Le stanze di Mogador

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riparo della macchina fotografica, degna di farsi pietra sulla collina alle porte di Sciacca, faccia numero tremila e uno fra quelle che abitano il Castello Incantato, un occhio chiuso e l’altro nel mirino – la grotta delle meraviglie. Appena la grotta delle meraviglie gli restituisce fiducia e coscienza, appena palpita all’unisono con lui e con lui respira, Damir scatta. È venuto fin qui per fotografare le facce di Filippo Bentivegna, figlio di pescatori, che un giorno si è arruolato in marina e poi ha smesso il mare, dopo la Grande guerra. Non gli piaceva, troppo movimento, troppa agitazione, non stava fermo mai. È tornato a casa più povero di quando è partito, allora è emigrato in America. Non ha avuto fortuna. Non si è allontanato da Brooklyn, pare. Alla fine è stato rimpatriato a forza, dopo una rissa in cui ha avuto la peggio, dicono. In America ha riempito gli occhi, molto poco le tasche, per niente il cuore. Si innamorava di continuo. Ma erano gli altri a portarsi via le donne, così raccontano. Allora è tornato. Ha affrontato il mare con un bastimento e un biglietto al di sopra delle sue possibilità, per non sfigurare. E si è ritrovato 14


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