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Chiusura redazionale: 4 novembre 2024
LÉMAN™ CAVIAR Editoriale
Caran D’Ache
Una sfida... elettrizzante?
l’Automotive europeo è stato per decenni leader mondiale del settore, e ha letteralmente veicolato nel resto del mondo l’idea di un’Europa patria sì di tradizione, storia, ma anche innovazione, continuando a migliorarsi e rimodellarsi, a suon di investimenti, fronteggiando quasi annoiato la concorrenza estera, a dipendenza dei momenti da Est ed Ovest. Sotto molti aspetti può essere considerato l’archetipo di un brand ancora tutto da costruire, il ‘Made in Europe’, frutto naturale di quel magico percorso d’integrazione iniziato decenni fa.
A oggi il grande dibattito suscitato intorno alla mobilità elettrica si conferma essere più ideologico che oggettivo, con la maggior parte dei nodi ancora tutti da sciogliere, e un realismo che manca nell’analisi di molti, forse troppi. Per quanto certo vi siano diversi aspetti positivi insiti in questa transizione, nei fatti a prevalere si confermano essere gli aspetti onirici, con i numeri che non la supportano. Su tutto, da dove dovrebbe venire tutta l’energia necessaria?
Il ruolo che lo Stato dovrà assumere, e gli oneri di cui dovrebbe farsi carico, appaiono titanici, in una fase di profonda debolezza e continuamente nuove priorità, cui questa andrebbe ad aggiungersi. Sembra dunque legittimo domandarsi, oltre all’energia, da dove dovrebbero derivare le risorse necessarie a sostenere e incentivare quanto dalla stessa Politica inventato, e paventato negli ultimi anni? Chi o cosa dovrebbe essere tassato, e perché?
Questa edizione esplora però anche i tanti mondi che l’Intelligenza Artificiale, altra priorità per cui si invoca il sostegno pubblico, sta aiutando a ripensare, ma che non potranno mai prescindere dal ruolo dell’Uomo, di cui il Vecchio Continente è mentore universale. In un tempo di conflitti, non solo ideologici, si è forse perso il valore delle alleanze, che invece hanno fatto grande l’Europa e sopravvivono ancora nella sua tradizione del bello, dunque sì, l’Automotive, ma anche l’orologiero, l’arte e la maestria artigianale.
Penna Stilografica
Federico Introzzi
La tradizione che si rinnova. Caro lettore, nel solco dell’inzio di questo delicato e rispettoso cambiamento prosegue il percorso che nell’arco di pochi mesi, e quattro edizioni porterà a un piccolo e grande rinnovamento di cui comunque se ne percepiva la necessità per guardare rinnovati a un futuro, già presente. Ogni quarto di secolo è tempo di prendersi un po’ cura anche di se stessi, con una piccola manutenzione.
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Nel segno dell’elettrico
L’industria europea dell’auto si trova a confrontarsi con una fase di profonda incertezza, ciononostante gli investimenti necessari per sopravvivere sono dell’ordine di centinaia di miliardi. Ma quali sono gli ostacoli di questa complessa transizione?
Opinioni
12 Ettore Accenti (in foto) Capire la portata epocale dell’evoluzione dell’Antropocene Tecnologico.
14 Fabio Nicoli. Procedure edilizie ostaggio di opposizioni strumentali.
16 Reji Vettasseri. Il ritorno di un’epoca d’oro per il credito privato? Dipende.
18 Stelio Pesciallo. La dissimulata offensiva americana alla Piazza finanziaria svizzera usa l’arma delle sanzioni.
20 Ignazio Bonoli. Il settore bancario elvetico si confronta con la concorrenza internazionale e con le necessarie ma onerose norme per aumentarne la resilienza.
22 Andrea Ziswiler e Rocco Rigozzi. Il corretto e tempestivo rinnovo della carica degli amministratori delle società anonime è cruciale per la loro conformità legale.
Economia
34 Testimonianza. Le alternative di investimento collettivo offerte dalla Spagna alle grandi fortune locali.
36 Imprese di famiglia. La poco lungimirante iniziativa per il futuro.
42 Fondazioni. L’eccellenza della chirurgia della mano impegnata a servizio dei più vulnerabili.
44 Sanità. È emergenza ospedali.
Da sinistra, Roland Schell, Ceo di MercedesBenz Svizzera, Alessandro Inderbitzin, General Manager Svizzera e Austria di Electra, Roberto Bonfanti, Presidente di Upsa Ticino, Giovanni Mercadante, Auditor di Ernst & Young.
Osservatorio
81 Sfama. I fondi svizzeri.
84 Macro. L’export di servizi, punto di forza europeo.
85 Macro. Bns, lo spettro degli interessi negativi.
86 Settori. Tsmc, ago della bilancia dell’industria tecnologica e della geopolitica
88 Alternativi. Prospettive frizzanti per il Private Equity.
90 Obbligazionario. La nicchia dei bond inflation-linked.
91 Alternativi Diversificare può aiutare a mantenere l’indipendenza finanziaria nel corso della pensione.
92 Obbligazionario (Giacomo Malinverno, in foto). L’andamento divergente di Spagna, in crescita, e Francia, in affanno. Cruciale il controllo dei conti pubblici.
94 Materie prime Come tagli dei tassi e tensioni internazionali ridisegnano il mercato delle commodity.
Speciale AI
50 Manifatturiero. Chiare condizioni quadro e supporto alle Pmi sono necessarie per sfruttare tutte le potenzialità dell’Ai nel secondario.
54 Snai L’alleanza dei due politecnici federali per un’Ai Swiss made.
57 Aisot. Un ’navigato compagno’, a fianco dell’investitore con imparzialità e una visione in tempo reale.
58 Baillie Gifford. I benefici delle sinergie fra finanza e accademia.
60 MdotM. Tre interessanti applicazioni a supporto dei gestori.
61 Var Group. Un game changer anche per l’affidabilità creditizia.
62 Ated ll primo festival transfrontaliero e dedicato all’Ai, un’esperienza immersiva, formativa e coinvolgente.
66 Tectel. Il media monitoring, specchio della reputazione aziendale.
Ai actually delivered p. 38
Benché ormai mainstream, l’intelligenza artificiale necessita di una visione (umana) tanto innovativa quanto pragmatica per entrare con profitto nella quotidianità delle Pmi. A lato, Luca Maria Gambardella, cofondatore e Cto di Artificialy.
Speciale Digitale p. 49
Lifestyle
A cento anni dalla sua creazione, Meisterstück continua ad essere un capolavoro. Per siglare, con uno stile iconico, dalla lettera d’amore al contratto. A lato, Vincent Montalescot, Chief Marketing e Merchandising Officer di Montblanc.
Eureka
Le diverse applicazioni che un trend sempre più trasversale, l’Intelligenza Artificiale, sta trovando, e continuerà a trovare. Accanto alla finanza e al terziario avanzato, ormai anche l’industria è interessata da questa rivoluzione.
p. 102
Un paradigma salutare p.
44
67 L’imprenditore. L’istinto di ’agire’, cogliendo sempre nuove sfide.
68 Start up. Sistemi di batterie mobili per soppiantare i generatori diesel.
70 Digitale Non più fantascienza, gli agenti Ai devono però farsi adottare.
71 Digitale. Quali i requisiti di ammissione per l’Ai nel mix educativo?
72 Life sciences. La genomica e Ai.
È il paziente al centro della rete di cure intrecciata da Swiss Medical Network, integrando stazionario, ambulatoriale e una cassa malati. Un nuovo modello assicurativo per cambiare giochi e premi. A lato, Antoine Hubert, amministratore delegato di Aevis Victoria.
Campioni cercansi p. 76
Una ormai consolidata realtà del territorio ha trovato nuove vie per crescere, entrando all’interno di un Gruppo, e guarda ora lontano
A lato, Daniele Scano, Director e Partner di Soave Private Investors.
Itinerari di viaggio p. 108
Da Biarritz a Bordeaux, alla guida di una Purosangue (in foto), la prima quattro porte e quattro posti con cui Ferrari è entrata in un nuovo segmento. Prestazioni assolute ed emozioni, alla scoperta di luoghi spettacolari.
Finanza
74 Analisi. Flessibilità e presenza sul territorio fanno la differenza.
82 Alternativi. Hedge Found.
Cultura&Lifestyle
96 Orologi . L’equilibrio fra estro creativo e innovazioni tecniche quando il savoir-faire è artigianale.
98 Orologi. Le insostituibili abilità umane per capolavori di tecnica e di arte, senza interruzioni dal 1755.
100 Orologi. Greubel Forsey.
106 Mostre. Sulle orme di Carlo Bossoli, conteso dalle corti di metà XIX.
Rubriche
10 Appuntamenti
110 Motori
Cover story
L’Automotive europeo è chiamato a confrontarsi con la rivoluzione della mobilità elettrica.
Eureka
La sezione dedicata all’innovazione, alla tecnologia e al Venture Capital.
Cultura
I protagonisti del grande mondo dell’arte, della cultura e del lifestyle.
Opinionisti
Le voci degli esperti che accompagnano i lettori con costanza.
Finanza
Riflettori accesi su indipendenti, banche e asset management.
Eventi
La sezione web-only dedicata a pre e post eventi.
Economia
Tutti gli articoli dedicati all’analisi di temi economici dalle aziende alla consulenza.
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Berlino
Mark Bradford. Keep Walking Riapertura di grande impatto per la storica Rieckhallen, ala dell’Hamburger Bahnhof della Nationalgalerie, che ospita una fra le più significative collezioni pubbliche di arte contemporanea al mondo. Niente di meglio per inaugurare i suoi generosi spazi delle opere del celebre artista americano Mark Bradford (1961, Los Angeles), alla sua prima attesissima personale in Germania.
La mostra presenta 20 creazioni che abbracciano due decenni, tra cui dipinti, sculture, installazioni e video, emblematiche del suo lavoro profondamente radicato nelle questioni socio-politiche, dalle realtà vissute dai neri americani e dalle sue esperienze di crescita a Los Angeles. Le caratteristiche composizioni astratte di Bradford sono realizzate con oggetti trovati e materiali di uso quotidiano come manifesti e ritagli di giornale, molti dei quali provengono dalla sua città natale.
Fra i pezzi forti in mostra, la monumentale scultura sospesa Spoiled Foot , creata per il Padiglione degli Stati Uniti alla Biennale di Venezia del 2017, ricoperta da fogli di carta imbevuti, sbiancati e sfregiati con un idrante per creare una superficie frammentata e stratificata che ricorda un tetto sfondato o una parte del corpo sfigurata, evocando
decadenza, segregazione e abbandono. Sono presenti anche l’installazione multimediale Pinocchio Is On Fire (2010/2015), sulla crisi dell’Aids degli anni ’80, e il pavimento calpestabile Float (2019/2024), appositamente adattato. I visitatori sono invitati a confrontarsi fisicamente con queste opere, riflettendo sulla resilienza delle comunità emarginate di fronte alla
Cerchi, geometrie e cromie dell’artista argentino Julio Le Parc stabiliscono un originale dialogo con gli affreschi delle sale quattrocentesche di Palazzo delle Papesse, a Siena, che con questa mostra inaugura un nuovo capitolo.
violenza e all’oppressione sistemica. La mostra traccia anche un potente parallelo tra i viaggi rappresentati nelle opere di Bradford e la storia della Hamburger Bahnhof, nel XIX una stazione ferroviaria che simboleggiava l’arrivo e la partenza, temi chiave che risuonano in tutta l’opera dell’artista.
Hamburger Bahnhof
Nationalgalerie der Gegenwart
Fino al 18 maggio 2025
Siena
Julio Le Parc
The discovery of perception
Cariche di storia e della memoria di ospiti illustri, tra cui Papa Pio II e Galileo Galilei, le antiche sale di Palazzo delle Papesse forniscono il contesto ideale per il lavoro di Julio Le Parc (1928, Mendoza) e la sua incessante attitudine alla sperimentazione. L’edificio quattrocentesco, già per tanti anni importante centro di arte contemporanea, riapre al pubblico ambendo a portare nel cuore di Siena mostre d’arte internazionali ed eventi.
Si comincia dalla più importante personale del grande artista argentino, precursore dell’arte cinetica e dell’Op Art, mai realizzata in Italia dopo la sua partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1966, quando ricevette il prestigioso Gran Premio internazionale alla pittura. Perfetto il connubio fra variazioni cromatiche, forme, luci e movimenti delle sue opere e gli splendidi affreschi dei soffitti.
Ad accogliere i visitatori Sphere verte (2016), un grande corpo sospeso che, con la sua geometria instabile, formata da una moltitudine di tessere di plexiglass verde che riflettono la luce, modifica lo spazio circostante. Il percorso si articola poi su due piani in sale tematiche, raccogliendo oltre 80 opere realizzate a Parigi, in Francia, dopo gli esordi a Buenos Aires in Argentina, fino a lavori recenti e nuovi. Oltre sei decadi
La monumentale scultura sospesa Spoiled Foot, creata da Mark Bradford per la Biennale di Venezia del 2017, ora protagonista alla Hamburger Bahnhof di Berlino.
Tinguely, Méta-Maxi, 1986: la monumentale installazione apre il percorso espositivo che HangarBicocca
Pirelli dedica all’eversivo artista svizzero, in piena sintonia con il suo spirito.
di attività, dai lavori geometrici in bianco e nero alle opere cinetico-luminose e alle sculture, fino agli iconici dipinti, raccontano l’unicità e la vastità di una ricerca tesa a stimolare la percezione e il coinvolgimento degli spettatori.
Palazzo delle Papesse
Fino al 16 marzo 2025
Milano
Jean Tinguely
Non poteva esserci spazio più ideale di Pirelli HangarBicocca per ospitare la più estesa retrospettiva finora dedicata in Italia a Jean Tinguely (1925-2025), organizzata in collaborazione con il suo museo Basilea. Le opere meccaniche dell’artista svizzero trovano un legame spontaneo con l’ampiezza dell’edificio ex industriale, dando vita nei 5mila mq delle sue Navate a un’unica coreografia sonora e visiva composta dalle opere più rappresentative del suo percorso artistico, da quelle cinetiche seminali alle macchine monumentali. Uno degli artisti più eversivi del secolo scorso, che ha incentrato tutta la sua produzione sul superamento della bidimensionalità, sull’assidua ricerca sul movimento e sul cambiamento continuo, scardinando il concetto di composizione permanente e definitiva. Un’attitudine artistica che si riferisce a temi esistenziali più ampi, come la precarietà e transitorietà dell’essere umano e l’evoluzione dei contesti sociali e politici.
Il percorso espositivo si apre con due opere monumentali di Tinguely degli anni ’80 realizzate assemblando ruote, cinghie, motori elettrici e componenti meccaniche che rimandano alla catena di montaggio e in cui il rumore ha un ruolo fondamentale: Cercle et carré-éclatés (1981) e Méta-
Maxi (1986) e si chiude con Le Champignon magique (1989), una delle ultime collaborazioni con Niki de Saint Phalle, sua compagna di arte e di vita, proprio in questi stessi mesi ospite sempre a Milano, al Mudec (fino al 16 febbraio), con una sua personale.
Pirelli HangarBicocca
Fino al 2 febbraio
Riehen (Basilea)
Matisse. Invitation au voyage
Prende spunto da L’invitation au voyage di Baudelaire, la mostra che la Fondation Beyeler dedica a Matisse. Lo stesso artista francese citò in numerose occasioni questa poesia con cui condivide i Leitmotiv di lusso, calma e piacere, filo conduttore e quintessenza della sua arte. Riunendo più di 70 importanti opere provenienti da prestigiosi musei europei e americani e da collezioni private, l’esposizione mette in luce l’evoluzione e la varietà della sua produzione, che ha influenzato profondamente generazioni di artisti, dai suoi contemporanei ai giorni nostri. Liberando il colore dal motivo e semplificando la forma, Matisse ha ridefinito la pittura e ha portato una nuova leggerezza nell’arte, innovando anche nel campo della scultura e sviluppando, con le carte ritagliate dei suoi ultimi lavori, una pratica unica all’incrocio tra pittura, disegno e scultura
Tutti i periodi sono rappresentati, dai primi lavori realizzati intorno al 1900, passando per le rivoluzionarie tele fauviste e le opere sperimentali degli anni Dieci, i dipinti sensuali del periodo di Nizza e degli anni Trenta, fino ad arrivare ai leggendari ritagli di carta della fine degli anni ’40 e ’50.
Fondation Beyeler
Fino al 25 gennaio 2025
Henri Matisse, La grande robe bleue et mimosas, 1937, olio su tela, 92,7 x 73,7 cm, Philadelphia Museum of Art, donazione John Wintersteen, 1956, in ‘viaggio’ alla Fondation Beyeler.
Come la conquista del fuoco da parte dell’Homo sapiens ha acceso il cammino verso la civilizzazione, così quella dell’elettrone da parte dell’Homo Technologicus ha alimentato l’innovazione verso un mondo interconnesso e digitale.
Antropocene è un termine proposto per descrivere una nuova epoca geologica in cui l’attività umana è diventata la principale forza di cambiamento del pianeta, influenzando profondamente il clima, gli ecosistemi e i processi geologici. Questa epoca riflette l’impatto significativo che l’umanità ha avuto sulla Terra, portando a trasformazioni senza precedenti rispetto alle ere precedenti. Proverò ora a introdurre un modo diverso per definire questa epoca partendo da quella piccola particella che l’irlandese George Stoney chiamò “elettrone” nel 1981 e che il danese Hans Christian Ørsted inconsapevolmente aveva utilizzato nel 1820. In quell’anno, infatti, Ørsted scoprì l’effetto dell’elettromagnetismo, osservando come un filo conduttore percorso da corrente, e quindi da elettroni, potesse influenzare l’ago di una bussola. Questa scoperta rivoluzionaria rappresentò il primo passo verso la comprensione del legame tra elettricità e magnetismo, aprendo la strada a una nuova era di innovazione tecnologica. Fu l’inizio di un percorso che avrebbe cambiato per sempre la nostra relazione con le forze fondamentali della natura portandoci a sfruttarle per crescere.
Ecco perché il concetto di Antropocene Tecnologico può farsi iniziare partendo proprio da questa intuizione sull’elettromagnetismo che ci ha portato a tutte quelle tecnologie avanzate fino ai recenti semiconduttori. Sono la comprensione e il controllo degli elettroni ad aver plasmato l’epoca moderna e le scoperte di Ørsted e dei suoi contemporanei hanno portato allo sviluppo di generatori elettrici, motori e reti di distribuzione energetica, gettando le basi per la rivoluzione industriale e per la nostra capacità di manipolare l’ambiente che ci circonda.
Un passo cruciale è stata l’invenzione della valvola termoionica da parte di Lee De Forest nel 1907. Questa valvola, o tubo a vuoto, controllando il flusso di elettroni nel vuoto ha consentito di amplificare i segnali elettrici e rese possibile lo sviluppo delle prime apparecchiature elettroniche, come le radio e i primi giganteschi calcolatori. La valvola termoionica è stata il componente fondamentale dell’elettronica fino a metà del XX secolo, quando venne sostituita da una tecnologia ancora più rivoluzionaria, quella dei semiconduttori.
Il vero cambio di passo è avvenuto nel XX secolo, quando il controllo degli
Ettore Accenti, esperto di tecnologia. Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK Sopra, l’elettronica ha ricevuto il suo primo grande impulso nel 1907 quando, con l’aggiunta di una griglia all’interno di una ampolla di vetro priva d’aria, ha permesso all’americano De Forest di modulare un flusso di elettroni. Era nata l’amplificazione che ha consentito a milioni di case il poter ricevere voci lontane attraverso la radio. La valvola, o triodo a vuoto, o valvola termoionica, ha avuto il suo apice nel 1945 con la costruzione del gigantesco computer Eniac, che ha dato il via all’era digitale moderna con il calcolo automatico.
elettroni dal vuoto passa a un solido cristallo, il germanio, con l’invenzione del transistor nel 1947. La famiglia dei vari transistor, piccoli e robusti, segna l’inizio dell’era dell’elettronica moderna, gettando le basi per la nascita dell’informatica fino all’intelligenza artificiale. Un altro momento chiave è stata l’invenzione del primo microprocessore nel 1971, con la fondamentale collaborazione dell’italia-
no Federico Faggin, che ha permesso di integrare tutte le funzioni di una Cpu su un singolo chip di silicio, rivoluzionando l’elettronica e aprendo la strada ai moderni computer, compresi quelli, numerosissimi, che teniamo in una mano, gli smartphone.
Nel corso dei decenni, la miniaturizzazione dei transistor ha permesso di comprimerne in un singolo chip di silicio e, nel 2023, Apple è riuscita a introdurre un microchip contenente ben 100 miliardi di transistor. Questa straordinaria evoluzione tecnologica è il cuore dell’Antropocene Tecnologico: la capacità dell’uomo di creare tecnologie che non solo hanno reso possibile l’elaborazione elettronica, ma che hanno anche trasformato la società intera, dai sistemi di comunicazione globale alle intelligenze artificiali odierne. I chip di ultima generazione rappresentano il culmine di due secoli di progressi scientifici e tecnologici, dove la capacità di controllare e manipolare il flusso degli elettroni ha reso possibile un mondo sempre più interconnesso e dipendente dalla tecnologia.
Con l’invenzione del transistor nel 1947 si è passati dal controllo del flusso di elettroni nel vuoto a quello del movimento degli elettroni in corpi solidi come cristalli di germanio e di silicio, inaugurando uno sviluppo esponenziale, come intuito da Moore. Da qualche migliaio di transistor dei chip di silicio del 1971, siamo passati alle fette di silicio da 30 cm che l’industria utilizza oggi per produrre, ciascuna, le centinaia di chip dei nostri dispositivi con miliardi di transistor.
L’Antropocene Tecnologico non è soltanto una riflessione sull’impatto dell’uomo sull’ambiente, ma anche un tributo al genio umano che ha saputo sfruttare le forze fondamentali della natura. Il passaggio dal magnetismo della corrente elettrica alle sofisticate tecnologie dei semiconduttori odierni dimostra come la conoscenza scientifica, quando combinata con l’innovazione ingegneristica, possa condurre a un’evoluzione senza precedenti delle capacità umane e di cui non possiamo intravederne il futuro.
Fare impresa è un viaggio d’avventure da una generazione all’altra
Per un’imprenditoria forte
Opposizioni estorsive?
Le procedure edilizie sono a volte ostaggio di ricorsi infondati e strumentali che ne rallentano l’iter e rischiano di comprometterne la realizzazione in tempi ragionevoli.
Idiritti di opposizione e di ricorso costituiscono un fondamento essenziale di ogni sistema giuridico. Non solo permettono la tutela dei diritti individuali delle persone toccate, che possono così adire un’autorità per chiedere l’affermazione o la difesa di un loro personale bene giuridico. Ma concorrono a migliorare la qualità stessa delle decisioni delle autorità esecutive e giudiziarie per almeno due ordini di motivi: da un lato possono attirare l’attenzione su aspetti rilevanti, che rischiano altrimenti di essere sottovalutati o addirittura ignorati dall’ente pubblico chiamato a prendere delle decisioni; dall’altro permettono di correggere gli errori giudiziari, chiedendo che un’autorità superiore riesamini e, se del caso, cassi le decisioni sbagliate. Spesso si discute sull’opportunità di ridurre o addirittura abolire i diritti di opposizione e ricorso di privati e associazioni, allorquando sono in gioco interessi pubblici preminenti. Importanti progetti epocali, di grande valenza economica o strategica, devono passare sotto le forche caudine di opposizioni e ricorsi in vari gradi di giudizio, che ne rallentano (quando addirittura non ne abortiscono) iter e possibilità di realizzazione in tempi ragionevoli. Pensiamo ad esempio al calvario del progetto Tram-treno, il cui lento e singhiozzante iter appare ancor più doloroso se si pon mente al traffico sempre più congestionato dell’agglomerato luganese, che sembra non avere altre speranze di sostanziale miglioramento se non con l’avvento di quel progetto di mobilità pubblica su binari. O alla copertura della trincea ferroviaria di Massagno, la cui realizzazione (con il relativo parco pubblico e insediamento della Supsi) è impedita da anni a causa di opposizioni
e ricorsi di privati, che legittimamente fanno valere loro interessi personali di (sacrosanta) tutela della proprietà privata, però contrapposti agli innegabili eminenti interessi pubblici in gioco.
Ma non sono solo i progetti pubblici a subire la dura legge delle lungaggini procedurali a seguito di opposizioni e ricorsi. Spesso e volentieri anche le procedure edilizie dei privati devono fare i conti con opposizioni di vicini, che non sempre mirano a genuinamente tutelare propri legittimi interessi. Non è inusuale essere confrontati in opposizioni frutto di rapporti conflittuali tra vicini, magari in reazione a un torto che si ritiene di avere subito, ma che nulla o poco hanno a che vedere con la domanda edilizia.
Nel caso si fosse confrontati con opposizioni o ricorsi manifestamente inammissibili o defatigatori, la Legge edilizia (art. 22) rinvia l’istante a rivolgersi ai tribunali civili, circostanza questa che si concretizza raramente. Ben più frequente è invece la fattispecie di opposizioni (più o meno fondate) ritirate dopo una negoziazione e un conseguente accordo tra istante e opponente, che prevede a favore di quest’ultimo il pagamento di un importo in denaro.
Questi accordi sono in principio leciti. Permettono di appianare divergenze che altrimenti dovrebbero essere risolte nelle aule giudiziarie, con costi non indifferenti e, soprattutto, con tempi spesso incompatibili con le esigenze di chi vuole costruire o riattare il proprio bene immobile. Ma proprio l’esigenza di celerità di chi vuole costruire rischia di costituire una formidabile e temibile arma di pressione dell’opponente, che potrebbe approfittarne per avanzare pretese economiche ingiustificate e sproporzionate. Con quali
Fabio Nicoli, avvocato e notaio, partner studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.
rischi? Se l’opponente che rivendica un adeguato indennizzo per il danno che gli è provocato dal progetto edilizio o dalla sua esecuzione, non commette alcun reato; colui che invece ne approfitta per procacciarsi un indebito profitto si deve confrontare con l’ipotesi di estorsione. La giurisprudenza in tale ambito è invero molto limitata (in Ticino i casi arrivati davanti a un giudice penale si contano sulle dita di una mano, senza alcuna condanna). Il Tribunale federale ha manifestato estrema prudenza nel ritenere che un’opposizione e il ritardo da essa causato nell’ottenimento della licenza edilizia possano essere ritenuti un grave danno, tale da costituire una coercizione penalmente rilevante. L’aspetto soggettivo gioca poi un ruolo importante: l’autore di un’estorsione deve essere consapevole che la vittima paga solo per evitare i danni che le deriverebbero dall’opposizione e non perché convinta del buon diritto della controparte. In altre parole, non vi è reato se l’autore ritiene di perseguire un risultato (nel caso l’indennizzo in denaro), al quale, a torto o a ragione, reputa di avere in qualche modo diritto.
A prescindere dalla punibilità o legittimità di questi accordi, l’auspicio è che il diritto di far capo ai rimedi giuridici sia sempre esercitato con buon senso e in buona fede, specie laddove vi si contrappongano interessi preminenti, privati o pubblici. Altrimenti il rischio che il legislatore sia indotto a limitarli, con un danno al nostro sistema democratico, è concreto.
Ritorno alla Golden Age?
Il Credito Privato è un settore che sta vivendo una curiosa fase di mercato, e che potrebbe essere tempo di tornare a guardare con attenzione. È l’era dell’argento, del bronzo o...
Ainizio 2023, Jon Grey di Blackstone ha affermato che il credito privato si trovava in un ‘momento d’oro’.
Altri hanno presto iniziato a parlare di ‘età dell’oro’. E, a dicembre, i dirigenti di Blackstone ballavano la canzone “It’s the Alternatives Era” in un video virale. La tesi era semplice. Tassi più alti, e meno concorrenza, avevano permesso un balzo dei rendimenti del debito privato. In effetti, i dati di Preqin mostrano che sia stata l’asset class più performante del decennio, con un Irr del 15,8%.
Ma oggi, nel 2024, lo si può definire momento, epoca o era, d’oro? Dipende!
I tassi non sembrano destinati a tornare a zero e i cambiamenti si faranno sentire gradualmente, soprattutto nel debito privato, nell’arco di mesi. Inoltre, le migliori annate di credito sono spesso create quando i tassi sono alti e vengono abbandonate quando scendono, rendendo più facile il rifinanziamento.
Quindi, c’è ancora speranza, ma anche in questo caso, la selettività sta diventando cruciale, con una divergenza in evoluzione tra i ‘dinosauri’ e gli ‘uccelli’. L’era dei dinosauri. Negli ultimi anni, i maggiori prestatori hanno registrato una crescita straordinaria. Secondo Pitchbook, nel primo semestre del 2003, oltre il 50% della raccolta ha riguardato fondi superiori a 5 miliardi di dollari. Nei cinque anni fino al 2023, le prime 50 società da sole hanno raccolto la cifra colossale di 1,3 miliardi. La maggior parte si concentra sul finanziamento di operazioni di Lbo. Nell’età dell’oro tutti potrebbero essere vincitori. Ma i giganti riusciranno ancora a battere il mercato quando inizieranno a diventare la maggior parte del ‘mercato’ stesso? È questo il loro obiettivo?
In passato, la sfida per tutte le società di credito privato era la raccolta di capitali: dovevano fissare un prezzo maggiorato per convincere gli Lp a sostenerle. Per i ‘dinosauri’, il problema sta diventando quello di trovare cibo a sufficienza: per aggiudicarsi un maggior numero di operazioni con strategie plain vanilla, dovranno fissare prezzi più bassi e convincere gli Lp che questo è sufficiente. Attenzione agli uccelli. Il credito privato non si limita ai fondi a grande capitalizzazione, focalizzati sul buyout. Altri segmenti, come i prestiti garantiti da attività, i finanziamenti per la crescita, i prestiti senza sponsor e le strategie per le small cap offrono soluzioni a valore aggiunto in situazioni meno competitive. Hanno la capacità di ottenere un premio sostenibile anche quando gli spread si restringono nel settore dei prestiti diretti alle società più grandi. Inoltre, in questa fase del ciclo di mercato, questi ‘uccelli’ presentano diverse caratteristiche particolarmente differenzianti: rapidità, agilità e capacità di volare.
Rapidità. Dovrebbe esserci un premio per i fondi che possono agire rapidamente mentre i tassi rimangono elevati (o che lo hanno già fatto in un portafoglio seeded).
Tuttavia, il classico impiego del direct lending dipende dall’M&A, che è in fase di stallo. Il valore globale delle operazioni di Lbo nel 2023 era la metà del picco del 2021 e dal 2023 ha recuperato ben poco.
Al contrario, molti altri segmenti stanno registrando un boom. Ad esempio, se il Pe è meno attivo, le aziende di proprietà dei fondatori sono più propense a cercare il debito per finanziare la crescita. Agilità. L’intero mercato del credito privato ha beneficiato di un’attività bancaria e obbligazionaria contenuta negli ultimi
Reji Vettasseri, Lead Portfolio Manager di Decalia Private Credit Strategies.
anni. In futuro, sarà necessario un approccio più selettivo per trovare le sacche dove la concorrenza rimarrà bassa.
Tali opportunità esistono nel credito specializzato, ad esempio nei prestiti garantiti da attività (un mercato sconvolto dalle correzioni di valutazione), nei crediti secondari (un mercato ancora agli inizi) e nei prestiti tecnologici (che riempiono il vuoto lasciato dal crollo di Svb).
La capacità di ‘volare’. Spesso si ritiene che il credito abbia rendimenti limitati, ma è possibile strutturare le operazioni in modo da garantire un’esposizione al rialzo superiore ai minimi contrattuali, e persino adattarle per beneficiare del calo dei tassi.
In alcune strategie sono comuni forti penali di pre-pagamento, che spingono l’Irr se i mutuatari si rifinanziano anticipatamente. Nelle strategie in cui è comune che i finanziatori ricevano warrant azionari in aggiunta agli interessi contrattuali, il valore di tali warrant può essere influenzato positivamente dal calo dei tassi. Queste caratteristiche sono molto più facili da ottenere con le strategie di credito specializzate, dove la strutturazione su misura è la norma.
Dall’età dell’oro all’età eroica. Nella mitologia greca, all’‘età dell’oro’ seguivano l’età dell’argento e l’età del bronzo. Questa potrebbe essere la direzione che stanno prendendo alcune parti del mercato. Ma il culmine dell’intero ciclo è stato l’‘età eroica’, che non è stata facile per tutti, ma in cui si sono verificate le leggende. Forse nel credito privato è tempo di scegliere le strategie ‘eroiche’.
Questa volta l’offensiva americana si rivolge contro l’attività di consulenza legale e mira a influenzare le decisioni del Parlamento svizzero in materia di antiriciclaggio.
Fine ottobre di quest’anno l’ambasciata Usa di Berna comunica che due avvocati di Zurigo sono stati posti su una lista di 275 persone fisiche e giuridiche sanzionate per avere attuato o prestato assistenza a operazioni di aggiramento delle sanzioni emanate nei confronti della Russia e di sue persone fisiche e giuridiche. Nella lista pubblicata dall’Office of Foreign Assets Control (Ofac) del Ministero delle finanze americano ai due avvocati viene rimproverato non solo di gestire averi di origine russa e di essere importanti intermediari in questo settore, ma di avere assistito cittadini russi oggetto di sanzioni nella costituzione di Trust e altri strumenti societari.
Un’analoga misura emanata alcuni anni fa nei confronti di un fiduciario di Lucerna e contestata da quest’ultimo davanti alle istanze di ricorso americane è stata da queste ultime annullata e, supposto che i due legali zurighesi vogliano o possano assumersi il carico di intervenire nella finanziariamente onerosa procedura giudiziaria americana, non può essere escluso che accada anche per loro.
Di per sé le attività legali loro rimproverate non ledono il diritto svizzero nella misura in cui non siano state attuate per aggirare sanzioni applicate dalle autorità svizzere e l’emanazione delle sanzioni pronunciate contro i due è limitata per ora alla giurisdizione americana. Nondimeno, l’effetto esercitato sulle persone toccate può essere devastante. In effetti i loro partner commerciali svizzeri ed esteri e soprattutto quelli, come le banche svizzere, che operano sul mercato americano e dipendono dal dollaro e da sistemi di pagamento come lo Swift, si vedrebbero costretti a interrompere ogni rapporto per evitare non solo di essere sanzionati ma
anche perseguiti penalmente e civilmente negli Usa per avere loro prestato assistenza. La prevalenza del sistema finanziario americano con il dollaro come valuta di riserva e il quasi monopolio esercitato da questo sistema nel traffico dei pagamenti condizionano ancora l’economia globale, anche se le prime falle cominciano a evidenziarsi: nelle reciproche transazioni finanziarie paesi che come Russia, Cina, India e Brasile fanno capo già ora tra di loro alle loro valute nazionali e a un sistema non ancora consolidato, ma che con l’affermarsi dell’organizzazione dei Brics potrà in futuro indebolire e, in ultima analisi, svalutare il potere americano.
In contemporanea con la pubblicazione delle sanzioni contro i due legali zurighesi, le autorità americane per bocca del loro attuale ambasciatore a Berna, già in passato distintosi per il suo livore verso il nostro paese e il nostro statuto neutrale, si sono arrogate il diritto di criticarci per le presunte lacune nel nostro sistema legale nella lotta al riciclaggio. Un’intromissione da parte di uno Stato estero che dovrebbe sollevare le proteste dei nostri rappresentanti politici, che invece si defilano manifestando una preoccupante e purtroppo negli ultimi tempi consolidata sottomissione alla potenza americana. Ma anche un intervento che palesa l’ipocrisia e la malafede dell’attuale governo americano e dei suoi organi diplomatici. Il Gafi, facente parte dell’Ocse con il compito di sovraintendere alla sorveglianza a livello internazionale dell’adempimento degli standard per la lotta al riciclaggio, ha reso noto alcuni mesi or sono che, mentre la Svizzera adempie quasi integralmente alle sue raccomandazioni, gli Usa sono inadempienti su tutta la linea. Non è una novità che in fasi alterne, soprattutto in
Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.
concomitanza con governi democratici, gli Usa abbiano esercitato pressioni nei nostri confronti, a partire dalla campagna sui fondi ebraici sino a quella contro il nostro segreto bancario. Mentre la Svizzera ha sottoscritto l’accordo internazionale per lo scambio automatico con gli altri paesi dei dati fiscali dei loro cittadini ed è tenuta a fare pervenire agli Usa i dati fiscali dei suoi soggetti fiscali in forza dell’accordo Fatca, questi ultimi non solo non hanno sottoscritto l’accordo sullo scambio automatico di dati fiscali ma applicano l’accordo Fatca a senso unico, sottraendosi a qualsiasi obbligo di fornire a loro volta assistenza agli altri paesi. È evidente che gli interventi americani nei nostri confronti sono dettati non solo da una politica di potenza che coinvolge i paesi occidentali e manifestatasi negli ultimi decenni nel tentativo di indebolire e isolare la Russia, ma anche e soprattutto nel tentativo, in parte riuscito, di indebolire la nostra piazza finanziaria.
Davanti alle nostre Camere è attualmente pendente la proposta ripresentata dal nostro Consiglio Federale tendente introdurre nella nostra legislazione un registro degli aventi diritto economici delle società e , soprattutto, per i rilievi che ha nei confronti del segreto professionale degli avvocati, la sottomissione di questi ultimi alla legge sul riciclaggio anche per attività nelle quali non agiscano come intermediari finanziari: un’assurdità giuridica ma che purtroppo rischia di realizzarsi a seguito non solo delle pressioni americane, ma anche di quelle dell’Associazione svizzera dei banchieri.
Rischi e precauzioni
La Piazza finanziaria elvetica teme di perdere posizioni nella concorrenza internazionale e si confronta con le onerose direttive per aumentare la resilienza al rischio delle banche.
Alcune settimane prima di lasciare, a fine settembre, la presidenza della Bns, in una lunga intervista di commiato rilasciata alla Nzz, Thomas Jordan rilevava come la Svizzera dovrebbe avere tutto l’interesse a rimanere una Piazza finanziaria di primo piano. Aggiungendo che occorre però favorire lo sviluppo di una grande banca internazionale (Ubs nel caso specifico) ed essere disposti ad accettare anche i rischi connessi, pur cercando di limitarli nella misura massima per il contribuente. Lo stesso quotidiano riportava anche un articolo dedicato proprio alla Piazza elvetica nel ruolo di offshore, constatando che nella gestione patrimoniale quale “Booking Center” la Svizzera è ancora in testa alla graduatoria mondiale con oltre 120 miliardi di dollari, davanti a Singapore (poco meno di 120), Hong Kong (oltre 70) e Stati Uniti (poco meno di 70). Seguono nell’ordine, con importi minori, Emirati Arabi Uniti, Gran Bretagna, Lussemburgo, le isole della Manica e quella di Man e le Bahamas.
La situazione mondiale sta però cambiando. Le banche asiatiche stanno guadagnando terreno: la banca privata Dbs di Singapore, per esempio, segnala un aumento del 24%, per un totale di 256 miliardi di franchi. La crisi dovuta al Covid e quella di Credit Suisse hanno avuto un grosso impatto sullo spostamento di capitali, in particolare nel Sud Est asiatico, come lo sta avendo anche la partecipazione della Svizzera alle sanzioni decise dall’Ue contro la Russia.
La Piazza elvetica sta ora mantenendo le posizioni, grazie ai capitali provenienti dall’Est Europa e dal Medio Oriente. Posizioni la cui durata è prevista dagli esperti fino al 2028. Dopo è possibile che venga
superata da Hong Kong. Tuttavia la crisi economica che sta vivendo la Cina rallenta l’afflusso di capitali verso questa Piazza, per cui a trarne i maggiori profitti sembra essere Singapore. Il pericolo di perdere posizioni nell’offshore era già stato segnalato da Sergio Ermotti. Ma proprio Ubs, rimasta la sola grande banca svizzera con un forte impatto internazionale, rischia di subire il contraccolpo della decisione delle autorità di sorveglianza delle banche. L’accenno alle dichiarazioni di Jordan andava proprio in questa direzione. E, infatti, Ubs sta discutendo a fondo con la Confederazione i provvedimenti che si propongono nell’intento di rinforzare la resistenza delle banche, soprattutto quelle di importanza sistemica - nell’eventualità di prossime crisi internazionali. Per Ubs si tratta di una necessità di capitali dell’ordine di 15-25 miliardi di franchi, cioè un aumento del 5% del capitale proprio. Inoltre gli aumenti di capitale dovrebbero essere accompagnati da misure per completare il dispositivo “too big to fail”.
Più di recente, anche la Finma, pur ammettendo il buon lavoro di Ubs, ha ricordato che un eventuale fallimento avrebbe conseguenze disastrose su tutto il sistema, per cui sarà necessario dotare Ubs di tutti gli strumenti che le permettano di far fronte alla situazione, senza dover ricorrere ad aiuti pubblici.
Le discussioni si estendono a tutto il settore bancario elvetico, che deve prepararsi ad applicare le nuove direttive di “Basilea III”, prima di altre Piazze, ossia dal 1 gennaio 2025 (Usa, Uk o la stessa Ue attendono almeno il 2026). L’Associazione svizzera dei banchieri (ora Swiss Banking) si è già fatta sentire, soprattutto per bocca del suo responsabile della poli-
Ignazio Bonoli, economista.
tica economica Martin Hess, che ha fatto notare che le nuove regole comportano un aumento di spese non indifferente.
“Basilea III” è infatti il più completo dei regolamenti che concernono l’attività bancaria e si basa sulla consistenza del capitale proprio delle banche per aumentarne la sensibilità al rischio. Chiede perciò per tutte le banche un limite minimo al capitale proprio per l’uso di modelli interni.
Swiss Banking mette in guardia contro un’eventuale ondata di nuove disposizioni che potrebbero anche venir spezzettate, chiedendo una chiara priorità e una definizione esatta dei campi d’applicazione. A fronte di un sicuro aumento dei costi, sarà necessario aumentare la liquidità, anche attraverso la Bns, che dovrà provvedere alla creazione di riserve di crisi. Le banche lamentano anche l’introduzione dal 1 gennaio della tassa minima per i grandi Gruppi internazionali e chiedono alla Svizzera di non voler sempre giocare il ruolo di prima della classe, che potrebbe avere ripercussioni negative per l’economia al pari delle regole delle banche. Per il momento il settore bancario non sembra ancora risentire gli effetti della fusione Cs-Ubs e mantiene le posizioni dell’anno precedente con circa 93mila dipendenti. Diminuzioni di personale sono però avvenute all’estero, e anche questo non è un buon segnale per l’offshore. Le eventuali diminuzioni di personale in aziende vicine alla banca non avranno un grande influsso sul mercato del lavoro come tale. Tuttavia, misure di risparmio o di miglioramento dell’efficienza potrebbero farsi sentire maggiormente.
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Amministratori e termine del mandato
Lungi dall’essere una pura formalità, il rinnovo formale della carica degli amministratori mediante rielezione nel corso dell’assemblea ordinaria ha una rilevanza fondamentale per il buon funzionamento e per la conformità legale delle società anonime.
Nelle società anonime, specialmente in imprese familiari detenute da pochi azionisti che si occupano direttamente degli affari societari, si trascura spesso come la carica degli amministratori debba venire rinnovata attraverso una formale rielezione - nel rispetto dei quorum di legge e statuari - durante la rispettiva assemblea annuale che coincide con lo spirare della durata del mandato. Per le società di carattere privato (ossia non quotate in borsa), la durata del mandato degli amministratori è - per legge - di tre anni, sempre che lo statuto non disponga altrimenti, ritenuto come la durata massima del mandato non possa tuttavia eccedere sei anni (art. 710 del Codice delle Obbligazioni svizzero/CO). Di frequente le disposizioni statutarie limitano la durata di tale mandato a un anno, il quale si conclude quindi al più tardi alla successiva assemblea generale annuale ordinaria. Inoltre, per legge, tali assemblee ordinarie, nell’ambito delle quali vengono, inter alia, approvati i conti e - come detto - rinnovate le cariche degli amministratori, devono tenersi entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale (che, di norma, coincide con l’anno solare; art. 699 cpv. 2 CO).
Il corretto e tempestivo rinnovo della carica degli amministratori è cruciale per garantire che gli stessi possano beneficiare di un nuovo mandato e mantengano la loro capacità di dirigere e rappresentare la società. La mancata o intempestiva rielezione comporta una serie problematiche giuridiche e operative non trascurabili. In una recente decisione (decisione 4A_387/2023, 4A_429/2023 del 2 maggio 2024), il Tribunale Federale ha confermato la sua giurisprudenza secondo cui,
in caso di mancato rinnovo tempestivo, la carica degli amministratori di una società anonima termina automaticamente. Inoltre, quale sostanziale novità rispetto alla precedente giurisprudenza, l’alta Corte elvetica ha stabilito che eventuali delibere assembleari adottate nell’ambito di un’assemblea degli azionisti convocata da amministratori non tempestivamente rieletti sono da considerarsi nulle.
«Laddove non rieletti in modo tempestivo, gli amministratori non sono più autorizzati a dirigere e a rappresentare la società e devono quindi astenersi dal contrarre negozi giuridici per suo conto o dal presentare agli azionisti proposte di voto. Possibili violazioni al riguardo potrebbero comportare una responsabilità personale degli amministratori»
Nel concreto, l’amministratore unico della società aveva convocato dopo la scadenza della sua carica un’assemblea degli azionisti che, a maggioranza, lo ha rieletto. Tuttavia, un’azionista dissidente ha contestato la rielezione e richiesto la nomina di un amministratore speciale per colmare la lacuna nell’organizzazione della società (art. 731b cpv. 1 cifra 1 CO), sostenendo come il Consiglio di Amministrazione non fosse stato debitamente rieletto.
Come già menzionato, il Tribunale Federale ha quindi in primis ribadito come la carica degli amministratori non si estenda oltre i sei mesi di tempo seguenti la chiusura dell’esercizio annuale
entro cui si deve tenere l’assemblea ordinaria. In secundis, ha stabilito una nuova giurisprudenza di notevole rilevanza: un amministratore di fatto, che continua ad agire nonostante la mancata rielezione entro il termine di sei mesi a contare dalla chiusura dell’esercizio annuale, non può validamente convocare (nuove) assemblee degli azionisti. Di conseguenza, qualsivoglia decisione presa in tali riunioni è da considerarsi nulla, perlomeno nei casi in cui la validità di tale convocazione sia contestata.
Il Tribunale Federale ha altresì chiarito che tale ragionamento non si applica all’ufficio di revisione della società, il quale rimane quindi carica sino a quando gli azionisti approvano i conti annuali, indipendentemente dal tempo trascorso.
La decisione del Tribunale Federale complica la capacità delle società di poter risolvere autonomamente i problemi organizzativi derivanti da ritardi nella rielezione degli amministratori. Una possibile soluzione, come menzionato dalla stessa Corte federale, è quella di tenere un’assemblea universale degli azionisti ai sensi dell’art. 701 CO (ossia con tutti gli azionisti presenti o rappresentati), che può procedere senza osservare le disposizioni relative alla convocazione e non richiede quindi un Consiglio di Amministrazione funzionante che abbia convocato l’assemblea.
In alternativa, le società soggette a revisione (e che non vi abbiano validamente rinunciato avvalendosi del cosiddetto opting-out) potrebbero rivolgersi all’ufficio di revisione per convocare un’assemblea degli azionisti. Questi può in effetti all’occorrenza validamente convocare un’assemblea degli azionisti (art. 699 cpv. 1 CO).
