N. 95 • Inverno 2023 - Fr. 12 / Euro 12
IL DONO
Una storia ancestrale
© Jolie Zocchi
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CHIUSURA REDAZIONALE: 7 dicembre 2023 © Riproduzione riservata
DINAMISMO ASSOLUTO
landrover.ch
EDITORIALE
DONO
quindi sono
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trenne. Ovvero ramoscelli consacrati, che gli antichi Romani si scambiavano come augurio di prosperità e abbondanza. La Storia ha fatto sua questa tradizione dell’offrire per buon auspicio e, adattandola via via, ce l’ha consegnata. Noi, gente di quest’epoca, l’abbiamo revisionata ancora, avviando tra un po’ di sacro e tanto profano una cultura del regalo che, tuttavia, molto spesso ci scappa di mano. Anzi, ci è scappata di mano.
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Che fare? Intanto, la differenza tra regalo e dono. Due parole fondamentali nel dizionario dei sentimenti e delle relazioni. Sinonimi solo all’apparenza. Il ‘regalo’, nato come offerta al Re, è un atto dovuto, per rendersi preziosi agli occhi di una persona importante; insomma una sorta di omaggio promozionale. Il donum invece è l’atto di dare all’altro gratuitamente, in maniera disinteressata. Un’espressione di affetto, un gesto di riconoscimento. Non va alla persona ma alla relazione. E arricchisce la vita di entrambi. Attraverso il dono si può creare una particolare dimensione emotiva, quella dello “stare con”. Una dimensione in cui ci apriamo all’altro mettendo a sua disposizione il nostro tempo, spazio mentale e attenzione. Il dono è il fil rouge delle pagine che seguono. Osservato attraverso la lente della filosofia e dell’antropologia. Abbiamo raccontato con parole e immagini, doni diversi, personali o collettivi. Ricevere un dono è come ricevere uno sguardo gentile, autentico e carico di affetto con il quale l’altro ci comunica di averci pensato, di averci visti e di averci riconosciuti. Attraverso lo scambio di doni si rafforzano e intensificano le relazioni che uniscono gli individui e si crea la società. E la società ha un bisogno vitale di continuare a contare sulla forza del simbolico, su quell’anima segreta che accomuna le persone e gli oggetti.
Simona Manzione
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IN QUESTO NUMERO 10
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Regalo, la magia dei valori
Il dono, portatore di emozioni e di significati sociali complessi.
A regola d’arte, l’intelligenza del Bello
Skira, specialista multimediale nella realizzazione di contenuti culturali.
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Strumenti di scrittura che lasciano il segno
Capolavori che esplorano gli sconfinati campi della creatività.
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Campione di generosità
I progetti in Africa e in Svizzera la Roger Federer Foundation.
Rossocrociate nella Città Eterna
Le tre ambasciatrici svizzere a Roma raccontano la loro missione.
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Una visione olistica della salute
Miglior pasticciere del mondo, Nina Métayer sublima l’arte del dolce.
HERMÈS
Dal benessere fisico e mentale, a quello del sistema sanitario.
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Sublimi delizie
© foto JOLIE ZOCCHI
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Tutti i frutti!
Hanno cucinato per noi, da Bellinzona a Castel San Pietro...
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FOCUS_REGALO, LA MAGIA DEI VALORI
LA LOGICA DEL DONO
DI MARKUS KRIENKE
La forza ‘rivoluzionaria’ del dono, con la sua dinamica generativa di libertà e benevolenza, fa emergere relazioni autenticamente umane
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e non sorprende, non è un dono. Il bello del dono è che va oltre ciò che possiamo aspettarci o cui abbiamo un diritto. Proprio per questo è espressione di libertà e benevolenza. Chi pensa, però, che la dinamica si esaurisca qui, ancora non ha compreso la sua forza ‘rivoluzionaria’: riempie di gratitudine chi lo accetta liberamente, facendo nascere il desiderio, sempre libero, di volerlo ricambiare. Si tratta dunque di una triplice dinamica di libertà - donare/ricevere/ ricambiare - che culmina nel fatto che non necessariamente la ‘restituzione’ del dono deve essere indirizzata al donatore. Anzi, meglio ancora se è rivolta ad altri che quindi a loro volta vengono coinvolti nella dinamica, ‘rivoluzionaria’ perché generativa di libertà e benevolenza che si diffonde. Chi invece di gioire di un dono, sente subito il dovere di ricambiarlo possibilmente con qualcosa di equivalente, non è davvero entrato nella ‘logica del dono’, che non segue le regole degli ‘equivalenti’ nell’economia o del do ut des di un’utilità reciproca. E proprio perché esso si situa lontano da ogni egoismo o calcolo, fa emergere - spesso inaspettatamente - un momento di umanità. Pertanto, ciò in cui consiste un dono non è mai il suo valore economico ma la relazione tra le persone che instaura. Chi dona non calcola ma esercita, a ben vedere, un’arte appunto ‘l’arte del donare’ cioè lasciare completamente da parte ogni interesse, realizzando un’azione che esprime pura gratuità e altruismo. Senza questo presupposto, nessuna vera relazione umana può nascere. Infatti negli scambi economici e guardando al proprio utile, non ci si interessa affatto dell’altro e della relazione con lui. Anche da un dono eccessivo e non adeguato all’altro, non può nascere una vera relazione umana, perché in realtà è sé stessi che si mette al centro in quel caso e non l’altro: “I benefici sono graditi finché possono essere ricambiati. Quando sono troppo grandi, invece di gratitudine, generano odio”, scrisse Tacito. Il motivo per il quale tramite il dono si costituisce la relazione tra le persone, è il fatto che ‘l’arte del donare’ crea fiducia e riconoscimento. Ecco perché il dono è generativo. Ogni relazione sociale e l’intera società non potrebbero esistere senza questi ingredienti. Perciò non è solo l’economia, ma anche il dono che edifica la società. E possiamo comprendere perché il tempo sia uno dei doni più preziosi, pur non avendo di per sé un valore commerciale. Solo se dedico tempo all’altro - senza metterlo in conto - posso comprendere la sua umanità. Ma spesso cerchiamo a ‘tutti i costi’ di economizzarlo e farlo fruttare, affermando che ‘il tempo è denaro’. Niente però è più contrario alla logica del dono. Noi umani non siamo ottimizzatori del tempo, ma esseri capaci di valorizzarlo e, attraverso esso, di valorizzare l’umanità in noi e negli altri. Non è solo con il profitto economico, ma soprattutto tramite la dinamica del dono che contribuiamo al ‘capitale sociale’, cioè
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L’arte del donare crea fiducia e riconoscimento. Ecco perché il dono è generativo. Ogni relazione sociale e l’intera società non potrebbero esistere senza questi ingredienti. Perciò non è solo l’economia, ma anche il dono che edifica la società
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Markus Krienke, Professore ordinario di Filosofia moderna ed Etica sociale presso la Facoltà di Teologia dell’Usi e Direttore della Cattedra Rosmini
alla ricchezza dei legami sociali, e possiamo restituire qualcosa alla società. Proprio per questo nesso, niente è più corrosivo e pernicioso del ‘dono avvelenato’ che sfrutta la parvenza del dono per creare nell’altro dipendenza da sé, strumentalizzandolo anziché valorizzandolo nella sua dignità. In questa dinamica perversa, l’altro non viene riconosciuto ma ridotto a mezzo per i miei interessi e infine umiliato. Bisogna dunque coltivare e preservare la forza generativa del dono, perché nella sua libertà fa emergere qualcosa di cui la società necessita, ossia relazioni autenticamente umane che donano fiducia e affidabilità. Per ricordarlo, in occasione di determinati eventi sociali lo scambio dei doni è diventato un rito istituzionalizzato. Per questa sua natura, l’importanza del dono per una società umana dovrebbe servire a una critica radicale della società basata sulle logiche del mercato, della finanza e del consumismo? Anche una siffatta strumentalizzazione del dono ne misconoscerebbe il vero valore sociale, ossia di assicurare l’equilibrio in una società che deve affrontare tali pressioni. Il ‘dono’, infatti, non può ‘produrre’ le ricchezze e distribuirle equamente, ma ci ricorda che prima della ‘produzione’ sta sempre la ‘relazione’.
Esprimono sentimenti e celebrano avvenimenti. Incarnano miti e perpetuano tradizioni. Suggellano la relazione tra le parti e sono portatori di significati sociali complessi. Regali
DARE RICEVERE ricambiare
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l dono è un concetto intrinsecamente legato alla condizione umana, un fenomeno complesso che ha radici profonde nella storia e nelle dinamiche sociali delle diverse culture. Questa pratica, presente in tutte le culture, non è semplicemente uno scambio di beni materiali, ma riflette la complessità delle dinamiche sociali, delle relazioni umane e del significato simbolico attribuito agli oggetti donati. E sono proprio gli oggetti e i beni materiali al centro
SOPRA, LA STATUA DELLA LIBERTÀ, IL REGALO PIÙ GRANDE DEL MONDO, DONATA DAI FRANCESI AGLI STATI UNITI IN SEGNO DI AMICIZIA TRA I DUE POPOLI E PER COMMEMORARE IL CENTENARIO DELLA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA A DESTRA, IL TAJ MAHAL, IL MAUSOLEO FATTO COSTRUIRE NEL 1632 IN INDIA, AD AGRA, DALL’IMPERATORE, DONO D’AMORE IN MEMORIA DELLA SUA AMATISSIMA
FOCUS_REGALO, LA MAGIA DEI VALORI TESTO DI ERIKA GRASSO
dello scambio a svolgere un ruolo fondamentale nelle pratiche e nei significati che girano intorno all’atto del regalare. In effetti, la cultura materiale dice molto dei soggetti che la producono, la accumulano e la fanno circolare. Per questo motivo antropologi e antropologhe culturali hanno indagato il significato culturale degli oggetti quotidiani. Daniel Miller, per fare un esempio, nel suo libro Cose che parlano di noi esplora come gli oggetti che possediamo e usiamo riflettano e influenzino le nostre identità, relazioni e valori culturali. Egli sostiene che gli oggetti non siano semplicemente inerti, ma siano portatori di significati sociali complessi, fungendo
ERIKA GRASSO, ANTROPOLOGA CULTURALE
da veicoli per comprendere le dinamiche culturali, l’appartenenza sociale e la costruzione dell’identità individuale. In questo senso, i doni, nella loro materialità, trasportano significati culturali profondi. In molte società, anche e soprattutto in quella occidentale, essi sono veicoli di valori simbolici, emblemi di status e strumenti per stabilire e mantenere legami sociali. La scelta dell’oggetto può riflettere la natura della relazione tra donatore e ricevente, connotando il gesto di donare con significati più complessi di quanto si potrebbe immaginare. Nelle società tradizionali, gli oggetti donati spesso rappresentano l’essenza della
IN QUESTA PAGINA, I PRIMI A SCAMBIARSI REGALI SONO STATI GLI ANTICHI ROMANI, CHE ERANO SOLITI CELEBRARE, IN QUESTI GIORNI DELL’ANNO, I SATURNALI, IN ONORE DI SATURNO, DIO DELL’AGRICOLTURA: CON L’AUGURIO DI PACE E PROSPERITÀ. CON L’AVVENTO DEL CRISTIANESIMO TALE USANZA È ASSOCIATA A ORO, INCENSO E MIRRA, OFFERTI DAI RE MAGI AL BAMBIN GESÙ NELLA PAGINA ACCANTO, IN ALTO, I DONI DEI RE MAGI E IL LORO VALORE SIMBOLICO: LA MIRRA CHE ALLUDE ALLA PASSIONE, L’ORO ALLA REGALITÀ E L’INCENSO ALLA DIVINITÀ DI CRISTO
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come l’alternarsi tra il dare e il ricevere (e poi ricambiare) è stato uno dei padri dell’antropologia culturale, Marcel Mauss che nel suo celebre saggio Essai sur le don (1922), sostiene che il dono nelle società arcaiche (secondo la prospettiva della sua epoca) rappresenta uno scambio libero e non obbligato attraverso cui si creerebbero relazioni sia a livello individuale, tra singoli soggetti, sia a livello comunitario. Infatti, in molte culture, il dono è un modo per stabilire alleanze tra gruppi, consolidare rapporti di potere e affermare la coesione sociale. L’atto di donare e ricevere diventa un linguaggio con il quale si comunicano e negoziano relazioni sociali e gerarchie. Nella cultura occidentale, ma non solo, spesso donare comporta l’investimento di risorse in oggetti apparentemente inutili o frivoli. In molte culture il dono è parte di pratiche coreutiche in cui la ricchezza di alcuni individui viene letteralmente dilapidata in grandi rituali di redistribuzione. E in effetti, lo sfarzo è un elemento che può amplificare il valore del dono. Regali sontuosi o lussuosi non sono semplicemente dimostrazioni di generosità, ma spesso fungono da strumenti per affermare il prestigio e il potere del donatore. In molti contesti, la magnificenza di un dono è proporzionale alla posizione sociale del donatore e all’importanza della relazione tra donatore e ricevente. L’atto di donare in modo sfarzoso può anche essere una forma di competizione sociale, dove individui e gruppi cercano di superarsi a vicenda nel mostrare generosità e opulenza. Questa competizione può tradursi
SOPRA, LA TRADIZIONE NIPPONICA DI AVVOLGERE I REGALI IN TESSUTI (FUROSHIKI) VANTA ORIGINI ANTICHE. SI FA RISALIRE ALLA CORTE IMPERIALE, OLTRE 1’500 ANNI FA. NELL’ANTICO EGITTO, OLTRE AD AMULETI E SORTILEGI, GLI EGIZI RIEMPIVANO LE TOMBE CON NUMEROSE STATUETTE FUNERARIE (USHABTI), OGGETTI CHE SAREBBERO STATI UTILI NELLA VITA NELL’ALDILÀ, CONSIDERATA ALLORA UNA COPIA DI QUELLA TERRENA
cultura locale. Possono essere manufatti artigianali intrisi di tradizione, utensili con significati simbolici o oggetti rituali che connettono il donatore e il ricevente alla loro storia collettiva. Questi doni vanno oltre la loro funzione pratica, diventando cimeli di identità culturale e strumenti per rafforzare il senso di appartenenza. Ma da un punto di vista antropologico, quello che emerge è che l’atto del donare e gli oggetti ad esso connessi sono intrinsecamente legati alla sfera delle relazioni. La pratica del dono crea e consolida legami sociali, stabilisce reciprocità e definisce le dinamiche all’interno di una comunità. La reciprocità, in particolare, è un elemento chiave: ricevere un dono spesso genera l’aspettativa di restituire in qualche modo, creando una rete di obblighi e favori che rafforzano i legami sociali. Il primo a parlare di dono e reciprocità e dello scambio di doni
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FOCUS_REGALO, LA MAGIA DEI VALORI
in uno sfarzo sempre crescente nei doni, creando un ciclo in cui il loro valore diventa un indicatore di status e prestigio. Non è un caso che noi stessi dedichiamo molto tempo alla scelta del regalo adatto sperando di ottenere l’effetto sorpresa trovando l’oggetto giusto per la persona giusta. E significativo è anche che spesso l’estetica del pacchetto sia parte fondante dell’esperienza del regalare e del ricevere (e poi, nel caso, del ricambiare). Cosa dire della segreta soddisfazione di strappare carte dorate e luccicanti, solo apparentemente inutili? Tutto questo rimanda al periodo natalizio che, per molte culture occidentali, rappresenta un momento emblematico in cui il dono assume un ruolo centrale. La tradizione dei regali di Natale, sebbene spesso influenzata dal consumismo contemporaneo, conserva ancora l’essenza del dono come espressione di affetto, generosità e condivisione. La scelta e lo scambio di regali diventano rituali che rafforzano i legami familiari e sociali. La cura nel selezionare un regalo, la gioia nel riceverlo e la gratitudine nel restituire il gesto sono elementi che
SOPRA, NELL’ANTICA ROMA, DURANTE LE CALENDE DI MARZO, IN ONORE DELLE MATRONE, SI CELEBRAVANO LE MATRONALIA, RIVISITAZIONE DELLA CERIMONIA PRIVATA DEL MATRIMONIO IN CUI LO SPOSO FACEVA DEI DONI ALLA SPOSA CHE A SUA VOLTA LODAVA IL MARITO. A DESTRA, OGGI È POSSIBILE... REGALARSI UNA STELLA
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caratterizzano questa pratica. Nonostante il commercio di massa abbia influenzato la percezione del Natale come una festa incentrata sui doni materiali, molti individui cercano ancora di attribuire un significato più profondo ai loro regali, cercando di trasmettere emozioni e affetto attraverso gli oggetti donati. In conclusione, l’analisi del dono, specialmente durante il periodo natalizio, fornisce uno sguardo approfondito sulle dinamiche sociali e culturali che caratterizzano le pratiche di scambio nelle diverse società. Il dono, visto da un punto di vista antropologico, è un fenomeno complesso che va oltre la semplice transazione di oggetti materiali. Gli oggetti, le relazioni e lo sfarzo sono intrecciati in un’intricata rete di significati culturali, sociali ed economici che plasmano e riflettono la complessità della condizione umana.
