EBOOK+
L’eBook+ (istruzioni per l’accesso in fondo al libro) presenta l’intero testo in versione digitale, utilizzabile su tablet, LIM e computer, e offre numerosi contenuti aggiuntivi: schemi riassuntivi per BES/DSA; tracce audio per l’ascolto degli esempi musicali; partiture in video score animation; partiture in PDF, MIDI, MusicXML; progetti audio multitraccia su DAW online, con videotutorial per l’utilizzo; verifiche interattive di autovalutazione, su Google Moduli e Microsoft Forms; appendici su temi di approfondimento, in particolare sul diritto d’autore, utile per impostare percorsi di Educazione Civica; linea del tempo multidisciplinare; per il docente: verifiche per ciascun capitolo, anche in formato editabile, con risposte e indicazioni di valutazione.
ALTA ACCESSIBILITÀ
L’opera presenta la funzione AA (Alta Accessibilità) ovvero è perfettamente accessibile anche a chi ha specifiche difficoltà di lettura, come ipovedenti, dislessici e lettori riluttanti. Prevede, nella versione digitale del libro, un testo liquido, che può essere selezionato, ingrandito e modificato nei caratteri, e la sintesi vocale, che permette di ascoltare il testo come audiolibro.
Direzione editoriale: Laura Moro
Curatore editoriale: Pino Pignatta
Redazione: Samuele Pellizzari, Jansan Favazzo
Artwork di copertina: Francesco Leonini, Samuele Pellizzari
Progetto grafico: Samuele Pellizzari, Anna Cristofaro
Impaginazione: Anna Cristofaro
Proprietà esclusiva per tutti i Paesi: Edizioni Curci S.r.l. – Galleria del Corso, 4 – 20122 Milano © 2025 by Edizioni Curci S.r.l. – Milano
Tutti i diritti sono riservati
EC 12489 / ISBN: 9788863954838 www.edizionicurci.it
Distribuzione scolastica Ulrico Hoepli Editore S.p.A. via Hoepli 5, 20121 Milano (Italy) e-mail hoepli@hoepli.it www.hoepliscuola.it
ISBN: 978-88-360-1935-9
Prima stampa in Italia nel 2025 da Rotomail Italia S.p.A., Strada Rivoltana (SP 14), 12 /AB – Vignate (MI)
CAPITOLO 3
La polifonia
Fuga n. 1 in Do maggiore
dal Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach 65
Un giorno, ad Arnstadt... 68
La Toccata e fuga in Re minore BWV 565 70 La fuga 72
Domande utili per lo studio 74
CAPITOLO 4
Musica descrittiva e musica a programma 77
Musica e parole 78
Le Stagioni di Vivaldi 78
Il concerto e la forma con ritornello 78
Concerto n. 1 La Primavera 79
Concerto n. 2 L’Estate 84
Concerto n. 3 L’Autunno 86
Concerto n. 4 L’Inverno 88
La Symphonie Fantastique di Hector Berlioz
Per una conclusione
Altri suggerimenti
Domande utili per lo studio
CAPITOLO 5
La Sinfonia 101
Per un approccio sincronico 101
La forma 102
Haydn: Sinfonia n. 6 “Il mattino” 102
Sinfonia n. 45 “Degli addii” 104
Ancora sulle sinfonie di Haydn 107
Wolfgang Amadeus Mozart, Sinfonia “Praga” 107
Le Sinfonie di Beethoven 109
Prima Sinfonia in Do maggiore op. 21 110
La Terza Sinfonia. Il primo movimento 112
Il secondo movimento, Marcia funebre 113
Lo Scherzo e il Finale 114
Il primo movimento della Quinta Sinfonia in Do minore op. 67 115
Nona Sinfonia in Re minore “Corale” op. 125 118
Secondo e terzo movimento 120
Il Finale della Nona Sinfonia 120
Dopo Beethoven 123
Domande utili per lo studio 124
CAPITOLO 6
Musica strumentale e autonomia della musica 126
La forma classica del concerto 127
Mozart compositore e pianista a Vienna 129
Concerto in Fa maggiore K 413 per pianoforte e orchestra 129
Il Concerto in Do maggiore K 503 per pianoforte e orchestra 132
Un aneddoto 134
Ottocento e Novecento 135
Il Konzert op. 24 di Anton Webern 136
Domande utili per lo studio 140
CAPITOLO 7
Parole e musica. La metrica 141
La suggestione della musica: il titolo
Come nasce la poesia
Dante Alighieri e il divorzio tra poesia e musica
testo e musica
forme tradizionali della poesia
Madrigale, endecasillabo sciolto e poesia drammatica
La metrica barbara
La metrica libera moderna
Domande utili per lo studio
CAPITOLO 8
L'Opera in musica
Musical, Singspiel, opera 163
Cosa serve per realizzare un’opera? 164
Opera principesca e opera impresariale 165
Libretti e librettisti 166
La drammaturgia musicale 168
Recitar cantando e recitativo 168 Aria 169
Brani d’assieme e brani strumentali 170
I cantanti 171
Orchestra, direttore e regista 172
Il teatro 173
L’importanza dell’impresa teatrale: indotto e censura 174
Critiche al melodramma 175
Il Teatro alla moda di Benedetto Marcello 175
Domande utili per lo studio 177
CAPITOLO 9
Il Don Giovanni di W. A. Mozart 179
Don Giovanni prima di Mozart 179
Il Don Giovanni di Mozart 180
La trama 181
L’Ouverture 182
La prima scena 183
Lo scontro con il Commendatore 186
La terza scena: il giuramento 189
Questioni di ritmo 189
L’aria del catalogo 190
Il duetto Là ci darem la mano 193
Quartetto Non ti fidar o misera 195
Don Ottavio… son morta! 196
Recitativo accompagnato e recitativo secco 198
Il finale del primo atto 199
Il secondo atto 199
Il finale 200
Domande utili per lo studio 203
CAPITOLO 10
La musica leggera 205
Dove nasce la musica leggera 205
Musica di consumo 206
Un pubblico giovane 207
Riproducibilità e scrittura musicale 208
La registrazione del suono 209
Strumenti per la registrazione del suono 210
Nuovi modi di ascoltare musica 211
Analogico e digitale 212
Dal fonografo a internet 213
Le forme della musica leggera 214
Il ritmo 216
Il riff e l’assolo 216
L’armonia 217
Un esempio: l’armonia in Nel blu, dipinto di blu 218
Il testo 220
Domande utili per lo studio 222
CAPITOLO 11
La musica nel cinema 223
I termini del cinema 223
Cinema: le origini 226
Funzioni della musica nelle prime proiezioni 227
Pianisti in sala 227
Il montaggio cinematografico 228
Il raccordo 230
La musica e il nuovo linguaggio cinematografico 231
Musica di repertorio e musica composta appositamente 232
Sperimentazioni d’avanguardia 234
L’avvento del cinema sonoro 235
Il sonoro del cinema 236
Sincronismo e asincronismo; uso artistico del sonoro e della musica 238
L’accompagnamento musicale: dal muto al sonoro. Vampyr 239
La Battaglia sul ghiaccio
dal film Aleksandr Nevskij 241
Il duello finale di Per qualche dollaro in più 242
I musicisti e le musiche 243
Oggi… 245
Musical e cartoni animati 246
Domande utili per lo studio 247
CAPITOLO 12
La danza 249
Rituale religioso 249
Il mondo greco 250
La tragedia greca 251
Il pantomimo 252
Dopo la caduta dell’Impero romano; il medioevo 253
La danza a corte 254
I balli 255
Il Quattrocento. Trattati e intermedi 256
Il Cortegiano 257
Il Cinquecento 258
Il Ballet de cour 259
Danze “scandalose”; l’Adone di Giovan Battista Marino 260
Danze “trasfigurate” 261
Ballerini professionisti 263
Il minuetto 264
Lettres sur la Danse 266
Compositori e coreografi 267
L’Ottocento romantico.
