Pediatria 3 2017 webrgb

HPV e disinformazione

Ecco come ti predico il talento del tuo bambino

Il caso “Report” e la cattiva informazione sul vaccino contro il Papillomavirus.

Per il quale, ora, aumenta anche l’ombrello di protezione. pagina14

Il mercato dei test genetici DTC si è ampliato, rispetto all’ambito medico e legale-identitario, alla valutazione di tratti e condizioni non patologiche. pagina 16 E si rivolge ai genitori.

www.sip.it

Mensile - Poste italiane spa - Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/13/2011 - Un fascicolo € 25

Magazine della Società Italiana di Pediatria

volume 7 | numero 3 | aprile-maggio 2017

Nascere di più (e meglio) si può Solo 485.780 nati in Italia nel 2015. Quasi il 9% da madre almeno 40enne. Poco più di un figlio in media per donna italiana.

Sono i numeri – allarmanti – della crisi della natalità e della fertilità in Italia. E che si sommano a quelli – preoccupanti – sui punti nascita con meno di 500 nati/anno ancora attivi sul territorio nazionale, dove il rischio del mancato rispetto dei criteri minimi di qualità e sicurezza del parto è reale. Senza contare le diseguaglianze nell’assistenza sanitaria tra le diverse Regioni che non risparmiano nemmeno la neonatologia. Anzi, medicina neonatale e terapie intensive diventano un banco di prova importante della volontà istituzionale di affrontare il tema delle diseguaglianze di salute (e di sanità). I pediatri possono, devono, essere il motore di un cambiamento culturale che permetta di tornare a dare il giusto valore alla maternità e invertire la rotta della natalità. Oltre a collaborare con le istituzioni e la società civile tutta per dare pari opportunità prima, durante, e dopo la nascita. Partendo anche dalla certezza di una buona nascita sicura. Perché nascere di più e meglio si può, anche in Italia.

Accoglienza dei minori stranieri non accompagnati: una nuova Legge Approvata finalmente alla Camera una nuova Legge, la prima in Europa, sull’accoglienza dei minori non accompagnati.

Importanti le novità. pagina 18

G. Toffol L. Todesco L. Reali

INQUINAMENTO E SALUTE DEI BAMBINI Cosa c’è da sapere, cosa c’è da fare SECONDA EDIZIONE

I servizi alle pagine 3, 10-13

Sezioni regionali SIP I risultati delle elezioni per rinnovare i Consigli Direttivi in 6 Regioni: Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Umbria, Veneto. pagina 25

I

niziamo dai dati, fonte ISTAT (in virgolettato alcuni passaggi del report).

Nel 2015 in Italia sono nati 485.780 bambini (-16.816 rispetto al 2014, -91.000 rispetto al 2008).

“Il calo è attribuibile principalmente alle coppie di genitori entrambi italiani. I nati da questa tipologia di coppia scendono a 385.014 nel 2015 (oltre 95 mila in meno negli ultimi 7 anni). Ciò avviene perché le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose e allo stesso tempo mostrano una propensione ad avere figli sempre più bassa”.

“L’8,3% dei nati nel 2015 ha una madre di almeno 40 anni, il 10,3% una sotto i 25 anni di età. La posticipazione della maternità è molto accentuata per le madri italiane: il 9,3% ha più di 40 anni, quota che supera quella delle madri under 25 (8,2%)”.

“Prosegue la diminuzione della fecondità in atto dal 2010. Il numero medio di figli per donna scende Alberto Villani a 1,35 (1,46 nel 2010). Le donne italiane hanno in Presidente SIP media 1,27 figli (1,34 nel 2010), le cittadine straniere residenti 1,94 (2,34 nel 2010)”.

Anche la persona più ottimista, osservando questi dati, deve prendere atto di una situazione grave, allarmante, che richiede provvedimenti urgenti.

Perché in Italia nascono così pochi bambini?

Quali possono essere le ragioni per cui “le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose e allo stesso tempo mostrano una propensione ad avere figli sempre più bassa”? È sufficientemente noto, tra la popolazione, che la donna raggiunge il picco massimo di fertilità tra i 18 e i 28 anni, tra i 28 e i 33-35 anni inizia a ridursi e dopo i 35 anni la capacità riproduttiva declina irrimediabilmente? È chiaro che passati i 42 anni la fertilità risulta estremamente ridotta e cessa dopo i 45 anni salvo casi eccezionali? Queste “banali”

informazioni sono note alla popolazione? Viene insegnata nelle scuole la biologia della riproduzione? È solo giusto o è doveroso informare una ragazza, una donna, che esiste un’età in cui poter diventare madre? Può esserci maggiore attenzione alla procreazione medicalmente assistita (PMA) rispetto alla necessità di promuovere campagne per una maternità cosciente, preparata, conosciuta nella realtà della biologia e non della più sofisticata biotecnologia? Promuovere la salute significa educare a stili di vita salubri, virtuosi, nel rispetto della biologia. Il diritto a essere informati correttamente è dipendente dal dovere di noi medici di rappresentare le conoscenze scientifiche per quello che sono e non corrette in base alle “richieste” dell’“utente”. Esiste un’età in cui la fertilità è presente, esiste un’età in cui è ottimale. Nostro dovere è dirlo, diritto delle persone è saperlo.

“Il numero medio di figli per donna scende a 1,35 (1,46 nel 2010)”. Confrontando questo dato con quello di nazioni in cui le donne lavorano in percentuale significativamente più alta che in Italia (Svezia: 72% donne che lavorano; numero medio di figli: 1,80) o con quello di nazioni più povere della nostra (numero medio di figli in Albania 2,06, in Irlanda 1,96), facciamo immediatamente pulizia di due dei più abusati luoghi comuni che vengono tirati in ballo. Non si fanno meno figli perché si è poveri o perché la donna lavora, si fanno meno figli se nella società in cui si vive l’avere figli non è un valore o addirittura rappresenta un limite, uno svantaggio che viene vissuto da molte donne come un problema: questo non dovrebbe mai essere, non dovrebbe essere concepibile.

Cosa possiamo fare come pediatri? Certamente possiamo e dobbiamo fare corretta informazione evidenziando e divulgando i dati ISTAT per quello che sono, anche senza commenti. Possiamo e dobbiamo lavorare per collaborare con i decisori politici perché avvenga un cambiamento culturale che valorizzi la maternità nella nostra società e crei le condizioni per cui nel nostro Paese si sia sensibili a una procreazione socialmente assistita (PSA) e a una procreazione culturalmente assistita (PCA) almeno quanto lo si è alla PMA. Come pediatri auspichiamo un concreto aiuto istituzionale alle donne perché possano sentirsi sicure, protette e felici di divenire madri. Asili, scuole, città a misura di bambino e reti di supporto per le famiglie: tutto questo deve essere garantito.

Come pediatri chiediamo vere e reali “pari opportunità”: chi ha figli non deve essere penalizzato nella vita e nel lavoro. La maternità è un valore per l’intera società civile, per le donne, per gli uomini, per l’intera popolazione.

Possiamo e dobbiamo lavorare per favorire una società attenta all’età evolutiva, che ne favorisca la nascita e la crescita nel migliore benessere psicofisico. Nessuno più dei pediatri ha le giuste e forti argomentazioni per determinare questa “rivoluzione culturale”.

Una Società senza bambini è una Società senza futuro, ma rischia di essere da subito una Socie tà senza presente.

Pediatria numero 3 - aprile-maggio 2017

Editoriale

485.780 nati in Italia nel 2015, ma non se ne parla

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HPV e disinformazione

Ecco come ti predico il talento del tuo bambino

Il caso “Report” e la cattiva informazione sul vaccino contro il Papillomavirus.

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volume 7 | numero 3 | aprile-maggio 2017

Nascere di più (e meglio) si può Quasi 500.000 bambini in meno rispetto al 2015. Quasi il 9% da madre almeno 40enne.

Poco più di un figlio in media per donna italiana. Sono i numeri – allarmanti – della crisi della natalità e della fertilità in Italia. E che si sommano a quelli – preoccupanti – sui punti nascita con meno di 500 nati/anno ancora attivi sul territorio nazionale, dove il rischio del mancato rispetto dei criteri minimi di qualità e sicurezza del parto è reale. Senza contare le diseguaglianze nell’assistenza sanitaria tra le diverse Regioni che non risparmiano nemmeno la neonatologia. Anzi, medicina neonatale e terapie intensive diventano un banco di prova importante della volontà istituzionale di affrontare il tema delle diseguaglianze di salute (e di sanità). I pediatri possono, devono, essere il motore di un cambiamento culturale che permetta di tornare a dare il giusto valore alla maternità e invertire la rotta della natalità. Oltre a collaborare con le istituzioni e la società civile tutta per dare pari opportunità prima, durante, e dopo la nascita. Partendo anche dalla certezza di una buona nascita sicura. Perché nascere di più e meglio si può, anche in Italia.

Accoglienza dei minori stranieri non accompagnati: una nuova Legge

G. Toffol L. Todesco L. Reali

INQUINAMENTO E SALUTE DEI BAMBINI

Approvata finalmente alla Camera una nuova Legge, la prima in Europa, sull’accoglienza dei minori non accompagnati.

Importanti le novità. pagina 18

Cosa c’è da sapere, cosa c’è da fare SECONDA EDIZIONE

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I risultati delle elezioni per rinnovare i Consigli Direttivi in 6 Regioni: Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Umbria, Veneto. pagina 25

volume 7 | numero 3 aprile-maggio 2017

Magazine ufficiale della Società Italiana di Pediatria (SIP) via Gioberti 60, 00185 Roma Tel. 06 4454912 www.sip.it DIRETTORE SCIENTIFICO Alberto Villani DIRETTORE Cinthia Caruso BOARD EDITORIALE Giovanni Corsello Rino Agostiniani Liviana Da Dalt Domenico Minasi Andrea Pession Davide Vecchio Caterina Offidani Renato Turra Vitali Rosati Stefano Semplici Gaetano Scalise REDAZIONE Manuela Baroncini PUBBLICITÀ E PROMOZIONE Livia Costa l.costa@pensiero.it 06 86282342 Tiziana Tucci t.tucci@pensiero.it 06 86282323 Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 586/2002 ABBONAMENTI 2016 Individuale € 40,00 Istituti, enti, biblioteche € 80,00 Estero € 120,00 PRESIDENTE ALBERTO VILLANI GIOVANNI CORSELLO (PAST PRESIDENT), ANNAMARIA STAIANO, RINO AGOSTINIANI (VICEPRESIDENTI), ANTONIO DEL VECCHIO (TESORIERE), GIUSEPPE BANDERALI, LUIGI MEMO, DIEGO PERONI, RUGGIERO PIAZZOLLA, RENATO TURRA (CONSIGLIERI ), ELENA BOZZOLA, DAVIDE VECCHIO (CONSIGLIERI JUNIOR ), GIOVANNI VITALI ROSATI (DELEGATO SEZIONI REGIONALI SIP), MAURO STRONATI (DELEGATO CONSULTA NAZIONALE), FRANCESCO MACRÌ (DELEGATO CONFERENZA GRUPPI DI STUDIO ) Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8 00138 Roma Tel. 06 862 821 Fax 06 862 82 250 www.pensiero.it DIRETTORE RESPONSABILE Giovanni Luca De Fiore PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Typo srl, Roma IMMAGINI © 2017 Thinkstock.com STAMPA Ti Printing Srl, Via delle Case Rosse, Roma maggio 2017

4

Editoriale

3

Sezioni regionali SIP

Pediatria

ISSN 2240-3183

In questo numero News Fresche di stampa

A CURA DI VALENTINA FERRARO, FRANCESCA DE Z AN, LIVIANA DA DALT

5

Rischio di morte per influenza nei non vaccinati

7

Peso alla nascita più basso o più alto uguale più rischio di NAFLD?

7

Traumi alla testa e TAC : poche regole (ma buone) per decidere

8

Perdita di un fratello nell’infanzia e rischio di morte nei sopravvissuti A CURA DI

MANUELA BARONCINI

Pianeta SIP

8

Primo piano La tela di Penelope MAURO STRONATI

Il rischio perinatale e gli assetti organizzativi dell’area pediatrica GIOVANNI CORSELLO

Anche in Terapia Intensiva la sfida dell’uguaglianza STEFANO SEMPLICI

18 Uscire con un neonato?

Più facile con la app che mappa i Baby Pit Stop INTERVISTA A

VALERIA MICCOLIS

Siglato un Protocollo d’intesa con l’Inps

22

La SIP alla Giornata Nazionale della Salute della Donna

22

APP IN PEDIATRIA

10

12

CortiConverter, dosaggi sicuri

23

Biberon, evitare ossido di etilene

23

DENTRO LA SIP: AFFILIATE E GRUPPI DI STUDIO

Prevenzione e rischio cardiovascolare INTERVISTA A

13

10

19

24

SILVIO MARINGHINI

SEZIONI REGIONALI SIP

Rinnovati i Consigli Direttivi in 6 regioni, ecco i risultati delle elezioni

25

Pediatri inFormazione Tubercolosi: un problema emergente

A CURA DI MONICA MALAMISURA, ROBERTO RASCHETTI, LIVIANA DA DALT

Attualità Vaccino HPV, ecco perché “Report” ha fatto disinformazione Papillomavirus, aumenta la protezione ALBERTO VILLANI, ROCCO RUSSO

La clinica VERO O FALSO

14

Accoglienza dei minori stranieri non accompagnati: una nuova Legge SIMONA L A PLACA

Pediatria numero 3 - aprile-maggio 2017

Tinea

28

PATRIZIO MULAS, MATTEO FERRARA

Libri 15

Ecco come ti predico il talento del tuo bambino

ANNA BARONCINI, FRANCESCA TORRICELLI, GUIDO COCCHI

26

Intrautero

29

Obesità ed empatia

29

16

18

24

News

Per far crescere un bambino ci vuole un intero villaggio

Proverbio africano

Fresche di stampa Ruzicka T, Hanifin JM, Furue M, et al.; XCIMA Study Group. Anti-Interleukin 31 receptor A antibody for atopic dermatitis. N Engl J Med 2017;376(9):826-35.

