of acquiring feudal estates situated in strategic areas, along the communication routes with transalpine countries. In the land subject to the jurisdiction of the lords of Cly, councils were established to represent the inhabitants of the villages vis-Ă -vis the Savoy court. The entry ComunitĂ del Monte di Vieu appears more and more frequently in the documents when the public act included among the contracting parties the inhabitants of the Antey mountain, thus acknowledging the Madgeleins’ right to self-government. By means of an act dated 5 August 1550 and signed in Vercelli, Duke Charles of Savoy conceded the ďŹ ef of Cly to the Spanish captain Cristoforo Morales for 3,500 Italian gold scudi. This concession remained in vigour for only four years, after which the ďŹ ef was once again incorporated into the ducal property, and was then sold again in 1562 to the Secretary of State Jean Fabri, when the seigneury of Cly was transformed into a barony. It then passed into the hands of Pierre Philibert Roncas. The new baron abandoned the castle on the hills of SaintDenis and transferred the jurisdictional seat of the seigneury to Chambave. In the seventeenth and eighteenth century new and complex developments arose in the relations between the plain and mountain of Antey, and between the two main fulcra of the mountain, the cantons of La Magdeleine and Chamois. Both of these communities felt the need to be separated, at least on a ďŹ scal level, from the Antey plain in order to free themselves from the injustice and abuses on the part of the authorities in the capital. The series of disputes, protests and investigations – traces of which are still in documents kept in the Municipal Archive – bears witness to the increasing discontent and uneasiness that now characterized the relations between the two areas of Antey.



Il Comune di La Magdeleine L’autonomia Nelle udienze del castellano si avverte un disagio crescente tra gli abitanti di La Magdeleine che riďŹ utano sempre piĂš tenacemente di sottostare a regolamenti e condizioni imposti dalle autoritĂ di Antey. Sembra che un forte spirito di indipendenza attraversi le cause sostenute dai magdeleins, probabilmente sulla spinta di una identitĂ collettiva maturata sin dai tempi in cui si riconoscevano nell’antica comunitĂ del Mont de Vieu. Le CommunautĂŠs erano nate come aggregazioni territoriali a partire dalla nascita delle parrocchie e, sin dal XVI secolo, erano considerate unitĂ di percezione ďŹ scale. I capifamiglia dei vari villaggi eleggevano i loro Sindaci o procuratores i quali amministravano i beni comuni, ripartivano il carico ďŹ scale e percepivano le imposte. Nel caso di Antey l’aggregazione tra plaine et montagne, per quanto territorialmente funzionale alla vita comunitaria, specie per la disponibilitĂ di risorse naturali quali i boschi e gli alpeggi, nella realtĂ della vita quotidiana e della ristretta economia del passato, avvantaggiava soltanto gli abitanti e gli amministratori della pianura, che potevano godere i frutti dei beni comuni situati nella parte alta del territorio. La distanza tra i due quartiers, il dislivello altimetrico e soprattutto l’asperitĂ delle stagioni fredde rendevano difďŹ cili le comunicazioni tra monte e piano che si riducevano quindi alle indispensabili operazioni amministrative e giuridiche, oltre ovviamente alla partecipazione alle funzioni religiose, ďŹ no all’istituzione della parrocchia di La Magdeleine. Ad avvalorare la tesi della separazione dalla comunitĂ di Antey intervennero anche i rappresentanti della parrocchia di Chamois che, con un documento stilato dal notaio Dujany, si dichiararono favorevoli all’insediamento

di due Sindaci, uno per il piano e uno per la montagna; ed essi ovviamente intendevano costituirsi in un’unica comunitĂ con quelli di La Magdeleine18. Tale dichiarazione non ebbe alcun esito, ma per tutto il Settecento le due Antey furono impegnate in un gioco di forze estenuante che terminò solo alla chiusura del secolo, peraltro in uno scenario politico radicalmente cambiato. Le riforme giuridico-amministrative del Settecento del Regno Sabaudo furono estese anche al Ducato di Aosta, che a partire dal 1770 divenne una semplice provincia dello Stato. In quell’anno infatti vennero emanate le Royales Constitutions che sostituirono tutto l’impianto giuridico e amministrativo della Valle. Il Conseil des Commis perse gran parte delle sue attribuzioni, mantenendo la funzione di Magistrato della Salute e conservando quella di organo di consultazione e di controllo. Gli Stati Generali non vennero piĂš convocati, il Coutumier fu abrogato, il Balivo venne sostituito dall’Intendente, la Cour des Connaissances da un Tribunale. Le nuove disposizioni cambiarono radicalmente l’organizzazione delle comunitĂ valdostane: il RĂŠglement particulier pour le DuchĂŠ d’Aoste re-

18. ACLM, I Sezione, I, 25 giugno 1694.

Nella pagina di sinistra: I villaggi storici di La Magdeleine sono rappresentati ciascuno con un ďŹ ore. Un antico grenierr ospita l’UfďŹ cio Informazioni del paese. Brengon, capoluogo di La Magdeleine, 1928. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Domaine.


stò in vigore ďŹ no al 1848, allorchĂŠ Carlo Alberto concesse lo Statuto Albertino, salvo il periodo di governo francese durante il quale venne abrogato e sostituito dall’ordinamento repubblicano e in seguito da quello napoleonico.

19. ACLM, II Sezione, 15, 18 aprile 1798. 20. ACLM, II Sezione, 16, 27 febbraio 1799. 21. ACLM, II Sezione, 17, 20 novembre 1799.

Les habitans des hameaux composans le Canton de la Madelaine d’Antei dans le DuchĂŠ d’Aoste, dĂŠjĂ separĂŠ pour le spirituel de la CommunautĂŠ de Saint AndrĂŠ d’Antei, ont suppliĂŠ le Roy de le sĂŠparer pour le temporel de la dite CommunautĂŠ, et de l’Êriger en CommunautĂŠ Ă part moyainant la Finance de cinqcents livres, et S. M. en suite de l’avis de la Junte pour l’administration des CommunautĂŠs, a daignĂŠ y adhĂŠrer – cosĂŹ scrive il generale delle Finanze al conte Cerruti, reggente dell’UfďŹ cio di Stato degli Affari Interni, per informarlo sulla volontĂ manifestata dal re di erigere il cantone di La Magdeleine in Comune autonomo19. Ăˆ il 18 aprile 1798. Il re Carlo Emanuele ďŹ rmerĂ le patenti di erezione del Comune due giorni piĂš tardi, mentre la nomina del primo Sindaco avverrĂ il 3 luglio dell’anno successivo. La Magdeleine nasceva in quanto Comune in un periodo storico di grandi sommovimenti politici ed istituzionali. Nel dicembre 1798 i Francesi occupano la Valle d’Aosta e il Piemonte annettendoli alla Francia. Un anno dopo la Valle viene inserita nella circoscrizione territoriale DĂŠpartement de la Doire e costituita in Sottoprefettura dipendente dalla Prefettura di Ivrea. L’incarico di sottoprefetto viene ricoperto da Jean-Laurent Martinet. In etĂ napoleonica il prefetto assume compiti molto vasti poichĂŠ rappresenta a livello locale il governo centrale. Egli può nominare i Sindaci e gli adjoints per i Comuni minori, indicare i nominativi dei candidati per i Comuni piĂš grandi da proporre all’imperatore. Per le controversie giuridiche di una certa complessitĂ viene istituita la Cour de Cassation con sede a Parigi. Solo un anno dopo l’istituzione del nuovo

Comune, la Valle d’Aosta insieme al Piemonte venne a far parte dei territori sotto la giurisdizione della Repubblica Francese, in seguito Impero, e vi rimase ďŹ no alla Restaurazione, allorchĂŠ i Savoia ritornarono a governare sulle terre del Regno di Sardegna. Negli Atti Costitutivi, infatti, il verbale dell’assemblea e la deliberazione della municipalitĂ di Antey riguardo alla contribuzione alle spese effettuate dalla parrocchia di La Magdeleine sono datati l’an sept de la Republique française et premier de la libertĂŠ piemontaise (27 fevrier 1799)20. La municipalitĂ di Antey affermava che dalla separazione delle due parrocchie aveva tratto solo svantaggi, diminuzione dei terreni e degli abitanti, sovraccarichi di imposte, e che comunque non aveva mai chiesto nĂŠ convenuto a detta separazione; quindi ogni spesa fatta e da fare in futuro spettava a La Magdeleine. Il verbale di separazione dei due territori venne redatto dans l’Êtable de Charles Joseph Noussan conseiller nel pomeriggio del 20 novembre 1799. Victor AmĂŠ Pignet docteur ĂŠsdroits juge de Châtillon soussignĂŠ fu incaricato di sovrintendere alle operazioni per deďŹ nire i conďŹ ni. I rappresentanti dei due Comuni (Sindaco Noussan di Antey e Sindaco Roveyaz di La Magdeleine, con i rispettivi consiglieri) si trovarono a Trois Villes con l’expert Jean Pierre Peaquin. SarĂ proprio su quest’ultimo villaggio che nasceranno contese tra i due Comuni: il Sindaco e i consiglieri di Antey si oppongono alla divisione del Bois commun de Brengon et SarrĂŠ, presentando una sentenza dell’OfďŹ ce de Cli, secondo la quale les particuliers du Canton des Trois Villes ont ĂŠtĂŠ mantenus en la possession de faire paĂŽtre leur troupeau aux dits bois, et soutenant que les particuliers des dits hameaux ont en droicts Ă eux propres sur les dits bois sans ĂŞtre dans le cas de non les faire voir 21. Il Vice Intendente prese atto della protesta e invitò il Sindaco di Antey a rivolgersi diretta-


mente all’Intendente per motivare l’opposizione alla divisione dei boschi comuni. Iniziò cosĂŹ una controversia tra i due Comuni che si trascinò molto a lungo, impegnando risorse ďŹ nanziarie e alimentando un certo risentimento che contrassegnerĂ gli atti deliberativi di tutto l’Ottocento. Il Comune di Antey effettivamente si rivolse all’Intendente per contestare alcuni provvedimenti presi dal Comune di La Magdeleine e diede inizio a un primo processo giĂ nel gennaio 1800 che terminò sei anni dopo con un arrĂŞtĂŠ del Consiglio di Prefettura del 20 novembre 1806. A questo proposito, il Consiglio comunale di La Magdeleine incaricò il Sindaco Jean Baptiste Artaz e il consigliere Charles Joseph Noussan di sostenere e difendere i diritti della CommunautĂŠ con i mezzi

legali e incaricando l’avvocato Bizel di Aosta di rappresentare il Comune nel processo contro Antey-Saint-AndrĂŠ22. Nel bilancio del 1830 compaiono tre voci principali: la prima riguarda proprio le spese per sostenere il processo intentato dal Comune di Antey che ammontano a 200 lire, la seconda si riferisce alla manutenzione delle strade e dei ru per la quale viene messa a budget la somma di 50 lire, e inďŹ ne altre 250 lire sono destinate alla veriďŹ ca del Catasto. La disponibilitĂ ďŹ nanziaria verrĂ subito utilizzata, quando nell’aprile dello stesso anno al Consiglio comunale di La Magdeleine verrĂ richiesto di comparire davanti al Tribunale della Prefettura di Aosta a proposito del processo in corso, per il quale l’Intendente si era dichiarato incompetente23.

Ingresso del paese.

22. ACLM, III Sezione, 23, DĂŠlibĂŠrations consulaires, 3 giugno 1829. 23. ACLM, III Sezione, 23, DĂŠlibĂŠrations consulaires, 15 aprile 1830.



Mappa topografica dei Comuni di AnteySaint-André e Antey La Magdeleine, e 1831. Sono evidenziati i confini tra i due Comuni e separatamente i beni ad uso delle due Comunità. Archivio storico comunale di Antey-Saint-André.


24. ACLM, III Sezione, 164, 1844-1845. 25. ACLM, III Sezione, 25, Delibera comunale del 29 ottobre 1851.

Villaggio di Vieu e, sullo sfondo, Clou e Brengon, 1974. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Willien.

Gli anni ‘30 e ‘40 videro fronteggiarsi ancora e con maggiore intensitĂ le due comunitĂ : per sostenere le proprie istanze e in seguito alla sentenza del Tribunale della Prefettura di Aosta i due Comuni fecero cartografare il territorio e i limiti che erano stati stabiliti nell’atto di separazione del 1799. Le due mappe storiche sono conservate rispettivamente nella sede comunale di Antey e in quella di La Magdeleine. Il Plan GĂŠometrique et dĂŠmonstratif du territoire complet des deux Communes en litige – Antey Saint-AndrĂŠ demanderesse et Antey la Magdeleine dĂŠfenderesse – venne realizzato nei mesi di settembre e ottobre 1830 pour l’usage de la Commune d’Antey Saint-AndrĂŠ, con l’indicazione dei suoi beni comuni: i boschi di SarrĂŠ, Brengon e Gorges risultano divisi in due parti dal limite territoriale dei due Comuni. La mappa conservata a La Magde-

leine venne prodotta l’anno successivo, dopo che era stato deliberato l’incarico al geometra Ceresole di procedere alla veriďŹ ca dei beni comuni delle due comunitĂ , e in seguito a un provvedimento del Tribunale della Prefettura di Aosta del luglio 1831. Anche in questo caso, si conferma la divisione dei boschi nella stessa misura della mappa precedente. Un’ulteriore veriďŹ ca dei limiti territoriali delle due Antey venne fatta dall’expert mesureur Alexandre Chandiou nell’estate del ‘44. In un Rapport 24 redatto dallo stesso Chandiou si ritrovano fedelmente tutti i passi, anche quelli da lui compiuti materialmente per poter ďŹ ssare i punti di conďŹ ne. In questa operazione Chandiou racconta che incontrò la totale indisponibilitĂ dei magdeleins a trattare o perlomeno a contribuire alla rideďŹ nizione dei limiti comunali. Quando le due delegazioni si trovarono nel bosco di Brengon in corrispondenza del n. 2 segnato sul Plan dĂŠmonstratif da La Magdeleine accorsero in gran numero, sia il Sindaco Augustin Carlon che i consiglieri, accompagnati da una quarantina di proprietari. Tutti costoro però, dopo aver ascoltato la lettura delle disposizioni giudiziarie, protestarono contro le operazioni che stava avviando l’expert su richiesta della comunitĂ di Antey e si allontanarono di buon passo, lasciando Chandiou solo con i rappresentanti di Antey. Questi procedettero comunque alla veriďŹ ca e rideďŹ nizione dei conďŹ ni, senza tuttavia poter contare sulla partecipazione dei magdeleins. Ancora nel 1851 il processo pesa notevolmente sul bilancio del Comune che, per sentenza resa dalla Royale DĂŠlĂŠgation, si ritrova a pagare, seppure in quattro rate, un debito di 806 lire piĂš le spese e gli interessi al Comune di Antey-Saint-AndrĂŠ25. Per questo motivo, a cui si aggiungono altre spese, come l’aumento di 20 lire per il maestro della scuola comunale giustiďŹ cato da un mese in piĂš di insegnamento, il Consiglio si vede costretto a sopprimere il servizio medico, chirurgien


pour les pauvres, ce qu’il a fait avec regret, mais parce que le peu de ressource de la caisse ne permet pas de le continuer. Altro motivo di controversia si presentò ogni qualvolta il Comune di Antey richiedesse il concorso del Comune di La Magdeleine alle spese di riparazione o rifacimento della strada da Châtillon a Valtournenche. Il Consiglio comunale di La Magdeleine aveva buon gioco nel sostenere che non vi erano motivi per partecipare a tale spesa: ce chemin n’est pas utile aux habitants de la Commune de la Magdeleine d’Antey, qui journaillement pratiquent le chemin dĂŠnominĂŠ de Promiod, qui tend directement de la Mgdeleine Ă Chatillon, et qui est beaucoup meilleur, plus Ă portĂŠ et plus court, que celui qui tend Ă la Commune d’Antey Ă son chef lieu. Inoltre la strada per Antey era soggetta a valanghe e al di sopra del villaggio di Herin non erano mai state fatte riparazioni26. Le dit chemin communal est plus frequentĂŠ dans un seul jour par les habitants d’Antey, que pendant un an entier par les habitants de la Magdeleine; è quindi sconsiderata e ingiusta la ripartizione delle spese di manutenzione fatta sulla base d’alivrement des deux Antey. Riguardo poi al Pont du Grand Moulin, questo non serve ai magdeleins nĂŠ ad altri Comuni vicini; tuttavia, poichĂŠ in passato, dal 1821, quando questo ponte venne rifatto in pietra, e altri due piĂš in basso sul torrente du Mont Cervin, il Comune di La Magdeleine aveva provveduto a pagare la somma di 40 lire, elle offre aussi amicalement de concourir pour la refaçon Ă pierre dudit Pont du Grand Moulin, la somma di 13 lire nuove e 4 centesimi. Cento anni di storia amministrativa Chiusa la parentesi di governo francese, l’amministrazione dei Comuni tornò alla precedente normativa (RĂŠglement del 7 ottobre 1783) prevista dall’ordinamento sabaudo, salvo le modiďŹ che che vennero apportate nel 1815, nel ‘26 e nel ‘38. Il Consiglio comunale (conseil ordinaire),

composto dal Sindaco e dai consiglieri effettivi, si occupava degli affari correnti; il consiglio double era formato invece dai consiglieri aggiunti e veniva convocato insieme a quello ordinario per proporre i candidati alla carica di Sindaco, vice sindaco, consiglieri e segretario, per la formazione del budget, per la veriďŹ ca dei conti dell’esattore. Il Sindaco era nominato dall’Intendente del Ducato di Aosta su indicazione del Consiglio comunale. Fino al 1837 restava in carica per due anni, successivamente per tre. Il Sindaco e i consiglieri venivano scelti tra i principali contribuenti. L’Intendente nominava anche il segretario comunale. La vita amministrativa indipendente ebbe però inizio solo con il ripristino delle antiche istituzioni che seguĂŹ alla ďŹ ne dell’Impero napoleonico27. Di fatto, il Consiglio comunale di La Magdeleine riprese le sue funzioni deliberative nel 1814. Nell’agosto dello stesso anno l’Intendente RĂŠan, incaricato di formare i consigli delle comunitĂ , aveva proceduto all’esame dei candidati alla carica di Sindaco e di consigliere faisant tomber le choix sur des personnes dont la reunion de toutes les qualitĂŠs morales les plus

Brengon, 1960. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Willien.