Danza sulle punte e tutù 268
La Sylphide e Giselle 269
Dopo il Romanticismo. San Pietroburgo 270
Il lago dei cigni 271
Il valzer 272
Il Novecento. La riscoperta del gesto 273
I Ballets Russes 274
Le Sacre du Printemps 275
La danza e le avanguardie 277
Il Futurismo 278
Tendenze del secondo Novecento 278
Qualche nome da ricordare 279
Domande utili per lo studio 281
CAPITOLO 13
La musica sacra 283
Nella Bibbia 283
I primi cristiani 285
Gli inni 285
Il canto gregoriano 287
I toni di recita 287
La scrittura musicale 288
La notazione quadrata 289
I neumi 290
La salmodia 291
Gli otto modi 291
Modi gregoriani e scale tonali 292
La classificazione dei canti: due esempi 293
Esecuzione e accompagnamento del canto gregoriano 294
Compositori e musica sacra 295
La Chiesa committente 296
Dal Novecento a oggi 297
Musica liturgica 298
I canti liturgici 299
Il Requiem di Mozart 301
Quale contesto scegliere? 303
La musica 303
Domande utili per lo studio
308
CAPITOLO 14
Rigoletto di Giuseppe Verdi 309
Verdi al tempo di Rigoletto 309
La confezione dell’opera italiana
dell’Ottocento 310
Le convenzioni operistiche 312
La trama 313
Il primo atto dell’opera 315
Monterone e la maledizione 319
Il duetto Rigoletto-Sparafucile 320
Scena e Duetto Gilda-Rigoletto 320
Scena e Duetto Duca-Gilda 322
Il finale del primo atto 323
Atto secondo 323
Il terzo atto: La donna è mobile 326
Il finale dell’opera 327
Domande utili per lo studio 329
CAPITOLO 15
Tristan und Isolde di Richard Wagner 331
Chi è Wagner 332
Le grandi opere e il Festspielhaus di Bayreuth 333
Il leitmotiv 335
Preludio del Tristan und Isolde : un esempio di leitmotiv 335
L’elaborazione tematica 338
La funzione della musica in Wagner (e nel cinema) 338
L’accordo del Tristan 339
Tristan und Isolde 341
Atto primo 341 Atto secondo 342
Atto terzo 346
Domande utili per lo studio 350
CAPITOLO 16
Strumenti e forme della musica strumentale 351
Organologia e classificazione degli strumenti 351
Nella notte dei tempi 352
Le antiche civiltà 353
In Europa 355
Gli strumenti musicali tra XV e XVI secolo 355
L’organo 357
Emancipazione della musica strumentale 358
Trattati 359
La musica 360
Le prime intavolature 361
Le forme 362
Nuovi interessi 363
La sonata 364
Domenico Scarlatti 365
Sonata in Mi maggiore K 380 366
Wolfgang Amadeus Mozart e il pianoforte 368
La S onata in Do minore K 457.
Primo movimento 369
Sonata K 457. Secondo e terzo movimento 373
Le Sonate di Beethoven 374
Il Quartetto d’archi 375
Domande utili per lo studio 378
CAPITOLO 17
Nuove vie: oltre il sistema tonale 379
Musica d’arte 379
Funzioni della musica 379
Il mercato musicale moderno 380
Trasmissione orale e scrittura musicale 381
Musica e suono 382
Dare ordine ai suoni 382
L’epoca classica e il funzionamento del sistema tonale 383
Fiamminghismi 385
Il romanticismo 385
Verso la fine dell’Ottocento 386
Novecento: il sistema tonale in crisi 387
La dissonanza 387
Musiche d’avanguardia 388
Ai confini della tonalità e oltre… 389
Questioni d’armonia 390
La seconda scuola di Vienna 392
Schönberg ai confini della tonalità 392
La dodecafonia 393
Le Variazioni per orchestra op. 31 395
Il sistema tonale 396
Domande utili per lo studio 398
ONLINE
EBOOK+
Appendice: Il diritto d'autore
Appendice: La Passione secondo san Matteo di J. S. Bach
Appendice: Improvvisazione e trascrizione
Linea del tempo multidisciplinare
Presentazione del primo volume
Un brano musicale può essere gustato semplicemente ascoltandolo, e spesso è questa l’intenzione principale del suo autore. Ma quel brano nasce grazie alle conoscenze del compositore, alle sue abilità tecniche, alle sue competenze nel campo della composizione musicale, all’interno di un preciso contesto storico e culturale che ne influenza l’esito. Se è innegabilmente piacevole lasciarsi conquistare dal solo ascolto della musica, può essere altrettanto interessante scoprire come un certo brano sia nato, e perché sia stato scritto in un certo modo. Per far questo servono conoscenze e competenze di vario tipo, musicali certo, ma anche afferenti ad altre discipline. Questo volume, dedicato al primo biennio dei licei musicali, ha l’obiettivo di fornire agli studenti che iniziano lo studio della Storia della musica proprio questi strumenti, introducendo concetti, forme ed esempi di analisi di brani musicali, e declinando nei vari capitoli gli obiettivi specifici di apprendimento indicati dal Decreto Ministeriale 211 del 7 ottobre 2010 (Indicazioni nazionali, Allegato E, Liceo musicale e coreutico – Sezione musicale All. E1). L’impianto complessivo della trattazione è di carattere tematico; per un approccio consapevole ai vari generi viene comunque di norma inserita la descrizione del contesto (storico, culturale e musicale) in cui la singola opera musicale è stata composta.
Introduzione allo studio della Storia della musica
I primi tre capitoli presentano agli studenti gli elementi fondamentali del linguaggio specifico necessario per l’avviamento all’ascolto critico della musica.
Si tratta innanzitutto di porre le basi per comprendere cosa sia la “musica d’arte di tradizione occidentale” alla quale fanno esplicito riferimento le Indicazioni nazionali per il Liceo musicale, questione che richiede di affrontare anche alcuni argomenti di estetica, musicale ma non solo (pur con la dovuta cautela). Il primo capitolo, Dalla musica classica alla musica leggera, dopo aver indagato il termine “classica” legato alla musica, propone un esempio di ascolto, il primo movimento della Sinfonia in sol minore n. 40 di Wolfgang Amadeus Mozart.
Il secondo e il terzo capitolo (Strumenti per l’analisi di brani musicali e La polifonia) si occupano di chiarire le basi da cui partire per l’analisi dei brani musicali, dalla melodia al ritmo, dall’armonia alla polifonia e al contrappunto, sempre mantenendo l’attenzione sulla composizione intesa come oggetto musicale inserito in un contesto storico e sociale. Armonia, polifonia e contrappunto vengono studiati come strumenti tipicamente ed esclusivamente musicali, capaci di costruire prodotti d’arte autonomi e significanti.
Nel secondo capitolo si danno esempi di come può essere costruita una melodia, quindi si tratta la formazione e la funzione degli accordi con cui poterla armonizzare; si fa cenno alle forme bipartita e tripartita; si sviluppano infine alcune considerazioni su come poter interpretare eventuali trasgressioni alle regole della composizione musicale.
Il terzo capitolo, dopo aver affrontato la nascita della polifonia e i suoi artifici più diffusi (imitazione, canone, fuga), si chiude con l’analisi di due brani di Johann Sebastian Bach: una fuga tanto breve quanto istruttiva (la prima del Clavicembalo ben temperato), e un must del repertorio organistico, la Toccata e fuga in re minore, che permette di scoprire importanti artifici legati all’armonia.
La “musica assoluta”
I successivi tre capitoli introducono importanti forme della «musica assoluta» (definizione presente nelle Indicazioni nazionali).
Il quarto capitolo (La musica a programma) approfitta della facilità d’ascolto dei Concerti di Antonio Vivaldi per presentare un caso in cui un testo (i sonetti esplicativi) può aiutare nella fruizione di un brano strumentale (Le Stagioni); si tratta di un ottimo campo di prova per quanto studiato nei capitoli 2 e 3 (la costruzione della melodia; gli accordi; le funzioni dei gradi della scala). La chiarezza del linguaggio musicale di Vivaldi rende l’approccio più agevole. Nel capitolo si affronta poi un altro brano in cui un testo accompagna l’ascolto della musica e cerca di renderlo più coinvolgente, la Symphonie Fantastique di Hector Berlioz.