FOCUS_REGALO, LA MAGIA DEI VALORI DI MIRTA FRANCESCONI
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eggendo si impara - e ci si informa e, si spera, anche ci si diverte. Ma ancor prima di arrivare ai banchi di scuola e imparare a leggere, fondamentale è guardare e ascoltare qualcuno che lo faccia per noi. Che animi le parole e le tante immagini contenute nei primi libri dell’infanzia. Non sono favole: alla lettura genitoriale viene ormai riconosciuto dalla pediatria un ruolo cruciale nello sviluppo neuropsicologico del bambino, sin dalla più tenera età. È comprovato come le abilità cognitive associate alla narrazione, come la memoria, la creatività, la comprensione e il linguaggio, migliorino lo sviluppo sinaptico del cervello. «I libri sono una tecnologia straordinaria per lavorare con i bambini piccoli. In primo luogo aiutano a creare tempo libero, un tempo senza
In un tempo in cui al libro illustrato per la prima infanzia si sostituisce sempre più l’intrattenimento dei device tecnologici, è importante ricordare come invece proprio la lettura genitoriale costituisca un insostituibile stimolo per lo sviluppo neuropsicologico, dalle abilità linguistiche e logiche, alla resilienza emotiva. Rafforzando il legame affettivo
LIBRARSI INSIEME schermi, e delle rassicuranti routine quotidiane. Danno ai genitori un senso di autoefficacia e di potere. E ancora, aiutano i bambini a sviluppare tutte le capacità di cui hanno bisogno per esprimere i loro bisogni e le loro emozioni. E anche per sviluppare le abilità linguistiche che anticipano la riuscita scolastica», spiega Perri Klass, professoressa di Giornalismo e Pediatria alla New York University e autrice di numerosi libri di narrativa e saggistica. A fine ottobre è stata a Lugano, fra gli ospiti della terza edizione del ciclo di incontri “Parole che curano”, promosso dalla Facoltà di scienze biomediche dell’Usi con la Divisione Cultura della Città di Lugano e Ibsa Foundation. «Non si tratta di apprendere alcune competenze alfabetiche necessarie a scuola. Si tratta di sviluppo emotivo e cerebrale. Processi estremamente importanti che accadono nei primi anni di vita. E si tratta di trovare strategie per sostenere i genitori affinché possano supportarli», precisa Perri Klass, condividendo la sua esperienza come Direttrice sanitaria nazionale della Reach Out and Read, un’organizzazione attiva nella promozione dell’alfabetizzazione nell’ambito dell’assistenza primaria pediatrica. A 35 anni dal lancio del programma, è presente in un migliaio di sedi negli Stati Uniti e da vent’anni anche in Europa e in Svizzera, con il nome “Nati per leggere”. «Aprire insieme un libro e ‘percorrerlo’ ad alta voce ogni giorno con il proprio bambino crea interazioni privilegiate, esperienze infantili calde, positive e ricche di linguaggio, permettendo alle famiglie di offrire ai loro piccoli momenti di sicurezza e protezione, che li aiuteranno a gestire situazioni complesse e a sopportare anche circostanze di stress cosiddetto ‘tossico’, ovvero quello prolungato nel tempo, deleterio soprattutto per chi non ha sviluppato relazioni solide e amorevoli per controbilanciarne gli effetti», prosegue Perri Klass. All’aspetto psicologico si somma quello cognitivo. Una regolare lettura genitoriale ad alta voce, almeno tre volte la settimana, pone le basi delle abilità linguistiche e logiche. «Imparare a leggere è molto difficile. Bisogna integrare percorsi visivi, abilità cognitive, memoria, consapevolezza fonologica, mentre si cerca di decodificare le lettere, si costruisce il vocabolario e si acquisisce il senso della sequenzialità e della storia. Determinante nel processo è la motivazione. Leggere ad alta voce ai bambini è un modo per sostenere e
© Naide Filipuzzi
LA LETTURA GENITORIALE AD ALTA VOCE FAVORISCE ANCHE UN SANO SVILUPPO EMOTIVO E RAFFORZA IL LEGAME CON I PROPRI FIGLI
nutrire il loro cervello durante queste fasi vitali dello sviluppo. Si possono insegnare loro parole e numeri, concetti, rime e storie, al contempo instaurando delle routine che creano sicurezza in un contesto di attenzione e affetto. Così i bambini capiscono che i libri sono fonte di piacere e informazioni, e che i genitori che aprono questi libri insieme a loro possono davvero aiutarli ad aprirsi il mondo. Un trionfo dello spirito», sottolinea entusiasta la pediatra. A differenza della lettura individuale, ascoltare qualcuno che legge per noi crea una relazione dialogica privilegiata, in cui il narratore assume una rilevanza centrale, mediando il testo attraverso l’oralità, che ha il potere speciale di toccare una dimensione insita nell’umano. «Tutto si gioca proprio su questa relazione: il vostro bambino amerà i libri perché ama voi. Ed entrambi amerete guardare i libri insieme. Questo credo che sia il regalo più grande della lettura genitoriale. Guardare i libri insieme farà crescere il vostro amore l’uno per l’altro, rafforzando il legame», conclude la professoressa Perri Klass. Un vero circolo virtuoso. Perché non sono soltanto parole.
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FOCUS_REGALO, LA MAGIA DEI VALORI
Pagine scelte
Spunti di lettura. Tra grandi classici e nuove proposte, duemila anni di storie, emozioni, scoperte e riscoperte, esplorando l’animo, la memoria e le relazioni umane. Consigliati da...
U
n romanzo straordinario per l’originalità del tema, che si svolge attorno alla nascita dell’Oxford English Dictionary, ma dall’inconsueto punto di vista di una bambina, poi giovane ragazza, che si batte per i diritti delle donne ricordando la fondamentale importanza delle parole e dei libri. Un esordio editoriale di grandissimo successo, tutto meritato. Descrizioni magistralmente ambientate che trasportano nella storia come in un film. Bellissimo, interessante e intenso.
Gaby Gianini
Proprietaria Tenuta Castello Morcote
È
un libro che ho letto e riletto e che ha anche contribuito alla mia scelta di studiare chimica. Il titolo riporta al linguaggio dell’alchimia riferendosi alle esperienze fisico-chimiche sulla materia, ma anche alla trasformazione mentale del protagonista Zenone. Una spinta a non conformarsi al pensiero comune né ai dogmi, ma a essere sempre critici, guardando con curiosità al mondo che ci circonda e a noi stessi. Estremamente attuale in un’epoca segnata da fanatismi e da continui attacchi alla libertà di espressione e alla divergenza di pensiero.
Maria Grazia Giuffreda
Direttore associato Centro Svizzero di Calcolo Scientifico
FOCUS_REGALO, LA MAGIA DEI VALORI
E
logio alla memoria, al passato, alla propria vita che diventa chiave di lettura del secondo Novecento. Maestra nel dar voce individuale a racconti collettivi, in questo libro Annie Ernaux si supera. Pagina dopo pagina rivedo mia madre, ma anche me stessa e mia figlia, in una commovente concatenazione generazionale. Il percorso di emancipazione femminile, l’avvento del consumismo, la consapevolezza di sé acquisita negli anni. Il tutto in una lingua caratterizzata da frasi brevi, pulite. Meravigliosa. Per chi ama sfogliare gli album di famiglia cercandovi il proprio posto nel mondo.
Francesca Mandelli
©Locarno Film Festival - TiPress
Giornalista RSI responsabile attualità estera TG
U
n affresco portentoso sulla messa in scena, il potere, il racconto, il desiderio, la seduzione. Un’opera genuinamente post-moderna che, pur mettendo in crisi il romanzo tradizionale attraverso influenze come l’esistenzialismo, si legge alla stregua del più entusiasmante libro di avventure sentimentali. Una tela magistrale che offre un quadro ‘assurdo’ del mondo, nel quale ciò che in fondo salva è l’etica delle proprie motivazioni. L’ho acquistato per curiosità, senza conoscere l’autore, ma è diventato parte delle mie letture ‘fondative’. Se possibile, da leggere in inglese.
Giona A. Nazzaro
A
nche a duemila anni da quando fu scritta, questa rimane un’opera incredibile, emozionante, di grande ispirazione. Uno dei testi più meravigliosi, illuminanti e intelligenti dell’antichità classica, un’arringa travolgente contro la superstizione, contro l’odio e a favore dell’amore. Ha alimentato il Rinascimento, influenzato artisti come Botticelli e Shakespeare e scienziati come Giordano Bruno e Galileo, costituendo sostanzialmente la base della moderna visione del mondo. Emozionante e di grande ispirazione per comprendere come si possa condurre una vita felice.
© OSI - Kaupo Kikkas
Direttore artistico Locarno Film Festival
Markus Poschner
Direttore principale OSI
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MOOD DI SIMONA MANZIONE
Nel cuore dell’inverno, un momento per sé. L’avvolgente poltrona, il velluto dei cuscini dai colori caldi, una tisana e la voce di Billie Holiday, fragile e intensa
SOPRA, CANDELE SOSTENIBILI ART-DESIGN DI AINA KARI A DESTRA DALL’ALTO, PARIS ANTELOPE TAN PENDANT LAMP (LUCI DI SETA) E CUSCINO IN VELLUTO BRICK DELLA MAJOR COLLECTION CRIADO, POLTRONA ‘LE BAMBOLE’ (B&B ITALIA); IL VINILE ‘SONGS FOR DISTINGUÉ LOVERS’, ALBUM ENTRATO NELLA LEGGENDA
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a REGOLA d’arte Sostenere artisti, istituzioni culturali e marchi nella realizzazione di progetti scientificamente ambiziosi ed esteticamente magnifici. A colloquio con Catherine Castillon, nuova Ceo di Skira
S
opraffina qualità. Il meglio dell’editoria a servizio dell’arte. E l’intuito di un geniale visionario, Alberto Schira, che sin dalle origini, volendo dare un respiro internazionale alla sua casa editrice, attua quel piccolo rivoluzionario cambiamento nel cognome, scegliendo una ‘k’. Ne nasce un brand iconico, una sorta di denominazione di origine controllata del libro d’arte, che sia il catalogo della mostra, quello raisonné o la pubblicazione a tiratura limitata. Appena ventiquattrenne, nel 1928 Alberto avvia la sua attività a Losanna - era nato a Ginevra, dove la famiglia si era trasferita per lavoro - occupando una modesta stanzetta dell’Hôtel de la Cloche. Da subito punta al meglio senza compromessi e riesce a convincere Picasso a collaborare: le sue trenta acqueforti per le Metamorfosi di Ovidio compongono il primo volume edito da Skira, 145 copie su carta raffinata, che escono il 25 ottobre 1931, cinquantesimo compleanno dell’artista spagnolo. L’inizio di un’intensa collaborazione, fino
IN CONVERSAZIONE CON... DI SUSANNA CATTANEO
al 1973, anno della morte di entrambi, e il primo di tanti grandi altri artisti che arriveranno. Proprio grazie al connubio fra una qualità senza compromessi e l’intelligenza strategica, Skira ha saputo rispondere sia alla prematura scomparsa di Alberto che alle sfide del mondo dell’editoria, entrando anche nel settore della produzione delle mostre e dei servizi museali. Da Palazzo Reale a Milano al Met di New York, dal Musée d’Orsay allo Zayed National Museum di Abu Dhabi, tante sono le istituzioni nel mondo che hanno affidato a Skira il versante editoriale e la visibilità internazionale delle proprie iniziative. Metamorfosi che non ne hanno confuso l’identità, rafforzando anzi il valore di un marchio identitario, oggi leader internazionale nella produzione di contenuti culturali. Con la nomina della franco-italiana Catherine Castillon alla sua guida, la storia continua. Catherine Castillon, in Skira arriva con un profilo molto interessante e variegato... Sento di aver chiuso il cerchio: tutte le mie esperienze, personali e professionali, mi hanno portata ad acquisire una conoscenza approfondita dei diversi settori di attività di Skira, in particolare l’editoria e la distribuzione internazionale, ma anche di quelli da sviluppare, come digitale e attività esperienziali. La mia famiglia, grande amante delle arti e sparsa in tutto il mondo, mi ha insegnato ad apprezzare l’estetica, la storia e l’eclettismo culturale. Mi hanno sempre incoraggiato a viaggiare e a scoprire, portandomi a studiare in Francia, Spagna, Inghilterra e Stati Uniti. In tasca un dottorato in farmacia, conseguito a soli 21 anni, sono partita dalla mia Marsiglia alla volta di Parigi per specializzarmi in management alla Hec. Successivamente ho lavorato nel marketing strategico per grandi gruppi come L’Oréal, Procter & Gamble e Lvmh, per cui in particolare ho avuto il privilegio di seguire tutto lo sviluppo di Acqua di Parma, arrivando in Italia, dove tuttora vivo. Poi, da imprenditrice nell’anima, ho creato la mia agenzia, Etoile Rouge, insieme a Delphine de Canecaude, per rispondere alle esigenze di branding e comunicazione delle Maison del lusso. Dopo la cessione al gruppo Havas Betc, ho continuato a lavorare come consulente, in particolare per Museum Studio, leader internazionale nell’ingegneria e nella produzione culturale, dallo scorso anno azionista di maggioranza di Skira. È qui che le strade si incrociano.
SOPRA, CATHERINE CASTILLON, NUOVA CEO DI SKIRA E, IN BASSO A SINISTRA, ALBERTO SCHIRA, CHE NEL 1928 HA FONDATO LA CASA EDITRICE SPECIALIZZATA IN ARTE A LOSANNA. PUBBLICAZIONI DI IMMENSO PREGIO, SIA MATERIALE CHE INTELLETTUALE
IN QUESTE PAGINE, ALL’INSEGNA DELLA QUALITÀ, L’UNIVERSO SKIRA SPAZIA DA CHICCHE COME IL VOLUME PIÙ COMPLETO MAI REALIZZATO SUL GRAPHIC DESIGN GIAPPONESE, A FORTUNATISSIME SERIE COME LE MONOGRAFIE DEDICATE AI PROTAGONISTI DELL’ARTE IN COLLABORAZIONE CON IL “CORRIERE DELLA SERA”
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© Jimmy Nelson B.V., Chukchi, Chukotka, Siberia, Russia, 2012
© Jimmy Nelson B.V.,Longhorn Miao, Suo Jia Liupanshui, Guizhou, China, 2016
SOPRA, ALL’ATTIVITÀ EDITORIALE SKIRA HA AGGIUNTO LA PRODUZIONE DI EVENTI ESPOSITIVI E SERVIZI MUSEALI. NEL 2024 CONTINUERÀ IL TOUR MONDIALE CON IL FOTOGRAFO BRITANNICO JIMMY NELSON, CHE NEI SUOI SPETTACOLARI SCATTI (QUI DUE DETTAGLI) CELEBRA LA DIVERSITÀ CULTURALE. FINO AL 4 FEBBRAIO A PALAZZO REALE, A MILANO
Da editore classico, Skira è affermata a livello internazionale come specialista multimediale nella realizzazione di contenuti culturali multilingue. Quali sono oggi le diverse dimensioni del suo universo? Skira è una vera e propria “Casa dell’Arte”, che unisce editoria libraria, organizzazione di mostre temporanee e gestione di negozi museali. Oltre a questi tre pilastri, offriamo servizi di consulenza, come la cura di biblioteche e l’allestimento di mostre private, e sperimentazioni artistiche. Siamo uno dei pochi attori culturali con un rapporto intimo con il proprio pubblico, tra il virtuale e il reale, il concreto e l’immaginario, gli artisti e il pubblico, gli autori e gli amanti dell’arte. Su quali mercati siete presenti? Abbiamo una forte presenza in Italia, dove si trova la nostra sede principale, e in Francia e Svizzera attraverso le nostre filiali. Distribuiti in tutto il mondo,
pubblichiamo anche versioni in inglese, oltre a libri specificamente destinati ai mercati anglosassoni. Pubblichiamo anche in arabo, cinese, coreano, vietnamita e giapponese per i mercati locali grazie ai nostri ambasciatori locali e alla nostra rete di specialisti in Europa. Sviluppare relazioni di fiducia con e per i mercati esteri ci permette di trovare un cultural fit anche in territori lontani. Trasversalmente ai diversi media e formati, qual è l’essenza che rende iconici i prodotti di Skira? Come detto, Skira è una “Casa”. In questo è profondamente umana e accogliente. È la passione dei nostri team, che lavorano in sinergia con i curatori e gli specialisti più avanzati di ogni settore, a permetterci di offrire un’esperienza sensoriale e intellettuale di altissima qualità. Qualunque sia il mezzo - libro o mostra - o l’ambito artistico, l’obiettivo è sostenere artisti,
istituzioni culturali di ogni dimensione e marchi nella realizzazione di progetti scientificamente ambiziosi ed esteticamente magnifici. È ciò che potremmo definire “l’intelligenza del Bello”. Un’offerta globale che sorprende per l’estetica e appassiona per i contenuti. Quanto resta dell’originario dialogo fra Alberto Schira e il mondo intellettuale e artistico? Non solo il dialogo continua, ma è quotidiano. Il nostro presidente Massimo Vitta Zelman ha avuto la lungimiranza fin dal suo acquisto di Skira negli anni ’90 di intensificarlo, rendendolo intimamente legato a ogni attività dell’azienda. Collaboriamo con artisti, fondazioni, musei, curatori e scrittori protagonisti dell’attualità culturale, sia per le monografie, le retrospettive, le mostre o i cataloghi ragionati, come quelli recenti di Enrico Castellani, Giuseppe Consagra, Piero Dorazio, Carol Rama e Jean-Michel Wilmotte. Stiamo anche realizzando una serie molto ambiziosa e inaspettata sugli artisti contemporanei, ma al momento non posso dire di più. L’arrivo di Museum Studio come nuovo azionista di maggioranza, quali nuove prospettive apre? Museum Studio è un catalizzatore culturale. Riunendo talenti creativi e tecnici internazionali, fornisce un supporto unico ai principali decision-maker e ai loro team nella creazione dei loro progetti culturali, dal luogo fisico all’estensione alla sfera digitale. Questo offre chiaramente grandi prospettive di sviluppo. A livello geografico, naturalmente, grazie ai 400 talenti interni, alla rete di competenze locali e intercontinentali, e a tutte le sister companies con sede a Parigi, Milano, Londra, Amsterdam, New York, Washington, Riyadh, Abu Dhabi e Hong Kong. Orizzontale, grazie SOTTO, UN TUFFO NELL’UNIVERSO SKIRA
alla condivisione di clienti, contatti e opportunità. E verticale, grazie a un know-how unico nel digitale, nell’innovazione e nella comunicazione, che consentirà a Skira di sviluppare altre fonti di reddito e di rafforzare i legami con i clienti attuali. Potrebbe presentare in anteprima qualche momento forte della programmazione del 2024? Nel 2024 continueremo il nostro tour mondiale con il fotografo umanista britannico Jimmy Nelson. A Palazzo Reale di Milano, da metà marzo a fine giugno, esporremo più di 50 capolavori di Cézanne e Renoir. Saremo molto presenti alla Biennale di Venezia con le pubblicazioni di molti degli artisti che esporranno e continueremo a sostenere i nostri clienti, artisti e istituzioni, nei loro programmi editoriali. In calendario: la monografia di Lena Herzog, la storia della fotografia italiana in edizione universitaria, “100 vasi di design italiano”, i catalogues raisonnés di Mario Schifano e di Gianfranco Baruchello. Per concludere, torniamo alle origini. Qual è lo stato di salute del libro d’arte nel nostro mondo digitale? Come ho constato di recente alla Fiera di Francoforte, i libri d’arte non sono più un acquisto prioritario per le librerie tradizionali. Il grande formato e la lenta rotazione li rendono meno attraenti dal punto di vista commerciale rispetto a romanzi o fumetti. Detto questo, credo molto nel libro d’arte, non come artefatto decorativo, ma come oggetto organico ed emozionale basato sul lungo termine, come antidoto all’impalpabile immediatezza del digitale. Per trasformare questa visione in realtà, dovremo adattare la nostra strategia di distribuzione, rafforzare i legami con i librai che condividono i nostri valori di unicità ed eccellenza, e sviluppare il nostro pubblico digitale con iniziative originali capaci di creare un legame tra reale e virtuale.