Questo studio di fase 2 randomizzato in doppio cieco, pubblicato su “New England Journal of Medicine” testa efficacia e sicurezza nella somministrazione per via sottocutanea di nemolizumab, anticorpo monoclonale verso il recettore A dell’interleuchina 31, citochina che sembra avere un ruolo nella patogenesi della dermatite atopica e del prurito. Lo studio ha coinvolto 264 pazienti adulti affetti da dermatite atopica moderata-severa non controllata con la terapia topica. I pazienti sono stati randomizzati in cinque bracci: somministrazione di nemolizumab alla dose di 0,1 mg/kg, 0,5 mg/kg, 2 mg/kg o placebo ogni 4 settimane oppure di 2 mg/kg ogni 8 settimane. Lo studio è stato condotto per un totale di 12 settimane ed ha dimostrato un miglioramento del prurito a tutte le dosi somministrate ogni 4 settimane rispetto al placebo (−43,7% nel gruppo 0,1 mg, −59,8% nel gruppo 0,5 mg e −63,1% nel gruppo 2,0 mg, rispetto a −20,9% nel gruppo che ha assunto placebo; p <0,01 in tutte le dosi analizzate). Nella valutazione dello score di severità ed estensione delle zone eczematose (Eczema Area and Severity Index: EASI) e della percentuale di superficie corporea affetta da dermatite, invece, non è stata riscontrata una differenza statisticamente significativa nei diversi gruppi analizzati. Saranno inoltre necessari ulteriori studi per determinare eventuali eventi avversi a medio e lungo termine legati al farmaco.

Ferro e vitamina D: il latte di crescita fortificato funziona Akkermans MD, Eussen SR, van der Horst-Graat JM, van Elburg RM, van Goudoever JB, Brus F. A micronutrient-fortified young-child formula improves the iron and vitamin D status of healthy young European children: a randomized, double-blind controlled trial. Am J Clin Nutr 2017;105(2):391-99.

Pubblicato su “The American Journal of Clinical Nutrition” di aprile questo trial randomizzato controllato in doppio cieco indaga gli effetti della somministrazione di latte di crescita fortificato con micronutrienti in bambini con carenza di vitamina D e ferro.

Lo studio è stato condotto su 318 bambini (95% dei quali di razza caucasica) di età compresa tra 1 e 3 anni. I pazienti sono stati randomizzati in uno dei due bracci per ricevere la formula fortificata con micronutrienti (1,2 mg di Fe/100 ml; 1,7 mg di vitD/100ml) oppure latte vaccino non fortificato (0,02 mg di Fe/100 mL; assenza di vitamina D) per 20 settimane. All’inizio e al termine dello studio sono stati eseguiti prelievi ematici per analizzare le modifiche nella concentrazione plasmatica di ferritina e 25(OH)D che hanno dimostrato, nel gruppo trattato con latte di crescita fortificato, un aumento rispettivamente di 6,6 mg/L (95% CI: 1,4, 11,7 mg/L; P = 0,013) e 16,4 nmol/L (95% CI: 9,5, 21,4 nmol/L; P = 0,001). Inoltre la probabilità di presentare deficit di ferro (ferritina sierica <12 mcg/L, in assenza di infezione: PCR <10 mg/L) e carenza di vitamina D (25OHvitD <50 nmol/L) si è dimostrata inferiore nel gruppo trattato con latte di crescita fortificato, rispetto al gruppo di controllo (rispettivamente OR 0,42; 95% CI: 0,18, 0,95; P = 0,036 e OR 0,22; 95% CI: 0,01, 0,51; P = 0,001). Gli autori concludono che il latte di crescita fortificato con micronutrienti, utilizzato per 20 settimane, preserva la riserva marziale e migliora i livelli di vitamina D plasmatici in bambini sani.

Ridurre gli errori di prescrizione durante un’emergenza pediatrica Larose G, Levy A, Bailey B, Cummins-McManus B, Lebel D, Gravel J. Decreasing prescribing errors during pediatric emergencies: a randomized simulation trial. Pediatrics 2017;139(3).

Questo trial randomizzato, apparso su “Pediatrics” nel mese di marzo, analizza l’efficacia di una scheda con dosi pre-calcolate di farmaci in base al peso nel ridurre gli errori di prescrizione durante prove di simulazione per arresto cardio-polmonare o anafilassi. Nello studio sono coinvolti 40 medici, autori di 1507 prescrizioni di farmaci o defibrillazioni nel corso di 160 scenari di simulazione. Al gruppo analizzato è stato fornito uno schema con dosi pre-calcolate di farmaci, mentre al gruppo di controllo è stato consegnato uno schema con il dosaggio dei farmaci pro chilo. L’outcome primario ha analizzato la quantità di errori di prescrizione (dose con variazione ≥20% rispetto alla dose raccomandata) nei due gruppi. Lo studio ha mostrato come il presidio fornito non si associa ad una riduzione del tasso di errori di prescrizione complessivo, ma consente di ridurre di circa 10 volte gli errori nella somministrazione sia di boli (OR 0,27, 95% IC 0,10-0,70) sia di infusioni continue di farmaci (differenza 13%, 95% IC 3-23).

Pediatria numero 3 - aprile-maggio 2017

A cura di Valentina Ferraro, Francesca De Zan e Liviana Da Dalt

Nemolizumab, nuova terapia per la dermatite atopica?

5

News

Anziani: la salute costa cara

Nel 2016 in media gli anziani hanno speso per la salute 455 euro, quasi una mensilità della pensione minima (500 euro). È uno dei dati emersi dal rapporto tra sanità e over 65 condotto dalla Federazione Italiana Pensionati.

Il 35% degli intervistati dichiara di aver rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria; solo l’11% si è potuto avvalere dell’esenzione dal ticket; il 12% ha speso tra i mille e i duemila euro nell’ultimo anno, il 15% addirittura oltre i duemila.

Cifre incompatibili con il reddito di molti over 65.

ICS e polmonite sono correlati?

Cazeiro C, Silva C, Mayer S, Mariany V, Wainwright CE, zhang l. Inhaled corticosteroids and respiratory infections in children with asthma: a meta-analysis. Pediatrics 2017;139(3).

“Pediatrics” di marzo pubblica una metanalisi che analizza 31 trial randomizzati controllati (complessivamente 11.615 pazienti) riguardanti l’associazione tra l’utilizzo di corticosteroidei inalatori (ICS) e il rischio di sviluppare polmonite o altre infezioni respiratorie in pazienti asmatici. Gli autori dimostrano che l’incidenza di polmoniti è pari allo 0,58% (44/7465) nel gruppo di pazienti asmatici trattati con ICS e pari all’1,51% (63/4150) nel gruppo di pazienti trattati con placebo; inoltre non viene dimostrata una differenza statisticamente significativa nel rischio di sviluppare polmonite tra il gruppo trattato con ICS e con placebo (risk difference: –0,1%; 95% CI: –0,3% a 0,2%). A conferma, una seconda analisi dei dati (condotta in maniera ristretta sui 9 trial che hanno riscontrato almeno un evento di polmonite) dimostra che l’utilizzo degli ICS riduce significativamente il rischio di sviluppare polmonite rispetto al placebo (RR: 0,65, 95% CI: 0,44 a 0,4, P = .02). Nonostante l’analisi quindi dimostri in maniera netta la non sussistenza di correlazione tra l’utilizzo di ICS e lo sviluppo di infezione respiratoria, è fondamentale segnalare che lo studio non definisce in maniera chiara i criteri diagnostici di infezione respiratoria nei pazienti analizzati.

Meropenem nei neonati: infusione in 4 ore efficace e sicura Shabaan AE, Nour I, Elsayed Eldegla H, Nasef N, Shouman B, abdel-hady h. conventional versus prolonged infusion of meropenem in neonates with gram-negative late-onset sepsis: a randomized controlled trial. Pediatr Infect Dis J 2017;36(4):358-63.

Questo trial randomizzato controllato, pubblicato su “Pediatric Infectious Disease Journal” di aprile, condotto su 102 neonati affetti da sepsi late-onset da Gram-negativi, confronta l’efficacia e la sicurezza di un’infusione prolungata di meropenem (in 4 ore) rispetto alla somministrazione usuale (in 30 minuti). Gli autori dimostrano che il gruppo trattato con l’infusione prolungata, rispetto al gruppo trattato con la durata di infusione usuale, presenta una maggiore percentuale di miglioramento clinico alla fine della terapia (61% vs 33%, P = 0,009) e di eradicazione microbiologica il settimo giorno di terapia antibiotica (82% vs. 56,8%, P = 0,009). La somministrazione prolungata, inoltre, sembra associarsi ad una ridotta mortalità neonatale, minore durata di supporto ventilatorio e minore probabilità di sviluppare insufficienza renale acuta. Emerge pertanto dall’analisi presentata che la somministrazione in 4 ore del meropenem nei neonati con sepsi late-onset da Gram-negativi è efficace e sicura.

Anestesia e sedazione nelle patologie neonatali italiane Lago P, Frigo AC, Baraldi E, et al. Sedation and analgesia practices at Italian neonatal intensive care units: results from the EUROPAIN study. Ital J Pediatr 2017;43(1):26.

Daptomicina nelle infezioni cutanee complicate Bradley J, Glasser C, Patino H, et al. Daptomycin for complicated skin infections: a randomized trial. Pediatrics 2017;139(3).

6

A marzo scorso “Pediatrics” ha proposto uno studio clinico multicentrico in cieco che valuta sicurezza ed efficacia nell’utilizzo di daptomicina parenterale in bambini con infezioni cutanee severe. Gli autori arruolano 389 pazienti, che vengono randomizzati per ricevere (per un periodo massimo di 14 giorni) daptomicina (1 somministrazione al giorno per via endovenosa al dosaggio corretto per età: 12-17 anni 5 mg/kg; 7-11 anni 7 mg/kg; 2-6anni 9 mg/kg; 12-23mesi 10 mg/kg) oppure terapia standard (SOC: standard of care, ovvero clindamicina o vancomicina). Lo studio dimostra che la sicurezza della daptomicina è sovrapponibile a quella della SOC (percentuale di eventi avversi rispettivamente 14% e 17% nei due gruppi) e, inoltre, che l’efficacia, misurata come la completa/parziale risoluzione dei segni e sintomi d’infezione a 7 e 14 giorni dopo la sospensione della terapia, è anch’essa sovrapponibile nei due gruppi (91% vs 87%). Gli autori concludono identificando la terapia con daptomicina come ben tollerata, sicura ed efficace al pari della terapia standard.

Pediatria numero 3 - aprile-maggio 2017

Questo studio osservazionale su “Italian Journal of Pediatrics” raccoglie i dati emersi da EUROPAIN (EUROpean-Pain-Audit-InNeonates) e ha l’obiettivo di esaminare l’utilizzo di analgesia/ sedazione (A/S) e la registrazione del dolore in 30 centri italiani di terapia intensiva neonatale, dopo la pubblicazione di linee guida nazionali. Lo studio, condotto tra ottobre 2012 e giugno 2013, ha arruolato 422 neonati, dei quali 131 erano sottoposti a ventilazione invasiva (IV), 150 a ventilazione non invasiva (NIV) e 141 in respiro spontaneo (SV). L’utilizzo di A/S è stato documentato nel 35,3% dei neonati (86,3% IV; 17,3% NIV; 7,1% SV [P = 0.0001]) con grande variabilità in base al centro considerato. L’analgesia profonda è stata utilizzata nel 32,5% dei casi, la sedazione nel 10,2% e la blanda analgesia nel 3,8%. La registrazione del dolore è stata documentata nel 67,5% dei neonati (85,5% IV; 67,3% NIV; 51,1% SV [P = 0,001]). Si è osservato inoltre, all’analisi multivariata, che l’utilizzo di A/S è correlato alla severità della patologia, al tipo di ventilazione, alla misurazione del dolore e al numero di letti presenti nella patologia neonatale considerata.

Inoltre è stato dimostrato che influiscono sulla misurazione del dolore l’età gestazionale ≤32 settimane, il tipo di ventilazione e la presenza di un team dedicato. Gli autori concludono sottolineando che l’utilizzo di analgo-sedazione e la misurazione del dolore permangono molto variabili nel panorama italiano e che è sicuramente necessario un miglioramento della registrazione routinaria del dolore per la prevenzione del dolore in tutti i neonati.

I bambini in sovrappeso che fanno giardinaggio e coltivano un orto a scuola hanno più probabilità di perdere peso in un solo anno. È la conclusione di uno studio pubblicato sul “Journal of Nutrition Education” che ha valutato l’impatto delle ore di lezione dedicate a piante e fiori sulla salute di 230 bambini di 9-10 anni in quattro scuole californiane. Gli studenti hanno cresciuto e raccolto le proprie verdure, che sono state poi cucinate e servite a mensa o portate a casa. L’indice di massa corporea e la circonferenza della vita sono migliorati e il numero di alunni in sovrappeso o obesi è diminuito dal 55,6 al 37,8%.

La maggior parte dei bambini che muoiono a seguito dell’influenza non è vaccinato. È quanto emerge da uno studio dei Centers for Disease Control and Prevention (CDCs) pubblicato su “Pediatrics”. Dai dati analizzati nello studio e relativi alle stagioni influenzali 2010-2014 emerge che, nei bambini con condizioni cliniche rischiose sottostanti, il vaccino antinfluenzale riduce il rischio di morte legata ad influenza di circa la metà (51%), nei bambini sani addirittura del 65%. I risultati dello studio confermano pertanto l’importanza della raccomandazione da parte dei CDCs e dell’American Academy of Pediatrics di vaccinare contro l’influenza tutti i bambini dai sei mesi di età.

“L’effetto protettivo si riscontra nei bambini con condizioni cliniche che potrebbero aumentare il rischio di morte per influenza, come patologie cardiache o polmonari, ma si estende anche ai bambini sani”, dichiara Nipunie Rajapakse, specialista in malattie

News

L’orto a scuola contro l’obesità

Rischio di morte per influenza nei non vaccinati infettive pediatriche presso la Mayo Clinic, non coinvolta nello studio. “È impossibile predire quali bambini sani siano a rischio di sviluppare un’influenza lieve con febbre, tosse e raffreddore, e quali invece possano andare incontro ad una forma più grave che richiede magari un’ospedalizzazione o avere effetti collaterali anche letali”, continua Rajapakse. Pertanto, conclude che è molto importante che tutti i bambini dai sei mesi in poi ricevano il vaccino, e lo ricevano annualmente, visto che i virus in circolo nelle diverse stagioni possono ovviamente variare e con essi il vaccino.

