L’AFFIDAMENTO DEI SERVIZI MEDICI A SUPPORTO DEI PRONTO SOCCORSO E NON SOLO: IL FENOMENO DEI C.D.
GETTONISTI E L’IMPATTO IN DIFFERITA DEL D.M. 17.06.2024 SUGLI APPALTI SANITARI
ANDREA STEFANELLI
LA COMMISSIONE “BRAVEHEART” DIFENDE L’UNIONE EUROPEA DALLE FORNITURE CINESI DI D.M.
EUGENIO TRISTANO
L’INFUNGIBILITÀ NEGLI APPALTI
PUBBLICI: IL DELICATO EQUILIBRIO TRA ESIGENZE SANITARIE E DISCIPLINA CONCORRENZIALE
LUCA GRISELLI
L’AVVALIMENTO PREMIALE PER LA CERTIFICAZIONE DELLA PARITÀ DI GENERE AL VAGLIO DEL CONSIGLIO DI STATO
VERIFICA DI ADEGUATEZZA E
DI CORRETTA ESECUZIONE
DEL SERVIZIO
SURFACE SURFACE
Tecnica e metodologia economale Bimestrale di tecnica ed economia sanitaria fondato nel 1962 per l’aggiornamento professionale degli economi e provveditori della Sanità. ISSN 1723-9338
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editoriale
5 Ormai vantiamo una vera e propria storia nel mondo della formazione, ora è giunto il tempo di certificarci articoli medici a gettone
6 L’affidamento dei servizi medici a supporto dei pronto soccorso e non solo: il fenomeno dei c.d. gettonisti e l’impatto in differita del D.m. 17.06.2024 sugli appalti sanitari il regolamento n.1197/2025
14 La Commissione “Braveheart” difende l’Unione Europea dalle forniture cinesi di D.M. infungibilità negli appalti
18 L’infungibilità negli appalti pubblici: il delicato equilibrio tra esigenze sanitarie e disciplina concorrenziale pari opportunità
21 L’avvalimento premiale per la certificazione della parità di genere al vaglio del Consiglio di Stato accordi quadro nel settore sanitario
24 Accordi quadro nel settore sanitario tra predeterminazione delle percentuali di affidamento e rispetto del principio di appropriatezza terapeutica e soddisfacimento delle esigenze di vita del singolo assistito qualificazione stazioni appaltanti
28 Il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza: al via le istanze di rinnovo per il biennio 2025-27 normazione
31 Interpretazione dei bandi di gara relativi a dispositivi medici - Criterio teleologico/funzionale e favor partecipationis – Sull’utilizzo della verificazione giudiziale a supporto di varie opzioni interpretative (Note minime su Consiglio di Stato, Sezione III, n. 5294 del 17 giugno 2025) accordi quadro multifornitore
34 Accordi quadro multifornitore in ambito sanitario alla luce del Decreto Correttivo dispositivi per il diabete
37 Linee guida device? Si può gestione
40 La scelta della formula matematica per l’attribuzione del punteggio all’offerta economica come strategia di gara dalle associazioni
42 L’Associazione Regionale Economi Abruzzo e Molise piange il caro amico e collega Vittorio D'Ambrosio XI Corso di formazione FARE
44 XI Corso di Alta Formazione 2025 per Funzionari e Dirigenti in Sanità gli esperti rispondono
48 Sui limiti dimensionali dell’offerta
49 focus
Le foto all’interno sono di Andrea Leonardi
Andrea Leonardi vive e lavora a Roma, svolge da trent’anni attività di grafico, elaborazione fotografica e consulenza nelle arti grafiche.
In questo numero alcuni particolari colti durante una passeggiata nella Viterbo medievale.
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Claudio Amoroso - Presidente A.R.E.A.
Ormai vantiamo una vera e propria storia nel mondo della formazione, ora è giunto il tempo di certificarci
La parte fondante del nostro statuto pone tra gli obiettivi principali all’art. 1, punto 2b) “l’aggiornamento e la qualificazione professionale degli appartenenti alla categoria, nonché l’organizzazione di formazione professionale per le strutture operative di economato e provveditorato”, unitamente ad altri obiettivi professionalizzanti , rappresenta il “core business” dell’Associazione, che sviluppa insieme alla Fondazione FARE, ma maggiormente attraverso le sue tredici Associazioni regionali che rappresentano lo zoccolo duro della Federazione. La formazione somministrata dalla FARE, in passato ha rappresentato, una delle poche, se non l’unica forma di aggiornamento per gli appartenenti alla nostra categoria. Oggi, i nuovi associati hanno un’offerta formativa molto più ampia. Al suo esordio la FARE era presente sul mercato con i cosiddetti Corsi a catalogo che coprivano tutti i temi di interesse del Provveditore e dell’Economo e venivano forniti a pagamento, alle varie strutture sanitarie. L’organizzazione di tale servizio era stata affidata al Presidente dell’Associazione Ligure dal Presidente della FARE, Luigi Dinelli. La FARE, unitamente a Fare Fondazione, ha sempre tenuto ad essere un riferimento in tale settore, tant’è che, per non essere confusa con altre realtà, ha registrato e difeso il suo logo in sede giudiziale con vittoria piena, laddove il logo era stato utilizzato in modo non corretto (vedi sentenza del 17 aprile 2025 del Tribunale di Roma – Sezione XVII civile, specializzata in materia di impresa). Ora è tempo di cercare un ulteriore salto di qualità per essere in linea con l’offerta che ci circonda, dobbiamo ottenere la certificazione, il riconoscimento dei nostri corsi nazionali e regionali,da parte della Scuola Nazionale dell’Amministrazione. Infatti, la SNA, con il decreto 176/2024, ha emanato il regolamento che disciplina gli aspetti operativi ed attuativi del decreto SNA n. 22 del 13 febbraio 2024 (Linee guida sui requisiti per l’accreditamento delle istituzioni pubbliche o private, senza finalità di lucro, che svolgono attività formative, in attuazione dell’art.63, comma 10, del nuovo codice degli appalti). Abbiamo le professionalità che possono svolgere l’attività formativa avendo, oltre ad una preparazione economica/giuridica, un vissuto quotidiano in materia di appalti che poche strutture, seppur certificate, possono vantare; quindi, dobbiamo attivarci per la certificazione anche perché risulta essenziale per la qualificazione delle nostre stazioni appaltanti. La formazione oggi risulta uno degli strumenti più attenzionati, infatti il Ministero della Funzione Pubblica con la nuova direttiva, inerente la formazione obbligatoria, del 16 gennaio 2025, ha previsto che, ogni lavoratore della PA italiana, a partire dal 2025 e ogni anno successivo, dovrà dedicare alla formazione almeno 40 ore l’anno. L’obbligo vale anche per gli stessi dirigenti, che sono a loro volta tenuti a frequentare corsi di formazione per almeno 40 ore. È evidente che spazio da occupare in formazione ce n’è, anche leggendo il recente report sulla formazione dei RUP. Tra i corsi di formazione seguiti nell’ultimo anno che superano il 50% dei rispondenti, troviamo: affidamento (78%), competenze e responsabilità del RUP (67%) e digitalizzazione delle procedure ed utilizzo delle piattaforme certificate (54%). Non ci resta che attivarci tutti per certificare i corsi FARE ai quali poi agganciare in qualche modo quelli delle singole Associazioni regionali.
medici a gettone
L’affidamento dei servizi medici a supporto dei pronto soccorso e non solo: il fenomeno dei c.d. gettonisti e l’impatto in differita del D.m.
17.06.2024 sugli appalti sanitari
Il c.d. Decreto Bollette, D.L. n. 30 marzo 2023, n. 341 recante “Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali” aveva previsto misure per arginare il ricorso a medici e infermieri c.d. “a gettone”, che tra il 2019 e l’agosto 2023 sono costati circa 1,7 miliardi di euro, secondo l’Autorità Nazionale Anticorruzione.
Per tale Autorità il fenomeno in trattazione presenta aspetti di criticità sotto il profilo della sostenibilità economica, dell’efficienza del servizio reso e della conformità alle regole di programmazione e trasparenza dell’azione amministrativa.
L’affidamento frequente mediante procedure derogatorie e a fronte di corrispettivi particolarmente elevati solleverebbe, inoltre, questioni rilevanti in tema di responsabilità amministrativa e gestione del rischio clinico.
medici ed infermieristici oggetto degli affidamenti di cui ai commi 1 e 2”.
L’elemento differenziale tra appalto e somministrazione consiste proprio nella autonomia imprenditoriale e organizzativa dell’appaltatore
L’art. 10, comma 3, del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, aveva previsto che: “al fine di favorire l’economicità dei contratti e la trasparenza delle condizioni di acquisto e di garantire l’equità retributiva a parità di prestazioni lavorative, con decreto del Ministro della salute, sentita l’Autorità nazionale anticorruzione, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono elaborate linee guida recanti le specifiche tecniche, i prezzi di riferimento e gli standard di qualità dei servizi
1 Convertito, con modifiche, con legge 26 maggio 2023, n. 56.
In attuazione di tale norma, con il D.M. 17 giugno 2024 sono state adottate le “ linee guida recanti le specifiche tecniche, i prezzi di riferimento e gli standard di qualità dei servizi medici ed infermieristici da affidare a terzi in caso di necessità e urgenza da parte delle aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, per fronteggiare lo stato di grave carenza di organico del personale sanitario ”. La disciplina, come noto, ha previsto tra i suoi punti chiave: i) limiti ai compensi orari, prevedendo: per i medici un massimo di 85,00 euro l’ora in Pronto Soccorso e Anestesia/ Rianimazione e 75 euro negli altri reparti; per gli infermieri un massimo di 28,00 euro in Pronto Soccorso e 25,00 euro altrove; ii) è stato, inoltre, previsto che l’esternalizzazione di tali prestazioni deve essere temporanea (massimo 12 mesi, senza proroga) ed utilizzata solo come “ultima risorsa”, quando non siano possibili altre soluzioni (personale interno, concorsi, graduatorie, specialisti ambulatoriali).
Le linee guida prevedono, inoltre, che le aziende sanitarie debbano garantire: a) la qualificazione del personale (laurea, iscrizione all’albo, specializzazione per i medici, conoscenza della lingua italiana per stranieri); b) la presenza di una polizza assicurativa per colpa grave, c) la nomina di un coordinatore del servizio, d) il rispetto degli standard di qualità stabiliti dalle società scientifi-
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che e dalle aziende sanitarie.
Infine, è imposto un limite massimo di 48 ore settimanali di lavoro, con almeno 11 ore consecutive di riposo giornaliero per garantire il benessere psicofisico del personale.
A decorrere dal 31 luglio 2025, inoltre, come previsto dal citato D.M. 17 giugno 2024, giunge a scadenza la validità dei contratti stipulati tra le aziende sanitarie e le imprese private per l’impiego temporaneo di medici e degli infermieri con particolare riferimento a quelli operanti nei reparti ospedalieri e nei servizi di emergenza-urgenza. Tali prestazioni professionali, riconducibili alla figura dei cosiddetti medici a gettone, rappresentano oggi una componente non marginale della dotazione organica di numerose strutture sanitarie.
La cessazione generalizzata di tali rapporti, in un contesto già segnato da grave carenza di personale strutturato, rischia di determinare un ulteriore aggravamento dell’insufficienza di risorse umane, con effetti particolarmente critici nella stagione estiva, atteso l’incremento della domanda di prestazioni.
Sebbene la normativa preveda deroghe in presenza di situazioni eccezionali, l’applicazione della stessa appare subordinata all’attivazione di specifici percorsi da parte delle aziende sanitarie e ospedaliere.
L’Autorità Nazionale Anticorruzione, con delibera n. 60/2025 2 , ha inoltre evidenziato rilevanti criticità nei procedimenti di affidamento dei servizi medici in appalto – specie in relazione al rispetto dei principi di trasparenza, alla corretta qualificazione contrattuale e alla verifica dei requisiti dei soggetti aggiudicatari –confermando la necessità di un rigoroso rispetto della normativa di settore e delle Linee guida ministeriali del 25 ottobre 2024.
Alla luce dell’art. 10 del D.L. 34/2023, che limita l’utilizzo dell’appalto di servizi in ambito sanitario a ipotesi eccezionali e temporanee, si impone un ripensamento strutturale della governance del personale medico, onde evitare il consolidarsi di pratiche elusive dei vincoli ordinamentali e garantire la continuità e l’efficacia del servizio sanitario pubblico.
Conseguenze applicative della disciplina: il divieto legislativo di proroghe
Dal punto di vista applicativo la vicenda potrebbe avere molteplici risvolti.
Si pensi all’impugnazione dell’esclusione di un operatore economico dalla procedura per l’affidamento di servizi medici/infermieristici di supporto a strutture sanitarie.
La richiesta avanzata dall’operatore economico di sospendere la procedura di gara e di disporre una proroga dell’affidamento in essere si scontra con un espresso limite normativo contenuto nell’art. 10 del D.L. 30 marzo 2023, n. 34, convertito con modificazioni, il quale disciplina in modo puntuale e restrittivo le condizioni per il ricorso all’affidamento a terzi dei servizi medici e infermieristici da parte delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale.
In particolare, il comma 1 della disposizione prevede che tale affidamento sia consentito unicamente in presenza di necessità e urgenza, in un’unica occasione e senza possibilità di proroga, subordinatamente alla verifica dell’impossibilità di reperire personale già in servizio, anche in regime di convenzione, ovvero di assumere soggetti idonei già collocati in graduatorie valide o di concludere efficacemente le procedure concorsuali autorizzate.
Il successivo comma 2, inoltre, circoscrive temporalmente la durata di tali affidamenti, stabilendo un limite massimo di dodici mesi, inclusi i casi di proroga di contratti già in corso, purché il personale impiegato sia in possesso dei requisiti professionali previsti per le posizioni equivalenti nel SSN e vengano rispettate le norme sull’orario di lavoro di cui al D.lgs. 8 aprile 2003, n. 66. Ne consegue che la normativa vigente esclude tassativamente la possibilità di rinnovare o prorogare affidamenti precedenti al di fuori dei limiti stabiliti, a meno di situazioni straordinarie e derogatorie espressamente previste, con ciò precludendo l’accoglimento di istanze finalizzate alla reiterazione di contratti temporanei, anche laddove motivati da esigenze organizzative dell’operatore economico interessato3 Con riferimento all’istanza presentata da una centrale
2 Risulta dalla Delibera ANAC n. 60 del 19 febbraio 2025 che l’Autorità ha effettuato una visita ispettiva presso l’ASL di Alessandria per verificare l’affidamento di servizi sanitari esternalizzati, in particolare per la fornitura di personale medico e infermieristico. L’indagine ha rilevato un sistematico ricorso a medici “gettonisti” tramite appalti, per sopperire alla cronica carenza di personale strutturato, soprattutto dopo la pandemia. Gli appalti sono stati spesso affidati con procedure negoziate sotto-soglia, senza requisiti tecnici/economici adeguati e senza verifiche sui requisiti dichiarati. Sono emerse carenze nei controlli durante l’esecuzione contrattuale, come mancate verifiche sui titoli dei medici e assenza di un sistema di supervisione da parte degli operatori economici. L’ASL ha motivato il ricorso agli appalti per la necessità di garantire continuità assistenziale e per i limiti normativi sulla somministrazione di lavoro per i medici. Tuttavia, i contratti esaminati presentano caratteristiche tipiche della somministrazione (non ammessa), come il pagamento a ore, uso di attrezzature ASL, e gestione diretta dei turni da parte dell’ente. L’ANAC ha evidenziato che il frazionamento artificioso degli appalti ha eluso la normativa sulle soglie europee. L’Autorità ha ribadito che l’appalto di servizi può essere usato solo come estrema ratio, una sola volta e per breve periodo, secondo il d.l. 34/2023. L’autorità ha, infine, formulato raccomandazioni affinché l’Azienda Sanitaria migliorasse la programmazione, i controlli e il rispetto della normativa.
3 Tar Piemonte, Sez. II, 9 maggio 2025, n. 770;
medici a gettone
unica di committenza, l’Anac4 ha espresso un orientamento generale sulla possibilità di prorogare per ulteriori 12 mesi un appalto relativo al servizio di guardia medica attiva presso i Pronto Soccorso di cinque ASL. Il quesito è stato posto alla luce delle limitazioni introdotte dal citato art. 10 del D.L. 34/2023 (convertito in L. 56/2023), che consente l’affidamento a terzi di servizi medici e infermieristici solo in via eccezionale, per un massimo di 12 mesi, in assenza di alternative interne e senza possibilità di proroga. Tuttavia, il comma 5-bis dello stesso articolo, introdotto in sede di conversione, consente deroghe temporanee a tali limiti, qualora l’atto di autorizzazione a contrarre sia adottato entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge (cioè, entro il 25 maggio 2024).
L’ANAC aveva inoltre chiarito che, in assenza di tariffari nazionali, la determinazione dei corrispettivi per le prestazioni mediche può avvenire mediante confronto competitivo tra operatori economici purché siano rispettati i requisiti di professionalità e le norme sull’orario di lavoro.
L’Autorità ha infine ribadito che l’esternalizzazione dei servizi sanitari rappresenta una soluzione eccezionale e temporanea da adottarsi solo in presenza di condizioni stringenti con adeguata motivazione nella determina a contrarre, pena la possibile responsabilità per danno erariale in capo al dirigente responsabile.
Ulteriori ricadute applicative delle disposizioni normative: l’eventuale applicazione retroattiva del D.M. 17 giugno 2024
Dal punto di vista economico, l’introduzione delle nuove tariffe massime per l’affidamento a terzi dei servizi medici e infermieristici, in vigore a decorrere da giugno 2024, genera implicazioni rilevanti per gli operatori economici che hanno finora operato a condizioni economiche significativamente superiori.
Se da un lato la misura risponde all’esigenza, non più eludibile, di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica sanitaria, dall’altro lato essa comporta un potenziale squilibrio nei rapporti contrattuali in essere
e può determinare l’uscita dal mercato, o addirittura la cessazione dell’attività, di numerosi soggetti economici la cui sostenibilità operativa si basava su margini ben diversi da quelli ora imposti.
In tale contesto, assume particolare rilievo la questione della possibile applicazione retroattiva delle nuove tariffe da parte delle amministrazioni appaltanti, che potrebbero essere indotte ad adeguare i corrispettivi dei contratti ancora in esecuzione al nuovo limite tariffario, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della norma. Un simile orientamento, tuttavia, dovrebbe essere valutato con estrema cautela alla luce dei principi generali dell’ordinamento in materia di irretroattività delle disposizioni sfavorevoli e di tutela dell’affidamento legittimo, nonché dei vincoli derivanti dalla disciplina contrattuale vigente. Qualsiasi intervento unilaterale di modifica degli importi pattuiti richiederebbe infatti una base normativa esplicita o una clausola contrattuale che consenta la revisione del prezzo per adeguamento a tariffe regolatorie sopravvenute, pena la violazione del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto e l’insorgenza di possibili contenziosi.
Con riferimento al codice degli appalti pubblici, oltretutto si evidenzia che l’amministrazione può modificare il contratto solo nei casi tassativi previsti dall’art. 120 del D.lgs. 36/20235 (ad es. variazioni per esigenze impreviste, revisione prezzi, ecc.). Una riduzione unilaterale del corrispettivo basata su una norma sopravvenuta non rientrerebbe tra questi casi, se non prevista in clausola di revisione espressamente pattuita.
Il confine sottile tra esternalizzazione dei servizi e l’intermediazione di manodopera
Una diversa evoluzione applicativa del tema investe riflessioni riguardanti la qualificazione giuridica delle fattispecie, con conseguenze sulla legittimità o meno delle stesse.
La giurisprudenza ha esaminato svariati casi di impugnazioni di gare bandite da Aziende ospedaliere/sanitarie per l’affidamento di servizi sanitari, deducendo che la procedura, pur formalmente qualificata come appalto
4 Parere n. 35/2024 dell’11 luglio 2024; TAR Lombardia, Milano, ordinanza n. 238 dell’8 marzo 2023.
5 La disciplina dell’art. 120 del D.lgs. 36/2023 prevede che i contratti pubblici in corso di esecuzione possano essere modificati, senza necessità di indire una nuova procedura di gara, solo in casi ben determinati e nel rispetto di precisi limiti. Le modifiche sono ammesse nel caso i cui le stesse fossero già state previste nel bando originario, oppure se si rendono necessarie per interventi supplementari non previsti inizialmente, o ancora per fatti imprevedibili come nuove normative, eventi naturali o difficoltà tecniche. In tali casi, l’aumento del valore contrattuale non può comunque superare il 50% del valore iniziale. Sono consentite anche modifiche di modesto valore, purché restino al di sotto delle soglie UE e non superino il 10% per servizi/forniture e il 15% per lavori. In ogni caso, le modifiche devono lasciare invariata la struttura economica e funzionale del contratto.Le modifiche non sostanziali sono sempre possibili, così come quelle che migliorano la qualità, riducono i tempi o generano risparmi, se proposte dall’appaltatore o dalla stazione appaltante. Quando invece le modifiche alterano l’equilibrio economico, la concorrenza o l’identità del contraente, sono considerate sostanziali e richiedono una nuova gara.