Quale ultima possibilità, le società possono chiedere al giudice competente di convocare un’assemblea degli azionisti. Si tratta dell’opzione meno desiderabile sia in termini di tempistiche che di costi. Tuttavia, in taluni casi può rappresentare l’unica via percorribile, qualora per esempio gli azionisti siano in aperto dissidio fra di loro (rendendo quindi non percorribile l’opzione dell’assemblea universale) e la società non abbia un ufficio di revisione.
Gli stessi amministratori devono essere consapevoli della portata di tale giurisprudenza e adoperarsi affinché l’assemblea ordinaria venga convocata nei termini di legge. Gli amministratori devono prendere atto del fatto che, laddove non rieletti in modo tempestivo, essi non sono più autorizzati ad agire quali amministratori per la società, e debbano quindi astenersi dal contrarre negozi giuridici per conto della società o dal presentare agli azionisti proposte di voto (come, ad esempio, l’approvazione del conto annuale). Possibili violazioni al riguardo potrebbero comportare una responsabilità personale degli amministratori.
Infine, anche i terzi che contraggono
negozi giuridici con la società dovrebbero prudenzialmente sincerarsi che gli amministratori della stessa siano validamente in carica, onde evitare di incorrere in possibili contestazioni di negozi giuridici potenzialmente nulli per mancanza di debita rappresentanza. A tal fine, va però sottolineato come terzi in buona fede possono di principio fare affidamento sulle funzioni e poteri di firma iscritti a registro di commercio.
Sopra, i due co-autori del presente contributo: da sinistra, Andrea Ziswiler, avvocato, LL.M, partner Studio Bär & Karrer (Lugano), specializzato in operazioni di finanziamento, mercato dei capitali e transazioni corporate/M&A, e l’Avv. Rocco Rigozzi, LL.M. e notaio, partner dello Studio Bär & Karrer (a Zurigo e Lugano), specializzato in transazioni immobiliari e corporate/M&A.
Elettrico sì, ma quanto e quando?
L’Automotive europeo si trova confrontato con epocali sfide per restare al passo e reggere l’urto di decenni di investimenti cinesi nell’elettrico. Se gli equilibri competitivi del mercato appaiono compromessi, la battaglia è in corso, a patto di vincere le esitazioni dei consumatori e incontrare l’interessabile generosità degli Stati, amletici sul da farsi.
Trasporti, logistica, arterie stradali, infrastrutture di ogni genere e grado. È la mobilità nel suo insieme un elemento chiave degli equilibri della contemporaneità di miliardi di persone, centinaia se si pensa a tutti gli esseri umani che in diverse migliaia di anni hanno abitato la Terra. Sono certamente cambiati molti aspetti di questo apparentemente semplice e circoscritto ambito, le modalità di viaggio, la comodità dello stesso, le distanze percorse e i tempi di percorrenza, i mezzi e le tecnologie impiegate per farlo, e dunque l’impronta ambientale… il tutto in un arco temporale sorprendentemente breve, dell’ordine di pochi secoli. Del resto, viaggiare è sempre stata una necessità, un piacere in alcuni casi e per alcuni, ma al tempo stesso anche un grosso laborioso problema. Diversamente da quanto si creda, all’interno della stessa regione geografica o culturale, era anche un’attività relativamente frequente, in cui essere pedone non era l’eccezione, ma la norma.
Evidentemente questo poteva diventare un serio problema all’ampliarsi della regione di pertinenza, specie nel caso delle istituzioni pubbliche, indipendentemente da che le necessità fossero politiche, amministrative, religiose o militari. In assenza di mezzi di comunicazione alternativi sufficientemente affidabili i ‘messaggeri’ erano la normalità nel caso degli ‘affari’ dello Stato, in tutte le sue diverse ramificazioni, e in diverse circostanze la velocità era l’elemento cardine di efficientamento delle risorse. Un esempio? L’urgenza di informare tempestivamente dell’inizio di un’invasione o di una rivolta, della morte della persona sbagliata. E in questo, ovviamente, i romani si dimostrarono maestri assoluti, non fosse altro che avessero un impero da gestire di dimensioni con rari eguali nella storia.
Ma quanto era difficile viaggiare? E quali tempi dovevano essere messi in conto, pur in presenza di un’efficientissima, ben manutenuta, e capillare rete viaria, come quella romana? Una prima
informazione chiave è chi dovesse compiere il viaggio, e perché. Per quanto possa sembrare un dettaglio, nei fatti non lo era. Si consideri infatti la semplice tratta Istanbul (Costantinopoli) – Parigi (Lutetia). Un privato, non troppo benestante, che decidesse di compiere l’impresa nella bella stagione ed esclusivamente sulle proprie gambe, avrebbe infatti impiegato non meno di 100 giorni, percorrendo 30 km al giorno, per un totale di 2.965 km su strade quasi sempre lastricate, le autostrade dell’epoca. La stessa persona ma a cavallo, dunque con qualche sesterzio in banca in più, ne avrebbe impiegati 56 con lo stesso percorso. Si fosse invece trattato di un messaggero del servizio pubblico, con informazioni militari decisive, avrebbe allungato leggermente il percorso a 3.069 km, quella che oggi si definirebbe la strada più veloce, impiegando 12 giorni, e qualche ora, cambiando più volte al giorno la cavalcatura, coprendo una distanza giornaliera di 250 km.
La particolarità della tratta Istanbul –
Parigi è però che possa essere percorsa tranquillamente via terra, sotto molti aspetti un non lusso, ma una certezza. Con il Mediterraneo quale ‘lago romano’ gli scambi con l’Africa erano consuetudine, ma soprattutto l’acqua poteva spesso essere una valida alternativa, comoda e veloce, seppur più rischiosa. Dunque, nel caso della tratta Costantinopoli – Tarraco (l’odierna Tarragona, 100 km a sud di Barcellona), la distanza da percorrere poteva variare, al pari dei tempi di percorrenza, e a dipendenza della stagione. Ecco quindi, che in luglio e interamente su acqua erano 3.600 km, percorsi in circa 25 giorni di navigazione, mentre a gennaio sarebbero stati 4.300, in 32 giorni. Via terra, invece, erano nuovamente 3.100 km.
Ritorno alle origini? Se all’epoca i problemi erano dunque altri, e non era troppo scontato arrivare a destinazione, a distanza di qualche anno la natura delle preoccupazioni è decisamente cambiata. Le alternative a disposizione si sono ampliate, al pari del numero di potenziali occupanti, e delle fonti energetiche con cui tali mezzi sono alimentati. Su tutte, però, la questione ambientale è quella che più ha seminato scompiglio in un settore consolidatosi nel corso degli anni, e che oggi si trova alla vigilia di una nuova era. O forse no. «Le sfide del settore stanno rapidamente aumentando, in un quadro di rallentamento globale, che sta comprimendo la domanda in molti mercati chiave, dalla Cina all’Europa. Evidentemente le continue interruzioni delle catene di fornitura, e l’aumento dei costi non aiutano, al pari dell’aumento della concorrenza, i cui costi maggiori delle previsioni a livello di transizione stanno causando una revisione degli utili di molti campioni occidentali, da Bmw a Ford a Volkswagen. La grande incognita di nuovi probabili dazi, in un quadro politico molto fluido, è dunque solo la più recente di numerose sfide», esordisce così Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.
In particolare il 2024 ha segnato alcune importanti differenze rispetto ai quattro anni precedenti, tutti all’insegna della lotta all’emergenza pandemica, e alle sue molte conseguenze. «Entro fine anno molti Governi avranno comunicato una drastica riduzione, o cancellazione, degli incentivi statali per i veicoli elettrici, il che sta causando non pochi problemi al segmento, già colpito da un significativo calo dell’interesse dei consumatori. A pre-
«La mobilità elettrica non è limitarsi a vendere il veicolo, è un ecosistema progettato in misura convincente in tutte le sue articolazioni. Non servono a nulla i migliori veicoli se poi non è possibile ricaricarli. Almeno in Svizzera, dovrebbe essere aperta una seria discussione sul ruolo dello Stato»
Roland Schell, Ceo di Mercedes-Benz Svizzera
La bilancia commerciale dell’Automotive europeo
Import/export dei soli veicoli (dati in mld eur, salvo dove indicato)
Interscambio
2023
2022
Var. 23/22 (in %)
Saldo
Fonte: Eurostat
valere rimane la delicata questione della ‘accessibilità economica’, soprattutto in Europa e Stati Uniti; al momento l’offerta rimane concentrata su modelli top di gamma, mentre quelli a basso prezzo sono ancora molto limitati. Ciononostante nel medio-lungo periodo le prospettive di crescita dell’intero segmento restano
Nell’antichità il problema non si sarebbe posto, la mobilità era per definizione sostenibile. Così non era per l’Automotive europeo che si trova oggi confrontato con un’epocale sfida, la transizione all’elettrico. E i numeri in campo sono dei più significativi.
L’impero romano nel 125 d.C.
Province senatoriali Province imperiali
d.C. Limes
Le cifre del settore in Europa
«È necessaria una roadmap per allineare tutti i partecipanti del mercato, e definirne le aspettative. Per quanto il 2035 sia ambizioso, è la direzione verso cui sta andando il mercato, ed è anche per questo che gli europei continuano a perdere rilevanza in Cina, dove la qualità dei veicoli elettrici indigeni sta migliorando»
Alessandro Inderbitzin, General Manager Svizzera e Austria di Electra
Addetti diretti dell’Auto
Fonte: Eurostat 2022
Fonte:
I livelli occupazionali
Addetti diretti del settore a livello manifatturiero per Paese (in unità)
L’Automotive è forse la più emblematica industria della fu egemonia manifatturiera europea, almeno in parte tramontata negli ultimi anni. Nonostante abbia perso molto, rimane un volano di crescita straordinario, un protagonista dell’export e della bilancia commerciale, oltre che il perno di milioni di posti di lavoro. Le recenti difficoltà vanno dunque risolte.
interessanti, anche da un punto di vista di investimento nei titoli del settore e nella componentistica», Robert Zeuthen, Portfolio Manager del Bny Mellon Mobility Innovation Fund di Bny Investments. Una situazione variegata a dipendenza dei singoli Paesi, oltre che delle regioni. «È da inizio anno che si stanno ampliando le differenze in termini di ripresa post pandemia, e anche l’Automotive ne è influenzato. Mercati chiave come Europa,
Stati Uniti e Cina sono tornati ai livelli 2019, grazie a incentivi e alla domanda repressa degli anni precedenti; e a correre è la Cina. Europa orientale, Sud Est asiatico, e America Latina non si stanno invece riprendendo alla stessa velocità, diversamente da Giappone e Corea del Sud, dove si stanno già registrando importanti spostamenti a livello di preferenze dei consumatori», prosegue il Cio di Ubs. L’Automotive . Ma cosa rappresenta il settore per il Vecchio Continente? E dunque quanto sono rilevanti le problematiche che sta affrontando? «L’Europa è storicamente considerata la culla dell’Automotive mondiale, che per diverse decine di anni è stato solo europeo. Il motore a combustione interna era la spina dorsale di molti Stati, ha garantito stabilmente per lunghi decenni livelli occupazionali importanti, forti investimenti in ricerca e sviluppo, e ricadute sociali significative. Attualmente si sta però verificando un cambiamento di paradigma, con il percorso verso l’elettrificazione ormai avviato, e che dovrebbe costituire il futuro del settore, almeno stando ai piani dell’Unione Europea», precisa Giovanni Mercadante, Auditor di Ernst & Young. Le ramificazioni del settore si sono fatte vaste e importanti, è del resto un’industria che è prosperata e che ha portato il buon nome dell’Europa in giro per il mondo. «Rappresenta circa il 7% del Pil, e diversi milioni di posti di lavoro, ancora maggiori se si pensa al suo vasto indotto. La transizione totale verso l’elettrico avrebbe dunque nell’immediato ripercussioni sociali e industriali enormi, creando non da ultima un’ondata di instabilità occupazionale, con intere categorie di addetti specializzati nelle tecnologie tradizionali a doversi riqualificare rapidamente. Anche in termini industriali le linee di produzione dovrebbero essere convertite, con investimenti massicci e costi molto elevati per i giganti del settore oltre che per le comunità locali», rileva Roberto Bonfanti, Presidente di Upsa Ticino (Unione professionale svizzera dell’automobile). Eppure, anche senza guardare all’intero indotto, il cui perimetro potrebbe essere soggetto a diversi ‘considerando’, i numeri in campo sono dei più notevoli. «All’interno della sola Unione, l’Automotive dà lavoro a 13,8 milioni di persone, dunque il 6,1% del totale, e rappresenta l’8% del valore aggiunto manifatturiero europeo. Paradossalmente però quella che si sta
verificando è un calo della domanda, che sta spingendo i produttori a rivedere i loro piani, forse troppo ottimistici in termini di richiesta del mercato, il che unito a una significativa crescita dei costi industriali sta spingendo a considerare la chiusura di diversi siti produttivi. Evidentemente una parte della soluzione, su cui si sta lavorando, sarebbe il raggiungimento di una maggiore efficienza dell’intera filiera, lasciando agire le economie di scala», nota Andrew Ye, Investment Strategist Thematic di Global X Etfs.
Percorso accidentato. L’impatto che potrebbe però avere il rallentamento già in atto, per quanto notevole, potrebbe finire con l’essere non troppo equamente ripartito. Da qui ulteriori problemi economici e sociali. «Se nel medio termine l’elettrico potrebbe comportare perdite significative di posti di lavoro, e costi elevati, la transizione rischia di colpire maggiormente i fornitori tradizionali, molto meno flessibili rispetto ai grandi Gruppi, che almeno parzialmente potrebbero essere risparmiati. La fine degli incentivi pubblici in Germania, ad esempio, dovrebbe comportare già per quest’anno un calo specifico per il comparto dell’ordine del 14%, un primo costo di questa inevitabile mancanza di flessibilità», precisa Arthur Jurus, Head of Investment Office di Banque Privée Oddo Bhf Svizzera. Eppure la marcia è ormai cominciata, il dado è tratto, e la rotta definita. Per quanto qualche aggiustamento potrebbe ancora registrarlo. «La transizione verso l’elettrificato è reputata essere una necessità, da molti, costituirebbe un taglio rivoluzionario delle emissioni, e non solo. Ma la realtà è molto più complessa. L’elettricità farà sicuramente parte della mobilità del futuro, ma non è ancora chiaro se sarà tecnologicamente all’avanguardia, o in che misura l’ibrido potrebbe sopravvivere e affiancarla. La tabella di marcia europea ha il merito di mettere in luce le molte criticità oggi sul tavolo, dalle sfide con cui i costruttori si devono confrontare, in termini di prestazioni, costi e catene di fornitura, alle recalcitranze dei consumatori, non ancora pronti al salto, agli attuali limiti dell’ecosistema, che ad esempio nelle regioni rurali rendono un futuro elettrificato più una visione che non una realtà», riflette l’Auditor di E&Y. Si tende infatti spesso a dimenticare che nonostante la rapida urbanizzazione che accomuna tutte le regioni, la popolazione
«Per rendere verosimile l’elettrico è indispensabile un deciso ampliamento della rete, il che richiederà investimenti sostanziali, e una pianificazione accurata onde prevenire sovraccarichi nel sistema di produzione e distribuzione dell’energia. Questo evidenzierà importanti differenze tra Paesi»
Roberto Bonfanti, Presidente di Upsa Ticino
La fabbrica Europa
Produzione di veicoli nei Paesi europei (in mia) nel 2023
Fonte: S&P Global Mobility 2023
La fabbrica Mondo
Produzione globale di veicoli (in mln unità e % totale)
S%P Global Mobility 2023
non è solo ed esclusivamente urbana, nemmeno nella vecchia Europa. «Regolamenti stringenti, e obiettivi ambiziosi, 100% del venduto elettrico nell’Unione entro il 2035, e una riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030, non lasciano molti margini d’interpretazione. È tuttavia molto probabile il motore a combustione sopravviva più a lungo, nei veicoli ibridi, oltre che in mercati specifici, dove le infrastrutture elettriche saranno insuf-
Nonostante la fabbrica Europa resti crocevia del settore, la concorrenza cinese ha compiuto miracoli in pochi anni, imponendosi in termini di volumi. La Cina è oggi leader di mercato, ma non certo per qualità o reputazione dei suoi veicoli, che stanno però enormemente migliorando, e soprattutto quelli elettrici godono di decenni di vantaggio competitivo.
Il valore dell’Auto in Europa
Valore
«Il passaggio all’elettrico offre sicuramente grandi opportunità, oltre che rischi, e la visione di un continente già nel 2035 interamente alimentato da elettricità rimane molto ambiziosa. Si tratterà di capire se produttori, Governi, e consumatori accetteranno di adattarsi sufficientemente»
Giovanni Mercadante, Auditor di Ernst & Young
ficienti. Il successo della nuova mobilità dipenderà però in larga misura dalla competitività di prezzo, e dal miglioramento delle infrastrutture di ricarica, pur in presenza di un calo del sostegno degli Stati. A oggi il mercato è in stallo, con un 17% di nuove immatricolazioni nel 2023», commenta il Cio di Oddo.
In prospettiva i progressi sono comunque notevoli, la sfida sarà vedere cosa succede nei prossimi anni, pur in presenza di obiettivi dei più ambiziosi. «La costante riduzione dei costi di produzione delle batterie lascia ben sperare, e sta sostenendo gli sforzi di produttori e consumatori. La quota di mercato dell’elettrificato, dunque elettrico, ibrido plug-in e a batteria, è cresciuta molto, era infatti di appena il 2% nel 2018, e del 14% nel 2022, e del 18 l’anno scorso. Il destino del termico appare invece sempre più legato a ibrido o plug-in, che a oggi sono stabilmente in testa per nuove immatricolazioni in Europa», rileva l’esperto di Global X.
Evidenze empiriche
Al pari di molti altri casi l’elettrico è un segmento complesso, e fare generalizzazioni può portare a errori. Ecco dunque i risultati di una recente indagine, in 27 Paesi, condotta da PwC, tra proprietari o potenziali tali. «I Paesi nordici aprono la strada dell’elettrificazione con le concentrazioni più alte di proprietari di veicoli elettrici, mentre l’Europa sviluppata mostra un interesse maggiore rispetto a quella orientale. Nonostante l’interesse le immatricolazioni sono ancora limitate, principalmente per la durata della ricarica, dell’incertezza della durata delle batterie, e dell’autonomia limitata. Il 65% dei proprietari si affida principalmente a soluzioni di ricarica private», nota l’esperto di PwC Svizzera. Ma chi sono questi proprietari, e dunque qual è il comportamento d’acquisto? «Si tratta prevalentemente di uomini, giovani, dal reddito elevato e con accesso a parcheggi privati, rappresentano il 5-7% degli intervistati. Di questi solo il 10% ha un’auto elettrica usata, ma il 30-50% sarebbe disposto a considerarne l’acquisto come prossimo mezzo, in particolare nei Paesi a più basso reddito, dunque Europa orientale, India e America Latina. Tra i principali ostacoli all’acquisto una posizione importante la ricoprono le preoccupazioni per le prestazioni della batteria, e la mancanza di certificazione sul suo stato di salute», prosegue Gatti. Spostando invece l’attenzione sui potenziali acquirenti le risposte cambiano. «Sono i ‘Tech Entusiasts’ e i ‘Dreamers’ i più propensi all’acquisto, e rappresentano il 30-50% della domanda delle singole regioni. Fattori determinanti della scelta sono il risparmio di carburante, la comodità della ricarica da casa, e il ridotto impatto ambientale. Ciononostante il 31% dei consumatori non mostra alcun interesse per il segmento, da qui ai prossimi 5 anni», conclude l’esperto.
Dunque, la strada è tracciata, o nulla è ancora detto? «Il futuro dei motori a combustione è in larga misura legato a tre fattori: la capacità delle infrastrutture di supportare il diffondersi dell’elettrico, la fiducia dei consumatori e il ritmo di avanzamento tecnologico. In quegli ambiti dove invece i tempi sono ancora prematuri, com’è il caso del trasporto pesante, i carburanti sintetici, gli e-fuels, sono un’opzione molto interessante. Derivano da fonti rinnovabili e riducono l’impatto ambientale della combustione, ma soprattutto consentirebbero nel breve-medio termine di continuare a utilizzare una parte delle infrastrutture e dei veicoli esistenti», nota il Presidente di Upsa.
Da un lato la praticabilità della soluzione, dall’altro l’efficienza e l’impronta climatica della mobilità. «I veicoli elettrici rappresentano già la tecnologia più efficiente in termini energetici, con un’efficienza superiore al 90% rispetto al 30 dei motori a combustione, e sono anche l’unica tecnologia disponibile per ridurre le emissioni su larga scala. Il costo dei veicoli sta diminuendo, e la disponibilità di nuovi modelli più compatti li renderà accessibili a un pubblico sempre più ampio. La transizione è inevitabile, semmai
In termini di valore aggiunto l’auto ha rari eguali in Europa, ma si trova anche al bivio. Urgono decisioni.
Veicoli a combustione
Fonte: McKinsey 2024
dunque bisognerebbe domandarsi in quanto tempo avverrà la transizione», illustra Alessandro Inderbitzin, General Manager Svizzera e Austria di Electra. Come tutte le rivoluzioni, tecnologiche e non solo, se da un lato ci sono rischi e problemi, dall’altro diverse opportunità. «La transizione potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro in alcuni settori, persone quindi da riqualificare, ma creerebbe anche nuovi lavori analoghi, dalla produzione di batterie all’assemblaggio dei veicoli. L’abbandono del termico richiederebbe però un importante spostamento della produzione, con un significativo impatto sugli investimenti in ricerca, come già si sta in parte vedendo, ma questo sta anche causando un inedito sconvolgimento degli equilibri competitivi del settore, a vantaggio dei nuovi arrivati, rispetto agli attori tradizionali e consolidati europei, sino a ieri leader indiscussi di mercato», evidenzia Paolo Gatti, Director del Customer and Commercial Excellence di PwC Svizzera.
La marcia europea. Sulla base delle decisioni di Bruxelles il dibattito in Europa si è riaperto, e la situazione si è fatta particolarmente calda al raffreddarsi della congiuntura globale, e con tassi d’interesse elevati. Altra tegola in una fase già delicata per il settore. «I produttori si stanno preparando, e investendo pesantemente per recuperare il tempo perso, anche rispetto alla forte crescita che indiscutibilmente sperimenterà il segmento nel prossimo futuro. Tra il 2022 e il 2023 sono state comunicate al mercato decisioni d’investimento nella produzione di veicoli elettrici e batterie per oltre 500 miliardi di dollari, e oltre 20 grandi Gruppi, pari al 90% delle vendite di auto globali nel 2023, si sono dati chiari obiettivi di elettrificazione», chiosa Guglielmin.
Ciononostante la sfida è tutt’altro che vinta, e sicuramente non dipende solo dai produttori. «In termini di investimenti la scelta cui molti si trovano confrontati non è di facile soluzione: se da un lato infatti la metà delle vendite di nuovi veicoli, in molti casi, è elettrico, significa anche che c’è una seconda metà che vuole, o non può fare altrimenti, ancora il termico. Dirottare dunque interamente tutti gli investimenti in ricerca sull’elettrico qualche interrogativo lo porrebbe, per quanto se si volessero recuperare i decenni di vantaggio cinese sarebbe necessario. La recente ‘relazione Draghi’ mette sotto la
«L’abbandono del termico richiederebbe un importante spostamento della produzione, con un significativo impatto sugli investimenti in ricerca e sviluppo, come sta già avvenendo, ma questo sta anche causando un inedito sconvolgimento degli equilibri competitivi del settore, a vantaggio dei nuovi arrivati»
Paolo Gatti, Director del Customer and Commercial Excellence di PwC Svizzera
Ritorno di fiamma della combustione?
Preferenza dei consumatori per il prossimo veicolo (cfr. valore Ice 2023)
Fonte: Deloitte
Questione
Aspettative
di autonomia alla guida
lente questa problematica, proponendo di sviluppare un piano industriale ad hoc per l’Automotive, e che ne copra l’intera filiera. Non sorprende dunque che diversi produttori abbiano chiesto il rinvio del 2035, a fronte di previsioni sulla risposta del mercato (Stati, consumatori, infrastrutture) ancora incerte», sottolinea Ye. Nel segmento l’industria cinese si trova decisamente in vantaggio su tutti, avendo puntato in tempi non sospetti proprio su
Nonostante le decisioni degli Stati di spingere in direzione di una mobilità sempre più elettrica, le esitazioni da parte dei consumatori rimangono importanti, e in molti stanno anche già perdendo l’interesse. Oltre a un tema squisitamente economico, i limiti dell’autonomia e l’ansia della ricarica restano dominanti, e almeno nell’immediato non sembrano esservi sostanziali soluzioni. Quindi?
«Entro fine anno molti Governi avranno comunicato una drastica riduzione degli incentivi per i veicoli elettrici, il che sta causando non pochi problemi. A prevalere rimane la questione della ‘accessibilità economica’, soprattutto in Europa e Stati Uniti, con l’offerta concentrata su modelli top di gamma»
Robert Zeuthen, Portfolio Manager di Bny Investments
Quota degli alternativi
Il problema infrastrutturale
Distribuzione delle stazioni di ricarica pubbliche (dati 2023)
Per quanto ve ne sia un gran parlare, e un importante dibattito, allo stato attuale i veicoli elettrici rappresentano una parte molto minoritaria del parco circolante in Europa, dell’ordine del ventesimo. Ovviamente esistono importanti differenze tra Paesi, con alcuni molto più avanti di altri, il che si riflette anche sullo stato dell’infrastruttura di ricarica, altrettanto variegato.
questi veicoli, persa la corsa sul termico. «È necessaria una roadmap per allineare tutti i partecipanti del mercato, e definirne le aspettative. Per quanto il 2035 sia ambizioso, è la direzione verso cui sta andando il mercato, ed è anche per questo che gli europei continuano a perdere rilevanza in Cina, dove la qualità dei veicoli elettrici indigeni sta migliorando. Per rimanere competitivi i Gruppi europei hanno bisogno di un mercato dove
vendere grandi quantità di elettrico al più presto, l’Europa. Evidentemente ci vorrà del tempo perché il numero di veicoli elettrici aumenti, si pensi che in Svizzera ogni anno viene rinnovato il 4% del parco auto», rileva il responsabile di Electra. In tal senso le prospettive di mercato sembrano rosee, seppur suscettibili a facili inversioni. «Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia nel 2030 un terzo delle auto in Cina sarà elettrico, e quasi il 20% in Europa e Stati Uniti, che dovrebbe tradursi in un calo della domanda di petrolio pari a 6 milioni di barili giornalieri. Qualora tutti gli obiettivi nazionali in ambito energetico e climatico dovessero essere raggiunti due terzi dei veicoli venduti nel 2035 potrebbero essere elettrici, con un risparmio equivalente di 12 milioni di barili di petrolio, ovviamente a patto che gli ambiziosi incentivi industriali pubblici, europei, cinesi, statunitensi, indiani… non vengano meno anticipatamente», prosegue il Cio di Ubs. Corsa a ostacoli. Indipendentemente dalle difficoltà tecniche di questa rivoluzione, è legittimo domandarsi quanto siano davvero interessati i consumatori. Quali sono le principali barriere da abbattere? «La mobilità elettrica non si limita a vendere un veicolo elettrico o elettrificato, implica un ecosistema che dev’essere progettato in misura convincente in tutte le sue articolazioni. A cosa servono i migliori veicoli se poi non è possibile ricaricarli? Perché si dovrebbe assecondare una precisa volontà dello Stato, se non si viene supportati? Almeno in Svizzera dovrebbe essere aperta una seria discussione sul diritto di ricarica, con un chiaro sostegno pubblico alla transizione, e un approvvigionamento energetico pulito e poco costoso. Senza questi elementi non ha senso parlare di elettrico, ed è qui che la Politica dovrebbe intervenire, non l’Automotive stesso», enfatizza Roland Schell, Ceo di Mercedes-Benz Svizzera.
Un primo grande scoglio, ma di più facile risoluzione, è certamente il costo, specie se rapportato ad altri veicoli. «L’accessibilità economica di questi veicoli non c’è dubbio sia problematica, per quanto almeno nel breve periodo possa essere mitigata dallo Stato. Una tassazione europea più aggressiva nei confronti della concorrenza cinese è un’opzione, potrebbe sostenere temporaneamente i brand domestici, ma penalizzerebbe i consumatori. Nel lungo periodo però solo gli investi-
Fonte: Acea 2024
menti in efficienza e tecnologia possono sperare di risolvere la problematica, per quanto già in occasione del recente Salone dell’Auto di Parigi siano stati presentati modelli elettrici più accessibili», nota l’analista di Global X.
Ragionando in termini di ciclo di vita del veicolo, però, anche la questione economica potrebbe almeno in parte venire meno. «L’elevato costo d’acquisto è parzialmente compensato da costi di manutenzione e utilizzo più bassi, tuttavia, l’assenza di un’infrastruttura di ricarica capillare è un secondo grande scoglio, specie nel caso di veicoli che spesso hanno lunghi tempi di ricarica, e limitata autonomia. Anche a patto di risolvere questi problemi, che certo alimentano le preoccupazioni di molti, la mancanza di un mercato dell’usato consolidato ne frena la diffusione di massa», precisa Bonfanti.
Ciononostante un mercato dell’usato già esiste, ha solo bisogno di tempo perché si sviluppi? «Nel 2023 erano disponibili sul secondario circa 800mila auto in Cina, 400mila negli Stati Uniti, e oltre 450mila nelle principali economie europee. Si consideri però che nella sola Europa il parco circolante consta di 250 milioni di auto. I prezzi delle usate elettriche sta rapidamente scendendo, e quindi stanno diventando più interessanti anche rispetto agli equivalenti a combustione. Nei prossimi anni si dovrebbe inoltre ampliare il commercio verso gli Emergenti, al di fuori della Cina», commenta Guglielmin.
A ostacoli tutto sommato oggettivi e pragmatici, se ne sommano degli altri molto più sottili e psicologici, da non trascurare. «Nel caso del termico tre quarti delle auto vendute sono veicoli usati, dunque all’ampliarsi di quello elettrico la transizione riprenderà slancio. È però evidente che l’usato sia direttamente proporzionale al numero di nuove immatricolazioni, frenate da tre grossi ostacoli. Il dibattito pubblico è molto ondivago, e i messaggi contrastanti, il che genera incertezza. A una normale paura del cambiamento, si somma la poca convinzione di molti, su tutti chi dovrebbe prestare meno servizi di manutenzione. Da ultimo non sempre l’infrastruttura di ricarica soddisfa le aspettative dei consumatori, e alcuni operatori sottovalutano la complessità di installare, mantenere e gestire le stazioni di ricarica», evidenzia Inderbitzin. Se la geografia costituisce certamente un limite, quella europea in generale, e
«I produttori si stanno preparando, e investendo pesantemente per recuperare il tempo perso, anche rispetto alla forte crescita futura del segmento. Tra il 2022 e il 2023 sono stati comunicati oltre 500 miliardi di dollari di investimenti, e oltre 20 grandi Gruppi si sono dati chiari obiettivi di elettrificazione»
Elena
Guglielmin,
Cio di Ubs Wealth Management
Le nuove immatricolazioni in Europa
Le nuove immatricolazioni in Europa
quella svizzera ancora di più, non facilitano l’opera. «Nelle aree urbane, soprattutto metropolitane, sono installati sempre più punti di ricarica e con una certa velocità, mentre le regioni rurali restano sensibilmente arretrate. Questa discrepanza rischia di alimentare la cosiddetta ‘ansia da autonomia’ degli automobilisti che certamente sta giocando un ruolo non secondario nel frenare lo sviluppo del settore, così come l’assenza di veicoli
Seppur poche, le nuove immatricolazioni sono sempre più elettriche, ma si concentrano anche su modelli top di gamma, non certo economici o alla portata di molti. Anche il mercato dell’usato presenta comprensibilmente molto limiti, e dimensioni modeste rispetto alla flotta circolante. A trainare il mercato i veicoli ibridi, un buon temporaneo compromesso.
«In Europa l’Automotive dà lavoro a 13,8 milioni di persone, dunque il 6,1% del totale, e rappresenta l’8% del valore aggiunto manifatturiero. Paradossalmente però quello che si sta verificando è un calo della domanda, che sta spingendo i produttori a rivedere i loro piani, forse troppo ottimistici»
Andrew Ye, Investment Strategist Thematic di Global X Etfs
Hergestellt in Deutschland
Nonostante molti acciacchi, e una situazione industrialmente difficile, nel caso della Germania l’Automotive è da sempre punta di diamante dell’export, e volano di crescita economica. Come si sta misurando il settore con le recenti difficoltà? «Noi produttori siamo certamente pronti alla grande sfida della transizione elettrica, l’industria sono anni che sta investendo somme immense nella trasformazione, e sta continuando a farlo con convinzione. La nostra azienda offre a oggi oltre dieci modelli interamente elettrici e di alta gamma, dal Suv compatto alla berlina di lusso, dal furgone all’iconica classe G. Con il progetto ‘Mercedes me’ offriamo inoltre a tutti i nostri clienti, e in tutto il mondo, una fitta rete di ricarica a prezzi trasparenti», precisa il Ceo di Mercedes-Benz Svizzera. Gli sforzi e le iniziative non finiscono qui. «Stiamo sempre più sviluppando un modello circolare che abbraccia la mobilità elettrica nel suo insieme: sviluppo, produzione, riciclo dei veicoli e delle loro batterie. Nel sud della Germania abbiamo aperto di recente un nuovo impianto di riciclo delle batterie, con un tasso di recupero stimato al 96%, e neutrale in termini di emissioni. L’esperienza maturata con i clienti, e i dati delle immatricolazioni, smentiscono quanto la Politica aveva immaginato: Mr e Mrs Schweizer non stanno purtroppo passando così velocemente all’elettrico quanto si era sperato», conclude Schell.
usati può ritardare il raggiungimento della massa critica necessaria a sbloccare ulteriori iniziative», nota Mercadante. Ma quanto lunga? In assenza di un’infrastruttura in grado di garantire certezze, l’attenzione non può che spostarsi sull’autonomia, la distanza percorribile tra una ricarica e l’altra, e meglio se private. Ma qual è lo stato dell’arte? «In termini di piacere di guida, i modelli elettrici hanno da tempo raggiunto, e forse anche già superato, i motori a combustione. I modelli attuali sono già adatti all’uso quotidiano, anche per quanto concerne l’autonomia. Il nostro modello top di gamma Eqs può percorrere serenamente oltre 800 km, e nel 2025 presenteremo la nuova generazione di modelli entry-level completamente elettrici, con un’autonomia di 750 km. Molto sta cambiando, e in fretta»,
sottolinea il Ceo di Mercedes-Benz. Un ruolo determinante nel continuare a riplasmare la sfida lo sta cercando giocando lo sviluppo tecnologico, che in pochi anni ha compiuto sostanziali progressi. «Sotto molti aspetti le batterie sono già oggi paragonabili, laddove non migliori, ai motori termici. Molto spesso hanno una garanzia di oltre 8 anni, rispetto ai 4 dei motori tradizionali, e sono stabilmente più potenti e performanti. Hanno nella maggior parte dei casi già superato un’autonomia di 400 km, ed è stato dimostrato abbiano un rischio incendio di venti volte inferiore rispetto ai termici. Non da ultimo, la tecnologia continua a migliorare», rileva il responsabile di Electra. La chiave di volta del futuro successo rimane per l’appunto il continuo evolvere della tecnologia. «Nell’arco del prossimo
lustro le prestazioni delle batterie dovrebbero migliorare ulteriormente, ma rispetto alle aspettative dei consumatori per autonomia e tempi di ricarica c’è ancora un importante gap da colmare, che la tecnologia dovrebbe contribuire a colmare. Renault e Stellantis stanno facendo molto bene in termini di sviluppo, mentre i produttori che si sono mossi tardi sono ancora all’inseguimento, e dovranno accelerare. La competizione con la Cina rischia però di rendere questa operazione complessa, e molto costosa», nota Jurus. Se in termini di serenità del conducente la batteria è dunque un elemento importante, anche in termini di costo rappresenta un elemento chiave. «Al netto di qualche piccolo incidente di percorso, gli elevati investimenti in capacità produttiva stanno spingendo al ribasso il costo delle batterie, insieme a una dinamica positiva del mercato delle materie prime. Se nel 2022 la corsa dei prezzi dei metalli aveva portato a un aumento annuo del 7% del prezzo dei pacchi agli ioni di litio, le batterie tradizionali, nel 2023 grazie a un calo delle quotazioni il prezzo si è ridotto di quasi il 14%. La Cina continua a essere il fornitore più economico, ma i prezzi stanno convergendo, anche grazie all’imporsi (oggi il 40% del mercato) delle batterie al litio-ferro-fosfato, molto meno care. In prospettiva dovrebbero acquisire crescente importanza quelle agli ioni di sodio, del 20% meno care di quelle al litio», precisa Guglielmin.
Il costo delle materie prime è dunque un’ulteriore variabile che si inserisce in una delicata equazione, ma almeno in questo caso comprimibile. «Se si guarda al ciclo di vita di un veicolo elettrico i processi di ricarica, e la batteria ad alto voltaggio hanno un peso notevole, ovviamente noi riserviamo un occhio di riguardo a entrambi, anche in chiave di circolarità. Stiamo ottimizzando la chimica delle celle per ridurre il contenuto di cobalto di tutte le nostre batterie, e la loro produzione è già oggi neutrale in termini di emissioni. Al termine del ciclo di vita, le ricicliamo al 96% reimmettendo nel processo produttivo quantità importanti di materie prime, altrimenti acquistate da fonti controllate, un atto socialmente e ambientalmente sostenibile, oltre che economicamente conveniente. Parimenti tutte le batterie difettose vengono riparate e riutilizzate, nei veicoli o quali accumulatori di energia», circostanzia Schell.
Il ruolo dello Stato. Sono serviti decenni per infrastrutturare l’Europa sufficientemente da consentire la circolazione degli attuali 290 milioni di veicoli, ma in che stato versa la nuova rete di ricarica? «L’infrastruttura pubblica non è certamente perfetta, ma al momento sufficiente a soddisfare la domanda, per quanto sia importante distinguere tra ricarica lenta e veloce. La nostra azienda è concentrata su quest’ultima, dove una ricarica è già possibile in meno di 20 minuti, e ci stiamo concentrando nelle zone urbane, per fornire un servizio a chi non potrà ricaricare a casa. In termini energetici, l’altro grande tema, l’elettricità in Svizzera viene prodotta con emissioni medie molto basse, e si consideri che nel solo 2023 sono stati installati pannelli fotovoltaici sufficienti a coprire 10 volte il consumo di tutti i veicoli elettrici venduti nello stesso anno», riflette Inderbitzin. Del resto però non è sufficiente costruire le stazioni di ricarica, si tratta infatti anche di alimentarle, e in prospettiva. «Per rendere verosimile l’elettrico è indispensabile un deciso ampliamento della rete, il che richiederà investimenti sostanziali, e una pianificazione accurata onde prevenire sovraccarichi nel sistema di produzione e distribuzione dell’energia. Paesi con infrastrutture già avanzate, Francia e Germania, riscontreranno meno problemi, mentre quelli più fortemente dipendenti dalle energie fossili avranno qualche difficoltà supplementare. Sarà imprescindibile il ruolo dello Stato, con incentivi e sussidi, che si troverà però confrontato con un dilemma: oggi le imposte sui carburanti rappresentano una fonte importantissima dei bilanci pubblici, sarà dunque chiamato a compensare tale perdita», evidenzia il Presidente di Upsa.
Sicuramente un bel problema, in una situazione di finanza pubblica già molto tesa. «La transizione limiterà progressivamente questa fonte di entrate, i Governi saranno dunque tentati, se non costretti, di tassare l’elettricità, il che solleverebbe interrogativi sulla redditività e l’accettabilità della misura, e al tempo stesso dovranno sostenere i produttori per evitare una crisi economica molto pesante. La necessità di sostegni si conferma dunque importante, proprio mentre la risolutezza degli Stati vacilla», rileva il Cio di Oddo.
E se il ruolo del pubblico sta venendo un po’ meno, gli effetti non tardano ad arrivare. «È probabile il segmento conti-
«La transizione limiterà le attuali entrate derivanti dal termico, i Governi saranno dunque tentati, se non costretti, di tassare l’elettricità, il che solleverebbe interrogativi sulla redditività e l’accettabilità della misura, e al tempo stesso dovranno sostenere i produttori per evitare una crisi economica molto pesante»
Arthur Jurus, Head of Investment Office di Banque Privée Oddo Bhf Svizzera
Il tesoretto dello Stato
Entrate fiscali dal mercato dei veicoli in ogni forma (dati in mld eur)
Iva (servizi, vendite... )
Altro: • Emissione patenti
Fonte: Acea
nuerà a crescere in Europa, tuttavia senza nuovi incentivi è del tutto improbabile questa crescita possa accelerare prima di un biennio, al cui termine dovrebbero essere disponibili sul mercato nuovi modelli, più accessibili. L’altro freno al mercato rimangono le carenze della rete di ricarica, e anche qui senza un aiuto dello Stato sarà improbabile rimuovere in tempo questo collo di bottiglia, vincendo le relative esitazioni dei consumatori», sintetizza l’esperto di Bny Investments. Dunque, che ne sarà del futuro dell’Automotive europeo? «Si tratta certamente di un’industria che non può essere lasciata sola, per le conseguenze che questo avrebbe, ma al momento non c’è chiarezza. Il passaggio all’elettrico offre sicuramente grandi opportunità, oltre che rischi, e la visione di un continente già nel 2035 interamente alimentato da elettricità rimane molto ambiziosa. Si tratterà di capire se produttori, Governi, e consumatori accetteranno di adattarsi sufficientemente. Se i veicoli elettrici potrebbero essere il futuro, anche competitivo dell’industria europea, quanto co-
I veicoli, e più in generale il grande mondo della mobilità, sono una fonte chiave di entrate per tutti gli stati, che si troveranno presto confrontati con il dilemma del cosa fare.
steranno e quanto lontano ci porteranno è ancora da vedere», conclude Giovanni Mercadante, Auditor di Ernst & Young. La transizione a una mobilità elettrica è quindi una sfida epocale per l’industria europea, forse ancora maggiore che non trovare qualche campione nel digitale, altro tema cruciale in ottica futura. Eppure un’eccessiva forzatura rispetto a modalità e tempistiche potrebbe risultare ancora più dannosa che non la semplice inazione. Per quanto gli Stati possano spingere e fare ‘moral suasion’, necessaria, non possono imporre senza farsi carico di almeno una parte dei costi relativi a questo cambiamento, e nel farlo sarà indispensabile trovare il giusto mezzo. Dove trovare le risorse, e quale livello di priorità assegnare a questa ennesima sfida? Chi o cosa dovrebbe essere tassato e perché? ❏
Investimenti per famiglie? Ci sta...
Sono alla ribalta: le alternative offerte dalla Spagna, sia dal punto di vista societario che sotto il profilo fiscale, per le grandi fortune locali. Mentre si riduce l’euforia per le Sicav, che ha caratterizzato gli ultimi anni, per gli investimenti collettivi si sta affermando una nuova moda...
Di tanto in tanto appaiono sulla stampa non specializzata informazioni sulle strategie d’investimento delle grandi famiglie spagnole, con titoli eloquenti come: “Las grandes fortunas españolas se lanzan a crear sociedades de ‘private equity’” (Expansión, 15.07.24), oppure: “Cómo pagar un 1% de impuestos: multimillonarios españoles dejan de lado las sicavs y se lanzan a crear ‘SIL’” (Eldiario.es, 27.10.24). Partendo dalla considerazione che alle nostre latitudini ad essere più note sono le istituzioni di investimento collettivo in Lussemburgo, ho pensato di dedicare questo contributo alla descrizione di quelle, considerabili ora ‘di moda’, esistenti in Spagna. Dai titoli sopra citati si intravede una certa dicotomia tra ‘investimenti collettivi’ e ‘grandi fortune’ e/o ‘multimilionari’, intuendosi che le grandi famiglie sono solite - anche se non necessariamente (si pensi ai cosiddetti ‘multi
family office’) - controllare direttamente i propri attivi, e si intuisce inoltre che le famiglie, seppur grandi e possibilmente numerose, non sono state certamente l’oggetto originale della definizione di ‘collettivi’ da parte del legislatore. In realtà, in Spagna anni fa era divenuta in auge la creazione di Sicav in relazione alla maggior parte delle grandi fortune locali. Le società di investimento di tipo aperto (Sicav) sono organismi di investimento collettivo (Oic) che assumono la forma di una società per azioni. Il loro capitale è variabile e può aumentare o diminuire entro i limiti stabiliti dallo statuto. Le Sicav hanno come unico scopo l’acquisizione, la detenzione, il godimento, la gestione e la cessione di valori mobiliari e di altre attività finanziarie. Per essere costituite, devono avere un capitale minimo versato di 2.400.000 euro e soddisfare requisiti specifici nella loro struttura e nel loro funzionamento, come la
Sopra, la Borsa di Madrid. Nella pagina accanto, Mariachis, il tipico gruppo di musicisti messicani.
nomina di un depositario e l’emissione di azioni che possono essere negoziate in Borsa o tramite intermediari autorizzati. L’attrattività era principalmente fiscale: un’aliquota dell’1% sugli utili societari e la possibilità di differire l’imposta sulle persone fisiche dei soci fino alla distribuzione di eventuali dividendi (anche le imposte sulle plusvalenze per la cessione delle quote nella Sicav possono essere differite in caso di reinvestimento in un’altra Oic). Ma ad una condizione: la Sicav deve avere più di cento azionisti. Come accennato sopra, le ‘grandi famiglie’ non contano normalmente tanti membri e la soluzione offerta, principalmente dalle stesse banche depositarie e dai loro professionisti, era quella di creare diversi tipi di azioni che conferivano in pratica tutti
i diritti di voto ed economici ad un azionista e una partecipazione irrilevante agli altri 99, che presto vennero designati con il divertente epiteto di ‘Mariachis’ (per chi non lo sapesse i ‘mariachis’ sono il tipico gruppo di musicisti messicani, che indossano abiti neri, borchie d’argento, un gran ‘sombrero’ e, suonando trombe, violini e chitarroni, cantano ‘rancheras’ e ‘hit’ del tipo ‘Cielito Lindo’).
Per dare più serietà alla trovata, le banche chiedevano ai loro impiegati di sottoscrivere le ‘mini’ azioni nella Sicav liberandole effettivamente con i loro propri risparmi. L’espediente è durato per diversi anni ma finalmente il Governo e la sua Agenzia delle Entrate hanno smesso di tollerarlo. Risultato: dalle 2.300 Sicav registrate nel 2021 si è passati a 442 nel primo trimestre del 2024. E i soldi: dove sono andati? Una buona parte è stata trasferita in Oic del Lussemburgo, un’altra parte in Sicav di Andorra, qualcosa è andato in Oic di Malta.
Ma non tutti gli investimenti delle grandi fortune sono stati trasferiti all’estero. In effetti in Spagna, ad oggi, esistono opzioni per strutturare investimenti efficaci sia dal punto di vista del diritto societario che dal punto di vista fiscale. Parliamo in questo contributo in particolare delle ‘entidades de capital riesgo’ e delle ‘sociedades de inverrsión librre’.