IN CONVERSAZIONE CON... DI SIMONA MANZIONE
A LASCIARE
U
il SEGNO
Da ‘cappuccetto rosso’ a Maria Callas, in un viaggio iniziato nei primi anni del Novecento. Esplorando gli sconfinati campi della creatività per dare vita a veri e propri Meisterstück. Da usare con tatto
n paradosso. Almeno in apparenza. I collezionisti di penne sono sempre più digitali, senza per questo rinunciare alla loro passione. Tutt’altro. «In un mondo digitale nel quale tutto è evanescente e le cose possono scomparire in qualsiasi momento, gli strumenti da scrittura sono reali, li tocchiamo, li teniamo in mano, li usiamo e questa sensazione tattile aiuta gli individui a radicarsi nella realtà», esordisce Alessandra Elia, direttore generale di ‘Writing Culture’, strumenti da scrittura e accessori Montblanc. Oggetti che, se da una parte àncorano, dall’altra ispirano: «Molti dei nostri strumenti da scrittura rendono omaggio a temi importanti e a persone straordinarie che hanno lasciato un segno nella storia. Argomenti e figure che testimoniano valori duraturi, da cui ognuno può trarre spunti per la propria vita e le proprie scelte», prosegue Alessandra Elia, da cinque anni alla testa del dipartimento dedicato alla ‘cultura della scrittura’ di Montblanc, Maison fondata ad Amburgo quasi 120 anni anni fa.
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Storia e storie, creando nuove icone per un marchio iconico. Una bella sfida. «In realtà ci sentiamo molto fortunati: abbiamo un’icona incredibile, la Meisterstück, che compirà cento anni nel 2024. Questo strumento di scrittura è come una tela bianca, permettendoci di dar vita a tutte le tipologie di temi che vengono così resi rilevanti, per un pubblico sempre più ampio. Montblanc è concentrata sul futuro, nel senso che desideriamo avvicinare un pubblico sempre più vasto alla scrittura a mano, ma il punto di partenza continua a essere il nostro patrimonio; un archivio incredibilmente vasto, fonte inesauribile di ispirazione e una fantastica rappresentazione dei nostri valori», sintetizza il direttore generale. Le collezioni attuali tributano onore ai Masters of Art, come Vincent van Gogh e ai Great Characters, da J.F. Kennedy a Walt Disney; con la Writers Edition si ricordano i Fratelli Grimm o Victor Hugo; mentre nella collezione Patron of Art, i protagonisti sono grandi mecenati, dai sovrani Victoria & Albert a Peggy Guggenheim;
SOPRA, ALESSANDRA ELIA, DIRETTORE GENERALE ‘WRITING CULTURE’ - STRUMENTI DA SCRITTURA E ACCESSORI - MONTBLANC A DESTRA E NELLA PAGINA ACCANTO, MONTBLANC HIGH ARTISTRY, UN VIAGGIO SULL’ORIENT EXPRESS LE1 PAPILLON, LIMITED EDITION 2023
inoltre la collezione Donation Pen, dedicata ai musicisti classici, sostiene progetti culturali attentamente selezionati». Muses è un omaggio a donne illustri, come Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor e Maria Callas. «In questa, come nella collezione Masters of Art, gli strumenti da scrittura hanno sempre un fattore di sorpresa quando si tratta di interpretare il tema dal punto di vista del design. Quest’ultimo, così come i dettagli tecnici, sono sempre diversi, per tratteggiare in maniera specifica l’individuo o il tema a cui stiamo rendendo omaggio.
Adoro la tecnica utilizzata per lo strumento di scrittura Elizabeth Taylor, con il suo effetto marmorizzato e il suo colore. Ma il mio preferito è sicuramente il Maria Callas, che combina una forma classica con un colore moderno e fresco». La scoperta e l’avventura sono da sempre fonti di ispirazione per Montblanc. Nell’atelier High Artistry di Amburgo, dove vengono concepiti molti degli strumenti da scrittura in edizione limitata del marchio, ogni penna rappresenta una nuova sfida, esplorando territori nuovi della creatività e del savoir-faire. La collezione di penne High Artistry, considerata da molti l’apice degli strumenti da scrittura in edizione limitata di Montblanc, ingloba nel mondo della scrittura la gioielleria e l’arte. «Quando si guarda all’alta gioielleria, si tende a notare l’artigianato e l’arte; quando si guarda agli orologi, si tende a notare la tecnologia e il movimento. Ma quando si tratta di strumenti da scrittura, perché siano belli e funzionali, l’arte e la tecnologia sono un binomio irrinunciabile. La nuovissima edizione limitata High Artistry A Journey on the Orient Express, l’undicesima di questa collezione, traduce lo spirito del celebre treno, sinonimo di lusso sin dal suo viaggio inaugurale da Parigi nel 1883, in uno strumento di scrittura che ha spinto ancora più avanti i confini della magia artistica. Due delle sette varianti di questa edizione limitata sono pezzi unici. La penna ‘Papillon’, sintesi di tecnica e ricerca artistica, con una colorata farfalla che spiega le ali tra rubini e diamanti, è anche un omaggio al passeggero dell’Orient Express e spia britannica Robert Baden-Powell, i cui disegni di farfalle codificavano informazioni segrete». Mondi, modi, idee, accadimenti e personaggi: uno strumento di scrittura è chiave di accesso a dimensioni differenti e, d’altra parte, con il suo tratto riconduce, tutto e tutti, sempre, sul nostro foglio di carta. Dove lascia il segno. La cultura della scrittura è dunque molto più di un gesto automatico. Il primo strumento di scrittura creato da Montblanc, il ‘Rouge&Noir’ abbinava a un corpo nero, un tocco di rosso sul cappuccio, motivo per cui divenne noto come ‘cappuccetto rosso’. Un cappuccetto rosso che solo continuando a scrivere a mano si può proteggere da quello che, in questa storia, potrebbe diventare il lupo cattivo. Il Digitale.
IN ALTO A SINISTRA, MEISTERSTÜCK SOLITAIRE BLUE HOUR MEDIA. A DESTRA, STILOGRAFICA HIGH ARTISTRY A JOURNEY ON THE ORIENT EXPRESS LIMITED EDITION 333, IN ORO GIALLO, DIVENUTO ELEMENTO DISTINTIVO DI MONTBLANC
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L’ESSENZA della festa Abito nero Max Mara Abito verd e Viktor&Rolf Gioielli Gübelin, collezioni Splendid Feather e Sparks of Fire Make up Dior
Look nel segno di un classico contemporaneo che della sobrietà fa il suo codice. Sorprendendo
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PRODUZIONE JOLIE ZOCCHI STUDIO FOTOGRAFA JOLIE ZOCCHI JOLIEZOCHI.COM IG JOLIE-ZOCCHI
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„NO. 1 GREATEST MUSICAL OF ALL TIME “ The Times
WEST SIDE STORY Based on Conception of JEROME ROBBINS
Book by
Music by
ARTHUR LAURENTS
LEONARD BERNSTEIN
Lyrics by
STEPHEN SONDHEIM
Entire Original Production Directed and Choreographed by
JEROME ROBBINS
Originally Produced on Broadway by Robert E. Griffith and Harold S. Prince by Arrangement with Roger L. Stevens
23–28.01.24 LAC Lugano Arte e Cultura
Ma–Ve, ore 20:30 Sa, ore 15:30 e 20:30 Do, ore 11:00 e 16:00
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West Side Story is presented through special arrangement with Music Theatre International (MTI). All authorized performance materials are also supplied by MTI. 423 West 55th Street, New York, NY 10019 USA Phone: +1 212-541-4684 · www.MTIShows.com
STILI E TENDENZE DI ELEONORA VALLI
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DETTAGLI PREZIOSI Oggetti del desiderio, complici di stile A SINISTRA, RENE CAOVILLA, SANDALI GIOIELLO CLEO IN RASO A DESTRA, PRADA CLEO BRUSHED LEATHER SHOULDER BAG
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SOTTO, AQUAZZURA, PARIS ROSE SANDAL 105, ARGENTO A SINISTRA, BVLGARI COLLEZIONE KALEIDOSCOPIA
STILI E TENDENZE DI SIMONA MANZIONE
IN TEMPO per la serata Capolavori da indossare nelle occasioni più esclusive irradiando fascino, da più belle del reame
PIAGET SWINGING SAUTOIR
Questo orologio Swinging Sautoir, che contempla una delle firme più distintive ddella Maison degli anni 60 e 70, è incentrato su uno spettacolare e raro smeraldo ovale cabochon dello Zambia da 25,38 carati
VAN CLEEF & ARPELS LUDO SECRET CARTIER BAGNOIRE
In oro giallo e 42 diamanti taglio brillante. Dall’inconfondibile volume, affonda le sue radici in un design realizzato dalla Maison nel 1912
GRAFF IN ALTO, TILDA’S BOW DIAMOND WATCH A SINISTRA, SECRET WATCH
Caratterizzato da una silhouette a ventaglio con diamanti ovali disposti ad arte, questo magnifico orologio segreto di diamanti comprende più di 65 carati di diamanti bianchi
Una nuova creazione unica ispirata all’orologio segreto Ludo Hexagone Macaron del 1941. Il quadrante è nascosto dietro un motivo ornato di smeraldi Mystery Set, notevole per l’effetto cromatico intenso e la complessità della sua realizzazione
ADVERTORIAL
Una prima svizzera, a Lugano, per indagare la pelle nei suoi strati più profondi e definire la skincare su misura
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DIOR, SKIN SCANNER
leganza e fascino. L’universo Dior è ‘un rêve’, per ogni donna, da generazioni. Non solo capi di moda e accessori iconici, anche in tema di ‘beauty’ Dior è stata e continua a essere una realtà pioniera. La ricerca dell’eccellenza passa attraverso la scelta di componenti, prodotti e processi del più alto livello. Dalla linea Premium ‘L’Or de Vie’ per la cura della pelle alla Linea Privata, per i profumi. Una proposta che si completa con l’attivazione di una macchina all’avanguardia, lo Skin Scanner, presente da poche settimane a Lugano nel rinnovato ‘Counter’ presso Manor in centro città. Tecnologia sofisticata per ottenere un’analisi precisa della pelle attraverso gli strati, fino al derma, e individuare la skincare più appropriata. Pronte per un filo del celebre ‘Rouge’!
Maria Giovanna Andreetti, Counter Manager e Skincare expert
Per informazioni: Dior Counter Manor Salita M. e A. Chiattone 10 6900 Lugano T. 079 194 25 84
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Occhi intensi, bordati di nero per il cat eye amato dalle più audaci; effetti metallici che rivisitano gli smokey eyes in versione full metal eyes protagonisti di stagione. E sulle labbra? Da un opposto all’altro, lipstick nude e l’assoluto Rouge
A SINISTRA, ASTUCCIO DIOR ADDICT EDIZIONE LIMITATA PER IL ROSSETTO BRILLANTE RICARICABILE; SMALTO DIOR VERNIS, TOP COAT GLITTERATO, 218 DORURE SOPRA, POLVERE ILLUMINANTE MAXI LES SYMBOLES DE CHANEL, PEARLY WHITE A DESTRA, GUCCI ILLUMINATEUR DE BEAUTÉ
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A SINISTRA, TRAIT D’HERMÈS, MASCARA TRATTAMENTO RIVITALIZZANTE, NOIR FUSAIN IN ALTO A DESTRA, LES PINCEAUX HERMÈS, PENNELLO CIGLIA E SOPRACCIGLIA, LA BROSSE A DESTRA, DIANA AMBER, ROSSETTO ROUGE DE BEAUTÉ BRILLANT 508
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GLAMOUR ad alta quota A prova di freddo e di stile, per momenti di sport, relax e divertimento. Dalle piste da sci agli accoglienti chalet, dagli champagne bar agli storici hotel
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CON COMODO Cashmere, seta e lana per un caldo relax
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ARTIC FLUO Tecnico sì, ma con un twist!
DALL’ALTO, MASCHERA DA SCI CÉLINE CON BORCHIE IN METALLO E LENTI SPECCHIATE NEON MAGENTA; INUIKII WENORWEGIAN BOOTS HIGH IN PELLE; GUANTI DA SCI PRADA IN TESSUTO TECNICO IDROREPELLENTE; MONCLER GRENOBLE, PIUMINO CORTO TETRAS, BIANCO LATTE
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SOCIETÀ DI SUSANNA CATTANEO
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rappresentiamo. Mi sono quindi lanciata nel famoso concorso diplomatico. Con missioni in Israele, Turchia e Libano, è abituata a lavorare in Paesi al centro di forti tensioni regionali. Come ambasciatrice della Svizzera a Roma, quali sono invece le questioni prioritarie con cui si confronta? Nelle precedenti missioni ritenevo che una parte importante del lavoro andasse svolto all’esterno delle mura dell’Ambasciata. Erano realtà caratterizzate da questioni di sicurezza, migrazione o progetti di cooperazione e sviluppo che implicitamente richiedevano un’inderogabile presenza sul terreno. Italia e Svizzera sono invece due Paesi molto vicini, estremamente legati e caratterizzati da scambi intensissimi: le questioni che definirei prioritarie sono legate allo ‘spazio comune’, dalla politica all’economia passando per la cultura e le questioni consolari. Ricordo ad esempio l’intesa sul telelavoro dei frontalieri, solo una delle diverse questioni recentemente risolte e particolarmente rilevanti per il Ticino. Nell’agosto 2020, a Beirut, è stata sorpresa nel suo ufficio dalla potentissima esplosione che ha devastato l’area portuale. Come ha affrontato questo choc? L’onda d’urto mi ha letteralmente lanciata attraverso la stanza. Fortunatamente né io né la mia famiglia, che per puro caso non si trovava presso la nostra abitazione, andata completamente distrutta, abbiamo
iù diplomatiche degli uomini. Nel comune buonsenso le donne, con la loro empatia e predisposizione all’ascolto, sono sempre state ritenute più portate al dialogo e alla mediazione rispetto all’assertività maschile. Eppure in diplomazia sono un fatto recente. Recentissimo per la Svizzera dove hanno avuto accesso al corpo diplomatico soltanto dal 1955 con l’attivazione del concorso di ammissione (ultima in Europa a introdurlo) che ha sottratto ai rampolli delle grandi famiglie svizzere il monopolio. Prima a superarlo fu Francesca Pometta, ginevrina di origini ticinesi, alla quale proprio quest’anno è stata intitolata una sala a Palazzo federale. Oggi rappresentano il 36% del corpo diplomatico e il 21% dei capi e delle cape missione, sempre più anche in Paesi chiave. Roma - che delle missioni diplomatiche è caput mundi con oltre 300 ambasciate (fra Italia, Santa Sede, San Marino, Malta e Onu) - offre un ottimo esempio di questa progressione con tre capo missione svizzere nella stessa città. A Ticino Management Donna hanno raccontato quello che, ancor più che un lavoro, è uno stile di vita, ma anche il loro rapporto con la Città Eterna.