Il quinto capitolo è dedicato alla Sinfonia. L’impianto è tipologico, sincronico e non diacronico (non mancano comunque utili cenni alla nascita di questa forma musicale), per concentrarsi sul classico, con Haydn, Mozart e Beethoven quali modelli riconosciuti dall’Ottocento romantico e ancor oggi immancabili nei programmi dei concerti di musica strumentale. Il loro linguaggio, tonale e classico, permette un approccio più rassicurante per il giovane studente, che non fatica a riconoscere regole, forme e costrutti spesso ancor oggi validi.
Nel sesto capitolo lo studio della forma del Concerto viene affrontato in maniera simile a quello utilizzato per la Sinfonia; il dialogo tutto strumentale all’interno di questa forma musicale permette un ulteriore approfondimento del linguaggio classico (in particolare Mozart), per giungere poi ad un esempio decisamente difficile, il Konzert op. 24 di Anton Webern. Lo studente si confronta così con l’ascolto di un brano in cui la logica (compositiva, ma soprattutto di ascolto) si presenta nuova e differente rispetto alla musica dei secoli precedenti. Si tratta di un’importante conquista le cui basi sono state gettate sin dal terzo capitolo: può venire compresa meglio l’idea di una musica intesa quale linguaggio autonomo, significante pur senza un testo verbale (e senza una sicura guida quali i sonetti esplicativi delle Stagioni o il programma della Symphonie Fantastique).
Musica che interagisce con altri linguaggi
Con i capitoli 7 (Parole e musica. La metrica), 8 (L’opera in musica) e 9 (Il Don Giovanni di Mozart) si inizia lo studio di «generi musicali fondati sull’interazione di linguaggi
Presentazione
espressivi diversi (musica vocale, teatro d’opera, balletto, musica per film)» (secondo la definizione presente nelle Indicazioni nazionali).
Il settimo capitolo è importante per una prima comprensione dei rapporti tra poesia e musica. Le Indicazioni nazionali dedicano un intero periodo all’argomento: «Ai fini di una più efficace comprensione delle strutture metrico-ritmiche sia poetiche sia musicali, lo studente applica le conoscenze della versificazione italiana maturate nell’insegnamento di Lingua e letteratura italiana». In questo capitolo, i versi sono trattati come oggetti musicali il cui ritmo è determinato da una regolata successione di sillabe e accenti.
L’ottavo capitolo introduce lo studente all’Opera in musica di tipo italiano: i presupposti che ne hanno favorito la nascita nel 1600, le sue forme più tipiche (in particolare Aria e Recitativo), le voci e i ruoli dei cantanti, i meccanismi produttivi che mescolano arte e attività economica.
Appresi i fondamenti della metrica, studiata l’origine e le caratteristiche del genere, nel nono capitolo se ne può affrontare un importante esempio, Don Giovanni di Mozart, in cui l’indiscutibile valore della musica è accompagnato dal particolare fascino della vicenda narrata e del suo protagonista.
Nel Novecento: musica leggera, registrazione del suono, cinema
Seguono due capitoli che spostano l’attenzione su fenomeni musicali tipici del Novecento.
Il decimo capitolo è un’ampia panoramica sulla musica leggera e sul suo rapporto con la musica colta. Oltre alle caratteristiche più evidenti della produzione leggera, viene discussa un’importante questione che nasce nel Novecento: la possibilità di registrare il suono ha cambiato la fruizione e l’idea stessa che noi abbiamo di musica, popolare o colta che sia. Il capitolo si chiude con l’esempio di un’analisi più ravvicinata del brano Nel blu, dipinto di blu di Domenico Modugno.
L’undicesimo capitolo, prima di affrontare nello specifico la musica composta per il cinema, presenta una disamina del linguaggio cinematografico, purtroppo spesso escluso dai programmi scolastici. Evidentemente, per poter correttamente comprendere l’utilizzo della musica all’interno di un film, è necessario avere quantomeno un’idea di come funzioni il cinema. Il rapporto tra musica e immagini viene poi affrontato sia per l’epoca del muto che per il sonoro.
Danza e musica sacra
I capitoli 12 e 13 si occupano di altri «generi musicali fondati sull’interazione di linguaggi espressivi diversi».
Nel dodicesimo capitolo, la musica è al servizio della danza : la storia di questo profondo rapporto, tanto antica quanto importante, viene qui affrontata in maniera diacronica per consentire allo studente di averne un’immagine più vivida. Dall’istintivo gesto da cui nasce la danza agli albori del genere umano si passa alle forme spettacolari del teatro pagano, alle eleganti danze di corte, alla nascita del balletto drammatico, ai capolavori del Romanticismo e del Novecento, per tornare alla riscoperta del puro gesto in epoca moderna.
Si trovano inoltre importanti riferimenti alla letteratura italiana (l’ Adone di Marino, Il cortegiano di Castiglioni), la descrizione di esempi di spettacolo di corte (la Festa del Paradiso del 1490 e Le Balet comique de la Royne del 1581) e di antiche danze (in particolare il minuetto). Come esempi di ascolto più analitico vengono proposti Il lago dei cigni di Pyotr Ilyich Ciajkovskij e Le sacre du Printemps di Igor Stravinsky.
Anche il legame tra musica e sentimento del sacro vanta una storia millenaria.
Il tredicesimo capitolo è l’occasione per un primo sguardo al repertorio gregoriano , soprattutto alle caratteristiche del suo particolare linguaggio musicale (i modi, gli stili di canto, la scrittura musicale). Il capitolo, dopo aver analizzato il ruolo della Chiesa nella storia della musica, termina con l’analisi di uno dei numerosi capolavori frutto del rapporto tra musica e sentimento religioso, il Requiem di Mozart.
Altro brano proposto per l’ascolto e lo studio è la Passione secondo san Matteo di Johann Sebastian Bach, cui è dedicata un’apposita appendice.
L’Opera nell’Ottocento
Nei capitoli quattordici e quindici si affrontano due opere che rappresentano una tappa importante del genere operistico nell’Ottocento.
Con il Rigoletto lo studente conosce Giuseppe Verdi e la sua musica: ottima occasione per scoprire come si sono trasformati i meccanismi di produzione dell’Opera e le sue stesse forme (e, naturalmente, per ascoltare un capolavoro).
La musica di Richard Wagner è difficile per vari motivi. Nel quindicesimo capitolo se ne affrontano alcuni: il complesso panorama dei presupposti che portano Wagner alla sua importante riforma; l’efficace meccanismo dei leitmotiv ; il complicato linguaggio armonico del compositore, giunto ormai ai confini della tonalità. Il tutto ascoltando la romantica storia del Tristan und Isolde .
Gli strumenti musicali
Il sedicesimo capitolo ( Forme e strumenti della musica strumentale ) si apre con la classificazione e la (sintetica) storia degli strumenti musicali . Si affrontano le prime forme strumentali autonome e i primi importanti trattati del XVI secolo, quando la musica strumentale emerge quasi emancipandosi da quella vocale. Viene proposto l’ascolto dettagliato di una sonata di Domenico Scarlatti, per arrivare poi al periodo classico con l’analisi di una sonata di Mozart. Il capitolo si chiude con la forma del Quartetto d’archi , proponendo l’analisi di alcuni quartetti di Franz Joseph Haydn.
La crisi del sistema tonale
Questo volume adotta la musica tonale come sistema di riferimento, dal momento che si tratta di un linguaggio chiaro ed efficace, e ancora oggi ampiamente utilizzato. L’ultimo capitolo (Nuove vie: oltre il sistema tonale) apre una finestra sulla possibilità di costruire musica su presupposti differenti. Gli esempi che vengono
citati sono vari (Aleksandr Scriabin, Claude Debussy, la dodecafonia di Arnold Schönberg, ma anche il linguaggio più classico di Sergej Sergeyevich Prokofiev), sempre nel tentativo di comprendere il funzionamento dell’oggetto principale della nostra indagine: il brano musicale.
Altri temi importanti sono oggetto dell’ appendice online Improvvisazione e trascrizione , in cui si porta in primo piano l’ esecutore e il ruolo che deve essergli riconosciuto nella musica, a partire dall’antica pratica dell’ improvvisazione (dal basso continuo del periodo barocco fino alle avanguardie del Novecento e alla musica leggera). Anche la trascrizione ha una lunga storia, con prodotti che meritano di essere conosciuti e ascoltati (ad esempio le trascrizioni di Bach per organo).
