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TRACCIABILITÀ nella filiera della carne suina

Lay-out macello

Nella prima parte di questo approfondimento sulle fasi di processo della filiera suinicola abbiamo esaminato il primo step: l’allevamento.

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In questa parte affronteremo il tema del macello, passaggio delicato che richiede il rispetto di adempimenti specifici e regole di processo delineate dalla normativa.

Seconda parte: macello

Oltre a tutti gli adempimenti che abbiamo già citato per gli allevamenti, i macelli devono acquisire il timbro di identificazione di riconoscimento del macello che deve comprendere

• la ragione sociale

• indirizzo della sede legale

• indirizzo dell’insediamento produttivo

• codice di identificazione

• categoria funzionale.

I controlli presso i macelli sono generalmen te finalizzati ad accertare l’origine e la prove nienza dei suini vivi certificati e la conformità delle procedure della relativa certificazione poste in essere dagli allevatori e dalla verifica del corretto adempimento degli obblighi del macello ai fini della Dop.

I suini arrivano al macello accompagnati dai moduli originali delle CUC prodotte dall’alle vamento, nonché tutti i riferimenti dedotti dal registro di macellazione in dotazione ob bligatoria al macello. Il certificatore verifica la completezza della CUC, la compilazione completa, l’esistenza di un solo documento di accompagnamento per ogni singola CUC. Il peso medio della partita viene desunto dal rapporto tra il peso complessivo indicato sui documenti di accompagnamento e il nu

Dott. Mario Paiani, Medico Veterinario, Udine

mero dei suini certificati; l’età dei suini viene desunta dalla lettura identificativa del mese di nascita riportata sulla CUC rapportandola alla tabella di conversione dell’allegato numero 8 del disciplinare.

Il macello rilascia la DCM (dichiarazione cumulativa del macello) che viene acquisita dall’organismo certificatore che a sua volta rilascia l’ennesimo modulo di conformità come indicato nel protocollo allegato nume - ro 13. La DCM riporta i dati riferiti alla giornata di macellazione, alla somma dei suini certificati, che viene confrontata con quella delle cosce suine fresche munite del timbro di identificazione per verificarne la coincidenza (max il doppio dei suini).

La verifica delle operazioni di apposizione del timbro indelebile ai fini della DOP viene effettuata direttamente sulle cosce suine fresche riscontrando i requisiti tecnico qualitativi indicati dalla DOP nel manuale numero 1 e nell’allegato numero 14.

Il tipo di ispezione diretta sul prodotto, utilizza idonei strumenti di misurazione ed effettua campionamenti a fini analitici come previsto dall’ allegato numero 15.

Il macello e/o il sezionamento invia le cosce suine fresche selezionate al prosciuttificio accompagnate dal documento di omologazione (DO) come previsto al punto 17.7 del manuale numero 1.

Grazie alla presenza di microchip, le cosce dei suini che dall’ allevamento - fase di svezzamento e ingrasso - vengono inviate al macello, permette di effettuare una raccolta sistematica di dati che portano alla omologazione al fine di rilasciare la DCM che viene inviata in formato elettronico direttamente sia all’organismo certificatore che al macello. Durante il caricamento dei suini da inviare al io fornito di pesa elettronica, attraverso una antenna, rileva il singolo suino e ne abbina il peso. Il documento che ne deriva va a generare sia il modello IV sanitario che la DCM. All’arrivo al macello la partita dei suini viene scaricata dal mezzo di autotrasporto e ne viene rilevato il calo peso derivato dal trasporto stesso dei singoli animali, posti nei box in attesa della macellazione. Anche in questa fase possiamo raccogliere una serie di dati relativi al benessere animale, la fase pre-macellazione (stress idrico, termico, assembramento).

L’invio alla macellazione, che avviene attraverso un corridoio di raccolta alla gabbia di stordimento, può a sua volta essere munito di un’antenna che andrà a rilevare il passaggio dei suini con microchip e raccogliere una serie di dati quali numero suini macellati/ora, vocalizzazioni dei suini, valutazione dello stordimento, tempo di dissanguamento, immissione della vasca di scottatura, temperatura dell’acqua di scottatura, tempo di flambatura, tempo di eviscerazione, rottura del pacchetto intestinale con conseguente rallentamento della catena della macellazione, abbattimento della temperatura delle mezzene in tunnel di abbattimento, la classificazione delle mezzene con metodo EUROP (foto 1).

Dopo la fase di sezione delle due mezzene, abbiamo lo sfascio in catena di sezionamen- to della mezzena delle stesse varie parti anatomiche citate macroscopicamente per regione anatomica. Troviamo la testa, la spalla, gli stinchi, la costa, il collo, il lombo e le due cosce. La lettura del chip contenuto nella coscia permette di generare un barcode per le singole parti anatomiche citate, permettendo di tracciare l’intera mezzena. La singola coscia che supera la certificazione d’idoneità all’invio al prosciuttificio ai sensi della DOP subisce un raffreddamento a 4 °C per poi essere sottoposta a una toelettatura di presentazione al controllo qualità. In questa fase può essere compilata la DO per l’invio al prosciuttificio e all’organismo di controllo in formato elettronico che conterrà una serie di dati che nelle fasi pre - cedenti abbiamo descritto. La variante che potrebbe essere utilizzata - una fase transitoria di applicazione del microchip a livello di macellazione a partire dalla DCM tradizionale (cartacea) - è quella di inserire il microchip in questa fase per poi proseguire e accompagnare le cosce alla fase successiva di salatura e stagionatura presso il prosciuttificio (foto 2 introduzione chip in macello).