A
mbasciatrice Monika Schmutz Kirgöz, innanzitutto le più vive congratulazioni per il recentissimo premio come miglior ambasciatrice in Italia. Grazie di cuore delle congratulazioni, che però non vanno solo a me. Questo premio rappresenta innanzitutto un grande onore per l’intera squadra. Alcuni colleghi delle Ambasciate di altri Paesi, scherzando, ci definiscono ‘iperattivi’. Nel caso di un Paese piccolo come il nostro è talvolta necessario uno sforzo supplementare per guadagnare maggiore visibilità, poter stringere i contatti di cui si necessita e ricordare l’importanza della Svizzera. Essere diplomatici, in un momento delicato come quello attuale, vuole anche dire osare, anticipare, avere idee che possano talvolta sorprendere e parlare, saper spiegarsi e spiegare la posizione del proprio Paese. Quando si è orientata verso questa carriera? Da bambina sognavo di fare l’astronauta. Mi dissero che per una donna era impensabile. Si può dunque immaginare la mia emozione quando proprio qui in Italia ho conosciuto Samantha Cristoforetti. Però anche la diplomazia e le dinamiche internazionali mi hanno sempre affascinata (eh già, dall’universo alla Terra!). Sono profondamente fiera dei valori che
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SOCIETÀ
riportato ferite di grave entità. La pronta assistenza del Dfae si è rivelata fondamentale: la Svizzera è stata infatti il primo Paese a portare aiuto umanitario al Libano. Tutto ciò fa sicuramente riflettere sul valore che assegniamo alla nostra quotidianità, che può venir stravolta in qualunque momento, nostro malgrado. Ogni quattro anni, la vita di un ambasciatore rimescola le carte: sposata e madre di due figli, come affronta con la sua famiglia questi cambiamenti radicali? Pur ammettendo che non è sempre stato facile spostarsi in un battito di ciglia tra città diverse e realtà culturali spesso opposte fra loro, come madre sento di poter affermare che i miei figli hanno anche tratto beneficio da questo stile di vita un po’ fuori dall’ordinario,
per esempio parlano correntemente molteplici lingue con i loro amici. Ai nostri cari che ci accompagnano è richiesto certamente un grande spirito di adattamento. Personalmente il legame con il Ticino è molto forte: attinente di Chiasso, ho scelto come pied-à-terre nella Confederazione un borgo immerso nella natura, nelle vicinanze di Lugano, dove “mi sento a casa”: qui mi riunisco con la mia famiglia e pratico attività fisica, assaporando appieno il territorio. Il suo è un ritorno a Roma dove aveva già trascorso due periodi lavorativi - a inizio carriera e poi dal 2004 al 2007 come Capo della Sezione economia dell’Ambasciata. Quanto ancora la stupisce questa città? Lungo ogni vicolo, dietro a ogni angolo del centro
Ambasciatrici
rossocrociate nella
CITTÀ ETERNA
Hanno rappresentato la Svizzera agli angoli più disparati del mondo. Oggi le loro strade convergono a Roma. Le ambasciatrici elvetiche Monika Schmutz Kirgöz, Manuela Leimgruber e Krisztina Bende raccontano la loro ‘missione’ nella diplomazia
storico romano si nascondono sorprese artistiche o architettoniche che attendono pazientemente di essere svelate. Può anche capitare che a distanza di anni e di molteplici passaggi sulla stessa via, si noti uno spettacolare arco o un velato affresco sinora passato inosservato. Roma è però una capitale anche molto ‘verde’: non vi è miglior sensazione che praticare attività sportiva, per esempio andando a correre, circondati da secoli di fine ricerca estetica. L’interessante equilibrio fra urbanismo e spazi naturali ci ha regalato zone incantevoli quali il celebre lungotevere o il grande parco di Villa Ada.
M
anuela Leimgruber, da Vice Capo Missione dell’Ambasciata in Colombia e poi in Kenya, ad ambasciatrice straordinaria e plenipotenziaria presso la Santa Sede. Quanto è cambiata la sua quotidianità? A Roma posso di nuovo muovermi liberamente. Poiché le persone chiave presso la Santa Sede provengono dagli angoli più disparati del mondo, le mie esperienze in Sud America e in Africa sono molto utili, sia nello scambio con loro sia nella comprensione delle decisioni della Santa Sede, che possono anche essere diverse da una visione puramente eurocentrica. Quali sono le priorità in agenda? Ci concentriamo sulla cooperazione per la pace, questioni umanitarie e i diritti umani. Anche la politica climatica della Santa Sede è molto interessante per la Svizzera. A livello bilaterale, un tema che stiamo affrontando è la ricostruzione della caserma della Guardia Svizzera Pontificia. Grazie allo stretto rapporto con le autorità vaticane è anche possibile tematizzare argomenti sensibili come i casi di abusi sessuali. Questa professione richiede ogni quattro anni di rivoluzionare la propria vita. Con quali criticità? Sono fortunata, anche mio marito è un diplomatico svizzero. Abbiamo potuto lavorare insieme (in job sharing) in Colombia e Kenya. Al momento è un po’ più complicato, in quanto mio marito è ambasciatore in Eritrea. Abbiamo dunque accettato di vivere in luoghi diversi per i prossimi quattro anni. Mio figlio ha ormai 18 anni e ha lasciato il nido familiare per trovare la sua strada. Il continuo cambiamento di scuola e lingua, la necessità di creare sempre nuove amicizie sono stati difficoltosi, ma col senno di poi lo vede come un arricchimento personale. Abbiamo ancora contatti
SOPRA, LO SCORSO 6 NOVEMBRE PAPA FRANCESCO, IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DELLE LETTERE CREDENZIALI, HA RICEVUTO IN UDIENZA MANUELA LEIMGRUBER, NUOVA AMBASCIATRICE DELLA SVIZZERA PRESSO LA SANTA SEDE
Manuela Leimgruber Ambasciatrice della Svizzera presso la Santa Sede
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Monika Schmutz Kirgöz Ambasciatrice della Svizzera in Italia, Malta e San Marino
con gli amici conosciuti in tutte le nostre precedenti esperienze. Questo aiuta senz’altro a combattere la nostalgia, ma cerco di vivere nel presente. Da cosa è nata la sua ‘vocazione’ per il campo della diplomazia? Quali sono nel suo caso i modelli che l’hanno ispirata e guidata nel suo percorso? Il mio idolo d’infanzia era Pippi Calzelunghe! Quando studiavo legge, ho avuto l’opportunità di frequentare l’accademia estiva della Corte internazionale di giustizia all’Aia, dove mi sono imbattuta nel lavoro di Elizabeth Odio Benito, una giudice del Costa Rica presso il Tribunale per l’ex Jugoslavia. Mi ha colpito la sua capacità di dimostrare come gli abusi contro le donne fossero deliberatamente usati come armi e strategia di guerra. Inoltre sono stata ispirata nella quotidianità da diverse amiche. Il desiderio di diventare diplomatica è legato all’amore per il mio Paese, alla curiosità per altre culture e all’orientamento internazionale che può darmi. Quali aspetti la appassionano? Ciò che mi piace di più è il contatto con persone di culture diverse. Nel nostro lavoro, la rete delle relazioni è lo strumento centrale. Ecco perché gli incontri personali sono così importanti, anche a livello governativo. Mi affascina poi l’interdisciplinarietà: come diplomatici dobbiamo familiarizzarci con un’ampia gamma di argomenti. Anche l’improvvisazione è una dote molto importante che ho
imparato a gestire meglio durante le mie esperienze lavorative in Kenya e in Colombia. Al di fuori dei tanti impegni professionali, come vive nel suo tempo libero la città di Roma? Quest’autunno mi sono goduta le lunghe passeggiate nei tanti parchi romani, che ho apprezzato particolarmente non avendo vissuto i cambi di stagione nel corso degli ultimi otto anni. Nei periodi con meno turisti, mi piace molto frequentare i tipici bar e viverne la romanità condita di battute e modi di dire. Uno dei luoghi ideali per respirare l’atmosfera tipica di Roma è Piazza di Pietra, dove passato e presente si intrecciano in maniera perfetta. SOPRA, BATTESIMO AL QUIRINALE CON SERGIO MATTARELLA PER MONIKA SCHMUTZ KIRGÖZ, AL SUO ARRIVO A ROMA NEL 2021. QUEST’ANNO HA VINTO IL PREMIO COME MIGLIOR AMBASCIATORE IN ITALIA
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mbasciatrice Krisztina Bende, in cosa è cambiato il suo lavoro rispetto a quello che svolgeva in qualità di direttrice della Divisione Trade Relations presso l’Associazione europea di libero scambio (Aels)? Prima trascorrevo gran parte delle giornate sul campo, accompagnando i negoziati dei quattro Stati membri (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) nel mondo. Oltre a gestire il mio team, avevo la responsabilità di consigliare i capi delle delegazioni. Oggi, come rappresenKrisztina Bende tante permanente svizzera presso l’ORappresentante permanente della nu a Roma ho più Svizzera presso l’Onu a Roma spazio di manovra, ma anche maggiori responsabilità. Il cambiamento più grande è la diversità dei miei partner, con colleghi provenienti da quasi 200 Paesi! Su quali tematiche sta mettendo il suo focus la Svizzera? Il nostro Paese si impegna a migliorare le condizioni di vita delle persone in tutto il mondo, contribuendo a studiare cause e soluzioni alla malnutrizione in tutto il sistema alimentare, dalla produzione al consumo. L’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) produce analisi, standard e raccomandazioni per i sistemi alimentari. All’interno del Programma Alimentare Mondiale (Pam), sosteniamo il miglioramento della distribuzione del cibo e di altre condizioni in contesti di emergenza. Infine, con il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Fisa), un’organizzazione dell’Onu che è anche un’istituzione finanziaria internazionale, promuoviamo gli investimenti in progetti di trasformazione dei sistemi alimentari sul campo. L’insicurezza alimentare colpisce ancora quasi il 10% della popolazione mondiale. Per tre anni ha vissuto in attesa di un trapianto cardiaco, che le ha dato una nuova esistenza nel 2016. Cosa puô insegnare un’esperienza come questa da applicare anche alla sua professione? Sicuramente ho imparato a fare affidamento sugli altri, i medici in primis,
DONGYU LO SCORSO 6 NOVEMBRE ALLA CERIMONIA DI CONFERIMENTO DELLE CREDENZIALI
© FAO/Giulio Napolitano
A FIANCO, KRISZTINA BENDE CON IL DIRETTORE GENERALE DELLA FAO QU
dai quali dipendeva la mia salute. Soprattutto ho compreso quanto sia importante la resilienza, un principio che oggi cerco di applicare al mio lavoro. Le soluzioni esistono, ma la trasformazione dei sistemi alimentari richiede tempo, tenacia e fiducia nelle istituzioni multilaterali. Cittadina svizzera e ungherese, da anni si confronta con urgenze internazionali. Queste diverse componenti come influiscono sulla sua identità e sul suo approccio diplomatico? Essere nata in un contesto completamente diverso e aver avuto la fortuna di crescere in Svizzera mi ha permesso di avere una mentalità aperta e curiosa. Ho basato ogni scelta professionale proprio sull’opportunità di interagire con persone diverse e impegnarmi per migliorare le loro condizioni di vita. Durante gli anni Settanta e Ottanta, i miei genitori hanno conosciuto l’insicurezza alimentare perché in Romania dovevano fare la fila con i buoni pasto. Oggi mi sento privilegiata a essere coinvolta, grazie al mio Paese d’adozione, nel garantire la sicurezza alimentare a coloro che ancora non l’hanno. Anche nelle precedenti esperienze mi sono sempre impegnata a favore del rispetto dei diritti e delle libertà individuali e dell’accesso per tutti al commercio internazionale. Che Roma ha scoperto in questi primi mesi? Mentre i turisti si fermano al Circo Massimo, preferisco raggiungere i quartieri Testaccio e Monteverde, nella zona sud-ovest di Roma. Ma ciò che mi affascina più di tutto è la luce della città: se fossi una fotografa, mi trasferirei qui per non perdere nessuna ora del giorno, perché è come vivere in 24 città diverse. I toni ocra e rosa degli edifici non sono paragonabili a nessun’altra città che abbia visitato.
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i sorrisi ne ha regalati tanti: i suoi - tra qualche indimenticabile lacrima di pura commozione -, quelli dei suoi fan che si sono moltiplicati colpo su colpo di un’incredibile carriera che ne ha fatto il re del tennis di tutti i tempi. Persino quelli dei suoi avversari, che ne hanno sempre apprezzato il fairplay e l’umiltà. E anche dei media, sempre pronto a ‘servire una battuta’ di spirito. Dentro come fuori dal campo, con la sua classe e la sua semplicità King Roger ha dimostrato come il genio non implichi la sregolatezza. Anche ora, dopo l’uscita dal circuito professionale, di sorrisi continua a regalarne ai tanti bambini che aiuta grazie alla sua Fondazione. Era appena ventiduenne, alla vigilia della
zione è stato il suo tentativo di assumersi la piena e visibile responsabilità della qualità del suo impegno filantropico», commenta Janine Händel, Ceo della Roger Federer Foundation. A distanza di vent’anni 2,7 milioni di bambini hanno beneficiato del suo sostegno, per un totale di 80 milioni di franchi investiti. «In linea con l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 4.2 delle Nazioni Unite, aiutiamo i Governi e le comunità di sei Paesi dell’Africa australe - Lesotho, Malawi, Namibia, Sudafrica, Zambia, Zimbabwe - nell’offerta di un’istruzione prescolastica o nel miglioramento della sua qualità. Indipendentemente dal contesto socio-economico, crediamo che ognuno abbia dei punti di forza da sviluppare attraverso l’istruzione. Desideriamo dunque mettere le persone in condizione di trovare soluzioni, facendo sì che tutte le parti interessate si assuma-
Campione di GENEROSITÀ Con i suoi progetti in Africa meridionale e in Svizzera la Roger Federer Foundation sostiene i bambini più svantaggiati in età prescolastica, per porre le basi di una vita di qualità
KING ROGER CIRCONDATO DAI BAMBINI DI UNO DEI PROGETTI IN MALAWI DELLA SUA FONDAZIONE
no la responsabilità comune di migliorare la qualità dell’educazione sin dai primi anni di vita: genitori, insegnanti, dirigenti scolastici e comunitari fino ai funzionari governativi», spiega Janine Händel. Arrivata nel 2010, ha dato avvio insieme al Board a un percorso di gestione professionale che permettesse di puntare a un’azione di impatto e sistemica. «Negli ultimi 14 anni, ci siamo evoluti da ente benefico che © Roger Federer Foundation
sua scalata ai vertici, quando ha deciso di fare qualcosa di concreto per aiutare i bambini svantaggiati. «È una questione di valori e di educazione. Roger è cresciuto in una famiglia in cui dare una mano ai meno privilegiati è una cosa normale. Sua mamma Lynette è originaria del Sudafrica e lui ha trascorso molto tempo lì, confrontandosi fin da piccolo con il significato della povertà. Fondare la sua organizza-
UNA CALOROSA ACCOGLIENZA PER JANINE HÄNDEL, DAL 2010 CEO DELLA ROGER FEDERER FOUNDATION © Roger Federer Foundation
eroga sovvenzioni a breve termine a ente filantropico operativo orientato alla risoluzione dei problemi, con una governance e una pianificazione strategica di eccellenza, e anche Roger si è trasformato da fondatore a change maker», sottolinea Janine Händel, che in dote ha portato la sua esperienza nel settore. Sin da adolescente impegnata nel sostegno di missioni umanitarie con la convinzione di poter contribuire almeno un po’ a cambiare il mondo, per otto anni era stata nel Servizio diplomatico svizzero presso il Dfae, inviata in Colombia e attiva per Sri Lanka e Nepal, per poi ricoprire diversi incarichi come consulente filantropica di fondazioni aziendali. «L’esperienza mi ha insegnato che se si vuole avere un impatto e che sia sostenibile, fare solo un po’ di beneficenza non basta: serve un knowhow professionale. Altrimenti molte buone intenzioni finiscono in uno spreco di denaro, tempo e fiducia. I beneficiari meritano che si investano le risorse in modo efficace», afferma. Oltre all’Africa, la Roger Federer Foundation è impegnata anche in patria. Persino in un ambiente di per sé privilegiato come quello svizzero, infatti, si evidenziano diseguaglianze. In particolare, un terzo dei bambini risulta non avere sufficienti capacità motorie quando inizia la scuola, con ripercussioni sul futuro sviluppo. Nella maggior parte dei casi, provengono da un contesto socio-economico
svantaggiato. «Ci concentriamo quindi sul miglioramento della promozione delle abilità motorie precoci nei diversi ambienti in cui vivono, che si tratti di centri familiari, quartieri, asili nido o scuole materne», sottolinea la Ceo. Entro il 2025, il progetto intende dotare cento scuole di appositi spazi ricreativi ispirati alla natura. A chi supera la selezione viene attribuito un budget di 40mila franchi. In Ticino, i primi due comuni ‘premiati’ sono stati Arogno e Monteceneri. Anche oggi che la Fondazione si è professionalizzata, Roger - e tutta la sua famiglia, dai genitori a Mirka - è più che mai coinvolto in decisioni strategiche e attività. «È in una posizione unica per sensibilizzare l’opinione pubblica e leader ai quali altrimenti non si arriverebbe. Quest’anno un momento molto speciale è stato quando tutta la famiglia ha visitato il Lesotho: è stato bello vedere quanto siano tutti emotivamente legati al lavoro della Fondazione», commenta la Ceo. Ed è curioso vedere come Roger sappia conquistare anche un ‘pubblico’ che della sua leggendaria storia non conosce nulla. «Per i bambini africani non è soltanto un visitatore amichevole che viene da lontano, che gioca e passa del tempo con loro. Vivono in un mondo senza elettricità e Tv, non hanno idea di quanto sia famoso e nemmeno di cosa sia il tennis. Né potrebbero mai immaginare che si possano fare soldi spedendo una pallina da una parte all’altra della rete. Ma Roger ha il talento di superare immediatamente le barriere della timidezza. Si sente anche tutta l’esperienza che ha maturato come papà», conclude Janine Händel. Il piano di sviluppo per i prossimi cinque anni prevede di mantenere l’attuale focus tematico e geografico. Il lavoro non è ancora finito, milioni di bambini non hanno accesso a un’istruzione prescolastica. E ci sono ancora tanti altri sorrisi da regalare.
