
11 minute read
Relazione tra motivazione all’apprendimento e profilo professionale Marco Nobile Daniele Fedeli
RELAZIONE TRA MOTIVAZIONE ALL’APPRENDIMENTO E PROFILO PROFESSIONALE
di Marco Nobile e Daniele Fedeli
PAROLE CHIAVE: MOTIVAZIONE, AUTOEFFICACIA, PRATICHE EDUCATIVE, SODDISFAZIONE PROFESSIONALE, STRATEGIE
Il concetto di ‘motivazione’ rappresenta da sempre un elemento chiave in ambito scolastico, invocato per spiegare successi e insuccessi da parte degli allievi. Sono state così studiate anche le pratiche educative in grado di potenziare o compromettere la motivazione individuale, come per esempio i processi di rinforzo intrinseco ed estrinseco. Ma quale rapporto esiste tra motivazione all’apprendimento degli allievi e il profilo professionale dei docenti? Il presente articolo ha l’obiettivo di studiare questa relazione, indagando come alcune dimensioni del profilo e della soddisfazione professionale del docente (per esempio le emozioni connesse al ruolo, le pratiche educative adottate, ecc.) incidano sui processi motivazionali degli allievi, sulla loro percezione di competenza e su alcune idee relative all’intelligenza ed all’apprendimento.
1. La motivazione ad apprendere: un costrutto multicomponenziale
La motivazione all’apprendimento può ̀ essere definita come la spinta a intraprendere una serie di azioni in vista di un obiettivo di apprendimento. Essa quindi agisce sulle quattro componenti di un comportamento finalizzato, ossia l’inizio (la decisione cioè di dar vita a una sequenza di azioni, rispetto alle quali ci si ritiene sufficientemente competenti), la direzione (ossia le modalità da attuare per implementare il comportamento), l’intensità ̀ (quindi lo sforzo profuso) e infine la persistenza, intesa come la capacità di affrontare ostacoli e difficoltà 1 . La motivazione ad apprendere ha sicuramente una rilevante base intrinseca, che rimanda alla tendenza naturale interna all’individuo di conoscere ed alla sua curiosità epistemica, ossia alla motivazione intrinseca, legata alla tendenza a voler indagare, scoprire, esplorare, manipolare e conoscere 2 . Ma rimanda anche al concetto di effectance motivation 3,
ossia l’intrinseco bisogno di controllo e di efficacia sulle azioni intraprese 4 . Al contempo però, deve poter essere adeguatamente stimolata affinché cresca in maniera positiva e per questo è necessario far leva anche sulla sua componente estrinseca e sulle pratiche educative di rinforzo 5 . In questo complesso contesto, l’insegnante ha un ruolo peculiare: se pone attenzione a una serie di aspetti educativi può incrementare in modo significativo la motivazione ad apprendere; viceversa, un’attenzione superficiale e non riferita alle pratiche didattiche può compromettere le dimensioni motivazionali e l’autoefficacia dell’allievo, definita come la convinzione nelle proprie capacità di riuscire a padroneggiare situazioni quotidiane e di raggiungere certi risultati attraverso la propria azione 6 . Nello specifico, il docente dovrebbe curare i seguenti aspetti: 1. il contesto di apprendimento, inteso sia in senso fisico (la disposizione dei banchi e degli arredi, l’utilizzo di ausili visivi, ecc.) sia nella
1 Cornoldi, De Beni, Zamperlin, Meneghetti, 2005. 2 De Beni e Moè, 2000; Gopnik, 2010. 3 Harter, 1978. 4 De Beni, Pazzaglia, Molin e Zamperlin, 2003. 5 McCombs e Pope 2002. 6 Bandura, 2002.
sua dimensione relazionale (stili d’insegnamento, metodologie di rinforzo, ecc.); 2. la conoscenza dell’allievo, in termini di background personale e di preconoscenze sui contenuti didattici che si vogliono affrontare, ma anche rispetto agli stili di apprendimento, alle abilità/difficoltà a livello emotivo-relazionale, ecc.; 3. i materiali utilizzati (libri, schede, cartelloni), che devono rispondere a una duplice esigenza; da un lato quella di avere una certa attrattiva per far leva sulla curiosità epistemica dell’allievo, dall’altro lato quella di presentare un adeguato livello di strutturazione e di coerenza interna; 4. le emozioni sperimentate a scuola, rispetto al compito o all’attività proposta, agli interventi dell’insegnante, al rapporto coi compagni, al momento valutativo, ecc.; 5. gli aspetti metodologici che devono richiamare il concetto di flessibilità, al fine di personalizzare e individualizzare gli apprendimenti; 6. la valutazione nella sua accezione formativa piuttosto che meramente nella sua dimensione docimologica.
Ciascuna di queste dimensioni è influenzata dal profilo professionale del docente e a sua volta impatta sulle dimensioni emotivo-motivazionali degli allievi, determinando il clima complessivo dell’esperienza educativa e didattica che si concretizza nell’agire quotidiano a scuola.
2. Motivazione all’insegnamento e motivazione all’apprendimento: uno studio correlazionale
Al fine di indagare, allora, la correlazione tra la motivazione all’apprendimento degli allievi e la motivazione a insegnare del docente, con riferimento alle singole dimensioni che caratterizzano i due costrutti, è stata condotta una ricerca su un campione composto da ventinove insegnanti e centosette allievi di classi terza, quarta e quinta primaria:
È stato scelto di lavorare con alunni dagli otto agli undici anni perché maggiormente in grado di comprendere le consegne e perché presentano una sufficiente capacità metacognitiva e introspettiva. Al fine di rilevare le suddette dimensioni, è stato somministrato il questionario MESI 7 agli insegnanti prevalenti di posto comune. Parallelamente, per gli alunni è stato previsto il test AMOS 8 , con riferimento alle subscale dedicate alla componente emotivo-motivazionale dell’apprendimento.