Le entità di venture capital sono entità di investimento collettivo di tipo chiuso che raccolgono capitali da una serie di investitori attraverso un’attività commerciale il cui scopo è quello di generare profitti o rendimenti per gli investitori. Queste entità possono assumere la forma giuridica di società di venture capital (società di Vc) o di fondi di venture capital (fondi di Vc). Il loro scopo principale è quello di assumere partecipazioni temporanee nel capitale di società di natura non immobiliare o non finanziaria che, al momento dell’assunzione della partecipazione, non sono quotate sul primo mercato delle borse valori o su qualsiasi altro mercato regolamentato equivalente nell’Ue o in altri Paesi Ocse. Inoltre, possono investire in titoli di entità il cui patrimonio è costituito per oltre il 50% da beni immobili, a condizione che almeno l’85% del valore contabile totale dei beni immobili della partecipata sia utilizzato in modo continuativo per l’esercizio di attività economiche. Le società e i fondi
di capitale di rischio sono soggetti al regime generale dell’imposta sul reddito delle società (Is), con alcune particolarità. Esse godono di un’esenzione del 99% sui redditi positivi ottenuti dal trasferimento di titoli che rappresentano una partecipazione al capitale o al patrimonio netto delle società in cui partecipano, a condizione che siano soddisfatti i requisiti stabiliti. Inoltre, i dividendi e le partecipazioni agli utili percepiti dagli azionisti contribuenti godono di un’esenzione parziale del 95%, indipendentemente dalla percentuale di partecipazione e dalla durata del possesso delle azioni. Nel caso di azionisti non residenti, il reddito generato nel trasferimento non si considera ottenuto in territorio spagnolo, a meno che non sia ottenuto attraverso un Paese o un territorio classificato come giurisdizione non cooperativa (‘black listed’).
Per investimenti di natura più strettamente finanziaria, l’alternativa alla Sicav spagnola oggi di moda è la ‘Sil’. In generale, le ‘Instituciones de Inversión Colectiva de Inversión Libre (Iicil)’ sono entità non soggette praticamente ad alcuna regola di investimento e possono essere
David Mülchi, Avvocato e Socio dello Studio Legale Mülchi & Asociados, Madrid e Lugano.
commercializzate esclusivamente a investitori qualificati. Questi istituti devono investire almeno il 60% del loro patrimonio in Iicil costituite in Spagna o in analoghi Cii esteri. Inoltre, le azioni o le quote delle Iicil devono essere sottoscritte o acquistate con una partecipazione iniziale minima di 100mila euro, tranne nel caso di clienti professionali. Le Iicil devono avere un minimo di 25 azionisti o detentori di quote e il valore patrimoniale netto delle azioni deve essere calcolato
almeno trimestralmente, anche se in determinate circostanze può essere calcolato semestralmente. In questo caso, sempre che gli investimenti non siano in attivi immobiliari, l’aliquota dell’Is è dell’1% con gli stessi effetti di differimento dell’imposta sulle persone fisiche sopra descritta. Il limite dei 25 azionisti è evidentemente più consono alla realtà delle ‘grandi famiglie’. Secondo quanto riportato dalla stampa, il numero di Sil si è triplicato in due anni anche se, per il momento, è ancora relativamente modesto: sono 61. Tra le Sil più importanti si segnala ‘Turqueta Gestión’ di Leopoldo del Pino, figlio del fondatore e fratello del presidente della poderosa società Ferrovial, iscritta nel 2023 con un capitale (a giugno) di 482,6 milioni e della quale controlla il 99,89%. La seconda Sil per importanza è ‘Austra Capital’, della famosa famiglia Abellò, con 230,8 milioni di capitale e due azionisti significativi con rispettivamente il 67,25% e il 29,65% (96,90% in totale). Anche in questi due esempi constatiamo come gli organismi di investimento collettivo sono sempre utilizzati dai collettivi delle grandi famiglie. Tutto sommato direi che è un bene che esistano delle alternative locali a strumenti che comunque vengono offerti all’estero e che la Spagna può e deve essere competitiva con Paesi come il Lussemburgo, Malta o Andorra.
E la Svizzera? È la domanda che mi pongo da anni ed alla quale, per il momento, non ho ancora trovato risposta.
Contraria alla visione delle imprese familiari che costruiscono pensando alle successive generazioni, l’“Iniziativa per il Futuro” le chiama a confrontarsi con una possibile (ma improbabile) approvazione. L’onere aggiuntivo potrebbe stravolgere la successione e l’economia svizzera.
Già ben prima della votazione, ipotizzabile per il 2026, la cosiddetta “Iniziativa per il Futuro” sta generando un intenso dibattito nell’opinione pubblica e nel mondo delle imprese, in particolare tra quelle a conduzione familiare. Il tema è stato al centro dell’evento organizzato da PwC Svizzera, in collaborazione con l’Associazione delle Imprese Familiari del Ticino (Aif) e l’Associazione Industrie Ticinesi (Aiti) lo scorso 16 ottobre presso l’Hotel Splendide Royal di Lugano. A fornire lo spunto, il sondaggio svolto da PwC subito nel mese di giugno intervistando 224 imprenditori per capire quali sarebbero per loro le conseguenze di una possibile - per quanto al momento non appaia probabile - adozione e comprendere quali provvedimenti sarebbero costretti a prendere.
Durante il suo saluto Martino Piccioli, presidente di Aif Ticino, ha evidenziato l’importanza del ruolo delle imprese familiari nell’economia locale, sottolineando come queste costituiscano una parte vi-
Risorse finanziarie vincolate all’azienda
Qual è la composizione approssimativa dei suoi valori patrimoniali?
Accanto, l’evento dello scorso sedici ottobre organizzato da PwC Svizzera con Aif e Aiti per discutere le possibili ripercussioni dell’Iniziativa per il futuro. Secondo il sondaggio di PwC, otto imprese interessate su dieci non disporrebbero di sufficienti fondi liquidi per pagare la futura imposta.
tale del tessuto economico ticinese, molte delle quali da generazioni, nonostante siano spesso sottovalutate nel panorama economico nazionale. Piccioli ha ribadito la necessità di garantire condizioni quadro favorevoli, affinché le imprese possano continuare a prosperare anche nel futuro, preservando così l’eredità imprenditoriale e la creazione di posti di lavoro nella regione.
Successivamente Paolo Pamini, consulente PwC e consigliere nazionale, ha presentato i contenuti dell’iniziativa, formalmente conosciuta come “Iniziativa per il Futuro”, legati a una politica climatica ed economica che mira a tassare le grandi eredità e donazioni con l’obiettivo di destinare le entrate alla lotta contro la crisi climatica e alla trasformazione dell’economia in senso ecologico e socialmente giusto. La proposta prevede un’imposta del 50% sui patrimoni che superano i 50 milioni di franchi, senza escludere la possibilità di tassazioni aggiuntive a livello cantonale. In alcuni si potrebbe arrivare a un’imposizione complessiva vicina al 100%, una situazione definita come ‘confiscatoria’ dagli esperti presenti all’evento. Il problema fondamentale del testo estremo è però che l’iniziativa prevede che la tassazione entri in vigore immediatamente dopo l’approvazione popolare, il che significa che anche coloro che decidessero di trasferirsi all’estero sarebbero comunque soggetti alla nuova imposizione.
Dal canto suo, Louis Macchi, partner di PwC, ha illustrato i risultati di uno studio condotto da PwC tra 224 imprenditori a capo di aziende familiari svizzere. I dati presentati hanno fornito un quadro chiaro della posizione delle imprese nei confronti dell’iniziativa: il 96% degli intervi-
Fonte: Sondaggio sulle imprese di famiglia svizzere di PwC, VI 2024
stati si è dichiarato contrario, nonostante molti di loro non sarebbero direttamente colpiti dall’imposta. L’opposizione è particolarmente forte tra le aziende familiari di medie e grandi dimensioni, con oltre 80% degli intervistati che teme di non avere abbastanza liquidità per affrontare l’imposta, mettendo a rischio la successione aziendale.
Il sondaggio ha rivelato che il 66% degli imprenditori ha già iniziato a prepararsi per far fronte alla possibile approvazione, pianificando cessioni anticipate di proprietà all’interno della famiglia o addirittura valutando il trasferimento all’estero. In particolare, un sorprendente 57% ha affermato di stare considerando seriamente l’opzione di trasferire la propria residenza fiscale fuori dalla Svizzera. Macchi ha evidenziato che, in previsione, diverse famiglie hanno già lasciato il Paese e, qualora l’iniziativa venisse respinta, è improbabile che la maggior parte rientri, causando una perdita di capitali e competenze che potrebbe danneggiare a lungo termine l’economia svizzera.
L’evento ha messo in luce diverse azioni concrete che le imprese potrebbero considerare per prepararsi alla votazione e a una possibile approvazione dell’iniziativa. Tra queste, la donazione anticipata di beni ai figli con usufrutto è stata indicata come una soluzione praticabile per evitare di superare la soglia di esenzione di 50 milioni di franchi. Ma - ha monito Macchi - le donazioni tra coniugi e altri trasferimenti patrimoniali devono essere attentamente strutturati per evitare problematiche legali e fiscali. Inoltre, affinché un trasferimento sia riconosciuto dalle autorità svizzere, deve essere effettivo e ben documentato, con lo spostamento del centro degli interessi vitali, incluse le residenze principali e le attività economiche e personali. La decisione di trasferirsi potrebbe essere reversibile, qualora l’iniziativa non venisse approvata, permettendo così un ritorno in Svizzera senza significativi svantaggi fiscali.
Un’ulteriore tassa sulle successione aziendale, già costosa, rischia di renderne insostenibile la trasmissione in famiglia alla futura generazione. Molti imprenditori familiari stanno attualmente valutando una cessione anticipata dei beni patrimoniali o il trasferimento all’estero.
«Le imprese familiari costituiscono una parte vitale del tessuto economico ticinese, molte da generazioni. Fondamentale, dunque, garantire condizioni quadro favorevoli, affinché possano continuare a prosperare anche nel futuro, preservando così l’eredità imprenditoriale e la creazione di posti di lavoro nella regione»
Martino Piccioli, Presidente dell’Associazione delle Imprese Familiari (AIF) Ticino
Oltre il deflusso di patrimonio, quali sfide dovrebbe affrontare se l’iniziativa venisse adottata? Risposte multiple possibili
Compromissione della successione familiare
Mancanza di liquidità per pagare le imposte
Necessità di assumere un elevato indebitamento esterno
di
L’ombra della vendita
Opzioni ipotizzate per finanziare l’imposta in caso di successione aziendale
Quali opzioni sta valutando per evitare la possibile nuova imposta?
multiple possibili
Vendita parziale azienda
Vendita azienda
Aumento del capitale di terzi mediante prestiti bancari
No
Altro
L’evento ha offerto un quadro chiaro delle gravi preoccupazioni sollevate dall’Iniziativa per il Futuro, evidenziando come la sua approvazione (seppure non probabile) possa portare a conseguenze esistenziali per le imprese familiari svizzere. La combinazione di una tassazione così elevata, confiscatoria in alcuni Cantoni, e la mancanza di liquidità per farle fronte, rischiano di compromettere non solo la successione aziendale, ma anche
■ Cessione anticipata dei valori patrimoniali all’interno della
la continuità di numerose attività cruciali per l’economia del Paese. La prospettiva di una fuga di capitali e competenze, già in atto tra alcuni imprenditori, evidenzia la necessità di respingerla con forza per proteggere il tessuto imprenditoriale elvetico e garantire che le imprese possano continuare a contribuire al benessere economico e sociale del Paese. Ermenegildo Peverelli
Fonte: Sondaggio sulle imprese di famiglia svizzere di PwC, VI 2024
famiglia
Trasferimento all’estero
Ancora indeciso
Altro
Fonte: Sondaggio sulle imprese di famiglia svizzere di PwC, VI 2024
Fonte: Sondaggio sulle imprese
famiglia svizzere di PwC, VI 2024
AI pronta all’uso
Tutti la chiedono, tutti la vogliono: eppure l’intelligenza artificiale, nuovo factotum dell’era digitale, ha bisogno dell’insostituibile tramite umano per dispiegare le proprie potenzialità nella concreta quotidianità operativa delle Pmi. Con la sua proposta di “Ai actually delivered”, Artificialy ne è la dimostrazione. Una start up atipica, fondata da due che di Ai si dilettano sin da tempi non sospetti.
Fondata nel 2020, attiva nello sviluppo di soluzioni di intelligenza artificiale, fatturato in aumento del 45% negli ultimi due anni, trenta collaboratori dai tre iniziali e lo sbarco dal Ticino anche a Zurigo, “piazza” to be: le caratteristiche ci sono tutte, eppure definire Artificialy una ‘start up’ sarebbe fuorviante, se non in quanto inizio di una realtà che dimostra di possedere un forte potenziale di crescita. I suoi fondatori non sono però i tipici dottorandi con un’idea disruptive alla prima avventura imprenditoriale, ma due che di Ai e machine learning da tempo ne masticano: direttore per 25 anni dell’Istituto dalle Molle per gli Studi sull’Intelligenza Artificiale Usi-Supsi Luca Maria Gambardella e, direttore scientifico dell’Idsia dal 2019, Marco Zaffalon, fanno parte del top 2% scientist del ranking di Stanford, con centinaia di articoli scientifici pubblicati. Non hanno dunque avuto bisogno di mettersi in coda con il loro pitch per convincere i primi finanziatori, fra cui Ti-Venture, Fidinam e Swisscom, che l’ha scelta per il suo primo investimento nella Svizzera italiana. A fare la differenza non è solo il pedigree scientifico: proprio
la conoscenza del territorio acquisita in decenni di insegnamento e ricerca anche in dialogo con le aziende, ha permesso di individuare la propria Usp cogliendo le reali esigenze del mercato: «Volevamo fare qualcosa che ci stimolasse, dandoci al contempo la possibilità di aumentare l’impatto sul territorio. Abbiamo infatti raccolto la frustrazione da parte delle aziende di piccole e medie dimensioni che, interessate ad adottare l’intelligenza artificiale, si confrontano con la difficoltà di capire a cosa e come applicarla, di farsi sviluppare soluzioni personalizzate e, superato questo scoglio, di farle funzionare e mantenerle», spiega il Prof. Gambardella. «La nostra scelta più interessante credo sia stata di non investire tutto su un unico prodotto, come tipico di molte start up, ma di entrare nell’ottica di un’azienda di servizio cross industry, in grado di affrontare
diverse tematiche e di garantire una “Ai actually delivered”, come dimostrano le nostre applicazioni che, 7/7 h24, girano sui computer dei nostri clienti. Passare dal proof of concept, che tanti sono bravi a realizzare, all’industrializzazione è tutt’altro che evidente: non solo occorre sviluppare il software ma implementarlo, testarlo, validarlo e verificarlo».
Per quanto abituati a far previsioni servendosi dell’Ai, i due soci non potevano immaginare che di lì a due anni sarebbe scoppiato il fenomeno ChatGpt. Provvidenziale, la sua popolarità ha dissipato l’aura magica che ancora circondava l’intelligenza artificiale, e con essa molti dei timori che ne frenavano l’adozione, rendendo le Pmi più permeabili. «La mentalità dell’imprenditore è cambiata, ormai non arriva più chiedendoci cosa sia l’Ai, ma vuole capire come possiamo aiutarlo a ridurre sprechi e costi, ad automatizzare i lavori ripetitivi, efficientare i processi, fare analisi predittive, usare meglio i dati…», elenca Gambardella. Domande a cui Artificialy è ben attrezzata per rispondere. «Uscendo dalla logica dell’accademia che ragiona su tempi più lunghi e questioni più esplorative, abbiamo maturato la ca-
Marco Zaffalon presenta PrivateGpt, Llm di Artificialy, di cui è cofondatore e Coo. Un’alternativa a ChatGpt, con garanzia di assoluta riservatezza dei dati.
pacità di identificare i vari problemi che vengono messi sul tavolo e di indicare cosa sia risolvibile in breve e cosa richieda progetti più impegnativi. L’imprenditore vuole infatti, oggi come ieri, lavorare e far lavorare meglio i suoi collaboratori per essere più competitivo, quindi ha bisogno di indicatori e metriche per misurare il ritorno del suo investimento in Ai. Non solo richiede, ma pretende concretezza, velocità efficacia ed efficienza», nota il cofondatore di Artificialy.
Dati, immagini e processi sono la terna dei principali ambiti di intervento: i primi, in particolare, per favorire la fidelizzazione del cliente estraendo modelli predittivi del comportamento degli utenti. Se qui è soprattutto il settore dei servizi a farsi avanti, immagini e processi sono al centro delle richieste dell’industria, ad esempio per controllare la qualità dei pezzi prodotti da una macchina utensile oppure per ottimizzare l’efficienza e la velocità dei sistemi di produzione. Sostanzialmente equipartita fra secondario e terziario, la clientela di Artificialy spazia da istituti bancari e assicurazioni, a manifatturiero, edilizia, logistica fino agli enti pubblici. Ben più del 50%, fatta la prima esperienza, torna per un progetto più impegnativo: la miglior pubblicità.
Per coprire l’ampio spettro di tematiche affrontate, Artificialy ha nutrito di talenti il suo team, oggi di una trentina di collaboratori che affiancano Luca Gambardella in veste di Cto, Chief of Applied Ai, e Marco Zaffalon, Coo, Chief scientist. Profili con variegate competenze in ambiti Ai e ML (età media 26,5 anni), guidati da un Head of Client Solutions, un Head of Deep Learning e, nuova acquisizione, un Head of Swiss German Region. Da questo primo novembre Artificialy è di casa anche sulle rive della Limmat, naturale mercato di sbocco per fare il salto di categoria. Già oggi la sua clientela si colloca per metà fuori cantone - meno nomi ma più grossi di quelli locali - qualcosa in Nord Italia, ma soprattutto in Svizzera interna: il maggiore cliente si trova oltre Gottardo, ed è un’assicurazione di Berna la prima ad aver sperimentato PrivateGpt, asso nella manica di Artificialy. ChatGpt non ha in effetti solo sdoganato l’Ai, ma nel farlo ha mostrato alcune sue stesse criticità che aprono nuove opportunità di sviluppo: «PrivateGpt è il nostro Large Language Model per rispondere al problema della privacy dei dati e di controllo
«Abbiamo deciso di non investire tutto su un unico prodotto, come tipico di molte start up, ma di entrare nell’ottica di un’azienda di servizio cross industry, in grado di identificare rapidamente i vari problemi che ci vengono sottoposti e di garantire una “Ai actually delivered”, come dimostrano le nostre applicazioni che, 7/7 h24, girano sui computer dei clienti»
Luca Maria Gambardella cofondatore e Cto di Artificialy
Il capitale umano
Un personale altamente qualificato
Numero di collaboratori
Artificialy
A caccia di talenti in tutta Europa
Fonte: Artificialy
Il mix di specializzazioni
Profili dei dipendenti
■ Tecnico-scientifici ■ Commerciali-manageriali
Head of*
Project Manager
Marketing manager
Scientific Advisor
Sofware Architecture
Data scientist
ML Engineer
Prof. consulenti esterni
3,5 7 10,5 14
Fonte: Artificialy
della tecnologia con cui si confrontano le aziende che, utilizzando ChatGpt per chiedere ad esempio una sintesi o una traduzione, si trovano a condividere con un server negli Stati Uniti mail, manuali, contratti e altri documenti con vincoli di riservatezza. Abbiamo quindi costruito in casa, riservando al progetto un team dedicato, la nostra rete neuronale. In parole semplici, si parte da blocchi di dominio
Fonte: Artificialy
Un team molto giovane (età media, 26,5 anni), ma attrezzato di tutto punto, con talenti dei diversi ambiti sollecitati dall’Ai: passati da 3 a 30 nei primi quattro anni, sono il motore della crescita di Artificialy, basata a Lugano e ora con sede anche a Zurigo. Sono sempre le risorse umane a fare la differenza, anche quando è protagonista l’intelligenza artificiale.
Consigli (umani) di lettura
Anche appassionato lettore - e lui stesso scrittore, autore di tre romanzi - Luca Gambardella ci ha suggerito anche tre titoli sull’Ai: non testi didattici - quelli li può facilmente suggerire qualsiasi motore di ricerca - ma spunti per stimolare la riflessione. E non si poteva che partire da Asimov, con cui è cresciuto: «Non si può parlare di intelligenza artificiale senza averlo letto, la Trilogia della Fondazione, ma non solo. Già negli anni ’50 poneva domande fondamentali su come le macchine, pur vincolate da un certo insieme di leggi etiche, possano incorrere nel conflitto tra intelligenza artificiale e umanità. Un altro libro interessante, del 1986, è La società della mente di Marvin Minsky, pioniere dell’intelligenza artificiale che, in questo caso con un testo saggistico all’inizio molto facile e divulgativo, poi via via più tecnico ma sempre molto affascinante, cerca di rispondere alla domanda posta nelle pagine iniziali: “Come è possibile che il cervello, in apparenza così solido, sia il supporto di cose tanto impalpabili come i pensieri?”», suggerisce Luca Gambardella. Il terzo consiglio trae spunto da uno degli appuntamenti di “Usi incontra x” che il primo ottobre ha ospitato - facendo il tutto esaurito in Aula Magna - il celebre fisico e inventore Federico Faggin, padre del microprocessore (“Prima di lui, la Silicon Valley era solo la Valley”, ha dichiarato Bill Gates): «È anche autore di diversi libri che trattano il tema della coscienza, dibattendo se la macchina potrà mai raggiungere la stessa intelligenza cognitiva degli esseri umani. Per iniziare propongo Irriducibile, titolo che allude appunto a quel qualcosa che rimane prerogativa umana», conclude il cofondatore di Artificialy. Buona lettura!
pubblico - la nostra ‘creta’ - che vanno però ‘modellati’, sia con una parte di linguaggio, sia con un modulo di traduzione (che già funziona molto bene e su cui a breve annunceremo ulteriori novità) e poi abbiamo sviluppato un potente motore di ricerca semantico attraverso il quale la macchina è capace di rispondere alle specifiche richieste del cliente, analizzando i suoi documenti. Il tutto on premises, installato localmente nei server dell’azienda, senza necessità di connessione a Internet e scalabile in base all’utilizzo», evidenzia il Cto di Artificialy. Una soluzione versatile e personalizzabile, capace di comprendere e generare testi rispettando i massimi livelli di riservatezza e precisione, come vogliono settori quali finanza, assicurazioni, studi legali, manifatturiero, sanità e pubblica amministrazione. Se un problema delle Pmi è anche quello di non disporre spesso in casa dei data engineer che possano occuparsi di estrarre dati di qualità e coordinarsi con chi sviluppa le soluzioni di Ai che intendono implementare, Artificialy fornisce anche l’intelligenza umana: «I nostri spe-
cialisti su progetto sono abituati a capire il linguaggio delle aziende. Sono talenti con una natura più pragmatica del ricercatore accademico puro. In Artificialy trovano il ‘gusto del delivery’, vedere il cliente soddisfatto e il software che gira senza bag. Per attrarli e non farseli soffiare, occorre saperli stimolare e qui ci aiuta la varietà stessa dei progetti che offriamo con il nostro approccio cross-industry, oltre a tutto il possibile per farli crescere e sentire apprezzati, e ovviamente anche gli aspetti economici contribuiscono», ammette Luca Gambardella. L’Ai è entrata nella sua vita quando ancora era agli albori: quarant’anni fa, si laureava proprio con una tesi sull’intelligenza artificiale e, prima di prendere la strada accademica, lanciava una start up, Archimede, che vendeva software di contabilità e già faceva qualche consulenza sull’Ai per le banche. Poi la chiamata da Lugano, da parte di un certo Angelo Dalle Molle che lo invita a unirsi al suo nascente istituto… poteva sembrare un azzardo: correva il 1988 e nessuno prevedeva che nel 2024 il mercato globale del’Ai avrebbe sfiorato un
valore di 185 miliardi di dollari, con previsioni di crescita che lo proiettano verso il trilione nel 2027. «Allora il visionario non ero io, ma il signor Dalle Molle, che ha voluto battezzare l’istituto affiancando al suo cognome quella allor quasi ignota “intelligenza artificiale” e che ci pagava gli stipendi tutti i mesi. Siamo stati il primo centro di ricerca di Ai in Svizzera, fra i primissimi a usare i processori grafici di Nvidia, che nel 2016 ci ha inseriti nei dieci istituti pionieri dell’Ai», ricorda Luca Gambardella.
Se l’Idsia Usi-Supsi è stato un luogo di cultura dell’Ai, il salto nel mondo del business si è avuto solo una decina di anni fa, sostanzialmente quando Google ha comprato DeepMind… fondata da un PhD student del Dalle Molle! «Quando sono arrivati i grossi player, i pesi sono completamente cambiati, con investimenti stratosferici. Cogliendo l’esigenza, nel nostro piccolo, all’Università della Svizzera italiana, abbiamo lanciato il Master in Ai, il primo in Svizzera», rivendica Luca Gambardella che ne è responsabile. Dal 2021 si è aggiunto anche un ruolo istituzionale: «Come Prorettore all’innovazione e alle relazioni aziendali dell’Usi il mio obiettivo è avvicinare sempre più l’università al territorio. Dunque un ruolo più strategico e ampio, per rappresentare tutte le anime dell’ateneo, non solo quella scientifica. Per mettere in dialogo imprenditori e professori abbiamo già creato la formula “Round Table”. Penso infatti che l’accademia possa supportare gli imprenditori non solo con progetti di ricerca applicata, ma anche a un livello di visione, presentando quello che si muove all’orizzonte per aiutare le aziende a indirizzare i loro prodotti e servizi verso l’innovazione del futuro», sottolinea Luca Gambardella, anche responsabile dell’Usi Startup Centre. Se, quando era lui a essere studente, questo mondo poteva solo immaginarlo da appassionato di fantascienza, adesso, nel pieno della rivoluzione, non nasconde di starsi molto divertendo. Di questo universo che, ancora vicino al suo Big Bang, si sta espandendo a velocità impressionante, Artificialy non è che un piccolo pianeta, ma ha sicuramente il merito di dimostrare, come una sorta di proof of concept dell’Ai, che l’intelligenza artificiale può già essere vera pratica quotidiana anche per le Pmi.
Susanna
Cattaneo
*Termini e Condizioni applicabili. Maggiori informaioni su www.alpian.com/it/campaign-terms-of-use/
Una mano che vale una vita
Da 25 anni sul campo con ‘passione e compassione’, Gicam porta il meglio della chirurgia della mano ai più vulnerabili: un impatto immediato e tangibile, che restituisce la chance di una vita. Oltre alle missioni, nel prossimo futuro la Fondazione desidera rendere permanente la propria presenza avviando centri specializzati, a partire dai primi due in costruzione in India.
Non esita a dire che scegliendo la microchirurgia della mano, abbia vinto alla lotteria. Non tanto perché della sua specializzazione, Marco Lanzetta Bertani è diventato un luminare, il primo al mondo ad avere eseguito con successo un trapianto di mano, il 24 settembre 1998. Ma perché, attraverso la sua professione, una mano ha avuto l’occasione di imparare a darla in maniera tanto fisica quanto metaforica: mettendo le sue competenze e il suo spirito di iniziativa non solo a servizio dell’avanzamento della medicina ma anche dei più svantaggiati. Coloro che altrimenti nemmeno entrano nei radar delle liste operatorie, in paesi fra i più poveri o dilaniati da conflitti civili. Dove le abilità manuali sono ancor più vitali: per soddisfare i bisogni primari, per mante-
nersi e avere la speranza di un’istruzione. Anche questa un’avventura partita in quel cruciale 1998: «Ero rientrato da circa due anni e mezzo in Italia per creare un reparto di chirurgia della mano all’Ospedale di Monza, dopo oltre un ventennio in Australia. Fondando Gicam, il Gruppo Internazionale Chirurghi Amici della Mano, ho voluto dar ascolto al desiderio di far qualcosa per i meno fortunati, sopito in me sin da quando, come volontario e poi studente di medicina, avevo fatto esperienze in Burundi, Togo, Rwanda e Benin. Proprio da alcune missioni sperimentali in Africa occidentale è partita l’attività di Gicam, destinata a prendersi cura dei più fragili, donne e bambini in particolare», racconta il Dr. Lanzetta.
A 25 anni di distanza, Gicam conta oltre 86 missioni svolte, presente anche in Asia
e America latina, 10.500 interventi chirurgici eseguiti, 75mila visite ambulatoriali: numeri eloquenti. «La grande fortuna dell’associazione è stata spostare la sede in Ticino, nel 2012, dove abbiamo trovato una Svizzera molto solidale, guidata nella sua vocazione all’aiuto umanitario dal cuore ma anche dalla testa, in linea con la nostra visione di una filantropia che risponde a criteri imprenditoriali per misurare il suo impatto positivo. Siamo sempre rimasti fedeli ai nostri principi: i fondi ricevuti vengono interamente investiti nelle attività mediche, senza usarli per coprire spese di gestione e struttura», sottolinea il presidente di Gicam. Con la massima trasparenza, ogni sostenitore può tracciare la destinazione della sua donazione. Anche un piccolo importo ha un grande valore: basti pensare che un intervento come la ricostruzione cutanea da autotrapianto in India non costa che una trentina di dollari e un centinaio permettono di comprare uno strumento come una pinza.
Tutti i volontari del team - eccellenze del loro campo, provenienti da tutta Europa, Australia e Nord America, insieme a professionisti di grande qualità e dedizione incontrati sul posto - sottoscrivono un documento etico, impegnandosi a un comportamento rispettoso del paziente e della realtà in cui vive. Con “passione e compassione”, come vuole il motto di Gicam: «Perché se non percepisci la storia dietro una mano ustionata, lesionata o deforme, non puoi fare bene il tuo lavoro», ammonisce il Dr. Lanzetta.
Dall’anno scorso diventato una Fondazione, dotata di un Consiglio direttivo di grande spessore, Gicam affronta ora la sfida di professionalizzarsi ulteriormente per garantire, secondo il desiderio del
suo iniziatore, la continuità dell’operato anche nel giorno in cui non ci sarà più, indipendentemente da una personalità carismatica e aggregatrice come la sua. Una maturità espressa anche dal nuovo piano quinquennale che prevede la transizione dal modello delle cosiddette “sale operatorie volanti” delle missioni chirurgiche - con una durata fra una e due settimane e un’équipe di una decina di volontari - alla presenza permanente costruendo veri e propri centri chirurgici della mano in collaborazione con partner locali a cui lasciarne poi la gestione. «In particolare abbiamo identificato due aree ideali in India, paese in cui possiamo ragionare sul lungo periodo a differenza dell’instabilità politica che purtroppo in Africa rischia di rendere episodica la nostra presenza lasciando un vuoto nelle comunità che vi fanno affidamento. La prima è una zona rurale del Maharashtra: inaugureremo un reparto specializzato in chirurgia della mano, un centro di riabilitazione e un’accademia d’eccellenza presso il Julia Hospital di Jamkhed, dove da una decina di anni supportiamo il Comprehensive Rural Health Project.
Proprio di fronte si estende una bidonville abitata da decine di migliaia di Dalit, la casta più bassa, al centro della nostra attenzione. L’altro centro sarà a Goa, dove ci inseriamo in un ospedale di altissimo livello, il Goa Medical College and Hospital, senza però rinunciare ai nostri criteri d’ingaggio. E un terzo progetto in cui crediamo molto sta partendo in Pakistan», anticipa il presidente di Gicam.
«I fondi ricevuti vengono interamente investiti nelle attività mediche a favore dei più svantaggiati, senza usarli per coprire spese di gestione e struttura. Proponiamo solo chirurgia di serie A, la stessa che facciamo a Locarno, Roma, Praga, Miami, Sydney,… con i migliori professionisti e una strumentazione allo stato dell’arte»
Dr. Marco Lanzetta Bertani, fondatore e presidente di Gicam
finiremmo per aggravare la situazione invece di migliorarla. È estremamente difficile, ma è essenziale anche sapere dire ‘no’. Dobbiamo guadagnarci la stima e la collaborazione delle popolazioni locali dimostrandoci affidabili», osserva il Dr. Lanzetta. Obiettivo a cui risponde anche un altro dei principi ispiratori di Gicam: «Fare solo chirurgia di serie A, selezio-
Operare in questi contesti significa confrontarsi con casi molto diversi da quelli nei paesi occidentali: in India spesso grandi ustioni dovute a incidenti domestici, ma anche a violenze, o i frequenti traumi da amputazione sul lavoro; in Africa soprattutto deformità post-traumatiche conseguenza dei moltissimi incidenti stradali, così come paralisi dovute alle febbri malariche. «Ci sono anche patologie, come le paralisi ostetriche, che non trattiamo perché richiederebbero un post-operatorio talmente complesso che
Chirurghi della mano, ortopedici o plastici, anestesisti e fisioterapisti, dal mondo intero, partecipano alle missioni di Gicam, garantendo il meglio della medicina ai più svantaggiati.
nando i migliori professionisti e dotandoli di una strumentazione allo stato dell’arte. Solo il meglio, la stessa chirurgia che facciamo a Locarno, Roma, Praga, Miami, Sydney, … Posso portare l’esempio dell’ospedale di uno dei nostri primi progetti, che abbiamo costruito da zero a inizio anni Duemila in Sierra Leone grazie a un importante sovvenzione del Governo
italiano, mobilitatosi per censire e aiutare la popolazione, in particolare le decine di migliaia di bambini cui i guerriglieri che si contendevano le miniere di diamanti nel Nord hanno amputato mani, piedi, orecchie, nasi per seminare il terrore. Abbiamo adottato procedure di sterilizzazione che non si seguono nemmeno alle nostre latitudini, tanto che nei tre anni in cui abbiamo gestito la struttura non stop non si è registrata nemmeno un’infezione», sottolinea Marco Lanzetta che, dopo aver guidato oltre 50 campi chirurgici in 12 paesi, auspica addirittura di intensificare il suo impegno. Al contempo, per moltiplicare il numero di missioni, mediamente una dozzina l’anno, Gicam ha nominato dei capomissione fra chirurghi con un’esperienza pluriennale sul campo, ai quali verrà affidata la responsabilità di organizzare in modo indipendente i loro team. Magari non sono che una o due ore, in cui in sala operatoria le loro traiettorie di vita incrociano quella di un paziente prima di divergere nuovamente, a migliaia di chilometri. «Però quel momento ha cambiato per sempre non solo l’esistenza del paziente ma anche la nostra: questi incontri sono arricchimenti umani irripetibili. È il privilegio di questo lavoro, che ci permette di fare del bene semplicemente attraverso la nostra professione», conclude il Dr. Marco Lanzetta.
Susanna Cattaneo
Il paradigma delle cure integrate
Un’inedita alleanza fra stazionario, ambulatoriale e una cassa malati. Al centro il paziente, ‘premiato’ dal miglior coordinamento del percorso di cure e da una logica di finanziamento full capitation per combattere un sistema indotto a far volume. Un paradigma che, dopo il battesimo del Réseau de l’Arc e la nuova Rete Sant’Anna, Swiss Medical Network punta a diffondere su scala nazionale.
Puntualmente risuona il campanello d’allarme dei premi malattia in aumento. Ma non è che l’inevitabile conseguenza di un sistema sanitario disfunzionale nei suoi presupposti, dove alla frammentazione e sovrapposizione di competenze fra Confederazione e cantoni, si somma la fatale triangolazione fra portatori di interesse che incentiva la spesa anziché frenarla - fornitori di prestazioni, pazienti e compagnie di assicurazione, tutti indotti a far volume. Freno invece tirato sulle riforme necessarie che, ostaggio di batti e ribatti decennali, rischiano di venire alla luce già vecchie. L’elefantiaca gestazione di Tardoc ed Efas, e il loro travagliato parto, ne è la conferma.
Sorprende a maggior ragione la rapidità con cui Swiss Medical Network (Smn), fra i principali gruppi privati di cliniche e ospedali in Svizzera, sta concretizzando il concetto insito nel suo nome. Dopo la prima rete di cure integrate lanciata l’anno scorso nell’Arco giurassiano, nel 2025 è già il turno del Ticino, per una
volta non fanalino di coda delle strategie di sviluppo di un leader nazionale. L’occasione si è presentata con l’acquisizione di Pds Medical, che ha permesso a Swiss Medical Network di affiancare alle cliniche di Sant’Anna e Ars Medica, fra le 21 strutture di cure stazionarie di sua proprietà, anche dieci ambulatori distribuiti su tutto territorio cantonale sotto il noto marchio ’Centromedico’, in quasi 15 anni di esistenza qualificatosi fra i principali fornitori di cure primarie della regione. Così, mentre da più fronti si brandisce l’ascesa dei premi come grimaldello per aprire la strada a una cassa malati unica, arriva invece la proposta di un nuovo modello nell’assicurazione di base, che si inserisce nell’apprezzato filone dei piani alternativi (come medico di famiglia, telemedicina, Hmo) cui ricorre ormai il 79% degli assicurati. «Una cassa malati unica non risolverebbe i vizi del sistema: i fornitori continuerebbero a fatturarle il più possibile, i pazienti a sovraconsumare e si perderebbero i benefici della concorrenza fra diverse compagnie di assicurazione.
Il modello di rete di cure integrate che invece noi proponiamo, riunendo per la prima volta fornitori di prestazioni, una cassa malati e gli assicurati, vuole consentire un’organizzazione più efficace ed efficiente, grazie al miglior coordinamento fra i diversi attori e alla condivisione di dati e analisi del paziente, preso a carico e indirizzato nel suo percorso sanitario da un medico di famiglia, che diventa il perno del sistema. Si evitano così sovrapposizioni di trattamenti, doppioni di diagnosi e incompatibilità di prescrizioni che sperperano tempo, risorse e qualità delle cure», sottolinea Antoine Hubert, vulcanico patron di Swiss Medical Network. Se il suo approccio manageriale alla sanità non manca di sollevare obiezioni, il pragmatismo con cui guarda al settore sembra la ricetta necessaria a ribaltarne le sorti. La novità della proposta non si esplica solo a livello organizzativo, ma nel ribaltamento del business model: «Il sistema attuale di remunerazione all’atto (fee for services) incentiva i fornitori di cure a far volume. Più servizi sono prescritti, più è redditizio. Per incoraggiare un uso efficace delle risorse, noi introduciamo invece un modello full capitation basato sul finanziamento per forfait: significa che per ogni membro che sottoscrive il piano assicurativo alternativo Viva, proposto in collaborazione con Visana, viene stabilito un budget da rispettare, il che ci impone di gestire i fondi in modo parsimonioso, offrendo la soluzione giusta al momento giusto, senza eccedere. Sui malati cronici si calcola un potenziale di risparmio del 15% già solo grazie al miglior coordinamento e vegliando a che prendano effettivamente i medicamenti prescritti così da rallentare il decorso della patologia. Ma si va a incidere anche sulle emergenze da ri-
solvere rapidamente e, ancor prima, sulla prevenzione, che è uno dei presupposti su cui ci basiamo per poter raccogliere benefici sul lungo termine», sottolinea l’amministratore di Smn.
Per quanto sperimentale in Svizzera, questo approccio ispirato a Kaiser Permanente, pioniere dell’assistenza integrata sulla costa occidentale degli Stati Uniti, è stato adottato con successo da diverse organizzazioni sanitarie in tutto il mondo, ad esempio Ribera Salud in Spagna, riuscendo a garantire cure e strumentazioni allo stato dell’arte contenendo spese e numero di strutture di cura. Naturalmente la Svizzera ha altri costi, a partire dal personale. «Sicuramente il sistema va adattato al contesto, ragione per cui abbiamo voluto un partner come Visana, che tra le grandi compagnie di assicurazione svizzere è quella ad avere le maggiori riserve, con un tasso di solvibilità oltre il 200%, laddove molte sono al 100%. Questo permette di non dover rincorrere risultati economici immediati, ma di ragionare sul lungo termine, come vuole il concetto stesso di prevenzione», commenta Antoine Hubert. Dopo la cooperazione regionale nell’ambito del Réseau de l’Arc, il partenariato strategico con Visana è stato esteso a livello nazionale (Visana Beteiligungen Ag detiene una partecipazione dell’11,1% a Swiss Medical Network, realizzato mediante un aumento del capitale azionario).
A chi insinua che il benessere dei pazienti potrebbe essere sacrificato ai profitti, la risposta è chiara: «Per noi è essenziale fornire la miglior qualità possibile, altrimenti i pazienti scontenti cambieranno l’anno successivo. Al contempo, siamo spronati a contenere le spese attraverso una gestione intelligente, così da garantire un premio competitivo. In particolare stiamo facendo uno sforzo sulle franchigie basse, per essere accessibili a tutta la popolazione. Nel Réseau de l’Arc, per questo primo anno abbiamo persino superato il nostro obiettivo di risparmio del 7%, il che ci permette di mantenere invariato il premio nel 2025, che così diventa il più conveniente della regione», segnala Antoine Hubert. Niente tentazione di privilegiare la clientela haut de gamme cui di solito si rivolge.
A fine novembre si potrà verificare se i circa 1400 primi membri del Réseau de l’Arc abbiano gradito. Se lì Swiss Medical Network è riuscita a intercettare il 15% di
«Riunendo per la prima volta fornitori di prestazioni, una cassa malati e gli assicurati, il nostro modello di rete di cure integrate garantirà un’organizzazione più efficace ed efficiente grazie al miglior coordinamento e alla condivisione di dati del paziente, indirizzato nel suo percorso da un medico di famiglia, perno del sistema»
Antoine Hubert, Amministratore delegato di Aevis Victoria
Il crescente successo dei modelli alternativi
Radicata nelle tre regioni linguistiche I 21 ospedali e cliniche di Swiss Medical Network, presente in 15 cantoni
■ Franchigia standard ■ Franchigie opzionali
■ Assicurazione con bonus ■ Modelli alternativi
Fonte: Ofs
In cerca di un miglior rapporto qualità-prezzo
Tasso di cambiamento di cassa malati degli assicurati, 2013-2024
Tasso di cambiamento di cassa malati
coloro che hanno cambiato cassa malati nel 2024, in un Ticino particolarmente in sofferenza i potenziali candidati per Rete Sant’Anna non mancano. La popolarità di Centromedico, insieme alla reputazione delle due cliniche, sono ottimi biglietti da visita. Naturalmente, anche chi non sottoscriverà il piano Viva continuerà comunque a poter aver accesso ai loro servizi, ma senza i benefici di quest’ultimo.
Ogni anno in media l’8% di assicurati cambia cassa malati in cerca di premi più sostenibili. La maggior parte opta ormai per un modello alternativo. Con le sue reti di cure integrate, Swiss Medical Network lo porta a un nuovo livello e, dopo il Réseau de l’Arc e Rete Sant’Anna, punta a replicarlo su scala nazionale, facendo leva sulla propria presenza già in 15 cantoni.
Fonte: Swiss Medical Network
Fonte: Deloitte, Assurance maladie Suisse 2024
Investire nel benessere
Unico gruppo svizzero di cliniche private presente in tutte le regioni linguistiche del Paese, con un totale di 21 ospedali e cliniche accanto a oltre 60 centri ambulatoriali distribuiti in 15 cantoni, Swiss Medical Network è nata dallo spirito di iniziativa di Antoine Hubert, che dopo aver iniziato la sua carriera nel settore immobiliare e aver gestito e creato una serie di società in diversi settori, ha deciso di lanciarsi in ambito sanitario, acquisendo una partecipazione nella Clinique de Genolier nel 2002. Cresciuto molto rapidamente grazie all’acquisizione di cliniche, ospedali e centri medici, dopo una prima fase operativa nella Svizzera occidentale, nel 2010 il Gruppo si è ampliato nella Svizzera tedesca e nel 2012 è arrivato in Ticino rilevando le cliniche Sant’Anna e Ars Medica.
Il Genolier Innovation Hub, inaugurato a fine settembre, vuole favorire l’incontro fra ricerca, sanità, industria e tech.
Con circa 2.300 medici e 4.100 collaboratori attivi, complessivamente le strutture di Swiss Medical Network dispongono di circa 1.500 posti letto e hanno eseguito più di 75mila interventi chirurgici nel 2023, mentre oltre 700mila pazienti sono stati trattati in regime ambulatoriale. È controllata all’80% (direttamente e indirettamente) da Aevis Victoria, società quotata alla Six Swiss Exchange e con un fatturato annuo da quasi un miliardo di franchi. Sanità, hotel&lifestyle e infrastrutture immobiliari sono le tre aree ad alto valore aggiunto e forte potenziale di crescita su cui si focalizza la strategia di investimento. In qualità di amministratore delegato di Aevis Victoria, Antoine Hubert esercita varie responsabilità in diverse sue controllate, fra cui presidente di Swiss Hotel Properties, membro del CdA di Mrh Switzerland (gruppo alberghiero che gestisce undici hotel di lusso in Svizzera e all’estero con, pietra miliare, il Grand Hotel Victoria-Jungfrau).
Mentre nel Réseau de l’Arc il cantone è direttamente coinvolto in quanto azionista dell’Hôpital du Jura bernois (35%), insieme a Swiss Medical Network (32,5%) e Visana Beteiligungen (32,5%), in Ticino dove non è a bordo saranno però benvenute le sinergie con l’Eoc: benché forte di quasi 250 medici e 600 dipendenti, Rete Sant’Anna non copre infatti tutte le specializzazioni. «Già oggi facciamo parte delle liste della pianificazione ospedaliera e abbiamo ottimi scambi con i medici dell’Eoc, che intendiamo istituzionalizzare per poter disegnare il miglior percorso per i nostri pazienti, proprio come nell’arco giurassiano ci appoggiamo anche all’Ospedale di Bienne, all’Inselspital o all’Ospedale universitario di Basilea», illustra l’Ad di Aevis Victoria.
Dal canto loro, i medici trovandosi a lavorare sostanzialmente sotto il cappello di un’unica azienda potranno beneficiare di occasioni di confronto sistematiche e ritrovare una maggior centralità, beneficiando anche dell’armonizzazione a livello amministrativo. Al contempo si andrà a premiare la qualità del servizio offerto: ad esempio, il medico di riferimento ricevendo una tariffa forfettaria per ciascun assicurato seguito, non avrà alcun
interesse a moltiplicare analisi e cure, mentre sarà premiato con incentivi per mantenere i pazienti più sani possibile, con un ritorno sull’efficienza del sistema.
Antoine Hubert, che guarda con il suo spirito pionieristico alla sanità come ha fatto costruendo il suo impero nell’immobiliare e nell’ospitalità di lusso, sta già lavorando ai prossimi anelli della rete, sfruttando la presenza di Swiss Medical Network in una quindicina di cantoni. «Già con queste due prime Reti abbiamo potuto mettere in piedi una centrale Viva, che coordinerà via via tutte le nuove regioni che andranno ad aggiungersi. Dimostrando alla prova dei fatti che il modello funziona, cresce l’interesse di altri medici e centri ambulatoriali a unirsi al nostro gruppo», evidenzia l’amministratore di Smn, che non nasconde le sue perplessità invece sulle ricette per il sistema sanitario formulate dalla politica: «Di principio il finanziamento omogeneo delle cure proposto dalla riforma Efas non sarebbe male, ma senza un cambiamento delle tariffe lo sforzo per promuovere le cure ambulatoriali sarà vano: occorre un’armonizzazione per garantire pari redditività, ad esempio come fatto in Francia per la chirurgia ambulatoriale. Altrimenti
gli ospedali, inclusi quelli pubblici, continueranno a favorire lo stazionario, che garantisce maggiore marginalità», conclude Antoine Hubert.