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L’OPINIONE
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l Preventivo 2024 e il primo pacchetto di misure di riequilibrio finanziario perseguono lo scopo di portare le finanze del Cantone in un certo equilibrio, un esercizio imposto dal cosiddetto “freno ai disavanzi” fissato nella Costituzione e nelle leggi ticinesi. Salta all’occhio che le misure proposte andranno ulteriormente a gravare sulle donne, già oggi confrontate con una situazione molto penalizzante sul mercato del lavoro: non solo per la persistente discriminazione salariale e la cronica mancanza di strutture d’accoglienza extrafamiliari di qualità e a prezzi ragionevoli, ma anche per il mancato riconoscimento del lavoro di cura, sia esso svolto in modo professionale o in famiglia, che ricade prevalentemente sulle loro spalle.
Gina La Mantia, Co-Presidente FAFTPlus
Risparmi
deleteri
I tagli presentati dal Consiglio di Stato vanno a colpire proprio lì: case per anziani, servizi di cura a domicilio, strutture per invalidi e servizi di sostegno alle famiglie e all’infanzia, oltre alle strutture di protezione per minorenni. Leggiamo di riduzione, di rallentamento e di posticipo di investimenti in questi settori cruciali per la società tutta, con un grande numero di manodopera femminile, che già oggi soffrono di un importante tasso di abbandono della professione a causa di turni lavorativi massacranti, stress e sovraccarico mentale. Risparmi nei settori della cura del prossimo che inevitabilmente cadranno sulle famiglie e quindi, spesso, su madri, mogli e figlie che dovranno compensare - almeno in parte - le mancanze di una presa a carico seria da parte del Cantone dei loro cari anziani, malati o invalidi. Per non parlare delle strutture per l’accoglienza extrafamiliare dei bambini, ancora oggi
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Le misure di risparmio proposte nel messaggio del Governo per il rientro finanziario aggiungeranno un altro pesante fardello sulle spalle delle donne (e nonostante le promesse della riforma fisco-sociale del 2017) in Ticino scarse e costose, inducendo troppe madri a rinunciare al lavoro. Risorse preziose e ben formate che la nostra economia perde, famiglie che si espongono maggiormente a situazioni di difficoltà che possono derivare da disoccupazione, divorzio o malattia, donne che perdono contributi per la loro vecchiaia rischiando la povertà in età pensionistica. FaftPlus non mette in dubbio che le finanze del Cantone debbano essere sane e che ogni spesa richieda oculatezza e ragionevolezza. Ma andare giù con la mano pesante per risparmiare proprio in questi settori delicati non è la soluzione corretta, né per le famiglie, né per le donne e tantomeno per un’economia rivolta al futuro e orientata alla sostenibilità, all’equità e all’inclusione.
© First Lego League
LE
EMOZIONI della
ROBOTICA Sfide ingegneristiche sotto forma di gioco per mettere alla prova abilità tecniche, creatività e competenze relazionali
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hi pensa che a occuparsi di robotica educativa e a partecipare a sfide promosse da enti come la First Lego League siano soprattutto squadre composte da soli maschi, è fuori strada. Sempre più ragazze mostrano passione e talento notevoli. È il caso di Gaia Gladulich, componente del team ticinese Smilebots, la squadra di
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robotica di ated4kids, quest’anno arrivata prima nella categoria “robot game”, prova principale di robotica della First Lego League, che si è tenuta in primavera a Long Beach, California. «Andare a giocarsi le fasi finali con le 74 squadre più forti al mondo è stato bellissimo. Ci sentivamo molto ben allenati, ma il risultato incredibile! Un successo che ci ha ripagato delle tante ore trascorse a provare e riprovare le missioni, così da essere veloci e precisi. Anche perché il programma prevede presentazioni in inglese, un progetto che dobbiamo inventare e costruire da zero rispetto a un problema di portata globale», racconta Gaia. Emozioni vissute con la ‘aggravante’ della distanza da sua mamma, Céline Cavallo de’Paoli, top manager con esperienza in strategia, finanza e nell’ambito digitale: «Considerando l’enorme impegno dei ragazzi sono estremamente orgogliosa. Pensare che la terza parola di Gaia piccolissima è stata ‘gru’! Grazie ad ated4kids e agli Smilebots questa sua passione per la meccanica, robotica e informatica sta continuando a crescere», sottolinea orgogliosa. Ma c’è solo tensione o anche spazio per il divertimento? «Onestamente, il divertimento è in cima a tutto. Ci piace proprio stare insieme, ritrovarci dopo scuola per inventare e immaginare come risolvere i problemi che nelle competizioni ci vengono assegnati. Spesso ci si focalizza sulla costruzione del robot, senza pensare che ci vuole molta creatività per farlo muovere e renderlo capace di compiere le missioni da svolgere», commenta Gaia. Bisogna infatti saper lavorare in gruppo, senza perdere troppo tempo, ma anche saper presentare in modo sintetico le proprie idee in diverse lingue. In italiano per le sfide ticinesi, in francese o in tedesco
per quelle svizzere e, infine, in inglese per le competizioni europee o americane. «Il fatto che in partenza, nelle prime sfide della stagione, i team siano oltre 40mila e ne arrivino così pochi alla finalissima fa comprendere che c’è una selezione durissima. Lo spirito di squadra, però, è molto forte. Non contano le ore, si divertono, condividono la stessa passione aiutandosi l’un l’altro questo e credo sia il segreto del loro successo. Una sfida come quella della First Lego League combina aspetti tecnici con competenze soft, coinvolgendo il lavoro di gruppo, la leadership e la capacità di gestire e risolvere insieme i problemi. Gli Smilebots replicano dinamiche che i ragazzi affronteranno nel mondo del lavoro. Un esempio per molti adulti!», evidenzia Céline. Intanto ci si prepara già per il 2024 con la partecipazione alla Vex Robotics Competition. «Ora viene il bello! Saliamo di livello e ci cimenteremo con una competizione promossa dalla Robotics Education & Competition Foundation, che organizza una serie di programmi di robotica Vex rivolti anche a universitari e che comprende 1,1 milioni di studenti in 70 Paesi», conclude con entusiasmo Gaia. Una nuova, entusiasmante, sfida ingegneristica sotto forma di gioco. SOPRA, GAIA GLADULICH, MEMBRO DEGLI SMILEBOTS, TEAM VINCENTE DI ROBOTICA DI ATED4KIDS
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Una visione olistica è alla base tanto del benessere, fisico e mentale, quanto di un sistema sanitario di qualità e sostenibile
Salute!
P
er le compagnie di assicurazione sanitaria si sono appena chiusi, il 30 novembre ultimo termine per cambiare cassa malati, due mesi al cardiopalma scatenati all’annuncio del nuovo consistente aumento dei premi nel 2024, riaccendendo anche la discussione attorno al sistema sanitario svizzero che, per quanto di qualità, diventa finanziariamente insostenibile. Una deriva a cui guarda con apprensione anche chi le compagnie assicurative è chiamato a dirigerle. Ne abbiamo parlato con Philomena Colatrella, Ceo del Gruppo Css, in Svizzera tra i protagonisti del settore con oltre 1,75 milioni di clienti e leader di mercato nell’ambito dell’assicurazione di base.
Philomena Colatrella, gli assicurati sono giustamente preoccupati dalla crescita dei premi, quest’anno con una media del 10%, che può raggiungere anche picchi molto più elevati. Come si spiegano aumenti di tale portata? Questa evoluzione non preoccupa soltanto le persone assicurate, ma anche me, e mi spinge a cercare soluzioni. I premi sono aumentati perché dopo la pandemia i costi per le prestazioni mediche sono cresciuti in misura molto marcata. Molte operazioni sono state inizialmente rimandate. In un primo tempo, ne è risultata una diminuzione temporanea dei costi, che di conseguenza ora stanno crescendo ancor di più. A ciò si aggiunge la performance debole dei mercati finanziari: negli anni precedenti il settore aveva ottenuto buoni rendimenti sui mercati dei capitali. Quali misure potrebbero fare davvero la differenza? Per me sono basilari due riforme. Primo, si deve adeguare il finanziamento delle prestazioni ospedaliere. Se sempre più interventi vengono eseguiti in regime ambulatoriale, ciò va interamente a carico degli assicuratori malattie, mentre bisognerebbe replicare quanto si fa per i costi stazionari, già suddivisi fra le casse e i Cantoni. Come seconda importante riforma,
ACCANTO, PHILOMENA COLATRELLA, CEO DI CSS GROUP
occorre modernizzare la tariffa dei medici, completamente obsoleta e ricca di incentivi errati. Qui la palla è passata al Consiglio federale. A loro volta, le persone assicurate possono evitare visite mediche inutili scegliendo un modello di assicurazione alternativo, nel quale un medico di famiglia o un telemedico coordina l’intero trattamento. Un aspetto essenziale è l’aumento dell’efficienza nel sistema sanitario: qui la digitalizzazione è una leva importante. Cosa risponde invece alla proposta di una cassa malati unica e pubblica? I premi rispecchiano i costi della salute: aumentano poiché nell’assicurazione di base si effettua un numero sempre maggiore di trattamenti. La cassa unica non rappresenta quindi sicuramente una soluzione. Dobbiamo invece portare avanti le riforme menzionate e incrementare l’efficienza nel sistema sanitario. Inoltre, gli assicurati non avrebbero più la libertà di scegliere e cambiare assicuratore qualora fossero insoddisfatti. Il che stimolerebbe a offrire un buon servizio. Guardando alla popolazione femminile, quali sono oggi le prestazioni che causano le maggiori voci di spesa? E le problematiche più sottovalutate? Per le donne la maggior parte dei costi è dovuta ai medicamenti e ai trattamenti dal medico e in ospedale. non molto diversamente dalla popolazione maschile. Le diagnosi fornirebbero più informazioni, ma quelle dei trattamenti ambulatoriali non sono a disposizione degli assicuratori malattie. È indiscutibile che il sesso abbia un impatto sul decorso, sulla terapia e sulla diagnosi delle malattie, per esempio, il rischio di ammalarsi di Alzheimer o di morire a causa di un infarto cardiaco è decisamente maggiore per le donne. La considerazione delle differenze di genere va a vantaggio sia delle donne sia degli uomini e dovrebbe pertanto essere promossa attivamente nella ricerca medica.
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In qualità di Ceo di una delle compagnie di assicurazione sanitaria leader in Svizzera, qual è il suo concetto di salute? Ho una visione olistica: salute fisica e mentale si condizionano a vicenda. Negli ultimi anni la società ne è diventata molto più consapevole. Allo stesso tempo, rimane una lunga strada da percorrere. Ad esempio, alcuni disturbi psichici sono ancora stigmatizzati. Per questo, in quanto Css, svolgiamo ogni anno uno studio sulla salute che verte anche sulla percezione delle malattie psichiche per poi poterle affrontare con un’offerta adeguata. Ma come può una compagnia assicurativa, che risponde a logiche di business oltre che di servizio, supportare questa visione olistica? Circa sette anni fa, Css si è posta l’obiettivo di diventare partner per la salute delle sue clienti e dei suoi clienti. Non vogliamo solo pagare le loro fatture, ma anche essere al loro fianco quando sono in buona salute o sostenerli nella convivenza con una malattia. Realizziamo questo obiettivo creando offerte per ogni situazione della vita, dalla consulenza gratuita per domande relative all’alimentazione o ai disturbi del sonno, alle consulenze specialistiche per malattie croniche e tutta l’ampia gamma di offerte digitali per diverse esigenze, come un accompagnamento psicologico online per le malattie tumorali. Inoltre, per promuovere uno stile di vita sano, abbiamo lanciato la piattaforma active 365 che offre programmi personalizzati negli ambiti del movimento, dell’alimentazione e della consapevolezza. E Lei, come riesce a trovare il suo equilibrio fra le tensioni della vita professionale in mesi come questi e i doveri, ma anche i piaceri della vita privata? La mia settimana lavorativa è molto intensa e in questo periodo è stata anche particolarmente lunga. Cerco di creare un contrappeso, per esempio giocando a tennis il sabato mattina. Lo sport dà il giusto equilibrio. Lo stesso vale per lo stare assieme agli amici o alla famiglia: con loro faccio il pieno di energia. Mi piace molto leggere, andare a concerti, viaggiare o sedermi al pianoforte e improvvisare.
L’OPINIONE
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el contesto aziendale contemporaneo, la valorizzazione delle risorse umane è una priorità in continua evoluzione. Una tendenza che sta guadagnando sempre più rilevanza è la valorizzazione delle persone over 50, spesso trascurate nonostante il loro ricco bagaglio di esperienze e competenze. Questo ‘oro grigio’ rappresenta una risorsa preziosa che, se correttamente gestita, può portare notevoli vantaggi alle aziende. Le persone over 50 portano con sé un patrimonio di esperienze professionali e personali che non può essere sottovalutato. La stabilità emotiva, l’abilità nel gestire lo stress e situazioni complesse sono il risultato di decenni di apprendimento sul campo. Un passaggio fondamentale è riuscire a trasmettere alle nuove generazioni, attraverso il mentoring, questo bagaglio di esperienze, garantendo la continuità e la crescita aziendale, trasferendo quel know-how quasi intangibile, molto spesso fatto di percepito, di vissuto, di storie di successo o di fallimenti superati. Ma per sfruttare appieno il potenziale delle persone over 50 è fondamentale promuovere un ambiente di lavoro inclusivo. Le aziende possono adottare politiche che favoriscano la diversità generazionale, incentivando la formazione continua e la partecipazione attiva di tutti i dipendenti, indipendentemente dall’età. Valorizzare i nostri colleghi dall’oro grigio non è solo una questione di equità ma anche di buonsenso aziendale e sociale e un ottimo esempio per ciò che un domani toccherà alle nuove generazioni. Personalmente ho avuto enormi soddisfazioni nel collocare qualche anno fa una lavoratrice disoccupata di 55 anni, a casa da due. Una sfida che l’azienda ha accolto assieme a me nel vedere la sua grinta e la sua motivazione (oltre che le sue competenze), andando oltre un mero e superficiale check anagrafico.