Peso alla nascita più basso o più alto uguale più rischio di NAFLD? Il peso alla nascita, si sa, è un indicatore di salute (presente e futura) importante. I neonati che alla nascita presentano un peso inferiore o superiore alle attese possono essere, in vario modo, a rischio di sviluppare patologie di diverso tipo e entità. Per esempio cicatrici avanzate del fegato sono state associate al basso peso alla nascita così come forme diverse di infiammazione al peso più alto. Su “Journal of Pediatrics” uno studio multicentrico trasversale ha indagato per primo la distribuzione del peso alla nascita in bambini con la steatosi epatica non alcolica (nonalcoholic fatty liver disease – NAFLD).

Il vaccino antinfluenzale è sicuro e continua ad essere la migliore strategia di prevenzione contro l’infezione, le cui potenziali complicazioni comprendono polmo nite, asma, problemi cardiaci, ecc. ^^ Flannery B, Reynolds SB, Blanton L, et al.

Influenza vaccine effectiveness against pediatric deaths: 2010–2014. Pediatrics [published online, April 3 2017]. doi: 10.1542/peds.2016-4244.

La NAFLD riguarda più del 25% della popolazione americana secondo i dati dell’American Liver Foundation, ed è tra le cause più comuni di malattia epatica cronica nei bambini, tipicamente diagnosticata nella prima adolescenza. “Con l’epidemia di obesità, stiamo osservando più bambini con peso alto alla nascita rispetto a prima” dichiara Mark Fishbein coautore dello studio. “Il nostro studio mostra che questi bambini sono a rischio maggiore di andare incontro a gravi danni del fegato a partire dall’età dell’adolescenza”, continua.

Lo studio multicentrico ha incluso 538 bambini/ragazzi sotto i 21 anni con basso peso alla nascita (LBW) e alto peso alla nascita (HBW), arruolati nel Nonalcoholic Steatohepatitis Clinical Research Network Database. Quelli con HBW avevano maggior rischio di sviluppare una steatosi grave e una NAFLD rispetto a quelli con LBW. Inoltre quelli con NAFLD e LBW andavano incontro a rischio maggiore di avere una fibrosi avanzata.

Il peso alla nascita dipende da diversi fattori materni e in utero e può avere conseguenze prolungate. “Essere in grado di identificare alla nascita i neonati a rischio di sviluppare patologie epatiche importanti permette di dare avvio a interventi precoci” dice Fishbein che conclude affermando che, comunque, “mantenere un giusto peso è la principale strategia per preve nire la NAFLAD nei bambini”. ^^ Newton KP, Feldman HS, Chambers CD, et al. Low and high birth weights are risk factors for nonalcoholic fatty liver disease in children. J Pediatr 2017; doi: 10.1016/j.jpeds.2017.03.007. [Epub ahead of print]

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News

Le attese per un posto letto in PS

In ingresso al Pronto soccorso, una volta posta la diagnosi, 3000 pazienti al giorno aspettano di essere ricoverati, e l’attesa del posto letto può durare fino a 12 ore. È l’ultima stima della Società della Medicina d’Emergenza-Urgenza relativa al sovraffollamento nelle strutture d’emergenza in Italia. In occasione della Settimana nazionale del Pronto soccorso, a maggio, la SIMEU lancia nuovamente l’allarme sulla criticità rappresentata dal passaggio dal Pronto soccorso ai reparti.

I traumi alla testa nei bambini sono spesso all’origine degli accessi in Pronto soccorso, ma non tutti – evidentemente – richiedono un’indagine tramite TAC. Ma se per i traumi gravi la decisione di ricorrere alla TAC è abbastanza facile da prendere, non lo è altrettanto per quelli lievi.

Sul “Lancet” è stato pubblicato di recente uno studio di Babl et al. del Murdoch Childrens Research Institute’s (MCRI) condotto su ben 20.000 bambini presentatisi per traumi alla testa presso i Pronto soccorso australiani e neozelandesi. Scopo

della ricerca: determinare in quali casi si rendeva necessaria una TAC, dovendo bilanciare l’importanza di una diagnosi di trauma con la riduzione – quanto più possibile – dell’esposizione alle radiazioni soprattutto nei bambini. I ricercatori hanno sviluppato tre “regole di decisione clinica” per identificare i bambini ad alto rischio di trauma cranico così da fornire un aiuto ai medici per ridurre il ricorso alla TAC senza però mancare casi di traumi seri. È stata valutata l’accuratezza diagnostica delle tre regole, PECARN (USA –

Perdita di un fratello nell’infanzia e rischio di morte nei sopravvissuti Si sopravvive all’esperienza della perdita di un fratello durante l’infanzia? Sì, sebbene il rischio di morire per chi resta sia più alto, soprattutto nell’anno successivo all’evento luttuoso. Uno studio danese recentemente pubblicato su “JAMA Pediatrics” ha indagato questa associazione all’interno di una coorte di popolazione pediatrica di più di 5 milioni di danesi e norvegesi. 55.818 bambini (1,1%) hanno fatto esperienza di morte di un fratello durante l’infanzia (da 6 mesi fino a 18 anni) con un’età media di 7 anni al momento della perdita. Nel follow up di 37 anni, 534 di questi sono morti.

Rispetto a chi non ha fatto esperienza della perdita di un fratello, gli autori dello studio hanno rilevato un incremento del 71% di rischio di morte per tutte le cause nel gruppo dei sopravvissuti. Inoltre, percentuali di rischio di morte ancora superiori sono state riscontrate nell’anno successivo all’esperienza di perdita, nei fratelli dello stesso sesso o con una bassa differenza di età.

Nonostante alcuni suoi limiti, soprattutto la mancanza di dati relativi all’ambiente sociale e alla caratteristiche familiari dei partecipanti che potrebbero spiegare altre ragioni sottostanti l’associazione indagata, lo studio, come riportato nelle conclusioni, mette l’accento sul fatto che “i professionisti della salute dovrebbero essere consapevoli della vulnerabilità dei bambini dopo un’esperienza di morte di un fratello, specialmente per fratelli dello stesso sesso e di età vicina. Un supporto sociale può essere di aiuto per ridurre il peso del lutto e minimizzare i potenziali  effetti avversi sulla salute negli individui sopravvissuti”.

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^^ Yu Y, Liew Z, Cnattingius S, et al. Association of mortality with the death of a sibling in childhood. JAMA Pediatr [published online, April 24 2017]

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Traumi alla testa e TAC: poche regole (ma buone) per decidere The Pediatric Emergency Care Applied Research Network), CATCH (The Canadian Assessment of Tomography for Childhood Head Injury e CHALICE (UK – The Children’s Head Injury Algorithm for the Prediction of Important Clinical Events), per determinare quali di queste fornisse l’opzione migliore per identificare i bambini con rischio molto basso di trauma cerebrale. Tutte e tre si sono dimostrate efficaci, ma solo PECARN non ha mancato un solo paziente che necessitava di un in tervento in neurochirurgia. ^^ Babl FE, Borland ML, Phillips N, et al. Accuracy of PECARN, CATCH, and CHALICE head injury decision rules in children: a prospective cohort study. The Lancet, 2017; DOI: 10.1016/S0140-6736(17)30555-X.

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el dicembre 2010, nelle misure di politica sanitaria e di accreditamento dell’Accordo Stato-Regioni, si evidenziava come uno degli interventi prioritari la razionalizzazione/riduzione progressiva di punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno.

Dopo quasi sette anni non solo non sono chiusi tutti i centri con meno di 500 nati/anno, ma si sta concretizzando l’ipotesi di mantenerli aperti.

Preoccupazione ha suscitato la recente presa di posizione della Giunta Regionale del Veneto che con la delibera 2238 del 23 dicembre 2016 (pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione n°6 del 13 gennaio 2017) ha previsto la persistenza di punti nascita con meno di 500 parti/anno e la presenza di un pediatra anche per sole 3 ore al giorno (vedi Pediatria 2-2017, pag. 7).

Le Società scientifiche hanno da tempo fatto presente e sottolineato i rischi conseguenti al persistere di punti nascita che non hanno i requisiti per poter essere definiti sicuri, ma nonostante ciò, secondo i dati del Piano Nazionale Esiti 2016 (PNE), i centri nascita con meno di 500 nati/anno sono circa 118 e rappresentano circa il 24% del totale delle maternità.

Certamente il parto è un evento fisiologico ma può a volte presentare delle situazioni impreviste (48/1000 nati nascono in situazioni di emergenza) che richiedono esperienza e competenze specifiche supportate da un’adeguata organizzazione.

Centri nascita con bassi volumi di attività sono meno sicuri per molti motivi non dipendenti dalla preparazione scientifica e dalla professionalità del personale sanitario, ma dal fatto che hanno una casistica inferiore e pertanto non vi è la stessa esperienza nell’affrontare situazioni di emergenza-urgenza e non si hanno a disposizione strumenti diagnostico-terapeutici adeguati a situazioni complesse.

Uno studio comparativo di popolazione effettuato in Norvegia, utilizzando dati del registro nascite norvegese (1,7 milioni di nascite negli anni 19671996), ha confrontato la mortalità neonatale in aree geografiche dove la maggior parte delle nascite era avvenuta in grandi ospedali con un elevato numero di parti rispetto alla mortalità neonatale in aree dove la maggior parte delle nascite si verificava in piccole unità di maternità con bassi volumi di attività.

Il rischio di mortalità è risultato del 20% più elevato nelle aree geografiche dove venivano utilizzate strutture con meno di 2000 parti/anno; non vi era una differenza significativa nel rischio di morte neonatale tra centri con 2001-3000 parti/ anno o più di 3000; il rischio aumentava del 40% per i centri con meno di 100 parti/

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La tela di Penelope Mauro Stronati Presidente della Società Italiana di Neonatologia

{ Moster D, Lie RT, Markestad T. Neonatal mortality rates in communities with small maternity units compared with those having larger maternity units. BJOG 2001;108:904-9. { Sudo A, Kuroda Y. The impact of centralization of obstetric care resources in Japan on the perinatal mortality rate. ISRN Obstetrics and Gynaecology 2013; ID 709616.

Questa potrebbe essere la definizione corretta da dare al progetto di chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti l’anno

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Tasso di mortalità perinatale

45 40

Tasso di mortalità neonatale

35 30 25

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Tassi di mortalità perinatale e neonatale in Portogallo

20 15 10 5 5 19 70 19 75 19 80 19 81 19 82 19 83 19 84 19 85 19 86 19 87 19 88 19 89 19 90 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 20 08 20 09 20 10 20 11 20 12 20 13 20 14 20 15

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19 6

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anno paragonati con i centri con più di 3000; il rischio di mortalità diminuiva del 20% se venivano utilizzate strutture con più di 3000 nascite/anno.

Gli autori concludono che vi è una sensibile riduzione della mortalità neonatale nelle aree geografiche dove le strutture più utilizzate per il parto sono grandi ospedali con elevato numero di nascite.

L’accorpamento di più centri nascita permetterebbe, oltre ad un sensibile risparmio economico, di risolvere in parte la preoccupante carenza di medici pediatri, soprattutto ospedalieri, e infermieri.

Uno studio giapponese ha valutato gli effetti sia di una centralizzazione delle strutture ostetriche sia dei medici ostetrici, in ambedue i casi si è eviden-

Fonti: INE, PORTADA

ziata una significativa riduzione della mortalità perinatale in particolar modo in seguito alla centralizzazione delle strutture.

Storiche e dimostrative sono state la regionalizzazione e centralizzazione delle cure ostetriche perinatali messe in atto con successo in Portogallo, Paese con circa 10 milioni di abitanti e 100 mila nati/ anno. Fino agli anni ‘70 erano presenti sul territorio portoghese oltre 200 ospedali con punti nascita e il Portogallo era il Paese con la mortalità perinatale tra le più alte in Europa (http://repositorio. chlc.min-saude.pt/bitstream/10400.17/1103/1/ ap 273.pdf).

Uno studio comparativo effettuato dalla Direzione Generale per la Ricerca del Parlamento Europeo (www.europarl.europa.eu/workingpapers/saco/ pdf/101 en.pdf) aveva dimostrato come la mortalità perinatale fosse del 9,0/1000 nascite nel 1995.

Nel 1987 il Ministro della Salute del Portogallo incaricò una commissione di esperti di stilare un rapporto sulle cure perinatali e di sviluppare un progetto di riforma che prevedeva una serie di interventi, tra i quali la chiusura dei punti nascita con meno di 1500 parti/anno.

La riforma portò alla chiusura di numerosi ospedali con punti nascita, che passarono da più di 200 a soli 50; in parallelo si poté osservare un incremento della proporzione dei parti in ospedale dal 73,8% al 98,8% (http://repositorio.chlc.min-saude. pt/bitstream/100400.17/1103/1/ap). Tra gli anni ‘90 e gli anni 2000 si è potuto assistere ad una sensibile riduzione della mortalità fetale, perinatale, neonatale, infantile e di quella dei nati di peso molto basso (http://repositorio.chlc.min-saude. pt/bitstream/10400.17/1103/1/ap).

In particolare è importante notare come la mortalità perinatale si sia ridotta da 9,0 nel 1995 a 4,0 nel 2008 e a 3,7 per 1000 nati nel 2015; con simile andamento si è ridotta la mortalità neonatale da 4,7 a 2,1 a 2,0/1000 nati negli stessi anni (www. pordata.pt/en/Potugal/Perinatal+and+neonatal+ mortality+rates-529).

La chiusura dei piccoli punti nascita è una decisione che può non trovare ampi consensi, per questo la comunicazione e l’informazione devono essere particolarmente curate al fine di spiegare in modo adeguato alla popolazione e a chi deve realizzare questo progetto le nostre responsabilità e il diritto dei nostri figli di nascere nel modo più  sicuro possibile.

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Primo piano

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asce l’uomo a fatica ed è rischio di morte il nascimento”. Sono versi famosi di Giacomo Leopardi ispirati al rischio perinatale e inseriti nel “pessimismo cosmico” di un grande poeta. Denotano anche quanto fosse nota la correlazione tra asfissia perinatale da una parte e mortalità e morbilità neonatali dall’altra. La moderna medicina perinatale e neonatale, sviluppatasi in tutto il pianeta a partire dagli anni ‘60 del XX secolo, ha consentito di ridurre a livelli minimi questi rischi.