L’articolo consente anche la rinegoziazione del contratto in presenza di squilibri sopravvenuti, prevedendo tempi e modalità per trovare un nuovo accordo, pena il ricorso al giudice. In situazioni eccezionali, è inoltre possibile una proroga tecnica per garantire la continuità del servizio in attesa della nuova aggiudicazione.
di servizi, dissimulasse in realtà una forma vietata di somministrazione di lavoro6
La giurisprudenza ha evidenziato in proposito che le modalità di esecuzione dei servizi non possono essere caratterizzate da una commistione funzionale e organizzativa tra il personale dell’appaltatore e l’organizzazione aziendale dell’ente committente. Sintomi di tale commistione sono stati rilevati nell’inserimento stabile del personale esternalizzato nel ciclo produttivo dell’Azienda, nella titolarità in capo alla stessa delle attrezzature utilizzate, nella sostanziale coincidenza delle mansioni svolte con quelle del personale dipendente, nonché nella la direzione e il coordinamento esercitati dall’Azienda tramite il Direttore dell’esecuzione. Tali elementi – coerentemente con i principi già espressi dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Cassazione (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 12 marzo 2018, n. 1571; Cass. civ., Sez. lav., 7 febbraio 2017, n. 3178) – sono stati considerati sintomatici della mancanza di autonomia organizzativa dell’appaltatore e dunque dell’illiceità dell’affidamento.
Nel settore sanitario l’esternalizzazione coinvolge tipologie eterogenee di servizi, quali anche le attività amministrative, il servizio di prenotazione delle visite (CUP), per attività di manutenzione ordinaria (etc.) nel caso di servizi. Per quanto riguarda i servizi sanitari occorre fare riferimento, tuttavia, ad ulteriori coordinate normative. Infatti, la somministrazione di manodopera è ex lege riservata alle Agenzie per il Lavoro iscritte nell’apposito Albo presso il Ministero del Lavoro (cfr. art. 4 del d.lgs. n. 276 del 2013).
In ogni caso per il pubblico impiego la somministrazione è vietata per le figure direttive e dirigenziali (art. 36 comma 2 d.lgs. 165/2001.
Nel contesto della pubblica amministrazione, con il t ermine “funzioni direttive”, come noto, si è soliti far riferimento a quelle svolte dal personale appartenente al settimo livello, per il cui accesso è generalmente richiesto il possesso della laurea. Sebbene anche per l’accesso al profilo professionale dell’infermiere sia necessario il titolo universitario, fino a tempi recenti il contratto col-
6 Tar Lazio, Roma sez. III-Quater, 18 dicembre 2018, n. 12283. La pronuncia ha stabilito che è illegittima, per violazione dell’art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003, una delibera con la quale il Direttore Generale di una ASL, piuttosto che provvedere allo scorrimento di una graduatoria ancora valida, ha indetto una procedura aperta, ai sensi dell’art. 60 del D.Lgs. n. 50 del 2016, per l’acquisizione di servizi infermieristici ed ausiliari di supporto all’attività sanitaria, nell’ambito di una determinata Azienda Ospedaliera Universitaria, nel caso in cui, in relazione alla natura delle prestazioni lavorative richieste e sulla base degli atti di gara, si evinca che: a) il personale infermieristico fornito dall’appaltatore sarà inserito nella organizzazione della Azienda ospedaliera; b) sarà chiamato a svolgere le medesime funzioni del personale infermieristico ed ausiliario dipendente della stessa Azienda; c) dovrà utilizzare le attrezzature medicali messe a disposizione dall’Azienda ed opererà in supporto all’attività sanitaria sotto il controllo e la direzione dell’Azienda ospedaliera; in tal caso, infatti, l’appalto del servizio indetto dalla Azienda ospedaliera dissimula in realtà una somministrazione di lavoro.
medici a gettone
lettivo nazionale di lavoro consentiva il ricorso alla somministrazione per il personale infermieristico. Tuttavia, con l’approvazione del CCNL relativo al triennio 20192021, questa possibilità è stata eliminata: l’articolo 72 dispone espressamente che il contratto di somministrazione non è applicabile ai profili dell’area dei professionisti della salute, tra cui rientrano gli infermieri. Per quanto riguarda il personale medico, si ricorda che lo stesso è inquadrato direttamente come dirigenza sanitaria. Il CCNL dei dirigenti medici non contempla la somministrazione tra le tipologie contrattuali previste, mentre disciplina espressamente il contratto a tempo determinato come forma di flessibilità. Ne consegue, quindi, che in ambito sanitario pubblico la somministrazione può essere utilizzata soltanto nel rispetto della normativa generale e quindi da parte delle Agenzie autorizzate, ma non può in alcun caso riguardare il personale medico o infermieristico.
Passando al tema dell’esternalizzazione dei servizi, la
stessa può essere effettuata dalle pubbliche amministrazioni solo a determinate condizioni. In particolare, l’art. 6-bis del d.lgs. 165/2001 consente l’esternalizzazione di servizi precedentemente gestiti internamente solo se ciò comporta un’effettiva riduzione dei costi e se l’amministrazione adotta misure idonee sotto il profilo del personale interno. In sostanza, l’esternalizzazione è legittima solo se porta a economie di gestione e non ha effetti negativi sull’organizzazione del personale pubblico.
La giurisprudenza civile7 ha recentemente ribadito, con sempre maggiore chiarezza, i criteri distintivi tra contratto di appalto genuino e somministrazione illecita di manodopera, soffermandosi in particolare sull’importanza della disponibilità effettiva e giuridica dei mezzi impiegati dall’appaltatore – elemento centrale nei contratti ad alta intensità di manodopera, frequenti anche nel comparto sanitario e sociosanitario.
In tale ottica, è stato chiarito che la mera esistenza formale di un contratto di appalto non è elemento suffi-
7 Con sentenza 7 marzo 2024, n. 180, il Tribunale di Modena, nel richiamare richiama consolidata giurisprudenza della Cassazione, ha affermato che «in tema di interposizione di manodopera, affinché possa configurarsi un genuino appalto di opere o servizi ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d. lgs. n. 276 del 2003, è necessario verificare, specie nell’ipotesi di appalti ad alta intensità di manodopera (cd. “labour intensive”), che all’appaltatore sia stata affidata la realizzazione di un risultato in sé autonomo, da conseguire attraverso una effettiva e autonoma organizzazione del lavoro, con reale assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, impiego di propri mezzi e assunzione da parte sua del rischio d’impresa, dovendosi invece ravvisare un’interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il potere direttivo e organizzativo sia interamente affidato al formale committente, restando irrilevante che manchi, in capo a quest’ultimo, l’ “intuitu personae” nella scelta del personale, atteso che, nelle ipotesi di somministrazione illegale, è frequente che l’elemento fiduciario caratterizzi l’intermediario, il quale seleziona i lavoratori per poi metterli a disposizione del reale datore di lavoro» (cfr. ex multis, Cass. 12551/2020).
ciente a escludere l’interposizione illecita di personale, essendo invece necessaria la verifica concreta della sussistenza di un’organizzazione autonoma da parte dell’appaltatore, che comprenda l’assunzione del rischio d’impresa, l’impiego di mezzi propri e l’effettiva direzione del personale.
Alla luce dell’art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 276/2003, la giurisprudenza pone in evidenza che l’elemento differenziale tra appalto e somministrazione consiste proprio nella autonomia imprenditoriale e organizzativa dell’appaltatore. In particolare, viene ritenuto sintomatico della non genuinità del contratto ogni ingerenza del committente nell’organizzazione e direzione dell’attività lavorativa, specie ove l’appaltatore si limiti a svolgere funzioni meramente gestionali e prive di effettiva incidenza sull’assetto produttivo. Secondo la Corte di cassazione (cfr. Cass. civ., sez. lav., n. 12551/2020), affinché si configuri un appalto lecito soprattutto nei contesti a prevalente impiego di manodopera, è necessario che all’appaltatore sia affidato un risultato autonomo da conseguire mediante organizzazione propria dei mezzi e del lavoro e con assunzione del rischio economico. Diversamente, si versa in ipotesi di intermediazione illecita di lavoro subordinato, anche qualora manchi in capo al committente l’“intuitu personae” nella scelta dei lavoratori. La giurisprudenza civile ha ulteriormente precisato che, laddove emerga l’assenza di un’effettiva autonomia nella direzione del personale da parte dell’appaltatore, diviene superfluo accertare l’eventuale sussistenza del rischio d’impresa o di altri indicatori formali di autonomia. Del pari, non assume rilievo il fatto che la società appaltatrice sia regolarmente operante sul mercato, se risulti che l’attività dei lavoratori sia etero-diretta dal committente (cfr. Cass. civ. nn. 11720/2009 e 17444/2009). Un profilo di particolare interesse, anche per le frequenti implicazioni nel settore dei servizi esternalizzati, concerne il requisito della disponibilità autonoma dei mezzi tecnici e strumentali che la giurisprudenza ha ricollegato all’effettività dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore8. Come stabilito da Cass. civ. n. 18455/2023, l’utilizzazione da parte dell’appaltatore di mezzi forniti dal committente può integrare una presunzione assoluta di appalto fittizio, laddove l’apporto del primo risulti marginale o meramente esecutivo. Tale presunzione non si configura, tuttavia, quando l’appaltatore apporti contributi
organizzativi e produttivi rilevanti, come capitale proprio, know-how, software, oppure beni immateriali di valore strategico. Inoltre, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003, la giurisprudenza distingue tra appalti “pesanti”, in cui il possesso o la gestione autonoma dei mezzi risulta essenziale, e appalti “leggeri”, in cui è sufficiente che l’appaltatore eserciti una reale direzione del personale. Altro principio consolidato in sede civile è quello secondo cui l’onere probatorio della genuinità del rapporto negoziale incombe sulle parti datoriali (sia formali che sostanziali), come espressamente affermato da Cass. civ., n. 29889/2019. Ciò implica che il datore di lavoro è tenuto a produrre in giudizio i contratti e gli atti dimostrativi della propria autonomia organizzativa, onere spesso non assolto nei giudizi in materia di esternalizzazione di manodopera. In talune pronunce, infatti, è stato accertato che l’appaltatore ha operato su macchinari e attrezzature messi a disposizione dal committente, mediante contratti di locazione privi di un corrispettivo significativo, e che le attività svolte (come il montaggio, il confezionamento o la manutenzione) richiedevano necessariamente tali mezzi per la corretta esecuzione delle prestazioni. Ne consegue che, in presenza di simili assetti, il contributo dell’appaltatore si risolve nella mera fornitura di manodopera, con conseguente riqualificazione del rapporto come somministrazione illecita.
Limiti, criticità e prospettive dell’esternalizzazione dei servizi sanitari
L’analisi normativa e giurisprudenziale sin qui condotta consente di formulare alcune riflessioni conclusive, alla luce del più recente intervento legislativo in materia di affidamento esterno di servizi sanitari. Con l’art. 10 del D.L. 34/2023 (cd. “Decreto Bollette”), il legislatore ha introdotto una disciplina fortemente limitativa, volta a contenere l’utilizzo del personale sanitario esternalizzato – i cd. “medici e infermieri a gettone” – fenomeno diffusosi in maniera esponenziale negli ultimi anni come risposta, perlopiù emergenziale, alla grave carenza di personale strutturato nel Servizio Sanitario Nazionale. Tale ricorso massivo a prestazioni esterne si è progressivamente rivelato poco sostenibile sia sotto il profilo dell’impatto economico-finanziario sulla spesa pubblica, sia in relazione ai principi costituzionali e amministrativi di trasparenza, efficienza, economicità e parità di tratta-
8 Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1571/2018, ha chiarito la differenza tra appalto di servizi e somministrazione di personale, individuando tre elementi essenziali che caratterizzano il vero appalto: a) l’appaltatore organizza autonomamente i mezzi per svolgere l’attività richiesta; b) esercita un potere direttivo sui lavoratori impiegati nell’appalto; c) si assume il rischio d’impresa, rispondendo direttamente dell’esito del servizio o dell’opera. Questi elementi definiscono l’appalto come obbligazione di risultato, in cui il fornitore è responsabile dell’intera prestazione e dei suoi esiti. Al contrario, nella somministrazione di lavoro, i lavoratori sono inviati da un’agenzia ma operano sotto la direzione e il controllo dell’ente utilizzatore, secondo una logica di mezzi, non di risultato. In sintesi: nell’appalto, i lavoratori restano sotto la gestione dell’appaltatore; nella somministrazione, è l’ente pubblico o privato committente a dirigere direttamente il personale. Questa distinzione ha implicazioni cruciali per la legalità dei contratti e la corretta gestione del personale esterno.
medici a gettone
mento. In attuazione di tale impostazione restrittiva è intervenuto il D.M. 17 giugno 2024, che – conformemente al comma 3 dell’art. 10 del citato decreto-legge – ha stabilito limiti chiari e oggettivi (quantitativi, qualitativi ed economici) per l’ammissibilità degli affidamenti a terzi, qualificandosi come strumento eccezionale e temporaneo, ammissibile esclusivamente per casi urgenti e debitamente motivati, per una durata massima di dodici mesi, escludendo qualsiasi forma di rinnovo o proroga.
Ne emerge una ratio normativa ispirata al principio di residualità secondo cui l’esternalizzazione dovrebbe rappresentare una soluzione di ultima istanza rispetto alla gestione interna dei servizi da parte delle aziende sanitarie pubbliche. Tuttavia, è evidente che l’attuale contesto di cronica carenza di personale medico e infermieristico rischia di produrre ripercussioni organizzative rilevanti, ostacolando la concreta applicabilità di tale modello normativo in molte realtà territoriali.
Un ulteriore profilo di criticità è dato dall’introduzione delle nuove tariffe massime per le prestazioni sanitarie esternalizzate, anch’esse previste dal decreto ministeriale del giugno 2024. Se da un lato tali tariffe rispondono all’esigenza di contenere la spesa pubblica, dall’altro esse intervengono in modo diretto su rapporti contrattuali già in essere, alterando ex post l’equilibrio economico su cui si fondavano le offerte presentate dagli operatori economici aggiudicatari, strutturate su parametri eco-
nomici precedenti e ben più elevati.
Da un punto di vista strettamente giuridico ciò solleva l’interrogativo – tutt’altro che teorico – circa l’eventuale applicabilità retroattiva delle nuove tariffe ai contratti in corso di esecuzione. Un simile orientamento, ove adottato unilateralmente dalle amministrazioni sanitarie, si esporrebbe a forti censure, risulta potenzialmente in contrasto con i principi generali del diritto amministrativo, in particolare: il principio di irretroattività delle norme sfavorevoli, ii) il principio del legittimo affidamento ex art. 1, comma 2, L. 241/1990M iii) nonché i canoni civilistici di buona fede e correttezza nell’esecuzione dei contratti pubblici. In assenza di specifiche clausole contrattuali di adeguamento automatico alle nuove tariffe regolatorie, l’imposizione unilaterale di riduzioni economiche da parte della stazione appaltante potrebbe rivelarsi illegittima e suscettibile di sindacato giurisdizionale, anche con il rischio concreto di azioni risarcitorie da parte degli operatori economici, per lesione dell’equilibrio contrattuale e violazione dell’affidamento maturato. In conclusione, l’approccio normativo adottato, seppur coerente con esigenze di sostenibilità del sistema sanitario, necessita di una ponderazione attenta in sede applicativa che salvaguardi gli equilibri negoziali esistenti, eviti forzature giuridiche e tenga conto delle reali condizioni operative delle strutture sanitarie pubbliche.
Andrea Stefanelli - Studio legale Stefanelli & Stefanelli
La Commissione “Braveheart” difende l’Unione Europea dalle forniture cinesi di D.M.
La Commissione UE ha adottato, il 19 giugno u.s., il Regolamento n. 1197/2025 che per la prima volta mette in esecuzione il Regolamento IPI che vieta espressamente l’accesso alle procedure di gara di tutti i dispositivi medici cinesi. Risulta questa una misura di grande impatto “politico-economico” tanto più perché adottata nel settore sanitario che ha visto, durante il periodo pandemico, una corsa europea agli approvvigionamenti di D.M. proprio dalla Cina. Si può parlare di uno straordinario coraggio o chissà d’imprudenza dell’Unione Europea che forse in tal modo spera di dare una “sveglia” ai produttori europei così da poter superare la “dipendenza” ormai diffusa dal colosso cinese.
I Regolamenti europei
Tutto inizia nel 2022 allorquando l’Unione Europea emanava un Regolamento (il n. 1031/2022), noto come “IPI” (International Procurement Instrument), che fissava le regole d’accesso al mercato europeo degli appalti pubblici di beni/servizi provenienti da Paesi terzi nonché stabiliva le modalità di partecipazione dei produttori UE agli appalti e concessioni nei Paesi terzi, regole di “reciprocità” volte dunque a migliorare la cooperazione in tutti i settori delle relazioni commerciali nonché ad abolire le possibili restrizioni negli scambi internazionali. La disciplina generale dell’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) escludeva infatti la sua applicazione al settore degli “approvvigionamenti pubblici”, che risultavano quindi disciplinati da un Accordo multilaterale dell’OMC oppure da
La normativa italiana in materia di appalti pubblici, di recepimento di direttive comunitarie, riporta pochissimi articoli relativi alla partecipazione di imprese extra-UE a procedure indette nel nostro territorio
accordi bilaterali tra i singoli Stati o con la stessa UE. Il diverso trattamento riservato agli appalti pubblici rispetto al commercio “in generale” era dato dal fatto che molti Stati si stavano dimostrando “riluttanti” ad aprire i propri mercati “pubblici” ad operatori stranieri, i cui beni e servizi potevano far perdere asset strategici, oppure ledere, in qualche modo, gli interessi pubblici di detti Stati. Con l’adozione del Regolamento IPI, l’Unione Europea mirava dunque a regolare i rapporti con quegli Stati che non erano parte dell’Accordo multilaterale OMC o non avevano sottoscritto accordi bilaterali con l’Unione e, per accertare la necessaria “reciprocità”, la Commissione s’impegnava a monitorare gli Stati verso cui intendeva applicare detto Regolamento per verificare che, effettivamente, venisse consentita la partecipazione alle loro gare da parte degli operatori economici provenienti dall’Unione Europea. E’ proprio in questa ottica che, nell’aprile 2024, l’U.E.
“accendeva un faro” sulla Repubblica Popolare Cinese, a seguito di reiterate segnalazioni di restrizioni all’accesso al suo mercato interno dei D.M., perseguita attraverso diverse strategie quali:
1) favorire l’acquisto di D.M. cinesi a scapito di quelli di altri Paesi
2) impedire la partecipazione a gare pubbliche di dispositivi medici da parte di produttori stranieri
3) imporre condizioni negli appalti centralizzati tali da rendere economicamente insostenibile la partecipazione agli stranieri (che non possono contare sul sostegno statale). La Commissione Europea, pur nella
consapevolezza di potenziali problemi d’approvvigionamento relativamente ad alcuni dispositivi medici, del possibile aumento di spesa per il loro acquisto da parte delle PP.AA. europee (in ragione di prezzi molto competitivi dei prodotti cinesi) nonché, infine, del danno economico dei produttori europei che avevano spostato la produzione in Cina, concludeva la sua istruttoria nonché adottava, in data 19/6 u.s., il Regolamento d’Esecuzione n. 1197/2025, non prima di essersi accertata della sussistenza di fonti d’approvvigionamento alternative dei DD.MM..