La nota congiunta di due organismi di controllo segnala che dal gennaio 2020 al giugno 2021 sono state accertate n. 27.680 partite fuori peso consegnate da 4.069 allevatori che saranno raggiunti da un provvedimento di NON CONFORMITÀ cumulativo di più partite e di conseguenza sottoposti a misure di Controllo Rinforzato con costi supplementari a carico dell’operatore (doc. CSQA/IFCQ). 

Allegati disponibili al link: https://www.politicheagricole.it/flex/ cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3339

La rubrica “Chiedetelo a…” è uno spazio attraverso il quale i nostri lettori (ma anche la redazione stessa) possono avere risposte ad argomenti di diversa natura. Le domande devono essere inviate all’indirizzo email redazione@ecod.it I quesiti proposti saranno evasi da persone competenti negli specifici settori.

Sento parlare (e leggo in etichetta di taluni prodotti) di “carne separata mecca-

nicamente”: di cosa si tratta realmente? E dove si usa?

La carne separata meccanicamente (CSM – conosciuta anche come MSM, acronimo dell’inglese “mechanically separated meat”) è un sottoprodotto della lavorazione delle carni che può venire impiegato come ingrediente e materia prima a più basso costo, nella produzione di insaccati cotti (würstel, salsicce tritate molto finemente), alimenti precotti ricostituiti e impanati (cotolette, crocchette, cordon bleu, ecc.), polpettoni e anche come ripieno di alcune paste. Trova impiego inoltre nella produzione di pet food, cioè cibo per animali.

L’uso di questa materia prima, separata dalla carne residua delle ossa, contribuisce certamente all’integrazione di tutte le parti commestibili delle carcasse nella catena alimentare, senza sprechi di preziose proteine animali. Tuttavia la CSM deve essere prodotta e lavorata in modo igienico, secondo i principi dell’HACCP, e la sua incorporazione come materia prima per i prodotti a base di carne deve essere ben bilanciata. La si ottiene principalmente dalle carcasse dei suini e del pollame (polli e tacchini), mentre non viene prodotta dalle ossa dei ruminanti (bovini, ovini e caprini) – come forma di protezione per i consumatori – a causa del possibile rischio legato alla BSE, l’encefalopatia spongiforme bovina conosciuta come sindrome della “mucca pazza”. Quando viene utilizzata come ingrediente nell’alimento umano, l’industria deve etichettare la carne di maiale (o di pollo/ tacchino) separata meccanicamente come “carne di maiale (pollo/tacchino) separata meccanicamente”, anziché semplicemente come carne di suino, pollo o tacchino.

Il regolamento (CE) n. 853/2004 definisce la CSM come: “il prodotto ottenuto dalla rimozione della carne da ossa carnose dopo il disosso o da carcasse di pollame, utilizzando mezzi meccanici che conducono alla perdita o modificazione della struttura muscolo-fibrosa”. Non essendo considerata carne, non fa parte del contenuto di carne indicato sul prodotto ai fini dei requisiti QUID nella legislazione dell’UE sull’etichettatura degli alimenti e come tale deve essere dichiarata per esteso.

Da dove deriva la carne separata meccanicamente? La lavorazione delle mezzene e dei quarti suini (e dei busti degli avicoli) per la vendita al dettaglio dei tagli di carne freschi o quella per la produzione dei tagli anatomici e dei triti da usare nell’industria, comporta la rimozione di parti anatomiche di prima qualità e l’asportazione della maggior quantità possibile di carne dalle ossa. Tuttavia residui di carne o filamenti di muscolo rimangono aderenti alle ossa. Come molte industrie, anche quella della carne è diventata più meccanizzata nella sua produzione, spesso utilizzando macchine per macellare e disossare la carne invece del lavoro manuale. Queste macchine, o gli operatori manuali coinvolti, sono tenuti a tagliare la carne dall’osso per evitare che le schegge ossee si depositino nel prodotto. Questo aspetto, insieme ai grandi volumi coinvolti nella produzione di carne, fa sì che sulle carcasse rimanga una notevole quantità di muscolo di buona qualità. Questa preziosa risorsa deve essere accuratamente rimossa in modo che possa essere utilizzata nei prodotti a base di carne per sfruttare al meglio l’animale e le sue preziose proteine. La carne residua rimasta sulla carcassa può essere asportata meccanicamente e utilizzata in altri alimenti. Esistono due tipi di carne separata meccanicamente: quella “ad alta pressione”, che ha la consistenza di una pasta e può essere usata in prodotti come gli hot dog e i würstel, e quella “a bassa pressione”, che ha un aspetto simile alla carne macinata. Nel primo caso si usa una tecnica di “spremitura” che consiste nell’esercitare una pressione attraverso uno speciale setaccio di tipo meccanico che permette di separare la carne residua ottenendo una massa pastosa; nel secondo caso la macchina opera con un “raschiamento” a fondo delle ossa e l’aspirazione dei frammenti di muscolo ancora presenti. Il prodotto che si ottiene contiene una certa quantità di grassi e le proteine derivano in parte dal tessuto connettivo ricco di collagene. I processi poi comportano la presenza di calcio che deriva dalle ossa.