26. ACLM, III Sezione, 23, DÊlibÊrations consulaires, 16 marzo 1835. 27. I documenti relativi all’amministrazione del Comune riprendono nel 1814 con le delibere del Consiglio comunale in gran parte dedicate alla nomina dei consiglieri e del Sindaco.


28. ACLM, III Sezione, 23, Délibérations consulaires, 1826. Il nuovo catasto venne terminato nel 1828.

Villaggi di Clou e Brengon, 1953. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.

précieuses, le zêle pour le bien publique et l’attachement à la personne sacrée de notre August Souverain, rassurent à la fois chaque communauté sur l’intégrité et la conservation de ses droits et le Gouvernement sur l’exactitude du service Royale. A La Magdeleine viene nominato Sindaco Roveyaz Jean Pierre de Pierre; vengono scelti i consiglieri Artaz Jean Pierre de Jacques, Roveyaz Jean Pierre de Jacques, Vittaz Joseph de Pantaléon, Carlon Pierre che verrà sostituito nel settembre successivo da Jacques Vittaz per problemi di familiarità con un altro consigliere (Jean Pierre Artaz). Segretario comunale è Pellissier Jean Antoine. Si susseguono regolarmente le sedute destinate alla candidatura dei magdeleins come consiglieri e per il ruolo di Sindaco. Ben presto si rende necessario provvedere alla nomina anche di conseillers adjoints e supplémentaires; pertanto la rosa di candidature s’infittisce. Ciascun candidato viene descritto sulla base di una serie di elementi fisici, morali e intellettuali. Vallet V Pierre, per esempio, ha 38 anni, è uomo d’onore, de probité, très zêlé, robuste et vigoureux, risiede a Vieu. Non sappiamo se sapesse scrivere e leggere; più comunemente

il candidato viene definito lettré o illetré, ma anche intelligent, peu o mediocrement, très intelligent. I cinque villaggi erano rappresentati rispettivamente da un consigliere scelto nella rosa dei candidati. I primi provvedimenti del Comune riguardarono in special modo l’accatastamento delle proprietà, e quindi la predisposizione del Primo Libro Catastale di La Magdeleine, operazione piuttosto complessa in quanto si trattò di scorporare dal catasto di Antey le voci appartenenti al territorio del nuovo Comune. Per evitare errori e per assicurare una sorta di continuità con il passato, i beni vennero contrassegnati sia con la nuova numerazione che con quella del precedente catasto di Antey. Nel tempo i grovigli e le inesattezze del primo libro catastale divennero un ostacolo alle f funzioni amministrative e fiscali del Comune, fino a deciderne la sostituzione con un nuovo catasto. Nel 1826 (21 luglio), dovendo procedere alla verifica del libro catastale e dei libri di mutazione qui ne sont qu’un extrait de ceux d’Antey Saint André, sont tellement obscurs e embrouillés par les charges sans décharge, par les décharges sans charges, et par les duplicata infinis, tanto che i proprietari non ne riconoscono più i numeri e i verbali di mutazione così pénibles, che non si può rimediare realmente agli errori. Ne conseguì quindi la necessità di verificare sul posto tutti i numeri, e a ciascun numero attribuire i confini, al fine di redigere un nuovo catasto che riporterà in appendice una tavola alfabetica di tutti i possessori di beni, la pagina di riferimento, il loro allibramento (registrazione) e la superficie. Per questa operazione che venne ritenuta urgente e indispensabile fu chiamato l’expert Jean Grat Meynet di Valtournenche, V e venne stanziata la somma di 590 lire, di cui 90 erano destinate al geometra Meynet e 500 al segretario che avrebbe a redatto materialmente il Libro Catastale28.


Il ritorno degli organismi amministrativi precedenti al periodo napoleonico (1798) non è del tutto automatico: il Regno sabaudo ripristina le vecchie Intendenze che territorialmente non coincidono con le Prefetture del periodo di governo francese. Le istituzioni ecclesiastiche vengono ripristinate, a partire dalla Diocesi di Aosta nel 1817. La Diocesi provvede dopo poco tempo a censire lo stato delle parrocchie attraverso una indagine condotta dai parroci all’interno delle comunità valdostane. Ne risulta un quadro complessivo e analitico estremamente importante per conoscere la situazione socio-economica degli anni successivi all’età napoleonica. L’Etat de la paroisse di La Magdeleine non è datato, ma da alcuni elementi si evince che è stato redatto tra il 1824 e il 1831, sotto l’episcopato di Monsignor Agodino29. La popolazione consta di 380 anime, delle quali 200 si comunicano. Un certo numero di abitanti non risiede stabilmente nel Comune, specie nelle stagioni primaverili ed estive. La località viene descritta assez agrèable et facile à desservir; ci sono solo cinque villaggi non lontani tra loro più di un quarto d’ora di strada. Non vi sono commercianti; tutti sono agricoltori, e d’inverno si produce molta tela. Quest’attività preoccupa non poco il parroco poiché induce comportamenti, ma soprattutto spostamenti tra una località e l’altra nei giorni di festa per andare à prendre et vendre leur ouvrage. In questo modo perdono la messa domenicale mentre, secondo il prelato, potrebbero svolgere questi traffici il lunedì o in altro giorno infrasettimanale. La lontananza dai centri di fondovalle dove si svolgono le operazioni più comuni spinge la neonata istituzione comunale a porre una serie di questioni all’Ufficio d’Intendenza; tra queste, c’è la richiesta di istituire un esattore des deniers Royaux presso la comunità per agevolare le operazioni di pagamento delle tasse30.

La popolazione lamenta l’impossibilità di pagare puntualmente le tasse poiché per farlo deve recarsi a Châtillon par un chemin escarpé et raboteux de la longueur de trois heures diverses fois senza alcuna garanzia di poterlo fare realmente, poiché vi si trovano sempre tante persone in attesa del proprio turno, dal momento che il mandamento comprende dodici comunità tutte molto popolose. Inoltre, i vari spostamenti li costringono a sostenere spese continue, tanto che alla fine non hanno più denaro da versare nella cassa dell’esattore. Un esattore residente nel Comune sarebbe sempre pronto ad esigere le somme dovute in tutti i momenti in cui il pubblico si presenta, la veuve, l’orphelin, ni le vieillard ne sont pas obligés de sortir plusieurs fois de leur commune pour payer les deniers Royaux, ni de dépenser leurs biens pour des fraix de voyages inutiles […]. Inoltre l’esattore residente a La Magdeleine potrebbe poursuivre le rénitent lors qu’il a de l’argent, ou qu’il a des moyens pour s’en procurer; il trouve d’honnêtes porteurs de contrainte dans l’endroits même, s’il en a besoin; il a soin de faire faire journaillierement la répartition des fraix.

29. Biblioteca del Seminario Maggiore di Aosta, Fondo Gal-Duc, cartone XCIX, 26. 30. ACLM, III Sezione, 23, Délibérations consulaires, 8 ottobre 1815.

Cartolina di La Magdeleine, 1913. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Domaine.


Municipio di La Magdeleine.

31. ACLM, III Sezione, 23, Délibérations consulaires, gennaio 1838.

Il Consiglio comunale delibera quindi di incaricare sieur Jean Pierre Artaz conseiller pour supplier le seigneur intendant de ce Duché de vouloir bien lui permettre d’établir dès à présent pour sa Communauté un exacteur qui y réside, en conformité du mode établi par le dit Réglement. L’Intendente Rean risponde negativamente, garantendo tuttavia la regolare prestazione del servizio di esattoria. Venne invece approvata dall’Intendente di Aosta nel gennaio 1838 la nomina di un pièton, il portalettere Joseph Duch di Châtillon, il quale doveva ritirare les lettres et plis concernant la Commune et Monsieur le Curé due volte alla settimana nell’Ufficio Postale di Châtillon per 22 lire nuove che ce Conseil a promis payable par semestre bien volontier,

parce que du bureau de la Poste il a bien deux heures et demi de distance jusqu’à la Commune de La Magdeleine et que la route où il doit passer est très pénible en hiver 31. Il Duch mantenne l’incarico fino al ‘45, ma alla fine del mandato si rifiutò di continuare il suo lavoro con il trattamento degli anni precedenti; al suo posto venne nominato Pierre feu Jean Baptiste Artaz che per la stessa cifra di 22 lire si doveva recare alle Poste di Châtillon tre volte alla settimana, recapitare la corrispondenza direttamente al domicilio del Sindaco e del segretario, e in caso di urgenza anche in altri luoghi dove essi fossero, tranne fuori dal Mandamento, e ritirare la posta di La Magdeleine. Qualche tempo dopo si procedette alla nomina di un pièton communal et postal; messo comunale e postino


divennero le funzioni di un solo dipendente, in questo caso Jean Baptiste du vivant Pierre Artaz il quale, su ordine del Sindaco, portava gli avvisi di convocazione ai consiglieri, faceva le pubblicazioni prescritte e si recava regolarmente all’Ufficio Postale per portare e ritirare le lettere e i plichi dei particolari, due volte per settimana, il mercoledì e il sabato. La boîte aux lettres32 venne collocata nella casa comunale nel mese di febbraio 1860. La Magdeleine nell’Italia unita La Valle d’Aosta si ritrovò coinvolta suo malgrado nelle rivolte e nei conflitti risorgimentali, e soprattutto per quanto concerne l’arruolamento di soldati, nelle guerre d’indipendenza. L’esito delle vicende risorgimentali portò allo scorporamento della Savoia – che passò alla Francia nel 1860 – dai territori dell’Italia unita, non senza ripercussioni negative sul piano culturale, economico e sociale. Di fatto la Valle d’Aosta, all’interno del Regno d’Italia, occupava uno spazio geografico periferico e di piccole dimensioni. Inoltre era l’unica regione francofona nel panorama linguistico italiano. Il nuovo Stato, impegnato nella organizzazione accentrata del potere, non lascia spazio alle particolarità regionali. Il problema linguistico diventa una bandiera delle libertà perdute e campo di battaglia tra governo centrale e intellettuali valdostani. Ripercussioni si ebbero anche in ambito amministrativo, tanto più che le nuove leggi e i tentativi di farle eseguire dappertutto nel territorio italiano andavano a modificare anche in modo radicale gli assetti istituzionali, le consuetudini delle comunità e la gestione del bene pubblico. Il primo riscontro della mutata situazione si ha nella delibera del 29 luglio 1861, con la quale il Consiglio comunale, presieduto dal Sindaco Charles Artaz, di fronte alla prospettiva di essere compresi nella provincia

di Ivrea, si dichiara favorevole all’istituzione della provincia di Aosta, per ragioni di opportunità logistica, oltre che di appartenenza storica33. Nel 1865, il Comitato promotore e il sottoprefetto di Aosta chiesero ai Comuni della Valle d’Aosta di esprimere un parere sul progetto di costruzione della ferrovia Ivrea-Aosta. L’idea di collegare con la strada ferrata la Valle d’Aosta al resto d’Italia e alle regioni confinanti d’oltralpe risaliva agli anni ‘30, quando si pensò addirittura ad un traforo per raggiungere Chamonix (Francia) o Martigny (Svizzera), con forte anticipo sulla realizzazione dei trafori ferroviari del Fréjus, del Gottardo e del Sempione che invece furono costruiti a partire dagli anni ‘70. In effetti, il passaggio dalle idee ai fatti richiese parecchi decenni, e la ferrovia che collegava Ivrea con Aosta venne messa in cantiere soltanto nel 1881, per essere inaugurata cinque anni dopo. Il clima euforico che venne a crearsi intorno a questa nuova opportunità per le aspettative di sviluppo economico e culturale tanto sospirato contagiò anche i Comuni montani, assai lontani dalla valle principale e quindi relativamente interessati alle vicende della ferrovia. Il Consiglio comunale di La Magdeleine si disse favorevole alla costruzione della nuova via di comunicazione en tant qu’elle est destinée à faciliter au plus haut dégré l’échange des produits industriels et agricoles source la plus féconde de la richesse nationale, outre le développement moral et intellectuel qui en est la conséquence34. Il Consiglio poi passando all’esame della situazione finanziaria concluse che le risorse di cui disponeva il Comune non erano neanche sufficienti a coprire le spese ordinarie dell’amministrazione, e per le spese straordinarie doveva ricorrere alla sovrimposta. Ma ancora una volta le ragioni della pover

32. ACLM, III Sezione, 26, Delibera comunale, febbraio 1860. 33. ACLM, III Sezione, 33, Verbali del Consiglio comunale, 29 luglio 1861. 34. ACLM, III Sezione, 38, Verbali del Consiglio comunale, 27 marzo 1865. 35. ACLM, III Sezione, 51, Verbali del Consiglio comunale, 25 agosto 1883. 36. ACLM, III Sezione, 51, Verbali del Consiglio comunale, 13 maggio 1883. 37. ACLM, III Sezione, 65, Verbali del Consiglio comunale, 29 novembre 1890. 38. ACLM, III Sezione, 65, Verbali del Consiglio comunale, 27 febbraio 1890.