Partendo dalle conclusioni di detta istruttoria, secondo cui la Repubblica popolare cinese aveva messo in atto “un sistema complessivo di preferenze [.] per l’acquisto di dispositivi medici nazionali”, tanto che oltre l’87% delle gare pubbliche in Cina prevedono divieti (espliciti e/o impliciti) d’acquisto di dispositivi medici importati, veniva così disposto l’espresso divieto di partecipazione a tutte le procedure di gara relative all’acquisto di dispositivi medici e di valore pari o superiore ai 5 milioni di euro da parte di operatori economici “originari” della Repubblica popolare cinese. Secondo l’indagine delle Commissione Europa, infatti, le gare oltre i 5.000.000,00 € indette da amministrazioni aggiudicatrici dell’Unione rappresentavano circa il 59% del mercato totale degli appalti di dispositivi medici dell’U.E., ragion per cui la misura assunta era del tutto proporzionata alla limitazione d’accesso alle gare pubbliche imposta alla Cina agli operatori europei. Prima d’assumere il Regolamento qui in commento, la Commissione aveva svolto alcune importanti verifiche:
A)verificato quanto il divieto di partecipazione cinese alle gare sopra i 5 milioni di euro potesse essere pregiudizievole agli interessi dei buyers pubblici, accertando tuttavia che:
1) i concorrenti ammessi possono comunque offrire D.M. di provenienza cinese, purché nei limiti del 50% della fornitura complessiva di gara;
2) le Stazioni appaltanti europee godono comunque della discrezionalità di far concorrere produttori cinesi, qualora i D.M. di questi siano gli unici in grado di soddisfare i requisiti tecnici di gara;
3) esistono ad oggi “fonti di approvvigionamento alternative” dei D.M. cinesi, tenuto conto del possibile aumento di produzione, nell’Unione, ovvero dell’importazione di D.M. da altri Paesi terzi (i.e. Regno Unito, Svizzera, Stati Uniti, Giappone ecc.) atteso come, nel 2023, l’U.E. ha esportato dispositivi medici, per un valore 10 volte superiore a quello d’importazione di D.M. dalla Cina da cui può evincersi come il divieto d’accesso alle gare imposto ai produttori cinesi non avrebbe comunque creato
alcuna carenza di disponibilità, in quanto l’U.E. poteva rifornirsi anche presso altri mercati;
B) Per quanto riguarda invece l’interesse degli operatori economici dell’Unione, l’adozione di misure restrittive alla partecipazione alle gare U.E. di beni provenienti dalla Cina avrebbe dovuto indurre detto governo a rimuovere tutte le disposizioni e misure limitanti il libero commercio dei prodotti U.E., con evidente vantaggio dei suoi produttori che peraltro, risultando nel numero stimato di circa 30.000 (di cui circa il 90% PMI), avrebbero tratto un indubbio vantaggio commerciale dall’adozione del Regolamento; C) da ultimo, considerati gli eventuali effetti negativi che la misura IPI avrebbe potuto comportare sui bilanci delle PP.AA. europee (in conseguenza della carenza di D.M. cinese solitamente d’importo molto bassi), è stato tuttavia accertato come nelle gare di D.M. vi sarebbe comunque stata un’offerta sufficiente a prezzi competitivi, vista la capacità produttiva dell’Unione in detto settore. In conclusione quindi la Commissione Europea ha adottato contro la Cina il primo Regolamento IPI, così disponendo “l’esclusione delle offerte presentate da tutti gli operatori economici originari della Repubblica popolare cinese [.] in tutte le procedure di appalto pubblico nell’Unione aventi per oggetto l’acquisto di dispositivi medici [.] di valore stimato pari o superiore a 5.000.000,00 EUR al netto dell’IVA” (art. 1 Reg.UE n.1197/2025), prevedendo poi che spetti alle PP.AA. dell’Unione Europea l’esatta determinazione circa “l’origine degli operatori economici e dei dispositivi medici” che possono essere oggetto della misura IPI (art. 2).
Determinazione dell’origine
Da quanto sopra esposto non può non porsi il primo problema di corretta applicabilità del Regolamento, derivante dall’esatta determinazione dell’origine “cinese” del partecipante alle procedure, nonché dell’origine “cinese” del dispositivo medico offerto in gara. Per procedere in tali termini occorre richiamare l’art. 3 del precedente Regolamento n. 1031/2022 secondo cui, per accertare l’origine dell’operatore economico “persona giuridica”, è necessario verificare:
• il Paese in base alla cui legislazione si è costitutiva o è organizzato il concorrente e nel cui territorio il medesimo svolge la propria attività commerciale “sostanziale”;
• se invece la persona giuridica non svolge l’attività sostanziale nello stesso Paese in cui si è costituito, rileva allora l’origine della/e persona/e “che possono esercitare, in maniera diretta o indiretta, un’influenza dominante sulla persona giuridica per ragioni di proprietà
di partecipazione finanziaria o di normativa” (art. 3, comma 1 lett. b) punto ii) Reg.UE 1031/2022. Per quanto concerne invece l’origine di un “bene”, occorre rifarsi al Regolamento UE n. 952/2013 (Codice doganale dell’Unione) il cui art. 60 dispone che il bene è originario di un Paese quando è interamente prodotto e realizzato in detto territorio ma che, qualora alla sua produzione concorrono persone giuridiche di diversi paesi, allora il prodotto può ritenersi originario del paese ove avviene “l’ultima trasformazione” oppure “la lavorazione sostanziale [.] conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo” o che “abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione”.
L’origine di un “servizio”, infine, è stabilita in base all’origine della persona giuridica che lo presta (Considerando 123 Reg. UE n. 1031/20922)
Alla luce di quanto sopra deve dunque ritenersi che le Stazioni appaltanti hanno la facoltà di stabilire le regole di gara in base alle quali decidere se accettare non i produttori “totalmente” cinesi - espressamente esclusi in forza dell’art. 1 del Regolamento in commento –ma quelli d’origine (come dire) “mista” - a cui deve poi aggiungersi la decisione se ammettere non certo i prodotti cinesi (anche questi esclusi ex art.1) ma invece quelli di provenienza “mista”, che magari hanno subito l’ “ultima trasformazione” oppure “una fase importante del processo di fabbricazione” in un paese UE ecc.
Impatto del Regolamento UE n. 1197/2025 nelle gare in Italia
La normativa italiana in materia di appalti pubblici, di recepimento di direttive comunitarie, riporta pochissimi articoli relativi alla partecipazione di imprese extra-
UE a procedure indette nel nostro territorio. L’art. 69 (“ Accordo sugli appalti pubblici (AAP) ed altri accordi internazionali”) si limita a stabilire che le Stazioni appaltanti devono applicare un trattamento “non meno favorevole di quello concesso ai sensi del codice” agli operatori economici di Paesi terzi che concorrono alle pubbliche gara, purché questi siano provenienti da Paesi che risultano firmatari degli accordi AAP o di altri accordi bilaterali con l’Italia. Di diverso tenore l’art. 170 che, relativamente alle gare di sole “forniture”, prevede la possibilità delle Stazioni appaltanti di respingere un’offerta proveniente da un operatore economico di un Paese terzo, mentre può ammetterla se almeno la sua metà risulta composta da prodotti provenienti da paesi UE; è tuttavia prevista anche la facoltà d’ammissione nella prima ipotesi (prodotti interamente di provenienza extra-UE) ma solo nel caso in cui la P.A. motivi esplicitamente “ il mancato respingimento”. Tale art. 170, tuttavia, fa parte del Libro II del D.Lgs.n. 36/2023 dedicato ai soli appalti nei settori speciali (gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali ecc.), per cui non può ritenersi applicabile alle forniture nel settore sanitario (di cui il D.M. in questione).
Ciò però si ritiene sia sufficiente a dimostrare come il Legislatore sia assolutamente consapevole che esistono settori (i.e. quelli “speciali”) in cui la produzione può essere localizzata al di fuori dell’Unione Europea e che in tali casi è necessario, per continuare a soddisfare il fabbisogno interno, disapplicare la normativa generale – che impone l’ammissione alle gare di operatori extra-UE solo in condizioni di “reciprocità” – per consentirne invece la partecipazione, purché motivata dalla Stazione appaltante. Un atteggiamento “simile” si ritiene sia stato assunto dalla Commissione Europea allorquando ha adottato il Regolamento n. 1197/2025, in cui espressamente risulta vietata la partecipazione dei D.M. cinesi e dei suoi produttori a tutte le gare pubbliche in Europa ma, nel contempo, appare “riservata” alle amministrazioni pubbliche degli Stati membri la facoltà di determinare “l’origine degli operatori economici e dei dispositivi medici” nonché espressamente prevedere che, “nei casi in cui solo offerenti originari della RPC fossero in grado di soddisfare i requisiti di gara o fossero gli unici in grado di offrire dispositivi medici specifici necessari per motivi imperativi di interesse generale” è consentito alle amministrazioni di non applicare la misura IPI, allo scopo d’evitare “la riduzione della disponibilità di fonti di approvvigionamento in tali situazioni” (Considerando n. 37). In altre parole, applicando le deroghe previste dall’art. 9 del Regolamento UE 1031/2023 - secondo cui le PP.AA. possono decidere “in via eccezionale” di disapplicare la misura d’esclusione dei prodotti cinesi
se solo detti D.M. soddisfano i requisiti di gara, ovvero se la non esclusione dei D.M. cinesi sia giustificata da “ motivi imperativi di interesse generale quali la salute pubblica[.]” – le Stazioni appaltanti conservano dunque la piena e legittima facoltà di decidere se estromettere da una gara il prodotto (in tutto o in parte cinese oppure se, in considerazione della composizione di quel determinato mercato, detta esclusione rischia di compromettere il suo approvvigionamento. La Commissione Europea ha dunque valutato come le conseguenze negative del mancato afflusso di Dispositivi Medici di provenienza cinese sul mercato interno dovrebbero essere di gran lunga inferiori rispetto ai benefici economici che detta restrizione dovrebbe indurre nella produzione di D.M. in Europa, oltre che (auspicabilmente) convincere la Repubblica popolare cinese ad eliminare le misure che impediscono l’accesso di D.M. stranieri; la stessa Commissione, tuttavia, ha lasciato alle singole amministrazioni degli Stati membri la libertà di accertarsi che, in relazione al prodotto da acquistare, sussistano effettivamente delle valide alternative ai dispositivi medici cinesi ed in caso negativo, per evitare una carenza di prodotti necessari a soddisfare i propri fabbisogni, lo stesso Regolamento ha consentito l’espressa deroga al divieto d’esclusione dei prodotti cinesi, a fronte tuttavia di una esplicita (nonché fondata) motivazione, atta a giustificare tale deroga.
Conclusioni
Il Regolamento n.1197/2025 risulta espressamente entrato in vigore solo il 1 luglio 2025, per cui è certamente presto per accertarne appieno gli effetti, a cui qualcuno maliziosamente aggiunge che, essendo la soglia d’applicazione dell’esclusione imposta solo alle gare sopra i 5 milioni di euro, molti D.M. cinesi continueranno ad essere acquistati dalla PP.AA. italiane. In disparte ogni considerazione in merito all’eventuale non corretto frazionamento delle fornitura di dispositivi medici, oppure all’utilizzo di diverse modalità di acquisto (MEPA, accordi-quadro ecc.) al mero scopo d’evitare il raggiungimento della soglia d’esclusione, quel che è certo è che, al di là dell’obbligo di rispetto del succitato Regolamento da parte delle Stazioni appaltanti, anche i concorrenti italiani ed europei attenzioneranno con grande interesse la nazionalità dei prodotti e/o dei Produttori che partecipano alle gare e certamente non passeranno sotto silenzio eventuali deroghe all’obbligo di loro esclusione non correttamente motivate dalle Stazioni appaltanti. Nuovi motivi di contenzioso si profilano dunque all’orizzonte, di cui occorre tener debito conto.
infungibilità negli appalti
L’infungibilità negli appalti pubblici: il delicato equilibrio tra esigenze sanitarie e disciplina concorrenziale
L’infungibilità,intesa come la condizione per cui un determinato bene o servizio può essere acquisito esclusivamente da un unico operatore economico in quanto tecnicamente insostituibile – rappresenta una delle principali eccezioni al principio della gara nei contratti pubblici.
Nell’ambito degli appalti pubblici relativi alla sanità, l’affidamento di servizi e forniture mediante procedure ad evidenza pubblica si confronta costantemente con l’urgenza, l’innovazione tecnologica e la specificità clinica delle prestazioni richieste. Il nuovo
Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023) fornisce strumenti utili a contemperare le esigenze cliniche con i principi di concorrenza, trasparenza e legalità dell’azione amministrativa, ma richiede un approccio consapevole per evitare che le esigenze sanitarie diventino un pretesto per aggirare le regole di concorrenza.
Nel panorama degli appalti pubblici in campo sanitario, la nozione di “infungibilità” è forse una delle più evocate, ma anche delle più abusate. Evocata, perché legata a scelte terapeutiche individualizzate, a dispositivi salvavita, a prodotti personalizzati, ad esigenze cliniche non standardizzabili. Abusata, perché utilizzata (non di rado) come scorciatoia per aggirare le procedure ad evidenza pubblica, o per reiterare affidamenti diretti con le stesse imprese, anche laddove esistano soluzioni equivalenti o sostituibili.
La sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I, 13 marzo 2024, n. 6757
Secondo l’ANAC, l’infungibilità può essere legittimamente invocata solo se “ è accertata l’assenza di alternative presenti sul mercato mediante idonea consultazione preliminare o adeguata istruttoria tecnica, aggiornata e documentata, e non fondata su mere consuetudini organizzative o su dichiarazioni unilaterali dell’utilizzatore finale”
La sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I, 13 marzo 2024, n. 6757, offre un’importante ricostruzione sistematica del principio di concorrenza negli affidamenti pubblici, rilevando come, già sotto la vigenza della normativa abrogata (d.Lgs. 163/2006 e d.lgs. 50/2016), l’affidamento diretto rappresentasse un’ipotesi del tutto eccezionale, soggetto a interpretazione restrittiva e applicabile solo in presenza di circostanze oggettive e rigorosamente motivate. La pronuncia sottolinea come, in settori a forte contenuto tecnologico – quali quello sanitario o informatico – si sia consolidata una prassi di ricorso alla procedura negoziata senza bando che non sempre trova fondamento in presupposti giuridicamente sostenibili, invocando infungibilità, privative industriali o costi di sostituzione come motivazioni generiche. In linea con quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. V, 2 novembre 2011, n. 5837), la Corte ribadisce che l’esistenza di un diritto di esclusiva non è di per sé sufficiente a legittimare la deroga al confronto concorrenziale, se non in presenza di una “esclusiva funzionale”, cioè quando il bene o il servizio presenti caratteristiche tecniche intrinsecamente infungibili, non surrogabili da soluzioni alternative equivalenti. La deroga alla gara, ammissibile ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. e), in
Eugenio Tristano - Studio legale Tristano- Roma
combinato disposto con l’art. 76, comma 2, lett. b), del d.lgs. 36/2023, trova fondamento nella previsione normativa che consente il ricorso alla procedura negoziata senza bando nei casi in cui, per ragioni tecniche, artistiche o attinenti a diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente a un operatore economico determinato. Tale presupposto, formalmente riconducibile all’unicità del fornitore, deve però essere letto in chiave sostanziale con riferimento al concetto di infungibilità: è infatti l’oggettiva impossibilità di sostituire un determinato bene o servizio con alternative equivalenti a rendere legittima la concentrazione dell’affidamento su un solo soggetto. In quest’ottica, l’infungibilità non è menzionata espressamente dalla norma, ma ne costituisce il presupposto tecnico-funzionale, e richiede una motivazione rafforzata, fondata su evidenze tecniche attuali, verificabili e dimostrabili ab origine. La deroga è dunque esclusa nei casi in cui l’accertamento dell’unicità dell’operatore dipenda da una valutazione complessa o incerta, e non da una manifesta insostituibilità della prestazione oggetto di contratto. In questo quadro si inserisce anche la sentenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. III, 20 novembre 2020, n. 7239), che affronta il fenomeno del c.d. lock-in tecnologico, ossia la situazione di dipendenza della stazione appaltante da un fornitore pregresso, superabile solo con oneri eccessivi. Tale situazione, seppur frequente in ambito sanitario, non è sufficiente a giustificare l’affidamento in deroga, se non corredata da una verifica concreta sull’assenza di alternative equivalenti.
La stazione appaltante, quando afferma l’infungibilità di un prodotto
La stazione appaltante, quando afferma l’infungibilità di un prodotto (si pensi, ad esempio, ad un particolare dispositivo medico impiantabile), è tenuta a fornire una motivazione dettagliata. Il ruolo del RUP, in questo, è centrale: egli deve acquisire idonea relazione tecnica da parte del dirigente sanitario o responsabile clinico, e verificarne la congruità. È frequente, però, che si assista a richieste firmate “per presa visione” o “per conoscenza”, prive di analisi comparativa, che si limitano ad affermare che “il prodotto X è l’unico compatibile con la patologia in oggetto”. Una motivazione del genere non resiste né al vaglio dell’ANAC (v. Linee guida n. 8/2017, Delibera n. 950/2017), né a quello della giurisdizione contabile. Secondo l’ANAC, l’infungibilità può essere legittimamente invocata solo se “accertata l’assenza di alternative presenti sul mercato mediante idonea consultazione preliminare o adeguata istruttoria tecnica, aggiornata e documentata, e non fondata su mere consuetudini organizzative o su dichiarazioni
infungibilità negli appalti
unilaterali dell’utilizzatore finale”.
La Corte dei Conti ha più volte stigmatizzato la prassi degli affidamenti reiterati per presunta infungibilità, evidenziando la responsabilità contabile degli agenti pubblici laddove venga ignorata la disponibilità di soluzioni equivalenti a condizioni economiche più favorevoli. Il TAR Lazio – Roma, Sez. III, con sentenza 6 novembre 2019, n. 12735 ha ribadito che “la scelta di ricorrere alla procedura negoziata per infungibilità richiede un particolare rigore, ed è onere dell’amministrazione dimostrarne l’effettiva esistenza mediante approfondita istruttoria e concreta verifica dell’offerta sul mercato”. Non è dunque sufficiente il gradimento del personale sanitario o la pregressa esperienza positiva, se non supportati da evidenze oggettive. Le Linee guida ANAC n. 8, infine, insistono sull’obbligo per le stazioni appaltanti di procedere ad una consultazione preventiva di mercato, proprio per accertare se vi siano “prodotti equivalenti disponibili, che possano offrire le stesse garanzie tecniche, terapeutiche o economiche”. L’infungibilità, insomma, non può coincidere con una mera autodichiarazione, ma deve essere la conclusione finale di un processo istruttorio e comparativo.
Il ricorso all’affidamento diretto per ragioni di infungibilità
Il ricorso all’affidamento diretto per ragioni di infungibilità viene talvolta giustificato dalle Aziende Sanitarie con riferimento all’impossibilità di approvvigionarsi tramite le centrali di committenza. Tuttavia, la semplice inerzia o inefficienza di tali organismi aggregatori non è di per sé sufficiente a legittimare una deroga all’obbligo di centralizzazione degli acquisti. Ai sensi dell’art. 3, commi 1 e 6, del D.L. 95/2012 (conv. in L. 135/2012), le amministrazioni pubbliche sono tenute ad approvvigionarsi tramite Consip S.p.A. o altri soggetti aggregatori. Lo scostamento da tale obbligo è consentito solo in presenza di oggettive ragioni tecniche, adeguatamente motivate, che rendano impossibile o inadeguata l’acquisizione tramite tali canali. La motivazione, dunque, deve essere rafforzata e fondata su una puntuale istruttoria, non potendo basarsi su considerazioni generiche di ordine organizzativo né su presunte criticità operative non documentate. La Corte dei Conti ha chiarito che l’adozione di procedure in deroga prive di idonea verifica delle condizioni di mercato e della reale impossibilità di ricorrere agli strumenti centralizzati può integrare un illecito amministrativo, con conseguente responsabilità contabile. La sussistenza di un presunto ritardo nella risposta della centrale di committenza, o l’asserita urgenza clinica, non esime l’amministrazione dall’obbligo di avviare un’istruttoria tecnica puntuale, eventualmente
infungibilità negli appalti
documentando l’incompatibilità dell’esigenza sanitaria con le tempistiche o le specifiche tecniche della convenzione vigente. È utile richiamare alcuni casi in cui la giurisprudenza ha riconosciuto l’effettiva sussistenza dell’infungibilità:
• Pacemaker e defibrillatori già impiantati: in tali casi, la sostituzione deve avvenire con modelli pienamente compatibili, anche del medesimo produttore, per evitare rischi clinici.
• Protesi su misura: laddove la personalizzazione sia strutturale e non replicabile da altri produttori.
• Software gestionali integrati con sistemi diagnostici proprietari: se non esistono API o protocolli di interoperabilità e il passaggio a un altro sistema richiede -
rebbe la sostituzione di hardware già ammortizzato. In tutti questi casi, l’infungibilità non è presunta, ma oggettivamente provata. Il punto centrale è la dimostrabilità ex post della scelta. Il legislatore ha inteso, con il nuovo Codice, valorizzare la discrezionalità tecnica delle amministrazioni, ma senza derogare ai principi di concorrenza, trasparenza e buon andamento. Per farlo, serve una cultura amministrativa consapevole e un dialogo costante tra giuristi, medici e operatori del procurement sanitario. L’infungibilità non è un totem da invocare per semplificare, ma uno strumento delicato da maneggiare con rigore. Se davvero il prodotto è unico, sarà possibile dimostrarlo. Se non lo è, è doveroso gareggiare.
Luca Griselli - Studio Legale Griselli - Salina
L’avvalimento premiale per la certificazione della parità di genere al vaglio del Consiglio di Stato
La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 5345 del 18 giugno 2025, tratta con ampiezza di argomenti il tema dell’ammissibilità del c.d. avvalimento premiale (oggi disciplinato dall’art. 104 c. 12 del d.lgs. n. 36/23) in relazione alla certificazione della parità di genere di cui all’art. 46bis del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna di cui al d.lgs. n. 198/06, stabilendo principi che potranno orientare la prassi applicativa degli operatori economici e delle stazioni appaltanti.