Nel corso degli anni, la diffusione delle buone pratiche ostetriche e neonatali, l’adozione di misure di intervento assistenziale in emergenza, dal taglio cesareo alla rianimazione neonatale in tutti i centri nascita, insieme alla concentrazione delle gravidanze a rischio e alla diffusione dello STEN e delle STAM sono state le misure di intervento e di prevenzione più importanti ed efficaci. In questa logica va inserito il percorso ministeriale contenuto nel Decreto del Ministero della Salute del 2010, teso a favorire l’accorpamento dei punti nascita e il rispetto dei criteri minimi di qualità e sicurezza nei punti nascita in rapporto alla diversa complessità. Si è ritenuto finalmente necessario intervenire con uno strumento normativo per far fronte ad una disomogeneità dei centri nascita e alla estrema frammentazione in tutto il Paese, con la presenza di troppi piccoli punti nascita sia pubblici sia privati, sforniti spesso dei requisiti minimi di sicurezza in termini di assistenza perinatale (dotazione organica e strumentale, collegamento adeguato con strutture di emergenza qualificate).

Malgrado l’impegno di organismi tecnici delle istituzioni ministeriali e regionali e delle Società scientifiche di area ginecologica e pediatrico-neonatologica, i risultati ottenuti in termini di accorpamento dei piccoli punti nascita e di adeguamento a quanto prescritto nei decreti ministeriali e regionali sono rimasti nella maggior parte dei casi scritti sulla carta e non applicati. In alcuni casi pressioni popolari e politiche locali hanno addirittura prodotto la revoca di provvedimenti già presi in coerenza con i dispositivi di legge.

Motivazioni tecniche ed evidenze scientifiche acclarate in tutto il mondo rendono questo obiettivo di salute necessario anche sul piano etico, per evitare che differenze in termini di organizzazione dei centri nascita nelle varie Regioni o, all’interno delle Regioni, tra centri urbani metropolitani e centri minori comportino conseguenze in termini di sicurezza alla nascita e quindi prospettive di vita e di salute diversi. In tal senso le Società scientifiche hanno perorato e invocato interventi regio-

“

Il riconoscimento della specificità pediatrica vale anche per l’ambito neonatologico Pediatria numero 3 - aprile-maggio 2017

Giovanni Corsello Presidente FIARPED

nali e delle aziende sanitarie tesi a garantire gli standard necessari sia in termini di nati per anno, che di risorse messe in campo. Situazioni spesso critiche anche in relazione alla situazione di crisi economica e di contrazione delle risorse erogate dal SSN. La riduzione del numero dei nuovi nati nel nostro Paese, che si aggrava anno dopo anno, rende ancora più stringente questa necessità.

Speriamo che la richiesta di riconoscimento della specificità pediatrica, avanzata alle istituzioni dalle Società scientifiche dell’area pediatrica rappresentate dalla FIARPED, la neonata Federazione che le raccoglie tutte, possa essere l’occasione utile per ribadire che la specificità pediatrica si gioca anche in ambito neonatologico. Va infatti con forza puntualizzata la centralità dell’assistenza specialistica del pediatra per tutti i nuovi nati alla nascita, come fattore di sicurezza e di garanzia della salute del neonato. 

Il rischio perinatale e gli assetti organizzativi dell’area pediatrica

L

a neonatologia è, per molti versi, una lente d’ingrandimento dei fini e delle responsabilità dell’assistenza sanitaria. Essa opera là dove – per citare Hannah Arendt – è in gioco quell’initium che «non è l’inizio di qualcosa ma di qualcuno», misurandosi con un’esposizione alla assoluta vulnerabilità che è al tempo stesso l’insostituibile punto di partenza di una storia. Con l’aggiunta della consapevolezza che l’alleanza terapeutica non ha come protagonista in questo caso semplicemente il paziente e la sua libertà e si deve costruire nel rapporto con chi lo ha messo al mondo e lo accompagnerà nel cammino della vita. Un cammino che può anche iniziare, purtroppo, non con la gioia di un rapido ritorno a casa ma con un’esperienza anche lunga di ospedale, non con la tranquilla routine delle visite “di controllo” ma con la presenza costante della medicina e dei suoi professionisti a scandire tempi e modi della vita quotidiana. Il Convegno che è stato organizzato a Pollenzo-Bra dal 5 al 7 aprile dalla “Associazione piccoli passi” – in collaborazione con le Scuole di Ginecologia e Ostetricia e di Neonatologia dell’Università di Torino e l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Città della Salute e della Scienza” del capoluogo piemontese – ha scelto una prospettiva di frontiera per illuminare questo contesto: il tema della personalizzazione dell’assiStefano Semplici stenza passa, oggi, trasformando in compito l’inPresidente del Comitato terrogativo proposto come obiettivo dei lavori, per la Bioetica della SIP attraverso la capacità di pensare Evidence Based e Precision Medicine sotto il segno di una mediazione finalizzata ad una «vera individualizzazione, che tenga conto delle peculiarità di ogni singolo neonato e della sua famiglia».

Queste “peculiarità” meritano attenzione ad almeno tre livelli, tutti evidenziati durante il Convegno.

Il primo è evidentemente quello del metodo dell’approccio assistenziale, in vista di un equilibrio nella pratica clinica rispetto al quale deve essere valutato anche il contributo della medicina narrativa. Ci sono poi gli sviluppi della ricerca scientifica e della tecnologia che hanno reso disponibili nuovi strumenti per intervenire sui problemi più comuni nell’età neonatale e in particolare su quelli più direttamente legati al parto pretermine: il rischio neurologico, la necessità di assistenza respiratoria, l’alimentazione, la prevenzione e il trattamento delle infezioni. C’è però anche un terzo aspetto che ha un’importanza cruciale e che potremmo definire la cultura della care, che poggia sul dovere di riconoscere e trattare il dolore come parte integrante dell’impegno a garantire o ristabilire le migliori condizioni possibili per la vita di ogni bambino, e si allarga poi a comprendere le diverse dimensioni dell’esperienza relazionale (a partire ovviamente da quella con i genitori) che, appunto dopo un parto pretermine e il rico-

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Primo piano

Anche in Terapia Intensiva la sfida dell’uguaglianza

vero in Terapia Intensiva, può risultare anche emotivamente difficile.

Si è detto all’inizio che la neonatologia può funzionare da lente d’ingrandimento di problemi di portata generale per la sanità italiana. E fra questi problemi, in modo sempre più urgente e pressante, c’è quello della disuguaglianza. Gli stessi dati relativi alla mortalità infantile e neonatale, che pure restano in Italia fra i migliori a livello mondiale, continuano a segnalare una differenza fra le diverse aree del Paese. In questi ultimi anni, all’evidenza della constatazione che non tutte le Regioni sono uguali dal punto di vista dell’assistenza sanitaria, si è aggiunta quella della differenza fra gli italiani e gli stranieri. Nel Focus su La mortalità dei bambini ieri e oggi in Italia (1887-2011) pubblicato dall’ISTAT il 15 gennaio 2014, per esempio, si legge che, pur essendo entrambi in discesa dal 2006, i tassi di mortalità degli italiani sono sempre stati più bassi di quelli degli stranieri e che «l’analisi della mortalità infantile, essendo correlata negativamente con le condizioni sanitarie, ambientali, sociali, può dare indicazioni del differente livello di benessere tra italiani e immigrati». Studi recenti sulle diverse problematiche perinatali e neonatali hanno evidenziato dati particolarmente distanti dalla media nel caso di madri provenienti dai paesi dell’Africa subsahariana.

La medicina neonatale e le terapie intensive possono essere un banco di prova della reale volontà e capacità di affrontare questo problema. La prima e fondamentale verifica è (dovrebbe essere) naturalmente quella della garanzia su tutto il territorio nazionale dei livelli appropriati e non semplicemente essenziali di assistenza. E la sostituzione dell’aggettivo già implica un cambiamento forte di prospettiva culturale e politica. Ci sono però anche altri indicatori di disuguaglianza che, guardando in particolare alla terapia intensiva, richiedono uno sforzo di allineamento alle best practices a livello nazionale. C’è un problema di strutture e pratiche di accoglienza, di orari di apertura e chiusura, di spazi di relazione che diventano altrettanti vettori di riduzione o al contrario di amplificazione del disagio delle famiglie, con una inevitabile ricaduta sulla stessa efficacia dell’intervento. E c’è poi un problema di comunicazione, che deve essere affrontato con strumenti specifici.

Parliamo infatti di neonati che si trovano in condizioni di particolare fragilità, l’assistenza richiesta può essere lunga e richiedere una tecnologia molto invasiva e gli esiti possono restare a lungo incerti, con la conseguenza di una più forte tensione fra paure e speranze. Di qui l’importanza di un percorso ‘dedicato’ di condivisione e accompagnamento, che dovrà includere l’assistenza prima di tutto linguistica e di mediazione culturale per i sempre più numerosi genitori stranieri e immigrati che iniziano in una Terapia Intensiva la vita insieme ai loro figli. Senza lasciare che ospedali e Regioni procedano in ordine sparso, ma con una prospettiva di metodo e di azione condivisa. Perché è così che si può spendere meno e fare meglio.  Per tutti.

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Attualità

Vaccino HPV,

ecco perché “Report” ha fatto disinformazione

I

l Board del Calendario della Vita esprime la propria indignazione per quanto andato in onda lunedì 17 aprile a proposito della vaccinazione anti-HPV nel corso della trasmissione di RAI 3 ‘Report’. I 23 minuti di trasmissione sul vaccino HPV sono stati terrorizzanti per qualunque genitore in procinto di sottoporre i propri figli ad una misura di prevenzione fondamentale per la loro salute futura. Il servizio, apparentemente incentrato sulla necessità di maggiore trasparenza e efficacia dei sistemi di segnalazione degli eventi avversi ai vaccini, in realtà ha promosso la disinformazione e la sfiducia in tutte le istituzioni preposte alla salute collettiva, non soltanto italiane (Ministero della Salute, AIFA, Regioni), ma anche europee, facendo figurare l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) come un insieme di persone di dubbia trasparenza che ricevono finanziamenti dall’industria farmaceutica, la quale non avrebbe altro scopo se non fare profitto anche se questo comporta danni per i cittadini.

‘Report’ ha amplificato negli ascoltatori i timori ingiustificati nei confronti di una vaccinazione salvavita come quella contro il papillomavirus. Nel servizio erano presenti numerose palesi inesattezze, a partire dalla dichiarazione che il maschio è “portatore sano del virus”, ignorando la patologia condilomatosa e tumorale che il virus del papilloma causa anche nel maschio. Ma proprio sul tema principale del servizio si è tralasciata l’informazione sul fatto che ciascun cittadino, con estrema facilità, può segnalare direttamente ed autonomamente un evento avverso ai farmaci alle autorità di farmacovigilanza. volte nel servizio, invece, si è fatto cenno ad una SIP-SITI Più presunta resistenza dei medici a segnalare gli eventi FIMP FIMMG avversi lamentati dopo la vaccinazione.

Vale la pena sottolineare come AIFA si stia adopeSISMLA rando in ogni modo per incrementare le segnalazioni di eventi avversi avvenuti in concomitanza con le vaccinazioni, perché è questo il solo modo per fare chiarezza, una volta per tutte, sul profilo di sicurezza dei vaccini, che è confermato da tutti i RAI dati scientifici e di vigilanza anche negli altri Paesi.

Il testo dell’intervento congiunto di , , , all’indomani della trasmissione

Settimana Europea delle Vaccinazioni, grande successo per l’iniziativa SIP

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Oltre 60 telefonate in 8 ore. È il bilancio dell’iniziativa lanciata con successo dalla SIP in occasione della Settimana Europea delle Vaccinazioni, promossa dall’OMS dal 24 al 30 aprile, all’insegna dello slogan “I vaccini funzionano”.

La SIP ha aderito all’iniziativa con la disponibilità di 4 esperti (Rocco Russo, Elena Bozzola, Luciana Nicolosi, Giovanni Vitali Rosati) a rispondere telefonicamente, per 4 giorni dalle ore 12 alle ore 14, alle domande dei genitori sulle vaccinazioni. Che sono state numerose e centrate sui più frequenti dubbi dei genitori riguardo alle vaccinazioni. Ottima anche la copertura mediatica dell’iniziativa, con passaggi su Tg1 e Sky.

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L’esordio del conduttore (che si proclama favorevole ai vaccini...) è stato su quanti soldi pubblici sono stati finora spesi per vaccinare contro HPV, non sull’importanza della prevenzione di una patologia che fa ogni anno decine di migliaia di morti nel mondo.

Si è dato largo (e quasi esclusivo) spazio a ricercatori di dubbio valore come Yoshua Shoenfeld, un immunologo israeliano che ha teorizzato una sindrome autoimmune causata da vaccino di cui non è mai riuscito a provare l’esistenza, e ad una analista italiana, titolare di un laboratorio privato di analisi, che dichiara di fare ricerca su non meglio specificate “nanopatologie”, anch’esse mai documentate su riviste scientifiche accreditate. Peraltro senza chiedersi e chiarire quali conflitti di interessi avessero gli intervistati.

Per rimanere al più noto, Shoenfeld dichiara nelle sue pubblicazioni di essere coinvolto come consulente retribuito in numerose cause civili in Israele per presunti danni da vaccino. Ma di questo non si fa minimo cenno. Per tutto il servizio, insomma, non si è potuta ascoltare alcuna voce di ricercatori accreditati presso la comunità scientifica internazionale che facesse chiarezza sui sintomi lamentati dalle numerose ragazze intervistate.

Lo spettatore, dunque, sarà rimasto con la forte percezione che la vaccinazione contro il papillomavirus possa essere la causa di strane sindromi neurovegetative altamente invalidanti. Cosa che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, è stata assolutamente esclusa dalle maggiori autorità sanitarie, prima fra tutte l’OMS. Si sono richiesti alla fine i test genetici pre-vaccinali, di cui conosciamo la perfetta inutilità (se non per chi li propone a pagamento).

Lo sforzo della sanità pubblica e delle società scientifiche nel divulgare messaggi positivi sulle pratiche di prevenzione è vanificato da comunicazioni giornalistiche distorte come questa, pagate con i soldi di tutti i contribuenti attraverso il canone RAI. Crediamo che il diritto alla salute dei cittadini italiani meriti più attenzione e rispetto da parte di chi governa il servizio pubblico radiotelevisivo. Per parte loro, gli autori del servizio dovrebbero interrogarsi sul danno alla salute futura da loro provocato a tanti giovani per la grave di sinformazione deliberatamente diffusa.