La difesa dell’autonomia nella controversia con Antey Con la circolare del 12 dicembre 1866 n. 77, il Sottoprefetto dell’arrondissement di Aosta invitava i rappresentati comunali della provincia e quindi il Consiglio comunale di La Magdeleine a riettere sull’opportunitĂ di annettere piĂš Comuni in un’unica istituzione, in base alle disposizioni della nuova legge comunale. Il Consiglio di La Magdeleine rispose con delibera del 30 dicembre 1866. La position topograďŹ que de cette Commune, exceptionnelle pour son ĂŠloignement et très perilleuse surtout dans la saison des longs hivers qui règnent dans ce lieu, rend ses communications difďŹ ciles; que depuis qu’elle a eu le bonheur d’être ĂŠrigĂŠe en corps de CommunautĂŠ en obtenant en 1798 sa sĂŠparation d’avec Antey Saint AndrĂŠ, non seulement pour son ĂŠloignement, mais surtout Ă cause des discussions qui ne cessoient de s’Êlever entre les deux quartiers de la montagne qui est La Magdeleine et de la plaine qui est Antey Saint AndrĂŠ, la prĂŠsente Commune n’a cessĂŠ de vivre dans la plus parfaite harmonie et de faire face Ă toutes les charges publiques qui lui ont ĂŠtè imposĂŠes, jusqu’en 1819. La Commune d’Antey Saint AndrĂŠ toujours ďŹ dèle Ă son esprit de vexation et Ă son dĂŠsir d’absorber sa voisine intenta Ă celle de La Magdeleine un procès au sujet d’une nouvelle division des biens communaux et sans ĂŠgard Ă la première division qui ĂŠtait la plus juste et la plus ĂŠquitable parcequ’elle respectait les droits qui appartenaient esclusivement au canton de La Magdeleine, elle rĂŠussit Ă faire nommer une commission miste pour juger des diffĂŠrents des deux Communes, et cette Commission revĂŞtue des pouvoirs illimitĂŠs rendĂŽt 31 dĂŠcembre 1841 un jugement qui rĂŠduisit la Commune de La Magdeleine Ă un seul bois de ban qui ne se repeuple plus et qui ne prĂŠsente pas mĂŞme une seule plante bonne pour la charpente, et ce coup fĂťt aussi foudroyant pour la Commune de La Magdeleine qu’il fĂťt inattendu; mais les particuliers de cette Commune Ă qui il appartient de justiďŹ er que les bois qui ont passĂŠ de leurs mains Ă la Commune d’Antey Saint AndrĂŠ sont leur propriĂŠtĂŠ particulière ont encore le temps d’exercer leur droit de rĂŠvendication et quand’ils n’auroient encore aucun droit particulier, une lĂŠsion ĂŠnormissime auroit encore ĂŠtĂŠ commise dans la divisione des bois communaux et il appartiendroit Ă la Commune de la Magdeleine de provoquer une nouvelle circonscription du territoire de sa Commune, ce qu’elle appelle Ă grand cris pour rĂŠparer les graves erreurs commises au prĂŠjudice de la Magdeleine et mĂŞme reconnues par Monsieur le SousPrĂŠfĂŞt de cet arrondissement, qui, dans son zèle infatigable, a bien voulu se rendre sur les lieux le 19 septembre 1866, mais jamais la Commune de la Magdeleine ne pourra s’unir Ă celle d’Antey Saint AndrĂŠ avec laquelle il y a incompatibilitĂŠ morale et phisique. Par tous ces motifs le Conseil a dĂŠlibĂŠrĂŠ unanimĂŠment de conserver toute son autonomie et son indĂŠpendance, mais de prier l’autoritĂŠ administrative de donner les dispositions nĂŠcessaires pour une nouvelle circonscription territoriale des deux Communes d’Antey la Magdeleine et d’Antey Saint AndrĂŠ, et si jamais il fĂťt le cas de voter une union, ce seroit Ă la Commune de Chatillon que la Magdeleine voteroit l’annexion, persuadĂŠe sans doute qu’elle lui viendroit en aide pour soutenir ses droits et pour revendiquer ceux dont elle fĂťt dĂŠpouillĂŠe, persuadĂŠe encore que la Commune de Chatillon n’hĂŠsiteroit pas dans le sens de la loi communale en vigueur, Ă laisser aux habitants de la Magdeleine le soin de continuer Ă administrer particulièrement ses avoirs. Ainsi fait et dĂŠlibĂŠrĂŠ en conseil comme sus composĂŠ et après lecture Ă lui donnĂŠe la prĂŠsente a ĂŠtĂŠ signĂŠe par M. le prĂŠsident, le conseiller ancien et le sĂŠcrĂŠtaire. Roveyaz DĂŠnis sindic

tĂ erano da trovarsi nell’iniqua suddivisione delle foreste avvenuta con Antey e le condizioni estreme del territorio di alta montagna che costringono i tre quarti della popolazione a emigrare pour gagner sa vie. Tra le nuove competenze afďŹ date ai Comuni italiani vi fu anche la formazione delle sezioni per le elezioni politiche. Nella delibera del 6 giugno 1882, scritta integralmente in lingua italiana, la Giunta, presieduta dal Sindaco Roveyaz Dionigi, rispose alla richiesta del prefetto speciďŹ cando che il Comune contava meno di 100 elettori politici (La Magdeleine ne contava 88 a cui andavano sommate tre persone iscritte nelle liste dei sottoufďŹ ciali e soldati) e pertanto non avrebbe potuto essere sede di sezione elettorale; tuttavia, in considerazione della lontananza dagli altri Comuni e a causa della strada quasi impraticabile nei mesi invernali, chiese l’istituzione della sezione nel Comune. La richiesta fu accolta con un provvedimento35 del 25 agosto 1883. Nello stesso anno probabilmente maturarono le condizioni per recidere deďŹ nitivamente i legami cosĂŹ complessi e astiosi con la comunitĂ di origine, quale era stata Antey-SaintAndrĂŠ. Nella sessione di primavera, il Sindaco del Comune di Antey la Magdeleine, compreso nel Mandamento di Châtillon, e quindi nella Provincia di Torino, con i suoi 362 abitanti, chiese solennemente al governo del re di eliminare la parola Antey dal nome del Comune. Le ragioni di tale richiesta alquanto inusuale (espresse anch’esse in lingua italiana) risiedevano nel bisogno di chiarezza, praticitĂ e soprattutto nella necessitĂ di evitare disagi alla popolazione che in tempi di maggiore intensitĂ di comunicazione spesso erano confusi con i residenti dell’altro Comune36. Pochi anni dopo, il Consiglio deliberò di chiedere alla Deputazione Provinciale l’autorizzazione all’acquisto delle foreste oggetto di contesa tra i due Comuni per la somma di


lire 8.000. Si chiudeva così un capitolo delle relazioni tra Antey e La Magdeleine, estremamente oneroso e nel contempo lacerante per entrambe le comunità. Infatti, nella predisposizione del bilancio per l’anno 1891, il Consiglio comunale decise che pour ne pas appliquer de nouvelles impôts au plus fortes taxes et pour obtenir le pareggio du Bilan, le Conseil entend retirer graduellement les capitaux prêtés, pour faire face à l’achat des forêts, étant régulierment autorisé à en effectuer le recoursementt37. In realtà, alcuni proprietari presentarono ricorso contro l’acquisto dei due lotti di foreste per cui il Consiglio comunale si trovò nella condizione piuttosto imbarazzante di giustificare tale ricorso e procedette quindi all’analisi delle ragioni che avrebbero indotto i ricorrenti a contrastare le decisioni dell’amministrazione. Per il Sindaco Roveyaz Dionigi tre erano le cause del ricorso: in primo luogo tra i ricorrenti compaiono alcuni ex consiglieri che avevano dato parere favorevole all’epoca della delibera di acquisto, ma che non sono stati rieletti, e quindi per “puntiglio” vogliono opporvisi ora; tra i firmatari del ricorso poi vi sono alcuni che abitano vicino alle foreste del Comune e quindi trarrebbero pochi vantaggi dall’operazione in corso; alcuni intendono comprare essi stessi un lotto e questo produrrebbe un danno non lieve alla maggioranza della popolazione. Quindi è l’egoismo che spinge costoro a opporsi. Ultima ragione potrebbe essere cercata nella buona fede e nell’ignoranza di alcuni sottoscrittori del ricorso: il testo è stato scritto in italiano e il Sindaco Roveyaz pensa che molti siano stati gabbati, tanto più che qualcuno fra i promotori non si fece scrupoli d’intaccare persino l’onorabilità degli amministratori vociando che taluni nel progettato acquisto vi realizzavano benefizio di qualche migliaio di lire: infamie che se non fossero così insulse meriterebbero d’essere denunziate all’autorità giudiziaria38.

L’Alpe Soverou Tra le proprietà del Comune di La Magdeleine ancora oggi è compresa l’Alpe Soverou, in territorio di Chamois, che andò a integrare i fondi gestiti direttamente dall’Amministrazione comunale in seguito ad una vicenda abbastanza inconsueta. I fratelli Achille e Ange Personettaz feu Emilien, proprietari, nati e domiciliati a Châtillon, vendono il 3 luglio 1902 a Félix Artaz figlio de feu Thomas, nato e domiciliato a La Magdeleine, e dimorante a Marsiglia, et la dame Jeanne Challancin fille de feu Etienne, femme de Vincent Antonini, rentière, née et domiciliée à Verrès, la montagne appelée Soveyrou située aux mas de ce nom de Pattana, et du Supplans sur Chamois, per 8.000 lire. Già l’anno successivo, Félix Artaz, per mezzo di Daniel Artaz, mandataire aux affaires di Félix, negoziante in Francia, affitta l’alpeggio di Soverou per sei anni consecutivi a partire dal 1 gennaio 1904 al prezzo di 530 franchi e una fontina da 10 a 15 kg, pagabile al Natale di ogni anno. Félix aveva sposato in Francia Francesca Bertranda Noguès, da cui aveva avuto un’unica figlia, Maria Luigia, che lasciò minorenne al momento della morte, avvenuta il 27 aprile 1907. La vedova ritenne opportuno chiedere al Tribunale Civile di Aosta l’autorizzazione alla vendita dell’Alpe poiché non era in grado di gestirlo adeguatamente, vivendo con la figlia a Marsiglia. L’Amministrazione comunale di La Magdeleine s’interessò al caso e, dopo numerose e complesse operazioni finanziarie, propose l’acquisto dell’Alpe offrendo una cifra molto generosa. Tale proposta convinse la Noguès a vendere la proprietà, nella convinzione di agire per il bene della figlia minorenne, erede di Félix Artaz. Il Tribunale, di fronte a queste condizioni (il Comune di La Magdeleine offriva 13.500 lire contro 12.500 stimate), non poté negare l’autorizzazione alla vendita del bene sito nel territorio comunale di Chamois. Il Comune dovette richiedere al Sindaco di Antey la cancellazione dell’ipoteca sull’acquisto delle foreste di Borget e Gorgeas risalente al 1890, la cui ultima rata era stata pagata nel dicembre 1893. Solo con questo provvedimento l’Amministrazione avrebbe potuto contrarre un mutuo con le Opere Pie di San Paolo. Con questo acquisto, il Comune integrò le sue proprietà che, sul Catasto del 1828, comprendevano l’Alp Charrey, il Bois au Grand Bois de Bringon, il Bois à Borget, paturage à La Pilaz soit Borget, che con l’acquisto del 1890 si estesero anche ai due lotti di foresta di Borget e di Gorgeas che erano appartenute al Comune di Antey.


La Commune de La Magdeleine Les Communautés étaient nées comme agrégation territoriale à partir de l’organisation des paroisses et, depuis le XVIe siècle, elles étaient considérées comme des unités de perception des impôts. Les chefs de famille des différents villages élisaient leurs syndics ou procuratores; ceuxci administraient les biens communs, répartissaient la charge fiscale et percevaient les impôts. Dans le cas d’Antey l’agrégation entre plaine et montagne ne profitait qu’aux habitants et aux administrateurs de la plaine, qui pouvaient jouir des fruits des biens communs situés dans la partie haute du territoire. La distance entre les deux quartiers, le dénivelé et surtout l’âpreté des saisons froides rendaient difficiles les communications entre la plaine et la montagne. Après d’insistantes demandes des habitants de la montagne, le 18 avril 1798 le roi CharlesEmmanuel signa les patentes d’érection de la Commune tandis que la nomination du premier syndic remonte au 3 juillet de l’année suivante. La Magdeleine naissait en tant que Commune dans une période historique de grands remous politiques et institutionnels. Juste une année après la Vallée d’Aoste avec le Piémont firent partie des territoires gouvernés par la France et le restèrent jusqu’à la Restauration. La vie administrative indépendante commença avec le rétablissement des vieilles institutions qui suivit la fin de l’Empire napoléonien. De fait, le Conseil communal de La Magdeleine reprit ses fonctions délibératives en 1814. Les premières mesures de la Commune concernèrent spécialement le cadastrage des propriétés et donc la formation du Premier Livre Cadastral de La Magdeleine, opération plutôt complexe parce qu’il s’agissait de désincorporer du Livre d’Antey les noms appartenant au territoire de la nouvelle Commune. Les relations entre les deux Communes furent pendant tout le XIX Xe siècle âpres et problématiques: on dépensa beaucoup d’argent pour soutenir la cause relative à la division des bois communs. L’Etat de la paroisse rédigé dans les années 20 du XIX Xe siècle rapporte que la nouvelle Commune compte 380 habitants, mais un certain nombre ne réside pas dans la Commune, surtout au printemps et en été. Il n’y a pas de commerçants; toutes les personnes actives se consacrent à l’agriculture, et l’hiver au tissage. Depuis l’Unité de l’Italie, le cadre institutionnel ayant changé, la Commune dut faire front à de nombreuses dépenses parfois insoutenables puisque les ressources dont elle disposait n’étaient même pas suffisantes pour couvrir les dépenses ordinaires de l’administration, et pour les dépenses extraordinaires elle devait recourir à une surimposition. Les raisons de la pauvreté étaient à rechercher, selon les administrateurs de l’époque, dans la subdivision injuste des forêts avec Antey et dans les conditions extrêmes du territoire de haute montagne qui obligeaient les trois quarts de la population à émigrer pour gagner sa vie. Au cours de l’année 1883 furent rassemblées les conditions pour interrompre définitivement les liens qui étaient devenus si complexes avec la Communauté d’origine: la Commune d’Antey La Magdeleine, compris dans la circonscription de Châtillon, et donc dans la Province de Turin, avec ses 362 habitants, demande solennellement au Gouvernement du Roi d’éliminer la parole Antey du nom de la Commune.


The Municipality of La Magdeleine The Communities had arisen as a territorial aggregate from the time the parishes were established, and from the sixteenth century on were considered subject to tax collection. The family heads of the various villages elected their mayors or procuratores, who administered the common assets and possessions and collected the taxes. In the case of Antey the aggregate of plain and mountain was to the sole advantage of the inhabitants and administrators of the plain, who could enjoy the fruit of the resources in the upper section of the territory. The distance between the two districts, the difference in altitude, and above all the very harsh winters, made for difficult communication between mountain and plain. After repeated and insistent requests on the part of the inhabitants of the mountain, on 18 April 1798 King Charles Emmanuel signed the charter for the creation of the municipality, while the first mayor was appointed on July 3 of the following year. Thus, La Magdeleine became a municipality precisely in a historic period of great political and institutional upheaval: only a year later the Valle d’Aosta and Piedmont regions became part of the territories governed by France, and this status obtained until the restoration of the French monarchy. Independent administration began with the re-establishment of the old institutions following the demise of Napoleon’s empire. In fact, the City Council of La Magdeleine resumed its deliberative and legislative role in 1814. The first measures taken by the municipality concerned most of all the registration of the property, hence the drawing up of the first cadastral register of La Magdeleine, which proved to be a rather complex process since it meant selecting and extracting from the register of Antey the entries that now belonged to the territory of the new municipality. For the entire nineteenth century relations between the two municipalities were problematic and bitter: a lot of money was spent to pay for the lawsuit regarding the division of the communal woods. The Etat de la paroisse (the parish census) taken in the early 1820s states that the new municipality had 380 souls, but a certain number of inhabitants did not live permanently in the village, especially in spring and summer. There were no merchants; everyone was involved in farming, and weaving in the winter. In the new institutional organization of the recently united Italy, the small municipality had to deal with much outlay, some of which was unbearable, since it did not have enough resources to cover even ordinary administrative expenses, and for the extraordinary expenses it was obliged to have recourse to surtaxes. According to the administrators of the time, the reasons for the poverty were due to the unjust division of the forests with Antey as well as to the extreme conditions of the mountain terrain, which forced three-quarters of the population to emigrate in order to earn a living. During the course of the year 1883 conditions were ripe for the definitive break in relations with the original community, because they had become so complex: the Municipality of Antey La Magdeleine, included in the Magistracy of Châtillon, hence in the Province of Turin, with its 362 inhabitants, solemnly asked the Government of the King to eliminate the word Antey from the name of the Municipality.



