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Chiesa, sempre apostolica
DI NAZZARENO MARCONI *
Leggere l’immagine della Parrocchia secondo il Concilio sul filo delle caratteristiche fondamentali della Chiesa che è Una, Santa, Cattolica ed Apostolica ci conduce a completare la nostra riflessione soprattutto attorno al tema dell’Apostolicità.
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Come insegna Lumen Gentium
23 «I singoli vescovi, invece, sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari; queste sono formate ad immagine della Chiesa universale, ed è in esse e a partire da esse che esiste la Chiesa cattolica una e unica». L’unità della Chiesa non è l’unità di un esercito, o di una organizzazione produttiva, ma quella di un corpo che nasce dalla sinergia libera e positiva in cui ogni membro è valorizzato e contribuisce al cammino comune.
A partire da questa “unità cattolica” possiamo riflettere sul tema dell’Apostolicità della Chiesa, che non è semplicemente il fatto che in ogni Chiesa particolare c’è un successore degli Apostoli che la collega vitalmente con Gesù.
L’Apostolicità della Chiesa, che deve riverberarsi nella parrocchia, ci porta al confronto vitale con una realtà molto concreta: il gruppo degli Apostoli di Gesù e la loro vita di fede. Dice Lumen Gentium 20 «La missione divina affidata da Cristo agli apostoli durerà fino alla fine dei secoli (cfr. Mt 28,20), poiché il Vangelo che essi devono predicare è per la Chiesa il principio di tutta la sua vita in ogni tempo […] I vescovi dunque hanno ricevuto il ministero della comunità per esercitarlo con i loro collaboratori, sacerdoti e diaconi […] essi presiedono in luogo di Dio al gregge di cui sono pastori quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo della Chiesa».
La continuità tra il gruppo degli Apostoli di Gesù e lo stile di vita della comunità ecclesiale in tutte le sue articolazioni appare molto forte. Tutta la parrocchia secondo il Concilio deve vivere avendo lo stile apostolico come modello e il vescovo e i suoi collaboratori debbono essere maestri, testimoni e modelli di questo stile apostolico. Perciò l’idea di parrocchia che troviamo nei documenti del Vaticano II non è di certo quella di un gregge che segue passivamente i propri pastori. Nella comunità matura
Porto Recanati, una parrocchia che guarda avanti
a pagina 4
Don Ihor: «Crimini intollerabili»
Il vescovo: il pastore e i suoi collaboratori debbono essere maestri e testimoni. Nella comunità matura non ci sono da una parte i protagonisti e dall’altra i consumatori, ma tutti sono membri attivi non ci sono protagonisti e consumatori, ma tutti sono membri attivi. Dice Lumen Gentium
32: «Quantunque alcuni per volontà di Cristo siano costituiti dottori, dispensatori dei misteri e pastori per gli altri, tuttavia, vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i fedeli per l’edi-
AGENDA
Celebrazioni verso la Pasqua
10 aprile - Domenica delle Palme - ore 10.30 Benedizione delle palme in Piazza della Libertà. A seguire S.Messa ai giardini Diaz ore 18.00 Apertura 40 ore san Flaviano (Recanati)
14 aprile - Giovedì Santoore 10 Messa crismale all’Abbadia di Fiastra ore 18.30 Messa in Coena Domini a San Giorgio (Macerata)
15 aprile - Venerdì Santoore 17.30 Liturgia dell’adorazione della croce a San Giorgio (Macerata) ore 21.00 Liturgia del Cristo Morto - partenza dalla Chiesa del Sacro Cuore (Macerata)
16 aprile - Sabato Santoore 21.00 Veglia di Pasqua a San Giorgio (Macerata)
Non c’è solo una diffusa povertà di compagnie o di intimità: tanti si sentono abbandonati ed esclusi Questo genera rabbia e ostilità ficazione del corpo di Cristo. La distinzione infatti posta dal Signore tra i sacri ministri e il resto del popolo di Dio include l’unione, essendo i pastori e gli altri fedeli legati tra loro da un comune necessario rapporto». Nel gruppo degli apostoli che seguivano Gesù appare una immagine di comunità fortemen- te diversificata, nella quale si riconoscono dei ruoli diversi: Pietro ha l’innegabile compito di essere un riferimento unitario e unificante, ma nella piena coscienza che Pietro da solo ha limiti di carattere, di valutazione, di poca fede soprattutto davanti alla prova. Tanto da giungere a rinnegare il Signore. Il libro de-
Luigi
Don Luigi Taliani si è spento ieri alle 15, dopo una lunga malattia che lo aveva costretto a numerosi e prolungati periodi di ricovero. Alle 12 aveva ricevuto i conforti religiosi. Nato il il 26 ottobre del 1943 a Villa Torre di Cingoli, vicario parrocchiale all’Immacolata di Macerata, è stato a lungo direttore di “Emmaus” e di “Radio Nuova Macerata”, oltre che responsabile delle Comunicazioni sociali diocesane. Per molti anni è stato assistente diocesano e regionale dell’Azione cattolica ragazzi, e ancora attualmente della Fuci.