Il suo spirito di iniziativa nel mondo sanitario non si ferma qui e lo ritroviamo artefice di uno dei progetti più promettenti per un’innovazione che, anche in questo caso con pragmatismo e lungimiranza, vuole superare le barriere fra ricerca, industria e pratica clinica, favorendo la collaborazione interdisciplinare, la ricerca traslazionale, lo sviluppo di nuove soluzioni e le opportunità educative. Inaugurato a fine settembre, nel cuore della Swiss Health Valley, a una ventina di minuti dall’aeroporto di Ginevra, il Genolier Innovation Hub offre oltre 25mila mq, dove medici, operatori sanitari, ricercatori, scale up, aziende, industrie specializzate, ospedali, cliniche e istituzioni accademiche potranno stabilirsi per testare e mettere a punto i loro prodotti o nuove tecnologie, lavorando fianco a fianco. Un progetto da 100 milioni di franchi, interamente finanziato da Aevis Victoria, società di investimento di cui Antoine Hubert è Ad, e con Swiss Medical Network fra i suoi partner. La piattaforma metterà in particolare l’accento su tecnologie mediche e digitali, prodotti farmaceutici e bioscienze, offrendo oltre a infrastrutture allo stato dell’arte una piattaforma tecnica dedicata all’istruzione, che comprende anche un modernissimo auditorium per conferenze ed eventistica di alto livello. Tutti gli ingredienti per diventare un leader globale nello sviluppo di soluzioni innovative per le sfide sanitarie attuali e future: perché l’obiettivo tanto di questo hub quanto delle reti di cure integrate rimane una condivisione che possa migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Susanna Cattaneo
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Rimedi urgenti per gli ospedali
Nonostante l’aumento delle loro cifre d’affari, i margini degli ospedali non migliorano a fronte di tariffe che non coprono i costi reali. Ridurre il numero di strutture non avrebbe altro effetto che ripercuotersi sulla qualità dell’assistenza sanitaria.
La spirale dei costi ospedialieri
Fascia di costo per giornata di ricovero* e numero letti per 1000 abitanti** 2022
Costi per giornata di ricovero, in Chf
■ ≥ 3 000
■ 2 600 - 2 999
■ 2 200 - 2 599
■ 1 800 - 2 199
■ 1 400 - 1 799
■ < 1 400
*Ospedali di assistenza generale (media CH: 2245.- Chf)
** Ospedali e cliniche (media CH: 4,3)
Uno sguardo ai bilanci finanziari degli ospedali in Svizzera evidenzia una situazione drammatica: quasi nessuno riesce a fare gli utili necessari per una gestione sostenibile, le tariffe non coprono lontanamente i costi e sempre più spesso i Cantoni devono assumersi onerose azioni di salvataggio. Al contempo, i premi dell’assicurazione malattia continuano a crescere e gravano fortemente sul ceto medio. Non si tratta però di un problema di singoli ospedali male amministrati, bensì di una lacuna sistematica nel finanziamento.
La situazione mette direttamente in pericolo l’assistenza medico-sanitaria. Gli ospedali e le cliniche non hanno i mezzi per investire nell’ammodernamento, anche se proprio nel settore della medicina è indispensabile. Ne risultano svantaggiati non solamente gli investimenti nelle infrastrutture, bensì pure quelli nello sviluppo tecnico ulteriore o nella garanzia e nell’acquisizione di personale. Senza ade-
guamenti immediati, immancabilmente si arriverà a una limitazione dell’offerta delle cure, ma al contempo aumenterà la pressione sul personale.
La spiegazione di questa spirale finanziaria negativa è chiara: nonostante l’aumento delle cifre d’affari degli ospedali, i margini non migliorano. La problematica è dunque insita nel sistema tariffale: le tariffe attuali non coprono i costi reali, in particolare nel settore ambulatoriale, dove la copertura insufficiente ammonta quasi al 30%. È pertanto necessario che la politica e le compagnie di assicurazione malattia facciano delle concessioni, al fine di stabilizzare la situazione finanziaria degli ospedali e garantire a lungo termine l’elevata qualità delle cure.
Concretamente occorrerebbe aumentare immediatamente le tariffe del 5% per attutire le conseguenze del rincaro. Nei prossimi quattro anni dovrebbero essere adeguate perlomeno in maniera tale da coprire i costi reali nel settore ambulatoriale e stazionario.
Anne-Geneviève Bütikofer, Direttrice di H+. Nel 2022, si contavano 101 ospedali di cure generali e 177 cliniche specializzate (psichiatriche, riabilitative ecc). Il costo medio di una giornata di ospedale in cure somatiche acute ammontava a 2489 Chf, un aumento del 54% rispetto al 2010.
Per un’assistenza sanitaria di qualità elevata e allo stesso tempo pagabile, la soluzione menzionata dall’ambiente politico è sempre la pianificazione ospedaliera interregionale o nazionale, combinata con la riduzione del numero di ospedali in Svizzera. Effettivamente, disponiamo nel confronto internazionale di un numero elevato di ospedali, condizione legata anche alla situazione topografica.
Tutte queste strutture sono però molto ben sfruttate, non vi sono quasi letti vuoti disponibili. Una riduzione del numero degli ospedali avrebbe dunque ripercussioni dirette sull’assistenza sanitaria fornita alla popolazione. Il dibattito politico non dovrebbe dunque concentrarsi sul numero di ospedali, bensì sul tipo di assistenza sanitaria che vogliamo nel nostro Paese. Negli ultimi anni gli ospedali e le cliniche hanno già intrapreso grandi passi verso il panorama ospedaliero del futuro. Singoli ospedali si sono raggruppati, sono stati fatti dei consolidamenti e la collaborazione interregionale procede. Grazie al progressivo passaggio verso il regime ambulatoriale, l’offerta ospedaliera cambierà ulteriormente.
Gli ospedali svizzeri sono pronti a continuare su questa strada, ma per poterlo fare necessitano tuttavia di condizioni quadro eque.
Fonte: UST
Artificiali, ma con umana intelligenza
Casi pratici di convivenza A cura di Susanna Cattaneo
Automatizzare non è meccanico
Da sempre connotate dall’elevato grado di innovazione che ne garantisce la competitività, le Pmi del manifatturiero svizzero potrebbero trovare nell’Ai un nuovo driver strategico. Occorrono però condizioni quadro e un supporto che permettano anche alle realtà di minori dimensionila maggioranza del tessuto imprenditoriale - di affrontare il complesso percorso di adozione.
Se il settore terziario, favorito dalla sua stessa propensione al digitale, è indiscutibilmente stato più precoce nell’adozione di sistemi basati sull’intelligenza artificiale, anche in ambito industriale l’Ai è sempre più presente all’interno delle soluzioni tecnologiche integrate in molteplici elementi del processo produttivo o nell’organizzazione aziendale. Non solo l’automazione di processi routinari di produzione e controllo, ma un ampio spettro di applicazioni che si estende dalla manutenzione predittiva all’analisi di consumi e sprechi di materiali o utensili, supportando anche il passaggio dal design di prodotto alla pianificazione delle attività, fino a tutti i processi amministrativi, di vendita e distribuzione a valle, e di selezione e gestione dei fornitori a monte. In combinazione con social web e strumenti di marketing può inoltre potenziare l’interazione con i clienti finali per intercettarne sempre meglio esigenze, aspettative e desideri, ragionando in termini di personalizzazione del prodotto.
«Il rapido progresso delle potenzialità dei metodi dell’intelligenza artificiale a cui stiamo assistendo, dovuto da una parte al fatto che abbiamo sempre più dati per allenare queste tecniche, quindi per renderle più performanti, da un’altra parte alla crescente potenza di calcolo grazie ai miglioramenti di hardware, processori e infrastrutture, come pure all’avanzamento delle tecniche stesse, ha consentito alle applicazioni di Ai di diventare sempre più performanti e spendibili anche in un ambito come quello industriale, che necessita di soluzioni con garanzia di completezza ed esattezza di funzionamento. Tanto da superare in alcuni casi con le sue metodologie euristiche quelle deterministiche non solo da un punto di vista di rapidità e complessità di calcolo, ma anche della validità dei risultati. Pertanto, dopo decenni di diffidenza, si constata una progressiva adozione, per quanto oculata, controllata e attenta alle specificità del caso», sottolinea Emanuele Carpanzano, che in qualità di Direttore Ricerca, sviluppo e trasferimento della conoscenza della
L’integrazione di un software avanzato che replica in tempo reale la produzione, ha permesso a Tecnopinz di prevedere con precisione i tempi di consegna, oltre ad automatizzare l’aggiornamento di tutta la pianificazione a ogni cambiamento. Un risultato preceduto da un lungo processo di preparazione.
Supsi si trova in una posizione privilegiata per osservare - e favorire - lo scambio fra accademia e industria, vitale per supportare le aziende nell’esplorazione delle nuove frontiere tecnologiche. A conferma dell’interesse, una quota sempre maggiore fra i tanti progetti di ricerca targati Supsi (mediamente ne sono attivi 400) presenta ormai una componente riconducibile all’intelligenza artificiale, applicata ai più svariati ambiti e problematiche.
In un tessuto imprenditoriale composto per la stragrande maggioranza da Pmi, essenziale è infatti evitare che l’Ai da tecnologia abilitante, in grado di livellare il divario di risorse rispetto alle Big, si ribalti in fattore discriminante, accrescendolo. «Per cogliere le opportunità, nei prossimi anni occorrerà aumentare gli investimenti e il sostegno più di quanto già non si faccia, con uno sforzo collettivo a livello federale, cantonale, locale, quanto di singole aziende e delle associazioni di categoria che le rappresentano. Per quanto possa sembrare una tecnologia light, soprattutto legata al software, l’Ai in realtà implica aspetti hardware molto costosi, a partire dai processori che, complice la scarsità di terre rare e produttori, vedono lievitare prezzi e tempi di attesa. Inoltre vanno considerati il costo dell’energia di calcolo, quelli continui di sviluppo e la necessaria
riconfigurazione dei sistemi aziendali per poterla integrare, oltre al reskilling dei collaboratori», avverte Carpanzano.
E se gli investimenti sono elevati, per contro si stima che una media dell’85% dei progetti pilota non arrivi alla fase operativa. Come nel più classico degli investimenti, senza pianificare attentamente i miglioramenti attesi e i risultati finanziari che si vogliono ottenere, il fallimento è pressoché inevitabile, così come sono indispensabili fiducia e volontà di aderire, testare, implementare e, in seguito, vivere quotidianamente nuovi strumenti e procedure da parte del personale.
Proprio in questo senso va l’intervento di un attore come la Supsi, dimostrando le virtù di una ricerca applicata che, lontana dai virtuosismi, risponde a reali esigenze e, ancor prima, aiuta a ragionare chi bussa alla sua porta. «Si parte dall’analisi delle esigenze dell’azienda, il suo livello di maturità tecnologica e digitale, eventuali soluzioni Ai già in uso, per individuare dove e come la si possa introdurre con il maggior beneficio rispetto al punto di arrivo desiderato e alle capacità di investimento. L’intelligenza artificiale è un insieme di metodi e tecnologie che ha sì dei costi, ma per sua natura è duttile e adattabile ai singoli casi. Ad esempio, ora tutti parlano dei Large language model ma esistono anche gli Small language model, che possono funzionare benissimo per una piccola azienda che deve risolvere un problema puntuale e non ha bisogno di addestrarli con miliardi di dati», evidenzia il Direttore Ricerca, sviluppo e trasferimento della conoscenza della Supsi. Un matrimonio possibile anche in un settore ancora fisico, di macchinari e prodotti, quale l’industria meccanica, elettrica e metallurgica (Mem). Se negli ultimi decenni ha trovato nei macchinari a controllo numerico, uniti a pc e internet, il motore per migliorare l’efficienza dei processi industriali, oggi, fedele all’elevato grado di innovazione che ne è il punto di forza, vede nell’ausilio dell’Ai il driver per realizzare la nuova visione di “fabbrica digitale”. Grazie a sistemi in grado di apprendere dai dati generati e dalle informazioni fruibili nella rete globale si punta a rendere ancor più immediati, e in parte autonomi, i processi di miglioramento dell’efficienza produttiva, nonché a ridurre sprechi e consumi. «Non disponiamo di una stima ufficiale, ma posso confermare che, vuoi per curio-
«Il rapido progresso delle tecniche dell’intelligenza artificiale, dovuto alla crescente disponibilità di dati e di potenza di calcolo, ha consentito alle applicazioni di Ai di diventare sempre più performanti e spendibili anche nell’ambito industriale, che necessita di soluzioni con garanzia di esattezza di funzionamento»
Emanuele Carpanzano, Direttore Ricerca, sviluppo e trasferimento della conoscenza Supsi
La scala di maturità dell'Ai
Le fasi per passare dall’esplorazione dell’Ai a una strategia Ai-driven
Maturità Ai
Iniziale Discussioni strategiche e ricerca di casi d’suo
Crescente consapevolezza del potenziale impatto dell’Ai sul proprio business
L’85% dei progetti Ai non raggiunge la fase di produzione
Esplorativa Primi progetti di Ai e proof of concept in corso
Identitficazione delle opportunità per implementare l’Ai
Operativa Soluzioni Ai implementate con successo in alcuni processi aziendali
Incrementi di produttività e miglioramenti tangibili
Transformativa Adozione sistematica Ai in diverse aree aziendali
Iniziative di Ai allineate e alla base della strategia aziendale
Ai-driven L'Ai è un motore della strategia aziendale e delle operazioni, portando miglioramenti dell'efficienza e delle prestazioni su larga scala.
L'organizzazione guida la trasformazione del mercato attraverso le capacità dell'Ai AI ESPLORAZIONE AI TRASFORMAZIONE
Orizzonte temporale standard
1-2 anni 3-6m 2-5 anni 5-10 anni
sità vuoi per reale visione di implementazione, tutti gli imprenditori o dirigenti con cui mi interfaccio nelle numerose occasioni di scambio stanno approfondendo quali possano essere le implicazioni dell’Ai per la loro realtà aziendale. Se nel corso dei decenni le produzioni a basso valore aggiunto e più aride di capitale sono state sostituite da produzioni a elevato valore aggiunto, è evidente che l’avvento dell’intelligenza artificiale non farà altro che accelerare questa tendenza», dichiara Nicola Tettamanti, presidente di
Nell’ambito del progetto di ricerca europeo Kitt4Sme, che ha sviluppato una piattaforma per offrire soluzioni di Ai personalizzate e componibili alle Pmi del manifatturiero, il Sps-Lab della Supsi ha realizzato per un’azienda di stampaggio plastica un sistema che integra nelle operazioni di avvitatura a bordo macchina un cobot a supporto dell’operatore. Uno dei tanti esempi dell’impegno della Supsi a supportare le Pmi nell’adozione dell’Ai, affiancandole nell’intero processo.
Fonte: Ai-Bridge, Swissmechanic Business Day 2024
Driver dell’adozione dell’Ai
Sondaggio N=177 senior manager Swissmem, maggio 2024
Aumento dell’efficienza
Sfruttare i dati disponibili
Migliorare l’esperienza del cliente
Sopperire alla carenza di manodopera
Soddisfare i requisiti dei clienti
Supportare la trasformazione digitale
Potenziare la percezione del brand
Trend industriali
Miglioramento design di prodotto
Conformità con le normative
■ In misura molto ampia ■ In larga misura ■ In una certa misura ■ In misura limitata ■ Per niente
Fonte: The state of AI in the Swiss tech industry, Ethz, Swissmem e NextIndustries
Barriere all’adozione dell’Ai
Sondaggio N=176 senior manager Swissmem, maggio 2024
Disponibilità di skill in Ai in-house
Accesso a talenti Ai nelle università
Accesso a startup Ai
Accesso alla formazione sull'Ai
Accesso a consulenti Ai
Data governance Qualità dei dati
Disponibilità infrastruttura Ai
Disponibilità dati
Cybersecurity/protezione dati
Cultura pronta al cambiamento
Coinvolgimento del management
■ Per niente ■ In misura limitata ■ In una certa misura ■ In larga misura ■ In una misura molto ampia
Fonte: The state of AI in the Swiss tech industry, Ethz, Swissmem e NextIndustries
Swissmechanic, associazione di categoria fondata nel 1939 che oggi riunisce oltre 1.400 Pmi del settore Mem, che impiegano oltre 70mila persone, tra cui 6mila apprendisti, per un fatturato annuo di circa 15 miliardi di franchi. «Ovviamente, i processi amministrativi e commerciali, dove i fattori di influenza sono minori, risultano i più abbordabili, mentre può rivelarsi molto complesso applicare l’Ai in ambito produttivo a strutture con continui cambiamenti di geometrie, materiali e processi di fabbricazione. Va infatti considerato che le Pmi-Mem sono prevalentemente specializzate in processi produttivi e non in specifici singoli prodotti», osserva Nicola Tettamanti, che è anche Ceo, insieme al fratello Claudio, di Tecnopinz, azienda specializzata nello sviluppo e nella produzione di sistemi di serraggio utensile di altissima precisione e di componenti meccanici personalizzati. «Sviluppare una strategia Ai all’interno di una Pmi è un processo lungo, complesso e suddiviso in più fasi di integrazione, precedute da un intenso lavoro di preparazione. Lo conferma la mia stessa
esperienza con Tecnopinz. Dapprima è stato necessario affrontare la digitalizzazione globale dell’azienda per accelerare processi di valutazione, offerta, produzione e controllo. In seguito, negli ultimi due anni, è stato possibile integrare un software molto avanzato che replica in tempo reale la produzione e permette di generare informazioni utili a tutti i reparti. Il vantaggio principale è la precisione delle nostre previsioni di consegna, unitamente alla velocità e automazione nell’aggiornamento di tutta la pianificazione a ogni minimo cambiamento», spiega Nicola Tettamanti.
Fra le sfide che l’Ai pone all’industria Mem la principale è proprio quella sollevata dai famigerati dati. Oltre a dover rivedere l’intera architettura informatica per poter accedere a sistemi basati sull’Ai, per quanto invece concerne l’utilizzo di Llm come ChatGpt il rischio principale è legato alla sicurezza e confidenzialità dei dati riservati e/o personali. Anche in questo caso, realtà meno strutturate risultano più svantaggiate rispetto a multinazionali che da decenni se ne occupano
Miglioramento dell’efficienza, dello sfruttamento dei dati disponibili e dell’esperienza dei clienti sono i tre fattori che spingono le aziende Mem all’adozione dell’Ai, secondo il recente sondaggio dell’Ethz. A frenare, invece, soprattutto la mancanza di accesso a competenze e talenti.
sistematicamente. Così come inferiore è la consapevolezza delle normative che si stanno sviluppando in materia, Commissione europea in testa. «È un processo che richiederà tempo; via via i legislatori, le normative tecniche e l’economia definiranno dei perimetri. Intanto bisogna muoversi nello spazio di lavoro, ricerca e innovazione attenti a tutelare il corretto utilizzo di questi metodi e gli interessi delle aziende che investono per fruirne, ma non devono rischiare di esporre un prezioso patrimonio di conoscenze», avverte Emanuele Carpanzano.
Proprio con l’obiettivo di democratizzare l’accesso all’Ai anche alle realtà più tradizionali e familiari, a settembre Swissmechanic ha dedicato la sua conferenza annuale, Swissmechanic Business Day, all’intelligenza artificiale e da tempo organizza webinar sul tema appoggiandosi a un’ampia rete nazionale di partner specializzati. «È un impegno centrale per la nostra associazione, così come per me stesso. Se però a un’azienda delle dimensioni di Tecnopinz, con 50 collaboratori, è possibile affrontare i processi di adozione dell’Ai con personale dedicato e una pianificazione finanziaria su più anni, ben diverse sono le condizioni di associati a capo di microimprese, sotto i dieci collaboratori, di solito realtà di famiglia dove le competenze chiave sono destinate all’utilizzo di macchinari produttivi o processi correlati mentre, salvo rare eccezioni, non sono presenti specialisti di sistemi gestionali e/o di processo», evidenzia il presidente di Swissmechanic.
Se la Svizzera e il Ticino si collocano, come d’abitudine, sulla cresta dell’onda dell’innovazione, forniti di competenze, istituti universitari e di ricerca fra i migliori, aziende competitive, valide infrastrutture, cervelli (umani) eccellenti e, in generale, condizioni quadro favorevoli, non ci si può rilassare in una corsa ad altissima velocità. «Dobbiamo stare molto attenti a quello che accadrà nei prossimi anni e proattivi per mantenere una posi-
zione di leader, a partire dalla contesa dei talenti che in questo momento sono molto pochi, spesso giovanissimi, e vanno attratti offrendo un contesto che possa motivarli e farli crescere, il che implica anche individuare e integrare bravi docenti. Un altro aspetto particolarmente sensibile è il controllo e la disponibilità di dati, senza cui questi algoritmi, per come sono costruiti, servono a ben poco. E per allenarli al meglio ne occorrono miliardi, con tutte le criticità in termini di sicurezza e condivisione. Mentre i soliti noti ne stanno facendo incetta, dobbiamo capire bene come giocare la nostra partita. Andrà poi garantita la disponibilità di risorse, intesa come potenza di calcolo, dunque energia e reti per alimentarla. E, ovviamente, R&D richiedono investimenti crescenti, anche perché in diverse parti del mondo se ne stanno facendo di massicci e l’Ai è una tecnologia facilmente esportabile, collaborando anche da remoto», ammonisce Emanuele Carpanzano. Se la voce “formazione” è in cima alla lista, Supsi che la porta inscritta fra le sue missioni, ormai da 4 anni con il Bachelor in Data science e Ai contribuisce a coltivare i talenti di domani sul territorio, così come moltiplica gli sforzi nella formazione continua, aiutando ad aggiornare i professionisti laddove le novità sono all’ordine del giorno.
Per il settore Mem, non sono attualmente disponibili particolari fondi o programmi per l’implementazione di soluzioni basate sull’Ai, ma va detto che l’industria e le sue associazioni di categoria sono di principio contrarie a incentivi e aiuti economici ‘a pioggia’. «È una delle ragioni per cui, sebbene il franco continui a rafforzarsi, le aziende dell’industria svizzera valutando con oculatezza i fattori di rischio e gli investimenti superflui, da decenni assicurano oltre 330mila posti di lavoro nel settore Mem. Ciò che invece riteniamo fondamentale è l’attenzione della politica alle condizioni quadro: a ben poco serve implementare soluzioni innovative se non vi è garanzia d’accesso ai mercati internazionali, la certezza di forniture energetiche a prezzi competitivi, flessibilità del mercato del lavoro e una formazione che permetta di prepararla alle sfide future», afferma il presidente di Swissmechanic, attualmente impegnata, insieme ad altre organizzazioni, nella più grande revisione professionale in corso in Svizzera, Futuremem, che sta ripensando didattica e programmi per le
«Sino a oggi l’industria Mem ha fatto il successo dell’export svizzero grazie al forte valore aggiunto dei suoi prodotti. In futuro non è escluso che, con unaa maggiore automazione ed efficienza favoriti dall’Ai, sarà possibile potersi dedicare a produzioni ad alto volume, abbandonate a causa degli elevati costi della manodopera»
Nicola Tettamanti, presidente di Swissmechanic e cotitolare di Tecnopinz
Principali aree d’applicazione dell’Ai testate nel manifatturiero
N=187 senior manager Swissmem
Gestione della conoscenza
Manutenzione predittiva
Ottimizzaione macchine
Sviluppo prodotti
Controllo qualità
Monitoraggio e controllo dei processi
■ Pilot in corso ■ Attuale implementazione su scala
■ Test pilota pianficati (3 anni)
■ Implementazione su scala pianificata (3 anni)
Fonte: The state of AI in the Swiss tech industry, Ethz
otto professioni del settore, ovviamente tenendo conto delle necessità di competenze digitali e gestione di processi produttivi sempre più automatizzati. «Non bisogna dimenticare infatti che le tecniche d’Ai, per quanto intelligenti e rapide, rimangono euristiche, addestrate su dati del passato, senza consapevolezza di quello che propongono. Perciò l’operatore che le utilizza dovrà sempre avere l’esperienza e le capacità per valutare se i risultati ottenuti siano coerentemente applicabili, che si tratti di una soluzione di design di prodotto o, ancor più delicato nel manifatturiero, la modifica di un processo, che può comportare importarti responsabilità con tutta una serie di soglie di criticità da soppesare prima di intervenire. Analogamente, se le tecniche di Ai sono molto abili nell’identificare difetti di manufatti e componenti nei controlli di qualità grazie all’analisi delle immagini e altri segnali, spetta al progettista comprenderne le ragioni e la reale criticità», precisa Emanuele Carpanzano, che insegna anche Automazione industriale. Se ancora molte sono le incognite sul
Principali tecnologie Ai testate nel manifatturiero
N=181 senior manager Swissmem
Large Language Models
Computer vision
Elaborazione del linguaggio naturale
Potenziamento dell’apprendimento
causale
■ Pilot in corso ■ Attuale implementazione su scala
■ Test pilota pianficati (3 anni)
■ Implementazione su scala pianificata (3 anni)
Fonte: The state of AI in the Swiss tech industry, Ethz
Finora solo un’esigua percetuale di aziende Mem ha implementato soluzioni Ai su larga scala. A destare il maggior interesse i Llm.
grado di autonomia e intelligenza cui l’evoluzione digitale in atto porterà le macchine, l’auspicio è che la loro integrazione permetta di rafforzare ulteriormente la competitività nazionale in termini industriali. «Sino a oggi l’industria Mem ha fatto il successo delle esportazioni svizzere grazie al forte valore aggiunto dei suoi prodotti e delle soluzioni offerte. In futuro non è escluso che, con una maggiore automazione ed efficienza, sarà possibile addirittura potersi dedicare a produzioni ad alto volume che, in passato, sono scomparse dalla Svizzera a causa degli elevati costi della manodopera», conclude Nicola Tettamanti. Un’occasione dunque anche per posizionarsi tra i principali attori non solo dell’innovazione, ma anche della produzione mondiale.
Susanna
Cattaneo
Politecnici federati
Con la creazione dello Swiss National Ai Institute, Eth ed Epfl rafforzano la loro collaborazione, potendo attingere al meglio dei ricercatori specializzati in intelligenza artificiale. Oltre a sviluppare un’Ai ‘Swiss made’, l’ambizione è di posizionarsi all’avanguardia nella definizione degli standard etici e legali necessari per un’adozione responsabile e trasparente.
Con la Swiss Ai Initiative la ricerca accademica rossocrociata ha fatto quadrato attorno all’intelligenza artificiale. Una rivendicazione di indipendenza e sovranità digitale non per arroccarsi in una posizione di difesa ma, al contrario, per sfruttare i propri vantaggi competitivi, a partire dalla potenza di fuoco dei due Politecnici federali, capofila dell’ ‘alleanza’ che coinvolge una decina di altre istituzioni universitarie nazionali, per garantirsi un ruolo di leader. In un campo strategico per il futuro, occorre giocare d’anticipo per non trovarsi scoperti lasciando il controllo a poche, agguerritissime multinazionali.
A nemmeno un anno di distanza - era la fine del 2023 - Eth ed Epfl hanno voluto ulteriormente intensificare la loro collaborazione, fondando questo ottobre lo Swiss National Ai Institute (Snai), che capitalizza il know-how dei loro due Ai Center, creati rispettivamente nel 2020 e
nel 2023, entrambi votati a incoraggiare la collaborazione tra le diverse facoltà con iniziative che coprono l’intera gamma della ricerca sull’intelligenza artificiale, le sinergie con l’industria e la creazione di start up che possano diventare i leader del domani.
Sotto, fondamentale per le attività dello Snai, il supercomputer Alps del Cscs, inaugurato a settembre a Lugano: con oltre 10mila Gpu Nvidia di ultima generazione, consente una potenza di calcolo altrimenti accessibile solo alle maggiori aziende tecnologiche globali.
«Adesso, con lo Snai, compiamo un nuovo passo per cogliere opportunità e sfide di rilevanza nazionale: attingere a una vasta rete di competenze e ricercatori specializzati in Ai è uno dei maggiori punti di forza che il progetto rende possibile», sottolinea Scarlet Schwiderski-Grosche, direttrice esecutiva dell’Epfl Ai Center, che coordina lo Snai insieme ad Alexander Ilic, suo omologo dell’Eth Ai Center, di cui è inoltre co-fondatore.
Finanziato congiuntamente dai due atenei e aperto a investimenti terzi, lo Snai beneficerà per le attività di ricerca del prossimo quadriennio di un sostegno di 20 milioni di franchi del Consiglio dei PF, l’organo di gestione e supervisione strategica. Il focus della ricerca sarà posto sullo sviluppo di un modello di fondazione nazionale allineato ai valori svizzeri e alle esigenze dei partner, al quale si affiancheranno altri Large Language Model (Llm) che apriranno ad esempio nuove opportunità di lavoro in settori chiave per il paese, come sanità, sostenibilità, scienza, istruzione, robotica e realtà aumentata. «Siamo ancora agli inizi della rivoluzione GenAi. Dobbiamo capire come utilizzarla per sfruttarne il potenziale. Finora la maggior parte dei modelli viene addestrata solo sui dati disponibili su Internet. Le opportunità sono ben maggiori se si considerano le vaste fonti di dati delle imprese o di settori come quello sanitario», evidenzia Alex Ilic, specificando «Per questo motivo riteniamo sia importante promuovere la ricerca sull’Ai in tutte le discipline, proprio come già facciamo anche all’Ai Center dell’Eth. Considerata la rapida crescita del settore, l’obiettivo è creare un ciclo virtuoso di avanzamento delle conoscenze in Ai per progredire nelle applicazioni e, su queste nuove basi, identificare le successive sfide da affrontare per far evolvere ulteriormente il nostro know-how. Questo ritmo ci favorisce ed è possibile solo ai massimi livelli di eccellenza, con i due Politecnici federali nella top ten di molte discipline». Essenziale potersi appoggiare al supercomputer Alps, nuovo gioiello del Cen-
«Molti Llm come ChatGpt mancano di trasparenza nei processi di formazione e nei dati, rendendoli inadatti all’impiego in ambiti come sanità o istruzione. Con la sua forte attenzione ai modelli di fondazione open-source, lo Snai vuole posizionare l’Ai in Svizzera all’avanguardia per standard etici e legali»
Scarlet Schwiderski-Grosche, direttrice esecutiva dell’EPFL AI Center e coordinatrice SNAI
tro svizzero di calcolo scientifico (Cscs), inaugurato ufficialmente a settembre a Lugano. Dotato di oltre 10mila unità di elaborazione grafica Nvidia di ultima generazione, consente di disporre di una potenza di calcolo altrimenti accessibile solo alle più grandi aziende tecnologiche globali ed è la più importante infrastruttura di Ai in Svizzera a disposizione dell’accademia o delle istituzioni pubbliche. Il presupposto per far progredire la ricerca fondamentale e lavorare su scenari reali con partnership industriali.
«Con la sua forte attenzione ai modelli di fondazione open source, lo Snai persegue la visione di posizionare l’Ai in Svizzera all’avanguardia a livello internazionale per quanto riguarda gli standard etici e legali, la trasparenza e l’affidabilità. Finora il più grande risultato della GenAi è aver reso visibile e personalmente accessibile a molte persone l’enorme potenziale dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, è importante capire come funzionino i vari Llm per ottimizzarne l’uso,
come si ottengano i loro risultati e quali pregiudizi o errori possano contenere. Molti modelli popolari come ChatGpt mancano di trasparenza nei processi di formazione e nei dati, come l’uso di materiali protetti da copyright, rendendoli inadatti all’impiego in aree ad alto rischio come sanità o istruzione», avverte Scarlet Schwiderski-Grosche. I ricercatori dello Snai condivideranno i loro modelli ogni volta che sarà possibile, consentendo a Pmi e start up di utilizzarli. Un obiettivo è anche sviluppare un’infrastruttura per formare e servire i modelli delle grandi fondazioni in modo efficiente dal punto di vista energetico.
Se inquadrare l’Ai con elevati standard etici e legali è sicuramente una priorità per svilupparne il potenziale in modo responsabile, d’altra parte non è scontato evitare che un’eccessiva regolamentazione blocchi lo sviluppo scientifico. «La continua evoluzione tecnologica richiede un approccio dinamico e adattivo per mantenere l’equilibrio tra mitigazione dei rischi
Accanto, la modellazione realistica per i simulatori di realtà virtuale fa parte delle aree di ricerca di Siyu Tang, professoressa di informatica all’Eth Zürich e membro dell’Eth Ai Center.
e promozione dell’innovazione. È tuttavia necessario garantire trasparenza e chiarezza, evitare pregiudizi e discriminazioni, migliorare la cybersicurezza, affrontare le disuguaglianze nella dislocazione dei posti di lavoro ed evitare la disinformazione e la manipolazione», nota la coordinatrice dello Snai.
I legislatori non potranno che beneficiare degli input dei ricercatori, che stanno concentrando molti dei loro sforzi proprio per garantire che i modelli di Ai che prendano decisioni interpretabili e spiegabili. «Alcuni nostri esperti sostengono direttamente il governo svizzero nella defini-
I ricercatori dell’Eth Zürich guidati dal Prof. Konrad Schindler hanno sviluppato Deep Snow, un’intelligenza artificiale in grado di determinare con la massima velocità e precisione la profondità della neve in tutta la Svizzera usando immagini satellitari.
«Considerata la rapida crescita dell’Ai, l’obiettivo è creare un ciclo virtuoso di avanzamento delle conoscenze per progredire nelle applicazioni e, su queste nuove basi, identificare le successive sfide da affrontare. Questo ritmo ci favorisce ed è possibile solo ai massimi livelli di eccellenza, con i due Politecnici federali nella top ten di molte discipline»
Alexander Ilic, cofondatore e direttore esecutivo ETH AI Center e coordinatore SNAI
zione delle prossime normative sull’Ai e forniscono soluzioni alternative. Ad esempio, l’Ai Sandbox del Canton Zurigo sta perseguendo un approccio più pragmatico alla regolamentazione, basato sui principi e che aiuta le organizzazioni ad accedere ai dati della pubblica amministrazione», aggiunge il direttore esecutivo dell’Eth Ai Center. Recentemente proprio un gruppo di ricercatori del Politecnico di Zurigo e dell’Instait - creato in collaborazione con l’Eth e l’Epfl - ha fornito la prima interpretazione tecnica completa della legge europea per i modelli di Ai per scopi generali (GpAi). Un primo importante passo verso l’implementazione tecnica dell’Eu Ai Act e dei suoi requisiti legali in modelli di Ai realizzabili, programmabili e affidabili. «Questa collaborazione dimostra anche che la ricerca d’avanguardia è internazionale per natura: si devono scambiare idee e competere con le menti più brillanti di tutta Europa per risolvere le questioni chiave dello sviluppo dell’Ai. Per
questo motivo, la piena associazione della Svizzera al programma europeo di ricerca e innovazione Horizon rimane l’obiettivo dichiarato. E seguendo un chiaro percorso open source, stiamo consentendo anche la collaborazione transfrontaliera e possiamo quindi realizzare sinergie con altri Paesi che stanno sviluppando i propri modelli di fondazione sovrana dell’Ai», sottolinea Alex Ilic.
A lungo termine, l’impegno dello Snai per un’Ai responsabile si rifletterà non solo nella ricerca, ma anche nell’istruzione, nell’innovazione e nel trasferimento, oltre che nella divulgazione. In particolare sono previsti programmi per il trasferimento di know-how alle Pmi, l’assistenza ai ricercatori-imprenditori nel loro percorso di creazione di start up, programmi congiunti di formazione e promozione dei talenti. Attualmente non sono che poche centinaia le persone al mondo a possedere le competenze per sviluppare i modelli di Ai più complessi e sarebbe bene evitare che finiscano nelle fila delle Big Tech. «La Svizzera ha una buona base per attrarli ed è apprezzata per la garanzia di fiducia e affidabilità. Ora è importante assumere un ruolo guida a livello globale nell’uso di Ai impegnandoci a diventare la piazza di riferimento per le start up del settore e investendo nelle infrastrutture necessarie per democratizzare l’accesso», concorda Alex Ilic.
Oltre a una già eccellente infrastruttura di calcolo, la GenAi in Svizzera può già contare sui servizi di qualità dello Swiss Data Science Center (Sdsc), che fornisce tecniche di scienza dei dati e apprendimento automatico a scienziati, aziende e organizzazioni (fra cui lo Snai). E lo sviluppo di nuovi programmi per la formazione e la promozione di talenti contribuirà a sua volta, come le molte iniziative e associazioni che stanno nascendo nell’ambito. «Questa pluralità di approcci porterà a un’accelerazione dell’innovazione e permetterà a diversi attori di esplorare diverse aree di applicazione. C’è ancora molta incertezza sull’Ai, sui suoi migliori casi d’uso e sulla sua monetizzazione. Un’ampia esplorazione è la strada migliore rispetto alle prescrizioni top-down su come utilizzarla», conclude la coordinatrice dello Snai. Con la sua portata nazionale, questa cordata di iniziative ha tutte le potenzialità per essere il leader del settore.
Susanna Cattaneo
Compagni di... scrivania
Sono molte le funzioni che un alleato intelligente può ricoprire, e possono variare nel tempo e per circostanze. Avere dati ‘freddi’ su cui lavorare ha diversi vantaggi.
Ènaturale mettere in dubbio il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nelle decisioni d’investimento, soprattutto se si considera la posta in gioco. Sebbene l’Ai abbia tutti i suoi limiti, dunque ‘pregiudizi’ occasionali, errori, per arrivare addirittura ad ‘allucinazioni’, è comunque molto meno incline a errori simili a quelli umani. Nelle attività che richiedono un processo decisionale rapido e complesso, la capacità dell’Ai di elaborare vaste fonti di dati, dalle tendenze di mercato al sentiment, offre un livello di affidabilità che è complementare all’istinto di un gestore. Ricerche come quelle condotte da Cindy Candrian e Anne Scherer indicano che quando i gestori ricevono consigli dall’Ai, le loro decisioni superano quelle di altri esseri umani. Perché? L’intelligenza artificiale riduce al minimo i bias cognitivi, le scorciatoie mentali che possono offuscare il giudizio, anche quando si è consapevoli di poter scegliere meglio. Le intuizioni basate sui dati forniti dall’Ai sono prive di questi ‘inconvenienti mentali’ e aiutano a fare scelte più consapevoli.
L’esempio di Tesla. Si considerino come i consigli dell’Ai potrebbero migliorare il processo decisionale in un titolo come Tesla (Tsla), dove il sentiment del mercato oscilla rapidamente. Le ricerche dimostrano che, sotto pressione, gli esseri umani tendono a interpretare i consigli in modo da confermare ciò che vogliono sentire, soprattutto se sono personalmente investiti in quel dato titolo.
Quando l’intelligenza artificiale fornisce lo stesso consiglio, invece, presenta sia le notizie positive che quelle negative e gli individui tendono a considerare entrambi i lati in modo più obiettivo. Ad esempio, la recente analisi del sentiment sulle azioni
di Tesla ha mostrato fluttuazioni significative. Ad agosto, l’Ai ha rilevato un periodo in cui il sentiment negativo era otto volte superiore alle notizie positive. Il sentiment positivo derivava dal sostegno pubblico di personaggi come Donald Trump, che ha elogiato in più occasioni il contributo di Tesla al settore dei veicoli elettrici. Il sentiment negativo, invece, comprendeva i rapporti della National Highway Traffic Safety Administration che mettevano invece in luce i ricorrenti problemi di produzione del meccanismo di sterzo di Tesla.
«L’intelligenza artificiale non sostituisce l’elemento umano, ma lo potenzia, agendo come un ‘navigato compagno’ affidabile per la ricerca, la progettazione della strategia e la convalida delle decisioni. Avendo alle spalle l’Ai gli investitori possono navigare con fiducia nelle complessità del mercato»
Un essere umano che investe in Tesla potrebbe concentrarsi maggiormente sugli aspetti positivi, interpretandoli come una convalida della propria scelta di investimento. L’Intelligenza Artificiale, invece, incorpora le notizie positive e negative senza pregiudizi, soppesandole in egual misura. Il risultato è una visione più equilibrata, che consente ai gestori di valutare la situazione in modo più approfondito e freddo.
Ad esempio, la nostra piattaforma Ai riflette questi dati sul sentiment in modo da consentire ai gestori di vedere una visione
Clauser, Ceo e confondatore di Aisot Technologies.
sfumata delle tendenze del mercato e della salute dei titoli, migliorando le decisioni operative.
Come migliora la gestione del portafoglio? L’intelligenza artificiale fornisce ai gestori di portafoglio una visione completa e in tempo reale dei mercati, aggregando il sentiment delle notizie recenti e valutandolo in modo imparziale.
Questo approccio guidato dall’Ai è uno strumento prezioso, soprattutto nei settori volatili, in quanto offre approfondimenti sfumati che altrimenti potrebbero essere trascurati o interpretati in modo errato. Grazie alla collaborazione con l’Ai, i gestori ottengono una prospettiva più chiara e basata sui dati, a sostegno di decisioni di investimento ben informate ed equilibrate.
Sebbene l’Ai abbia ovviamente dei limiti, come potenziali pregiudizi o ‘allucinazioni’, i metodi innovativi aiutano ad anticipare e mitigare questi difetti. È qui che le piattaforme d’investimento specializzate si distinguono dai modelli più generici come ChatGpt, offrendo approfondimenti finemente calibrati su misura per gli investimenti e la gestione del portafoglio.
L’intelligenza artificiale non sostituisce l’elemento umano, ma lo potenzia, agendo come un ‘navigato compagno’ affidabile per la ricerca, la progettazione della strategia e la convalida delle decisioni. Avendo alle spalle l’Ai, in qualità di partner fidato, gli investitori possono navigare con fiducia nelle complessità del mercato, sapendo che ogni decisione è basata su dati davvero imparziali.
Stefan
Collaborazioni vincenti
Le istituzioni finanziarie dovrebbero stringere maggiori partnership con le eccellenze accademiche, sostenendo progetti virtuosi. I benefici sono per tutti: partner coinvolti, mondo accademico, comunità nel suo insieme. E in alcuni casi anche ambiente e clima.
Come si potranno, ad esempio, sfamare i prossimi due miliardi di persone senza coltivare in modo intensivo le sostanze nutritive del suolo? Come conciliare il potere dell’intelligenza artificiale con il suo potenziale di perpetuare pregiudizi nella società?
Domande come queste ci spingono a decidere quali titoli comprare e quanto peso assegnargli nei nostri portafogli. Per sviluppare la convinzione, a volte ci rivolgiamo a esperti esterni che approfondiscono la comprensione di un argomento, ci segnalano le tendenze emergenti e, cosa fondamentale, ci aiutano ad anticipare i risultati del mondo reale.
Ciò aiuta, in sostanza, a ottenere ottimi rendimenti per i clienti e, allo stesso tempo, a fungere da azionisti responsabili a loro nome. Ci sono tre relazioni accademiche che hanno influenzato la riflessione nell’affrontare le questioni spinose di cui sopra.
Agricoltura climaticamente positiva. Il geologo James Hutton, nel XVIII secolo, è stato probabilmente il primo scienziato
del clima al mondo. Dedusse che la Terra era immensamente vecchia e in costante cambiamento studiando le Salisbury Crags di Edimburgo, una formazione rocciosa frastagliata creata dal vulcano Arthur’s Seat, ormai estinto. Oggi, un istituto di ricerca fondato in suo nome impiega oltre 500 scienziati e collaboratori in Scozia.
Alison Hester è titolare di una borsa di studio di ricerca imprenditoriale Baillie Gifford presso il sito Glensaugh del James Hutton Institute (Jhi). L’azienda agricola di ricerca di 1.000 ettari vicino ad Aberdeen esplora approcci trasformativi all’agricoltura montana e cerca di dimostrare che le aziende agricole possono sequestrare più carbonio di quanto ne emettano, rimanendo al contempo economicamente redditizie.
Siamo particolarmente entusiasti di ciò che impareremo dal suo sito dimostrativo HydroGlen. L’obiettivo è quello di iniziare a produrre idrogeno al termine della costruzione, prevista a fine 2025.
Questo progetto potrebbe mostrare come le aziende agricole potrebbero
staccarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili e lavorare con energia pulita e verde, quasi interamente off-grid. I ricercatori utilizzeranno una piccola turbina eolica e un tetto di pannelli solari per alimentare elettrolizzatori che separano idrogeno e ossigeno per produrre carburante a emissioni zero. Oltre a riscaldare e illuminare gli edifici della fattoria, questo carburante alimenterà macchine, furgoni e trattori a celle a combustibile.
Prevediamo che ciò influenzerà le nostre posizioni su Kubota e Deere, due produttori di veicoli agricoli e altri apparecchi, oltre ad altre holding. Quest’ultima sta attualmente sviluppando un trattore a idrogeno. Più obliquamente, si ottengono anche informazioni sull’impiego dell’Intelligenza Artificiale, ad esempio per riconoscere selettivamente le erbe infestanti e spruzzare pesticidi. Deere fornisce già questo servizio con la sua tecnologia See & Spray. Questo aspetto è rilevante per alcune altre posizioni di portafoglio, tra cui Nvidia, Alphabet e Cognex. Questione di etica. È significativo che uno dei più noti esempi di distorsione dell’Ai nella storia abbia coinvolto uno dei principali praticanti di questa tecnologia, dimostrando che anche gli esperti possono essere colti di sorpresa. Nel 2014, un team di ingegneri con sede a Edimburgo che lavorava presso Amazon ha iniziato a lavorare su uno strumento per esaminare automaticamente i Cv dei candidati alla posizione. Il progetto è stato abbandonato nel giro di un anno. I test hanno rivelato che il loro algoritmo aveva imparato a escludere le donne, indipendentemente dalle loro competenze. Questo risultato è dovuto al fatto che gli ingegneri hanno utilizzato
come dati di prova i curricula dei dirigenti maschili di Amazon. Il problema si presentava anche quando il genere veniva tolto dalle candidature, perché il software cercava altri segnali correlati, tra cui gli sport praticati dai candidati o semplicemente la lingua che usavano.
Amazon avrà anche identificato il problema in anticipo, ma altre aziende non saranno sempre così fortunate. E dovranno affrontare rischi di reputazione a causa del problema della “black box” dell’Intelligenza Artificiale: è possibile testare uno strumento di Ai esaminando i suoi risultati, ma in molti casi è impossibile sapere come ci sia arrivato.
Due analisi aiutano a comprendere le complesse ramificazioni di questa tecnologia nascente: una collaborazione con il Leverhulme Centre for the Future of Intelligence dell’Università di Cambridge e, più vicino, con l’Edinburgh Futures Institute dell’Università di Edimburgo.
L’Ai può però essere parte della soluzione, non solo del problema. Ad esempio, finora le nuove tecnologie hanno creato più posti di lavoro di quanti ne abbiano spostati. Circa il 60% dei dipendenti di oggi svolge professioni che non esistevano prima del 1940. I problemi legati all’utilizzo dell’energia possono essere mitigati utilizzando le fonti rinnovabili anziché i combustibili fossili. L’Ai potrebbe infatti sbloccare fonti di energia prima irraggiungibili, come la fusione nucleare.
Mentre il mondo corporate continua a concentrarsi sull’utilizzo dell’Ai per ottenere vantaggi in termini di efficienza, la Prof.ssa Vallor ha esortato a interrogare le aziende in merito alle loro politiche di protezione e all’etica dell’Ia.
Stiamo iniziando a collaborare con le aziende su questo tema. Abbiamo già visto proposte di azionisti depositate da Apple, Amazon, Meta e Alphabet per migliorare le loro politiche etiche. Finora abbiamo sostenuto iniziative che partivano dalle politiche e dai processi esistenti delle aziende. Tuttavia, ci si attende che l’argomento diventi più complesso e implichi una maggiore riflessione. Le aziende potrebbero decidere di non sperimentare con l’Ai ed evitare completamente questi rischi, ma sarebbe come ignorare Internet negli anni Novanta.
L’elenco delle partnership accademiche è però lungo, e molti altri esempi potrebbe essere aggiunti.