Il caso di specie, la questione giuridica e la sentenza di primo grado
La vicenda trae origine da una gara per la fornitura di buoni pasto elettronici indetta dal Comune di Bolzano, appalto aggiudicato ad un operatore economico concorrente, anche grazie all’ottenimento di 2 punti “premiali” per il possesso della certificazione della parità di genere. La questione è nata perché il concorrente non era titolare in proprio di detta certificazione, ma l’ ha “acquisita” ai fini della partecipazione alla procedura di gara mediante avvalimento da altra impresa. Il TAR di Bolzano (sent. 20 febbraio 2025 n. 54) aveva annullato l’aggiudicazione ritenendo inammissibile tale forma di avvalimento, sulla scorta di un proprio precedente (sent. n. 257/2024), che, pur riferendosi ad una fattispecie differente, aveva ritenuto che la certificazione di parità di genere, attenendo ad una condizione soggettiva intrinseca dell’azienda, non avrebbe potuto costituire oggetto di un contratto di
La sentenza è particolarmente rilevante perché sottolinea come la ritenuta ammissibilità dell’avvalimento premiale per la certificazione non può consentire di derogare i rigorosi presupposti richiesti per il valido perfezionamento del relativo contratto
avvalimento, perché non assimilabile ad una risorsa da mettere a disposizioni di terzi che poi la potrebbero impiegare nell’esecuzione di un lavoro o di un servizio Secondo il TAR, infatti, sarebbe: “evidente che le “politiche e misure concrete adottate dai datori di lavoro” al fine di ridurre il divario di genere nella propria specifica realtà aziendale, non potranno essere efficacemente trasferite ad un’altra realtà aziendale, la quale verosimilmente potrebbe avere minori o anche maggiori divari in settori e aree anche del tutto diversi ”. Inoltre, al fine di giustificare ulteriormente il proprio convincimento (dissonante rispetto a decisioni assunte da altri TAR), il TAR Bolzano ha chiarito anche che, a suo avviso, la certificazione della parità di genere non cambierebbe immediatamente le caratteristiche tecniche del prodotto o del servizio offerto, essendo riferita ai processi aziendali di integrazione delle politiche di genere. Per tale ragione non sarebbe dunque “assimilabile tout court ad un certificato di qualità rilasciato da organismi indipendenti di cui all’art. 87” del Codice dei contratti pubblici e riferito a capacità tecniche e professionali dell’impresa, così come definite dall’art. 58, paragrafo 4, della direttiva 2014/24/ UE, suscettibile di avvalimento premiale per giurisprudenza maggioritaria”.
Il diverso approccio del C. di Stato: genesi e “ ratio ” dell’avvalimento premiale Nella sentenza qui brevemente annotata il Consiglio
di Stato ha disatteso la tesi del Giudice di primo grado, giungendo, tuttavia, a confermare l’accoglimento del ricorso della seconda classificata, ma per una ragione diversa da quella indicata dal TAR: non per l’asserita inammissibilità dell’avvalimento premiale relativo alla certificazione della parità di genere, quanto piuttosto per la genericità del contratto di avvalimento nella specie sottoscritto tra ausiliaria e impresa concorrente (ausiliata) ai fini del “prestito” di detto requisito. In primo luogo il C. di Stato ha evidenziato come il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023) abbia operato un “cambio di impostazione” rispetto al passato, superando le perplessità manifestate dalla giurisprudenza precedente e ricomprendendo espressamente “nell’ambito dell’avvalimento anche quella particolare figura indicata come avvalimento c.d. premiale, in cui il prestito delle risorse è diretto ad ottenere un punteggio più elevato e non invece il prestito dei requisiti di capacità mancanti ”. Questa evoluzione normativa, secondo i Giudici di Palazzo Spada, ha determinato la “liberalizzazione” dell’avvalimento premiale anche nella sua versione “pura”, ossia del prestito di dotazioni e risorse finalizzato esclusivamente a migliorare l’offerta, come oggi previsto dall’articolo 104 c. 12 del nuovo Codice. Tale liberalizzazione sarebbe in linea anche con la funzione “pro-concorrenziale” dell’avvalimento premiale e così con il fondamentale principio di matrice eurounitaria della concorrenza, che impone ai giudici nazionali di privilegiare, in sede interpretativa, le soluzioni ermeneutiche che “ne consentano l’operatività o che ne assicurino il più vasto campo di applicazione, al fine di garantire il cd. «effetto utile»”.
La natura delle certificazioni di qualità
Il Consiglio di Stato ha poi dedicato ampio spazio all’inquadramento della natura della certificazione della parità di genere che, secondo il Giudice di primo grado, non sarebbe stata assimilabile ad una qualsiasi altra certificazione di qualità aziendale. In particolare, la sentenza ha chiarito che tale certificazione, disciplinata dall›articolo 46-bis del d.lgs. n. 198 del 2006, “attesta l›adozione all›interno di un›azienda di un sistema di gestione conforme ad una specifica prassi (la UNI/PdR 125:2022) ed attiene, pertanto, all›organizzazione ed ai processi aziendali comprovando che si è prescelto un assetto di questi in grado di assicurare inclusione ed equità di genere ». Il che la rende parificabile ad “ un attributo del compendio aziendale (inteso ex art. 2555 c.c. quale ‹complesso dei beni organizzati dall›imprenditore per l›esercizio dell›impresa›), esportabile, come tale, nella sua oggettività da un›impresa all›altra ”. E’ stata poi evidenziata la “vicinanza” della certificazione della
parità di genere alla figura del «certificato di qualità», anche alla luce della definizione che di quest’ultimo è data dall’allegato II.8 al nuovo Codice che, al punto I, lo qualifica come “certificato rilasciato da un organismo di valutazione di conformità quale mezzo di prova di conformità dell’offerta ai requisiti o ai criteri stabiliti nelle specifiche tecniche, ai criteri di aggiudicazione o alle condizioni relative all’esecuzione dell’appalto ”. Anche il possesso della certificazione della parità di genere è un criterio premiale espressamente menzionato dall’art. 108 c. 7 del Codice e, dunque, come tale, sembra effettivamente sussumibile nel più ampio genus dei certificati di qualità, per i quali la giurisprudenza consolidata ammette l›avvalimento (Cons. Stato, sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 502; Cons. Stato, sez. III, n. 4418 del 2019).
L’interpretazione dell›articolo 108, comma 7 Un aspetto decisivo della sentenza concerne proprio l›interpretazione dell›articolo 108, comma 7, ultimo periodo, del nuovo Codice, secondo cui « Al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l›adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere ». Il Consiglio di Stato chiarisce che tale disposizione “si limita a imporre alle stazioni appaltanti la previsione di un criterio premiale di aggiudicazione legato al possesso della certificazione della parità di genere senza, tuttavia, prescriverne il necessario possesso diretto ” e precisa dunque che se il legislatore avesse inteso introdurre un divieto di avvalimento premiale per tale certificazione, lo avrebbe fatto espressamente intervenendo sulla disciplina dell’avvalimento e non su quella generale dei criteri di aggiudicazione.
I limiti dell›avvalimento: il requisito della specificità Infine, la sentenza è particolarmente rilevante perché sottolinea come la ritenuta ammissibilità dell’avvalimento premiale per la certificazione di cui all’art. 46 bis Codice pari opportunità non può consentire di derogare i rigorosi presupposti richiesti per il valido perfezionamento del relativo contratto. Tant’è che nel caso di specie il Consiglio di Stato ha accolto comunque il ricorso della seconda classificata, ritenendo che il contratto di avvalimento concluso tra la prima classificata e l’impresa ausiliaria ai fini del prestito del predetto requisito fosse nullo per indeterminatezza dell›oggetto, ai sensi dell’art. 104, comma 1, secondo periodo, del nuovo Codice. In particolare, il C. di Stato ha riscontrato l’esistenza di un oggetto non
determinato né determinabile, non recando il contratto la “indicazione specifica delle risorse messe a disposizione dell›operatore economico”. Il contratto si limitava infatti a formule tautologiche e ambigue, impegnando l›ausiliaria a “mettere a disposizione le risorse tecnico-organizzative in modo sufficientemente determinato e determinabile ” e a “mettere a disposizione il complesso organizzato di beni e risorse costituenti l›organizzazione aziendale globalmente considerata ”, senza alcuna specificazione concreta, in contrasto con i criteri elaborati dalla giurisprudenza al riguardo. Mentre secondo il Giudice la peculiare natura dell’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere richiede un vaglio attento del requisito della specificità, al fine di evitare forme abusive di avvalimento puramente cartolare. La necessità di specificità si riconnette inoltre all›esigenza di garantire che sia effettivamente perseguito l›obiettivo avuto di mira dal legislatore con l›art. 108, comma 7, del nuovo Codice, ossia la promozione dell›inclusione ed equità di genere nel settore delle commesse pubbliche.
Conclusioni
La sentenza è apprezzabile per la linearità e coerenza degli argomenti trattati, inserendosi nel più ampio processo di evoluzione del diritto degli appalti pubblici, che ha visto il superamento di una concezione meramente “contabilistica” dell›evidenza pubblica per farne strumento di tutela di interessi pubblici ulteriori, come l›ambiente, la tutela delle piccole e medie imprese o, nel caso di specie, l›uguaglianza di genere. La stessa avrà significative ricadute pratiche, avendo fornito chiare coordinate per l’utilizzo corretto dello strumento dell’avvalimento premiale in relazione alla certificazione della parità di genere, eliminando le incertezze interpretative che avevano caratterizzato la fase iniziale di applicazione del nuovo Codice. Il tutto senza rinunciare alla rigorosa applicazione dello standard di specificità richiesto per i contratti di avvalimento, necessario per impedire che l’istituto venga utilizzato “abusivamente” e in carenza del passaggio effettivo di risorse aziendali dall’impresa ausiliaria all’impresa ausiliata.
Filippo Brunetti - Studio Chiomenti
Accordi quadro nel settore sanitario tra predeterminazione delle percentuali di affidamento e rispetto del principio di appropriatezza terapeutica e soddisfacimento delle esigenze di vita del singolo assistito
Per quanto qui interessa occorre ricordare che, a tenore dell’art. 59, comma 4, del DLgs 36/2023, nel caso di accordo quadro concluso con più operatori economici l’esecuzione dell’accordo quadro avviene senza riaprire il confronto competitivo, quando l’accordo quadro contenga tutti i termini che disciplinano la prestazione dei lavori, dei servizi e delle forniture, nonché le condizioni oggettive, stabilite nei documenti di gara dell’accordo quadro, per determinare quale degli operatori economici parti dell’accordo effettuerà la prestazione” Aggiunge la medesima disposizione che “l’individuazione dell’operatore economico che effettuerà la prestazione avviene con decisione motivata in relazione alle specifiche esigenze dell’amministrazione”.
In relazione all’ipotesi disciplinata al predetto comma 4, il precedente comma 1 della medesima disposizione, per come modificato con il Correttivo, prevede che nel caso di accordo quadro con pluralità di operatori economici da eseguire senza riaprire il confronto competitivo “ la decisione a contrarre indica altresì le percentuali di affidamento ai diversi operatori economici al fine di assicurare condizioni di effettiva remuneratività dei singoli contratti attuativi”. Inoltre tale disposizione stabilisce che la decisione a contrarre debba in ogni caso indicare “le esigenze di programmazione sulla base di una ricognizione dei fabbisogni di ricorso al mercato per l’affidamento di lavori, servizi e forniture”.
Le nuove disposizioni suscitano numerosi dubbi interpretativi
A ben vedere, le nuove disposizioni non stabiliscono alcuna correlazione tra le percentuali di affidamento indicate nella determina a contrarre e la percentuale di contratti attuativi dell’accordo quadro che il singolo aggiudicatario dovrebbe ricevere onde mantenere l’effettiva remuneratività degli stessi. In altri termini, l’indicazione delle percentuali di affidamento ai diversi operatori economici non si traduce in alcun modo nella garanzia di attribuzione di un quantitativo minimo di fornitura. Nella norma in questione viene fatto riferimento alla ricognizione dei fabbisogni, ma da tale ricognizione (che determina un legitti-
mo affidamento sul fatto che l’assegnazione dei contratti attuativi avvenga in coerenza con tale ricognizione) non discende, a ben vedere, alcuno specifico obbligo in capo alla stazione appaltante, che rimane libera di non affidare le prestazioni individuate nella ricognizione dei fabbisogni nella loro integralità. In altri termini, rimane fermo il fatto che l’accordo quadro fissa i quantitativi massimi, ma non i quantitativi minimi. In ultima analisi, l’indicazione delle percentuali di affidamento non si traduce, in alcun modo, nell’attribuzione di un diritto in capo ai sottoscrittori dell’accordo quadro. Un ulteriore profilo di criticità, che si vuole specificamente approfondire con il presente scritto, riguarda la possibilità o meno di un effettivo equilibrio, nell’ambito degli accordi quadro nel settore sanitario, tra predeterminazione delle percentuali di affidamento e rispetto del principio di appropriatezza terapeutica e soddisfacimento delle esigenze di vita del singolo assistito. Si consideri quanto segue.
Accordi quadro nel settore sanitario e principio di appropriatezza terapeutica
Nel settore sanitario gli accordi quadro per la fornitura di dispositivi medici sono stati spesso strutturati come accordi quadro “multifornitore” conclusi con una pluralità di soggetti idonei a fornire i dispositivi in gara (i.e.: tutti i dispositivi “idonei” secondo le indicazioni delle specifiche tecniche). I dispositivi da fornire effettivamente, di volta in volta, venivano poi selezionati in base alle indicazioni fornite dai medici prescrittori, differenti per ogni singolo assistito, sulla base delle specifiche esigenze clinico-terapeutiche. Tale impostazione, che mal si concilia con la predeterminazione, già nella determina a contrarre, di “percentuali di affidamento” dell’accordo quadro, si basa proprio sulla valorizzazione del principio di appropriatezza terapeutica che, a livello di normativa comunitaria, trova la sua base nel considerando 61 della direttiva 2014/24/CE, il quale prevede che: “Le condizioni oggettive per stabilire quale tra gli operatori economici parte dell’accordo quadro debba svolgere un determinato compito, per
accordi quadro nel settore sanitario
esempio forniture o servizi destinati a essere usati da persone fisiche, possono includere, nel contesto di accordi quadro che stabiliscano tutti i termini, le esigenze o la scelta delle persone fisiche interessate”. Nella normativa nazionale il principio in questione è invece variamente disciplinato dal DPCM 12.01.2017 e, in particolare, negli allegati 11 (modalità di erogazione dispositivi monouso) e 12 (modalità di erogazione prestazioni di assistenza protesica). Ad esempio, con specifico riferimento ai dispositivi medici monouso, l’art. 11 del DPCM del 2017 conferma che “Le prestazioni che comportano l’erogazione dei dispositivi medici monouso di cui al nomenclatore allegato 2 al presente decreto, sono erogate su prescrizione del medico specialista effettuata sul ricettario standardizzato del Servizio sanitario nazionale”. In questa linea di ragionamento, per gli assistiti indicati all’art. 11, comma 1 (tracheostomizzati, ileostomizzati, colostomizzatie urostomizzati, agli assistiti che necessitano permanentemente di cateterismo, agli assistiti affetti da grave incontinenza urinaria o fecale cronica, e agli assistiti affetti da patologia cronica grave che obbliga all’allettamento), del DPCM 12.01.2017, l’art. , comma 1, dell’allegato 11 al medesimo DPCM specifica che “(…) Nell’indicazione del fabbisogno, la prima prescrizione tiene conto della eventuale necessità di verificare l’idoneità dello specifico dispositivo prescritto alle esigenze del paziente”. Il successivo comma 4 della medesima previsione stabilisce che: “Per l’erogazione degli ausili per stomia (…), le regioni adottano modalità di acquisto e di fornitura che garantiscano agli assistiti la possibilità di ricevere, secondo le indicazioni cliniche a cura del medico prescrittore, i prodotti inclusi nel repertorio più adeguati alle loro specifiche necessità e assicurano la funzione di rieducazione specifica. Ne deriva che le specifiche esigenze e necessità terapeutiche e riabilitative/rieducative del paziente devono trovare tutela sia nella fase di prima prescrizione, sia nella fase di continuità assistenziale/terapeutica. L’applicazione del criterio dell’appropriatezza terapeutico assistenziale (che è corollario di quello di libera scelta medico/specialistica) trova, quindi, espresso riconoscimento all’art. 11 e all’allegato 11 del DPCM che, nel
La predeterminazione delle percentuali di affidamento dell’accordo quadro, seppure debba essere indicata obbligatoriamente non determina alcuna garanzia di assegnazione di un quantitativo minimo di contratti attuativi e, nell’ambito sanitario, deve essere sempre coordinata con la preminente tutela del diritto alla salute
disciplinare le modalità di erogazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale dei dispositivi medici monouso, subordina in linea generale la stessa erogazione al “preliminare svolgimento delle seguenti attività: prescrizione, autorizzazione, fornitura e collaudo”. Infine, l’art. 1, co. 3 allegato 11 del DPCM 12.01.2017 prevede che l’aggiudicazione (anche) degli accordi quadro debba avvenire mediante procedure pubbliche di acquisto e sulla base di criteri di valutazione volti a garantire la capillarità della distribuzione dei dispositivi protesici, il rispetto di standard di qualità e la disponibilità di una gamma di modelli idonea a soddisfare specifiche esigenze degli assistiti. Ne consegue che, a valle della procedura ad evidenza pubblica per la stipula di un accordo quadro (che deve essere multifornitore), la formulazione degli ordinativi di acquisto sulla base delle pertinenti prescrizioni medico specialistiche e connesse esigenze terapeutiche del singolo assistito è l’unica modalità che consente di contemperare l’esigenza di disporre di prezzi formatisi nell’ambito di una procedura concorrenziale trasparente e non discriminatoria e, al contempo, di “una gamma di modelli idonea a soddisfare specifiche esigenze degli assistiti” assicurando anche il principio di appropriatezza terapeutico-prescrittiva e di libera scelta medica. La giurisprudenza ha ritenuto corretta tale impostazione perché “coniuga in modo equilibrato le esigenze dei pazienti bisognosi di specifici dispositivi, l’interesse dell’amministrazione di assicurarsi una vasta gamma di prodotti realizzati da una pluralità di imprese con risparmio di spesa e quello degli stessi operatori economici ad ampliare la platea dei possibili aggiudicatari, consentendo loro di accedere, sia pure pro quota, alla commessa dei peculiari presidi sanitari oggetto della fornitura. In tale prospettiva, oltre a giustificarsi pienamente la scelta del modulo dell’accordo quadro multi fornitore, senza ulteriore confronto concorrenziale tra gli aggiudicatari, ai sensi dell’art. 59, comma 7, del D. Lgs. n. 163/2006 e dell’art. 287 del d.P.R. n. 207/2010, trovano logica spiegazione anche i criteri individuati per assicurare “l’ordine di priorità” nella fase di esecuzione del rapporto
accordi quadro nel settore sanitario
contrattuale. Invero, il suindicato criterio della “appropriatezza terapeutica assistenziale” è ancorato a precisi ed oggettivi presupposti di tipo clinico, la cui sussistenza – certificata dai medici prescrittori – permette di superare il criterio preferenziale del prezzo più basso, temperandolo adeguatamente con l’esigenza di adattare il trattamento terapeutico agli specifici bisogni dell’ammalato”. (TAR Campania, Sez. I, 26 marzo 2014, n. 1792). Si deve aggiungere che il TAR Lombardia ha espressamente ritenuto incompatibile la predeterminazione di percentuali di affidamento dell’accordo quadro con il rispetto del principio di appropriatezza terapeutica. Più in dettaglio, il TAR ha ritenuto che alla luce delle disposizioni di cui al DPCM 12.01.2017, l’erogazione di un dispositivo medico monouso non può che avvenire dietro specifica indicazione del medico curante, unico in grado di valutare la necessità terapeutica del paziente e quindi la bontà del dispositivo da utilizzare nella cura. In particolare, il TAR ha rilevato che il principio di appropriatezza terapeutica “oltre a ricavarsi agevolmente dalle norme di cui sopra, è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa; sul punto sia consentito rinviare dapprima alla sentenza del TAR Lombardia, Milano, sez. IV, n. 994/2019 nella quale è stato affermato che, nell’ambito di un accordo quadro per la fornitura di apparecchi medici, è possibile derogare all’ordine fra imprese come risultante dalla classifica finale di gara per rispettare la prescrizione del medico e garantire così la continuità dell’assistenza a pazienti già in cura. Analogo principio è sostenuto nella sentenza del TAR Basilicata n. 373/2019, (…) Si ritiene, pertanto, necessario che la fornitura venga assegnata a una pluralità di offerte tecnicamente idonee ed a condizioni economicamente convenienti, in quanto deve essere garantita ai cittadini assistiti la libera scelta e ai medici prescrittori l’esercizio della discrezionalità tecnica nella scelta del presidio, tenuto conto delle caratteristiche clinico-assistenziale del paziente utilizzatore, al fine di garantire le migliori compatibilità con lo stesso». (TAR Lombardia, Milano, 18/05/2020, n. 833). Appare del tutto evidente, quindi, che la predeterminazione di percentuali di affidamento, da una parte, non aggiunge alcuna certezza di assegnazione di quantitativi minimi di contratti applicativi dagli operatori economici aggiudicatari dell’accordo quadro, consentendo il rispetto del principio dell’equilibrio contrattuale, come auspicato nella relazione al Correttivo e, dall’altra, nello specifico ambito sanitario risulta illogica nella prospettiva del principio di appropriatezza terapeutica e libertà di prescrizione medico specialistica.