Il lungo Novecento L’emigrazione e lo spopolamento Gli anni difficili della prima guerra mondiale e lo stesso dopoguerra intensificarono il fenomeno di spopolamento che già aveva dato segni allarmanti nell’ultimo ventennio del secolo XIX. Sono innumerevoli le testimonianze di quanti dovettero abbandonare La Magdeleine nei primi anni del Novecento, spesso per dirigersi nella vicina Francia dove l’intera famiglia trovava occupazione nelle aziende agricole; in tanti fecero ritorno e si sistemarono stabilmente in paese riprendendo, specie nel periodo precedente la seconda guerra mondiale, le antiche consuetudini e il lavoro tradizionale dell’agricoltura di montagna. Emerge dai racconti di coloro che all’epoca del trasferimento erano ancora bambini, o addirittura nacquero fuori dai confini nazionali, la difficoltà dell’inserimento sia nel paese straniero che a La Magdeleine, dove, paradossalmente, si dovevano riadattare a un sistema molto più antico e ancora molto lontano dalla modernità. Lungo la Valle centrale, invece, le vie di comunicazione potenziate e ammodernate permisero negli stessi anni l’arrivo dell’elettricità, del telefono, dei treni e delle automobili, e quindi delle grandi e piccole industrie che davano lavoro a una quantità di manodopera non specializzata. Il salto di qualità nella vita quotidiana fu enorme: comodità inimmaginabili, risparmio di tempo e nuove possibilità di lavoro. Il richiamo del fondovalle era fortissimo e pochi resistevano alla tentazione del lavoro in fabbrica o nelle nuove attività che si insediavano in Valle d’Aosta. I villaggi di montagna, non raggiungibili con strade carrozzabili, fecero un salto all’indietro; risultarono scomodi e arretrati rispetto alla rapida trasformazione dei centri di pianura. Ne nacque il pendolarismo di coloro che non vollero rinunciare alle sicurezze psicologiche e materiali (la casa, gli affetti) del

paese nativo, e quindi si allontanavano solo per il tempo strettamente necessario per gli studi, il lavoro. Altri si trasferirono definitivamente a Châtillon e dintorni, oppure cercarono fortuna all’estero, mantenendo tuttavia un legame con La Magdeleine che si materializzava durante le vacanze estive, quando rientravano nelle loro case e tornavano ad assaporare la bellezza e la purezza della vita in montagna. Purtroppo neanche l’arrivo della strada e di altre comodità riportò i magdeleins a casa: soprattutto negli anni Cinquanta la distanza economica e culturale tra gli antichi centri montani e gli insediamenti urbani di pianura si fece enorme; l’agricoltura di montagna non permetteva neanche più la sopravvivenza, né si intravvedevano nuove linee di sviluppo tali da garantire un livello di vita rispettabile per sé e per la propria famiglia. Certamente il costo morale e affettivo fu altrettanto elevato, così il vuoto culturale che venne a crearsi con l’accettazione di stili di vita del tutto differenti e estranei al mondo alpino, con l’omologazione crescente a modelli provenienti dall’esterno, dal mondo cittadino industriale. Non stupisce quindi

Nella pagina di sinistra: Tamburino e timbro del periodo napoleonico, documento istitutivo del Comune e fascia tricolore del primo Sindaco. Si racconta che, all’epoca della discesa dell’armata napoleonica in Valle d’Aosta, quattro soldati francesi si persero nei boschi di La Magdeleine. Insieme ad un tamburino vennero ritrovati i loro corpi senza vita ai quali venne data sepoltura nel bosco di Brengon, lungo la strada per Promiod. A ricordo di quelle giovani vite vennero piantati quattro alberi disposti a forma di croce. Il tamburino, conservato nella sala consiliare di La Magdeleine, e il timbro ufficiale del Comune ricordano l’appartenenza al Dipartimento della Dora. Infatti, il Comune di La Magdeleine, appena istituito dal re di Sardegna Carlo Emanuele, in realtà fece i suoi primi passi sotto il governo francese. Mulattiera tra Brengon e Artaz, 1961. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.



che nei racconti dei magdeleins la nostalgia e l’amarezza si confondano con il piacere del ricordo: un mondo in trasformazione ha travolto le antiche abitudini e l’allegrezza del vivere comunitario. La Magdeleine dei partigiani Durante la seconda guerra mondiale a La Magdeleine fu organizzato il campo base per una delle brigate partigiane operanti nella V Valtournenche. Ne parlarono a lungo Vincent Trèves T e Charles Passerin d’Entrèves39, protagonisti dei fatti, e il ricordo di quegli ava venimenti è rimasto indelebile tra gli ultimi testimoni del tempo40. La memoria è tuttora viva e fresca per Rinaldo Brunod, testimone dei fatti, e nei racconti di Cesare Dujany, attuale presidente dell’Istituto Storico della Resistenza della Valle V d’Aosta, che si aggregò ai partigiani della Brigata Marmore nel corso del 1944. La brigata inizialmente si era acquartierata all’alpeggio Le Croux, poco sopra il villaggio di Artaz; successivamente cercò rifugio all’alpe Champcellier, in posizione più elevata e raggiungibile dalla Valle V d’Ayas, A da Châtillon e da La Magdeleine. I nazifascisti vennero a saperlo e si affrettarono a perlustrare l’area compresa tra il monte Zerbion, il Tantané T e il Col Portola con l’intento di sterminare l’intera brigata. Non vi riuscirono, nonostante l’arrivo di altri rinforzi, poiché i partigiani si erano dati alla fuga prendendo direzioni diverse. Nessuno di essi venne catturato, ma l’alpeggio Champcellier venne dato alle fiamme. La montagna risuonava di colpi di mitraglia. L’unica L vittima del rastrellamento fu Fedele Artaz che stava a salendo al suo mayen a , inconsapevole di quello che stava accadendo. Il 20 giugno, una giornata particolarmente nebbiosa, una pattuglia tedesca proveniente dal Col Portola si avvicinò a a La Magdeleine giungendo dalla strada di Promiod. La brigata partigiana riuscì a intercettarli prima che entrassero in paese uccidendone uno e fef

I conti Passerin d’Entrèves a La Magdeleine Letizia Noly e Albertina Vittaz ricordano con estremo piacere, seppure velato di nostalgia, alcuni momenti della loro vita e dei propri familiari. Particolarmente vivi sono i ricordi della seconda guerra mondiale e della Resistenza. La famiglia di Letizia abitava nella grangia del castello Passerin d’Entrèves di Châtillon; qui vi trascorrevano il periodo invernale, n accudendo gli animali e svolgendo i lavori a agricoli sui terreni di pertinenza. Letizia nel ‘48 sposò Pierino Vittaz e insieme, ai primi di maggio, risalivano a La Magdeleine dove a Veuillen V a avevano la casa di famiglia. La guerra era finita da tempo, ma nei ricordi e nei racconti familiari f tornavano spesso le vicende dei partigiani, delle paure e del coraggio di quei giovani che mettevano a repentaglio la vita per un ideale, per dare un futuro f ai propri figli. Così Letizia venne a sapere di quello che era accaduto a La Magdeleine durante la guerra partigiana, dei suoi protagonisti, dei luoghi dove si nascondevano, delle relazioni che intercorsero con la popolazione. Fu proprio il legame con la famiglia del conte a spingere quest’ultimo, che era entrato nella brigata di Tito (sergente Perron) acquartierata a La Magdeleine, a cercare una sistemazione più sicura per la propria famiglia nelle case del paese, dove avrebbero a trovato l’accoglienza e l’amicizia dei Vittaz e di tanti altri magdeleins. Letizia riferisce che la contessa aveva a trovato il modo più naturale di confondersi con la gente del paese, lavorando a con loro e svolgendo tutte quelle attività che contraddistinguono la vita di montagna, e in compagnia di Albertina e altre donne del paese si adoperava per rifornire di viveri i partigiani nascosti nel bosco. Il conte si faceva f tagliare i capelli e aggiustare le scarpe da Guido Artaz, marito di Albertina, vero bricoleur dell’epoca, capace di svolgere tutti i mestieri con maestria e intelligenza. Ettore Passerin d’Entrèves e la moglie Vittoria aiutavano come potevano nel taglio dei fieni; la loro bambina Claudia, di solo quattro anni, viveva le sue prime memorabili esperienze, tra la guerra dei grandi e l’incanto della montagna.

Nella pagina di sinistra: La cima del Cervino oltre i prati di Veuillen.

39. Vincent Trèves, T Entre l’histoire et la vie, Le Château, Aosta, 1999; Charles Passerin d’Entrèves, La tempëta dessu noutre montagne, Istituto Storico della Resistenza in V d’Aosta, Aosta, 1975. Valle 40. Sulle vicende relative alla guerra partigiana sono state raccolte le testimonianze di Albertina Vittaz, Letizia Noly, Rinaldo Brunod e Cesare Dujany. Si veda anche l’intervista a Albertina Vittaz e a Claudia Passerin d’Entrèves, presso l’Archivio dell’Istituto Storico della Resistenza in Valle V d’Aosta.


rendone sei. I Tedeschi T si arresero e già erano rassegnati a vedere la propria fine quando si accorsero che i partigiani intendevano soccorrerli; vennero infatti condotti nella locanda del paese e quindi, con il montacarichi della centrale idroelettrica che risaliva fino a Promiod, furono accompagnati a Covalou. Dopo questo episodio non vi furono f altri scontri.

41. Ernesto Challancin, La Magdeleine, op. cit., p. 137.

La Magdeleine diventa rifugio anche per alcuni protagonisti che vivono i momenti più drammatici della guerra partigiana: all’arresto e alla morte di Emile Chanoux fanno seguito rastrellamenti e incursioni nelle abitazioni, nelle sedi di attività dei partigiani; tra questi il canonico Bréan che ha condiviso i valori della Resistenza e ha aiutato numerosi prigionieri inglesi ospitandoli e facendoli espatriare in Svizzera. La notizia della morte di Chanoux raggiunge Bréan a Valtournenche V in piena notte. Con l’angoscia nel cuore per la perdita del carissimo amico, al canonico non resta che nascondersi; segue le indicazioni che gli vengono date dai confratelli di Châtillon e trascorre la notte successiva a Cheneil. Sarà l’incontro con il conte d’Entrèves a portarlo a La Magdeleine: V Vengo appositamente per trovarla. Ecco le notizie: hanno arrestato ieri Chanoux e Binel. Li hanno torturati. Chanoux è morto. Binel è ancora in vita. Hanno arrestato anche il tipografo Costa e sono andati due volte in casa sua per arrestarla. Le consiglierei di venire con me, a La Magdeleine. Ci fermeremo lassù per qualche giorno41. Costernazione e sgomento, ma anche determinazione e coraggio inducono Bréan ad affidarsi al conte e agli amici che prodigano aiuti e consigli. Tito, il comandante della brigata Marmore acquartierata a La Magdeleine, e altri due partigiani armati di fucili mitragliatori accompagnano Bréan all’incontro con monsignor Stevenin, in visita ad Antey. Lo stesso vescovo, conscio del pericolo che corre il canonico, lo incoraggia a salire a La

Magdeleine. Al sicuro, nella casa parrocchiale, Bréan e il conte Passerin d’Entrèves progettano di fuggire in Svizzera. La partenza ha sempre suscitato incontenibile emozione in coloro che vi sono costretti. Lo stesso Bréan riferisce nelle sue memorie che mai la Valle V gli era apparsa così bella: Attraversiamo i boschi di La Magdeleine, le magnifiche praterie di Chamois. Saliamo lentamente verso il colle. Gli esiliati torneranno in Valle V un anno dopo, qualche giorno dopo la liberazione. Ai ricordi di Bréan si aggiungono e intrecciano quelli di Vincent Trèves, T che in quel drammatico frangente fu prezioso collaboratore di Bréan, nei panni di guida attenta e esperta dei luoghi. Trèves T conosce tutti i sentieri che mettono in collegamento La Magdeleine con i paesi vicini e con le valli laterali: accompagna Bréan in tutti i suoi spostamenti e va fino a Brusson a informare f la famiglia del canonico dei fatti che lo vedono protagonista e soprattutto della imminente partenza. Ed è proprio con la sorella del canonico che torna a La Magdeleine e a Cheneil per gli ultimi saluti. Vincent Trèves e la rinascita di La Magdeleine V Vincent Trèves T ha lasciato un monumento straordinario al suo villaggio di adozione, frutto di passione e grandi ideali che negli anni Cinquanta poterono concretizzarsi grazie all’impegno profuso nelle attività di amministratore attento e coraggioso. Egli prese le redini del Comune in un momento particolarmente difficile, gli anni dell’emigrazione massiccia dai centri montani per molti giovani uomini e donne, o intere famiglie che si rivolgevano all’estero per cercare un lavoro e una vita dignitosa. Tanto più dolorosa risultava la partenza per costoro, quando con i propri beni, la casa, gli affetti, f sovente lasciavano a anche un sistema sociale formatosi f sui principi della solidarietà e dell’aiuto reciproco.


La stessa sofferenza la si poteva riscontrare in chi assisteva impotente alla partenza di amici, conoscenti, parenti con i quali aveva condiviso infanzia, adolescenza e giovinezza. Costoro andavano a raggiungere altri emigrati che avevano abbandonato la Valle subito dopo la prima guerra mondiale, portando così il numero degli emigrati da La Magdeleine fino a 200 in Francia e 160 in Svizzera; restarono infatti in paese solo 90 abitanti. Fu quindi questa emorragia demografica a spingere la nuova amministrazione appena insediata a cercare soluzioni importanti, e sembrò a tutti che un collegamento più comodo e veloce con il fondovalle avrebbe potuto restituire a La Magdeleine quella vitalità che l’aveva contraddistinta per molti secoli. In un primo momento si pensò alla costruzione di una funicolare, ma l’ipotesi fu scartata a favore della strada che da Antey-SaintAndré avrebbe raggiunto Brengon e gli altri villaggi del Comune. Le 12 février 1954 le facteur arriva d’Antey avec le fameux télégramme du Ministère, contenant dans le détail le décret ministériel qui assignait à la Commune de La Magdeleine les cent millions nécesssaires pour la réalisation du premier embranchement du chef-lieu isolé avec le fond de la vallée. Una gioia immensa s’impossessò della popolazione che festeggiò la notizia con lo scampanìo festoso delle campane. Nello stesso periodo l’amministrazione comunale provvide all’ennesima ristrutturazione dell’alpeggio di Charey e – ricorda con commozione Vincent Trèves – la communauté révéla une foi encore et de façon remarquable son sens de l’abnégation, en transportant volontairement le ciment à l’aide des mulets... Ci vollero circa dieci anni per vedere l’asfalto della strada a La Magdeleine. Fu il Sindaco Rinaldo Brunod a inaugurare con un’unica cerimonia la strada, il municipio e la scuola il 24 giugno 1964.

Vent’anni più tardi Vincent Trèves si ritrovò nuovamente alla guida della Giunta. In tempi profondamente mutati si trattava di trovare la via dello sviluppo turistico del paese. Prima di pensare alle strutture alberghiere occorreva però dare un assetto organico e coerente con i valori paesaggistici e idrogeologici della montagna su cui si adagia il territorio comunale. Da questa riflessione nacque l’esigenza di studiare un piano regolatore che si rivelerà un provvedimento estremamente utile per la tutela delle particolarità anche nella progressione del tempo e – orgoglio della popolazione – fu il primo piano regolatore in Italia. Agli anni ‘70 risale anche il gemellaggio con il Comune di Verbier nel Vallese svizzero. Gli amministratori cercarono nelle esperienze d’oltralpe spunti e modelli di sviluppo già consolidati.

Villaggio Clou, 1975. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Willien.


