Pesaro IN Magazine - 1/2009

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Curare | Paolo Coschiera

Ho cura

Salute

della

testo Simona Spagnoli - foto Luca Toni

“Lo sguardo del medico che si posa sul malato deve essere sempre consapevole di avere di fronte una persona.” Lo afferma Paolo Coschiera (nella foto, primo da destra), nuovo primario della divisione di Dagnostica per Immagini del San

Salvatore di Pesaro, 52 anni, certo che alla malattia non si risponda solo col progresso della medicina ma anche con la condivisione del valore morale della sofferenza. “Quando umanità e tecnica vanno di pari passo la professione medica ha assolto la propria funzione.” Del resto, disponibilità ed equilibrio sono doti che, quotidianamente, il dottor Coschiera distribuisce con naturalezza durante i turni di lavoro. “Cuore e testa” sono quasi un’ossessione nel rapporto coi pazienti. “Dicono che non so dire di

no, che il mio ‘difetto’, se così si può definire, sia mettermi nei loro panni. Per me non rappresenta un problema, anzi, la soddisfazione più grande è la riconoscenza da parte di chi curo.” “Cuore e testa” guidano anche i rapporti con sottoposti e colleghi. “Non transigo su orari e programmazione sanitaria. Guai se non fosse così in un reparto che è come una piccola industria dove lavorano cinquanta persone tra medici, tecnici, infermieri. Su tutto il resto si discute, lasciando spazio alle aspirazioni personali: si lavora meglio se si è motivati. E si produce di più: nel 2008 siamo riusciti ad aggiungere 3000 prestazioni al nostro ruolino di marcia.” Per il resto la nomina di primario non ha cambiato la giornata di questo

medico che ha compiuto l’intero percorso professionale nell’ospedale della sua città dove è stato

assunto nell’83 (“ma le mie radici sono nel Mediterraneo - precisa -: mia nonna era greca e mio nonno è stato per anni direttore della Banca d’Italia al Cairo”). È il primo ad arrivare in ambulatorio intorno alle 7.30 e continua a fare le reperibilità per la Guardia radiologica, ha solo aggiunto la gestione organizzativa alla programmazione clinica, che in gran parte faceva anche quando era aiuto-primario. Poi c’è l’aggiornamento, altro elemento fondamentale della professione: “Fino a poco tempo fa si pensava al radiologo come ad un fotografo - racconta. Nulla di più sbagliato: le metodiche sono talmente sofisticate che portano sempre il segno della patologia, ma è

la bravura del medico a trovarle grazie all’esperienza, alla capacità, all’intuito e all’aggiornamento costante. Tutto questo nella diagnostica ‘vale’ il 90%.” Il poco tempo libero che si ritaglia dalle ore in ospedale Coschiera lo divide tra famiglia, bicicletta e un’immensa passione per la musica. Negli anni ha accumulato un patrimonio di 400 dischi e 5000 cd che ascolta la sera, in una stanza appositamente attrezzata. Non ci si poteva aspettare altro da un uomo che ha fatto dell’armonia il filo conduttore della sua vita. IN

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