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Diego Giongo, medico e diacono
Medici prima linea
di Claudio Girardi
DIEGO GIONGO:
MEDICO E DIACONO CONTRO IL COVID
Il Covid riempie gli ambulatori e gli ospedali. Medici di base, ospedalieri e specialisti lo combattono con poche armi, sacrificando tempo alla famiglia e rischiando di ammalarsi, una battaglia difficile. Qualcuno li ha definiti eroi.
Diego Giongo., trentino, nato a Tione nel 1975, è medico impegnato in prima linea. Padre di 4 figli, vive con la sua famiglia a San Vito al Mantico in comune di Bussolengo (Vr), e svolge l’attività di medico pneumologo presso l’ospedale Borgo Trento di Verona. Nel Trentino Diego ha la sua famiglia di origine esattamente alle Terme di Comano dove vivono ancora 4 fratelli e la madre. Diego nella lotta al Covid ha una spinta in più e a dargliela è la fede nel Signore che nel settembre 2021 lo ha portato ad essere ordinato diacono permanente. Nel periodo della prima ondata di covid 19, Diego oltre a svolgere la sua professione di medico all’interno dell’ospedale di Verona si è adoperato per portare la comunione all’interno dei reparti dove nessuno poteva andare tranne i medici ed ora aiuta anche la parrocchia “san Giovanni Battista” del suo paese di residenza dove, dopo la laurea in medicina, si è trasferito con la moglie e ora vive con i quattro figli: Elena, Anna, Pietro e Francesco.
Diego ci racconti la sua esperienza durante la prima ondata Covid del 2020?
“Lavoro come medico presso l’ospedale di Borgo Trento a Verona. Nel 2020 con l’inizio della pandemia covid il mio reparto è stato trasformato in reparto specializzato per assistere in modo ordinario e subintensivo i pazienti con insufficienza respiratoria. Il lavoro abituale è stato progressivamente modificato dai protocolli di sicurezza e dalle rigide regole necessarie ad evitare i contagi del personale con i pazienti infetti. E’ stato un lavoro fisicamente impegnativo, ma l’aspetto più difficile è stato sicuramente quello psicologico, soprattutto nei casi più gravi dove l’impotenza delle terapie a disposizione non riusciva ad avere la meglio sul virus. Abbiamo visto morire molte persone. E’ accaduto molto in fretta. Tra il personale alcuni sono stati molto provati. Davanti alla morte l’ideale è aver formulato dentro di sé prima una riflessione personale, averla rielaborata, fatta propria, in qualche modo aver cercato di superare la paura di morire prima di doverla affrontare in prima persona. Mentre lavoravo a Verona, nel contempo i miei genitori si erano ammalati di covid in Trentino e in pochi giorni mio padre è mancato. Sono riuscito a parlargli per telefono poche ore prima che ci lasciasse. Mi sono sentito doppiamente impotente, come figlio e come medico…A superare il lutto per mio padre e per tutti i pazienti che il virus portava via mi ha aiutato molto la fede. Da anni studiavo per diventare diacono permanente.
Ci parli della sua vocazione?
La mia vocazione al diaconato è nata dopo un periodo di ricerca in cui cercavo un modo per vivere la fede in maniera più concreta. Mi ero avvicinato a molte realtà ma è stato dopo una Messa di ordinazione ad un diaconato permanente che ho percepito in modo chiaro che quella era la strada che il Signore aveva scelto per me. Ho avuto provvidenzialmente la fortuna di avere vicino a me dei
Diego Giongo medico Trentino in prima linea
bravi sacerdoti che mi hanno aiutato molto. La mia famiglia, mia moglie e i miei figli, mi hanno da subito sostenuto e accompagnato con gioia in questo cammino impegnativo.
Come concilia lavoro e famiglia?
Il lavoro e il contatto quotidiano con la sofferenza e la morte mi hanno dato la possibilità di entrare in empatia con il dolore degli altri e, alle volte, di essere vicino con qualche parola di conforto e speranza. Anche il vivere ogni giorno le relazioni in famiglia mi permette di comprendere i bisogni delle altre famiglie che vivono, chi più chi meno, le stesse difficoltà che incontro anch’io. Vivo questa vocazione come un dono, ma anche come responsabilità. Nei reparti covid per ragioni di sicurezza viene a mancare quella vicinanza ai famigliari che a volte aiuta anche nel miglioramento dell’umore e quell’assistenza anche spirituale per chi ha una sensibilità religiosa.
Cosa ricorda maggiormente durante il periodo Covid ?
Il cappellano dei Camilliani un giorno mi chiese di sostituirlo nel portare la Comunione a chi lo desiderava dal momento che solo il personale stretto poteva accedere. Fu così che mi ritrovai qualche volta a fare il medico e il ministro dell’Eucaristia nello stesso tempo. E’ stato molto emozionante, un compito di cui mi sono sentito onorato. Ho avuto anche come paziente un giovane sacerdote della mia parrocchia e qualche tempo fa ci siamo ritrovati a concelebrare la Messa insieme come ringraziamento per la guarigione. Il mio cammino al diaconato è pian piano proseguito e sono stato ordinato diacono il 12 settembre 2021 dalle mani del vescovo di Verona, Sua Eccellenza Monsignor Giuseppe Zenti.
Medici prima linea
Com’è il suo rapporto con l’attuale situazione sanitaria ancora in essere nel nostro Paese?
Nel corso dell’ultima ondata dell’epidemia il mio reparto è stato nuovamente convertito in reparto covid, ma sono rimasti aperti i servizi essenziali come l’ambulatorio pneu-
Il dottor Giongo in famiglia
mologico e le procedure endoscopiche sia diagnostiche che palliative soprattutto per i pazienti oncologici. Io in questi mesi mi sono occupato principalmente di endoscopia e ho fatto solo alcuni turni in area covid. Il clima che si avverte nel personale rispetto alle prime ondate di malattia è di maggior stanchezza e rassegnazione verso una malattia che si ripresenta ogni volta con nuove sfide, anche se rimane sempre la volontà di far tutto quello che è possibile per curare ed assistere al meglio i pazienti a noi affidati. Credo che questa esperienza ci abbia confermato ancora una volta la forza della natura e che siamo creature soggette a leggi che vanno oltre la nostra capacità intellettiva o volontà di dominarle e ci offre l’opportunità di alzare lo sguardo ad una dimensione Spirituale e ultraterrena che ci dà risposte sul senso della vita.