Com'era dov'era e Distinguibilità: Il Palazzo dei Trecento a Treviso | IUAV

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‘’COM’ERA, DOV’ERA’’ e DISTINGUIBILITA’ INCOMPATIBILI o CONCILIABILI?

Il Palazzo dei Trecento a Treviso tra i princìpi delle Carte italiane del Restauro e le pratiche della Ricostruzione postbellica “Com’era, dov’era” è un’espressione che solitamente ha origine dall’istanza psicologica collettiva di un popolo che in seguito all’improvvisa perdita di un monumento o di un elemento architettonico affezionato indica la decisa volontà di vederlo ricostituito al più presto, nel luogo che esso occupava e con la forma e le fattezze che lo caratterizzavano prima della distruzione. A causa di eventi calamitosi e bellici, è ampio il numero di Beni monumentali che nel tempo hanno potuto (e dovuto) sperimentare ed accogliere interventi che assecondassero questa apparentemente innocua richiesta: dal Duomo di Messina al Ponte di Santa Trìnita a Firenze, dal Globe Theatre di Londra alla Via dell’Oro a Varsavia.

Il Palazzo dei Trecento a Treviso venne edificato nell’ XI secolo per ospitare le attività amministrative e politiche più importanti della città. E’ un edificio a pianta rettangolare a due piani, in mattoni a vista. Al piano inferiore, scandito da un portico che originariamente correva su tutti i lati, erano situati vari uffici pubblici. Il piano superiore invece è costituito da un unico vasto salone. L’interno del palazzo è riccamente decorato da affreschi a tema zoomorfo, letterario e tratto dalla vita quotidiana. Il 7 aprile 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, un bombardamento aereo sconvolse il cuore della città di Treviso e dei suoi cittadini. Un ordigno gettato sopra al Palazzo dei Trecento provocò uno squarcio che sventrò parte del solaio, del tetto e delle pareti Sud ed Est. Ciò che sopravvisse della muratura presentava un pericoloso strapiombo. Le autorità germaniche ed italiane ne ordinarono subito la demolizione ma, grazie all’abnegazione dei cittadini e alla decisa volontà della Soprintendenza, fu consentito di salvare gli affreschi prima, poi di erigere i contrafforti a sostegno dei muri strapiombanti. Tutti i laterizi antichi recuperabili vennero accuratamente mantenuti in loco e pazientemente ordinati nella piazza adiacente al fronte Est, nonché riutilizzati per la ricostruzione delle murature.

Fronte Sud

Mai si fece così forte tale linea di pensiero come in seguito al Secondo Conflitto Mondiale, quando la ricostruzione delle città e delle loro icone architettoniche ha rappresentato non solo la via più immediata per rinascere dalle macerie e riacquisire abitudini e spazi quotidiani, ma anche e soprattutto un modo per rigenerare il tessuto sociale, culturale, artistico e storico profondamente ferito dalle distruzioni belliche. Questa modalità d’intervento, però, risultava essere profondamente in contrasto con i princìpi delineati dalle Carte italiane del Restauro emanate in precedenza dello scoppio della Guerra. Porzione Sud-Est distrutta

L’architetto, accademico e critico d’arte Camillo Boito (Roma 1836 – Milano 1914) fu una tra le maggiori personalità dell’Ottocento italiano che contribuì ad instaurare una prima discussione attorno ai temi del restauro architettonico. In particolare, egli prese parte al III° Congresso degli Ingegneri e Architetti Italiani tenutosi a Roma nel 1883, al termine del quale venne redatta quella che è ritenuta la prima Carta italiana del Restauro. Tra i princìpi più importanti: la gradualità dell’intervento («Meglio consolidare che riparare, meglio riparare che restaurare»), il riconoscimento dell’importanza delle stratificazioni («Saranno considerate per monumenti quelle aggiunte o modificazioni che in diverse epoche fossero state introdotte nell'edificio primitivo»), e quella che verrà poi definita la distinguibilità dell’intervento.

Camillo Boito

I Punti 3 e 7 del documento approfondiscono tale concetto: 3. Quando si tratti di compiere cose distrutte (…), allora converrà in ogni modo che i pezzi aggiunti o rinnovati, pur assumendo la forma primitiva, siano di materia evidentemente diversa, o portino un segno inciso o meglio la data del restauro, sicché neanche su ciò possa l'attento osservatore venire tratto in inganno. 7. Una lapide da infiggere nel monumento restaurato ricorderà la data e le opere principali del restauro. Successivamente alla Carta italiana del Restauro del 1883, altre ne furono redatte: in particolare, quella del 1932 (che vede come principale fautore l’architetto e teorico Gustavo Giovannoni) fa alcune considerazioni sull’uso dei materiali moderni. L’Articolo 9 afferma: «Allo scopo di rinforzare la compagine stanca di un monumento o di reintegrarne la massa, tutti i mezzi costruttivi modernissimi possono recare ausili preziosi»

Si dimostrò allora fondamentale il sapiente lavoro teorico e tecnico dell’ingegnere ed architetto restauratore Ferdinando Forlati (Verona 1882 – Venezia 1975), Soprintendente ai Monumenti a Venezia. Tra i maggiori interventi: - Il raddrizzamento delle murature strapiombanti mediante tiranti di ferro e tenditori ancorati a punti solidi. Tale innovativa ed efficace opera di raddrizzamento si concluse l’11 giugno 1949 e suscitò interesse a livello internazionale. - Il solaio venne rifatto tramite un sottofondo in calcestruzzo e poi ricoperto da tavelle in laterizio. Come citato da Giovannoni nella Carta del 1932 i materiali moderni erano ben accetti, ma probabilmente non ancora dovutamente emancipati da poter esplicitare la propria identità di nuovo all’interno di un contesto antico. Ferdinando Forlati - In linea con il terzo punto della Carta italiana del Restauro del 1883 si realizzò un giunto inciso di separazione tra l’originaria struttura e quella nuova, e su di alcuni mattoni vennero incise le date di completamento dei lavori.

Prospetto Est distrutto

Dunque, Ferdinando Forlati fu capace di trovare un delicato compromesso tra le necessità del ‘’Com’era, dov’era’’, richiesto a gran voce dai cittadini per il loro Palazzo dei Trecento, e le moderne teorie delle Carte del Restauro, quale la distinguibilità, attuate affinché «non possa l'attento osservatore venir tratto in inganno».

Com’era, dov’era e Distinguibilità, sembrano essere criteri opposti. Eppure, la ricostruzione post-bellica del Palazzo dei Trecento a Treviso sembra aver trovato un compromesso tra i due. Il Palazzo ricostruito

Università Iuav di Venezia

Architettura

Fondamenti di Restauro

a.a. 2020-2021

Contrafforti sul Fronte Nord

Docente: Angela Squassina

Data di fine lavori

Segno inciso

Studentessa: Eleonora Sartoretto

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Com'era dov'era e Distinguibilità: Il Palazzo dei Trecento a Treviso | IUAV by Eleonora Sartoretto - Issuu