GESTIONE PARTECIPAZIONE APPALTI PUBBLICI
favor partecipationis negli appalti pubblici, questo sconosciuto di Simone Finotti
38 MARZO 2017
Principio sacrosanto, ribadito dall’Europa e recepito dall’ultimo Codice degli Appalti, il “favor partecipationis” è ancora il grande assente, o quasi, nelle gare italiane ad evidenza pubblica. Qualcosa si sta muovendo, ma troppo spesso è determinante il ruolo della giustizia amministrativa. Cerchiamo di fare il punto. Chiamiamola apertura alla concorrenza, chiamiamolo favor partecipationis o definiamolo in altro modo. Fatto sta che il concetto non cambia, ed è chiaro a tutti: l’apertura delle gare ad evidenza pubblica al maggior numero di concorrenti finisce per procurare benefici, sociali ma anche economici, all’intera collettività.
Escluse anche imprese con fatturati alti
Evidente, no? Almeno in teoria, perché la pratica, nel settore dei servizi, sta dimostrando tutt’altro. E cioè che quando si tratta di acquisti pubblici, specie negli ultimi anni, caratterizzati da tagli lineari, riduzione delle stazioni appaltanti, centralizzazione e aggregazione dell’acquisto, purtroppo la stragrande maggioranza delle imprese del comparto pulizia/ servizi integrati/ multiservizi si ritrova esclusa dalla possibilità di partecipare, in forma diretta ed autonoma, alla maggior parte delle gare. E non parliamo solo delle micro e piccole imprese, che per ovvie ragioni non dispongono della struttura e dei mezzi necessari per soddisfare una domanda senza dubbio impegna-
tiva, e nemmeno ambiscono a farlo. Parliamo anche e soprattutto di molte medie imprese con migliaia di dipendenti e fatturati da decine di milioni di euro, che comunque si trovano escluse visto che i lotti in cui vengono divise le gare nazionali o regionali richiedono requisiti di partecipazione comunque irraggiungibili.
Le direttive europee e il Codice 50/16
Come sappiamo l’Europa nelle sue Direttive del febbraio 2014 ha suggerito tutt’altro, mettendo in evidenza come l’esigenza di razionalizzazione della spesa pubblica (obiettivi economici) sia da contemperare ad un’altra esigenza fondamentale, quella cioè di aprire le gare stesse alla platea più ampia possibile di concorrenti (obiettivi sociali). Fra l’altro bisognerebbe anche smetterla di pensare che le due esigenze siano antitetiche, visto che ci sono ormai fior di studi, e di prassi applicate, che dimostrano proprio il contrario. Ossia che laddove si amplia la concorrenza, almeno nel settore dei servizi e in particolare quelli con altissimo contenuto di manodopera come il nostro (85/90%) in cui è impossibile realizzare economie di scala, ne beneficiano anche le tasche pubbliche. Oltre a far crescere professionalmente, e quindi a qualificare, un maggior numero di imprese, in luogo di mantenere chiuso un know how che dovrebbe essere invece condiviso.
Le nuove regole per gli appalti
Il principio è stato recepito dal nuovo Codice degli Appalti, che ha spazzato via ogni alibi. L’articolo 51, infatti,
è chiarissimo già al punto 1: “Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali, ovvero in lotti prestazionali, in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica... Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese. È fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti.”
Come sta andando?
Questo il dettato della legge, entrata in vigore lo scorso aprile. Ma come sta andando? Così così, verrebbe da dire. Anche se in effetti è un po’ presto per vedere se qualcosa di sostanziale sia cambiato dall’entrata in vigore delle nuove norme per i contratti pubblici, si può ragionare sul complesso degli ultimi anni. Ad esempio, dalla Relazione dell’Anac 2016 emergeva un quadro sconfortante: “Nel quinquennio 2011-2015 il valore medio dei lotti per tipologia di contratto, (e) vede rispetto al 2011 un aumento cospicuo dell’importo medio per i servizi e per