TERZA PAGINA DIRETTIVE APPALTI
le medie imprese in attesa del recepimento delle direttive appalti di Simone Finotti
22 AGOSTO 2015
A metà giugno l’Aula del Senato ha dato il via libera alla legge delega per il recepimento delle Direttive europee sugli appalti. Si tratta del primo passo di un cammino che si dovrà concludere entro l’inizio del 2016. Vista l’importanza del tema, abbiamo cercato di fare il punto sulle legittime aspettative delle medie imprese del settore, che rappresentano una larghissima fetta di mercato e che sono sempre più costrette ad entrare in ATI o consorzi per partecipare alle convenzioni centralizzate. Il 18 giugno scorso è stata licenziata dall’Aula del Senato la legge delega per la riforma del codice degli appalti e il recepimento delle Direttive europee che è ora in esame della Camera.
Quali attese per la media impresa del settore?
Cambieranno dunque le regole per gli appalti pubblici. E di conseguenza verrà rivoluzionato, almeno stando alle molte novità suggerite dal testo, l’intero mercato dei servizi. In questo scenario, chi può nutrire qualche speranza che le cose cambino in meglio sono le medie imprese del settore, che a conti fatti, pur rappresentando la grande maggioranza del panorama imprenditoriale italiano del comparto, sono le “grandi escluse” da una partecipazione diretta alle ultime mega-convenzioni centralizzate: si calcola infatti che le sole gare indette da Consip per uffici (FM), scuole e ospe-
dali abbiano sottratto al mercato delle medie imprese circa 7 miliardi di euro. Eppure, numeri alla mano, le imprese italiane che superano i 50 milioni di fatturato sono 25 (di cui appena un terzo risicato, diciamolo pure, possono partecipare agevolmente alle mega-convenzioni), mentre 108 si posizionano tra i 10 e i 50 milioni e ben 944 vanno dal milione ai 10. Oltre 1.050 imprese tra il milione e i 50, dunque, contro una manciata di giganti, che poi sono gli unici ad avere le caratteristiche per aggiudicarsi gare con lotti che, di norma, superano i 100 milioni. Ecco perché la prima cosa che le medie imprese dovrebbero sperare dal recepimento è, finalmente, l’auspicata suddivisione delle grandi convenzioni in lotti “funzionali” e geografici, cioè a forte caratterizzazione territoriale, di valore ridotto, tali da rendere possibile la loro partecipazione diretta. Anche perché, ricordiamolo, non parliamo di imprese aziende artigiane, ma di realtà già ben strutturate che hanno
tutta la competenza, l’organizzazione e il know-how per svolgere un servizio di qualità.
La riduzione delle stazioni appaltanti non deve escludere le medie imprese
Da una parte, dunque, è legittima e necessaria la riduzione delle stazioni appaltanti dalle 30mila e passa attualmente presenti alle circa 200 di cui si parla oggi (e non più le 30 che si diceva). Si tratta di una razionalizzazione che le imprese non possono che vedere positivamente, anche perché la polverizzazione delle stazioni appaltanti genera diversi oneri a carico dell’intero sistema. Facciamo un esempio: gli ultimi dati relativi al Mepa (Mercato elettronico della pubblica amministrazione) hanno registrato nel 2014 oltre 32mila punti ordinanti attivi: insomma, nel panorama italiano della Pa ci sono 32mila uffici abilitati a fare acquisti, ciascuno con i suoi tempi, le sue modalità e le sue prassi. Un po’