I diritti dell’autore
Si termina con un’appendice sul diritto d’autore , un istituto giuridico che è bene che il musicista conosca, dalle sue origini (nell’antico diritto romano la plaga è la rete con cui il plagiarius rapisce bambini e schiavi altrui; la legge prevedeva in tal caso sanzioni piuttosto severe) fino all’odierna regolamentazione con la legge 633 del 1941, di cui vengono presentati gli articoli principali.
Bibliografia
Il libro si chiude con una bibliografia che potrebbe essere considerata quasi un diciottesimo capitolo, proponendo una sintesi di quanto previsto dalle Indicazioni nazionali: «(lo studente) Si familiarizza con gli strumenti primari della ricerca bibliografico-musicale e fonovideografica». Vi sono elencati gli strumenti utili per chi si occupa di Storia della musica; spartiti, libri (e dove trovarli) e registrazioni sonore. Infine, vengono offerti alcuni suggerimenti di ascolto (brani e relative esecuzioni).
Gli esempi musicali
Spartiti e partiture riportati nel testo e disponibili online sono mirati alla comprensione del testo medesimo e legati direttamente alle parti analizzate nel dettaglio. Si tratta di estratti, più o meno ampi, che illustrano gli esempi riportati nel libro, di cui costituiscono quindi parte integrante e originale. All’interno del libro si trovano più spesso temi ed estratti circoscritti, eventualmente ampliati negli spartiti e partiture disponibili online.
Per ogni ESEMPIO sono disponibili i relativi audio : può rivelarsi utile, oltre a leggere sul pentagramma, ascoltare momenti particolari estratti dai brani, così da poter poi meglio comprendere il brano stesso nel suo complesso. Per uniformità sono allegati gli audio anche quando l’ESEMPIO è una semplice scala: non è sempre da escludere sia utile l’ascolto. Sono poi disponibili i file MIDI e musicXML per tutti gli ESEMPI; lo studente può in questo modo non solo ricostruire l’esempio che trova sul libro, ma anche modificarlo o elaborarlo, approfondendone ancor più la conoscenza.
Anche per le più ampie partiture, oltre al relativo file PDF, sono disponibili i file audio, MIDI e musicXML .
Di alcuni brani sono disponibili le score animation , video in cui la partitura viene non solo accompagnata dal brano, ma anche dall’analisi della partitura stessa mentre il brano scorre.
Vi sono infine dei progetti multitraccia fruibili con il software Soundation (indicazioni sull’utilizzo si trovano nei relativi videotutorial): in questo caso lo studente può ascoltare il brano scegliendo innumerevoli combinazioni e modalità (singoli strumenti, famiglie di strumenti, coppie) per approfondire sempre più non solo le proprie conoscenze, ma anche le competenze di ascolto.
Gli strumenti didattici
Sono messi a disposizione di docenti e studenti gli schemi di ogni capitolo, utili come guida nello studio e nella fase del ripasso; permettono uno sguardo d’insieme all’articolato contenuto dei vari capitoli.
Terminato lo studio del singolo capitolo, lo studente ha a disposizione tre successive tappe per valutare la propria preparazione:
• test online più o meno brevi, a risposta multipla, destinati a valutare l’acquisizione delle conoscenze;
• domande guida riportate al termine del capitolo, in genere aperte, che richiedono allo studente di rielaborare le conoscenze acquisite, invitandolo a ritornare sul testo per individuare i punti chiave;
• esercizi per consolidare le abilità e sperimentare le proprie competenze su opere musicali non analizzate nel testo.
Tra musica classica e musica leggera
Negli scaffali dei centri commerciali generalmente dedicati alla musica classica, dove i CD vengono offerti a 2,50 euro la coppia, è possibile trovare la Sonata n. 2 per pianoforte di Pierre Boulez accanto alle opere di Mozart, Beethoven, Brahms, Chopin, Liszt, Wagner… Un amante del genere potrebbe acquistare il CD, immaginando che, se sta tra Mozart e Schubert, contenga senza dubbio bella musica. Ma al momento dell’ascolto, per i primi due minuti avrà la sensazione che il disco sia rovinato. Poi, probabilmente, smetterà di ascoltarlo, dimenticandolo per sempre in mezzo agli altri. Oppure potrebbe nascere in lui la curiosità di sapere qualcosa in più di questo compositore: chi è, quando è vissuto, che musica ha scritto e, soprattutto, perché mai negli scaffali del centro commerciale (o nelle playlist di Spotify) le sue opere stanno tra la musica classica?
Pierre Boulez nasce il 26 marzo 1925 a Montbrison, nella Loira (in Francia), e muore il 5 gennaio 2016 a Baden-Baden, località termale tedesca, sede di importanti festival musicali. È definito «il campione del processo di distacco del serialismo weberniano dalla sua matrice espressionista»1; delle sue costruzioni si sottolinea l’estremo rigore matematico, l’assenza di qualsiasi legame con la necessità di espressioni musicali, il raffinato gusto per il timbro. Il tutto corredato da schemi, numeri, serie: una pletora di procedimenti compositivi astratti, razionali, rigidi, asettici.
Anche questa sarebbe musica classica? Equazioni complesse che guidano il compositore? Beethoven era dunque un abile ingegnere capace di applicare le rigide regole della matematica al suono degli strumenti musicali? È questo il significato di “comporre”?
Non sono questioni di poco conto.
In quel centro commerciale, il nostro amante della musica classica ha acquistato un CD immaginando di trovare qualcosa che somigliasse alle sue precedenti esperienze d’ascolto, invece si è imbattuto in una serie di suoni di cui non riesce a comprendere il senso, ma è fra le composizioni più importanti del XX secolo. Che sia forse cambiata l’idea stessa di musica?
1 Andrea Lanza, Il secondo Novecento, Torino, EDT, 2014.
Pierre Boulez
Schemi riassuntivi
Chi è Pierre Boulez?
Cosa ci si aspetta dalla musica “classica”
Per comprendere il termine “classica”
Iniziamo dalla definizione di “musica classica”, che per il nostro ignaro acquirente rappresenta una sorta di orizzonte delle attese, una serie di aspettative su quel che sta per ascoltare.
Per capire cosa intendiamo con questa espressione, immaginiamo di andare al cinema. Se scegliamo un film western ci aspettiamo i cow-boy, le infinite distese del selvaggio West, i banditi cattivi; se scegliamo un horror siamo sicuri di trovare spargimenti di sangue, creature malvagie, un eroe che affronta spaventose avversità. Se scegliamo un film comico e poi ci troviamo di fronte a drammi sentimentali, protagonisti che muoiono, catastrofiche calamità, qualche dubbio ci viene di certo.
Allo stesso modo, acquistando un CD dallo scaffale dedicato alla musica classica, il nostro avventore ha delle aspettative sulla musica che quel CD deve contenere, aspettative che il brano di Pierre Boulez pare aver disatteso.
Arte ed artista secondo Hegel
Simbolica, classica, romantica
Un’utile definizione del termine “classico” può essere presa a prestito dal filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), un gigante del pensiero occidentale. Riprendendo alcuni spunti di un altro fondamentale pensatore, Immanuel Kant, Hegel considera l’arte una forma di espressione di contenuti: questi consistono per lui nello Spirito (da intendere come l’interiorità dell’uomo, le sue idee sul mondo).
L’artista cerca di rappresentare, manifestare le proprie idee, le intuizioni sul mondo reale, attraverso una forma che può essere la pittura, la poesia, la musica. La difficoltà di una simile operazione sta nel fatto che le idee, contenute nella mente dell’artista, sono astratte: nemmeno aprendo la sua scatola cranica potremmo vederle. L’artista deve tradurle in qualcosa di sensibile (i colori, i suoni, le parole), cioè che “cada sotto i sensi” e possa essere percepito (visto, ascoltato) dagli altri.
Non si tratta di sentimenti nel senso più banale del termine: nessuno scrive una sinfonia per la morte del gatto di casa o per il proprio mal di piedi. Si tratta invece di intuizioni ritenute valide per tutti gli uomini, ossia il modo in cui l’essere umano vede, sente e percepisce la realtà che gli sta attorno.