Accordi quadro nel settore sanitario e scelta motivata dell’operatore economico che effettuerà la prestazione L’adozione della determina a contrarre relativa all’avvio di una procedura di gara per l’affidamento di un accor-
do quadro multifornitore per la fornitura di dispositivi medici richiede altresì una preventiva progettazione ai sensi dell’art. 41 del D.lgs 36/2023 nell’ambito della quale occorrerà necessariamente individuare le modalità operative per conciliare, in sede di affidamento dei contratti attuativi, l’appropriatezza terapeutica con la predeterminazione di percentuali di affidamento dell’accordo quadro. Come detto, è lo stesso DPCM 12.01.2017 a prevedere che, nella valutazione delle offerte per la fornitura di dispositivi medici monouso o protesici, la stazione appaltante debba obbligatoriamente adottare adeguati criteri di valutazione tecnico-qualitativa dell’offerta (“criteri di ponderazione”), che tengano in opportuna considerazione almeno la qualità della fornitura, la capillarità della distribuzione e la disponibilità da parte del fornitore di una gamma di modelli adeguati a soddisfare le esigenze dei pazienti: è dunque la stessa regolamentazione di settore ad imporre l’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per la selezione dell’offerta. Dunque, in linea di principio, l’affidamento dei contratti attuativi dovrà necessariamente tenere conto non tanto (e comunque non solo) del prezzo di aggiudicazione, ma anche della qualità del dispositivo medico offerto dal singolo aggiudicatario e ciò anche in termini di appropriatezza terapeutica. In altri termini, tra le condizioni oggettive da predeterminare in gara per l’affidamento dei contratti attuativi dovrà trovare specifico spazio il principio di appropriatezza terapeutica e dunque la motivazione clinica sarà alla base della motivata scelta della stazione appaltante necessaria, ai sensi dell’art. 59, coma 4, del Dlgs 36/2023, per l’individuazione dell’operatore economico che effettuerà la prestazione, non potendo risultare d’ostacolo le percentuali d’affidamento indicate in gara, che non possono essere vincolanti. Infatti, in linea con la giurisprudenza dianzi citata, è necessario considerare derogabili e non vincolanti le percentuali di affidamento indicate a partire dalla determina a contrarre qualora tale deroga si renda necessaria per rispettare l’appropriatezza terapeutica e quindi la prescrizione del medico e la garanzia di continuità dell’assistenza a pazienti già in cura ed il soddisfacimento delle esigenze terapeutico- riabilitative per i pazienti di primo arruolamento.
Nell’esprimersi sullo schema del Correttivo la 8^ Commissione del Senato ha rilevato che: “l’applicazione nell’ambito dei dispositivi medici (…) potrebbe limitare la possibilità da parte del medico di utilizzare il dispositivo più appropriato per il singolo paziente. La libertà prescrittiva e la libertà di scelta terapeutica, infatti, sono princìpi che in ultima analisi sono posti a tutela del paziente e del suo diritto a disporre di cure adeguate alla propria patologia. L’applicazione della norma potrebbe anche creare iniquità
tra i pazienti a seconda della disponibilità dei diversi dispositivi aggiudicati nei diversi momenti di durata della fornitura. Sebbene la regola prevista dallo schema in esame sia ispirata da logiche di tutela degli investimenti e dell’equilibrio contrattuale, il sistema per quote introdotto potrebbe limitare la libertà prescrittiva del medico, ponendo così un potenziale conflitto tra il Correttivo e il principio di carattere generale da ultimo espresso dalla sentenza del TAR Lombardia 833/2020. In assenza di interventi chiarificatori, le amministrazioni potrebbero adeguarsi alla regola del Correttivo e/o essere obbligate a reintrodurre un sistema per quote anche nel caso di forniture di dispositivi medici. Valuti pertanto il Governo l’opportunità di prevedere un’eccezione alla regola introdotta dallo schema in esame dando facoltà alle stazioni appaltanti di non applicarla per gli acquisti di dispositivi medici, in particolare di classe IIb e III (es. impiantabili salvavita)”. Allo stesso modo la Conferenza Unificata Stato/Regioni nel rendere il proprio parere sullo schema del Correttivo in relazione alla predeterminazione delle percentuali di affidamento degli accordi quadro (parere 3 dicembre 2024, n. 153/CU) ha rilevato che “occorre tener conto delle caratteristiche dei pazienti e quindi non è sempre possibile definire quote di utilizzazione ed occorre tener conto dell’appropriatezza terapeutica”. Conseguentemente il Ministero delle Infrastrutture aveva proposto l’inserimento nella norma della seguente deroga: “La stazione appaltante fornisce congrua motivazione in ordine alle ragioni che non consentono di indicare le percentuali di affidamento ai sensi del presente comma”. Le indicazioni della 8^ Commissione del Senato, della Conferenza Stato-Regioni e del Ministero Infrastrutture non sono state recepite, ma costituiscono prova evidente delle difficoltà applicative che determina l’obbligo di predeterminazione delle percentuali di affidamento dell’accordo quadro e del fatto che le medesime non possono essere considerate vincolanti.
Le modalità operative da seguire ad esito della predeterminazione delle percentuali di affidamento Alla luce di quanto si è andato esponendo appare chiaro che la predeterminazione delle percentuali di affidamento dell’accordo quadro, seppure debba essere indicata obbligatoriamente (stando al tenore letterale del comma 4 dell’art. 59 del Dlgs 36/2023, per come modificato dal Correttivo), non determina alcuna garanzia di assegnazione di un quantitativo minimo di contratti attuativi e, nell’ambito sanitario, deve essere sempre coordinata con la preminente e prevalenteesigenza di tutela del diritto alla salute e quindi con la garanzia di appropriatezza terapeutica. Non potrà quindi opporsi l’esaurimento della percentuale di affidamento qualora un determinato dispositivo risulti necessario per il soddisfacimento di specifiche esigenze terapeutico assistenziali. Si deve anche aggiungere
accordi quadro nel settore sanitario
che tra le condizioni oggettive per determinare, sulla base di decisione motivata della stazione appaltante, quale degli operatori economici parti dell’accordo quadro effettuerà la singola prestazione, da predeteminare nella disciplina di gara ai sensi dell’art. 59, comma 4, lett. a) del lgs 36/2023, necessariamente devono rientrare la prescrizione medico specialistica e, in ogni caso, il soddisfacimento delle specifiche esigenze e necessità terapeutiche e di abitudine di vita del singolo paziente.
Conclusioni
La predeterminazione, già nella determina a contrarre, delle percentuali di affidamento degli accordi quadro è stata inserita per offrire agli operatori economici maggiore certezza rispetto all’equilibrio contrattuale ed alle scelte d’investimento. Su questo profilo con il Correttivo nulla è cambiato veramente, atteso che – seppure le percentuali debbano essere definite sulla base delle stime di fabbisogno – tali stime spesso si rivelano inattendibili ed in ogni caso difetta la garanzia dell’assegnazione di un determinato quantitativo minimo di contratti attuativi. Per converso, soprattutto nel settore sanitario, l’introduzione di rigide percentuali di affidamento non consente il rispetto del diritto alla salute ed il principio di appropriatezza terapeutica e libertà prescrittiva medico specialistica, presidiato sia dal considerando 61 della direttiva 2014/24/CE che dal DPCM 12.01.2017. Ne deriva che dette percentuali non sono vincolanti e l’eventuale esaurimento della percentuale di affidamento non potrà essere opposta per non dare attuazione al principio di appropriatezza terapeutica e l’assegnazione dei contratti attuativi dovrà avvenire proporzionalmente alle percentuali di affidamento, ma anche in questo caso salva la necessità di rispettare il diritto alla salute degli assistiti e l’appropriatezza terapeutica del dispositivo erogato al singolo assistito.
qualificazione stazioni appaltanti
Michele Lo Squadro - Funzionario Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura - AGEA, già Avvocato del Foro di Roma
Il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza: al via le istanze di rinnovo per il biennio 2025-27
Per il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza partito a luglio 2023 è iniziato il primo giro di boa. Tutte le amministrazioni già qualificate potranno rinnovare la propria qualificazione che è in scadenza per tutte il 30 giugno 2025. La scadenza è la medesima per tutte le stazioni appaltanti visto che ANAC ha deciso di rendere la deadline omogenea. Ne consegue che anche le stazioni appaltanti, che per ipotesi avessero ottenuto la qualificazione nei primi mesi del 2025, dovranno obbligatoriamente richiedere l’aggiornamento della qualificazione ottenuta. Ciò mal si concilia, tuttavia, con la previsione normativa che attribuisce alla qualificazione durata biennale. Il servizio di qualificazione delle stazioni appaltanti, messo a disposizione da ANAC, consente l’invio della domanda di iscrizione nell’elenco delle stazioni appaltanti qualificate ai sensi degli artt. 62 e 63 del D.Lgs. 36/2023. Ai servizi dovrà accedere il responsabile per l’Anagrafe Unica (RASA) che provvederà all’invio della domanda di qualificazione per conto della stazione Appaltante/centrale di committenza.
Le fasce di qualificazione
A seguito
niture fino alla soglia di 750.000 euro e per lavori fino a 1 milione di euro;
b) qualificazione intermedia o di secondo livello, per servizi e forniture fino a 5 milioni di euro e per lavori fino alla soglia di cui all’articolo 14;
c) qualificazione avanzata o di terzo livello, senza limiti di importo;
dell’inserimento dei dati, ANAC fornirà indicazioni sul livello di qualificazione raggiunto, applicando i criteri previsti dal D.Lgs. 209/2024, come da Delibera n. 236 del 3 giugno 2025, “I nuovi criteri previsti per il sistema di qualificazione per la fase di progettazione e affidamento nel D.Lgs. 36/2023 a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 209/2024”
La qualificazione per la progettazione, l’affidamento e l’esecuzione si articola in tre fasce di importo: a) qualificazione base o di primo livello, per servizi e for-
Ogni stazione appaltante o centrale di committenza può effettuare le procedure corrispondenti al livello di qualificazione posseduto e a quelli inferiori.
La qualificazione ha ad oggetto le attività che caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, servizio o lavoro in relazione ai seguenti ambiti e riguarda:
a) la capacità di progettazione tecnico-amministrativa delle procedure;
b) la capacità di affidamento e controllo dell’intera procedura; c) la capacità di verifica dell’esecuzione contrattuale, ivi incluso il collaudo e la messa in opera.
Le stazioni appaltanti e le centrali di committenza possono essere qualificate anche solo per la progettazione e l’affidamento di lavori oppure per la progettazione e l’affidamento di servizi e forniture o, alle condizioni indicate nell’allegato II.4, per la sola esecuzione di lavori o di servizi e forniture
I requisiti di qualificazione I requisiti di qualificazione per la progettazione e l’affidamento sono disciplinati dall’allegato II.4 e attengono:
a) all’organizzazione della funzione di spesa e ai processi; b) alla consistenza, esperienza e competenza delle risorse umane, ivi incluso il sistema di reclutamento e la adeguata formazione del personale;
c) all’esperienza maturata nell’attività di progettazione, affidamento ed esecuzione di contratti, ivi compreso l’eventuale utilizzo di metodi e strumenti di gestione informativa delle costruzioni.
In merito al requisito della formazione l’Autorità ha adottato un atto a carattere generale in data 2 luglio 2025 con cui sono state fornite alcune indicazioni operative. In particolare, è stato chiarito che: la formazione spendibile ai fini dell’ottenimento del relativo punteggio è quella svolta nel triennio precedente la presentazione dell’istanza di qualificazione per la fase di progettazione e affidamento; con riguardo alle domande presentate per il periodo di qualificazione successivo al 30 giugno 2025 ANAC precisa che, a partire dal 1° gennaio 2025, in fase di autodichiarazione saranno spendibili solamente i corsi erogati da enti pubblici e/o privati accreditati tramite il sistema di accreditamento SNA; per il periodo antecedente alla data del 1° gennaio 2025, saranno spendibili, ai fini dell’ottenimento del punteggio, tutti i corsi di formazione erogati prima di tale data a prescindere dal loro accreditamento SNA (operante a partire dal mese di novembre 2024).
Con riguardo alle domande di qualificazione per la fase di esecuzione l’ANAC chiarisce che ai fini dell’ottenimento del livello di qualificazione saranno considerati validi, a partire dall’entrata in vigore del sistema di accreditamento
qualificazione stazioni appaltanti
SNA, solamente i corsi erogati da enti pubblici e/o privati accreditati tramite il sistema di accreditamento SNA. Precedentemente all’entrata in vigore del suddetto sistema l’Autorità precisa che in fase di autodichiarazione saranno considerati validi tutti i corsi di formazione rientranti negli ambiti tematici indicati di seguito a prescindere dal loro accreditamento SNA:
• La stipula del contratto;
• L’avvio dell’esecuzione;
• Il direttore dell’esecuzione;
• Varianti in corso d’opera;
• Il subappalto;
• Sospensioni, proroghe e risoluzioni;
• Il collaudo e la verifica di conformità;
• La digitalizzazione del ciclo contrattuale;
• Le piattaforme digitali;
• Il fascicolo virtuale dell’operatore economico;
• La Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP).
Per il livello intermedio e per il livello avanzato di qualificazione, i corsi di formazione possono altresì avere ad oggetto, oltre agli ambiti tematici sopra descritti, uno o più dei seguenti ambiti tematici:
• La contabilità dei lavori;
• La prevenzione della corruzione con riferimento alla fase di esecuzione;
• Sistemi alternativi di risoluzione delle controversie e contenzioso;
• Gestione di piani economici e finanziari e dei rischi;
• Sostenibilità e ciclo di vita dell’appalto;
• Simulazioni e casi pratici.
qualificazione stazioni appaltanti
In ordine alla formazione richiesta per la fase di esecuzione, nel rispetto dei termini sopra indicati, sono spendibili anche i corsi svolti dal dipendente per la fase di affidamento, a patto che essi contengano i moduli per la specifica fase e che tali moduli abbiano una durata minima come prevista dalle tabelle C bis e C ter dell’Allegato II.4.
Presentazione delle domande dopo il 30 giugno 2025
Per quanto riguarda le modalità operative per la presentazione dell’istanza di qualificazione con avviso del 25 giugno 2025 l’Autorità ha comunicato che per la presentazione delle istanze per il periodo successivo al 30 giugno 2025 il sistema di qualificazione è stato aggiornato ed è ora pienamente attiva la funzionalità di invio delle istanze.
A seguito dell’inserimento dei dati, ANAC fornirà indicazioni sul livello di qualificazione raggiunto, applicando i nuovi criteri previsti dal D.Lgs. 209/2024, come dettagliato nella Delibera n. 236 del 3 giugno 2025, «I nuovi criteri previsti per il sistema di qualificazione per la fase di progettazione e affidamento nel D.Lgs. 36/2023 a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 209/2024». È importante ricordare inoltre che:
• fino al momento dell’invio definitivo, è sempre possibile consultare l›esito del calcolo e il punteggio assegnato;
• fino al momento dell’invio è possibile eliminare un’istanza già inserita e sostituirla con una nuova, per aggiornare i dati;
• tutte le istanze dell’ambito Progettazione e Affidamento che risultino nello stato “Elaborate” o “Calcolate”, ma non inviate entro le 23:59 del giorno di elaborazione, saranno automaticamente riportate nello stato “Inserite” per consentire l’aggiornamento dell’insieme di gare utili al calcolo del livello di qualificazione.
• le stazioni appaltanti e le centrali di committenza possono presentare domanda di qualificazione e di revisione della qualificazione in qualunque momento. È anche possibile presentare più domande nel corso del biennio: ciascuna nuova istanza comporta il ricalcolo dell’orizzonte temporale dei requisiti sulla base della data di presentazione. Tuttavia, una volta inviata, la nuova domanda sostituisce in modo irreversibile la precedente, senza possibilità di recuperare lo stato o il punteggio della domanda precedente. Ogni nuova istanza presentata determina un autonomo biennio di validità, decorrente dalla data di invio della domanda stessa.
Ai fini dell’invio dell’istanza ANAC ha messo a disposizione delle stazioni appaltanti due simulatori, uno per il settore di qualificazione “lavori” e uno per “servizi/ forniture”, utili a comprendere il meccanismo di calcolo
del punteggio, corredati da un documento esplicativo. È stato inoltre predisposto un documento denominato “Guida al file Excel”, a supporto della lettura del file di download delle gare utilizzate per il calcolo del punteggio di qualificazione. Per quanto riguarda la fase dell’esecuzione l’Autorità ricorda che dal 01/01/2025 è possibile inviare istanze anche in tale ambito di qualifica. Ricorda inoltre che a decorrere dalla stessa data (ex art. 88 D.lgs. 31 dicembre 2024 n. 209) le stazioni appaltanti e le centrali di committenza già qualificate per la progettazione e l›affidamento di lavori, di servizi e forniture o di entrambi le tipologie contrattuali sono qualificate anche per l›esecuzione rispettivamente di lavori, di servizi e forniture o di entrambi le tipologie contrattuali per i corrispondenti livelli di qualifica. Pertanto, le stazioni appaltanti qualificate presenti esclusivamente negli elenchi Lavori e/o Servizi e Forniture dell›ambito «Progettazione e affidamento» sono da intendersi qualificate anche per l’ambito “Esecuzione” per i corrispondenti livelli di qualifica per Lavori e/o Servizi e Forniture.
Gli ultimi dati sul sistema di qualificazione Secondo l’ultimo report pubblicato da ANAC che raccoglie i dati sul sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza emerge che il totale delle amministrazioni qualificate, alla data del 31 marzo 2025, si attesta a 4839, per il settore dei lavori si attesta a 3427 unità (di cui 545 solo per lavori e 2882 per entrambi i settori) mentre il totale delle amministrazioni qualificate per il settore dei servizi e forniture si attesta a 4294 unità (di cui 1412 solo per servizi e forniture e 2882 per entrambi i settori). Alla data del 31 marzo 2025 il 59,5% delle amministrazioni sono qualificate per entrambi i settori, il 29,2% per sole forniture e il 11,3% per il solo settore dei lavori. Dalla lettura dei dati emerge che la struttura del sistema di approvvigionamento per lavori è similare a quello per servizi e forniture. Il 55,2% delle amministrazioni è qualificato per il livello massimo L1 e il 58,2% è qualificato per SF1. Tali percentuali raggiungono il 76,4% per il settore lavori e per il settore servizi e forniture nel caso dei soggetti che svolgono funzioni di centralizzazione delle committenze. Le amministrazioni qualificate non svolgono, in prevalenza, funzioni di centralizzazione delle committenze, infatti solo circa il 14% delle amministrazioni qualificate per lavori appartiene alla categoria delle centrali di committenza (487 su 3427); il dato scende nel caso dei servizi e forniture attestandosi al 11%. Infine, il numero dei soggetti abilitati per i contratti di partenariato è pari al 38% del totale nel caso dei lavori e al 36% nel caso dei servizi e forniture, quindi, anche in questo caso non si rilevano sostanziali differenze tra i due settori.
Gabriele Tricamo - Studio legale AOR- Milano
Interpretazione dei bandi di gara relativi a dispositivi medici - Criterio teleologico/ funzionale e favor partecipationis –
Sull’utilizzo della verificazione giudiziale a supporto di varie opzioni interpretative
(Note minime su Consiglio di Stato, Sezione III, n. 5294 del 17 giugno 2025)
Con una recente pronuncia il Consiglio di Stato risolve una complessa controversia che ha visto opposte due imprese di settore (XVivo S.r.l e Aferetica S.r.l), in ordine all’interpretazione di un bando di gara indetto dalla centrale di committenza Ente di supporto tecnico – amministrativo della Regione Toscana (di seguito solo “Estar”) per l’affidamento mediante convenzione della fornitura in service in favore delle AASS della Regione Toscana di un sistema di perfusione ex-vivo del graft epatico, comprensivo del relativo materiale di consumo. La ricorrente aveva contestato l›intervenuta aggiudicazione a XVivo sostenendo che il dispositivo per la perfusione Liver Assist da essa offerto non sarebbe stato conforme agli speciali requisiti tecnici richiesti nel bando ed in particolare non avrebbe consentito di poter regolare la temperatura di perfusione nel range ipotermico (4-11).
eventuale illecito dichiarativo, ha seguito un approccio -per certi versi- innovativo rispetto a precedenti arresti giurisprudenziali.
Pur avendo optato per l’interpretazione del bando attraverso il criterio teleologico-funzionale per il perseguimento delle finalità pro-concorrenziali e conservative dello stesso, il Collegio ha ritenuto opportuna una verificazione giudiziale disposta con apposita ordinanza al fine di poter congruamente motivare la scelta fra più ipotesi interpretative delle clausole del bando che venivano prospettate.