Johan Schot insieme al suo team del
«È significativo che uno dei più noti esempi di distorsione dell’Ai nella storia abbia coinvolto uno dei principali praticanti di questa tecnologia, dimostrando che anche i più esperti possano essere colti di sorpresa dal funzionamento di alcune loro invenzioni»
Alasdair McHugh, Investment Specialist Director di Baillie Gifford
Effetti dello sviluppo tecnologico
Confronto 1940 - 2018 n. posti di lavoro (mln) creati per settore
Deep Transitions Project, con sede presso le università di Sussex e Utrecht, ha aiutato il Climate Team a sviluppare scenari narrativi sui possibili futuri cambiamenti climatici. Li stiamo utilizzando per identificare i potenziali rischi e opportunità per le società incluse nel portafoglio.
Questi dati serviranno a orientare gli investimenti e il dialogo con i clienti e le autorità di regolamentazione. Il progetto ha inoltre sostenuto l’approccio del Team per il Cambiamento Positivo di investire in aziende che sfidano lo status quo con prodotti e servizi che contribuiscono a creare un mondo più inclusivo, sostenibile e sano. Ciò comporta l’esplorazione di diversi scenari futuri che illustrano le trasformazioni necessarie per combattere le grandi sfide di oggi.
Mike Berners-Lee, socio dell’Institute for Social Futures dell’Università di Lancaster, ci ha fornito una consulenza sull’impronta di carbonio. Ha stimato le emissioni che alcune delle nostre singole holding generano indirettamente attraverso le loro filiere, l’uso dei loro prodotti
Troppo spesso si analizza il mercato del lavoro, guardando al passato.
da parte dei clienti e altri mezzi. Questo serve a definire i nostri impegni con le specifiche aziende coinvolte.
Le ricerche a lungo termine sono naturalmente sperimentali. Alcune di queste iniziative non forniranno i benefici sociali sperati e non potremo ottenere le stesse conclusioni da ogni partnership.
C’è un parallelo con i nostri investimenti in azioni. Così come sappiamo che alcuni titoli sovraperformeranno drasticamente gli altri, anche alcune relazioni accademiche si riveleranno sproporzionatamente più preziose, sia in termini di intuizioni che forniscono, sia per accelerare il ritmo della ricerca, con tutti i benefici sociali che ne derivano.
Per quelli che non hanno successo, possiamo comunque essere soddisfatti di sostenere una causa meritevole in un momento in cui le fonti di finanziamento tradizionali sono limitate.
Fonte: Jp Morgan 2023
Ai: ma in cosa funziona?
La vera domanda è come e quanto operatori e gestori debbano davvero ricorrere all’Intelligenza Artificiale, e quando no. Tre in particolari i casi in cui è più indicata.
Gestione 4.0
Casi d’uso per banche e società di gestione dell’Ia Generativa
Tommaso Migliore, Ceo & cofondatore di MdotM. A lato, gli impieghi dell’Ai nella Gestione.
micro asset class fino allo specifico settore o industria, come una bussola che migliora e aiuta a rifinire le view di asset allocation e le stime di rischio-rendimento.
Politica monetaria, elezioni americane e nuovi, grandi, balzi tecnologici. Mentre il 2024 volge al termine, lo sguardo è già al 2025 e al come interpretare uno scenario inedito. Nel frattempo, il risparmio gestito avanza velocemente nell’integrare l’Intelligenza Artificiale nel processo d’investimento. Una transizione iniziata con l’adozione, oltre 20 anni fa, di internet, dei terminali e dei primi software di analisi statistica, che oggi vede l’ingresso dei software di Ai in qualità di assistenti dei gestori per navigare la crescente complessità dei mercati e migliorare l’efficienza di processi come la costruzione, il ribilanciamento e la reportistica dei portafogli. Le indagini di mercato mettono a fuoco lo stato dell’arte, dove la parola chiave è personalizzazione su ampia scala. I clienti si aspettano una gestione personalizzata che, come accade in tanti altri settori, rispecchi le loro esigenze, preferenze e obiettivi. La personalizzazione non sarà più un optional ma un nuovo standard che affonda le sue radici in quanto già avviene per molti servizi che ormai quasi
sono dati per scontati. Basti pensare ad Amazon, Google e Netflix, per citare degli esempi famosi, che già da anni offrono dei servizi con un elevatissimo grado di personalizzazione. Netflix, nello specifico, fornisce un ottimo esempio: anche se da utente a utente l’interfaccia della piattaforma si assomiglia, la disposizione degli elementi, l’ordine e soprattutto le raccomandazioni estratte dal catalogo si adattano ed evolvono continuamente dando luogo a un’esperienza unica e una fruizione più dinamica.
A ognuno, quindi, la propria esperienza, così come negli investimenti a ciascuno il proprio portafoglio. Ma quali sono le applicazioni di Intelligenza Artificiale più affidabili e rapide da implementare?
Sono queste le domande che i gestori, da New York alla Svizzera, si pongono per ottenere risultati concreti in tempi ragionevoli. Ad oggi, tre applicazioni si stanno dimostrando utili per supportare i Cio, o più in generale i team d’investimento e wealth manager.
La prima applicazione sono gli indicatori di posizionamento a livello di macro e
La seconda applicazione è invece la creazione e la gestione simultanea di un gran numero di portafogli (da decine a centinaia di migliaia) personalizzati singolarmente a livello di universo investibile, portafogli modello, volatilità e vincoli specifici, come il turnover, geografie, fattori di rischio e preferenze Esg. A ogni nuova view di mercato, questo insieme di portafogli viene quindi ribilanciato in automatico con una proposta e una spiegazione dettagliata dei movimenti nel frattempo accorsi.
L’ultima applicazione, almeno tra quelle di maggior successo nel 2024, è rappresentata invece dall’utilizzo congiunto di Ai analitica e di Ai generativa per tradurre tutto il substrato di numeri, statistiche e analisi quantitative in testi scritti utilizzati sotto forma di report e presentazioni che rafforzano la fiducia e trasparenza con il cliente finale.
A ognuno, allora, la scelta dell’applicazione migliore. E quindi più che prendere o lasciare, oggi con l’Ai sembra essere di più una questione di timing. Capire bene dove e quanto integrarla, quale sia il caso d’uso più appropriato con cui iniziare e solo a quel punto, una volta provato effettivamente il valore, scalarla in maniera responsabile e progressiva per rimanere competitivi e offrire ai propri clienti un servizio moderno, e soprattutto altamente personalizzato.
Fonte: MdotM
Una decisa svolta per l’affidabilità creditizia
Anche il processo del credito può beneficiare dell’Intelligenza artificiale più avanzata, in grado di automatizzare i processi di valutazione, ridurre i costi e migliorare l’efficienza, minimizzando il rischio per gli istituti finanziari e i clienti, oltre a velocizzare l’implementazione di nuove strategie.
L’affidabilità creditizia è un concetto centrale nel sistema finanziario, fondamentale per determinare il rischio associato alla concessione di credito a individui o aziende. Misurarla è essenziale per le istituzioni finanziarie, per valutare i profili creditizi, ridurre i rischi e ottimizzare i processi di concessione del credito, rispondendo ad alcune domande cruciali:
• Qual è il livello di rischio associato al mio cliente e come posso definire in modo efficiente e flessibile le griglie di accettazione per il credito al consumo?
• In che modo proteggere l’organizzazione definendo un sistema di rating per valutare il rischio creditizio di clienti e fornitori?
• Come posso integrare nei miei processi le strategie del credito sfruttando l’Intelligenza artificiale?
• Come minimizzare il rischio di insolvenza in modo accurato e intelligente?
Quando si tratta di valutare le richieste della clientela di finanziamento, prestito o mutuo, bisogna tenere presente che la quantità e la varietà dei dati disponibili per la valutazione dell’affidabilità creditizia sono in continua crescita, rendendo difficile per le aziende elaborarli, interpretarli e valorizzarli. Inoltre, queste realtà devono essere sempre aggiornate sulle ultime tendenze in materia di credit scoring per avere il vantaggio competitivo nella qualità del credito.
Per automatizzare i processi di valutazione, ridurre i costi e migliorare l’efficienza, aziende come Var Group hanno creato applicazioni di Intelligenza artificiale che ottimizzano il processo del credito grazie a un potente motore decisionale in grado di sfruttare i più moderni
Angela Sebastianelli, Head of Marketing StrategyData Science Var Group.
algoritmi di Machine Learning, comprimendo il tempo tra sviluppo e messa in produzione delle strategie del credito.
Uno strumento che garantisce accuratezza, flessibilità ed efficienza, abilitando diverse procedure legacy a sfruttare i benefici dell’Ai più avanzata. Si tratta di sistemi cosiddetti ‘supervisionati’, attraverso cui si effettua una fotografia alla clientela e si studia l’impatto delle variabili che la descrivono in quel momento rispetto a una variabile target che ha una valorizzazione nel futuro. Ad esempio: “Tasso di crescita/decrescita giacenza media del conto corrente” correlato a “default entro un anno?”.
I benefici sono evidenti: dalla velocizzazione del processo del credito tra addestramento, convalida e passaggio in produzione alla valutazione accurata e minimizzazione del rischio di credito relativo a fornitore o cliente sino a una massima flessibilità e rapidità di implementazione di nuove strategie di credito.
Un caso concreto di successo
Con oltre un terzo dei suoi conti che richiedevano ogni anno linee di credito, una banca di credito cooperativo desiderava implementare un processo di approvazione più efficiente. In particolare, voleva migliorare il livello di supporto rispetto a conti bancari che includevano linee di credito personali a consumatori e imprese. All’epoca, i direttori delle banche valutavano ogni richiesta di credito che arrivava, cercando di prendere la decisione giusta per l’organizzazione e i suoi membri con le informazioni a disposizione. E per le linee di credito già esistenti, questo stesso personale doveva valutare i limiti di credito esistenti ogni anno per determinare se dovessero essere rinnovati o adeguati. Serviva dunque accelerare facilmente il processo decisionale relativo ai conti critici.
Ora si riceve una risposta automatica alle richieste, anche al di fuori degli orari d’ufficio. I risultati non si sono fatti attendere: 50% delle richieste di credito ora vengono controllate e approvate senza intervento umano, e 10 dipendenti a tempo pieno possono essere riassegnati ad altre mansioni, risparmiando diverse migliaia di euro ogni anno e fornendo risposte più rapide agli utenti della banca.
Il Festival dove il futuro raddoppia
Esperti di rilevanza mondiale, ma anche workshop interattivi e dimostrazioni pratiche: il Festival Ai Ticino e Regione insubrica organizzato da ated si vuole innovativo quanto il tema che affronta.
Un doppio appuntamento, a Lugano e Varese, il prossimo febbraio: non solo per approfondire gli ultimi sviluppi tecnologici dell’intelligenza artificiale e le loro implicazioni etiche e sociali, ma per sperimentare come l’Ai possa portare benefici tangibili e creare nuove opportunità di sviluppo.
Non un evento, non una fiera, né un congresso, ma un festival. Formato che suggerisce subito un’atmosfera di convivialità e condivisione. Per esplorare il potenziale dell’intelligenza artificiale senza incorrere in anacronismi occorre infatti uscire dalla comfort zone degli schemi consueti. Nata per favorire la realizzazione di progetti innovativi, dimostrando negli anni - ormai oltre 50 - un concreto valore aggiunto al tessuto economico e sociale del Cantone Ticino, l’Associazione Ticinese Evoluzione Digitale (ated) ha dunque voluto sperimentare un approccio innovativo quanto l’argomento al suo centro.
«Il Festival Ai Ticino e Regione Insubrica sarà il primo evento transfrontaliero interamente dedicato all’intelligenza artificiale, concepito per offrire un’esperienza completa e immersiva sul mondo dell’Ai e sul suo impatto in ogni aspetto delle nostre vite», annuncia Cristina Giotto, direttrice di ated.
La manifestazione si terrà in due date e location distinte: il 13 febbraio 2025 a Lugano (Palazzo dei Congressi), organizzata da ated, e il 15 febbraio 2025 a Varese, a cura da Enrico Piacentini, sempre in collaborazione con ated.
«La scelta di una doppia ubicazione permette ai partecipanti di entrambe le regioni di incontrarsi e condividere
Doppio appuntamento per la prima edizione del Festival Ai Ticino e Regione Insubrica organizzata da Ated: a Lugano il 13 febbraio 2025 e a Varese il 15. Una piattaforma di incontro, confronto ed esplorazione.
le rispettive competenze, favorendo la crescita economica transfrontaliera e stimolando l’innovazione, la collaborazione e la creazione di nuove opportunità di business», sottolinea Luca Mauriello, presidente di ated.
Con l’evoluzione e l’adozione sempre più rapida dell’intelligenza artificiale, è infatti fondamentale disporre di una
piattaforma che consenta a persone di ogni età e provenienza di acquisire una comprensione più profonda di questa tecnologia, esplorarne il potenziale e comprendere l’impatto che già ha e che continuerà esponenzialmente ad avere sulle loro vite e sui settori in cui operano. Per i professionisti sarà l’occasione per toccare con mano come l’Ai può trasformare il loro ambito e far progredire la loro carriera; gli imprenditori potranno esplorare nuove opportunità di business per le loro aziende; gli studenti avranno l’opportunità di prepararsi al loro futuro e gli appassionati di tecnologia scopriranno le ultime novità e i più recenti sviluppi.
«Il Festival Ai Ticino e Regione Insubrica non è però solo una vetrina di tecnologie emergenti, ma un evento progettato per ispirare, educare e mettere in relazione individui, aziende e professionisti. In questo senso, la scelta della parola “festival” anziché “evento” sottolinea l’idea di un’esperienza partecipativa, celebrativa e coinvolgente, che supera la semplice successione di incontri e conferenze. Infatti proporremo un programma articolato e diversificato che arricchirà i partecipanti con esperienze multisensoriali, incontri e attività interattive», sottolinea Cristina Giotto.
Il Festival Ai sarà strutturato in sei categorie principali, ciascuna concepita per offrire ai partecipanti un’esperienza completa e specifica.
1. International Speaker
Una delle attrazioni principali del Festival sarà rappresentata dagli speaker internazionali, esperti di rilevanza mondiale che offriranno una visione completa e approfondita dell’intelligenza artificiale. «Questi relatori, provenienti da diversi settori come la tecnologia, la scienza, la filosofia e la politica, discuteranno i futuri sviluppi
Il ciclo di eventi ated
Digital Night «I talenti che rivoluzionano il mondo digitale», porta ormai regolarmente a Lugano, e premia, alcuni dei nomi più interessanti del settore. Da sinistra, due momenti delle serate che hanno ospitato, rispettivamente, Cristian Fracassi ed Ernesto Sirolli.
«La scelta della parola “festival” anziché “evento” sottolinea l’idea di un’esperienza partecipativa, celebrativa e coinvolgente, che supera la semplice successione di incontri e conferenze. Infatti proporremo un programma articolato e diversificato, che arricchirà i partecipanti con esperienze multisensoriali, incontri e attività interattive»
Cristina Giotto, direttrice di ated
Innovativa da oltre mezzo secolo
Proprio in questi giorni, il 19 novembre, ated festeggia il suo compleanno: sono ormai 53 gli anni dedicati a sostenere, formare e informare imprese, professionisti, cittadini, bambini, donne e anziani ad avere un rapporto consapevole e maturo con le innovazioni digitali che via via si sono susseguite. Nata nel 1971 per le necessità del cantone di trovare competenze informatiche per un tipo di lavoro di cui si sapeva allora poco o nulla, grazie alla serietà dell’attività svolta e alla costante crescita qualitativa, l’associazione è diventata un riferimento nel settore per le forze economiche, politiche e istituzionali, favorendo il dibattito tra aziende e professionisti e coinvolgendo anche le giovani generazioni, in particolare grazie ai percorsi del programma ated4kids, nato nel 2012. Dalla sua fondazione, ated ha organizzato oltre 2mila manifestazioni con più di 20mila partecipanti: conferenze, giornate di studio, visite e viaggi tematici, corsi settimanali, webinar sia in presenza che da remoto. Tra le iniziative proposte negli anni ci sono: Women4Digital, Voxxed Days Ticino, Visionary Day, Visionary Night, Solidarietà Digitale ated, Swiss Virtual Expo, AIPerithink, Cyber Security Day e Innovation Day.
Collabora con le principali istituzioni pubbliche e private, enti e aziende di riferimento, nonché altre associazioni vicine al settore tecnologico e all’innovazione e, ormai da diverso tempo, con l’Università della Svizzera Italiana (Usi), la Scuola universitaria professionale della Svizzera Italiana (Supsi) e con la Scuola Specializzata Superiore di Economia (Sse Sezione informatica di Gestione). Se, inizialmente, le lettere che compongono il suo nome stavano a significare “Associazione Ticinese Elaborazione Dati” (con l’aggiunta di Ict: legati all’Informazione, Comunicazione e Tecnologie), a rispecchiare l’evoluzione intercorsa sta la nuova definizione “Associazione Ticinese Evoluzione Digitale”: immutato l’acronimo ated, come lo spirito pionieristico, che oggi trova una nuova espressione nel Festival Ai.
La priorità della cyber-resilienza
Ha raccolto grande entusiasmo la seconda edizione del Cyber Security Day, organizzato da ated lo scorso 26 ottobre, attirando un’ampia platea di oltre 80 tra esperti e professionisti per esplorare le sfide e le opportunità nel campo della sicurezza informatica, in cui anche l’Ai vuole la sua parte. Nonostante il tema susciti attenzione, molte aziende non hanno ancora una percezione chiara del proprio livello di protezione. Sono davvero pronte a contrastare minacce sempre più sofisticate? Un esempio storico che invita alla riflessione è l’attacco cyber all’Ucraina del dicembre 2015, in cui un gruppo di hacker affiliati alla Russia colpì la rete elettrica, provocando un blackout che lasciò circa 230mila persone senza corrente. Sfruttando il malware BlackEnergy e tecniche di spear phishing, gli aggressori penetrarono nei sistemi Scada (Supervisory Control and Data Acquisition), destabilizzando le infrastrutture critiche e dimostrando quanto devastante possa essere una campagna cyber mirata. Anche in Svizzera, un attacco simile potrebbe avere conseguenze gravi. Un blocco del sistema semaforico aumenterebbe il rischio di incidenti, mentre un’interruzione delle comunicazioni comprometterebbe le operazioni di soccorso e paralizzerebbe il settore finanziario. Tali scenari evidenziano l’importanza di strategie di difesa efficaci per proteggere le infrastrutture critiche. Durante l’ated Cyber Security Day, sono stati analizzati vari scenari di rischio e presentate soluzioni concrete per potenziare la cyber-resilienza. In quest’ottica, ated ha lanciato il programma di formazione Cyber Security Specialist, il primo in Svizzera in lingua italiana riconosciuto a livello federale e internazionale, con qualifica Isced 6: Bachelor o equivalente. La crescente domanda di specialisti in cybersecurity supera l’offerta, e ated mira a colmare questa lacuna, formando professionisti capaci di affrontare minacce in continua evoluzione. L’intelligenza artificiale sta infatti trasformando il panorama degli attacchi informatici, permettendo agli hacker di automatizzare la raccolta di informazioni e identificare vulnerabilità con una rapidità senza precedenti. Tecniche come lo spear phishing personalizzato e malware potenziati dall’Ai rendono gli attacchi più efficaci, grazie alla capacità di adattarsi e superare le difese tradizionali. Di fronte a queste minacce, le difese informatiche devono evolversi continuamente. Soluzioni basate sull’Ai, in grado di rilevare anomalie e rispondere rapidamente, sono essenziali per mantenere un vantaggio strategico. La cybersecurity è ormai un elemento chiave nella difesa nazionale e si colloca al centro di una corsa tecnologica globale in cui le migliori risorse di Ai rappresentano un vantaggio competitivo. Aziende e istituzioni devono investire in prevenzione, processi strutturati, formazione e tecnologie avanzate per proteggere l’economia e la sicurezza dei cittadini.
Alcuni fra i protagonisti del Cyber Security Day con Cristina Giotto e Luca Mauriello. Alla sua seconda edizione lo scorso 26 ottobre, ha raccolto grande successo di pubblico. È stata anche l’occasione per lanciare il Cyber Security Specialist, primo programma formativo dedicato in Svizzera in lingua italiana,riconosciuto a livello federale e internazionale.
dell’Ai, analizzando le implicazioni etiche e sociali connesse al suo utilizzo. Gli interventi affronteranno temi cruciali come la responsabilità etica, la privacy dei dati, l’impatto dell’Ai sul mondo del lavoro e le nuove sfide che emergono con il progresso tecnologico», anticipa Luca Mauriello.
La partecipazione di figure provenienti dalle Big Tech garantirà una prospettiva privilegiata sullo stato attuale e sulle previsioni future dell’intelligenza artificiale. La traduzione simultanea in lingua italiana sarà disponibile per assicurare la comprensione da parte di tutti i partecipanti.
2. Le grandi storie di innovazione
Questa sezione sarà dedicata alla condivisione di storie di innovazione e successo legati all’uso dell’intelligenza artificiale, portando esempi concreti a livello locale e internazionale. Saranno presenti aziende e start up che hanno utilizzato l’Ai per trasformare il proprio settore e raggiungere traguardi significativi. «Questi casi di successo sono pensati per fungere da ispirazione per i partecipanti, mostrando come l’Ai possa essere un concreto motore di crescita e trasformazione, non solo su scala globale ma anche a livello locale, nella Regione Insubrica e in Ticino», la direttrice di ated.
Le testimonianze dirette e le presentazioni interattive di questi casi studio offriranno una visione chiara delle opportunità che l’Ai può generare per le imprese e le istituzioni, fornendo spunti pratici e idee per nuove iniziative.
3. Workshop per scoprire l’Ai Per chi desidera mettere in pratica le proprie conoscenze e acquisire nuove competenze, il Festival offrirà una serie di workshop interattivi e pratici. Questi laboratori, condotti da esperti del settore, sono ideali per coloro che vogliono impa-
rare a integrare l’Ai nelle proprie attività lavorative o nella vita quotidiana.
«I workshop esploreranno temi come il machine learning, l’analisi dei dati, l’automazione dei processi e altre applicazioni concrete dell’Ai. I partecipanti avranno l’opportunità di imparare tecniche pratiche e strumenti utili che potranno subito applicare nelle loro realtà. Questi momenti educativi renderanno accessibili nozioni complesse, facilitando la comprensione di come l’Ai possa portare benefici tangibili e creare nuove opportunità di sviluppo», nota Luca Mauriello.
4. Demo dimostrative di casi d’uso
Uno degli aspetti più coinvolgenti del Festival saranno le dimostrazioni pratiche, che permetteranno di osservare l’intelligenza artificiale in azione. Aziende e start up innovative presenteranno applicazioni reali di Ai, illustrando come queste tecnologie possano essere utilizzate per risolvere problemi specifici e ottimizzare processi aziendali e operativi.
Queste demo daranno ai partecipanti l’opportunità di sperimentare in prima persona le potenzialità dell’intelligenza artificiale e comprenderne l’efficacia nel migliorare l’efficienza, ridurre i costi e aumentare la produttività. Questo approccio pratico consentirà di vedere da vicino come l’Ai possa essere applicata per ottenere risultati concreti e misurabili.
5. Postazioni di networking
Uno degli obiettivi principali del Festival è promuovere l’interazione e la creazione di collaborazioni tra i partecipanti. A tal fine, metterà a disposizione postazioni di networking B2B, spazi dedicati dove aziende, professionisti e ricercatori potranno incontrarsi per discutere idee, progetti e opportunità di business. Questi spazi saranno pensati per favorire la creazione di nuove partnership e sinergie, con l’obiettivo di rafforzare l’ecosistema dell’Ai nella Regione Insubrica e in Ticino. «La possibilità di scambiare opinioni e condividere esperienze in un contesto informale e stimolante renderà il Festival un punto di partenza per nuove collaborazioni e progetti condivisi», auspica Cristina Giotto.
6. Events
La sesta categoria del Festival sarà dedicata agli eventi collaterali, che arricchiranno l’esperienza complessiva e favori-
«Grazie ai workshop, i partecipanti avranno l’opportunità di imparare tecniche pratiche e strumenti utili da applicare nelle loro realtà. Questi momenti educativi renderanno accessibili nozioni complesse, facilitando la comprensione di come l’Ai possa portare benefici tangibili e creare nuove opportunità di sviluppo»
Luca Mauriello, presidente di ated
ranno un ambiente di scambio e convivialità. Saranno organizzati momenti di svago come aperitivi e incontri informali dove i partecipanti potranno continuare a discutere le idee emerse durante il Festival in un contesto più rilassato e amichevole. «Questi momenti offriranno l’opportunità di rafforzare le relazioni personali e professionali, contribuendo a creare un senso di comunità e appartenenza attorno al tema dell’intelligenza artificiale. In un ambiente inclusivo e stimolante, i partecipanti potranno approfondire le conversazioni avviate durante le sessioni ufficiali, condividendo spunti e visioni in un clima di apertura e dialogo», conclude il presidente di ated.
Un’occasione unica per portare a Lugano e Varese i principali protagonisti del panorama tecnologico mondiale. Speaker internazionali di rilievo, sponsor e partner
Il Festival Ai di ated sarà strutturato in sei categorie principali, ciascuna concepita per offrire ai partecipanti un’esperienza completa e specifica: International speaker; Le grandi storie di innovazione; Workshop per scoprire l’Ai; Demo dimostrative di casi d’uso; Postazioni di networking; Events. Molto più di una sequenza di conferenze: un’esperienza coinvolgente, ricca di attività interattive e occasioni di condivisione.
unici arricchiranno l’evento, presentando soluzioni all’avanguardia e fornendo un contributo essenziale alla creazione di un evento di alto livello. Inclusi robot cantanti e robot attori… Partecipare per credere!
Achille Barni
Detector dell’infosfera
Il media monitoring permette di avere un controllo continuo sulla reputazione del proprio brand, ormai fra gli asset più preziosi, e di potenziare la propria comunicazione strategica.
Quotidiani e periodici cartacei tradizionali, testate web, portali di informazione, emittenti radio e televisive e, ovviamente, la costellazione dei social network: le informazioni provengono da canali sempre più disparati e interconnessi, andando a comporre un’infosfera in crescente espansione, nella quale tutti sono immersi senza soluzione di continuità: off e online, giorno e notte.
Il media monitoring rappresenta uno degli strumenti più efficaci e indispensabili per mantenere una presenza consapevole e proattiva in questo spazio mediatico. Uno strumento essenziale per monitorare anche l’opinione pubblica e per gestire la reputazione aziendale. Si tratta di processo di raccolta, analisi e interpretazione di tutte le informazioni pubblicate riguardanti una specifica entità, sia essa un’azienda, un individuo, un prodotto o un argomento, che possono influenzarne la reputazione e la percezione pubblica.
digitale: nata nel 1999, si è specializzata sia nella gestione elettronica dei documenti, sia nello sviluppo di soluzioni documentali innovative, con l’obiettivo di facilitare i flussi di lavoro all’interno delle aziende e di offrire la giusta protezione sia ai documenti, sia alle infrastrutture cloud e fisiche, compito a cui è preposto il dipartimento di Information Security, che racchiude l’insieme di tecnologie, processi e misure di sicurezza progettate per ridurre il rischio di impatto causato da potenziali attacchi informatici.
«Se oggi un decisore, un manager, il responsabile di un’azienda, così come il responsabile di un’agenzia di comunicazione deve comprendere, per esempio, quanto efficace sia la sua campagna promozionale, piuttosto che valutare la reputazione del proprio brand magari in relazione ai competitor, o identificare i trend, i servizi di media monitoring possono consentirgli di addentrarsi in quell’infosfera così affollata per cercare e trovare solo quello di cui ha bisogno, ottenendo insight strategici per le decisioni di business», spiega Mirko Nesti, Ceo di Tectel. Da oltre vent’anni, l’azienda basata a Manno, si occupa di trasformazione
«Lavoriamo quotidianamente con quantità massive di dati sensibili che vengono gestiti e protetti secondo regole precise. Conosciamo quindi il valore che queste informazioni portano con sé, con le loro potenzialità e i loro rischi. Da questa consapevolezza nasce, in un progetto completamente nuovo, la nostra partnership con Volocom, azienda leader nella media intelligence e nelle soluzioni per la digitalizzazione dell’informazione, che gestisce 4 milioni di notizie ogni giorno provenienti da 200mila fonti mondiali, in oltre 150 lingue diverse. Un miliardo e mezzo in un anno», racconta Mirko Nesti.
Da un anno, la società fondata nel 2001 a Milano da Valerio Bergamaschi e in forte sviluppo, opera sul territorio elvetico grazie alla partnership con Tectel per sviluppare progetti congiunti. «Data la natura multilingue e diversificata della Svizzera, il media monitoring richiede un approccio altamente sofisticato e personalizzato. Potendo disporre del palinsesto di Volocom, lo scenario nel quale ci si può muovere è quello del mondo intero: l’intelligenza artificiale ha definitivamente abbattuto i confini fisici fra i Paesi e, soprattutto, ha azzerato il gap linguistico. Il meccanismo di media monitoring si avvale di una formula complessa che vede al lavoro da una parte i ricercatori che interagiscono con l’intelligenza artificiale, e dall’altra gli analisti che possono interpretare i risultati delle ricerche effettuate dall’Ai e magari correggerne il tiro in corso d’opera. Non si tratta solo di ‘ascoltare’, ma di comprendere, reagire e anticipare», sottolinea il Ceo di Tectel. Se ormai l’informazione viaggia alla velocità della luce, il media monitoring è diventato un elemento imprescindibile per qualsiasi strategia di comunicazione efficace e, con l’evoluzione delle tecnologie e la crescente importanza della reputazione online, continuerà a essere uno strumento vitale per chiunque voglia gestire la propria presenza nel panorama mediatico globale.
Achille Barni
Mirko Nesti, fondatore e Ceo di Tectel.
La giusta chimica eureka / l’imprenditore
Vita da laboratorio e un impiego da dipendente non gli si confacevano. La giusta chimica
è quella che ha trovato come imprenditore. Un’esperienza oggi condivisa anche attraverso la promozione dell’innovazione sul territorio, come presidente di Fondazione Agire.
Non sono nato in una famiglia di imprenditori né ho iniziato la mia attività professionale come pioniere in una Start up. Dopo gli studi ho invece cominciato a lavorare da dipendente, nei laboratori di ricerca a Taverne dell’allora Inpharzam (oggi Zambon Pharma). Giusto il tempo di rendermi conto che, pur piacendomi molto la chimica, non faceva per me. Ne sono uscito saltando a piè pari nell’ambito commerciale, dapprima in una società di trading di principi attivi farmaceutici, poi come commercial manager alla Helsinn di Biasca. Un periodo intenso, che mi ha permesso di acquisire un’esperienza di mercato rivelatasi poi preziosa. Ma è stato anche un periodo in cui ho vissuto e sofferto tutto quello che mi ha poi spinto a diventare imprenditore: limitazione degli orari, mancanza di libertà, peso dell’organigramma aziendale.
Per queste ragioni, quando nel 1991 mi è stato proposto di dirigere la Micromacinazione di Monteggio, ho accettato a condizione di poter accedere a una quota azionaria, anche se di piccola minoranza. Ho subito capito che non sarei più voluto tornare indietro. Quanto però sperimentato in precedenza, mi ha permesso di capire che per ottenere il meglio da ogni collaboratore è necessario innanzitutto rispettarlo, e poi cercare farlo sentire il più possibile partecipe e responsabile in quello che fa. Un altro principio che non ho mai abbandonato.
All’epoca, Micromacinazione era una piccola azienda con una quindicina di collaboratori attiva nella micronizzazione per conto terzi di polveri varie, dal toner per stampanti all’ossido di titanio per le vernici, con una tecnologia di mulini a getto ad alta pressione (jet mills).
La mia prima decisione è stata di convertirla in azienda di servizi pharma, rinunciando da un giorno all’altro a oltre metà del fatturato. Poteva sembrare avventato, ma dall’esperienza di trading
sapevo che la granulometria era una caratteristica fondamentale per la qualità dei principi attivi, che l’attenzione verso il particle size era allora piuttosto scarsa da parte dei produttori di fine chemicals e che la richiesta di questo servizio industriale era molto alta in Europa. Inoltre, la tecnologia dei jet mills era perfetta per la lavorazione di principi attivi. In pochi anni Micromacinazione è così diventata leader europeo nel suo settore, con più di cento collaboratori. In quel periodo abbiamo creato anche la Micro-Sphere, spin off industriale per processi di spry driers, una tecnologia parallela a quella dei mulini a getto. Entrambe sono state cedute (Micromacinazione è oggi Lonza) e sono tuttora attive nella Valle della Tresa con più di duecento collaboratori qualificati. Nel 2002 la mia vita cambia. Sintetica, azienda farmaceutica di Mendrisio, era in difficoltà. Insieme a un socio finanziatore decidiamo di acquistarla per rilanciarla. Pur essendo la più antica azienda farmaceutica ticinese, del 1921, era sempre rimasta all’interno dei confini nazionali, quindi di dimensioni piuttosto ridotte con una ventina di collaboratori, ma con una solida immagine di qualità e una paletta
di prodotti ospedalieri di largo consumo. Il rilancio doveva passare da internazionalizzazione e accesso ai mercati esteri, Europa e, poi, resto del mondo e Usa. Così è stato. Con un team di manager brillanti abbiamo puntato sul concetto di “great place to work” per valorizzare competenze e caratteristiche personali di ogni collaboratore riuscendo a ottenere davvero il massimo impegno. Dopo vent’anni di grande lavoro di squadra, Sintetica è presente in oltre 50 paesi, con due stabilimenti approvati Fda in Svizzera, filiali in Germania e Usa, e conta più di 300 dipendenti. Ancor più importante, si è imposta in Svizzera e all’estero come modello di sostenibilità e di responsabilità sociale. Nuova svolta nel 2019, quando anche Sintetica viene ceduta. Mi viene chiesto di occuparmi di Fondazione Agire, incaricata dal Consiglio di Stato di promuovere l’innovazione in Ticino. Un compito vasto e affascinante che, oltre a regalarmi la bella sensazione di poter restituire le fortune che ho avuto, mi permette di avere una visione su una serie di nuovi progetti che nascono in Ticino. Dal Coach digitale per le Pmi al contest Boldbrain, dal Tecnopolo di Manno allo Switzerland Innovation Park Ticino, il ruolo di Fondazione Agire come volano pubblico a favore dell’imprenditoria innovativa conferma come il successo delle iniziative private sia considerato un valore importante per la collettività, in termini di posti di lavoro e di indotto sul territorio.
Da qui, ma non solo, nascono i miei attuali investimenti in diverse start up locali, oltre a iniziative varie nelle quali ho sempre cercato il gusto della sfida e il piacere della novità. Il progetto più importante riguarda un campo completamente nuovo per me, la Myia di Biasca, primo impianto industriale in Svizzera dedicato alla produzione di proteine da insetti per alimentazione di animali. Ma siamo solo agli inizi e mi auguro che se ne sentirà molto parlare in futuro.
Luca Bolzani, Presidente di Fondazione Agire.
Una batteria di maggiordomi
Mentre le agende della sostenibilità gli pronosticano breve vita, il diesel continua di fatto ad alimentare un fiorente mercato di generatori - valore stimato a 15 miliardi di dollari nel 2023 - a oggi indispensabili per sostenere il fabbisogno di molti settori: dai cantieri edili, spesso senza disponibilità di una rete cui allacciare attrezzature energivore, ai campi agricoli da irrigare e lavorare, e tutti gli ambiti in cui è di rilevanza critica garantire la continuità operativa: strutture sanitarie, telecomunicazioni, trasporti, data center... Specialmente per esigenze di alimentazione a breve termine, si ricorre regolarmente a generatori diesel convenzionali o a costosi alimentatori temporanei per erogare potenza off grid. Considerate le emissioni atmosferiche ma anche foniche e le spese che, insieme all’energia richiesta, questi impianti generano, prioritario è svincolarsi dalla dipendenza. Inoltre, la crescente frequenza di interruzioni di corrente dovute a eventi meteorologici estremi e all’invecchiamento delle infrastrutture di rete, oltre alle minacce strategiche di sospensione delle forniture, continuano a spingere la domanda di soluzioni affidabili di backup.
Se il futuro è verde elettrico, molti i settori che, dall’edilizia all’eventistica, dovendo ricorrere a un’alimentazione off-grid faticano a trovare una valida alternativa ai generatori diesel, in grado di ridurre impatto ambientale e costi. L’intelligente soluzione di una cleantech svizzera, con i suoi versatili sistemi di batterie mobili.
Butler M, ultima novità fra le batterie mobili emost, per alimentare sostenibilmente anche le applicazioni più energivore dell’industria con una potenza di 150 kWh, come sul cantiere dell’A13, nei Grigioni (sotto, il momento della consegna).
Fondata nel 2020, la start up svizzera emost sta rivoluzionando le soluzioni clean-tech di alimentazione off-grid con i suoi sistemi mobili di accumulo di energia, ponendosi all’avanguardia della transizione energetica. La sua genesi è diversa da quella di molte altre start up. «L’idea
è emersa durante un progetto di intrapreneurship presso la divisione Energie Rinnovabili di Axpo, per rispondere a un cliente che desiderava un’alternativa sostenibile ai generatori diesel off-grid per un cantiere. Il progetto si è subito rivelato promettente, ma la sua scalabilità all’interno di una struttura come quella di Axpo era difficile», spiega Benedikt Domke. Nel 2020, il team di gestione, di cui era alla guida, ha potuto scorporare l’unità tramite un management buy-out, creando una società indipendente focalizzata sullo sviluppo e la commercializzazione delle sue soluzioni innovative. «Questa mossa coraggiosa ha permesso alla start up di prendere il controllo del proprio futuro e di concentrarsi sull’espansione della propria offerta, senza i vincoli di un ambiente aziendale più ampio. Grazie ai sistemi di batterie mobili che sviluppiamo e produciamo, siamo in grado di fornire energia pulita, silenziosa e più economica ai settori che ne hanno più bisogno, aiutandoli
ad abbandonare i generatori diesel tradizionali», spiega Benedikt Domke, cofondatore e Ceo di emost (sta per electric mobile storage), con sede a Dietikon.
Con un perfetto tempismo, l’aumento dei prezzi dell’energia e la spinta globale verso un’alimentazione più pulita e sostenibile hanno alimentato la rapida crescita di emost, insieme alla fiducia di un primo gruppo di investitori. Già molti importanti cantieri in tutta Europa sono alimentati da sistemi emost, come quello sulla A13 vicino a Sufers, nei Grigioni, dove il Butler M, con la sua capacità di 150 kWh seconda e più potente aggiunta al portafoglio dei “maggiordomi” (Butler, la denominazione) di emost, si è confermata una soluzione energetica sostenibile ed efficiente per muovere gru e altre attrezzature pesanti. «L’intero sistema viene gestito e mantenuto con l’aiuto di un software embedded proprietario e sistemi IoT sviluppati da noi. A differenza delle fonti tradizionali, Butler M funziona senza rumore né emissioni, rispondendo alle preoccupazioni ambientali e acustiche. I clienti hanno segnalato notevoli risparmi sui costi, fino al 58%, rispetto alle alternative alimentate a diesel, rendendolo una scelta pratica per le aziende che intendono ridurre la propria impronta di carbonio», sottolinea Benedikt Domke.
La start up ha già consegnato più di 100 sistemi e si è espansa al di là dell’edilizia, con i suoi sistemi di batterie entrati a servizio di produzione cinematografica, gestione di eventi e operazioni di risposta alle emergenze. È così possibile rifornire reti autonome, rafforzare selettivamente una rete debole per applicazioni più esigenti o permettere a generatori esistenti di risparmiare carburante.
Un importante passo avanti è stato compiuto assicurandosi una partnership con un produttore tedesco di macchinari per l’edilizia, che distribuirà i prodotti di emos in Europa con il proprio marchio. Un assist per aumentare in modo significativo la presenza nei mercati chiave.
Dalle Pmi alle grandi aziende, la conversione degli impianti a tecnologie a prova di futuro è un percorso imperativo da intraprendere: emost non soltanto mette a disposizione la sua tecnologia, ma anche - per quanto giovane - la sua profonda esperienza, proponendo modalità razionali e ottimizzate dal punto di vista dei costi per affrontare la transizione. «Le aziende sono preoccupate di rimanere in
«Grazie ai sistemi di batterie mobili che sviluppiamo e produciamo, insieme al sofware e alle soluzioni IoT per gestirli, siamo in grado di fornire energia pulita, silenziosa e più economica ai settori che ne hanno maggior bisogno, aiutandoli ad abbandonare i generatori diesel tradizionali»
Benedikt Domke, cofondatore e Ceo di emost
Il potenziale di risparmio delle batterie mobili
In Chf
Potenziale di risparmio emost -58% -50%
Fonte: emost
possesso di impianti inutilizzabili. Non vogliono investire in generatori che potrebbero poi essere obbligate ad ammortizzare molto prima della fine della loro vita utile dai nuovi standard, dato che la società si sta allontanando dai combustibili fossili a una velocità sempre maggiore», osserva il Ceo di emost.
Il successo della start up sta facendo crescere l’interesse da parte di produttori di generatori diesel, società di noleggio e grandi imprese di costruzione. Un esempio, è la partecipazione al programma di accelerazione DB Mindbox che mette in contatto promettenti start up con Deutsche Bahn per promuovere l’innovazione nel settore della mobilità ferroviaria. Sempre quest’anno, emost ha ottenuto il prestigioso marchio Sef.Growth, sigillo di qualità assegnato dallo Swiss Economic Forum alle start up che dimostrano solide strategie di crescita e hanno un elevato potenziale di impatto significativo sul mercato. Il programma Sef.Growth ha inoltre fornito a emost preziosi consigli su come accelerare la sua espansione a livello globale, in particolare con un piano strategico di licenze.
Le soluzioni di emost non impattano positivamente ‘soltanto’ sull’ambiente ma anche sul portafoglio.
La start up prevede di raccogliere 2 milioni di franchi per finanziare la prossima fase di crescita. «Saranno utilizzati per migliorare le nostre capacità nel campo delle microgrid e per soddisfare la crescente domanda di soluzioni energetiche pulite e non collegate alla rete, internazionalizzando ulteriormente la nostra offerta. Continuiamo dunque a cercare partnership con investitori, clienti e collaboratori che condividano la nostra visione», conclude il Ceo Benedikt Domke. Con un perfetto tempismo, il suo affiatato team di talenti e un prodotto scalabile, emost è sulla buona strada per alimentare il futuro dell’energia sostenibile. A vantaggio tanto del bilancio ambientale quanto di quello economico, con un impatto incisivo grazie all’azzeramento dei costi del carburante e alla significativa riduzione delle spese di gestione.
Emanuele Pizzatti
Paura d’intelligenze
È normale e comprensibile avere un certo timore di quello che non si capisce, eppure ignorarlo potrebbe non risolvere affatto i problemi. Gli Agenti Ai sono parte della soluzione?
Hai mai provato quella sottile inquietudine che nasce dalla paura di qualcosa che non puoi controllare? Come l’apprendista stregone di Goethe, le aziende si trovano oggi di fronte a un potere che promette meraviglie ma richiede un controllo attento: gli agenti Ai. Questi strumenti stanno per diventare una realtà concreta nelle operations aziendali, trasformando la fantascienza in realtà. Questa tecnologia rappresenta la nuova frontiera dell’automazione. Gli agenti Ai sono sistemi avanzati progettati per operare autonomamente e completare compiti complessi con un intervento umano minimo. Secondo una recente ricerca del Capgemini Research Institute, il 71% delle organizzazioni crede che gli agenti Ai possano incrementare significativamente l’automazione dei processi, mentre l’82% prevede di adottarli entro i prossimi tre anni. Per il settore finanziario, dove l’efficienza operativa e la gestione dei rischi sono fondamentali, il potenziale è enorme.
Ma qual è la differenza tra un agente Ai e un chatbot? Mentre i chatbot rispondo-
no a domande preimpostate, gli agenti Ai pianificano e portano a termine compiti elaborati. Questi sistemi non si limitano a interazioni semplici ma elaborano strategie, si adattano a nuove informazioni e collaborano con altri agenti per raggiungere obiettivi complessi. Questa capacità non solo aumenta la produttività, ma emancipa il personale da attività ripetitive, permettendo di focalizzarsi su mansioni a maggior valore aggiunto.
Qualche esempio? Klarna, leader nei pagamenti, ha implementato un assistente Ai capace di gestire l’equivalente del lavoro di 700 dipendenti, occupandosi di richieste, rimborsi e resi in diverse lingue. Il risultato? Un incremento dell’efficienza e una riduzione del 25% delle richieste ripetute. Anche nel campo della Cybersecurity, piattaforme come Torq stanno già utilizzando agenti Ai per automatizzare l’analisi degli allarmi e le risposte agli incidenti, riducendo il carico di lavoro del personale e mitigando il burnout.
Queste applicazioni rappresentano esempi di innovazione tecnologica e anticipano, in qualche modo, l’evoluzione
Florian Anderhub, fondatore e Chief Vision Officer di Ander Group.
possibile nel settore finanziario. Si pensi ad agenti Ai che monitorano le attività dei conti in tempo reale per rilevare transazioni anomale o che automatizzano il processo di conformità normativa, analizzando documenti complessi e generando report dettagliati in pochi secondi.
L’adozione di questo genere di tecnologie, tuttavia, porta con sé delle sfide. La fiducia, ad esempio, è un fattore cruciale, specialmente in un settore come quello finanziario dove la trasparenza è fondamentale. Molti player del settore riconoscono la necessità di controlli robusti prima di adottare questi nuovi strumenti. Non possono essere sottovalutate nemmeno le considerazioni di natura etica. Le organizzazioni devono affrontare problematiche come i bias algoritmici e la sicurezza dei dati. L’implementazione di quadri di Governance solidi e politiche trasparenti resta dunque un imperativo per mitigare i rischi e garantire l’affidabilità di queste soluzioni.
Il settore finanziario, con la sua natura complessa ma regolamentata, è in una posizione unica per beneficiare dell’adozione degli agenti Ai. Come l’apprendista stregone che evoca forze oltre il suo controllo, le aziende che si avventurano nell’adozione degli agenti Ai devono bilanciare coraggio e prudenza, affidandosi a chi questo ‘potere’ lo sa padroneggiare. L’Ai incute timore? Forse, ma ignorarla è ancora più rischioso. Le aziende che non impareranno a dominarla rischiano di rimanere semplici spettatrici, mentre chi avrà saputo guidarla con saggezza sarà già in vantaggio.
Tempo di Ai-Teachers
Entrando a servizio anche dell’educazione, l’Ai promette di potenziare l’insegnamento e i sistemi scolastici. Ma occorrerà porre precisi vincoli e chiudere il divario digitale.
Mettere in comune, pulire e dare un senso ai dati ci garantirà longevità. Le tecnologie esponenziali amplieranno l’accesso all’assistenza sanitaria, includendo progressivamente l’intera popolazione mondiale, grazie a nuove capacità e costi drasticamente inferiori. I vantaggi della tecnologia, infatti, devono essere valutati dai margini dell’impero, vale a dire in base a quanto i nuovi strumenti siano in grado di liberare coloro che vivono alla periferia della società. I loro dati sono preziosi e i loro mercati possono essere sbloccati, almeno tecnologicamente.
C’è un altro immenso settore che sarà sconvolto da un approccio di marketing totale, ed è quello dell’istruzione. La tecnologia è già entrata nella scuola e nell’insegnamento, sotto forma di app, che aprono a soluzioni simili ai social media, come nel caso di GoStudent (tutoraggio personalizzato, comprensivo di valutazioni e recensioni per studenti e insegnanti) o Education First (con gli elementi aggiuntivi comunità, viaggi e formazione continua). Ma si può fare molto di più, soprattutto quando l’intelligenza artificiale entra in campo. Secondo il World Economic Forum questo è un momento fantastico per ripensare e potenziare il sistema educativo. Il Wef la chiama Educazione 4.0, che fa rima con le altre etichette 4.0 applicate dall’istituzione ai molteplici campi di quello che definisce ‘moderno capitalismo degli stakeholder’.