Il musicista sarebbe così una sorta di genio, quasi uno sciamano, uno stregone che anzitutto sente la verità, capisce sino in fondo la natura perché dotato di una sensibilità particolare; riesce inoltre a spiegare ciò che sente attraverso forme diverse, trasformando la materia sensibile secondo le proprie intuizioni e idee astratte.
L’opera d’arte è quindi una materia concreta (la scultura di una statua, i colori e le forme di un quadro, i suoni di un brano musicale) a cui l’artista dà forme che rendono comprensibili le idee astratte
A seconda del grado di efficacia dell’opera d’arte (cioè, quanto la forma scelta dall’artista riesce a esprimere il contenuto), Hegel indica tre diversi gradi di espressione: l’arte simbolica, l’arte classica e l’arte romantica.
► Arte simbolicA è quella in cui il contenuto (le idee, le intuizioni sul mondo) è poco chiaro nella mente dell’artista: resta vago, perciò la forma non riesce a descriverlo completamente, ma lo può solo suggerire, utilizzando ad esempio dei simboli. Il caso più evidente è l’arte preistorica, con gli omini stilizzati nei graffiti nelle caverne.
► Arte romAnticA è quella in cui il contenuto è chiaro: le idee appaiono precise nella mente del nostro genio, ma la materia sensibile (quella con cui l’artista deve lavorare) non riesce a rappresentarle pienamente. Facciamo un esempio, per quanto possa apparire banale: l’amore. Quando sono innamorato ho ben presente cosa ciò significa, cosa suscita in me, ma non riesco a esprimerlo con le parole.
► Nell’ Arte clAssicA il contenuto è tale per cui può essere espresso perfettamente dalla forma. Analogo esempio: posso dipingere un tramonto decisamente bene. In tal caso, quando il tramonto che ho in mente è quello che vedo nel dipinto, rappresentato in maniera comunicativa e immediatamente comprensibile, posso dire che il mio quadro è arte classica.
Quale sarebbe dunque la musica classica?
Scegliamo come utile guida per il termine “classico” la definizione hegeliana (che, va detto, rimane una delle possibili): non resta che scoprire quale musica possa corrispondervi.
In genere si definisce classica tutta la musica che è stata composta nel passato. Ma riferirsi semplicemente a composizioni antiche, “non contemporanee”, significa ritenere il canto gregoriano equivalente a una sinfonia di Mozart, senza riconoscere la specificità delle due differenti manifestazioni musicali. Oltretutto, diventa facile cadere nella semplificazione che contrappone musica classica e leggera, con il corollario quasi immancabile per cui la seconda è piacevole perché moderna, mentre la prima è noiosa perché vecchia. Senza distinzioni.
Eppure, tra un canto gregoriano e un quartetto di Ludwig van Beethoven (17701827) vi sono differenze formali, timbriche, tecniche, e soprattutto di funzione sociale, di fruizione e di concezione estetica.
La musica classica è un genere ben preciso e cronologicamente determinato, una cultura specifica, una concezione artistica particolare che ne giustifica la forma. Accomunare la musica prodotta dal 1000 al 1900 circa è fuorviante e deleterio.
Mozart, quando compone, non ha gli stessi obiettivi di Vasco Rossi quando incide i suoi CD. Non può essere valutato allo stesso modo, e solo comprendendo i presupposti del suo far musica posso ascoltarla ed esprimere un giudizio. Quindi, se decido di non ritenere il canto gregoriano “musica classica”, non lo potrò ascoltare come se fosse una sinfonia di Beethoven.
A sua volta, non dovrei ascoltare una sinfonia di Beethoven allo stesso modo di una canzone di Sanremo. Spesso quando si ascolta una sinfonia si vuol capire: “Che cosa mi vuol dire il compositore? Cosa mi sta raccontando?”, come se Beethoven volesse necessariamente raccontarmi una storia.
Quando la musica accompagna un testo, o un’azione a teatro, è naturale che cerchi di esprimere i contenuti di quel testo o di quanto accade sul palcoscenico. Ma se ascoltiamo una sinfonia con le stesse aspettative verremo delusi; o la sinfonia si piega a qualche interpretazione drammatica (dal greco drama che significa, appunto, “azione”, né triste né allegra), oppure fallisce e mi annoia.
La musica classica non è semplicemente quella del passato
Non si dovrebbero giudicare con lo stesso metro musiche composte per scopi differenti
Allo stesso modo sarebbe azzardato utilizzare la musica di Franz Joseph Haydn (e di Mozart, e di Beethoven…) in una discoteca per far ballare centinaia di giovani e poi definirla brutta perché non funziona.
La musica classica ha funzionamento, presupposti e obiettivi diversi: per questo è importante capire che cosa s’intenda per “classica”.
Il musicista
Ovviamente, un buon punto di partenza è chiarire il significato di “comporre musica”. L’immagine più suggestiva (verrebbe da dire romantica) che viene in mente è quella del musicista al pianoforte il quale, assorto nella propria ispirazione, segue un fiume di musica proveniente da chissà dove. L’idea che emerge è proprio quella di ispirazione : un dono dall’alto, dal sovrumano. Una simile concezione rende ragione di quel “non so che” della musica, quella sensazione di trasporto che spesso proviamo nell’ascoltare un brano, ma nel contempo rischia di ridurre il compositore a semplice mezzo , a esecutore di un’intelligenza superiore che si serve del musicista per trasmetterci quelle intuizioni musicali.
Tuttavia, già il poeta greco Esiodo (VIII-VII secolo a.C.), nella Teogonia e ne Le opere e i giorni , rivendica un ruolo più attivo del poeta e dell’artista: non più una sorta di burattino guidato dall’ispirazione, ma un essere pensante che, ispirato, ha la possibilità di vedere la verità e poi interpretarla . L’arte deve svelare la verità, indagare il mondo in profondità. L’artista non è semplicemente la cassa di risonanza di una intelligenza superiore, ma deve possedere un’intelligenza propria in grado di comprendere e interpretare l’ispirazione. Così, quantomeno, si restituisce all’artista la responsabilità delle opere.
A questo proposito è assai indicativo riflettere sull’immagine di un genio come Wolfgang Amadeus Mozart. Ancora nel Novecento, Mozart appare soprattutto come un bimbo dotato di un talento smisurato capace di guidarlo quasi fosse una sorta di demone che si serve del piccolo Wolfgang per far musica. Molti suoi contemporanei lo descrivono come uno straordinario esecutore, «anche se ignorante e sciocco» 2 . Ancora nel 1825 il violinista Karl Holz scrive: «Genio artistico per la musica a parte, Mozart era una nullità»; alla fine dell’Ottocento Hubert Parry scrive che «Mozart non era uomo di sensibilità e intelligenza profonde»; nel 1979, secondo Wolfgang Hildesheimer, Mozart «era estraneo al mondo della ragione». Insomma, un bimbo prodigio posseduto dal suo stesso talento. Per il resto, una nullità.
Sono convinzioni che esaltano il talento innato e naturale del compositore e musicista salisburghese, ma ne sminuiscono ogni valore tecnico, razionale, ossia umano . Con la conseguenza di togliergli quasi la piena responsabilità della sua arte.
In tempi più recenti, alcuni divi della musica leggera si sono presentati come uomini dalla vita sregolata, incapaci di gestire il successo, travolti dalla forza dei suoni che sembra dominarli, sino ad annichilire ogni aspetto razionale. Si pensi ad Elvis Presley, a Michael Jackson, a Syd Barrett, a Freddie Mercury e alle loro tormentate esistenze; a simili divi si perdona qualunque eccesso, proprio in nome di questa possessione artistica che abbiamo definito “ispirazione”.
2 Maynard Solomon, Mozart, Milano, Mondadori, 2017.
Che cosa fa un musicista?
Esiodo
Mozart bimbo prodigio
Non è nostro compito, ora, stabilire quale sia davvero lo status del musicista. L’ispirazione è senza dubbio un aspetto importante, e giustifica quel senso di meraviglia, di straordinario, che la bella musica suscita. Ma non va dimenticato che per comporre è necessario conoscere e applicare delle regole, prevedere l’esito di sovrapposizioni e timbri, governare la forma di un brano. E tutto questo, se non si ha un’intelligenza propria, risulta impossibile.