3.
Analisi correlazionali 9 interne al campione degli allievi
In primo luogo, sono state analizzate le possibili relazioni tra dimensioni motivazionali interne al campione degli allievi, rilevandosi una correlazione statisticamente significativa tra tre dimensioni: l’approccio allo studio nella sua dimensione emotivo-motivazionale, l’atteggiamento verso la scuola e gli obiettivi di apprendimento 10 :

In altre parole, come prevedibile, i bambini che hanno un atteggiamento più positivo nei confronti della scuola sembrano più desiderosi di imparare cose nuove. Inoltre, si pongono maggiormente degli obiettivi di padronanza: il loro interesse non è focalizzato sui risultati finali, ma sull’acquisire nuove competenze e sull’affrontare i compiti come fossero sfide, senza il timore di fallire. All’inverso, gli allievi che manifestano un atteggiamento negativo nei confronti dell’esperienza scolastica sembrano avere anche una minor volontà di apprendere nuove conoscenze e stabiliscono degli obiettivi di prestazione incentrati sul risultato, ossia sulla dimostrazione delle proprie abilità.

7 Moè, Pazzaglia, Friso, 2010. 8 Cornoldi, De Beni, Zamperlin, Meneghetti, 2005. 9 Nelle tabelle seguenti, sono riportati gli indici di correlazione tra le variabili considerate. L’indice di correlazione (simboleggiato con la ‘r’) evidenzia se tra due variabili esiste una relazione diretta, ossia all’aumentare dell’una aumenta anche l’altra (r+), oppure una relazione inversa, per cui all’aumentare di una variabile, l’altra diminuisce (r-). Quest’indice oscilla tra 0 (assenza di qualsiasi relazione) e 1 (relazione perfetta tra le due variabili considerate): di conseguenza, maggiore è ‘r’, maggiore è la relazione tra le variabili. L’indice α evidenzia invece la probabilità di errore, ossia di considerare come significativa l’esistenza di una relazione tra le due variabili, anche se in realtà è puramente causale. Quando α è inferiore a 0,05 o 0,01, allora possiamo affermare che la relazione tra le due variabili è significativa e non casuale. 10 Lo studente può porsi obiettivi legati alla prestazione, nei casi in cui si preoccupa di mantenere una certa immagine di sé e delle sue capacità, o alla padronanza, qualora questi siano finalizzati a incrementare le proprie competenze.
4. Analisi correlazionali interne al campione di insegnanti
Numerose sono state le correlazioni rilevate nell’ambito del campione di insegnanti. Innanzitutto, emerge che la soddisfazione lavorativa sembra essere correlata positivamente con l’uso di prassi 11 , con le emozioni positive vissute (sia in relazione al momento dell’insegnamento sia in riferimento al ruolo), con l’uso di strategie 12 e con il senso di autoefficacia. Invece, è statisticamente correlata negativamente con le emozioni negative vissute sia quando il docente sta in classe sia relativamente al proprio ruolo. (Tab. 4.a) Per quanto riguarda invece l’uso delle prassi nel contesto didattico, risulta che questo è correlato positivamente con le emozioni positive vissute dal docente, con l’uso delle strategie e con il senso di autoefficacia. È correlato negativamente, invece, alle emozioni negative. (Tab. 4.b) La tabella 4.c riporta le correlazioni riguardanti le emozioni legate al ruolo e quelle vissute nel momento in cui il docente entra in classe. Come si può notare, le emozioni po