gli Atti sembra riconoscerlo, tanto che quando Pietro sarà in prigione, tutta la Chiesa si metterà in preghiera per lui per sostenerlo (At 12,1-17). Accanto a Pietro altri due: Giacomo e Giovanni sono più vicini a Gesù e testimoni privilegiati di momenti chiave come la trasfigurazione (Mc 9,1) e l’agonia nell’orto (Mc 14,33). Ma nel gruppo degli Apostoli c’è ancora diversità di compiti e responsabilità, come l’amministrazione dei beni per i poveri affidata a Giuda (Gv 12,4-6), o la cura per la preparazione dell’ultima cena (Mt 21,1) affidata a due discepoli di cui non sappiamo il nome. Per raggiungere nella concretezza questa azione corresponsabile entro la Chiesa locale fino alla sua articolazione in Parrocchie o Unità Pastorali, il Concilio ha raccomandato l’istituzione di una serie di Consigli «sia a livello diocesano che parrocchiale o interparrocchiale […] nei quali collaborino convenientemente clero e religiosi con i laici […] che aiutino il lavoro apostolico della Chiesa, sia nel campo dell’evangelizzazione e della santificazione, sia in campo caritativo, sociale e altri» (AA 26). Nella nostra Diocesi si cammina secondo questa visione con la costituzione dei Consigli pastorali di Unità pastorale che tramite i loro Segretari laici formano l’ossatura del Consiglio pastorale diocesano, così come i presbiteri coordinatori delle stesse Unità pastorali formano il Consiglio presbiterale, per dare unità nella diversità al cammino di tutte le nostre parrocchie. Ma se tutto quanto precede non diventa convinzione profonda e regola di vita per pastori e fedeli, non saranno certo i Consigli a fare magicamente sia la comunione dei fedeli, che il rinnovamento delle parrocchie e diocesi che il Concilio ci indica. * vescovo
Dal 24 febbraio scorso le bombe della Russia di Putin non sono cadute soltanto dal cielo dell’Ucraina, ma hanno risuonato in tutto il Vecchio Continente, scuotendolo dalle certezze di una pace duratura, pur tra i molti distinguo e le controversie della storia. «L’Europa ha capito, spero non sia tardi, è il tempo delle tenebre, chiedo al Signore che infonda la luce in tutti noi», afferma come da eco don Ihor Olkhovskyi rivolgendosi a Dio e agli uomini. In questa ferma preghiera del direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della diocesi di Macerata si comprende però come non sia questo il tempo della rassegnazione. Nato in Ucraina, fin dalle prime fasi dell’invasione russa don Ihor si è mosso per tenersi in stretto contatto con i familiari rimasti al confine con la Crimea e con i primi connazionali, donne e bambini, in fuga verso l’Europa. Un ponte umanitario necessario quanto fondamentale da contrapporre a un’operazione militare tutt’altro che «speciale», come descritta dal presidente russo Vladimir Putin. Alla distruzione delle città ucraine è infatti seguita la diaspora vicina ormai ai due milioni di persone scappate nei vicini Paesi europei, alcune delle quali dirette in Italia. Nonostante ciò, nelle parole di don Ihor vive una speranza di pace: «Come sacerdote posso solo invitare a pregare perché cessi questo conflitto assurdo – afferma –, persone uccise, territori bombardati, un’azione bellica guidata da motivazioni assurde». Don Ihor non dimentica come l’Ucraina sia in realtà da ben otto anni in conflitto: «Una guerra creata artificialmente – spiega –, attraverso l’annessione dei territori come la Crimea e il supporto di separatisti manipolati dall’esercito russo». Il pensiero del direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso va poi al popolo russo: «Credo che viva in ostaggio della pazzia di Putin –commenta –, di un uomo che minaccia il mondo col terrore che incutono le armi nucleari. I russi sono vittime del proprio presidente. Spero che reagiscano, che facciano anche loro qualcosa, perché il mondo è sul crinale più pericoloso dalla sua storia. Le maschere sono state tolte, siamo assistendo a intollerabili crimini di guerra contro bambini e famiglie».