Il giudice amministrativo non si è limitato ad applicare criteri generali, ritraendosi dalle questioni tecniche appannaggio di scelte della Stazione
Appaltante,
ma ha ritenuto di dover verificare quale interpretazione del bando avrebbe potuto essere
ritenuta rispondente all’obiettivo perseguito
Per di più, secondo la tesi della ricorrente, la ditta aggiudicataria, avendo prodotto in gara documentazione tecnica non conforme a quella indicata da altre fonti ufficiali del produttore svedese in relazione alla temperatura di perfusione in ipotermia, sarebbe incorsa in illeciti dichiarativi per i quali avrebbe meritato di essere esclusa dalla gara ai sensi dell’art.f- bis e/o c-bis) ed in subordine del comma 5 dell’art. 80 d.lgs. 50/2016. Il Consiglio di Stato, nel respingere le tesi del ricorso sia con riferimento ai criteri di interpretazione del bando di gara, sia riguardo ai presupposti per poter accertare un
In ciò risiede a mio avviso il principale motivo d’interesse di una pronuncia in cui il giudice amministrativo non si è limitato ad applicare criteri generali, ritraendosi dalle questioni tecniche appannaggio di scelte della Stazione Appaltante, ma ha ritenuto di dover verificare, con l’adeguato supporto conoscitivo del verificatore, quale interpretazione del bando avrebbe potuto essere ritenuta rispondente all’obiettivo perseguito al fine di appurare (in concreto) se le clausole del bando fossero tali da tener conto del requisito funzionale effettivamente richiesto al dispositivo medico sulla base della letteratura scientifica e della pratica clinica.
La tesi secondo cui il requisito tecnico inteso come capacità del dispositivo di preimpostare un preciso grado di temperatura nel range ipotermico era sostenuta dall›impresa ricorrente in quanto produttrice di un dispositivo che permetteva tale funzionalità, di contro l’aggiudicataria nel
normazione
respingere detta interpretazione, ritenuta anticoncorrenziale, sosteneva come non fosse in alcun modo dimostrata l›utilità di detta funzionalità in relazione alla corretta perfusione dell›organo in ipotermia.
Proprio ragionando sull›elemento funzionale il Collegio: “ha ritenuto opportuno lo svolgimento di uno specifico approfondimento istruttorio mediante verificazione, reputando che la finalità specifica della strumentazione avrebbe potuto chiarire in che senso ed entro che limiti debba intendersi il requisito della “regolabilità” termica, nell’alternativa posta dalle due opzioni interpretative perorate dalle parti in causa e sopra illustrate.
Cogliendo appieno il senso del quesito postogli, il Verificatore ha precisato che “i dati di letteratura internazionale e l’esperienza clinica ci suggeriscono che, durante la perfusione ex vivo ipotermica del graft epatico, la temperatura è variabile, ed è compresa prevalentemente in un range tra 4 e 10°C, in assenza di un target specifico di temperatura all’interno di questo range. Ai fini clinici, i dati suggeriscono che nel sistema di perfusione ex-vivo del graft epatico di donatore DCD, in condizioni di ipotermia, non è necessario individuare e selezionare una temperatura specifica all’interno di questo range, ma è evidente è che la temperatura non deve superare i 12°C”.
Ha poi aggiunto che: “a fronte di una clausola dal contenuto non univoco, ma alla quale si riconnette una portata escludente, l’interprete deve privilegiare il criterio del favor partecipationis, assecondando l’applicazione della disposizione che consenta la massima partecipazione possibile alla procedura (ex plurimis, v. Cons. Stato, sez. III, n. 10932/2022), nel rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all’oggetto di gara (v. Cons. Stato, sez. VI, n. 6826/2023; sez. V, n. 7649/2023)”.
Mi pare che il passaggio motivazionale sopra riportato meriti di essere sottolineato per la sua innovatività, in quanto segnale della tendenza ad un più intenso sindacato esterno del GA sui capitolati tecnici in funzione della migliore e corretta interpretazione delle loro clausole, specie se potenzialmente escludenti. Se, infatti, da un lato non è nuovo il ricorso da parte del giudice al criterio teleologico/funzionale per l’interpreta-
zione del bando, allorquando non ne appaiano utilmente applicabili altri ed, in particolare, quello testuale1, dall’altro non è consueto che il criterio venga nella sua applicazione supportato dall’attività del verificatore cui, nella specie, è stato demandato l’accertamento di fatti tecnico/ scientifici, indispensabili per risolvere la denunciata ambiguità della clausola contenuta nel bando2 previo accertamento dell’ utilità o indispensabilità del requisito tecnico della capacità di impostazione in uno specifico grado del dispositivo, ai fini della perfusione ipotermica3. Quanto agli effetti processuali della relazione del verificatore giudiziale, la pronuncia conferma quindi quanto affermato in altri arresti (cit. nota 2) circa la vincolatività delle conclusioni ove non manifestamente illogiche: “La presenza del Verificatore sta e cade, infatti, in relazione proprio ad un’esigenza di carattere tecnico di accertamento di fatti o di valutazioni tecniche, in questi limiti e in questo ambito giustificando l’assunto per cui le conclusioni cui l’organo perviene, nei confini del sindacato esterno del giudice amministrativo, si sottraggono alle censure di illogicità e di non corretto apprezzamento dei presupposti” (Cons. St., sez. IV, 17 febbraio 2014, n. 742; id., sez. III, 18 marzo 2013, n. 1571).
Ulteriore passaggio della sentenza che merita una riflessione è quello relativo alle valutazioni della SA in tema di illeciti dichiarativi rilevanti ai sensi dell’art. 80 comma 5 bis ll. f e lett. c-bis d.lgs 50/2016.
La materia, come noto, specie nella formulazione previgente e successivi aggiornamenti (d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56), rispetto alla nuova disciplina codicistica del 2023 ha offerto spesso motivo di contrasti giurisprudenziali superati solo dalla fondamentale pronuncia dell’AP del Consiglio di Stato n.16 del 28 agosto 2020, nella quale si è definitivamente chiarito l’ambito applicativo della lettera f-bis) (che “viene giocoforza a restringersi alle ipotesi - di non agevole verificazione - in cui le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità”) e quello della diversa fattispecie di cui alla lettera c-bis, alla luce dei noti e a volte incerti limiti del sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità amministrativa in ordine ai giudizi di
1 Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 22 novembre 2024, n. 9418,in cui si è affermato che laddove l’interpretazione letterale risulti fallace e da essa discenda l’impossibilità della prestazione, si rende doveroso l’utilizzo del criterio teleologico/funzionale per il perseguimento della finalità pro-concorrenziale e di quella conservativa delle disposizioni del bando.
2 Osserva il Collegio sulla clausola e il suo incerto tenore letterale ” L’elemento testuale ricavabile dalla legge di gara – richiedente, come visto, un sistema in grado di “consentire, a seconda delle necessità cliniche, di poter essere impiegato a temperatura regolabile, dalle condizioni ipotermiche (4-11°C), alle sub-normotermiche (25°C), alla normotermia (32-37°C)” – non offre argomenti risolutivi sul punto, in quanto dalla riportata formulazione letterale non è dato evincere in modo univoco se il requisito della regolabilità sia da intendersi come riferito a tre macrocategorie termiche (distinte con i prefissi “ipo”, “sub” e “normo”), e quindi alla possibilità di passaggio dall’una all’altra, ovvero anche come capacità di impostazione del macchinario su singoli gradi termici. 7.5. Se ciò che viene indicato come regolabile è infatti la “temperatura”, al contempo la prescrizione punta a garantire il passaggio da una “condizione termica” all’altra (ognuna definita da un range tra minimo e massimo), e questa specifica puntualizzazione: -- sul piano testuale, contraddice la necessità di regolazione di una specifica temperatura; -- dal punto di vista logico, risulterebbe del tutto pleonastica se la legge di gara avesse inteso richiedere la calibrazione del dispositivo sul singolo gradiente termico.
3 Sulla verificazione giudiziale, vedi G. Clemente di S. Luca, Verificazione e consulenza tecnica d’ufficio nel quadro dei mezzi di prova esperibili nel processo amministrativo, in Dir e proc. amm., 3/2018, 777. Per un precedente in cui la verificazione giudiziale, ritenuta vincolante per il giudice, è stato utilizzato per la verifica del principio di equivalenza che ammette alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti, vedi Consiglio di Stato, III, 7-1-2022 n. 65; Consiglio di Stato, III, 5-2-2018 n. 747.
affidabilità dell’operatore alla luce delle dichiarazioni dallo stesso rese e dalla documentazione dallo stesso prodotta. Nella vicenda il collegamento fra l’interpretazione del bando e l’inidoneità di alcune incongruenze documentali contenute nelle IFU prodotte in gara ai fini della decisione di aggiudicazione era del tutto evidente ed è stato correttamente posto in evidenza dal Consiglio di Stato. Infatti, la ricorrente in sostanza lamentava che l’intervallo termico sarebbe stato maliziosamente o negligentemente ampliato nella documentazione tecnica versata dall’aggiudicataria in gara, aggiungendo il segmento 4°-11° a quello (12°-37°) riportato nei documenti ufficiali. Tuttavia come osservato dal Collegio: “è la stessa Aferetica a riconoscere che nelle IFU depositate in gara (p. 24) è precisato che “al di sotto dei 12°C, il sistema si raffredda continuamente, anziché regolarsi su di una determinata impostazione di temperatura, per consentire una temperatura di perfusione inferiore” (pag. 7 ricorso di primo grado); -- poiché, come già ripetutamente esposto, Aferetica stessa riconosce la bontà dell’indicazione fornita in corso di gara, poiché ammette (e assume a fondamento delle sue ulteriori deduzioni) che “il dispositivo di XVIVO permette di abbassare la temperatura di perfusione fino a 4°- mediante raffreddamento con ghiaccio - ma non è in grado di regolarsi su una specifica impostazione di temperatura nell’intervallo ipotermico 4°- 11° C” (pag. 7 ricorso di primo grado) deve concludersi che: a) diversamente da quanto assume Aferetica (v. p. 8 della prima memoria ex art. 73 c.p.a.), non è vero che Xvivo ha millantato la possibilità di impostare/regolare la temperatura al di sotto dei 12 °C e fino ad 1 °C, occultando il fatto che il suo dispositivo dispone della sola possibilità di “possibilità di scendere al di sotto dei 12 °C”: come esposto, l’informazione è stata fornita con un dettaglio (riconosciuto come veritiero dalla stessa
4 Tar Campania, Napoli, sez. V, 06.05.2024, n. 2959
Aferetica) che chiariva entro che limiti e con quale modalità il macchinario raggiungeva l’ipotermia”. In definitiva, conclude: “il quadro istruttorio è quindi ben lungi dal poter legittimare - su basi sufficientemente oggettive - una qualche affermazione di falsità delle informazioni rese da Xvivo, e ciò ferma restando la considerazione che le caratteristiche tecniche dei dispositivi medici sono dei dati oggettivi che esistono o non esistono e che possono essere provati in vari modi “non potendosi invero ragionevolmente ritenere che le IFU siano il solo strumento idoneo a provare le caratteristiche del prodotto, anche perché, tra l’altro, questa non è la loro funzione principale” (Cons. Stato, sez. III, n. 255/2024)”. Alla luce di quanto sopra, si conferma nella sentenza un approccio sostanzialistico nella lettura dei bandi di gara e della loro interpretazione, che anticipa i principi della fiducia e del risultato positivizzati dal d.lgs. 36/2023, come già affermato in alcune recenti pronunce in cui si è ritenuto che: “sussistendone i presupposti, la stazione appaltante deve operare il giudizio di equivalenza non già attenendosi a riscontri formalistici con le prescrizioni della legge di gara, ma sulla base di criteri di conformità sostanziale (e funzionale) delle soluzioni tecniche offerte”. A conferma di ciò, il giudice ha ricordato che “le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non possono essere intese come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento” (Consiglio di stato, sez. III, 06/09/2023, n. 8189)4
Approccio questo che non può non essere salutato con favore, risolvendosi in una valorizzazione nell’ambito della contrattualistica pubblica dell’interesse pubblico generale all’ottenimento delle migliori prestazioni contrattuali con il massimo possibile vantaggio.
Stefano Cassamagnaghi - Fondatore di Castlex
Accordi quadro multifornitore in ambito sanitario alla luce del Decreto Correttivo
Il Decreto Correttivo (D. Lgs. 209/2024) al Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 36/2023) ha introdotto, per gli accordi quadro “multifornitore” senza riapertura del confronto competitivo, l’obbligo di prevedere nella determina a contrarre le percentuali di affidamento ai diversi operatori economici al fine di assicurare condizioni di effettiva remuneratività dei singoli contratti attuativi. Nella Relazione illustrativa allo Schema del Decreto Correttivo si precisa che la ratio delle modifiche introdotte è volta a “…tutelare le esigenze di investimento degli operatori economici aggiudicatari dell’accordo quadro e le loro legittime aspettative in ordine alla stipula dei contratti attuativi, consentendo il rispetto del principio dell’equilibrio contrattuale. Tali disposizioni hanno la specifica finalità di assicurare una effettiva remuneratività dei singoli contratti attuativi ”. La nozione di “effettiva remuneratività dei singoli contratti attuativi” è il risultato di un affinamento, in sede di lavori parlamentari, del testo normativo che inizialmente precisava che lo scopo della novella era quello di “ assicurare l’equilibrio di ciascun contratto ”, espressione comunque divergente dalla proposta formulata dal Consiglio di Stato nel parere reso sullo Schema del Decreto Correttivo di “assicurare un affidamento equilibrato dei contratti attuativi”. In tale parere, il Consiglio di Stato ha in particolare rilevato che: “L’articolo 15 introduce, novellando in parte qua l’articolo 59 del Codice, talune modifiche alla disciplina degli accordi quadro, prevedendo, sotto un primo profilo: a) che, nel caso di ricorso a tale modalità di affidamento, la decisione di contrarre debba, in termini generali, recare specifica evidenziazione delle “esigenze di programmazione sulla base di una ricognizione dei fabbisogni di ricorso al mercato” (articolo 59, comma 1, secondo periodo); b) che, in caso di opzione per accordi quadro cc.dd. multioperatore completi (relativamente ai quali – ai sensi dell’articolo 59, comma 4, lettera a) – per un verso il contratto normativo definisce esausti-
vamente i “termini” delle prestazioni negoziali e, per altro verso, i documenti di gara individuano preventivamente, in assenza di confronto competitivo successivo, le “condizioni” per la concreta individuazione degli operatori affidatari) la decisione a contrarre indichi espressamente “le percentuali di affidamento ai diversi operatori” (articolo 59, comma 1, secondo periodo). La ratio delle modifiche introdotte è duplice: a) sotto un primo profilo, come rimarcato dalla relazione illustrativa, si è inteso valorizzare, unitamente all’interesse programmatorio che fa capo alle stazioni appaltanti, anche le “esigenze di investimento” degli operatori economici (prospetticamente) aggiudicatari, relativamente alle “legittime aspettative” in ordine alla stipula degli appalti consequenziali; b) sotto un secondo profilo – come espressamente precisato con la nuova formulazione dell’articolo 59, comma 1, secondo periodo – si è voluto conferire positivo rilievo al “fine di assicurare l’equilibrio di ciascun contratto”. La prima esigenza (che integra la ratio legis) appare senz’altro apprezzabile, nella misura in cui – anche nella prospettiva di garantire che il ricorso alla contrattazione programmatica, in luogo di quella finale, non eluda l’applicazione del Codice (cfr. articolo 59, comma 1, primo periodo) – è coerente con il principio di accesso al mercato (articolo 3), avuto riguardo alla opportunità di orientare la scelta consapevole degli operatori economici interessati di partecipare o meno alla procedura evidenziale. In concreto, la già prevista indicazione, nei documenti indittivi di gara, del “valore stimato dell’intera operazione contrattuale” (articolo 59, comma 1, quarto periodo) dovrà essere preceduta ed accompagnata da una puntuale ricognizione dei fabbisogni di mercato e da una ragionevole evidenziazione giustificativa della opzione negoziale insieme dilatoria e distributiva. La seconda indicazione (che è di ordine positivo) risulta, nella sua formulazione testuale, meno perspicua. In effetti, la nozione di “equilibrio contrattuale” (che, nel contesto, è predicato dei contratti applicativi dell’accordo quadro)
allude, in senso tecnico, alla divisata proporzione, frutto dell’accordo negoziale, tra la prestazione che l’operatore economico si impegna ad effettuare e la controprestazione che grava sulla stazione appaltante: proporzione che il principio di cui all’articolo 9 del Codice impone di preservare in caso di rilevante alterazione imputabile a sopravvenienze straordinarie ed imprevedibili, estranee all’alea normale dell’affare. È, d’altra parte, precisamente in questo senso che – nel corpo dello stesso articolo 59, in forza del successivo comma 5-bis, pure introdotto dallo schema di novella – è, appunto, attivata la garanzia di “conservazione dell’equilibrio contrattuale”, in sede di “stipula dei contratti attuativi”. Per contro, nel comma in esame il prefigurato equilibrio allude, in diversa accezione, ad una distribuzione programmaticamente misurata tra i diversi concorrenti aggiudicatari dell’accordo quadro multioperatore, i quali possono, con ciò, fare affidamento, ai fini di una loro complessiva valutazione di convenienza, su una percentuale predefinita ex ante di prestazioni ripartite. Il riferimento è semmai – sia pure in guisa mediata – a quella “parità di trattamento tra gli operatori parti dell’accordo” di cui fa parola, relativamente agli accordi quadro previsti per i settori speciali, l’articolo 154 del Codice, peraltro non interessato dalla novella .”. L’obbligo dell’indicazione delle percentuali di affidamento - a sua volta, come visto, connesso alla necessità, pure introdotta dal Decreto Correttivo, che in tutti i casi di accordo quadro “la decisione a contrarre indichi le esigenze di programmazione sulla base di una ricognizione dei fabbisogni di ricorso al mercato per l’affidamento di lavori, servizi e forniture ” - solleva questioni di particolare delicatezza nel settore sanitario, ed in specie per gli accordi quadro aventi ad oggetto l’acquisto di farmaci e dispositivi medici, peraltro a loro volta impattati da discipline di settore, quali - ad esempio - il DPCM del 12 gennaio 2017 e l’art. 11 quater, del Decreto-legge n.95/2012. Il tema di fondo è quello della compatibilità tra la regola della predeterminazione delle percentuali di affidamento e la libertà prescrittiva
A fronte del
Correttivo,
l’indizione di un accordo quadro senza indizione delle percentuali dovrebbe considerarsi illegittimo in radice a fronte dell’introduzione
ex
lege
di
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binomio vincolante tra
la conoscenza
ex ante
della percentuale di affidamento e la remuneratività dei singoli contratti attuativi, e quindi
della sostenibilità dell’offerta economica
del medico, e quindi del rispetto dell’appropriatezza terapeutica e della tutela della salute del paziente, che certamente costituiscono valido criterio per la selezione del fornitore nell’ambito di un accordo quadro, come indicato anche dal considerando 61 della direttiva 2014/24/CE. La questione è stata espressamente discussa nell’ambito dei lavori parlamentari, su sollecitazione di più parti, e con il suggerimento da parte del MIT di introdurre nella formulazione della norma la possibilità di una motivata deroga alla regola dell’indicazione delle percentuali di affidamento. La proposta del MIT e le sollecitazioni sul punto sono state tuttavia disattese, il che corrobora la tesi di una precisa scelta legislativa a favore dell’applicazione generalizzata della regola della predeterminazione delle percentuali, anche nel settore sanitario. Si deve dunque ritenere che sia necessario, anche in ambito sanitario, procedere alla determinazione delle percentuali di affidamento, anche perché la stazione appaltante dovrebbe aver già - a monte - effettuato una ricognizione dei fabbisogni e, sulla base di essa, provveduto a stimare anche la quota affidabile ai vari operatori. Una corretta ricognizione dei fabbisogni dovrebbe infatti già fornire un quadro attendibile delle esigenze terapeutiche, a loro volta riflesse nell’acquisto dei prodotti. A fronte del Correttivo, l’indizione di un accordo quadro senza indizione delle percentuali dovrebbe dunque considerarsi illegittimo in radice a fronte dell’introduzione ex lege di un binomio vincolante tra la conoscenza ex ante della percentuale di affidamento e la remuneratività dei singoli contratti attuativi, e quindi della sostenibilità dell’offerta economica. La compatibilità tra l’indicazione delle percentuali e l’appropriatezza terapeutica è già stata positivamente vagliata dalla giurisprudenza amministrativa. A fronte di sentenze di segno contrario (TAR Lombardia – Milano, n. 833/2020), il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 2238/2021, ha affermato la legittimità della previsione delle quote, mentre il TAR Lazio – Roma, n. 12878/2022 ha sottolineato che tale
accordi quadro multifornitore
previsione risponde alla logica “di ottimizzazione dell’impiego delle risorse nel settore sanitario con il più generale principio della libertà prescrittiva del medico ”. L’inciso evidenzia che un accordo quadro con più operatori economici senza rilancio competitivo sollecita la concorrenza quanto più il concorrente sia incentivato a conseguire un’aggiudicazione che gli consenta, tramite la realizzazione di economie di scala, la formulazione di un prezzo particolarmente competitivo. Ciò, come visto, è esattamente la ragione per cui il Legislatore ha inteso introdurre l’obbligo di stabilire le percentuali di aggiudicazione. E’ ben vero che l’indicazione delle percentuali non può trasformarsi in una garanzia assoluta per il fornitore, ma è altrettanto innegabile che, a fronte di rilevanti scostamenti rispetto alla percentuale indicata nella determina a contrarre, l’operatore economico potrebbe sollevare rivendicazioni. Né si ritiene che tale
schema sia di ostacolo alla libertà prescrittiva del medico, e dunque al rispetto dell’appropriatezza delle cure, considerato che - come accennato - il fabbisogno delle varie specialità medicinali o dei diversi dispositivi medici deve essere stimato in sede di progettazione della gara sulla base dei fabbisogni storici, mentre scostamenti ragionevoli possono ritenersi connaturali al concetto di stima. D’altra parte, già erano previste in svariate gare indicazioni in merito alla gestione delle prescrizioni rispetto alla graduatoria dell’accordo quadro, ed il meccanismo è funzionale ad evitare che la classifica di gara si trasformi in un simulacro, spostando la vera competizione commerciale fuori della sua propria sede, che è appunto quello della procedura competitiva. Sarà interessante monitorare come la prassi si adeguerà alla novella normativa e cosa ne penserà la giurisprudenza amministrativa.
dispositivi per il diabete
Linee guida device? Si può
Èpossibile un procurement moderno che, al tempo stesso, coniughi concorrenza, qualità del dispositivo, risparmio e soddisfazione dei pazienti? La risposta è sì. Il risultato è stato raggiunto con le Linee guida per gli affidamenti di dispositivi per il diabete, elaborate da un gruppo di lavoro multidisciplinare, nel quale ho avuto l’onore di partecipare come coordinatore giuridico (Expert_opinion_2025.pdf).