Oltre all’ovvio impatto dell’intelligenza artificiale, soprattutto nella sua componente generativa, sull’efficienza (ad esempio, compiti burocratici e dare voti, solo per citarne due) e sulla riduzione del divario dei milioni di insegnanti necessari per
soddisfare la comunità globale, a essere intrigante è: 1) la capacità di fornire insegnamento e tutoring ultrapersonalizzati, anche tramite avatar o bot; 2) un curriculum modificato e dinamico, che coprirà le competenze digitali e la programmazione, il funzionamento dell’intelligenza artificiale stessa (risolvere problemi come farebbe l’Ai, scomponendoli in pezzi, e lavorare in squadra) oltre ai temi caldi della sicurezza informatica e della protezione
«Sarà necessario un allineamento internazionale sulla protezione dei dati, sull’interazione con l’intelligenza artificiale e su trattamento e monetizzazione dei dati personali (soprattutto quando si tratta di minori), in modo da poter sbloccare nuovi flussi di valore, integrando l’Ai nel mix educativo»
dei dati; 3) la possibilità, in linea con l’idea del total marketing, di mettere in comune i dati di utilizzo, continuamente, e dar loro un senso, fornendo informazioni a studenti, famiglie, insegnanti, istituzioni pubbliche, creatori di curricula e così via, e rendendoli disponibili, per un sistema scolastico progressivamente più efficiente ed efficace. A livello nazionale, regionale e internazionale, una maggior quantità di dati consente la condivisione più rapida delle migliori pratiche d’uso ed esperimenti, e l’accesso all’istruzione ad aree geografiche o parti della popolazione che potrebbero restare indietro.
Dai libri di testo digitali ai mentor virtuali, dal pensiero computazionale ai
Frank Pagano, azionista di Tokenance, Senior Partner di Jakala, Contributor de Il Sole 24 Ore.
simulatori 3D, i progetti pilota illustrati dal Wef nel suo ultimo rapporto mostrano tassi di alfabetizzazione in aumento, una maggiore partecipazione delle donne nelle materie Stem e un dialogo più informato tra gli attori che stanno plasmando il mondo sistema scolastico, dall’Asia all’Africa, ai paesi occidentali. Fin qui tutto bene. Funziona, a quanto pare.
Ciò che manca è qualcosa di basilare e di estremamente ambizioso. Il divario digitale è di 2,6 miliardi di persone senza Internet. È una questione di investimenti nelle infrastrutture tecniche. Ad esempio, Edison Alliance, un’organizzazione no-profit multistakeholder, sta già lavorando per connettere un miliardo di vite entro la fine del 2025 attraverso il sostegno pubblico e privato. La seconda necessità è un allineamento internazionale sulla protezione dei dati, sull’interazione con l’intelligenza artificiale e sulla definizione di come trattare e monetizzare i dati personali (in questo caso, soprattutto quando si tratta di minori) in modo da poter sbloccare nuovi flussi di valore, integrando l’Ai nel mix educativo. Come insegnanti umani e virtuali, non possiamo permetterci di lasciare soli i nostri figli. Dobbiamo proteggerli dalle macchine e dall’agenda secondaria degli attori pubblici o privati, in modo che imparino a sviluppare il pensiero critico, insieme alle loro capacità funzionali, e a innovare e sfidare lo status quo, o a socializzare e sviluppare ulteriormente le loro comunità, mentre distribuiamo le vaste ricompense economiche dell’Education 4.0.
Modelli in evoluzione
Nel delicato ambito della genomica sta sbarcando l’Intelligenza Artificiale, o meglio, App ad hoc che l’hanno già integrata. Numerose le opportunità, e le Start up attive.
Iprogressi nel sequenziamento del Dna stanno aprendo nuove frontiere nello sviluppo di vaccini e trattamenti per malattie aggressive. Ma si tratta di un’attività che genera enormi quantità di dati genomici, e la loro gestione e analisi è molto complessa. Si tratta di una dinamica che sta creando grandi opportunità per le Start up in grado di creare software per efficientare il lavoro dei biologi.
Ci sta provando MiLaboratories, Start up fondata nel 2021 con sede a San Francisco e uno stabilimento di ricerca e sviluppo in Spagna, a Bilbao, che ha recentemente annunciato un round di finanziamento da 10 milioni di dollari. Fondi che serviranno per continuare lo sviluppo della sua piattaforma di biologia computazionale per facilitare l’elaborazione e l’aggregazione dei dati.
Si tratta di un sistema che incorpora l’intelligenza artificiale generativa per migliorare la fruibilità, progettato anche per essere una risorsa aperta tutti gli scienziati, in modo che possano distribuire strumenti di calcolo sotto forma di App, espandendone l’utilizzo a tutta la comunità di ricerca genomica. Con un focus sui cosiddetti bioinformatici, ovvero scienziati con competenze trasversali che spaziano tra biologia, informatica e matematica.
inefficienza nel modo in cui vengono sviluppate le terapie e i farmaci. Proprio a causa del disallineamento tra i dati dei biologi e le modalità di analisi delle informazioni.
Oggi esistono svariati software e strumenti in grado di analizzarle, ma la maggior parte di questi è stata sviluppata in ambito accademico, dove l’attenzione tende a privilegiare l’utilità piuttosto che l’usabilità pratica. Spesso sono i biologi a dover aggregare i risultati di più analisi in un quadro unificato, che consenta di arri-
Alessandro Beggio, Ceo e fondatore di Vector Wealth Management.
rie”, ha spiegato Poslavsky. Sottolineando l’interesse sia dal mondo accademico che dall’industria; circa 300 laboratori hanno utilizzato la versione beta della piattaforma e più di 15 App sono state finora rese disponibili.
Relativamente al round, in cui compaiono player finanziari come Kfund e Acrobator Ventures, il manager ha detto che le risorse serviranno, in particolare, per assumere più sviluppatori. Il mercato di riferimento, quello del sequenziamento di nuova generazione, secondo Gm Insights si è attestato a circa 8 miliardi di dollari nel 2022. E si prevede che il settore crescerà a un tasso Cagr superiore al 19% dal 2023 al 2032, spinto anche dagli scenari normativi favorevoli, soprattutto in Nord America.
vare a nuovi sviluppi. Ed è qui che entra in gioco la piattaforma di MiLaboratories, che punta a liberare i bioinformatici dal gestire il lavoro pesante dell’elaborazione dei dati genomici.
“È un approccio in stile ‘no code’ per i biologi e rilasciamo anche un Sdk (kit di sviluppo software open source) che consente di creare applicazioni reali”, ha spiegato l’amministratore delegato, Stan Poslavsky, a TechCrunch. Il manager ha raccontato che, nel corso della sua carriera scientifica, ha spesso visto una grande
Infatti, i software attuali, generalmente, obbligano gli scienziati a disporre di strumenti Linux ed eseguire complicati programmi informatici per eseguire l’analisi dai dati. Ergo: un medico classico non avrebbe le competenze per farlo. E ai bioinformatici tale modalità porta via molto tempo. “Le prime applicazioni disponibili sulla nostra piattaforma” servono per lo sviluppo agevolato “di terapie immunita-
Un trend che sicuramente ha acceso l’interesse degli investitori. In un comunicato, Miguel Arias, general partner di Kfund, ha detto che “investire in piattaforme che colmano il divario tra gli sviluppatori (in questo caso i bioinformatici) e gli utenti commerciali (in questo caso i biologi) è al centro di ciò che vogliamo fare nel nostro fondo. C’è un enorme potenziale nella democratizzazione dell’accesso a dati complessi che consentono di fornire approfondimenti immunologici”.
Guardando al modello di business, MiLaboratories offre il suo software gratuitamente agli accademici, ma ottiene anche entrate attraverso un modello a pagamento per gli utenti commerciali.
finanza
/analisi regionale
Business di sani princìpi
È la qualità del servizio a essere determinante, in un’epoca in cui quella della strumentazone è ormai scontata. A fare la differenza però può anche essere una gestione finanziaria flessibile.
Passano gli anni, cambiano i modelli, di business, di prodotto, di lavoro… cambiano anche le persone, e le esigenze delle stesse, in ambito privato e professionale, dunque le aziende, chiamate inevitabilmente ad adeguarsi alle mutate circo-
stanze. Del resto, se tutto cambia come si può restare fermi, e marciare sul posto? Semplicemente le aziende evolvono, o almeno una parte tende a farlo.
«Siamo attivi sul mercato da quasi mezzo secolo, dagli anni Ottanta. Al netto di un piccolo cambio societario nel 2001,
Sotto, la sede di Onys Digital Solutions a Manno; a lato da sinistra, Walter Kaufmann, Direttore e responsabile tecnico e Danilo Cavargna, Direttore e responsabile amministrativo.
quando è a tutti gli effetti nata Onys, che ho cofondato, siamo da sempre presenti in Ticino, alle origini quale filiale di un Gruppo svizzero molto più grande, poi quale unità autonoma. Ci occupiamo di forniture d’ufficio, nello specifico di stampanti e sempre più negli ultimi anni della gestione della stampa nell’interfacciamento tra carta e documento digitale, un settore che ha vissuto diverse trasformazioni nel corso del tempo e che abbiamo imparato a cavalcare, puntando su qualità del servizio e della strumentazione», rileva Walter Kaufmann, direttore e responsabile tecnico di Onys Digital Solutions
Il mercato è certamente evoluto, e in più d’una direzione, ma a sua volta anche l’azienda è cresciuta e a un buon ritmo. «Nel 2001 avevamo sette collaboratori, oggi siamo 21, anche per il tramite di una piccola acquisizione nel 2017. Siamo Monobrand Platinum Partner di Canon in esclusiva per il Ticino e il Moesano, dove ci occupiamo del supporto tecnico per conto di Canon, la quale fa lo stesso per noi fuori dal Cantone, per le filiali della nostra clientela locale. Abbiamo dunque un reparto tecnico leggermente sovradimensionato rispetto alle nostre esigenze attuali, ma serve a essere reattivi e sul pezzo in qualunque momento, garantendo qualità nel servizio, che è da sempre il grande driver della nostra crescita», prosegue Danilo Cavargna,
direttore e responsabile amministrativo di Onys Digital Solutions.
All’interno di un settore certamente problematico, e dove crescere è una sfida, il risultato sorprende. Sembra dunque legittimo domandarsi come sia stato possibile. «A dipendenza delle fasi, siamo abituati a investire in capitale umano, e nella sua formazione; o in magazzino, rifornendolo per tempo, come è stato necessario fare durante l’emergenza pandemica. Nel corso degli anni il mercato è andato avanti, in passato a essere determinante era la qualità del prodotto, oggi a prevalere è invece la qualità del servizio, ed è quello che abbiamo sempre fatto. Nonostante nell’arco di un ventennio il costo delle macchine sia decisamente calato, i clienti sono sempre stati abituati a ‘noleggiare’ la macchina, e pagare per l’uso che ne fanno», nota Kaufmann. Questo evidentemente solleva sfide in primis finanziarie, che una piccola azienda potrebbe non essere sufficientemente attrezzata ad affrontare. «Non ci appoggiamo a società terze, mediamente i contratti hanno durata di circa 5 anni, e siamo noi i proprietari delle stampanti che noleggiamo. Tutto lineare nell’operatività quotidiana, ma evidentemente si verificano periodicamente picchi di domanda, ad esempio in concomitanza con il rinnovo del parco macchine di clienti molto grossi, ed è per la gestione di queste fasi di forte stress della liquidità che abbiamo iniziato a collaborare anni fa con Banca Raiffeisen Tre Valli. In genere si tratta di contratti da 300-400mila franchi, il cui valore raddoppia nel lustro, ma che nelle prime settimane deve essere da noi coperto nei confronti dei fornitori, e che solo la presenza di un partner finanziario flessibile ci consente di fare serenamente», sottolinea Cavargna. Come spesso accade è la flessibilità la vera esigenza da parte delle imprese, a prescindere dal settore e dalle dimensioni. Flessibilità nei confronti della clientela. «Originariamente erano nostri clienti, e solitamente in caso di necessità tendiamo a rivolgerci proprio alla nostra clientela, per consolidare il rapporto. In questo caso c’è stata un’evoluzione molto positiva, come nel caso di Canon. Grazie a condizioni di favore, mai scontate, in un caso e nell’altro riusciamo sempre a soddisfare la clientela, senza lasciar sfumare un buon affare perdendoci in chiacchiere e dettagli. Il vero valore aggiunto di queste
«A noi interessa che il cliente conservi nel tempo un sano equilibrio finanziario e che senta di avere vicino un partner di fiducia che lo sostenga. Alcuni anni fa l’azienda ha fatto fronte a un cambiamento nella struttura azionaria e abbiamo seguito da vicino la riorganizzazione trovando una soluzione»
Daniele Celio, Responsabile consulenza clientela aziendale di Banca Raiffeisen Tre Valli
Come finanziarsi?
Molto spesso un tema determinante per il successo o meno di un’azienda è una corretta gestione della liquidità e dei diversi canali di finanziamento a cui attingere. Ma con quali differenze? «In presenza di aziende in salute e bilanci sani, le opzioni disponibili sono diverse. Si tratta di capire quale sia la migliore in quel dato momento, anche a fronte degli obiettivi da raggiungere. Nel caso di Onys il rapporto con Raiffeisen si è consolidato nel corso degli anni, e si rivolge a noi prevalentemente per far fronte a puntuali esigenze di finanziamento tipiche del suo business model» sintetizza Daniele Celio, responsabile consulenza clientela aziendale di Banca Raiffeisen Tre Valli.
A dipendenza delle circostanze e del fine con cui l’operazione viene fatta, viene scelto con il cliente la tipologia di finanziamento più idonea. «Le esigenze di un cliente possono essere molteplici e abbracciare più ambiti aziendali. Può dunque rivelarsi utile un leasing per finanziare un bene d’investimento, l’azienda preserva così la liquidità, resta flessibile a livello finanziario e aggiornata a livello tecnologico, ottenendo così vantaggi sulla concorrenza. Il finanziamento dello stock può avvenire invece mediante messa a disposizione di una linea di credito con cui l’azienda può pianificare gli acquisti mediante anticipi fissi in base ai nuovi contratti conclusi» prosegue il responsabile. Un’attenta gestione e pianificazione della liquidità permette all’azienda di ottimizzare il proprio cash flow e garantirsi una certa sicurezza a fronte di possibili fattori economici che influenzano il mercato in cui opera. Del resto, obiettivi ed esigenze sono spesso comuni. «A noi interessa che il cliente conservi nel tempo un sano equilibrio finanziario e che senta di avere vicino un partner di fiducia che lo sostenga nei vari cicli di vita dell’azienda. Alcuni anni fa l’azienda ha fatto fronte a un cambiamento nella struttura azionaria e abbiamo seguito da vicino la riorganizzazione trovando una soluzione per una buona riuscita della successione aziendale» conclude Daniele Celio.
relazioni di lungo periodo è l’aspetto più valoriale, la vicinanza con il consulente, e la condivisione degli stessi principi sulla base dei quali viene sviluppato il business. Un aspetto che ritengo essere fondamentale, dal rispetto alla fiducia reciproca», prosegue il responsabile tecnico. Flessibilità, e territorio. Un binomio esplosivo, dai risultati straordinari. «È la vicinanza tra cliente e banca a fare la differenza, e a rendere possibile questa flessibilità, che a nostra volta mettiamo a disposizione del nostro cliente. Evidentemente è fondamentale conoscersi, e dunque essere presenti sul territorio, per venirsi incontro e rendersi disponibili quando necessario», conclude Cavargna.
Achille Barni Federico Introzzi
Crescere si può
Giunta alla boa dei vent’anni una realtà del territorio ha completato un processo di riorganizzazione, ma è anche continuata a crescere, ed è pronta infine a segnalarsi. Al centro qualità del servizio, e attenzione nei confronti del cliente, ma con nuovi potenti strumenti.
Costituzione di Soave
Asset Management, a Lugano
2005
2016
Entrata di figure chiave, raddoppio degli AuM
2017
Modifica del nome, nasce Soave Private Investors
2018
Nonostante i lustri e i fasti della terza Piazza finanziaria svizzera siano ormai trascorsi, e da diverso tempo, il territorio è ancora ricco di realtà all’avanguardia, attrezzate a fronteggiare le sfide di un’industria finanziaria che cambia e continuerà a farlo anche nei prossimi anni, a una velocità ancora superiore. La Piazza, luganese in particolare e svizzera in generale, si trova infatti ai cancelli di partenza di un processo di lungo e intenso consolidamento che ne rimetterà in discussione molti equilibri, cristallizzatisi nel corso dei decenni. Il cambiamento, laddove per il meglio, dovrebbe però essere ben accolto, laddove non incentivato, nell’interesse di quello che ne continuerà a essere il protagonista: il cliente.
A Lugano, una società specializzata in gestione patrimoniale, e servizi di Family Office, affermatasi nel corso di un ventennio di storia, è pronta a raccogliere questa sfida. «Soave è stata fondata nel 2005 con l’obiettivo dichiarato di rispondere alle esigenze più complesse di una clientela sofisticata e facoltosa, profilandosi quale alternativa alle istituzioni finanziarie tradizionali, mettendo al centro la cura delle necessità specifiche di ogni cliente, ascoltando attivamente le sue richieste e rispondendo sempre in modo preciso e personalizzato. Non ci occupiamo unicamente di gestire il patrimonio, ma anche di guidare i nostri clienti nel raggiungimento dei loro obiettivi di lungo termine, proteggendone e accrescendone il capitale in modo sostenibile. In tal senso
2019
2022
Lasciato l’omonimo palazzo del centro di Lugano, dove era nata, la nuova sede della società a Lugano.
vediamo ogni cliente in qualità di partner, con cui costruire un percorso di crescita condiviso», illustra Daniele Scano, Partner e membro di Direzione di Soave Private Investors.
Nel corso degli anni Soave ha saputo evolversi, adattandosi alle sfide di un mercato finanziario sempre più complesso, uscito mutato da diverse crisi e importanti modifiche normative. «Abbiamo integrato metodi tradizionali di gestione patrimoniale con soluzioni moderne e tecnologicamente avanzate, riuscendo a coniugare il meglio dei due mondi. La società ha ampliato la sua offerta, offrendo servizi che spaziano dalla gestione su misura, alla consulenza fiscale e alla pianificazione successoria, per arrivare fino ai servizi completi di Family Office. Ogni servizio è progettato per adattarsi alle specifiche esigenze dei clienti, supportandoli nelle decisioni finanziarie e strategiche che influenzeranno il loro futuro e quello delle generazioni successive», prosegue il Partner.
Come spesso accade, un punto di svolta importante non solo strategico, coincide con operazioni di finanza straordinaria, quelle che interesseranno nei prossimi anni la Piazza nel suo insieme. «Nel 2022 siamo entrati a far parte del Gruppo Valeur, una realtà internazionale altamente regolamentata, attiva nell’Asset Management, nel trading e nell’Advisory,
Autorizzazione Finma ad acquisto 30% da parte di BancaStato
Riacquisto delle azioni da BancaStato
Nuova Direzione generale ed entrata nel Gruppo Valeur
e presente oltre che in Svizzera, in diversi altri stati europei, Regno Unito e Francia inclusi. Questa integrazione ha permesso alla società di ampliare ulteriormente la sua capacità di offrire soluzioni sofisticate, mantenendo però invariato il focus sul servizio altamente personalizzato e sulle relazioni di lunga durata. Per creare valore, il nostro primo passo è sempre comprendere le esigenze del cliente. Partiamo da un’analisi approfondita per poi proporre soluzioni mirate. Grazie a Valeur, possiamo contare su nuove risorse globali, un team ampio e qualificato e possiamo offrire una vasta gamma di soluzioni, di servizi, sia finanziari che non, per rispondere in modo completo e tempestivo alle specifiche necessità, anche quelle più complesse», riflette Scano.
Servizio che non può però prescindere dalla performance, nonostante un ambiente d’investimento andato fortemente complicandosi negli anni, oltre ad ampliarsi costantemente tra nuovi mercati e nuovi prodotti. «Il nostro team di gestione patrimoniale dedicato è costantemente impegnato nella ricerca delle migliori opportunità offerte dai mercati, combinando l’esperienza acquisita nel tempo con approcci innovativi. Le strategie d’investimento vengono pensate per rispondere a una varietà di esigenze: dalla necessità di protezione e conservazione del patrimonio al desiderio di crescita del capitale. Ogni portafoglio viene progettato in modo attento e bilanciato, tenendo conto dei rischi, dei rendimenti e della sua sostenibilità a lungo termine. Siamo una società che ha saputo costruirsi una solida reputazione nel settore, combinando competenze, innovazione e una forte attenzione al cliente», evidenzia il Partner. Molte storie, personali, nascono però all’interno degli istituti, scuole impareggiabili dove capire logiche e dinamiche di un settore che pur nella sua essenzialità nel corso del tempo ha dovuto, ma anche saputo, trovare nuovi equilibri, adeguandosi ad esempio alla radicale evoluzione del contesto normativo. «Il mio percorso professionale è iniziato nel 2007, partecipando al Graduate Training Program di Ubs. Era un periodo di grande prosperità per l’industria finanziaria, ma già allora c’erano tutti i segnali dell’arrivo di instabilità. Nel 2008, la crisi ha colpito con tutta la sua forza, proprio quando stavo concludendo la mia formazione e ricevevo il mio primo portafoglio clienti.
«Non ci occupiamo solo di gestire il patrimonio, ma anche di guidare i nostri clienti nel raggiungimento dei loro obiettivi di lungo termine, proteggendone e accrescendone il capitale in modo sostenibile. In tal senso vediamo ogni cliente in qualità di partner, con cui costruire un percorso di crescita condiviso»
Daniele Scano, Director e Partner di Soave Private Investors
Il capitale umano
Evoluzione del numero di collaboratori (in etp) per funzione
Mi sono trovato nel mezzo di una tempesta economica globale, con i mercati crollati e la fiducia dei clienti ai minimi storici. Tuttavia, nonostante le difficoltà, come spesso accade in queste fasi, ho visto anche una grande opportunità. È stato un periodo psicologicamente difficile, non solo per i clienti, ma anche per noi consulenti, dovevamo trovare il modo di navigare attraverso l’incertezza e di ripor-
Nel corso degli ultimi anni, in cui la Piazza ha vivacchiato, una piccola realtà ha invece vissuto una forte crescita delle masse gestite, e della clientela servita. A sostenere questo trend un capitale umano in crescita, una riorganizzazione del modello organizzativo, e importanti investimenti. È infine tempo di capitalizzare questi sforzi.
Fonte: Soave Pi
Fonte: Soave Pi
Una realtà consolidata
Presenza del Gruppo Valeur in Europa
Sono numerose le sedi e i Paesi in cui il Gruppo è attivo.
tare i portafogli in terreno positivo. Ho avuto la fortuna di riuscirci guadagnando la fiducia di molti clienti che sono ancora con me oggi», commenta Scano. Per quanto possa certo suonare strano, e nel caso di molti è stato l’opposto, anche la più grande e profonda delle crisi può avere risvolti molto positivi sul percorso di alcuni. «Quella fase della mia carriera è stata determinante. La crisi ha cambiato il mondo della finanza e ha rappresentato per me un punto di partenza straordinario. In effetti, posso dire che la mia carriera in banca è stata in parte alimentata proprio da quella crisi, perché mi ha permesso di acquisire esperienza sul campo in un momento di straordinaria volatilità e incertezza. Ma nel 2017, dopo aver ricoperto incarichi di crescente responsabilità, ho deciso di lasciare il mondo bancario per seguire una strada alternativa», riflette il Partner, che prosegue: «Questi clienti, imprenditori con aziende familiari, cercavano nel consulente non solo esperienza in strumenti finanziari sofisticati, ma soprattutto qualcuno di cui potersi fidare, con cui instaurare una relazione a lungo termine. La soluzione l’ho trovata nel settore degli External Asset Manager, un ambiente in cui la gestione patrimoniale e la consulenza finanziaria sono ancora profondamente legate alle persone, personalizzate e legate ai valori di trasparenza e di etica. I clienti, in particolare le nuove generazioni, erano sempre più informati e cercavano un consulente che sapesse non solo gestire i loro investimenti, ma che fosse anche in grado di orientarsi in
un mondo complesso e in continuo mutamento».
Se a cambiare è il mondo, con diverse generazioni che si stanno passando il testimone, anche l’industria finanziaria, indipendente o bancaria che sia, non può che adeguarsi e recepire le mutate esigenze della clientela. In molti casi anche
«Abbiamo consolidato il nostro brand, la nostra reputazione e la nostra missione è diventata sempre più chiara: vogliamo diventare il punto di riferimento per la gestione patrimoniale indipendente, offrendo ai nostri clienti servizi di alta qualità, con un approccio trasparente ed etico. Le sfide saranno certamente molte, ma siamo certi del nostro successo»
precorrendo i tempi, per non disperdere del vantaggio competitivo. «Soave, di cui sono diventato Partner nel 2020 e membro di Direzione nel 2022 unitamente a Mattia Teoldi, ha rispecchiato questo cambiamento. Siamo infatti un’entità indipendente, nata con l’obiettivo di offrire soluzioni patrimoniali su misura per i clienti, e tali rimaniamo. Grazie all’ingresso in Valeur, la società ha però ampliato notevolmente le proprie risorse, migliorando ulteriormente un approccio da sempre orientato a una qualità molto alta del servizio per il cliente. Questa capacità e dedizione nei confronti della nostra clientela si è tradotta in una crescita significativa, che ci ha permesso di
Il Gruppo
Attiva in 6 Paesi, Valeur è una realtà europea consolidata, con un AuM di oltre 3 miliardi di euro, oltre 800 clienti, 17 fondi in gestione, e cinque piattaforme d’investimento. Impiega oltre 90 collaboratori, ha un volume di trading di 20 miliardi annui, e intrattiene rapporti con oltre 30 Case di fondi, e 100 controparti di mercato. È stata fondata nel 2009 da Lorenzo Vangelisti.
triplicare gli asset negli ultimi sette anni», rileva il Partner.
L’ultimo biennio è stato certamente molto intenso, all’insegna di una riorganizzazione interna e della ricerca di un nuovo assetto più adeguato al presente, e aperto al cambiamento, ma si è ormai ai cancelli di una ripartenza. «Ci siamo preparati ad affrontare le sfide future, non solo con il rafforzamento del nostro team, ma anche con una visione chiara di dove vogliamo andare. Soave, che compirà 20 anni nel 2025, si è strutturata per continuare a crescere. Abbiamo infatti consolidato il nostro brand, la nostra reputazione e la nostra missione è diventata sempre più chiara: vogliamo diventare il punto di riferimento per la gestione patrimoniale indipendente, offrendo ai nostri clienti servizi di alta qualità, con un approccio trasparente ed etico. Siamo certi che il futuro della nostra società sia promettente, pur nella consapevolezza che saranno molte le nuove sfide da affrontare. La concorrenza aumenterà, la digitalizzazione cambierà ulteriormente il nostro modo di lavorare, ma credo fermamente che la chiave per avere successo, anche in un contesto di cambiamenti rapidi, sarà continuare a mettere al centro la relazione umana, la fiducia e la professionalità. La mia esperienza mi ha insegnato che, nonostante le difficoltà, ogni crisi porta con sé un’opportunità, e in questi anni abbiamo dimostrato che, se si fa bene il proprio lavoro, si può non solo superare la tempesta, ma anche uscirne più forti di prima», conclude Daniele Scano, Partner di Soave Private Investors.
Giulio De Biase Federico Introzzi
Fonte: Soave Pi
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Osservatorio
Volatili ma pronti
L’anno elettorale si avvia ormai a conclusione, al netto di qualche fuoco artificiale dietro l’angolo, tanta volatilità, e quindi nervi molto saldi. Non è una gran novità.
Il mercato svizzero dei fondi nel corso del mese di luglio ha visto una discreta crescita delle masse, trainata in una certa misura dal buon andamento dei mercati finanziari, intercettata dai fondi azionari e obbligazionari, e sostenuta da una buona raccolta.
Il net new money si è attestato infatti a 5.48 miliardi di franchi, in leggera calo rispetto alla precedenza, ma comunque indicativo della stabilità dell’industria dei fondi, e della fiducia degli investitori nella corazzata elvetica.
Se si guarda infatti in chiave più retrospettiva all’andamento del mercato dei fondi svizzero, quello che emerge è una crescita stabile e lineare delle masse gestite, nonostante le forti oscillazioni degli indici, e l’alta volatilità dell’ultimo biennio, in uscita dagli anni del ‘pilota automatico’ segnati dall’emergenza pandemica. Ecco quindi che cinque anni fa le masse si attestavano di poco sopra gli 1,204 trilioni di franchi, che tre anni, in piena pandemia avevano già raggiunto gli 1,519 trilioni, correggendo l’anno successivo a 1,408 ma tornando nel mese di luglio a 1,531 trilioni in linea dunque con i massimi toccati in precedenza.
Evidentemente questi dati non scontano la volatilità e gli attacchi di panico vissuti invece ad agosto, nello specifico l’azionario americano, e giapponese, nel timore sussurrato che il favorevole ciclo congiunturale statunitense potesse stare giungendo al termine, nonostante l’aiuto ciclopico messo in campo dal bilancio federale, ormai nell’ordine del 7% del Pil. Negli Stati Uniti il dado è ormai tratto, e si chiude una campagna elettorale delle peggiori a memoria d’uomo, ma chiuso un capitolo se ne apre un secondo, con il grande motore europeo ingolfato, la Germania, che sta vivendo una parentesi politica delle più tristi, alle prese con la peggiore delle crisi del suo fiore all’occhiello: l’Automotive.
Il
mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar in mln di franchi)
Categoria fondi Asset
Fondi azionari
Fondi misti
Fondi mercato monetario
Fondi
Raccolta per Asset class
(in milioni di franchi)
Osservatorio 4.0
Caro lettore, L’Osservatorio sta infine sfondando la famosa terza dimensione, l’online, per essere sempre più completo e aderente all’evoluzione vorticosa dei mercati finanziari, tenendo il passo. Una parte dei contributi dei numerosi Partner che da anni contribuiscono alla sua ricchezza, e che molti apprezzano, inizieranno a essere web-only, specie per quelle tematiche molto più ‘liquide’. Buona meta-lettura FI
Dopo un periodo di incertezza, il percorso dei tassi d’interesse globali è ora abbastanza chiaro. Si tratta di uno sviluppo positivo per l’alpha, e per gli Hedge Fund.
Il vantaggio dello sconto
S&P Dividend Yield, rispetto ai tassi di sconto sullo short
L’economia globale sta per entrare in una nuova fase del ciclo dei tassi d’interesse. I rialzi aggressivi dei tassi sono alle spalle e la maggior parte delle principali Banche Centrali sta pianificando un allentamento monetario. Man mano che le prospettive sui tassi diventano più chiare, vi è una maggiore dispersione nei rendimenti delle singole asset class. Ciò, a sua volta, aumenta il numero di opportunità di relative value da capitalizzare.
Inoltre, sebbene i tassi siano destinati a calare, è probabile che rimangano elevati, soprattutto se paragonati all’era post Grande Crisi. Ciò porterà a una maggiore differenziazione tra le aziende e, di conseguenza, a maggiori opportunità di investimento per gli stock pickers. Infatti, storicamente, i periodi con tassi d’interesse elevati (4%) sono stati caratterizzati da forti rendimenti e dalla creazione di alfa da parte degli Hedge Fund.
Con i tassi che hanno ormai raggiunto il picco, le aziende si sentiranno più a loro agio nell’esecuzione della propria strategia a lungo termine, portando a una
graduale ripresa delle quotazioni in borsa e delle fusioni e acquisizioni. Si prevede infatti che quest’anno l’attività di M&A a livello mondiale aumenterà del 50%. Questo amplia il campo di ricerca degli Hedge Fund che possono sfruttare tali eventi per massimizzare i rendimenti. Per tutti questi motivi, le prospettive di generazione di alfa per gli investitori fondamentali stanno migliorando, in quanto i mercati diventano più sensibili ai fattori specifici dei titoli piuttosto che ai cambiamenti macroeconomici. Tassi e obbligazioni. È pur vero che, sebbene siano in arrivo tagli dei tassi, è improbabile che siano aggressivi o rapidi. Inoltre, l’inflazione potrebbe rivelarsi più persistente del previsto. I tassi rimarranno pertanto relativamente alti. Si potrebbe sostenere che, finché i tassi sono elevati, ha senso investire in obbligazioni, per beneficiare dei rendimenti interessanti ancora disponibili con rischi limitati. Le obbligazioni non sono però l’unico strumento a beneficiare dei tassi elevati. Un loro aumento a breve termine sostiene anche la performance assoluta dei fondi
Steve Huguenin Virchaux, Head of Total Return Equities Cpm and Business Strategy di Pictet Am. A lato, l’evoluzione dello sconto sugli short. Si è tornati a livelli mai visti dal post Grande Crisi.
azionari long/short, in particolare di quelli market neutral, il cui portafoglio short è significativo per raggiungere la neutralità. Perché? Quando un Hedge Fund assume una posizione short, prende in prestito il titolo e fornisce un collaterale in contanti al prestatore. Per la durata del prestito, il fondo deve pagare al prestatore gli eventuali dividendi ricevuti sulle azioni, ma al contempo incassa gli interessi sul collaterale in contanti, noto come sconto sullo short. Attualmente, i tassi a breve termine si situano a livelli mai visti dai tempi della crisi finanziaria mondiale, con conseguenti sconti sullo short significativamente più elevati. Lo sconto sullo short più elevato riduce il costo associato alle posizioni short, che ora rappresenta una spinta strutturale per la performance assoluta di questi fondi. In un contesto che favorisce anche la creazione di alfa, questa è effettivamente la ciliegina sulla torta. Per semplificare, un fondo market neutral bilancia le posizioni long e short per raggiungere la neutralità, il che sostanzialmente equivale a detenere il suo intero valore in contanti (percependo il tasso d’interesse meno uno spread), solo con il vantaggio aggiuntivo di possibili rendimenti ulteriori e potenzialmente significativi dalle posizioni long e short sottostanti (ossia spread di performance long/short o alfa).
La spinta proveniente dallo sconto sullo short è solo uno dei motivi per cui i pros-
simi mesi dovrebbero essere più favorevoli a una sovraperformance relativa degli Hedge Fund. Finché non tornerà a zero o negativo, il contesto dei tassi rimarrà più favorevole di quanto non lo sia stato nel decennio precedente. Pertanto, le strategie market neutral con un profilo di rendimento del rischio conservativo possono integrare un’allocazione a reddito fisso, poiché anch’esse beneficiano meccanicamente di tassi più elevati.
Inoltre, la traiettoria della curva dei rendimenti (sia negli Stati Uniti che in Europa) fa sì che gli Hedge Fund che vedono i loro ampi saldi di cassa remunerati al tasso overnight sono molto ben posizionati rispetto ai Treasury in termini di prospettive di rendimento.
Perché gli Hedge Fund? Tradizionalmente, gli investitori si cautelavano contro la sottoperformance delle azioni allocando una parte del loro capitale in obbligazioni. La storia recente ha dimostrato che questa strategia da sola potrebbe non garantire una sufficiente diversificazione dato che la correlazione tra obbligazioni e azioni cambia nel tempo. Non è costantemente negativa ed è fortemente influenzata dall’inflazione attesa.
Al contrario, alcune strategie Hedge hanno un solido track record indipendentemente da azioni e obbligazioni.
I vantaggi della diversificazione possono essere ottenuti principalmente in due modi, a seconda del tipo di fondo. Alcuni fungono da diversificatori perché i loro rendimenti mostrano una correlazione minima o nulla con quelli di azioni e obbligazioni. In questa categoria vi sono strategie multi-strategy e market neutral.
Altre strategie possono fungere da sostituti, in grado di supplire una parte degli investimenti azionari in un portafoglio, migliorando il profilo di rendimento del rischio. I fondi azionari long/short direzionali rientrano in questa categoria in quanto mirano a offrire rendimenti simili a quelli dei mercati azionari, ma con una minore volatilità e perdite limitate. Per migliorare il profilo di rendimento del rischio di un’allocazione obbligazionaria si possono utilizzare anche fondi azionari market neutral o fondi multi-strategy.
La diversificazione sarà quindi un aspetto fondamentale per gli investitori nei prossimi anni, ancor più che nell’ultimo decennio. Gli Hedge Fund, con la loro capacità di decorrelare e proteggere dal rischio di ribasso, continueranno
Diversificazione difettosa
Correlazione tra azioni e Treasury rispetto all’inflazione americana
quindi a svolgere un ruolo importante in un’allocazione globale.
Tra strategie e opportunità. Investire a livello globale senza vincoli di benchmark consente di approfittare delle diverse fasi del ciclo economico in tutto il mondo attraverso un mix di posizioni long e short. Oggi, ad esempio, la crescita in Europa è moderata e la dispersione dei titoli elevata (divergenze delle recenti stagioni degli utili). Un tale contesto di mercato tende a premiare lo stock picking.
L’Asia è un’altra regione che offre un ricco terreno di caccia per gli stock picker. Ad esempio, le riforme della Corporate Governance in Giappone stanno incentivando le aziende ricche di liquidità e prive di leva finanziaria ad avviare o aumentare i loro programmi di dividendi e di buyback. Gli azionisti stanno esercitando con successo pressioni sulle aziende affinché si concentrino maggiormente su misure in grado di incrementare la redditività, ed è probabile che anche il Giappone sia in una posizione unica per beneficiare di un boom di attività strategiche tramite M&A, spin-off, manager buyout o joint venture. Le riforme societarie incoraggiano le aziende a dismettere le filiali non strategiche, in un contesto già favorevole creato da incentivi fiscali, bassi tassi e ampia disponibilità di capitale Private Equity. Ci si attende inoltre il mantenimento di alti livelli di attività aziendale nel SudEst asiatico e in Australia. Il primo per la forte crescita economica, la fuga di capitali dalla Cina e un contesto normativo più favorevole. La seconda, nel frattempo, sta capitalizzando la sua forte posizione nel settore globale delle materie prime, fondamentale per la transizione energetica.
La Cina è un mercato che gli investitori hanno trovato difficile negli ultimi tre an-
La correlazione tra azioni e obbligazioni cambia nel corso del tempo, il che espone a una serie di rischi, che potrebbero essere invece corretti, ad esempio da Hedge Fund.
ni, a causa delle pressioni deflative e della debolezza del settore immobiliare. Tuttavia, la Cina offre ancora molte opportunità bottom-up guidate dai cambiamenti delle abitudini di consumo e della tecnologia, ad esempio, e dalla capacità delle aziende di adattarsi a tali cambiamenti. Bene quindi le società di beni di consumo che rispondono a consumatori più esigenti e pragmatici e che godono di una spinta derivante dalla crescita estera, mentre cautela per le società industriali che devono far fronte a sovracapacità produttiva e pressioni sui prezzi. Bene anche il settore dell’hardware semitecnologico e tecnologico nella regione, in considerazione dei massicci investimenti nell’Ai dei prossimi anni. Di recente, diverse aziende si sono mosse per rafforzare i rendimenti degli azionisti aumentando i dividendi o implementando il buyback azionario. Nel complesso, le mutate condizioni di mercato impongono agli investitori un approccio più agile alla costruzione del portafoglio, con un occhio di riguardo proprio per Hedge Fund. Nell’ambito di un portafoglio diversificato di azioni e obbligazioni, gli Hedge hanno il potenziale per migliorare i rendimenti rettificati per il rischio nel corso del ciclo. Non solo rappresentano quindi un’alternativa sempre più interessante ai fondi monetari, la cui popolarità diminuirà gradualmente con la riduzione dei tassi, ma sono anche in grado di offrire una certa protezione del capitale in caso di volatilità del mercato.
Fonte: Pictet Am
Correlazione Msci Us/Treasury Usa a 3 anni
Non solo beni, ma servizi
Nonostante i timori del riaccendersi delle tensioni commerciali, il solido surplus della bilancia europea è frutto sì dell’export di beni, ma anche di molti servizi, più difficili da colpire.
Il surplus sopravvive
Export di beni e servizi dell’Eurozona (dati mensili, var % y/y)
Luca Henzen, Derivatives Analyst Cio di Ubs Global Wealth Management. A lato, l’andamento dell’export europeo negli ultimi anni.
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Un crescente senso di pessimismo continua ad appannare le prospettive di crescita dell’economia dell’Eurozona. Dopo un inizio d’anno promettente, che ha visto l’economia crescere dello 0,3% nel primo trimestre e dello 0,2% nel secondo, una serie di dati deboli ha riacceso i timori che lo slancio economico stia diminuendo. Sembra che l’Europa debba affrontare numerose sfide strutturali che ne limitano il potenziale economico rispetto ad esempio agli Stati Uniti. Tuttavia, l’economia dell’Eurozona continua a registrare un trend di miglioramento e la crescita potrebbe presto avvicinarsi al suo potenziale di circa l’1%. Inoltre, vi sono una serie di spinte cicliche che potrebbero accelerare la crescita. Tra questi, i solidi ‘fondamentali’ dei consumatori, grazie anche all’aumento dei salari e alla solidità dei rispettivi bilanci, oltre ai prezzi dell’energia più bassi e il calo dei tassi d’interesse. Inoltre, si nota che le preoccupazioni attuali per la stretta fiscale, il commercio e il mercato immobiliare sono probabilmente eccessive.
Pertanto, sebbene la base di partenza sia un modesto miglioramento della crescita nel tempo, l’economia potrebbe registrare risultati migliori rispetto alle basse aspettative. Questo risultato, a oggi non scontato, porterebbe a un rafforzamento della moneta unica rispetto al dollaro americano e favorirebbe i titoli a piccola e media capitalizzazione in Europa. Rischio dazi. I timori per il contesto commerciale globale, un ambito in cui l’Eurozona gode di un deciso surplus con il resto del mondo e che rappresenta circa un terzo della produzione, sono aumentati in seguito alle minacce di tensioni crescenti e all’aumento della concorrenza nei mercati chiave. Le preoccupazioni si sono giustamente concentrate sulle prospettive del commercio di beni, in quanto è qui che la concorrenza è maggiore e i dazi potrebbero andare a colpire.
Tuttavia, se il commercio di beni è fondamentale, non bisogna trascurare l’importanza dei servizi, che valgono circa un terzo dell’export europeo. Ed è questo l’ambito che ha registrato la crescita più forte dopo la pandemia.
La concorrenza nel commercio di beni è da tempo una minaccia per l’Europa, da qui diverse delocalizzazioni. La crisi energetica ha provocato un altro spostamento, in quanto i beni europei sono diventati meno competitivi sul piano dei prezzi, seppur tale fenomeno si sia concentrato nei settori a basso valore aggiunto. La forte concorrenza estera a livello di beni e merci rende difficile per l’Europa conservare o accrescere le sue quote di mercato in diversi settori in cui è oggi leader, ma è probabilmente parte di una naturale tendenza che vedrà lo scambio di servizi crescere per importanza.
L’export di servizi dovrebbe in ogni caso continuare a rappresentare un punto di forza per la ripresa. In primo luogo, la crescita globale dovrebbe rimanere robusta anche nei prossimi trimestri e la domanda di servizi stabile. È anche probabile che i servizi non siano soggetti a dazi, risentendo meno di potenziali tensioni. Da ultimo, nel post-Covid l’export di servizi tende a concentrarsi nei settori in cui c’è maggiore domanda, dunque l’It vale oggi un quinto del totale, e anche il turismo è tornato ai livelli pre-pandemici.
Quindi, anche se le tensioni commerciali potrebbero creare qualche danno, è improbabile possano colpire troppo duro, grazie alla componente servizi. Inoltre, la minaccia rafforzatasi e proveniente da Oltreoceano non è nuova, ma è una minaccia che l’Europa dovrebbe continuare a gestire concentrandosi su prodotti a più alto valore aggiunto.
Fonte: Ubs, Eurostat
Il ritorno dell’inverno?
Cambiano i vertici della Bns, e torna ad aleggiare lo spettro di possibili interessi negativi, ma quanto è concreto tale rischio? Quali sono le cause alla base del rallentamento dell’inflazione?
L’indice dei prezzi in Svizzera
Evoluzione dell’andamento dell’inflazione, e dei tassi (dal 2000, in %)
GianLuigi Mandruzzato, Senior Economist di Efg. A lato, l’andamento del tasso d’inflazione in Svizzera, e le risposte della politica monetaria della Banca Nazionale.
o scorso 26 settembre la Banca Nazionale Svizzera (Bns) ha ridotto nuovamente il tasso di interesse di riferimento, o policy rate, portandolo all’1.00%. Il Board ha comunicato che ulteriori ribassi potrebbero essere necessari. Il nuovo Presidente, Martin Schlegel, e il suo Vice, Antoine Martin, si sono espressi riguardo la possibilità che i tassi di interesse svizzeri tornino in territorio negativo come nel periodo 2014 - 2022. I banchieri centrali hanno sottolineato che questo scenario non è al momento in considerazione, ma hanno detto che se le circostanze lo richiedessero potrebbe tornare d’attualità. Ciò è per certi aspetti straordinario: poco tempo dopo che la più forte fiammata inflativa degli ultimi 30 anni è stata superata lo spettro dei tassi negativi si riaffaccia...
In effetti, le previsioni di inflazione della stessa banca centrale potrebbero giustificare qualche preoccupazione. Il tasso d’inflazione annuo nel periodo fino a metà 2027 dovrebbe essere in media pari a solo lo 0.6%. Un’inflazione che rimane a lungo nella parte bassa della fascia
obiettivo 0-2% perseguita dalla Banca Centrale rappresenta un rischio per la stabilità dei prezzi allo stesso modo di un’inflazione troppo alta. Le aspettative degli operatori potrebbero adeguarsi al nuovo scenario, prolungando il periodo di bassa inflazione. Partendo da un livello basso, eventuali nuovi shock avversi, come una recessione o un forte apprezzamento del tasso di cambio del franco, potrebbero più facilmente portare a una situazione in cui i prezzi al consumo calano in modo diffuso, la cosiddetta deflazione.
In questa particolare situazione, l’economia avrebbe grandi difficoltà a riprendersi. Il calo dei prezzi e l’attesa che questo continui potrebbe spingere i consumatori a rimandare gli acquisti, deprimendo ulteriormente l’attività economica. Inoltre, il peso del debito in termini reali aumenterebbe e con esso il rischio di maggiori insolvenze. Le difficoltà del settore bancario renderebbero più difficoltoso l’accesso al credito, andando di nuovo a deprimere l’attività economica.
In tale contesto l’efficacia della politica monetaria a stimolare l’economia sareb-
be seriamente compromessa, come è ad esempio successo in Giappone per buona parte degli ultimi 30 anni. Per ridurre tale rischio, o combatterne gli effetti, la Banca Centrale potrebbe essere di nuovo costretta ad applicare dei tassi negativi. Ma quanto è elevato il rischio che ciò accada nel prossimo futuro? In breve, la risposta è: non molto. Infatti, il calo dell’inflazione previsto nel 2025 è in larga parte dovuto all’esaurirsi degli effetti dell’aumento di 0,4 punti percentuali dell’aliquota Iva del gennaio 2024 e al calo dei prezzi dell’elettricità a partire da gennaio 2025. Questi shock difficilmente si ripeteranno negli anni successivi - anzi nel 2026 l’aliquota Iva potrebbe aumentare per finanziare la 13esima Avs confermata dal popolo a marzo. Il calo dell’inflazione potrebbe quindi essere meno duraturo di quanto previsto dalla Bns.