L’interminable XX Xe siècle Les annĂŠes difďŹ ciles de la première Guerre mondiale et l’après-guerre intensiďŹ Ă¨rent le phĂŠnomène du dĂŠpeuplement qui avait dĂŠjĂ donnĂŠ des signes alarmants les dernières vingt annĂŠes du XIX Xe siècle. De nombreux tĂŠmoignages parlent de ceux qui durent abandonner La Magdeleine les premières annĂŠes du XX Xe siècle, souvent pour aller en France oĂš toute la famille trouvait du travail dans les fermes; beaucoup retournèrent Ă La Magdeleine et s’y installèrent dĂŠďŹ nitivement reprenant, en particulier avant la deuxième Guerre mondiale, les vieilles habitudes et le travail traditionnel de l’agriculture en montagne. Les villages de montagne, que l’on ne peut pas atteindre par des routes carrossables, n’Êtaient ni commodes ni modernes par rapport Ă la rapide transformation des centres de la plaine. De lĂ naquit la migration saisonnière de ceux qui ne voulurent pas renoncer Ă la sĂŠcuritĂŠ psychologique et matĂŠrielle (la maison, les liens familiaux) du pays et donc ils s’Êloignaient juste le temps nĂŠcessaire pour les ĂŠtudes ou le travail. D’autres partirent dĂŠďŹ nitivement pour Châtillon et ses alentours ou alors tentèrent leur chance Ă l’Êtranger. Mais ce ne fut mĂŞme pas la nouvelle route et d’autres commoditĂŠs qui ramena chez eux les Magdeleins: ce fut surtout dans les annĂŠes 50 que la distance ĂŠconomique et culturelle entre les vieux centres habitĂŠs de montagne et les centres urbains de la plaine augmenta; l’agriculture de montagne ne permettait mĂŞme plus la survie, on ne voyait pas Ă l’horizon se dessiner de nouvelles formes de dĂŠveloppement pouvant garantir un niveau de vie respectable pour soi et pour la famille. Le coĂťt moral et affectif fut certainement très ĂŠlevĂŠ et un vide culturel vint Ă se crĂŠer avec l’acceptation de styles de vie complètement diffĂŠrents et ĂŠtrangers au monde alpin, et l’homologation croissante de modèles provenant de l’Êtranger, du monde citadin industriel. Rien d’Êtonnant si dans les rĂŠcits des Magdeleins la nostalgie et la dĂŠception se confondent avec le plaisir de se souvenir d’un monde en transformation qui a bouleversĂŠ les vieilles habitudes et la joie de vivre ensemble. Pendant la deuxième Guerre mondiale, Ă La Magdeleine fut organisĂŠ le camp de base pour une des brigades des partisans qui opĂŠraient dans la Valtournenche. La population contribua Ă la lutte des partisans avec des gestes de gĂŠnĂŠrositĂŠ et de dĂŠvouement. Ils prirent sous leur protection le chanoine BrĂŠan qui trouva dans le jeune Vincent Trèves un prĂŠcieux collaborateur et guide expert des lieux et le conte Charles Passerin d’Entrèves qui ĂŠtait entrĂŠ dans la brigade Marmore et avait conduit avec lui sa famille dans les mayens de Vuillen. Vincent Trèves a laissĂŠ une marque extraordinaire Ă son village d’adoption, fruit de passion et de grands idĂŠaux qui dans les annĂŠes 50 purent se concrĂŠtiser grâce Ă son engagement dans ses activitĂŠs d’administrateur attentif et courageux: la route qui relie La Magdeleine Ă AnteySaint-AndrĂŠ et le Plan d’Urbanisme de la Commune.


The Long Twentieth Century The difficult years of World War One and the post-war period intensified the depopulation process that had already manifested alarming signs in the last twenty years of the nineteenth century. A host of attestation bears witness to all those who had to abandon La Magdeleine in the early twentieth century, often going to nearby France, where the entire family worked on the farms. Many of these emigrants returned and settled permanently in the village where, especially in the period before World War Two, they resumed their old habits and traditional work in mountain agriculture. The mountain villages could not be reached by practicable roads and were therefore backward compared to the rapid transformation taking place in the localities on the plain. This led to commuting on the part of those who did not want to live without the psychological and material stability (a home, a family and friendship) of their native village and thus went away only for the time absolutely necessary to complete their studies or to work. Others moved permanently to Châtillon and the surroundings, or sought their fortune abroad. Unfortunately, not even the arrival of a good road and other facilities managed to bring these Magdeleins back home. Above all in the 1950s the economic and cultural gap between the old mountain villages and the urban settlements on the plain grew to an enormous extent. Mountain agriculture did not even guarantee mere survival, nor were there any valid and new developments that would ensure a respectable standard of living for the locals. Certainly, the moral and emotional cost was very high, and equally marked was the cultural gap created by the acceptance of lifestyles that were wholly different from and extraneous to the alpine world: the increasing standardization based on models that arrived from a different context, from the industrial, urban world. It is therefore not surprising that in the accounts given by the Magdeleins nostalgia and bitterness are mixed with the pleasure of their recollections: a world in the process of transformation has totally upset the old customs and the joy of community life. In World War Two La Magdeleine became the base for one of the anti-Fascist partisan brigades that operated in the Valtournenche. The citizens contributed to the resistance movement with generosity and dedication. They provided hospitality and shelter to the canon Bréan, who was accompanied the young Vincent Trèves, a valuable assistant and expert guide of the region, and Count Carlo Passerin d’Entrèves, who joined the Brigata Marmore, a partisan brigade, taking along his family, which was accommodated in the refuges of Vuillen. Vincent Trèves left an extraordinary monument to his village of adoption, the result of passion and lofty ideals that in the 1950s were able to materialize thanks to his dedication as an attentive and courageous administrator: the road linking La Magdeleine and Antey-SaintAndré, and the local Town Plan.


Veduta generale del territorio comunale dopo la prima nevicata. 230°

Nell’aletta di sinistra: Fungo scolpito nel tronco, all’ingresso del paese. Nell’aletta di destra: Campo di segale a Vieu.



Giovani magdeleins in costume tradizionale. In occasione del Tour Cycliste de la Vallée d’Aoste, che nel 1983 fece tappa anche a La Magdeleine, venne ricostruito l’ipotetico costume femminile, ornato con i fiori che rappresentano i cinque villaggi storici: stella alpina per Artaz, rosa canina per Vieu, margherita per Clou, anemone per Brengon, genziana per Messelod.

Nella doppia pagina precedente: Nuovo villaggio Tantané. 130°


La vie d’antan

La storia non è fatta solo di documenti scritti ed ufficiali. La storia di un paese, soprattutto di un piccolo Comune di montagna, lontano e per lungo tempo isolato dai centri urbani della pianura, è il risultato e nel contempo il patrimonio di tutti i suoi abitanti che di generazione in generazione sono stati testimoni e protagonisti degli avvenimenti. Quindi, per completare la storia della comunità, è necessario affidarsi ai racconti dei magdeleins che ricordano il loro passato e il passato di chi li ha preceduti. I ricordi di Irma Irma Dujany non si è mai allontanata troppo a lungo da La Magdeleine. Nata in una famiglia originaria di Brengon, gestori dell’unica attività commerciale del paese, è cresciuta nella realtà di villaggio, vivendo tuttavia le più grandi trasformazioni cui sia andato incontro il territorio di La Magdeleine. I suoi ricordi affondano nell’intimità della casa e delle relazioni familiari, quando queste appartenevano ancora al mondo atavico della vita rurale che si svolgeva in montagna, ma poi risalgono il corso del Novecento e balzano verso i primi segni del cambiamento, della svolta epocale, dell’apertura di La Magdeleine al nuovo, all’estraneo, al turista. L’attività commerciale, il negozio, ha costituito il ponte naturale e necessario tra i due mondi: dal 1952, quando vi si vendevano quei prodotti “coloniali” come il caffé, lo zucchero, ma anche il riso e la carne Simmenthal, nelle sue scatolette di latta, che imperversarono nei picnic di molte famiglie italiane degli anni Sessanta. Irma abitava con la sua famiglia nel locale at-

tiguo al negozio, nel cuore di Brengon, dove il padre, ritornato dalla Svizzera, aveva ristrutturato la stalla e l’aveva trasformata in una abitazione semplice ed essenziale per la sua famiglia. La stufa scaldava l’unico ambiente, dove una piattaia, una panca, il tavolo e due letti erano le suppellettili indispensabili al vivere quotidiano. Una tenda creava un po’ di intimità e riservatezza per la notte o per il riposo diurno. L’acqua era fornita dalla fontana del villaggio e le esigenze igieniche venivano soddisfatte nei modi più economici, con tinozza e bollitore sulla stufa. Irma aveva però un’alternativa: sopra il negozio, c’era una stanza che veniva usata d’estate. Fresca, fin troppo durante l’inverno, divenne la camera dell’indipendenza e della vita da adolescente. Ma, prima che i ricordi si sottraggano al passato familiare, alcuni spiragli di luce inquadrano

Antica fontana in legno, 1965. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.


Nella pagina di destra: Il mulo, aiuto prezioso per gli uomini di montagna (s.d.). Collezione La Beurta Teta. Gioco del palet,t 1964. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.

la nonna mentre fila la lana delle pecore che i nonni allevavano (solo per ottenerne la lana) e la lavora ai ferri per farne delle calze per tutta la famiglia. La lana era utilizzata al naturale, senza tingerla. Le differenti colorazioni tendenti dal beige al marrone e al grigio erano il risultato della tosa di pecore con vello di diverso colore. Con la lana si tessevano le coperte calde e resistenti per i lunghi e rigidi inverni; il corredo nuziale ne contemplava almeno una, insieme a qualche lenzuolo di canapa e qualche asciugamano. Tutto era riposto in una piccola cassa di legno. Anche l’abito da sposa veniva conservato per le occasioni importanti, per le festività religiose, e durava illimitatamente. La coppia di sposi festeggiava il matrimonio con estrema semplicità e, in rapporto alla capacità economica della famiglia, offriva una colazione più ricca del solito a parenti e amici. Poi, per chi poteva permetterselo, c’era il “viaggio di nozze”: a Oropa, oppure a Ivrea, o altrove, fuori Valle per qualche giorno. Spesso la nuova coppia andava ad abitare con la famiglia dello sposo. Rispetto e considerazione nei confronti dei genitori e degli anziani in generale, ai quali ci si rivolgeva con il “voi”, erano fondamentali per mantenere un

rapporto saldo e duraturo con la famiglia acquisita. Lo stesso atteggiamento veniva insegnato e preteso dai bambini, come principio educativo incontestabile. Anche l’alimentazione rispecchiava l’austerità e l’essenzialità della vita in montagna: patate e formaggio costituivano senz’altro il cibo, combinato e presentato in tante maniere diverse, con il quale crescevano intere generazioni di magdeleins. Nella stagione invernale vi si aggiungeva qualche insaccato che veniva preparato con la carne del maiale, e nei giorni festivi la carne di manzo, conservata sotto sale. Non mancavano le uova, simbolo di prosperità, ma anche risorsa alimentare a disposizione di tutti, e proprio per questo erano offerti ai gruppi di giovani che durante il Carnevale andavano a fare la questua di casa in casa. Con un cesto ricolmo di uova si assicuravano momenti di festa ripetuti e desiderati per un periodo piuttosto lungo, durante il quale si creavano le occasioni per consumare insieme frittelle di mele, dolci a base di uova e l’immancabile zabaione. A Carnevale si preparava anche la fiocca: si batteva la panna direttamente nel secchio immerso nella neve con una frusta di legno, e la si gustava tutti insieme. In paese tutti si travestivano e qualcuno travestiva anche il mulo, si faceva festa per le strade e infine ci si riuniva davanti a una tavola piena di leccornie – aggiunge Anna Chiaraviglio. Il consumo comunitario di cibi e bevande nei momenti di riposo era un’abitudine consolidata anche tra le generazioni più adulte: alla domenica pomeriggio, dopo i Vespri, mentre gli uomini si davano al gioco del palet davanti alla Cantine del Tantané, le donne s’intrattenevano in cerchio davanti al negozio di Giuliana detta Fie, mamma di Irma, per chiacchierare del più e del meno e intanto sorseggiavano il liquore di Marsala nel quale inzuppavano soffici biscotti savoiardi.



Orti e giardini a Brengon.

Alla veglia della Toussaintt tutta la famiglia si riuniva per recitare il rosario mentre le campane della chiesa suonavano a morto; alla fine della serata ci si radunava intorno alle caldarroste fumanti. Una volta alla settimana ciascuna famiglia aveva il diritto di utilizzare la latteria turnaria di Brengon per produrre formaggi, burro e panna per il consumo familiare, e se ce n’era in abbondanza, il rimanente si portava a Châtillon per la vendita a qualche privato o al mercato, insieme alle uova. Poi è arrivata la strada, foriera di novità in fatto di idee, mentalità e modi di vivere. Le antiche consuetudini hanno lasciato il passo alla modernità e alla omologazione. L’automobile ha accelerato i tempi di percorrenza

tra il fondovalle e la montagna, ha permesso di trasportare grandi quantità di merci e prodotti nelle case dei villaggi, ha reso inutile il lavoro dei muli e dei loro proprietari che si accollavano l’onere di rifornire i magdeleins di tutto ciò che non era producibile in paese, ha semplificato la vita dei lavoratori che si spostavano da un centro all’altro. In uno spazio di tempo brevissimo l’isolamento di La Magdeleine ha ceduto il posto all’economia turistica, al centro di villeggiatura, alle strutture di ristorazione e alberghiere, agli impianti sportivi. Un grande capovolgimento, del quale testimone muto ma partecipe fu il negozio di Irma, dove magdeleins e villeggianti o turisti di passaggio potevano rifornirsi di generi di prima necessità.


A tavola con Efisio Cibi poveri, semplici e naturali: la montagna – sostiene Efisio Vittaz – assicura l’autosufficienza solo se si è disposti a lavorare con fatica e in condizioni talvolta proibitive. Pane, patate, derivati del latte, qualche ortaggio sono gli alimenti più comuni; carne, frutta e grassi vegetali sono rari e costosi, riservati alle famiglie benestanti. Negli orti si seminavano fave, piselli, patate, rape. I frutti spontanei che maturano in montagna sono pochi: mirtilli, lamponi e ciliege selvatiche. Il resto deve essere acquistato al mercato di Antey o a Châtillon. Anche la farina di mais per la preparazione della polenta va acquistata; in una società contadina basata sull’autoconsumo, la farina di mais si baratta con le patate al 50% (2 kg di patate per 1 kg di farina).

diffusa e completa di molte vallate alpine. Pochi possono permettersi un piatto di carne: alla domenica, nelle occasioni speciali, quali festeggiamenti per matrimoni o momenti importanti della vita familiare. Efisio ricorda che il pranzo di nozze consiste in risotto e coniglio in civet. Il maiale allevato con cura garantisce una discreta provvista di carne e di salsicce, ma solo i maggiorenti possono permetterselo! La carne macellata di una pecora o di una mucca viene distribuita tra almeno tre o quattro famiglie. Quasi tutti possiedono qualche mucca, non molte per la verità; una stalla con cinque mucche costituisce già un patrimonio considerevole. Con la farina di frumento le donne tiravano la pasta che mettevano ad asciugare avvol-

Le patate si seminano a fine maggio e si raccolgono nella tarda estate, a fine settembre. Subito dopo il raccolto, si procede alla selezione: le patate più piccole diventano pasto per galline e maiali; le altre verranno conservate per l’alimentazione della famiglia. Poi, per mantenerle a lungo, si conservano in cantina o nel crot, una buca piuttosto profonda nel terreno attiguo alla casa, al fondo del quale si pone un mucchietto di paglia su cui adagiare le patate, coperte quindi da un asse di legno, sul quale infine si getta della terra. In questo modo, le patate non gelano durante l’inverno e non germogliano troppo rapidamente. In primavera, liberate dai germogli, le patate vengono riposte in cantina; le migliori servono per la semina, quelle di seconda scelta vengono sistemate nel solaio, dove subiranno un processo di liofilizzazione naturale, perfette per accompagnare le minestre con riso e pasta. La patata ha rappresentato a lungo l’alimento base al pari del pane e della polenta; con il formaggio ha costituito l’alimentazione più

Rastrelliera per il pane nero (s.d.). Collezione La Beurta Teta.


Fienagione sui prati di Artaz. 150°

gendola in sacchi di canapa che poi venivano appesi al soffitto. Efisio rammenta diverse ricette della nonna: la lasseula, una minestra di latte, acqua, burro fuso e farina di frumento; oppure una minestra con acqua e farina di mais che si preparava soffriggendo nel burro cipolle e pane tagliato a pezzetti, che venivano poi aggiunti alla minestra. Il burro assolveva compiti molto diversi e per conservarlo a lungo veniva fuso: una volta l’anno, in primavera, prima di salire agli alpeggi, si fondeva il burro mettendolo in una grossa casseruola con una piccola quantità d’acqua e un pizzico di sale. Si fondeva a fuoco lento fino a quando era diventato ab

bastanza limpido e si vedeva il fondo della pentola. Il burro fuso si conservava in cantina in vasi di terracotta. Se ne faceva anche un uso medicinale: per rimarginare le ferite per esempio, si spalmava il burro fuso dopo che era stato sbattuto fino a farlo diventare cremoso. Con un po’ di zucchero, invece, era un calmante per la tosse. Anche rancido, il burro era prezioso: si usava per ungere le scarpe di cuoio e i campanacci delle mucche. Per curare le infiammazioni si usavano i semi di lino che venivano messi a bagno la sera e ingoiati al mattino a digiuno. Il lino era seminato appositamente, mentre violette e assenzio erano piante spontanee le cui capacità terapeutiche erano conosciute da tutti.


