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Peste Suina Africana: una corretta comunicazione

cura di Marina Caccialanza

Il problema è salito alla cronaca nel corso del 2022 e ha evidenziato la necessità di fare chiarezza e definire la diffusione di una comunicazione corretta verso il cittadino.

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La testimonianza della campagna messa in atto dalla Regione

La Peste suina Africana (PSA) è una malattia infettiva di origine virale contagiosa che colpisce solo membri della famiglia dei suidi (Suidae) con letalità fino quasi al 100% come risultato di una febbre emorragica. Non colpisce l’uomo Questo il messaggio fondamentale che le dott.sse Anna Padovani (Settore Prevenzione Collettiva e Sanità Pubblica – Regione Emilia-Romagna), Annalisa Santi (Istituto Zooprofilattico Lombardia e EmiliaRomagna), Luisa Loli Piccolomini (Settore Prevenzione Collettiva e Sanità Pubblica – Regione Emilia-Romagna) hanno voluto trasmettere nel corso di un webinar organizzato dall’Ordine dei Giornalisti della Regione Emilia Romagna per informare correttamente sulle caratteristiche e i rischi dell’epidemia scoppiata all’inizio del 2022.

Quali sono dunque le motivazioni che invitano a prestare la massima accortezza al fenomeno e a prendere le dovute misure di contenimento?

La risposta è semplice: la peste suina africana • è una malattia altamente letale negli animali colpiti

• non esiste alcun trattamento o vaccino contro la malattia

• è responsabile di enormi conseguenze economiche dovute a danni diretti negli allevamenti colpiti, costi di eradicazione e blocco delle esportazioni di prodotti italiani di eccellenza.

Il settore delle carni e dei prodotti a base carne/salumi, in Italia, vale oltre 11 miliardi/ anno, di cui il 16% è legato all’export. Il comparto impiega oltre 30.000 lavoratori. Il 53% del fatturato nazionale relativo ai prodotti a base carne DOP e IGO è attribuibile all’Emilia Romagna.

Attualmente i danni provocati nella zona infetta sono stimati in 20 milioni di euro/mese. Il propagarsi della zona infetta in aree a più forte vocazione suinicola potrebbe giungere a 60 milioni di euro/mese. Questo causerebbe, per le produzioni DOP e IGP, la sospensione della produzione, con un conseguente danno incalcolabile (fonte Assica).

CHE COS’È LA PESTE SUINA AFRICANA?

La Peste Suina Africana è una malattia virale contagiosa a carattere emorragico di suini domestici e selvatici, responsabile di importanti perdite economiche e nelle produzioni. Non è una zoonosi, colpisce suidi domestici e selvatici ed è costituita da ceppi dotati di varia virulenza:

• alta fino a 100% di mortalità

• media, 50-80% di mortalità

• bassa, sieroconversione.

Il virus responsabile appartiene alla famiglia Asfarviridae, genere Asfivirus, per il quale non è disponibile ad oggi alcun vaccino, non esiste terapia.

La peste suina africana è molto meno contagiosa dell’afta epizootica o della peste suina classica, ma uccide più del 90% degli animali infetti.

È per questo che la malattia ha gravi conseguenze socio-economiche nei Paesi in cui è diffusa.

La malattia si manifesta dopo una incubazione di 4-19 giorni. Nei suini domestici è stata dimostrata l’eliminazione del virus (diffusione della malattia) anche durante l’incubazione, quando il suino non mostra ancora sintomi.

I suini e i cinghiali appartengono alla stessa specie e presentano sintomi sovrapponibili.

La gravità del quadro clinico dipende da:

• caratteristiche del virus

• dose infettante

• via d’ingresso.

I ceppi più aggressivi del virus sono generalmente letali e il decesso avviene entro 10 giorni dall’insorgenza dei primi sintomi.

• febbre, perdita di appetito, debolezza

• aborti spontanei

• emorragie evidenti su orecchie e fianchi.

• può verificarsi anche la morte improvvisa. I sintomi sono diversi a seconda della forma in cui essa si manifesta:

• decorso acuto: in numerosi animali febbre alta, morti improvvise, cianosi della punta delle orecchie e delle estremità, emorragie cutanee

• decorso cronico: in numerosi animali sintomi clinici aspecifici come febbre, gracilità, diarrea, aborti, scarsa capacità di ingrasso, arrossamenti della pelle ed emorragie, aumento delle infezioni con perdite di animali in allevamento.

La malattia determina modificazioni del comportamento degli animali:

• gli animali perdono la loro naturale diffidenza

• è possibile osservarli mentre vagano alla luce del giorno.

Esistono diverse forme cliniche a seconda della virulenza del ceppo virale:

• forma acuta con diarrea, scolo nasale, gra- ve congiuntivite, riluttanza al movimento, sintomi nervosi, debolezza e paralisi agli arti posteriori, mortalità elevata forma cronica che presenta depressione, stato nutrizionale scadente, cifosi, sproporzione fra le dimensioni della testa e del tronco, aumento della frequenza di infezioni secondarie (polmoniti, artriti, parassitosi).

Nell’attuale circolazione del virus in Europa il cinghiale sembra svolgere un ruolo chiave nella diffusione e persistenza dell’infezione. I fattori di rischio per la diffusione della PSA consistono essenzialmente in:

• ritardo nella scoperta del virus – sensibilità del sistema di sorveglianza

• densità e distribuzione delle popolazioni di cinghiali locali

• continuità delle foreste–corridoi percorsi dai cinghiali

• carcasse/resti di cinghiali infetti lasciati sul territorio

• inappropriate tecniche venatorie (braccata, ecc.)

• assenza di biosicurezza durante l’attività venatoria

• bracconaggio.

LA MALATTIA NON È TRASMISSIBILE ALL’UOMO

Il virus della PSA si ritrova nel sangue, nelle feci, nelle urine, nella saliva e nei tessuti (muscoli, organi) degli animali ammalati.

Maiali e cinghiali sani di solito vengono infettati tramite: contatto con animali infetti, compreso il contatto tra suini che pascolano all’aperto e cinghiali selvatici

• ingestione di carni o prodotti a base di carne di animali infetti: scarti di cucina, broda a base di rifiuti alimentari e carne di cinghiale infetta (comprese le frattaglie)

• contatto indiretto con qualsiasi oggetto contaminato dal virus, come abbigliamento, veicoli e altre attrezzature morsi di zecche infette (non presenti in Europa).