Tab. 4.a
sitive correlano significativamente con il senso di autoefficacia e con l’uso delle strategie, mentre quelle negative sono in relazione negativa con queste due dimensioni.

Infine, dai dati emerge anche una correlazione significativa positiva (α<,01) tra l’utilizzo di strategie e autoefficacia (r= ,913)

Nel complesso, la soddisfazione lavorativa si lega statisticamente

Tab. 4.b
all’uso frequente delle prassi e delle strategie: ciò sembrerebbe indicare che gli insegnanti con un maggior repertorio di strategie e prassi si sentono più appagati. Probabilmente questo è in relazione anche al fatto che i loro allievi hanno la possibilità di sperimentare stili cognitivi diversificati e quindi ottenere maggiori successi, il che logicamente retroagisce sulle dimensioni emotive del docente.
La soddisfazione, comunque, è in relazione alla dimensione emotiva: gli insegnanti con i maggiori livelli di soddisfazione infatti sperimentano emozioni più positive e vivono un maggiore senso di efficacia personale nella gestione della classe e nelle proposte didattiche. Interessante, infine, è la correlazione tra l’uso di strategie e prassi diversificate e il senso di autoefficacia: i docenti che insegnano ricorrendo a stili diversi, si sentono maggiormente in grado di gestire i contesti di apprendimento.
5. Analisi correlazioni tra campione docenti e insegnanti
L’ultima parte della ricerca si è concentrata sul rapporto tra profilo professionale del docente (per esempio, l’uso diversificato di prassi e strategie, il senso di efficacia, ecc.) e le dimensioni emotivo-motivazionali degli allievi (l’ansia sperimentata nell’attività scolastica, la teoria dell’intelligenza posseduta, ecc.). Innanzitutto, dai dati emerge che l’ansia vissuta dai bambini ha una correlazione inversa con l’uso da parte dell’insegnante delle prassi, delle strategie e con il senso di auto
11 Il questionario relativo alle prassi indaga le consuetudini didattiche che il docente consapevolmente adotta in vista dell’apprendimento. 12 Il questionario relativo alle strategie misura la “strategicità” dei docenti. È strategico l’insegnante che adotta efficacemente molteplici strumenti didattici (in termini di metodologie, tecniche, tattiche e stratagemmi)
efficacia del docente: Tab. 5.a Dall’elaborazione dei dati è emerso inoltre l’idea di intelligenza incrementale 13 posseduta dai bambini ha una correlazione statisticamente significativa con l’uso di prassi e strategie, con le emozioni positive vissute dal docente e con il senso di autoefficacia: Tab. 5.b. Infine, è stata dimostrata statisticamente la correlazione tra gli obiettivi di padronanza che i bambini si pongono (QC30) e la soddisfazione lavorativa del docente (r= ,202; a<,05).
Tab. 5.a