Andrea Mozzoni
Contro la solitudine, esserci uno per l’altro
DI GIANCARLO CARTECHINI
«Quando

potremo riabbracciarci?». Sto tornando a casa insieme a mio figlio. La cena è andata bene. L’anniversario di un viaggio in India è stato il pretesto per ritrovarmi con Sauro e Rita dopo tanti anni. Ci siamo lasciati da vecchi amici, uscendo dal ristorante singalese nella zona del porto. «Namasté!». «Alla prossima!». E poi, inevitabile, l’imbarazzo al momento del saluto: carezza? Tocco sulle spalle? Un goffo accenno di abbraccio, scrutando le reazioni dell’altro… «Quando torneremo ad abbracciarci?». Gli interrogativi di un figlio sono sempre in agguato. A volte ci colgono di sorpresa, col- piscono in ripartenza. Altre volte, invece, giocano di anticipo. Esprimono qualcosa che anche tu stai pensando. Un attimo prima, però. «Mi è sempre piaciuto abbracciare le persone, cercarne il contatto; ma ora mi chiedo se sarò ancora in grado di farlo, quando tutto sarà passato. Riusciremo a tornare come prima?». Già. Riusciremo a tornare come prima? Me lo sto chiedendo anche io. Shamsia Hassani, una artista afghana che espone in tutto il mondo, ed orna di murales visionari i muri diroccati degli edifici di Kabul, ha scritto in un graffito: «L’acqua può ritornare in un fiume arido, ma cosa succede al pesce morto?». Viviamo nel “secolo della solitudine”, afferma l’economista inglese Noreena Hertz nel saggio omonimo. La mancanza di contatto fisico, con tutto il malessere che ne consegue, rappresenta solo uno degli aspetti più evidenti di un fenomeno tentacolare, radicato all’interno di un ecosistema nel quale sembra non trovare ostacoli: ha risvolti pesanti dal punto di vista sanitario (ci si ammala di solitudine nel corpo, non solo nella psiche), sociale e perfino politico; rappresenta una minaccia per una democrazia che voglia essere tollerante ed inclusiva.
Il fenomeno ha origini lontane: la crisi pandemica non ha fatto altro che accentuare un processo iniziato con la svolta neo liberista degli anni 80, quando molti valori della vita sociale – la soli- darietà, la comunità, e perfino la gentilezza – sono stati marginalizzati. La solitudine non è solo il disagio che prova chi è povero di compagnie, o di intimità. Non riguarda solo la sfera degli affet- ti. È anche la frustrazione provata da chi sente di essere abbandonato da parte dei propri concittadini, dai datori e compagni di lavoro, dalle istituzioni. È la percezione di sentirsi politicamente ed economicamente escluso. Un sentimento che genera rabbia, ostilità, e ha una ricaduta pesante anche nelle urne elettorali. Cosa si può fare, allora, affinché le persone si sentano accudite, in un mondo in cui le risorse sono sempre più scarse? Come fare in modo che gruppi sociali già vulnerabili non siano emarginati an- cora di più? Insomma: come riunire le persone in un mondo che si sta disgregando? Il saggio è ricco di esempi virtuosi relativi alla vita in famiglia, al mondo del lavoro, al quartiere nel quale si abita. Possono sintetizzarsi in un unico suggerimento: favorire incontri, micro interazioni, progetti comuni, tra persone di diversa estrazione e cultura. L’esatto contrario degli algoritmi, che propongono sempre pensieri a noi affini, e i diversi solo per consentirci di polemizzare urlando. In fondo – conclude l’autrice – l’antidoto al secolo della solitudine può essere solo l’esserci l’uno per l’altro. Il futuro è nelle nostre mani, in mille piccoli abbracci d’argento sopravvissuti alla siccità.
DI ANTONINO VALENTINO *
La
Missio ad gentes di Mikkeli, in Finlandia, dove mi sono trasferito circa due anni fa, è iniziata nel marzo 2015, su richiesta del vescovo di Helsinki e con l’invio e la benedizione delle prime quattro famiglie, nell’aula Paolo VI in Vaticano da parte di papa Francesco. In quell’occasione fu lo stesso Pontefice a spiegare il carisma di queste famiglie, provenienti dal Cammino neocatecumenale e la loro specifica missione per la “nuova evangelizzazione”, dicendo: «Sono particolarmente contento che questa missione si svolga grazie a famiglie cristiane che, riunite in una comunità, hanno la missione di dare i segni della fede che attirano gli uomini alla bellezza del Vangelo [...]. Que-

L’esistenza può essere valutata come tempo cronologico, ma anche condizione fisica, psicologica e persino pedagogica, con i bisogni educativi enormemente ampliati ste comunità — disse il Papa — sono formate da un presbitero e da quattro o cinque famiglie, con figli anche grandi, e costituiscono una Missio ad gentes, con un mandato per evangelizzare i non cristiani, quelli che non hanno mai sentito parlare di Gesù Cristo, e i tanti non cristiani che hanno dimenticato chi è Gesù Cristo, i non cristiani cioè battezzati, ai quali la secolarizzazione, la mondanità e tante altre cose hanno fatto dimenticare la fede […]. Voi — rivolgendosi alle famiglie — avete ricevuto la forza di lasciare tutto e di partire per terre lontane grazie a un cammino di iniziazione cristiana, il Cammino neocatecumenale, vissuto in piccole comunità, dove avete riscoperto le immense ricchezze del vostro Battesimo […] e che sta realizzando queste Missio
Don Antonino Valentino opera in Finlandia dove i cattolici sono solo 11mila, in aumento solo grazie agli immigrati ad gentes in mezzo ai non cristiani, per una Implantatio Ecclesiae, una nuova presenza di Chiesa, là dove la Chiesa non esiste o non è più in grado di raggiungere le persone» (Francesco, Discorso ai rappresentanti del Cammino neocatecumenale, 6/03/2015). Mikkeli, situata a Sud Est nella ragione finlandese più ricca di laghi, è una cittadina con circa 50 mila abitanti e pur avendo avuto dei trascorsi cattolici fino al XVIII secolo, oggi è di professione evan-