Elisabetta De Antoni, Specialista in Risorse umane, Responsabile Randstad Ticino
Andare oltre il calcolo anagrafico valorizzando i lavoratori over 50 che con le loro competenze ed esperienze rappresentano una preziosa risorsa per le aziende e un esempio per le giovani generazioni
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Appena nominata miglior pasticciere del mondo, Nina Métayer sublima l’arte del dolce con le sue creazioni poetiche e spettacolari. A motivarla, il desiderio di offrire momenti di autentica condivisione
NINA MÉTAYER E LE SUE CREAZIONI: A DESTRA, LA SPETTACOLARE RIVISITAZIONE DELLA GALLETTE DES ROIS E, A SINISTRA DALL'ALTO, LA SPIRALE DE NOISETTE IDEATA IN ESCLUSIVA PER JAEGER-LECOULTRE, UNA REINTERPRETAZIONE DEL CLASSICO TIRAMISU E LA PAVLOVA ESOTICA
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essico e Australia: gli incontri rivelatori con la panetteria, prima, e la pasticceria poi, per Nina Métayer sono avvenuti a migliaia di chilometri di distanza dalla sua Francia, di cui la sua raffinata arte del dolce è oggi la massima
PERCORSI DI GUSTO
SUBLIMI
delizie espressione, capace di unire la maestria del gesto di cesello di un orafo all’alchimia sensoriale di creazioni gourmandes spettacolari. Dopo aver conquistato, non ancora trentenne, il titolo di Pâtissier de l’Année sia nel 2016 che nel 2017, lo scorso 25 ottobre è stata incoronata Pâtissière Mondiale 2023, prima donna a ottenere il più prestigioso dei riconoscimenti del settore, attribuito dai colleghi stessi dell’Union Internationale des Boulangers et Pâtissiers. Tutto è cominciato con un anno
di scambio scolastico in Messico, appena sedicenne: un’esperienza che tanto le piace da pensare, per poter un giorno tornare, di specializzarsi in panetteria, un savoir-faire francese facile da esportare. Dopo aver ottenuto il suo diploma di boulangère, partirà invece alla volta di Melbourne, dove scopre la pasticceria lavorando in diversi ristoranti. «Al ritorno in Francia, ho quindi deciso di formarmi come pasticcere. Nei palace parigini e con gli chef stellati ho imparato le tecniche, i gesti e la precisione. La creazione è arrivata con gli incarichi di capo pasticcere al Raphaël, poi al Jean-Français Piège, quindi al Café Pouchkine per la pasticceria da boutique in un contesto internazionale. Nel corso del tempo, ho imparato a fidarmi di me stessa, a seguire l’intuito e a uscire dalla mia zona di comfort, accettando anche i passi falsi», racconta. Nel 2020 nasce delicatisserie.com, prima pasticceria di Nina Métayer, inizialmente al 100% digitale: «Desideravo essere libera di lavorare come volevo, in termini di qualità dei prodotti e di rispetto dei produttori e dei miei team, sia in Francia che a livello internazionale, seguendo un modello agile e coerente con i miei valori», racconta. Se l’arte del dolce richiede precisione al milligrammo, per Nina non è mai diventata puro virtuosismo. «La condivisione delle emozioni è al centro del mio approccio. Le tecniche e i gesti che ho imparato nel corso degli anni mi danno ancor più libertà nel processo creativo. Mi piace molto lavorare con la tasca da pasticcere, ma senza punta, perché esalta la precisione
L'INTERPRETAZIONE 2023 DI NINA MÉTAYER DEI CLASSICI TRONCHETTI DI NATALE IN TRE VARIAZIONI GOURMANDES: CIOCCOLATO, TIRAMISU ED ESOTICA
del gesto artigianale, come un disegno a mano libera che aggiunge un tocco di poesia», spiega Nina. Come dimostra una delle sue ricette imperdibili, la pavlova. Quando invece si tratta di reinterpretare un grande classico francese, la Galette de Rois, tradizionale sfoglia dei re Magi ripiena di crema alle mandorle, come quella creata nel 2020 in omaggio al rosone della cattedrale di Parigi, che ha avuto un enorme impatto mediatico, utilizza altre tecniche. «Lavoro con un designer sul progetto originale, poi lo modelliamo e realizziamo con la stampante 3D gli stampi in silicone che servono a creare le decorazioni (commestibili, ovviamente!), una vetrata, una corona o, quest’anno, un fiocco di neve», spiega la chef. Allo stesso tempo, la pasticceria è un piacere dolce, ma non più del necessario, il giusto per valorizzare tutti i sapori. «Si può ad esempio lavorare sullo zucchero naturale della frutta di stagione raccolta quando è matura, oltre ad adattare alcune ricette per utilizzare zuccheri meno raffinati, come quelli di canna o muscovado. La nostra pasticceria è tradizionale, impieghiamo prodotti di qualità e non lavorati, come il burro Dop delle Charentes-Poitou», sottolinea. Pasticciera numero uno al mondo, mamma di due figlie con cui nel fine settimana non manca di trovare il tempo da dedicare a madeleine, crumble o una torta al cioccolato, imprenditrice, seguitissima nelle sue masterclass, … qual è la ricetta segreta? «Per far funzionare le cose, bisogna essere organizzati», risponde, «dietro ogni nuova creazione ci sono sempre molte ore di ricerca e sviluppo, di fallimenti e tante prove. Perciò occorre saper accettare le difficoltà, sfruttando al meglio ogni momento. Anche grazie al grande supporto dalla mia famiglia e delle mie équipe». Più che mai ora che si avvicinano le festività. «Poiché lavoro fino all’ultimo minuto, a Natale tutto è pronto al mio arrivo. La cosa più importante è riunirsi in famiglia e condividere momenti gustosi con piatti che mettono d’accordo tutte le generazioni». Come le sue ‘delicatisserie’ che attendono di essere gustate, dulcis in fundo.
ÎLE FLOTTANTE EXOTIQUE, IL PRIMO DESSERT D’AUTORE FIRMATO DA NINA MÉTAYER, NEL 2013, COME CHEF PÂTISSIÈRE AL RAPHAËL
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PERCORSI DI GUSTO
Sofisticato { PAPAYA }
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LORENZO ALBRICI
Chef Locanda Orico Bellinzona
Soffice mousse al cocco e cioccolato bianco, dadolata di papaya Scopri la ricetta
tuttii FRUTTI Da Bellinzona a Castel San Pietro, hanno cucinato per noi
© FOTO DI GIORGIA PANZERA In collaborazione con San Pellegrino Sapori Ticino
T
Torta di pasta sfoglia con ananas caramellato, crumble alla cannella e gelato alla vaniglia
Tropical { ANANAS }
Alla ricetta
EMANUELE BERTELLI
Chef Seven The Restaurant, Lugano
Semifreddo al frutto della passione
I
{ FRUTTO DELLA PASSIONE }
Intrigante
Alla ricetta
ALESSANDRO BOLESO
Chef Le Relais Grand Hotel VIlla Castagnola, Lugano
ANDREA PEDRINA
Chef La Dispensa, Lugano
Cheescake all’arancia
G
Grintoso { ARANCIA }
Alla ricetta
FEDERICO PALLADINO Chef Osteria Enoteca Cuntitt Castel San Pietro
Crudo di ricciola con insalata di cerfoglio, melagrana e radicchio
E
Estroso { MELAGRANA } Alla ricetta
LORIS MEOT
Chef Ciani Lugano
Magnetico { PITAYA ROSSA }
M
Carpaccio di spada con insalatina di puntarelle e pitaya rossa Alla ricetta
PERCORSI_CULTURA TESTO DI GUIDO PEDROJETTA
© Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo
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Protagonista indiscussa dentro e fuori le scene. Capricciosa Diva, sublime interprete, modello di eleganza. Seppe trasformare le sue imperfezioni piegandole alla maestria di una tecnica superba. A cento anni dalla nascita, il mito di Maria Callas continua a ispirare
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nterprete geniale, la maggiore tra quelle che abbiano calcato le scene del teatro d’opera novecentesco, Maria Callas merita di essere celebrata - a cento anni dalla nascita - attraverso la rievocazione di alcune tappe notevoli della sua breve e intensissima parabola, iniziata in Europa, all’Arena di Verona, nel 1947. Poco dopo, toccherà un vertice di rilievo prestigioso con la preparazione – in una sola settimana – dei Puritani di Bellini, alla Fenice, per sostituire l’indisposta Margherita Carosio. Per gli anni seguenti, va innanzitutto ricordata la stagione di grande libertà interpretativa, a Città del Messico, quando la sua voce potentissima usciva da un corpo ancora massiccio e sgraziato, con punte di rara riuscita: la sua Lucia di Lammermoor - pur registrata approssimativamente - rimane insuperabile. Dopo il matrimonio con Giambattista Meneghini, che ne diventa l’avveduto impresario, ebbe modo di avvicinarsi rapidamente alle scena italiane di primo piano, Roma, Firenze,
BOR SEDIAS QUATIA PORIA NIMOLLAB IPSAM, SIT, ACEST OCCUSDANDUNT ASPELLA VOLENT FACCUS ESCILLI
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Venezia e, ovviamente, Milano: a metà degli anni Cinquanta, la drastica cura dimagrante le consentì di incarnare ‘credibilmente’ il suo capolavoro assoluto, La traviata, alla Scala. Per confronto, si pensi che la Montserrat Caballé, rimasta sempre fisicamente monumentale, non ha mai accettato di portare sulla scena la voce di Violetta Valéry, malata di tisi, proprio per l’inadeguatezza della sua apparenza fisica al personaggio consumato dal morbo.
*Guido Pedrojetta (1952), autore del testo, è stato a lungo docente di Letteratura e filologia italiane dell’Università di Friburgo. Si è interessato ai linguaggi passionali studiando, per esempio, l’epistolario d’amore di Maria Callas con il marito.
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SOPRANO
ABSOLUTA Il cavallo di battaglia della Callas rimane la Norma di Vincenzo Bellini (Casta Diva è oggi sfruttata commercialmente persino negli spot pubblicitari), opera amata e malauguratamente ‘traditrice’ lungo il suo percorso: a Roma, nel 1958, e a Parigi, nel 1965, fu costretta ad abbandonare la recita, per caduta di voce e di energie, con grave scandalo e disappunto degli spettatori. L’arte sublime di Maria Callas è (anche) nella sua capacità di rilanciare opere dimenticate, uscite da tempo dal repertorio comune, ma che
IN QUESTE PAGINE, ALCUNI SPLENDIDI SCATTI CHE RITRAGGONO LA CALLAS CONSERVATI NEL PATRIMONIO DI FOTOGRAFIE D’EPOCA DELL’ARCHIVIO PUBLIFOTO INTESA SANPAOLO CHE NE HA SELEZIONATI 91 PER LA MOSTRA IN PROGRAMMA FINO AL PROSSIMO 18 FEBBRAIO ALLE GALLERIE D’ITALIA DI MILANO
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PERCORSI_CULTURA
© Giovanni Hanninen
© Teatro La Scala
sono tornate a circolare nei programmi dei maggiori teatri, proprio grazie a lei: valgano gli esempi de Il turco in Italia di Rossini e dell’Anna Bolena di Donizetti, appena riproposta con successo anche al Lac di Lugano. Online sono facilmente accessibili, nella loro integralità, i concerti Al Palais Garnier di Parigi e al Covent Garden di Londra, come pure quelli di Amburgo e di Amsterdam: esempi di impeccabile professionalità. Tra le novità degli ultimi anni, segnaliamo il documentario di Tom Volf (2017) Maria by Callas che, tra molte chicche recuperate, offre l’emozione del colore aggiunto sui documenti in bianco e nero disponibili in rete: così, il suo leggendario abito rosso e i gioielli di Tiffany, con cui si presentò raggiante al pubblico parigino, pochi giorni prima del Natale 1958, tornano a brillare di una luce nuova ed eterna.
Intramontabile, alla Scala Nel centesimo anniversario dalla nascita della Divina, il Teatro alla Scala non poteva non celebrare il mito di un’artista profondamente legata alla sua storia, interprete di 23 titoli d’opera in 28 spettacoli dal 1950 al 1961, tra cui sei inaugurazioni di stagione. Lo ha fatto affidandosi all’interpretazione di cinque protagonisti del panorama artistico contemporaneo che approfondiscono diversi aspetti della grandezza di Maria Callas, creando una narrazione corale e multidisciplinare: lo stilista Giorgio Armani, il musicista e compositore Alvin Curran, il regista Mario Martone e la creatività dell’artista franco-marocchina Latifa Echakhch e del talento di Francesco Vezzoli. Il percorso della mostra, che porta il titolo evocativo di Fantasmagoria Callas (in programma fino al prossimo 30 aprile), si apre con una selezione di costumi indossati dal soprano, attualmente conservati presso l’Archivio storico del Teatro alla Scala, che testimoniano il fascino che la Callas ha sempre esercitato sulle arti, vivo più che mai, come l’inarrivabile voce di questa icona immortale.
SOPRA, GLI APPLAUSI ENTUSIASTI DEL PUBBLICO DELLA SCALA AL TERMINE DI UNA DELLE MEMORABILI INTERPRETAZIONI DE “LA TRAVIATA” DIRETTA DA LUCHINO VISCONTI NEL 1955. FINO AL 30 APRILE, IL MUSEO DEL TEATRO LA RICORDA CON LA MOSTRA “FANTASMAGORIA CALLAS” A FIANCO, IL MAGNIFICO COSTUME DI SCENA DISEGNATO DA NICOLA BENOIS PER LA DIVINA NEL “DON CARLO” (1954)
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© Giovanni Hanninen
SOPRA, SI PUÒ DARE FORMA A UNA VOCE? GIORGIO ARMANI LO HA FA FATTO SCEGLIENDO UN ABITO DA SERA ROSSO MAGENTA, INTENSO E CARICO DI LUCE: UN VORTICE DI PASSIONE, CONTROLLO E SENTIMENTO, CHE RISPECCHIA LA PERSONALITÀ
© Giovanni Hanninen
E LA CLASSE DELLA DIVINA
SOPRA E FIANCO, MARIA CALLAS È ANCHE IL CONTRASTO FRA BELLEZZA E FRAGILITÀ, RAPPRESENTATO SIMBOLICAMENTE DALL’ARTISTA FRANCO-MAROCCHINA LATIFA ECHAKHCH CON UNA SUGGESTIVA INSTALLAZIONE DI PICCOLISSIME PERLE BIANCHE E ROSSE, UNA CORTINA DI LACRIME E SANGUE
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L’OPINIONE
Senza rinunciare al piacere estetico delle opere d’arte, i musei sono coscienti di dover assumere le loro responsabilità nei confronti del passato, presente e futuro
Carole Haensler, Presidente dell’Associazione dei musei svizzeri e Direttrice del Museo Villa dei Cedri di Bellinzona
Tempi di
responsabilità
L
a fine dell’anno è sempre tempo di bilanci. Lo scorso agosto, il Congresso annuale dei musei svizzeri, tenutosi a Bellinzona e dedicato alla questione dei tabù, ha messo in evidenza quanto i temi sensibili dipendano da temporalità, contesti, tradizioni e culture diverse. Come rispettare tutti ed esporre punti di vista divergenti, a priori incompatibili, simultaneamente nello spazio museale? Ho già detto altrove, e non cesso di ripetere, quanto il museo sia un forum di dialogo, un interlocutore della società nelle sue riflessioni sulla costruzione di un futuro sostenibile, socialmente equo e rispettoso della diversità. La mostra Stranger in the Village al Kunstmuseum di Aarau (fino al 7 gennaio 2024), quella del Landesmuseum sulla questione della colonizzazione in Svizzera pervista per il 2024, l’esposizione dedicata alla donazione Gurlitt al Kunstmuseum di Berna nel 2022, la nuova presentazione della collezione E. G. Bührle al Kunsthaus di Zurigo (inaugurata il 3 novembre scorso) e, infine, il ciclo
di mostre 2023 del Museo etnografico dell’Università di Zurigo rivelano varie sfaccettature del modo in cui i musei cercano di affrontare i profondi cambiamenti odierni, accompagnando la società nella sua trasformazione e sensibilizzando il pubblico. Da un lato, l’urgenza di riscrivere finalmente la Storia, che è composta da molteplici narrazioni e punti di vista, e non solo quella esposta da una prospettiva europea - e di quale Europa parliamo? - e, dall’altro lato, la necessità di preservare le testimonianze di questi cambiamenti in modo che i lati oscuri della Storia non si ripetano, costituiscono il terreno delicato su cui si muovono le istituzioni culturali contemporanee. Il mondo odierno è devastato da catastrofi naturali e da Paesi in guerra, con conseguenze disastrose non solo sulla massiccia migrazione di popolazioni, ma anche sulla perdita effettiva di beni culturali d’interesse sovranazionale e sulla preservazione di identità e tradizioni culturali. Lungi dal voler togliere il piacere estetico nell’ammirare delle opere durante una mostra, il museo in quanto istituzione della democrazia, attraverso la quale il popolo esercita la sua sovranità, è più che mai divenuto un attore partecipativo e di rilievo della società di domani, chiamato ad assumersi le sue responsabilità.