Percentuali di alcune malattie neoplastiche HPV correlate, prevenibili con gli specifici vaccini

C

ome riportato anche nel corso della Settimana Mondiale dell’Immunizzazione, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dal 24 al 30 aprile 2017, la vaccinazione antipapillomavirus è “un investimento intelligente per un futuro in salute”.

L’infezione da Papillomavirus (HPV) è il principale fattore di rischio per lo sviluppo di tumori anogenitali e del tratto orofaringeo. Il carcinoma della cervice uterina, tra le neoplasie maggiormente associate all’HPV, risulta essere la prima forma neoplastica ad essere riconosciuta dalla stessa OMS totalmente riconducibile ad un’infezione.

Tra i 120 genotipi dell’HPV, i principali responsabili dei tumori della cervice uterina sono caratterizzati dal tipo 16 (50% casi), dal tipo 18 (20% casi), mentre i genotipi 31, 33, 45, 52, 58, insieme rappresentano il 20% dei casi. Tra i tipi di HPV a basso rischio, associati a lesione benigne, i genotipi 6 e 11 sono responsabili del 90% dei condilomi genitali.

Alberto Villani Le infezioni da tipi cancerogeni di HPV, soprattutPresidente SIP to HPV16, sono un fattore di rischio per alcuni tipi di tumori della testa e del collo, in particolare i tumori dell’orofaringe che coinvolgono le tonsille o la base della lingua.

Nel 2015 l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha raccomandato l’autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino antipapillomavirus Rocco Russo 9-valente (Gardasil 9) per la prevenzione delle maCoordinatore lattie causate da nove tipi di Papillomavirus (6, 11, del tavolo tecnico 16, 18, 31, 33, 45, 52, 58), cinque in più rispetto a vaccinazioni della SIP

Papillomavirus, aumenta la protezione Potenziale impatto della vaccinazione antipapillomavirus sul cancro orofaringeo Tumori cervice uterina

Tumori orofaringei

Infezioni da specifici sierotipi di HPV

HPV-35 2%

HPV-58 2% HPV-33 2%

Non tipizz.

7% Altri 5%

Infezioni da specifici sierotipi di HPV

Attualità

Disponibile in Italia il vaccino anti HPV 9-valente

quelli coperti dal vaccino 4-valente (Gardasil: 6, 11, 16, 18) e sette in più al vaccino bivalente (Cervarix: 16,18), già disponibili in Unione Europea. Il vaccino è ora disponibile anche in Italia.

Il vaccino Gardasil 9 è indicato per l’immunizzazione attiva di individui di entrambi i sessi a partire dai 9 anni di età contro le seguenti patologie da HPV: lesioni precancerose e tumori che colpiscono il collo dell’utero, la vulva, la vagina e l’ano causati dai sottotipi di HPV contenuti nel vaccino ed in aggiunta i condilomi genitali causati da tipi specifici di HPV. La schedula vaccinale del Gardasil 9 prevede per gli individui dai 9 ai 14 anni di età (inclusi) al momento della prima somministrazione due dosi (0, 6 mesi), mentre per gli individui di età pari o superiore a 15 anni, al momento della prima somministrazione, tre dosi (0, 2 e 6 mesi).

Le recenti raccomandazioni ACIP prevedono che si possa continuare o completare con il vaccino Gardasil 9 i cicli vaccinali iniziati con il Gardasil o Cervarix, mentre per i soggetti che hanno regolarmente completato il ciclo vaccinale con questi ultimi vaccini, attualmente non sono previste ulteriori dosi aggiuntive di Gardasil 9.

L’auspicio è che il constante impegno di tutti gli attori coinvolti nel sistema di prevenzione primaria e secondaria possa portare in futuro ad ulteriori successi nella lunga battaglia contro le temibili, ma in  alcuni casi prevenibili, malattie neoplastiche.

HPV-33 HPV-58 3% 2% HPV-35 3% Altri 1%

HPV-52 1% HPV-31 0% HPV-45 1% HPV-18 1%

{ International Agency for Research on Cancer. IARC monographs on the evaluation of carcinogenic risks to humans. Volume 90: human papillomaviruses. Lyon, France: International Agency for Research on Cancer, World Health Organization; 2007. http://monographs.iarc. fr/ ENG/Monographs/vol90/index.php

HPV-52 2% HPV-31 4%

{ Shiels MS, Kreimer AR, Coghill AE, Darragh TM, Devesa SS. Anal cancer incidence in the United States, 1977-2011: distinct patterns by histology and behavior.

Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2015;24:1548-56. http://dx.doi.org/10.1158/1055-9965.EPI-15-0044

HPV-45 5%

HPV-18 12%

HPV-16 59%

Theresa Guo, David W. Eisele and Carole Fakhry. Cancer. 2016 Aug 1;122(15):2313-23 (modificata)

HPV-16 88%

{ Meites E, Kempe A, Lauri E. Markowitz use of a 2-dose schedule for human papillomavirus vaccination. Updated recommendations of the ACIP. MMWR Morb Mortal Wkly Rep 2016;65:1405-8.

Pediatria numero 3 - aprile-maggio 2017

15

Attualità Anna Baroncini Già Direttore UOC di Genetica Medica e Dipartimento MaternoInfantile, Azienda USL di Imola

Francesca Torricelli Già Direttore SOD di Diagnostica Genetica, AOU Careggi di Firenze

Guido Cocchi UO di Neonatologia,

Ambulatorio Malattie Rare, Università di Bologna

G

Ecco come ti predico il talento del tuo bambino

li sviluppi della genomica hanno rivoluzionato l’attività dei laboratori, i costi delle analisi e i campi di applicazione, portando alla commercializzazione dei cosiddetti test genetici diretti al consumatore (direct to consumer, DTC), ossia venduti direttamente all’utente finale, per lo più tramite il web, con o senza il coinvolgimento di un professionista sanitario.

Seppur prevalentemente centrato sull’ambito medico e legale-identitario, il mercato dei test genetici DTC si è ampliato alla valutazione di tratti e condizioni non patologiche di solito contraddistinti da un rapporto genotipofenotipo complesso e profondamente influenzato dai fattori ambientali, come le capacità fisiche e cognitive, le caratteristiche della personalità e la risposta individuale a certe condizioni ambientali. La popolazione target di questi test per lo stile di vita e il comportamento è per lo più costituita dai minori e il marketing è rivolto ai genitori.

In quest’ambito sono i test di performance atletica ad aver focalizzato l’attenzione della comunità scientifica e suscitato la maggiore risonanza mediatica.

Il primo lancio di un test volto a prevedere la performance atletica è del 2008 quando una compagnia statunitense ha messo in vendita l’analisi DTC di una variante comune del gene ACTN3, codificante per l’α-actinina3 presente nelle fibre muscolari a contrazione veloce e mediaticamente chiamato “il gene dello sprint”, identificando i destinatari nei bambini di due-otto anni e i potenziali acquirenti nei genitori ai quali “avrebbe offerto una guida nella scelta dello sport verso cui indirizzare i figli”.

Già il giorno successivo all’annuncio giornalistico, uno dei coautori del primo articolo sulla correlazione tra genotipo ACTN3 e performance atletica replicava per puntualizzare che, a prescindere dai risvolti etici, ACTN3 era solo uno dei tanti fattori

Il business dei test genetici venduti direttamente ai genitori 16

Pediatria numero 3 - aprile-maggio 2017

in gioco nella riuscita in atletica in grado di spiegare non più del 2-3% della variabilità di popolazione nella funzione muscolare, che non poteva predire la capacità del bambino di divenire un atleta d’élite e che non vi era evidenza di un potere predittivo superiore alle consuete valutazioni fisiche. Se un genitore era interessato al futuro atletico del proprio figlio, continuava il ricercatore, era bene nutrirne il potenziale a prescindere dal test.

Queste considerazioni non hanno frenato la crescita del settore, con una quarantina di compagnie attive nel 2015. Le carenze osservate sono, tuttavia, molteplici: il 54% delle imprese non dichiarava i geni analizzati e quelle che lo facevano esaminavano un variabile spettro di polimorfismi, molti dei quali con un livello di evidenza scientifica debole o inesistente, la pubblicità era spesso sviante e i consensi carenti. Il Consensus Statement 2015 dei ricercatori attivi nel campo della genomica e della medicina dello sport ha sottolineato che le evidenze attuali indicano che i test genetici hanno un ruolo limitato o assente nel riconoscimento dei talenti sportivi e nelle prescrizioni individualizzate di training e hanno confermato che alla variante più comunemente analizzata del gene ACTN3 è imputabile al massimo il 2% della variabilità interindividuale nella forza muscolare e nella velocità dello sprint. La conclusione è che, al presente, nessun bambino o giovane atleta dovrebbe essere esposto ai test genetici DTC per definire i regimi di training o identificare i talenti atletici individuali.

Ovviamente esulano da queste considerazioni gli esami genetici volti a riconoscere i soggetti a rischio per eventi cardiovascolari improvvisi duran-

{ Skirton H. Direct to consumer testing in reproductive contexts – should health professionals be concerned? H Life Sci Soc Policy 2015;11:4. { Webborn N, Williams A, McNamee M, et al.

Direct-to-consumer genetic testing for predicting sports performance and talent identification: Consensus statement. Br J Sports Med 2015;49:1486-91. { Caulfield T, Borry P, Toews M, Elger BS, Greely HT, McGuire A. Marginally scientific?

Genetic testing of children and adolescents for lifestyle and health promotion. J Law Biosci 2015;2:627-44. { American Academy of Pediatrics and American College of Medical Genetics and Genomics.

Ethical and Policy Issues in Genetic Testing and Screening of Children.

Pediatrics 2013; 131:620-2. { Inoue Y, Muto K. Children and Genetic identification of talent.

Hastings Center Rep 2011;41:1

Tratti della personalità

Capacità artistiche

Emozioni

Dipendenze

Ottimismo

Musica

Socievolezza

Fumo passivo: sensibilità

Timidezza

Pittura

Passione

Fumo passivo: resistenza

Impulsività

Danza

Affettuosità

Propensione a fumare

Spirito di adattamento

Letteratura

Fedeltà

Alcol

Flessibilità

Recitazione

Auto-controllo

Droghe

Pensiero strategico

Linguistica

Spontaneità

Metabolizzazione del caffè

te l’esercizio fisico, peraltro solitamente condotti nel contesto clinico tradizionale.

I test per l’individuazione dei talenti e delle predisposizioni individuali al di fuori dello sport sono un segmento ancora limitato del mercato DTC, che sembra aver incontrato un particolare successo nell’est asiatico. Probabilmente a ciò non è estranea la (pregressa) politica cinese del figlio unico su cui tendono a concentrarsi le aspettative della famiglia. Ha fatto scalpore, ad esempio, la notizia della realizzazione nella città cinese di Chongqing di un campo estivo dove 30 bambini dai due ai dodici anni sono stati riuniti, assieme ai loro genitori, per essere sottoposti a test genetici (eseguiti da una impresa cinese di test DTC), oltre che a valutazioni tradizionali, per identificarne le potenzialità fisiche e cognitive onde pianificare “il loro sviluppo in modo efficace e scientifico”.

I test offerti spaziano dalle capacità e doti intellettuali rilevanti nei più svariati campi alle inclinazioni e tratti della personalità fino alla sensibilità/resistenza verso fattori ambientali potenzialmente nocivi (tabella 1). Solitamente senza offrire evidenze scientifiche dei risultati reclamizzati e spesso senza dare informazioni neppure sui geni/varianti esaminate, le strategie promozionali delle imprese DTC tendono ad alterare apertamente o implicitamente la rappresentazione dell’utilità dei test commercializzati e, all’insegna del motto “la conoscenza è potere”, dichiarano di offrire ai bambini un’opportunità per una vita di successo. Oltre ai dubbi sulla validità e utilità e alle preoccupazioni per la riservatezza, sono stati criticamente vagliati il riduzionismo genetico e la lesione dell’autonomia dei minori sottesi alle proposte commerciali, soprattutto considerando che i risultati erogati al di fuori di un contesto di counseling possono essere mal interpretati e sovrastimati. Il potenziale impatto sulla vita dei bambini non è trascurabile: basti pensare al fatto che una supposta resistenza al fumo passivo potrebbe favorirne l’esposizione o all’ansia da prestazione potenzialmente impressa dalle “aspettative genetiche”.

Il controllo dei test genetici DTC per lo stile di vita e il comportamento è tutt’altro che semplice tenuto conto, tra l’altro, della natura transnazionale dell’e-commerce. Gli organi regolamentari si occupano soprattutto dei test DTC correlati alla salute. In Europa e negli Stati Uniti, infatti, l’industria dei test genetici è per lo più governata dalla normativa sui dispositivi medici/diagnostici in vitro e

Attualità

Tabella 1. Alcune caratteristiche “indagate” secondo le proposte commerciali dei test genetici DTC per il comportamento e lo stile di vita.

i test DTC possono sfuggire alle maglie della regolazione se, in base alle loro finalità, sono commercializzati non come presidi sanitari ma come strumenti informativi o ricreativi.

Moniti contro l’impiego nei minori dei test genetici DTC sono stati lanciati da molte Società scientifiche.

L’American Academy of Pediatrics e l’American College of Medical Genetics and Genomics hanno congiuntamente motivato questa posizione con le carenze nella supervisione, accuratezza e interpretazione dei test, con i timori per la riservatezza e la preoccupazione di una possibile alterazione delle dinamiche familiari, enfatizzando l’importanza della partecipazione dei professionisti sanitari in qualunque test genetico erogato ai bambini. La Società Giapponese di Genetica umana ha rilasciato uno specifica raccomandazione contro la somministrazione ai minori dei test genetici DTC correlati a capacità, carattere e futuri percorsi di carriera. È stato suggerito che il medico di famiglia possa svolgere un ruolo centrale nella formazione/informazione dei potenziali consumatori di test genetici DTC. La maggior parte di loro, infatti, vorrebbe accedere ai test tramite il medico di fiducia, con il quale intenderebbe altresì condividere i risultati.

Anche se gli studi riguardano di solito gli adulti e i test di rilevanza sanitaria, è ragionevole prospettare un analogo ruolo per i pediatri in caso di test sui minori.

Ciò richiede, tuttavia, che sia colmato il gap formativo in tema di test genetici DTC per i quali sono state documentate scarsa consapevolezza ed esperienza tra i professionisti sanitari. Appare quindi importante aprire un tavolo di discussione e mettere in campo azioni specifiche per facilitare l’aggiornamento in un ambito verosimilmente destinato a essere sempre più rappresentato nella do manda degli utenti.