Inoltre, il calo del prezzo dell’elettricità, così come quello dei carburanti e del gas per il riscaldamento registrato già dalla primavera del 2024, liberano risorse a vantaggio della spesa in altri beni e servizi e della crescita economica in generale.
In conclusione, pare rassicurante, oltre che corretto, che i nuovi vertici della Bns non escludano nessuno scenario e si dicano pronti ad utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per garantire la stabilità dei prezzi. Al tempo stesso, il ricorso a misure estreme come i tassi di interesse negativi non dovrebbe essere necessario in assenza di nuovi shock avversi.
Fonte: Bns
Il dilemma di Taiwan
Il nodo tutto da sciogliere tra Pechino e Washington si trova su un’isola molto nota, e dipende dal destino di un’unica fondamentale azienda: Tsmc. Che succederà?
Miracoli di Taiwan
Evoluzione del volume delle vendite e degli investimenti di Tmsc (dati mld twd)
Riccardo Grisanti, addetto alle gestioni patrimoniali di Axion Swiss Bank guidate da Walter Lisetto. A lato, i risultati straordinari che Tsmc continua a raggiungere, sostenuti da una politica d’investimento in capitale fisso ciclopica.
Fonte: Bloomberg
Il mondo contemporaneo è sempre più dominato dalla tecnologia e, in particolare, dai semiconduttori, quei minuscoli chip che alimentano tutto, dai telefoni ai computer, fino alle automobili. In questo contesto, Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (Tsmc) emerge non solo come leader industriale, ma come un protagonista geopolitico. Il destino dell’industria tecnologica globale è intimamente legato a Tsmc e le tensioni tra Stati Uniti e Cina stanno trasformando Taiwan in una pedina cruciale sullo scacchiere geopolitico globale. In primo luogo, è fondamentale capire perché l’azienda sia così importante. La società taiwanese produce oltre il 60% dei semiconduttori mondiali e il 90% dei chip più avanzati, cruciali per l’industria tecnologica globale. Questi semiconduttori non sono solo prodotti industriali: sono il ‘cervello’ delle innovazioni moderne. Senza di essi, settori chiave come le automobili, l’elettronica di consumo e persino la difesa militare sarebbero paralizzati. A livello globale, il 5,6% del valore aggiunto totale proviene da settori che
utilizzano i chip come input diretti, ovvero quasi 6 trilioni di dollari. Ad esempio, Apple, Nvidia, Intel, Qualcomm, Amd, Huawei e Tesla dipendono tutte da Tsmc. La capitalizzazione di mercato totale per i primi 20 clienti del gigante dei chip Tsmc è di circa 7,4 trilioni di dollari. Questa dipendenza rende il sistema fragile. Se la produzione della taiwanese venisse interrotta, a causa di un’invasione o di un blocco commerciale tra Taiwan e il resto del mondo, l’impatto sarebbe devastante. Le stime parlano di una riduzione del Pil globale del 10%, ma è la perdita di capacità tecnologica avanzata che metterebbe a rischio la competitività di intere nazioni. Perché Taiwan? È una democrazia ricca e prospera, che si trova proprio di fronte alla costa cinese. Storicamente, le due Cine - quella continentale e quella di Taipei - sono state in conflitto per il controllo dell’isola, ma negli ultimi decenni la situazione è rimasta relativamente stabile grazie al principio della One China Policy accettato dagli Stati Uniti e dalla comunità internazionale.
Tuttavia, la recente assertività della Ci-
na sotto Xi Jinping ha riacceso le tensioni. La Cina rivendica Taiwan come parte del proprio territorio e ha mostrato una crescente ostilità verso ogni tentativo dell’isola di affermare la propria sovranità. Dall’altra parte, gli Stati Uniti considerano Taiwan un alleato strategico cruciale, sia per contenere l’espansione dell’influenza cinese nell’Indo-Pacifico, sia per l’importanza dello Stretto di Taiwan, una delle rotte marittime più trafficate al mondo. Tuttavia, ciò che rende Taiwan ancor più rilevante a livello globale è la sua industria dei semiconduttori, dominata da Tsmc.
Fondata nel 1987 da Morris Chang che ricevette l’incarico dal governo di Taiwan di sviluppare l’industria dei semiconduttori sull’isola. Mentre la maggior parte delle aziende puntava a produrre i propri chip, Chang si concentrò sulla produzione per conto terzi, diventando un partner indispensabile per le principali imprese tecnologiche. Questa mossa, accompagnata da una politica di predatory pricing, ha permesso a Tsmc di conquistare rapidamente quote di mercato.
Ad oggi la taiwanese con i suoi semiconduttori è diventata un’infrastruttura critica per l’intero sistema economico mondiale. Una guerra, un’invasione o persino un blocco marittimo di Taiwan avrebbe conseguenze disastrose per la filiera produttiva globale. La produzione di
laptop, tablet, smartphone e automobili si fermerebbe, poiché nessun altro Paese è in grado di sostituire Taiwan nel breve periodo. Washington, consapevole di questo, ha varato il Chips Act, un pacchetto di investimenti da 280 miliardi di dollari per riportare la produzione di semiconduttori negli Stati Uniti. Ma il recupero delle competenze industriali perse richiederà tempo, e per ora Tsmc rimane insostituibile.
A questo punto, è lecito chiedersi: che cosa spinge le superpotenze a evitare una guerra, nonostante le crescenti tensioni? Il calcolo è complesso. La risposta risiede in un delicato bilancio di costi e benefici. Da un lato, la Cina ha l’ambizione strategica di riunificare Taiwan, ma è consapevole che un conflitto aperto comporterebbe costi economici enormi. Si stima che, senza l’accesso ai semiconduttori avanzati e con le relazioni commerciali interrotte, il Pil cinese potrebbe ridursi del 16,7%.
A questo si aggiunge la crisi del settore immobiliare che già sta mettendo sotto pressione l’economia cinese. Per gli Stati Uniti, pur geograficamente più lontani dal centro del conflitto, i costi sarebbero comunque significativi: il loro Pil potrebbe calare del 6,7%, considerando anche la forte dipendenza di aziende come Apple dalla catena di fornitura asiatica. La protezione di Taiwan è essenziale per gli interessi strategici americani, ma un coinvolgimento militare diretto con la Cina rischierebbe di innescare conseguenze devastanti su scala globale.
In questo contesto, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno adottato una strategia di contenimento. Il supporto militare a Taiwan, le sanzioni economiche e l’isolamento diplomatico della Cina sono tutte misure che mirano a dissuadere Pechino da azioni aggressive. Tuttavia, questa strategia non è priva di rischi. L’esempio della visita di Nancy Pelosi a Taiwan nel 2022, percepita da Pechino come una provocazione, ha dimostrato quanto ogni gesto possa potenzialmente scatenare una reazione militare. Ne sono una prova le recenti esercitazioni militari cinesi Joint Sword-2024B svoltesi nell’ottobre di quest’anno nello Stretto di Taiwan, definite da Pechino come un ‘severo avvertimento’ contro il governo di Lai Ching-te, che continua a spingere verso l’indipendenza dell’isola.
Ma la questione di fondo è più sottile. La Cina potrebbe optare per una strate-
Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre
La corsa del titolo
Corsi di borsa dei tre titoli a confronto da I-2024 (var %)
Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre
gia graduale, esercitando una pressione economica e militare costante su Taiwan, in modo da logorarne l’economia senza dover ricorrere a un’invasione diretta, la cosiddetta strategia della ‘rana nell’acqua che bolle’.
Questo approccio economico mirerebbe a mettere pressione sull’isola, facendola dipendere sempre più dagli Stati Uniti e obbligando Washington a sostenere un’escalation potenzialmente disastrosa. Parallelamente, Tsmc sta già anticipando le possibili turbolenze geopolitiche diversificando la propria presenza globale in Stati Uniti, Giappone e Germania. Non a caso, nel primo trimestre del 2023, il leggendario investitore Warren Buffett ha venduto la sua quota in Tsmc, citando proprio il rischio geopolitico come fattore chiave per la decisione.
Dunque, il futuro della società taiwanese è quanto mai incerto. Se l’azienda riuscirà a mantenere il suo ruolo centrale nel mercato dei semiconduttori, continuerà a essere une dei fulcri della tecnologia globale. Tuttavia, questo status la pone anche in una posizione estremamente vulnerabi-
Anche e soprattutto rispetto alla concorrenza, oltre agli indici, la società di Taiwan continua a soprendere, registrando risultati straordinari, e continuando a essere premiata dagli investitori, che ultimamente non sono ben visti dagli investitori e dai mercati.
le. Le tensioni tra Washington e Pechino non sono solo una questione di supremazia politica o militare. Sono il risultato di un’economia globale iper-connessa, dove il controllo della tecnologia definisce il potere. Tsmc si trova al centro di questo sistema, rappresentando sia una risorsa critica che una potenziale vulnerabilità per tutte le parti in gioco.
La grande sfida sarà capire se le superpotenze riusciranno a trovare un modo per convivere senza scatenare un conflitto. Taiwan e Tsmc saranno i principali arbitri di questo equilibrio, e il futuro della tecnologia globale dipenderà dalla loro capacità di navigare in questo complesso scenario geopolitico.
Fonte: Bloomberg al 21-X
Prospettive private
Sono molte le ragioni che spingono a credere che possa presto tornare l’interesse tra gli investitori nei confronti dei mercati privati. Un’asset class in frizzante evoluzione.
Giovanni Castellino, responsabile Institutional Business Development di Pkb Private Bank. La leva tipica delle Lbo è dipendente dai tassi.
Ècertamente vero che gli ultimi tre anni sono stati difficili per il Private Equity. Il principale imputato è l’aumento dei tassi d’interesse posto in essere dalle Banche Centrali in giro per il mondo, Fed e Bce in primis. Per capire la relazione di causa ed effetto, basta un veloce esame del tipico ciclo di investimento, caratterizzato da tre fasi: raccolta dei fondi (fundraising), investimento, disinvestimento (exit).
La prima osservazione è che il processo è ricorsivo, nel senso che una parte considerevole (mediamente il 75%) dei nuovi investimenti nei fondi di Pe deriva dai proventi che gli investitori (detti Limited Partners o Lp) ricevono dagli investimenti precedenti. Un calo nell’afflusso di proventi a seguito di disinvestimenti si traduce in minore disponibilità per nuovi veicoli. Il Pe si articola in diverse fasi della vita di un’azienda, che vanno dagli esordi (il Venture Capital) all’epilogo (si tratta del turnaround o ristrutturazione). Tipicamente, tuttavia, si è nel mezzo.
In questo caso, il fondo di Pe genera rendimenti acquistando quote di maggio-
ranza in società non quotate, gestendole per quattro/cinque anni e poi uscendo dall’investimento secondo tre modalità principali: quotazione in borsa (Ipo), vendita a un operatore industriale in settore simile o complementare (trade sale) o, infine, vendita ad altro operatore di Pe (secondary buyout).
Il primo effetto dell’aumento dei tassi è una contrazione delle valutazioni che amplia il divario tra valore per il venditore e prezzo per il compratore. Secondo un’analisi di Bain&Co. ci sono 28mila società detenute all’interno dei veicoli di Pe (e il calcolo esclude molti veicoli che escono dal perimetro del censimento). Il prezzo di uscita è generalmente stabilito come un multiplo del reddito operativo caratteristico, detto Ebitda (affine al Mol, Margine Operativo Lordo). Come detto, il divario tra la valutazione desiderata dal venditore e quella accettabile per il compratore si è molto ampliato e si traduce in un drastico calo nelle operazioni di exit; a cascata, questo fa sì che gli investitori non dispongano della liquidità necessaria per alimentare i nuovi veicoli.
Per quanto riguarda la raccolta dei fondi, alla penuria di exit appena descritta va naturalmente aggiunto l’effetto degli alti tassi hanno sull’attività di investimento. Va ricordato che l’investimento tipico del fondo di Pe è effettuato con un ampio ricorso alla leva finanziaria, non a caso l’operazione va sotto il nome di Lbo, Leveraged Buy-Out. È evidente che un’operazione finanziata a tassi di riferimento zero o negativi (più uno spread di 4-5%) e la stessa operazione finanziata a tassi di riferimento superiori al 5% cambiano non poco la prospettiva dell’operatore di Pe (in gergo, il General Partner o Gp). Schiarite all’orizzonte. Il Pe esiste da lungo tempo: la più famosa operazione di Lbo, immortalata nel libro Barbarians at the Gate poi trasformata anche in un film, è l’acrimoniosa acquisizione nel 1988 della società Rjr Nabisco da parte di una società di Pe allora poco conosciuta, la Kkr (Kohlberg Kravis Roberts) che oggi gestisce... 624 miliardi di dollari! Gli operatori del settore hanno saputo dimostrare grande capacità di reinventarsi e innovare. Ecco alcune fra le principali tendenze di mercato e il loro impatto sul comparto, distinguendo tra investitori e strumenti. Ma prima ancora merita citare un effetto del fenomeno della deglobalizzazione, che caratterizza il tempo presente. Uno degli effetti collaterali è che operatori in certi Paesi devono disimpegnarsi da investimenti in altri ora considerati meno favorevoli se non addirittura ostili: questo crea opportunità per il Pe di acquisire par-
Il Leveraged Buy-out
Evoluzione del numero di Lbo negli anni (in mia di unità)
Fonte: Bain & Co 2024
tecipazioni in settori in crescita, BioTech o semiconduttori, a prezzi interessanti. Un secondo interessante sviluppo è rappresentato dal passaggio generazionale che in molte realtà aziendali si scontra con l’assenza, riluttanza o incapacità di familiari a cui passare il testimone. Anche qui il Pe può svolgere un ruolo importante rilevando il controllo e inserendo capacità manageriali in grado di sviluppare e far progredire l’azienda. Una menzione particolare meritano i Search Fund: si tratta di veicoli che finanziano giovani imprenditori capaci ma con risorse finanziarie insufficienti mettendoli nelle condizioni di subentrare in aziende, spesso molto piccole, destinate altrimenti all’estinzione. A differenza del Venture Capital, lo stadio embrionale dello sviluppo di un’iniziativa imprenditoriale, qui ci si trova con realtà già avviate e quindi con maggiori probabilità di successo.
Venendo agli operatori, si evidenzia un sempre maggiore interesse da parte degli investitori molto facoltosi, Uhnwi, e delle strutture che li seguono, i Family Office: questi operatori dispongono di patrimoni cospicui e, soprattutto, dell’orizzonte temporale richiesto dagli investimenti in Pe. Nel caso dei Family Office, poi, sono spesso presenti capacità organizzative, imprenditoriali e relazionali che possono giocare un ruolo determinante nel successo dell’impresa acquisita.
Al problema dell’allungamento dei tempi di exit gli operatori rispondono proponendo diverse soluzioni, tra cui i Continuation e i Secondaries Fund.
La funzione dei primi è quella di rilevare una o più posizioni detenute da un fondo che si avvicina alla sua scadenza naturale (normalmente tra i dieci e i dodici anni) ma che è riluttante a dismettere le posizioni ritenendo di poter ancora aggiungere valore mantenendo il controllo. Pur con le criticità in termini di potenziale conflitto d’interesse, questi veicoli si stanno rivelando un valido supporto.
Nel caso dei Secondaries Fund, il nome stesso ne svela la funzione: acquisire posizioni da altri fondi, naturalmente a sconto (rispetto a valutazioni peraltro teoriche). Al potenziale vantaggio di prezzo si aggiunge quello di entrare in possesso di aziende più vicine all’exit, accorciando i tempi di recupero dell’investimento per i sottoscrittori del fondo stesso.
Contrariamente a quanto avviene per i titoli quotati, dove il mercato secondario
ha dimensioni che sono multipli di quello primario, nei mercati privati si assiste al fenomeno opposto. Anche qui l’innovazione è già all’opera: da tempo esistono piattaforme che consentono il trasferimento di quote di società private tra i diretti interessati, come Moonfare o Nasdaq Private Markets. L’obiettivo comune è quello di dare maggiore liquidità a un mercato che per sua natura liquido non è, ampliando la platea dei potenziali clienti. Questa democratizzazione va necessariamente accompagnata da un’assidua opera di formazione per far capire appieno le caratteristiche di questa asset class. Il ‘capitale paziente’. Da quando alcuni politici tedeschi bollarono i fondi di Pe quali ‘locuste’ molta acqua è passata sotto i ponti. Oggi si sta diffondendo un nuovo paradigma, quello del Permanent Capital altrimenti detto ‘capitale paziente’. Tra i pionieri di questo nuovo stile si trova Sequoia Capital (protagonista di investimenti in tempi non sospetti in società come Apple, Google e Zoom) che nel 2021 ha lanciato un fondo di fatto senza scadenza, che reinventa il ciclo
Un ambiente con tassi d’interesse elevati, o più alti che in passato, pone sicuramente qualche problema al settore del Private Equity.
funding-investment-exit in una sorta di moto perpetuo. Altri grandi operatori si stanno muovendo nella stessa direzione con l’obiettivo di superare le limitazioni dei fondi chiusi a ciclo di vita fisso. Si sono evidenziate alcune tendenze di fondo che caratterizzano il mondo sempre più articolato del Pe. Inevitabilmente il nuovo contesto macro e geopolitico, caratterizzato da politiche monetarie e fiscali nuove rispetto agli ultimi due decenni, da cambiamenti radicali negli equilibri mondiali e da nuovi focolai di tensione, porrà nuove sfide a tutti i settori. Il Pe non si sottrae a questo mutato scenario, ma ha dimostrato grandi capacità di adattamento. Per una solida ripresa si dovrà attendere ancora qualche semestre. Questo tempo può e deve essere usato proficuamente tanto dagli investitori quanto dagli operatori per prepararsi.
Fonte: Bain & Co 2024
Fonte: Bloomberg
Bond quattro stagioni
I bond indicizzati all’inflazione rappresentano una nicchia di ridotte dimensioni nell’universo delle obbligazioni governative, ma che ruolo potrebbero giocare da ora?
Indicizzato o no?
Confronto tra bond indicizzati e non (100: 2000 e II-2010)
Di Giorgio Bertoli, Senior Portfolio Manager di Banca del Sempione. A lato, la performance dei bond indicizzati all’inflazione si dimostra stabilmente migliore di quelli non agganciati all’evoluzione dell’indice dei prezzi, ma soprattutto anche nei periodi in cui l’inflazione non era elevata. Diverse le possibili ragioni.
Negli ultimi anni l’inflazione è tornata prepotentemente a essere tema di discussione e dibattito in campo macroeconomico, dopo un decennio abbondante in cui pareva essersi infine assopita. In ambito finanziario il ritorno di dinamiche inflative ha avuto conseguenze molto negative per il mercato obbligazionario, che nel 2022 ha vissuto il peggiore anno degli ultimi decenni.
In tale contesto i bond inflation-linked hanno goduto solo parzialmente di rinnovato interesse da parte degli investitori; questo perché la loro costruzione prevede un rischio tasso che li mantiene piuttosto correlati ai bond nominali, e quindi poco adatti per giocarsi in modo direzionale un aumento dell’inflazione. Per tale motivo gli investitori che vogliono beneficiare direttamente di un rialzo dei prezzi puntano su strumenti come oro, materie prime, e beni reali in generale, mentre chi cerca ritorni di tipo obbligazionario tende a rimanere investito sul mercato dei bond nominali, decisamente più grande e molto più liquido.
Un altro fattore che rende complessa la valutazione di tali strumenti è la difficoltà da parte del mercato di stimare i tassi di inflazione futuri. Le più comuni misurazioni di aspettative di inflazione si basano su swap di mercato o su survey presso i consumatori, come ad esempio quella elaborata dalla University of Michigan.
A livello empirico i risultati di tali rilevazioni mostrano una capacità predittiva piuttosto limitata, evidenziando una tendenza a proiettare nel futuro ciò che è avvenuto nel recente passato. I consumatori, e in parte minore anche gli investitori, basano le loro aspettative su ciò che hanno recentemente osservato, privando gli indicatori della natura ‘forward looking’ da cui in teoria dovrebbero essere prevalentemente caratterizzati per essere utili a livello predittivo.
L’apparente sottovalutazione strutturale dei bond inflation-linked è argomento dibattuto ormai da diversi anni, anche in ambito accademico. L’ipotesi più accreditata è che la minor liquidità conduca alla presenza di un risk-premium strutturale in questo mercato.
A livello meramente aneddotico si possono misurare le performance realizzate da bond inflation-linked rispetto a obbligazioni nominali dalle medesime caratteristiche, emesse negli Stati Uniti nel 1999 e nel 2010. La performance nel tempo si è dimostrata migliore, anche attraversando periodi caratterizzati da bassa inflazione come gli anni 2010. Come aspetto negativo va segnalato che durante grossi shock di mercato, in particolare 2008 e 2020, si sono verificati periodi di sottoperformance estrema, seppur di breve durata. Risultati simili si ottengono anche analizzando le emissioni sulla curva britannica.
I bond inflation-linked rappresentano quindi un ottimo strumento di allocazione di medio-lungo periodo, con il quale l’investitore può catturare un risk-premium apprezzabile mantenendo una liquidità comunque di buon livello.
Inoltre, l’atteggiamento delle Banche Centrali è tendenzialmente asimmetrico, dato che sono propense a tollerare in via momentanea periodi di inflazione sopra target, mentre sono molto proattive nel combattere i rischi deflattivi; ciò rende prezioso avere una parte della componente obbligazionaria con caratteristiche difensive a fronte di potenziali shock inflativi, sempre possibili, come quello appena vissuto.
Fonte: Bloomberg
Supporti alternativi
I mercati privati possono offrire una serie di vantaggi tali da garantire una pensione più serena, supportando dunque sia gli assicurati, sia i fondi d’investimento.
Mercati pubblici o privati?
Confronto di due portafogli da 100k usd, performance ‘21 e ‘22 (per mese)
Mathias Niederhauser, Managing Director, Digital Solutions, di Petiole Asset Management. A lato, investire nei mercati pubblici, o in quelli privati, lo stesso portafoglio può fare la differenza già nel corso dell’anno, per non parlare del lungo periodo.
Sono sempre più numerose le sfide che i fondi pensione tradizionali devono affrontare in Svizzera. L’invecchiamento della popolazione, i persistenti bassi tassi di interesse (reali) e la volatilità dei mercati mettono sotto pressione i sistemi pensionistici e minacciano la sicurezza finanziaria di molti svizzeri in pensione. Per evitare questi rischi, sempre più investitori si orientano verso investimenti alternativi come il credito privato e il Private Equity. Queste asset class non solo offrono rendimenti più elevati, ma sono anche caratterizzate da una minore sensibilità alle fluttuazioni dei mercati pubblici. Le obbligazioni corporate negoziate fuori borsa, dette anche credito privato, sono un’area in crescita del mercato finanziario in cui le aziende contraggono prestiti da investitori privati invece di finanziarsi attraverso la borsa. Il credito privato offre interessi più elevati rispetto alle tradizionali obbligazioni statali o corporate e offre una maggiore stabilità, in quanto è meno influenzato dagli sviluppi dei mercati pubblici.
In un ambiente caratterizzato da bassi tassi d’interesse, molti investitori sono quindi alla ricerca proprio di questi rendimenti per garantire la loro pensione nel più lungo periodo.
Anche il Private Equity, cioè gli investimenti in società non quotate, sta diventando sempre più interessante per gli investitori svizzeri. Mentre i mercati azionari pubblici sono spesso soggetti a forti fluttuazioni, gli investimenti in società gestite privatamente offrono un potenziale di rendimento superiore alla media. Queste aziende si trovano solitamente in una fase di crescita che promette profitti a lungo termine, ma che richiede pazienza e conoscenze specifiche. Molti investitori apprezzano questa stabilità e questo potenziale di crescita, soprattutto in tempi di incertezza economica e di elevate valutazioni azionarie.
Un vantaggio fondamentale offerto da questi investimenti alternativi è la loro capacità di diversificare i portafogli e quindi di ripartire i rischi. Mentre gli investimenti quotati in borsa sono spesso fortemente influenzati dagli eventi
geopolitici o dalle tensioni economiche, il credito privato e il Private Equity si sviluppano in modo relativamente indipendente da queste fluttuazioni. Questa bassa correlazione con i mercati pubblici li rende preziosi per un portafoglio equilibrato e contribuisce a garantire il futuro finanziario anche in tempi incerti.
Molti investitori svizzeri ricorrono al supporto di gestori patrimoniali professionisti per trarre il massimo dalle opportunità offerte da questi mercati. Questi esperti possiedono le competenze necessarie e l’accesso a opportunità di investimento esclusive che restano precluse alla maggior parte degli investitori privati. Aiutano a sviluppare strategie d’investimento personalizzate e adattate agli obiettivi e alle esigenze personali, gestendo attivamente il rischio.
La crescente popolarità degli investimenti alternativi dimostra che molti investitori non vogliono più dipendere unicamente dai fondi pensione tradizionali. In un momento in cui il futuro delle pensioni statali e aziendali è incerto, il credito privato e il private equity offrono un modo interessante per garantire la propria pensione a lungo termine, ottenendo potenzialmente rendimenti più elevati.
La diversificazione in queste classi di attività meno volatili può aiutare a mantenere l’indipendenza finanziaria nel corso della pensione.
Fonte: Petiole Am
Francia, o... Spagna?
Il debito spagnolo sta iniziando a costare stabilmente come quello francese: si tratta di una breve parentesi infelice per Parigi o l’inizio di un nuovo equilibrio in Europa?
Giacomo Malinverno, Analyst di Lagom Family Advisors. A lato, i mercati stanno premiando la Spagna, o forse sfiduciando la Francia, a fronte di dati economici evidenti e apprezzabili.
stabile, ma con minore slancio rispetto al vicino iberico.
Titoli di Stato Spread dei due decennali rispetto al Bund (in bp)
Negli ultimi anni, due delle economie di punta dell’Eurozona, Spagna e Francia, hanno intrapreso percorsi distinti, ciò che le ha portate a situazioni finanziarie differenti. La Francia, con un Pil di circa 2.900 miliardi di euro, resta una delle economie più grandi dell’area, mentre la Spagna, con 1.400 miliardi di euro, si conferma in crescita, anche se dimensionalmente più piccola. Anche a livello di reddito pro capite le differen-
ze dimensionali sono importanti: circa 40.500 euro nel 2023 per la Francia, contro i 30.500 euro nel 2023 della Spagna. Nonostante una differenza sostanziale nel Pil nominale e nel reddito pro capite, è interessante osservare come la Spagna abbia registrato una crescita economica più dinamica negli ultimi anni, trainata principalmente dalla ripresa del turismo e da forti investimenti in infrastrutture e transizione energetica. In confronto, la Francia ha mantenuto una crescita più
Dopo la crisi economica causata dalla pandemia, iniziata nel 2020, negli ultimi due anni la Spagna è il grande Paese dell’Unione europea che è cresciuto più di tutti. Un fattore importante è legato all’incremento della popolazione, soprattutto grazie al contributo dell’immigrazione. Negli ultimi due anni i residenti sono aumentati del 2,5%, circa due punti in più rispetto alla media europea. Secondo il Fondo Monetario, i principali fattori della recente crescita della Spagna sono stati “la robusta performance delle esportazioni di servizi e i consumi pubblici”. Tra i servizi è incluso il turismo, un settore in forte espansione nel periodo immediatamente successivo alla pandemia. Secondo i dati più aggiornati pubblicati dall’istituto di statistica spagnolo, nel 2023 sono stati oltre 85 i milioni di turisti stranieri che hanno visitato il Paese. Per alcune associazioni di categoria, questo dato ha permesso al settore turistico di incidere per un notevolissimo 12,8% sul Pil nazionale lo scorso anno, la percentuale più alta mai registrata.
Il rapporto debito/Pil di questi due Paesi evidenzia ulteriormente le differenze nelle rispettive gestioni fiscali. Attualmente, la Francia ha visto crescere il proprio debito in rapporto al Pil, superando il 110% nel 2023, mentre la Spagna ha mantenuto il proprio intorno al 105%. Si
Fonte: Borsaitaliana
tratta di una differenza apparentemente ridotta, ma significativa nell’attuale contesto europeo, dove anche lievi variazioni in questo parametro possono influire sulla percezione della sostenibilità del debito pubblico.
Mentre la Francia ha incrementato la spesa pubblica per affrontare sfide economiche e sociali, come le recenti riforme pensionistiche, la Spagna ha perseguito una gestione fiscale più conservativa, riducendo progressivamente il deficit e impiegando i fondi europei principalmente per investimenti mirati (oltre 140 miliardi di euro provenienti dall’Unione attraverso il NextGenerationEu).
L’attenzione spagnola alla sostenibilità dei conti pubblici ha avuto ricadute positive anche sul mercato obbligazionario. Infatti, i rendimenti dei Bonos spagnoli, storicamente considerati più rischiosi rispetto agli Oat francesi, hanno iniziato a ridurre il gap, finendo per superare la Francia in termini di attrattiva per gli investitori. Negli ultimi anni, lo spread tra i titoli di Stato decennali francesi e il Bund tedesco ha mostrato una tendenza al rialzo. Attualmente, il differenziale per la Francia si attesta intorno ai 71-73 punti base, con picchi recenti a 78 punti e un minimo di circa 70. In confronto, la Spagna mantiene uno spread lievemente inferiore e stabile (intorno ai 70 punti), beneficiando di una percezione di rischio leggermente più bassa.
Nelle scorse settimane i Bonos spagnoli della durata di dieci anni hanno quindi offerto rendimenti inferiori agli Oat francesi per la medesima scadenza. Si tenga presente che i titoli decennali della Francia ormai pagano un premio di rischio più alto anche del Portogallo (e quasi al livello della Grecia). Tuttavia, il rating della Francia risulta ben superiore a quello spagnolo: AA-/AA-/Aa2 contro A/A-/Baa1. L’ultima volta che si era verificato un fenomeno del genere era stato il 2007, prima che il crac di Lehman Brothers mettesse in discussione la solvibilità di numerosi debiti sovrani e bancari. Allora, il debito iberico viaggiava intorno al 35% del Pil, quello transalpino al 65%, di strada ne è quindi stata fatta parecchia. Il costo del debito è un elemento che segnala la fiducia, e il mercato ha premiato la gestione disciplinata della Spagna. Di contro, i titoli di Stato francesi hanno visto un incremento nei rendimenti, influenzati dalla preoccupazione per l’alto
Il bilancio
Andamento
La crescita
Andamento della crescita del Pil (dati in %, 2014-2023)
livello di spesa pubblica e la conseguente pressione sul bilancio.
Prima della pandemia, la Francia manteneva un deficit stabile tra il 2,6% e il 3%. Al deflagrare della pandemia, il deficit esplose al 9% del Pil nel 2020 e rimase elevato nel 2021, attestandosi al 6,6%. In fase di ripresa, il deficit ha iniziato a ridursi, scendendo al 4,8% nel 2022 e al 5,5% nel 2023, anche se questo valore è rimasto sopra le attese del Governo.
La Spagna mostra una storia in parte diversa, dal 2013, quando il deficit era superiore al 6%, si è assistito a una progressiva riduzione che lo ha portato vicino al 3% nel periodo pre-pandemico. Nel 2020, a causa dell’emergenza sanitaria e delle misure straordinarie adottate, il deficit ha superato l’11% del Pil, segnando uno dei livelli più elevati nell’Unione. Successivamente, nel 2021 e nel 2022, la Spagna ha ridotto il deficit grazie alla ripresa economica e agli interventi fiscali mirati, con valori rispettivamente attorno al 7% e al 5%. Nel 2023, il valore si è stabilizzato al 3,6%, grazie al consolidamento fiscale e alla gestione oculata delle risorse europee.
In Spagna la crescita è ripartita, tornando ai livelli precedenti la pandemia, e anche il defict si è normalizzato, mentre la seconda economia europea rimane in forte affanno, e senza grandi soluzioni.
In prospettiva, in un contesto globale caratterizzato da incertezze economiche e da sfide come l’inflazione e la transizione energetica, la capacità di ciascun Paese, anche quelli su cui nessun dubbio era calato fino ad ora, di controllare i conti pubblici diventerà sempre più cruciale per il futuro.
La Francia (così come il Regno Unito oltremanica, per motivi diversi) ha davvero perso il ‘privilegio’ di non doversi confrontare con i creditori internazionali? Oppure si tratta di una fase temporanea di difficoltà, da cui il Paese potrà risollevarsi e tornare a stabilire un distacco significativo rispetto al debito spagnolo (e in generale a quello dei cosiddetti ‘Pigs’)?
La partita è aperta. Il mercato, dal canto suo, non sembra disposto a fare sconti.
Fonte: finanzarepubblica
Fonte: tradingeconomics
Spagna ■ Francia
Scenari di volatilità
Il rapido evolversi del contesto economico e politico influenzerà nei prossimi mesi il mercato delle materie prime, con effetti attesi anche in relazione ai tassi d’interesse.
Mercati volatili
Andamento del prezzo del rame nel 2024 (dati in usd/T)
La vittoria di Trump, insieme a una performance dell’economia americana superiore alle aspettative, ha portato a una revisione delle prospettive sui tagli dei tassi per le prossime riunioni del Fomc. Attualmente, il mercato sconta un tasso target del 4,5% a dicembre e un solo ulteriore taglio entro marzo 2025. Questa situazione ha favorito il rafforzamento del dollaro, rispetto a tutte le principali valute, e all’euro, rompendo il minimo a 1,08. Da due anni, l’Eur/Usd oscilla in un range contenuto tra 1,045 e 1,125. Pertanto, è probabile un aumento della volatilità su questo cambio nei prossimi mesi. Oltreoceano il Governo cinese ha introdotto nuove politiche di stimolo. Tuttavia, è probabile ne verranno annunciate di ulteriori. Il cambio Usd/ Cnh, dopo aver toccato minimi a 6,97 è tornato a testare la resistenza in area 7,20. Altro evento cruciale sarà l’avvicinarsi della deadline sul tetto del debito americano, prevista per gennaio. Attualmente il Tesoro dispone di oltre 800 miliardi di risorse liquide, che probabilmente saranno utilizzate per evitare di aggravare ulte-
riormente la situazione del debito. Questo flusso potenziale di liquidità potrebbe alimentare un potenziale clima di ‘risk on’. La traiettoria dell’inflazione e gli equilibri mondiali dipenderanno sicuramente dal Medio Oriente, e dall’Ucraina. Insieme all’oro, a più aver risentito dei primi attacchi tra Israele e Iran è stato il Brent. Quest’ultimo, dopo i 69 dollari al barile di settembre è recentemente tornato a 81, area in cui si concentrano la maggior parte dei volumi degli operatori dal 2022, per poi tornare sui minimi di quest’anno. Inoltre, per la prima volta in numerosi anni, gli operatori finanziari hanno assunto un posizionamento netto ribassista (il numero delle posizioni short era maggiore delle long) e questo potrebbe, come ha già fatto, portare il prezzo a nuovi rialzi. Sempre restando sul fronte energetico, le quotazioni delle emissioni di Co2 (Eua) sono tornate a salire. Dopo aver raggiunto il minimo di 60 euro a ottobre per contratto, il prezzo ha iniziato a riflettere le aspettative di ripresa, toccando i 67. Il probabile incremento delle emissioni nel 2025 potrebbe generare un ulteriore
Andrea Guarneri, Head of Derivatives Sales di Kommodities Partners. A lato, l’alta volatilità sperimentata dal mercato dei metalli da inizio anno.
rialzo nei prezzi dell’Eua.
Metalli. Il 20 maggio 2024 il rame ha toccato il massimo storico a 11.104,5 dollari la tonnellata, per poi trovare supporto intorno a 8.750. Da qui al prossimo anno, da ciò che si evince dall’analisi dell’option chain, il mercato è fortemente concentrato sui livelli di prezzo dai 10 ai 12mila dollari. Pertanto, qualora dovesse innescarsi un nuovo impulso rialzista, il prezzo del non ferroso potrebbe orbitare all’interno di questo intervallo, nel primo semestre. Lo zinco è il top performer da inizio anno, facendo segnare un +16%, quotando attualmente 3.100 dollari la tonnellata. Inoltre, questo è l’unico metallo che dopo aver fatto segnare un minimo relativo ad agosto, è riuscito a tornare sui massimi di maggio. In vista della scadenza di dicembre, analizzando il mercato delle opzioni, è improbabile una discesa del prezzo sotto i 2.800. Il supporto principale si trova nell’area dei 3mila. Al rialzo, una possibile rottura della soglia dei 3.300 potrebbe aprire la strada a un nuovo movimento rialzista, con un target a 3.500.
L’alluminio si trova attualmente vicino all’area dei 2.700, un livello cruciale poiché, a questi prezzi, la Cina tende a intensificare le esportazioni, esercitando così pressione ribassista sul prezzo. Inoltre, questo livello rappresenta un punto di significativa esposizione per gli operatori. Una rottura di questa resistenza potrebbe innescare uno squeeze sui prezzi, con un target potenziale nell’area dei 3mila.
Massimo 2024
Minimo 2024
Minimo 5-VIII
Fonte: Matherika 2024
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C’è ancora spazio per la creatività umana, mentre l’intelligenza artificiale allarga i confini del proprio impero? Che cosa accade in un settore che della tradizione fa il suo orgoglio e del savoir faire artigianale il suo vessillo? Le opinioni di alcuni esperti fugano ogni dubbio.
Nel mondo dell’orologeria, la creatività e la tecnologia convivono in un delicato equilibrio. Dando vita ad oggetti che per la loro complessità sarebbe riduttivo considerare ‘solo’ strumenti di misurazione del tempo. Abbracciando l’innovazione tecnologica, l’industria orologiera continua a rimanere fedele all’artigianalità e all’ingegno umano. A definire questa doppia anima, Carlo Giordanetti, già direttore creativo di Swatch e ora membro del Product and Design Committee di Swatch, e Pirro Ruço, fondatore della maison Artistic Jewellery Pirro. Le loro visioni complementari su come la creatività possa mantenere la sua autenticità in un’epoca fortemente digitalizzata restituiscono uno scenario in cui tutto si rinnova, nel segno della tradizione.
Negli ultimi anni, il concetto di creatività sembra aver subito un’evoluzione significativa. Mentre in passato veniva considerata un dono innato, arricchito da insegnamenti, esperienze, viaggi e letture, oggi appare sempre più connessa all’uso delle tecnologie e delle applicazioni digitali. «Ritengo che la creatività sia sempre ed assolutamente umana: possono cambiare i mezzi attraverso cui si alimenta e gli strumenti attraverso i quali si esprime, così come i supporti a cui si applica, ma resta sempre espressione di una mente e di un pensiero umani!», esordisce Carlo Giordanetti, che è stato direttore creativo di Swatch dal 2012 al 2019, «Credo non si debba definire l’intelligenza artificiale come un sostituto della mente umana, anch’essa infatti va gestita con gli input giusti affinché possa generare risultati interessanti. La creatività resta un dono
Sopra, Pirro Ruço, fondatore della maison Artistic Jewellery Pirro. Sopra, a sinistra, Primordial Passion, il primo orologio dell’azienda, una perfetta sintesi di arte, tecniche innovative e tradizione artigianale.
che va nutrito, arricchito ed espresso in maniera continuativa e generosa, con curiosità ed apertura mentale: le nuove tecnologie offrono nuove possibilità di esplorazione, di apprendimento, di ricerca e di sperimentazione: una manna per la creatività!», nota Giordanetti. Per Pirro Ruço, fondatore della Maison Artistic Jewellery Pirro, la creatività ha un ruolo cruciale nel trasformare gli oggetti in simboli: «Solo attraverso la creatività nella sua più alta espressione si possono realizzare oggetti che trascendono la loro
semplice funzionalità e diventano vere e proprie opere d’arte», afferma Pirro Ruço, il cui lavoro esprime senza mezzi termini un concetto di artigianato di lusso che, custode di tradizioni secolari, al contempo guarda al futuro dell’orologeria e della gioielleria più ricercate. Come sottolinea Pirro Ruço: «La manualità è ciò che mi permette di creare pezzi irripetibili. La tecnologia, che ha un ruolo nel processo creativo, resta subordinata all’arte e supporta la creatività».
Interviene nel dibattito, Gregory Pons, giornalista ed esperto di orologi: «La creatività nell’orologeria è tutto tranne che razionale e ‘scientifica’: si nutre di umori, culture, casualità e necessità. Le icone più belle non erano destinate a diventarlo. Richard Mille non trovava sul mercato i meccanismi ‘all-terrain’ dei suoi sogni. Maximilian Büsser (MB&F) è stato ispirato dall’iconico cartone animato ‘Goldrake’. Hans Wilsdorf voleva che i suoi Rolex fossero così impermeabili da poterli indossare per nuotare anche in profondità. Nicolas Hayek (Swatch) era l’unico che poteva salvare l’industria svizzera con un orologio in plastica colorata. Tutti questi esempi dimostrano che l’azzardo degli uomini supererà sempre la logica digitale».
Prosegue Carlo Giordanetti: «Nel campo dell’orologeria, così fortemente e storicamente legato all’abilità, alla creatività, alla genialità e al ‘savoir faire’
Sopra, Carlo Giordanetti, in passato Direttore Creativo di Swatch e ora, per Swatch Group, Membro del Product and Design Committee e Ceo dello Swatch Art Peace Hotel. Accanto, Break Time (della Collezione Swatch Break Free).
dell’uomo, questi valori non sono andati perduti e restano al cuore delle innovazioni.
Certo le tecnologie sono strumenti fondamentali per il miglioramento continuo dei processi, della qualità, per le nuove generazioni di materiali e per alcune innovazioni tecniche risolutamente contemporanee e talvolta sorprendenti ed eclatanti, ma è sempre il valore della passione e dell’intelligenza di chi le tecnologie utilizza, sviluppa e sfida, che resta il vero valore aggiunto di un progetto orologiero».
Il rischio, in certi casi, è paradossalmente di un ‘eccesso di creatività’. Ma Carlo Giordanetti: «Forse un progetto creativo fine a sé stesso, non ancorato ad una storia da raccontare che sia forte e coerente con il posizionamento del progetto cui si applica, può avere vita breve, tuttavia lascerà sempre una traccia, servirà a generare nuove idee, ad aprire nuove strade, a far discutere e quindi a far nascere nuovi sguardi. Talvolta progetti creativamente interessanti nascono
troppo presto rispetto alle aspettative del mercato, e questo rischia di penalizzarli perché il mondo non li capisce, non è ancora pronto per essi. Ciò nonostante sono e saranno sempre segnali di un potenziale da esprimere».
Anche Ruço esplora le sfide della creatività, ma da un punto di vista più intimo. Nella sua massima espressione la creatività può trasformare un oggetto in un simbolo, rendendolo un’opera d’arte capace di evocare emozioni durature. Questo equilibrio tra creatività umana, tecnologia e artigianato si traduce nella creazione di segnatempo che non solo misurano il tempo, ma raccontano storie, rievocano emozioni e testimoniano la bellezza dell’arte. «Dare alle nuove generazioni la possibilità di apprendere l’arte e il lavoro manuale è essenziale per mantenere viva la tradizione», afferma Pirro Ruço, che conclude: «Non si tratta solo di un lavoro, ma di un processo creativo che arricchisce l’anima e la mente».
Così, mentre continua a guardare al futuro e ad accogliere l’innovazione, l’orologeria mantiene un saldo legame con il passato, celebrando l’ingegno e la passione umana.
Ogni segnatempo diventa non solo un oggetto di precisione, ma una narrazione di tradizione, innovazione e autentica arte.
Maria Antonietta Potsios
Tradizioni in palmo di mano
Tecniche ancestrali e nuovi orizzonti creativi. La storia plurisecolare della più antica
Manifattura svizzera, attiva senza interruzioni dal 1755, è la storia stessa dell’alta orologeria e delle insostituibili abilità umane. Una creatività senza limiti per capolavori di tecnica e di arte.
Adirlo fu François Constantin, il 5 luglio del 1819. ‘Fare meglio se possibile. Ed è sempre possibile’, sintetizzò allora Constantin. Sull’onda di questo proclama, la più antica Manifattura di orologi al mondo, in 270 anni di storia, ha messo a punto i mezzi tecnici, estetici, artistici e artigianali per dare forma alla propria idea del tempo. Affrontando ogni sfida con passione per l’artigianato e con la mano esperta dell’uomo. ‘Custode’ di questo patrimonio, è Christian Selmoni.
Signor Selmoni, cosa caratterizza il suo ruolo di Direttore Stile e Heritage?
Dopo aver ricoperto a lungo il ruolo di direttore artistico della Maison, sono oggi coinvolto in vari comitati interni che si occupano di creazione, strategia di prodotto e movimenti. Come una sorta di ‘guardiano del tempio’, il mio ruolo si estende anche agli aspetti relativi al patrimonio di Vacheron Constantin, in
termini di comunicazione, come pure di sostegno e supporto ai nostri designer, soprattutto in tema di ispirazione per le nuove creazioni. Il dipartimento Heritage si basa su una collezione privata di orologi Vacheron Constantin che conta più di 1.600 pezzi e che copre più di 260 anni di storia ininterrotta, oltre che su un eccezionale archivio di documenti, corrispondenza, disegni, fotografie, ecc. equivalente a 420 metri lineari! Questo patrimonio è quindi una formidabile riserva di informazioni grazie alla quale siamo in grado, ad esempio, di autenticare i vecchi orologi che ci vengono sottoposti, di estrarre testimonianze e storie e, naturalmente, ispirazione per creare modelli futuri. In quest’ultimo caso, non si tratta di riprodurre esattamente ciò che è stato fatto in passato, ma piuttosto di immaginare futuri Vacheron Constantin decisamente contemporanei, pur mantenendo un legame prezioso e sensibile con il nostro patrimonio e la nostra storia.
A sinistra,, Christian Selmoni, Style and Heritage Director per Vacheron Constantin. Accanto, il nuovo Patrimony a carica automatica in edizione limitata che, risultato della collaborazione con il designer Ora ïto, celebra i 20 anni della Collezione Patrimony. Questa collezione, ispirata a un modello del 1957, è stata lanciata nel 2004. Una costruzione complessa dietro un’estetica sobria.
I Métiers d’Art meritano una menzione speciale, anche come testimonianza che tale livello di creatività e abilità manuale e artistica resta una prerogativa ‘umana’.
Nella storia di Vacheron Constantin, c’è sempre stata una sorta di ‘doppia competenza’, ovvero l’arte dell’orologeria e in particolare delle complicazioni orologiere, che vanno di pari passo con un’impressionante padronanza delle arti decorative utilizzate in orologeria. Gli orologi Métiers d’Art sono pezzi eccezionali che rivelano questa alleanza tra tecnica ed espressione artistica, attraverso modelli che celebrano l’intelligenza della mano. In questa collezione si trovano tecniche artigianali come la smaltatura grand feu, l’incisione, il guilloché e l’incastonatura di gemme. Questi orologi sono rari per il numero ridotto di esemplari prodotti, ma soprattutto per le tecniche tradizionali utilizzate, che li rendono più preziosi che mai.
In basso, due immagini che si riferiscono all’orologio
Les Cabinotiers, The Berkley Grand Complication che, con ben 63 complicazioni orologierie e 2.877 componenti, è l’orologio con più complicazioni al mondo.
Qui a destra, due immagini relative a Métiers d’Art - Tributo ai simboli.
Alla vigilia del suo 270° anniversario, la Maison è ancora animata dallo spirito di ricerca dell’eccellenza che l’ha caratterizzata fin dalla sua creazione? Se è così, come si esprime nella pratica?
Questo desiderio di eccellenza è profondamente radicato nell’identità di Vacheron Constantin. Si manifesta nell’attenzione a un gran numero di dettagli, nella costante ricerca dell’innovazione nell’alta orologeria - sia in termini di tecnica, che di design o artigianato - e nel rispetto delle tecniche ancestrali, pur esplorando nuovi orizzonti creativi.