I lavori agricoli Era bello vedere tutto giallo. Stormi di pernici che andavano su e giù. Gli spaventapasseri a difesa del raccolto... ricorda Alido Artaz. Segala, frumento, orzo, avena venivano seminati anche fino ai campi di Le Leyes, sopra Artaz. Il taglio del grano si faceva intorno al 22 luglio, ma in alcune stagioni fresche e piovose si arrivava anche a settembre. I fondi erano molto piccoli, tanto che con l’arrivo dei macchinari agricoli sono stati abbandonati per l’impossibilità di lavorarli in modo proficuo. Tra un campo e l’altro vi era un reticolo fitto di sentieri e passaggi e una fila di muretti a secco che, da quando la campagna è stata abbandonata, crollano e nessuno li rimette a

posto. La resa era decisamente bassa e questo spingeva a moltiplicare il numero di campi. Il mulo costituiva la risorsa principale di ogni famiglia; con questo animale si alleggeriva il peso di trasporti faticosi e disagevoli per i pendii della montagna. Ma la gran parte del lavoro veniva svolto dalle persone, uomini, donne e bambini indifferentemente che caricavano sulle spalle fascine di grano, orzo o altri cereali – come ricorda Albertina Vittaz – per portarli dai campi distribuiti un po’ dappertutto, anche ad Artaz, fino al villaggio di Clou, dove abitava con la famiglia del marito Guido. Il mulo era un lusso; sovente era in multiproprietà: una settimana per ciascun proprieta


Lavoro nei campi e, sotto, pausa durante la fienagione (s.d.). Collezione La Beurta Teta.

1. AA.VV., La Magdeleine. Storia Cronache Personaggi, Aosta 1992.

rio che talvolta abitava lontano, in un altro Comune. Albertina racconta che per un certo periodo ebbe un mulo condiviso con un certo Adrien di Herin: ogni fine settimana il mulo veniva mandato, solo con una catenella, a Clou; finita la settimana, tornava, nuovamente solo, a Herin. Con il mulo si trasportava proprio tutto: fieno, letame, legna, vino e tante altre cose.

La vita era dura – così dichiarano i magdeleins – ma responsabile. Anche i bambini venivano educati al senso di responsabilità molto precocemente: mandati al pascolo, quando rientravano la sera, se mancava all’appello uno o più dei capi di bestiame, non erano puniti, semplicemente non potevano rientrare e cenare finché non avessero riportato nella stalla l’animale disperso. Così ricordano tutti i momenti di grande angoscia, soprattutto le ragazze o ancora bambine che dovevano affrontare il buio della notte, la paura di incontrare animali selvatici, l’apprensione per le mucche disperse, e non ultimo il terrore di dover subire le ire dei genitori. Le donne che hanno vissuto a La Magdeleine hanno irrobustito parecchio il loro carattere, per non soccombere alla fatica, alle angherie e alla durezza della vita in montagna. Ma nei ricordi, le disavventure non sono così drammatiche e la pienezza della vita di ogni giorno trasforma in soddisfazione anche le conquiste più difficili. La vita del montanaro non conosce tregua e sin da piccolo il suo apporto all’economia familiare è fondamentale: Io ho cominciato ad andare in alpeggio – racconta Robert Vittaz – all’età di sette anni e l’ho fatto fino ai diciassette, anche se non mi piaceva. E dopo, il lavoro nei campi, dall’alba al tramonto per tutto il resto della vita. Nel periodo dei fieni ci svegliavamo alle quattro del mattino e poi, curvi, la falce in mano, si falciava un prato dopo l’altro. Quando il fieno era secco, lo raccoglievamo in grossi fasci e lo caricavamo sui muli per portarlo nei fienili. Poi la sera ci radunavamo per andare tutti insieme a ballare1. La scansione del tempo per i magdeleins era data non tanto o non solo dalle feste e dal lavoro agricolo, ma principalmente da un continuo spostamento tra monte e piano. Quasi tutte le famiglie avevano proprietà nel territorio comunale di La Magdeleine, ma anche sulle colline di Châtillon. Si creava quindi


un movimento di migrazioni interne dovute a ragioni economiche e climatiche, regolate da un preciso calendario agricolo. In primavera iniziava la discesa con il bestiame verso le frazioni di Châtillon: da marzo per un mese circa il bestiame mangiava la riserva di fieno, mentre i contadini pulivano i prati, concimavano, provvedevano alla potatura e sistemazione dei filari dei vigneti, aprivano e facevano la manutenzione dei ru. Ad aprile si risaliva a La Magdeleine; a disgelo avvenuto, a inizio maggio, vi era la pulizia dei prati, le corvées per i torrenti, i muri di sostegno e le strade. Sopraggiungeva quindi il tempo delle semine: segale, orzo, avena, frumento di montagna, patate. Prima delle semine, si procedeva al trasporto della terra per mantenere i campi in livello (sivieres), lavoro svolto a mano dalle famiglie riunite. La campagna era tutta coltivata. Verso fine maggio, inizio di giugno, avveniva la monticazione del bestiame negli alpeggi vicini alle frazioni (mayens), oppure agli alti alpeggi con le grandi mandrie. Le famiglie si dedicavano completamente ai lavori dei campi. All’inizio di giugno quelli che non erano in alpeggio scendevano a Châtillon per il taglio dei fieni per 8/10 giorni. Risalivano quindi a La Magdeleine per la fienagione a luglio. Poi a Châtillon per il secondo taglio e risalita successiva per la mietitura dopo ferragosto e fino ai primi giorni di settembre. Era l’ora della vendemmia; giusto il tempo di fare il vino e quindi l’ennesima risalita per la battitura del grano e vari frumenti con i “flagelli”. Intanto la stagione degli alpeggi giungeva alla fine, e le mandrie demonticavano con la solita festa della desarpa. Dopo un centinaio di giorni passati ad accudire il bestiame, il bisogno di scendere nella casa principale, in mezzo alla gente, si faceva sempre più forte. Persino le vacche, dopo i primi passi incerti,

si affrettavano al suono dei campanacci con passo ritmico e sicuro: in testa alla mandria la regina del latte con il suo bosquett bianco accompagnata dalla regina delle corna con il bosquett rosso. Alla fine di settembre, inizio di ottobre, si raccoglievano le patate e iniziava l’approvvigionamento per l’inverno. Nel tardo autunno si procedeva alla macinazione delle granaglie

Al pascolo (s.d.). Collezione La Beurta Teta. Sotto: Preparativi per la desarpa. Foto di Maria Vassallo.


La desarpaa nel 2010. 150°

nei mulini ad acqua. Ancora una discesa al piano per la raccolta delle castagne e della frutta autunnale e inďŹ ne l’ultima risalita a La Magdeleine con il bestiame per trascorrervi l’inverno. Anche il periodo piĂš freddo era estremamente operoso: paniďŹ cazione, macellazione dei bovini e dei maiali, e conservazione della carne in salamoia. Le donne ďŹ lavano la lana ottenuta dalla tosatura delle poche pecore che allevavano quasi appositamente e lavoravano ai ferri calze e maglie. Tessevano la canapa prodotta nei campi umidi che erano presenti in tutti i villaggi. Il macero della canapa avveniva soprattutto a Messelod (nei nese, vasche) ed in

generale dietro alle frazioni. Nel 1911 si contavano ben quaranta telai, a dimostrazione di un lavoro artigianale ďŹ orente, la cui produzione veniva in parte commercializzata nei paesi vicini. Le donne cucivano e ricamavano alla luce delle lampade ad olio; ma ne erano orgogliose per i delicati e preziosi pizzi che decoravano la loro biancheria. Albertina ricorda che le donne lavoravano ai ferri anche al pascolo, durante le interminabili giornate spese a custodire le mandrie. Raccoglievano i capelli sulla nuca, e spesso, quando li tagliavano, li vendevano ai mercanti che giungevano a La Magdeleine da varie localitĂ del Piemonte in cambio di aghi, ďŹ lo, tela e altra mercanzia per la casa.


La carenza di denaro costringeva al baratto: un paio di pantaloni per il trasporto delle patate a dorso di mulo fino alla stazione di Châtillon – racconta Efisio. Giorni di festa Negli anni Novanta La Magdeleine si dota di strutture sportive per l’intrattenimento dei giovani e dei meno giovani: il campo di calcio, i campi da tennis, la pista di pattinaggio, il gioco di bocce, il minigolf e per i più piccoli il parco giochi. Queste strutture sono fondamentali per incrementare il turismo estivo che, soprattutto per le famiglie, necessita di attrezzature standardizzate e alla portata di tutti. Nell’area sportiva si radunano magdeleins e villeggianti

specialmente durante i weekend e ancor più frequentemente nel mese di agosto, quando l’affluenza di turisti è più forte. Vi si consuma oggi il rito della celebrazione del tempo libero: i giovani giocano, gli adulti s’intrattengono al sole conversando del più e del meno con Gildo e Ada Vittaz, gestori del bar Lo Sport. Ma il legame che sentivano i magdeleins quando si ritrovavano al calore della stufa o nella stalla ad ascoltare i racconti dell’uno e dell’altro, che cementavano le amicizie e la solidarietà reciproca, era molto diverso; negli ultimi decenni questo sentimento di unione si è allentato e tutti concordano nel sostenere che l’individualismo sta distruggendo ogni forma di coesione sociale.


agli occhi dei bambini, così spiriti e stravaganti personaggi diventavano realtà. Nelle due settimane che precedevano il Natale si celebrava il rito della cottura del pane nero nei forni dei villaggi. Ogni famiglia si riuniva e si dividevano i compiti: alcuni si occupavano dell’impasto o della cottura, altri erano preposti al funzionamento del forno. I primi controllavano il grado di fermentazione e, dopo aver messo un cerino acceso nella pasta, se questo si spegneva il pane era pronto per essere infornato. Intere famiglie sostavano a lungo davanti al forno parlando, intrattenendosi e scambiandosi favori e aiuto; sovente il pane veniva diviso solo alla fine. Tutta la notte il forno rimaneva illuminato e attivo; i giovani ne erano elettrizzati. L’abbattimento del maiale rappresentava un momento dove la collettività aveva tutto il suo risalto: le famiglie si riunivano in casa dell’uno e dell’altro per dare una mano a disossare, macinare, salare, e infine insaccare la carne; e poi, alla sera tutti si raccoglievano intorno alla tavola imbandita con patate bollite e salsicce. Il pane nero appena sfornato (s.d.). Collezione La Beurta Teta.

2. La Magdeleine, Storia Cronache Personaggi, op. cit. 3. La Magdeleine, Storia Cronache Personaggi, op. cit.

Nei ricordi di Lino Vittaz, l’abito buono alla domenica era d’obbligo per andare alla Messa e poi ritrovarsi al bar a scambiare due parole, al campo di palett oppure semplicemente nella piazza, per il gusto di stare insieme in un giorno di festa. Anche durante le giornate faticose spese nei campi a lavorare, per Mario Artaz l’amicizia e la collaborazione rendevano il lavoro “straordinario” del riporto della terra nella parte alta del campo un’occasione di festa e di allegria2. Erano ricompensati con una bottiglia di vino che ben si accostava al pane e lardo o a un buon piatto di patate e formaggio. Nel nostro barr – racconta Anna Chiaraviglio – alla sera si radunavano i vecchi del paese e come nelle veillà d’antan si raccontavano gli ultimi accadimenti. Si creava un’atmosfera talmente magica che i fatti si materializzavano

Klébert Vittaz raccontava qualche anno fa l’incanto e l’allegria della festa patronale, giorno atteso da bambini e adulti per la celebrazione della Messa cantata, a cui faceva seguito la vendita all’incanto e un grande pranzo in famiglia; poi, nel pomeriggio e fino alla sera, si ballava al suono dell’orchestra che veniva da Châtillon3. Anche Gildo Vittaz conserva il ricordo piacevole e duraturo della festa patronale che terminava con un ballo, e i bambini invidiavano gli adulti che potevano danzare al suono dell’accordéon e rientrare tardi. Albertina Vittaz invece racconta che si ballava dovunque ci fosse spazio e brio: in cucina, nella stalla, nelle grange. Il marito Guido suonava l’organetto, ma la musica e il canto erano risorse a disposizione di tutti: le canzoni in voga venivano cantate a più voci da


un villaggio all’altro, a formare un unico coro nonostante le distanze e le diverse altitudini. Le feste vedevano la partecipazione dei bambini come testimoni operosi dei preparativi e della frenesia con cui gli adulti si accingevano a organizzare tutte le fasi della giornata. Li ritroviamo attenti e stupiti nei racconti autobiografici di Gildo Vittaz. La battitura del grano era un avvenimento che io aspettavo con ansia anno dopo anno. Tre o quattro famiglie si riunivano per aiutarsi a vicenda; non c’erano macchine, tutto veniva fatto manualmente. Noi bambini un po’ li guardavamo, un po’ giocavamo, finché arrivava il momento del pasto, quando le donne apparecchiavano il tavolo con tutte le specialità che avevano preparato per l’occasione. Era una gara tra le famiglie a chi offriva più leccornie e per tutti una festa del palato. La festa dei coscritti era la più bella per Efisio Vittaz. La si aspettava con ansia già dai 14 anni. Si faceva in primavera, il giorno stesso della visita militare, quando si scendeva a Châtillon accompagnati dal Sindaco che pagava il pranzo a tutti i presenti. La strada All’età di undici anni Gildo andò a scuola a Châtillon: Sole o non sole, io partivo alle cinque e mezzo del mattino, cartella sulla testa, anche sotto la neve; in questo caso potevo soltanto sperare che qualcuno si fosse aperto la strada prima di me, e quando trovavo compagnia era veramente una festa. La trasformazione radicale della comunità cominciò con la realizzazione della strada carrozzabile che univa Antey a La Magdeleine. L’Amministrazione comunale vi si era sempre opposta nel corso dell’Ottocento, ritenendo più breve e comoda la via che passando per Promiod raggiungeva Châtillon. Ma quando la strada raggiunse La Magdeleine ...noi eravamo tutti meravigliati nel vedere le prime automobili che ci sembravano degli oggetti magici se confrontati con i muli che da

sempre avevano trasportato tutto per noi: dalla posta ai viveri, ai materiali – racconta Alido Artaz. – Ricordo ancora l’emozione che ho provato qualche anno prima della costruzione della strada, quando sono salito per la prima volta su un’automobile, ad Antey, per scendere fino a Châtillon e ricevere la Cresima. Quando non si poteva ancora scendere da La Magdeleine, il sabato sera ci si divertiva orga-

La processione del Corpus Domini, 1966. Collezione Irma Dujany. Sotto: La strada e il Municipio sono ancora in costruzione, 1961. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.


4. La Magdeleine, Storia Cronache Personaggi, op. cit.

La casa parrocchiale (sulla destra) venne demolita in concomitanza con la costruzione della strada, 1964. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.

nizzando giochi e intrattenimenti nella scuola di Brengon: si improvvisavano piccole gare di destrezza come la corsa a quattro zampe, des compétitions de colin-maillard, des chasses aux bouchon caché.

vati quassù tra il ‘48 e il ‘499 – ribadisce Rinaldo Brunod – grazie all’operosità dei magdeleins che assicurarono dodici giornate di lavoro per famiglia quando si trattò di costruire la linea dei pali.