Le regole della musica
La musica vive da sempre questo dissidio: comprende da una parte la pratica, il cantare, il suonare, e tutto quel che vi attiene; dall’altra un apparato teorico fatto di studio del suono, di regole di armonia, melodia, e via dicendo.
Proprio questo apparato teorico faceva sì che fino al Mille la musica fosse inserita nel quadrivium assieme a matematica, geometria e astronomia, considerando degno di interesse solo il lato scientifico della disciplina (il quadrivium, assieme al trivium, comprendeva le materie di studio ritenute indispensabili per l’educazione dell’uomo di cultura). In un trattato intitolato De Musica (scritto tra il 387 e il 391) Sant’Agostino, partendo dai concetti di numerus e di rhytmus, elabora una complessa teoria della sensazione musicale, legata a sua volta al rapporto tra anima e corpo; il suono colpisce il corpo, ma è l’anima che produce la sensazione di piacere o dispiacere (il corpo, ritenuto inferiore all’anima, non potrebbe in alcun modo influire su di essa). Nello stesso libro la musica è definita come scientia bene modulandi: una scienza, quindi, un sapere e un’attività di tipo teorico. Il termine numerus è spesso tradotto con ritmo, e fa riferimento all’ordine che si trova nella musica, e nel mondo inteso come Creato, frutto dell’intelligenza divina. Altro testo considerato un’autorità per tutto il Medioevo musicale è il De institutione musica di Anicio Manlio Torquato Severino Boezio (ca. 475 – 524). Questo trattato è uno studio sul concetto di musica: non appare citato alcun canto, nessuna melodia, nemmeno un riferimento ai Salmi cantati in chiesa. Riprendendo antiche teorie del mondo greco, Boezio ritiene che il piacere che si prova ascoltando la musica nasca dalla somiglianza dell’ordine dei suoni con quello che governa il nostro animo. Il filosofo dell’antica Roma classifica poi la musica in tre generi: musica mundana (l’armonia prodotta dai corpi celesti che si muovono), musica humana (l’armonia che unisce corpo, anima e razionalità dell’uomo) e musica instrumentalis (la musica pratica, quella suonata, così come la immaginiamo noi). Naturalmente, considerando l’inaffidabilità dei nostri sensi, musica mundana e musica humana risultano superiori a quella instrumentalis . Per questi motivi, secondo Boezio, il musico è chi «utilizzando la ragione, raggiunge la scienza del cantare attraverso la guida della speculazione teorica».
Ben nota è infine l’affermazione di Guido d’Arezzo, il monaco benedettino vissuto a cavallo dell’anno Mille, a cui si devono i nomi odierni delle note musicali nella nostra lingua:
Musicorum et cantorum magna est distantia: isti dicunt, illi sciunt, quae componit musica. Nam qui facit, quod non sapit, diffinitur bestia 3
3 «C’è una grande differenza tra musici e cantores: i cantores cantano, i musici conoscono ciò che costituisce la musica. E chi fa quel che non sa può essere definito una bestia».
Teoria e pratica nella musica
Guido d’Arezzo
Conoscere le regole della musica
Regole per comporre musica oggettiva
Al di là della scarsa stima che Guido d’Arezzo dimostra per i cantores, resta pur vero che il conoscere le regole della musica ci permette di comprenderla meglio, di valutare più concretamente una composizione musicale. Indagando come le regole siano state applicate è possibile formulare un giudizio oggettivo dell’operato del compositore. Affidarci unicamente al solito “non so che”, al lato soggettivo più vicino alla pura ispirazione, rende al contrario tutto questo molto complicato. Se provassimo a esprimere perché una canzone ci piace (o non ci piace) incontreremmo questa difficoltà, rischiando di risultare vaghi e di ricorrere a termini personali, che in fondo dicono poco della musica in sé. Le reazioni soggettive di fronte a un brano sono spesso imponderabili e difficilmente traducibili in parole e concetti chiari. Certo, questo non ci impedisce di affermare che quel brano ci piace, ma il “perché” rimane un problema.
L’oggettività di Boulez: composizione seriale
Proprio la rimozione di ogni elemento soggettivo dalla composizione è l’obiettivo di Boulez, che intende realizzare una musica oggettiva e chiara. Per arrivare a una simile oggettività del suono ci si deve affidare a regole dal sapore quasi matematico.
Si inizia stabilendo una serie di altezze. Saranno dodici, dal momento che i suoni disponibili nella scala cromatica sono appunto dodici. Ecco un possibile esempio:
ESEMPIO 1.1
Serie di altezze
Eseguita una prima volta la serie, è possibile ottenerne altre attraverso la trasformazione, ossia la sua elaborazione; ad esempio, la seconda serie ripete le stesse note, partendo però dalla seconda nota:
ESEMPIO 1.2
Serie di altezze dalla seconda nota
Trovato questo espediente, o meglio, questa regola (iniziare dalla seconda nota della serie precedente), dobbiamo proseguire: la regola va applicata senza eccezioni, altrimenti il suo rigore matematico viene meno. La terza serie parte dalla seconda nota della seconda serie, la quarta serie parte dalla seconda nota della terza serie, e così via sino all’undicesima trasformazione. Alla fine avremo una serie originale e undici trasformazioni che partono dalla seconda nota della serie precedente, per un totale di dodici successioni.
Esaurita l’applicazione di questa regola, potremmo trovarne una nuova per trasformare, sempre in maniera oggettiva, la serie originale. Un procedimento antico e piuttosto noto per la complessità è il moto retrogrado: leggo le note partendo dall’ultima. Ecco la nuova serie, ottenuta con la retrogradazione della serie originale:
Da questa nuova serie (che, è bene ricordarlo, non viene inventata dal nulla, bensì è il risultato di una trasformazione della serie originale) otteniamo altre undici trasformazioni, partendo dalla seconda nota di ogni successiva trasformazione.
Fino a questo momento abbiamo elaborato una serie di note, concentrandoci quindi sull’altezza del suono. Possiamo procedere similmente per le durate, stabilendo una serie iniziale di dodici diversi valori, che potrebbe apparire come nell’esempio seguente:
Oltre alla durata possiamo intervenire sulla dinamica e stabilire una serie di indicazioni. Così la nostra serie originale, finalmente, sarà completa:
Da qui in poi le possibilità si moltiplicano: si possono trasformare anche le serie di durate e di dinamiche, cercando regole chiare e rigide da applicare per tutto il brano.
Questo procedimento compositivo cerca la massima oggettività attraverso il controllo totale sulle elaborazioni successive a partire da una serie. In questo modo si cerca di evitare qualunque ingerenza soggettiva, ogni tentativo di esprimere sensazioni personali, ogni inflessione musicale che possa ricordare l’espressione di un’emozione, ogni scelta libera e soggettiva che rischia di minare la perfezione di una costruzione sonora regolata da ferrei procedimenti. Il risultato sonoro? Questo non è un problema, perché l’obiettivo preposto non è certo l’orecchiabilità o la piacevolezza all’ascolto, e neppure l’espressione di qualche sensazione o emozione.
Musica classica e sistema tonale
È evidente che non possiamo ascoltare un brano composto con il procedimento seriale come ascolteremmo una sinfonia di Mozart, o una canzone di Ligabue, o ancora un brano destinato alla discoteca. Le funzioni e gli obiettivi sono diversi, di conseguenza lo sarà anche la fruizione. In discoteca, il sabato sera, un’orchestra che suoni la Sinfonia n. 38 K 504 “Praga” di Mozart rischierebbe la sommossa popolare. Cantare Le marteau sans maître di Boulez per accompagnare un’allegra serata passata ad arrostire marshmallow sulla spiaggia rischierebbe di rendere indigesti quei piccoli cilindretti di zucchero.
Musica classica: Haydn, Mozart, Beethoven
Classico come “modello”
Torniamo ora alla questione da cui siamo partiti (la distribuzione dei CD negli scaffali del centro commerciale e, analogamente, dei brani all’interno di playlist in servizi di streaming).