Nel complesso, questi rapporti sono raffigurati nello schema 5.c.
A uso diversificato di strategie e prassi e a un livello di autoefficacia alto da parte dei docenti corrispondono livelli di ansia minori da parte degli allievi e una teoria dell’intelligenza incrementale.
6. Conclusioni
La ricerca condotta ha confermato come esistano delle significative correlazioni tra profilo professio
Tab. 5.b



Schema. 5.c
nale del docente e atteggiamento emotivo-motivazionale degli allievi. È particolarmente interessante notare il ruolo centrale svolto dall’autoefficacia dell’insegnante e dall’uso diversificato e competente di prassi e strategie: queste sembrano incidere non solamente sui corrispondenti aspetti affettivi sperimentati dai bambini (per esempio, gli stati d’ansia vissuti, l’atteggiamento positivo nei confronti della scuola, ecc.) ma anche su dimensioni più strettamente cognitive, come il concetto incrementale di intelligenza. Chiaramente, i dati raccolti sono di tipo correlazionale, non permettendo di individuare una direzione causale precisa tra le variabili indagate. È tuttavia facilmente ipotizzabile che tra di esse si vengono a creare dei circoli virtuosi, per cui una visione incrementale dell’intelligenza e il porsi, da parte degli allievi, obiettivi di padronanza, confermino il senso di autoefficacia dell’insegnante, le sue emozioni positive connesse al ruolo, ecc. Potremmo affermare la centralità di un docente strategico ed autoefficace, capace di incidere non solamente sui microprocessi di inse
13 Si definisce teoria implicita dell’intelligenza l’opinione che un soggetto possiede circa la propria intelligenza. È possibile distinguere fra chi concepisce l’intelligenza come una quantità fissa di abilità difficilmente migliorabili per effetto delle esperienze e degli apprendimenti (teoria dell’intelligenza come entità) e chi la considera come un’entità che può essere modificata, in genere in senso positivo, in seguito a opportune stimolazioni (teoria dell’intelligenza incrementale).
gnamento/apprendimento, ma sulla più ampia e stabile costruzione che l’allievo compie nei confronti di se stesso e delle proprie abilità. Per il futuro, potrebbe essere sicuramente interessante approfondire tale indagine su due piani: da un lato, allungare l’orizzonte temporale al fine di evidenziare il mantenimento a più lungo termine di queste correlazioni; dall’altro lato ampliare il campione a fasce d’età e a ordini di scuola superiori, laddove il ruolo del docente si lega più strettamente a specifici ambiti disciplinari.

Bibliografia
• Bandura A. . Il senso di autoefficacia., Erickson, Trento 2002. • Cornoldi C., De Beni R., Zamperlin C., Meneghetti C., AMOS 8-15. Abilità e motivazione allo studio: prove di valutazione per ragazzi dagli 8 ai 15 anni. Erickson, Trento 2005. • De Beni R. e Moè A.. Motivazione ed apprendimento. Il Mulino, Bologna 2000. • De Beni R., Pazzaglia F., Molin A. e Zamperlin C., Psicologia cognitiva e dell’apprendimento.: Erickson, Trento 2003. • Gopnki A., Il bambino filosofo. Bollati Boringhieri. Torino 2010. • Harter S.. “Effectance motivation reconsidered. Toward a developmental model”. Human Development, 21, pp.34-64. (1978). • McCombs B.L. e Pope J.E., Come motivare gli alunni difficili., Erickson, Trento 2002 • Moè A., Pazzaglia F., Friso G. . Mesi: motivazioni, emozioni, strategie e insegnamento. Erickson, Trento 2010.
MARCO NOBILE

Dottore in Scienze della Formazione primaria, docente specializzato per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità. Attualmente insegnante di scuola primaria presso l’I.C. di Pagnacco-Martignacco (UD).
DANIELE FEDELI

Professore Associato di Pedagogia Speciale presso l’Università degli Studi di Udine, Coordinatore del Corso di Studi in Scienze della Formazione Primaria e Direttore dei Corsi di Specializzazione per le attività didattiche di sostegno. Direttore della collana editoriale ‘Educational Milestones’. Autore di numerosi volumi in campo psicopedagogico e di oltre centro articoli su riviste scientifiche e professionali.