L’esperienza ha restituito un risultato interessante sotto il profilo del metodo seguito e del contenuto raggiunto. Più precisamente, è stato il metodo che ha consentito di raggiungere il contenuto. Nel metodo, l’organizzazione ha costituito un gruppo di lavoro per svolgere gli approfondimenti necessari sul procurement dei device per i pazienti diabetici, in tutti i suoi profili: procedurali ed amministrativi, economici, scientifici, di impiego reale del dispositivo. La discussione, svolta in più sessioni e con la moderazione di un giornalista, è stata condotta da un team multidisciplinare in rappresentanza dei comparti interessati: centrali di committenza, provveditori, società scientifiche, farmacisti, esperti di health technology assessment, associazioni di pazienti, avvocati. Il metodo è stato determinante per raggiungere il risultato finale, condiviso tra le parti, le Linee guida per l’appunto. Ogni partecipante ha offerto il contributo di competenza in tema, ad esempio, di evidenze cliniche, bisogni dei pazienti, innovazione, personalizzazione dell’approccio terapeutico, differenze regionali, procedure di gara, parametri per la valutazione dei dispositivi, sostenibilità anche finanziaria degli approvvigionamenti.
Linee
in termini di obiettivi e best practice per impostare un sistema di procurement dei device per i pazienti diabetici in grado prestare la giusta attenzione alla sostenibilità economica e alla qualità degli approvvigionamenti, avendo riguardo a dieci differenti profili.
1)Economicità. Principio fondamentale per la corretta allocazione delle risorse finanziarie.
L’economicità richiede una pianificazione dettagliata dell’acquisto, basata su un’analisi approfondita dei bisogni clinici/assistenziali dei pazienti e delle risorse disponibili.
guida per gli affidamenti di dispositivi per il diabete rappresentano un risultato interessante sotto il profilo del metodo seguito e del contenuto raggiunto.
Più
precisamente, è stato il metodo che ha consentito di raggiungere il contenuto
Già in questa fase (come del resto anche in sede di programmazione degli acquisti) è opportuna la consultazione di società scientifiche, associazioni di pazienti e operatori economici al fine di cogliere il quadro del settore e le sue prospettive.
2)Appropriatezza prescrittiva. Costituisce uno dei principali profili del principio di risultato (previsto dal primo articolo del codice degli appalti), per conseguire il quale è necessario che i capitolati siano concepiti per valorizzare le offerte, attribuendo un punteggio premiale a quelle che consentono di assolvere alle esigenze di cura in modo più appropriato, tenendo conto del quadro clinico e della possibilità di offerta al paziente di scegliere la soluzione idonea per il caso concreto.
La sommatoria dei contributi offerti dal gruppo di esperti ha consentito di definire i contenuti delle Linee guida
3)Qualità. L’utilizzo di dispositivi di qualità costituisce un valore in sé, a beneficio dei clinici e dei pazienti. A tal fine è necessario che i capitolati vadano ben oltre la previsione (obbligatoria) della marcatura CE come caratteristica minima, disciplinando tutti i profili in grado di consentire il soddisfacimento delle esigenze dei clinici e dei pazienti. La qualità, peraltro, va conseguita perché costituisce un investimento, potenzialmente in grado di
Lucio Lacerenza - Foro di Roma
dispositivi per il diabete
ridurre i costi di ospedalizzazione, della cronicità, i costi indiretti sostenuti per i caregiver, i costi del lavoro o di un’eventuale invalidità (INPS).
4)Innovazione. In un settore ad alto tasso di evoluzione, l’innovazione è conseguibile attraverso una pianificazione delle gare in linea con le esigenze dei pazienti in termini di accesso alle ultime e migliori tecnologie, nonché mediante clausole dei capitolati in grado di assicurare un accesso tempestivo alle novità.
5)Armonizzazione. È auspicabile una promozione dell’impiego delle consultazioni preliminari di mercato (art. 77 d.lgs. 36/2023) come mezzo per consentire alle stazioni appaltanti di colmare gap informativi e di raccogliere il “polso del mercato” direttamente da coloro che, a diverso titolo, possono offrire contributi costruttivi alla migliore definizione degli atti di gara (operatori economici, società scientifiche, clinici, infermieri, amministrativi, solo per citarne alcuni). Tale profilo costituisce un valore anche in considerazione della circostanza che
l’armonizzazione delle informazioni raccolte consente di uniformare i livelli di assistenza in tutte le regioni.
6)Affidabilità del fornitore. Sono determinanti, a tal fine, la definizione di requisiti di partecipazione di carattere tecnico-professionale per misurare l’attitudine del concorrente a gestire commesse di rilevante complessità, nonché di criteri di valutazione delle offerte tecniche mirati a valorizzare l’esecuzione corretta e puntuale delle prestazioni oggetto dell’appalto.
7)Digitalizzazione. Le moderne tecnologie possono concorrere a migliorare la qualità complessiva degli affidamenti. A tal fine è determinante la possibilità di interfacciare i dispositivi con application programming interface (API) messe a disposizione delle aziende, ed in tal modo facilitare l’elaborazione dei dati dei pazienti, dei clinici, degli enti di ricerca e della programmazione sanitaria; il che potrebbe restituire indicatori utili per verificare i risultati della gara che è stata indetta e per costruire la successiva.
8)Servizi accessori. Servizi come la disponibilità di customer service dedicati, tempestivi e multilingue, oppure la distribuzione domiciliare dei dispositivi, costituiscono elementi cruciali che aumentano il valore e la qualità dell’offerta.
9)Programmazione. La meta è la tracciatura dematerializzata della fornitura e dell’utilizzo degli ausili, elemento importante per procedere ad una programmazione attendibile della spesa sanitaria.
10)Sostenibilità sociale ed ambientale. La sostenibilità è un profilo da considerare ad ampio spettro, ed in tale direzione sono auspicabili criteri premianti delle offerte per valorizzare la parità di genere, le attività di sensibilizzazione sulla patologia, l’adozione di processi a garanzia della gestione ambientale sul modello della certificazione ISO14001.
Dunque, sono stati isolati dieci profili di analisi, declinati per la specificità dei pazienti diabetici, ma che possono essere impiegati, con gli accorgimenti del caso, per ogni
dispositivi per il diabete
altro affidamento in sanità, e anche oltre la sanità. In considerazione dell’assetto costituzionale del diritto alla salute, le Linee guida rappresentano un primo livello di analisi sul procurement dei dispositivi per i diabetici, che tuttavia necessita di una (successiva) ricaduta regionale, per la quale è auspicabile un confronto con le direzioni regionali alla sanità, prima, e alle centrali di committenza poi.
L’esperimento delle Linee guida ha il pregio - ritengodi costituire un interessante protocollo di lavoro per impostare le procedure di acquisto più in generale, e non solo per i device diabetici, ma a condizione di coinvolgere nella consultazione tutti i soggetti che, a vario titolo, sono attori del “ciclo di vita” dell’appalto. Con un’ambizione, auspicabile, sebbene complessa: coinvolgere nella definizione di tali protocolli le autorità di vigilanza (a partire da Anac e dall’Antitrust), per quanto di loro competenza.
Angelo Maccarone - Presidente A.R.E.P.S.
La scelta della formula matematica per l’attribuzione del punteggio all’offerta economica come strategia di gara
In un mercato globale sempre più competitivo e orientato all’innovazione tecnologica, l’individuazione di criteri e di sub-criteri adeguati ed idonei alla valorizzazione della qualità è sicuramente il presupposto per la selezione della migliore offerta. Questo approccio da solo è sufficiente per raggiungere l’obiettivo desiderato?
Il R.U.P. può mettere in campo ulteriori strumenti per una più efficace strategia di gara?
La risposta ai quesiti sopra posti può essere rintracciata nella scelta della formula matematica più adeguata ai fini dell’attribuzione del punteggio economico.
Il R.U.P., infatti, tende spesso a concentrarsi esclusivamente su quegli elementi di natura qualitativa che possono premiare l’apparecchiatura più innovativa e più performante piuttosto che il miglior servizio di assistenza e manutenzione trascurando, a volte, l’importanza che riveste l’elemento “economico”.
Il
individuato diverse “formule” (metodo aggregativo-compensatore, metodo Electre, metodo Topsis, metodo EVAMIX), tutte aventi basi scientifiche e matematiche, illustrandone anche le modalità applicative.
A parte il metodo aggregativo-compensatore, le altre formule risultavano particolarmente complesse e di difficile applicazione, scoraggiando in concreto il loro utilizzo.
punteggio tecnico è preponderante rispetto a quello economico in quanto, alla qualità si distribuiscono settanta punti mentre il prezzo vale fino a trenta punti; ma è anche vero che una scelta sbagliata, con riferimento alla formula matematica, può vanificare lo sforzo profuso per l’individuazione del miglior progetto tecnico
È vero che il punteggio tecnico è preponderante rispetto a quello economico, in quanto, almeno di norma, alla qualità si distribuiscono settanta punti mentre il prezzo vale fino a trenta punti; ma è anche vero che una scelta sbagliata con riferimento alla formula matematica può vanificare lo sforzo profuso per l’individuazione del miglior progetto tecnico. La vecchia Autorità per la Vigilanza dei Contratti Pubblici (AVCP), con il “Quaderno” pubblicato nel dicembre del 2011, e poi l’ANAC con le Linee Guida n. 2 approvate nel 2016 ed aggiornate nel 2018, avevano
In ogni caso le forme di regolamentazione sopra richiamate sono ormai abrogate e non più applicabili. Oggi, in virtù del rinvio operato dall’art. 83 comma 3 del codice degli appalti, occorre fare riferimento al Bando Tipo ANAC n. 1/2023, così come aggiornato nel 2025, che reca uno “schema di disciplinare di gara” a cui le stazioni appaltanti devono attenersi. In particolare l’art. 18 comma 3 del Bando Tipo prevede tre metodi di attribuzione del punteggio economico: formula con interpolazione lineare, formula bilineare, formula quadratica.
Ciascuna di queste formule matematiche presenta caratteristiche precipue che devono essere opportunamente valutate dal R.U.P. per il perseguimento del risultato di gara più vantaggioso.
La formula con interpolazione lineare, di gran lunga la più utilizzata dalle stazioni appaltanti, presenta l’inconveniente di poter condurre a differenze elevate di punteggio anche a fronte di scarti in valore assoluto limitati, inducendo così gli operatori economici a formulare offerte aggressive.
Con la formula bilineare, invece, il punteggio cresce linearmente fino a un valore soglia (ad esempio la media del ribasso dei concorrenti), per poi flettere e crescere ad un ritmo molto limitato. Tale formula, comprimendo i coefficienti assegnati all’elemento prezzo per le offerte superiori alla media individuata, scoraggia, di fatto, offerte con ribassi eccessivi. Questo metodo può certamente essere utile quando esistono precisi prezzi di riferimento per l’approvvigionamento di quel bene o di quel servizio.
La formula quadratica, infine, riduce la forbice tra massimo e minimo ribasso, schiacciando le offerte verso il massimo punteggio. L’utilizzo di tale formula può essere
d’aiuto quando si vuole incentivare gli operatori economici a investire maggiormente sulla qualità tecnica del bene o del servizio offerto.
Volendo simulare la valutazione di cinque ribassi differenti è facile constatare che il punteggio attribuito a ciascuna offerta cambia, anche sensibilmente, in funzione della formula prescelta.
È per questo che il R.U.P., nell’elaborazione del progetto di gara, esercitando la propria discrezionalità amministrativa e sempre nell’ottica del <<principio del risultato>>, deve attentamente considerare l’impatto che la formula matematica individuata avrà sul raggiungimento del migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo
dalle associazioni
L’Associazione Regionale Economi Abruzzo e Molise
piange il caro amico e collega Vittorio D'Ambrosio
Un brillante professionista con un’importante formazione universitaria e post-universitaria, affiancata dal conseguimento dell’abilitazione forense e dalla pratica notarile Una formazione di tutto rispetto che gli ha permesso di percorrere tutti i gradi lavorativi, passando da Collaboratore Amministrativo a Direttore dell’UOC Acquisizione Beni e Servizi delle ASL di Lanciano Vasto Chieti e di Teramo. A fronte di un consenso unanime sulla sua professionalità e sulla sua correttezza lavorativa, va ricordata la sua umanità, la sua disponibilità a collaborare in ogni settore. Ci piace, a tal proposito, riportare alcuni stralci, sui tanti pubblicati, di quelli che sono state le manifestazioni di affetto e i riconoscimenti nei suoi confronti. Il Direttore generale della ASL di Teramo ha ricordato Vittorio come «un esempio di professionalità e onestà. Vittorio non era solo un grande professionista, un collaboratore ineccepibile, era anche un prezioso ed equilibrato consigliere che alla competenza nel suo settore univa spiccate doti umane», «per tutti noi la sua scomparsa rappresenta una perdita incolmabile. Lo ricorderemo sempre come persona preparata, onesta e leale che è stata strappata troppo presto alla vita». “Un Collega della ASL di Chieti “Vittorio era dotato di una simpatia e una benevolenza fuori dal comune. Per me è stato più un fratello maggiore che un capo, una guida che mi ha letteralmente tenuto per mano in un percorso di crescita fondamentale.” Una Collega della ASL di Teramo “Una delle menti più brillanti in cui mi sono imbattuta. La sua scrittura impeccabile, asciutta, chirurgica: frutto dei suoi pensieri lineari e profondi. Amava il font arial narrow, mi disse che detestava leggere mail con font che non fossero redatte con quello. Lui che mi scriveva anche di sabato o domenica per quello che dovevamo fare il lunedì”. L’Associazione ha voluto ricordarlo con un manifesto funebre con queste brevi parole “La sua professionalità e umanità lasciano un vuoto incolmabile. Le nostre condoglianze alla famiglia”. Vittorio era molto vicino alla FARE e all’Associazione AREA non mancava mai di partecipare ai nostri eventi formativi con una folta schiera di colleghi del suo Ufficio. Proprio in occasione di un nostro evento svoltosi il 18 febbraio con nostra grande meraviglia non l’abbiamo visto tra i presenti, quindi, abbiamo chiesto ai suoi collaboratori che ci hanno risposto che non aveva potuto partecipare perché doveva sottoporsi ad una visita oculista. Purtroppo è’ stato l’inizio di un calvario che si è concluso lo scorso 24 luglio. Vittorio a soli 54 anni, lascia la moglie Mariangela e la figlia Isabella e questo ci mette tanta tristezza sapendo i legami che li tenevano uniti, ci stringiamo alla famiglia per questo grande dolore che purtroppo sta vivendo.
L’Associazione AREA lo ricorderà in occasione dell’ evento formativo che si terrà il 16 dicembre a Pescara.
XI Corso di Alta Formazione 2025
per Funzionari e Dirigenti in Sanità
Area Provveditorato - Economato - Patrimonio
Le attività del RUP quale project manager nella gestione del ciclo del contratto
Gruppo di lavoro:
Caraccio Maria Teresa - Collaboratore Amministrativo SC Gestione Acquisti (Provveditorato-Economato) - ASST di Pavia- Voghera;
Favasuli Giuseppina - Collaboratore Amministrativo – Asl To4
Ivaldi Claudio – Collaboratore Amministrativo – Asl Asti
Molinari Alessandro - Collaboratore Amministrativo U.O.C. Provveditorato – Azienda di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione “Civico Di Crisitna Benfratelli” – Palermo;
Pizzardo Emanuela - Collaboratore Amministrativo – Azienda Ulss 5 Polesana; Rea Mariarosaria - Collaboratore Amministrativo U.O.C. Economato ed Esecuzione Beni e Servizi, Inventario Beni
Mobili Contratti - Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara
Maria Polito - Responsabile S.C.Provveditorato ASST Lariana Como
Il presente contributo esamina l’evoluzione della figura del Responsabile Unico del Progetto (RUP) attraverso l’analisi delle innovazioni normative del Decreto Legislativo 36/2023 e del “Correttivo” D.Lgs. 209/2024. La governance contrattualistica pubblica costituisce ambito strategico per l’apparato amministrativo, dove il RUP assume ruolo nevralgico quale presidio istituzionale della legalità e trasparenza nell’intero ciclo contrattuale. L’excursus storico-normativo dalla legge n. 109/1994 al recente intervento correttivo rivela un progressivo consolidamento delle attribuzioni del RUP, che da coordinatore procedurale si è trasformato in fulcro strategico-gestionale dei progetti pubblici, incarnando i paradigmi dell’amministrazione orientata al risultato. Il Decreto Legislativo 209/2024 ha consolidato l’autonomia funzionale della fase istruttoria, configurando il RUP quale responsabile di un’unità organizzativa strutturata comprendente i “responsabili di fasi” e il personale di supporto. Tale architettura normativa posiziona il RUP in condizione di equipollenza funzionale al Project Manager, esigendo competenze nella pianificazione strategica, esecuzione operativa e controllo sistemico di risorse eterogenee con vincoli interdipendenti temporali, economici e qualitativi. L’analisi delle convergenze tra le due figure evidenzia come il legislatore abbia operato una “personalizzazione” dell’attività amministrativa, configurando il RUP quale operatore professionale investito di responsabilità sostanziali, orientato al risultato mediante strumenti consensualistici ispirati al principio di leale collaborazione. La ricerca, articolata attraverso l’esame delle responsabilità normative, l’analisi del Project Management pubblico delinea le prospettive evolutive di tale figura nella gestione contrattualistica pubblica, valorizzando le best practices e formulando proposte de iure condendo per l’efficace implementazione normativa. L’articolo 15 del d.lgs. 36/2023 individua nel RUP (Responsabile Unico del Progetto) la figura cardine che assicura il coordinamento di tutte le fasi dell’intervento, dalla programmazione all’esecuzione, garantendo il rispetto di tempi, costi, qualità e obiettivi. Il comma 4 prevede la possibilità di affiancare al RUP responsabili di fase, con lo scopo di aumentare l’efficienza operativa e la trasparenza. A supporto di questo ruolo, l’Allegato I.2 al Codice dei contratti definisce compiti comuni a tutte le fasi: dalla programmazione (es. predisposizione documenti tecnici), all’affidamento (es. verifica di eventuali anomalie), fino all’esecuzione (es. predisposizione del contratto). Ulteriori attribuzioni sono disciplinate dall’art. 114, comma 7 (relativo a RUP e DEC) e dalle deliberazioni ANAC, che specificano anche compiti di controllo sull’esecutività del contratto e obblighi di trasmissione documentale. Tra i compiti emergenti del RUP rientrano inoltre quelli legati alla digitalizzazione degli appalti pubblici, in coerenza con gli obiettivi di innovazione e semplificazione amministrativa. La complessità e la trasversalità delle attività affidate al RUP richiedono, oggi più che mai, un profilo professionale multidisciplinare, che unisca competenze giuridiche, amministrative e tecniche. È proprio in virtù di questa complessità che il legislatore ha previsto la possibilità di delegare specifiche fasi a responsabili di fase, favorendo una gestione più efficiente e qualificata dell’intervento. Un tema oggi centrale è quello del rapporto/dicotomia esistente tra la figura del RUP non dirigente e il dirigente della stessa unità organizzativa. In assenza di un chiarimento normativo, permane l’incertezza su chi, tra i due, detenga la piena titolarità ad adottare atti a rilevanza esterna. Occorre un intervento legislativo che chiarisca se la funzione di RUP, in quanto incarico specialistico legato a uno specifico contratto, possa assorbire e “contrarre” il rapporto gerarchico interno, attribuendo al RUP stesso la piena autonomia decisionale per gli atti del procedimento. Una corretta articolazione e gestione delle fasi consente, infine, di prevenire responsabilità di natura amministrativa (omissioni, ritardi, errori), penale (corruzione, turbativa d’asta, conflitti di interesse) ed erariale (cattiva gestione delle risorse pubbliche), salvaguardando legalità, trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa. Il Project Management(PM) è un settore fondamentale per la gestione efficace di progetti in vari ambiti, dal settore
Tutor: Laura Cusini
XI Corso di formazione FARE
privato a quello pubblico. Spesso considerato una disciplina scientifica, il PM si basa su una serie di principi e metodologie che aiutano a raggiungere gli obiettivi del progetto rispettando vincoli di tempo, costo e qualità. I principi del Project Management costituiscono le fondamenta su cui si basa una gestione progettuale efficace. “Progetto” si definisce, di regola, uno sforzo complesso di durata solitamente inferiore a tre anni, comportante compiti interrelati eseguiti da varie organizzazioni con obiettivi, schedulazioni e budget ben definiti” (Archibald). Un progetto è contraddistinto da tre caratteristiche fondamentali.