In questo contesto, l’orologio creato in collaborazione con la designer francese Ora Ito per celebrare il 20° anniversario della collezione Patrimony, e presentato in ottobre, è un eccellente esempio di questa ambizione.
La creatività e la competenza hanno ancora un posto d’onore in un’epoca in cui la tecnologia gioca un ruolo sempre più importante, anche in settori, come quello dell’alta orologeria, da sempre legati alle competenze umane?
Senza l’innovazione, la creatività e lo sviluppo di tecniche e tecnologie, Vacheron Constantin non sarebbe mai riuscita a sopravvivere nei secoli dal 1755. La tecnologia contribuisce certamente ad arricchire il settore dell’orologeria - in particolare per quanto riguarda le tecniche di produzione e la qualità della fabbricazione dei componenti - ma in Vacheron Constantin il talento degli artigiani rimane al centro della Manifattura. I nostri orologiai, artigiani e specialisti svolgono un ruolo fondamentale nella creazione dei
nostri orologi, perché la tecnologia non può sostituire la creatività e l’artigianato, che apportano un’innegabile dimensione emotiva.
Quanto è importante questo patrimonio per il futuro della Maison?
Il patrimonio della Maison è un’infinita fonte di ispirazione che guida le sue creazioni future. Come accennavo poc’anzi, non si tratta di ripetere il passato, ma di trarne ispirazione per creare gli orologi del futuro, mantenendo un legame sensibile e prezioso tra il nostro patrimonio tecnico ed estetico e il mondo di oggi. Il valore storico, tecnico e artistico della Maison non è un mistero per nessuno. Ma lei, che ha un ruolo privilegiato nell’accesso ai ‘segreti’ della Maison, quali curiosità può condividere con i nostri lettori?
Uno degli aspetti più affascinanti di Vacheron Constantin è senza dubbio la ricchezza del suo Dipartimento del Patrimonio, in particolare i registri di produzione che ci permettono di autenticare ogni orologio prodotto fin dall’inizio. Se dovessi scegliere un solo segnatempo eccezionale della nostra collezione privata, sceglierei il registratore di velocità creato dalla Manifattura nel 1935, utilizzato per registrare la velocità, in particolare sull’acqua. Il suo movimento cronografico meccanico ha beneficiato di un notevole progresso tecnologico, in grado di battere a una frequenza incredibilmente elevata di 72mila alternanze all’ora - rispetto alle 18mila alternanze all’ora dell’epoca, il che è davvero sorprendente per una creazione degli anni
Trenta. Questa altissima frequenza offriva una precisione davvero eccezionale per la misurazione di tempi brevi. Un altro esempio è dato dalla nostra proposta di orologi d’epoca, il programma ‘Les Collectionneurs’: si tratta di una selezione all’avanguardia di modelli, della Maison, del passato - che coprono il periodo compreso tra l’inizio del XX e gli anni ‘90 - perfettamente restaurati nei nostri laboratori e che beneficiano di una garanzia di due anni. Nel 2017, quando abbiamo lanciato questo programma, nessun’altra Maison offriva un tale accesso a orologi d’epoca, la cui autenticità e perfetta funzionalità sono garantite dal nostro dipartimento Heritage.
Infine, se potesse scegliere un solo orologio o collezione della Maison per sé o da affidare alle generazioni future, quale sceglierebbe e perché?
Sceglierei la collezione Patrimony, il cui design rende omaggio agli anni Cinquanta, un decennio particolarmente significativo nella storia del design orologiero. Patrimony è stata lanciata nel 2004 e per me incarna perfettamente lo stile classico e senza tempo della Maison, con uno spirito minimalista e sofisticato. Quest’anno, per celebrare i 20 anni di Patrimony, abbiamo lanciato un nuovo formato da 39 mm, adatto a tutti i polsi, e mi piace particolarmente il modello in oro bianco per la sua discrezione e il suo quadrante in una tonalità ‘old silver’ che sottolinea l’origine del suo design pur essendo perfettamente contemporaneo!
Simona Manzione
Il viaggio di Greubel Forsey nell’orologeria è iniziato venti anni fa. I due fondatori non avevano inizialmente intenzione di creare un marchio di orologi di lusso. La loro motivazione principale era quella di dare un contributo significativo all’orologeria. Com’è andata poi? A raccontarlo è Michel Nydegger, Ceo di Greubel Forsey.
Cosa ha spinto Robert Greubel e Stephen Forsey a creare il Marchio nel 2004?
Volevano sviluppare innovazioni che spingessero in avanti l’orologeria tradizionale, in particolare attraverso il meccanismo del tourbillon. La loro prima invenzione, il ‘Double Tourbillon 30°’, mirava a rivoluzionare la precisione degli orologi meccanici. Tuttavia, nessun marchio mostrò interesse. Quando si resero conto che il potenziale della loro invenzione non veniva compreso, decisero di fondare Greubel Forsey e di produrre l’orologio con il proprio nome.
Sopra, il QuadruploTourbillon: ognuno dei quattro tourbillon collegati a un differenziale sferico contribuisce in modo indipendente a ottenere una cadenza del bilanciere precisa e affidabile, soprattutto in posizioni stabili.
La meccanica del tempo
Dai rivoluzionari tourbillon alla nano-meccanica, puntando a ridefinire l’orologeria attraverso l’innovazione. ‘Fatta a mano’.
Questo ha portato al lancio del marchio in occasione di Baselworld 2004, dove il Double Tourbillon 30° ha ottenuto il plauso della critica.
La reputazione - conquistata peraltro rapidamente - è quella di un brand alla costante ricerca del superamento dei limiti dell’orologeria tradizionale. Come si posiziona il Marchio nel contesto dell’orologeria svizzera?
Un’enorme libertà creativa e risorse importanti lo distinguono dai marchi di orologi più grandi e affermati, che spesso sono limitati dai loro modelli operativi storici. Tra tanti, un esempio eloquente potrebbe essere quello di Audemars Piguet e il suo straordinariamente iconico Royal Oak: non è semplice allontanarsi da modelli connotati da tale fama. Greubel Forsey, invece, non vincolato da alcuna aspettativa particolare, è libero di innovare continuamente. Così, ha sviluppato 33 calibri in venti anni.
Quali sfide ha dovuto affrontare come marchio indipendente in un settore dominato dai grandi gruppi del lusso?
Una delle sfide più significative è la concorrenza nella comunicazione. I grandi marchi, disponendo di ingenti budget di marketing, spesso stabiliscono gli standard del settore per definizioni come ‘fatto a mano’, anche se la realtà spesso non corrisponde a ciò che promuovono. Questo rende difficile per i piccoli marchi indipendenti come Greubel Forsey trasmettere la propria unicità e autenticità artigianale. Un’altra sfida è rappresentata dalla discrepanza di risorse. Pur operando nel segmento del lusso di fascia alta, Greubel Forsey non può competere con il potere finanziario dei grandi Gruppi. Potrebbe spiegare brevemente il significato del Doppio Tourbillon 30° e
del Quadruplo Tourbillon nell’ambito dell’orologeria?
Si tratta di due innovazioni, fondamentali per il contributo del Marchio all’eccellenza orologiera, che mirano a migliorare le prestazioni cronometriche. Il ‘Doppio Tourbillon 30°’ (del 2004) rappresenta un nuovo modo di concepire il tradizionale meccanismo del tourbillon. In questo progetto, il bilanciere è inclinato di 30 gradi e le due gabbie del tourbillon, disposte l’una all’interno dell’altra, ruotano a velocità diverse per contrastare gli effetti della gravità, migliorando così la precisione. Il ‘Quadruple Tourbillon’ (del 2008) si spinge oltre, con quattro gabbie del tourbillon che lavorano in coppia e in sincronia. Il risultato è una regolazione più dinamica del tempo, che perfeziona ulteriormente la precisione del movimento. Per Greubel Forsey, queste invenzioni non si limitano all’estetica o a prodezze tecniche, ma sono progettate per migliorare la precisione del cronometraggio. Testate in modo indipendente al Concorso Internazionale di Cronometria, le due invenzioni hanno raggiunto prestazioni eccezionali, comprese tra 0,3 e 0,8 secondi di variazione al giorno: quasi pari alla precisione dei primi orologi al quarzo!
Molti dei segnatempo del Marchio hanno ridefinito l’ingegneria dei movimenti orologieri. Qual è il movimento tecnicamente più impegnativo che il suo team ha sviluppato e perché lo è?
Uno dei movimenti tecnicamente più impegnativi sviluppati dal team è il computer meccanico del QP à Équation (del 2015). Un movimento particolarmente complesso perché integra 15 funzioni e indicazioni diverse, tra cui l’equazione del tempo, le stagioni, il solstizio e al-
tre indicazioni del calendario perpetuo. Nonostante la sua complessità, l’orologio è semplice da usare e viene azionato da un’unica corona con un pulsante incorporato. È una delle cose più complicate che facciamo, ma è al tempo stesso la più facile da indossare e da usare. Come fa Greubel Forsey a mantenere il suo vantaggio innovativo in un settore così competitivo?
Un elemento chiave è il nostro reparto di Ricerca e Sviluppo (R&S), che è fisicamente e operativamente indipendente dal team di produzione. Questa separazione consente alla R&S di esplorare nuove idee orologiere senza i vincoli degli obiettivi commerciali immediati o delle tempistiche di produzione. Questo approccio favorisce la creatività, consentendo al team di spingersi oltre i limiti senza nessun tipo di pressione. Inoltre, il coinvolgimento dei due fondatori del Marchio continua a essere una forza guida, assicurando che la visione fondante rimanga inalterata. Può spiegarci l’approccio del marchio alle tecniche di rifinitura? Perché enfatizzate la lavorazione a mano in un’epoca di crescente automazione?
La nostra dedizione alla rifinitura a mano riflette un impegno radicato nei confronti dell’artigianato tradizionale. Ogni orologio è sottoposto a un processo minuzioso, in cui ogni componente viene lucidato, smussato o levigato a mano. Il che richiede molto tempo e lavoro, ma è una parte fondamentale di ciò che distingue gli orologi Greubel Forsey. Non siamo disposti a scendere a compromessi. Dando più importanza al tocco umano che all’automazione, manteniamo la nostra posizione di leader nell’alta oro logeria, dove l’arte e l’abilità rimangono fondamentali.
Orologi da indossare e collezionare. Sono in aumento i collezionisti giovani. Negli ultimi anni l’accesso alla conoscenza dell’alta orologeria si è notevolmente ampliato, con le nuove generazioni che sfruttano le risorse digitali e sono molto informate. Credo che l’introduzione di dispositivi come l’Apple Watch abbia reso i giovani più consapevoli degli orologi da polso in generale. Ha suscitato interesse per gli orologi meccanici, attirando un nuovo pubblico anche verso Greubel Forsey. In effetti, la crescente domanda dei nostri orologi con cassa er-
Michel Nydegger, amministratore delegato di Greubel Forsey.
gonomica riflette il modo in cui gli acquirenti più giovani e benestanti cercano la praticità senza compromettere il lusso o l’artigianalità.
Qual è il prossimo passo?
Abbiamo appena presentato il ‘Nano Foudroyante’, una serie limitata di undici pezzi, per celebrare il nostro 20° anniversario. L’orologio è innovativo in quanto utilizza la tecnologia nano-meccanica per miniaturizzare i componenti del calibro su scala nanometrica, consentendo una drastica riduzione del consumo energetico e del numero di componenti; mira a rivoluzionare la gestione dell’energia nei segnatempo. È anche il primo Nano Foudroyante perpetuo al mondo, con il primo tourbillon volante di Greubel Forsey, e dotato di un flyback a carica manuale.
Sopra, il Nano Foudroyante, incastonato in una cassa in oro bianco e tantalio. Il movimento, composto da 428 componenti, presenta un design intricato e un’architettura precisa, visibile attraverso il fondello. A destra, il Doppio Tourbillon 30°: all’interno di una gabbia che ruota in quattro minuti, una gabbia più piccola, contenente il bilanciere, la molla e lo scappamento, è inclinata di 30° rispetto alla gabbia esterna e compie un giro in 60 secondi.
Per quanto riguarda il mercato degli orologi di lusso e le sue flessioni dovute a crisi economiche, siamo fiduciosi che Greubel Forsey ne sarà meno colpito rispetto ai marchi che operano con volumi più elevati. In merito ai livelli di produzione, prevediamo di ridurli leggermente nei prossimi anni, privilegiando la qualità rispetto alla quantità. Fin dagli esordi, il Marchio è stato considerato al top in termini di rifinitura a mano; l’attento controllo dei livelli di produzione garantisce che continui a mantenere il suo impegno verso l’eccellenza e resti nell’Olimpo dell’alta orologeria.
Sergio Galanti
Una storia che si scrive, senza fine
È la forma non verbale più evoluta: la scrittura a mano. Che pur in un’epoca dominata dalla tecnologia, sta entrando in un ‘nuovo Rinascimento’. Con la riscoperta di un gesto di cui studi scientifici testimoniano gli innumerevoli benefici, ad ogni età, non solo per l’intelletto.
Potenziare le capacità cognitive attraverso il ricorso abituale alla scrittura a mano è solo una delle tante opportunità testimoniate da studi scientifici. Uno tra i molti, dell’Università Norvegese di Scienza e Tecnologia, e pubblicato nella rivista Frontiers in Psychology, dimostra come impugnare una penna e scrivere su un foglio di carta generi maggiore connettività cerebrale. Ma l’elenco dei benefici ne contiene di ogni sorta. Il gesto migliora i processi di apprendimento, stimola l’immaginazione e il pensiero astratto, mette in contatto con i propri stati d’animo. Abilità come la concentrazione si rafforzano anche grazie al linguaggio scritto che, impegnando mente e corpo nello stesso tempo, favorisce la tensione verso un unico obiettivo, evitando le distrazioni e aumentando la produttività.
Scrivere a mano può avere effetti terapeutici, aiutando a ridurre lo stress e l’ansia.
C’è una connessione emotiva più profonda con tale forma di scrittura. Ecco perché le lettere scritte a mano sono considerate più personali e significative rispetto a testi stampati o email. Questo tipo di scrittura trasmette cura e consi -
derazione, rafforzando i legami personali. La scrittura a mano è insomma un gesto intimo che coinvolge tutti i sensi.
«La scrittura è un territorio di espressione unico, e i nostri strumenti da scrittura ambiscono ad essere altrettanto unici», esordisce Vincent Montalescot, Chief Marketing e Merchandising Officer di Montblanc, la Maison che ha tratto il proprio nome da quello del Monte Bianco, la montagna più alta d’Europa. «L’emblema dell’azienda simboleggia i sei ghiacciai innevati della maestosa montagna, ed è presente a partire dagli inizi della storia aziendale su ogni suo strumento da scrittura», prosegue Montalescot.
Coerente col suo nome, Montblanc punta in alto fin dalla sua fondazione, nel 1906, quando nacque ad Amburgo col nome di ‘Simplo Filler Pen Company’, produttore di strumenti da scrittura, ma con l’ambizione, mai tradita, di produrre penne d’eccellenza. La visione pionieristica dei tre fondatori, con l’innovativo sistema di ricarica, era destinata a cambiare il corso della storia della scrittura. La sua prima penna fu presentata nel 1909; proprio perché eliminava il rischio delle macchie d’inchiostro, venne denominata ‘Rouge et Noir’, alludendo al modo più sicuro di vincere alla roulette: puntare contemporaneamente sia sul rosso che sul nero.
Compagna di visionari, sognatori e persone mosse da una grande ambizione, la penna Meisterstück, introdotta nel 1924,
In apertura, un testo tratto dagli archivi. A sinistra, una brochure Montblanc degli Anni Trenta.
ancora oggi a cento anni esatti dalla sua creazione, è celebrata come un’icona di design. Con cappuccio e corpo realizzati in resina di colore nero intenso, l’inconfondibile design a sigaro e il pennino in oro lavorato a mano, la Meisterstück è oggi il pezzo più riconoscibile della Maison, tanto da poter essere considerata un sinonimo stesso del brand. «Nel corso di questo secolo, la Meisterstück ha catturato milioni di storie per mano di autori, creativi e amanti della scrittura. Per sottolinearne il centenario, Montblanc ha chiesto al regista e sceneggiatore statunitense Wes Anderson di creare una campagna in grado di guidare gli spettatori in un viaggio nel mondo del brand visto attraverso i suoi occhi da cineasta. Tra i più grandi narratori del nostro tempo, Anderson racconta il mondo Montblanc attraverso il suo storytelling inimitabile, eccentrico e anticonvenzionale e la sua inconfondibile identità visiva». Da strumentale complice di scrittura, l’iconica penna ha questa volta il ruolo di protagonista; a far da sfondo, una fittizia sede centrale di Montblanc sulla cima del Monte Bianco, mentre si dipana il racconto della Maison, della sua storia e della sua creazione più nota in un modo mai visto prima.
Già qualche anno fa, con il supporto
di un altro nome celebre, Spike Lee, «ci eravamo rivolti a una nuova generazione globale di leader e professionisti, ispirandoli a realizzare il loro pieno potenziale nel corso di una vita guidata dalla passione. Il modo in cui le persone lavorano è cambiato e le priorità e i valori sono cambiati a loro volta; era forse giunto il momento di ridefinire i codici del successo per riflettere i cambiamenti in corso. Essere un ‘mark maker’ significa avere un modo diverso di pensare. Non si tratta più di status o di raggiungere la vetta, ma del viaggio ricco di significati e arricchente che facciamo per arrivarci, e delle persone su cui abbiamo un impatto durante il nostro percorso».
Anche i giovani stanno riscoprendo il piacere della scrittura, sono tornati nelle biblioteche, luoghi d’ispirazione dove la conoscenza viene tramandata attraverso il tempo e le generazioni. Luoghi che elargiscono sapere ma anche emozioni, dove le parole rimangono custodite per sempre. «Si tratta di luoghi strettamente legati all’identità di Montblanc, che da sempre celebra la forza delle parole e il modo in cui queste plasmano la nostra identità culturale collettiva. Partendo da questa premessa, la nostra campagna globale ‘The library spirit’ si era basata sulla forza ispiratrice di biblioteche e librerie», un universo di scrittura e parole affine al Dna di Montblanc. L’azienda, accanto agli strumenti da scrittura, ha sviluppato settori diversi, dalla pelletteria all’oggettistica personale, dai gioielli fino ad un’importante collezione di orologi, con una logistica della produzione a cavallo di tre Paesi.«I nostri strumenti da scrittura sono prodotti ad Amburgo, gli articoli in pelle a Firenze e i segnatempo in Svizzera», sintetizza Montalescot, che così evidenzia la sinergia tra i settori: «Per scrivere qualunque testo, lungo o corto, è necessario pensare e prendersi del tempo». Gli orologi, che Montblanc produce dal 1997, sono «il modo in cui noi abbiamo interpretato, con i nostri codici, la dimensione del tempo».
Sopra, Vincent Montalescot, Chief Marketing e Merchandising Officer di Montblanc.
Meisterstück è anche il nome della prima collezione di orologi. Come pure di una delle collezioni di pelletteria, su cui Marco Tomasetta, da qualche anno direttore creativo del Brand, ha già messo la sua signature stilistica.
Per Montblanc, oggi parte del Gruppo Richemont, un momento significativo nella propria storia orologiera è arrivato nel 2006, quando Richemont ha acquisito Minerva, un punto fermo nella storia dell’orologeria - fondata nel 1859 - come filiale di Montblanc.
Quando Vincent Montalescot è arrivato in azienda, come racconta, «per prima cosa, avevo bisogno di accedere all’archivio. Ho aperto scatole che non erano state aperte per 100 anni. Per capire il futuro di un marchio, bisogna prima capire il passato. Si tratta di un Marchio storico, dunque con un patrimonio da cui si può attingere continuamente. Partendo dal presupposto che in Montblanc c’è qualcosa di veramente unico, che è la scrittura», afferma Vincent Montalescot.
Culla degli strumenti da scrittura è la Manifattura di Amburgo, dove si trova l’Artisan Atelier; qui i maestri orafi ed incastonatori rendono gli strumenti da scrittura vere e proprie opere d’arte. Artigiani specializzati combinano tecniche tradizionali e moderni processi produttivi per realizzare il pennino, l’anima di ogni
stilografica Montblanc. Innumerevoli e meticolosi passaggi, l’utilizzo di mate riali pregiati come platino e oro massic cio, esclusive tipologie di legno e pietre preziose sono impiegati per realizzare edizioni limitate come la Patron of Art la Writers Edition, la Great Characters la collezione High Artistry. Oggetti unici molto apprezzati dai colle zionisti.
La realizzazione di un pennino richiede ben trentacinque fasi di lavoro specializzato. Inoltre, per assemblare e testare una sti lografica Montblanc, sono necessari settanta passaggi aggiuntivi. Ogni pennino Montblanc è realizzato a mano in oro 14K o 18K. La sagoma del pennino viene stampata con una pressione di circa 18 tonnellate,
per poi essere modellata e conferirgli la forma desiderata. Successivamente i
Con il suo design a sigaro di colore nero, i tre anelli in oro e il pennino in oro realizzato a mano, la Meisterstück è considerata a tutti gli effetti la penna simbolo di Montblanc. A destra, MST 149 FP Platinum.
A sinistra, Montblanc Haus ad Amburgo: la casamuseo progettata da Nieto Sobejano Arquitectos.
selezione di otto larghezze di pennino oltre all’innovativo pennino flessibile. Per chi desidera avere un’esperienza di scrittura personale ed esclusiva, gli artigiani creano pennini speciali su ordinazione. «Come Maison, il nostro scopo è quello di aiutare le persone a lasciare il segno nella vita, ispirandole a fare ciò che amano e a condurre una vita più appagante. Ispiriamo alla scrittura da un secolo, ci piacerebbe continuare a farlo, rendendo perenne la Maison», conclude Vincent Montalescot.
Simona Manzione
SCOPRIRE GINEVRA IN INVERNO
Viaggiando fra cronaca ed esotismo
Fra i pittori più contesi nell’Europa di metà Ottocento, il ticinese Carlo Bossoli annoverava nella sua committenza sovrani, aristocratici, politici e la più sofisticata borghesia. Da riscoprire alla
Pinacoteca Züst, dove attraverso i suoi quadri continua a testimoniare momenti storici salienti e costumi sociali di un mondo che percorse in lungo e in largo. Con la ‘sua’ Lugano nel cuore.
Tra gli artisti ticinesi a essersi affermati nell’Ottocento al di fuori dei confini cantonali, accanto a Vincenzo Vela e Antonio Ciseri va indubbiamente citato Carlo Bossoli (1815-1884). Non ignorato ma sicuramente meno acclamato di loro in patria, probabilmente proprio perché, malgrado le sue profonde radici luganesi - significativo che qui abbia voluto essere sepolto - visse quasi sempre all’estero: un “pittore giramondo tra le corti reali e il magico Oriente”, come recita il sottotitolo della monografica con cui la Pinacoteca Züst di Rancate, a mezzo secolo esatto dalla prima e unica esposizione che gli venne dedicata in ‘casa’, a Villa Ciani, lo riporta al centro dell’attenzione, aggiungendo un nuovo significativo contributo alla folta messe di studi critici che, soprattutto in Italia dagli anni ’50, sono stati dedicati alla sua ricca produzione. Questa volta si è voluto porre il focus sull’uomo Bossoli e la sua straordinaria vicenda. Una vita che riemerge non solo
Due testimonianze del fascino d’Oriente, respirato da Carlo Bossoli nei suoi numerosi viaggi e riproposto nello stile della dimora che si costruì a Torino, suo ultimo approdo: a sinistra, Interno di un caffè a Galata, 1847, tempera su carta; sopra, Veduta di villa Bossoli sul lungo Po a Torino, 1868-69, olio su tela.
dalle sue stesse opere e dalla documentazione, ma anche dalle memorie del nipote Francesco Edoardo - soltanto di quindici anni più giovane, anche lui un ottimo vedutista, che si merita un affondo a chiusura della mostra, in particolare come autore di paesaggi montani (era un membro del Club Alpino Italiano) - come pure dalla biografia dedicatagli da Luigi Torelli, conte valtellinese protagonista del Risorgimento e dei primi anni del Regno d’Italia, a lui legato da una profonda intesa amicale, anche questa ricordata in mostra e catalogo, in particolare con il prezioso album di opere su carta raccolto dalla nuora del Torelli.
Dunque: Carlo Bossoli, chi era costui? L’originalità si manifesta sin dalla formazione, fra i pochissimi pittori totalmente autodidatta in un Ottocento secolo delle Accademie. Nato a Lugano nel 1815, ha solo 5 anni quando la famiglia si trasferisce a Odessa, allora crocevia commerciale d’Oriente e cosmopolita capitale moderna alla cui edificazione avevano messo mano
molti ingegneri, architetti e maestranze ticinesi. Già undicenne Carlo, commesso presso un libraio antiquario si esercita nel disegno, per poi iniziare a cimentarsi nei più svariati lavori di decorazione collaborando con un pittore scenografo prima di mettersi in proprio e iniziare a realizzare incisioni e vedute, specializzandosi in cosmorami panoramici e sostentando così anche la famiglia in difficoltà dopo la prematura scomparsa del padre, la mamma già avanti negli anni e la sorella ragazza-madre. Lavora per molteplici committenti tra cui editori, professionisti e nobili russi come il governatore generale della città Michail Voroncov, la cui moglie nel 1839 lo incoraggia a intraprendere un viaggio d’istruzione in Italia per approfondire la sua vocazione per la veduta: da Roma via Napoli fino a Milano, dove si stabilirà dal 1844, vicino anche alla ‘sua’ Lugano che non manca di raggiungere e ritrarre. Quel primo piccolo Grand Tour si completa più tardi con viaggi in tutta Europa, in Medio Oriente e in Nord
Vedano al Lambro,
Collezione
Litta
Africa, alla ricerca di spunti che, annotati con perizia di dettaglio nei suoi cahiers de voyage , costituiscono il repertorio a cui attinge per tutta la successiva produzione, operando secondo un modello che traduce la bottega rinascimentale in moderna impresa artigianale, a volte in tandem con il nipote, senza disdegnare le richieste minori accanto alla committenza più sofisticata, che conquista grazie alla padronanza unica della tecnica della tempera, unita all’amabilità del suo carattere.
L’outsider Bossoli è conteso da reali, imperatori e di loro consorti, nobili, diplomatici, politici, alta borghesia e ricchi imprenditori. Dall’aristocrazia del Lombardo Veneto, via via tutti quelli che contano in Europa lo reclamano. Agli acquisti di re Vittorio Emanuele II e del principe Eugenio di Savoia-Carignano si sommano quelli della regina Vittoria d’Inghilterra e del principe Alberto, che lo ricevono al castello di Balmoral (viaggio documentato da un taccuino di disegni conservato all’Archivio di Stato di Bellinzona ed esposto in mostra), così come le richieste dell’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria e dell’imperatrice Eugenia di Francia. I notabili ambrosiani si mettono in coda per far immortalare le loro residenze di villeggiatura con gli splendidi giardini sul lago di Como, in Brianza e nel Varesotto.
Nei suoi quadri Bossoli sa restituire tanto le seduzioni dell’Oriente quanto il fascino romantico d’Oltralpe e i grandi momenti storici. Immortalando le Cinque Giornate di Milano si accredita reporter
ante litteram, confermandosi quando documenta la seconda Guerra di Indipendenza a seguito dell’esercito sabaudo (una quarantina di sue tempere sono anche utilizzate per illustrare la corrispondenza dell’inviato del Times) o le imprese ferroviarie del Regno. La circolazione di alcuni suoi soggetti, venduti a buon mercato in album a stampa litografica da librerie francesi, inglesi, torinesi moltiplica la diffusione seriale delle sue immagini.
La mostra della Pinacoteca Züst, curata da Sergio Rebora con il coordinamento scientifico di Mariangela Agliati Ruggia e Alessandra Brambilla (in programma fino al 23 febbraio 2025), restituisce con un percorso in undici capitoli questa romanzesca esistenza, attraverso una selezione delle moltissime opere ritrovate e segnalate tra collezioni pubbliche e private, che si chiude sul periodo torinese di Carlo Bossoli. Costretto dopo i moti del 1853 a lasciare Milano come tutti i cittadini svizzeri espulsi dal Lombardo Veneto, dopo qualche titubanza opta per la capitale sabauda, una città già profondamente debitrice alle maestranze luganesi e ticinesi che, se fra Cinquecento e Ottocento avevano contribuito a costruirne e decorarne il 90%, in quegli anni sono impegnate nella realizzazione delle due ferrovie - la Napoli-Portici e la Torino-Genova - e dei tunnel che hanno permesso all’Italia di collegarsi con l’Europa. In quella Torino alla vigilia dell’età industriale, Carlo seduce sia la più tradizionalista committenza di corte che una clientela di ascendenza napoleonica,
in grado di apprezzare l’assoluta novità del suo linguaggio di matrice romana e partenopea, attento a cromie, sfumature, giochi di luce.
A sua volta, negli anni Settanta, in particolare attraverso un altro grande protagonista dell’Ottocento europeo, Antonio Fontanesi, ma anche grazie alle esposizioni universali, può misurarsi con la moderna pittura impressionista quando, ormai sempre più stanco e malato, non è più in grado di viaggiare come in passato.
A contestualizzare l’arte di Carlo Bossoli nella sezione dedicata all’esotismo, di cui il pittore sapeva ricreare in modo mirabile le atmosfere avendole vissute e amate, è ricreata una period room con arredi ‘alla turca’ dell’ebanista piemontese Giuseppe Parvis e altri pezzi d’epoca. La prima sezione testimonia invece, con opere provenienti da musei e da collezioni del Cantone, l’intenso rapporto tra Bossoli e il Ticino, e una parentesi del percorso è stata anche dedicata alla fortuna di cui godono ancora oggi le sue opere fra i collezionisti del territorio.
Un pittore che ha saputo far sognare quanto informare, quando era delegato alle immagini documentare una popolazione largamente analfabeta. In occasione della mostra il Comune di Lugano, insieme all’Ufficio beni culturali di Bellinzona, ha voluto rendergli omaggio anche restaurandone il monumento funebre al cimitero monumentale di Lugano, opera dei fratelli Antonio e Giuseppe Chiattone.
Susanna Cattaneo
Reporter ante litteram, sui luoghi che hanno fatto la storia d’Italia, Carlo Bossoli fu anche felice ritrattista della sua Lugano, dove è sepolto. Da sinistra, La ritirata degli austriaci dal dazio di porta Tosa la notte del 22 marzo 1848, 1848, tempera su carta, e Veduta di Lugano. Piazza Grande (l’attuale piazza della Riforma), 1849, tempera su carta.
Lugano, Museo d’arte della
Svizzera italiana, Collezione Città di Lugano, inv. CCL-91.
Milano, Comune di MilanoPalazzo
In Francia, un tour di scoperte
Da Biarritz a Bordeaux, un percorso con una ‘compagna’ d’eccezione: la prima vettura a quattro porte di serie di Ferrari.
Prestazioni assolute e comfort ineguagliabile.
Un’auto in cui performance, emozioni di guida e fruibilità convivono in armonia.
Potenza al top e un inconfondibile sound.
ciò, abbiamo deciso che la produzione della Purosangue non supererà il 20% delle nostre consegne totali nel corso del suo ciclo di vita».
Due anni fa, la sua presentazione aveva stupito tutti. Purosangue, la prima quattro porte di serie di Ferrari, è una vettura rivoluzionaria nella lunga storia del Cavallino Rampante. Mentre qualche purista ha obiettato che non si trattava di una ‘vera Ferrari’, il mercato ha salutato con entusiasmo l’iniziativa della Casa di Maranello di esplorare nuovi segmenti. Che cosa rappresenta la Purosangue per Ferrari e qual è il bilancio a due anni dal lancio? Lo abbiamo chiesto ... a Ferrari. «La Purosangue è unica e senza compromessi, una ‘vera’ Ferrari’ - per le emozioni di guida, le prestazioni entusiasmanti e il design elegante - con nuove soluzioni per migliorare l’esperienza di guida», ci dicono dall’Azienda.
«Questa prima vettura a quattro porte, e quattro posti, della nostra storia è un’altra novità che porta l’esperienza Ferrari a nuovi livelli. La reazione è stata estremamente positiva e la domanda al momento del lancio è stata molto forte. Nonostante
Posizionata dunque, fin dal primo annuncio, come una vera Ferrari, la Purosangue è nata con l’intento di essere fedele alla storia del marchio e ai suoi valori. «Abbiamo ritenuto che il motore V12, il propulsore più iconico della nostra storia, con la sua coinvolgente colonna sonora, si adattasse meglio al posizionamento». E oggi? «Siamo concentrati sull’esecuzione del nostro piano strategico, che prevede il lancio di quindici nuove auto nel
La Purosangue integra la proposta Ferrari esplorando un nuovo segmento. Il V12 originale è quello della 812 Competizione, con 105 Cv in meno, mentre completamente nuovi sono il sistema di scarico, la distribuzione e il sistema di aspirazione. Il suo design è stato premiato nel 2024 con l’ambìto ‘Compasso d’Oro’. A sinistra, Fabio Musitano, alla guida della Purosangue, durante il ‘road tour’ francese, lo scorso settembre.
periodo 2022-2026. Allo stesso tempo, la sostenibilità rimarrà una priorità per noi, poiché puntiamo a essere un catalizzatore del cambiamento e a raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2030». Il futuro, sarà elettrico? «Affronteremo anche il nostro percorso di elettrificazione fino al 2030 come un’opportunità per migliorare le prestazioni e le emozioni di guida dei nostri veicoli».
Emozioni di guida che abbiamo sperimentato nel corso di un ‘road tour’ sulle
strade francesi, da Biarritz a Bordeaux. La vettura è fedele al suo nome: ‘Purosangue’, con gli esterni atletici e snelli, che la distinguono rispetto alle altre vetture a quattro porte e quattro sedili sul mercato, e un abitacolo lussuoso, confortevole e dall’elevato grado di abitabilità. Agile e scattante, è una supercar più alta e più comoda.
Il suo V12 aspirato in posizione centrale-anteriore le permette di erogare la maggiore potenza del segmento (725 Cv), oltre a un inconfondibile sound. Il nuovo telaio con tetto in fibra di carbonio, caratterizzato dall’apertura controvento delle porte posteriori, ospita quattro ampie poltrone riscaldate con comandi elettrici. Il bagagliaio è il più capiente mai proposto in una Ferrari e può essere reso ancor più spazioso reclinando i sedili posteriori. Le dimensioni della Ferrari Purosangue stupiscono certo per la lunghezza (4,97metri), ma soprattutto per il passo. A caratterizzarla, infatti, è una formula che coniuga il passo lungo, di poco superiore ai 3 metri, con una guidabilità paragonabile agli altri modelli del Cavallino Rampante.
In alto, con partenza dall’Hotel ‘Regina Experimental Biarritz’, a Biarritz, un road tour ha visto protagoniste quattro Purosangue. E ha condotto gli equipaggi, attraverso strade spettacolari e paesaggi mozzafiato, a Saint-Mont, con tappa a ‘Le Monastère de Saint-Mont Boutique Hotel & Spa’ prima e, il giorno dopo, allo ‘Château Hotel & Spa Grand Barrail Saint-Émilion’ (foto a sinistra). Per concludere, niente di meglio che degustare l’eccellenza nella città del vino, a Bordeaux, con tappa allo ‘Château les Carmes-Haut Brion’ (foto in basso a sinistra, un dettaglio della cantina).
«Ferrari resta un’azienda dedicata all’unicità in tutto ciò che produce. Alle emozioni e alle esperienze che può generare. E alla realizzazione dei sogni dei nostri clienti, sempre più numerosi. Questo si estende ben oltre la pista e la strada, fino all’universo digitale e alle nuove opportunità di esprimere il nostro stile di vita, i nostri valori e il nostro patrimonio Ferrari nel mondo del lusso» Lo abbiamo toccato con mano!
Zurigo ha innestato la giusta marcia
Compatto, agile ed equipaggiato di tutto punto: l’interesse raccolto da Auto Zürich dimostra come i saloni automobilistici che soddisfano le esigenze di espositori e pubblico possano essere ancora rilevanti nell’era digitale. Un’edizione da record con quasi 70 marchi e 80 anteprime.
Quando Ginevra ha alzato bandiera bianca, Zurigo era già pronta al sorpasso. Così mentre il Geneva International Motor Show ha annunciato nel suo centesimo anniversario la fine del Salone che è stato la vetrina del settore automobilistico in Svizzera - cedendo il testimone al suo spin-off in Qatar - sulla Limmat tutto era già pronto per prendersi definitivamente la leadership.
Dopo il megasuccesso del 2023 con oltre 62mila visitatori nei quattro giorni della kermesse, gli organizzatori di Auto Zürich, riuniti attorno al grand patron Karl Bieri, erano fortemente ottimisti per l’edizione di quest’anno che, dal 7 al 10 novembre, con 66 marchi ha presentato
il portafoglio più completo dei suoi 37 anni di storia e dei saloni europei, con 80 anteprime.
La marcia giusta Auto Zürich l’ha ingranata sin dalla sua fondazione nel 1987, quando con meno di sette marchi per un totale di 60 veicoli in un vecchio padiglione della fiera di Zurigo fu in grado di attirare già 27mila visitatori. Da allora si è lavorato per tessere una vasta rete di produttori, importatori e partner commerciali e per offrire agli espositori la piattaforma di vendita più efficiente ed efficace possibile, riuscendo anche a mantenere pressoché costanti i prezzi base al metro quadro per gli espositori grazie a una struttura organizzativa snella. Meno glamour e più business di Ginevra. La ri-
sposta non è mancata e anche quest’anno tutti gli spazi di Auto Zürich erano prenotati da giugno. Un alto livello di interesse che dimostra come qualità e rilevanza dei contenuti e la loro efficiente gestione siano premiati al di là delle dimensioni. Oltre all’area dedicata alle novità, la fiera ne comprende numerose altre, come quella ormai classica dedicata ai veicoli d’epoca, quest’anno integrata con il modulo Auto Zürich U35: meno di 35mila franchi per modelli soprattutto dagli anni ’70 ai ’90 che rappresentano un buon compromesso tra storicità e tecnologia, accessibili anche a un pubblico più giovane. Si sta inoltre ampliando il concetto di “ev experience”, offrendo test drive accompagnati per 30 modelli di diverse case
e un centro di consulenza multimarca per fornire l’accesso più semplice e completo alla mobilità elettrica. Inoltre, per la prima volta quest’anno si sono volute proporre anche numerose novità del settore moto. Un giro fra gli stand permette di scoprire le numerosissime anteprime. Abarth festeggia il suo 75esimo con la 600e da 240 cavalli, suo modello più potente da sempre. A sei anni dall’ultima Alfa Mito, arriva l’Alfa Romeo Junior proposta con motori elettrici da 156 e 280 cavalli nonché ibrida da 136 cavalli, l’Alpine A290 che riprende il ruolo della leggendaria Renault R5 Turbo in chiave moderna elettrica da 177 e 218 cavalli, l’Aston Martin Vantage ora da 665 cavalli. Sullo Stand Audi la nuova A5 benzina e diesel e S5 da 367 cavalli, tutte come limousine e Avant, in sostituzione della nota Audi A4 visto che d’ora in avanti i modelli a motore termico avranno una cifra dispari. L’ultima versione dell’Audi e-tron Gt prevede derivati S, Rs e Rs performance che, con 925 cavalli, sarà l’Audi più potente di sempre. La nuova AudiQ6 invece, quale sorella elettrica della Q5 divide piattaforma e know-how tecnologico con la nuova Porsche Macan Electric, mentre le Audi A6 e-tron e S6 da 503 cavalli e autonomia fino a 756 cavalli sono le prime
Range Rover Sport SV Edition Two
A6 sviluppate su una piattaforma elettrica. Rimasta senza il mitico motore W12 la Bentley Continental Gt Speed propone una motorizzazione V8 Plug-in Hybrid da ben 782 cavalli.
Ben tre le novità in casa Bmw con Serie 1 LCI, M2 LCI ora da 480 cavalli e nuovo cruscotto e la quarta generazione Bmw X3 proposta esclusivamente con motorizzazioni termici e ibrido plug-in.
La Cadillac ritorna su territorio svizzero con la Lyriq elettrica da 528 cavalli e autonomia di 530 km. Citroen propone le nuove C3 Aircross, Suv più compatto del marchio con i suoi 4,39 metri, ora proposto a 7 posti con motori benzina, mild hybrid ed elettrica, mentre la e-C3 offre fino a 320 km di autonomia elettrica, anche con motore benzina 101 cavalli o mild hybrid da 136 cavalli. Cupra Terramar è un Suv famigliare con motorizzazioni mild hybrid, benzina puro e plug in Hybrid per raggiungere una cerchia più ampia di clienti. Fiat presenta le sue Grande Panda con un’autonomia elettrica di 320 cavalli e la Fiat 600 ibrida da 100 cavalli. Ford propone la nuova Explorer, primo modello completamente elettrico sviluppato in Europa per l’Europa, con 3 motori fino a 340 cavalli e autonomia fino 600 km.
A 55 anni dal lancio della prima Ford Capri, ecco la nuova generazione Capri elettrica da 286 cavalli con trazione posteriore e 340 cavalli a trazione integrale. Kia mostra la sua EV3 lunga 4 metri e 30 a trazione anteriore con motore 204 cavalli e un’autonomia fino a 600 km. Sullo stand Jaguar Land Rover vi attendono la Land Rover Defender Octa da oltre 630 cavalli prevista in sole 50 unità per la Svizzera e la Range Rover Sport Sv Edition Two con motore Twinturbo V8 ibrido da ben 635 cavalli e 750 Nm che la catapulta in soli 3,9 secondi da ferma a 100 km/h. Esteticamente si fa notare subito per i suoi cerchi in carbonio da 23” e freni in carbonio della Brembo.
Lexus RZ 300e, rispetto alla sorella maggiore RZ 450e a 2 motori elettrici e trazione integrale, monta un motore da 204 cavalli sull’asse anteriore con autonomia fino a 480 km. Con la Lotus Emeya che accelera in meno di 2,8 secondi da 0 a 100 km/h è tra le GTs elettriche più veloci al mondo mentre la Mazda CX80 proposta a 6 o 7 posti è la punta di diamante della Casa nipponica.
La nuova Mercedes Classe G 580 elettrica viene spinta da 4 motori elettici singoli con una potenza totale di 587 ca-
Ford Capri Peugeot E5800 Opel Mokka
Gt 63 S E Performance abbina motore 4.0 V8 Biturbo a un’unità elettrica ottenendo un totale ibrido di 816 cavalli. La quarta generazione della Mini Cooper si completa con la più lunga e spaziosa 5 porte, disponibile in versione C e S, con potenze di 156 e 204 cavalli. La Mini Aceman elettrica sostituisce la Clubman, proposta in 2 versioni E e SE da 184 e 218 cavalli, 300 km di autonomia per la prima, 400 km per la seconda. La nuova generazione Mitsubishi Outlander Phev con look rivisto in tanti dettagli offre nuovi interni e un powertrain migliorato da 302 cavalli con autonomia totale di 844 km di cui oltre 80 km in modalità puramente elettrica. Negli anni Novanta, la Opel Frontera era una fuoristrada dura e pura, ora si è trasformata in pratica crossover lunga 4,38 metri ed è proposta con motori a benzina mild hybrid a 48 volt o in versione elettrica con un’autonomia fino a 400 km. In anteprima mondiale la Opel Mokka, con puro motore benzina 1,2 da 136 cavalli e 2 varianti elettrificate, completamente elettrica con oltre 400 km di autonomia oppure ibrida 48 volt con motore 1,2 benzina da 136 cavalli ed elettrico da 28 cavalli. La Peugeot E-5008 cambia nel design sia fuori che dentro, è più grande e propone motori elettrici con fino a 530 km di autonomia e ibridi, è più grande. In abitacolo poi tantissima tecnologia con grande schermo curvo da 21” del Panoramic i-Cockpit che integra la strumentazione e l’infotainment.
La nuova Porsche Macan E cresce di 5 cm rispetto alla generazione precedente a causa della nuova piattaforma Ppe sviluppata con Audi che integra la batteria da 100 kWh nominali. Dopo le due versioni: Macan da 408 cavalli e Macan Turbo da 584 cavalli che diventano 639 in overboost erogati da due motori posti su 2 assi che danno origine alla trazione integrale, la versione monomotore elettrico offre 340 cavalli con autonomia di 641 km. Renault presenta 3 modelli con Renault 5 E Tech, elettrica ispirata alla Renault 5 degli anni 70/80, con motore elettrico e 410 km di autonomia, Renault Symbioz, Crossover full hybrid derivato dalla Capture ma più lunga di 17 cm con 441 cm, tutto a vantaggio del baule e Renault Rafale E-Tech Hybrid, che conquista con il design sportivo ispirato
all’aviazione, sedili sportivi, tetto solare panoramico, firma luminosa e fino a 1100 km di autonomia. La Skoda Elroq, Suv elettrico di medie dimensioni, lunga 449 cm, apre un nuovo corso stilistico per il marchio che punta senza mezzi termini a un miglior equilibrio costo/dotazioni del segmento. La nuova Subaru Forester, rinnovata nell’estetica e nella tecnologia, mantiene l’aspetto leggermente squadrato, con altezza da terra di 22 cm, tetto dritto e lunotto quasi verticale, a terminare su un posteriore tutto nuovo, con luci ridisegnate e unite non da una striscia luminosa. Sotto il cofano, il noto 2.0 Boxer 136 cavalli mild hybrid.
La Toyota Landcruiser si presenta con Look moderno e interni più confortevoli, meccanica solida, tutti i fondamentali tecnici di una vera off road nata per il mondo, praticamente inarrestabile e nessun compromesso con la moda dei Suv.
Volkswagen introduce la nuova variante Gtx alla sua ammiraglia ID.7 da 340 cavalli con autonomia di 595 km per la berlina e 585 km per la Tourer. La nuova Volkswagen Tayron prodotta a Wolfsburg, è a metà tra Tiguan che supera di 24 cm e Touareg che è più lunga di 13 cm ma offre 7 posti. Sfoggia una silhouette più sinuosa rispetto ad altri modelli del marchio e appare molto equilibrata, monta motori ibridi mild o plug-in nonché 2.0 turbodiesel e con trazione integrale. Aggiorna inoltre la ID.Buzz con nuovo motore 286 cavalli e batteria più grande, aggiungendo anche una variante Lwb a passo più lungo di 25 cm a favore dello spazio interno e del bagagliaio. Il sistema integra l’assistente vocale Ida e ChatGpt, oltre all’app Wellness con programmi preconfigurati. Dotazioni più complete, tra gli Adas si aggiungono il Park Assist Plus con funzione Remote e l’Exit Assist.
La nuova Volvo EX90 è l’alternativa super tech elettrica alla XC90, offre 7 posti e oltre 500 cavalli elettrici grazie a due motori e promette 600 km di autonomia, le versioni meno potenti offrono 280 e 400 cavalli. La Volvo XC90 2024 aggiorna i canoni stilistici, la griglia frontale ha un nuovo design e rivisti anche i fari con una firma di luci diurne a Led rivisitata. Sotto il cofano solo motori benzina 2.0 turbo mild hybrid B5 da 250 cavalli e B6 da 300 cavalli e ibrido plug-in da 310 cavalli benzina e elettrico da 145 cavalli.
Claus Winterhalter
Mini Aceman SE
VW Tayron
Mitsubishi Outlander Phev
Toyota Land Cruiser
Guida al licenziamento - Cosa
devo sapere in caso di disdetta del rapporto di lavoro?
Isa Mariotta
Consulenza legale di Swiss Leaders, Esperta di diritto del lavoro
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