Partecipa alla survey sul sito SIP Per indagare alcuni aspetti relativi alla diffusione di questo fenomeno tra i bambini e gli adolescenti italiani e l’opinione al riguardo dei pediatri del nostro Paese è stato pubblicato sul sito SIP un questionario. È anonimo e richiede pochi minuti per la compilazione.

Vai su www.sip.it/per-il-medico/i-test-geneticivenduti-direttamente-ai-genitori-per-predire-italenti-dei-loro-bambini

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Attualità

Accoglienza dei minori stranieri non accompagnati: una nuova Legge

C

i sono voluti più di tre anni, in cui abbiamo assistito all’arrivo nel nostro Paese di un numero sempre crescente di minori stranieri non accompagnati (MSNA) in fuga da tutto ciò che non prospetta un futuro (guerre, persecuzioni, povertà, ecc.), per vedere finalmente approvata con larga maggioranza alla Camera una nuova Legge, la prima in Europa! (Legge 7 aprile 2017, n. 47. Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati, GU n. 93 del 21-4-2017).

Viene delineato in un Testo Unico il sistema di protezione e accoglienza dei MSNA, in risposta a quanto è stato rilevato nel corso di questi ultimi anni come criticità del sistema stesso in riferimento ai diritti mancati finora in Italia per questi minori (accoglienza, tutela, scuola, formazione, salute, ecc.).

Simona La Placa Di fatto cosa cambierà per la loro accoglienza? In Segretaria Gruppo di Studio prima istanza, si ribadisce l’assoluto divieto di reSIP per il Bambino Migrante spingimento alla frontiera dei MSNA che quindi non possono essere espulsi e devono essere collocati in un luogo sicuro, con un’attenzione particolare alla componente più vulnerabile rappresentata dagli irreperibili e dai minori in transito, a rischio di tratta e sfruttamento. A tal proposito, si predispone un sistema organico di raccordo tra strutture di prima e seconda accoglienza con l’obiettivo di provvedere all’accoglienza dei MSNA nell’ambito del sistema SPRAR (Sistema per la Protezione di Richiedenti Asilo e

Glossario

Per irreperibili si intendono i minori stranieri non accompagnati per i quali è stato segnalato dalle autorità competenti un allontanamento dalle strutture di accoglienza.

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Minori in transito sono coloro che scelgono da subito di sfuggire alle Istituzioni italiane per raggiungere altre mete.

Quali diritti garantiti a loro protezione e tutela

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Rifugiati), indipendentemente dal fatto che siano richiedenti asilo. Ne dovrebbe conseguire una riduzione dei tempi di permanenza previsti all’interno dei centri di prima accoglienza (da 60 a 30 giorni) e la presenza di strutture diffuse su tutto il territorio nazionale. Inoltre, per garantire una tutela legale in quanto minori, si prevede l’istituzione di elenchi di tutori volontari su tutto il territorio nazionale e la promozione dell’affido familiare.

Mentre, per gli operatori sanitari, si segnala l’adozione delle procedure per la determinazione e l’accertamento dell’età, al fine di armonizzare l’approccio ed evitare accertamenti diagnostici invasivi, oltre che inutili, a vantaggio di una valutazione globale multidisciplinare. Infine, la Legge prevede di attivare una banca dati nazionale dove confluisce la “cartella sociale” del minore, che lo accompagnerà durante il suo percorso e di garantire maggiori tutele per il diritto all’istruzione e alla salute, nonché per i diritti del minore durante i procedimenti amministrativi e giudiziari.

Queste le novità introdotte da una tanto auspicata Legge per la protezione di coloro che “prima e innanzitutto” sono bambini e bambine, ragazzi e ragazze, e il cui interesse, secondo la Convenzione di New York, deve essere tenuto “in primaria con siderazione in ogni circostanza” (art. 3).

I numeri Nel 2016, sono stati 25.846 mila i minori stranieri non accompagnati sbarcati sulle nostre coste, più del doppio rispetto al 2015. Considerando il numero toale dei minori sbarcati (accompagnati e non) si osserva come il peso relativo della componente di non accompagnati sia anch’esso andato crescendo nel tempo: nel 2014 essi costituivano il 49% del totale, nel 2015 il 75% (su 16.500) mentre nell’anno appena concluso sono il 92% dei 28.223 minori sbarcati, a testimonianza di una migrazione individuale prevalentemente di ragazzi ma anche di ragazze (93% vs 7%) originari soprattutto dal continente africano (Egitto, Gambia, Albania, Nigeria ed Eritrea).

n Italia esistono migliaia di spazi accoglienti dove fare una sosta per allattare e cambiare il proprio bebè. Grazie all’iniziativa di una neo-mamma, ora è più semplice trovarli tutti.

Gli ultimi mesi di gravidanza sono spesso costellati di incontri e percorsi di accompagnamento alla nascita del bambino.

Altrettanto spesso, tuttavia, questi corsi si concentrano sulla preparazione al parto, con qualche cenno all’importanza dell’allattamento. Il risultato è che, quando il bebè arriva, la neo-famiglia si trova spesso impreparata; in alcuni casi, l’allattamento nella pratica può non essere semplice come lo avevano descritto e anche l’uscita di qualche ora può diventare un’impresa.

“Per fare un bambino ci vuole un villaggio” recita un antico proverbio africano. Aggiungiamo: anche per fare una mamma e un papà! Per questo è importantissimo che i neo-genitori non restino soli, particolarmente nei primi mesi, che siano informati su tutte le strutture e i servizi a loro disposizione sul territorio e che si sentano liberi di uscire, anche con un bambino molto piccolo, sicuri che troveranno locali disposti ad accoglierli in caso di necessità.

Cosa sono i Baby Pit Stop?

Il concetto di Baby Pit Stop nasce 12 anni fa da un’intuizione de La Leche League: si tratta di uno spazio protetto all’interno di un locale pubblico per fare “un cambio... di pannolino e il pieno... di latte”. È stato poi negli anni imitato da Unicef, che ne ha ripreso il nome, dall’Associazione Allattamento IBCLC con i suoi Poppa&Pannolo, da Il Melograno con il progetto Farmacie Amiche dell’Allattamento. I negozianti aderenti a questi circuiti ottengono la certificazione impegnandosi a rispettare il Codice Internazionale sulla Commercializzazione del Latte Materno che protegge le mamme dal marketing aggressivo. Oltre a queste reti nazionali, esistono poi decine di reti locali che si sono attivate grazie all’impegno di gruppi di mamme volenterose, all’intuizione di esercenti illuminati, alla lungimiranza di istituzioni virtuose e, singoli locali che, per la storia del titolare o una sensibilità particolare, offrono attrezzature e servizi preziosi

Valeria Miccolis, Fondatrice di Baby Pit Stoppers.

per i neo-genitori con bebè.

Il problema è che spesso tutte queste realtà non si conoscono, l’informazione è frammentata, difficilmente accessibile e non geolocalizzata.

Un’app per trovare e mappare i Baby Pit Stop Partendo da un’esigenza concreta e dall’iniziativa di una neo-mamma, un anno e mezzo fa nasce Baby Pit Stoppers, una web app gratuita che, grazie alla geolocalizzazione, permette di trovare il locale più vicino dove fermarsi per una sosta col proprio piccolo per allattarlo, cambiarlo o scaldare una pappa, magari accedendo facilmente con passeggino.

La mappatura è accessibile in

Per rimanere informati sugli sviluppi del progetto, è possibile cliccare “Mi Piace” sulla Pagina Facebook Baby Pit Stoppers o registrarsi su www.babypitstoppers.com Per sostenerlo con una donazione, seguire il link https://www.paypal.me/BabyPitStoppers Per qualsiasi curiosità, dubbio, chiarimento, scrivere a babypitstoppers@gmail.com

uscire con un neonato?

Più facile con la app che mappa i Baby Pit Stop

Pianeta SIP

I

intervista a Valeria Miccolis

tutta Italia da PC e dispositivi mobili semplicemente collegandosi al sito www.babypitstoppers.com Da smartphone, l’esperienza è esattamente quella di una app ma senza bisogno di scaricare nulla sul proprio telefono. In un anno e mezzo di attività, grazie alle segnalazioni di migliaia di utenti, Baby Pit Stoppers ha raccolto in un’unica mappatura oltre 3000 locali accoglienti, agevolando nell’ultimo anno più di 16.000 famiglie nei loro spostamenti, valorizzando gli esempi virtuosi e mettendo a disposizione di tante associazioni uno strumento colorato, facile da usare e tecnologicamente avanzato

per raggiungere, nei fatti, i destinatari delle loro azioni.

Il progetto non ha sponsor, né finanziatori istituzionali, e potrà continuare a svolgere la sua attività con il contributo di tutti.

Cosa può fare un pediatra per diffondere l’iniziativa?

I pediatri rappresentano un punto di contatto e supporto importante per le neofamiglie nel post-parto.

Ogni pediatra può fare la differenza: può informare dell’esistenza del progetto e dell’app esponendo la locandina (vedi pagina 20) nella bacheca della sua sala d’aspetto e del consultorio o ospedale a cui fa riferimento, può rilanciare l’iniziativa attraverso il suo sito o i suoi canali social (es. la pagina facebook del suo studio), può diffondere l’iniziativa fra i suoi colleghi, può parlarne nell’ambito di un convegno.

Se ha un angolo per nutrire e cambiare i piccoli aperto anche ai genitori esterni, può inoltre inserire il suo studio direttamente nella app, offrendo un ulteriore baby pit stop alle famiglie del suo territorio! 

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#

Pianeta SIP

P

resentato il Protocollo sperimentale di intesa volto a ridurre il disagio dei minori disabili e delle loro famiglie nell’iter sanitario per il riconoscimento delle prestazioni assistenziali di invalidità e di handicap alle quali hanno diritto. Il Protocollo sperimentale, della durata di 18 mesi, è stato sottoscritto dall’Inps e dagli Ospedali Bambino Gesù di Roma, Gaslini di Genova, e Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer di Firenze. Questo protocollo permetterà ai medici di queste strutture di utilizzare il “certificato specialistico pediatrico”, grazie al quale sarà possibile acquisire fin da subito – durante il ricovero o cura presso le Strut-

Da sinistra: Massimo Piccioni, Coordinatore generale medico legale Inps; Alberto Villani; Mariella Enoc, Presidente OPBG; Tito Boeri, Presidente Inps; Alberto Zanobini, Direttore generale Meyer; Pietro Pongiglione, Presidente Gaslini.

Volto a ridurre il disagio dei minori disabili e delle loro famiglie

La SIP alla Giornata Nazionale della Salute della Donna Grande afflusso di pubblico alla Giornata Nazionale della Salute della Donna promossa dalla Ministra della Salute Beatrice Lorenzin, sabato 22 aprile a Roma. Nel gazebo allestito dalla SIP, oltre a distribuire materiale informativo, gli esperti SIP hanno effettuato attività di screening e consulenza sui temi di alimentazione, vaccinazione, malattie infettive (anche sessualmente trasmesse), medicina di genere (quest’ultimo in collabora zione con l’Istituto Superiore di Sanità).

Da sinistra: le dottoresse Isabella Tarissi De Jacobis, Giulia Cinelli, Elena Bozzola, Luciana Nicolosi.

La Ministra della Salute Beatrice Lorenzin al gazebo della SIP, con il Presidente della SIP Alberto Villani e lo staff al completo.

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Pediatria numero 3 - aprile-maggio 2017

Siglato un Protocollo d’intesa con l’Inps

Da sinistra: Alberto Villani, Massimo Piccioni, Tito Boeri.

ture sanitarie – tutti gli elementi necessari alla valutazione medico-legale, evitando al minore eventuali ulteriori esami e accertamenti. Il “certificato specialistico pediatrico”, predisposto dall’Inps e dalla Società Italiana di Pediatria, contiene tutti gli elementi utili all’accertamento della specifica patologia. Questo certificato consente quindi di evitare ulteriori valutazioni specialistiche che, nei casi di particolare complessità delle patologie, sono spesso necessarie in aggiunta al certificato medico redatto da pediatri e medici di base del Servizio Sanitario Nazionale, ed evita così di dover sottoporre il minore a più visite. Al Protocollo sperimentale possono aderire le Strutture sanitarie pediatriche che ne facciano richiesta, con particolare riguardo a quelle specializzate nella diagnosi e cura delle patologie pediatriche con particolare riferimento alle malattie genetiche, cromosomiche ed alle cosiddette forme rare. Con l’adesione al Protocollo sperimentale, la Struttura sanitaria pediatrica si impegna a sensibilizzare i suoi medici di ruolo ad utilizzare il modello “certificato specialistico pediatrico” a titolo gratuito, con conseguenti risparmi per le famiglie degli stessi minori. L’Istituto, a sua volta, si impegna ad utilizzare il “certificato specialistico pediatrico” per semplificare e ridurre i tempi dei processi sanitari connessi alle domande di prestazione assistenziale, ad adeguare le proprie procedure interne e a fornire un apposito PIN ai medici che ne facciano richiesta. Verranno così omogenizzate le prestazioni sul territorio nazionale, evitando ai minori revisioni temporali del giudizio medico-legale nei casi di malattie di cui al DM 2 agosto 2007 e consentendo di definire le domande, per le visite presso le Commissioni Inps, anche tramite la valutazione medico-legale della documentazione agli atti. 

Pianeta SIP

aPP In PeDIatrIa

CortiConverter, dosaggi sicuri CortiConverter è un’applicazione dall’interfaccia intuitiva e di facile consultazione che consente di ottenere rapidamente l’equivalenza di dosaggio in mg per le seguenti molecole steroidee: betametasone, cortisone, desametasone, fludrocrotisone, idrocortisone, metilprednisolone, prednisone e triamcinolone. L’applicazione, di sole 4.4 Mb, è gratuita e disponibile per tutti i dispositivi che sfruttano un App Store iTunes o Android. (Davide  Vecchio, Consigliere junior SIP)

Biberon, evitare ossido di etilene La trasmissione televisiva Report di Rai 3 ha mandato in onda la sera del 3 aprile 2017 un servizio giornalistico in merito all’uso dell’ossido di etilene per la sterilizzazione di biberon e tettarelle monouso. La Società Italiana di Pediatria (SIP) e la Società Italiana di Neonatologia ritengono opportuno evitare l’utilizzo dell’ossido di etilene potendo usufruire di metodi alternativi, e pertanto hanno invitato il Ministro della Salute a valutare con attenzione questa possibilità. In merito all’argomento sul sito della SIP è stata pubblicata una relazione a cura del dott. Giuseppe Bacis responsabile dell’unità Tossicologia-Centro antiveleni dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo (www.sip.it/pianeta-sip/sterilizzazione-biberon evitare-ossido-di-etilene).