E’ temporaneo,ossia ha una data di inizio e una di fine. Ha per oggetto la realizzazione di qualcosa di unico, che non è stato fatto sino ad ora, intendiamoci, non in senso assoluto. Sono state costruite decine di migliaia di palazzi ma la costruzione di ogni palazzo è un progetto, cambia il cliente, cambiano le risorse, i vincoli di tempo e budget, il progetto ecc. Infine il progetto prevede una elaborazione e realizzazione progressiva, per step successivi.
Un progetto può essere rappresentato da un triangolo i cui lati rappresentano tempo, costo e ambito, i tre vincoli principali cui il Project Manager deve sottostare. Il tempo indica i termini entro i quali il progetto deve essere completato. Il budget indica il costo che non deve essere superato. L’ambito descrive il lavoro richiesto per il completamento del progetto.
Il Project Manager può agire su queste variabili modificandole una in funzione dell’altra. Così, per rispettare i tempi in caso di difficoltà potrà aumentare il budget o modificare l’ambito del progetto (ad esempio ridimensionando il risultato prefissato). Se invece vorrà rispettare ambito e budget dovrà essere più flessibile sui tempi e così via.
Un progetto è un insieme di attività temporanee e uniche, con l’obiettivo di creare un prodotto, servizio o risultato specifico.
Le fasi sono:
• Pianificazione
• Esecuzione
• Monitoraggio e Controllo
• Chiusura
Esistono diverse metodologie di Project Management, ciascuna con i propri approcci e strumenti.
Le tecniche di PM possono essere adottate per tutte quelle attività riconducibili alla definizione di progetto. In particolare le metodologie di PM vengono usate nei seguenti contesti: progettazione del miglioramento Mbo (Management By Objectives) Process management; razionalizzazione dei progetti finalizzata all’efficienza BPR (Business Process Reengeneering); riprogettazione del funzionamento operativo; sviluppo di un nuovo prodotto o servizio; riorganizzazione della struttura aziendale; gestione di una campagna politica; sviluppo di nuovi business. Per la vastità di applicazione delle tecniche di PM, queste metodologie dovrebbero essere conosciute non solo da chi istituzionalmente deve gestire i progetti, i Project manager e Project Leader, ma anche più diffusamente in azienda a livello manageriale e dai componenti dei team.
Tra le più diffuse troviamo: Earned Value, Metodologia Waterfall, Work Breakdown Structure (WBS), Agile, Scrum, Tecniche reticolari, Lean Project Management e Carico di risorse. Il Project Management è una disciplina complessa e multidimensionale, che richiede competenze specifiche e una solida comprensione dei principi e delle metodologie. Sia che si operi in contesti pubblici o privati, la capacità di gestire efficacemente i progetti è fondamentale per il successo di qualsiasi organizzazione. L’adattamento delle metodologie alle specificità del progetto e del contesto di lavoro può determinare la differenza tra il successo e il fallimento.
Il Project Management (PM) è una disciplina cruciale per la gestione efficace di progetti in vari settori, tra cui quello pubblico e privato. Sebbene condividano alcune metodologie e pratiche, i settori pubblico e privato presentano differenze significative in termini di obiettivi, approcci, regolamentazioni e stakeholder.
Nel settore pubblico, il principale obiettivo dei progetti è spesso la creazione di valore sociale e il miglioramento della qualità della vita per i cittadini. I progetti pubblici, come quelli relativi all’infrastruttura, all’istruzione o alla sanità, tendono a focalizzarsi su esigenze collettive piuttosto che sul profitto intrinseco.
I progetti vengono avviati per soddisfare le esigenze della comunità e per raggiungere obiettivi politici, come la riduzione della disoccupazione o il miglioramento della qualità ambientale. Al contrario, i progetti nel settore privato sono principalmente orientati al profitto Le aziende private si concentrano su progetti che possono generare nuove entrate, migliorare i servizi o prodotti esistenti, e ottimizzare i processi per rimanere competitive nel mercato. La presente analisi prosegue nell’esame dei processi di project management, configurandoli come sequenze procedurali iterative che, attraverso un’attivazione continua e sistematica lungo l’intero arco temporale del progetto - dall’inizializzazione fino alla conclusione definitiva - forniscono al soggetto responsabile della gestione progettuale il supporto metodologico indispensabile per l’ottimale conduzione e realizzazione dell’iniziativa.
L’architettura processuale del Project Management, nella sua articolazione complessiva di attività, strumentazioni tecniche e metodologie specialistiche, consente l’implementazione delle fasi fondamentali di qualsiasi tipologia progettuale: inizializzazione, pianificazione strategica, esecuzione operativa, monitoraggio e controllo, e chiusura definitiva. Compete al Project Manager la determinazione discrezionale dei processi specifici e degli eventuali adat-
XI Corso di formazione FARE
tamenti metodologici da implementare in relazione alle peculiarità di ciascuna tipologia progettuale. Per fasi progettuali si intendono segmenti temporali e/o procedurali chiaramente delineati e circoscritti, attraverso i quali il progetto può essere disaggregato al fine di facilitare il controllo gestionale e il conseguimento di risultati concreti e misurabili. Tra gli strumenti di project management maggiormente utilizzati in tale contesto si annoverano i deliverables, definibili come output tangibili e verificabili, prodotti quale conseguenza diretta delle attività progettuali. È indispensabile che tali strumenti vengano sottoposti a una pianificazione accurata, al fine di consentire una comprensione esaustiva della loro realizzazione nell’ambito delle diverse fasi progettuali. L’insieme sistematico delle fasi e delle attività correlate, dall’inizializzazione fino alla conclusione, costituisce il ciclo di vita del progetto. Il Project Manager, nell’individuazione dei processi da adattare al ciclo di vita progettuale, deve necessariamente considerare alcuni fattori di particolare rilevanza strategica:
• Estensione temporale: la durata complessiva dell’iniziativa progettuale e la sua articolazione temporale
• Valore economico: l’entità dell’investimento finanziario e le implicazioni economiche del progetto
• Risk management: la gestione integrata dei rischi e l’implementazione di strategie di mitigazione
• Numero degli stakeholder coinvolti : la complessità relazionale e il coinvolgimento di molteplici soggetti interessati
Alcune organizzazioni adottano cicli di vita standardizzati e predefiniti, mentre altre demandano a gruppi specializzati di esperti in project management la selezione del ciclo di vita maggiormente appropriato da adattare a una specifica iniziativa progettuale. Il Responsabile Unico del Progetto (R.U.P.), nell’esercizio delle funzioni di Project Manager, assume un ruolo centrale e multidimensionale nel ciclo di vita progettuale, configurandosi quale garante dell’esecuzione efficace ed efficiente degli accordi contrattuali stipulati. L’analisi sulla figura del Responsabile Unico del Progetto evidenzia come il nuovo Codice degli Appalti abbia operato una trasformazione sostanziale, determinando il passaggio dalla denominazione di “Responsabile Unico del Procedimento” a quella di “Responsabile Unico del Progetto”, in conformità ai principi del project management contemporaneo. La nuova configurazione comporta l’assunzione di responsabilità altamente specializzate e competenze multidisciplinari che si estendono lungo l’intero ciclo di vita contrattuale, migliorando il rapporto tra amministrazione e cittadinanza attraverso strumenti collaborativi ispirati al principio di leale cooperazione. Il processo di trasformazione configura una personalizzazione dell’attività amministrativa che delinea il funzionario pubblico quale operatore professionale dotato di diritti, doveri e responsabilità specifiche, orientato al conseguimento del risultato secondo parametri di efficacia ed efficienza. La disciplina normativa consolida i principi costituzionali di collaborazione istituzionale, trasparenza dell’azione amministrativa e supporto qualificato al cittadino, elementi che costituiscono il nucleo essenziale dell’identità professionale di questa figura. La complessità decisionale del RUP richiede competenze interdisciplinari che spaziano dagli aspetti tecnico-ingegneristici a quelli amministrativo-gestionali, con particolare enfasi sui processi di digitalizzazione e innovazione tecnologica. La formazione deve necessariamente includere metodologie internazionali di Project Management, quali il PMBOK e la Norma ISO 21502, mentre la certificazione PMP assume carattere qualificante per progetti complessi. Nonostante le innovazioni introdotte, permangono criticità operative nella gestione delle risorse, nel coordinamento tra i diversi soggetti e nell’implementazione dei processi di digitalizzazione. Tali sfide richiedono l’adozione di strumenti più efficaci e l’integrazione di tecnologie avanzate, quale il Building Information Modeling (BIM). Il RUP si configura quale elemento strategico nell’evoluzione del sistema dei contratti pubblici, incarnando i principi di efficienza, trasparenza e orientamento al risultato che caratterizzano l’amministrazione moderna. Nel settore sanitario, dove la gestione degli appalti presenta specificità tecniche e normative di particolare rilevanza, si auspica l’instaurazione di collaborazioni strutturate con enti certificatori accreditati e la stipula di protocolli d’intesa per l’erogazione di percorsi formativi professionalizzanti volti a conferire la qualifica di project manager secondo gli standard ISO 21502:2020. L’acquisizione di tali competenze certificate risulta essenziale per supportare i funzionari nell’affrontare le complesse sfide degli appalti sanitari, caratterizzati da elevati livelli di specializzazione tecnica e significative implicazioni per la tutela della salute pubblica. L’implementazione di tali iniziative formative rappresenterebbe un investimento strategico per il rafforzamento delle competenze professionali del personale pubblico e il miglioramento dell’efficacia dell’azione amministrativa nel settore degli appalti sanitari.
Sui limiti dimensionali dell’offerta
Un nostro lettore chiede di sapere se il superamento dei limiti dimensionali dell’offerta legittimi l’esclusione dalla gara.
Il quesito si inserisce nella più ampia tematica del bilanciamento, non sempre agevole, tra discrezionalità amministrativa nella redazione dei bandi di gara e tutela della massima partecipazione. Si tratta di capire se la lex specialis di gara possa prescrivere un certo limite dimensionale dell’offerta e quali siano le conseguenze del suo superamento da parte del concorrente. Sul tema ci sono recentissimi pronunciamenti (prima il Consiglio di Stato, con sentenza n. 765/2025, e successivamente il TAR Lombardia – Milano, con sentenza n. 721/2025), dai quali scaturisce un preciso orientamento giurisprudenziale.
È necessario premettere che la regola del limite dimensionale dell’offerta è tendenzialmente finalizzata a rendere più spedita la procedura valutativa da parte della Stazione Appaltante e pertanto la valutazione in merito all’inserimento della clausola si colloca nell’alveo della discrezionalità amministrativa.
Occorre, tuttavia, chiedersi se l’esigenza di celerità nella valutazione delle offerte giustifichi, e se del caso in che misura, anche una compressione del principio di par condicio e di massima partecipazione. Ebbene, nel dialogo tra i richiamati valori, di segno opposto, la giurisprudenza ha ritenuto di dover accordare preferenza al principio di massima partecipazione rispetto alla esigenza di celerità dell’azione amministrativa. Infatti, nel bilanciamento tra l’impegno richiesto all’Ente Appaltante, da una parte, in termini di impiego di risorse e tempo, nella disamina di un’offerta di dimensioni elevate, e, dall’altra, l’esigenza di tutela della concorrenza, valore centrale ai fini del raggiungimento del risultato (come valorizzato all’art. 1 del d.lgs. 36/2023) nella selezione dell’offerta migliore, il primo è stato ritenuto cedevole e soccombente. Nelle pronunce richiamate, dunque, un primo profilo di illegittimità della clausola è stato identificato nelle finalità sanzionatorie a carico del concorrente che ha superato i limiti dimensionali dell’offerta. È stato rilevato, inoltre, che l’esclusione
per superamento dei limiti dimensionali dell’offerta contrasta con il principio di tassatività delle cause di esclusione, oggi tipizzato all’art. 10 d.lgs. 36/2023, che impone di considerare nulle e come non apposte le clausole contenenti cause di esclusione ulteriori rispetto a quelle, tassative, prescritte dal Codice. Sul punto, infatti, nessuna norma di rango primario prescrive uno specifico limite dimensionale per la redazione dell’offerta (tecnica) o attribuisce alla Stazione appaltante un potere di questo tipo. Ne consegue che la clausola che sanziona, apertamente, con l’esclusione il concorrente che superi le dimensioni massime dell’offerta deve ritenersi nulla ex art. 1419, comma 2, c.c.). Peraltro, ad avviso della giurisprudenza citata, deve ritenersi altresì nulla la clausola del bando di gara che prevede lo stralcio dell’offerta eccedentaria rispetto al limite predeterminato nel bando. Anche questa clausola, infatti, rappresenta una vera e propria sanzione espulsiva contraria al divieto di aggravamento degli oneri procedimentali, che introduce restrizioni alla partecipazione non giustificate; nulla, ancora una volta, per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione ma, prima ancora, per violazione del principio di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost., dal momento che l’espulsione del concorrente dal confronto concorrenziale potrebbe finire per favorire un’offerta qualitativamente peggiore o maggiormente onerosa.
Dello stesso avviso anche ANAC, che ha ritenuto l’indicazione dei limiti dimensionali della relazione tecnica priva di natura prescrittiva, potendo configurare una mera indicazione tale da non poter costituire causa di esclusione (delibera n. 402/2021).
Deve quindi concludersi, in riferimento al quesito posto, che il superamento dei limiti dimensionali dell’offerta non può condurre alla sanzione espulsiva del concorrente e la relativa clausola contenuta nella legge di gara deve ritenersi nulla e non apposta.
Monica Piovi e Studio Legale Fidanza
Semplifica la gestione degli incentivi alle funzioni tecniche con il software di Net4market
L’applicativo incentivi per le funzioni tecniche di Net4market è progettato per supportare le pubbliche amministrazioni nella gestione degli incentivi destinati al personale tecnico coinvolto nelle procedure di appalto. Questi incentivi sono disciplinati dall'articolo 45 del nuovo Codice appalti, dal Correttivo del 31/12/2024 e dall’articolo 113 del Codice appalti 50/2016, e rappresentano un fondamentale strumento per remunerare adeguatamente i tecnici che svolgono attività essenziali per la conclusione di appalti, servizi e forniture. Il software offre diversi vantaggi, tra cui il calcolo automatizzato e la gestione centralizzata degli incentivi, i quali riducono notevolmente il tempo impiegato nelle operazioni manuali. Oltre a ciò, il sistema riduce il rischio di errori umani e garantisce un calcolo preciso degli incentivi, assicurando che ogni beneficiario riceva l’importo giusto.
Inoltre, l’interfaccia è semplice e le funzionalità sono intuitive, permettendo a tutti di utilizzare facilmente il sistema. Infine, tutte le informazioni sono centralizzate nell’applicativo e accessibili in qualsiasi momento da tutte le persone coinvolte nella gestione della gara.
Pertanto, il software Net4market rappresenta una soluzione per ottimizzare il processo di calcolo e ripartizione degli incentivi, limitando notevolmente il rischio di errori e riducendo la difficoltà di gestione.
Dalla gestione al risultato: la partnership come leva per innovare
i servizi non core
Garantire qualità, sicurezza e sostenibilità senza un aumento di risorse è oggi una delle sfide principali per le direzioni sanitarie. In questo contesto, il modello contrattuale dei servizi non core, come pulizia, ristorazione, manutenzione, accoglienza, può fare la differenza.
Nel settore pubblico prevalgono ancora contratti basati su input, in cui tutto sembra sotto controllo, ma manca ogni incentivo all’innovazione. Il rischio? Servizi “formalmente corretti”, ma lontani dai bisogni reali di pazienti e operatori.
Un’alternativa concreta è rappresentata dai modelli partnership-based, contratti fondati su obiettivi condivisi, risultati misurabili (KPI) e una governance congiunta. La soddisfazione del paziente può diventare un KPI misurato periodicamente, la pulizia valutata sull’assenza di contaminazioni anziché sulla frequenza, i tempi di risposta manutentiva tracciati in tempo reale con dashboard condivise. In questo modo, il fornitore è incentivato a migliorare e intervenire rapidamente in caso di criticità.
Sodexo ha applicato con successo questo approccio in vari Paesi: nel Regno Unito, con il NHS, ha contribuito a ridurre le riammissioni grazie a un servizio post-dimissione integrato, negli Stati Uniti, con Ardent Health Services con oltre 50 strutture, ha digitalizzato e standardizzato i processi, in Svezia, nella provincia di Östergötland, gestisce oltre 30 strutture sanitarie con un modello integrato e sostenibile.
Anche in Italia qualcosa si muove, nel privato, alcuni ospedali adottano già modelli basati su SLA e KPI. In ambito pubblico, ARIA Lombardia ha promosso una gara per dispositivi, ispirata ai principi del Value-Based Procurement (VBP), in cui la valutazione del fornitore tiene conto non solo dell’aspetto economico, ma anche dei risultati clinici ottenuti, misurati con indicatori chiari e verificabili. Un segnale che anche nel nostro Paese sta maturando una nuova cultura del valore, che potrà essere estesa anche alla gestione dei servizi non core.
www.sodexo.it
Gestione integrata e accountability: Sodexo in prima linea nella trasformazione dei servizi no core
Klopman e la sostenibilità nel tessile sanitario: una risposta concreta
Klopman International, azienda con sede produttiva in centro Italia e attiva dal 1967, è il più grande produttore Europeo di tessuti tecnici per abbigliamento da lavoro, con una gamma di oltre 170 stili destinati anche al settore sanitario.
Nel contesto della sanità pubblica, il tema del green public procurement è sempre più rilevante. I bandi richiedono forniture che rispettino criteri ambientali specifici: tra questi, l’Ecolabel europeo è tra i più significativi, in quanto richiede l’utilizzo di poliestere riciclato e cotone organico, oltre a processi produttivi a ridotto impatto ambientale.
Klopman risponde a queste esigenze attraverso un sistema di certificazioni riconosciute a livello internazionale – tra cui GRS e RCS, per la tracciabilità dei prodotti con fibra riciclata, OCS, per l’utilizzo del cotone organico, OEKO-TEX® Standard 100 e MADE IN GREEN per la sicurezza chimica e di sostenibilità produttiva.
In aggiunta, Klopman misura l’impatto ambientale dei propri prodotti attraverso lo studio del ciclo di vita (LCA), certificato da EPD (Environmental Product Declaration), fornendo dati oggettivi su emissioni, consumi e sostenibilità complessiva.
Un impegno concreto per offrire soluzioni affidabili e trasparenti al servizio del tessile sanitario.
www.klopman.com | sales@klopman.com
Controllo
rigoroso sugli appalti pubblici: ANAC rafforza la tracciabilità
Il correttivo al Codice Appalti e la Delibera ANAC n.497 del 29/10/2024 impongono importanti modifiche nella gestione degli appalti pubblici. Le amministrazioni sono chiamate a dotarsi di strumenti informatici adeguati al monitoraggio, gestione e verifica delle prestazioni, garantendo così una maggiore trasparenza.
Una delle novità fondamentali riguarda il pagamento delle prestazioni: come stabilito dal correttivo, i pagamenti sono subordinati ad un controllo rigoroso che attesti la regolare esecuzione del servizio. La liquidazione, infatti, avviene solo dopo che la verifica sia stata completata con successo.
Il Responsabile Unico del Procedimento e il Direttore dell’Esecuzione del Contratto sono ora tenuti a garantire che ogni fase dell'appalto sia formalmente verificata. Non sono ammesse verifiche discrezionali, ma solo controlli sistematici, documentabili e tracciabili. Ogni attività svolta deve essere correttamente registrata attraverso strumenti digitali che permettano di monitorare in tempo reale l’avanzamento del servizio e le eventuali non conformità.
L’introduzione di questi strumenti informatici non solo migliora l'efficienza e la trasparenza, ma riduce anche il rischio di errori, assicurando che tutte le fasi del processo siano conformi agli standard richiesti.
Con queste nuove disposizioni, ANAC mira a garantire una gestione più trasparente e responsabile degli appalti pubblici, in attesa della pubblicazione ufficiale della nuova PDR UNI relativa ai controlli.
www.claudit.it
Klopman International è il più grande produttore Europeo di tessuti tecnici per abbigliamento da lavoro. Una gamma di oltre 170 stili, tra cui una linea dedicata al settore sanitario.
PER RISPONDERE ALLE PIÙ STRINGENTI RICHIESTE DEL SETTORE GARANTIAMO TESSUTI CERTIFICATI IN BASE A:
Inoltre garantiamo ai nostri clienti il calcolo dell'LCA dei nostri prodotti
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