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museo.mendrisio.ch +41 58 688 33 50 Ma–Ve 10–12 / 14–17 Sa – Do, festivi 10–18 Chiuso lunedì 24 – 25.12.2023 1.1.2024 Con il sostegno di
Le diabolo , 1913, Kunstmuseum Solothurn,Josef Müller-Stiftung
Museo d’arte Mendrisio Piazzetta dei Serviti 1 6850 Mendrisio
PERCORSI_CULTURA DI AURÉLIE CARRÉ
TESSERE confederate
B
enché prevista sin dal momento della progettazione, 120 anni fa, la decorazione del timpano di Palazzo federale non era mai stata realizzata. L’occasione l’hanno offerta i festeggiamenti per il 175esimo anniversario della Costituzione, in vista dei quali è stato indetto un concorso. Ad aggiudicarsi l’esclusivo incarico è stato lo studio basilese Renée Levi, presentando un progetto che ha saputo trovare il perfetto equilibrio fra il rispetto del Dna architettonico dell’edificio e uno sguardo proiettato verso il futuro. A ricoprire il frontone, 246 lastre triangolari in ceramica (simbolo dei 200 seggi del Consiglio nazionale e dei 46 degli Stati), solcate da centinaia di scanalature che, irraggiandosi in tutte le direzioni, rappresentano i cittadini. Se nella scelta delle tonalità Renée Levi, in collaborazione con il marito Marcel Richard Schmid, è rimasta fedele al grigio della pietra calcarea e al verde dell’arenaria bernese che connotano l’edificio, la particolare lavorazione delle ‘tessere’ smaltate, con le loro superfici ondulate giustapposte con andamenti alternati, permette di rifrangere la luce creando l’impressione di un leggero movimento al
mutare dell’ora del giorno e del punto di vista dalla Bundesplatz. Un’idea semplice nel suo impianto, quanto efficace nell’effetto finale. Nello spirito dell’architetto di Palazzo federale Hans Wilhelm Auer, che volle onorare le tradizioni e l’artigianato svizzero nel suo lavoro, i singoli elementi del mosaico sono realizzati a mano, utilizzando materiali quasi esclusivamente provenienti dal territorio. Un Parlamento dunque eterogeneo e in costante - per quanto impercettibile - cambiamento, come suggerisce anche il titolo scelto, Tilo. Un omaggio a un momento cruciale per la moderna Svizzera con il riconoscimento del diritto di voto ed eleggibilità alle donne: la neocastellana Tilo Frey (1923-2008) fu infatti una delle dodici pioniere elette al Nazionale nel 1971, nonché la prima donna di colore, di origini camerunensi, a testimonianza anche dell’integrazione delle tante persone con una storia di migrazione che costruiscono una vita in Svizzera. Un messaggio che l’arte, inscrivendosi nel monumento più iconico della politica elvetica, sede dei rappresentanti del popolo, ha il pregio di esprimere con un linguaggio simbolico e universale.
© Foto: Servizi del Parlamento, 3003 Berna / Rob Lewis
Un mosaico che nell’essenzialità dell’astrazione celebra la democrazia svizzera sulla facciata dell’edificio che ne è simbolo, Palazzo federale IL NUOVO TIMPANO DI PALAZZO FEDERALE, PROGETTATO DALLO STUDIO BASILESE RENÉE LEVI, VA BEN OLTRE LA DECORAZIONE, SIMBOLEGGIANDO LA SVIZZERA MODERNA IN QUESTE PAGINE, I MOMENTI CHE NE HANNO SCANDITO LA REALIZZAZIONE, DAI PRIMI SCHIZZI ALL’INAUGURAZIONE
L’avvicendamento alla guida della Pinacoteca Züst di Rancate fra la sua storica anima, Mariangela Agliati Ruggia, e Francesca Martinoli, proveniente dal collezionismo di impresa, offre l’occasione per un interessante scambio di sguardi
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ostre e cataloghi non sono che il punto di arrivo dell’attività di un museo, il frutto di anni di studi e importanti collaborazioni. Un traguardo che a sua volta è una partenza, verso i pubblici da raggiungere e coinvolgere. Cosa significa dunque comunicare l’arte e la cultura attraverso l’allestimento di esposizioni e quanta ricerca sta dietro a ogni progetto? Il passaggio di consegne, a inizio del prossimo marzo, ai vertici della Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate fra la ‘storica’ e apprezzatissima direttrice Mariangela Agliati Ruggia e la nuova Conservatrice capo servizio Francesca Martinoli, proveniente da una lunga esperienza come Head Art Management della Collezione di un importante istituto bancario svizzero a Lugano, offre un confronto paradigmatico: da una parte l’intera carriera di chi ha interpretato esemplarmente la sua professione stagione dopo stagione, dall’altra parte chi si affaccia da un diverso contesto istituzionale, ma avendo già dimostrato di avere le carte in regola per assumersi una responsabilità che riveste un ruolo chiave nella politica culturale del territorio, con le sfide odierne per mantenere un’elevata qualità e attrarre anche nuovi pubblici.
Mariangela Agliati Ruggia, la cultura lei l’ha respirata sin dalla nascita... Sì, l’atmosfera di casa era densa di cultura, nel senso più ampio. Sono sempre stata circondata dalle librerie colme di volumi che mio padre, Mario Agliati, utilizzava per il suo lavoro di storico, insegnante, editore de Il Cantonetto. Giornalisti, scrittori, artisti, uomini di cultura come Mario Marioni, Carlo Cotti, Giuseppe Foglia erano presenze abituali a casa, di persona o tramite le loro opere. Non avevamo la televisione e quindi si leggeva molto, fin dall’infanzia: dai classici per bambini al Corriere dei piccoli, che io e i miei fratelli ci contendevamo con bramosia ogni domenica. Quando si è trattato di scegliere l’indirizzo di studi, è stato naturale orientarmi verso il campo umanistico. Alla sua nomina alla direzione della Pinacoteca Züst, nel 1990, le è stato conferito il mandato di indagare sugli artisti che hanno operato nel territorio ticinese dal XVII al XIX secolo. Quanto ha potuto apportare di suo nell’affrontarlo? Mi sono laureata in Storia dell’arte ma ho sempre conservato un interesse speciale per un taglio storico nella scelta degli argomenti e dell’approccio. La conoscenza del territorio e di chi vi ha operato è derivata anche dalla fondamentale esperienza a inizio carriera nell’ambito dell’inventariazione delle opere di proprietà dello Stato e poi di quelle della Città di Lugano.
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PERCORSI_CULTURA DI SUSANNA CATTANEO
Dietro LA MOSTRA
Sì, perché mostra e catalogo non sono che il suggello di un lungo percorso. Certo, spesso dietro ci sono anni di lavoro. Si inizia da un’idea e dall’individuazione degli specialisti che possano occuparsene, per poi svolgere il coordinamento del progetto, dalla ricerca delle opere ai contatti con i prestatori, al lavoro di promozione quando la mostra è aperta. Altre volte mi capita di curarle in prima persona e in questo caso il coinvolgimento e l’impegno sono maggiori in quanto scrivo anche i testi per il catalogo. Dopo tanti anni di indagini e nuove scoperte, quale ‘quadro’ complessivo emerge? È l’immagine di un territorio ricchissimo di personalità di primo piano, ma anche secondarie, che hanno operato sia in patria che all’estero, dagli architetti Borromini, Mader-
AL CENTRO, LA SPLENDIDA SALA DELLE CAPRIATE DELLA PINACOTECA ZÜST DURANTE LA MOSTRA IL SEGNO DELLA SCAPIGLIATURA (2006), EMBLEMATICA DELLA SUA INDAGINE CHE ILLUMINA GLI ARTISTI ATTIVI NEL TERRITORIO TICINESE DAL XVII AL XIX SECOLO. SOPRA, IL TALENTO DI GIACOMO MARTINETTI, ALLIEVO DEL CISERI AL QUALE MARIANGELA AGLIATI RUGGIA HA DEDICATO LE SUE RICERCHE DURANTE IL LOCKDOWN. SOTTO, UNO DEGLI INDIMENTICABILI ALLESTIMENTI FIRMATO NEGLI ANNI DA MARIO BOTTA, QUI PER LA MOSTRA LEGNI PREZIOSI (2016-17)
no e Fontana, ai pitFrancesca Martinoli, tori, come Giovanni anche lei proviene da Serodine, Giuseppe un percorso di studi in Antonio Petrini e Lettere, fra Ginevra Pier Francesco Moe Milano, e si è poi la, fino ad arrivare ai specializzata in munomi di Carlo Bossoli, seologia, museograf ia Adolfo Feragutti Vie gestione dei beni sconti, Luigi Rossi o culturali. Com’è stato Filippo Franzoni, per passare all’esperienza citarne alcuni. Non sul campo? dimentichiamo poi Rientrata nel Ticino chi è invece giunto per occuparmi delalle nostre latitudini la raccolta d’arte di per lasciarvi dei caBsi (poi Efg Bank) polavori, come Bernardino mi sono trovata di fronte a un SOPRA, MARIANGELA AGLIATI RUGGIA, Luini. Da sempre inoltre immenso ed eterogeneo patriDAL 1990 A FINE FEBBRAIO 2024 DIRETTRICE le nostre maestranze sono monio artistico costituito da DELLA PINACOTECA ZÜST DI RANCATE state apprezzate per l’abilità vari nuclei collezionistici con e la perizia nei cantieri di tutta Europa. origini e provenienze diverse, tra i quali anche quello Al di là di Master e specializzazioni, quali ritiene che molto rilevante di “Giovane Arte Svizzera” e di fotosiano le qualità più importanti per affrontare questa grafia di Banca del Gottardo, a partire dal 1968 circa. professione, ieri come oggi? L’inventario contemplava addirittura lo straordinario A mio parere, avere solide conoscenze di Storia e di violino di Guarnieri del Gesù in dotazione a Renaud Storia dell’arte è fondamentale per orientarsi, riconoCapuçon! Dopo quasi tre anni di intenso lavoro, con il scendo le opere e le personalità di valore. Poi però è sostegno di un valido collega specializzato in finanza anche necessario alimentare la propria curiosità e non d’impresa siamo riusciti a integrare i diversi veicoli smettere mai di studiare, informarsi, indagare nuovi societari a cui appartenevano questi insiemi d’arte. Un territori, mantenendo una visione ampia e soprattutto passo essenziale per la conservazione delle opere, per la passione per quello che si sta facendo. le multiformi attività di valorizzazione che abbiamo Quali aspetti le hanno dato le maggiori soddisfazioni? messo in atto e soprattutto per far sì che la collezioE quale posto conserverà l’arte nel suo futuro? ne non fosse alienata durante i vari avvicendamenti La più grande soddisfazione è stata avere riportato all’interno della banca, tornando a rappresentarne un alla luce personalità artistiche nel tempo dimenticate, elemento identitario. nonostante avessero goduto di notorietà, ma anche Cosa significa gestire una collezione d’impresa? aver fatto riemergere figure secondarie ma comunque Una collezione d’impresa è uno strumento potente di importanti per comprendere il nostro ricco tessuto comunicazione dei propri valori socio-culturali. Da culturale. Mi ha infine coinvolto molto lo studio delle un punto di vista pratico, lavorare per la corporate art donne che in passato si sono dedicate all’arte, pur collection di una banca significa prima di tutto interatra molte difficoltà. Ad esse ho dedicato un filone di gire con colleghi che si occupano prevalentemente di mostre e di cataloghi che rappresentano spesso gli dati e processi. Per coinvolgerli e per farli riempire di unici documenti su di loro. orgoglio per questo patrimonio inestimabile, mi sono Penso che anche in futuro continuerò a interessarmi di dedicata soprattutto a progetti volti a indurre stimoli questi temi, che mi incuriosiscono e sui quali ritengo artistici e culturali negli spazi di lavoro. che ci sia ancora molto da indagare. Naturalmente Dal prossimo marzo, il suo orizzonte di riferimento avrò anche più tempo per dedicarmi alla lettura, di cambierà decisamente. classici ma anche di nuovi autori, che rappresenta una In realtà già oggi il mio rapporto con l’arte del terrimia passione sin da bambina. torio dei secoli passati è vivacissimo e si nutre della possibilità di condividere con storici dell’arte, architetProprio una mostra dedicata a una donna, la pittrice ti, restauratori, collezionisti e mercanti d’arte qui attivi luganese Sylva Galli (1919-1943), segnerà questa priesperienze singolari e inaspettate nel raggio di pochi mavera il passaggio di testimone: mentre Mariangela chilometri. Non dimentico la sorpresa dei visitatori Agliati Ruggia ne è fra le curatrici, sarà il battesimo della banca quando li conducevo di fronte all’opera per la nuova Conservatrice Capo Servizio. di Bernardino Luini facente parte del suo patrimonio
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© Foto Andrey AK
SOPRA, FRANCESCA MARTINOLI, DAL PROSSIMO MARZO ALLA GUIDA DELLA PINACOTECA ZÜST. SOTTO, UN PROGETTO CHE LE HA DATO GRANDI SODDISFAZIONI, ALLEGRO GIUSTO, WORKS FROM BSI ART COLLECTION – PREPARATIONS FOR A NEW BUILDING – DESIGN BOSSHARD VAQUER, 2014
© Foto Agostino Osio
d’arte antica, tuttora esposta nello storico Palazzo Riva di Canova a Lugano. Sono affascinata dal numeroso pubblico che la Pinacoteca è riuscita a fidelizzare. Il mio apporto originale potrebbe venire da una provocazione: la proposta di alcune mostre che mettano in relazione opere d’arte del passato e del presente, per un confronto che diventa scoperta, opportunità e arricchimento. Una delle principali sfide sarà proprio conquistare le nuove generazioni. È un tema che mi sta particolarmente a cuore: dobbiamo saper cogliere anche i cambiamenti epocali e convertirli in progetti e idee, come confermano alcune iniziative che stiamo programmando per i prossimi
tre anni. Ci troviamo a pochi passi dall’Accademia di architettura dell’Usi e dal campus Supsi sede del Dipartimento ambiente costruzioni e design, con cui è fra i miei obiettivi rafforzare i legami, sia con collaborazioni dirette nella progettazione di mostre e allestimenti ma ancor prima ascoltando gli studenti. Al di fuori degli impegni professionali, quanta e quale arte c’è nella sua vita? Tanta. Frequento le sale cinematografiche d’essai perché mi piace l’ambiente raccolto di questi luoghi e credo che dai film d’autore si possa imparare molto sul modo e i tempi di raccontare una storia. Non dimentichiamo che il museo è un potente motore narrativo ed esperienziale. Leggo soprattutto romanzi di autori che scrivono di sé e che ci conducono dalla realtà alla finzione con forza inventiva come Ian McEwan, Michel Houellebecq ed Emanuele Trevi. Per finire, occuparmi del giardino mi riporta letteralmente in terra e ad apprezzare con un pizzico di invidia gli infiniti cicli rigenerativi della natura. Mi auguro che nei futuri progetti di ristrutturazione della Pinacoteca sia prevista anche un’area verde.
NEL 2014, GLI SPAZI DI VILLA MARAINI, SEDE DELL’ISTITUTO SVIZZERO DI ROMA, IN ATTESA DELLA RISTRUTTURAZIONE HANNO OSPITATO LA COLLEZIONE D’ARTE CONTEMPORANEA DI BSI CON UN PARTICOLARE PROGETTO DI INDAGINE SULLO SPAZIO ARCHITETTONICO
Parigi
tra
ARTIFICIO E
David Uzochukwu per Iris van Herpen - Abito Sensory Seas e Abito Nautiloid, Collezione “Sensory Seas”, 2020, Collezione Iris van Herpen
NATURA
C
Iris van Herpen, Sculpting the Senses* , Musée des Arts Décoratifs, fino al 28 aprile 2024
oralli, fossili, cristalli, nebulose: strutture organiche, ma anche architettoniche ispirano le visionarie creazioni della stilista olandese Iris van Herpen, fra scienza e mitologia. Nota per la fusione di tecnologia e know-how tradizionale, sperimenta nuovi materiali e texture rivoluzionarie trasgredendo i codici dell’abbigliamento ed esplorando mondi lontani. Scultoree opere d’arte, che indossate prendono vita in una coreografia di colori e trasparenze. Un dialogo tra il corpo e i sensi attraverso la moda. In mostra oltre cento suoi capolavori di haute couture, accostati a lavori di arte contemporanea e reperti di scienze naturali.