CarrIere Stefano Vella Il 30 marzo la Conferenza delle Regioni prima e quella Stato-Regioni poi hanno ratificato la nomina di Stefano Vella avanzata dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin a Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’AIFA. Vella, Direttore di Centro GLOB – Centro nazionale salute globale dell’Istituto Superiore di Sanità, si è Laureato in Medicina e Chirurgia a Roma dove si è anche specializzato in Malattie infettive e Medicina Interna.

“Considero questo incarico un grande onore e farò di tutto per averlo meritato quando sarà tempo di bilanci”, ha detto in una dichiarazione rilasciata subito dopo la nomina.

A rino rappuoli il prestigioso Canada Gairdner International Award Tra i 5 vincitori del prestigioso riconoscimento dedicato alle più importanti scoperte in ambito medico-scientifico a livello mondiale, vi è, unico italiano, Rino Rappuoli, Chief Scientist di GSK Vaccines. Il premio Gairdner, istituito nel 1957, celebra gli scienziati che hanno segnato con il loro lavoro importanti traguardi nel campo della ricerca medico-scientifica. Nel corso degli anni, tra gli oltre 300 destinatari di questo riconoscimento, ben 84 hanno poi ricevuto il Premio Nobel per la Medicina. Rino Rappuoli è stato premiato per l’approccio pioneristico con il quale ha saputo legare lo studio della genomica a quello dei vaccini e in particolare nella lotta contro il meningococco B. La reverse vaccinology, sviluppata dal team di Rappuoli nel 2000, è stata infatti la chiave del successo per la scoperta del primo vaccino al mondo contro questa terribile patologia. Il vaccino contro il meningococco B è oggi approvato in oltre 35 paesi con più di 10 milioni di dosi distribuite dall’Italia in tutto il mondo.

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Pianeta SIP

Dentro la SIP: affiliate e gruppi di studio intervista a Silvio Maringhini

Prevenzione e rischio cardiovascolare Tre domane a Silvio Maringhini, Segretario del Gruppo di Studio “Ipertensione e rischio cardiovascolare” Rischio cardiovascolare: la prevenzione comincia nell’infanzia?

Numerosi studi epidemiologici osservazionali hanno documentato che molti sono i fattori di rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare: basso peso alla nascita, valori elevati di pressione arteriosa, iperlipemia, diabete, iperinsulinemia, iperuricemia, insufficienza renale, obesità, sovrappeso, fumo, dieta inadeguata (ricca di sale, bevande zuccherate, povera di fibre), consumo di alcol e vita sedentaria. Tutti questi fattori di rischio possono essere modificati con interventi terapeutici ma soprattutto con interventi di modifica dello stile di vita.

Più precoce è l’intervento e migliore è il risultato; iniziare in età pediatrica è importante e il ruolo del pediatra è fondamentale. I dati raccolti

24

in adulti affetti da insufficienza renale, per esempio, mostrano che la progressione del danno renale può essere parzialmente rallentata da interventi terapeutici e modifiche nello stile di vita mentre il rischio cardiovascolare resta elevato.

L’ipertensione arteriosa è uno dei fattori di rischio, in che dimensioni coinvolge anche l’età pediatrica?

La diagnosi di ipertensione arteriosa in età pediatrica viene posta con criteri diversi da quelli adottati negli adulti e la prevalenza della malattia è bassa nei bambini piccoli (nei quali è spesso secondaria ad altre patologie) ma aumenta negli adolescenti nei quali è associata ad incremento dell’indice di massa corporea. È stato inoltre documentato che i valori più alti di pressione arteriosa predispongono allo sviluppo di ipertensione e danno cardiovascolare in età adulta. La prevalenza delle altre malattie cardiovascolari è sicuramente bassa se

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confrontata con quella degli adulti, ma anche per queste malattie i fattori di rischio, se presenti in età pediatrica, comportano la loro insorgenza in età adulta più precocemente e con maggiore frequenza.

Cosa sta facendo il Gruppo per rafforzare la prevenzione del rischio cardiovascolare?

Il gruppo di studio “Ipertensione arteriosa” della Società Italiana di Pediatria ha elaborato negli ultimi anni raccomandazioni sulla diagnosi e terapia dell’ipertensione in età pediatrica ma anche sulla prevenzione dell’insorgenza dell’ipertensione in età adulta. Nell’ultimo anno il Gruppo ha cambiato la sua dizione in “Ipertensione e

rischio cardiovascolare” allargando il suo interesse agli altri fattori di rischio per malattie cardiovascolari.

Compito del pediatra moderno è, oltre a curare i bambini malati, quello di prevenire le malattie nella vita adulta. Nei prossimi mesi verranno prodotti documenti che aiutino i pediatri ad individuare i bambini a rischio di malattie cardiovascolari in età adulta e a suggerire i metodi per contenere questo rischio.

L’obiettivo è quello di fornire ad ogni paziente che raggiunge l’età adulta, e pertanto che verrà affidato alle cure del medico di medicina generale, una “scheda di rischio cardiovascolare” che stiamo preparando con i soci del nostro Gruppo. 

Pianeta SIP

Sezioni regionali SIP

Lombardia 2017-2021

Veneto 2017-2021

Presidente: Paola Giovanna Marchisio

Presidente: Simone Rugolotto

Vicepresidente: Marina Picca

Vicepresidente: Fabrizio Fusco

Segretario-Tesoriere: Chiara Mameli

Segretario: Stefano Sartori

Consiglieri: Raffaele Badolato, Claudio Cravidi, Maria Elisabetta Di Cosimo, Marco Sala

Consiglieri: Massimo Pasqualini,

Angelo Pietrobelli, Francesca Rusalen, Antonella Tonetto

Rinnovati i Consigli Direttivi in 6 Regioni, ecco i risultati delle elezioni

Emilia Romagna

Marche 2017-2021

2017-2021

Presidente: Leonardo Felici

Presidente: Giacomo Biasucci

Vicepresidente: Nicola Oggiano

Vicepresidente: Icilio Dodi

Segretario: Oriana Amadori

Segretario: Giuseppe Gregori

Consiglieri: Enrica Fabbrizi,

Consiglieri: Maria Cristina CantĂš,

Pierfrancesco Gentilucci, Roberto Guidi, Mirka Marangoni

Barbara Predieri, Nicola Antonio Romeo, Mariassunta Torricelli

Umbria

2017-2021 Presidente: Maurizio Morlupo Vicepresidente: Guido Pennoni Segretario: Elena Bordone Consiglieri: Francesco Candio,

Lazio 2017-2021

Milena Capuano, Rita Cozzali, Giuseppe Di Cara

Presidente: Pietro Ferrara Vicepresidente: Patrizio Veronelli Segretario: Vincenzo Bembo Consiglieri: Laura Cursi,

Annunziata Fanelli, Pasquale Parisi, Maurizio Pizzoli

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Pediatri inFormazione

Lavarsi bene le mani: i consigli dell’OMS

Il semplice gesto di lavarsi bene le mani può contribuire a ridurre il rischio di infezioni batteriche. L’OMS ha anche proclamato la giornata mondiale dell’Igiene delle Mani (5 maggio), diffondendo semplici consigli per lavarsi correttamente le mani: utilizzare un detergente liquido; applicarlo su entrambi i palmi e strofinare per circa 40-60 secondi anche al di sotto delle unghie e tra le dita; risciacquare e asciugare con un panno di carta usa e getta; evitare di toccare rubinetti e maniglie direttamente con le mani.

Uno strano caso di linfoadenopatia cronica Scenario

Emanuel è un bambino di 7 mesi giunto alla nostra attenzione per linfoadenomegalia laterocervicale destra e sotto-mandibolare bilaterale comparsa da circa due mesi per la quale, su consiglio del medico curante, ha assunto terapia antibiotica con macrolide per 3 settimane, con scarso beneficio. Il bambino è di nazionalità albanese, nato a termine da parto eutocico dopo gravidanza decorsa fisiologicamente, con un buon adattamento alla vita extrauterina.

a cura di Monica Malamisura, Roberto Raschetti, Liviana Da Dalt

Decorso clinico

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All’ingresso in reparto Emanuel presenta condizioni generali buone. Apiretico. Parametri auxologici nella norma per età.

All’esame obiettivo da sottolineare, in sede sotto-mandibolare destra, una tumefazione di circa 3 cm di consistenza duro-elastica, fissa rispetto ai piani sovrastanti e sottostanti, ricoperta da cute eritematosa e altri piccoli linfonodi in regione omo- e controlaterale; in addome un fegato debordante 2 cm dall’arcata costale di consistenza parenchimatosa. Vengono eseguiti esami di laboratorio: all’emocromo si evidenzia anemia (9,8 g/dl) con formula leucocitaria conservata, una lieve positività degli indici di flogosi (PCR 20,8 mg/dl, v.n. 0-10; VES 26 mm, v.n. 0-20), tampone faringeo e test infettivologici per Bartonella, agenti TORCH ed EBV negativi ad eccezione di una positività per CMV-IgM. L’ecografia dell’addome conferma l’epatomegalia, e l’ecografia dei linfonodi del collo mostra voluminosi linfonodi (da 3 a 4 cm) in diverso stadio colliquativo adesi e avvolti da una reazione periadenitica iperecogena, che a destra coinvolge le ghiandole sottomandibolare e parotide, affiorando in superficie, come da scrofula (figure 1a e b). Pertanto nel sospetto di una linfoadenite tubercola-

IL CASO CLINICO

Tubercolosi: un problema emergente Maria Elena Cucuzza1, Simona Domenica Marino1, Flavia Maria Consuelo La Mendola1, Giuseppe Fabio Parisi2, Valentina Fatuzzo3, Maria Papale2, Pierluigi Smilari1 1 UO Clinica Pediatrica; 2 UO Broncopneumoallergologia; 3 UO UTIN Scuola di Specializzazione in Pediatria. AOU Policlinico Vittorio Emanuele di Catania

re vengono eseguiti l’intradermoreazione di Mantoux (TST), che risulta positiva (>10 mm) e il T-SPOT (Interferon-Gamma Releasing Assay – IGRA), con esito dubbio. Negativa la radiografia (RX) del torace. Si decide di intraprendere terapia secondo lo schema seguente: rifampicina 20 mg/kg/ die per 6 mesi; isoniazide 10 mg/kg/die per 6 mesi; pirazinamide 30 mg/kg/die per 2 mesi, con periodici drenaggi del materiale caseoso progressivamente affiorante in superficie, sul quale sono stati eseguiti esami batterioscopici, che hanno messo in evidenza la presenza di bacilli acido-alcol resistenti alla colorazione di Ziehl-Neelsen ed esame colturale, che ha mostrato la crescita dei micobatteri, tuttavia non è stato possibile tipizzare se si trattasse di Mycobatterio tubercolare (MTB) o non tubercolare (MNTB). Inoltre per escludere una immunodeficienza, si eseguono dosaggio delle immunoglobuline e sottopopolazioni linfocitarie, risultati nella norma per l’età e ricerca dell’HIV, con esito negativo. Ai controlli periodici Emanuel ha mostrato una buona risposta alla terapia, con notevole riduzione della linfoadenopatia a 6 mesi.

Viene inoltre eseguita ai genitori la TST, con esito positivo ed RX del torace, che

Figura 1 a e b. Ecografia del collo: voluminosi linfonodi (3-4 cm) sottomandibolari e laterocervicali, in diverso stadio colliquativo, che coinvolgono la ghiandola parotide e sottomandibolare, affiorando in superficie.

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mette in evidenza la presenza di un complesso primario, in assenza di sintomi; pertanto, posta diagnosi ai genitori di tubercolosi polmonare, viene intrapresa terapia con isoniazide e rifampicina per 6 mesi e pirazinamide per 2 mesi.

Commento

Il riscontro di linfoadenopatia in età pediatrica è frequente, con una maggiore incidenza di forme infettive. Il nostro paziente al momento del ricovero presentava una linfoadenopatia laterocervicale, monolaterale, asimmetrica e cronica, perché di durata superiore alle 6 settimane, con segni di flogosi, tendente alla fistolizzazione, non responsiva a terapia antibiotica. Pertanto ci siamo orientati verso le possibili diagnosi differenziali e abbiamo eseguito le indagini di primo livello previste dalle linee guida suggerite da De Martino et al. nel 2014 (figura 2): emocromo con formula leucocita-

TEST 1) Quali sono le caratteristiche cliniche da prendere in considerazione in caso di linfoadenopatia £ a. Dimensioni £ b. Sede £ c. Consistenza £ d. Rapporti coi piani sovrastanti e sottostanti £ e. Tutte le precedenti 2) In caso di linfoadenopatia mono- o bilaterale, di dimensione inferiori ai 2 cm, senza segni di flogosi locale, quando è raccomandato eseguire gli accertamenti di primo livello? £ a. In ogni caso per arrivare ad una eziologia certa £ b. In caso di mancata risposta alla terapia antibiotica empirica £ c. Nelle forme subacute (2-6 settimane) o croniche (>6 settimane) £ d. In caso di peggioramento clinico £ e. C+D 3) Quali tra le seguenti potrebbe far sospettare una linfoadenopatia da micobatteri? £ a. Tumefazione linfonodale acuta bilaterale £ b. Età >5 anni £ c. Tendenza alla necrosi colliquativa interna con successiva fistolizzazione all’esterno £ d. IGRA negativo £ e. Assenza di febbre

zione da MTB il TST risulta positivo con infiltrato >10 mm, sebbene il TST abbia una sensibilità non ottimale in bambini piccoli, negli immunodepressi e in bambini malnutriti o con comorbilità. Invece l’IGRA, che valuta la produzione di interferonegamma in risposta ad antigeni del MTB, permette di discriminare i soggetti con infezione tubercolare rispetto ai soggetti vaccinati o con infezione da MNTB. La positività del test IGRA e del TST è suggestiva quindi di eziologia tubercolare mentre la positività del solo test cutaneo orienta la diagnosi verso la patologia da micobatterio non tubercolare. Tuttavia l’IGRA può risultare falsamente negativo nei bambini di età inferiore ai 5 anni. Una diagnosi definitiva può essere raggiunta microbiologicamente evidenziando la presenza di micobatteri nel campione biologico. Nel nostro caso, essendoci orientati verso una forma da micobatteri, per proseguire l’iter diagnostico e discriminare tra forme tubercolari e non tubercolari e in base a questo decidere l’approccio terapeutico più appropriato, si era ipotizzato di eseguire una biopsia escissionale completa del pacchetto linfonodale interessato. Infatti, la letteratura è concorde nel considerare l’asportazione completa dei linfonodi come gold standard, sia diagnostico che terapeutico, poiché si associa ad una maggiore incidenza di completa guarigione con buoni risultati estetici, se effettuata in una fase precoce permettendo, inoltre, di ottenere materiale per la coltura.