Musica classica è termine attribuito nello specifico a:
• Franz Joseph Haydn (1732-1809)
• Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
• Ludwig van Beethoven (1770-1827)
e alle loro pagine composte prevalentemente a Vienna tra il 1770 e il 1820. Questa musica ancora oggi detiene un primato nel gusto del pubblico, nei programmi dei concerti e nella discografia (e non solo con riferimento al repertorio colto, bensì anche in confronto alla produzione leggera). E questo sarebbe già un buon motivo per definirla, appunto, “classica”.
Il termine “classico” appare infatti sul dizionario accompagnato da più significati, ad esempio:
• che è proprio dell’antichità greca e romana;
• scrittore, artista o opera che per la loro eccellenza sono ritenuti degni di imitazione;
• scuola o teoria che costituisce il primo fondamento di una disciplina.
L’aspetto che sembra prevalere è quello di eccellenza in un determinato settore della cultura, tanto da divenire modello da imitare e resistere all’usura del tempo
La musica dei tre “viennesi” ha resistito sino a oggi alle diverse mode, e non solo appare nei cartelloni dei principali teatri, ma ha largo spazio in TV, nelle colonne sonore del cinema, alla radio. Soprattutto, le regole del suo linguaggio risultano in gran parte ancora valide e applicate, e servono da modello anche in produzioni musicali che si penserebbero inconciliabili.
Il sistema tonale
Quelle regole sono alla base del sistema tonale, un insieme di norme che regolano la composizione, costituito a partire dal XVII secolo e giunto a una straordinaria (e “classica”) perfezione proprio con la produzione di Haydn, Mozart e Beethoven. Verso la fine del XIX secolo questo sistema è entrato in crisi, e nel corso del Novecento si sono cercate (e trovate) alternative per la composizione di musica nuova, d’avanguardia, con conseguenze non sempre positive sul gradimento da parte del pubblico. Ma la musica che si studia a scuola (dalle scale agli accordi) è riferita ancora in gran parte a questo sistema tonale.
Il linguaggio della musica classica: la forma-sonata
La musica scritta da Haydn, Mozart e Beethoven è da considerare il risultato più equilibrato, appunto “classico”, di questo sistema di regole. Il loro linguaggio mostra una logica costruttiva esclusivamente musicale, nel senso che, applicando le regole del sistema tonale, i compositori costruiscono brani di grandi dimensioni e notevole efficacia comunicativa. Una comunicazione che rimane sempre musicale e non ha bisogno di altri elementi (testo, titolo, spiegazione) per essere efficace.
È stata definita anche una forma precisa come simbolo di questa musica, la forma-sonata. La struttura è abbastanza semplice:
Esposizione Sviluppo Ripresa
Primo tema al primo grado
Secondo tema al quinto grado (la dominante) o alla relativa maggiore
Elaborazione dei due temi
Primo tema al primo grado
Secondo tema al primo grado
Coda
Nella prima parte, l’esposizione, vengono presentati due temi musicali: il primo, in genere più caratterizzato, ritmico e “robusto”, è suonato nella tonalità d’impianto (il primo grado della scala: ad esempio, se il brano è in Fa maggiore, il primo tema è suonato in Fa maggiore); il secondo, più cantabile, è suonato al quinto grado (se il primo è in Fa maggiore, il secondo appare in Do maggiore) oppure, se il primo tema era in modo minore (esempio, La minore), il secondo viene eseguito alla relativa maggiore (in tal caso, Do maggiore).
Nella seconda parte, lo sviluppo, i due temi sono sottoposti a varie elaborazioni che ne sfruttano i caratteri più evidenti (armonici, melodici, ritmici), quasi traendone le “conseguenze” musicali.
L’ultima parte, la ripresa, ripropone i due temi così com’erano apparsi nell’esposizione, ma con la differenza che anche il secondo viene eseguito nella tonalità d’impianto, il primo grado.
Nessuno dei musicisti classici ha mai detto di utilizzare la forma-sonata, ma questo schema è presente in molta della loro musica, e risulta un prezioso aiuto all’ascolto delle loro composizioni. Non è (né era) vincolante, non erano costretti da qualche norma ad applicarla, ma risultava una sorta di aspettativa comunicativa condivisa anche dal pubblico, perciò efficace.
Questo rende la musica classica una produzione fondamentalmente socievole, nel senso che lo scopo di una composizione è quello di essere ascoltata, fruita dal pubblico, e soprattutto compresa (in senso musicale, s’intende).
Un esempio: la Sinfonia n. 40 di Mozart
Per il nostro esempio ci serviamo del primo movimento della Sinfonia n. 40 in Sol minore K 550 di Mozart (brano piuttosto conosciuto; potreste anche averlo sentito come suoneria di qualche cellulare).
Il titolo è emblematico: ci viene data precisa informazione della forma musicale (Sinfonia), della tonalità di impianto (Sol minore), del numero progressivo nella produzione di Mozart (è la quarantesima delle sue sinfonie); K 550 è il numero dell’opera all’interno del catalogo delle composizioni di Mozart pubblicato da Ludwig von Köchel nel 1862. Eppure, non ci viene detto nulla su quegli eventuali significati extra-musicali che siamo abituati a cercare in un brano: cosa ci vuole raccontare il musicista? Quali sono i protagonisti? È una trama triste o allegra? Domande in questo caso fuori luogo, decisamente, e alle quali il titolo non può rispondere.
La forma-sonata
Musica socievole
Il titolo
Il primo tema
ESEMPIO 1.6
Mozart, Sinfonia
n. 40 - Primo tema del primo movimento
Si tratta di una sinfonia, ossia di un brano destinato all’orchestra. Il primo movimento è in forma-sonata, quindi sentiremo due temi: questi verranno esposti, elaborati e ripresentati. Le loro “avventure” sono solo ed esclusivamente musicali. Forse, e sottolineiamo forse, proveremo sensazioni varie, ma saranno “emozioni” nostre, suggerite dalla forza suggestiva della musica. E, altrettanto probabilmente, non coincideranno sempre con quanto provato (o “immaginato”) da altri ascoltatori. Il primo tema è costituito da sedici battute in Sol minore:
ESPOSIZIONE:
ESEMPIO 1.7 Analisi del primo tema
Questo primo tema suona ben ritmato (sono le viole a scandire il tempo), con un piglio deciso, tanto che viene definito stürmisch, “impetuoso”, richiamando il movimento letterario dello Sturm und Drang (letteralmente “tempesta e impeto”, seconda metà del Settecento).
Mentre veniamo “sospinti” da questa musica a flusso continuo e stürmisch, cerchiamo anche di analizzarla: subito ci accorgeremo che la melodia è costruita con una logica non meno ferrea della serialità di Boulez, ma dall’aspetto decisamente meno algido, e con un risultato più facilmente orecchiabile:
Le prime due frasi sono uguali, con la seconda che ripete la prima una seconda sotto; l’altro breve inciso viene anch’esso ripetuto, modificando in questo caso il solo finale. La successiva cadenza è facilmente individuabile da due accordi insistentemente ribattuti:
Il primo è una settima diminuita costruita sul Do#, il secondo un Re maggiore, ossia la dominante del Sol minore di impianto. È innegabile: il nostro orecchio percepisce questa sosta come non definitiva, e anzi la sospensione sul quel Re maggiore richiede necessariamente il ritorno dell’armonia di Sol minore e della melodia dei violini. Una necessità tutta musicale, ovviamente.