Per Gildo Vittaz l’arrivo della strada fu un avvenimento memorabile. Fino al bosco di Brengon la carrozzabile era stata praticamente costruita a mano; mentre per terminare i lavori arrivò un caterpillar che abbatteva le piante con una facilità persino offensiva nei confronti del duro lavoro degli operai che vi avevano lavorato fino a quel punto. Il cantiere per la costruzione della strada durò alcuni anni, e quando toccò all’ultimo tratto Lod-Brengon, i magdeleins potevano seguire con i propri occhi e giorno per giorno i progressi. Irma era una bambina, ma nel negozio c’era bisogno di tutti, quindi le venne affidato il compito, che lei svolgeva con grande piacere, di portare tutte le mattine il cestino dei panini agli operai della strada. Il pane arrivava da Antey sul camion del cantiere. La modernità giunse definitivamente a La Magdeleine dopo il telefono e l’elettricità arri-

Turismo Prima che il turismo arrivasse a La Magdeleine e che quindi nascessero le strutture ricettive moderne, vi era una sola locanda all’ingresso del paese che dava ospitalità ai pochi avventori che vi giungevano, e che nel 1961 venne ampliata e trasformata nell’attuale Hotel Tantané. La locanda era appartenuta alla famiglia di Aline Dujany la quale ricordava già alcuni anni fa come, subito dopo la guerra, avessero installato il telefono, e per chiamare le persone per le quali aveva ricevuto la comunicazione doveva lanciare un fischio da un villaggio all’altro per farsi sentire. Ma il fiato non le mancava: dalla terrazza di Artaz, Aline e i suoi amici cantavano a squarciagola tanto che ricevevano risposta dai loro coetanei di Torgnon, in un gioco divertente e simpatico, senza tuttavia vedersi e incontrarsi. Anche l’illuminazione elettrica portò con sé vivacità e benessere: su iniziativa del parroco, l’Abbé René Carrel, venne costruito un generatore per dare la luce elettrica alle case di La Magdeleinee – sostengono Aline e Marin Vittaz4. I primi villeggianti, che Irma considera i veri pionieri del turismo a La Magdeleine, vi andarono a soggiornare ancor prima della costruzione della strada, quando l’unico mezzo di trasporto era il mulo con il quale si portavano i bagagli per l’antica mulattiera da Antey a Brengon. Il mulo era messo a disposizione da Celerina e Vittoriano Lettry, i quali lo addobbavano con campanelli e coccarde colorate per festeggiare l’arrivo dei villeggianti. Non essendoci un vero e proprio albergo, generalmente venivano ospitati nella vecchia casa parrocchiale, che fu demolita per far posto alla strada. Molti generi alimentari


erano provvisti dagli abitanti del paese: latte, formaggi, uova e verdure degli orti estivi. Nella stessa casa parrocchiale venivano ospitati i ragazzi dell’oratorio, che padre Pittaluga portava da Genova per una breve vacanza in montagna. Per Irma e i suoi coetanei era un’occasione di autentica festa: tanti giovani insieme, di provenienza diversa, pronti al canto, al gioco, alla spensieratezza si ritrovavano la sera davanti alla Cantine del Tantané, l’unico ritrovo pubblico allora disponibile in paese. Poi, arrivarono gli anni ‘70 e gli adolescenti vacanzieri e residenti si ritrovavano nella tavernetta del Miravidi: tra giochi, scherzi e balli maturava la consapevolezza dell’altro, della partecipazione al gruppo, alla compagnia creatasi a La Magdeleine. Negli anni successivi sorsero nuovi bar e ristoranti; i giovani potevano scegliere tra Lo Scoiattolo e il bar Lo Sport, dove trascorrere gran parte delle serate intrattenendosi con giochi di società e conversazioni, musica e tanta voglia di tirare tardi e prolungare la notte. La vita sociale del paese, che ormai contava meno di cento abitanti, si arricchiva di nuovi fermenti: durante le vacanze invernali arrivavano gruppi di sciatori, squadre sportive per gli allenamenti dello sci di fondo e discesa, scolaresche, stranieri. Nascevano amicizie, talvolta amori giovanili maturati in matrimoni e creazione di nuove famiglie; alcune di queste – ormai alla terza generazione – frequentano ancora abitualmente La Magdeleine. L’estate, alla chiusura delle scuole, mamme e bambini popolavano il paese e vi restavano fino a settembre; ma in quella stagione i giovani magdeleins avevano i fieni da raccogliere, i lavori della campagna che premevano, proprio nella stagione migliore per le attività all’aperto. Il turismo si affacciava così gradualmente e in armonia con la capacità ricettiva del paese. Fu inevitabile l’ampliamento dell’offerta di abitazioni: le gru e i cantieri modificavano di giorno in giorno il paesaggio.

Le strutture alberghiere Nel 1963 venne inaugurato l’hotel Miravidi su un terreno di proprietà della famiglia di Efisio Vittaz. Fu una sfida e un’avventura – riferisce orgogliosamente Efisio – creare dal nulla un albergo moderno e attrezzato in un’epoca in cui La Magdeleine avviava il processo di trasformazione da villaggio rurale a centro di richiamo turistico. I primi tempi furono duri

Hotel Miravidi, 1965. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard. Sotto: Le prime automobili raggiungono La Magdeleine, 1960. Regione Autonoma Valle d’Aosta, fondo Bérard.


Interno del ristorante Lo Scoiattolo a Vieu. 120°

e tutto sembrava impossibile. Poi arrivarono da Genova, Torino e Milano famiglie, gruppi, che ben presto si legarono ai gestori del Miravidi da profonda amicizia, tanto che tornarono in modo continuativo per molti anni. Tra gli ospiti, su iniziativa del pittore Brunetti, vi fu anche una lunga serie di artisti che raggiungevano La Magdeleine per passarvi un periodo di vacanza, ma spesso si trasformava in una settimana di attività pittorica nella quale il soggetto era il paesaggio. Efisio e Marina apprezzavano e incoraggiavano questa attività, ospitando i pittori in cambio di un quadro; la loro collezione ormai è un patrimonio artistico di una certa importanza, ma soprattutto la testimonianza di un’epoca

di lavoro incessante che si proiettava su un futuro promettente. In concomitanza con lo sviluppo turistico vennero aperti nel 1966 l’albergo Lo Scoiattolo a Vieu, e il bar Lo Sport nel cuore dell’area sportiva, tra gli impianti di risalita per lo sci, il campo da calcio, la pista di pattinaggio e i campi da tennis. Il bar Lo Sport agli inizi degli anni ‘70 era gestito dai signori Berghino, una coppia originaria del Canavese che si era innamorata del posto e vi aveva messo radici. Dopo una decina d’anni, il locale, meta di tutti gli sportivi e soprattutto sciatori che frequentavano La Magdeleine, venne rilevato da


Ada e Gildo Vittaz. A distanza di una trentina d’anni, Gildo risale con la memoria a quel periodo, quando prese la decisione “eroica” di ristabilirsi definitivamente a La Magdeleine da cui si era allontanato per ragioni dapprima di studio e poi di lavoro, e di fare quindi la vita da pendolare che spende la sua giornata nel fondovalle e rientra a casa alla sera, aspettando con ansia il weekend e le ferie. Altre due strutture ricettive vennero avviate invece in tempi più recenti nel villaggio di Vieu: Lo Scoiattolo, che si trasformò in residence nel 1988 e il residence Du Village costruito nel 2000. Ma aldilà delle date di costruzione, i ricordi

dei ristoratori vanno indietro nel tempo: per Fabio Cavagnetto, agli anni ‘90, quando gestiva l’Albergo Tantané alle porte del paese, e alla costruzione ex-novo del residence Du Village; per Anna Chiaraviglio alla sua adolescenza, quando saliva in lambretta con il papà che aveva deciso di aprire un albergo a La Magdeleine. Erano gli anni della costruzione della strada e la lambretta saliva fino al punto in cui trovava asfalto, poi bisognava proseguire a piedi – racconta Anna, che conserva vividi ricordi che non sbiadiscono neanche dopo tanti anni di lavoro a contatto con persone e storie le più diverse. Tra queste ha mantenuto un posto privilegiato un aneddoto che Anna ama raccontare: una coppia di anziani, durante l’estate, si trasferiva nel mayen poco lontano dal paese, sopra Vieu. Si erano organizzati con una piccola carrucola per il trasporto dei prodotti che volevano mandare ai familiari rimasti in paese. Quindi un cesto saliva e scendeva con funghi, formaggio, frutti di bosco, erbe e così via. E in questo modo mantenevano un rapporto costante con il villaggio e mettevano a tacere la malinconia e la solitudine. Il bar era un ritrovo per giovani e anziani; proprio questi ultimi rappresentavano squarci di vita in lenta ma inesorabile trasformazione, con i loro racconti paurosi e qualche volta montati ad arte per suggestionare i presenti. Oltre a creare stupore, questo mondo dovette incuriosire e appassionare Anna che decise di continuare l’attività alberghiera per ospitare turisti e villeggianti, facendosi tramite tra i valori e le bellezze della montagna e il bisogno di autenticità e naturalezza di chi vive in città. Con queste premesse Anna e altri magdeleins hanno deciso di costituire la cooperativa Achillea che ha il compito di favorire l’approccio dei turisti al patrimonio etnografico e archeologico di La Magdeleine, mettendo a disposizione competenze e supporto organizzativo.


Gara di sci nordico a La Magdeleine (s.d.). Collezione Gildo Vittaz.

5. La Magdeleine, Storia Cronache Personaggi, op. cit.

Lo sci Le prime competizioni sciistiche di La Magdeleine datano dal 1928 quando un comitato di sei persone (Victor Lettry, Klébert Vittaz, Félix Artaz, Aldo Vittaz, Ugo Vittaz e Marino Noussan) con il presidente Léonard Roveyaz fondarono lo Sci Club Tantané5. Ogni anno si svolgevano delle gare di sci di fondo e di staffetta nordica; tra queste una competizione a livello regionale intitolata a Ivo Dujany, morto in guerra nel 1941. Nel 1965 era nata anche la società Intulama (Incremento Turistico La Magdeleine) per la gestione degli impianti sciistici, fondata da Efisio Vittaz, Vincent Trèves e Robert Vittaz. Venne realizzato uno skilift baby per princi

pianti, cui fecero seguito altri due impianti di risalita. Nel 1971 la società si trasformò in società per azioni, a riprova del fatto che gli impianti sciistici non erano così diffusi come oggi e l’entusiasmo era veramente grande. Furono anni di intensa attività promozionale e il turismo rispose con un flusso molto promettente. Ricordo – conferma Efisio Vittaz – delle domeniche con più di quindici autobus parcheggiati a Brengon! Nel 1974 venne a stabilirsi in paese Giuseppe Lamberti, per tutti “il capitano”, uomo di grande talento e con un passato ricco di esperienze (umane, militari, tecniche e dirigenziali) davvero straordinarie. Il capitano Lamberti, dopo aver diretto il Centro Sciisti-


co del Sestriere, era passato alla direzione degli impianti di Breuil Cervinia e in quel periodo scelse la località de La Magdeleine per trascorrervi la vecchiaia, adoperandosi anche allo sviluppo della piccola stazione sciistica. Insieme al Sindaco Efisio Vittaz promosse l’istituzione della Scuola di sci. Vi lavorò come segretaria la giovanissima Lidia Vittaz, maestra elementare. Venne incaricato di dirigere la scuola un giovane istruttore, Edy Brunetti, che aveva fatto le sue prime esperienze a Gressoney. Gli inverni miti di La Magdeleine, soprattutto se confrontati con i rigori invernali di Gressoney, furono apprezzati da Edy e da una fitta schiera di allievi che negli anni hanno

mosso con lui i primi passi sulle piste di sci. Gli anni Settanta furono generosi in fatto di neve e un buon numero di sciatori (anche belgi e francesi) frequentava assiduamente i campi di sci. La scuola ebbe successo e arrivò a dotarsi di sette istruttori. Nei decenni successivi, la moltiplicazione degli impianti in tutta la Valtournenche e l’off ferta sempre più competitiva di altre stazioni sciistiche, oltre alla riduzione delle precipitazioni nevose, rallentarono il flusso degli sciatori e la scuola dovette chiudere. Venne invece mantenuta la squadra dello Sci Club Tantané, allenata dallo stesso Edy Brunetti.


La vie d’antan Pour complĂŠter l’histoire de la CommunautĂŠ, il faut se ďŹ er aux rĂŠcits des Magdeleins qui se souviennent de leur passĂŠ et de celui de leurs ancĂŞtres. NĂŠe dans une famille originaire de Brengon, gĂŠrant l’unique commerce du village, Irma Dujany a grandi dans le village, et a ĂŠtĂŠ le tĂŠmoin des grandes transformations qui ont touchĂŠ le territoire de La Magdeleine. Ses souvenirs se nourrissent de l’intimitĂŠ de la maison et des relations familiales quand elles appartenaient encore au monde atavique de la vie rurale en montagne; ils remontent le cours du XX Xe siècle et arrivent rapidement aux premiers signes du changement, du tournant de l’Êpoque, de l’ouverture de La Magdeleine Ă la nouveautĂŠ, Ă l’Êtranger, au tourisme. Aliments pauvres, simples et naturels: la montagne n’assure l’autosufďŹ sance qu’à condition que l’on soit disposĂŠ Ă travailler durement et dans des conditions difďŹ ciles – dit EďŹ sio Vittaz. Du pain, des pommes de terre, des laitages, quelques lĂŠgumes, voilĂ les aliments les plus communs; la viande, les fruits et les gras vĂŠgĂŠtaux sont rares et coĂťteux, rĂŠservĂŠs aux familles qui en ont les moyens. Dans les jardins potagers, on semait des fèves, des petits pois, des pommes de terre. Alido Artaz raconte que le seigle, le froment, l’orge et l’avoine ĂŠtaient semĂŠs jusqu’aux champs de Le Leyes, au-dessus d’Artaz. La moisson se faisait autour du 22 juillet mais parfois, Ă cause des saisons fraĂŽches et pluvieuses, on coupait le blĂŠ en septembre. Les parcelles ĂŠtaient très petites au point qu’elles ont dues ĂŞtre abandonnĂŠes lorsque se gĂŠnĂŠralisa l’usage des machines agricoles: il ĂŠtait alors impossible d’en retirer quelque chose mĂŞme en les travaillant. La vie du montagnard ne connaĂŽt pas de rĂŠpit et son apport Ă l’Êconomie familiale est fondamentale: ÂŤJ’ai commencĂŠ Ă aller dans les alpages – dit Robert Vittaz – Ă l’âge de sept ansÂť. ÂŤLes fĂŞtes ĂŠtaient attendues avec joie. Le dimanche, il fallait bien s’habiller pour aller Ă la messe et pour retrouver ses copains au bar, ĂŠchanger quelques mots, aller au terrain du palet ou simplement sur la place, pour le goĂťt d’être ensemble un jour de fĂŞteÂť se souvient Lino Vittaz. Anna Chiaraviglio raconte que ÂŤle soir, dans notre bar se rassemblaient les vieux du village et comme pendant les veillĂ d’antan, on se racontait les dernières nouvelles. Il se crĂŠait une atmosphère tellement magique que les faits se matĂŠrialisaient aux yeux des enfants au point que les esprits et les personnages extravagants devenaient de vrais personnagesÂť. KlĂŠbert Vittaz racontait il y a quelques annĂŠes la fascination et la joie qu’apportait la fĂŞte patronale, ce jour tant attendu des enfants et des adultes pour assister Ă la Messe chantĂŠe, Ă la vente aux enchères et participer au grand repas de famille; ensuite dans l’après-midi et jusqu’à la nuit, on dansait au son de l’orchestre venu de Châtillon. Albertina Vittaz se souvient qu’on dansait partout oĂš il y avait de la place et de l’allĂŠgresse: Ă la cuisine, dans l’Êtable, dans les granges. Son mari Guido jouait de l’accordĂŠon, mais la musique et le chant ĂŠtaient pour tout le monde: les chansons Ă la mode ĂŠtaient chantĂŠes par plusieurs personnes d’un village Ă l’autre, pour former un seul chĹ“ur malgrĂŠ les distances et les hauteurs diffĂŠrentes. La transformation radicale de la communautĂŠ commença avec la rĂŠalisation de la route carrossable qui allait d’Antey Ă La Magdeleine. Avant que le tourisme n’arrive Ă La Magdeleine et que naissent les structures d’accueil modernes, il n’y avait qu’une seule auberge Ă l’entrĂŠe du village; elle accueillait les quelques touristes et, en 1961, elle fut agrandie et transformĂŠe en HĂ´tel TantanĂŠ qui existe toujours. En 1963 fut inaugurĂŠ l’HĂ´tel Miravidi sur un terrain de propriĂŠtĂŠ de la famille d’EďŹ sio Vittaz. Puis il y eut le RĂŠsidence Lo Scoiattolo et le bar Lo Sport.