Secondo il Regolamento (CE) n. 853/2004 la struttura delle fibre muscolari è molto importante per differenziare la CSM dalla carne.

Tuttavia poiché la polpa rimossa dalla carcassa nella lavorazione a bassa pressione è simile alla struttura della carne macinata a 3 mm nell’aspetto e nella composizione, diversi Paesi hanno inizialmente ipotizzato di poter utilizzare questa tipologia di CSM a bassa pressione come una preparazione di carne, considerando che avesse un valore migliore nella filiera alimentare e un carattere distintivo rispetto alla CSM ottenuta ad alta pressione. Tuttavia la Commissione Europea ha presto fugato questa incertezza, disponendo che tutta la carne residua separata meccanicamente dalla carcassa dovesse essere dichiarata come CSM.

Nel 2013 la Commissione Europea ha infine commissionato ad EFSA di esprimere un parere scientifico che permettesse da un lato di fornire indici di valutazione per distin- guere la carne separata meccanicamente da quella non separata meccanicamente, dall’altro di considerare i rischi potenziali per la salute pubblica dall’impiego di questo sottoprodotto.

Secondo il parere scientifico di EFSA (Scientific Opinion on the public health risks related to mechanically separated meat (MSM) derived from poultry and swine. EFSA Journal 2013;11(3):3137) i possibili rischi microbiologici associati alla carne separata meccanicamente sono simili a quelli correlati alla carne separata non meccanicamente. I rischi microbiologici e chimici derivano dalla contaminazione delle materie prime e da prassi igieniche non corrette durante la lavorazione della carne. Tuttavia i processi produttivi ad alta pressione aumentano il rischio di crescita microbica. Infatti tali processi provocano una maggior degradazione delle fibre muscolari e, insieme a ciò, un rilascio di nutrienti, i quali forniscono un substrato favorevole alla crescita batterica. Per quanto riguarda i pericoli chimici, gli esperti del gruppo scientifico dell’EFSA sui contaminanti nella catena alimentare hanno notificato di non prevedere preoccupa- zioni particolari di ordine chimico, purché i livelli massimi di residui ammessi vengano rispettati. Tra i parametri identificati come potenziali indicatori per distinguere i diversi tipi di CSM da quelli non CSM (carne fresca, carne macinata e preparati di carne), EFSA ha individuato nel contenuto di calcio (rilasciato dalle ossa durante la lavorazione) il parametro chimico più adatto. Gli esperti hanno infatti sviluppato un modello che utilizza i livelli di calcio come metodo per individuare i prodotti a base di carne separata meccanicamente. Il modello permette di ricavare i valori di probabilità per attestare se un prodotto sia da classificare come carne disossata a mano oppure separata meccanicamente in base appunto al contenuto di calcio. Contenuti di calcio di 21, 39, 81,5 e 100 mg/100 g corrispondono alla probabilità del 10%, 50%, 90% e 93,6% che un prodotto sia da classificare come CSM. Poiché in base all’attuale regolamento UE, le CSM a bassa e ad alta pressione sono definite in base all’alterazione della struttura ossea e del contenuto di calcio, il contenuto di 100 mg/100 g (1000 ppm) è considerato un limite dalla UE per la CSM a bassa pressione. I

CSM che superano questa soglia sono considerati CSM ad alta pressione. La distinzione dei prodotti CSM a bassa pressione da quelli non CSM dovrebbe essere invece confermata ulteriormente dalla combinazione con altri test convalidati per parametri quali il rilevamento al microscopio di danni alle fibre muscolari.

Poiché l’evoluzione delle tecniche di separazione a bassa pressione portano a prodotti che assomigliano alla carne macinata, è sempre attuale la discussione se utilizzare nuove terminologie per distinguere le CSM a bassa pressione da quelle ad alta pressione. Tuttavia non si può dimenticare che le CSM sono sottoprodotti di lavorazione di valore economico e nutrizionale inferiori alla carne. Per questo le norme tuttora vigenti impongono ai produttori di riportare in etichetta l’impiego eventuale delle CSM nelle proprie produzioni. Il consumatore avrà così modo liberamente di scegliere, leggendo l’etichetta, il prodotto per lui più fruibile, considerando che gli alimenti che contengono CSM, pur essendo sicuri e buoni da mangiare, non si può dire che rappresentino l’eccellenza dal punto di vista nutrizionale.