Infatti si riprende dalla prima frase, ma ben presto la direzione del tema sembra mutare. La prima frase viene sì ripetuta, ma questa volta una seconda sopra. In questa parte Mozart introduce due nuovi elementi: brevi arpeggi di semiminime staccate e una scala di crome che percorre l’intervallo di settima diminuita (Mi – Re):
Quella settima diminuita anticipa la nuova cadenza che ci porta questa volta lontani dal Sol minore di impianto, chiudendosi con un accordo di Fa maggiore:
ESEMPIO 1.9
Seconda apparizione del primo tema
Questo Fa maggiore ha la funzione di dominante della nuova tonalità, il Si maggiore con cui appare il secondo tema, più cantabile e tranquillo, così richiesto dallo schema della forma-sonata:
Cadenza in Fa maggiore Il secondo tema
Secondo tema
Lo sviluppo
L’accostamento tra le due tonalità (Sol minore e Si maggiore) crea una tensione armonica (così come la crea l’accostamento fra tonica e dominante, il quinto grado) che il nostro orecchio percepisce e riconosce, e che gradirebbe venisse, prima o poi, risolta. Con lo stesso funzionamento le due cadenze del primo tema sfruttavano la tensione armonica di una settima di dominante (una dissonanza, in fondo) per condurre il discorso musicale verso determinate tonalità:
• prima cadenza: la settima costruita sul Do# conduce a Re maggiore, dominante di Sol minore
• seconda cadenza: la settima costruita sul Mi conduce a Fa maggiore, dominante di Si maggiore
Il tutto con una naturalezza che il nostro udito percepisce come orecchiabilità. La musica procede guidata da rapporti tra le note e tra le tonalità, che creano la “trama” del brano: una trama tutta musicale, dall’aspetto sempre orecchiabile, gradevole e prevedibile all’ascolto. Ogni novità, ogni cambio di tonalità, ogni accostamento di accordi differenti, tutto ci suona familiare, rispettando le aspettative del nostro udito.
L’unica osservazione extra-musicale che ci siamo concessi è il richiamo allo spirito stürmisch del primo tema, cercando di rendere conto di quella interessante carica ritmica (un richiamo storico oltretutto: il movimento culturale e letterario dello Sturm und Drang precede di pochi anni la sinfonia di Mozart).
Lo sviluppo e la ripresa
L’intera prima parte, l’esposizione, viene ripetuta. Anche questo aiuta molto l’ascoltatore, che può orientarsi meglio in un brano abbastanza lungo, riuscendo così a familiarizzare con i due temi.
Anche perché quei due temi, nella parte successiva (lo sviluppo), appariranno nuovamente, ma trasformati ed elaborati, quindi sarà utile conoscerli bene.
All’inizio dello sviluppo il primo tema si presenta in una tonalità differente (Fa# minore), e sfruttando il suo stesso principio costruttivo (ripetere la stessa melodia, una seconda sotto o sopra) si trova a percorrere armonie sempre più lontane (e piene di accidenti, nel senso di alterazioni):
ESEMPIO 1.12
Prima parte
dello sviluppo
Una trama musicale
Nelle battute che seguono la stessa frase, ogni volta trasposta, viene suonata alternativamente da viole e violoncelli (con i fagotti) e dai violini, fino alla battuta 148, quando Mozart si concentra sulla sola parte iniziale di questo tema, la sua “testa”:
Dopo queste nuove avventure i due temi possono venire risuonati così com’erano apparsi nell’esposizione, con la differenza che in questa ultima parte, detta ripresa, anche il secondo tema è in Sol maggiore (il primo grado, la tonalità di impianto del brano), risolvendo così finalmente la tensione armonica creata prima dalla contrapposizione tra il Sol maggiore del primo tema e il Si del secondo, poi dalle diverse traversie dello sviluppo.
Come abbiamo più volte sottolineato, si tratta sempre di traversie esclusivamente musicali: i protagonisti sono i due temi, e le loro avventure sono dovute a modulazioni ed elaborazioni.
La “trama” di un brano di musica classica, così come l’abbiamo intesa, è questa. Vissuta (e compresa) attraverso l’ascolto può farci provare sensazioni e suggestioni, potrebbe anche venir voglia di immaginare qualcosa di extra-musicale (dalle vele di piccole imbarcazioni viste in lontananza ad avventure più o meno hollywoodiane), ma potremmo considerare questo come un effetto (non per forza un danno) collaterale.
Dopo la musica classica
Haydn, Mozart e Beethoven vengono considerati modelli fondamentali dai compositori dell’Ottocento. La loro produzione segna un punto fermo nella storia della musica occidentale: una musica complessa, seria, di alto valore artistico, ma al tempo stesso fortemente comunicativa e fruibile anche da chi non abbia particolare confidenza con il repertorio sinfonico.
Proprio durante l’Ottocento, partendo da quella produzione considerata, ormai, classica, il linguaggio musicale si va sempre più complicando:
• i rapporti cardine che abbiamo visto governare la forma-sonata (quello tra la tonalità di impianto e la sua dominante, o la sua relativa maggiore) vengono messi alla prova, e infine superati, sperimentando altri possibili percorsi armonici
ESEMPIO 1.13
Sviluppo: ripetizione della testa del tema
La ripresa
Nell’Ottocento il linguaggio musicale si complica
Le difficoltà del pubblico
• all’interno della stessa scala si inseriscono temporanee modulazioni che minano la stabilità stessa della tonalità;
• lo sviluppo si amplia, andando a cercare strade sempre più lontane dal punto di partenza.
Tutto questo ha una temibile conseguenza: l’orecchio di chi ascolta non ritrova più i rassicuranti punti fissi, gli appigli con cui ascoltare e comprendere la musica. Si ha così l’impressione di non capire, di perdere il filo del discorso, ci si sente impreparati. E il pubblico non ama sentirsi impreparato, quindi gradualmente si allontana dalla nuova musica, preferendo quella “vecchia” di Beethoven o Mozart, oppure si lascia sedurre dal valzer e dall’operetta, che semplificano il discorso musicale, evitando brani difficili e idee troppo nuove; lo stesso accadrà con la musica leggera nel corso del Novecento. Alla base di questi linguaggi c’è il rassicurante sistema tonale e le sue regole già sperimentate ed efficaci.
Quando abbiamo deciso di definire “classica” la musica di Haydn, Mozart e Beethoven, l'abbiamo fatto perché essa si avvicina al modo stesso in cui l’orecchio sente i suoni. È proprio come deve essere: due temi, primo e quinto grado che creano un po’ di tensione, poi quella tensione si scioglie alla fine nella ripresa.
È come la trama di un film: i temi sono i protagonisti e le fasi (esposizione, sviluppo, ripresa) i momenti di svolta. La tensione è necessaria e nel film deve succedere qualcosa che renda la trama interessante, creando curiosità per avvincere lo spettatore. Ma la trama, a sua volta, può svolgersi linearmente o farsi sempre più intricata e complessa da seguire.
La musica dopo la musica classica
Complicare una trama, un racconto, è procedimento comune tanto nel cinema quanto in letteratura; la stessa cosa si poteva fare in musica. La base era solida, condivisa dal pubblico, anche se forse a livello inconscio: Haydn aveva compreso le aspettative dell’orecchio umano e ci giocava con garbo. Mozart sfruttò questo schema e lo sviluppò con genialità. Beethoven ci mise tutta la sua incontenibile oratoria musicale. Insomma, si continuava a complicare la trama, ma la base restava solida.
Poi arrivarono i romantici, per i quali la musica era nientemeno che il linguaggio recondito e misterioso della Natura. Richard Wagner (1813-1883) trova una strada affascinante e nuova, sempre però dichiarando di proseguire l’insegnamento di Beethoven. Anche Johannes Brahms (1833-1897) si richiama esplicitamente al passato. Lo stesso vale per gli altri grandi compositori di questo periodo, eppure il pubblico si rende presto conto che propongono di fatto una musica nuova, complessa, con una trama per nulla chiara e semplice. Sono come film sempre meno comprensibili; nuovi, certo, ma (almeno a un primo superficiale sguardo) apparentemente senza senso.
Come nel raccontare una storia occorre seguire un senso logico, così nello scrivere musica bisogna mettere le note in un certo ordine: il nostro orecchio lo riconosce.
Quindi finché le note si succedono bene, tutto fila liscio; quando però a un Do segue un Fa# ecco che avvertiamo una dissonanza , una tensione che turba l’ordine. La usavano anche i classici, ma subito la risolvevano, facendo seguire, alla nota dell’esempio, un Sol. Quel Fa# diventa così una sorta di ponte fra il primo grado (Do) e il quinto (Sol) della scala di Do maggiore.
I musicisti successivi hanno cercato altri ponti: prima del Fa# posso ad esempio mettere un Mi, prima ancora un Re, e allora perché non un Do#? Aggiungiamo un La o un Sol#! E alla fine l’ascoltatore non si ritrova più. Da dove ero partito? Dal Do? O dal Mi? E dove stiamo andando? Un bel caos.