Life in the Past In order to complete our history of the community we must turn to the accounts of the Magdeleins themselves, who recall their past and the past of those before them. Born to a family that hails from Brengon, the managers of the only commercial activity in the village, Irma Dujany grew up in the context of village life and yet lived through the most significant transformations that occurred in the La Magdeleine territory. Her recollections dwell on the intimate atmosphere of her home and family relationships when these were still an integral part of the ancestral world of rural life in the mountains, and then go back along the course of the twentieth century, including the first signs of an epoch-making change, when La Magdeleine became receptive to innovation, to external stimuli, and to tourists. Simple and natural food: the mountain ensures self-sufficiency only if one is willing to work hard in conditions that in some cases are prohibitive – so says Efisio Vittaz. Bread, potatoes, milk by-products, and some vegetables are the most common foods; meat, fruit and vegetable fats are rare and expensive, and only the well-to-do families could afford them. Broad beans, peas, potatoes and radishes were grown in the kitchen gardens. Alido Artaz relates that rye, wheat, barley and oats were sown even as far away as the fields of Leyes, above Artaz. The grain was scythed around July 22, but when the weather was cool and rainy this work could be done as late as September. The plots of land were so small that when farm machinery began to be used they were abandoned because were unproductive under these conditions. There is no rest for those who live in the mountains, and already when they are young the mountain dwellers make a fundamental contribution to the family economy: «I began to take the flocks to the mountain pastures when I was seven years old», says Robert Vittaz. «The holidays were particularly close to the hearts of the people. On Sunday, one wore one’s best clothes to go to Mass and then to the café to chat, to the palett (bocce) field, or simply to the square, just for the pleasure of being together on a holiday», Lino Vittaz recalls. Anna Chiaraviglio relates: «The elderly persons of the village would gather in our bar in the evening and, as in the veillà d’antan [the evenings when the farmers would gather in the stable to chat while working], they would relate recent events. This created an atmosphere so magical that the events related actually materialized for the children, and spirits and bizarre persons became reality. A few years ago Klébert Vittaz spoke about the enchantment and merriness that prevailed on the patron saint’s feast day, a day eagerly awaited by children and adults alike. First there was High Mass, followed by the auction sale and a huge dinner en famille; then, in the afternoon and well into the evening, people danced to the music played by the orchestra that came from Châtillon. Albertina Vittaz on the other hand recalls that people danced wherever there was space and a lively atmosphere: in the kitchen, in the stable, in the grange. Her husband Guido played the hurdy-gurdy, but music and singing were resources at everyone’s disposal: the songs that were popular were sung by several persons together, passing from one village to the other, thus forming a sort of single, unified choir that overcame the obstacles of distance and different altitudes. The radical transformation of the community began with the creation of the road connecting Antey and La Magdeleine. Before tourism arrived at La Magdeleine, accompanied by the construction of modern lodging structures, there was only one inn at the entrance to the village that offered hospitality to the few customers who went there. This was enlarged in 1961 and converted into the present-day Hotel Tantané. In 1963 the Miravidi Hotel was inaugurated in land belonging to the family of Efisio Vittaz. Later on, the Lo Scoiattolo residence and Lo Sport bar were opened.



Il futuro

Il cuore antico di La Magdeleine, con i suoi venti secoli trascorsi all’ombra del monte Tantané, è stato analizzato e raccontato nelle pagine precedenti; le tracce del passato anche più lontano hanno lasciato segni e indizi ancora leggibili, sui quali costruire progetti per il futuro, nella migliore tradizione possibile di un popolo che riconosce il valore della propria storia. Si tratta di un valore culturale che ha mille risvolti, non ultimo quello economico. Da anni ormai la cittadinanza compie notevoli sforzi per orientare l’offerta turistica verso valori culturali autentici, ma si scontra con un mercato che purtroppo tende a diventare sempre più spesso anonimo e omologato su iniziative e offerte standardizzate. Consci della propria identità, orgogliosi e fieri di appartenere ad un’antica comunità, i magdeleins tesaurizzano la propria storia e la restituiscono agli occhi del mondo nelle forme più moderne del turismo culturale: manifestazioni, celebrazioni, feste religiose e non solo. L’anno è scandito da alcuni eventi che richiamano in numero crescente visitatori provenienti da altri Comuni della Valle d’Aosta e dalle regioni limitrofe. I villeggianti più affezionati vivono ogni anno la magia della fiaccolata del 30 dicembre, occasione d’incontri e scambio di auguri nell’allegria della festa e del fuoco crepitante al contatto con la neve. Dai villaggi che compongono il paese cortei illuminati dalle fiaccole formano un gigantesco serpentone che si snoda lungo la strada, raggiungono il piazzale dell’area sportiva dove si attendono i più coraggiosi che scendono dalla pista innevata con le fiaccole accese. È un tripudio di fuoco e fiamme che

fa dimenticare il freddo e la notte che avanza. Un nuovo anno può iniziare con i migliori auspici! Da una decina d’anni l’Amministrazione comunale ha dato il via ad una manifestazione che ha riscontrato notevole successo, in cui la tradizione, la vie d’antan e l’occasione religiosa della festa patronale si coniugano armoniosamente: la Veillà, la riproposizione di un momento molto amato dai magdeleins, che viene ricostruito in termini di richiamo turistico. La manifestazione si svolge quindi in corrispondenza della festa di Santa Maria Maddalena, alla fine di luglio. Già alla vigilia, per le strade di Brengon si allestiscono banchetti di prodotti tipici e piatti preparati per l’occasione: zuppa di pane nero e salsiccetta, polenta e spezzatino, affettati, dolci, frittelle di mele, panna montata e frutti di bosco. Canti, musica e balli movimentano e allietano il percorso. L’indomani, giorno dedicato a Santa Maria Maddalena, si celebra la messa, e al suono delle fisarmoniche la festa prosegue nel pomeriggio tra le merci in vendita al mercatino e le passeggiate lungo il Sentiero dei mulini. Sono solo un centinaio gli abitanti residenti a La Magdeleine; tuttavia sono in grado di far fronte a esigenze organizzative molto complesse e onerose, grazie alla partecipazione convinta e sinergica di tutte le generazioni presenti in paese: giovani e anziani, fianco a fianco, si sobbarcano un lavoro lungo e faticoso di preparazione e messa in opera degli eventi. In più, alcuni giovani qualche anno fa hanno costituito l’associazione culturale La Beurta Teta con l’intento di migliorare l’offerta turi

Gita a La Maddalena d’Aosta, a 17 agosto 1941. A sinistra, Osvaldo Formica; al centro, Guido Artaz. Collezione Enrico Formica.


Pane nero e pandolce sfornati in occasione della Festa del pane.

stica del paese. Ora l’associazione lascia il posto ad un’organizzazione più complessa quale è la Proloco, ma i presupposti non cambiano, poiché per tutti l’obiettivo rimane quello di risvegliare e incrementare l’interesse per il piccolo centro montano. Tra i vari avvenimenti, la Festa del pane da alcuni anni è diventata un appuntamento imperdibile. Si svolge nel primo weekend di ottobre e ogni volta è una sfida con il tempo meteorologico e con gli impegni che trattengono i villeggianti in città. Ma fin qui la fortuna e la fama hanno avuto la meglio regalando sempre una giornata divertente, interessante, piacevole; così il passaparola fa aumentare di anno in anno il numero di partecipanti alla mostra mercato dell’artigianato e alla cena preparata dai volontari,

che si raccolgono intorno agli organizzatori. Du blé au pain – così si chiama la manifestazione – si propone non solo come momento di folklore locale e quindi rivolto ai turisti, ma vuole evidenziare il valore culturale che è insito nella produzione del pane, alimento costante e nel contempo sacro di ogni generazione. La manifestazione si svolge in due giornate che hanno entrambe un filo conduttore comune, evidenziato in incontri di approfondimento culturale e in attività ludiche, gastronomiche, ricreative. La serata del sabato è dedicata invece alla degustazione di piatti tipici e alle danze. Poiché il pane è il re della festa, l’indomani di buon’ora si fa la prima sfornata. Pane nero e pandolce vengono cotti nel forno di Brengon e di Vieu, mentre i bambini possono cimen-


tarsi con la pasta per farne pizzette, dolcetti e piccole forme di pane. Il pane appena sfornato viene immediatamente utilizzato e consumato per accompagnare fontina e salame, oltre all’immancabile lardo. La giornata è dedicata anche a tutte le operazioni che nel passato si svolgevano per produrre il pane: la macinatura con le pietre del mulino ancora gracchianti, la battitura del grano nell’aia, la cottura nei forni dei villaggi. Nelle vie e negli spazi aperti si può osservare come la comunità sapesse adattarsi ad una forma di autarchia ante litteram. Artigiani del legno, del ferro, della lana si esibiscono nei mestieri di un tempo: maniscalco, fabbro, mugnaio, stagnaro e ramaio, cestaio, ma anche ricamatrici di finissimi e preziosi lavori all’uncinetto e ai ferri.

Un simpatico trenino fa la spola tra le frazioni; un modo comodo per conoscere la vie d’autrefois. La Commissione della Biblioteca propone ogni anno un programma culturale nel quale trovano posto mostre, spettacoli e laboratori per bambini, concerti e presentazioni di libri. Da dieci anni, nel mese di agosto, nei locali della Torretta, si svolge l’originalissima e spiritosa iniziativa Ò visto un re, che presenta la caricatura internazionale (Marilò), la satira politica italiana (Emilio Giannelli) e mondiale (le vignette del disegnatore bosniaco Hasan Fazlic e del vignettista francese Loup), dove il potere e la notorietà sono proposti al pubblico attraverso la sferzante ed elegante fantasia e l’abilità grafica dell’umorista. Nell’ultima

Momento di relax al Du Village di Vieu.


Area sportiva, ricreativa, e centro per le attività culturali. La vasca occupa l’area della grande pissine, e da sempre riserva d’acqua per l’alimentazione dei mulini. 150°

edizione (2010) sono state ospitate le caricature di Giorgio Forattini. Sono soprattutto le giovani famiglie a frequentare la stazione sciistica di La Magdeleine; gli impianti si prestano all’apprendimento delle prime tecniche, e i genitori possono seguire da vicino e magari divertirsi con i propri figli trascorrendo intere giornate sulla neve. Per la sicurezza degli sciatori e per rispondere ad un’esigenza diffusa, l’Amministrazione ha in progetto l’ampliamento dello Snowpark nell’area sud degli attuali impianti, con l’intento di agevolare la frequentazione di bambini e adolescenti. L’attenzione alle nuove generazioni è riscon

trabile anche nell’allestimento del percorso didattico sulle energie alternative che mostrerà le potenzialità di vento, acqua e fuoco in uno degli itinerari del Trekking autour du Cervin promosso dalla Comunità montana Monte Cervino. Nell’ottica dell’intercomunalità e quindi della collaborazione tra diversi Comuni che condividono esigenze ed aspettative, sono stati messi in cantiere due progetti che riguardano il comprensorio La Magdeleine-Chamois e che mirano ad uno sviluppo congiunto del turismo, sia invernale, permettendo un collegamento agevolato e diretto tra gli impianti sciistici dei due Comuni, sia estivo con la proposta di Bike


sharing, g un’opportunità interessante per quanti vogliano pedalare sulla strada intercomunale interdetta alle auto e ai mezzi motorizzati. La Magdeleine sta scoprendo gradualmente una vocazione culturale, a cui forse non si pensava negli anni addietro, che ben si coniuga alle aspettative tipiche del turismo montano, vale a dire la godibilità dell’ambiente, il relax, le escursioni, le passeggiate naturalistiche e le attività sportive. Per rendere fruibile nella maniera più consona e sicura questo ampio patrimonio l’Amministrazione comunale e la cooperativa Achillea hanno messo a punto un programma di visite guidate e di supporto logistico.

Il Sentiero dei mulini è un percorso che si snoda lungo il torrente e porta a visitare otto degli antichi mulini perfettamente restaurati e allestiti come museo etnografico. A completamento della passeggiata, si possono visitare i forni di villaggio, anch’essi restaurati recentemente; tornano a funzionare come nei vecchi tempi in occasione della festa del pane e di altre manifestazioni organizzate dagli abitanti dei villaggi, come la festa di Santa Barbara a Vieu. Le passeggiate al monte Tantané e al sito protostorico in corso di scavo sono organizzate dalla cooperativa Achillea debitamente autorizzata dalla Soprintendenza ai beni archeologici della Valle d’Aosta.

Nelle pagine seguenti: momenti di vita quotidiana, attività sportive, feste e manifestazioni. Le fotografie a pagina 202 e 204 in alto a destra sono di Maria Vassallo. La fotografia a pagina 202 in basso a sinistra è di Daria Covolo.






Tramonto a La Magdeleine.


Bibliografia AA.VV., Archeologia in Valle d’Aosta. Dal Neolitico alla caduta dell’Impero romano 3500 a.C. - V secolo d.C., Aosta 1981 AA.VV., Casa Savoia e la Valle d’Aosta, Torino 1989 AA.VV., La Magdeleine. Histoire, chroniques, personnages, Aosta 1992, versione francese a cura di Christiane Dunoyer AA.VV., La Magdeleine. Storia Cronache Personaggi, Aosta 1992 AA.VV., Les Institutions du Millénaire, Conseil Régional de la Vallée d’Aoste, Musumeci, Aosta 2001 AA.VV., L’esprit communautaire, Les amis d’Avise, Aosta 2004 AA.VV., Murs d’alpages, Priuli & Verlucca, Scarmagno 2009 Augusta Vittoria Cerutti, La plaine et la montagne de la Vallée d’Aoste, Musumeci, Aosta 1980 Ernesto Challancin, La Magdeleine, Le Château Edizioni, Aosta 2004 Marco Cuaz, Fra stati sabaudi e Regno d’Italia, in Storia d’Italia. La Valle d’Aosta, Einaudi, Torino 1995 F.G. Frutaz, Documents relatifs à l’invasion française de 1691, in “Bulletin de l’Académie SaintAnselme”, XX (1913) Cristina Griva (a cura di), Ricerca etnobotanica sul territorio comunale de La Magdeleine, 2009 Bernard Janin, Le Val d’Aoste: tradition et renouveau, Musumeci, Aosta 1991 Luca Mercalli, Daniele Cat Berro, Sofia Montuschi, Atlante climatico della Valle d’Aosta, Torino 2003 Franco Mezzena, Habitat protohistorique au Mont Tantané, Bollettino della Soprintendenza per i Beni Culturali, 2003-2004, Regione Autonoma Valle d’Aosta Charles Passerin d’Entrèves, La tempëta dessu noutre montagne, Istituto Storico della Resistenza, Aosta 1975 Francesco Prinetti, Andar per sassi, Musumeci, Aosta 2010 Regione Autonoma Valle d’Aosta, Società Meteorologica Subalpina, Cambiamenti climatici in Valle d’Aosta, Torino 2006 Claudine Remacle, Architecture rurale, Quaderni della Soprintendenza per i Beni Culturali della Valle d’Aosta, 3, L’Erma di Bretschneider, Roma 1986 Elio Riccarand, Tullio Omezzoli, Sur l’émigration valdôtaine, Istituto Storico della Resistenza, Aosta 1975 Joseph-Gabriel Rivolin, Maria Costa, Appunti di storia della Valle d’Aosta, Région Autonome Vallée d’Aoste, Assessorat de l’Éducation et de la Culture, Aosta 2010 Giuseppe Roddi, Il Coutumier valdostano (1588), Quart 1994 Maria Cristina Ronc, Monte Cervino, guida storico-artistica, Centro documentazione alpina, Torino 1990 Paolo Sibilla, Pier Paolo Viazzo, Cultura contadina e organizzazione economica, in Storia d’Italia. La Valle d’Aosta, Einaudi, Torino 1995 Vincent Trèves, Entre l’histoire et la vie, Le Château Edizioni, Aosta 1999 Stefano Unterthiner, Boschi e Camosci, Fiori Rossi e Ghiacciai, Musumeci, Aosta 2000 Maria Vassallo, La Magdeleine nei documenti d’archivio. Frammenti di storia dal XIII al XIX secolo, Biblioteca Comunale di La Magdeleine, Torino 1994 André Zanotto, Histoire de la Vallée d’Aoste, Editions Musumeci, Aosta 1980



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