Il chirurgo pediatra, però, considerando l’età del paziente, il coinvolgimento delle ghiandole sotto-mandibolare e parotide e quindi l’elevato rischio di ledere il nervo faciale ha sconsigliato il trattamento chirurgico di escissione completa dei linfono-

Le risposte alle domande sono: 1-e, 2-e, 3-c.

ria, dosaggio ematico della proteina C-reattiva e degli enzimi epatici, indagini sierologiche per infezione da virus di EpsteinBarr, TST, test IGRA, LDH. Inoltre è stata eseguita una ecografia, importante non solo per differenziare le linfoadenopatie dalle altre cause di tumefazione del collo ma anche per valutare le caratteristiche del linfonodo e per seguirne il decorso. Appurato che si trattava di linfonodi tra i 3 e i 4 cm, quindi già da considerare patologici per le dimensioni, in diverso stadio colliquativo, in attesa delle indagini sierologiche e in presenza di epatomegalia, sono state eseguite le indagini di secondo livello, che includono esami di approfondimento oncoematologico, sierologia per CMV, adenovirus, Bartonella henselae, toxoplasmosi, tularemia, brucellosi, listeriosi, Borrelia burgdorferi, HIV, istoplasmosi e coccidiomicosi, sifilide. L’ecografia dell’addome confermava l’epatomegalia in assenza di lesioni focali e il dosaggio delle sottopopolazioni linfocitarie risultava nella norma. Le indagini eseguite hanno mostrato positività del TST, esito dubbio del test IGRA e positività delle IgM per CMV. A questo punto si poneva il dubbio di quale potesse essere la reale eziologia di questa linfoadenopatia. Il consulente infettivologo, considerate le caratteristiche cliniche ed ecografiche del linfonodo, la clinica del paziente e gli esiti di TST e IGRA, si è orientato verso una forma di linfoadenite da micobatteri, consigliando pertanto di eseguire una RX del torace, risultata nella norma, e una TST con radiografia del torace ai genitori, che hanno dato per entrambi esito positivo. Occorre precisare che un TST positivo non permette di distinguere soggetti vaccinati o con infezione da MTB o MNTB, ma in genere in caso di infe-

di e ha consigliato di intraprendere terapia medica associata a periodici drenaggi. Sebbene il materiale drenato analizzato non abbia permesso una diagnosi eziologica definitiva (in accordo coi dati della letteratura secondo i quali l’isolamento del MTB da coltura è possibile in una percentuale che va dal 10% al 69%) e considerati l’età del piccolo paziente, la sua provenienza da una zona ad alta endemia per TBC, l’esito dubbio dell’IGRA, la presenza di un complesso primario all’RX dei genitori, la mancata risposta alla terapia con claritromicina (farmaco utilizzato in associazione alla rifampicina nelle infezioni da MNTB), su indicazione del consulente infettivologo è stato intrapresa terapia con rifampicina, isoniazide e pirazinamide. Tale schema terapeutico corrisponde a quello suggerito dalle linee guida dell’OMS 2010 e della Società Italiana di Malattie Infettive Pediatriche del 2014 per bambini con linfoadenite tubercolare, HIV negativi, che vivono in zone a bassa resistenza per isoniazide e a bassa prevalenza per HIV. Il piccolo ha mostrato una buona tolleranza alla terapia, che ha determinato un lento, ma graduale miglioramento clinico.

In conclusione i flussi migratori hanno determinato l’aumento dei casi di TBC nei Paesi a bassa endemia, dove era stata quasi del tutto eradicata. Nel primo anno di vita il rischio di infezione disseminata è del 40%.

In età pediatrica l’interessamento dei linfonodi laterocervicali, chiamato scrofula, rappresenta il 70% dei casi di TBC. Rarissima nella nostra pratica comune, nei Paesi in Via di Sviluppo, dove la carica infettante è maggiore, la presenza di una tumefazione linfonodale laterocervicale è considerata clinicamente suggestiva di tubercolosi. ¢

Pediatri inFormazione

Figura 2. Algoritmo diagnostico delle linfoadenopatie della testa e del collo.

Da: De Martino M, Camaioni A. Linee Guida per la gestione delle linfoadenopatie della testa e del collo in età pediatrica.

Pediatr Prev Soc 2014; Supplemento al n°1.

{ Tucci F, Lo Vecchio A, Guarino A. Aggiornamenti e nuove frontiere nella tubercolosi in età pediatrica. Prospett Pediatr 2014;44:36-44. { Deveci HS. Diagnostic challenges in cervical tuberculous lymphadenitis: a review. North Clin Istanb 2016;doi:10.14744/nci.2016.20982. { Lalvani A, Pareek M. Interferon gamma release assays: principles and practice.

Enfermedades Infecc Microbiol Clínica 2010;28:245-52. { Ridge A, Grzemska M, Hill S, Gie R. World Health Organization. Rapid advice: treatment of tuberculosis in Children, 2010.

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La clinica

VERO O FALSO

in collaborazione con SIDERP

Tinea I dermatofiti che determinano le tinee nell’uomo sono classificati in vario modo?

Vero. In base al loro habitat naturale sono suddivisi in: antropofili, zoofili, geofili.

In base all’aspetto microscopico e macroscopico delle colonie vengono differenziati 3 generi: Microsporum, Tricophyton, Epidermophyton.

In Italia il dermatocita che causa più frequentemente la Tinea corporis è il Microsporum canis

Le tinee da dermatofiti zoofili e geofili sono in genere le più infiammatorie e le più pruriginose?

Vero. Più il genere è filogenicamente lontano da quello umano, più l’infiammazione è importante.

Le tinee vengono generalmente classificate in base al loro sito anatomico?

Vero. Definiamo infatti le tinee: capitis, corporis, facei, pedis, cruris, barbae, manum, unguium.

La trasmissione dell’infezione da dermatofiti avviene solo per contagio diretto con persone, animali o suolo?

Falso. La trasmissione può avvenire sia per contagio eterologo diretto sia indiretto (spesso) da materiale contaminato presente su: pettini e spazzole, peli, squame cutanee, capelli, indumenti usati collettivamente, scarpe e suole, ma anche su pavimenti, tappeti e stuoie. Il contagio può aversi anche per autoinoculazione (attraverso il grattamento) di materiale infettante da un punto all’altro della cute.

In Italia il dermatofita che più frequentemente causa la Tinea corporis è il Microsporum canis?

Vero. Sino all’80% dei casi è dovuto al Microsporum canis. Gli altri agenti in causa sono il Trichophyton rubrum, il Trichophyton mentagrophytes e l’Epidermophyton floccosum.

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La fonte di contagio del Microsporum canis è esclusivamente il cane?

Falso. Il contagio è dovuto, nella maggioranza dei casi, al gatto; meno frequentemente al cane.

La luce di Wood può essere sempre di aiuto diagnostico nella Tinea capitis?

Falso. È utile solo in quella microsporica in cui si evidenzia una colorazione gialloverdastra.

Patrizio Mulas

Matteo Ferrara

Già Direttore SC Dermatologia, AO Brotzu, Cagliari Docente Master Dermatologia Pediatrica

Pediatra di famiglia, Olevano sul Tusciano (SA)

L’espressione clinica della Tinea corporis è quella a moneta Vero. Anche se spesso all’inizio può sembrare una puntura di insetto poi man mano, trascorrendo i giorni (è una infezione lenta), la graduale progressione periferica con bordo infiammato e la risoluzione centrale determinano la conformazione anulare a chiazza unica o multipla.

Talora è presente una riattivazione centrale con formazione di uno o più centri concentrici dando l’aspetto di una lesione rotonda a bersaglio.

Nella Tinea corporis è fondamentale sapere di quale micete si tratta per poi effettuare la terapia topica?

Falso. Allo stato attuale non sono state evidenziate resistenze ai dermatofiti. Pertanto, in presenza di 3-5 lesioni su cute glabra, tutti gli antimicotici topici possono essere utilizzati con efficacia.

Nella Tinea corporis l’antimicotico topico va applicato per almeno 10 giorni Falso. La terapia deve essere fatta per almeno 3-4 settimane.

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Il dosaggio della griseofulvina per os non deve superare i 10 mg/kg/die come riportato in scheda tecnica?

Falso. Tale dosaggio può essere congruo nella terapia della Tinea corporis su cute glabra, ma è insufficiente nella cura della tinea capitis. Infatti il dosaggio per la cura della Tinea capitis è di 20-25 mg/kg/ die per almeno 4-6 settimane.

Un bambino in terapia per os per Tinea capis può frequentare l’asilo o la scuola?

Vero. È importante che abbia iniziato la terapia per os almeno da 1 giorno.

La Tinea unguium è un evento frequente nei bambini?

Falso. Contrariamente a quello che si pensa, è rara, con una prevalenza dello 0,2 %. Questo probabilmente perché, prima della pubertà, la crescita ungueale è più rapida e quindi eventuali elementi fungini giunti a contatto con la lamina ungueale, sarebbero subito allontanati, senza avere il tempo di aggredirla.

La Pityriasi versicolor nei bambini colpisce il volto?

Vero. Infatti le chiazze pitiriasiche, bianche o brunastre, si localizzano lungo i bordi del capillizio e alle regioni periorbitali, forse in rapporto con il precoce sviluppo delle ghiandole sebacee in queste zone. Sono facilmente evidenziabili ¢ con la luce di Wood.

La Federazione Medico Sportiva Italiana ha presentato l’8 maggio la nuova edizione della “Campagna Educativa 2017 -Nutrizione È Salute” dedicata all’educazione alimentare di chi pratica attività sportiva. La Campagna è stata pensata per promuovere l’adozione di corretti comportamenti alimentari, funzionali allo sport e alle attività quotidiane, agendo direttamente sugli atleti e sulle loro famiglie. Lo studio alla base si fonda su un modello alimentare innovativo messo a punto in collaborazione con gli esperti scientifici della FMSI.

Intrautero

“Nel guscio”, l’ultimo romanzo di Ian Mc Ewan, pubblicato in Italia per i tipi di Einaudi nella storica collana Gli Struzzi, narra le vicende che ruotano intorno ad una donna molto tormentata e a una storia tragica, fatta da un feto nelle ultime settimane di gestazione.

Con grande efficacia il feto, tra una vicenda e l’altra dei suoi genitori, evoca i processi e le varie fasi del suo sviluppo intrauterino. Descrive il mondo esterno con gli occhi e le sensazioni ovattate di chi si trova in una condizione di dipendenza completa da un altro individuo, valutando i vantaggi e i rischi della sua condizione e l’impatto sul suo sviluppo delle abitudini e della vita della madre.

Ian Mc Ewan Nel guscio Einaudi 2017

Obesità ed empatia È il titolo del saggio di Rita Tanas, pediatra endocrinologa esperta di obesità e disturbi del comportamento alimentare (Edizioni DrawUp, Collana Orme), dedicato a professionisti sanitari, educatori scolastici, genitori per sostenere bambini e ragazzi alla ricerca di un corpo più sano. In che modo? Non con le restrizioni dietetiche, spesso fallimentari, ma con un approccio innovativo basato sulla relazione empatica con le famiglie. “La comunicazione terapeutica è il più potente mezzo attraverso il quale è possibile curare”, si legge nell’introduzione.

Quando si parla di sovrappeso in età evolutiva, gli aspetti educativi, di counselling, d’intervento precoce, sono sacrosanti perché rivolti a persone in cui il disarmonico rapporto con il cibo non ha ancora creato problemi devastanti e quindi si può donare ai ragazzi il ritrovato gusto del rapporto con il proprio corpo.

Il libro riassume un programma terapeutico sviluppato in un centro specializzato di terzo livello a Ferrara che ha dato buoni risultati anche in adolescenti obesi e sta iniziando a essere sperimentato anche in alcuni ambulatori pediatrici di libera scelta. Questo programma, denominato di Educazione Terapeutica Familiare Empowering (ETFE), è basato sul potenziamento delle competenze

Libri

La Campagna FMSI su nutrizione e salute

Suggestive sono le sue relazioni con il cordone ombelicale e con la placenta, le reazioni del feto all’alimentazione e alle intense attività della madre. Paradossali, ma fino ad un certo punto, i rapporti con il vino assunto dalla madre con noncuranza rispetto ai rischi per la sua salute. Come un film al rallentatore, vengono raccontate in modo esilarante (nelle ultime pagine) le fasi drammatiche di progressione del travaglio e del parto.

Colpiscono il cinismo con cui i genitori si disinteressano del destino del nascituro, presi dalla drammaticità della loro relazione ormai finita sul piano affettivo e carica di pathos e di sentimenti di odio reciproco. L’atmosfera da thriller che si respira nel testo e che fa da trama al romanzo viene alleggerita e resa più umana attraverso il filtro della narrazione “intrauterina”. (Giovanni Corsello, past pre¢ sident SIP)

dell’intera famiglia con l’obiettivo fi far sì che la famiglia e i ragazzi diventino capaci di autogestirsi con successo, superando così anche i sensi di colpa dei professionisti dovuti al fallimento delle diete restrittive tradizionali. Il programma è familiare (rivolto ai genitori per i bambini sotto gli 11-12 anni, e ai genitori e ragazzi se più grandi) e basato sull’autostima, su un atteggiamento decolpevolizzante, perché la colpa, quando riduce il valore della persona, la fa sentire diversa e isolata e diventa vergogna. E la vergogna paralizza, riduce la fiducia nel cambiamento, portando alla rinuncia e al fallimento.

La condivisione di questo approccio con tutti i professionisti che ruotano intorno ai bambini potrebbe dare risultati significativi sia sul peso sia sul benessere psicologico ¢ delle famiglie.

Rita Tanas Perle e delfini Edizioni Drawup 2016

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