PERCORSI_CULTURA DI MIRTA FRANCESCONI
SOPRA, BUSTIER ARACHNE, COLLEZIONE “META MORPHISM”, 2022 A DESTRA, ABITO E ACCONCIATURA FROZEN FALLS, COLLEZIONE “SYNTOPIA”, 2018
Collection Iris van Herpen © Dominique Maitre
SOTTO, IN COLLABORAZIONE CON KIM KEEVER , MINI-ABITO COSMICA
Collection Iris van Herpen © Dominique Maitre
Collection Iris van Herpen © Dominique Maitre
Collection Iris van Herpen © Dominique Maitre
DALLA COLLEZIONE “SHIFT SOULS”, 2019: A SINISTRA, ABITO SYMBIOTIC,
© Museum Cerny
© Museum Cerny
PERCORSI_CULTURA
ARCANI MARINI Zurigo
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SOPRA, DA SINISTRA, BILL NASOGALUAK, SEDNA CATTURATA DA UNA MEDUSA VELENOSA, 2014, E BART HANNA KAPPIANAQ, CONFRONTO, 2015
Sedna. Mito e cambiamento nell’Artico, Nonam,fino al 17 marzo 2024
PUNTI DI VISTA Berna
© Lorem ipsum
Photo : SIK-ISEA, Zurich (Alexander Jaquemet) © 2023, ProLitteris, Zurich
edna non è solo una dea inuit, ma anche la madre degli animali marini. È lei che decide della sorte degli uomini nella caccia e ne determina vita e morte. Le leggende sulla giovane donna che, vittima di un destino crudele, si trasforma in una delle dività più potenti del pantheon polare sono diverse come le comunità che le raccontano nelle regioni artiche. Sculture in marmo, basalto e pietra ollare, incisioni di ossa di balena e zanne di narvali, disegni e stampe: Sedna è, come si conviene a una dea, onnipresente nell’arte.
SOPRA, DA SINISTRA, DUE OPERE DI MARKUS RAETZ, FORMA NELLO SPAZIO, 1991-92, SUCCESSIONE MARKUS RAETZ, E MADAME ET MONSIEUR, 2009, PROPRIETÀ PRIVATA
MARKUS RAETZ. oui non si no yes, Kunstmuseum Bern, fino al 25 febbraio 2024
P
oetiche e giocose, le sculture di Markus Raetz sfruttano la tridimensionalità per rivelare al variare dell’angolazione immagini sorprendenti create dallo stesso semplice motivo. A tre anni e mezzo dalla scomparsa, la prima ampia retrospettiva postuma dedicata alle umoristiche e intelligenti metamorfosi ideate dall’artista bernese.
© agence photographique du musée Rodin - Jerome Manoukian
PERCORSI_CULTURA
© musée Rodin - photo Christian Baraja
LIBERTÀ RITMICA
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Milano
ll’apice della sua carriera, nel 1911, Rodin ancora sorprende con una serie di 15 statuette, vero e proprio laboratorio per la sua ricerca sul corpo in movimento, influenzata dagli incontri con i più grandi ballerini dell’epoca, ma anche dalle danze delle culture extra-europee. In collaborazione con il Musée Rodin di Parigi e con uno speciale allestimento scenografico multimediale.
DUE OPERE DI RODIN: SOPRA, MOVIMENTO DI DANZA I CON TESTA DELLA DONNA SLAVA, 1911, TERRACOTTA
Rodin e la danza, Mudec, fino al 28 gennaio 2024
A DESTRA, DONNA ACCOVACCIATA, MODELLO PICCOLO, 1881-82, GESSO
© Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
Roma
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onfessava lo stesso Rodin: nessuno supererà mai Fidia. Il più grande scultore della Grecia antica, capace di rendere in modo appropriato persino la divina natura degli Dei, ha plasmato non solo i canoni dell’arte classica ma anche l’estetica moderna. Protagonista ai Musei capitolini di Roma, città che ne conserva importantissime testimonianze tramite le preziose copie romane di capolavori originali per la maggior parte andati perduti. Fidia, Musei Capitolini, fino al 5 maggio 2024
© Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
ARMONIA DIVINA
SOPRA, TESTA DI APOLLO NEL TIPO KASSEL, 160-190 D.C., MARMO, ROMA, MUSEO DI SCULTURA ANTICA GIOVANNI BARRACCO A SINISTRA, STATUA DI AMAZZONE FERITA NEL TIPO SOSIKLES, II SECOLO D.C. MARMO, ROMA, MUSEI CAPITOLINI
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L’ESPERTO RISPONDE
TRE domande sul SONNO Per rompere un tabù
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on una sana alimentazione e l’esercizio fisico, un sonno di qualità è il terzo pilastro della salute. Dormire bene, infatti, aiuta la memoria, rafforza il sistema immunitario, facilita la liberazione del cervello dalle tossine e dell’organismo da virus e batteri. Non di meno, fa bene alla linea, nel senso che aiuta a prevenire il sovrappeso o l’obesità. Eppure...
Cosa fare? Rivolgersi a un medico. Nel Centro del Sonno di Lugano, l’unico certificato del Cantone, in dieci anni siamo passati da 800 consulti annuali agli attuali 3’500. Dopo l’iniziale raccolta anamnestica nel contesto di una prima visita, la diagnosi di disturbo del sonno viene definita sulla base dei dati raccolti mediante uno o più esami strumentali; di questi, la Polisonnografia è il più MANCONI, complesso, e ne facciamo MAURO RESPONSABILE 1’200 all’anno: il paziente DEL SERVIZIO DI dorme sotto osservazione MEDICINA DEL SONNO e viene registrata la qualità PRESSO L’EOC DI LUGANO del sonno. Abbiamo lunghe liste di attesa, nonostante sia stato potenziato il gruppo di lavoro che annovera oggi due neurologi, due psichiatri, uno penumologo e un medico del lavoro. Per arrivare a una diagnosi si può anche optare per altre misure, tra le quali il dosaggio salivare della melatonina o l’attigrafia per studiare il ritmo circadiano (sonno-veglia) per almeno una settimana.
Si dorme meno, si dorme peggio. Quali sono i più comuni disturbi del sonno? La medicina del sonno, branca piuttosto giovane della medicina, tocca circa ottanta disturbi differenti. Dei tre più diffusi al mondo, l’insonnia è al primo posto: si stima che ne soffra il 15% della popolazione mondiale (la donna circa il doppio rispetto all’uomo). Molto diffusa è anche la sindrome delle apnee ostruttive, che può avere gravi conseguenze sulla salute ed essere potenzialmente causa di incidenti stradali e sul lavoro. Tra le patologie meno conosciute e diagnosticate, c’ è la sindrome delle gambe senza riposo, che si manifesta in un disagio e irrequietezza agli arti inferiori durante il riposo, tali da non poter dormire. Esiste poi la tecno-insonnia, dovuta all’abuso dei dispositivi elettronici, particolarmente incisiva nell’adolescente e sul calo dell’umore. Si tratta di insonnia vera e propria se si ha una difficoltà a iniziare e/o a mantenere il sonno, con una frequenza superiore a due episodi a settimana e una durata superiore a 3 mesi, con ricadute negative nella giornata, come stanchezza, sonnolenza, irritabilità o depressione. Nella metà circa dei casi, c’è una relazione con un disturbo psichiatrico, anche lieve come ansia e depressione, mentre l’altra metà è riconducibile a cause di natura diversa come stress o uso di farmaci.
Quali le terapie? Gli approcci terapeutici sono diversi a seconda della diagnosi. Per esempio, la terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia. Non è farmacologica e consiste in un ciclo di incontri di gruppo o individuali in cui il paziente con insonnia viene istruito sugli aspetti principali del sonno e guidato a modificare i propri comportamenti per migliorarlo. La scarsità di sonno è un fattore di rischio e le abitudini malsane della vita moderna che tolgono tempo al sonno vanno contrastate. Infine, l’invito ai tanti che vivono le difficoltà legate al sonno come un tabù è di affrontarlo con serenità ma con serietà.
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ABITARE DI ELEONORA VALLI
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sistono diversi metodi per incoraggiare la mente verso uno stato di rilassamento, mentre si allentano le tensioni della giornata. La routine serale, spesso irrinunciabile, può coinvolgere uno o più dei cinque sensi, prevedendo creme profumate, biancheria da letto fresca e stirata, colori tenui; e anche device spenti e un buon libro. Il cervello necessita di scenari quieti e rilassanti, di storie che richiamino alla mente ricordi e sensazioni piacevoli. Un’illuminazione soffusa genera un contesto ideale per immergersi in una dimensione onirica. Il proprio rituale della buonanotte prepara la mente al riposo che l’aspetta. La qualità del letto, in legno, pelle o tessuto, e naturalmente del materasso ha un ruolo essenziale affinché il corpo sia rilassato e allo stesso tempo perfettamente sostenuto.
SOGNI d’ORO IN ALTO, BALLOTON LUCE, VENINI A SINISTRA, PLAID LANEROSSI BOHEMIEN SOTTO, DEDAR
ABITARE
Coniugano stile e comfort. Dalle linee moderne e pulite, arredi e complementi soddisfano il gusto di chi ama il design. Tra luci soffuse, materassi su misura e rituali multisensoriali È proprio nella fase di sonno profondo, quando i muscoli sono completamente rilassati, che il materasso deve favorire il miglior allineamento possibile della colonna vertebrale. Per un buon sonno deve, inoltre, garantire anche un adeguato comfort termico. «I materiali naturali pregiati che rivestono i nostri materassi aiutano a regolare la temperatura corporea», esordisce François Pugliese, Ceo di Elite,
SOTTO, LETTO CERVIN DELLA COLLEZIONE ETHNO DI ELITE, UNA COLLEZIONE CAPACE DI FAR VIAGGIARE, SENZA USCIRE DALLA CAMERA DA LETTO; UN MARCHIO LA CUI INTERA CATENA PRODUTTIVA È IN SVIZZERA
realtà storica, con una ventina di punti vendita, in Svizzera e all’estero, tra cui Lugano. «La lana, ad esempio, che per il suo potere assorbente impedisce l’accumulo di umidità indesiderata. Materiali in grado di offrire una protezione speciale per la salute. Sono prodotti certificati con il marchio Ecolabel Ue, che è anche una garanzia di sostenibilità. Con un sapere artigianale che si tramanda dal 1895, questi materassi sono
IN ALTO, ARCO, DELLA HOME COLLECTION DESIGN DI ELITE. LA MAISON, CHE ESISTE DAL 1895, PUÒ FREGIARSI DEL MARCHIO SWISS LABEL, CHE CERTIFICA LA QUALITÀ DEL KNOW-HOW E DELLA FABBRICAZIONE SVIZZERA SOPRA, TESSUTO FORTUNY A SINISTRA, LAMPADA DECO LUCE, VENINI
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SOPRA, LAMPADA TALISMANO, CATELLANI & SMITH IN ALTO A DESTRA, TESSUTI DEDAR E, SOTTO, PALO ALTO I-BOX (DESIGN GIANNI BORGONOVO), DI MISURAEMME
declinabili in infinite possibilità, rispondendo a ogni più specifica esigenza. La messa a punto dei prodotti si avvale infatti anche di collaborazioni con medici del sonno e con i più quotati istituti di ricerca svizzeri per migliorare continuamente la qualità mediante l’applicazione e la definizione di nuove tecnologie».
Una posizione di riposo scomoda o non adatta alla propria morfologia, causata da un materasso troppo morbido o troppo duro, può provocare un riposo frammentato o un risveglio breve e inconsapevole. «A tal fine, i materassi a molle insacchettate di Elite eliminano i punti di pressione come fianchi e spalle, per un maggior comfort, sostenendo l’intera colonna vertebrale», conclude François Pugliese. Un buon materasso, il cotone e la seta, piumini naturali o cachemire della biancheria, la nostra crema preferita, un buon libro e, intorno, ciò di cui amiamo circondarci nello spazio più intimo della casa e, così, una buona notte.
PROSPETTIVE_DESIGN DI SIMONA MANZIONE
Un anello di (ri)congiunzione tra uomo e natura
BIRD’S NEST Un progetto d’autore che parla di rispetto per le tradizioni, di resilienza, di amore per il paesaggio. E di come la creatività riesce a reinventare il mondo
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uogo di grande bellezza, dal significato profondo. Simbolo della vita e della sua resilienza, il gesto di un architetto-artista che si pone come anello di (ri) congiunzione tra uomo e natura. In Alto Adige, un progetto particolare nato dalla trasformazione di un’avversità in opportunità. Rielaborando attraverso l’arte e l’architettura i segni lasciati dal capriccio indomabile della natura. Con la firma di Michele De Lucchi. A fine ottobre del 2018 la tempesta Vaia aveva distrutto decine di migliaia di ettari di foreste nel Nord-Est alpino. Il legno ‘di schianto’ ha trovato tuttavia un nuovo impiego. «Siamo a 1.500 metri, in mezzo a prati e boschi», spiega Michele De Lucchi. «C’è un senso di tranquillità e benessere come non ne ho conosciuto altrove. Qui penso e scrivo con una vivacità che non ho in altri posti». Ed è proprio qui che prendono forma due piccole strutture capaci di inserirsi nel panorama in modo armonioso, il più dolcemente possibile. «A rendere speciali queste costruzioni è soprattutto il tetto», racconta l’architetto. «È fatto a pagliaio e poi ricoperto con scandole di larice disposte in modo da creare un volume arrotondato. Mi hanno detto che le scandole diventano grigie con la luce della luna. Questo mi piace perché sembra una poesia. Tutto in natura si trasforma come parte di un ciclo che rende meraviglioso il nostro pianeta». A lavori finiti, le stanze «erano già belle ancor prima che vi fossero gli arredi», prosegue De Lucchi. «Sono stanze grandi dove tutto ha una presenza specifica. Ad esempio le finestre, che sono oggetti architettonici veramente unici. Sono come delle vetrine che incorniciano il paesaggio esterno». I materiali utilizzati sono fedeli alla tradizione degli ambienti montani: larice, pino, cirmolo. Le travi e altri elementi strutturali, lasciati a vista, scandiscono un ritmo visivo semplice ma di grande potenza espressiva. E creano spazi dove sono a loro agio pezzi antichi ma anche oggetti di manifattura contemporanea. Tra gli ambienti più suggestivi, la zona a tutta altezza dedicata alla convivialità: qui una parete è interamente vetrata, il paesaggio entra nella stanza e la riempie. Un elemento sempre uguale, ma sempre diverso. NELLE IMMAGINI, INTERNI DI DUE EDIFICI, IN ALTO ADIGE, FIRMATI DA MICHELE DE LUCCHI E ALLESTITI CON ARREDI FLEXFORM: NELLA PAGINA ACCANTO, POLTRONA MARLEY IN QUESTA PAGINA, DIVANO HARPER, LETTO ASOLO, PANCA GREGORY (TUTTO DI ANTONIO CITTERIO PER FLEXFORM)
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CHI • COSA • DOVE MODA & ACCESSORI Alberta Ferretti; Alexander Mcqueen; Aquazzura; Bally; Bottega Veneta; Boyy Milano; Céline; Chloé; Christian Louboutin; Gallo; Gucci; Hermès; Inuikii; Litkovska; Loewe; Loro Piana; Manolo Blahnik; Max Mara; Moncler; Montblanc; Prada; Rachel Gilbert; Rene Caovilla; Rokh; Saint Laurent; Sara Battaglia; Valentino; Victor&Rolf; Zimmermann
OROLOGI & GIOIELLI Cartier; Graff; Gübelin; Hermès; Omega; Patek Philippe; Piaget; So-Le Studio; Van Cleef & Arpels
BEAUTY Chanel; Diana Amber; Dior; Gucci; Hermès; Sisley
ABITARE Aina Kari; B&B Italia; Catellani & Smith; Dedar; Elite; Flexform; Fortuny; Hermes Maison; Lanerossi; Lo-Decor; Luci Di Seta; Misuraemme; Natalia Criado; Venini
CULTURA Gallerie D’Italia, Milano; Kunstmuseum Bern; Mudec, Milano; Musée Des Arts Décoratifs, Paris; Musei Capitolini, Roma; Nonam Zürich; Pinacoteca Züst; Skira; Teatro Alla Scala
BOUTIQUE & PUNTI DI VENDITA Avart Shop, Via Canova 7, Lugano • Bally, Via Nassa 2, Lugano • Bucherer, Via Nassa 56, Lugano • Cartier, Piazzetta Maraini 1, Lugano Charly Zenger, Via Borgo 49, Ascona e Via Pessina 8, Lugano • Dior Counter / Manor, Salita Chiattone 10, Lugano Elite Gallery, Via Peri 6, Lugano • Gold Time, Via Luvini 4, Lugano e Piazza Indipendenza, Chiasso • Gübelin, Via Nassa 27, Lugano Hermès, Piazzetta Maraini, Lugano • King Boutique, Via Nassa 54, 6900 Lugano • Mersmann, Via Nassa 5, Lugano Montblanc, Via Pretorio 7, Lugano • Rocca 1794, Via Nassa 4, Lugano • Somazzi, Via Nassa 36, Lugano • Tourbillon, Via Nassa 3, Lugano
LUOGHI Asilo Ciani, Lugano; Ciani Lugano; Osteria Enoteca Cuntitt, Castel San Pietro; Grand Hotel Villa Castagnola, Lugano; La Dispensa, Lugano; Locanda Orico, Bellinzona; Seven The Restaurant, Lugano
Photography Jolie Zocchi Studio, joliezocchi.com
N. 95 • Inverno 2023 - Fr. 12 / Euro 12
N. 95 INVERNO 2024
In copertina Beatrice Bivio
IMPRESSUM Editore
Produzione e styling Jolie Zocchi Studio
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6900 lugano
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Gioiello
Redazione
Sparks of Fire Gübelin
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S PA R K S O F F I R E L’eleganza scintillante che ispira
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