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DI TALENTI BRUNO CARPEGGIANI, PROCURATORE SPORTIVO, DA OLTRE 30 ANNI È RIUSCITO A UNIRE LAVORO E PASSIONE PER LO SPORT DIVENTANDO PROTAGONISTA DEL CALCIO MERCATO.
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di Marina Osorio / ph Giorgio Sabatini
Procuratore sportivo. Oggi sembra un mestiere di moda. Sono tantissimi i corsi, post laurea, master, specializzazioni degli Studi di Economia o Diritto, dedicati a questa particolare figura professionale che negozia, per conto degli atleti, i contratti con le società sportive e arriva a gestirne anche le relazioni pubbliche e coi media. Abbiamo incontrato Bruno Carpeggiani, oltre 30 anni di carriera nel calcio mercato. Lui dello sport ne ha fatto
un affare di famiglia: nato tra il rombo di motori e motociclette dell’azienda familiare, l’agente sportivo ha iniziato a farlo con lo zio, il figlio Augusto è agente a sua volta. Fan della Nazionale, dalla sua “scuderia” sono passati calciatori del calibro di Lorenzo Minotti, Cristiano Bergodi, Totò Di Natale, Marco Marchionni, Andrea Silenzi. Quest’ultimo fu il primo giocatore a migrare verso la Premier League, nell’estate del 1995, proprio grazie a Carpeggiani, che dallo scorso marzo si è dimesso da Presidente dell’Aiacs, l’Associazione Italiana Agenti Calciatori e Società. “La figura del procuratore sportivo nasce ufficialmente alla fine del 1990. In Italia è un mestiere che ha attirato soprattutto molti giovani, molti sono passati anche dal mio studio, molti hanno anche smesso perché è un mestiere che richiede un sacco di tempo, disponibilità a viaggiare in qualsiasi momento, dedizione. Quando ho iniziato io eravamo sette o otto.” Cosa è cambiato da allora? “È cambiato molto l’approccio, si prendono in considerazione ragazzi minorenni. Ai miei tempi era impensabile, si parlava solo di calciatori professionisti. Oggi gli
stipendi sono bassissimi. Se una calciatore vuole guadagnare bene deve giocare almeno in serie A. In serie B i guadagni lordi non sono alti.” Che consigli darebbe a chi vuole cominciare? “Bisognerebbe legarsi ad un gruppo importante oppure avere la fortuna di avere un amico che è un calciatore importante, che si fida e si inizia così. Cominciare dal niente è estremamente improbabile. Serve una grande passione, legarsi ad un gruppo, iniziare piano piano, portar la borsa e imparare, i corsi servono un poco, ma si impara sul campo per esperienza diretta.” Come è arrivato al calcio? “Il calcio non è il mio sport principale, il mio sport principale, quello che seguivo, erano le moto, mio padre aveva una scuderia, ha corso dal ’74 al ’78... I miei poi vendettero l’azienda e mio zio, che era un direttore sportivo importantissimo, mi prospettò questo tipo di lavoro e io portai, proprio materialmente, nel novembre 1985, al primo calcio mercato, la sua borsa da lavoro e ho cominciato lì. Lui mi ha introdotto al mondo del calcio ripeto che era molto ma molto più facile di adesso.” IN MAGAZINE
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